Ricordo di - Unione Exallievi don Bosco Verona · La pietà cristiana e la nostra sana ... ne...

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1 Ricordo di don LEONE DALLA VECCHIA Salesiano sacerdote

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Ricordo didon LEONE DALLA VECCHIASalesiano sacerdote

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Don Leone Dalla Vecchia( + Mestre – 26 Aprile 2011)

Esequie a Verona “Don Bosco” – 29 Aprile 2011

Il 26 Aprile u.s. è mancato all’affetto dei suoi cari e alla Comunità sale-

siana “Don Bosco” di Via Provolo il confratello don LEONE DALLA VECCHIA.La pietà cristiana e la nostra sana tradizione, esigono che si mantenga vivo il ricordo del suo passaggio ter-reno e della sua viva presenza presso la nostra comunità per ben 50 anni (1967-2011), trasmettendo a coloro che l’hanno conosciuto, apprezzato ed amato, il suo coerente profilo di uomo, di religioso e fedele sacerdote. L’aggravarsi dello stato di salute, nell’ultimo mese di vita, hanno richie-sto l’invio di don Leone nella Casa sa-lesiana «Artemide Zatti» di Venezia Mestre, dove ha trovato accoglienza, cure ed affetto, preparandosi giorno per giorno all’incontro definitivo con il Cristo crocifisso e risorto; e proprio due giorni dopo la Pasqua, don Leo-ne, a 85 anni di età e dopo 68 anni di professione religiosa e 60 di sacerdo-zio, ha reso l’anima a Dio, andando a celebrare la Pasqua eterna, in Cristo.

Nell’omelia il sig. Ispettore, don Euge-

nio Riva, che ha presieduto l’Eucare-stia, prendendo spunto dalle letture bibliche proposte (2Cor 5,1.6-10; Gv 11,17-27) , ci ha offerto un saggio ed interessante spaccato della figura del confratello don Leone, che qui di se-guito riportiamo:

<< … Al momento della morte non scompariamo in un luogo ignoto e buio, ma andiamo in un luogo fami-liare, dove potremo abitare per sem-pre: siamo chiamati ad abitare presso Dio e in Dio. Andando al Padre, il Si-gnore Risorto ci ha preparato questa casa. Dopo la sua risurrezione Gesù viene da noi perché viviamo nella sua casa, perché abitiamo per sempre in-sieme a Lui e al Padre. Se crediamo in Gesù, parteci-piamo già qui alla vita eterna: tempo ed eternità già coincidono. Se vivia-mo in comunione con Gesù in questa vita, viviamo già qui e ora nell’eternità di Dio. … Credere significa vedere in profondità, capire l’essenza delle cose, riconoscere Dio come il fondamento dell’esistenza, scoprire l’amore eterno di Dio per noi. Chi ascolta la parola di Gesù e ci crede davvero ha già adesso la vita eterna. È «passato dalla morte alla vita» (Gv 5,24). La morte non può fare nulla a chi vive in comunione con Gesù.… Nella morte ci si apriranno gli oc-chi per sempre. In tutto scorgeremo la

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presenza di Dio e tutto il nostro essere sarà avvolto dall’agape di Dio.

C’è un passo del vangelo in cui Pietro dice a Gesù: «Ecco, noi ab-biamo lasciato tutto e ti abbiamo se-guito» (Mc 10,28). L’evangelista Mat-teo aggiunge un particolare che svela lo scopo della domanda: «che cosa dunque ne avremo?» (Mt 19,27). Nel-la sua risposta, Gesù non rimprovera Pietro perché pensa a una ricompen-sa, anzi, gli dà ragione: «In verità vi dico: non c’è nessuno che abbia lascia-to casa o fratelli o sorelle o madre o padre o figli o campi per causa mia e per causa del Vangelo, che non riceva già ora, in questo tempo, cento volte tanto in case e fratelli e sorelle e madri e figli e campi, insieme a persecuzioni, e la vita eterna nel tempo che verrà» (Mc 10,29-30). Il distacco è un elemento ir-rinunciabile della vita spirituale di un religioso e di un sacerdote. Ma Dio è magnanimo e già ora ci dà il centuplo, anche se, nonostante ciò, questo mon-do può diventare un mondo di soffe-renza e di dolore. Santa Teresa d’Avila si rammaricava che questa promes-sa di Gesù non fosse presa sul serio: «purtroppo noi non vogliamo indurci a credere che anche in questa vita Dio ci dia il cento per uno» (S. TERESA DI GESÙ, Opere complete, Libro della Vita, 22,15, Milano 1998, pag. 262).

