Riassunto - Per Un Etica Della Comunicazione

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Riassunto – Per un’etica della comunicazione Introduzione Il pensiero critico parla di due verità, quella mediatica e quella reale, alla quale se ne aggiunge una terza, la verità giudiziaria. L’uomo postmoderno è diventato come Don Chisciotte, che aveva sostituito la vita reale con quella dei suoi amati romanzi cavallereschi. All’interno della società la tecnica costituisce un vero e proprio sistema, di cui quello mediatico e multimediale è parte centrale e unificante. Dalla seconda metà degli anni 90 è cominciata la formazione di un nuovo sistema di comunicazione elettronica basata sulla fusione dei mass media globalizzati con la comunicazione da computer. Il regno della comunicazione elettronica si è espanso negli ambiti della vita e del lavoro. L’accesso a notizie e intrattenimenti audiovisivi contribuisce a incrementare il fenomeno di confusione dei contenuti già in atto nella televisione di massa. “L’informatica permette la crescita illimitata delle organizzazioni economiche e amministrative.” Ellul aveva denunciato il pericolo che la libertà potesse sparire a poco a poco. “All’interno del sistema, l’uomo è sicuramente libero e sovrano. Ma questa libertà è artificiale e sotto controllo”. La vita sociale si trasforma in “cyber-vita”. La società della comunicazione elettronica è una società confessionale, che cancella la linea di demarcazione tra privato e pubblico e spinge a mostrare in pubblico il proprio io interiore. Chi si sottrae alla visibilità, e a quella mediatica, è come se non esistesse. Chi ha cuore la propria invisibilità viene emarginato. In quanto consumatore l’individuo è libero di scegliere tra vari prodotti proposti dal sistema tecnico, ma non è libero nei confronti del sistema stesso. Le sue scelte si basano sempre su elementi secondari e mai sul problema globale. Il sistema tecnico riduce tutte le scelte a una: la scelta di un ritmo di crescita più o meno rapido. 1

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Riassunto – Per un’etica della comunicazioneIntroduzioneIl pensiero critico parla di due verità, quella mediatica e quella reale, alla quale se ne aggiunge una terza, la verità giudiziaria.L’uomo postmoderno è diventato come Don Chisciotte, che aveva sostituito la vita reale con quella dei suoi amati romanzi cavallereschi.All’interno della società la tecnica costituisce un vero e proprio sistema, di cui quello mediatico e multimediale è parte centrale e unificante. Dalla seconda metà degli anni 90 è cominciata la formazione di un nuovo sistema di comunicazione elettronica basata sulla fusione dei mass media globalizzati con la comunicazione da computer. Il regno della comunicazione elettronica si è espanso negli ambiti della vita e del lavoro.L’accesso a notizie e intrattenimenti audiovisivi contribuisce a incrementare il fenomeno di confusione dei contenuti già in atto nella televisione di massa.“L’informatica permette la crescita illimitata delle organizzazioni economiche e amministrative.”Ellul aveva denunciato il pericolo che la libertà potesse sparire a poco a poco. “All’interno del sistema, l’uomo è sicuramente libero e sovrano. Ma questa libertà è artificiale e sotto controllo”.La vita sociale si trasforma in “cyber-vita”.La società della comunicazione elettronica è una società confessionale, che cancella la linea di demarcazione tra privato e pubblico e spinge a mostrare in pubblico il proprio io interiore.Chi si sottrae alla visibilità, e a quella mediatica, è come se non esistesse. Chi ha cuore la propria invisibilità viene emarginato.In quanto consumatore l’individuo è libero di scegliere tra vari prodotti proposti dal sistema tecnico, ma non è libero nei confronti del sistema stesso. Le sue scelte si basano sempre su elementi secondari e mai sul problema globale.Il sistema tecnico riduce tutte le scelte a una: la scelta di un ritmo di crescita più o meno rapido.La scelta tecnica non ha alcun contenuto etico in sé, e non è attraverso la scelta di oggetti che si esprime la libertà. Oggi l’uomo postmoderno, catturato dal sistema tecnologico e multimediale, assume tale sistema come quello reale.La dimensione etica non riguarda solo il contenuto della comunicazione e il processo di comunicazione, ma anche questioni fondamentali strutturali e sistemiche, che coinvolgono le politiche di distribuzione delle tecnologie e quelle relative alla proprietà e al controllo dei media.Il knowledge gap (scarto di conoscenza), creato dai media, determina una discrepanza culturale tra un pubblico colto, preparato e in grado di mettere in discussione e processare le informazioni che riceve, e un pubblico meno preparato e accorto che le subisce o non le recepisce affatto.Il multimedia crea una crescente stratificazione sociale tra gli utenti, determinando un divario tra gli interagenti e gli interagiti.Il problema etico di tutti consiste nel bilanciare il profitto e il servizio al pubblico interesse, inteso secondo una concezione ampia del bene comune.Comunicare non è informare, l’informazione è trasmissione unidirezionale di contenuti. La comunicazione esprime la reciprocità del dono, l’interattività.

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Nella comunicazione mediatica, multimediale, oltre all’emittente e al ricevente, vi è una terza componente, che è il medium tecnico, e pertanto la reciprocità e l’interattività non solo non sono garantite, ma spesso non sono tecnicamente possibili, e pertanto tutta la riflessione etica non è applicabile a essa.Se è vero che tutte le tecnologie della comunicazione e i vari media sono stati per tremila anni una progressiva estensione dell’uomo, dei suoi sensi e dei suoi nervi, è anche vero, che costituisce un problema a un’ampia gamma di soluzioni se le prossime estensioni della comunicazione siano “un bene”. Per McLuhan, è praticamente impossibile dare una risposta a qualsiasi domanda su tali estensioni dell’uomo senza prenderle tutte in esame nel loro insieme. Non v’è estensione che non investa per intero la sfera psichica e quella sociale”.Se i media fossero semplicemente “mezzi tecnici”, la risposta etica dipenderebbe dal come li adoperiamo. Tali mezzi in realtà, non solo non sono moralmente neutrali, ma non sono neppure dei puri e semplici mezzi tecnici. L’uomo è un essere di natura e un essere di cultura. Natura e cultura lo costituiscono a pari titolo. Il cyberspazio e la tecnologia sono una necessità dell’uomo postmoderno, sono diventati il suo mondo.La domanda è “che cosa la tecnica può fare per noi”. I media hanno una loro struttura e funzione determinata. Ogni mezzo tecnico ha una modalità d’uso. 1. Il mondo come immagine1.1 Die Zeit des Weltbildes Giovanni Sartori afferma che il video sta trasformando l’homo sapiens prodotto dalla cultura scritta in un homo videns nel quale la parola è spodestata dall’immagine.L’homo videns non ha le sue matrici genetiche solo nella rivoluzione multimediale, ma ha origini più antiche e più profonde.Il filo conduttore della comunicazione sociale e mediatica è costituito dal rapporto tra immagine e realtà. Heidegger definisce l’epoca moderna “l’epoca dell’immagine del mondo”, nel suo saggio Die Zeit des Weltbildes del 1938.Riflettere sul mondo moderno significa, per Heidegger, cercare la moderna immagine del mondo. Per mondo s’intende l’ente nella sua totalità. Per immagine s’intende la riproduzione di qualcosa non come imitazione, ma nel senso che la cosa stessa è così come per noi, davanti a noi. “Immagine del mondo significa per ciò non un’immagine del mondo, ma il mondo concepito come immagine”.Nel mondo greco l’ente è il sorgente e l’aprentesi che sopravvive all’uomo. L’apprensione dell’ente, per Parmenide, rientra nell’essere. Nella grecità il mondo non può divenire immagine, perché l’uomo greco è percepito e rappresentato dall’uomo. Il rappresentare moderno significa portare innanzi a sé la semplice presenza come qualcosa di contrapposto.L’uomo pone se stesso come la scena, in cui l’ente d’ora in poi non può che rappresentarsi, essere immagine.Si tratta di un processo quello attraverso cui il mondo diventa immagine e l’uomo subjectum.La categoria “immagine” diventa la categoria principale per capire il nostro essere attuale. Il mondo è diventato figura che si colloca nello sfondo delle immagini.1.2. Il cybernauta novello don Chisciotte

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L’uomo postmoderno, nel suo rapporto con la realtà sembra don Chisciotte, cambia solo il medium.Il cyberspazio e la tele realtà sono diventati il mondo dell’uomo postmoderno sostituendo i romanzi cavallereschi del personaggi di Cervantes. Il multimedia ha avviato la grande fusione di tutti i media e cattura all’interno della propria sfera la maggior parte delle espressioni culturali.Ogni espressione culturale sfocia in questo universo digitale che collega in un gigantesco ipertesto astorico le manifestazioni passate, presenti e future della mente comunicativa.Tutte le culture sono costituite da processi di comunicazione e tutte le forme di comunicazione si basano sulla produzione e sul consumo di segni, ovvero sui linguaggi. Secondo Sapir-Whorf, le categorie linguistiche influiscono sul pensiero e sulla cultura dei popoli tanto da condizionarne le visioni del mondo.Anche l’intelligenza è stata definita come “abilità in un medium” culturale, inteso come “una gamma o un campo di attività esecutiva”. Il rapporto tra pensiero/linguaggio è un rapporto attivo. L’uomo nel corso della storia ha sviluppato degli “amplificatori delle capacità motrici, sensoriali e riflessive”. Lo sviluppo intellettivo è influenzato dal modo con cui gli esseri umani gradualmente apprendono a rappresentare il mondo in cui operano. La definizione di intelligenza di Olson come “elaborazione del proprio mondo percettivo sotto l’influenza dei vari media” comporta che lo sviluppo cognitivo è condizionato dalle tre forme bruneriane di rappresentazione (attiva, iconica e simbolica) e dagli atti esecutivi nei media.La cultura orale ha sviluppato la memoria e il sapere formulaico e la sua comunicazione è enfatica e partecipativa. Nella cultura scritta il pensiero diventa più astratto e analitico.La cultura dei media elettrici ed elettronici ci riconduce a un’era di oralità secondaria, che porta all’idea di “villaggio globale”.1.3 Il multimedia: l’ Aleph borgesiano Borges chiama Aleph uno dei punti dello spazio che contengono tutti i punti, il luogo dove si trovano tutti i luoghi della terra.Il nuovo sistema di comunicazione elettronica è molto simile all’Aleph borgesiano.Tutte le culture sono costituite da processi di comunicazione basati su produzione e consumo di segni. Nessuno vede la realtà così com’è, senza la mediazione di sensi, linguaggio, simboli, cultura.Watzlawick dimostra che la realtà sempre stata precepita attraverso simboli che esprimono la pratica con un certo significato, che si sottrae alla loro stretta definizione semantica. È proprio la capacità di tutte le forme di linguaggio di codificare l’ambiguità e di aprire diverse interpretazioni a rendere le espressioni culturali distinte dal ragionamento formale, logico, matematico.La complessità e la qualità dei messaggi della mente umana si manifestano attraverso il carattere polisemico e polisemantico dei nostri discorsi.Nella comunicazione umana, tutti i simboli presentano un certo scarto rispetto al significato semantico loro assegnato. Si può dire che tutta la realtà è partecipata in maniera virtuale.Il multimedia è un sistema in cui la stessa realtà è interamente catturata nel mondo della finzione. Tutti i messaggi di qualsiasi tipo vengono racchiusi dal mezzo, in quanto esso è diventato talmente onnicomprensivo da assorbire l’intera esperienza umana passata, presente e futura. Ciò che caratterizza il multimedia è che esso include e contiene tutte le espressioni culturali

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È proprio grazie alla diversificazione che il nuovo sistema di comunicazione è in grado di integrare tutte le nuove forme di espressione.Il prezzo da pagare per essere introdotti nel sistema è quello dell’adattarsi alla sua logica, al suo linguaggio. Ecco perché è così importante “lo sviluppo di una rete di comunicazione orizzontale, multinodale, invece di un sistema multimediale”.Il multimedia trasforma in modo radicale lo spazio e il tempo, le dimensione fondamentali della vita umana. I luoghi vengono svuotati del proprio significato culturale. Lo spazio dei flussi sostituisce lo spazio dei luoghi. Il tempo viene cancellato nel momento in cui passato, presente e futuro possono essere programmati per interagire nello stesso messaggio.L’ipertesto, rispetto al libro, che contiene un numero limitato di dati e di fatti, offre un campo di informazione aperto, in cui ogni nota o referenza si espande in definitivamente. L’ipertesto non è un prodotto, ma un processo, un punto di partenza in cui diventa difficile la separazione tra individuo e collettività.1.4 Dalla realtà decrescente alla creazione della realtàSe il mondo si virtualizza, perde di consistenza, è immagine. Giorgio Bocca parla di disinformanzia e cita il fattoide, ovvero la falsa notizia verosimile “praticata universalmente nella politica estera, nei conflitti fra le grandi lobby economiche, nel movimentismo”.Di qui nasce tutta una letteratura sulla disinformazione. Con l’avvento della tv commerciale è diventata merce di successo per incrementare gli investimenti pubblicitari, creando l’infotainment, un misto di informazione e divertimento.L’altra ragione della distruzione della realtà è che tutti i media costituiscono un sistema che agisce per forza propria, assoggettando tutta la realtà alla propria logica.Ora che “news is entertainment”, sappiamo che il messaggio viene manipolato e adattato ai vincoli del medium. De Kerckhove parla della legge della realtà decrescente. La realtà svanisce nel seguente ordine: 1) copertura in diretta, 2) diretta differita, 3) servizio confezionato, 4) documento “obiettivo”, 5) documentario “di parte” e 6) “docudrama”.La manipolazione da parte dei media è legittimata dalle esigenze di concisione e dal bisogno di dare nel più breve tempo possibile il maggior numero di avvenimenti.Chomsky parla di cinque filtri attraverso i quali passano le notizie:

1. Proprietà: le persone influenti e le corporation controllano i media2. Pubblicità: i media dipendono economicamente dalla pubblicità3. “Sourcing”: necessità di fonti attendibili4. “Flak” o reazione negativa: chiunque può lamentarsi del prodotto mediatico di cui

usufruisce. Il flak è efficace per i gruppi potenti.5. Anticomunismo come religione di stato: riguarda gli USA

Chomsky aggiorna l’anticomunismo con la strategia della minaccia e della paura di nemici pericolosi per impedire alla gente di focalizzare l’attenzione su quello che realmente accade intorno a loro. Per Baudrillard le tecnologie della comunicazione hanno trasformato il mondo in palcoscenico e le esperienze in simulazioni. Egli afferma che la TV non è più un surrogato della realtà ma la realtà stessa.

