RIMANENZE E GIACENZE DI MERCI Facoltà di economia Seconda Università degli Studi di Napoli.

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RIMANENZE E GIACENZE DI RIMANENZE E GIACENZE DI MERCIMERCI

Facoltà di economia Seconda Università degli Studi di Napoli

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La funzione del magazzino nella La funzione del magazzino nella determinazione del reddito d’impresadeterminazione del reddito d’impresa

Nell’ambito del ciclo produttivo dell’impresa alcuni beni, destinati alla produzione o alla vendita, vengono immagazzinati per far fronte alle esigenze della domanda nel corso del tempo. Essi sono fattori a “breve ciclo di utilizzo”, ad es. materie prime, semilavorati, imballaggi, etc.

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La funzione del magazzino nella La funzione del magazzino nella determinazione del reddito d’impresadeterminazione del reddito d’impresa

Dal punto di vista aziendalistico le rimanenze di magazzino scaturiscono dall’asincronia tra periodo amministrativo in cui sorgono i costi e quello successivo nel corso del quale si verificheranno i correlati ricavi. Esse rappresentano dei “costi sospesi”, ossia costi sostenuti nell’esercizio ai quali, secondo il principio della competenza economica, corrispondono ricavi non ancora realizzati. La loro contabilizzazione a fine esercizio comporta una corretta determinazione del reddito in base al principio della competenza economica dei costi e dei ricavi in ragione di esercizio. Nel conto economico una delle voci del “valore della produzione” è costituita dalle “variazioni delle rimanenze in corso di lavorazione, semilavorati e finiti”.

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Sia dal punto di vista civilistico che dal punto di vista fiscale le variazioni delle rimanenze,cioè la differenza nelle quantità registrate alla fine esercizio rispetto all’inizio del medesimo esercizio, influisce sul risultato di esercizio ( art.92 TUIR, 1 comma )

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In coerenza con il principio di continuità dei valori di bilancio l’ammontare delle rimanenze finali di un periodo predetermina l’entità delle giacenze iniziali del periodo successivo.

Tale principio è valido anche dal punto di vista fiscale, (art. 92 , comma 7 TUIR)

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Il principio di competenza tra costi e ricavi implica che se i beni acquistati per realizzare la produzione non sono “rivenduti” nell’esercizio, allora devono essere presenti nel magazzino.

La corretta consistenza del magazzino serve per valutare il comportamento fiscale del contribuente.

L’accertamento e la verifica del magazzino rappresenta uno dei principali indicatori di evasione fiscale.

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Risulta fondamentale definire i criteri di valutazione e di stima delle rimanenze di magazzino che, ai fini fiscali, sono più rigorosi di quelli utilizzabili in ambito civilistico, con lo scopo di diminuire la discrezionalità del contribuente nel determinare il reddito imponibile.

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Le rimanenze di merci: la valutazione ai fini contabili

L’art. 2426 ai n. 9, 10, 11 stabilisce le regole di valutazione delle rimanenze, prevedendo sostanzialmente tre ipotesi:

a) Rimanenze che non costituiscono immobilizzazioni;

b) Beni fungibili;

c) Lavori in corso su ordinazione.

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Ipotesi a)

I beni acquistati o prodotti dall’azienda (materie prime, sussidiarie, di consumo e merci, semilavorati, prodotti finiti) devono essere valutati al minore tra il costo di acquisto o di produzione ed il valore di realizzazione desumibile dall’andamento del mercato alla chiusura dell’esercizio ( con il divieto di mantenere nel bilancio successivo il minor valore di realizzazione qualora ne siano venuti meno i presupposti) .

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Ipotesi b)Per i beni fungibili, e soltanto per essi, il n. 10) dell’art.

2426 consente l’adozione, quale criterio di valutazione, dei metodi “FIFO”, “LIFO” o del “COSTO MEDIO PONDERATO”. Tuttavia, qualora il valore ottenuto utilizzando i metodi su indicati differisca (in senso negativo) in misura apprezzabile dai costi correnti alla chiusura dell’esercizio, la differenza deve essere indicata in Nota integrativa “per categorie di beni”, cioè per ogni posta dello Stato patrimoniale, costituendo l’esplicitazione della riserva occulta da sottovalutazione delle scorte di magazzino.

