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TEORIE DELLE COMUNICAZIONI DI MASSA 1. SOCIETA' E COMUNICAZIONI DI MASSA 1.1 La società di massa Gili definisce la società di massa come una “società in cui le istituzioni relative ai diversi sottosistemi sociali sono organizzate in modo tale da trattare con vasti insiemi di persone viste come unità indifferenziate di un aggregato o massa” . I tratti tipici della società di massa si rintracciano nelle << società differenziate funzionalmente, cioè composte “atomisticamente” di individui che non appartengono più integralmente ad un certo segmento o status sociale, ma dispongono dell'accesso ai diversi sistemi differenziati, rilevanti nella loro vita>> . Questa differenziazione funzionale di Gili è propria delle società moderne, dell'organizzazione sociale nata con le trasformazioni di fine XIX. Proprio da quel periodo si parte per capire la natura della società di massa e delle comunicazioni di massa. Di fronte alle trasformazioni conseguenti l'industrializzazione, gli strumenti interpretativi sembrano inadeguati. In realtà, è la società che sta cambiando e che necessita di un approccio nuovo per cogliere la complessità delle relazioni. Tra i primi che si interrogano sulla natura della società nuova c'è Saint Simon (1760-1825), che offre una nuova chiave di lettura, ed è visto come il fondatore del socialismo moderno e della sociologia positivista. Egli elabora il concetto di “società organica ”, una società equiparata ad un organismo in cui tutti i soggetti sono parti. In questo organismo regna l'armonia, frutto di uno sviluppo di tutti i suoi elementi: se ci fosse un mutamento solo in uno di essi, ci sarebbe uno squilibrio. Perché si affermi questo modello, la riorganizzazione della società deve avvenire su basi scientifiche e sul lavoro industriale. La sua “fisiologia sociale ” considera la differenziazione delle parti nell'organismo sociale come qualcosa di inevitabile, controllabile e organizzabile su basi scientifiche. La società deve basarsi sul lavoro e l'unico potere legittimo e giustificabile è quello economico. ( I Mattelart sostengono che il saintsimonismo esprime lo spirito imprenditoriale della seconda metà del XIX secolo). 1

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TEORIE DELLE COMUNICAZIONI DI MASSA

1. SOCIETA' E COMUNICAZIONI DI MASSA

1.1 La società di massa

Gili definisce la società di massa come una “società in cui le istituzioni relative ai diversi sottosistemi sociali sono organizzate in modo tale da trattare con vasti insiemi di persone viste come unità indifferenziate di un aggregato o massa”. I tratti tipici della società di massa si rintracciano nelle << società differenziate funzionalmente, cioè composte “atomisticamente” di individui che non appartengono più integralmente ad un certo segmento o status sociale, ma dispongono dell'accesso ai diversi sistemi differenziati, rilevanti nella loro vita>> . Questa differenziazione funzionale di Gili è propria delle società moderne, dell'organizzazione sociale nata con le trasformazioni di fine XIX. Proprio da quel periodo si parte per capire la natura della società di massa e delle comunicazioni di massa. Di fronte alle trasformazioni conseguenti l'industrializzazione, gli strumenti interpretativi sembrano inadeguati. In realtà, è la società che sta cambiando e che necessita di un approccio nuovo per cogliere la complessità delle relazioni.Tra i primi che si interrogano sulla natura della società nuova c'è Saint Simon (1760-1825), che offre una nuova chiave di lettura, ed è visto come il fondatore del socialismo moderno e della sociologia positivista. Egli elabora il concetto di “società organica”, una società equiparata ad un organismo in cui tutti i soggetti sono parti. In questo organismo regna l'armonia, frutto di uno sviluppo di tutti i suoi elementi: se ci fosse un mutamento solo in uno di essi, ci sarebbe uno squilibrio. Perché si affermi questo modello, la riorganizzazione della società deve avvenire su basi scientifiche e sul lavoro industriale. La sua “fisiologia sociale” considera la differenziazione delle parti nell'organismo sociale come qualcosa di inevitabile, controllabile e organizzabile su basi scientifiche. La società deve basarsi sul lavoro e l'unico potere legittimo e giustificabile è quello economico. ( I Mattelart sostengono che il saintsimonismo esprime lo spirito imprenditoriale della seconda metà del XIX secolo). Saint Simon apporta un contributo significativo allo sviluppo della sociologia elaborando una società composta da parti separate, che si ricompongono e trovano armonia sviluppandosi. Proprio l'accentuazione della differenziazione tra parti sarà la base per l'elaborazione di una teoria di una società di massa. Comte, padre della sociologia, nel suo Corso di filosofia positiva, propone una concezione organica della società, che vede la società come un particolare organismo, pure sempre collettivo. In questo organismo c'è una molteplicità di parti che opera in modo coordinato. Questo comporta l'esistenza di una divisione dei compiti tra i soggetti per mantenere un’armonia complessiva; quindi, l'introduzione del concetto di specializzazione. La specializzazione alla base del funzionamento dell'organismo sociale, tuttavia, comporta il rischio di un eccesso di specializzazione tale da indebolire lo spirito di insieme.Può accadere, cosi, che in una società in cui si ha una sviluppata specializzazione delle funzioni, si assista ad una scomposizione della stessa società in << una moltitudine di corporazioni incoerenti, che sembrano quasi o per niente appartenere alla stessa specie >>. Più gli individui occupano posizioni diverse,sviluppando forti legami fra simili, più si riduce la capacità di comprendere i soggetti che occupano altre posizioni. La specializzazione, che pure garantisce l'armonia

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dell'organismo sociale rischia di produrre distanza tra gli individui dando vita a inattese forme di disorganizzazione. Questa distanza e l'incomunicabilità tra individui, frutto dell'eccesso di specializzazione, saranno uno dei <<punti di partenza di dibattito sulle comunicazioni di “massa”>>. Sarà l'isolamento sociale, in cui saranno proiettati gli individui, l'humus su cui si svilupperà la teoria ipodermica.Riprendendo il filo rosso che lega Saint Simon a Comte, ciò che prende forma con il loro pensiero è l'idea di una progressiva atomizzazione della società. A fronte dell'indispensabile specializzazione delle funzioni, c'è il rischio di una perdita delle relazioni sociali significative per gli individui, rappresentati sempre più soli e isolati.Su questa trasformazione della sfera relazionale, altri elementi di conferma sono forniti da Toennies (1855-1936) nel suo famoso lavoro “Comunità e società”. Per lui, la Gemeinschaft (comunità) si riferisce ad un modo di sentire comune, che fa si che gli uomini si sentano parte di un tutto. Al contrario, la Gesellschaft (società) è impersonale e anonima, basata sulla relazione sociale tipica del contratto tra individui per un tornaconto personale.Il sociologo tedesco illustra così le differenze tra comunità e società: << la comunità è la convivenza durevole e genuina, la società è solo una convivenza passeggera e apparente. E' coerente che la comunità debba essere intesa come organismo vivente, e la società come aggregato e prodotto meccanico>>. Pur manifestando un apprezzamento per la comunità, T. è consapevole dell'inevitabile affermazione della società a danno della comunità a seguito del processo di industrializzazione, e prevede che nella società industriale scompariranno i sentimenti comuni e reciproci, con cui gli individui restano uniti, mentre si affermeranno relazioni basate sulla forma del contratto. Gli individui continuano ,così, ad essere descritti soli e immersi in relazioni sociali sempre meno condivise fino ad arrivare a ciò che Durkheim chiama “anomia”, vale a dire, mancanza di norme. Il concetto di anomia, elaborato ne “La divisione del Lavoro Sociale”, si inserisce in una più ampia riflessione sul fondamento morale che deve avere la società. Mediante le categorie di solidarietà meccanica e organica, Durkheim ricostruisce le relazioni che si stabiliscono in una società. La solidarietà meccanica deriva dalle somiglianze tra individui, si accompagna a una divisione del lavoro elementare e si caratterizza per dare vita a un essere collettivo. La solidarietà organica, invece, nasce dall'eterogeneità tra individui, si traduce in una divisione del lavoro molto sviluppata e vive a seguito dell’introduzione di numerose relazioni formali e frammentate.Le caratteristiche della solidarietà organica possono dar vita, in casi estremi, ad una situazione di anomia, dove la società non è più in grado di regolare e limitare l'agire degli individui. Gli individui, qui, esasperano l'individualità e si mostrano incapaci di autoregolarsi, alla ricerca di nuove mete e nuove soddisfazioni. La costruzione ideale degli individui, fatta dai padri della sociologia, si definisce in relazione ad un diffuso senso di isolamento, un rischio di anomia e una separatezza frutto di un eccesso di specializzazione. Ciò che viene meno è la capacità di sentirsi parte di una comunità. In una società così gli individui vivono in una condizione di isolamento, fuori da una rete di relazioni significativa, come quella che caratterizza la comunità (Gemeinschaft); vivono quasi esclusivamente relazioni impersonali, caratteristiche tipiche della società (Gesellschaft); sono relativamente liberi da pressioni sociali vincolanti, rischiando di dar vita a situazioni di anomia. Queste categorie analitiche, continuarono ad essere usate per interpretare il nuovo modello di

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società che si stava affermando, e per sostenere indirettamente prima l’elaborazionie della teoria della società di massa e poi della teoria ipodermica.

1.2 La teoria della società di massa

Il sipario del XX secolo offre un palcoscenico occupato da un nuovo soggetto: la massa. Secondo Statera <<il primo affacciarsi delle masse nelle società europee produsse diverse reazioni contrastanti tra gli intellettuali. Il termine massa fu inizialmente associato a qualcosa di amorfo, magmatico imprevedibile e pericolosamente instabile; massa era sostanzialmente la massa bruta, soggetta alle più svariate sollecitazioni. Con la sola accezione di chiavi di lettura ispirate al Marxismo, che vedevano nelle masse l'occasione per accelerare il processo rivoluzionario, prevaleva una concezione della massa manipolabile e portatrice di un istinto di sottomissione, come teorizzato dalla << psicologia delle folle >> di Le Bon. Il concetto di massa assume, cosi, centralità nelle riflessioni di studiosi e intellettuali. In sociologia politica, un contributo significativo alla creazione di un clima di preoccupazione circa la massa, viene dai teorici dell'élitismo, Mosca, Pareto e Michels. Essi condividevano l'idea secondo cui, in tutte le società la massa è uno strumento di manovra a disposizione delle élites. Questo deriva dalla forza delle élites, capaci di costituirsi come gruppo omogeneo, in contrapposizione alla disorganizzazione delle masse. Per avanzare rivendicazioni e proporsi come alternativa al governo, non basta essere numerosi; piuttosto è necessario dotarsi di un organizzazione. << Il meccanismo dell'organizzazione, mentre crea una solida struttura, provoca nella massa organizzata notevoli mutamenti, come il capovolgimento del rapporto del dirigente con la massa e la divisione di ogni partito in due parti: una minoranza che deve dirigere e una maggioranza diretta >>. Abbandonando il campo della politica, si trovano preoccupazioni sui rischi della massificazione, da parte di Ortega y Gasset. Ortega pone al centro della sua riflessione la qualità dell'uomo-massa in antitesi all'individuo “colto”: << la massa è irrazionale e incompetente, e con il suo avvicinarsi alla società rischia di diffondere ignoranza e irrazionalità, facendo venir meno la razionalità, unica in grado di preservare in vita l'organismo sociale >>. Ortega è smarrito e preoccupato: <<il cambiamento del mondo sta nel fatto che esso è crollato>>. L'irruzione della massa sulla scena sociale rappresenta l'indicatore più evidente di una trasformazione profonda di un mondo che mai tornerà come prima. L'immagine dell'individuo colto, che può accedere alla cultura intesa come otium,(e il disdegno per ogni contaminazione della cultura con il vile “negotium”) è destinata a far parte della memoria di pochi superstiti dei ceti colti.

Da un versante sociologico, Simmel sostiene che la massa si fonda sull'esaltazione delle parti che accomunano gli individui piuttosto di quelle che le differenziano. Ancora una volta vengono sottolineati i tratti dell'irrazionalità, della disorganizzazione della difficoltà a trovare tratti identitari comuni, dell'isolamento degli individui che abitano la società di massa.Isolamento sottolineato anche da Blumer (1946) quando sostiene che la massa è un aggregato anonimo o più precisamente, un aggregato di individui anonimi tra cui esiste scarsa interazione. Questa carenza di interazione si riflette sulla difficoltà degli individui a condividere quadri valoriali,

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e a difendersi dal sogno di modelli estranei alla propria sfera di vita. Oltre a ciò la massa non sa darsi una struttura organizzativa e regole di comportamento.Ovviamente decenni di riflessioni sul concetto di società di massa non possono essere sintetizzati in poche pagine.Il precedente quadro riepilogativo ha l'obiettivo di ricostruire il clima culturale e scientifico dei primi anni del secolo che ha visto nascere la prima teoria sulle comunicazioni di massa. La teoria ipodermica, la prima usata per dar conto della presenza dei mass media, può tranquillamente essere ridotta a un modello: un dispositivo di connessioni che lega emittente e destinatario, annullando ogni variabile interveniente. I postulati a cui si riferisce la teoria ipodermica discendono da quelli alla base della teoria della società di massa:

1. nella società contemporanea sono scomparsi i gruppi primari;2. gli individui sono isolati; 3. gli individui annullano l'esaltazione dei tratti personali per lasciare spazio a quelli

impersonali della massa;4. il pubblico delle comunicazione di massa è un pubblico atomizzato;5. i mezzi di comunicazione di massa sono onnipotenti e permettono a chi li controlla di

manipolare gli individui.

Per sintetizzare il punto di partenza della nascita delle teorie nelle comunicazioni di massa si può essere d'accordo con Wolf, << l’isolamento del singolo individuo nella massa anonima è il prerequisito della prima teoria sui media >>.L'intreccio che lega la sociologia alla nascita dei media non può essere marginalizzato alla luce del fatto che <<il momento storico che ha visto la nascita dei media è il medesimo che ha preoccupato i sociologi e ha dato origine alla sociologia moderna; la nuova società prodotta dalla rivoluzione industriale è intimamente attraversata dai mezzi di comunicazione di massa>>.

1.3 La teoria Ipodermica, ovvero la teoria che <<Never Was>>

La teoria ipodermica, o bullet theory (teoria del proiettile magico), o teoria della cinghia di trasmissione, fa riferimento a un modello comunicativo caratterizzato da una relazione diretta e univoca che lega lo stimolo alla risposta. In termini grafici, il modello può essere sintetizzato da uno stimolo (S), dal quale si attiva una freccia che dà vita ad una risposta : ( R): S → R. Collocata dagli studiosi nella fase iniziale delle riflessioni e degli studi sulle comunicazioni di massa ,la teoria ipodermica ha goduto di uno strano destino.

Definita dai Lang come una teoria che <<never was>>, per la profonda estraneità mostrata dagli scienziati sociali, è stata recuperata laddove si voleva enfatizzare il carattere massificante e manipolatorio delle comunicazioni di massa.A tal proposito citiamo Adorno e Horkaimer (alcuni esponenti della Scuola di Francoforte) che hanno dato vita alla teoria critica. Con la teoria ipodermica il potere dei media sembra non avere ostacoli nel conseguimento dell’obiettivo di voler imporre la volontà di chi li governa agli individui della massa.

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Noelle-Neumann, nella sua ricostruzione a cicli delle teorie della comunicazione, colloca la teoria ipodermica nella fase iniziale, cioè, in quella dei “media potenti”. Le preoccupazioni sul potere manipolatorio dei media trovarono buon terreno nel clima di opinione che, da un lato temeva i pericoli dell'avanzata delle masse nella vecchia Europa e le conseguenze devastanti della guerra e, dall'altro, adottava a riferimento la teoria dell'azione elaborata dalla psicologia behaviorista. Il riferimento a quest’ultima teoria comportava l'estensione dell'unità stimolo-risposta ad ogni forma di comportamento. L’approccio behaviorista, saldandosi alla teoria della società di massa, suggellava una visione del rapporto tra individui e mezzi di comunicazione di massa determinato interamente da questi ultimi. Per ciò che riguarda il contesto sociale,politico e culturale, circolava, fra gli studiosi e gli intellettuali, una preoccupazione circa i rischi derivanti dal ricorso alla propaganda. Questa preoccupazione fu data dalla grande guerra e dai profondi sconvolgimenti avvenuti in quegli anni in Europa. In un contesto così la diffusione dei mezzi di comunicazione di massa destava non pochi problemi.Tuttavia, è da ricordare che il sistema mediale di allora consisteva nella stampa, nella radio e nel cinema. Da ricordare, a tal proposito,sono le ricerche condotte dai Payne Fund Studies sul consumo cinematografico da parte dei giovani per intuire la rilevanza assegnata alla questione. La preoccupazione sugli effetti manipolatori dei mezzi di comunicazione di massa sugli individui era molto diffusa anche in assenza di elementi empirici di sostegno.I postulati su cui si fonda la teoria ipodermica sono:

1. il pubblico è una massa indifferenziata , all'interno della quale ci sono individui isolati;2. i messaggi dei media sono potenti fattori di persuasione capaci di entrare all'interno degli

individui;3. gli individui sono indifesi di fronte al potere dei mezzi di comunicazione di massa;4. i messaggi sono ricevuti da tutti i membri nello stesso modo .

