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Il Giornale delle Prove non Distruttive Monitoraggio Diagnostica 4/2007 1 5. Fughe di riferimento e loro taratura Viene completato il paragrafo 5.2 Sistemi primari di taratura I punti: a. Flussometri primari b. Metodologie di taratura c. Accordo di Mutuo Riconoscimento sono stati inseriti nella prima parte (vedi giornale 3/07) d. risultati delle taratura di fughe Negli ultimi anni l’attività di taratura delle fughe ha per- messo di costruire una piccola banca dati sulla tipologia delle fughe usate in ambito industriale in Italia. La tara- tura è stata eseguita su 33 fughe a permeazione, 63 capil- lari con riferimento al vuoto e 60 capillari con riferimen- to alla pressione atmosferica. Si deve constatare che in circa dieci anni il numero di tarature effettuate, nel nostro Paese, è abbastanza irri- sorio (figura 21) e ne segue che la taratura è ritenuta er- roneamente priva di significato nonostante il largo im- piego per il controllo (addirittura taratura) dei rivelato- ri di perdite. Figura 21 tarature negli anni dei vari tipi di fughe Purtroppo soltanto tre fughe del tipo a permeazione, set- te capillari con riferimento alla pressione atmosferica e tre capillari con riferimento al vuoto sono ritornate in ta- ratura nel corso degli anni, pertanto si ha una statistica povera per permettere un’analisi della loro stabilità nel tempo. Tuttavia dai dati disponibili si può dire che le fughe a per- meazione e i capillari con riferimento al vuoto hanno di- Inserti sulla ricerca delle perdite. Questo numero del Giornale riporta la seconda parte di una serie di tre inserti su “Rivelazione e misurazio- ne delle fughe”. • parte 2: risultati esemplificativi di taratura delle fughe di riferimento e le loro interpretazioni e generaliz- zazioni, la metodologia di ricerca delle perdite e la più significativa strumentazione in uso. Key words: Leak testing Rivelazione e misurazione delle fughe Rivelazione e misurazione delle fughe Mercede Bergoglio, Anita Calcatelli Istituto di Ricerca Metrologica INRIM, Strada delle Cacce 91, 10135 Torino, [email protected], [email protected] Parte seconda Speciale rivelazione e misurazione delle fughe

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Il Giornale delle Prove non Distruttive Monitoraggio Diagnostica 4/2007 1

5. Fughe di riferimento e loro taratura

Viene completato il paragrafo 5.2 Sistemi primari di taratura

I punti:a. Flussometri primarib. Metodologie di taraturac. Accordo di Mutuo Riconoscimentosono stati inseriti nella prima parte (vedi giornale 3/07)

d. risultati delle taratura di fugheNegli ultimi anni l’attività di taratura delle fughe ha per-messo di costruire una piccola banca dati sulla tipologiadelle fughe usate in ambito industriale in Italia. La tara-tura è stata eseguita su 33 fughe a permeazione, 63 capil-lari con riferimento al vuoto e 60 capillari con riferimen-to alla pressione atmosferica. Si deve constatare che in circa dieci anni il numero ditarature effettuate, nel nostro Paese, è abbastanza irri-sorio (figura 21) e ne segue che la taratura è ritenuta er-roneamente priva di significato nonostante il largo im-piego per il controllo (addirittura taratura) dei rivelato-ri di perdite.

Figura 21 tarature negli anni dei vari tipi di fughe

Purtroppo soltanto tre fughe del tipo a permeazione, set-te capillari con riferimento alla pressione atmosferica etre capillari con riferimento al vuoto sono ritornate in ta-ratura nel corso degli anni, pertanto si ha una statisticapovera per permettere un’analisi della loro stabilità neltempo.Tuttavia dai dati disponibili si può dire che le fughe a per-meazione e i capillari con riferimento al vuoto hanno di-

Inserti sulla ricerca delle perdite.

Questo numero del Giornale riporta la seconda parte di una serie di tre inserti su “Rivelazione e misurazio-ne delle fughe”.

• parte 2: risultati esemplificativi di taratura delle fughe di riferimento e le loro interpretazioni e generaliz-zazioni, la metodologia di ricerca delle perdite e la più significativa strumentazione in uso.

Key wor ds: Leak testing

Rivelazionee misurazione delle fughe

Rivelazione e misurazione delle fugheMercede Bergoglio, Anita Calcatelli

Istituto di Ricerca Metrologica INRIM, Strada delle Cacce 91, 10135 Torino, [email protected], [email protected]

Parte seconda

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mostrato, in due anni, una buona stabilità nel tempo; di-verso è stato il comportamento dei capillari con riferi-mento alla pressione atmosferica e che utilizzano gas re-frigerante. Infatti, solo tre di essi hanno dimostrato unbuon indice di compatibilità.Nel seguito si esaminano in modo approfondito i risulta-ti di studi eseguiti su vari capillari sia dal punto di vistasperimentale sia considerando i modelli di calcolo.

d.1 Taratura di fughe a capillareL’attività di taratura e lo studio delle caratteristiche me-trologiche dei diversi capillari in acciaio e in vetro con iflussometri primari dell’INRIM hanno permesso di de-scrivere e di comprendere i vari regimi di flusso che si in-staurano all’interno di questi manufatti. Nella figura 22 sono riportate, a titolo di esempio, lenumerose misure condotte su un capillare pinzatoavente valore nominale alla pressione di 100 kPa dielio pari a 1.3x10-4 Pam3/s. La caratterizzazione è sta-ta condotta utilizzando le apparecchiature e le meto-dologie descritte nel capitolo 5 con riferimento alvuoto e alla pressione atmosferica, con vari tipi di gas(He, N2, Ar, SF6). La pressione a monte del capillareè stata variata fino a 1 MPa. I gas di misura sono iner-ti e con massa molare che varia in un intervallo piut-tosto ampio tra 4 g/mol (elio) e 146 g/mol (esaflorurodi zolfo).

Figura 22: risultati delle misurazioni sperimentali condotte su un capillare pinzato con diversi tipi di gas

In figura 23 sono riportate, accanto ai valori del flussoottenuti sperimentalmente con riferimento al vuoto,per l’elio e per l’azoto, le curve calcolate supponendoche si instauri un regime molecolare e nell’ipotesi di re-gime viscoso. Per l’elio l’ipotesi di regime molecolareconsente una buona interpolazione di tutti i punti spe-rimentali essendo gli scarti relativi tra questi punti e ivalori calcolati minori del 2%; nel caso dell’azoto, in-vece, i punti alla pressione di ingresso di 80 kPa e di100 kPa risultano meglio rappresentati dall’ipotesi diregime viscoso con scarti relativi dell’8% mentre conl’ipotesi del regime molecolare si hanno scarti relatividel 15%.