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Metodo “FIFO”First In, First Out – il primo entrato, il primo

uscitoCon tale metodo si conviene che siano venduti

per prima i prodotti più vecchi e quindi si valutano le rimanenze al costo più recente.

I beni acquistati o prodotti vengono cioè valorizzati in base ai costi effettivamente sostenuti e si presume che i beni venduti o utilizzati siano quelli di più remota acquisizione per cui i beni in giacenza siano quelli di più recente acquisizione.

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Metodo “LIFO”

Last In, First Out - l’ultimo entrato, il primo ad uscire

Con tale metodo si presumono venduti per prima i beni prodotti più di recente, per cui in rimanenza restano i più vecchi da valutare al costo più vecchio.

Esistono due criteri di applicazione del metodo LIFO:

a) Continuo, cioè applicato per singolo movimento;b) a scatti annuali, secondo cui i beni acquistati o

prodotti vengono valorizzati al costo medio ponderato di esercizio

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Metodo del costo medio ponderatoA beni omogenei acquistati o prodotti con prezi differenti viene

attribuito un valore che rappresenta lamedia ponderata dei vari costi. Tale valore risulta dal rapporto tra il costo complessivo dei beni prodotti e acquistati nel corso dell’esercizio e la quantità totale prodotta o acquistata. Esistono due modi di applicare il metodo del costo medio ponderato:

a) Per movimento: il costo medio viene calcolato dopo ogni singolo acquisto e le vendita vengono valorizzate utilizzando il costo medio calcolato dopo l’ultimo acquisto effettuato;

b) Per periodo: il costo medio viene calcolato alla fine del periodo e le vendita vengono valorizzate utilizzando il costo medio ponderato calcolato alla fine del periodo. Esempio: durante un esercizio acquisto 2 beni a 25, costo complessivo 50; 5 beni a 60, costo complessivo 300; 3 beni a 50, costo complessivo 150; avrò 10 beni per un costo totale pari a 500, quindi il costo medio ponderato = 50. Se vendo solo 6 beni me ne restano 4 il cui valore sarà pari a 4x50= 200

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Ipotesi c)

I lavori in corso su ordinazione, oltre che essere valutati in base ai criteri sopra esaminati per i beni prodotti dall’azienda, possono essere iscritti nell’attivo in base ai “corrispettivi contrattuali maturati con ragionevole certezza”

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Le rimanenze di merci: la valutazione ai fini contabili

L’attribuzione di valore alle rimanenze di merci è effettuata in sede di bilancio sulla base delle diverse possibili tecniche esaminate. E’ richiesto che il metodo di valutazione rimanga il medesimo anche nell’esercizio successivo, salvo procedere ad una variazione da indicarsi in nota integrativa con esplicazione delle ragioni che hanno indotto al cambiamento metodologico.

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Il criterio ordinario di valutazione fiscale delle merci

Secondo la disciplina tributaria occorre procedere all’individuazione del magazzino raggruppando i beni che lo costituiscono per categorie omogenee per natura e per valore, per cui i beni vengono aggregati secondo l’appartenenza al medesimo genere merceologico e mediante l’attribuzione di un valore tendenzialmente omogeneo.

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Il criterio ordinario di valutazione fiscale delle merci

Il costo base delle merci da assumere ai fini della valutazione del magazzino per ogni periodo d’imposta è rappresentato dai costi diretti, comprensivi degli oneri accessori di diretta imputazione, con esclusione degli interessi passivi e delle spese generali, e anche dai costi indiretti per quanto ragionevolmente imputabili al prodotto.

I prodotti in corso di lavorazione ed i servizi in corso di esecuzione a fine esercizio sono valutati in base alle spese sostenute nell’esercizio stesso.

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Il criterio ordinario di valutazione fiscale delle merci

Sotto il profilo fiscale è ammesso n linea di principio il ricorso a qualsiasi metodo di valutazione, purchè il valore delle rimanenze non sia inferiore a quello minimo che si ottiene in base all’applicazione dei criteri generali previsti dall’art. 92 TUIR, che rinviano alla metodologia del LIFO. Pertanto, in sostanza, viene indicato come criterio ordinario di valutazioni delle merci in magazzino il criterio del “LIFO a scatti”

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Metodo “LIFO” a scatti annuali