Come si nota,si ritrovano molti degli elementi propri della teoria della società di massa, a partire da quello più significativo dell’isolamento degli individui.Il punto di partenza per studiare il rapporto tra mezzi di comunicazione di massa e individui si caratterizza per la collocazione di questi ultimi in una sorta di vacuum sociale: non vi sono più relazioni familiari, di lavoro, di amicizia. Gli individui sono soli, esposti agli stimoli esercitati dai media. In questo vuoto i messaggi colpiscono come un proiettile magico gli individui; non essendovi barriere gli individui risultano indifesi e preda dei messaggi mediali, che vengono ricevuti in modo standard da tutti i destinatari.In questo modello c'è l'assoluta semplificazione del rapporto comunicativo, ridotto a mero automatismo come quello che consegue alla somministrazione al cane di Pavlov. Non c'è nessuna traccia di qualche forma di potere ascrivibile ai destinatari, ridotti a semplici comparse sulla scena organizzata e gestita dalle istituzioni mediali. Sono chiaramente evidenti le suggestioni che derivano da un'idea di società di massa, ma stupisce la raffigurazione di un individuo ideale, privo di qualsiasi legame con i gruppi primari. Questo disinteresse profondo per l’individuo arriva fino a

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negare qualsiasi azione interpretativa dei messaggi ricevuti: tutti sono raggiunti dagli stessi messaggi, i messaggi sono ricevuti da tutti allo stesso modo.Saranno necessari decenni di studio e di ricerca per arrivare a restituire piena rilevanza al messaggio all’interno del processo comunicativo, dando vita così, al passaggio dalla trasmissione alla trasformazione di un testo ad opera del ricevente.Il modello comunicativo dell'approccio stimolo-risposta ,proprio della bullet theory, è visto come il primo tentativo di individuazione del rapporto esistente tra media e individui. E' un modello semplice che rispondeva all'esigenza conoscitiva di stabilire un nesso tra il momento della veicolazione del messaggio e quello della fruizione.La semplicità di queste relazioni affascina due ingegneri (Shannon e Weaver) che, sul finire degli anni 40, elaborano la “teoria matematica della comunicazione”. L'obiettivo era quello di elaborare una teoria sulla trasmissione ottimale dei messaggi: i due ingegneri erano interessati a limitare i danni connessi ad un processo di trasferimento di informazioni. Per esempio, una conversazione telefonica, corre il rischio di perdere numerose informazioni a seguito di scariche presenti sulla linea. Le possibili “fonti di rumore”, in grado di produrre una dispersione di informazioni, sono l’oggetto specifico del loro studio. Come si può notare, il modello comunicativo sotteso alla teoria ipodermica e a quella matematica coincide: vi è un emittente che costruisce e veicola un messaggio (lo stimolo nella teoria ipodermica) che deve arrivare al destinatario, consentendo l'attivazione di una risposta.Eco,nel descrivere lo schema del modello matematico-informazionale della comunicazione, sottolinea come sia possibile sempre rintracciare una fonte o una sorgente dell'informazione, dalla quale, attraverso un apparato trasmittente ,viene emesso un segnale; questo viaggia attraverso un canale lungo, il quale può essere disturbato da un rumore. Uscito dal canale, il segnale viene raccolto da un ricevente che lo converte in un messaggio. Come tale, il messaggio viene compreso dal destinatario.Come afferma Eco, questo schema può essere applicato ad una comunicazione tra macchine (es. riscaldamento autonomo), tra esseri umani e tra macchine ed esseri umani( es.della spia della lavastoviglie). Estraneo a questo processo è il momento dell'attribuzione di significato al messaggio da parte del ricevente: esso è semplicemente dato una volta per tutte a tutti i soggetti.La semplicità e la versatilità di un modello fondato su un rapporto diretto tra emittente e destinatario sono alla base del successo delle analisi sul rapporto tra media e individui. Considerando il modello matematico-informazionale come un perfezionamento di quello della teoria ipodermica, si può intuire il fascino di una formulazione sul piano formale e in grado di dare risposte semplici seppure poco argomentate. Qualsiasi modello che ha alla base delle sue riflessioni un rapporto tra i media e gli individui ha come difetto l'assoluta irrilevanza conoscitiva. La teoria ipodermica può solo continuare a rappresentare il pezzo più pregiato dell'archeologia del presente.

1.4 Il modello di Lasswell

Introducendo il modello di Lasswell, Wolf (1985) sottolinea l'aspetto di superamento della teoria ipodermica, evidenziandone le innovazioni. Che non si tratti di un superamento ma di un perfezionamento, emerge quando lo studioso illustra gli elementi della formula: <<la formula ribadisce un assunto molto forte, che invece la bullet theory asseriva esplicitamente nella

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descrizione della società di massa: l'assunto cioè che l'iniziativa sia esclusivamente del comunicatore e che gli effetti siano esclusivamente sul pubblico>>. La totale passività del destinatario, già sottolineata nella teoria ipodermica, viene ribadita ancora. Il modello di Lasswell si configura come una messa a punto del modello precedente, sollecitata dalla necessità di fare ordine nel campo della comunication research. E' sufficiente illustrare il modello per cogliere appieno la sua validità euristica: un modo appropriato per descrivere un atto di comunicazione è rispondere alle seguenti domande:

chidice che cosaa chicon quale effetto.

Oltre a descrivere il processo comunicativo, il modello di Lasswell organizza il caotico campo della ricerca e dell'analisi di oggetti di indagine distinti.Prestare attenzione a chi attiva il processo comunicativo significa collocarsi nell'area dell'emittenza: cioè di quei soggetti che producono messaggi comunicativi.Gli studi sull'organizzazione del lavoro giornalistica e delle nuove tecnologie di comunicazione si trovano in un filone di studi che ruotano intorno alla figura dell'emittente e che hanno percorso due strade, prima separate e poi fatte confluire in alcuni approcci più recenti, l'una tracciata dalla sociologia delle professioni, l'altra dalla sociologia del lavoro e dell'organizzazione. Prestare attenzione a <<cosa>> viene comunicato, comporta una collocazione nell'area di studio del messaggio. Il filone ricco della content analysis trova in Lasswell il suo padre fondatore, con studi sulle tecniche di persuasione usate durante la prima guerra mondiale. In seguito egli perfezionò la sua metodologia di ricerca applicandola all'analisi degli slogan pronunciati nella festa del 1 maggio nell'Unione Sovietica. Questa ricerca continua ad essere un applicazione esemplare dell'analisi del contenuto, pur con tutti i limiti connessi all’adozione di un approccio basato sul conteggio dei simboli-chiave e sull’assunto implicito di un’univoca interpretazione del messaggio da parte dei destinatari.Prestare attenzione a <<Chi>> è il destinatario del messaggio implica l'assunzione di un focus di attenzione centrato sul pubblico dei media. Gli studi sull audience dei media sono molto cresciuti soprattutto negli ultimi anni. Dopo aver per decenni fatto riferimento a un pubblico dei media noto e apparentemente scontato, si è scoperto che esistono pubblici con gusti e palinsesti trasversali ai vari media, di difficile individuazione. La difficoltà a fare i conti con unsoggetto polimorfo attraversa la ricerca attuale e si manifesta nel volume Cercasi audiens disperatamente. Infine, prestare attenzione a <<quali effetti>> vengono attivati nei destinatari significa entrare di forza nel campo di studio degli effetti. Gli effetti intenzionali o inintenzionali, diretti o indiretti a breve o lungo termine rappresentano, sin dagli inizi il campo privilegiato dagli studiosi che ricercano conseguenze attribuibili all'azione dei media.La tripartizione del campo di studio (emittenza, messaggio, ricezione) , frutto del modello di Lasswell, continua ad essere un utile strumento di lavoro per organizzare la raccolta dei dati e per costruire una prima visione di insieme. Nel voler dare conto dei processi comunicativi attivati dai mezzi di comunicazione di massa, esso rende possibile l'individuazione dei diversi soggetti

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coinvolti e dei diversi momenti nel processo. Questo processo comunicativo non supera però le critiche rivolte ai suoi presupposti teorici, che sono (Wolf) :

1. nell'asimmetria della relazione che lega l'emittente al destinatario: il processo comunicativo ha origine solo nell'emittente, il ricevente entra in gioco solo come termine ultimo con cui si conclude il processo;

2. nell'indipendenza dei ruoli : l'emittente e il destinatario vengono raffigurati come due soggetti che non entrano mai in contatto diretto nè appartengono allo stesso contesto sociale e culturale;

3. nell'intenzionalità della comunicazione : i messaggi veicolati dai media hanno sempre un obbiettivo, che può essere nobile o meno nobile, buono o meno buono: in ogni caso, vi è sempre un intenzionalità da parte dell'emittente.

Collocare il processo comunicativo in un contesto cosi significa escludere qualsiasi possibilità di attribuire un ruolo più attivo al destinatario nonché di considerare la ricezione del messaggio un atto interpretativo da parte del ricevente. Significa condannarsi a un impotenza conoscitiva derivante dall'impossibilità di integrare nel modello ruoli e dinamiche utili a una lettura più complessa della comunicazione mediale.Pur con questi e altri limiti, il modello di Lasswell può essere considerato comeil primo che introduce allo studio dei processi comunicativi, attribuendo ruoli e parti ai diversi soggetti coinvolti e precise dinamiche di interazione. Questo modello si pone come una pietra miliare che segna il punto di partenza di un percorso conoscitivo ancora in corso.

1.5 L'allarme per gli effetti dei media: i << Payne Fund Studies>>

Negli anni 30 negli Stati Uniti si crearono le condizioni per fornire risposte agli interrogativi sugli effetti delle comunicazioni di massa sul pubblico. Lo sviluppo dei metodi di ricerca empirica e l'incredibile successo di pubblico registrato dal cinema sono le 2 condizioni che favorirono la nascita dei Payne Fund Studies, un progetto di ricerca mirato a studiare gli effetti del cinema sulle giovani generazioni. Sul versante dello sviluppo dei metodi di ricerca empirica,vanno ricordati i lavori di Bogardus sulla costruzione di una scala di distanza sociale capace di misurare i pregiudizi razziali; e quelli di Thurstone,finalizzati a costruire una scala di intervalli uguali per misurare qualsiasi atteggiamento.Con questi studi,la metodologia quantitativa iniziativa il suo lungo cammino.Una maggiore accuratezza metodologica degli scienziati sociali si accompagnò ad una crescente preoccupazione di uno dei più diffusi mezzi dell'epoca,il cinema. I dati riportati da Dale sulle dimensioni della platea cinematografica parlano, nel 1922, di 40 milioni di biglietti venduti ogni settimana ,e di una stima di 40 milioni di minori presenti tra gli spettatori cinematografici nel 1929. All base di tale successo c'è,innanzitutto, la relativa economicità del consumo,di entità tale da poter essere affrontata dalle famiglie in un periodo di grande incertezza economica,come quello creatosi intorno alla crisi del 1929. Difronte ad un mondo scosso da crisi politiche ed economiche, il cinema

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si rivela così la strada più percorribile per trovare evasione e riposo nelle grandi storie prodotte da Hollywood. Queste storie, talvolta, raccontano vicende non proprio edificanti, o mostrano comportamenti ritenuti da alcuni riprovevoli.La preoccupazione per le giovani generazioni, esposte a tali messaggi, porta alla nascita dei Payne Fund Studies,che finanziarono ben 13 ricerche dal 1929 al 1932. Riferendoci al modello di Lasswell,si può dire che oggetto di studio del gruppo di ricerca è il <<cosa>> viene comunicato,cioè il contenuto del film e <<con quali effetti>> sul pubblico. Non si presta attenzione a <<chi>> è diretta la comunicazione perché l'universo di riferimento assunto coincide con quella fascia d'età che va dagli scolari agli studenti universitari. Il filone che si è interrogato sul contenuto dei film ha individuato 10 generi maggiormente presenti: crimine, sesso, amore, mistero, guerra, infanzia, storia, avventura, commedia e questioni sociali. I dati mostrano che il 75% dei film analizzati riguarda i generi crimine, sesso e amore. Spesso, venivano ritratti individui che consumavano tabacco e alcool. Si trattava di risultati che confermavano la pericolosità di un'offerta che era in contrasto con valori e comportamenti delle generazioni adulte e integrate. Il filone della ricerca sugli effetti può essere articolato in due grandi are di interesse:

1. lo studio degli effetti del cinema sugli atteggiamenti degli individui ;2. lo studio degli effetti del cinema sul comportamento quotidiano degli individui .

La ricerca più significativa riguardo alla prima area è quella di Peterson e Thurstone che ha l'obiettivo di pervenire alla costruzione di uno strumento di misurazione degli atteggiamenti; i due analizzarono l'orientamento dei bambini nei confronti di alcuni gruppi etnici, di soggetti di nazionalità diversa, di alcune questioni sociali come la pena di morte, ecc.L'atteggiamento del bambino venne misurato in procinto di vedere il film e poi al termine dell'esposizione. I risultati sottolinearono l'effettiva influenza esercitata dai film sugli atteggiamenti dei bambini, soprattutto di quelli più piccoli. Essi rilevarono il fatto che l'esposizione a più film relativi a una medesima tematica favoriva con maggiore frequenza, un mutamento di atteggiamento.Un interesse per gli effetti attivati dal cinema sulla vita quotidiana, invece, muove Blumer. Al contrario di Peterson e Thurstone, Blumer adotta una metodologia qualitativa che verrà criticata. Nonostante ciò, la ricerca di Blumer è ricca di suggestioni ancora attuali: influenza sui giochi infantili, imitazione di stili di vita, coinvolgimento emotivo.Il cinema influenza la vita dei bambini quando propone soggetti nei quali identificarsi e quando suggerisce nuove scene, situazioni di comportamento da adottare nei giochi con i compagni. Ogni generazione ha avuto i suoi eroi dell'infanzia ai quali ha donato un'altra vita ambientata nella creatività del gioco quotidiano. Crescendo il cinema offre altro: consente l'acquisizione di un linguaggio e di uno stile. Diviene per molti una “scuola di etichetta”: lì si può imparare lo stile femme fatale, si possono avere suggerimenti per condurre un cortometraggio, si può imparare come vestirsi. Il cinema consente anche di immaginare una vita diversa: i 2/3 delle relazioni contenevano fantasia che spaziavano dal guidare una slitta trainata da cani tra le nevi dell'Alaska, per gli uomini, al cadere tra le braccia di affascinanti corteggiatori, per le donne. Il coinvolgimento emotivo rimanda alla capacità dei film di suscitare forti emozioni degli spettatori: una studentessa nella sua relazione sostenne <<tutti i film in cui vi è pathos mi costringono ad usare il fazzoletto>>.

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Al termine dell'analisi Blumer sostiene che le immagini dei film propongono tipi di vita estranei a molti individui e modellano la loro concezione di tali modelli di vita. Si ha così il superamento di qualsiasi approccio fondato su una dinamica stimolo-risposta, da un lato, e su una visione comportamentista degli effetti dei media, dall'altro. Esse introducono un esplicito riferimento alla funzione modellizzante attribuita ai media. L'incredibile portata innovativa presente nelle riflessioni di Blumer sugli effetti di consumo prolungato di film fa considerare la ricerca The moovies and conduct come la più rappresentativa tra quelle prodotte nell'ambito dei Payne Funde Studies. Un'esperienza che si caratterizza per un significativo contributo allo studio delle comunicazioni di massa mediante il ricorso alle tecniche di ricerca empirica, tanto da essere definita come una pietra miliare del lungo percorso che ha portato lo studio dei mass media a divenire ciò che oggi è diventato. I Payne Fund Studies possono essere accusati di mancanza di accuratezza metodologica e applauditi perché hanno costretto i futuri ricercatori a ricorrere a metodologie più raffinate, criticati per la loro naivité, dal punto di vista teorico, o encomiati per la loro anticipazione di concetti e teorie che saranno sviluppate nei decenni successivi; fatto sta che essi non possono essere ignorati; la loro importanza storica per la nascita del campo di studi è indispensabile.