Figura 23: flusso in funzione della pressione

Per meglio comprendere il tipo di regime all’interno delcapillare è utile calcolare, dai valori di flusso misurati e ri-portati alla temperatura standard (o di riferimento T = 20°C), i corrispondenti valori della conduttanza. I dati dellafigura 22 convertiti in termini di conduttanza sono rap-presentati nella figura 24 in funzione dell’inverso del li-bero cammino medio λ:

dove h è la viscosità del gas (Pa s), T è la temperatura as-soluta (K), m è la massa molare del gas (g mol-1) e pa è lapressione media nel capillare (Pa).Dall’analisi dei dati riportati in figura 24 si deduce che:• quando l’inverso del libero cammino medio è minore di

106 m-1 corrispondente a pressioni a monte del capil-lare inferiori a 13 kPa e il capillare è riferito al vuoto, laconduttanza è costante; ciò indica che all’interno delcapillare il gas è in regime molecolare (equazione 22).

• quando l’inverso del libero cammino medio è maggio-re di 107 m-1 corrispondente a pressioni a monte delcapillare maggiori di 150 kPa e il capillare è riferito al-la pressione atmosferica, la conduttanza varia linear-mente con la pressione il che indica che all’interno delcapillare il gas è in regime viscoso (equazione 11).

• quando l’inverso del libero cammino è compreso tra 106

e 107 m-1 corrispondente a pressioni a monte del capilla-re tra 13 kPa e 100 kPa e il capillare è riferito al vuoto laconduttanza aumenta in modo non lineare; ciò indica cheall’interno del capillare il gas è in regime di transizione.

Figura 24: andamento della conduttanza del capillare in funzionedell’inverso del libero cammino medio

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I valori della conduttanza possono essere normalizzati,cioè resi indipendenti dalla specie molecolare, moltipli-candone i valori ricavati dalle misure di flusso per la radi-ce quadrata della massa molare; in questo modo si vienead avere un’unica curva che rappresenta il comportamen-to del capillare indipendentemente dal tipo di gas di pro-va. Questa procedura è vantaggiosa perché la curva cosìottenuta può essere utilizzata per il calcolo della condut-tanza per gas diversi da quelli usati in fase di taratura. La curva ottenuta interpolando tutti i valori sperimentalicon l’equazione di Knudsen (equazione 34) è riportata infigura 25 che mostra anche i valori sperimentali della fi-gura 24 modificati nel modo più sopra indicato; gli scartitra i valori calcolati e quelli sperimentali sono semprecontenuti entro il 4%. In questa figura sono anche indi-cati i tipi di regime che si instaurano all’interno del capil-lare al variare della pressione a monte e a valle del mede-simo (vuoto o pressione atmosferica).

Figura 25 conduttanza normalizzata in funzione del libero camminomedio, valori sperimentali e curva calcolata con la formula di Knudsen

Nella figura 26 sono evidenziati i dati sperimentali dellafigura 25 relativamente ai valori di 1/λ fino a 106 m-1 (13kPa). In essa si notano chiaramente le tre zone corrispon-denti ai tre regimi di flusso: una zona in cui il valore del-la conduttanza è costante con media pari a 1.81x10-9 m3/se scarto tipo 1.2% m3/s, una zona in cui la conduttanzadiminuisce fino ad un minimo in corrispondenza di 1/λ =1.6x105 m-1 (corrispondente ad una pressione di azoto amonte del capillare pari a 2085 Pa) ed una zona di rapidoaumento del valore della conduttanza con il diminuire dil e quindi con l’aumentare della pressione. La presenzadel minimo è poco marcata, infatti la conduttanza risultadi poco inferiore (3%) al valore che presenta in regimemolecolare. Questo comportamento è tipico dei capillaripinzati, mentre sperimentalmente è stato verificato che,nel caso di capillari non pinzati, il valore del minimo è piùpronunciato. Ricavati raggio e lunghezza del capillare con il metodo dicalcolo iterativo nell’applicazione dell’equazione diKnudsen, è possibile calcolare il valore della conduttanzacorrispondente ad un certo valore del libero camminomedio delle molecole (che è funzione della pressione me-dia all’interno del capillare e della viscosità del gas) e,quindi, si può valutare il flusso per un altro gas come è

evidenziato nel seguito. Questo processo interpretativo èutile perché la taratura del capillare con molti gas è mol-to costosa e, inoltre, non sempre è possibile a causa dellecontaminazioni che il gas (è il caso dei refrigeranti con ri-ferimento al vuoto) può provocare nell’impianto di tara-tura.

Figura 26: valori sperimentali e curva di interpolazione nella zona diregime molecolare ottenuta applicando l’equazione di Knudsen

Questo metodo di calcolo è stato sottoposto a verifica uti-lizzando per il calcolo i dati sperimentali ottenuti dalle ta-rature del capillare con elio, azoto ed esafloruro di zolfo.Mediante l’interpolazione con l’equazione di Knudsen, sisono ottenute le caratteristiche geometriche del capillare(raggio e lunghezza) con le quali sono stati calcolati i valo-ri della conduttanza corrispondenti a diversi valori dell’in-verso del libero cammino medio e da questi è stato valuta-to il flusso corrispondente al gas argo. Le differenze relati-ve tra i valori di flusso sperimentali e quelli calcolati nonsuperano il 4%. Queste differenze devono essere conside-rate nella valutazione dell’incertezza come contributo do-vuto al modello di calcolo utilizzato. Essendo le differenzerelative minori dell’incertezza stimata si può ritenere vali-do applicare questa metodologia per calcolare la condut-tanza e quindi il flusso associato ad un gas non utilizzatoper la taratura del capillare; va, tuttavia, ricordata la condi-zione che la massa molare del gas deve essere compresa traquelle dei gas utilizzati in fase di taratura.Per applicare la formula di Knudsen è necessario avere unnumero consistente di misurazioni effettuate con diversigas; nel caso esaminato erano disponibili i risultati di piùdi 90 misurazioni.Si supponga ora di avere effettuato solo poche misurazio-ni con due gas. I dati disponibili sono riportati in figura27 in cui i primi cinque punti si riferiscono a misurazionieseguite con riferimento al vuoto e con gas elio mentregli ultimi due sono misure con riferimento alla pressioneatmosferica e con esafloruro di zolfo. Il primo punto dimisura indica il regime molecolare (pressione a monte delcapillare 70 Pa, pressione a valle minore di 10-5 Pa), iquattro punti successivi si riferiscono al regime di transi-zione (infatti la conduttanza aumenta al variare dellapressione) e gli ultimi punti si riferiscono ad un regimequasi completamente viscoso.

