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GLI INSEGNANTI NON INSEGNANO, GLI STUDENTI NON IMPARANO Analisi di un paradosso relazionale. Modello di intervento di consulenza in psicol. clinica 1.L’ADOLESCENZA E IL DISAGIO RELAZIONALE. IL CONTESTO EVOLUTIVO ESPERIENZIALE 1. Le fasi di sviluppo dell’adolescenza L’adolescenza (11-18 anni) quale fase evolutiva e di passaggio dall’infanzia all’età adulta, riveste un’importanza fondamentale nel processo di costruzione dell’identità, vede l’alternarsi di due grandi tensioni vitali: una che spinge verso l’identificazione e l’altra che và verso la differenziazione dall’altro. La prima analisi sistematica dell’adolescenza si deve ad Anna Freud (1936) che la definisce come “l’interruzione di una crescita pacifica”, caratterizzata da una varietà di turbe emotive che portano, se positive alla formazione del carattere, in caso contrario alla formazione di sintomi nevrotici. Per Winnicott (1961) l’adolescenza deve assolvere un compito evolutivo per acquisire la propria indipendenza e la costituzione di un vero sé. Peter Blos (1967) ha contribuito maggiormente allo studio dell’adolescenza definendola come la somma di tutti i processi di adattamento di tipo psicologico che avvengono nel periodo puberale. Si tratta di una “seconda individuazione” in cui si elabora il lutto per il distacco dagli oggetti di amore primario e per i cambiamenti nel rapporto con essi. Blos ha individuato 5 fasi: la preadolescenza, la prima adolescenza, l’adolescenza vera e propria, la tarda adolescenza e la postadolescenza. 1.1 La preadolescenza È la fase che comprende i cambiamenti di ordine fisiologico, dura diversi anni e comporta molti cambiamenti corporei e l’intensificarsi delle pulsioni sessuali. Accanto alle trasformazioni endocrine e somatiche anche la sessualità trova una scarica nell’attività masturbato ria che prepara alla sessualità adulta. (Blos,1971) Tutto ciò influisce sulla riorganizzazione della personalità, sul’identità sessuale e sulla rielaborazione dell’immagine corporea. Si modifica il corpo infantile, si prende la distanza dalla famiglia, rivolgendosi sempre di più al gruppo dei pari. Si formano gruppi dello stesso sesso che tendono ad allontanare e ridicolizzare il sesso opposto. Inoltre la relazione di dipendenza dall’adulto è messa a dura prova dalla nascente conflittualità propria del processo individuativo e separativo. Blos analizza questa fase come una riedizione dell’infanzia, che permette di rivivere le fasi precedenti e rielaborare i conflitti irrisolti. 1.2 La prima adolescenza Caratterizzata dai cambiamenti corporei, dal distacco dai genitori e dal primato genitale. In seguito alle continue modificazioni corporee, l’adolescente avverte un forte senso di estraneità nei confronti del proprio corpo. Il concetto di sé, l’autostima e la nuova identità sono influenzati dalla percezione dell’immagine corporea e dalla continua autocritica verso il proprio corpo. In questa fase il soggetto giunge progressivamente a rendersi conto che i diversi aspetti del proprio sé sono interdipendenti e organizzati tra loro. Una ristrutturazione realistica del proprio sé fornisce una solida base per l’acquisizione del sentimento d’identità, quando invece si acquisisce un concetto di sé irrealistico, il sentimento d’identità si fonderà prevalentemente su desideri e standard proposti da altri. La meta finale di questo sviluppo sarà il raggiungimento dell’accettazione del corpo come

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GLI INSEGNANTI NON INSEGNANO, GLI STUDENTI NON IMPARANOAnalisi di un paradosso relazionale. Modello di intervento di consulenza in psicol. clinica