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La simulazione è l’operazione definitiva che ha cancellato il mondo. Il fenomeno aveva oscurato la cosa in sé.Per Baudrillard, produzione e consumo rientrano nell’ambito della simulazione, che ha preso il posto del principio di realtà. Il segno si emancipa perché si svincola dall’esigenza di designare qualcosa, diventa libero per un gioco strutturale.La fine del reale e la sua sparizione si esplicitano nell’iperreale, il reale prodotto.Baudrillard fa un elenco dell’annullamento di alcune forme di alterità:

Quella della morte, che si scongiura con l’accanimento terapeutico Quella del volto e del corpo, che si persegue con la chirurgia estetica Quella del mondo, che si cancella con la Realtà Virtuale Quella dell’altro, che si sta diluendo nella comunicazione perpetua

Se l’informazione è il luogo del delitto perfetto contro la realtà, la comunicazione è il luogo del delitto perfetto contro l’alterità:

Non ci sono altri: comunicazione Non ci sono nemici: negoziazione Non ci sono predatori: convivialità Non c’è negatività: positività Non c’è morte: immortalità del clone Non c’è alterità: identità Non c’è seduzione: indifferenza sessuale Non c’è illusione: iperreale Non c’è segreto Non c’è destino

Heisenberg afferma che ciò che osserviamo non è la natura in se stessa, ma la natura esposta ai nostri metodi di indagine.Si passa dal pensiero di sé come oggetto costruito con sforzi accumulati, a un sé presente oriento e aggiornato in un processo continuo.1.5. Gli effetti del mondo come immagineSe l’immagine è diventata la categoria principale della nostra vita, ci tocca vivere in un mondo per il quale non hanno valore il “mondo” e l’esperienza del mondo, ma il fantasma del mondo e il consumo di fantasmi. Il “mondo reale” è diventato un fantasma.La mancanza di uno solo delle merci d’obbligo della trasmissione mette a repentaglio l’intera attrezzatura della vita.Il tema degli effetti dei mass media sugli atteggiamenti e sui comportamenti individuali e collettivi costituisce uno dei settori di ricerca più importanti delle scienze della comunicazione, a partire dalla Scuola di Francoforte.Una scuola di pensiero sottolinea la ciclicità del potere mediatico.Siamo passati dalla teoria del proiettile di Lippmann e Lasswell, secondo cui i media avrebbero di per sé il potere di imprimere i messaggi nella mente dei fruitori, alla teoria della coltivazione di Gerbner, che pone alla base del comportamento umano l’assorbimento graduale e collettivo di atteggiamenti e valori.

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Autori come Katz, Lazarsfeld e Klapper ridimensionano il potere mediatico e sostengono che l’impatto dei media trova in realtà un filtro nelle capacità selettive dell’individuo e in un complesso meccanismo di interazioni sociali e ambientali. L’effetto mediatico si eserciterebbe più nel rafforzamento di orientamenti preesistenti che nell’induzione di atteggiamenti nuovi.Un forte uso di Internet si correla a una diminuzione nella comunicazione con i membri del gruppo familiare, a una riduzione delle dimensioni della cerchia sociale e a un aumento della depressione e della sensazione di solitudine.Condry definisce la televisione “ladra di tempo”. Indipendentemente da ciò che vedono, i bambini che guardano molto la televisione tendono a giocare di meno e diventare obesi.La TV è anche bugiarda. Guardando la tv i bambini vi vedono una fonte di verità. Per quel po’ di verità che la televisione comunica, c’è molto di falso. Sul piano valoriale la situazione è ancora più carente. I suoi valori sono i valori di mercato.Anche la struttura dei valori morali della TV è strettamente intrecciata con il modo di raffigurare i personaggi.La spettacolarizzazione può essere un canale di legittimazione di valori non etici e al limite immorali, come la guerra, la violenza, la disumanità.1.5.1 Atomizzazione delle nostre conoscenze ed esperienze Non sperimentando il mondo direttamente ma attraverso l’immagine veniamo defraudati della capacità di concepire ed esperire la cosa stessa e di prendere una posizione adeguata nei suoi confronti.Se l’apparenza viene rappresentata in modo realistico, la realtà assume l’aspetto dell’apparenza.1.5.2 Passivizzazione e liquefazione dell’oggetto Veniamo trasformati in consumatori permanenti. Mentre come lettori siamo autonomi, perché possiamo noi determinare il tempo e le parti da leggere, come fruitori di medium siamo tenuti al guinzaglio, e dobbiamo rispettarne il ritmo.I new media sono più personali e interattivi.Il consumatore è costretto a inghiottire tutto: il conformismo e il non-conformismo.La massificazione consumistica ha fatto cadere ogni tabù o divieto. Caduta l’ansia, la tensione per l’eventuale violazione del tabù, non c’è più tensione.L’iperconsumismo ha creato l’homo consumericus, il turbo-consumatore che ha bisogno continuamente di nuove stimolazioni. Il mondo ci viene servito allo stato liquido, anzi, spiega Anders, ci viene fornito in modo talmente diretto da potere essere immediatamente usato e consumato.I prodotti culturali ci attraversano senza essere neppure percepiti.L’ascoltatore considera la merce fornita come “aria” in doppio senso: non ci fa più caso ma senza di essa non può resistere.Questo modo di distruggere l’oggetto non è una caratteristica solo dei mass media, ma della produzione odierna, che si ispira al principio della obsolescenza guidata, nel senso che si producono oggetti in modo che non durino come oggetti.Lorenz definisce la neofilia, ovvero la continua ricerca di stimoli nuovi.1.5.3 Libertà illusoria

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La comodità viene spesso fraintesa per libertà. La schiavitù viene servita a domicilio come merce di svago.Il capitalismo tecno-nichilista tra la fine degli anni 60 e l’inizio degli anni 80 ha creato un immaginario della libertà che ha trasformato noi in individui sempre più liberi e la libertà in una libertà sempre più immaginaria.L’individuo nella società multi mediatica intende la libertà come opportunità infinita e pertanto ama fantasticare sulla propria libertà. L’individuo segue i gesti che il campo socio-storico gli offre.Occorre un nuovo immaginario, che nasca da un bagno di realtà e non da un’evasione del mondo.L’offerta copiosa di immagini soffoca la possibilità di farsi un’immagine del mondo per proprio conto. Le mille immagini nascondono il contesto del mondo e tanto più in quanto immagine.1.5.4 Smaterializzazione L’homo mediaticus si sente perfettamente separato e interconnesso attraverso lo schermo di un computer. Lo scambio è sempre meno razionale e sempre più informazionale.Per Zygmunt Bauman, non sono gli strumenti elettronici la causa della smaterializzazione in atto, delle false identità. Nel nostro mondo liquido le nostre identità sono vestiti da indossare e mostrare. È perché siamo costretti a modellare le nostre identità che lo strumento che svolge questa funzione è sembrato comodo e utile ed è stato abbracciato con tanto entusiasmo da milioni di persone.La multimedialità ci permette di fare tutto ma da lontano. Porta a termine la crisi del contatto di Adorno, provocata dal mondo moderno con la matematizzazione della conoscenza.Il senso di smarrimento, il vago disagio, hanno qui la loro radice.1.5.5 Frantumazione dell’uomo e destrutturazione morale Dilatando le pareti di casa, i mass media destrutturano convinzioni, pregiudizi, mentalità. L’uomo viene frantumato da ciò che gli giunge senza nessuna logica. Un uomo che vede e mescola ogni cosa non può disarticolarsi. Ormai per lui non conta più la costruzione razionale, ma di essere “in”.L’uomo frantumato si trova appagato tra la folla anonima dei grandi magazzini o delle comunità virtuali.Non solo il medium elettrico ed elettronico ma anche il messaggio è destrutturante. Fa notizia nel giornalismo ciò che viola la norma o va al di là del normale.1.5.6 Affettizzazione ed esteriorizzazione dell’uomo Un altro effetto è la scomparsa dell’egemonia del razionale e il ritorno del sensoriale, dell’immaginario. La prima reazione dell’organismo di fronte all’immagine televisiva e filmica è una reazione emotiva.I ritmi di una batteria e dei brani musicali amplificati dagli altoparlanti al massimo, le voci trasfigurate dall’amplificatore arrivano fin dentro le viscere, producono uno sconvolgimento sensoriale e risvegliano pulsioni istintive. L’ascolto di questa musica particolare non comporta la comprensione intellettiva ma il lasciarsi possedere.Il peccato della civiltà dei media, per Babin e McLuhan, non è tanto la destrutturazione dell’uomo quanto l’alienazione del conformismo sociale. A forza di pubblicità e di immagini luccicanti, l’uomo non ascolta più la voce della sua coscienza. È tutto al di fuori.La velocità e il rumore rischiano di togliere all’uomo il tempo di essere se stesso, di vivere per quello che egli è e non per quello che appare.

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Pascal ha scritto: “Tutta l’infelicità degli uomini proviene da una cosa sola; dal non sapere restare tranquilli in una camera”.Il divertissement ci allontana da noi stessi.1.5.7 Violenza e adultizzazione dei minori Il presunto legame tra violenza televisiva e violenza reale è oggetto di numerosi studi. Clark parla dell’esistenza di un effetto causale con incrementi misurabili tra il 3% e il 15%. Sui giovani telespettatori si parla di tre potenziali effetti: “effetto-aggressore” (l’aumento di probabilità di avere un comportamento violento), “effetto-vittima” (aumento del timore di restare vittima della violenza), “effetto-spettatore” (l’aumento dell’indifferenza verso la violenza subita dagli altri).La massificazione della comunicazione mediatica produce un semplice effetto: l’infantilizzazione degli adulti e l’adultizzazione dei minori. Mary Winn parla di “bambini senza infanzia”.Si viene a configurare una nuova ecologia degli stadi della vita, che sono ridotti a tre: la prima infanzia nel primo stadio e la senilità nel terzo; in mezzo c’è quello del “bambino adulto”.1.6 Il nuovo racconto digitale del mondoSi parla di mass media, di mezzi di comunicazione come se fossero tutti uguali, ma bisogna distinguere i mezzi di comunicazione tradizionali dai new media. Il fatto comune è che i media non mediano. Offrono il fatto ma non l’antefatto.La storia delle tecnologie della comunicazione ha determinato l’incontro di tre vettori tecnici essenziali del trattamento e della circolazione di informazioni: l’audiovisivo, l’informatica e le telecomunicazioni.Il digitale ha aperto la strada all’era della post-informazione. Viene portato all’estremo il narrowcasting, ossia la comunicazione focalizzata dell’era precedente: dal grande pubblico si va verso gruppi sempre più piccoli, per arrivare infine al singolo individuo. Stiamo passando da un sistema mediatico, in cui tutta l’intelligenza è concentrata nel punto di origine, a un modello basato sull’idea di tirare, cioè “saremo voi ed io a entrare nella rete per cercare qualcosa”.Nell’epoca dello spettacolo, del mondo stesso concepito come immagine, il reale non è più un dato naturale, ma è un prodotto, un insieme di segni, simulacri, modelli. È un iperreale, frutto di un lungo processo di virtualizzazione.Nel contempo la velocità ha reso il guardare sempre più superficiale.L’inflazione visiva ha fatto assopire la capacità di scegliere, di riconoscere e di comprendere ciò che stiamo percependo.L’inflazione visiva ha determinato la caduta della fiducia nei dispositivi mediatici tradizionali come strumenti di conoscenza della realtà. La realtà esiste ancora e può essere raccontata da noi stessi con i new media.C’è un ritorno alla realtà, addirittura alla realtà aumentata. Caudell e Minzell hanno coniato nel 1992 l’espressione “realtà aumentata” per indicare ogni strumento che arricchisce di informazioni la nostra realtà.Questi software sono come dei nuovi occhiali attraverso cui vedere il mondo con elementi addizionali o creativi di informazioni.La realtà aumentata è l’opposto della realtà virtuale. Mentre la realtà virtuale è l’inserimento dell’uomo in una realtà simulata, la realtà aumentata si basa sul concetto contrario: l’integrazione in tempo reale di oggetti virtuali in una scena reale.