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Figura 27: dati sperimentali relativi ad un numero limitato di misu-razioni e curva interpolatrice

Dato che questi pochi dati non possono essere interpolatiin modo significativo dall’equazione di Knudsen, si puòutilizzare un polinomio di terzo grado rinunciando a co-noscere le caratteristiche geometriche del capillare ma ot-tenendo degli scarti relativi (rapporto tra la differenza delvalore sperimentale e del valore calcolato e il valore speri-mentale) accettabili (curva della figura 27 e tabella 5). Le differenze relative presentano un massimo pari al 13%(tabella 5) e, come detto in precedenza, di questo dato bi-sogna tenere conto nel valutare l’incertezza estesa relati-va di misura.

Tabella 5: confronto tra valori sperimentali e calcolati per l’elio

Per la verifica di quanto ottenuto i valori calcolati di con-duttanza per l’argo sono stati confrontati con quelli otte-nuti sperimentalmente e in tabella 6 sono riportati i valo-ri sia sperimentali sia calcolati, le loro differenze e i valo-ri di flusso calcolati.Resta così dimostrata la possibilità di condurre la taratu-ra del capillare solo con due gas scelti opportunamente inmodo da ricoprire un intervallo di masse molari ampio edeffettuando solo pochi punti di taratura opportunamentescelti nell’intervallo di flussi di interesse. Dall’interpola-zione, con un polinomio di terzo grado, dei risultati spe-rimentali è possibile calcolare i valori della conduttanzanormalizzata e da questa valutare il flusso per un qualsia-si gas differente dal gas di taratura. L’incertezza associataai valori di flusso calcolati varierà dal 15% al 1.5% che,per molte applicazioni industriali, può essere accettabile.Come ulteriore esempio di utilità dell’interpolazione po-linomiale, si consideri il caso in cui si voglia utilizzare un

Tabella 6: confronto tra va-lori sperimentali e calcolatiper l’argo

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capillare con un solo tipo di gas (ad esempio l’elio) conpressioni a monte variabili tra 1 bar e 15 bar. Si sono pre-si in considerazione vari capillari che erogano flussi di gaselio pari a 1.2 x 10-7 Pa m3/s (A), 2.7 x 10-5 Pa m3/s (B),4.8 x10-6 Pa m3/s (C), 5.1 x10-7 Pa m3/s (D), 2.0 x10-5 Pam3/s (E), 7.7x10-7 Pa m3/s (F) con pressione a monte pa-ri a 1 bar e a valle molto bassa (vuoto). Questi capillari so-no stati tarati appunto variando la pressione dell’elio amonte tra 1 bar e 15 bar ed i valori sperimentali sono ri-portati nella in figura 28.

Figura 28: valori sperimentali del flusso di elio al variare della pres-sione a monte dei capillari.

Per meglio visualizzare gli andamenti dei valori di flussoal variare della pressione, questi stessi dati sperimentalivengono presentati in Figura 29 su tre differenti grafici icui assi sono lineari.E’ prassi abbastanza comune considerare che il flusso delgas nel capillare, nelle condizioni considerate, sia in regi-me molecolare e di conseguenza si suppone che al varia-re della pressione, per ottenere il flusso ad un altro valo-re di pressione a monte, sia sufficiente moltiplicare il va-lore sperimentale per il nuovo valore di pressione. Infattiricordando l’equazione 19, che descrive il flusso in regi-me molecolare, quando p2 è trascurabile (perchè <10-3

mbar) si ottiene: q = cost p1. Quindi, volendo il valore delflusso q2 alla pressione p2 in regime molecolare, è suffi-ciente applicare la relazione q2= q1 p2. Pertanto, noti q1 ele pressioni p1 e p2, è immediato calcolare q2.

Figura 29: andamento dei valori sperimentali del flusso in funzionedella pressione a monte del capillare

Tabella 7: sintesi dei valori di flusso sperimentali e calcolati per i sei capillari presi in esame

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Per il capillare A, che eroga un flusso pari a 1.3 x 10-7 Pam3/s con pressione p1 pari a 1 bar, si ottiene alla pressionep2 pari a 15 bar un flusso di 2.0 x10-6 Pa m3/s mentre il va-lore sperimentale è di 2.4x10-6 Pam3/s che corrisponde aduno scostamento del 19% rispetto al valore calcolato.Per gli altri capillari i valori calcolati di flusso si discosta-no da quelli sperimentali dal 15% al 70%. Nella tabella 7 sono riportati, per tutti i capillari presi inesame, i valori di flusso sperimentali, quelli calcolati sot-to l’ipotesi del regime molecolare e le differenze relative.

In figura 30 sono mostrati, oltre ai valori sperimentali, i va-lori del flusso di gas elio calcolati sotto l’ipotesi che all’in-terno del capillare si instauri un flusso di tipo molecolare.

Figura 30: flussi sperimentali e calcolati per gas elio

Questi risultati mettono in evidenza che è assolutamentenecessario disporre della taratura almeno in tre punti dipressione equidistanziati nel campo di interesse in mododa avere una buona interpolazione e di conseguenza cal-colare, con buona approssimazione, i valori del flusso perdifferenti valori di pressione.Per i casi presi in esame un polinomio del secondo ordi-ne approssima i dati con differenze relative tra i valori cal-colati e quelli sperimentali che variano tra qualche per-cento e il 20%.Quindi, quando è sufficiente conoscere il valore del flus-so generato con incertezza relativa del 25% - 30% (datadalla somma lineare dell’incertezza estesa di taratura edella deviazione), è possibile ridurre i punti di taratura equindi i costi.

6. Metodologia di rivelazione delle perdite

Per affrontare il problema della prova di tenuta si devedefinire il tipo di “leak-test” necessario cioè se si deside-ra localizzare il punto di fuga o quantificare la perdita. Quindi occorre definire i limiti di perdita ammessi consi-derando le eventuali normative in vigore, per esempio peril rispetto dell’ambiente. Nell’industria del freddo, adesempio, che utilizza refrigeranti, è d’obbligo osservare illimite di 5 g/y nel rispetto dell’ambiente ma questo limi-te diventa di circa 0.1 g/y se si vuole assicurare il funzio-namento della cella frigorifera per tutta la vita utile ri-chiesta [>10 anni]. Ai cerchioni delle automobili, in legaleggera, si richiede una tenuta non legata alla vita del-l’oggetto ma ad un periodo definito durante il quale l’e-ventuale perdita non provochi lo sgonfiaggio del pneu-matico; per esempio, durante lo stoccaggio dell’auto neipiazzali della distribuzione che in genere varia tra 3 e 6mesi, è richiesto che la fuga non superi il valore di 3 x 10-4

mbarL/s. Il requisito di ermeticità per i fusti per il conte-nimento ed il trasporto di sostanze inquinanti, per garan-tire che il prodotto per alcuni giorni o mesi non si dis-perda nell’ambiente, si situa nel campo di 10-3 mbarL/s.Infine si deve scegliere, tra i vari metodi, il più adatto ai re-quisiti di tenuta del componente in prova: prova a bolle (bub-bole test) (immersione o ricoprimento) che è riconosciutosolo per la localizzazione delle perdite, variazione di pressio-ne nel tempo (a caduta o a risalita di pressione), rilevamentoa ultrasuoni spontanei o indotti, analisi con gas traccianti (aconducibilità termica o a spettrometria di massa).Indipendentemente dalla strumentazione utilizzata di-stingueremo innanzi tutto le prove di tenuta in due gran-di filoni:- localizzazione delle perdite- misurazione o quantificazione della perdita .