2. LO SVILUPPO DELLA RICERCA EMPIRICA: DALLA MANIPOLAZIONE ALLA COMUNICAZIONE PERSUASORIA

2.1 La scoperta delle variabili intervenienti

Nel 1948 Berelson scriveva che: <<certi tipi di comunicazione su certi temi sottoposti all'attenzione di certi tipi di persone, in certe condizioni, hanno certi effetti>>. Con questo testimoniava la grande cautela che si stava diffondendo tra gli studiosi in merito alla problematica degli effetti. Questa problematica, coerentemente col modello di Lasswell, presupponeva l'intenzionalità della comunicazione, cioè la volontà di perseguire un obiettivo da parte dell'emittente. Proprio in conseguenza all'intenzionalità della comunicazione, oggetto di studio privilegiato divengono le campagne caratterizzate in relazione a <<obiettivi specifici e dichiarati e durata limitata, sponsor autorevoli i cui obiettivi sono in sintonia con i valori condivisi e con i fini delle istituzioni vigenti, e una popolazione di target di notevole dimensione e dispersione>>.L'assunzione dell'oggetto di studio campagna rispondeva a esigenze proveniente da ambiti diversi: commerciali, interessati a ottenere dati sull'efficacia di campagne pubblicitarie e quelli degli studiosi, capaci di descrivere e misurare gli effetti dell'esposizione ai messaggi mediali sugli individui. L'attenzione si concentrò, quindi, su un unico tipo di effetto:quello sulla dimensione di influenza dei mass media sul cambiamento di opinioni e atteggiamenti a brevissima scadenza. Questo interesse congiunto per gli effetti delle campagne , condotte con i mass media,( come influenzare gli elettori,per vendere sapone,ecc.) si pone come la chiave di lettura per identificare le coordinate in cui si colloca la ricerca sperimentale che forniva dati utili ad aumentare l'efficacia dei messaggi: il punto di vista presupposto era cioè quello degli effetti voluti o progettati dall'emittente>>.

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Si pone anche come un'esplicita adozione dell'effetto a breve termine che segue l'esposizione al messaggio. Su questo aspetto si sono soffermati i Lang, che hanno sottolineato come un approccio simile si neghi qualsiasi possibilità di considerare l'effetto <<totale>> della comunicazione:quell'effetto frutto di una comunicazione che non si riduce ai tempi di una campagna elettorale ma che si estende proprio tra una campagna e l'altra. L'elevato numero di ricerche prodotte in quegli anni testimonia la grande attività dei numerosi centri di ricerca,impegnati a raccogliere dati sugli effetti di campagne di diversa natura. Il problema che si poneva era che il potere manipolatorio dei media sembrava non superare la prova della ricerca empirica, in quanto non si riuscivano a trovare dati empirici univoci in merito alla presenza di effetti a breve termine sul pubblico.In breve, esistevano numerosi indicatori che spingevano nella direzione di introdurre fattori di mediazione tra i messaggi dei media e il pubblico in grado di dar conto di risultati contraddittori (es. Guerra dei mondi, che aveva fatto emergere differenti modalità di comportamento da parte degli utenti che avevano ascoltato il dramma di Orson Welles).Inizialmente, secondo McQuail, <<i ricercatori distinsero i possibili effetti secondo caratteristiche sociali e psicologiche>>: ipotizzarono cioè l'esistenza di fattori di mediazione connessi a tali ambiti. Usando l'espressione <<variabili intervenienti>>, Katz e Lazarsfeld ampliano l'ambito applicativo del concetto e dichiarano che esse contribuiscono, in certe condizioni, a facilitare il flusso delle comunicazioni tra media e masse e, in altre condizioni ancora, a bloccare il flusso delle comunicazioni. In tal senso le definiamo “ intervenienti”.Pur in presenza di espressioni diverse appare chiara la consapevolezza del complesso rapporto tra mass media e individui. Una prima occasione x riflettere sulla complessità di tale rapporto venne offerta dal lavoro di Cantril, volto ad analizzare le reazioni di panico derivati dall'ascolto del radiodramma La guerra dei mondi. In tale occasione, emerse la rilevanza delle differenze individuali nell’attivazione di reazioni di panico, alla base dell’elaborazione del concetto di “abilità critica”:ossia la capacità di valutare le situazioni e reagire ad esse in modo appropriato. Cantril prende una netta distanza dell'approccio secondo cui i messaggi veicolati dai media sono ricevuti da tutti nello stesso modo. Al contrario, lo stesso messaggio può essere ricevuto in modo diverso dai destinatari, a seconda dell’intervento di alcuni fattori di mediazione. Seguendo Klapper i fattori di mediazione possono essere individuati in relazione al pubblico e al messaggio. Con fattori di mediazione rispetto al pubblico si fa riferimento a quell'insieme di variabili intervenienti che favoriscono ovvero ostacolano l'esposizione a determinati messaggi. Per la prima volta s affaccia la lettura secondo cui i membri dell'audience possono sottrarsi ai messaggi dei media. I fattori di mediazione rispetto al messaggio, invece, fanno riferimento al contenuto e alle modalità di presentazione di quest'ultimo. Gli studi condotti da Hovland,Lumsdaine e Sheffield sull’efficacia dell’esposizione a messaggi filmati,diretti ai soldati americani durante la seconda guerra mondiale, esemplificano questo approccio e i risultati ottenuti.La grande mole di ricerche condotte alla fine degli anni 40 ha portato alla ribalta la questione dei fattori di mediazione che si frappongono tra i media e gli individui, ponendo le basi x la costruzione delle teorie dell'influenza selettiva, influenza che deve fare i conti con le differenze individuali rintracciabili nel pubblico dei media.

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Le acquisizioni conoscitive ,derivanti da una lettura che pone il destinatario dei messaggi mediali nella condizione di sottrarsi alla comunicazione, costituiranno le basi x l'elaborazione del cosiddetto <<paradigma degli effetti limitati dei media>>. Ci basti sottolineare che le ricerche che hanno individuato i fattori di mediazione hanno contribuito in modo significativo a far abbandonare il concetto di manipolazione x adottare quello di <<comunicazione persuasoria>>.

2.2 Il trionfo della radio: il caso della <<Guerra dei mondi>>

Il 30 ottobre 1938, la CBS trasmise il programma Mercury Theathre On the Air, che prevedeva la messa in onda del radiodramma di Orson Welles dal titolo La Guerra dei mondi, che si trasformò in uno dei + rilevanti eventi mondiali di tutti i tempi. Su circa di 6 milioni di radioascoltatori una consistente quota, 1 milione circa, credette che gli Stati Uniti fossero invasi effettivamente dai marziani. Paradossalmente, i responsabili del programma radiofonico valutavano il dramma molto debole, in nessun modo interessante e credibile per le orecchie americane.Prima di descrivere la scaletta del dramma e i risultati della ricerca di Cantril, (1940) è necessario soffermarmi sulle caratteristiche del contesto in cui venne trasmesso il programma. Deve essere sottolineata, innanzitutto ,la grande popolarità del mezzo radiofonico di quell'epoca. Il presidente degli Stati Uniti utilizzava la radio x diffondere le fireside chats, ovvero le famose chiacchierate del caminetto. Roosevelt entrava in ogni casa. Oltre a portare notizie e informazioni, la radio portava nelle case seguitissime soap operas, cronache sportive, portava insomma informazione, divertimento e intrattenimento a costi contenuti e accessibili a tutti.Sul fronte delle condizioni economiche, sociali e politiche, vanno ricordati il clima di incertezza che ancora si respirava a seguito della grande depressione e le preoccupazioni sull'inarrestabile ascesa del nazismo. In un contesto così segnato, da ansia e paura, venne mandato in onda il radiodramma la domenica del 30 ottobre alle ore 20. 6 milioni di persone si sintonizzarono sulla lunghezza d'onda della CBS. La ricerca empirica di Cantril aveva l'obiettivo di determinare l'ampiezza del pubblico radiofonico, nonché le motivazioni di coloro che scambiarono il radiodramma x un resoconto giornalistico sull'invasione dei marziani. Alle ore 20 l'annunciatore prese la parola x introdurre “Orson Welles e The Mercury Theathre on the air in La guerra dei mondi di Welles”. Subito dopo Welles iniziò a raccontare: <<sappiamo oggi che nei primi anni del ventesimo secolo il nostro mondo veniva osservato da vicino da intelligenze superiori all'uomo, mentre gli esseri umani si affaccendavano nelle loro attività, venivano esaminati minuziosamente e studiati>>. Pochi minuti dopo l'introduzione di Welles prese la parola un annunciatore x fornire le previsioni meteorologiche. Il programma si trascinava stanco tra la voce narrante di Welles, le previsioni e gli inserti musicali.A quel punto il collegamento e la musica vennero interrotti x dar modo ad un annunciatore di comunicare: <<Signore e signori alle 19e40 il prof. Farrel dell'osservatorio del monte Jenings, Chicago, Illinois, dichiara di aver osservato diverse esplosioni di gas incandescente sul pianeta Marte e descrive il fenomeno come un getto di fiamma blu sparato da un fucile>>. Come ha osservato Cantril il riferimento a istituzioni specifiche e universitarie contribuì non poco a dare una patina di ufficialità a quanto veniva detto. Dopo 12 minuti dall'inizio si verificò un'altra

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interruzione apparentemente imprevista. Oltre a confermare interesse della comunità quest'ultima interruzione colloca spazialmente l'evento di cui si sta parlando: Trenton, New Jersey. Il riferimento preciso a zone (quando i marziani arriveranno a New York) contribuì ad aumentare il carattere di verosimiglianza. Con l'obiettivo di far salire la tensione vennero trasmessi gli interventi di alcuni testimoni che attingevano a piene mani al repertorio della letteratura di fantascienza. Prima di individuare le ragioni alla base del panico che colse circa un milione di persone, vale la pena di ricordare che, nel corso del programma, vennero trasmessi ben 4 annunci. Alla luce della situazione creatasi, la CBS trasmise altri annunci per ribadire che l'intera vicenda e tutti gli avvenimenti erano totalmente immaginari. Nonostante questi i disagi e i danni creati a seguito del radiodramma furono portati a sostegno della richiesta di risarcimento avanzata nei confronti della CBS dal alcuni individui. In primo luogo Cantril individuò i fattori che avevano reso il programma + veritiero di altri e + soggetto a un'interpretazione distorta:

1. il tono realistico: l'alternanza tra la narrazione, le interruzioni gironalistiche e i sipari musicali.

2. L'affidabilità della radio;3. l'uso di esperti: ricorso a personaggi dell’ambiente accademico e scientifico contribuì ad

accrescere la credibilità del dramma.4. L'uso di località realmente esistenti;5. la sintonizzazione dall'inizio del programma o a programma già iniziato; i soggetti che si

sintonizzarono dopo l'inizio del programma furono + propensi a credere che stessero ascoltando un new report.

Se la sintonizzazione dopo l'inizio del radiodramma può aver contribuito a far nascere l'equivoco sulla natura del programma essa non basta a dar conto delle ragioni x cui altri non furono tratti in inganno. Per spiegare questa diversità Cantril costruì 4 categorie di radioascoltatori che potevano aver creduto di essere sintonizzati con un programma informatico.La prima comprendeva quei soggetti che erano stati in grado di controllare la coerenza interna del programma; troppo simile alla fantascienza. La seconda comprendeva i radioascoltatori che avevano proceduto a controlli esterni. La terza comprendeva quei soggetti che, pur avendo tentato la strada dei controlli esterni, si convinsero che era effettivamente caduto un meteorite. La quarta comprendeva quei soggetti che non effettuarono nessun controllo perché ritennero il programma un vero notiziario giornalistico. Alcuni interruppero addirittura l'ascolto x scappare via.I radioascoltatori classificati nella prima e seconda categoria mostrarono di possedere quella che Cantril definì “abilità critica”, la capacità di valutare uno stimolo in modo tale da esserne in grado di coglierne le caratteristiche”.

Il concetto di abilità critica si correla con il livello di istruzione dei soggetti. Anche la variabile religiosa si correla con il concetto di abilità critica, allorchè porta a una interpretazione degli eventi come frutto della volontà divina. In ultimo anche alcuni fattori di personalità si dimostrarono utili x spiegare la difficoltà a ricorrere al concetto di abilità critica da parte di un segmento della platea radiofonica. Tramite l'introduzione di tale concetto Cantril mostrò di aver ben presenti le differenze

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individuali che potevano frapporsi tra lo stimolo dei media e la risposta del pubblico, finalmente rappresentato con tratti multiformi e comportamenti dissimili. La ricerca” The invasion from Mars” si pone come un importante turning point lungo la strada che porterà a fare i conti con la prospettiva dell'influenza selettiva basata sulle differenze individuali. Cantril è stato uno dei primi studiosi a presentare dati che raffiguravano non già uno ma molti profili di destinatari di messaggi mediali.

2.3 I fattori di mediazione rispetto al pubblico

Spesso le campagne volte a persuadere gli individui a modificare determinati comportamenti, non raggiungono i loro obiettivi. Klapper sostiene che la comunicazione persuasoria agisce + spesso nella direzione del rafforzamento piuttosto che in quella della conversione, ne consegue che gli individui tenderanno a sottrarsi a quei messaggi che appaiono in contraddizione con le opinioni preesistenti. Secondo Katz e Lazarsfeld la variabile interveniente dell'esposizione aiuta a comprendere le ragioni dell'insuccesso di numerose campagne. Prima ancora di valutare l'eventuale distanza di alcuni messaggi rispetto alle opinioni preesistenti è necessario che vi sia una qualche forma di interesse ad acquisire info sull'argomento trattato. Questo interesse emerse con grande chiarezza nella ricerca di Lazarsfeld, Berelson e Gaudet in occasione della campagna presidenziale del 1940. i ricercatori scoprirono che un diversificato interesse x le elezioni si correlava positivamente con l'esposizione alle occasioni comunicative della campagna. L'interesse ad acquisire info rappresenta solo il primo step. Il secondo step che può favorire o bloccare il flusso comunicativo si rintraccia nell'esposizione selettiva.I ricercatori scoprirono che la scelta di ascoltare un candidato piuttosto che un altro precedeva la stessa esposizione trasformando questo momento in una sorta di conferma di una decisione già assunta. Per capire a pieno i meccanismi della selettività, può essere utile fare riferimento al concetto di “Dissonanza cognitiva” sviluppata da Festinger. Secondo lui, gli individui sono maggiormente propensi a esporsi a quei messaggi che riducono la discrepanza tra l'effettivo comportamento e ciò in cui essi stessi credono. Se x caso il soggetto nn dovesse riuscire a innalzare reti protettive intorno alle opinioni preesistenti, può far intervenire il meccanismo della “percezione selettiva”: un meccanismo che porta a una sorta di distorsione del significato del messaggio fino al punto da renderlo coerente e integrato all'interno del + ampio sistema valoriale e di credenze. Allport e Postman analizzando la metamorfosi delle dicerie scoprirono che, nel processo di diffusione sociale, alcuni messaggi venivano via via trasformati. Uno di questi casi fu quello del litigio tra un uomo bianco e uno nero in un treno. Nelle immagini mostrate ai soggetti, il bianco aveva un coltello in mano con cui minacciava il nero. I soggetti coinvolti nella ricerca furono invitati a raccontare le immagini viste. Il racconto capovolse il gioco delle parti. Questa capacità degli individui di intervenire sul significato del messaggio diverrà centrale nell'elaborazione del concetto di “decodifica aberrante” da parte di Eco e Fabbri, e nella ricostruzione del processo di negoziazione ad opera di Hall. L'ultima barriera disponibile a colui che per caso fosse stato esposto a un messaggio dissonante è quella della “memorizzazione selettiva”, la costruzione di un ricordo “depurato” dalla presenza di eventuali fonti di disturbo. Una specificazione di quanto affermato da Klapper proviene da Bartlett, che ha associato il nome al cosiddetto “effetto Bartlett”, quell'effetto tale da portare, nel corso del tempo, a memorizzare gli elementi + vicini al proprio modo di sentire e a scartare quelli + difformi. A cavallo tra l'ambito della memorizzazione selettiva e quello della valutazione della credibilità della fonte, si colloca il

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cosiddetto sleeper effect: se inizialmente può apparire nulla la capacità persuasoria di un messaggio, essa può aumentare nel corso del tempo.