La fedeltà di don Leone alla chiamata di Dio riassume tutta la sua esistenza religiosa e sacerdotale. Ne-gli ultimi tempi di malattia e di sof-ferenza, don Leone ha sperimentato che la presenza di Dio può diventare esigente, ma non si è scoraggiato e si è affidato alla sua misericordia con la fiducia di ricevere la ricompensa del servo fedele e buono.

In questa liturgia eucaristica la Chiesa offre al Padre l’intera vita di don Leone.

Nato il 15 giugno del 1925 a Schio (Vicenza) da Francesco e Agnese Scorzato Leone viene battezzato il 12 luglio 1925 e riceve il sacramento della confermazione a Schio il 25 giu-gno 1933. Da ragazzo frequenta l’ora-torio salesiano e dopo aver superato le scuole elementari a Schio Livrera (1931-1936) e la prima ginnasiale nel-la scuola parrocchiale, a dodici anni entra nella casa salesiana di Trento per un periodo di aspirantato (ottobre 1937), che si conclude con un ottimo risultato scolastico (14 giugno 1940). In questi anni si presenta come ragaz-zo spigliato e capace. Don Angelini, viste le sue notevoli doti, cerca di ini-ziarlo al studio del pianoforte e dell’ar-monium, dove raggiunge in breve una eccellente manualità e una non comu-ne facilità nella lettura degli spartiti,

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tanto che don Angelini, famoso per le sue operette, gli affida l’accompagna-mento al pianoforte, mentre lui si ri-servava la direzione e la regia. Nell’archivio è conservata la domanda di ammissione al noviziato, scritta il 12 maggio 1940, solennità di Pentecoste: «Tre anni sono passati da quando per la prima volta entrai in questo Collegio. Facevo allora la 2a ginnasiale. Avevo imparato però mol-to prima ad amare D. Bosco e i suoi figli, all’Oratorio Salesiano di Schio, oratorio che io frequentavo assidua-mente, intervenendo alla S. Messa, al catechismo, alle sacre funzioni, alle passeggiate ecc. In questo ambiente si sviluppò la mia vocazione, l’ideale di essere un giorno salesiano di D. Bosco si fece sentire sempre più chiaro. (…) Da quel momento ho sempre cercato di custodire nell’anima il seme pre-zioso della mia vocazione e principal-mente mettendola sotto la protezione di Maria Santissima. E la Madonna mi ha sempre guidato, mi ha accompa-gnato e ha protetto la mia vocazione» (Lettera, Trento 12 maggio 1940). In pieno periodo di guerra inizia il cammino formativo nel no-viziato di Este (1940-1941) e succes-sivamente nel postnoviziato di Nave (1942-1945) sopportando i disagi del-lo sfollamento a Monteortone e l’om-bra nera della fame. Durante l’anno di noviziato gli viene affidata la parte

musicale e dato il numero dei novizi, riesce al organizzare sia la parte reli-giosa con preparazione di Messe can-tate a due o tre voci, sia l’animazione della vita quotidiana con canti ed ope-rette. La sua vera storia salesiana inizia a Belluno (1940-1941) con i pri-mi anni di esperienza con i giovani. Durante l’anno si prepara agli esami di maturità classica. Il direttore, che avrebbe dovuto seguirlo, aveva ben altre preoccupazioni, Ma Leone non si scoraggia: si prepara da solo, conse-guendo il titolo con un’ottima valuta-zione. L’esperienza pastorale del tiro-cinio lo vedrà successivamente nelle case di Este (1946-1947) e di Udine (1946-1947). Dal 1947 al 1951 è a Mon-teortone per gli studi di teologia e, nonostante alcuni problemi di sa-lute, dimostra un ingegno sveglio e un carattere gioviale. Viene ordina-to presbitero per l’imposizione delle mani di Mons. Girolamo Bortignon il 29 giugno 1951. Il primo ministero pastorale viene svolto nella casa sale-siana di Gorizia (1951-1956). Dopo un anno di studio a Torino Crocetta (1956-1957), dove consegue la Licen-za in teologia, viene destinato a Vero-na don Bosco e vi rimarrà per tutta la vita (1957-2011) con due particolari impegni: l’insegnamento di lettere in una classe e l’accompagnamento