6.1 Localizzazione delle perdite Si tratta sempre di prove di tipo qualitativo il cui risulta-to è fortemente legato all’abilità dello sperimentatore. Sipossono seguire due vie:a. Prova in pressioneb. Prova in vuoto

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a. Prova in pressioneIn questo tipo di prove l’oggetto in esame viene pressu-rizzato internamente con il gas tracciante quindi con unasonda o annusatore (che altro non è che una conduttan-za) viene attentamente esaminato il manufatto dall’ester-no. In questo modo si può osservare il punto in cui si hala perdita. La sonda trasferisce una parte del gas all’ele-mento sensibile dello strumento di misura. Il processo èschematizzato nella figura 31a.

Figura 31: localizzazione delle perdite, a con il metodo in pressione, bcon il metodo in vuoto

b. Prova in vuotoIn questa prova l’oggetto in cui si vogliono localizzare leperdite viene svuotato o con un sistema di pompaggio au-siliario o con lo stesso gruppo di pompe del rivelatore.Sull’oggetto viene inviato un getto di gas tracciante che,in presenza di una microfessura, passa all’interno e rag-giunge l’elemento sensibile del rivelatore, come indicatoin figura 31b.

6.2 Misurazione o quantificazione della perdita Con questo tipo di prove si vuole dare un valore alla per-dita che è stata o no localizzata in precedenza. Anche inquesto caso si hanno due tipi di metodiche:a. Prova in pressione-vuotob. Prova in vuotoChe esaminiamo brevemente .

a. Prova in pressione-vuotoL’oggetto in prova viene riempito con un gas tracciantead una determinata pressione e quindi viene posto (figu-ra 32 a) all’interno di una camera in cui viene fatto il vuo-to e alla quale è collegato lo strumento rivelatore. Se ilpezzo in prova ha una perdita il gas in esso racchiuso fuo-riesce e raggiunge il rivelatore. In questo modo si misu-ra il flusso totale di gas che fuoriesce. Un accenno a par-te merita la tecnica cosiddetta di “bombing” che è parti-colarmente adatta quando si voglia ricercare le perdite inoggetti sigillati, di volume piccolo e privi di attacchi siaper vuoto sia per pressione e in grado di sopportare so-vra-pressioni esterne. L’oggetto in prova viene posto inun contenitore in cui viene inserito, in sovra-pressione, ilgas tracciante, che entrerà all’interno dell’oggetto in unsuo eventuale punto di perdita. Ovviamente il flusso digas che entra nell’oggetto oltre a dipendere dall’entità deldifetto dipende anche dalla pressione del gas e dall’inter-vallo di tempo in cui l’oggetto è stato esposto al gas in so-vra-pressione. Infine, l’oggetto così preparato viene in-trodotto in un contenitore in cui viene fatto il vuoto e cui

è collegato il rivelatore; il gas tracciante, penetrato attra-verso la microperdita ,può uscire e raggiungere il rivela-tore. Il segnale qm che il rivelatore dà non rappresenta di-rettamente la perdita reale che l’oggetto avrebbe se fosseriempito solo di elio ad una determinata pressione maviene correlato con un segnale corrispondente alla massi-ma perdita accettabile (o valore di rigetto) qr. Se qm e qr(in mbar L/s) sono rispettivamente il segnale d’uscita delrivelatore e la perdita accettabile, pp (nbar) la pressionedi pressurizzazione, V(cm3) il volume interno del pezzo,Ti, tempo di immersione, Td, tempo di degassamento, Tr,tempo di vuotatura (tutti in secondi), p.e percentuale dielio che entra nel pezzo, i due flusi di perdita sono legatia tutti qusti parametri da una relazione funzionale piutto-sto complessa che viene semplificata nel modo seguente:

Inoltre si fa l’ipotesi di base è che il flusso di gas traccian-te che entra nel pezzo sia in regime viscoso mentre quel-lo che esce verso la campana in vuoto sia in regime mole-colare. Entrambe qm e qr sono dunque in regime moleco-lare.Quando il pezzo è immerso nella camera in cui si immet-te il gas di prova, in genere elio, la pressione dell’elio cheè elevata garantisce che la percentuale di elio che entrasia nettamente superiore a quella che fuoriesce.

b. Prova in vuotoIn questo caso l’oggetto in prova è collegato al rivelatore,svuotato e contenuto in una camera in cui viene introdot-to un quantitativo noto di gas tracciante (figura 32 b).Con questa metodica si possono eseguire sia misurazioniistantanee del flusso di gas che fuoriesce sia dopo aver fat-to accumulare il gas. L’una o l’altra via vanno scelte concura in dipendenza dal pezzo preso in esame e dai costidella prova.

Figura 32: misurazione delle perdite, a prova in pressione-vuoto, bprova in vuoto

7. Tipi di rivelazione delle perdite e rivelatori

Le tecniche e relativa strumentazione dedicate alla ricer-ca delle perdite, sia per la loro localizzazione sia per la lo-ro quantificazione, sono innumerevoli e noi ne riportere-mo solo alcune e ci soffermeremo, data la loro ampia dif-fusione, più approfonditamente su quelle basate su misu-

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razioni di pressione sia totale sia parziale. Alcuni stru-menti sono modificazione e adattamento alla ricerca del-le perdite di strumenti di uso più generale, altri sono di ti-po specifico e concepiti appositamente per la ricerca del-le perdite. Va sottolineato in questa sede che qualunquestrumento che misuri la pressione sia alta sia bassa (vuo-to) può essere utilizzato, con alcune precauzioni, per evi-denziare perdite in quanto queste determinano comun-que variazioni della pressione stessa.Alcune metodiche servono in particolare per localizzarele perdite e altre per la loro quantificazione. Molti siste-mi impiegati per quest’ultimo scopo servono, sovente, manon sempre, anche per la loro localizzazione.