1.L’ADOLESCENZA E IL DISAGIO RELAZIONALE. IL CONTESTO EVOLUTIVO ESPERIENZIALE

1. Le fasi di sviluppo dell’adolescenzaL’adolescenza (11-18 anni) quale fase evolutiva e di passaggio dall’infanzia all’età adulta, riveste un’importanza fondamentale nel processo di costruzione dell’identità, vede l’alternarsi di due grandi tensioni vitali: una che spinge verso l’identificazione e l’altra che và verso la differenziazione dall’altro.La prima analisi sistematica dell’adolescenza si deve ad Anna Freud (1936) che la definisce come “l’interruzione di una crescita pacifica”, caratterizzata da una varietà di turbe emotive che portano, se positive alla formazione del carattere, in caso contrario alla formazione di sintomi nevrotici. Per Winnicott (1961) l’adolescenza deve assolvere un compito evolutivo per acquisire la propria indipendenza e la costituzione di un vero sé.Peter Blos (1967) ha contribuito maggiormente allo studio dell’adolescenza definendola come la somma di tutti i processi di adattamento di tipo psicologico che avvengono nel periodo puberale. Si tratta di una “seconda individuazione” in cui si elabora il lutto per il distacco dagli oggetti di amore primario e per i cambiamenti nel rapporto con essi. Blos ha individuato 5 fasi: la preadolescenza, la prima adolescenza, l’adolescenza vera e propria, la tarda adolescenza e la postadolescenza.

1.1 La preadolescenza È la fase che comprende i cambiamenti di ordine fisiologico, dura diversi anni e comporta molti cambiamenti corporei e l’intensificarsi delle pulsioni sessuali. Accanto alle trasformazioni endocrine e somatiche anche la sessualità trova una scarica nell’attività masturbato ria che prepara alla sessualità adulta. (Blos,1971)Tutto ciò influisce sulla riorganizzazione della personalità, sul’identità sessuale e sulla rielaborazione dell’immagine corporea. Si modifica il corpo infantile, si prende la distanza dalla famiglia, rivolgendosi sempre di più al gruppo dei pari. Si formano gruppi dello stesso sesso che tendono ad allontanare e ridicolizzare il sesso opposto. Inoltre la relazione di dipendenza dall’adulto è messa a dura prova dalla nascente conflittualità propria del processo individuativo e separativo. Blos analizza questa fase come una riedizione dell’infanzia, che permette di rivivere le fasi precedenti e rielaborare i conflitti irrisolti.

1.2 La prima adolescenza Caratterizzata dai cambiamenti corporei, dal distacco dai genitori e dal primato genitale. In seguito alle continue modificazioni corporee, l’adolescente avverte un forte senso di estraneità nei confronti del proprio corpo. Il concetto di sé, l’autostima e la nuova identità sono influenzati dalla percezione dell’immagine corporea e dalla continua autocritica verso il proprio corpo. In questa fase il soggetto giunge progressivamente a rendersi conto che i diversi aspetti del proprio sé sono interdipendenti e organizzati tra loro. Una ristrutturazione realistica del proprio sé fornisce una solida base per l’acquisizione del sentimento d’identità, quando invece si acquisisce un concetto di sé irrealistico, il sentimento d’identità si fonderà prevalentemente su desideri e standard proposti da altri.La meta finale di questo sviluppo sarà il raggiungimento dell’accettazione del corpo come

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qualcosa di integrato.1.3 La media adolescenza Fase dominata dal risveglio del conflitto edipico e dal distacco genitoriale. Gradualmente avviene il passaggio dall’autoerotismo all’eterosessualità.Prevalgono sentimenti di anticonformismo e di ribellione verso i genitori. Nella fase finale troviamo l’innamoramento in cui l’Io trasferisce nell’oggetto d’amore tutte le parti buone e ideali.La conflittualità del processo individuativo-separativo si confronta con una dimensione psicologica che comprende ansie legate alla paura dell’abbandono ed episodi di regressione, l’adolescente è spinto da un lato a cercare l’autonomia e l’indipendenza e dall’altro ha il timore di perdere la sicurezza e la protezione genitoriale. Per tollerare questa situazione conflittuale, l’adolescente organizza una serie di modalità difensive: l’intellettualizzazione che permette di affrontare conflitti emotivi e fonti di stress attraverso un uso eccessivo del pensiero astratto (come l’adesione a teorie filosofiche e politiche);la scissione che ha la funzione di difendere il soggetto dall’ansia suscitata dal timore che le contraddizioni entrino a far parte della sua esperienza rovinando l’immagine di sé e degli altri (come rapidi passaggi da un ideale all’altro o da un opinione all’altra);l’acting-out permette l’espressione di sentimenti, desideri o impulsi attraverso un comportamento incontrollato con noncuranza delle possibili conseguenze a livello personale o sociale. (Lingiardi 1998)