2.4 I fattori di mediazione rispetto al messaggio

Può accadere che un messaggio costruito in un certo modo sia efficace x certi soggetti ma nn x altri. Il lavoro di ricerca sviluppatosi x anni e diretto da Carl Hovland consente di individuare alcuni elementi che possono giocare un ruolo rilevante nel facilitare o ostacolare l'efficacia dei messaggi persuasori.Una sintesi dei principali risultati ai quali pervennero deve partire dagli elementi relativi alla credibilità della fonte, all'ordine e alla completezza delle argomentazioni e all'esplicitazione delle conclusioni. L'area di indagine relativa alla credibilità della fonte rimanda all'assunto secondo cui l'efficacia di una comunicazione dipende dal comunicatore. Il concetto è stato articolato nella dimensione della competenza intesa come attribuzione o meno di un intento persuasorio da parte del comunicatore. Hovland e i collaboratori sottoposero a un gruppo dichiarazioni relative ad argomenti diversi, ospitati ora da una fonte con alta credibilità, ora da una fonte con bassa credibilità. I risultati presentati mostravano chiaramente come l'attribuzione di scarsa credibilità a una fonte influiva sulla valutazione dell'argomentazione offerta. La credibilità della fonte agisce anche quando la scelta delle testimonial di prodotti di bellezza ricade su donne bellissime e affascinanti.Gli elementi di mediazione che fanno riferimento alle modalità di costruzione del messaggio hanno assunto rilevanza e centralità nella ricerca a partire dagli studi condotti nell'ambito del progetto The American Soldier , uno dei progetti + interessanti realizzati dagli scienziati sociali, chiamati dalle autorità militari statunitensi a condurre ricerche sulle centinaia di migliaia di soldati in partenza x la seconda guerra. Per preparare e mobilitare i soldati americani le autorità militari predisposero un complesso piano di comunicazione persuasoria che vide coinvolto anche il regista Frank Capra nella direzione di una serie di film dal titolo Wby we fight.Hovland, Lumsdaine e Sheffield organizzarono numerosi esperimenti x valutare l'efficacia dei film trasmessi ai soldati nei vari centri di reclutamento e addestramento. Per individuare le differenze nell'elaborazione dei messaggi proposti, particolare attenzione fu prestata alle modalità di costruzione dei messaggi stessi. Si indagò sulla rilevanza da attribuire all' ordine delle argomentazioni all'interno di un messaggio. L'interesse x l'argomento, il livello di istruzione, l'intervallo di tempo trascorso dalla comunicazione sono tutte variabili che modificano il risultato finale al punto tale che è impossibile pervenire a un assunto valido x tutti. Così, se un preesistente interesse x l'argomento sembra sostenere la collocazione in coda della posizione che si vuole diffondere, la non conoscenza dell'argomento sembrerebbe suggerire di invertire nettamente questo posizionamento. Infine, la valutazione sull'opportunità o meno di pervenire all'esplicitazione delle conclusioni all'interno del messaggio sfugge, come le precedenti, a ogni intento definitorio. Anche in questo caso se i soggetti con un elevato livello di istruzione preferiscono che le conclusioni nn vengono esplicitate, esattamente i contrario avviene tra i soggetti con un livello basso. Ancora, un interesse preesistente x l'argomento trattato si correla a una scelta x conclusioni non esplicitate, mentre la

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mancanza di conoscenza sembrerebbe fare optare x una esplicitazione delle conclusioni. Al termine si può sostenere che la rilevanza delle differenze individuali sia tale da lasciare senza risposta molti interrogativi.Pur muovendosi ancora nell'ambito di un tentativo di costruzione di una teoria sistematica della persuasione, l'introduzione dei fattori di mediazione ha contribuito a far emergere la complessità del processo comunicativo.

3. GLI EFFETTI LIMITATI DEI MEDIA

3.1 La centralità delle reti sociali

Un'altra tappa del cammino che porta il processo comunicativo nel contesto sociale e culturale in cui è collocato l'individuo coincide con la riscoperta delle reti sociali. In realtà, che la comunicazione non fosse un processo che riguardava individui isolati e atomizzati aveva già modo di emergere nella ricerca condotta da Lazersfeld, Berelson e Gaudet sulla campagna presidenziale del 1940. Già da quel lavoro emersero precise indicazioni sulla rilevanza assunta da alcuni individui che, fornendo materiale conoscitivo e interpretativo ad altri soggetti, assumono il ruolo di leader d'opinione. E' necessario soffermarsi sulla cosiddetta riscoperta del gruppo primario che si diffondeva in quegli anni. Si può parlare di riscoperta in relazione agli studiosi delle comunicazioni di massa piuttosto che in senso assoluto: gli psicologi sociali e i sociologi già da tempo avevano riscoperto il gruppo primario. In ambito sociologico, i contributi + impo che vanno ricordati sono quelli emersi dall'esperimento condotto negli stabilimenti Hawthorne alla fine degli anni 20 e dalla ricerca che studiò i soldati americani.L'esperimento condotto negli stabilimenti Hawthornen della Western Electric Company, collocati nella periferia di Chicago, iniziò nell'aprile del 1927 e durò circa 5 anni. Esso faceva parte di un programma che aveva come obiettivi quelli di migliorare il morale dei lavoratori dell'industria e aumentare la produzione. La ricostruzione degli esperimenti di Roethlisberger e Dickson prende le mosse da un programma con l'obiettivo di valutare l'incidenza dell'illuminazione sull'efficienza del lavoro. I 4 esperimenti fecero emergere l'irrilevanza del livello di illuminazione sulla produttività degli operai. I ricercatori notarono che sia in relazione ad un aumento dell'intensità di illuminazione o a un decremento la produzione rimaneva costante. Si abbandonò la semplicità dell'approccio iniziale e si diede vita alla nascita di un gruppo di operaie informate sugli obiettivi degli esperimenti. Con la figura dell'osservatore emerse la problematica della rilevanza degli atteggiamenti e delle preoccupazioni dei lavoratori in relazione alla produzione. L'ultimo esperimento fu condotto in una sala di montaggio dei quadri telefonici. Il gruppo di operai coinvolto aveva elaborato un sistema che regolava il lavoro quotidiano in base a norme autoprodotte in sostituzione a quelle della direzione. Queste regolavano l'appartenenza o l'esclusione al gruppo qualora nn fossero applicate. La scoperta dell'esistenza di un gruppo informale, in grado di affiancarsi e talvolta di opporsi a un gruppo formale, è il contributo conoscitivo + rilevante offerto dai risultati degli esperimenti Hawthorne. La rilevanza dell'appartenenza a un gruppo da parte di un individuo nella determinazione di un comportamento è messo in evidenza.

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Di uguale interesse è la ricerca condotta sui soldati americani impegnati nella seconda guerra. Tra i numerosi meriti va elencato anche quello che ha portato a prestare una nuova attenzione al gruppo primario in un'organizzazione come quella dell'esercito.In entrambe le ricerche l'attenzione prestata al gruppo informale, al quale appartiene l'individuo, ha contribuito in modo significativo a dare risposte a quesiti di difficile soluzione. D'altro canto l'indifendibilità di un assunto che negava all'individuo qualsiasi appartenenza ad una rete sociale nn poteva sopravvivere allo sviluppo della ricerca empirica.

3.2 L'influenza personale e il flusso a due fasi della comunicazione

L'interessi degli studiosi x il ruolo esercitato dall'influenza personale nelle comunicazioni di massa si manifesta x la prima volta nella ricerca condotta da Lazersfeld, Berelson e Gaudet sulla campagna presidenziale del 1940. Gli studiosi dichiarano che: << In qualsiasi momento della campagna sia stato chiesto agli intervistati di descrivere la loro esposizione a tutti i tipin di comunicazione, le discussioni politiche sono state menzionate dall'esposizione alla radio e alla stampa>>. Gli stessi ricercatori sostengono che gli elettori che erano giunti a una decisione di voto nel corso della campagna, chiamati ad indicare cosa avesse contribuito alla loro decisione di voto, rispondevano i contatti personali. La maggiore efficacia dei contatti personali deriva da alcune caratteristiche dei contatti face to face.In primo luogo il peso dei contatti personali è da attribuirsi alla loro casualità e alla non intenzionalità della comunicazione.A questo riguardo i ricercatori sostengono che: <<l'influenza personale è + pervasiva e meno autoselettiva dei media>>.In secondo luogo i contatti personali sono caratterizzati dalla flessibilità, che può aiutare a evitare effetti boomerang. Nel corso di una conversazione si può intervenire minimizzando alcuni aspetti o possono esserne enfatizzati altri. Evidentemente non si pu operare allo stesso nel caso della comunicazione di massa. A fronte di una comunicazione così costruita, gli individui possono difendersi con i meccanismi della selettività. In terzo luogo i contatti personali offrono una ricompensa immediata, a seguito della condivisione di una opinione e, nel caso ciò non accada, possono dar vita a forme di emarginazione. In ultimo, nelle interazioni personali gioca un ruolo rilevante l'elemento della fiducia e del prestigio. L'attribuzione da parte degli intervistati di una maggiore capacità persuasoria ad alcune persone piuttosto che ai mezzi di comunicazione condusse i ricercatori ad individuare alcuni soggetti dotati di influenza, x la prima volta definiti leader d'opinione.Sin dall'inizio tali leader erano rintracciati in ogni strato sociale ed economico, sì da farli definire leader molecolari. Era necessario indagare il rapporto intrattenuto dai leader d'opinione con i mezzi di comunicazione di massa. I dati raccolti tratteggiavano un leader d'opinione caratterizzato da un elevato e frequente uso dei media x l'acquisizione di info di natura politica. Per interpretare i dati raccolti Lazersfeld, Berelson e Gaudet elaborarono il famoso modello del flusso a due fasi della comunicazione: le idee sembravano passare spesso dalla radio e dalla stampa ai leader d'opinione, e da questi ai settori meno attivi della popolazione.Seguendo la lettura del modello di McQuai e Windahl, ci sono alcuni rilevanti assunti:

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a) gli individui nono sono isolati socialmente;

b) la risposta ai messaggi veicolati dai media non è diretta e immediata ma mediata e influenzata dalle relazioni sociali;c)due processi sono all'opera, uno di ricezione e attenzione e un altro di risposta; la ricezione non equivale a una risposta, così come la non-ricezione non equivale a una non-risposta; d) gli individui non sono tutti uguali di fronte alle campagne mediali, hanno diversi ruoli nel processo comunicativo; e) i leader d'opinione hanno un consumo mediale + elevato, una percezione di sé come persona influente sugli altri.

Gli assunti del “flusso a due fasi della comunicazione” verranno poi ripresi da Lazersfeld e Katz. Per poter individuare le reti di influenza (chi influenza chi) gli studiosi ricorsero all'approccio della sociometria, in grado di ricostruire le interrelazioni tra gli individui. Gli strumenti sociometrici, infatti, consentono di individuare i rapporti tra i membri di un gruppo mediante l'analisi delle risposte a domande tipo: chi sceglierebbero x andare al cinema, x avere consigli, x parlare ecc.L'analisi delle risposte permette di individuare i soggetti oggetto di scelta e quelli in una condizione di marginalità, ovvero quelli che esercitano un'influenza e quelli sui quali essa viene esercitata.La ricerca pervenne a interessanti risultati circa la caratterizzazione dei soggetti designati come influenti e al loro rapporto con le istituzioni mediali: le leader d'opinione hanno un maggior contatto con gli annunci pubblicitari e la con la pubblicità relazionale che compaiono sui rotocalchi americani. Le leader d'opinione in ogni singolo campo tendono ad essere + esposte ai mess media. La conferma empirica della mediazione dei messaggi comunicativi ad opera della figura del leader d'opinione spinse Katz e Lazersfeld ad approfondire l'analisi di quest'ultimo soggetto. Prendendo le mosse dalla definizione di leader molecolare elaborata introdussero una differenziazione tra tipi di leadership. La leadership orizzontale di opinione è un'influenza che si esercita tra simili e che può essere intercambiabile. La leadership verticale d'opinione è un'influenza esercitata da soggetti collocati ad un livello superiore nella scala sociale, ai quali viene attribuita una maggiore competenza. Un'ulteriore differenziazione è stata introdotta da Merton, che distingue tra leader d'opinione locale e leader d'opinione cosmopolita. Il primo ha sempre vissuto nella comunità, perviene ad una conoscenza personale di molti individui, non esibisce competenze specifiche ma è profondamente addentrato nella vita complessiva della comunità. In virtù di questo suo forte radicamento alla comunità il leader locale può esercitare influenza su aree diverse, tanto da essere considerato un leader polimorfico. Si identifica con quei soggetti riconosciuto come portatori di una saggezza e di un'autorevolezza che li mette nelle condizioni di distribuire consigli. Il secondo non viene percepito come un membro della comunità, spesso vi è arrivato da fuori, intrattiene poche e selezionate relazioni, consuma media di qualità elevata e specialistici. Gli vengono riconosciute conoscenze specifiche tali da consentirgli di esercitare influenza in relazione ad un ambito circoscritto; si parla di un leader monomorfico.Se la comunicazione si articola in un flusso a due fasi, obiettivo degli emittenti non potrà che essere quello di raggiungere quei soggetti che si collocano a un punto di snodo rispetto ad altri. Un

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approccio del genere presuppone un ambiente mediale estremamente semplice, quello degli Stati Uniti negli anni 40. Cosa accade in un contesto comunicativo come quello attuale?

3.3 Gli effetti dei media tra rafforzamento e conversione

Nel volume di Klapper si sostiene che la comunicazione persuasoria di massa, tende, di norma, ad agire + in direzione del rafforzamento e della modificazione di lieve entità.Per sostenere tale affermazione, Klapper, prende le mosse dalla ricerca di Lazersfled, Berelson e Gaudet. In questa occasione la ricerca sulla campagna elettorale del 1940 viene letta attraverso la chiave degli effetti, o meglio, mediante una lente in grado di cogliere li eventuali elementi di conferma della presenza dei meccanismi di rafforzamento piuttosto che di conversione.

Nella ricerca condotta nella contea di Erie era emerso che al termine della campagna e a ridosso del voto il 53% aveva confermato l'intenzione di voto, il 26% era passato da una condizione di adesione a un partito a una condizione di incertezza, solo il 5% aveva cambiato idea. I media erano maggiormente in grado di attivare un rafforzamento piuttosto che una conversione. Una successiva ricerca condotta da Berelson, Lazersfeld e McPhee sulla campagna elettorale del 1949 nella cittadina di Elmira offrì ulteriori elementi alla lettura che privilegiava l'effetto di rafforzamento rispetto all'effetto di conversione.I ricercatori dichiarano che <<l'esposizione cristallizza e rafforza + che non converta>>. Le ulteriori evidenze portate da Klapper si collocano tutte nella stessa direzione e vengono spiegate mediante i meccanismi della selettività, e alla rilevanza dei contatti personali, confermando che le comunicazioni di massa rafforzano.I rari casi di conversione registrati e analizzati sembrano dipendere da una condizione di estraneità verso gli argomenti presentati nei messaggi mediali. Berelson sostiene che la comunicazione ha maggiore efficacia quando si deve influenzare l'opinione pubblica su argomenti nuovi e non strutturati. Le difficoltà ad operazionalizzare il concetto di neutralità nella sua accezione di mancanza di opinioni, porta Klapper a sostenere che l'efficacia della comunicazione di massa nella creazione di opinioni va misurata solo su argomenti x i quali sia ben nota la mancanza di opinioni da parte del pubblico al momento dell'esposizione. Esplicita presa di posizione da parte dello studioso in favore di una lettura tesa a ridurre il ventaglio dei possibili effetti dei mezzi di comunicazione di massa. Già dalle prime pagine del volume vengono presentate e articolate le principali ipotesi elaborate circa gli effetti dei media:

1. le comunicazioni di massa sono di solito causa necessaria e sufficiente x gli effetti dell'audience; si combinano con fattori e influenze intermediarie;

2. i fattori intermediari agiscono in modo tale che i mass media rappresentino un soggetto cooperante e non la causa principale di un processo di rafforzamento delle condizioni preesistenti;

3. qualora le comunicazioni di massa dovessero produrre modificazioni sull'audience è probabile ce i fattori intermediari non siano operanti o che essi stessi siano promotori della modificazione;

4. possono esservi dei casi in cui le comunicazioni di massa sembrano produrre effetti diretti;

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5. l'efficacia delle comunicazioni di massa dipende da molti effetti relativi agli stessi mezzi, alla comunicazione stessa o alla situazione entro la quale si colloca il processo comunicativo.

La pubblicazione nel 1960 del volume di Klapper in USA, mise fine alle preoccupazioni infondate circa gli effetti manipolatori dei media nei confronti degli individui.

3.4 Il paradigma degli effetti limitanti dei media

Gitlin parla di un <<paradigma dominante>> della teoria e della ricerca comunicativa. L'introduzione del concetto di paradigma rimanda al lavoro di Kuhn sulle diverse fasi di sviluppo della scienza e rappresenta la preponderanza di teorie e approcci di ricerca dati. Quando parla di un <<paradigma degli effetti limitati>> intende riferirsi a una accettazione talvolta aproblematica della limitatezza degli effetti dei media. L'accettazione di tali assunti ha portato alla marginalizzazione di altri approcci che sarebbero stati di grande aiuto x spiegare la presenza e le conseguenze dei media.La scuola di Chicago costituisce uno degli esempi + eclatanti. Park a partire dall'analisi delle comunità etniche, si interrogava sulle funzioni di assimilazioni assolute dei giornali. Di analogo interesse potevano essere le sue riflessioni sulla professionalità del giornalismo e su ciò che lo differenzia dalla propaganda. Il disinteresse mostrato x gli studi dagli esponenti di Chicago deriva, secondo i Mattelart, dal prevalere di un'altra corrente di pensiero: la mass communication research, sposta la ricerca verso una misurazione quantitativa in grado di rispondere meglio alla domanda proveniente da coloro che gestiscono i mezzi di comunicazione.Il carattere amministrativo della prima fase della mass communication research costituisce l'oggetto della critica dei Mattelart.Per dare conto dell'affermazione del paradigma degli effetti limitati bisogna sottolineare come nell'elaborazione e nell'accettazione del flusso a due fasi della comunicazione sia presente l'adesione profonda a un'idea della democrazia americana fondata sull'individualismo e sulla partecipazione, e come essa consenta di scacciare una volta x tutte lo spettro di una società di massa. La teoria del formalismo enfatizzerà l'aspetto dell'integrazione e individuerà il ruolo specifico del sistema mediale all'interno della società. L'ipotesi che il flusso a due fasi della comunicazione potesse essere maggiormente idoneo a dar conto dei fenomeni comunicativi nel contesto specifico di una società era stata avanzata da uno studioso che aveva tentato di replicare la ricerca sulla figura del leader d'opinione in Olanda. I risultati presentati da Van den Ban smentivano le acqusizioni di Katz e Lazersfeld sui seguenti punti:

1. i leader d'opinione non erano + esposti all'offerta mediale degli influenzati;2. i leader d'opinione avevano un consumo mediale differenziato: leggevano con + frequenza

la stampa ma nn ascoltavano affatto la radio;3. i leader d'opinione non appartenevano alla stessa categoria sociale degli influenzati.