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Il decennio tra il 2010 e il 2020 sarà il decennio dell’ubiquità, quello in cui ogni aspetto della nostra vita sarà impregnato dal digitale, dalla telefonia mobile, dai medi, dai dati, da informazioni aumentate e virtuali.Sarà comunque la realtà vera la base di partenza per consentirci di partecipare a tutte le altre.Il lifecasting è la trasmissione continua e in tempo reale di ogni esperienza quotidiana tramite le tecnologie digitai.L’aspetto più innovativo è che questa tecnologia sociale manifesta l’estensione e l’espansione della sousveillance, termine con cui si descrivono i tentativi di promuovere una visione delle cose e dei fatti dal basso, una sensibilità che implica la capacità di affermare una propria versione di un qualsiasi evento e di difendersi dalle strategie di controllo dell’opinione e di sorveglianza che piombano dai vertici delle istituzioni mediatiche e politiche.Alle valutazione positive di de Kerckhove fanno da pendent quelle più critiche di Andrew Keen, che parla del culto del dilettante e di narcisismo telematico.Il passaggio dal giornalismo tradizionale al citizen journalism è il passaggio da un élite professionale a una nuova élite di dilettanti giornalisti. Il dilettantismo non basta, servono le fonti e la cultura.Il cyberspazio offre nuove opportunità, che vanno valutate criticamente. Anche la democrazia diretta può essere possibile grazie a Internet, che consente una veloce diffusione di informazioni.Godsmith e Wu considerano al tramonto l’utopia internettiana di un mondo senza confini. Il terrorismo internazionale potrebbe costringere i governi nazionali ad assoggettare la Rete al proprio controllo.Anche il potere economico potrebbe limitare l’accesso aumentando le quote e trasferire a un’élite di supervisori il potere di selezionare i contenuti e decidere la “verità ufficiale”.La narrazione dominante di un nuovo modo di raccontare la vita e il mondo, ma anche di far nascere e raccontare un mondo nuovo e una vita umana più ricca.2. I postulati dell’etica della comunicazione2.1 I paradigmi dell’etica della comunicazioneUno sguardo complessivo alle teorie morali elaborate nella comunicazione ci permette d enucleare almeno cinque modelli.Il primo modello stabilisce un collegamento privilegiato tra l’etica e la specifica natura comunicativa dell’uomo.Il secondo fonda l’etica della comunicazione sul principio dialogico.Il terzo modello fa perno sull’audience e sul contesto in cui operano i vari interlocutori.Il quarto modello fa proprio il principio dell’utilità, individuale o collettiva.Il quinto modello inverte il rapporto tra etica e comunicazione: è la comunicazione a fondare l’etica.Il problema che tali modelli di etica della comunicazione non riescono a risolvere è il problema del senso. Bisogna avere l’idea di un comunicare inteso come creazione di uno spazio comune.Ci troviamo di fronte a una scelta: scegliere la condivisione comunicativa oppure la chiusura.Il concetto di natura umana non è univoco, è incompiuto.Nell’etica, per la legge di Hume non si possono dedurre le prescrizioni dalle descrizioni, dai fatti e pertanto non sono i fatti che fanno le norme morali, ma il contrario.

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La comunicazione presuppone dei postulati.2.2 I tre postulatiLa moralità richiede delle condizioni necessarie per l’osservanza dei suoi precetti. Questi postulati sono supposizioni da un punto di vista pratico.Questi postulati, per Kant, erano quelli dell’immortalità dell’anima, della libertà considerata e dell’esistenza di Dio.Nell’etica dell’informazione e della comunicazione la legge morale richiede i postulati della libertà, della verità e della reciprocità.La libertà deve essere supposta come proprietà della volontà di tutti gli esseri ragionevoli.Occorre presupporre una comunità linguistica e comunicativa che non può mettere in dubbio il rispetto reciproco tra i suoi membri delle norme fondamentali della giustizia in quanto parità di diritti, della solidarietà e della collaborazione.Quando ci si interessa alla verità, ci si colloca sul terreno della ragione comunicativa del discorso, si è vincolati alle sue presupposizioni normative.La reciprocità mette in questione alcuni presupposti paradigmatici della filosofia moderna, come il solipsismo metodico o trascendentale della ragione, connesso con l’assolutizzazione della relazione soggetto-oggetto, nonché l’intendere il linguaggio e la comunicazione come secondari e strumentali rispetto al pensiero, in linea di principio solitario ed autarchico.La reciprocità in quanto obbligo morale, si aggiunge agli obblighi logici.2.3 Verità e fallibilismoNella società odierna è in atto una vera e propria verofobia. Nelle società occidentali esistono due atteggiamenti nei confronti della verità delle nostre asserzioni e narrazioni: il sospetto di essere ingannati e lo scetticismo nei confronti di ogni presunta verità oggettiva, l’esigenza di veridicità.Il mondo vero e gli eventi che vi accadono sono sempre più compresi attraverso ciò che appare nel medium tv e nel cyberspazio.Diventa sempre più difficile definire e distinguere la realtà e l’immagine.Il senso comune definisce la verità come l’adeguazione della cosa e dell’intelletto. Il problema non è rendere veri i nostri enunciati, ma di giustificarli.La caduta della teoria del pensiero e del linguaggio come rappresentazione della realtà, per Rorty, permetterebbe di tirarsi fuori dalla problematica cartesiana del soggetto e dell’oggetto e di liberarsi di quella dell’apparenza e della realtà.Poiché la teoria della verità come corrispondenza incontra alcune difficoltà, non ne consegue che dobbiamo rinunciare a una concezione realistica della verità. Per la ragione l’ideale è il modello di tutte le cose.La difficoltà di definire la verità deriva dalla sua appartenenza a un insieme ramificato di nozioni. L’indefinibilità della verità non implica che il concetto sia misterioso. C’è comunque un requisito secondo cui qualsiasi concezione adeguata deve spiegare la correttezza degli enunciati.Quando pongo una domanda, cerco una risposta che sia vera. Engel spiega un legame tra la norma di verità e il problema dei nostri atteggiamenti riguardo essa.Williams dimostra che se smarrissimo la misura del valore della verità perderemmo ogni possibilità di convivere pacificamente.

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Rorty ci incoraggia a superare la preoccupazione per qualcosa chiamato verità e a dedicarci a benefici di ordine tecnico e sociale, alla democrazia. Egli crede che si possa fare a meno della differenza tra verità e illusione e progredire egualmente senza gli ideali di verità e veridicità.Si cerca la verità per fare del bene. Il senso del bene comune è un dovere fondamentale, che ci spinge a fare qualcosa per gli altri.Il problema etico della verità e della menzogna è uno dei principali problemi dei media.Il vero e le ragioni del giusto e del bene comportano una serie di conseguenze pratiche e comportamentali, come il rispetto della verità.Secondo Nabokov la realtà è una successione infinita di passi, di gradi di percezione.Resta pur sempre valida l’istanza fallibili sta della conoscenza umana. Non possiamo mai fondare in modo definitivo e cogente la verità, ma possiamo eliminare gli errori e dimostrare il falso.La credibilità di tutto il sistema mediatico poggia sul principio etico di non dire il falso.Il rispetto della verità rende credibile il sistema mediatico, che è chiamato a svolgere un ruolo fondamentale nella società.La verità esiste a patto di non considerare la nostra verità e la nostra realtà le uniche degne.L’era postmoderna si caratterizza per la caduta non solo di tutte le ideologie, ma anche di tutte le certezze perché conta l’apparenza.A prescindere dal problema della verità dal punto di vista dei criteri che riguardano affermazioni vere e un giudizio corretto, resta la questione della verità dal punto di vista del dire la verità da parte del soggetto. Nell’etica della comunicazione, il parlare chiaro, la parresìa, è condizione indispensabile per non incannarsi a vicenda.Il soggetto deve diventare soggetto di verità.2.4 Persona e realtà razionaleLa reciprocità postula la nozione di persona. L’esperienza fondamentale della persona non è l’originalità, ma la comunicazione. La prima preoccupazione del personalismo è di decentrare l’individuo, per collocarlo nelle aperte prospettive della persona.Un uomo senza relazioni è il contrario della persona.La comunicazione va incontro a molti scacchi. La stessa esistenza umana non è priva di una irriducibile opacità, di una specie di indiscrezione che ostacola lo scambio. Nel mondo in cui viviamo, la persona si trova più spesso esposta alla desolazione che circondata dal mondo comunicativo.La comunicazione diventa un compito morale.La struttura relazionale dell’essere in genere e dell’uomo in particolare, comporta che l’uomo ha uno stretto rapporto non solo con gli altri uomini, ma anche con la natura.Innis parla di un rapporto simbiotico dell’uomo con le tecnologie della comunicazione. Gli ambienti sono processi attivi invisibili. Nel mondo multimediale lo spazio è sparito. Viviamo in un villaggio globale. Mentre lo spazio visivo è una continuità organizzata di tipo uniforme e connesso, il mondo uditivo è un mondo di rapporti simultanei. L’orecchio non favorisce nessun punto di vista in particolare, perché noi siamo avvolti nei suoni.L’uomo digitale ha l’udito sempre attento a captare le vibrazioni del telefono cellulare, che ci segnalano la presenza di qualcuno.

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La condivisione dell’effimero crea tra i membri del villaggio globale un legame affettivo, un’unione ad alto carico emozionale. Il rapporto con i nuovi media non è caratterizzato da una relazione distaccata, ma va assumendo i tratti di un legame affettivo, dove l’adesione mistica e sensibile sono più determinanti delle leve funzionali e cognitive su cui la tecnologia si è imperniata.Lo schermo diventa il luogo di lavoro, l’angolo della distrazione, la finestra dei videogiochi, la vetrina di YouTube. Ognuna di queste dimensioni attrae una maschera della personalità e sollecita i soggetti ad attualizzare tutte le loro identità.Siamo protagonisti di un cambiamento antropologico e culturale che sta determinando il declino dell’individuo borghese.Scegliamo di farci attirare da una vasta gamma di segni che ci arrivano da un universo all’altro.Ciò che conta è diventare parte della Rete. Comunichiamo attraverso le nuove tecnologie e quello che potremmo fare ha determinato il dislivello prometeico che è un prodotto di quella che Anders definisce la terza rivoluzione tecnologica.La nostra limitazione odierna non consiste più nel fatto che siamo animalia indigentia, esseri con dei bisogni; ma nel fatto che noi non possiamo che provare troppo poco bisogno; insomma nella nostra mancanza di mancanza.La premessa metafisica è che il mondo non è più interpretato come un qualcosa di sé, ma come un mondo per noi.Essere materia prima è un criterium existendi, essere è essere materia prima.La paura di non essere connessi produce un senso di profonda debilitazione.Ci stiamo slegando da vecchie catene per indossarne di nuove.2.5 La complessitàPerché possa costituirsi un’etica della comunicazione multimediale occorre teoricamente il superamento sia del determinismo tecnologico, sia della visione soggestivistica dell’uomo.Lo stesso concetto di realtà va in teso in senso relazionale e complesso.La realtà è l’intero. Nel paradigma della complessità convergono tre principi: il principio dialogico, per cui dati contrapposti si rivelano reciprocamente costitutivi; il principio di ricorsività, per cui ciascun effetto è a un tempo causa e prodotto di ciò che lo produce; il principio ologrammatico, secondo cui vi è un nesso di reciproco rimando o di coappartenenza tra tutto e parti.Il paradigma della complessità contribuisce a superare il realismo ingenuo, che afferma l’esistenza della realtà assoluta.Le relazioni tra entità sono più importanti delle entità connesse.L’uomo non è una realtà assoluta è costituito dal tessuto delle relazione che lo legano al mondo, agli altri e alla tecnologia.La relazione non è un mero atteggiamento psicologico. È una struttura ontologica originaria: è una realtà non compresa nell’io, né comprendente l’io, ma effettivamente tra l’io e il tu. Siegel parla di mente razionale. Il mondo non è come lo pensiamo, ma come lo viviamo secondo Wittezaele. Il mondo è una rate di interdipendenze e di relazioni piuttosto che una collezione di entità a sé stanti.