1.4 La tarda adolescenza Fase in cui vengono consolidate le funzioni e gli interessi dell’Io e viene ristrutturata la rappresentazione del Sé (Blos,1979). Le capacità evolutive raggiunte vengono messe costantemente alla prova dall’esperienza, dal rapporto con gli altri e dalle mediazioni intrapsichiche. L’Io sviluppa la capacità di integrare e di riconoscere i propri comportamenti. L’uso dei processi di sintesi e risentisi completa la crescita dell’individuo con il riconoscimento e la distinzione del proprio sé affettivo, seesuale, intellettuale e sociale. Erikson (1968) parla di ego-identity per indicare alcune importanti funzioni sociali che l’individuo acquisisce verso la fine dell’adolescenza in rapporto all’esperienza passata e alla maturazione come adulto che sta per divenire.

2. L’adolescenza ed i processi di sviluppo cognitivo – emotivoIl concetto di sé è come una sorta di teoria che il soggetto elabora su sé stesso: concerne il suo aspetto fisico, le sue relazioni interpersonali, il modo con cui pensa di essere visto dagli altri, le cose fatte in passato e quelle da fare in futuro ecc. (Neisser 1988)La formazione del sé si organizza in due tappe fondamentali:

- l’organizzazione primaria che si conclude con l’inizio dell’adolescenza (12-13 anni);- l’organizzazione secondaria che inizia con l’adol. e termina alla fine della giovinezza

(25-26 anni) e l’inizio dell’età matura che rappresenta quella definitiva.Nel processo di ridefinizione del sé, la preoccupazione principale dell’adolescene è quella di percepirsi identico a sé stesso anche se contemporaneamente avverte gli effetti delle diverse trasformazioni, ha quindi esigenza di dare conferma e continuità alla propria identità nel tempo e nelle diverse relazioni. A questo riguardo sono fondamentali le capacità che compaiono in adolescenza del pensiero astratto e di leggere il proprio pensiero “ il pensare il pensiero” ovvero la meta cognizione. Grazie a queste abilità il soggetto assume la consapevolezza del concetto di relatività e pertanto può osservare uno stesso fenomeno da più punti di vista. Inoltre le capacità di formulare ipotesi, di riflettere sul proprio pensiero, permettono lo sviluppo di tre aspetti fondamentali che definiscono un concetto di sé maturo:

a) la continuità del sé nel tempob) l’unità del sé di fronte a ruoli e contesti differentic) la mutualità tra il proprio modo e quello altrui di vedere il sé

Il processo di ridefinizione del sé si esprime anche attraverso una naturale esigenza narrativa. In questa fase della vita, la capacità di parlare di sé risulta determinante per accrescere l’autoconoscenza e l’autostima, in quanto i racconti che il soggetto fa di sé costituiscono un vero e proprio strumento di costruzione della propria identità.

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Durante l’adolescenza si sviluppa il pensiero formale e le capacità di ragionamento astratto e ipotetico. I ragazzi sono in grado di comprendere più accuratamente la prospettiva di un’altra persona, si parla pertanto di comprensione interpersonale e comprensione sociale per descrivere il processo attraverso cui una persona comprende il punto di vista dell’altro. L’individuo sviluppa la conoscenza di sé e il sentimento di identità attraverso il looking glass self, il sé rispecchiato negli altri, che include la comprensione di quello che siamo, osservando quanto gli altri mostrano di pensare di noi (Cooley, 1962).Questi elementi vanno ad integrare i processi cognitivi e a stabilire nuove abilità che l’adolescente può non essere in gradi di gestire, uno dei possibili disagi che ne può derivare è la tendenza a immaginarsi un ruolo centrale diverso dalla realtà con la convinzione di essere continuamente “sulla scena” intento a recitare. In questo delicato periodo occorre il sostegno delle figure significative affinché l’adolescente sviluppi un senso di autoefficacia. L’autoefficacia riguarda l’insieme delle convinzioni relative alla propria capacità di essere all’altezza delle varie situazioni e di mostrare attivamente la capacità di autorganizzarsi, autoregolarsi e riflettere su se stessi (Bandura, 1986).

