Rifiuti n. 202 gennaio 2013

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gennaio 2013 n. 202 (01/13) mensile Euro 14,00 Registrazione Tribunale di Milano n. 451 del 22 agosto 1994. Poste italiane spa – Spedizione in abbonamento postale – Dl 353/2003 (conv. in legge 46/2004) articolo 1, comma 1, DCB Milano Edizioni Ambiente L’intervento Sviluppi nell’applicazione della “R1 formula” per l’incenerimento pag. 4 di Pasquale De Stefanis Traversine ferroviarie di legno dismesse. Verso una classificazione armonizzata del creosoto 9 di Roberto Montali Legislazione norme nazionali Terre, rocce e materiali da scavo: la disciplina suscita più problemi che consensi Decreto 10 agosto 2012, n. 161 12 il commento di Paola Ficco e Pasquale Fimiani 22 il commento di Claudio Freddi e Franco Lenarduzzi 29 il commento di Dario Sciunnach, Laura Losa e Umberto Parravicini 31 il commento di Loredana Musmeci 36 Vetro: la seconda tappa dell’End of Waste Regolamento 10 dicembre 2012, n. 1179 42 il commento di Andrea Sillani 45 Giurisprudenza Discarica abusiva: se su un’area in comproprietà, la confisca colpisce solo la parte del responsabile Corte di Cassazione, Sezione III penale – Sentenza 25 settembre 2012, n. 36771 49 Trasporto, anche quello non professionale vuole l’autorizzazione Corte di Cassazione, Sezione III penale – Sentenza 24 ottobre 2012, n. 41464 51 La Fos è un rifiuto speciale Consiglio di Stato, Sezione V – Sentenza 31 ottobre 2012, n. 5566 53 Insufflare il Cdr vuole dire trattare rifiuti. Autorizzazione necessaria Consiglio di Stato, Sezione V – Sentenza 17 novembre 2012, n. 5800 56 Rubriche Quesiti a cura di Paola Ficco, Loredana Musmeci e Claudio Rispoli 59 Focus 231 Ambiente a cura di Pasquale Fimiani 65 Focus Rifiuti e sanzioni amministrative a cura di Italia Pepe 68 Osservatorio Raee a cura di Maria Letizia Nepi 70 Focus giurisprudenza a cura di Maurizio De Paolis 72

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Il primo numero del 2013 della Rivista Rifiuti si apre con due interventi dedicati alla formula R1 sull'incenerimento 1 e al recupero del creosoto nelle traversine ferroviarie. Autorevoli Autori commentano il nuovo regolamento per la disciplina delle terre e rocce da scavo. Si parla anche del Regolamento comunitario sull'End of waste del vetro. Completano il numero la rassegna di giurisprudenza e le Rubriche, tra le quali il nuovo "Focus Rifiuti e sanzioni amministrative".

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gennaio 2013 n. 202 (01/13)

mensile Euro 14,00Registrazione Tribunale di Milano n. 451 del 22 agosto 1994. Poste italiane spa – Spedizione in abbonamento postale – Dl 353/2003 (conv. in legge 46/2004) articolo 1, comma 1, DCB Milano

Edizioni Ambiente

RIFIUTIbollettino diinformazionen o r m a t i v a

L’interventoSviluppi nell’applicazione della “R1 formula” per l’incenerimento pag. 4di Pasquale De Stefanis

Traversine ferroviarie di legno dismesse. Verso una classificazione armonizzata del creosoto 9di Roberto Montali

Legislazionenorme nazionaliTerre, rocce e materiali da scavo: la disciplina suscita più problemi che consensi Decreto 10 agosto 2012, n. 161 12il commento di Paola Ficco e Pasquale Fimiani 22il commento di Claudio Freddi e Franco Lenarduzzi 29il commento di Dario Sciunnach, Laura Losa e Umberto Parravicini 31il commento di Loredana Musmeci 36Vetro: la seconda tappa dell’End of Waste Regolamento 10 dicembre 2012, n. 1179 42il commento di Andrea Sillani 45

GiurisprudenzaDiscarica abusiva: se su un’area in comproprietà, la confisca colpisce solo la parte del responsabile Corte di Cassazione, Sezione III penale – Sentenza 25 settembre 2012, n. 36771 49Trasporto, anche quello non professionale vuole l’autorizzazione Corte di Cassazione, Sezione III penale – Sentenza 24 ottobre 2012, n. 41464 51La Fos è un rifiuto speciale Consiglio di Stato, Sezione V – Sentenza 31 ottobre 2012, n. 5566 53Insufflare il Cdr vuole dire trattare rifiuti. Autorizzazione necessaria Consiglio di Stato, Sezione V – Sentenza 17 novembre 2012, n. 5800 56

RubricheQuesiti a cura di Paola Ficco, Loredana Musmeci e Claudio Rispoli 59Focus 231 Ambiente a cura di Pasquale Fimiani 65Focus Rifiuti e sanzioni amministrative a cura di Italia Pepe 68Osservatorio Raee a cura di Maria Letizia Nepi 70Focus giurisprudenza a cura di Maurizio De Paolis 72

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Terre, rocce e materiali da scavo. Tutti oggetto del Dm 161/2012. Un perfetto pasticcio all’italiana. È diffici‑le imbattersi in qualcosa di simile, nel quale tutto diventa ine‑stricabile: una iperbole del non saper fare, dove la dimensione casereccia dello scavo per la villetta è posta nello stesso iperu‑ranio delle grandi opere.Ma chi è il genio che l’ha scritto e chi è il genio ancora più ge‑niale che lo ha controllato? L’Europa non c’entra. Lo ha rice‑vuto e spedito agli altri Stati membri solo per verificare che la sua applicazione non alteri il mercato. Nessun vaglio sotto il profilo ambientale. Il Consiglio di Stato ha fatto rilievi for‑mali e quasi di mera sintassi. I Ministeri dell’ambiente e del‑le infrastrutture sordi all’invito loro rivolte da pagine e pagi‑ne scritte per esser comprese, meditate, applicate. Ne è venu‑to fuori solo un testo complicato e rabberciato in cui l’esten‑sore sembra aver copiato male gli appunti che qualcun altro gli ha passato. Chi l’ha scritto non sembra proprio che domini la materia perché la comprensione è il raggiungimento di un traguardo, dopo adeguato esercizio. Ed è questo esercizio che, visibilmente, è mancato. Il risultato è quello di una gigante‑sca illusione, di uno sperimentalismo giovanile che non risol‑ve nulla né per l’ambiente né per le imprese. Ora sul provvedi‑mento pende la (inevitabile) spada di Damocle del Tar del La‑zio che ne giudicherà il merito l’11 luglio 2013.Si sarebbe potuto fare tanto d’altro.Molto altro poteva essere anche il Sistri; non era uno stru‑mento contro l’ecomafia ma solo una psicosi collettiva inca‑pace di senso.Esiste, invece, un’arma vera per contrastare le infiltrazioni malavitose nei cantieri, ma la conoscono in pochi: si chiama “Sciamano”. È un programma creato dai Carabinieri di Reg‑gio Calabria nell’ambito del gruppo interforze della Prefettura. 120 mila euro la spesa per visionare in un click la storia di un cantiere pubblico: contratti, nomi dei subappaltatori, dei for‑nitori, identificazione di camion e di operai. I dati sono inse‑

riti nella banca dati dalle ditte appaltatrici vincolate dai proto‑colli per la legalità e sono aggiornati quotidianamente in esi‑to ai controlli nei cantieri. I dati vengono mescolati e correla‑ti. Il cervellone del server elabora un report di facile lettura e fornisce un’analisi del rischio infiltrazioni in base alle anoma‑lie riscontrate.Nonostante la grande utilità, che consente di ridurre sensibil‑mente i costi della prevenzione antimafia e permette alle im‑prese di non dover attendere tempi biblici per ottenere le in‑formative antimafia dalle prefetture, la diffusione sul terri‑torio nazionale è ancora molto parziale. L’utilizzo è previsto per l’Expo 2015 e per la ricostruzione de L’Aquila; sta per esse‑re adottato per la realizzazione di opere pubbliche in provincia di Taranto e in Toscana. A Genova l’impiego è previsto già dal 2010 da accordi e protocolli di legalità sottoscritti da Prefettu‑ra e Comune, al fine di prevenire i tentativi di infiltrazione del‑la criminalità organizzata nel settore degli appalti e delle con‑cessioni di lavori pubblici. Per adottarlo su scala nazionale sa‑rebbe sufficiente chiedere l’autorizzazione al gruppo interforze della Prefettura di Reggio Calabria e potrebbe essere impiega‑to anche nei cantieri privati, garantendo la tracciabilità di for‑niture, materiali e manodopera. Non adottarlo sembra davve‑ro una cosa scellerata. Per questo la Senatrice Pinotti (Pd) ha chiesto al Ministro dell’interno (interrogazione 4‑08560 del 29 ottobre 2012) perché “Sciamano” non sia stato esteso a tutte le Prefetture italiane in previsione dell’apertura dei cantieri.Disciplinare serenamente la gestione dei materiali e dei ripor‑ti, controllare chi e come entra ed esce dai cantieri, che cosa si porta e che cosa si asporta dotando ogni Prefettura del pro‑gramma “Sciamano”: questo sarebbe un sistema, anziché – come avvenuto per i materiali da scavo e per il Sistri – ridur‑re ancora una volta la parola e la sua potenza a mero stimo‑lo nervoso.