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La realtà non è assoluta ma è duale: l’uomo e il mondo sono entità appartenenti allo stesso processo evolutivo.Il rapporto uomo/ambiente va pensato nell’ottica della relazione coevolutiva.Si tratta di abbandonare la concezione dell’evoluzione culturale della nostra specie come perfezionamento e ottimizzazione di quanto vagamente prefigurato dalle società del passato, secondo una logica di progressione lineare dal più semplice al più complesso. L’umanità apparirebbe come in una vecchiaia avanzata.Il punto teoretico su cui bisogna riflettere è che la tecnologia non è più qualcosa di esterno. Anche se la tecnologia fosse solo un accessorio, senza di esso ci sentiremmo inutili. La tecnologia è diventata parte integrante di un ambiente in cui è ormai vana la distinzione fra naturale e artificiale.Proprio tale consapevolezza deve responsabilizzarci e ci può aiutare a prendere le distanze dagli apocalittici. I pessimisti tecnologici vedono in tale coevoluzione una sorta di degrado.Dall’altra parte gli ottimisti tecnologici attribuiscono agli odierni sviluppi della tecnica la capacità di azzerare le imperfezioni, le perturbazioni casuali e di dotare individui e società di una plasticità infinita.Le nuove tecnologie fanno aumentare la contingenza e i problemi di compatibilità.La controversia più profonda non è tra chi esalta e chi teme la tecnologia, quanto piuttosto fra chi pensa che il corpo, la storia siano residui del passato e chi al contrario li considera il cuore dell’esperienza umana.Solo l’uomo che abbia una percezione piena di sé riuscirà a non soccombere dinnanzi ai cambiamenti sociali e culturali.3. Per un’etica della comunicazione3.1 Nuovo stile di vitaEssendo la verità essenziale per l’individuo, la comunicazione sociale deve essere veritiera. La responsabilità morali non è solo di chi controlla gli strumenti della comunicazione e determina le loro strutture, i contenuti e le relative politiche, né solo dei professionisti e degli operatori dei media, ma anche degli utenti e dei fruitori della comunicazione.La media education, educazione ai media, non solo dovrebbe informare sulle strutture e sui contenuti dei media, ma dovrebbe contribuire alla formazione della coscienza, suscitando nelle persone il buon gusto e il veritiero giudizio morale.“La persona umana e la comunità umana sono il fine e la misura dell’uso dei mezzi di comunicazione sociale. La comunicazione dovrebbe essere fatta da persone a beneficio dello sviluppo integrale di altre persone.La dimensione etica non riguarda solo la natura, la struttura e le funzioni dei media, ma anche il valore e il contenuto della comunicazione.Se consideriamo che la conoscenza del mondo passa sempre più nelle mani dei media e che il flusso mondiale delle notizie dipende da due agenzie di proprietà privata e che il fruitore è considerato come un cliente, non si può non accettare l’invito di Chomsky a intraprendere un corso di autodifesa intellettuale, per proteggersi dalle manipolazioni operate dai mass media sulle loro idee in vista della produzione di illusioni necessarie.

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Il messaggio avrà sempre grande importanza e centralità nella comunicazione, e non può diventare irrilevante.Non si può considerare la verità e l’obiettività nel campo dell’informazione come una chimera e trovare dei surrogati ad esse come la completezza dell’informazione quale somma delle diverse faziosità.Il medium è il veicolo tecnico del messaggio, ma il messaggio ha una sua strutturazione che al di là del medium stesso. Il senso del messaggio ha una natura diversa. Il medium è il messaggio, ma il messaggio non è il medium.McLuhan ha concepito il rapporto medium/messaggio in senso psico-sociale, in considerazione delle sue conseguenze pratiche. Nella psicologia della forma, il medium è il fondo, invisibile, il messaggio è la forma, visibile.Il medium è l’insieme delle cose senza le quali il messaggio non si esprime.Il messaggio di un medium sta nel cambiamento di proporzioni, ritmo o schemi che porta ai rapporti umani.Ogni medium è estensione di noi stessi.Per implementare l’etica nel mondo mediatico occorre essere equidistanti sia dagli apocalittici sia dagli integrati.La proposta e la costruzione di un’etica dell’informazione e della comunicazione partono dall’unico interdetto universale: la legge dell’incesto, per il quale l’uomo primitivo manifesta orrore.Per costruire un’etica della comunicazione occorre un profondo mutamento di rotta. L’etica da praticare all’interno della sfera comunicativa sembra rinviare a un’altra condizione etica che emerge nel rapporto dell’uomo di fronte al mondo della comunicazione.La realtà è che l’uomo non è di fronte al mondo della comunicazione, ma è in esso ed è parte di esso. Il mondo mediatico è il contesto in cui vive l’uomo. Nella nostra “civiltà dell’eccesso” consumiamo come ubriachi anche troppe parole e troppe immagini. Un’intera generazione di adolescenti abilissimi a svolgere più cose, rischia un disturbo psichico da iperattività e un deficit d’attenzione.Il presupposto etico basico sul piano esistenziale è di avventurarci in un nuovo stile di vita ispirato alla sobrietà.Secondo Max Weber, lo stile di vita è il risultato dell’interconnessione dialettica tra le chances o possibilità di vita, determinate dalla struttura sociale, e la condotta di vita basata sulle scelte di vita.Il mezzo migliore per affermare un nuovo stile di vita è quello che porta al fine prefissato.La Cina ha pensato il fare umano secondo una logica di propensione, che è quella dei processi di generazione naturale o della crescita dal fare creatore proprio dell’uomo.La crescita insegna ad assecondare.L’efficacia dell’etica (Jullien) non va pensata a partire dall’astrazione di forme ideali.Il mondo moderno ha invertito il rapporto tra essere e agire. Da “l’agire segue l’essere” del mondo antico siamo passati a “l’essere segue l’agire”.La vera umanità comincia là dove la distinzione mezzi-fini perde ogni senso.I media non possono più essere considerati come soltanto mezzi, anzi sono tali media con la loro struttura specifica a determinare lo stile della nostra vita.

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Navigare in ambienti come MySpace o Second Life equivale a porci come nuovi maghi di un paesaggio di cui la tecnica è solo la porta d’ingresso. Un portale dove l’immaginario si fa oggettivo e fa leva sul mondo affinché l’universo fisico entri in sinergia e assuma le sembianze di quello invisibile.3.2 L’ homo aestheticus e il risveglio del gusto Nella cultura mediatica a forte connotazione estetica occorre ritrovare nel nostro stile di vita il rapporto tra il bello e il bene, tra l’arte e l’etica.I greci consideravano un tutt’uno l’ideale del bello e del buono.Per Platone il bello è manifestazione del bene. Alla sola bellezza toccò il privilegio d’essere la più evidente e amabile.Anche nella cultura orientale abbiamo una concezione globale della vita, che unisce l’estetica e l’etica.Il vero legame tra estetica ed etica deve esprimersi nella vita quotidiana. Un evento quotidiano può rappresentare l’arte della vita di una civiltà.Kakuzo Okakura parla del profondo legame che lega la bellezza e l’arte di vivere la quotidianità in tutti i suoi momenti. È un modo di trovare la bellezza in questo mondo di sofferenze e affanni.Ne La Société du spectacle Guy Debord intende lo spettacolo non come un insieme di immagini, ma come un rapporto tra persone, mediato da immagini. Lo spettacolo viene interpretato come una visione del mondo divenuta effettiva.Le culture digitali tramite le loro ricreazioni estetiche rappresentano il compimento e il superamento delle avanguardie artistiche del Novecento. Se le avanguardie restano ancorate nel terreno dell’arte, i cybernauti, nell’esuberanza delle loro relazioni comunicative con forti connotati estetici, fondano nuovi rapporti di potere e di sapere, oltre e dentro la politica, nell’ambito di un carnevale perpetuo dove la festa e il gioco sono dispersi in ogni trama dell’abitare: sono la vita quotidiana.La cybercultura ha avviato un profondo cambiamento nella vita quotidiana e si pone come l’alba e il primo schizzo di una sensibilità transpolitica causa ed effetto della ricreazione del mondo.Tramite il détorunement, il riciclaggio creativo, le cyber culture prendono criticamente coscienza di se stesse e ricreano il mondo. Rielaborare gli scarti equivale a riappropriarsi e ricreare il mondo in quanto immagine, esperienza da vivere.La tecnologia non è più l’arte del lògos, ma si fa “tecno magia”, attorno alla quale le tribù postmoderne esperiscono l’estasi mistica, che è al tempo stesso pura vibrazione attorno al proprio corpo comunitario e fuga dall’io verso qualcosa di più grande di sé e del sé.La pratica culturale nota come adbusting, e sviluppatasi in tutto il mondo come forma di sabotaggio dal basso delle immagini, opera il dètournement dei loghi o delle pubblicità allo scopo di mostrarne l’aspetto più contraddittorio. Il polbusting (manomettere la politica) consiste nell’assorbire dapprima nel proprio contesto di fruizione il messaggio, in seguito nel decodificarlo svelandone l’ideologia e smascherandone la funzione.3.3 Dal cliché all’archetipoLa caduta di un confine tra opera e vita produce la spettacolarizzazione dell’esistenza. Le differenti comunicrazie adottano l’etica e l’estetica del vibrare insieme.

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L’homo ludens fa dell’immaginario il principio di una nuova etica dell’estetica. È un’etica che si avvicina a quella che Daniel Bell ha definito “etica comunitaria”. Nel cyberspazio proliferano giochi di maschere, travestimenti: tramite queste figure, da una parte si sperimenta la pluralità identitaria della soggettività contemporanea, e dall’altra questa si rende invisibile allo sguardo invasivo del potere e al suo tentativo di individuare e controllare il formicolio culturale.La merce e lo spettacolo sono diventati così consustanziali al corpo sociale, divenendo totem attorno ai quali le tribù contemporanee confortano il proprio sentimento comunitario.In una società spettacolarizzata, la vita morale può trovare il suo ubi consistam nella stessa dimensione estetica, risvegliando il gusto e il senso del bello.Si tratta di cogliere l’etica insita nella dimensione estetica. È l’arte che ci permette di trasfigurare ogni cliché in archetipo, ogni immagine abitudinaria in elemento originale.La trasfigurazione del cliché in archetipo esige il passaggio da una concezione contenutistica statica a una concezione processuale dinamica del mondo, da una visione banale a una visione estetica.Se si guarda il mondo ordinario con l’occhio dell’artista, il cliché si illumina e si presenta sotto forma di archetipo.La possibilità di vedere nel cliché l’archetipo, di “vedere in”, è radicata nella nostra capacità percettiva, nel disporci nel modo giusto. La raffigurazione si articola nella percezione, poi è l’immaginazione che crea quel terreno ludico, che rende viva l’immagine per noi.Vedere è un atto creativo; il giudizio visivo non è successivo alla percezione, ma è costitutivo dell’atto stesso di vedere.Vedere non è soltanto una registrazione meccanica di elementi, ma “l’afferrare strutture significanti. E se ciò che era vero per l’atto di percepire un oggetto, tanto più doveva valere per l’approccio artistico alla realtà”.Il bello, come pensava Kant, non è solo “un accordo tra l’immaginazione e l’intelletto”, ma testimonia anche che l’ideale può passare nella realtà e ci insegna che lo spirito può discendere nella natura.3.4 Etica ed esteticaÈ stato Schiller a trasformare il concetto di gusto in un’esigenza etica.“L’oggetto dell’istinto sensibile si chiama vita nel suo più ampio significato; un concetto che significa tutto l’essere materiale. L’oggetto dell’istinto formale si chiama forma, nel significato sia improprio che proprio. L’oggetto della forma dell’istinto del gioco potrà chiamarsi forma vivente (bellezza)”.Non essendo l’uomo solo materia o spirito, ma anche bellezza come espressione della sua umanità, non può essere pura vita. L’interezza dell’uomo è data proprio dalla riunificazione e dall’armonia tra la mente e il cuore, tra la ragione e la fantasia.Il gioco e unicamente il gioco è ciò che lo completa e nello stesso tempo sviluppa la sua duplice natura.Con il perfetto, l’uomo si comporta unicamente con serietà, ma con la bellezza gioca. L’uomo con la bellezza deve giocare.

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La formazione della coscienza estetica diventa un momento della coscienza colta. Nella coscienza estetica troviamo i caratteri che distinguono la coscienza colta.Cogliere la dimensione estetica significa cogliere la legge del Bello, la cui dialettica è quella di affermazione e negazione. L’opera d’arte usa il linguaggio liberatorio ed evoca le immagini liberatorie della sottomissione della morte e della distruzione alla volontà di vivere, e in ciò consiste il momento di emancipazione intrinseco all’affermazione estetica.L’arte può agire come “idea regolativa” nella disperata lotta per la trasformazione del mondo.Bloch: “l’immenso giacimento utopico dell’arte, del cinema, della medicina, della tecnica”.Nel bello si coglie ciò che sta dietro le apparenze in una sorta di pensiero immediato.La coscienza estetica trova il suo organo nel gusto. Esso è una forma di spiritualizzazione dell’animalità, perché introduce l’atteggiamento della scelta e del giudizio di fronte alle esigenze più urgenti e immediate della vita. Il gusto non dispone di una conoscenza dimostrativa, né si può sostituirlo con la pura imitazione degli altri. È come un senso. Il buon gusto è sempre sicuro dei propri giudizi, cioè è essenzialmente gusto sicuro.Il gusto è una facoltà spirituale di discernimento. Il gusto opera nell’ambito della comunità, ma non le è sottomesso. Esso ha un suo modo specifico di conoscenza, che si potrebbe collocare nello stesso ambito del kantiano giudizio riflettente, che sa cogliere nel particolare l’universale sotto cui deve venire sussunto. Il giudizio sul caso concreto non si limita ad applicare la regola a cui si conforma, ma contribuisce a determinarla e correggerla. È opera del gusto dare una disciplina all’applicazione dell’universale, della legge morale.L’etica greca è un’etica del buon gusto.L’uomo frammentato può avviarsi a ritrovare una nuova pienezza umana e l’intero del mondo, se risveglia e affina in sé e nello stile di vita il gusto.Una morale edonistica si può educare e rendere matura mediante il risveglio del gusto. Il gusto selezione e raffina i piaceri e sensazioni sensoriali.Non è possibile vivere nel piacere, se non si vive con saggezze e giustizia.È in base alla commisurazione dei vantaggi e alla considerazione dei danni che tutte queste cose vanno giudicate.Affinamento del gusto significa anche affinamento di se stessi, risveglio dell’uomo a gustarsi come uomo fin nelle più intime sfumature. L’attitudine a gustare le cose non potrebbe esistere senza l’esprit de finesse. L’affinamento del gusto significa questo risveglio dell’uomo ad attitudini assopite in lui.Il risveglio del gusto e un’etica dell’estetica si suscitano a opera di un risvegliatore e mediante esperienze ripetute lungo un tempo sufficientemente ampio e in un’atmosfera corrispondente alla realtà che si tratta di scoprire.3.5 Espansione della coscienza e spazio interioreL’esperienza estetica è fondamentalmente esperienza di appartenenza a una comunità. Nella cultura estetica massificata, sembra essersi dissolto l’altro aspetto della universalità kantiana, l’identificazione della comunità estetica con la comunità umana tout court.Se manca il riferimento alla comunità umana universale, manca ogni criterio per distinguere una determinata comunità diversa dalle altre.