3. L’adolescenza e il gruppo familiareLa famiglia rappresenta il gruppo relazionale primario in cui si apprende a dare significato e valore alla propria esperienza. Si possono schematizzare tre aspetti fondamentali del sistema famiglia:

- la struttura familiare è quella di un sistema socioculturale aperto ed in evolizione- la famiglia si evolve nel tempo attraverso stadi che impongono ristrutturazioni- la famiglia si adatta a situazioni nuove con modalità tali da mantenere la propria

continuità ed assicurare la crescita psicosociale dei suoi membriL’adolescenza và considerata come un’impresa congiunta di genitori e figli, volta a rendere possibile il reciproco distacco senza rotture irreparabile. Ciò implica un rimodellamento delle modalità di autoregolazione ed etero regolazione affettiva all’interno della famiglia.L’adolescente deve portare a termine uno dei compiti di sviluppo più importanti: l’emancipazione dalle figure parentali e il raggiungimento dell’indipendenza. Deve convincere non solo i suoi genitori, ma anche in parte se stesso di non aver più bisogno di loro, entrando così in un naturale conflitto emotivo. Egli può aver bisogno di svalutare i suoi genitori ma non di distruggerli in quanto modello di riferimento poiché la stima che ha per se stesso è strettamente collegata alla stima che ha per i suoi ginitori.

4. L’adolescenza e il gruppo dei pariL’identificazione con il gruppo dei pari risulta necessaria per la ridefinizione del concetto di sé. La mancanza di amici nell’adolescenza può provocare un deficit incolmabile.Nella prima fase dell’adolescenza c’è un’adesione ai così detti gruppi formali (Cerutti, 2004) Le principali caratteristiche di queste esperienze sono la motivazione al perseguimento degli obiettivi dichiarati e la presenza nel gruppo di uno o più adulti con funzione di promozione e di controllo. Questi gruppi sembreano favorire maggiormente processi di identificazione verso ideali e valori prestabiliti.In seguito con il maggior bisogno di autonomia, il ragazzo preferisce aderire ai gruppi informali che lo aiutano ad attivare i processi d’identificazione e costruzione dell’identità.Questo gruppo sfugge al controllo dell’adulto e può rappresentare lo spazio in cui sperimentare esperienze al limite e condotte trasgressive. Alcuni studi hanno evidenziato una significativa relazione tra la qualità dei rapporti con i coetanei e l’adattamento psicosociale dell’individuo. Altri autori sostengono che l’avere difficoltà con il gruppo dei coetanei non preclude il poter avere delle relazioni soddisfacenti con un amico.

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5. La costruzione relazionale e la domanda di consulenzaAlla fine degli anni ’80 il testo di Wynne e coll. Priciples of systems consultation amplia il concetto di intervento clinico proponendo un modello di consulenza sostenuto da due concetti teorici importanti quali la temporaneità e la responsabilità condivisa. Secondo l’autore, il counseling ha lo scopo di migliorare e potenziare le risorse e le capacità di gestione dei problemi in base alla valutazione dei bisogni specifici dell’individuo e del gruppo. Possiamo definire il counseling come quello spazio di incontro dove si analizza la domanda di aiuto che qualifica il contesto interpersonale con il consulente e consente all’individuo di sviluppare una capacità di comprendere, di dare significato alla propria realtà psichica e di ampliare le proprie funzioni cognitive ed ideative che sviluppano la capacità di riflettere su se stesso.Per analizzare e comprendere la domanda di consulenza è necessario valutare i diversi livelli relazionali che sono presenti ed attivi nel determinare il disagio evolutivo del gruppo classe osservato. Minuchin, per primo negli anni ’70, rivolge l’attenzione al mondo scolastico prendendo in considerazione il problema del disagio relazionale e tutte le problematiche relative all’analisi della domanda e all’ “invio” che secondo l’autore appartengono al sistema scuola piuttosto che al sistema famiglia.La scuola costituisce un ampio sistema articolato in sottosistemi interdipendenti e comunicanti tra loro: individuo, gruppo, istituzione. Le modalità operative sistemico-relazionali-esperenziali costituiscono un insieme di atteggiamenti e tecniche di intervento utili a strutturare il gruppo-classe per farlo divenire non solo uno strumento di lavoro atto al recupero e allo sviluppo del versante cognitivo, ma contemporaneamente utile a rispondere sul piano emotivo ai bisogni evolutivi. La costruzione relazionale sull’analisi della domanda deve tener conto dei diversi livelli di complessità dell’organizzazione scolastica che presenta una prima riciesta istituzionale d’intervento basata su una domanda formulata dall’equipe interna. Le problematiche che motivano la domanda di consulenza sono espresse dal blocco didattico e relazionale del gruppo classe che si manifesta con qualità relazionali rigide, ridondanti e immodificabili. L’aspetto educativo-didattico viene limitato dal disturbo relazionale che si contrappone agli interventi pedagogici-educativi propri della funzione didattica. Il clima emotivo-affettivo informa sule dinamiche relazionali e comunicative presenti.Lo spazio della consulenza che si forma nell’incontro tra i consulenti e il gruppo classe permette di analizzare la natura del disagio, le risorse individuali e quelle del gruppo.Nel contesto di counseling, che vede a confronto la richiesta di aiuto del gruppo classe e le modalità d’intervento dei consulenti, si attiva il processo di conoscenza che permette la costruzione relazionale dell’analisi della domanda.