Paola Ficco

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RIFIUTI

L’intervento

Sviluppi nell’applicazione

della “R1 formula” per l’incenerimento

di Pasquale De StefanisEnea – Unità tecnica tecnologie ambientali

IntroduzioneLa direttiva 2008/98/Ce (direttiva quadro sui rifiuti) ha introdotto in-teressanti novità in tema di gestione di rifiuti e, tra queste, di sicuro interesse sono quelle che riguardano l’allegato II, che riporta l’elenco delle operazioni di recupero.Nel definire le operazioni di tipo R1 (Utilizzazione principa-le come combustibile o come altro mezzo per produrre ener-gia) viene infatti precisato che l’incenerimento dei rifiuti urba‑ni (Ru) può essere ascritto a tale categoria, anziché a quella D10 (“Incenerimento a terra”), qualora l’efficienza di recupero ener‑getico, calcolata tramite la cosiddetta “R1 formula” (1) sia supe‑riore a dei livelli minimi stabiliti sia per gli impianti nuovi, sia per quelli in esercizio.Benché si tratti di una novità di notevole portata, finalizzata a di‑rimere una questione molto controversa che coinvolge vari aspet‑ti (normativi, autorizzativi, gestionali ed economici) la formula in questione, anche se chiara dal punto di vista concettuale, ne‑cessita, per la sua applicazione, di chiarimenti e integrazioni sia sul piano tecnico sia gestionale, in modo da non creare dispari‑tà o distorsioni fra i vari Stati membri che costituiscono l’Unio‑ne europea (Ue).Di questo fatto era ben conscio il Legislatore che all’articolo 38 del-la direttiva 2008/98/Ce ha puntualmente previsto che essa pos-sa essere specificata al fine sia di fornire un’interpretazione univoca dei vari fattori che la costituiscono, sia di tenere conto dell’influen-za delle condizioni geo-climatiche sull’entità di recupero energetico conseguibile.

Allo stato attuale, a quattro anni dall’emanazione della diretti‑va 2008/98/Ce e a quasi due dal suo recepimento in Italia, questi aspetti, che coinvolgono risvolti non solo di natura tecnica, ma an‑che politica, sono stati ampiamenti discussi senza pervenire a una posizione condivisa a livello europeo. Situazione questa che pena‑lizza il settore del recupero energetico da Ru dei Paesi del Sud Eu‑ropa e in modo particolare dell’Italia che, oltre a difficoltà croniche dovute alla mancanza di accettazione dell’incenerimento da parte dell’opinione pubblica, si trova a competere in condizioni di sfavore rispetto ai Paesi del Centro‑Nord Europa.

La formula per il calcolo dell’efficienza di recuperoNell’allegato C al Dlgs 152/2006 è riportata la “R1 formula” messa a punto per il calcolo dei livelli di efficienza di recupero del contenu-to energetico dei Ru, qualora essi siano destinati alla produzione di energia elettrica e/o termica.Si tratta in pratica di un bilancio dell’energia in ingresso e in usci‑ta dall’impianto effettuato su base annua.La formula in questione è la seguente:

Emin

= (Ep − (Ef + Ei)) / (0,97 × (Ew + Ef))dove:E

min = efficienza (2) minima richiesta pari a:

• 0,60 per impianti in esercizio ed autorizzati, in accordo alla nor‑mativa comunitaria vigente prima del 1° gennaio 2009• 0,65 per impianti autorizzati dopo il 31 dicembre 2008

Ep (GJ/a) = energia prodotta sotto forma elettrica e termica su ba‑

(1) Tale formula è stata recepita a li‑vello nazionale dal Dlgs 205/2010 che ha modificato l’allegato C al Dlgs 152/2006.(2) In realtà, per così come è articola‑

ta, la formula non esprime dal punto di vista tecnico una vera e propria ef‑ficienza del sistema di incenerimento, ma va considerata piuttosto come un suo indice prestazionale.

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L’intervento Incenerimento

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RIFIUTI

se annuale, da calcolarsi moltiplicando l’energia elettrica prodotta per il fattore 2,6 e l’energia termica per il fattore 1,1Ef (GJ/a) = energia in ingresso all’impianto derivante dal consu‑mo di combustibili tradizionali su base annua, destinati alla pro‑duzione di vaporeEw (GJ/a) = energia contenuta nei rifiuti trattati su base annua, calcolata sulla base del potere calorifico inferiore (PCI)Ei (GJ/a) = energia importata nell’impianto su base annua, con esclusione di Ew e Ef.

È inoltre presente un fattore (0,97) che tiene conto delle perdite di energia nel corso del processo di combustione dei rifiuti connes‑se principalmente a fenomeni di irraggiamento e al calore disper‑so con scorie e ceneri.La formula ha validità generale e, in linea di principio, dovreb‑be consentire una verifica puntuale delle prestazioni di recupe‑ro energetico conseguite in un impianto di incenerimento di Ru, in qualsiasi forma esso venga effettuato, vale a dire tramite la pro‑duzione di:• energia elettrica;• energia termica;• energia termica ed elettrica in combinazione (“cogenerazione”).

La formula stabilisce per la prima volta dei livelli minimi per il recupero energetico dall’incenerimento di Ru, recupero che, seppure già promosso dalla normativa previgente, non era mai stato quantificato in precedenza, né a livello euro-peo, né a livello nazionale (3).

Infatti la direttiva 2000/76/Ce (sull’incenerimento dei rifiuti) si è limitata ad affermare (articolo 6, punto 6) che “Il calore generato dai processi di incenerimento o di coincenerimento è recupe-rato per quanto possibile”. Analogamente il Dlgs 152/2006 all’ar‑ticolo 182, comma 4 recita: “Nel rispetto delle prescrizioni conte-nute nel decreto legislativo 11 maggio 2005 n. 133, la realiz-zazione e la gestione di nuovi impianti possono essere autoriz-zate solo se il relativo processo di combustione garantisca un elevato livello di recupero energetico”. (4).

L’applicazione pratica della “R1 formula”L’effettiva applicazione della formula necessita di specificazioni e chiarimenti intesi a evitare interpretazioni soggettive o suoi erro‑nei impieghi.È indubbio che occorre chiarire il suo campo di applicazione, il si‑gnificato dei termini che compaiono nella sua espressione (e che possono avere un’influenza rilevante sui valori calcolabili per l’effi‑cienza minima di recupero), nonché tenere conto delle diverse spe‑cificità locali dal punto di vista climatico.L’articolo 38 della direttiva quadro sui rifiuti prevede infatti che “se necessario, l’applicazione della formula per gli impianti di incenerimento di cui all’allegato II, codice R1, è specificata. È possibile considerare le condizioni climatiche locali, ad esem-

pio la rigidità del clima e il bisogno di riscaldamento nella misura in cui influenzano i quantitativi di energia che posso-no essere tecnicamente usati o prodotti sotto forma di energia elettrica, termica, raffreddamento o vapore…”.Ai fini dunque di una corretta applicazione della “R1 formula”, che sia in grado di evitare incongruenze o distorsioni fra le diver‑se realtà che caratterizzano gli Stati membri della Ue, è necessa‑rio fare chiarezza su alcuni aspetti raggruppabili in due distin‑te categorie:• aspetti di carattere tecnico, legati per lo più a una corretta inter‑pretazione e valutazione dei termini che compaiono nella formu‑la stessa, con particolare riguardo alla definizione del termine Ep;• aspetti definibili di carattere più “geo‑politico”, legati principal‑mente all’individuazione e valutazione di come le diverse condizio‑ni geo‑climatiche, nelle quali si trovano i diversi Stati membri, in‑fluenzano la tipologia e l’entità del recupero energetico conseguibi‑le e conseguentemente i valori di E

min.

Infatti la tipologia di recupero effettuato dipende solo in forma indiretta dalle caratteristiche dell’impianto, mentre risulta forte‑mente influenzata dalle condizioni locali del sito ove esso è o ver‑rà installato. In particolare essa sarà condizionata dall’esistenza o meno di un mercato per l’energia termica che (contrariamente a quella elettrica che può essere comunque immessa sulla rete di di‑stribuzione nazionale) risulta legato alla presenza in loco di uten‑ze industriali e/o civili, quasi sempre caratterizzate da una forte variabilità temporale della richiesta, su base stagionale o addirit‑tura giornaliera.La Commissione europea, in ottemperanza a quanto previsto dall’articolo 38 della direttiva 2008/98/Ce si è attivata sulla que‑stione procedendo per fasi successive.In particolare, per quanto concerne le questioni più squisitamen‑te tecniche, è stato costituito un gruppo di lavoro ristretto al qua‑le hanno partecipato esperti nazionali e stakeholder di settore, fi‑nalizzato a definire una soluzione condivisa per la sua applicazio‑ne pratica.I risultati di tali lavori sono riportati in un documento, pubblicato dalla Commissione europea come linea guida, di cui si darà con‑to nel prosieguo.Per quanto riguarda invece le questioni più generali relative all’in‑fluenza che i fattori geo‑climatici possono avere sulla tipologia e sull’entità dei livelli di recupero energetico conseguibili, la questio‑ne è stata affrontata in sede di Tac (5) e il dibattito, a quanto ci consta, è tuttora in corso.