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La crescita morale e umana è data dall’espansione della nostra coscienza.Noi siamo qualcosa di più dei nostri singoli io, non siamo solo frammenti minuscoli e impotenti. I molteplici io si sviluppano fino a diventare dei sé sempre più grandi.La crescita della persona è in rapporto all’entità assiologia dell’altro. Per questo Agostino ha affermato che l’uomo diventa ciò che ama. Il valore è il movimento di relazionalità dell’essere. Il valore è altro dall’essere nell’essere.Per trovare la misura per l’io, bisogna domandare che cosa è ciò di fronte a cui esso è io; e questa è la definizione di misura.Sul piano etico, per affermare la ricchezza dell’unicità della persona, al risveglio del buon gusto deve accompagnarsi il risveglio della coscienza e dell’interiorità.La velocità contrae il tempo e lo spazio. Ogni presenza è presenza solo a distanza. McLuhan ritiene che l’esperienza diventa inutile alla velocità elettrica. La conoscenza viene rimpiazzata dal riconoscimento del modulo.La velocità deve avere una barriera etica, al di sotto della quale l’etica non può esistere. La risposta allo stimolo ambientale deve essere proattiva.Per decidere e per praticare il discernimento morale occorre non essere schiacciati sull’attimo e avere una prospettiva temporale più lunga per preoccuparsi degli altri e delle conseguenze future delle nostre azioni.Il silenzio e la lettura possono stimolare l’introspezione, rafforzare e nutrire lo spazio interiore.Occorre coltivare e promuovere la vita spirituale. La spiritualità è vita interiore e profonda, ricerca del senso, silenzio.Anche la vita spirituale rischia di essere ridotta a una serie di tecniche e meccanismi psicologici.La pienezza della vita umana si realizza attraverso lo sviluppo di tutto l’uomo, che è corpo, psiche e spirito.I tre esercizi per realizzare le dimensioni della persona e raggiungere la pienezza della nostra esistenza sono: la meditazione, per la ricerca della vocazione; l’impegno, riconoscimento della sua incarnazione; la spogliazione, iniziazione al dono di sé e alla vita in altri.Molti metodi di meditazione sono razionalizzati.La meditazione non consiste in una tecnica, ma sempre cerca di aprire il soggetto all’alterità. La meditazione è fermare a lungo e con concentrazione la mente sopra un oggetto del pensiero.Merton parla di “io esteriore”, che è l’io di progetti e finalità temporali, che manipola gli oggetti, e di “io interiore”, che non ha progetti e che cerca solo di muoversi.L’io interiore non può essere ingannato e manipolato da nessuno.Svegliarsi all’interiorità significa riscoprire la sorgente dell’essere, del bene e della libertà che fonda e anima la nostra vita. Col risveglio dell’interiorità noi acquistiamo una specie di intuizione spirituale che fa di noi stessi degli esseri rispettosi, dotati di un senso innato di dignità umana.La condotta morale sarebbe garantita se l’occhio della coscienza fosse illuminato dall’interno dalle esigenze profonde dello spirito.L’individuo si è dotato di strumenti che lo pongono in contatto costante con il mondo esterno. Egli può vivere così in un mondo intellettuale.

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Ferraris parla di mobile ontology intendendo un’ontologia mobile e un’ontologia del telefonino. Il telefonino, oggi, ci mette in tasca il mondo intero. Se la comunicazione fosse tutto, ci basterebbe solo il telefono. Ma ci sono bisogni fisici e sociali da soddisfare.Il risveglio dell’interiorità ci permette di placare il tumulto degli stimoli esterni. Un uomo senza interiorità è un uomo vuoto.4. Deontologia professionale dei comunicatori e netiquette 4.1 I tre livelli dell’eticaL’etica della comunicazione si compone di tre livelli.

1. Metaetico: teso a legittimare la possibilità dell’etica della comunicazione, a individuarne i principi.

2. Deontologico: (diritti e doveri) che riguarda le regole di comportamento delle persone appartenenti a una determinata categoria professionale. La deontologia è la concretizzazione dei principi enunciati dall’etica e dal diritto.

3. Prudenziale: riguarda la facoltà di giudizio. È diviso in: principi e norme; situazioni empiriche; coscienza personale.

Etica generale e regole di comportamento professionale devono andare d’accordo.La professionalità senza la virtù scade nell’automatismo comportamentale.La nostra epoca è stata definita l’era delle professioni, perché è organizzata intorno a bisogni, problemi e soluzioni definiti da professionisti.Il cittadino diventa un cliente che mette la sua salvezza in mano agli “esperti”.La medicina produce la malattia; l’istruzione produce una divisione menomante del lavoro.Illich chiama “professionisti menomanti” quelle che non permettono una più autonoma produzione di valori d’uso.Congiungere l’etica della virtù e l’etica fondamentale all’esercizio corretto professionale evita di trasformare la morale professionale in una deontologia efficientista della transazione, causa di danni alla convivenza sociale.4.2 Struttura e limiti delle deontologie professionaliLe deontologie professionali sono costituite da un corpus formalizzato di regole di autodisciplina di un’organizzazione professionale. Costruendosi un’immagine “ideal-tipica”, ogni professione tenta di precisare il proprio ruolo e di renderlo socialmente accettabile. La singola deontologia risulta essere una specie di “diritto vivente”.Le norme deontologiche trovano il loro fondamento giuridico nel patto associativo che si crea tra gli aderenti all’organizzazione professionale e nell’autonomia privata riconosciuta dallo Stato.È la giurisprudenza disciplinare la fonte essenziale delle deontologie, perché tutti i principi hanno trovato una verifica di effettività nell’ambito di tale giurisprudenza.Per Ferrajo le deontologie professionali hanno la funzione di legittimazione oltre che di stabilizzazione oltre che di stabilizzazione del ceto professionale corrispondente e si occupano di alcuni temi ricorrenti: l’associazione professionale e i suoi membri, i destinatari della prestazione professionale, la società, istituzioni diverse.Un’area di incontro di diverse esigenze è costituita proprio dall’istituto del “segreto professionale”, che, se da un lato tiene conto della necessità politica di evitare nella società la formazione di un

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antipotere, dall’altro riconosce l’exraterritorialità necessaria per lo svolgimento della funzione professionale.In questo modo il principio positivo dell’autonomia della professione risulta collegato al principio negativo della non totale sottomissione della professione alle regole dello Stato.La prestazione svolta con decoro smorza l’interesse venale e appare altruistica e finisce col vincolare il cliente ad attribuire al professionista un prestigio che limita un’aperta contrattazione economica nei suoi confronti.La stessa autonomia professionale comporta un comportamento che può dirsi sociale in quanto intercorre fra l’interesse del professionista a mantenere e tutelare la propria indipendenza e l’interesse della società, rappresentato dallo Stato, a impedire che tale indipendenza divenga insopportabile devianza o ingiustificabile immunità.Alle varie deontologie viene attribuita una funzione latente ideologica comune, che mira a legittimare i privilegi degli appartenenti alla professione.Abel denuncia l’inefficacia dei codici deontologici, collegandola alla loro ideologicità. Le deontologie professionali risultano ideologiche perché non sono dotate di adeguati strumenti di coercizione imparziali ed efficaci che sarebbero richiesti dalla loro funzione di ordinamenti regolativi del comportamento.Per Parsons e Luhmann, la fonte di legittimità del corpus normativo professionale risiede nella necessità del comportamento delle varie aspettative in vista dell’equilibrio del sistema sociale. I principi deontologici sono rivolti a li deve osservare dall’interno e dall’esterno della professione.Le deontologie sono anche qualcosa di simbolico. In tale prospettiva le deontologie professionali costituiscono nel loro complesso, momenti stabilizzanti, che raccolgono simbolicamente le diverse esigenze strategiche di comportamento dell’associazionismo interno alle professioni, del mercato e dello Stato.Il lavoro professionale consente spazi diversi alla regolamentazione professionale compiuta dalla deontologia. Contenutisticamente la deontologia occupa uno spazio particolare, che è come lo spazio interno di un triangolo, i cui lati sono l’etica, la legge e la prassi.Il lavoro professionale, mentre produce effetti sempre più ampi, allo stesso tempo vede crescere anche la propria incapacità di controllarli sono tecnicamente al di fuori dell’esplicito intervento professionale.Se si considera che i bisogni contingenti e secondari della clientela sono sempre più prevalenti sui bisogni fondamentali e sono sempre più decisivi per il successo, l’esercizio professionale esige comportamenti sempre meno codificati e ripetitivi. Tutto questo fa crescere il bisogno di una legittimazione professionale che, rinunciando ad un ancoraggio fondato su conoscenze gradualmente e armonicamente consolidate, tende recuperare orientamenti stabili al di la delle conoscenze specificatamente professionali, di una autoregolamentazione che potrebbe dirsi etica tout court.Nel mondo antico il fulcro della riflessione razionale è stato il binomio etica-natura, successivamente la natura viene sostituita dallo Stato. Nel mondo moderno i referenti diretti della norma etica diventano le istituzioni intermedie della società industriale.

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In questa prospettiva un appello alle professioni è indispensabile per il miglioramento collettivo della società, e per rinnovare la persona, per ritrovare anche il difensore etico contro i disequilibri, le illegalità, le ingiustizie dei servizi di tutti i giorni.Non è importante sapere se un dato ordinamento è generalmente valido, ma se il “generalmente valido” si identifica con il moralmente valido.4.3 La deontologia del giornalistaL’ordinamento della professione di giornalista è stato attuato con la legge 63 del 3/02/1963.L’art. 2: “È diritto dei giornalisti la libertà di informazione e di critica, limitata dall’osservanza delle norme di legge dettate a tutela della personalità altrui ed è loro obbligo inderogabile il rispetto della verità sostanziale dei fatti. Devono essere rettificate le notizie inesatte.”Art. 48: “Gli iscritti all’albo, negli elenchi o nel registro, che si rendano consapevoli di fatti non conformi al decoro e alla dignità professionali, sono sottoposti a procedimento disciplinare”.L’art. 21 della Costituzione della Repubblica Italiana qualifica la libertà di espressione come un diritto fondamentale del cittadino.La libertà e il diritto-dovere di informare e di criticare sono fondamentali, ma non sono assoluti. L’Ordine dei giornalisti ha promosso e sottoscritto con i rappresentanti degli altri settori dell’informazione alcuni protocolli per concretizzare principi contenuti nella legge professionale:

Carta dei diritti e dei doveri del giornalista (1993): ribadisce i principi della legge 69/1963. Carta di Treviso (1990): individua i principi basilari del rapporto tra informazione e infanzia.

Il rispetto del bambino: non deve essere interrogato senza la sua volontà, non deve essere strumentalizzato e non bisogna ledere la sua dignità.

Carta Informazione e Sondaggi (1995): ribadisce l’importanza di questo tipo di informazione sempre più comune al giorno d’oggi.

Regole delle TV commerciali (1993): contengono i principi e le norme di regolamentazione alle quali le televisioni private commerciali devono attenersi.

Protocollo d’intesa sul rapporto tra infanzia e pubblicità (1988): sottoscritto da giornalisti, agenzie pubblicitarie e pubbliche relazioni per garantire all’utente la possibilità di individuare l’identità dell’emittente del messaggio.

Il 15/07/1998 è stato approvato il Codice deontologico previsto dall’art. 25 della legge 675/96 per il trattamento dei dati personali e della privacy.La deontologia professionale, i codici e le leggi forniscono parametri e criteri comportamentali, ma non bastano perché resta la responsabilità morale di ogni uomo.Alla fine chi fa informazione è lasciato solo a decidere. Può fare affidamento solo sulla sua preparazione, sulla sensibilità, sulla professionalità.4.4 Netiquette e new media Mentre i media convenzionali lasciavano il lettore, l’ascoltatore o il telespettatore in una posizione passiva, le nuove tecnologie incrementano l’interattività.Accanto ai mass media che continuano a trasmettere da un punto centrale verso una massa di destinatari, si sta sviluppando la comunicazione “da punto a punto”.La comunicazione non è solo un processo orientato dall’emittente al ricevente, ma porta con sé l’idea di reversibilità, perché il ricevente diviene emittente e viceversa.I new media portano a una comunicazione many-to-many.