La classe chiede aiuto per: - eliminare il sintomo relazionale - riconoscere i vissuti individuali - valutare le relazioni gruppali

Il consulente propone uno spazio per: - raccogliere le richieste soggettive - modulare le difficoltà relazionali - restituire una prospettiva evoltiva

L’osservazione storica contribuisce a rendere più esplicita la costruzione relazionale dell’analisi della domanda attraverso i racconti e gli eventi di ogni componente del gruppo classe che ha prodotto la disfunzione ed il blocco.L’osservazione narrativa rende più esplicita la richiesta sottostante attraverso il canale di osservazione che si sviluppa con l’esperienza drammaturgica e con l’iniziale elaborazione dei contenuti conflittuali.Il costante contatto con l’equipe interna ci informa, attaverso la valutazione relazionale dei cambiamenti che avvengono all’interno del sistema istituzionale, sui processi evolutivi del gruppo classe e sulle dimensioni relazionale legate al blocco. Il rapporto con i docenti amplia i livelli di conoscenza ed esplicita una richiesta di aiuto propria che può coincidere o no con quella della classe. La costruzione relazionale della domanda si muove su contesti multipli che arricchiscono il processo di conoscenza e modulano l’intervento che costantemente deve confrontarsi con le dinamiche istituzionale pur se focalizzato sull’esperienza di consulenza con il gruppo classe.

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6. Il gruppo classeLa classe è un luogo dove si realizzano dinamiche relazionali positive e negative e avvengono interazioni emozionali che non riguardano solo gli aspetti didattici-educativi.Il rapporto con l’adulto autorevole modula i processi che possono alimentare ancor di più le differenze e/o permettere il processo d’integrazione. Stanford e Roark (1974) hanno individuato gli stadi che delineano lo sviluppo di una classe:

1. il bisogno di appartenenza, quello di sostegno e il sentire l’ambiente come amichevole;2. lo stabilirsi di norme e stili d’interazione;3. l’osservazione critica degli insegnanti;4. l’iniziale accettazione reciproca;5. la maggiore unità del gruppo;6. l’instaurarsi di relazioni più intime;7. l’accettazione degli individuali stili di apprendimento.

Questo è uno schema ideale, non tutti i gruppi arrivano fino all’ultima fase, i conflitti possono determinare un arresto nel processo di crescita del gruppo classe.L’adolescente è impegnato in una lunga e complessa operazione di passaggio da un’identità e appartenenza al mondo infantile a un’identità adulta e sociale. La scuola diventa il luogo privilegiato che contribuisce che contribuisce allo sviluppo di questo processo di trasformazione. In questa fase di crescita la costruzione attiva della realtà avviene attraverso i processi di assimilazione e accomodamento.Eventuali difficoltà nell’accedere alla dimensione formale del pensiero possono rafforzare le difficoltà, già presenti nello studente, di attenzione e di interesse per la vita scolastica. Anche le modificazioni affettive si ripercuotono sulla vita scolastica. L’interazione tra questi fattori spesso determina un calo di motivazione nei confronti della scuola in generale o di particolari compiti d’apprendimento che possono produrre disagi o blocchi evolutivi.Una risorsa importante è rappresentata dall’aspettativa circa la propria efficacia (Bandura)Insegnanti e allievi devono impegnarsi per promuovere un ambiente scolastico postitivo, dove l’adolescente può apprendere in maniera stimolante e gratificante e dove ogni esperienza diventa formativa.