Il LIFO a scatti implica la determinazione, per il primo esercizio, del costo unitario medio dei beni e, per gli esercizi successivi, degli incrementi o decrementi delle rimanenze finali. La valutazione delle rimanenze di magazzino non è fatta a prezzi correnti ma a “prezzi storici” ed è effettuata per esercizio di formazione, tenendo distinto il primo esercizio in cui si verificano rimanenze di magazzino dai successivi

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Metodo “LIFO” a scatti annuali: primo esercizio

Nel primo esercizio in cui si verificano rimanenze di beni, queste vanno valutate al costo medio ponderato, attribuendo a ciascuna unità il valore ottenuto dividendo il costo complessivo dei beni prodotti e acquistati nell’esercizio per la quantità totale acquistata

Esempio: Rimanenze finali 50 unità, acquisti dell’anno 200 unità, costo complessivamente sostenuto 450.000. Pertanto, costo medio unitario (450.000/200)= 2.250 e valore delle rimanenze (50 x 2.250)=112.500

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Metodo “LIFO” a scatti annuali: esercizi successivi

Aumento delle rimanenzeSe le rimanenze sono aumentate rispetto all’esercizio precedente,

sulla quantità di beni pari a quelli in rimanenza nell’esercizio precedente si applica il valore attribuito nell’esercizio precedente. Sulla parte eccedente (che va ad aggiungersi) si applica, invece, il valore medio attribuibile con riferimento agli acquisti dell’esercizio corrente. La quantità eccedente è valutata attribuendo ad ogni unità il valore risultante dalla divisione del costo complessivo dei beni acquistati o prodotti nell’esercizio per il totale dei beni acquistati o prodotti.

Esempio: Esistenze iniziali:50. Acquisti nell’esercizio per 100 a complessive 300.000. Rimanenze finali 70.

Le 50 unità del precedente esercizio sono valutate a 112.500; per l’eccedenza di 20 occorrerà effettuare il seguente calcolo (300.000/100)=3000 (costo medio unitario da applicarsi nell’esercizio in cui sono state acquistate) ed attribuirlo alle 20 unità (20x3000)=60.000. Quindi il magazzino è pari a [email protected]=172.500

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Metodo “LIFO” a scatti annuali: esercizi successivi

Diminuzione delle rimanenzeSe le rimanenze diminuiscono rispetto all’esercizio

precedente, è necessario distinguere se si tratta di rimanenze relative al secondo esercizio o rimanenze relative ad esercizi successivi al secondo.

Nel secondo esercizio si considerano uscite tutte le quantità acquistate nell’anno ed eventualmente una parte delle esistenze iniziali

Esempio: esistenze iniziali 3.000 ad un valore di 60.000, in quanto il costo unitario era pari a 20. Acquisti effettuati nell’esercizio 5.000; vendite fatte nell’esercizio 7.000. Le rimanenze finali ottenute come esistenze iniziali – vendite @ acquisti=1000 che assumono un valore pari a 20.000 (1000x20).

…segue

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Metodo “LIFO” a scatti annuali: esercizi successivi

Negli esercizi successivi al secondo la valutazione si esegue considerando uscite le quantità acquistate nell’anno ed eventualmente quelle comprate negli esercizi precedenti a cominciare dal più recente. Rimangono quindi i beni acquistati nell’esercizio più vecchio.

Esempio: esistenze iniziali al 1° gennaio 2007 pari a 10.000 formatesi nei seguenti esercizi:

2004: n. 3.000 a costo unitario pari a 20 = 60.0002005: n. 5.000 a costo unitario pari a 30 = 150.0002006: n. 2.000 a costo unitario pari a 40 = 80.000Le rimanenze finali al 31 dicembre 2007 sono di 5.000 unitàNel 2007 non vi sono stati acquisti quindi si considerano uscite

2.000 unità per il 2006 e 3.000 per il 2005, per un totale di 5.000.le restanti 5.000 unità sono valutate nel seguente modo

2005: n. 2.000 a costo unitario pari a 30 = 60.0002004: n. 3.000 a costo unitario pari a 20 = 60.000 Il valore del magazzino è pari a 120.000

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Il criterio ordinario di valutazione fiscale delle merci

Per le imprese che adottano il criterio della media ponderata o del LIFO a scatti le rimanenze finali sono assunte ai fini fiscali per il valore che risulta in bilancio senza procedere ad alcuna variazione in sede di dichiarazione.