La ricerca di Van den Ban smontava pezzo x pezzo la teoria dell'influenza personale. Decisamente + solide le obiezioni di Robinson che, sulla base della ricerca empirica condotta sulla

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campagna elettorale, introduce un nuovo soggetto nel processo comunicativo: coloro che non discutono. Oltre ai leader d'opinione e ai soggetti da loro influenzati, esistono anche altri soggetti che non si fanno coinvolgere in discussioni politiche e che possono essere maggiormente influenzati dalla comunicazione mediale. E' innegabile che la riduzione di tutti i soggetti entro le due categorie elaborate da Katz e Lazersfeld sia decisamente forzata. La tripartizione suggerita da Robinson ha il merito di ampliare la prospettiva di indagine e di inglobare anche altre figure.Un ulteriore ampliamento di prospettiva proviene dall'approccio che analizza le modalità attraverso cui si diffondono le notizie.Qui l'attenzione si focalizza sulle modalità di diffusione delle notizie in diverse circostanze e in presenza di argomenti diversi.La percentuale di soggetti che viene a conoscenza di particolari notizie attraverso i contatti personali è molto bassa in presenza di argomenti di nicchia, mentre cresce nel caso di notizie di forte impatto e interesse. La profonda trasformazione del sistma mediale avvenuta dall'epoca della ricerca di Katz e Lazersfeld non va ignorata. Non solo si è verificato l'avvento della televisione come principale mezzo di comunicazione di massa, ma si è assistito anche alla diffusione di nuove forme di comunicazione. L'offerta mediale oggi disponibile non è minimamente paragonabile a quella presente + di 50 anni fa negli USA. Per un esempio di ciò che è mutato basta riflettere sull'elemento della flessibilità, attribuito da Katz e Lazersfeld alla comunicazione personale. Questo elemento consentirebbe di evitare argomenti sgraditi e di enfatizzare tematiche + interessanti x l'interlocutore; permetterebbe di targettizzare la comunicazione. Se si riflette sulle caratteristiche di alcune offerte mediali oggi disponibili ci si rende conto che la targettizzazione dei messaggi ha assunto proporzioni tali da far temere la perdita di un universo comunicativo a tutti disponibile.Nonostante i limiti segnalati, la teoria dell'influenza personale può mantenere una sua validità euristica perché sottolinea da un lato la non linearità del processo con cui si determinano gli effetti sociali dei media, e dall'altro la selettività intrinseca alla dinamica comunicativa. Riconoscere questi elementi significa accettare e utilizzare una lettura che considera la mediazione delle reti sociali come una variabile interveniente nel processo comunicativo di cui è impossibile ignorare l'esistenza.

Capitolo 4 – La teoria del funzionalismo e l’approccio degli usi e delle gratificazioni

4.1. Elementi della teoria funzionalista

La teoria del funzionalismo è la più complessa di tutta la sociologia.I principali autori furono Spencer, Comte e Durkheim, i quali sostenevano che è possibil cogliere il tratto costitutivo della teoria del funzionalismo nell’individuazione sociale come un sistema di parti interconnesse.Nel funzionalismo, la società è un insieme di parti interconnesse nel quale nessuna parte può essere compresa se isolata dalle altre. Un qualsiasi cambiamento in una delle parti è considerato come

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causa di uno squilibrio che produce ulteriori cambiamenti in altre parti del sistema se non una riorganizzazione del sistema stesso.Gli elementi che caratterizzano questo approccio possono essere rintracciati in relazione a:

Interconnessione fra le parti L’equilibrio come prodotto in maniera naturale La riorganizzazione sociale fa si che le perturbazioni vengano ricondotte all’equilibrio

Si potrebbe vedere la società come un organismo biologico: vi è una divisione dei compiti tra i vari organi.Nei lavori di Parsons, il fondamento alla base del sistema sociale si rintraccia nell’integrazione in termini normativi degli individui, che vengono presentati come «drogati culturali».Parsons sostiene anche che nel caso di una società, esistono istituzioni che operano per mantenere l’equilibrio e per risolvere eventuali problemi, cioè gli «imperativi funzionali».Tali imperativi seguono il modello AGIL, Adaptation, Goal attainment, Integration, Latency of structure, i quattro problemi fondamentali dei sistemi sociali:

Adattamento all’ambiente: la necessità di disporre di istruzioni e strutture in grado di assicurarsi le risorse necessarie e di distribuirle all’interno del sistema

Raggiungimento di un fine: capacità di mobilitare le risorse per un unico scopo Integrazione delle varie parti: mantenimento dell’unità e funzionalità del sistema Mantenimento della struttura latente e gestione delle tensioni: verifica costante

dell’esistenza di una struttura di valore condivisa dagli individui e l’individuazione di meccanismi per gestire le tensioni interne al sistema.

Per far sì che tali imperativi funzionino, bisogna chiamare diversi sottosistemi a collaborare.Tra questi vi è il sistema dei media che soddisfa il bisogno di mantenimento della struttura valoriale rinforzando i modelli comportamentali nella struttura sociale.Merton introduce il concetto di «disfunzione». È possibile individuare due dimensioni del concetto, una che si riferisce alla possibilità che ci siano fatti che diminuiscono il grado di adattamento del sistema, un’altra che introduce una differenziazione riguardo alle conseguenze.Inoltre, Merton introduce:

Le «funzioni manifeste» cioè quelle conseguenze che gli individui possono aspettarsi dopo certe azioni

Le «funzioni latenti», cioè quelle che si identificano non intenzionalmente.

4.2. Le funzioni delle comunicazioni di massa

L’analisi del contributo fornito dal riferimento al funzionalismo non può che prendere le mosse dal termine «funzione» e non più «effetto». Le comunicazioni di massa vengono analizzate ora in base alle funzioni, latenti o manifeste che siano.La prima conseguenza di questo capovolgimento di eventi la si trova nell’abbandono dell’idea dell’intenzionalità della comunicazione e nella ricerca di effetti di manipolazione e di influenza.La seconda conseguenza riguarda l’abbandono di un approccio di ricerca basato sullo studio delle campagne a favore di una nuova strategia di analisi che parte da una situazione di normale presenza dei media nella società.

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Lasswell individua 3 ambiti di attività principali: Il controllo dell’ambiente, cioè la raccolta e la distribuzione delle informazioni La correlazione tra le varie parti della società nel rispondere alle sollecitazioni provenienti

dall’ambiente stesso La trasmissione del patrimonio sociale da una generazione all’altra

Tra le funzioni delle comunicazioni di massa, Wright ne aggiunge una quarta: il divertimento che include quegli atti comunicativi intesi a divertire.I rapporti tra media e società devono essere letti con l’obiettivo di articolare:

Le funzioni e disfunzioni… …latenti e manifeste… …delle trasmissioni giornalistiche, informative, culturali e di intrattenimento… …rispetto alla società, ai gruppi, all’individuo e al sistema culturale

Rispetto al sistema sociale, i media esercitano una «funzione di allertamento» quando avvertono i cittadini di un qualche pericolo o minaccia, ad esempio, gli eventi meteorologici.Poi esercitano una «funzione strutturale» come gli scambi economici e la pubblicizzazione. Rispetto agli individui, la diffusione delle notizie ha una funzione di «utilità» in quanto consente di esercitare una sorta di controllo sull’ambiente circostante.Le disfunzioni a livello individuale, invece sono collegate a un eccesso di informazione. Il sovraccarico di notizie che si riversa sugli individui provoca in essi quella che Lazarsfeld e Merton hanno definito «disfunzione narcotizzante», cioè la facilità di accesso alle informazioni che provoca un falso senso di dominio sull’ambiente.Gli studiosi che si sono rifatti al funzionalismo hanno prestato all’individuazione dell’uso da parte dei cittadini dell’offerta mediale. Abbiamo per la prima volta un’«audience attiva». «Cosa le persone fanno con i media» e non «cosa i media fanno alle persone».

4.3 L’infanzia dell’approccio degli usi e delle gratificazioni: funzioni semplici e complesse

Nella ricostruzione dello sviluppo degli usi e delle gratificazioni, Blumler e Katz individuano la fase iniziale a cavallo degli anni ’40 e la definiscono «infanzia».In questa fase, essi collocarono i primi tentativi di avere una descrizione degli orientamenti dei sottogruppi dell’audience nei riguardi di selezionati contenuti mediali.L’individuazione degli atteggiamenti degli individui di fronte ai media, costituì l’oggetto di ricerca di numerosi sociologi.Klapper riconduce il consumo dei media a due categorie di funzioni:

Le funzioni semplici: che offrono relax, stimolazione dell’immaginazione, interazione sostitutiva, e tutti quegli altri fattori che diciamo possono fare compagnia o far stare bene chi usufruisce dei media.

Le funzioni complesse tra le quali si collocano la distensione comunicativa e la scuola di vita.

4.4. La «maturità» dell’approccio degli usi e gratificazioni: classi di bisogni e consumo mediale

I tratti caratteristici dell’approccio sono:

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Un approccio metodologico fondato su domande aperte Un approccio esclusivamente qualitativo Nessuna attenzione al rapporto gratificazioni cercate/origini psicologiche del bisogno Nessun tentativo di individuare relazioni tra le funzioni dei diversi media

Nel tentativo di pervenire a una sistematizzazione degli elementi di conoscenza acquisiti, si sono registrati diversi tentativi di costruzione di classi di bisogni che spingono gli individui a consumare i prodotti dei media:

Bisogni cognitivi Bisogni affettivi/estetici (rafforzamento esperienza emotiva) Bisogni integrativi a livello della personalità (rassicurazione) Bisogni integrativi a livello sociale (rafforzamento dei legami) Bisogni di evasione

Un ulteriore elemento di cui è necessario tener conto è quello relativo alle circostanze ambientali e sociali che spingono il soggetto a gratificarsi con i media:

La situazione sociale crea tensioni e conflitti La situazione sociale crea consapevolezza circa l’esistenza di problemi La situazione sociale crea rare opportunità di soddisfazione a cui i media sopperiscono La situazione sociale fa emergere determinati valori rinforzati dal consumo mediale La situazione sociale crea aspettative e familiarità verso certi prodotti mediali

Con la maturità dell’approccio usi e gratificazioni, abbiamo anche il concetto audience attiva, che dispone delle cosiddette “alternative funzionali”, cioè che può scegliere tra diverse fonti quelli che più soddisfa il bisogno.In realtà, però, non si può ignorare che alcune fonti non siano di facile accesso: per esempio, Internet richiede l’acquisto di un computer e le competenze di base necessarie al suo funzionamento.L’approccio degli usi e delle gratificazioni non si sottrae al tentativo di contribuire a illuminare l’annosa problematica degli effetti dei media.Il contributo è più significativo viene da Blumler e McQuail che costruiscono un disegno di ricerca finalizzato a dare risposta all’interrogativo: “Se gli elettori non sono sensibilmente influenzati nelle loro opinioni politiche dall’esposizione ad una campagna televisiva, perché la seguono?”.L’occasione per la realizzazione della ricerca fu la campagna per le elezioni del 1964 in Inghilterra. Tramite un panel di elettori, venne studiata l’esposizione alla campagna elettorale televisiva insieme alle motivazioni per l’esposizione.Il primo risultato fu la differenziazione di due categorie di elettori:

Cercatori di sostegno: alla ricerca di conferme alle proprie opinioni (congruente con altrericerche)

Cercatori di guida: alla ricerca di elementi utili alla decisione di voto (bisogno cognitivo emaggiore esposizione alle campagne).

L’età matura dell’approccio spiegato si chiude dando alla comunità dati, suggestioni e risultati sui quali ancora si fanno ricerche.

4.5. Un rovesciamento di prospettiva

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In cosa l’approccio usi e gratificazioni è diverso? (Katz, Blumler, Gurevitch 1974) L’audience è attiva È il destinatario a connettere le gratificazioni all’offerta mediale Il sistema dei media è in competizione con altre fonti di soddisfazione dei bisogni Metodologicamernte le gratificazioni dei media sono analizzabili con i dati forniti dagli

utenti I giudizi di valore sul significato culturale dei media devono essere sospesi

Le assunzioni dell’approccio (Rubin 2002) Il comportamento mediale è finalizzato ad un obiettivo ed è intenzionale e motivato Gli individui attivano la selezione e l’uso dei mezzi di comunicazione I media competono con altre forme di comunicazione, comprese le relazioni personali Normalmente gli individui sono influenzati più dalle persone che dai media.

Alcuni limiti Non tutta l’esposizione ai media è intenzionale: il caso della fruizione rituale Non sempre le alternative funzionali sono vere alternative La focalizzazione sull’individuo rende marginale l’apporto con gli altri sistemi coinvolti

Capitolo 5 – Teoria critica e teoria culturologica, ovvero l’industria culturale come oggetto di studio

Uno dei concetti più importanti delle teorie delle comunicazioni di massa è senza dubbio la contrapposizione tra ricerca critica e ricerca amministrativa.La ricerca amministrativa ha come obiettivo quello di soddisfare i bisogni delle organizzazioni mediali e tiene poco conto del contesto sociale e storico.La ricerca critica, invece, esamina i media all’interno di contesti storici e sociali e ha come obiettivo principale quello di servire il bene pubblico.Lazarsfeld individuava le principali differenze tra i due campi sostenendo che se si studiano gli effetti della comunicazione si sarà in grado di studiare soltanto gli effetti dei materiali attualmente diffusi. La ricerca critica si interesserà a quel materiale che non trova mai accesso ai canali di comunicazione.Grazie a queste osservazioni si capisce come si possa pensare a una divisione del lavoro piuttosto che a una contrapposizione. Sono gli anni ’40-’50 a far emergere questa situazione accentuando ricerche sui materiali più disparati e avendo la tensione conoscitiva verso qualcosa di effimero di un dato rilevato sull’ascolto di un’opera.La vera contrapposizione nasce dalla centralità del concetto di «totalità» in contrapposizione a quello di «frammentazione» della ricerca amministrativa.Secondo i teorici “critici”, il sistema dei media non fa che riprodurre i rapporti di forza dell’apparato economico-sociale e i media manipolano gli individui.Secondo i rcercatori “amministrativi”, invece, i mass media non sono altro che strumenti per raggiungere determinati scopi e possono persuadere o influenzare gli individui.La distanza che separa i due approcci è tale da richiamare una similitudine con la teoria ipodermica.Infatti Merton ricerca una teoria a medio raggio, da cui poi prenderà posto Wolf dicendo che il punto che accomuna entrambi gli approcci è il riferimento ad una idea informazionale di comunicazione.