7.1 localizzazione Alcune tecniche/strumenti servono essenzialmente perlocalizzare le perdite (bolle e ultrasuoni) anche se talvol-ta è possibile associare un valore orientativo.

a. prova a bolleSi tratta di una prova in pressione diffusa a livello indu-striale perché semplice ed economica. Il prodotto vienepressurizzato (figura 33) e immerso (o spruzzato) in un li-quido avente bassa tensione superficiale in modo che es-so non possa penetrare attraverso l’eventuale difetto. Incorrispondenza della perdita si ha la formazione di bolleche sono emesse quando la pressione interna supera latensione superficiale del liquido esterno, permettendocosì una corretta localizzazione del punto di fuoriuscitadel gas sulla parete. Con liquidi aventi bassa tensione su-perficiale possono essere rilevati flussi di perdita da 1/50a 1/100 del più piccolo flusso rilevabile quando le bollesono formate in acqua. Le dimensioni delle bolle e la fre-quenza di emissione sono funzione del tipo di flusso digas, della dimensioni della perdita, della tensione superfi-ciale del liquido di ricoprimento. Le bolle possono essere rilevate direttamente dall’opera-tore o con visione remota realizzata mediante l’impiegodi una telecamera. Questo tipo di rivelazione è adatto a evidenziare flussi di(10-3 - 10-2) mbar L/s. Molto spesso il prodotto testatodeve essere asciugato per il successivo impiego e ciò co-stituisce un notevole inconveniente.

Figura 33: localizzazione della fuga con prova a bolle

Nel caso di una cricca a forma di capillare di diametro rla bolla si forma quando la pressione del gas, p, che fuo-

riesce dalla fuga è maggiore della somma della pressioneche si esercita sulla superficie del liquido, della pressioneche esercita il liquido sul foro e della tensione superficia-le del liquido. Questa pressione è data dalla seguenteespressione:

p = pa + ρ g h + 2γ/r (37)

dove pa è la pressione al di sopra del liquido (pressione atmo-sferica) (Pa)ρ è la densità del liquido (kg/m3)g è l’accelerazione di gravità (m/s2)h è la profondità di immersione dell’oggetto (m)γ è la tensione superficiale del fluido (N/m)r è il raggio del foro (m).Nella figura 34 è riportato, in modo schematico, il mec-canismo di formazione della bolla. Nell’attimo in cui ini-zia a formarsi, alla fine del capillare (cricca), il raggio èminore del raggio del capillare (Figura 34 a), quindi di-venta uguale al raggio del capillare e assume la forma diuna semisfera (figura 34 b); in questa condizione la pres-sione p è uguale a 2γ/r. Infine si forma la bolla di volume(4/3) π r3. Quando la forza di galleggiamento della bollasupera la forza dovuta alla tensione superficiale la bolla sistacca e raggiunge la superficie del liquido (fig. 34 c).

Figura 34: formazione della bolla: a) bolla con raggio minore del rag-gio del capillare; b) bolla semisferica; c) bolla sferica

I valori della pressione atmosferica e della pressione idro-statica possono essere calcolati a priori e quindi, ricor-dando l’equazione 37, è possibile calcolare il limite del-l’applicazione della prova in quelle determinate condizio-ni di pressione:

Δp = p – (pa + ρ g h) = 2 γ/r

da cui

r = 2 γ / Δp (38)

Quando tra l’interno e l’esterno della bolla si raggiungequel determinato valore di Δp la bolla ha un raggio ugua-le al raggio del capillare (figura 34 b) che corrisponde al-la più piccola bolla che può essere rivelata. Si supponga che il pezzo in esame sia immerso in una va-sca di acqua alla pressione atmosferica (100 kPa) a 50 cmdal pelo libero, che la forza idrostatica sia pari a 5 kPa eche il pezzo in prova sia pressurizzato a 200 kPa. La ten-sione superficiale dell’acqua è 0.073 N/m e la differenzadi pressione tra l’interno del pezzo e l’esterno è 100 kPaquindi si può determinare il raggio della bolla:

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r = 2γ / Δp = 2 x 0.073 / 1x105 = 1.46 μm

Questo raggio è il più piccolo raggio (e quindi la più pic-cola cricca o difetto in generale) che si può rilevare con ilmetodo a bolle in acqua pura.Se la prova viene effettuato con un liquido a più bassatensione superficiale, ad esempio con alcol etilico, la bol-la si forma da cricche molto più piccole; infatti, ripeten-do il calcolo precedente e considerando la stessa differen-za di pressione, il raggio che si può rivelare è pari a 2 x0.023 / 1 x 105 = 0.46 μm.Si è così determinata la sensibilità della prova in quelleparticolari condizioni di pressione e si è dimostrato chel’utilizzo di un liquido a basso valore di tensione superfi-ciale consente di aumentare la sensibilità. Infine, la sensibilità del metodo può essere incrementataaumentando la pressione all’interno del pezzo in prova; intal modo il termine Δp aumenta e r diminuisce.

b. ultrasuoni Le onde ultrasonore1, che sono inviate sul sistema da esa-minare, vengono attenuate dalla materia che incontrano eda essa riflesse, deviate o assorbite a causa delle disconti-nuità presenti nella stessa. Il fascio d’onde ultrasonore sipropaga nel materiale da esaminare, con la stessa fre-quenza con cui è stato generato dal cristallo-generatore,e con una velocità che dipende dal materiale attraversato.In generale, nelle prove non-distruttive, si fa uso di unatecnica di pulse-echo analoga a quella applicata nella dia-gnostica medica. Un’imperfezione, che comporta uncambiamento di materiale e quindi di velocità di propa-gazione, produce una riflessione e quindi un’eco; la vi-sualizzazione dell’intensità dell’eco in funzione della di-stanza all’interno del solido permette di localizzare l’im-perfezione. La frequenza utilizzata è di pochi megahertz.Anche per l’applicazione di questa metodologia il prodot-to deve essere pressurizzato; se si è in presenza di una fu-ga il fluido fuoriesce dalla zona ad alta pressione e passaattraverso l’imperfezione generando un flusso turbolentocon frequenze dall’udibile (tipico sibilo del pneumaticoforato) fino ad oltre 20 kHz (ultrasuono) che ha una no-tevole componente ultrasonora che viene rilevata con unapposito strumento. Con questo metodo si localizzano fa-cilmente i punti di perdita ma solo se il flusso che si in-staura nella perdita è nel campo tra 10-1 mbar L/s e qual-che decina di mbar L/s. I controlli effettuabili possono essere di tipo passivo quan-do l’utrasuono è emesso spontaneamente dall’oggetto inesame (caso di perdite grosse) o di tipo attivo quando, in-vece, i controlli vengono effettuati mediante l’ausilio di

un generatore di ultrasuoni posto all’interno del prodot-to; questo controllo si applica quando si vuole aumentarela sensibilità ad esempio quando la perdita è nel campo di10-1 mbar L/s. Attualmente tutti gli strumenti rivelatori d’ultrasuoni ditipo attivo si compongono di due parti, unite o distinte: ilgeneratore del segnale da inviare al materiale da esamina-re ed il rivelatore, che riceve, amplifica, filtra e visualizzai segnali che ritornano alla sonda dopo la propagazione.In tal modo è possibile rivelare soltanto gli echi riflessi daeventuali difetti interni o gli echi di fondo (o della paretedi confine del pezzo esaminato) più o meno attenuati infunzione dei difetti presenti. L’elemento che genera e in-via le onde ultrasonore nel componente da esaminare ècostituito in genere da un pezzo di materiale piezoelettri-co (quarzo, titanato di bario, titanato di zirconio, solfatidi litio e altri)2.