La Linea guida per l’applicazione della “R1 formula”Nel mese di giugno 2011 la Commissione europea ha pubblica‑to il documento (6) “Guidelines on the interpretation of the R1 energy efficiency formula for incineration facilities dedicated to the processing of municipal solid waste according to annex II of directive 2008/98/Ec on waste”.

(3) Fatta eccezione per il Dm 5 febbra‑io 1998 che regola le procedure sem‑plificate per il recupero di materia ed energia da rifiuti che prevede (arti‑colo 4) la definizione di livelli mini‑mi di rendimento di conversione per le varie alternative di recupero energeti‑co (produzione di energia elettrica, ter‑mica, cogenerazione). Nel caso di pro‑duzione di energia elettrica è prevista una specifica formula, di natura empi‑

rica, che tiene conto anche della taglia dell’impianto.(4) La formulazione prevedeva in pre‑cedenza che “Nel rispetto delle prescri-zioni contenute nel decreto legisla-tivo 11 maggio 2005 n. 133, la rea-lizzazione e la gestione di nuovi im-pianti possono essere autorizzate so-lo se il relativo processo di combu-stione è accompagnato da recupero energetico con una quota minima di

trasformazione del potere calorifico dei rifiuti in energia utile, calcola-ta su base annuale, stabilita con ap-posite norme tecniche approvate con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio di concerto con il Ministro delle attività produtti-ve, tenendo conto di eventuali norme tecniche di settore esistenti, anche a livello comunitario”. Norme tecniche che però non sono state mai definite.

(5) Il Tac (Technical Adaptation Committee) è il comitato per l’adat‑tamento al progresso scientifico e tec‑nico e l’implementazione della diret‑tiva formato da rappresentanti degli organismi pubblici nazionali degli Stati membri coinvolti nella gestio‑ne dei rifiuti.(6) Disponibile sul sito:http://ec.europa.eu/environment/ waste/framework/pdf/guidance.pdf

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RIFIUTI

Legislazionenorme

nazionali Il Ministro dell’ambiente e della tutela del territo‑rio e del maredi concerto conIl Ministro delle infrastrutture e dei trasportiVisto il decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 “Norme in materia ambientale” e, in particolare, la Parte quarta, relativa alla gestione dei rifiuti come modificata dal decreto legislativo 3 dicem‑bre 2010, n. 205, recante “Disposizioni di attua‑zione della direttiva 2008/98/Ce del Parlamen‑to europeo e del Consiglio del 19 novembre 2008 relativa ai rifiuti e che abroga alcune direttive”;Vista la direttiva 2008/98/Ce del Parlamento eu‑ropeo e del Consiglio del 19 novembre 2008 relati‑va ai rifiuti e che abroga alcune direttive;Considerati, in particolare, gli articoli 184‑bis, 185 e 186 del decreto legislativo n. 152 del 2006 e successive modificazioni;Visto l’articolo 49 del decreto‑legge 24 genna‑io 2012, n. 1, recante disposizioni urgenti per la concorrenza, lo sviluppo delle infrastrutture e la competitività, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27, il quale prevede che l’utilizzo delle terre e rocce da scavo è regolamen‑tato con decreto del Ministro dell’ambiente e del‑la tutela del territorio e del mare di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti da adottarsi entro sessanta giorni dall’entrata in vi‑gore del suddetto decreto;Visto l’articolo 39, comma 4, del decreto legisla‑tivo n. 205 del 2010, come modificato dalla leg‑ge 24 marzo 2012, n. 27, il quale prevede che dal‑la data di entrata in vigore del regolamento adot‑tato ai sensi dell’articolo 49 del sopracitato decre‑to‑legge n. 1 del 2012 è abrogato l’articolo 186 del decreto legislativo medesimo;Visto l’articolo 17, comma 3, della legge 23 ago‑sto 1988, n. 400;Udito il parere del Consiglio di Stato, espres‑so dalla Sezione consultiva per gli atti normati‑vi nelle adunanze del 16 novembre 2011 e dell’8 marzo 2012;Vista la notifica di cui alla direttiva 98/34/Ce, co‑me modificata dalla direttiva 98/48/Ce che pre‑vede una procedura di informazione nel settore delle norme e regole tecniche;Vista la comunicazione al Presidente del Consi‑glio dei Ministri, a norma dell’articolo 17, comma 3, della legge n. 400 del 1988;Adotta il seguente regolamento:

Articolo 1Definizioni1. Ai fini del presente regolamento si applicano le definizioni di cui all’articolo 183, comma 1,

del decreto legislativo n. 152 del 2006 e successive modificazioni, nonché le seguenti:a. “opera”: il risultato di un insieme di lavori di costruzione, demolizione, recupero, ristrutturazio‑ne, restauro, manutenzione, che di per sé esplichi una funzione economica o tecnica ai sensi dell’ar‑ticolo 3, comma 8, del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, e successive modificazioni;b. “materiali da scavo”: il suolo o sottosuolo, con eventuali presenze di riporto, derivanti dalla realiz‑zazione di un’opera quali, a titolo esemplificativo:scavi in genere (sbancamento, fondazioni, trin‑cee, ecc.);perforazione, trivellazione, palificazione, conso‑lidamento, ecc.;opere infrastrutturali in generale (galleria, diga, strada, ecc.);rimozione e livellamento di opere in terra;materiali litoidi in genere e comunque tutte le al‑tre plausibili frazioni granulometriche provenien‑ti da escavazioni effettuate negli alvei, sia dei cor‑pi idrici superficiali che del reticolo idrico sco‑lante, in zone golenali dei corsi d’acqua, spiagge, fondali lacustri e marini;residui di lavorazione di materiali lapidei (mar‑mi, graniti, pietre, ecc.) anche non connessi al‑la realizzazione di un’opera e non contenenti so‑stanze pericolose (quali ad esempio flocculanti con acrilamide o poliacrilamide).I materiali da scavo possono contenere, sempre‑ché la composizione media dell’intera massa non presenti concentrazioni di inquinanti superiori ai limiti massimi previsti dal presente regolamen‑to, anche i seguenti materiali: calcestruzzo, ben‑tonite, polivinilcloruro (PVC), vetroresina, misce‑le cementizie e additivi per scavo meccanizzato;c. “riporto”: orizzonte stratigrafico costituito da una miscela eterogenea di materiali di ori‑gine antropica e suolo/sottosuolo come definito nell’allegato 9 del presente regolamento;d. “materiale inerte di origine antropica”: i ma‑teriali di cui all’allegato 9. Le tipologie che si ri‑scontrano più comunemente sono riportate in al‑legato 9;e. “suolo/sottosuolo”: il suolo è la parte più su‑perficiale della crosta terrestre distinguibile, per caratteristiche chimico‑fisiche e contenuto di so‑stanze organiche, dal sottostante sottosuolo;f. “autorità competente”: è l’autorità che autoriz‑za la realizzazione dell’opera e, nel caso di ope‑re soggette a valutazione ambientale o ad auto‑rizzazione integrata ambientale, è l’autorità com‑petente di cui all’articolo 5, comma 1, lettera p), del decreto legislativo n. 152 del 2006 e successi‑ve modificazioni;

Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mareDecreto 10 agosto 2012, n. 161(Gu 21 settembre 2012 n. 221)

Regolamento recante la disciplina dell’utilizzazione delle terre e rocce da scavo

Terre, rocce e

materiali da scavo:

la disciplina suscita

più problemi

che consensi

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RIFIUTILegislazione norm

e nazionali Decreto 10 agosto 2012, n. 161

g. “caratterizzazione ambientale dei materiali di scavo”: attività svolta per accertare la sussisten‑za dei requisiti di qualità ambientale dei materia‑li da scavo in conformità a quanto stabilito dagli allegati 1 e 2;h. “Piano di Utilizzo”: il piano di cui all’articolo 5 del presente regolamento;i. “ambito territoriale con fondo naturale”: por‑zione di territorio geograficamente individuabi‑le in cui può essere dimostrato per il suolo/sotto‑suolo che un valore superiore alle Concentrazioni soglia di contaminazione (Csc) di cui alle colon‑ne A e B della tabella 1 dell’allegato 5, alla Par‑te quarta, del decreto legislativo n. 152 del 2006 e successive modificazioni sia ascrivibile a feno‑meni naturali legati alla specifica pedogenesi del territorio stesso, alle sue caratteristiche litologiche e alle condizioni chimico‑fisiche presenti;l. “sito”: area o porzione di territorio geografi‑camente definita e determinata, intesa nelle sue componenti ambientali (suolo, sottosuolo e ac‑que sotterranee, ivi incluso l’eventuale riporto) dove avviene lo scavo o l’utilizzo del materiale;m. “sito di produzione”: uno o più siti perimetra‑ti in cui è generato il materiale da scavo;n. “sito di destinazione”: il sito, diverso dal sito di produzione, come risultante dal Piano di Utiliz‑zo, in cui il materiale da scavo è utilizzato;o. “sito di deposito intermedio”: il sito, diverso dal sito di produzione, come risultante dal Piano di Utilizzo di cui alla lettera h) del presente articolo, in cui il materiale da scavo é temporaneamen‑te depositato in attesa del suo trasferimento al si‑to di destinazione;p. “normale pratica industriale”: le operazio‑ni definite ed elencate, in via esemplificativa, nell’allegato 3;q. “proponente”: il soggetto che presenta il Pia‑no di Utilizzo;r. “esecutore”: il soggetto che attua il Piano di Utilizzo.