Se invece il valore delle rimanenze assunto secondo metodi civilistici sia inferiore al valore minimo determinato in base al LIFO a scatti andrà effettuata una variazione in aumento in sede di dichiarazione dei redditi, il valore minimo fa in modo che non risultino fiscalmente valide eccessive svalutazioni di beni

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Altri criteri di valutazione del magazzino ammessi a fini fiscali

E’ possibile procedere alla valutazione secondo il costo specifico per singoli beni, cioè imputando a ciascun bene il relativo costo di acquisto o di produzione. Questo criterio di valutazione, a differenza di quello utilizzato per categorie di beni omogenei non ha alcun limite minimo di valore, in quanto corrisponde al valore reale del bene. Questo criterio di regola è adottato dalle imprese produttrici di beni altamente specifici diversi l’uno dall’altro, es. unità abitative o fabbricati.

Per gli esercenti commercio al minuto è consentita la facoltà di utilizzare il c.d. prezzo al dettaglio: la valorizzazione delle rimanenze finali avviene scorporando dalla percentuale di ricarico il prezzo di vendita. La normativa fiscale subordina l’applicabilità di tale metodo alla predisposizione di un prospetto ( o nella stessa dichiarazione) in cui siano illustrati i criteri e le modalità di applicazione di detto metodo con riferimento all’oggetto e alla struttura organizzativa dell’impresa. Anche in tal caso il valore minimo fiscale stabilito ai sensi del LIFO è superato, dunque si tratta anche il tal caso di un regime derogatorio.

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La svalutazione del magazzino (valutazione al valore normale)

Il valore minimo dei beni di magazzino, determinato sulla base dei criteri ammessi ai fini fiscali, potrebbe anche essere ridotto ai fini fiscali. Infatti, se in un esercizio il valore unitario medio dei beni risulta superiore al valore normale medio di essi nell’ultimo mese dell’esercizio, l’imprenditore può valutare le rimanenze secondo quest’ultimo valore. In questa ipotesi, il valore delle rimanenze è determinato moltiplicando l’intera quantità dei beni, indipendentemente dall’esercizio di formazione, per il valore normale. I minori valori così determinati valgono anche per gli esercizi successivi, a meno che le rimanenze di magazzino non siano iscritte nello stato patrimoniale per valori superiori.

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Il valore normale

Per valore normale di u bene si intende il prezzo o il corrispettivo, assunto al netto dell’IVA, mediamente praticato:

per i beni o i servizi della stessa specie o similari; in condizioni di libera concorrenza ed al

medesimo stadio di commercializzazione; nel tempo e nel luogo in cui i beni o i servizi sono

stati acquistati o prestati.

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La continuità del valore delle rimanenze

Anche in materia fiscale le rimanenze finali di un esercizio nell’ammontare indicato dal contribuente costituiscono le esistenze iniziali dell’esercizio successivo – principio della continuità dei valori fiscalmente riconosciuti ai beni d’impresa.

Tale principio è ulteriormente rafforzato dalla regola secondo cui le variazioni di consistenza del magazzino operate dall’AF in sede di accertamento producono effetti anche negli esercizi successivi.

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Valutazione opere, forniture e servizi di durata ultrannuale

Un particolare criterio di valutazione delle rimanenze di magazzino ai fini fiscali è previsto per le opere, forniture e servizi di durata ultrannuale: è richiesto che tali opere o servizi abbiano una durata prevista in sede contrattuale superiore all’anno e che si ponga a cavallo di almeno due esercizi (se è inferiore all’anno si applica il criterio previsto per i lavori in corso su ordinazione) . Il tempo di esecuzione viene considerato a partire dalla data di inizio dei lavori e fino alla consegna finale dell’opera al committente.

…segue

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Valutazione opere, forniture e servizi di durata ultrannuale

Il criterio utilizzato per la valorizzazione è quello dei corrispettivi pattuiti o liquidati: l’imprenditore deve calcolare alla fine di ogni esercizio, sulla porzione di opera già realizzata, la parte ci corrispettivo pattuito già maturato e comprensivo di una parte di utile. Tale importo costituisce rimanenza a fine esercizio, a prescindere dalla sua effettiva percezione. Ogni metodo adottato per la sua determinazione è da ritenersi valido purchè rispondenti a corretti principi contabili, quindi all’imprenditore è riconosciuta discrezione nello scegliere una forma ragionevole di ripartizione delle opere e dei servizi nel tempo.