Figura 35: esempio di applicazione di ultra suoni

La propagazione degli ultrasuoni avviene per effetto del-la vibrazione delle molecole del fluido ed è una funzioneinversa della densità del fluido quindi si propagano menobene in gas, aria, vapore, bene nei liquidi, non si propa-gano nel vuoto.I principali vantaggi di questo metodo sono l’utilizzo disola aria compressa e l’assenza di effetti di “memoria” afine prova. È un metodo utilizzato, come si è detto, perrivelare fughe elevate, per esempio in condotte o cavisotterranei, come in linee di trasporto gas (figura 36).Per la rivelazione di perdite da parte di uno scambiato-re di calore, di compressori o altri simili componenti lasonda ultrasonora può essere usata per rivelare le fughemediante la trasmissione di un unico tono ultrasonoro.Con gli ultrasuoni è possibile ispezionare le fughe sulcomponente in operazione o parzialmente carico, cioènon è necessario smontarlo dalla sua collocazione. Ri-cevitori microfonici sono molto usati anche nell’indu-stria automobilistica per la diagnosi rapida di freni, co-pertoni, valvole, sistema di raffreddamento, sistema discarico del gas combusto.

1 Gli ultrasuoni sono onde elastiche la cui frequenza (compresa tra 100 kHz e 150 kHz) è maggiore del limite superiore di udibilità per l’orecchio uma-no (il limite dell’udibile, che varia da persona a persona e dipende anche dall’età, è approssimativamente tra i 16 e i 20 kHz). Un’onda elastica è un’on-da che si propaga in un mezzo materiale con velocità v data da con E, σ e ρ moduli di Young e di Poisson e densità delmezzo in cui le onde si propagano

2 I materiali prieziresistivi hanno la proprietà di contrarsi od espandersi sotto l’azione di un campo elettrico e quindi generare un’onda meccanica o vi-ceversa, sotto l’effetto di un’onda meccanica, di dare un segnale elettrico.

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Figura 36: localizzazione delle perdite in tubature in pressione sotter-ranee

c. Metodo a conducibilità termica La perdita viene rilevata misurando il cambiamento dellaconducibilità termica dell’aria dovuta alla presenza del gastracciante che fuoriesce dalla perdita. Il gas viene inviatosull’elemento sensibile (termistore) che, con un altro analo-go elemento refrigerato dall’aria atmosferica, completa uncircuito a ponte. Quando l’elemento sensibile viene colpitodall’insieme aria atmosferica e gas tracciante (elio) cambia lasua resistenza elettrica e quindi il ponte si sbilancia.Lo strumento è costituito, dunque, da un’unità di controlloe da una sonda. La sonda comprende il sensore, l’annusato-re dotato di un piccolo ventilatore che convoglia il gas chefuoriesce dalla fuga sul filamento caldo del sensore mante-nuto in equilibrio termico. Il prodotto in prova può esserepressurizzato con gas tracciante o con miscele di gas (in ge-nere miscele di idrogeno in azoto al 5%). Quando viene ri-velata una perdita sull’unità di controllo si illuminano iLED in numero proporzionale alla perdita. Il sistema, che può rivelare fughe anche nel campo di10-4 mbar L/s, presenta il vantaggio di un costo conte-nuto e di una elevata maneggevolezza, ma presenta losvantaggio che la misura può essere influenzata da gasestranei al processo.

d. Metodo a spettrometria di massa e gas traccianteL’applicazione della spettrometria di massa (che verrà trat-tata più in dettaglio nel seguito) con gas tracciante presentauna buona sensibilità e velocità di risposta. Il gas tracciantepiù comunemente utilizzato è l’elio per le sue caratteristi-che chimico-fisiche: non è tossico, non inquina, non distur-ba l’ambiente, è chimicamente e fisicamente inerte, è in-combustibile ed incomburente, è presente nell’aria atmo-sferica in proporzioni minime (concentrazione di 5 10-6).Per localizzare le perdite sono possibili tutte e due le me-todiche in pressione ed in vuoto.

7.2 Misurazione delle perditea. Metodo a variazione di pressione ΔpConsiste nel pressurizzare il pezzo in prova e verificare lacaduta di pressione, oppure ridurre la pressione nel pez-zo (portandolo in condizioni di vuoto mediante una pom-pa) e controllarne poi la risalita di pressione.Le misure possono essere condotte con:- trasduttori di pressione assoluta- trasduttori di pressione differenziale (Δp misurato tra il

pezzo ed un volume di riferimento pressurizzato insie-me e poi separato).

Dalla variazione di pressione (Δp) misurata nell’inter-vallo di tempo (ΔT) e noto il volume (V) del manufat-to in prova è possibile calcolare il valore del flussodi gas q = (Δp x V)/ΔT. Risulta evidente che maggiori sensibilità di misura si ot-terranno su volumi piccoli e intervalli di tempo prolun-gati. Se la prova si protrae per un tempo lungo è necessa-rio registrare la temperatura; infatti una variazione ditemperatura comporta una variazioni di pressione che sisomma o si sottrae al valore effettivo della variazione dipressione dovuta alla perdita. Se il pezzo in prova è costi-tuito da materiale elastico e si sceglie il metodo a varia-zione di pressione è bene considerare che si avranno del-le variazioni nel volume del prodotto che poi inciderannosul calcolo del flusso di gas. Qualora si operi in vuoto(manufatto evacuato) è necessario considerare anche l’ef-fetto dovuto al desorbimento dalle pareti dell’oggetto. Ildesorbimento comporta un aumento della pressione chesi somma a quello dovuto alla presenza della perdita.Nella figura 37 sono schematizzati gli andamenti della ri-salita di (fuga virtuale) fa sì che la pressione prima au-menti e poi si stabilizzi; la presenza di entrambe fuga rea-le e virtuale determina dapprima un aumento non linearedella pressione e poi un aumento continuo e lineare del-lo stesso parametro.

Figura 37: andamento della pressione nel tempo in un contenitore por-tato in vuoto: a) fuga reale, b) fuga virtuale

Per calcolare l’entità della fuga si considerano i valori di pres-sione e dell’intervallo di tempo nella zona lineare della curva.