Articolo 2Finalità1. Al fine di migliorare l’uso delle risorse naturali e prevenire, nel rispetto dell’articolo 179, comma 1, del decreto legislativo n. 152 del 2006 e succes‑sive modificazioni, la produzione di rifiuti, il pre‑sente regolamento stabilisce, sulla base delle con‑dizioni previste al comma 1, dell’articolo 184‑bis del decreto legislativo n. 152 del 2006 e successi‑ve modificazioni, i criteri qualitativi da soddisfare affinché i materiali di scavo, come definiti all’ar‑ticolo 1, comma 1, lettera b) del presente regola‑mento, siano considerati sottoprodotti e non rifiu‑ti ai sensi dell’articolo 183, comma 1, lettera qq) del decreto legislativo n. 152 del 2006 e successi‑ve modificazioni.2. Il presente regolamento stabilisce inoltre, le procedure e le modalità affinché la gestione e l’utilizzo dei materiali da scavo avvenga senza pericolo per la salute dell’uomo e senza recare pregiudizio all’ambiente.

Articolo 3Ambiti di applicazione ed esclusione1. Il presente regolamento si applica alla gestione dei materiali da scavo.

2. Sono esclusi dall’ambito di applicazione del presente regolamento i rifiuti provenienti diretta‑mente dall’esecuzione di interventi di demolizio‑ne di edifici o altri manufatti preesistenti, la cui gestione è disciplinata ai sensi della Parte quarta del decreto legislativo n. 152 del 2006.

Articolo 4Disposizioni generali1. In applicazione dell’articolo 184‑bis, comma 1, del decreto legislativo n. 152 del 2006 e suc‑cessive modificazioni, è un sottoprodotto di cui all’articolo 183, comma 1, lettera qq), del mede‑simo decreto legislativo, il materiale da scavo che risponde ai seguenti requisiti:a) il materiale da scavo è generato durante la re‑alizzazione di un’opera, di cui costituisce parte integrante, e il cui scopo primario non è la pro‑duzione di tale materiale;b) il materiale da scavo è utilizzato, in conformi‑tà al Piano di Utilizzo:1) nel corso dell’esecuzione della stessa opera, nel quale è stato generato, o di un’opera diversa, per la realizzazione di reinterri, riempimenti, rimo‑dellazioni, rilevati, ripascimenti, interventi a ma‑re, miglioramenti fondiari o viari oppure altre forme di ripristini e miglioramenti ambientali;2) in processi produttivi, in sostituzione di mate‑riali di cava;c) il materiale da scavo è idoneo ad essere uti‑lizzato direttamente, ossia senza alcun ulteriore trattamento diverso dalla normale pratica indu‑striale secondo i criteri di cui all’allegato 3;d) il materiale da scavo, per le modalità di uti‑lizzo specifico di cui alla precedente lettera b), soddisfa i requisiti di qualità ambientale di cui all’allegato 4.2. La sussistenza delle condizioni di cui al com‑ma 1 del presente articolo è comprovata dal pro‑ponente tramite il Piano di Utilizzo.3. L’Istituto superiore per la protezione e la ricer‑ca ambientale (Ispra), entro tre mesi dalla pub‑blicazione del presente regolamento, predispone un tariffario nazionale da applicare al proponen‑te per la copertura dei costi sopportati dall’Agen‑zia regionale di protezione ambientale (Arpa) o dall’Agenzia provinciale di protezione ambienta‑le (Appa) territorialmente competente per l’orga‑nizzazione e lo svolgimento delle attività di cui all’articolo 5 del presente regolamento, indivi‑duando il costo minimo e un costo proporziona‑le ai volumi di materiale da scavo. Nei successi‑vi tre mesi il Ministro dell’ambiente e della tute‑la del territorio e del mare adotta, con proprio de‑creto, il tariffario nazionale, e definisce le moda‑lità di stipula di idonee garanzie finanziarie qua‑lora l’opera di progettazione ed il relativo Piano di Utilizzo non vada a buon fine. Nelle more di approvazione e adozione del tariffario nazionale, i costi sono definiti dai tariffari delle Arpa o Appa territorialmente competenti.

Articolo 5Piano di Utilizzo1. Il Piano di Utilizzo del materiale da scavo è presentato dal proponente all’Autorità competen‑te almeno novanta giorni prima dell’inizio dei lavori per la realizzazione dell’opera. Il propo‑

nente ha facoltà di presentare il Piano di Utiliz‑zo all’Autorità competente in fase di approvazione del progetto definitivo dell’opera. Nel caso in cui l’opera sia oggetto di una procedura di valutazio‑ne ambientale, ai sensi della normativa vigente, l’espletamento di quanto previsto dal presente re‑golamento deve avvenire prima dell’espressione del parere di valutazione ambientale.2. Il proponente trasmette il Piano di Utiliz‑zo all’Autorità competente redatto in conformi‑tà all’allegato 5. La trasmissione può avvenire, a scelta del proponente, anche solo per via telema‑tica. La sussistenza dei requisiti di cui all’articolo 4, comma 1, del presente regolamento, è attestata dal Legale rappresentante della persona giuridica o dalla persona fisica proponente l’opera median‑te una dichiarazione sostitutiva dell’atto di noto‑rietà di cui all’articolo 47 del decreto del Presi‑dente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445. L’Autorità competente può chiedere, in un’unica soluzione entro trenta giorni dalla presentazione del Piano di Utilizzo, integrazioni alla documen‑tazione presentata.3. Nel caso in cui per il materiale da scavo il Pia‑no di Utilizzo dimostri che le concentrazioni di elementi e composti di cui alla tabella 4.1 dell’al‑legato 4 del presente regolamento non superino le Concentrazioni soglia di contaminazione (Csc) di cui alle colonne A e B della tabella 1 dell’alle‑gato 5 alla Parte quarta del decreto legislativo n. 152 del 2006 e successive modificazioni, con rife‑rimento alla specifica destinazione d’uso urbani‑stica del sito di produzione e del sito di destina‑zione secondo il Piano di Utilizzo, l’Autorità com‑petente, entro novanta giorni dalla presentazione del Piano di Utilizzo o delle eventuali integrazio‑ni, in conformità a quanto previsto dal comma 2, approva il Piano di Utilizzo o lo rigetta. In caso di diniego è fatta salva la facoltà per il proponente di presentare un nuovo Piano di Utilizzo. L’Auto‑rità competente ha la facoltà di chiedere all’Agen‑zia regionale di protezione ambientale (Arpa) o all’Agenzia provinciale di protezione ambienta‑le (Appa), con provvedimento motivato secondo i criteri di cui al seguente comma 10, entro tren‑ta giorni dalla presentazione della documenta‑zione di cui al comma 2 o dell’eventuale integra‑zione, di verificare, sulla base del Piano di Utiliz‑zo ed a spese del proponente secondo il tariffario di cui all’articolo 4, comma 3, la sussistenza dei requisiti dell’articolo 4, comma 1, lettera d), del presente regolamento. In tal caso l’Arpa o Appa, può chiedere al proponente un approfondimento d’indagine in contraddittorio, accerta entro qua‑rantacinque giorni la sussistenza dei requisiti di cui sopra, comunicando gli esiti all’Autorità com‑petente. Decorso il sopra menzionato termine di novanta giorni dalla presentazione del Piano di Utilizzo all’Autorità competente o delle eventua‑li integrazioni, il proponente gestisce il materia‑le da scavo nel rispetto del Piano di Utilizzo, fer‑mi restando gli obblighi previsti dalla normativa vigente per la realizzazione dell’opera.4. Nel caso in cui la realizzazione dell’opera in‑teressi un sito in cui, per fenomeni naturali, nel materiale da scavo le concentrazioni degli ele‑menti e composti di cui alla tabella 4.1 dell’alle‑gato 4, superino le Concentrazioni soglia di con‑