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all’organo delle celebrazioni liturgi-che. Un confratello, don Gianma-rio Breda, già direttore della comu-nità, così lo ricorda: «Le sue classi sono sempre risultate di eccellenza perché sapeva trasferire negli allievi la ricchezza della sua sensibilità ispi-rata allo stile educativo di don Bosco. Curava sia il programma che voleva sempre svolgere con grande atten-zione, sia i giovani che lo dovevano assimilare per la vita. Molti di loro hanno voluto che presiedesse le loro nozze, come sigillo definitivo di una storia condivisa. Seguiva poi con cura il cammino delle loro famiglie, in modo particolare al momento della nascita dei figli. Ritiratosi dalla scuo-la per raggiunti limiti di età, si è reso disponibile per ore di sostegno ai gio-vani della città che, a vario titolo, lo avevano conosciuto come insegnante di grande capacità e discrezione. Con il crescere dell’età e l’avanzare della malattia, aveva lasciato l’accompagna-mento musicale durante il servizio liturgico ma, passando al pomeriggio nelle vicinanze della Chiesa, si intuiva chiaramente che era lui all’organo»

Nella seconda lettera ai Co-rinzi San Paolo paragona il nostro corpo a una tenda, che è la nostra abi-tazione sulla terra: «Sappiamo infatti che, quando sarà distrutta la nostra

dimora terrena, che è come una ten-da, riceveremo da Dio un’abitazione, una dimora non costruita da mani d’uomo, eterna, nei cieli» (2Cor 5,1). Una tenda è un’abitazione leggera, provvisoria. Quando sopraggiunge la morte questa tenda viene disfatta, ma noi non rimaniamo dei vagabondi senza riparo: Dio costruisce per noi una abitazione eterna. La morte è uno sradicamento che spaventa tutti; ma Dio prepara per noi una nuova crea-zione, la risurrezione del nostro corpo a immagine del Signore Risorto. San Paolo ci richiama alla re-altà quando afferma che finché abitia-mo su questa terra «camminiamo nel-la fede e non nella visione» (2Cor 5,7). Anche se la fede getta una luce reale sulla vita presente, segnata dalla sof-ferenza della malattia e della morte, l’oscurità rimane. Chi cammina nella fede sa, tuttavia, può scoprire nella sua vita le tracce dell’eternità e impara a vivere di ciò che rimane veramente per sempre. Chi crede scopre la pre-senza di Dio nelle pieghe dell’esistenza e vive nella tensione spirituale di «pia-cere al Signore», di «essere a lui gradi-to» (2Cor 5,9). La parola di San Paolo ci ri-empie di fiducia di fronte alla morte e all’«esilio dal corpo»: «siamo pieni di fiducia e preferiamo andare in esilio dal corpo e abitare presso il Signore» (2Cor 5,8)>>.

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Un confratello, che ha conosciuto e vissuto a lungo con don Leone, rende la seguente testimonianza:

“Don Leone è stata una persona dota-ta certamente di doti di intelligenza, cultura ed arte educativa. Ma queste doti sono state unite ad un tempera-mento e ad una psicologia sempre in-cline alla riflessione su se stesso fino a farlo soffrire. Era questa sofferenza psicologica che l’ha accompagnato durante tutto l’ar-co della sua esistenza, cresciuta nel clima dell’Oratorio di Schio, e vissuta (una volta divenuto salesiano e sacer-dote) principalmente tra i ragazzi del-la scuola Media”.