7. Il disagio relazionaleLa scuola impegna ogni singolo studente a trovare una collocazione relazionale sia nel gruppo dei pari che nel rapporto con gli insegnanti. Questo processo di inserimento ed adattamento può presentare diversi gradi di difficoltà sino a portare ad un vero disagio individuale. L’insuccesso relazionale si traduce in un profondo senso di disagio che può compromettere gli sforzi che l’adol. fa per superare le difficoltà legate al suo percorso di crescita. La manifestazione di disagio e malessere in ambito scolastico non si esprime solo attraverso una dimensione contestataria e conflittuale ma anche con forme di violenza individuale e/o collettiva e con atteggiamenti che denotano forte demotivazione e passività. Le difficoltà scolastiche possono essere l’espressione di problemi legati ad effettive carenze della scuola ma anche l’espressione di problematiche intrapsichiche e relazionali che riguardano l’adolescente e il suo ambito relazionale (genitori con desideri e aspettative irrealizzati o molto richiedenti)In particolare quando si parla di disagio in età evolutiva si deve tener conto:

- della fase evolutiva specifica- dei compiti evolutivi- della funzione adattiva del disagio- delle risorse individuale- delle risorse del contesto di riferimento

Inoltre tali problematiche raramente restano confinate al contesto scolastico, rappresentano fattori di rischi per lo sviluppo psicosociale complessivo con la manifestazione di comportamenti a rischio legati al bere, al fumare, a raporti sessuali non protetti, alla guida pericolosa, al gioco d’azzardo.La complessità del disadattamento e delle conseguenze relazionali deve quindi essere collocata in un contesto di analisi e di studio mediante l’ottica ecosistemica relazionale.

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2. LA CONSULENZA NELLA SCUOLA

1. Il contesto istituzionale

1.1 Il contesto dell’intervento: l’istituto “Vico”e l’offerta formativa, Maria Paola Giovannucci.L’istituto Giambattista Vico di Sulmona (sorto negli anni ‘60) ha avuto una utenza prevalentemente femminile e ha svolto il ruolo di formatore dei docenti della scuola primaria del territorio. Quando lo stato nel 1990 ha deciso che la formazione degli insegnanti fosse compito dell’Università ha diversificato l’offerta di formazione. Sono stati istituiti l’indirizzo linguistico e socio psicopedagogico (sperimentazione Brocca) e dal 1999 il corso sperimentale di scienze sociali.Le proposte educative praticate si articolano in tre grandi settori:

- l’area didattica: che prevede una razionalizzazione del lavoro,- l’area organizzativa: che lavora sulla dimansione dello sta bene a scuola,- l’area logistica: che implementa i laboratori didattici, i CIC, i laboratori allievi H.

1.2 Quando un’istituzione funziona: i CICI CIC (Centri di Informazione e Consulenza) all’interno delle singole scuola nascono con la legge 162/90 Iervolino/Vassalli contro la droga e il Progetto Disco contro la dispersione scolastica. Obiettivo è la prevenzione del disagio e la promozione della salute a scuola.Dal punto di vista degli obiettivi essi prevedono:

- la definizione di un patto formativo con gli studenti che individui percorsi educativi in cui siano coinvolti docenti e alunni,

- l’uso di linguaggi verbali e non come strumento per conseguire competenze comunicative e relazionali,

- definizione di percorsi formativi orientati alla cittadinanza studentesca in cui possano collocarsi altri soggetti sociali portatori di opzioni teoriche o punti di vista valoriali, funzionali al conseguimento delle finalità formative.

Usufruiscono del CIC gli studenti individualmente considerati, i gruppi classe, le famigli, personale docente e non docente. Dal punto di vista del coordinamento il CIC prevede le seguenti figure:

- il dirigente scolastico- la docente referente per la salute- la psicologa del Ser.T- i rappresentanti degli studenti e dei genitori

1.3 Il progetto DaedalusDaedalus prende il nome dall’architetto Dedalo che progettò su ordine del re Minosse il labirinto destinato a rinchiudere il Minotauro. Questo dimostra una consapevolezza delle difficoltà proprie della nostra istituzione e dell’alta problematicità dei vissuti familiari e socioculturali.Il progetto Daedalus ha inteso selezionare un percorso all’interno della scuola che superi la logica della prevenzione e passi a quella della promozione della salute. Gli ambiti di intervento

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sono stati così concepiti:- area strutturale o educativa: prevede accoglienza e relazione, tende cioè a formare

stuenti soddisfatti del proprio ruolo,- area di potenziamento: prevede una progettazione mirata su ambiti specifici progetto

salute, setting formativo su sessualità, alimentazione, dipendenza.