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Le culture digitali non appaiono disposte a delegare ad altri le decisioni sul proprio ordine di vita. Ogni rete di blogger o comunità virtuale genera uno stato di comunione, di solidarietà, una comunicrazia.La libertà e la facilità dei contatti aprono ampie possibilità di creare delle reti e di far circolare una ricchezza ed eterogeneità di contenuti. Si esige una disciplina, una responsabilità.Nell’atto stesso in cui la tecnologia della comunicazione fa dei media uno strumento di socializzazione su scala senza precedenti e di allargamento della democrazia partecipativa, il quadro sociale di riferimento è piegato ad una deriva di privatizzazione e di deregolazione, che li espone ad essere utilizzati come merce intellettuale funzionale agli obiettivi supremi del mercato.Internet è una rete di utenti di computer che hanno la possibilità di produrre e proporre dei contenuti che fanno poi il giro del mondo e sono disponibili ovunque.Il mondo digitale mette in circolazione troppe informazioni, non tutte affidabili. Se si distribuisce una crescente quantità di informazioni a una velocità anch’essa crescente, diventa sempre più difficile creare narrazioni, ordini e sequenze evolutive.Se manca criterio di selezione critica e valutazione, questo surplus di informazioni alimenta il dominante pensiero unico, disincantato, e produce un atteggiamento blasé nei confronti del sapere, del lavoro e della vita stessa.L’essenza dell’essere blasè consiste nell’attutimento della sensibilità rispetto alle differenze fra le cose, non nel senso che queste non siano percepite, ma nel senso che il significato e il valore delle differenze sono avvertite come irrilevanti.I new media fanno emergere nuove responsabilità, che coinvolgono gli utenti direttamente non solo per i contenuti veicolati via internet ma anche per i comportamenti. Per evitare che la rete diventi un grande contenitore di pubblicità e di contenuti spazzatura, Virginia Shea ha definito la netiquette, etichetta della rete.“Fa’ agli altri ciò che vorresti che gli altri facessero a te. Non dimenticare l’umanità”.Alcune violazioni possono essere lo spamming o il camuffare la propria identita.Rinaldi propone un decalogo di prescrizioni che chi usa il computer dovrebbe rispettare:

1. Non userai il computer per danneggiare gli altri2. Non interferirai con il lavoro al computer di altri3. Non curioserai nei file degli altri4. Non userai un computer per rubare5. Non userai un computer per mentire6. Non userai o copierai software che non hai pagato.7. Non userai le risorse di altri senza autorizzazione8. Non ti approprierai del risultato del lavoro intellettuale di altri9. Penserai alle conseguenze sociali dei programmi che scrivi10. Userai il computer dimostrando considerazione e rispetto.

Il galateo di rete è diviso in tre sezioni:1. Comunicazione uno-a-uno, che comprende posta elettronica e talk2. Comunicazione uno-a-molti, che include mailinglist e NetNews3. Servizi informativi

Le regole di tale galateo sono:

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Anche in Internet sono valide le regole di cortesia per l’interazione tra persone Quando si arriva in un nuovo newsgroup si segue bene la conversazione. Se si scrive un messaggio, deve essere sintetico e chiaro Non condurre guerre di opinione (flame wars) in pubblico, ma in privato con i diretti

interessati Rispettare i diritti d’autore sul materiale che si produce. Se non utilizzate un sistema di criptazione, bisogna tenere conto che la posta su internet

non è sicura Se si sta facendo un “re-posting” di un messaggio non si cambiano le parole. Non spedire mail “chain letters” (catene) via e-mail. Applicare il buon senso per capire quanto un’informazione è realistica prima di dare per

valido un messaggio.Il perfetto utente Facebook:

1. Non mentire: usare nome e cognome veri2. Essere educati3. Non dare più informazioni private di quelle che il bon senso suggerisce4. Quando si vuole scrivere qualcosa, bisogna pensare se inviarla pubblicamente o

privatamente5. Usare una password sicura.6. Se sei arrabbiato fai una passeggiata invece di stare su Facebook7. Aggiorna il tuo stato con regolarità, senza offendere8. Essere gentile con i nuovi utenti9. Non cercare di fare amicizia con chiunque e non prendersela se non si è ricambiati10. Non confondere Facebook con la vita vera.

C’è anche un codice per i blogger che si basano sul principio di onestà: deve distinguere l’informazione fattuale dall’interpretazione e dalla difesa e deve avere buon senso e rispetto per la privacy.5. La netica e la libertà d’informazione5.1 Tecnologia e umanitàKant: “La più grande ricerca umana è capire che cosa si deve fare per diventare esseri umani”. L’uomo occidentale sperimenta una crescente estraneità rispetto al sociale e al mondo circostante.Donati: “Cultura e relazioni sociali verrebbero assorbite da una società artificiale iper-tecnologizzata, sempre più pervasiva. Una società della mente porterebbe gli uomini in un mondo virtuale”.Alcuni confondono umano con sociale e pensano che il sociali è umano semplicemente perché fatto dall’uomo e perché fa l’uomo.Così tutto ciò che è sociale è umano semplicemente in quanto prodotto da persone umane.Per Donati “chi separa umano e sociale accetta il fatto che il sociale non sia e non possa essere più oggetto di valutazione umana.

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Può essere preziosa un’altra distinzione tra atti umani e atti dell’uomo. Umana è l’azione che è compiuta dall’uomo secondo la sua natura relazionale e reca il carattere della responsabilità morale.I computer sono una tecnologia caratterizzante o di definizione. Mentre l’orologio definisce l’uomo in termini di somiglianza a una macchina di precisione, il computer definisce l’uomo come elaboratore di informazioni e la natura come informazioni da elaborare.Per Shallis quella del computer è una tecnologia che nasce dalla motivazione al potere da parte di una base militare/industriale.La virtualizzazione è sempre eterogenesi, divenire altro.Attraverso degli affetti, si attualizza il virtuale, perché nell’affettività c’è una reciproca implicazione tra la soggettività e il mondo.Le qualità affettive dipendono dall’ambiente circostante, un luogo esterno che continuamente offre nuovi oggetti e nuove pratiche.Le comunità virtuali creano soltanto un’illusione di intimità e una finzione di comunità, né possono mai sostituire il sedersi insieme intorno a un tavolo.Per Weizenbaum, l’errore di fondo è quello di supporre che i processi cognitivi della mente umana siano essenzialmente identici a quelli informatici del computer. Mentre i computer possono effettuare calcoli molto complessi e in modo rapido, essi non sono in grado di esprimere giudizi, in quanto questi si fondano sui significati che hanno origine dalla partecipazione attiva al mondo da parte di chi pensa.L’uomo viene disumanizzato quando viene trattato come qualcosa di meno di una persona.La logica del computer è fondata sull’idea di procedura efficace, decontestualizzata. Un linguaggio così vincolato è formale, descrive i possibili modi di riordinare stringhe di simboli del linguaggio, indipendentemente da qualsiasi significato tali simboli possano avere al di fuori dello schema del linguaggio stesso. Il linguaggio ordinario è determinante per raccogliere i significati della comunicazione umana.Illich fa delle riflessioni per arginare la disumanizzazione e la perdita dei legami sociali e del contatto col mondo reale.La prima riguarda il concetto di strumento conviviale. Ogni oggetto assunto come mezzo di un fine diventa strumento.Lo strumento è inerente al rapporto sociale, ha una struttura relazionale. Quando agisco mi servo di strumenti. Nella misura in cui io padroneggio uno strumento, conferisco al mondo un mio significato e viceversa. Lo strumento conviviale secondo Illich è “quello che mi lascia il più ampio spazio e il maggior potere di modificare il mondo secondo le mie intenzioni”.Lo strumento industriale mi nega questo potere. È un altro diverso da me che determina la mia domanda.La maggior parte degli strumenti che ci circonda oggi non può essere utilizzata in modo conviviale: sono strumenti ragionati nelle mani di altri.Lo strumento è conviviale nella misura in cui ognuno può utilizzarlo. L’uso che ciascuno ne fa non lede l’altrui libertà di fare altrettanto.

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Un’altra riflessione riguarda la maturità tecnologica. Tale maturità passa da una ristrutturazione sociale dello spazio che faccia sentire continuamente a ognuno che il centro del mondo è proprio là dove egli sta.5.2 La netica hackerUn contributo allo sviluppo della netica, l’etica della Rete, è stato dato dagli hacker, spesso confusi con i cracker, i pirati informatici che rubano e inventano virus.Il criminologo Mario Strano, direttore tecnico e psicologo della Polizia di Stato e dirigente dell’unità di analisi del crimine informatico (UACI) ha distinto sei tipi di hacker:

L’hacker tradizionale: agisce spinto dal gusto per la sfida e per dimostrare la sua abilità informatica

L’hacker distruttivo vandalico: mosso dall’aggressività contro il sistema L’hacker distruttivo professionista: agisce distruttivamente spinto da una logica lucrativa L’hacker spia: ruba su commissione L’hacker antagonista: agisce spinto da motivazioni di tipo ideologico contro i capitalisti L’hacker terrorista: appartiene a gruppi volti alla destabilizzazione sociale e istituzionale.

Il tipo dell’hacker antagonista è il solo a cui vengono attribuite motivazioni equiparabili a quelle della partecipazione politico-sociale. In realtà, secondo i manifesti hacker, l’hacker antagonista è il VERO hacker.Nel 1978 Bequai definisce il computer crime a cui appartengono tutte le azioni che si compiono mediante il computer con l’obiettivo di ottenere proprietà e vantaggi.In alcuni casi l’hacking rientra nel computer crime.Gli hacker hanno prodotto forme di azione collettiva di lotta realizzate in rete per la libertà e l’apertura del codice informatico, per l’affermazione del codice sorgente aperto, del software libero, che costituiscono una valida alternativa a una situazione di monopolio da parte di produttori di software proprietario.Gli hacker si battono per la libertà di cultura e di informazione nel cyber mondo.L’hacking ha origine alla fine degli anni 50 in un club studentesco (Tech Model Railroad Club del MIT) che accomunava i suoi afferenti intorno alla loro passione per i modelli ferroviari e che era costituito da una stanza con un enorme plastico ferroviario. Il rapporto tra i membri era improntato all’etica della condivisione.L’etica hacker è un’etica non codificata. Gli hacker si sono ispirati a una nuova etica del lavoro, opposta a quella fordista e calvinista e caratterizzata da un impegno appassionato e creativo e da uno spirito comunitario e collaborativo. La loro netica fa perno sui valori della privacy, dell’uguaglianza, della condivisione dei saperi.Intendono la grande rete come infosfera, ossia come un ambiente in cui produrre e diffondere idee e scambiare informazioni.Tra i maggiori esponenti degli hacker Linus Torvald (sistema Linus) e Ray Tomlinson, che ha inventato l’e-mail nel 1972.Per la netica, l’informazione è un bene comune.Nel 1990 gli hacker Mitch Kapor e John Perry Barlow diedero vita all’Electronic Frontier Foundation (EFF) per promuovere i diritti fondamentali del cyberspazio: la libertà di parola, il rispetto della privacy.

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L’EFF riuscì a penetrare la cosiddetta “protezione DES” usata nella criptazione di certe transazioni bancarie e per le trasmissioni di e-mail in rete, per dimostrare che i metodi di criptazione non erano in grado di proteggere la privacy.Per difendere la libertà di espressione e la privacy, oltre all’EFF, i gruppi hacker hanno creato il servizio Internet olandese di XS4ALL (Access for All) eticamente impegnato, e Witness, che denuncia i crimini contro l’umanità attraverso il cyberspazio.La rete è diventata un medium per la libertà di espressione individuale nelle società totalitarie e liberali.Pekka Himanen cita la crisi del Kosovo del 1999 come esempio di censura per nascondere la pulizia etnica. Su iniziativa dell’EFF fu creato un server per dare ai kosovari la possibilità di mandare messaggi di denuncia.La rete si è rivelata un insostituibile canale di ricezione di messaggi per raggiungere un pubblico al quale viene impedito di riceverli e al tempo stesso è un efficace mezzo di prouzione di reportage che possono essere diffusi attraverso i media tradizionali.La rete può essere un medium per la libertà di parola, ma anche trasformarsi in un medium di sorveglianza e di controllo.Quanto più la nostra era diventa elettronica, tante più tracce possono essere identificate per conoscere i nostri stili di vita.La privacy non è solo un problema etico, ma anche tecnologico.Se non si trovano adeguate misure tecniche il rispetto della privacy non può essere garantito.Ad affermare il diritto alla privacy e a sottrarre la crittografia al monopolio dei militari e delle agenzie di spionaggio e ad inventare la crittografia a chiave pubblica. Grazie ai new media chiunque si trova in condizioni di essere a portata d’orecchio e d’occhio.Il prezzo da pagare è la perdita della privacy. Un potente antidoto è la crittografia, ovvero l’uso di codici segreti e di sistemi di cifratura per imbrogliare e confondere il contenuto del messaggio. Con l’avvento della Rete e della network society la crittografia ha assunto un significato pubblico, collocandosi come fondamento della privacy che è un diritto di tutti.La netica prende in esame i valori e la logica della network society. Il denaro è il valore o scopo supremo dello spirito che governa la network society. Tutti gli altri valori sono strumentali all’accumulazione di denaro. Nella nuova economia competitiva dell’informazione occorrono un sempre maggiore orientamento agli obiettivi, la misurabilità e l’ottimizzazione dei risultati.La logica della rete richiede una costante ottimizzazione tramite la connessione e la disconnessione delle risorse a seconda delle esigenze.Castells afferma che lo spirito dell’informazionalismo è una cultura dell’effimero. Più che una Carta dei diritti e dei doveri, è una cultura della decisione strategica. Si stratta di una cultura sfaccettata.Lo spirito dell’informazionalismo è la cultura della distruzione creatrice accelerata alla velocità dei circuiti cripto elettronici che ne elaborano i segnali.Infatti le imprese commerciali ottimizzano le loro reti allo scopo di sopravvivere nella competizione economica e quelle che non riescono a tenere il passo vengono tagliate fuori dai network.Se applicassimo la logica di una società basata sulla rete dei computer all’essere umano e ai suoi rapporti, l’uomo dovrebbe essere trattato come un computer mentale che può essere riprogrammato meglio.