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RIFIUTILegislazione norm

e nazionali Decreto 10 agosto 2012, n. 161

il commento

I materiali da scavo dopo il Dm 10 agosto 2012 n. 161:

le questioni aperte

di Paola Ficco ePasquale Fimiani

Sostituto procuratore generale presso la Corte di Cassazione

PremessaCom’è noto il Dm 161/2012 ha stabilito, con de‑correnza 6 ottobre 2012, i criteri qualitativi da soddisfare affinché i materiali di scavo (come definiti all’articolo 1, comma 1, lettera b) del decreto), siano considerati sottoprodotti e non rifiuti, nonché le procedure e le modalità affin‑ché la gestione e l’utilizzo dei materiali da sca‑vo avvenga senza pericolo per la salute dell’uo‑mo e senza recare pregiudizio all’ambiente.Due sono, quindi, i profili su cui il decreto è in‑tervenuto: il primo strettamente definitorio del concetto di materiali di scavo ed il secondo ge‑stionale.Il Dm 161/2012 era stato preceduto da due provvedimenti:1) il Dl 24 gennaio 2012, n. 1, convertito in leg‑ge, con modificazioni, dall’articolo 1, comma 1, della legge 24 marzo 2012, n. 27 che, all’ar‑ticolo 49, come modificato dalla legge di con‑versione, ha così disposto:“L’utilizzo delle terre e rocce da scavo è regolamentato con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti.1-bis. Il decreto di cui al comma precedente, da adottare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, stabilisce le condizioni alle quali le terre e rocce da scavo sono consi-derate sottoprodotti ai sensi dell’articolo 184-bis del decreto legislativo n. 152 del 2006.1-ter. All’articolo 39, comma 4, del decreto le-gislativo 3 dicembre 2010, n. 205, il primo periodo è sostituito dal seguente: «Dalla data di entrata in vigore del decreto ministeriale di cui all’articolo 49 del decreto-legge 24 gen-naio 2012, n. 1, è abrogato l’articolo 186».1-quater. Dall’attuazione del presente arti-colo non devono derivare nuovi o maggio-ri oneri a carico della finanza pubblica”;2) il Dl 25 gennaio 2012, n. 2, convertito in leg‑ge, con modificazioni, dall’articolo 1, comma 1, legge 24 marzo 2012, n. 28, che, all’artico‑lo 3, come sostituito dalla legge di conversione, ha così disposto:“1. Ferma restando la disciplina in materia di bonifica dei suoli contaminati, i riferi-menti al «suolo» contenuti all’articolo 185, commi 1, lettere b) e c), e 4, del decreto legi-slativo 3 aprile 2006, n. 152, si interpretano come riferiti anche alle matrici materiali di riporto di cui all’allegato 2 alla parte IV del medesimo decreto legislativo.2. Ai fini dell’applicazione del presente artico-lo, per matrici materiali di riporto si inten-dono i materiali eterogenei, come disciplinati dal decreto di cui all’articolo 49 del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, utilizzati per la realizzazione di riempimenti e rilevati, non assimilabili per caratteristiche geologiche e stratigrafiche al terreno in situ, all’interno dei quali possono trovarsi materiali estranei.3. Fino alla data di entrata in vigore del decreto di cui al comma 2 del presente ar-ticolo, le matrici materiali di riporto, even-tualmente presenti nel suolo di cui all’arti-

colo 185, commi 1, lettere b) e c), e 4, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e successive modificazioni, sono considera-te sottoprodotti solo se ricorrono le condizio-ni di cui all’articolo 184-bis del citato decre-to legislativo n. 152 del 2006.4. All’articolo 240, comma 1, lettera a), del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, do-po la parola: «suolo» sono inserite le se-guenti: «, materiali di riporto»”.

Il sistema nel quale si inserisce la prima nor-ma è quello conseguente al Dlgs 205/2010 per il quale:• l’articolo 186, Dlgs 152/2006 disciplina le con‑dizioni di utilizzo delle terre e rocce da scavo, anche di gallerie, ottenute quali sottoprodotti;• tale disciplina ha natura transitoria, poiché, come previsto dall’articolo 39, comma 4, Dlgs 205/2010, nella versione originaria, “dalla da-ta di entrata in vigore del decreto ministe-riale di cui all’articolo 184-bis, comma 2, è abrogato l’articolo 186”;• il decreto ministeriale di cui all’articolo 184‑bis, comma 2, è quello – adottato dal Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, ai sensi dell’ articolo 17, comma 3, del‑la legge 23 agosto 1988, n. 400, in conformi‑tà a quanto previsto dalla disciplina comuni‑taria – con il quale, sulla base delle condizio‑ni previste al comma 1 (cioè quelle per cui una sostanza è un sottoprodotto e non un rifiuto ai sensi dell’articolo 183, comma 1, lettera a)) possono essere adottate misure per stabilire cri‑teri qualitativi o quantitativi da soddisfare af‑finché specifiche tipologie di sostanze o ogget‑ti siano considerati sottoprodotti e non rifiuti.

Rispetto a tale sistema è stata, sostanzial-mente, introdotta una fonte speciale in ma-teria di disposizioni regolamentari relati-ve alle condizioni alle quali le terre e roc-ce da scavo sono considerate sottoprodotti.

La seconda norma ha natura interpretativa del concetto di suolo presente nell’articolo 185, commi 1, lettere b) e c), e 4, del decreto legisla‑tivo 3 aprile 2006, n. 152, secondo cui:“1. Non rientrano nel campo di applicazio-ne della parte quarta del presente decreto:b) il terreno (in situ), inclusi il suolo con-taminato non scavato e gli edifici collegati permanentemente al terreno, fermo restan-do quanto previsto dagli artt. 239 e ss. rela-tivamente alla bonifica di siti contaminati;c) il suolo non contaminato e altro mate-riale allo stato naturale escavato nel corso di attività di costruzione, ove sia certo che esso verrà riutilizzato a fini di costruzione allo stato naturale e nello stesso sito in cui è stato escavato;(…)4. Il suolo escavato non contaminato e altro materiale allo stato naturale, utilizzati in siti diversi da quelli in cui sono stati escava-ti, devono essere valutati ai sensi, nell’ordi-ne, degli articoli 183, comma 1, lettera a), 184-bis e 184-ter”.

Link di approfondimento

In Osservatorio di normativa ambientale (www.reteambiente.it ) “Terre, rocce e ‘ma-teriali’ da scavo, proviamo nuovamente a fare il punto” (A. Geremei)

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RIFIUTILegislazione norm

e nazionali Decreto 10 agosto 2012, n. 161

Considerato il doppio profilo su cui sono in‑tervenuti, nel loro complesso, i decreti legge di inizio 2012 ed il Dm 161/2012 in esame, l’in‑terprete si trova nella condizione di dover com‑prendere prima quali siano i materiali da sca‑vo e come si collocano nel complessivo quadro definitorio tra il concetto di rifiuto e quello di sottoprodotto e, successivamente, individua‑re le regole gestionali di riferimento ed i relati‑vi aspetti sanzionatori.

Occorre poi individuare, una volta chiariti i principi relativi ad entrambi i profili, l’impat‑to del Dm 161/2012 sulle attività svolte prima del 6 ottobre 2012 che, secondo le vecchie re‑gole, non rientravano nel campo di applicazio‑ne dell’articolo 186, Dlgs 152/2006 ma doveva‑no considerarsi quale gestione di rifiuti, come tali costituenti illecito se svolte in mancanza di autorizzazione.È opinione comune che il Dm 161/2012 non ha affatto portato chiarezza, ma, al contrario, pre‑senta diversi aspetti di dubbia interpretazione.In tanti sono pubblicamente intervenuti su ri‑viste e siti specializzati per esprimere la loro posizione su vari aspetti della nuova disciplina: il rapporto con le nozioni di rifiuto e di sotto‑prodotto, la portata del concetto di riporto, tut‑ti i profili operativi e gestionali che riguardano l’applicazione del Dm 161/2012.Imprenditori, operatori del settore, professioni‑sti: si presentano sulla scena opinioni più o me‑no contrastanti, ciascuna fondata sulla valoriz‑zazione di questa o quella norma, di un prece‑dente di giurisprudenza rispetto ad un altro, su considerazioni pratiche e meta‑giuridiche.In questo contesto il Dm 161/2012 è stato im‑pugnato avanti all’autorità giudiziaria ammi‑nistrativa competente (trattasi infatti di atto regolamentare non normativo) con richiesta di sospensiva e di annullamento.Nel frattempo, gli operatori cercano di com‑prendere come il decreto vada applicato: ed al‑lora pareri di organi amministrativi si sovrap‑pongono l’un l’altro, differenziandosi a seconda delle Regioni e della sensibilità del funzionario.Insomma, una “torre di babele” dalla quale ab‑biamo scelto di rimanere estranei, non per sot‑trarci all’impegno di leggere e interpretare, ma per marcare il senso di sconcerto che tale confu‑sione crea, nell’ormai non più sostenibile oscil‑lazione su questioni altrove già da tempo risolte.Inoltre non ci sembra opportuno esprimere va‑lutazioni definitive in pendenza di una delica‑ta decisione sulla sorte del Dm 161/2012, anche per evitare che interpretazioni in un senso o nell’altro possano apparire strumentali alle po‑sizioni dell’uno piuttosto che dell’altro portato‑re dei contrapposti interessi in campo.

Riteniamo allora di onorare quell’impegno li‑mitandoci a fotografare le varie questioni inter‑pretative, sotto il profilo sia di sistema che ge‑

stionale, in attesa che il quadro sia più chiaro e che la vicenda sia risolta in sede giudiziaria.

Certamente, il decreto ha mancato un obiettivo importantissimo: farsi motore di crescita. In‑fatti, non riesce a trasformare completamente in risorse i materiali di scavo.