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5.2. Elementi della teoria critica

La Scuola di Francoforte nacque nel 1923 in Germania grazie a un vasto gruppo di studiosi: Herbert Marcuse (critico del capitalismo), Erich Fromm (l’uso di Freud come critica socio-psicologica), Walter Benjamin (opera d’arte e tecnologia), Theodor Adorno e Max Horkheimer (le conseguenze sociali della dialettica dell’illuminismo).Dal punto di vista politico e culturale, si andava affermando in Europa una corrente di pensiero che rifiutava l’ortodossia sovietica e il revisionismo socialdemocratico. Gli studiosi della teoria critica privilegiavano i riferimenti di Marx e agli studiosi sull’alienazione e non sono esenti dalle influenze della fenomenologia e dell’esistenzialismo.Per Wolf, l’identità della teoria critica si configura come costruzione analitica dei fenomeni che essi indaga, da un lato, e come capacità di riferire tali fenomeni alle forze sociali che li determinano, dall’altro.La ricerca sociale praticata dalla teoria critica si propone come teoria della società intesa come tutto.Il concetto di «totalità» alla base di questa elaborazione rifiuta qualsiasi possibilità di accontentarsi dello studio di uno specifico fenomeno privo di una contemporanea contestualizzazione e di una individuazione delle strutture di potere esistenti.Horkheimer e Adorno sostengono che la sociologia diventa critica della società quando non si restringe a descrivere e ponderare le istituzioni e i processi sociali, per confrontarli, invece, con questo sostrato, la vita di coloro cui le istituzioni si sovrappongono e con cui esse stesse vengono a coesistere.Horkheimer e Adorno inoltre colgono la nascita dell’industria culturale che si articola in tre principali punti:

Il potere economico e politico come onnipervasivo e fonte di sfruttamento degli individui La produzione di un film come la produzione di un’automobile Il “genere” nell’industria culturale: stereotipi per un pubblico passivo

5.3. L’industria culturale e la nascita dei generi

Horkheimer e Adorno sono diventati famosi per aver dato vita al concetto di «industria culturale».Film, radio e settimanali costituiscono un sistema. Ogni settore è armonizzato in sé e tutti fra loro. Film e radio non sono arte, sono affari. Essi si autodefiniscono industrie.Si è di fronte a un sistema governato dai «direttori generali» che presentano un’offerta apparentemente diversificata.Secondo Horkheimer e Adorno, la società è il frutto di una razionalità tecnica che è la razionalità del dominio stesso. L’industria culturale deve agire sull’autonomia del consumatore e sulla qualità del consumo stesso. Divertirsi significa accordo. Il divertimento è possibile solo in quanto si isola e si ottunde dalla totalità del processo sociale e rinuncia alla pretesa di riflettere il tutto. Divertirsi significa non pensarci e dimenticare il dolore anche la dove viene mostrato. Ciò annichilisce l’autonomi e la critica del consumatore.

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I prodotti stessi paralizzano quelle facoltà per la loro stessa costituzione oggettiva. L’easy listening o «consumo distratto» diviene l’obiettivo per l’industria culturale e modello di consumo. La riproposizione della dominazione degli individui si manifesta mediante una molteplicità di occasioni che tolgono ogni speranza all’individuo di potervisi sottrarre. Qualsiasi fruizione deve avvenire senza alcuno sforzo.L’industria culturale ricorre allo stereotipo, cioè la stabilizzazione di alcuni elementi utili per la loro riconoscibilità in futuro. Il ricorso alla stereotipizzazione si traduce nella nascita dei «generi», che definiscono il modello attuale dello spettatore, prima che si interroghi di fronte a qualunque contenuto. Adorno individua i tratti portanti dell’offerta televisiva che soddisfa tipi di pubblici diversi a partire da un unico modello stereotipato. Nell’industria culturale si propongono nuovi generi nel tentativo di evitare un rifiuto del pubblico, cioè si cerca di creare degli ibridi come informazione e intrattenimento.

5.4. Il ritorno del concetto di manipolazione

Nell’industria culturale l’individuo è illusorio non solo per la standardizzazione delle sue tecniche produttive. Esso è tollerato solo in quanto la sua identità senza riserve con l’universale è fuori di ogni dubbio. L’obiettivo dell’industria culturale è manipolare il pubblico. Tale manipolazione avviene tramite l’azione combinata di tutti i sistemi di comunicazione.Gli effetti manipolatori si muovono in modo manifesto o latente. Tali modi manifestano la tendenza a canalizzare la reazione del pubblico.L’offerta mediale punta alla riproduzione della mediocrità. Per gli individui non vi è possibilità di fuga dai media.Però c’è un paradosso: come fa l’industria culturale a chiedere rapporti con un pubblico che non ha autonomia?Le scappatoie offerte dalla percezione e memorizzazione selettiva sono inutili e non consentono alcuna via di fuga. Neanche l’appartenenza a un certo strato sociale ha importanza. In conclusione, abbiamo un nuovo gruppo di concetti, cioè quello di manipolazione, industria culturale e dominio e un nuovo modo di affrontare i media con la strategia della totalità.

5.5 La cultura di massa nella teoria culturologica

Morin afferma che la cultura trae origine dalle società tecniche, industriali e corrisponde a una vita dove la fame non è più un problema e dove emerge l’uomo dei consumi.Egli vuole indagare sulla società intesa come corpo di simboli, miti, concernenti la vita pratica e quella simbolica. Non si occupa delle problematiche comunicative ma della cultura di massa espressa nel tempo in cui vive. Morin adotta l’approccio della totalità che ingloba in se il metodo autocritico, poiché tende a cogliere l’osservatore nel sistema delle relazioni. Al tempo stesso, sarà possibile evitare il sociologismo astratto del ricercatore tagliato fuori dalla sua ricerca.A partire dalla consapevolezza che il prodotto culturale può essere un prodotto industriale, Morin individua una contraddizione tra le esigenze della standardizzazione della produzione e l’individualizzazione dell’opera. La razionalizzazione del lavoro richiesto per la produzione di un

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film o di un qualsiasi altro prodotto impone regole che possono entra in conflitto con l’individualizzazione dell’opera.Sul fronte della produzione, l’obiettivo è quello di creare un prodotto di massa per un pubblico di massa che riconosca e apprezzi gli stereotipi proposti. Un ulteriore risultato è la tendenza a omogeneizzare sotto un comune denominatore contenuti diversi.Secondo Morin, un film sincretizza diversi temi presenti nei generi classici.L’immaginario mima il reale, e il reale assume i colori dell’immaginario.La cultura di massa è la cultura del loisir, cioè non solo di svago nel tempo libero, ma anche del consumo dei prodotti che diviene autoconsumo.La vita reale passa in secondo piano rispetto alla vita mediale e così la cultura di massa indebolisce le altre istituzioni.

Capitolo 6: I «cutlural studies» e il contributo dell’approccio comunicativo

6.1. La nascita dei «cultural studies»

L’esigenza si studiare la cultura di massa si diffonde dalla metà degli anni ’50 fino agli anni ’60.Hall afferma che la cultura non è una pratica, né semplicemente la descrizione della somma delle abitudini e dei costumi di una società. Essa passa attraverso tutte le pratiche sociali ed è il risultato delle loro interrelazioni.Fiske definisce la cultura come un processo continuo di produzione di significati sociali e frutto della nostra esperienza sociale; tali significati producono un’identità sociale riguardo alle persone coinvolte.L’esigenza di difendere le espressioni della cultura popolare si manifestò in Inghilterra, qualche anno dopo la 2° guerra mondiale. Hall e Turner, che hanno ricostruito le radici della nascita dei cultural studies, il primo negli anni 60 e 70 e il secondo nella fase pioneristica, offrono numerosi elementi per una ricostruzione complessiva. Nell’Inghilterra degli anni 50 si verificarono profonde trasformazioni: dal welfare state all’alleanza con l’Occidente contro l’URSS, nemico comune.Sul fronte culturale, fu importante il contributo di Hoggart. Con il suo libro The Uses of Literacy, per la prima volta venivano studiati i prodotti culturali più disparati, dai film ai fumetti, ecc….Hoggart studiò i luoghi della cultura pubblica come i pub e continuava a volgere il capo su una cultura organica a rischio a causa dell’omogeneizzazione dei prodotti culturaliSul mezzo televisivo si sofferma Williams. Egli sostiene che la fruizione televisiva è un’esperienza di flusso, una sequenza programmata.Le caratteristiche principali dei cultural studies sono, secondo Grandi:

La riscoperta della funzione dell’ideologia e la revisione dei modelli comunicativi Interesse verso l’analisi del testo e del contesto di consumo I processi di significazione della vita quotidiana

I temi principali dei cultural studies sono da un lato, individuati nella revisione dei modelli comunicativi, dall’altro, in un’analisi sul momento del consumo mediale.

6.2. Un nuovo modo di guardare l’audience

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A partire dal riconoscimento che il consumo televisivo avviene, in ambito familiare, lo strumento di analisi prescelto è quello dell’«approccio etnografico», cioè uno studio che si svolge all’interno del contesto naturale entro il quale si manifesta il fenomeno in esame, in questo caso il consumo televisivo.L’approccio etnografico può essere tradotto in termini semplici e di vita quotidiana come la presenza di un estraneo in casa che ci osserva mentre guardiamo la tv e ci fa domande su ciò che facciamo.Nell’ambito della family television, Morley studia le reali modalità di consumo realizzato in 18 nuclei familiari.La fruizione televisiva viene considerata un’attività sociale che diventa collettiva ed esprime la vita quotidiana dei soggetti.Morley sostiene che la televisione funge anche da elemento delle attività domestiche. Egli afferma che si possono esaminare tutte le opportunità che la tv offre ai membri della famiglia per avere dei momenti di collettività e divertimento privato.Secondo Lull ci sono due dimensioni di utilizzo della fruizione televisiva:

Dimensione strutturale: uso ambientale (compagnia, rumore di fondo), uso regolativo (scandisce attività quotidiane)

Dimensione relazionale: occasioni di comunicazione (temi per la discussione), dinamiche di appartenenza-esclusione (legami tra membri), apprendimento sociale di modelli e valori, le dinamiche competenza-dominio.

Tale modello si può accomunare all’approccio degli usi e delle gratificazioni in quanto l’uso ambientale ricorda le dichiarazioni della casalinga che ascoltava le soap operas negli anni 40.Gli studiosi dei cultural studies sottolineano che la teoria “usi e gratificazioni” avrebbe un’impronta psicologica in quanto si occuperebbe delle motivazioni individuali.

6.3. Il modello «encoding-decoding»

Secondo Hall, il sistema mediale svolge tre funzioni principali: Offerta e costruzione selettiva della conoscenza sociale Visibilità di una apparente pluralità delle situazioni della vita sociale Organizzazione e direzione di ciò che essi tengono insieme

I media vengono visti come in grado di provvedere al mantenimento dell’ordine sociale egemonico. Ciò comporta una “lettura preferita”. Hall definisce due tipi di codici ideologici:

Codice egemonico: riproduce l’universo dei significati legittimi espressi da una società Codice professionale: valorizza la dimensione professionale mantenendo sullo sfondo

l’aspetto egemonico.Nel proseguire la sua analisi sul rapporto tra significati codificati e decodificati, Hall elabora il modello encoding-decoding secondo il quale i media codificano e il pubblico decodifica. Ci sono tre modalità di decodifica:

Lettura egemonico-preferita: il telespettatore decodifica con lo stesso codice con cui il messaggio è stato costruito

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Lettura negoziata: il telespettatore riconosce il codice egemonico ma si riserva il diritto di elaborare interpretazioni alternative

Lettura “di opposizione”: il telespettatore riconosce il codice egemonico ma usando un quadro di riferimento esterno, elabora un’interpretazione antitetica a quella suggerita dal codice.

6.4. Il modello semiotico-informazionale

Un contributo importante al superamento del modello matematico dell’informazione viene da Eco e Fabbri introducendo il problema della significazione.La connessione relazionale tra media e pubblici si colloca in un modello in cui l’attribuzione di significato è un’operazione che salda il momento della codifica con quello della decodifica.Inoltre i due studiosi introducono i codici e i sottocodici.La fonte elabora un messaggio che viene emesso come significante con un certo significato. Attraverso il canale con cui viene affidato, il messaggio viene ricevuto dal destinatario prima come significante, poi come significato. L’introduzione dei codici attribuisce grande importanza al momento dell’attribuzione di significato al messaggio pervenuto come significante.Il processo comunicativo diventa un processo in cui l’operazione di trasformazione del messaggio è l’unica che consente l’attribuzione di significato. La mancata presenza di codici o sottocodici provoca la cosiddetta “decodifica aberrante”, che avviene con:

Codice sconosciuto, messaggio non compreso Codici alternativi, messaggio non compreso Interferenze ambientali, messaggio non compreso Emittente delegittimato, messaggio rifiutato

Se esistono diversi codici e sottocodici che consentono l’attribuzione di significato, ne consegue che tale operazione sarà negoziata tra il destinatario e l’emittente. I codici sono sistemi all’interno dei quali sono organizzati segni mediante regole che consentono a tutti i membri della comunità di usarli. Gli elementi base dei codici sono:

Un numero di unità di base dal quale viene effettuata la selezione Tutti i codici sono portatori di significato Tutti i codici dipendono dall’accordo tra chi li usa e si basano su un background culturale

condiviso Tutti i codici rappresentano un’identità sociale o una funzione comunicativa Tutti i codici possono essere trasmessi da media o canali appropriati

Fiske classifica due tipi di codici: Codici broadcast: codici semplici, non richiedono apprendimento, sono orientati alla

comunità Codici narrowcast: codici definiti, richiedono apprendimento, sono orientati alla persona e

conferiscono status.

6.5. Dal messaggio al testo: il modello semiotico-testuale

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Nel 1978, Eco e Fabbri sottolineano come al centro del processo comunicativo vi sia un testo.La situazione è questa:

I destinatari non ricevono singoli messaggi, ma insiemi complessi ovvero testi Il messaggio può usare un singolo codice, il testo usa molteplici codici Il messaggio esaurisce la sua significazione con il riferimento al codice, il testo invece

incorpora in sé anche il non detto e il presupposto che vanno oltre il codice.La nozione di testo implica anche altri due fattori:

1. La nozione di testo comporta il riferimento a più sostanze e più codici2. Nel riferimento al codice il messaggio esaurisce la sua significazione mentre il testo ingloba

in sé anche il non detto, cioè le presupposizioni e le argomentazioni implicite.Per poter fruire di tali testi, il destinatario ricorre alla “competenza testuale”, cioè quella competenza che si è andata formando nelle vesti di consumatore di prodotti mediali.Le competenza testuale si costruisce in riferimento ai prodotti già presenti nell’esperienza mediale del soggetto. A partire dal testo, si dà vita a una cultura testualizzata.Il genere, infine, diventa fondamentale per la costruzione della competenza testuale dei soggetti e unità minima di contenuto delle comunicazioni di massa. Il modello semiotico-testuale riesce a superare il dato strutturale dell’asimmetria tra emittente e destinatario: l’incontro avviene su un possibile terreno comune frutto di esperienze condivise.

Capitolo 7 – La teoria dell’«agenda setting»

7.1. Media e costruzione sociale della realtà

Luhmann afferma che ciò che sappiamo della nostra società, lo sappiamo dai mass media. La rilevanza assegnata all’esistenza di rappresentazioni sociali del mondo ad opera degli individui segna l’approccio massmediologico, allorché riconosce la riduzione delle esperienze di prima mano a vantaggio di quelle di seconda. L’inevitabilità della prevalenza di esperienze di seconda mano viene dalle trasformazioni delle società industriali da un lato, e dall’opportunità offerta dai media di vivere esperienze altrimenti impossibili dall’altro.Secondo Lippmann, la stampa, ma più in generale i mass media, consentono ai cittadini, attraverso la costruzione di “stereotipi” che contribuiscono a creare uno pseudo-enviornment, di conoscere eventi e argomenti del tutto estranei alla loro realtà soggettiva. Gli elementi chiave che costituiscono tale posizione premetto di stabilire le coordinate di base che caratterizzano l’approccio massmediologico. I mass media offrono i riferimenti contestuali all’interno dei quali collocare e dar senso agli eventi stessi.Il riconoscimento del ruolo giocato dai mass media nel processo di costruzione della realtà da parte degli individui caratterizza l’attuale fase degli studi mediali.Nella fase che secondo la Noelle-Neumann segna il ritorno ai powerful media, si abbandona lo studio delle campagne per passare allo studio interno dei sistemi mediali.

7.2. Dall’agenda dei media all’agenda del pubblico

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Cohen presenta l’agenda setting come una metafora: la stampa non può non essere capace di suggerire alle persone cosa pensare, ma ha un potere sorprendente nel suggerire ai proprio lettori intorno a cosa pensare.La stampa, come l’intero sistema mediale, offre agli individui temi e problemi sui quali pensare: non li costringe ad assumere un punto di vista, ma ne organizza l’orizzonte tematico.Per Shaw, l’ipotesi dell’agenda setting non sostiene che i media cercano di persuadere. I media presentano al pubblico una lista di ciò su cui possono avere un’opinione.L’agenda setting è la comprensione che la gente ha di gran parte della realtà sociale mutata dai media.Gli individui sono esposti all’influenza dei media per ciò che riguarda l’individuazione dei temi, non per quello che attiene alla valutazione.Gli elementi chiave dell’ agenda setting sono:

I media determinano/ordinano gerarchicamente la presenza dei temi nell’agenda I media costruiscono l’agenda degli individui come conseguenza dell’agenda dei media

La prima ricerca per constatare tale nesso viene da McCombs e Shaw.I due si concentrarono sul contributo della campagna del 1968 a Chapel Hill, ipotizzando che i mass media determinano l’agenda setting di ogni campagna elettorale influenzando l’importanza attribuita dal pubblico ai vari temi.La ricerca avvenne in due fasi:

Fase 1: interviste ai 100 soggetti prescelti Fase 2: identificare i temi presenti dei media di Chapel Hill

I risultati mostrarono delle correlazioni tra i temi dei soggetti e i temi dei media.Ora la domanda era: esistono temi uguali o differenti?Lang e Lang danno una risposta definendo:

Temi a soglia alta: lontani dalla vita quotidiana dei soggetti Temi a soglia bassa: vicini alla vita quotidiana dei soggetti

Perché un tema entri nell’agenda del pubblico è necessario che esso sia a soglia bassa e affinché ciò avvenga è importante una debita azione di copertura da parte dei media.Patterson e McClure sottolineano come l’effetto dell’agenda sia correlato con il consumo di carta stampata. Le notizie offerte dalla stampa risultano in grado di segnalare i temi di maggiore rilevanza e forniscono al lettore di un’informazione forte e costante.Benton e Fraizer avevano come obiettivo quello di individuare il diverso livello di informazione offerto dalla stampa e dalla tv riguardo i temi economici.Dopo aver distinto 3 livelli informativi:

1. Etichetta del tema2. Individuazione dei problemi, cause, soluzioni e proposte3. Individuazione delle opinioni pro e contro,

i due ricercatori giunsero alla conclusione che solo la stampa conduceva i suoi lettori ai livelli più alti.In ultimo, Rogers e Dearing affermano che l’agenda dei media non influenza l’agenda dell’individuo se ilsistema mediatico ha bassa credibilità.McCombs afferma che la natura fondamentale dell’agenda sembra spesso essere organizzata dai giornali, mentre la tv riordina e risistema i temi principali.