Figura 38: esempio di una possibile configurazione sperimentale per lamisura di fughe con il metodo a risalita di pressione

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Un’applicazione tipica di questo metodo, in campo indu-striale, è la verifica della risalita di pressione in una cam-pana che racchiude l’oggetto in prova pressurizzato (me-todo pressione-vuoto), limitando il volume interessato eaumentando quindi la sensibilità. Prendiamo in esame la prova in cui l’oggetto da collauda-re sia di dimensioni non molto grandi, sia pressurizzatocon un gas ad esempio aria, e quindi posto in una camera(V) avente volume noto (3 L) che possa essere evacuata. Ilvuoto limite raggiungibile sia pari a 10-3 mbar (figura 38).Prima di iniziare le prove di risalita di pressione dovutaall’oggetto in prova è opportuno registrare la risalita del-la pressione dovuta al degassamento della camera di pro-va; ciò può essere fatto inserendo nella camera un ogget-to analogo a quello da provare ma che non presenta fughereali. In questo modo si quantifica il degassamento dellesuperfici della camera di misura e dell’oggetto in prova einfine si procede alla registrazione della risalita di pres-sione con l’oggetto da provare inserito nella camera. In tabella 8 sono riportati i valori ottenuti. L’aumentodella pressione dovuto ai degassamenti delle superfici (ca-mera di misura e oggetto) non è lineare; inizialmente lapressione sale velocemente quindi tende a stabilizzarsi; inaltri terminie, a parità di intervallo di tempo, la differen-za di pressione diminuisce. Nell’esempio trattato la risalita della pressione, dovutoalla presenza della fuga e sotto l’ipotesi che nel corso del-la misurazione la temperatura sia costante, è data dalladifferenza tra i valori della pressione riportati in colonna3 e quelli in colonna 2.

Tabella 8: risalita della pressione dovuta al degassamentodella camera di misura, dell’oggetto in prova e della perdita

Per il flusso si ottiene, per esempio,

mbar L/s

considerando l’intero intervallo di tempo (650 s).Nella figura 39 sono riportati gli andamenti della risalitadi pressione in funzione del tempo per i diversi casi; in es-

sa é chiaramente evidente la combinazione di fuga virtua-le e fuga reale.Consideriamo ora l’effetto della temperatura e supponia-mo che il volume V (in assenza dell’oggetto in prova) siainizialmente alla temperatura T1 e alla pressione p1 e che,dopo un certo tempo, la temperatura sia T2.Un aumento della temperatura del volume comporta unaumento della pressione, che dall’equazione di stato deigas risulta uguale a:

dove le pressioni sono espresse in pascal ele temperature in kelvin.

Figura 39: andamento della pressione in funzione del tempo in pre-senza di perdite virtuali e perdite reali

Se nel volume V pressione p1 e temperatura T1 iniziali so-no 40 Pa (0.4 mbar) e 22.0 °C rispettivamente e se, dopo 30minuti, la temperatura ha subito un aumento e il nuovo va-lore T2 è pari 23.0 °C; la pressione p2 varrà 40.14 Pa.Si consideri ancora il volume V alla temperatura T1 pari a22.0 °C ma il gas all’interno di esso sia ad una pressionep1 pari a 100 kPa (1000 mbar) e, se, dopo 30 minuti latemperatura ha subito un aumento e il nuovo valore T2 épari a 23.0 °C, la pressione p2 sarà pari a 100339 Pa.Questo semplice esempio mette in evidenza l’importanzadella misura della temperatura quando si effettuano mi-sure di pressione.Il principale vantaggio di questo metodo consiste nella suaeconomicità in quanto, in presenza di perdite elevate, si pos-sono usare manometri abbastanza economici, aria compressae, a fine prova, non si verificano fenomeni di “memoria”. Il principale svantaggio consiste, come si è visto, essen-zialmente nella forte dipendenza dalla temperatura le cuivariazioni durante le prove possono inficiare la misura.Inoltre volumi diversi nei pezzi in prova, a parità di tem-po di misura, influenzano il risultato. Infine la misura dipiccoli flussi richiede tempi di prova molto lunghi conconseguenti più consistenti variazioni di temperatura si-curamente non trascurabili.

b. Metodo a spettrometria di massa e gas traccianteSi possono applicare le due diverse metodiche in pressio-ne-vuoto ed in vuoto e le situazioni sono analoghe a quel-le rappresentate nelle figure 32 a e b, ma il rivelatore è co-

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stituito da uno spettrometro di massa in genere dedicatoa questo tipo di prove. L’uso della spettrometria di mas-sa consente di rivelare perdite anche molto piccole (an-che di 10-11 mbar L/s). Come nel caso della localizzazio-ne e per le stesse motivazioni, il gas tracciante è a bassopeso molecolare e quindi in genere è elio. Sia che si trat-ti di uno spettrometro dedicato, ossia inserito in un si-stema di pompaggio autonome e connessioni varie, siache si tratti di uno spettrometro collegato ai sistemi inprova rappresenta di gran lunga il rivelatore più diffusoe, per questo, appare opportuno soffermarcisi in un ap-posito capitolo.

8. Lo spettrometro di massa

Data la sua grande diffusione il rivelatore di perdita aspettrometro di massa merita un discorso a parte, come siè detto. Ad un paragrafo descrittivo di tipo generale neseguirà uno di descrizione di un esempio di applicazione.

8.1 considerazioni generaliIn teoria qualunque spettrometro di massa può essere uti-lizzato per la ricerca delle perdite. Di fatto molti sistemi davuoto piuttosto complessi (come acceleratori di particelle,impianti di impiantazione ionica, di produzione di film sot-tili, ecc) che hanno incorporato nel sistema un quadrupoloo una spettrometro a tempo di volo possono utilizzare que-sti stessi strumenti con qualsiasi gas di prova.

Figura 40: parti costitutive di uno spettrometro di massa

Tuttavia, in molti casi pratici per il controllo di compo-nenti in fase di realizzazione o di assemblaggio risulta piùpratico ed economico disporre di spettrometri dedicatiche utilizzano come gas tracciante elio o idrogeno e co-munque gas leggeri.In uno spettrometro di massa molecole e atomi neutrivengono ionizzati, in genere per urto con elettroni emes-si da un filamento caldo, e, opportunamente accelerati,vengono immessi attraverso una fenditura nella zona dianalisi in cui sono separati in base al loro rapporto mas-sa/carica o massa specifica. Poi, attraverso un’altra fendi-tura, vengono raccolti su di un collettore e rivelati comecorrente ionica positiva. Pertanto uno spettrometro di massa è costituito, come in-dicato in figura 40, essenzialmente da tre complessi stru-mentali: produzione degli ioni e cioè trasformazione diatomi e molecole in ioni positivi, analisi (separazione efocalizzazione) degli ioni in base alla loro massa/carica,rivelazione degli ioni prodotti e separati.

Ci sono vari modi di produrre gli ioni; il più comune fauso di una sorgente calda costituita da un filamento man-tenuto ad alta temperatura per passaggio di corrente eche quindi emette gli elettroni necessari al processo di io-nizzazione (figura 41).