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Valutazione opere, forniture e servizi di durata ultrannuale

Per la determinazione della parte di corrispettivo pattuito si utilizzano sostanzialmente due metodologie:

a) Il metodo dei costi sostenuti

b) Il metodo dell’avanzamento tecnico

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Il metodo dei costi sostenutiLa valutazione delle rimanenze avviene in proporzione ai

ricavi pattuiti sulla base dei costi sostenuti rispetto a quelli previsti.

Esempio: lavoro su ordinazione da eseguirsi in 16 mesi: inizio 1°agosto 2011, ultimazione 30 novembre 2012. Corrispettivo pattuito 90.000 €, costo totale presunto 60.000 €. Se a fine esercizio 2011 l’imprenditore ha eseguito una parte dell’opera sostenendo la spesa di 20.000 €, iscriverà tra i componenti positivi la parte di utile già maturato sulla parte di opera realizzata pari a 30.000 in quanto risultante da questa operazione Corrispettivo complessivo x (costo già sostenuto : costo complessivo presunto) = 90.000 x (20.000/60.000) =30.000

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Il metodo dell’avanzamento tecnico

La valutazione delle rimanenze si misura in base a determinate unità di misura ( es. fabbricati in metri cubi di cemento, strade in km )

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Valutazione opere, forniture e servizi di durata ultrannuale: disposizioni

particolari

Se le opere, i servizi e le forniture sono coperti da stati di avanzamento lavori, la valutazione deve essere fatta sulla base dei corrispettivi liquidati, nel caso in cui i corrispettivi siano invece liquidati a titolo definitivo sono considerati ricavi, mentre i corrispettivi liquidati in via provvisoria o non ancora liquidati confluiscono nel valore delle rimanenze

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Valutazione opere, forniture e servizi di durata ultrannuale: revisione dei prezzi

Nel corso del rapporto possono essere richieste delle maggiorazioni di prezzo a titolo di revisione di prezzo o a seguito di aumenti o variazioni delle opere commissionate. Occorre distinguere due ipotesi:

a) Tali richieste sono avanzate in applicazione di disposizioni di legge o di clausole contrattuali, finchè non sono definitivamente approvate se ne tiene conto nella valutazione delle rimanenze in misura non inferiore al 50% dell’importo della maggiorazione stessa. Quando vengono accettate dal committente sono interamente imputate ai ricavi.

b) Se le richieste costituiscono pretese dell’imprenditore nei confronti del committente sono imputate a componenti positivi di reddito solo se e quando vengono accettate da quest’ultimo

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Il prospetto delle valutazioni di magazzino

L’impresa deve predisporre un prospetto per dimostrare il criterio adottato ai fini della determinazione del valore delle rimanenze di opere forniture e servizi di durata ultrannuale.Tale prospetto deve contenere distintamente per ciascuna opera:

1. Gli estremi del contratto;2. Le generalità e la residenza del committente;3. La scadenza prevista nel contratto per l’esecuzione dei lavori;4. Gli elementi considerati per la valutazione e la collocazione di tali

opere nei conti dell’impresa.Tale prospetto non va più allegato alla dichiarazione dei redditi ma deve

essere redatto e conservato per tutto il periodo di tempo in cui è possibile l’azione di controllo da parte dell’AF.

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La valutazione delle rimanenze di titoli e di altri strumenti finanziari

I titoli di proprietà dell’impresa, non iscritti in bilancio come immobilizzazioni finanziarie ma nell’attivo circolante, che quindi non sono destinati ad investimento duraturo ma a generare ricavi, costituiscono il portafoglio titoli. Le rimanenze di tali attività vengono contabilizzate in bilancio nel magazzino dei titoli e degli altri strumenti finanziari.

Nel portafoglio titoli rientrano le seguenti attività:1. Azioni o quote di partecipazioni ( per le quali non si

applicano i requisiti delle plusvalenze esenti art. 87 TUIR) anche non rappresentate da titoli, al capitale di società o enti commerciali;

2. Le obbligazioni;3. Gli altri titoli in serie o di massa, compresi gli strumenti

finanziari similari alle azioni.