I profili di sistema e sanzionatoriLa nozione di materiali da scavo nel Dm 161/2012, in rapporto alle nozioni di rifiuto e sottoprodottoIl Dm 161/2012 ha subito posto l’interrogativo se la definizione di materiali da scavo contenu‑ta nell’articolo 1, lettera b) sia in contrasto con la nozione di rifiuto.Tali materiali, com’è noto, sono definiti come “il suolo o sottosuolo, con eventuali presen-ze di riporti, derivanti dalla realizzazione di un’opera quali, a titolo esemplificativo:• scavi in genere (sbancamento, fondazio-ni, trincee, ecc.);• perforazione, trivellazione, palificazione, consolidamento, ecc.;• opere infrastrutturali in generale (galle-ria, diga, strada, ecc.);• rimozione e livellamento di opere in terra;• materiali litoidi in genere e comunque tutte le altre plausibili frazioni granulome-triche provenienti da escavazioni effettua-te negli alvei, sia dei corpi idrici superficia-li che del reticolo idrico scolante, in zone go-lenali dei corsi d’acqua, spiagge, fondali la-custri e marini;• residui di lavorazione di materiali lapi-dei (marmi, graniti, pietre, ecc.) anche non connessi alla realizzazione di un’opera e non contenenti sostanze pericolose (quali ad esempio flocculanti con acrilamide o po-liacrilamide)”.

La lettera b), nella sua seconda parte, preve‑de che “i materiali da scavo possono con-tenere, sempreché la composizione media dell’intera massa non presenti concen-trazioni di inquinanti superiori ai limiti massimi previsti dal presente Regolamen-to, anche i seguenti materiali: calcestruz-zo, bentonite, polivinilcloruro (PVC), vetro-resina, miscele cementizie e additivi per scavo meccanizzato”.

La definizione è integrata dalle successive lette‑re c), d) ed e) che definiscono:“c. «riporto»: orizzonte stratigrafico costitu-ito da una miscela eterogenea di materia-li di origine antropica e suolo/sottosuolo co-me definito nell’allegato 9 del presente Re-golamento;d. «materiale inerte di origine antropica»: i materiali di cui all’Allegato 9. Le tipologie che si riscontrano più comunemente sono riportate in Allegato 9;

e. «suolo/sottosuolo»: il suolo è la parte più superficiale della crosta terrestre distingui-bile, per caratteristiche chimico-fisiche e contenuto di sostanze organiche, dal sotto-stante sottosuolo”.

A sua volta l’allegato 9 definisce come segue i materiali di riporto di origine antropica:“I riporti di cui all’articolo 1 del presente Regolamento si configurano come orizzonti stratigrafici costituiti da materiali di origine antropica, ossia derivanti da attività qua-li attività di scavo, di demolizione edilizia, ecc, che si possono presentare variamente frammisti al suolo e al sottosuolo.In particolare, i riporti sono per lo più una miscela eterogenea di terreno natu-rale e di materiali di origine antropica, anche di derivazione edilizio-urbanistica pregressa che, utilizzati nel corso dei seco-li per successivi riempimenti e livellamen-ti del terreno, si sono stratificati e sedimen-tati nel suolo fino a profondità variabili e che, compattandosi con il terreno natura-le, si sono assestati determinando un nuo-vo orizzonte stratigrafico. I materiali da ri-porto sono stati impiegati per attività quali rimodellamento morfologico, recupero am-bientale, formazione di rilevati e sottofondi stradali, realizzazione di massicciate ferro-viarie e aeroportuali, riempimenti e colma-te, nonché formazione di terrapieni.Ai fini del presente regolamento, i materiali di origine antropica che si possono riscontra-re nei riporti, qualora frammisti al terreno naturale nella quantità massima del 20%, sono indicativamente identificabili con le se-guenti tipologie di materiali: materiali litoi-di, pietrisco tolto d’opera, calcestruzzi, lateri-zi, prodotti ceramici, intonaci”.

Tali norme integrano la disposizione interpre‑tativa di cui all’articolo 3, commi da 1 a 4, Dl 25 gennaio 2012, n. 2, secondo cui i riferimenti al “suolo” contenuti all’articolo 185, commi 1, lettera b) e c), e 4, Dlgs 152/2006, si interpre‑tano come riferiti anche alle matrici materia‑li di riporto tali intendendosi “i materiali ete-rogenei, come disciplinati dal decreto di cui all’articolo 49 del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, utilizzati per la realizzazione di riempimenti e rilevati, non assimilabili per caratteristiche geologiche e stratigrafiche al terreno in situ, all’interno dei quali possono trovarsi materiali estranei”.

Nell’insieme il Dl 2/2012 e il Dm 161/2012 si inseriscono in un contesto interpretativo giu‑risprudenziale in cui era principio consolida‑to che la disciplina delle terre e rocce da scavo non fosse applicabile nel caso di materiale da scavo contenente rifiuti provenienti da attività edilizie ed affini (1).

(1) Per la negazione dell’applicabilità della disciplina delle terre e rocce da scavo, si veda, ex multis, Cass. pen., Sez. III, n. 8936/2003 e n. 12851/2003, in pre‑

senza di materiale cementizio e di asfalto; Sez. III, n. 16695/2004, in presenza di fresato di asfalto prove‑niente dal disfacimento del manto stradale (che, se‑

condo Cass. pen., Sez. III, n. 16705/2011, rientra nel‑la definizione del materiale proveniente da demolizio‑ni e costruzioni, incluso nel novero del rifiuti specia‑

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RIFIUTI

Vetro:

la seconda tappa

dell’End of Waste

Commissione europeaRegolamento 10 dicembre 2012, n. 1179(Guue 11 dicembre 2012, n. L 337)

Regolamento recante i criteri che determinano quando i rottami di vetro cessano di essere considerati rifiuti ai sensi della direttiva 2008/98/Ce del Parlamento europeo e del ConsiglioLegislazione

norme nazionali

La Commissione europea,visto il trattato sul funzionamento dell’Unione europea,vista la direttiva 2008/98/Ce del Parlamento eu‑ropeo e del Consiglio, del 19 novembre 2008, re‑lativa ai rifiuti e che abroga alcune direttive, in particolare l’articolo 6, paragrafo 2,considerando quanto segue:(1) Dalla valutazione di svariati flussi di rifiu‑ti emerge che i mercati del riciclaggio dei rotta‑mi di vetro trarrebbero benefici dall’introduzio‑ne di criteri specifici intesi a determinare quan‑do i rottami di vetro ottenuti dai rifiuti cessano di essere considerati rifiuti. Occorre che tali cri‑teri garantiscano un elevato livello di tutela am‑bientale e lascino impregiudicata la classifica‑zione dei rottami di vetro come rifiuti adottata dai paesi terzi.(2) Le relazioni del Centro comune di ricerca del‑la Commissione europea indicano l’esistenza di un mercato e di una domanda per i rottami di vetro da utilizzare come materia prima nell’in‑dustria produttrice di vetro. I rottami di vetro do‑vrebbero pertanto essere sufficientemente puri e soddisfare le norme o specifiche pertinenti richie‑ste da tale industria.(3) I criteri per determinare quando alcuni tipi di rottami di vetro cessano di essere considerati rifiuti devono garantire che i rottami di vetro ot‑tenuti mediante un’operazione di recupero sod‑disfino i requisiti tecnici dell’industria produttri‑ce di vetro, siano conformi alla legislazione e alle norme vigenti applicabili ai prodotti e non com‑portino impatti generali negativi sull’ambiente o la salute umana. Dalle relazioni del Centro co‑mune di ricerca della Commissione europea si ri‑cava che i criteri proposti per definire i rifiuti im‑piegati come materiale nell’operazione di recupe‑ro, i processi e le tecniche di trattamento, nonché i rottami di vetro ottenuti dal recupero, soddisfa‑no i suddetti obiettivi, in quanto dovrebbero crea‑re le condizioni per la produzione di rottami pri‑vi di proprietà pericolose e sufficientemente esen‑ti da composti non vetrosi.(4) Per garantire il rispetto dei criteri è opportu‑no prevedere la pubblicazione delle informazio‑ni sui rottami di vetro che hanno cessato di es‑sere considerati rifiuti e l’istituzione di un siste‑ma di gestione.(5) Per consentire agli operatori di conformar‑si ai criteri che determinano quando i rottami di vetro cessano di essere considerati rifiuti, oc‑corre lasciar trascorrere un congruo periodo di

tempo prima che il presente regolamento diven‑ga applicabile.(6) Le misure previste nel presente regolamento sono conformi al parere del comitato istituito in virtù dell’articolo 39 della direttiva 2008/98/Ce,ha adottato il presente regolamento:

Articolo 1OggettoIl presente regolamento stabilisce criteri atti a de‑terminare in quali casi i rottami di vetro desti‑nati alla produzione di sostanze od oggetti di ve‑tro attraverso processi di rifusione cessano di es‑sere rifiuti.