1.5 Un progetto di consulenza in psicologia clinica Il progetto qui riportato è basato su un’esperienza quinquennale in un’istituzione scolastica che ha coinvolto classi diverse con problematiche conflittuali o di blocco del processo didattico-educativo. Il progetto di consulenza si articola su:

- un’analisi multi contestuale dell’istituzione, che richiama i principi ecologici dell’ottica sistemico-relazionale,

- un’analisi contestuale che sviluppi una dimensione psicologica e di conoscenza degli aspetti dinamico-relazionali della committenza e dell’utenza.

L’elemento qualificante del progetto di consulenza è la costruzione relazionale della domanda che integra i diversi livelli di conoscenza che si sviluppano nell’interazione tra i consulenti e la committenza, i consulenti e il gruppo clesse, i consulenti e il gruppo docente. Il progetto si sviluppa seguendo un percorso temporale che distigue:

1ºFase : Consulenti ed equipe interna (primo incontro) Consulenti e gruppo classe (due incontri)

2ºFase: Consulenti ed equipe interna (secondo incontro) Consulenti e gruppo classe (terzo incontro) Consulenti e gruppo docenti (richiesta di ascolto)

3ºFase: Follow-up.L’analisi ecosistemica ed i diversi livelli di osservazione psicologica-relazionale sviluppano quella dimensione clinica che attiva il processo, permette l’utilizzo del modello e valida l’intervento.

1.5 La consulenza come area intermediaLa consulenza come da noi intesa è quell’area intermedia che si pone tra la prevenzione e la cura del disagio relazionale attraverso l’analisi multi contestuale del sintomo relazionale.L’oggetto della consulenza è il gruppo classe e l’intervento è volto all’analisi delle problematiche relazionali che lo caratterizzano e che diventano fonte di disturbo e di blocco per il processo educativo-didattico. Le modalità ridondanti che caratterizzano il contesto conflittuale si esprimono con un basso rendimento, una scarsa capacità partecipativa al progetto didattico, comportamenti aggressivi, problemi disciplinari.La funzione di intermediazione permette di strutturare un intervento che si focalizzi sulle problematiche in atto e sulla valutazione delle risorse disponibili. La continuità temporale costruita e consolidata con i referenti scolastici ha consentito di svolgere la nostra attività di sonculenza nell’arco di un quinquennio. Questa continuità è fondamentale per l’ efficacia dell’intervento

2. Il contesto dinamico-relazionale

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2.1 Aspetti qualitativi del processo di consulenzaLa consulenza non ha finalità dirette di cura ma preventive. All’interno del processo di consulenza si possono individuare diverse fasi:

1. fase esplorativa e di ascolto: volta stabilire un rapporto di fiducia e ad osservare il disagio e i sintomi relazionali,

2. fase esplicativa e d’interazione: per la valutazione delle risorse individuali, intersoggettive e gruppali,

3. fase di transizione: che permette la valutazione delle relazioni con i consulenti e l’attivazione di piccoli cambiamenti,

4. fase conclusiva: riconoscimento dei ruoli, delle aspettative e analisi del processo multi contestuale,

5. fase del follow-up: verifica e valutazione dei cambiamenti relazionali e comunicativi.

2.2 Aspetti qualitativi della costruzione relazionale dell’interventoLa buona riuscita della consulenza è determinata:

- dalla costruzione relazionale dell’analisi della domanda,- dalla qualità dello scambio comunicativo e relazionale con l’equipe interna,- dalla cooperazione tra consulenti, committenza ed utenza allo svolgimento del progetto,- dalla condivisione del gruppo classe dell’intervento.