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Il tempo si contrae, subisce un processo di puntillizzazione, ossia viene frammentato in una moltitudine di particelle separate, ciascuna ridotta a un punto che sempre più si avvicina all’idealizzazione geometrica dell’assenza di dimensione.Bauman parla di umani sincronici, che vivono nel presente e non prestano all’esperienza del passato o alle conseguenze del futuro delle loro azioni.L’etica richiede una prospettiva temporale più lunga, la responsabilità per le conseguenze future delle nostre azioni e la capacità di immaginare un mondo diverso da com’è ora.La logica del network e del computer ci aliena dal senso di responsabilità diretto, fondamento di ogni comportamento etico.La Rete non viene assolutizzata, diventa parte della complessità e della globalità della vita.5.3 La libertà (attiva, passiva, riflessiva) d’informazioneRicoeur: “Si entra veramente nel problema della moralità quando si pone la libertà alla seconda persona, come il volere della libertà dell’altro, il volere che la tua libertà sia”.Se mi credo non libero, credo pure che l’altro non sia libero.Tutta l’etica nasce da questo compito raddoppiato di far emergere la libertà dell’altro come somigliante, “analoga” alla mia.Si tratta di realizzare la mia libertà attraverso la tua e viceversa. Il limite insorge anche dall’opposizione di una libertà all’altra, dal confronto, che può anche diventare conflitto tra più sfere d’azione. Occorre una specie di termine neutro per mediare le due libertà: l’istituzione, che nella sua mediazione introduce la legge.Il tema della libertà d’informazione attiva, passiva e riflessiva è un’espressione della complessità dell’agire morale e dell’intreccio di etica e diritto.Attiva: il titolare esercita il proprio diritto di diffondere e comunicare le informazioni che possiede.Passiva: il titolare esercita il proprio diritto di ricevere ed essere destinatario di informazioni.Riflessiva: il titolare è legittimato a informarsi e a fare ricerche.Il diritto di informare è un diritto di libertà, corrispondente a divieti e prestazioni negative dello Stato, mentre il diritto a informarsi è un diritto sociale. I media telematici, non devono segnare il superamento della democrazia rappresentativa, ma essere uno strumento di supporto e integrazione ad essa. La via verso la democrazia effettiva passa dalla trasparenza e accessibilità di tutto il sistema amministrativo a ogni cittadino. C’è chi sostiene che con la legge sulla privacy sia stata introdotta una quarta dimensione dell’unico generale diritto d’informazione: il diritto dell’individuo a poter controllare le informazione su sé stesso.Con privacy si intendono due concetti: il concetto tradizionale che si traduce nel diritto di essere lasciato solo, e quello tecnologico, che la intende come la possibilità/diritto di ciascuno di controllare l’uso delle proprie informazioni.La poliedricità del diritto di manifestazione del pensiero pone l’esigenza di mantenere una visione unitaria delle diverse libertà d’informazione, che procedono parallelamente, si condizionano reciprocamente e si fondono nella costruzione di un ordinamento democratico.La libertà attiva d’informazione si può rappresentare come libertà di informare gli altri, singoli o collettività.

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L’intimità delle persone deve restare inviolabile, meno che in tre casi: quando essa nasconde atti contrari all’umanità, quando sceglie di esibirsi senza riserve, quando divulga sotto forma di immagini o di testimonianze fatti tali da far prendere coscienza delle condizioni intollerabili imposte a un individuo o a una collettività. (Ingerenza umanitaria, esibizionismo individuale, distinzione tra denuncia e contemplazione).Le immagini, diffuse a ciclo continuo, di un bambino caduto in un pozzo rientrano nello sfruttamento mercantile della disgrazia e alimentano un diletto tanto più morboso quanto più l’infortunio assume un carattere universale e ineluttabile.Complementare alla libertà attiva di informazione è quella passiva di essere informati. Se non ci fosse la libertà di ricevere informazioni, verrebbe ridotta anche la libertà di diffondere informazioni.Diventa cognizione indispensabile per la realizzazione della libertà di informazione il pluralismo, per garantire l’apertura dei mezzi di comunicazione alle diverse opinioni.L’opinione pubblica ha un potere enorme, può cambiare i governi. L’opinione pubblica però è una forma di potere non responsabile.Popper enuncia alcuni principi liberali:

1. Lo Stato è un male necessario2. La democrazia non costituisce più che un’intelaiatura nel cui ambito i cittadini possono

agire in forme più o meno organizzate e coerenti3. Noi siamo democratici perché le tradizioni democratiche rappresentano il male minore

rispetto ad altre a noi note4. Le istituzioni da sole non sono mai bastate, se non sorrette da tradizioni, che formano una

specie di anello di congiunzione fra le istituzioni e le intenzioni o le valutazioni delle singole persone

5. Fra le tradizioni di una società dobbiamo considerare anche la struttura morale che comprende il tradizionale senso di giustizia o di onestà di una società.

La libertà di pensiero e la libera discussione sono valori della democrazia.Si possono enucleare tre profili del pluralismo:

Pluralismo interno: si realizza attraverso l’apertura del mezzo informativo alle diverse tendenze politiche e culturali presenti nel paese, e richiede la conformazione dei contenuti informativi veicolati attraverso i media alle esigenze provenienti dall’interno corpo sociale

Pluralismo esterno: si sostanzia nella concorrenza tra il maggior numero possibile di operatori dell’informazione, singoli e imprese, in modo che tale varietà di voci metta il cittadino in condizione di formarsi la propria opinione e valutare avendo presenti punti di vista e orientamenti differenti e anche contrastanti

Pluralismo sostanziale: bisogna assicurare uguali opportunità espressive alle diverse forze politiche in competizione durante una consultazione elettorale.

Il diritto a essere informati può essere rivendicato nei confronti del potere pubblico.Nei confronti dei privati non si può predicare un diritto a essere informati in modo completo e imparziale, perché tale diritto porrebbe in discussione la stessa esistenza della libertà, convertendola in obbligo.

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Il solo diritto in senso tecnico che il singolo potrà far valere nei confronti della generalità degli operatori dell’informazione è il diritto alla rettifica di notizie lesive della sua dignità.Infine, abbiamo la libertà riflessiva di informazione che consiste nella facoltà di attivarsi per ricercare e acquisire notizie e informazioni, ancorchè non diffuse.La legge sulla trasparenza delle pubbliche amministrazioni introduce il diritto di accesso ai documenti amministrativi e alle informazioni e pertanto non fornisce un contributo sostanziale all’affermazione non di una semplice libertà, ma di un vero e proprio diritto soggettivo di informarsi a favore dei cittadini.La trasparenza verticale afferisce più direttamente alla libertà passiva di informazione.La trasparenza orizzontale trova un collegamento più immediato con la libertà riflessiva di informazione, ossia nel diritto del cittadino di informarsi su quanto avviene all’interno dell’amministrazione pubblica, ricreando le informazioni a cui è interessato.Per contrastare gli interessi cooperativi e le manovre dei poteri forti occorre tutelare concretamente la libertà e il diritto all’informazione del cittadino.5.4 Dall’Authority all’ ombudsman , alla cittadinanza attiva L’Authority è un organo pubblico e autonomo a cui viene delegata la funzione di governo e controllo delle regole in un determinato settore e che impone il rispetto delle leggi attraverso sanzioni. (249/1997)Il Garante per la privacy è stato istituito dall’art. 30 della legge 675 del 1996 per vigilare sul rispetto della privacy. Esso deve assicurare che il trattamento dei dati personali si svolga nel rispetto dei diritti, delle libertà e della dignità delle persone.L’Authority garante della concorrenza e del mercato si occupa anche del settore della comunicazione, occupandosi dell’aspetto economico.L’efficacia delle Authority dipende dal grado di indipendenza di giudizio dei suoi membri.L’ombudsman è il difensore dei cittadini e viene introdotto in Svezia nel 1809. Egli svolge funzioni anzitutto di mediazione amichevole e ha il compito di di vigilare sull’accuratezza delle notizie e degli articoli, rimediare agli errori dei giornalisti, raccogliere le osservazioni e le domande dei lettori e dei radio telespettatori. È il garante di un giornalismo migliore. Un esperto del mondo dell’informazione che si pone dalla parte dei cittadini.Gli ombudsmen controllano le notizie, le fotografie, i commenti; promuovono anche incontri con il pubblico e forum per far conoscere il lavoro giornalistico e i suoi rischi.Infine la blogsfera può diventare un’opportunità per migliorare l’informazione portando alla nascita del giornalismo civico.Nella società aperta il cittadino è il custode della democrazia e della libertà d’informazione.Come dice Tocqueville, il cittadino impara fin dall’infanzia che deve lottare con le sue sole forze contro i mali della vita.Non è tanto chi governa, ma in che modo coloro che governano possono essere influenzati e controllati (Popper).Il principio di sussidiarietà responsabilizza il cittadino e lo rende protagonista con gli altri cittadini, imprese e politica, per il miglioramento della vita di tutti.Il movimento della cittadinanza attiva è la nuova lingua della democrazia, è una critica pratica del lato dei cittadini dell’autoritarismo e dell’inefficienza dei poteri pubblici.

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Il modo migliore di restituire alle informazioni una qualità è quello di affidare alla coscienza degli uomini in via di umanizzazione il compito di privilegiare le informazioni che sono utili alla vita e di riciclare quelle associabili agli appelli di morte e di autodistruzione.il senso umano non deve reprimere ciò che condanna ma deve infiltrarsi dappertutto per instaurare la sua preminenza. Vogliamo una società dove non si possa perpetrare alcun atto contrario all’umanità.Accettare che tutto sia detto comporta l’educazione e la responsabilizzazione di ogni singolo cittadino.L’onnicrazia, ovvero il potere di tutti, suppone l’apertura al “tu-tutti”. Imparare a distinguere.Non è con l’autocensura che il discorso dell’odio sparirà come sono destinate a sparire le mode.Le leggi dello spettacolo mediatico inducono la libertà d’espressione a rinnegare il suo sgorgo originario e a ridicolizzarsi in un caos di immagini e di parole che cozzano e si annullano. Ogni novità diviene in tal modo così rapidamente obsoleta che è votata a puntare sull’oblio del passato.La libertà di dire tutto è indotta per sua stessa natura a combattere un sistema di rappresentazione che sostituisce alla vita vera una serie di surrogati che soffocano il desiderio. per stroncare il mercato dello spettacolo non si dovrebbe privilegiare ciò che favorisce il progresso umano.Il diritto all’espressione è un diritto inalienabile.6. Alle origini della comunicazione: il silenzio, la parola e l’ascolto6.1 Il dispotismo comunicativo e la crisi del pensieroLa questione centrale sta nel fatto che mentre i mass media sono un sistema di comunicazione a senso unico, il processo di comunicazione reale non lo è, ma dipende dall’interazione tra emittente e ricevente nell’interpretazione del messaggio.I nuovi media non sono più mass media nel senso tradizionale che inviano un numero limitato di messaggi a un pubblico di massa omogeneo, perché determinano un’audience segmentata. Il pubblico diventa più selettivo.Il mondo mediatico rappresenta ancora un mondo di comunicazione univoca, non di interazione. Era un’estensione della produzione di massa.Noi non viviamo in un villaggio globale ma in villette personalizzate prodotte globalmente e distribuite localmente.La comunicazione plasma la cultura, perché non vediamo come sono in natura, l’intelligenza umana, l’ideologia, ma come sono i nostri linguaggi.Poiché la cultura è mediata attraverso la comunicazione, le culture stesse subiscono trasformazioni radicali a opera dei nuovi sistemi tecnologici. Huxley aveva previsto un mondo in cui un eccesso di informazioni ci avrebbe ridotti alla passività. L’intellegibile è oltre le immagini. L’immagine è un passaggio obbligato verso l’intellegibile, verso il concetto e il giudizio.La comunicazione mediatica è nemica delle idee, perché le è essenziale non cogliere le differenze.La società dell’immagine ha sconfitto le idee, che sono diventate un ingombro più che una risorsa perché inchiodano a una continuità.Il primato assoluto della sopravvivenza e la spettacolarizzazione della vita hanno infranto ogni rischio per affermare le proprie idee.