Articolo 2DefinizioniAi fini del presente regolamento si applicano le definizioni di cui alla direttiva 2008/98/Ce.Si applicano inoltre le seguenti definizioni:1. “rottame di vetro”: rottame derivante dal recu‑pero di rifiuti di vetro;2. “detentore”: la persona fisica o giuridica che è in possesso dei rottami di vetro;3. “produttore”: detentore che cede a un altro de‑tentore dei rottami di vetro che per la prima volta hanno cessato di essere considerati rifiuti;4. «importatore”: qualsiasi persona fisica o giu‑ridica stabilita nell’Unione che introduce nel suo territorio doganale dei rottami di vetro che han‑no cessato di essere considerati rifiuti;5. “personale qualificato”: personale che, per esperienza o formazione, possiede le competenze necessarie per monitorare e valutare le caratteri‑stiche dei rottami di vetro;6. “controllo visivo”: il controllo dei rottami di vetro che investe tutte le parti di una partita e impiega le capacità senso riali umane o qualsia‑si apparecchiatura non specializzata;7. “partita”: un lotto di rottami di vetro destina‑to a essere spedito da un produttore a un altro de‑tentore e che può essere contenuto in una o più unità di trasporto, ad esempio contenitori.

Articolo 3Criteri pertinenti ai rottami di vetroI rottami di vetro cessano di essere considerati ri‑fiuti allorché, all’atto della cessione dal produtto‑re a un altro detentore, sono soddisfatte tutte le seguenti condizioni:1. i rottami ottenuti dall’operazione di recupe‑ro soddisfano i criteri di cui al punto 1 dell’al‑legato I;

Link di approfondimento

In Osservatorio di normativa ambientale (www.reteambiente.it ) “I nuovi criteri ‘end of waste’ dell’Ue per i rottami di vetro” (di A. Geremei)

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RIFIUTILegislazione norm

e nazionali Regolamento 10 dicem

bre 2012, n. 1179

2. i rifiuti utilizzati come materiale dell’operazio‑ne di recupero soddisfano i criteri di cui al pun‑to 2 dell’allegato I;3. i rifiuti utilizzati come materiale dell’opera‑zione di recupero sono stati trattati in conformità dei criteri di cui al punto 3 dell’allegato I;4. il produttore ha rispettato i requisiti di cui agli articoli 4 e 5;5. i rottami di vetro sono destinati alla produzio‑ne di sostanze od oggetti di vetro mediante pro‑cessi di rifusione.

Articolo 4Dichiarazione di conformità1. Il produttore o l’importatore stila, per ciascu‑na partita di rottami di vetro, una dichiarazione di conformità in base al modello di cui all’allegato II.2. Il produttore o l’importatore trasmette la di‑chiarazione di conformità al detentore successi‑vo della partita di rottami di vetro. Il produttore o l’importatore conserva una copia della dichia‑razione di conformità per almeno un anno dalla data del rilascio, mettendola a disposizione delle autorità competenti che la richiedano.3. La dichiarazione di conformità può essere sti‑lata in formato elettronico.

Articolo 5Sistema di gestione1. Il produttore applica un sistema di gestione atto a dimostrare la conformità ai criteri di cui all’articolo 3.2. Tale sistema prevede una serie di procedimen‑ti documentati riguardanti ciascuno dei seguen‑ti aspetti:a) monitoraggio della qualità dei rottami di ve‑tro ottenuti dall’operazione di recupero di cui al punto 1 dell’allegato I (che comprenda anche campionamento e analisi);

b) controllo di accettazione dei rifiuti utilizzati come materiale dell’operazione di recupero di cui al punto 2 dell’allegato I;c) monitoraggio dei processi e delle tecniche di trattamento di cui al punto 3 dell’allegato I;d) osservazioni dei clienti sulla qualità dei rot‑tami di vetro;e) registrazione dei risultati dei controlli effettua‑ti a norma delle lettere da a) a c);f) revisione e miglioramento del sistema di ge‑stione;g) formazione del personale.3. Il sistema di gestione prevede inoltre gli ob‑blighi specifici di monitoraggio indicati, per cia‑scun criterio, nell’allegato I.4. Un organismo preposto alla valutazione del‑la conformità di cui al regolamento (Ce) n. 765/2008 del Parlamento europeo e del Consi‑glio, del 9 luglio 2008, che sia stato accredita‑to a norma di detto regolamento, o qualsiasi al‑tro verificatore ambientale ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 20, lettera b), del regolamento (Ce) n. 1221/2009 del Parlamento europeo e del Con‑siglio, che sia stato accreditato o abbia ottenu‑to l’abilitazione a norma di detto regolamento, si accerta che il sistema di gestione soddisfi le di‑sposizioni del presente articolo. Tale accertamen‑to è effettuato ogni tre anni. Solo i verificatori con i seguenti ambiti di accreditamento o di abi‑litazione sulla base dei codici Nace, come specifi‑cato nel regolamento (Ce) n. 1893/2006 del Par‑lamento europeo e del Consiglio, sono ritenuti possedere una sufficiente esperienza specifica per la verifica di cui al presente regolamento:– * Codice Nace 38 (Attività di raccolta, tratta‑mento e smal timento dei rifiuti; recupero dei ma‑teriali); oppure– * Codice Nace 23.1 (Fabbricazione di vetro e di prodotti in vetro).

5. L’importatore esige che i suoi fornitori appli‑chino un sistema di gestione che soddisfi il di‑sposto dei paragrafi 1, 2 e 3 del presente articolo e sia stato controllato da un verificatore esterno indipendente. Il sistema di gestione del fornito‑re deve essere certificato da un organismo di va‑lutazione della conformità accreditato da un or‑ganismo preposto che ha ricevuto una valutazio‑ne “orizzontale” positiva per tale attività dall’or‑ganismo riconosciuto ai sensi dell’articolo 14 del regolamento (Ce) n. 765/2008; o da un verifica‑tore ambientale che sia stato accreditato o abbia ottenuto l’abilitazione da un organismo di ac‑creditamento o di abilitazione a norma del re‑golamento (Ce) n. 1221/2009 e che è anche sot‑toposto a una valutazione “orizzontale” a nor‑ma dell’articolo 31 del suddetto regolamento, ri‑spettivamente.I verificatori che intendono operare in paesi ter‑zi devono ottenere un accreditamento specifico o un’abilitazione, secondo le modalità previste dal regolamento (Ce) n. 765/2008, o dal regolamen‑to (Ce) n. 1221/2009 e dalla decisione 2011/832/Ue della Commissione.6. Il produttore consente l’accesso al sistema di ge‑stione alle autorità competenti che lo richiedano.

Articolo 6Entrata in vigoreIl presente regolamento entra in vigore il vente‑simo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.Esso si applica a decorrere dall’11 giugno 2013.

Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in cia‑scuno degli Stati membri.

Fatto a Bruxelles, il 10 dicembre 2012

Allegato ICriteri pertinenti ai rottami di vetro

Criteri Obblighi minimi di monitoraggio interno

Punto 1. Qualità dei rottami di vetro ottenuti dall’operazione di recupero

1.1. I rottami di vetro devono soddisfare le specifiche sta‑bilite dal cliente, le specifiche settoriali o una norma per uso diretto nella produzione di sostanze od oggetti di ve‑tro mediante rifusione in impianti di produzione del vetro.

Il personale qualificato verifica che ogni partita sia conforme a specifiche adeguate.

1.2. Il contenuto dei seguenti componenti non vetro‑si è il seguente:– metalli ferrosi: ≤ 50 ppm;– metalli non ferrosi: ≤ 60 ppm;– sostanze inorganiche non metalliche e non vetrose:≤ 100 ppm per rottami di vetro di dimensione > 1 mm;≤ 1 500 ppm per rottami di vetro di dimensione ≤ 1 mm;– sostanze organiche: ≤ 2 000 ppm.Esempi di sostanze inorganiche non vetrose e non metal‑liche sono: ceramica, roccia, porcellana e piroceramica.Esempi di sostanze organiche sono: carta, gomma, pla‑stica, tessuto, legno.

Il personale qualificato effettua un controllo visivo di ogni partita.A intervalli adeguati, salvo revisione in caso avvengano cambiamenti significativi nel processo operativo, devono essere analizzati gravimetricamente dei campioni rappresentativi di rottami di vetro per misurarne le componenti totali non ve‑trose. Le componenti non vetrose devono essere analizzate mediante pesatura, dopo separazione meccanica o manuale (come meglio opportuno) dei materiali sotto un attento controllo visivo.Per stabilire la frequenza adeguata con cui eseguire il monitoraggio per campionamento si tiene conto dei seguenti fattori:– l’andamento previsto della variabilità (ad esempio, in base ai risultati passati);– il rischio di variabilità insito nella qualità dei rifiuti di vetro utilizzati come materiale dell’operazione di recupero e di ogni trattamento successivo; scarti industriali di vetro con un alto grado di prevedibilità rispetto alla composizione esi‑gono una minor frequenza di monitoraggio. Rifiuti di vetro provenienti da raccolta multimateriale potrebbero richiede‑re un controllo più frequente;– la precisione del metodo di monitoraggio stesso;– la vicinanza dei risultati della componente non vetrosa ai limiti indicati sopra.Il processo che ha condotto alla scelta della frequenza del monitoraggio dovrebbe essere documentato nell’ambito del si‑stema di gestione e dovrebbe essere accessibile in sede di audit.