Figura 41: sorgente ionica; a schema

Per quanto concerne la separazione ed analisi degli ioniesistono parecchie tecniche,

Figura 42: separazione degli ioni con campo magnetico a 180°

ma quelle più diffuse nell’uso comune riguardano l’impiegodi campi elettrici e magnetici o l’uso di campi quadrupola-ri. Per una trattazione dettagliata di questa parte caratteri-stica si invia alla letteratura specializzata volendo qui accen-nare soltanto agli spettrometri di massa dedicati alla rivela-zione delle perdite che sono, in genere, basati sulla separa-zione di tipo magnetico, cioè si inserisce un campo magne-tico perpendicolare al piano definito dal fascio di ioni e dalcampo elettrico accelerante. Gli ioni accelerati vengono de-viati in un campo magnetico di un angolo di 60°, 90°, 120°e 180°; nel caso degli spettrometri dedicati alla rivelazionedelle perdite si usa in genere la deflessione a 180°. Come sipuò vedere dallo schema di figura 42, che si riferisce ad unanalizzatore magnetico a 180°, gli ioni positivi aventi caricaq3, formati nella camera di ionizzazione ed accelerati da unpotenziale V hanno energia cinetica pari a

e quindi velocità ;

se essi vengono fatti penetrare in uno spazio con campomagnetico uniforme sono costretti a percorrere una traiet-toria circolare di raggio r, assoggettati ad una forza centripeta

che eguaglia la forza FB=Bqv esercitata dal campo

magnetico. Come è noto, forza, velocità e campo magne-

3 q=ne, con e carica dell’elettrone; in genere si ha la perdita di un solo elettrone e perciò n vale 1

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Il Giornale delle Prove non Distruttive Monitoraggio Diagnostica 4/2007 13

tico sono vettori e per essi vale la ben nota regola dellamano sinistra. La direzione della forza che agisce sul-lo ione è così ad angolo retto sia con la direzione dello io-ne sia con la direzione del campo magnetico. Lo ione vie-ne a trovarsi sotto l’effetto di una forza costante la cui di-rezione forma un angolo retto con quella del moto dellacarica e, così, l’orbita descritta dalla particella carica, io-ne, è una circonferenza. La forza che agisce sulla parti-cella carica sarà, da quanto detto sopra.

dove v viene ad essere la velocità

tangenziale e r è il raggio del cerchio traiettoria dello io-ne. Pertanto si può ricavare il rapporto massa/carica chesarà dato da:

(39)

naturalmente bisogna utilizzare unità di misura coerenticon il Sistema Internazionale e quindi la massa sarà datain chilogrammi, la carica in coulomb, il raggio in metri,la tensione in volt e il campo magnetico in gauss.In pratica r è dato dalla distanza tra le due fenditure F1 ed F2.Come si può vedere dalla relazione 39, per un definito valo-re delle intensità dei campi elettrico e magnetico si ottiene unben definito valore del rapporto massa/carica corrispondentead un determinato tipo di ione. E’ così possibile evidenziareioni di massa specifica diversa facendo variare uno di questiparametri; nel caso degli spettrometri dedicati alla rivelazio-ne delle perdite si tratta di scegliere V e B in modo da avereil valore voluto di massa che, nel caso dell’elio, sarà m = 4x1,6605402 x 10-27 kg (corrispondente a 4gmol-1). Nella ca-mera di ionizzazione si formano ioni vari corrispondenti allevarie specie atomiche presenti, ma tutti quelli che non soddi-sfano al relazione 38 non percorrono la traiettoria che li por-ta in corrispondenza della fenditura F2 e sono persi. Un ge-nerico spettrometro di massa è rappresentato da una serie diparametri che possono essere così sintetizzati: intervallo dimasse specifiche, intervallo di pressione in cui può essere usa-to, risoluzione, sensibilità, minima pressione parziale rivela-bile. La situazione è molto più semplice nel caso di uno spet-trometro dedicato alla ricerca delle perdite perché perdonosignificato alcuni di questi parametri e rimangono importan-ti la sensibilità e l’intervallo di pressione in cui lo strumentopuò essere usato senza essere danneggiato, per quanto ri-guarda il limite superiore, e con minima pressione parziale ri-velabile per quanto il limite inferiore. La sensibilità è in ge-nere definita come per i vacuometri a ionizzazione ed è quin-di la sensibilità della sorgente ionica. Quando si consideri lostrumento nel suo insieme si definirà sensibilità il valore mi-nimo di corrente misurabile e quindi lo si fa coincidere con laminima pressione parziale del gas tracciante che è rivelabile,avendo tenuto conto di tutti gli eventuali fattori di disturbo.Nell’uso della spettrometria di massa per la rivelazione del-le perdite, per lo strumento dedicato si utilizza la configu-razione classica a flusso diretto o quella a counter flow. In Figura 43 è riportato uno schema di collegamento diuno spettrometro di massa dedicato alla camera di misu-

ra, dove si effettuano le prove sugli oggetti, o diretta-mente all’oggetto in prova.

Figura 43: schema di rivelatore di perdite a spettrometro di massa

In questa configurazione una pompa turbomolecolare collega-ta alla sua pompa meccanica di pre-vuoto ha il compito di fareil vuoto nello spettrometro mentre un’altra pompa meccanicaesegue il pre-vuoto attraverso una valvola o nel pezzo in provao nella camera in cui il pezzo pressurizzato viene inserito, a se-conda della metologia di prova che si può adottare. Se il volu-me in cui si vogliono fare le prove è piccolo questa pompa nonè necessaria e il vuoto nel pezzo in prova si esegue con il grup-po di pompaggio annesso allo spettometro di massa dedicatoalla rivelazione delle perdite. Un tempo per il pompaggio nel-lo spettrometro di massa si utilizzava una pompa a diffusione erelativa meccanica, ma a causa della presenza di olii che posso-no contaminare e lo spettrometro di massa e il pezzo in prova,oggi, si usa quasi completamente il pompaggio turbomoleco-lare. Con il pompaggio turbomolecolare i gas leggeri come l’e-lio a causa del loro basso rapporto di compressione4 non sonopompati bene quindi, per aumentare la

Figura 44: schema di rivelatore di perdite a spettrometro di massa incounter flow

sensibilità, viene eseguito il montaggio del sistema in“counter flow”, come indicato nella figura 44. In questosistema il gas di prova (elio) viene introdotto nella linea dipre-vuoto anziché sull’ingresso della pompa turbomole-colare come avviene nel caso di figura 43 e quindi diffon-de (in counter flow) verso lo spettrometro di massa, in di-rezione contraria al flusso normale e questo permette dioperare con pressioni nella camera di misura anche eleva-te per esempio nell’intervallo tra 10 Pa e 2 kPa.

4 il rapporto di compressione di una pompa è dato dal rapporto tra la pressione in uscita e quella in ingresso.