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L’attenzione dei ricercatori si è concentrata sui fattori di omogeneità o differenziazione presenti nel pubblico.Cook et al ha fatto emergere che i bisognosi di assistenza non mostrano nessun effetto di agenda, mentre i funzionari o pubblico generico mostrano un forte effetto di agenda.Un ultimo elemento riguarda la natura dell’agenda.Possiamo definire tre tipi di agenda del pubblico:

Agenda intrapersonale: quali i temi più importanti per l’individuo Agenda interpersonale quali i temi più importanti per la rete sociale dell’individuo La percezione dell’opinione pubblica: quali i temi più importanti per l’opinione pubblica.

7.3. La costruzione dell’agenda dei media

I temi sono sempre in competizione tra di loro per trovare posto in agenda. L’importanza di un tema non è mai assoluta ma relativa. L’inserimento di un tema in agenda viene visto come il risultato finale di un processo che ha visto coinvolti altri soggetti e temi e che è stato valutato in termini migliori rispetto ad altri.La costruzione dell’agenda dei media avviene per mezzo di tre fattori:

Realtà esterna: i temi nascono da impulsi del mondo esterno (la disoccupazione diventa un tema dell’agenda in conseguenza dell’aumento dei disoccupati).

La logica che governa la selezione delle notizie: si manifesta nella selezione dei temi e nel loro trattamento tramite le regole giornalistiche. I media contribuiscono, inoltre, a scandire le diverse fasi che accompagnano la nascita e la crescita di un tema.

Infine, abbiamo i rapporti di potere ipotizzati da Reese: cioè la determinazione di potere dei media, che dispongono del potere di destinare spazio e attribuire enfasi ai temi selezionati, e delle fonti, che dispongono del potere di diffondere le informazioni utili alla copertura dei temi. Ci possono essere 4 combinazioni di basso o alto potere della fonte e alto o basso potere dei media.

7.4. Agenda politica e agenda dei media

L’analisi del rapporto tra l’agenda dei media e l’agenda politica induce necessariamente a prestare attenzione all’impatto che l’opinione pubblica ha sul policy making, cioè il rapporto con i cittadini.Allo stesso tempo viene ipotizzato un rapporto con il sistema politico.Partendo dall’analisi delle modalità attraverso le quali il sistema politico tenta di determinare il contenuto dell’agenda dei media, emerge una prossimità tra organizzazioni giornalistiche e sistema politico.Il primo dato di partenza è costituito dall’alto numero di notizie pubblicate che si rifanno a fonti ufficiali. Alcune ricerche hanno dimostrato come la maggior parte delle notizie venga da comunicati stampa.Una grande disponibilità dalle fonti significa un’elevata stabilità nell’organizzazione del lavoro. Poter disporre continuamente di comunicati stampa implica una riduzione del margine di incertezza nella produzione di notizie. Così si spiega la disponibilità a ricorrere alle fonti governative da parte dei giornalisti e giustifica l’analogia con il mercato avanzata de Entman.Poi abbiamo il concetto di news slant, cioè quando i giornalisti fanno riferimento a dichiarazioni di altri politici nel riferire le notizie.

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In termini più generali, l’influenza del sistema politico sull’agenda dei media può essere valutata in relazione alla capacità di offrire notizie, alla definizione del terreno di discussione di un tema, alla capacità di evitare l’attenzione dei media.Si possono definire due tipi di influenza:

Influenza di specifiche news story, cioè quando il giornalista può attivare risposte utili a intervenire sulla situazione denunciata, in caso di soprusi e violazioni.

Influenza sulla determinazione dei temiInfine abbiamo la funzione di linkare che può realizzarsi in tre modi:

1. indirizzare i cittadini verso alcuni temi2. consentire la comunicazione “interna” al sistema politico 3. assumere il ruolo di interprete delle vicende pubbliche

7.5. Tra tema e «frame», ovvero il livello dell’«agenda setting»

Come abbiamo detto, l’agenda setting è una teoria sul trasferimento si salienza dagli elementi costituenti le immagini del mondo presentate dai mass media agli elementi costituenti le nostre rappresentazioni mentali della realtà. L’assunto teorico di fondo è che gli elementi che hanno maggiore rilievo nelle rappresentazioni offerte dai media assumono lo stesso rilievo anche nelle rappresentazioni del pubblico.Oltre all’agenda degli oggetti esiste un’altra dimensione: quella degli attributi cioè caratteristiche e proprietà che completano l’immagine di tali oggetti.Un importante elemento dell’agenda dei media e degli oggetti sono le prospettive e i frame che i giornalisti e i membri del pubblico utilizzano per pensare a questi oggetti e parlarne.La ricerca più nota sulle dimensioni dell’agenda setting è quella condotta sulle elezioni generali del Giappone nel 1983 da Takeshita e Mikami.La ricerca ha dato come risultati:

Il tema delle riforme politiche come predominante Verifica dell’ipotesi della salienza: grado di informazione e grado di esposizione alla

campagna Analisi fattoriale dell’importanza degli intervistati: fattore etico e fattore sistemico come

guida alla copertura mediale.In conclusione, l’agenda setting è utile perché offre una spiegazione di come informazioni in merito a certi temi e non ad altri siano disponibili al pubblico in una democrazia; come l’opinione pubblica si forma e come certi temi sono affrontati.

Capitolo 8 – La spirale del silenzio

8.1. Una teoria dell’opinione pubblica

Il ruolo dei media nei processi di costruzione della realtà da parte degli individui si arricchisce con la teoria della spirale del silenzio. Il concetto di “spirale del silenzio deriva da una più ampia teoria dell’opinione pubblica elaborata da Noelle-Neumann, che riguarda l’interazione fra quattro elementi:

1. Mezzi di comunicazione di massa2. Comunicazione interpersonale e rapporta sociali

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3. Manifestazioni individuali di opinione4. Percezioni che gli individui hanno dei “climi di opinione” nel proprio ambiente sociale.

Nell’interazione ipotizzata,i media vengono messi in relazione con la comunicazione interpersonale, con le prese di posizione individuali e con la percezione del clima di opinione.Nel ricostruire il suo interesse per la problematica dell’opinione pubblica, la Noelle-Neumann racconta un episodio di quando era direttrice dell’Allensbach Institut, un importante centro di ricerca. Nel 1972, il Partito Socialdemocratico vinse le elezioni. La Noelle-Neumann descrive la situazione gerarchica che si era creata. I più forti che accettavano e incoraggiavano la nuova politica, chi invece rifiutava tale politica e si sentiva abbandonato, diventò parte del “gruppo debole”. Gli uni dominavano pubblicamente e gli altri erano scomparsi dalla scena pubblica. Questo è quel processo che si può definire “Spirale del silenzio”.Questo processo può dar vita a una maggioranza “rumorosa” e una minoranza “silenziosa”. La Noelle-Neumann sceglie quella “integrativa”, cioè che la pubblica opinione è interpretata come un processo che si svolge tra i cittadini. L’opinione pubblica è un’opinione ricca di valori in determinate aree che può essere espressa in pubblico senza aver paura di subire danni.La concezione integrativa dell’opinione pubblica si caratterizza per la pressione a conformarsi e per la paura dell’isolamento sociale.

8.2. Il ruolo dei media nella formazione dell’opinione pubblica.

La Noelle-Neumann elabora la sua teoria, articolata nei seguenti punti: La società minaccia i comportamenti individuali devianti con l’isolamento Gli individui hanno paura dell’isolamento La paura dell’isolamento porta gli individui a valutare il clima d’opinione Il risultato della valutazione influisce sugli individui I punti precedenti sono alla base di formazione, difesa e mutamento dell’opinione pubblica

In questo processo di valutazione e affermazione dell’opinione pubblica i mezzi di comunicazione di massa giocano un ruolo importante, poiché consentono quell’operazione di monitoraggio che occupa tutti gli individui. Il ruolo predominante dei media deriva dall’affermazione del mezzo televisivo che aggira la legge della percezione selettiva.La legge della selettività viene messa in discussione dalla studiosa a partire dalla centralità del mezzo televisivo nel sistema mediale. È proprio la tv a rendere la percezione selettiva più difficile. Poi ci sono i caratteri di:

consonanza: argomentazioni simili su temi prossimi nella programmazione tv cumulatività: le argomentazioni appaiono in tv a ciclo continuo

Secondo Wolf, in base alla spirale del silenzio i media forniscono: pressione ambientale, definiscono l’ambiente sociale e il clima di opinione all’interno del quale gli individui si orientano.

8.3. La «competenza quasi statistica» degli individui

Nell’ambito della spirale del silenzio, si dà per scontato che gli individui osservino il mondo circostante, che posseggano una “competenza quasi statistica” che non richiede apprendimento e conoscenza di regole ma semplice osservazione e consumo dei media.

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La paura dell’isolamento è alla base di una intensa attività, consapevole o meno, che deve poter mettere il soggetto nella condizione di evitare l’imbarazzo e l’isolamento.La competenza quasi statistica è il frutto dell’interazione con l’ambiente sociale e con i media.Inoltre tutti i soggetti sono impegnati in una costante operazione di monitoraggio del clima d’opinione su certe tematiche. Il mezzo televisivo è quello più adatto per far emergere posizioni.

8.4. I media tra posizioni maggioritarie e posizioni minoritarie

Per evidenziare il ruolo dei media nella costruzione del clima d’opinione, la Noelle-Neumann procede a un’analisi comparata tra previsioni elettorali del pubblico e programmi televisivi a contenuto politico andati in onda in quel periodo. L’esposizione al mezzo televisivo era emersa come una variabile in grado di favorire la percezione del mutato clima d’opinione.La Noelle-Neumann ritenne che la popolazione avesse ricevuto due diverse interpretazioni della realtà: nacque così un doppio clima d’opinione, cioè quella data dall’osservazione in prima persona e quella derivata dagli occhi della televisione. L’effetto del clima d’opinione televisivo viene visto come deleterio se il risultato delle politiche è incerto.L’effetto spirale come spostamento di opinione può essere definito in due modi:

Risonanza: chi ha un punto di vista minoritario lo esprime se sostenuto dai media che così aiutano a far crescere e “montare” il nuovo clima di opinione prima minoritario

Articolazione: i media forniscono argomenti per aiutare i sostenitori dell’idea a difenderla nelle proprie interazioni sociali

8.5. Il limite dell’abbattimento della selettività

La complessa teoria della spirale del silenzio ha dei limiti.Secondo Noelle-Neumann, la diffusione del mezzo televisivo mutano profondamente gli equilibri precedenti perché consentono di superare la legge della percezione selettiva, punto forte della teoria sugli effetti limitati dei media. Poi ci sono i fattori di consonanza e cumulatività come elementi che superano la percezione selettiva. In base a questi fattori la studiosa fa riferimento a un sistema mediale che è molto più complesso di come è stato rappresentato.È difficile che in un paese l’intero sistema mediale assuma un’unica posizione.Se negli ultimi decenni osserviamo molti paesi democratici, possiamo osservare che l’opinione pubblica è spesso divisa su molti temi e che le differenze tra posizioni maggioritarie e minoritarie sono davvero esigue.Oltre a consentire di cogliere il clima d’opinione, i media contribuiscono tramite sondaggi a ribadire lo stato di forza tra le diverse posizioni. Il rinforzo che tali sondaggi offrono è stato individuato da Baudrillard, il quale sostiene che i sondaggi costringono i cittadini alla coerenza statistica, cioè a un continuo confronto con la conferma statistica del proprio comportamento.Infine abbiamo il concetto di pluralistic ignorance, cioè una situazione nella quale gli individui credono di essere gli unici a pensare in un certo modo e preferiscono non esprimersi e rimanere in silenzio.La spirale del silenzio è importante perché ci spiega il mutamento sociale, che può essere agevolato dai media senza che questi ultimi siano dotati di particolari poteri.

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Capitolo 9 – La teoria della coltivazione

9.1. La televisione come «storyteller»

La televisione ha la funzione di storyteller, cioè di qualcuno che ci narra eventi e storie.Casetti e Di Chio affermano che la funzione affabulatoria della televisione è legata alla riflessione sulla natura orale del discorso televisivo: la televisione parla, racconta storie che riflettono l’attitudine dello spirito umano a ricercare emozioni.Più complessa è la funzione bardica della tv, intesa come capacità di raccontare storie della comunità così come il bardo leggeva gli editti e le ultime disposizioni. La televisione ci propone mondi, comportamenti, atteggiamenti e opinioni sottoponendocele sottoforma di storie che narrano del passato e del presente.Le caratteristiche della funzione bardica delle televisione sono:

Individuare: l’opinione culturale circa la natura della realtà Coinvolgere: i membri nel sistema di valori dominanti Celebrare: le azioni dei rappresentanti verso il mondo esterno Rassicurare: la cultura in generale della sua adeguatezza Svelare: inadeguatezze pratiche della cultura Convincere: il destinatario che statue e identità gli sono garantiti dalla cultura Trasmettere: attraverso queste proprietà un senso di appartenenza culturale

9.2. «Cultural Indicators Program»

Il Cultural Indicators Program, prende il via nel 1967 e analizza il contenuto televisivo fino al 1974.Scopo di tale programma è analizzare le conseguenze del crescere e del vivere con la televisione.Gebner afferma che la teoria della coltivazione è basata sui risultati di ricerca che indicano l’esistenza di un persistente, pervasivo e compiuto mainstream televisivo su una grande varietà di correnti e controcorrenti concettuali. Mainstreaming significa che i telespettatori forti possono asorbire o non tenere conto delle differenze di prospettiva e di comportamento che normalmente provengono da altri fattori e influenze.Il Cultural Indicators Program si articola in tre strategie:

Analisi dei processi istituzionali, che consiste nell’analisi dei meccanismi della produzione di fiction

Analisi del sistema dei messaggi, che consiste nello studio sistematico di un campione di fiction tv (identificazione dei pattern)

Analisi del pubblico, che consiste nella correlazione tra rappresentazione del mondo in tv e rappresentazione dei telespettatori (survey locali o nazionali e confronto con Istituti di ricerca nazionali).

Gli studiosi, però si occupano prevalentemente delle ultime due.Il centro focale della teoria è l’analisi della coltivazione, cioè l’analisi empirica delle risposte fornite dai telespettatori circa la realtà sociale. I ricercatori vogliono individuare eventuali differenze tra coloro che dedicano molto tempo al mezzo televisivo, al punto di fornire le cosiddette «risposte televisive», e coloro che vengono definiti telespettatori deboli.

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Il concetto di coltivazione sta nel fatto che coloro che passano molto tempo a vedere la televisione sono maggiormente propensi a interpretare la realtà in termini “televisivi”. Il differenziale di coltivazione altro non è che il margine che separa telespettatori deboli e forti.

9.3. La coltivazione televisiva

Il progetto viene presentato come un tentativo di esplorare l’ipotesi che coloro che riguardano molta televisione esprimeranno e percepiranno il mondo come un luogo squallido, descritto con parole che riflettono alienazione e depressione. Si tengono delle indagini sulla violenza indotta dalla televisione.La definizione di violenza può essere data dai seguenti termini:

Qualsiasi espressione di forza fisica contro se stessi o altri con l’obiettivo di ferire o uccidere

Forme accidentali di violenza o catastrofi naturali, soprattutto quelle con un elevato numero di vittime

Ogni atto che può provocare seri effetti, pur collocato in contesti fantastici o umoristiciI ricercatori hanno contato sui dati registrati dal General Social Survey, per individuare l’esistenza e la diffusione di forme di sfiducia interpersonale tra la popolazione, e dell’Index of Alineation and Gloom, che era articolato nei seguenti termini:

La situazione dell’uomo medio sta peggiorando È difficile avere un bambino in un mondo così Una gran parte degli ufficiali pubblici non è interessato ai problemi della comunità.