(segue)

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bollettino di informazione norm

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RIFIUTI

Rubriche

Con questo numero “Rifiuti-Bollettino di in-formazione normativa” dà l’avvio ad una nuova Rubrica dedicata all’approfondimen-to sistematico di una serie di problemati-che afferenti le sanzioni amministrative con particolare riferimento ai rifiuti. Questo per-ché l’incidenza della sanzione amministra-tiva nell’ambito della gestione dei rifiuti ha assunto nel tempo una valenza sempre più importante.In ragione di ciò, diventa non più eludibi-le la conoscenza degli elementi sostanzia-li e procedurali che caratterizzano la risposta dell’Ordinamento giuridico all’illecito ammi-nistrativo, unitamente alla trattazione di ca-si particolari.Stante l’importanza e la specificità della di-sciplina, la Rubrica è stata affidata alla cu-ra di Italia Pepe, uno tra i principali esper-ti e studiosi nazionali della materia, anche in ragione del suo ruolo di Responsabile Ser-vizio Violazioni amministrative, Contenzioso

e Affari legali che ricopre presso la Provin-cia di Milano.

Mese dopo mese, nel corso del 2013, la ru-brica affronterà le seguenti tematiche:(gennaio) Le sanzioni amministrative. Adatta-bilità dei termini della legge 241/1990 al pro-cedimento sanzionatorio disciplinato dalla leg-ge 689/1981(febbraio) – Determinazione della sanzione nel caso di accertamento di innumerevoli traspor-ti di rifiuti senza formulari: cumulo giuridico o materiale?(marzo) – I rifiuti sanitari pericolosi a rischio infettivo e divieto di miscelazione(aprile) – Veicoli fuori uso, omesso conferi-mento ad un centro di raccolta autorizzato. Di-sciplina sanzionatoria(maggio) – Attività di parcheggio e rimessag-gio. Obbligo della tenuta del registro di carico e scarico rifiuti. Il caso(giugno) – Trasporto di rifiuti senza formulario

di identificazione. Il principio di responsabiliz-zazione e coinvolgimento e la culpa in vigilan-do del legale rappresentante(luglio) – Scarichi in fognatura e potestà san-zionatoria dell’Ufficio d’ambito(agosto – settembre) – Trasporto di rifiuti sen-za formulario: contenuto essenziale del verba-le di accertamento al fine della corretta rileva-zione e contestazione della violazione(ottobre) – Scarico in corso d’acqua super-ficiale. Titolarità dell’autorizzazione e corret-ta individuazione del trasgressore ed obbliga-to solidale al fine della corretta contestazione della violazione(novembre) – Scarichi in fognatura, control-li e competenze(dicembre) – Cer 150106 imballaggi in ma-teriali misti. Corretta attribuzione del codi-ce identificativo sulla scorta di quanto stabi-lito dalla Corte di Giustizia Ce e il Ministero dell’ambiente. Il caso

a cura di Italia PepeResponsabile Servizio Violazioni amministrative,

Contenzioso e Affari legali Provincia di Milano

Focus Rifiuti e sanzioni amministrative

Le sanzioni amministrative. Adattabilità dei termini della legge 241/1990 al procedimento sanzionatorio disciplinato dalla legge 689/1981

La legge 24 novembre 1981 n. 689 regola la procedura di irrogazione delle sanzioni ammi-nistrative, delineando un procedimento di ca-rattere contenzioso anche in sede ammini-strativa e fissandone molto precisamente fasi e relativa scansione temporale:• 90 giorni per la notificazione della violazio-ne ex articolo 14;• 60 giorni per il pagamento in misura ridot-ta ex articolo 16;

• 30 giorni per l’invio degli scritti difensivi ex articolo 18.

Emerge con assoluta evidenza l’assenza di assoggettamento della fase decisoria a ter-mine alcuno.Il Consiglio di Stato ed il Tar (1) intervenuti più volte sul punto hanno precisato infatti che “L’esercizio del potere sanzionatorio ammini-strativo non è soggetto a termini di prescrizio-ne o decadenza, fatta eccezione per la pre-scrizione del diritto alla riscossione delle san-zioni pecuniarie, sancita dall’articolo 14 della legge 689/81; di talchè l’accertamento am-ministrativo e l’applicazione della relativa san-zione può intervenire anche a distanza di tem-

po dalla commissione dell’abuso, senza che il ritardo nell’adozione della sanzione compor-ti sanatoria o il sorgere di affidamenti o situa-zioni consolidate”.

Sussiste peraltro un orientamento giurispru-denziale, di portata di certo minoritaria, in base al quale al procedimento per l’applica-zione delle sanzioni amministrative ex lege 689/1981 sarebbero applicabili i termini di cui all’articolo 2 della legge 241/1990 previsti appunto per la conclusione del procedimento amministrativo.Desta tuttavia forti perplessità l’applicazio-ne del termine di 30 giorni al procedimento che ha avuto inizio con una contestazione in

(1) Si veda in tal senso Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza 2 giugno 2000, n. 3184 e Tar Toscana, Firenze, Sez. II, sentenza 22 marzo 2011, n. 477.

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bollettino di informazione norm

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RIFIUTIRubriche Focus Rifiuti e sanzioni am

ministrative

via immediata, considerati i succitati più am-pi margini previsti dalla disciplina sanzionato-ria di interesse. Allora perché non far decor-rere tale termine “dall’inizio d’ufficio del pro-cedimento” così come stabilito dalla medesi-ma legge disciplinante il procedimento ammi-nistrativo, ritenendo dunque che il dies a quo decorra dal momento in cui, ai sensi dell’ar-ticolo 18 della legge 689/1981, pervengano all’Autorità gli scritti difensivi ovvero l’interes-sato venga sentito? La rappresentazione di questa ipotesi appare anch’essa assai discu-tibile poiché, come detto in premessa, la leg-ge 689/1981 non assoggetta ad alcun termi-ne la fase decisoria non essendo prevista in-fatti alcuna scadenza né per l’invio del rap-porto né per l’emissione dell’ordinanza di in-giunzione da parte dell’Ente competente.

Occorre altresì evidenziare che il termine per la conclusione del procedimento di cui all’arti-colo 2 della legge 241/1990 è un termine or-dinatorio la cui decorrenza non comporta in al-cun modo la perdita del potere di provvedere. Ed infatti la previsione normativa di termini per la conclusione dei procedimenti amministrati-vi rileva ai fini del compimento dell’inerzia della pubblica Amministrazione. Il decorso del termi-ne per la conclusione del procedimento segna infatti il momento a partire dal quale la pubbli-ca Amministrazione è da considerarsi inadem-

piente ed avverso la quale è dunque possibile attivare i rimedi che l’ordinamento prevede per tali casi (diffida ad adempiere, ricorso avverso il silenziose della pubblica Amministrazione).

Stanti tali premesse, la legge 689/1981 può ben definirsi quale legge speciale prevalente sulla legge 241/1990 che re-gola in via generale il procedimento am-ministrativo (2) : se è vero che secondo l’articolo 29 della legge 241/1990 i criteri da essa fissati costituiscono “principi ge-nerali dell’ordinamento giuridico”, ciò non dispenserà tuttavia l’interprete dal veri-ficare, di volta in volta, che i medesimi principi siano compatibili con la disciplina della legge 689/1981.

Le disposizioni di cui al citato articolo 2, co-me peraltro più volte precisato dalla Corte di Cassazione (3), sono dunque scarsamen-te adattabili al procedimento che si conclu-de con l’emanazione dell’ordinanza di ingiun-zione ed è pertanto desumibile la quasi indi-scutibile infondatezza dell’assunto in base al quale la violazione del termine di conclusione del procedimento costituisca possibile motivo di illegittimità di un’ordinanza di ingiunzione.

Per quanto detto si procederà, dunque, all’emanazione dell’ordinanza di ingiunzione

nel termine quinquennale di cui all’articolo 28 della legge 689/1981 rimarcando che, i ter-mini intermedi più ampi previsti dalla legge speciale che regola il procedimento sanzio-natorio, sono posti sia a garanzia dell’auto-re della violazione sia dei poteri della pubblica Amministrazione, poiché trattandosi di un’at-tività in molti casi complessa e dunque non prevedibile nel suo sviluppo, lo stesso Legi-slatore ha ritenuto di non contenerla entro determinati limiti temporali (4).

In conclusione va altresì dato atto della confi-gurabilità nel nostro Ordinamento di un prin-cipio di obbligatorietà dell’azione amministra-tiva sanzionatoria desumibile dal combinato disposto degli articoli 97 della Costituzione e 18, comma 2, legge 689/1981, nella misura in cui quest’ultima norma impone all’Autori-tà procedente di definire comunque il proce-dimento sanzionatorio con un provvedimen-to espresso (se del caso anche di archivia-zione). Ne consegue, pertanto, che il provve-dimento emesso vada esente da vizi di ingiu-stizia manifesta ed irragionevolezza per tardi-vità, ma rappresenti invero l’esito necessita-to di un procedimento doverosamente avvia-to dall’Autorità competente, pur a distanza di tempo, dalla commissione di fatti contesta-ti al trasgressore.

(2) Cass. Civ., sentenza 5 marzo 2003, n. 3254 e sentenza 11 aprile 2003, n. 5790.

(3) Cass. Civ., Sez. II, sentenza 23 gennaio 2007, n. 1401.

(4) Si veda in tal senso Cass. Civ. Sez. I, sentenza 11 luglio 2003, n.10920.

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