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Le idee fanno parte di un sistema e la loro mediazione è indispensabile.Nelle attività tradizionali della scienza, della politica e dell’arte viene introdotta una deviazione aberrante che consente di rivolgersi al pubblico saltando e ridicolizzando le mediazioni scientifiche, giornalistiche e critiche. La deviazione aberrante è la comunicazione massmediatica che sostituisce l’educazione e l’istruzione con l’edutainment, la politica e l’informazione con l’infotainment, l’arte e la cultura con l’entertainment.Contro la società cognitiva nasce il dispotismo comunicativo.Lo scopo della comunicazione è favorire l’annullamento della certezza. Il pubblico della comunicazione è tutto coscienza che trasmette e riceve qui e ora, ma senza memoria.Con la comunicazione massmediatica è sempre necessario imprimere un nuovo giro. La comunicazione ha preso il posto dell’azione.Il soggetto storico del passato restava artefice del proprio destino. Il mondo della comunicazione non funziona più secondo azioni e reazioni, ma secondo miracoli e traumi.La storia virtuale è secondo Perniola un indizio molto significativo del dissolvimento non solo della relazionalità della storia ma anche della sua credibilità.Il negazionismo storico è una manifestazione aberrante dell’età della comunicazione, che scredita la conoscenza riducendola a mera opinione. Tra memoria e comunicazione c’è un rapporto di connivenza e complementarietà. Il negazionismo mette in dubbio non l’interpretazione ma l’esistenza stessa del fatto.L’egemonia del presente sul passato e sul futuro caratterizza l’attuale regime di storicità in cui l’immediatezza acquista un ruolo importante. Il risultato è che la memoria blocca il campo dell’esperienza del passato precludendogli ogni orizzonte di attesa. La comunicazione crea un prodotto intermedio tra il vero e il falso: risulta comprensibile attraverso le categorie di arte, psicanalisi e religione.La comunicazione è vera perché pone dinanzi a un fatto, falsa, perché adotta tecniche di manipolazione, finta, perché l’aspetto immaginativo gioca un ruolo essenziale.Il dispotismo comunicativo col suo riduzionismo minaccia la nostra cultura. In primo luogo, il regime storico del presentismo induce a far credere che il valore di ciò che esiste debba essere misurato dalla sua attualità. In secondo luogo, la tecnologia informatica consente di conservare un’infinità di dati. In terzo luogo le strutture logiche su cui è basato il pensiero occidentale sono state obliterate.Sta venendo a mancare l’esperienza dell’attesa, che alimenta un mondo immaginativo ricco di mediazioni e di metafore.La sospensione consente l’elaborazione interiore delle esperienze e l’apertura di uno spazio silenzioso per pensare.Il frenetico meccanismo di stimolo/risposta prende il posto del ragionamento discorsivo. Il multitasking, l’impegnarsi in più compiti contemporaneamente, peggiora la nostra capacità di attenzione e conoscenza.Bisogna pensare la comunicazione nelle sue origini e ragioni filosofiche.6.2 La dicotomia parola/silenzioNella cultura moderna è stata la stampa ad aprire la strada alla segmentazione e a creare un mondo di antinomie e dicotomie.

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Una di queste dicotomie è quella tra parola e silenzio.Se la nostra è l’età del vuoto, il mondo appare in tutta la sua primitiva ostilità e il silenzio diventa assurdo.Nella filosofia moderna è Kant a tracciare il rapporto tra parola e silenzio. Identificando “conoscere” e “giudicare”, le forme conoscitive coincidono con le forme del giudizio, attraverso cui si arriva all’esperienza.La ricerca filosofica post-kantiana ha cercato di definire i limiti della conoscenza attraverso la definizione dei limiti della rappresentazione e del linguaggio. Ciò che è inesprimibile con il linguaggio non è dimostrabile.Le origini del pensiero si estendono al di là del logico.L’uomo può conoscere più di quello che può esprimere. La conoscenza inespressa risolve il paradosso del Menone di Platone che afferma l’assurdità della ricerca della soluzione di un problema. Il Menone dimostra che, se tutta la conoscenza è esplicita non possiamo conoscere un problema e andare alla ricerca della sua soluzione.La dimensione originaria della conoscenza è il silenzio.Sapere che un’affermazione è vera equivale a sapere più di quanto possiamo esprimere a parole e quando una scoperta risolve un problema, essa risulta carica di ulteriori intuizioni rientranti in un ambito sconfinato.Noi non creiamo l’ineffabile, lo incontriamo.La dicotomia moderna tra linguaggio e silenzio ha allargato la porta dell’ineffabile, fino a capovolgere il rapporto. Se per il razionalismo moderno era vero ciò che poteva essere spiegato, ora è vero solo ciò che non si può spiegare.Chesterton: “Da quando gli uomini non credono più in Dio credono a tutto”.Nella società tecnocratica riemerge la mentalità irrazionalista, miracolistico-traumatica.Né il linguaggio né la scienza riescono a esprimere e a dare una risposta ai problemi vitali dell’uomo.Spiegare un fatto consiste nell’unirlo a un altro fatto per mezzo di un termine medio, ma ciò che è particolare in quanto tale è irriducibile e quindi inesprimibile.Quella che Milan Kundera ha chiamato “l’insostenibile leggerezza dell’essere” consiste proprio nell’unicità della nostra vita. Ciò che dà un senso alla nostra vita ci è sconosciuto, le domande serie sono quelle per le quali non esiste risposta.L’indicibilità della vita non giustifica la paralisi del pensiero. La risposta è nella domanda, perché, l’essenza dell’uomo ha la forma di una domanda.La coscienza dell’ineffabile di ciò che è unico e particolare, è indispensabile in ogni filosofia per evitare che vengano assolutizzate dogmaticamente le costruzioni teoriche e che i concetti divorino tutto il reale. Nel pensiero e nella realtà, gli individui si danno sempre in una rete di rapporti, di nessi, di relazioni, coesistono ed esistono ontologicamente in virtù di strutturali interdipendenze.Occorre distinguere tra concretezza e particolarità. Il concreto può essere universale, il particolare no.L’universale è universale per il fatto che rappresenta il campo intero, non perché esclude la concretezza.

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6.3 Metalinguaggio, linguaggio e silenzio: tre paradossiil progetto di intelligenza artificiale può essere un esperimento metafisico per studiare il rapporto tra linguaggio, silenzio e senso.Il linguaggio di un cervello elettronico è un linguaggio precostruito e si basa su un altro linguaggio.Il linguaggio costruito è il linguaggio che calcola, perché come ogni costruzione è l’elaborazione di un materiale che regolano il programma della costruzione stessa. La conoscenza per contatto diretto e la conoscenza per concetto. Possiamo riconoscere tre paradossi. Il primo è quello del metalinguaggio, costituito da una proposizione di cui è difficile stabilire sia la sua verità sia la sua falsità.Il paradosso del metalinguaggio consiste nell’impossibilità umana di costruire un linguaggio assoluto, cioè un linguaggio che contenga nella sua totalità il senso di se stesso. Un metalinguaggio contiene definizioni corrette e adeguate ai concetti semantici se quel metalinguaggio è dotato di variabili di tipo logico superiore rispetto a tutte le variabili della lingua presa in esame.La differenza di fondo tra l’intelligenza naturale e quella artificiale consiste in questo. Mentre quest’ultima può dare un senso al proprio non poter parlare, l’intelligenza naturale può invece rovesciare il proprio parlare nel silenzio della sua incapacità di costruire il senso della propria origine.Il linguaggio naturale umano è l’unico linguaggio che è costruzione e silenzio insieme.Il secondo paradosso è quello del linguaggio. Non si può criticare il linguaggio se non parlando. L’indagine discorsiva non può avvenire che parlando e non possono sviluppare completamente la critica del linguaggio perché siamo immersi in esso.L’ultimo paradosso è quello del silenzio. Se il silenzio fosse radicato nella parola, ogni descrizione sistematica del silenzio diventerebbe essenzialmente impossibile; se è invece la parola a essere radicata nel silenzio, può esistere un’ermeneutica del silenzio.Il silenzio del mutismo e quello del nichilismo sottende una filosofia del silenzio come nulla.Nell’ontologia dell’inesauribile, il silenzio è un vero e proprio essere, è qualcosa di integro.La parola viene dal silenzio. Il silenzio può stare senza la parola ma non viceversa. Il silenzio non è un segreto soggettivo, perché non vuole nascondere nulla, e non è un segreto oggettivo perché non si aggira intorno a un certo contenuto.L’attimo, la vita e la morte sono legati all’esperienza silenziaria.6.4 Il valore teoretico del silenzio e la nuova oralitàPer avere valore teoretico, il silenzio deve essere trasparente. In tal modo il silenzio si iscrive nel processo della comunicazione nella duplice modalità di ascolto e comunicazione non verbale.Il silenzio è concepito in riferimento al suono, del quale è opposto.Se si studia la metaforologia della storia della filosofia occidentale si può constatare che le metafore dell’udito sono assai rare, come quella di Heidegger, per il quale il pensiero è ascolto del richiamo dell’Essere.L’era attuale dell’elettronica è caratterizzata da una nuova oralità, dall’importanza assunta dall’udito.La multimedialità in atto con la sovrapposizione dei mezzi di comunicazione rende oggi il sensorio confuso.

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Nella nuova oralità la parola nella sua forma più pura, tessere rapporti umani acquistandone sempre di nuovi.La vecchia oralità era performance, presupponeva la comunità; il pensiero era difficile concepirlo come privato.Nella transizione dalla cultura scritta a una nuova cultura orale, il mondo in cui stiamo entrando sarà il mondo delle interdipendenze funzionali e dinamiche.Il criterio della verità diventa comunitario.Nella prospettiva di una comunicazione più totale, il recupero del linguaggio come suono e come ascolto comporta la valorizzazione del silenzio. Il suo contenuto deve alludere, però, a qualcosa di significativo.Questo carattere perpetuo del silenzio conferisce una connotazione aintenzionale all’esperienza del significato. L’uomo non fa altro che prestare le proprie categorie e i mezzi di espressione a un significato che già esiste.L’esperienza silenziaria ci permette di capire il pensiero nel suo essere e di cogliere la distinzione tra ragione e intelletto.Kant affermava di aver ritenuto necessario sopprimere la conoscenza per far posto alla fede.Il bisogno di ragione non è ispirato dalla ricerca di verità ma dalla ricerca di significato.La ricerca del significato trascende la conoscenza umana, ha a che fare con oggetti ed eventi che trascendono il sapere e il fare.Pensare è sempre fuori dell’ordine. È il carattere lacunoso del silenzio che rende il pensiero un campo di battaglia, che permette al nostro io di non lasciarsi assorbire dalla routine.L’esperienza del silenzio fa emergere i limiti del carattere manipolativo e generalizzante del concetto. Conoscere tali limiti produce l’esigenza di una razionalità completa.Il silenzio non si risolve in un ammutolimento ma in un’apertura radicale e irriducibile.6.5 Il silenzio e il meta problematicoL’esperienza del silenzio ci rivela che nella nostra esistenza c’è il meta problematico o mistero. La tendenza dell’uomo moderno a oggettivare la sua esperienza del mondo ha esorcizzato il meta problematico.Nel mistero, si pensi al mistero della vita, tutti i dati diventano problematici.Mentre il problema lo comprendiamo, è il mistero che comprende noi. Il mistero è qualcosa in cui io sono impegnato e che non concepibile come una sfera in cui la distinzione fra l’”in me” e il “davanti a me” si svuota del suo significato iniziale.Non dobbiamo confondere mistero e inconoscibile: l’inconoscibile è un limite del problematico che può risolversi, il mistero si riconosce attraverso un atto positivo dello spirito.Nel silenzio è l’intelligenza che si apre all’essere. L’essere, nel silenzio, è evento, è ciò che ci viene incontro.Nell’evento il mondo si rivela gratuitamente come un dono e l’uomo sperimenta i suoi limiti.Il potere dell’Altro che si annuncia sul mio esistere nell’evento è misterioso. Nell’evento il pensare dell’uomo cade in uno stato di passività o pazienza che gli permette di percepire le molteplici voci dell’essere.L’ascolto dell’Altro ci rende obbedienti. La responsabilità morale è la risposta dell’uomo all’Altro.

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La scelta del silenzio è indice del riconoscimento della finitezza dell’uomo. Chi lascia uno spazio al silenzio automaticamente si riconosce creatura e riconosce i limiti propri dell’essere creatura.6.6 L’ éthos del pensiero C’è uno stretto legame tra il silenzio, la parola e l’ascolto. Raccogliendosi nell’esperienza silenziaria, l’uomo coglie l’éthos profondo e originario del pensiero e dell’etica.È stato Socrate a cogliere l’éthos del pensiero e il nesso profondo tra pensiero e agire.Il partner che appare quando sei solo e il tuo spirito è vigile, è l’unico dal quale non puoi mai separarti.L’imperativo kantiano “Agisci soltanto secondo la massima che puoi volere che divenga una legge universale” sottende il comando “Non contraddire te stesso”.Kant fa scaturire l’éthos del pensiero che si compendia in tra precetti invariabili: pensare da se stesso, mettersi col pensiero al posto di ogni altro e pensare sempre in accordo con se stesso.Il primo principio è negativo ed è quello di liberarsi da ogni coazione, il secondo è positivo ed è quello del modo liberale di pensare, il terzo è quello del modo logico di pensare.Heidegger ricorda i limiti del pensiero: il pensiero non porta al sapere come vi portano alle scienze; il pensiero non comporta una forma di saggezza utile alla vita; il pensiero non risolve gli enigmi del mondo; il pensiero non procura immediatamente forze per l’azione.Per Aristotele la legge intrinseca del pensiero consiste in un modo circolare incessante, che non raggiunga mai una fine e non produca un risultato.Se il pensiero è vita, è anche ciò che dà dignità e senso alla vita, perché una vita senza ricerca non è degna di essere vissuta.L’attività di pensiero diventa nel suo éthos capacità di valutare e giudicare il reale, di coglierne il senso. Senza il coraggio di pensare, l’uomo è come protetto dalla realtà, non si rende conto di essa e del suo significato.Pur avendo il pensiero a che fare con l’invisibile, il pensiero è in relazione con il giudicare e con l’essere coscienti.La manifestazione del pensiero è l’attitudine a discernere il bene dal male.

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