Concludiamo le note lasciateci dall’I-spettore, aggiungendo ancora qualche “spicciola” annotazione raccolta dalla memoria di alcuni confratelli. Essi sottolineano:

• Un’intelligenza acuta, viva-ce, alle volte anche critica, che gli permetteva di essere persona aperta ai problemi della società e del mon-do di oggi , perché intellettualmente curioso ed attento. Ne rendono testi-monianza i molti libri che egli teneva nella sua stanza e che molto spesso leggeva o consultava.• Una cultura e sensibilità mu-sicale che lo collocano certamente

nella fascia dei più esperti nel settore dell’arte e della musica. Non è divenu-to un grande maestro per la fragilità della sua salute, ma certamente non gli sarebbero mancate le doti per es-serlo, per capacità e gusto nel settore musicale. La buona musica era una componente della sua vita. Ma anche in questa non sono mancate “disar-monie” dovute alla sua “sofferenza” fisica e psicologica.Udito finissimo, <<esagerava>> nei suoi giudizi, che gli sgorgavano fluen-ti, come quando suonava l’organo, più ancora quando <<giocava>> sul pia-noforte.La sua collezione discografica era una squisita raccolta di opere lirico-sinfo-niche, con opere di valore indiscusso, che rivelavano la sua sensibilità: la sua, una scelta d’amore!A lui piaceva tutta la musica bella, che diventava preghiera!Accentuata era, allora, la sua soffe-renza quando le celebrazioni religiose non aiutavano i canti a diventare ele-vazione spirituale”.• Una inclinazione particolare, per la sua “vocazione-missione sale-siana”, ai problemi educativi umani e cristiani. Sia nei confronti dei suoi allievi in classe e fuori classe (in cor-tile … dove, pur non essendo “l’uomo della partita”, era tuttavia educatore che preparava, seguiva con la sua as-sidua presenza) ed anche nella vita

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di non pochi dei suoi allievi, cresciuti negli anni ed inseriti ora attivamente nella società.

Don Leone era portato alla “perfezio-ne”, forse anche verso alcune forme di “perfezionismo” . E anche questo gli era occasione di non poca sofferenza, che veniva lenita dal gusto di parlarne a chi si offriva spontaneamente a dia-logare e gli dava modo d’incanalare le “onde tumultuose” delle sue idee me-scolate con i suoi stati d’animo.Egli aveva il gusto del dialogo aperto e sincero che, quando incontrava ascol-to e comprensione lo faceva “disten-dere” fino quasi alle lacrime.Don Leone, I problemi li sentiva, li viveva: talvolta li godeva anche; ma la sofferenza, anche fisica, soprattutto, negli ultimi anni, il più delle volte, era come l’ombra che accompagnava in continuità i suoi passi.

Ha sempre manifestato di essere lega-to ad una sua coscienza di uomo in-telligente, libero, cristiano e sacerdote salesiano, senza finzioni. La fede l’ha sempre accompagnato durante tutto l’arco della sua lunga esistenza. E, con la fede, anche la “fe-deltà” al suo Signore che ha conosciu-to, amato e servito.

Come si può notare, nella sua lunga esistenza non sono mancati mo-

menti di prova. Al di là e al di sopra di questi però, la “religiosità” ha fatto da spina dorsale sia nelle gioie che nelle sofferenze e l’ha accompagnato in tut-ti i passi, in particolare in quest’ultimo tratto della sua esistenza.

La sua morte, avvenuta in prossimità della Pasqua, è stata per noi annuncio della Pasqua eterna e preludio della gloria che deve venire, dove il Signore risorto ci ha preparato un posto.

Caro don Leone, come reli-gioso e sacerdote oggi parli a noi in tutta verità sul «passaggio» cristiano della morte e ci aiuti a comprendere il mistero che si è compiuto in te.

Affidiamo ora, per sempre, la tua vita al Signore Gesù Risorto.

Il direttore Don Germano Colombo

e Comunità “Don Bosco”

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ISTITUTO SALESIANO DON BOSCOVia A. Provolo, 1637123 Verona

Don Leone Dalla VecchiaNato a Schio (VI) il 15 giugno del 1925Ordinazione sacerdotale – 29 giugno 1951+ Mestre – 26 aprile 2011