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La valutazione delle rimanenze di titoli e di altri strumenti finanziari

Per effettuare la loro valutazione a fini fiscali a fine esercizio i titoli vanno raggruppati in categorie omogenee per natura. Sono considerati della stessa natura i titoli emessi dallo stesso soggetto ed aventi uguali caratteristiche a nulla rilevando il valore di acquisizione. Si procede poi secondo gli stessi criteri di valutazione già individuati per il magazzino delle merci per cui a costi specifici o per un importo non inferiore a quello che risulta applicando il metodo LIFO a scatti.

Anche per la valorizzazione fiscale dei titoli occorre assumere il costo complessivo di acquisto che comprende oltre al costo di acquisizione anche il costo degli oneri di diretta imputazione.

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La valutazione delle rimanenze di titoli e di altri strumenti finanziari: regole speciali

Le cessioni di titoli, derivanti da contratti di riporto o di pronto contro termine o ancora di prestito titoli che prevedono per il cessionario l’obbligo di rivendita a termine non determinano variazioni delle rimanenze del magazzino titoli. Quindi i titoli trasferiti continuano a figurare nei bilanci dell’impresa cedente e non in quello della cessionaria. La ratio di tale disposizione risiede nel fatto che la sostanza dell’operazione economica consiste nella raccolta o nell’impiego temporaneo di liquidità e non nell’alienazione di titoli.

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La valutazione delle rimanenze di titoli e di altri strumenti finanziari: regole speciali

Se è avvenuto un aumento di capitale ( con passaggio di riserve a capitale) mediante distribuzione di azioni gratuite, la valutazione dei titoli deve tenerne conto. In questo caso le nuove azioni vanno ad aggiungersi a quelle già possedute, proporzionalmente alle quantità esistenti per singola categoria omogenea. Il nuovo valore unitario è ottenuto dividendo il costo delle azioni per il numero complessivo delle stesse (vecchie e nuove).

Quindi aumenta il numero delle azioni restando invariato il loro costo complessivo quindi diminuisce il costo medio unitario.

Esempio: azioni acquistate nel 2005: n. 2.000 ad 1 € l’una; azioni acquistate nel 2006: n. 500 ad 1,2 € l’una. Totale valore delle azioni in portafoglio: 2.600 €. Azioni ricevute gratuitamente:300. Le 300 azioni gratuite vanno attribuite proporzionalmente ai due gruppi di azione

• azioni da attribuire a quelle acquistate nel 2005: 300 x (2.000/2.500) = 240 azioni

• azioni da attribuire a quelle acquistate nel 2006: 60Il valore unitario per l’anno 2005 sarà pari a (2.000 x 1) / (2000@240) = 0,89285Il valore unitario per l’anno 2006 sarà pari a (500 x 1,2) / (500@60) = 1,07142Il valore complessivo del portafoglio è sempre pari a 2.600 ottenuto come (2.240 x

0,89285) @ (560 x 1,07142)L’esempio evidenzia come è solo il valore unitario di ciascuna azione ad essere

mutato, mentre il valore complessivo del portafoglio è rimasto immutato.

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La valutazione delle rimanenze di titoli e di altri strumenti finanziari: regole speciali

Nel valutare il costo delle azioni o delle quote ( anche se iscritte tra le immobilizzazioni), va incluso anche l’ammontare dei versamenti fatti a fondo perduto e in conto capitale. L’ammontare del versamento si aggiunge al costo delle azioni o delle quote o degli strumenti finanziari assimilati alle azioni in proporzione alla quantità delle singole voci della corrispondente categoria. In tal caso il costo medio unitario è pari al rapporto tra la somma del costo di acquisto più i versamenti a fondo perduto e il numero delle azioni.

Esempio: costo di acquisto della partecipazione 100; versamento a fondo perduto 150; quindi nuovo costo della partecipazione 250

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La svalutazione del magazzino titoliAnche per il magazzino titoli è riconosciuta la facoltà di

procedere alla svalutazione del valore contabile laddove inferiore a quello di mercato.

Si possono formulare le seguenti ipotesi: Titoli quotati in mercati regolamentati :si assumono i

prezzi rilevati nell’ultimo giorno dell’esercizio o la media dei prezzi rilevati nell’ultimo mese, se il titolo è quotato sia in mercato interno che estero si prende a riferimento il mercato con il prezzo più alto;

Titoli non quotati in mercati regolamentati: si fa riferimento al valore normale;

Partecipazioni non quotate in società di K ed ee.pp. e privati: si fa ricorso al patrimonio netto contabile.