Poi ci sono anche i risultati del Mean World Index.I telespettatori sono stati classificati in deboli, medi e forti.I risultati dell’analisi evidenziano che le vittime del sistema televisivo più frequenti sono i giovani, le donne e gli anziani.I teleconsumatori forti percepiscono la violenza come maggiormente presente.

9.4. Il contraddittorio nesso tra esposizione e «risposte televisive»

La teoria della coltivazione continua ancora oggi a stimolare gli studiosi sul rapporto tra gli individui e la realtà televisiva.In primo luogo, la correlazione ipotizzata tra la quantità di esposizione di «risposte televisive» in termini di un effetto di coltivazione non può essere accettata.L’uso, le modalità di fruizione della tv, le rappresentazioni sociali che si costruiscono a seguito del consumo televisivo rappresentano problematiche complesse.La scoperta dei processi di negoziazione di significato dei testi mediali viene spazza via per lasciar spazio a variabili quantitative relative al tempo dedicato alla televisione.Hughes ha dei dubbi sulla scelta delle variabili e sull’efficacia dell’analisi multivariata effettuata, mostrando nuovi risultati frutto di applicazioni diverse.

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La teoria si bassa sulla correlazione tra esposizione televisiva e coltivazione di determinate immagini della realtà.Le persone alienate posso cercare la conferma di quanto li preoccupa nel mezzo televisivo, o possono cercare conferme sulla composizione sociale ed economica della popolazione americana.

9.5. Una coltivazione strisciante?

Nonostante i limiti e i problemi analizzati, la teoria della coltivazione può mostrare una sua utilità per interpretare il rapporto tra sistema dei media e sistema sociale.Signorielli e Morgan definiscono alcuni problemi aperti della teoria:

Come si verifica l’effetto coltivazione? I ricercatori hanno dato spazio a numerose critiche avanzate in merito alla semplicità del rapporto tra televisione e individui

Quali sottogruppi demografici rendono evidente il processo di coltivazione?I ricercatori ammettono che sono necessarie altre indagini per dar conto di diversità di comportamento tra i vari gruppi

In che modo la coltivazione è mediata da rapporti familiari e interpersonali?Si assiste al recupero di categorie analitiche largamente note ed elaborate nel corso di anni di ricerca.

Quali sono i livelli di coltivazione?I ricercatori definiscono la coltivazione di primo grado, che rimanda a concezioni rispetto a fatti della vita, e coltivazione di secondo grado, che si correla a inferenze più generali

Qual è il ruolo dell’esperienza personale nella coltivazione?L’esperienze personale torna ad assumere rilevanza in coerenza con l’agenda setting e la spirale del silenzio

In che modo gli orientamenti degli spettatori influenzano la coltivazione?I ricercatori recuperano la possibilità che vi siano orientamenti diversi verso la televisione da parte dei soggetti.

Quali sono i ruoli di programmi e generi specifici nella coltivazione?I ricercatori sostengono la necessità di considerare la programmazione collegando la visione delle soap operas con i programmi per famiglie, notiziari, ecc….

Come e cosa coltivano gli altri media?L’appartenenza del sistema televisivo a un sistema mediale sollecita i ricercatori all’adozione di un approccio più ampio e rispondente alla realtà.

In che modo le nuove tecnologie influenzano la coltivazione?Il moltiplicarsi dell’offerta e la proliferazione dei canali televisivi non comportano una maggiore differenziazione dei programmi.

L’effetto coltivazione si verifica anche in altri paesi?I ricercatori sostengono la necessità di proseguire lungo tale direzione tenendo conto di tutti i nuovi elementi individuati e dei contesti mediali, sociali e culturali.

Per concludere, la televisione è diventata la fonte della cultura quotidiana.

Capitolo 10 – Gli scarti di conoscenza

10.1. La società della comunicazione crea differenze

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Il modo migliore per presentare la teoria degli scarti di conoscenza o del knowledge gap di Tichenor, Donohue e Olien consiste nel sottolineare che la diffusione e la penetrazione crescente dei mezzi di comunicazione di massa tra la popolazione non portano affatto all’uguaglianza sociale ma alla creazione di differenze.Quando la diffusione di informazioni tratte dai mass media cresce nel sistema sociale, la popolazione con status socioeconomico più elevato tenderà ad acquisire informazioni in maniera più veloce della popolazione con status socioeconomico più basso, incrementando lo scarto di conoscenza fra i due.Per individuare la dinamica che porta alla formazione di gap conoscitivi, i ricercatori hanno attinto elementi utili dai risultati delle ricerche della tradizione dell’approccio della diffusione di notizie e di innovazioni. È stata individuata la variabile dell’istruzione.I fattori più importanti della teoria sono:

Abilità comunicative degli individui L’informazione già posseduta (enciclopedia) I contatti sociali L’esposizione selettiva La natura del sistema dei media che distribuisce l’informazione

L’insieme di questi fattori porta i ricercatori a formulare l’ipotesi degli scarti conoscitivi nei seguenti termini:

1. L’acquisizione di conoscenza su argomenti fortemente pubblicizzati procederà con ritmo maggiore tra i soggetti con istruzione più elevata piuttosto che tra i meno istruiti e

2. Ad un certo punto, dovrebbe esserci un’elevata correlazione tra l’acquisizione di conoscenza su argomenti fortemente pubblicizzati dai media e il livello di istruzione.

I ricercatori individuano il cosiddetto «potenziale comunicativo», cioè quell’insieme di risorse che consente di ottenere e dare informazioni e che facilita il processo comunicativo.Le caratteristiche principali del potenziale sono : personali, legate alla posizione sociale, struttura sociale di riferimento dell’individuo.

10.2. Gli scarti conoscitiviNumerosi elementi empirici frutto di dati di diverse ricerche di Tichenor, Donohue, Olien confermano la correlazione con il livello di istruzione.Tra le varie ricerche, una delle più famose è quella condotta sulla diffusione della notizia delle dimissioni di Chruščëv e del caso Kenkins nel 1964.Gli intervistati con un livello di istruzione superiore vennero a conoscenza degli eventi prima di coloro con un più basso livello di istruzione.Successivamente fu fatta un’altra ricerca su argomenti specifici nel periodo 1949-65, alcuni temi dei quali erano il cancro, l’allunaggio, i satelliti, ecc….Sono argomenti che non necessariamente arrivano alle persone e possono essere molto distanti dalla vita quotidiana.I risultati mostrarono che all’idea dell’allunaggio, ci aveva un basso potenziale comunicativo pensava fosse improbabile.

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I ricercatori dichiararono che non vi fu una misurazione puntuale della copertura mediale dell’argomento. Le eventuali trasformazioni furono considerate, ma esse non portarono alla chiusura del gap, sulla quale i ricercatori non si sono molto concentrati.Secondo i ricercatori, la stampa ha un effetto di Knowledge Gap e la televisione ha un effetto di «livellatore di conoscenza».

10.3. La chiusura degli scarti

Gli eventuali scarti conoscitivi tra gruppi possono scomparire in presenza di alcune condizioni.Il meccanismo che porta alla chiusura o al rallentamento del gap è identificato negli «effetti soglia» che si manifestano in base:

All’interesse nell’accesso all’informazione Al grado di ripetitività e diffusione dell’informazione Alla preoccupazione generata da un argomento All’eventuale conflittualità determinata da un argomento che fa aumentare l’interesse All’omogeneità delle comunità

Gli effetti soglia si possono ritrovare in teorie già studiate: Nell’agenda setting, in cui la ripetitività dell’informazione può essere letta come una

trasformazione di un tema a soglia alta in un tema a soglia bassa. L’agenda setting, inoltre, è l’opposto del Knowledge Gap perché, la prima attribuisce ai

media un tipo di influenza che coinvolga INTORNO al contenuto dei media, il secondo implica un costante processo di differenziazione sociale nei sistemi di conoscenza.

Infine, c’è un collegamento con il flusso di comunicazione a due fasi, che favorisce la chiusura del gap nelle piccole comunità.

In conclusione gli effetti-soglia potrebbero essere considerati la punteggiatura di un processo costante di generazione degli scarti di conoscenza.

10.4. Il tema del presente: la questione del «digital divide»

Il lento ingresso di Internet all’interno del sistema mediale ha riproposto con maggior forza l’esistenza di squilibri tra gli information haves e information have nots, rendendo attuale la teoria degli scarti conoscitivi.Nel caso di Internet, si alimenta la questione del digital divide.Sul versante dell’offerta, Internet consente una frammentazione e targettizzazione dei messaggi più di ogni altro media. Sul versante del consumo, vanno sottolineate alcune variabili che entrano nella definizione di un attuale potenziale comunicativo, rendendo più evidenti i possibili scarti tra gruppi privilegiati e non.Internet marginalizza il ruolo di storyteller, in quanto impone agli utenti la costruzione autonoma di un percorso.Il digital divide rischia di diventare il moderno spartiacque che crea discriminazione tra i cittadini.

10.5. Società dell’informazione e differenziazione sociale

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Lo sviluppo del sistema mediale nelle moderne società ha riposto l’ipotesi alla base della teoria degli scarti conoscitivi. La diffusione della televisione via cavo, satellitare, digitale, ecc…, comporta effetti sociali di differenziazione che diventano ogni giorno più evidenti.Si può sostenere che si passa da un modello broadcast, che intende una diffusione di messaggi da uno a molti, a un modello netcast, che intende una diffusione dei messaggi a rete.Per soddisfare i bisogni del pubblico si è affermato il modello narrowcastin, basato su una categoria (informazione, cinema, musica, ecc) ed è la risposta a una richiesta di differenziazione dell’offerta.L’informazione diventa una risorsa alla quale i soggetti attingono con modalità diverse e con esiti diversi.

Capitolo 11 – La teoria della dipendenza

11.1. Una teoria ecologica

L’ultima teoria di cui parleremo è quella della dipendenza dai media formulata da DeFleur e Ball-Rokeach nel 1976 e nel 1989.Questa teoria definita «ecologica», pone l’accento sulle relazioni esistenti tra sistemi piccoli, medi e grandi e considera la società come una struttura organica e analizza il modo in cui le componenti dei sistemi sociali micro e macro sono collegate tra loro. Inoltre è detta ecologica perché le comunicazioni di massa hanno qualche volta effetti potenti e diretti, altre volte deboli e indiretti.I fattori principali di tale teoria sono:

Stabilità sociale: paradigma del struttural-funzionalismo Cambiamento: paradigma conflittualista Adattamento sociale: paradigma evoluzionista Costruzione del significato sociale: interazionismo simbolico Fattori individuali: paradigma cognitivo

Nel 1976 il modello di tale teoria si articola tra: Il sistema sociale. Gradi diversi di stabilità, più instabilità, più informazione Il sistema dei media. Gradi diversi di sviluppo, maggiore la capacità di soddisfare i bisogni,

maggiore la sua centralità L’audience. Gradi diversi di dipendenza dal sistema, fonti alternative, attivazione di canali

autonomi

11.2. Natura dei rapporti di dipendenza

La chiave di questa teoria sta nella relazione di dipendenza che può stabilirsi dopo l’interazione tra i diversi sistemi. Riguardo al sistema dei media, l’interazione può riguardare singole parti del sistema o il sistema intero. Le relazioni di dipendenza sono articolate sugli obiettivi o sulle risorse.Gli individui utilizzano tutte le occasioni comunicative per attribuire significato e prevenire alla conoscenza del mondo che li circonda. Le risorse informativa controllate dai medi sono:

La raccolta delle informazioni: il sistema mediale consente la copertura degli eventi Il trattamento delle informazioni: la trasformazione delle informazioni raccolte/create in

contenuti

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La distribuzione delle informazioni: l’uso di diversi canali comunicativi per raggiungere il pubblico

Il sistema dei media dipende dal sistema politico e tale relazione è stata definita come “dipendenza strutturale”, perché riguarda modelli ripetitivi di interdipendenza tra oggetti di analisi tra sistemi.Il sistema dei media dipende dal sistema politico, inoltre, per quello che riguarda la regolamentazione e per ciò che riguarda la sfera dell’espansione e del profitto.L’interazione con il sistema politico viene collocata da Blumler e Gutevitch lungo un continuum che va dall’autonomia alla subordinazione del sistema mediale. Usando i parametri sistemico-normativo e mass-mediale, i due studiosi analizzano i rapporti che si stabiliscono tra i due soggetti per individuare i modelli di interazione.Il parametro sistemico-normativo si divide in quattro gradi:

Grado di controllo statale sulle istituzioni (nomina dei vertici, finanziamenti) Grado di partisanship dei media (coinvolgimento politico massimo, neutralità) Grado di integrazione dell’elìte politico/mediale (sovrapposizione professionale) Grado di consapevolezza della funzione sociale della professione giornalistica

Il parametro mass-mediale si basa su due continuum orientamento, uno pragmatico (logica mediale) e uno sacerdotale (logica politica).A seconda delle combinazioni dei questi due parametri nascono 4 diversi modelli:

Modello avversario (advocacy journalism) Modello collaterale (prevalenza del sistema politico) Modello dello scambio (interdipendenza politica/media) Modello della competizione ( confronto “duro” politica/media)

Si può rintracciare un rapporto di dipendenza biunivoca tra il sistema mediale e il sistema politico: si ha una situazione di visibilità contro autonomia.

11.3. I rapporti di dipendenza degli individui dal sistema dei media

Come il sistema politico o gli altri sistemi, gli individui sviluppano relazioni di dipendenza dai media. È una dipendenza diversa da quella tra i vari sistemi. Gli individui sviluppano tale dipendenza per orientarsi, per orientarsi e per svagarsi. Possiamo definire 3 rapporti di dipendenza:

Comprensioneo Di sé: interpretare i propri modelli di comportamento e valori

o Sociale: raccolta di informazioni utili per capire il mondo circostante

Orientamentoo All’azione: ricerca di indicazioni per individuare guide di comportamento

(acquistare, votare, decidere)o All’interazione: acquisire informazioni per apprendere modelli di comportamento

appropriati Svago

o Individuale: consumo di prodotti mediali per ottenere relax e intrattenimento

o Sociale: consumo di prodotti mediali per interagire con gli altri

Tali obiettivi non possono essere raggiunti se non si accede al sistema mediale che compete però con altre fonti informative come le reti sociali.

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Si ipotizza che i soggetti si costruiscano una specie di “dieta multimediale” personale in grado di permettere di raggiungere gli scopi prefissati.

11.4. Relazioni di dipendenza dai media ed effetti

Uno degli obiettivi della teoria della dipendenza è quello di spiegare perché le comunicazioni di massa hanno effetti potenti alcune volte e deboli effetti altre volte. A questo proposito si ipotizza un processo cognitivo che aumenta le probabilità di influenza da parte di contenuti mediali.Le relazioni di dipendenza avvengono in 4 fasi:

FASE 1. La distinzione fra due soggetti: selezionatore attivo (esposizione selettiva) e osservatore casuale (esposizione accidentale)

FASE 2. L’effetto di altri elementi sulla dipendenza: scopi personali, ambiente, aspettative sull’utilità, facilità di accesso

FASE 3. La presenza di una forma di stimolazione – cognitiva o emotiva – al cui aumentare, aumenta il coinvolgimento

FASE 4. Aumentando il coinvolgimento, aumenta la dipendenza mediale e di conseguenza effetti cognitivi, affettivi, comportamentali

Quando l’ambiente sociale è ambiguo e/o in cambiamento, le relazioni di dipendenza degli individui e dei gruppi si rafforzano.Non può essere sufficiente ipotizzare che le relazioni di dipendenza possono produrre sia cooperazione che conflitto, né che gli “effetti onda” possono essere generati tanto dalla società (dimensione macro) che dagli individui ( dimensione micro).

11.5. Un’ipotesi di lavoro

La teoria della dipendenza si caratterizza per un approccio che tiene insieme acquisizioni precedenti e nuove ipotesi di lavoro.Essa infatti ricontestualizza i meccanismi della selettività e il ruoloo attivo del consumatore entro una cornice che si caratterizza per un insieme di interrelazioni tra diversi sistemi. Inoltre, essa sottolinea esplicitamente la centralità del sistema dei media nelle attuali società moderne.Se all’improvviso non ci fossero più i mezzi di comunicazione (tv, internet, ecc…) come si comporterebbero gli individui? Il riconoscimento della centralità non si accompagna ad una analisi approfondita del funzionamento dei mezzi di comunicazione di massa.La teoria della dipendenza viene accusata di non prestare sufficiente attenzione alle reali relazioni che si stabiliscono tra sistema mediale e sociale. Infatti, lo sviluppo empirico di tale teoria si caratterizza per l’indagine del rapporto di dipendenza dal sistema mediale degli individui piuttosto che degli altri sistemi. Infatti, McLeod e Blumler parlano di una psicologizzazione del modello modello, cioè che esso si concentra sui comportamenti individuali piuttosto che sulle relazioni strutturali.

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