Il processo, secondo il nostro modello, si mette in atto ancor prima dell’incontro, quando alla classe viene comunicata dal responsabile del CIC la decisione di intervenire sulle difficoltà. Le fantasie, le paure e le attese che questa comunicazione produce divengono uno dei principali nuclei di osservazione e analisi. I primi due incontri ravvicinati (circa a due mesi l’uno dall’altro )consentono l’attivazione del processo di conoscenza e l’acquisizione di strumenti emotivi e cognitivi più adeguati ad affrontare le difficoltà. Il terzo incontro (che avviene a distanza, nel secondo quadrimestre) consente la validazione degli interventi precedenti, l’analisi dei cambiamenti osservabili e riferiti, la crescita elaborativa del gruppo classe, la crescita della consapevolezza individuale delle proprie aree di disagio. La crescita elaborativa si manifesta attraverso le nuove modalità di relazione e di comunicazione che consentono alla “mente del gruppo” di integrare i diversi contributi cognitivi forniti da ognuno. Questa crescita elaborativa si contrappone alla frammentazione e alla dispersione osservate nel primo incontro. Sul piano individuale la funzione integrativa fornita dal riconoscimento dei propri limiti e delle proprie risorse favorisco lo sviluppo di una nuova consapevolezza di sé.La partecipazione attiva che riconosce l’importanza della relazione permette il passaggio ad un contatto più autentico e meno diffidente.I contenuti verbali vengono espressi da alcuni soggetti che rivestono il ruolo di delegati o messaggeri di se stessi.Il non verbale espresso da ognuno lascia uno spazio di osservazione ai consulenti per poter analizzare la richiesta implicita di aiuto che và decodificata ed esplicitata. Il non verbale mantiene un ruolo centrale su cui si basa la successiva attività espressiva, attraverso sculture e simulate, che integra trama-gesti-parole in un’unica esperienza condivisa.

2.3 Analisi relazionale della domanda e gestione del conflittoL’analisi degli aspetti psicologici ed emotivi, sottostanti al blocco del processo educativo, è fondamentale per comprendere i comportamenti disfunzionali. La gestione del conflitto impegna i consulenti a trovare una modalità di incontro e di rapporto che lasci ad ognuno lo spazio relazionale idoneo affinché si possa avviare un processo di comunicazione circolare che attivi le risorse relazionali del confronto. il passaggio da una dimensione relazionale di scontro ad una dimensione relazionale di confronto è di per sé una risorsa che il gruppo classe acquisisce e può far propria per modulare le relazioni e per confrontarsi con tutte le dinamiche proprie del conflitto. Il ruolo di intermediatori dei consulenti crea in sé uno spazio neutro nel quale non è necessario schierarsi. La posizione circolare che tutti assumono crea uno spazio vuoto e libero centrale dove si focalizza l’attenzione e l’osservazione per lo sviluppo dello spazio mentale. La consapevolezza interazionale che consente contemporaneamente di agire nella relazione e di monitorare cosa sta accadendo fra sé e gli altri è quella capacità che deve

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essere acquisita per poter gestire il conflitto. Il riproporre la lettura dei contributi di ognuno attraverso un’ottica della complessità ne rende più esplicite le connessioni. Ciò diviene il terreno fertile per l’improvvisazione di una scena simulata o scolpita che cattura l’attenzione emotiva di ognuno e permette l’iniziale analisi dello scambio dei ruoli. Il silenzio che spesso segue sottolinea il disorientamento che ogni partecipante prova nel confronto fra una prospettiva di realtà inusuale e carica di pathos e il proprio vissuto emotivo.

2.4 La definizione dei confini relazionaliLa difficoltà di rapporto che il gruppo classe esprime nei confronti dei docenti appare centrale e si rispecchia nelle relazioni attraverso tipi di comportamenti ed atteggiamenti ridondanti e facilmente identificabili all’interno della classe. Queste modalità relazionali ci permettono di individuare dapprima i livelli di disturbo nella comunicazione e successivamente di intervenire nell’”hic et nunc” attraverso una nuova interpunzione che dà un diverso significato non solo ai contenuti ma anche alla relazione. La presenza di una nuova interpunzione comunicativa e relazionale fornisce al sistema della consulenza la trama narrativa che riconosce gli elementi che diverranno nelle successive fasi le basi per una nuova mappa compositiva del gruppo classe. La mappa compositiva è quell’immagine strutturale che permette ad ognuno di distinguere:

- il contesto nel quale emergono le difficoltà- le modalità prevalenti nell’interazione dei piccoli gruppi e delle individualità nel gruppo

classe,- i contenuti emotivi delle relazioni interpersonali- il livello elaborativo individuale e meta comunicativo del gruppo

Le relazioni interpersonali si liberano da quegli schemi prestabiliti e offrono tentativi di contatto nuovi. Il silenzio e l’ascolto sono i segnali di questo cambiamento e vengonpo vissuti in termini emotivi come risorse attive per capire ed interpretare la realtà del qui ed ora.

2.5 La soggettività e la coesione relazionaleLa presenza ne gruppo classe di soggetti con diversi livelli di immaturità comporta il coesistere di comportamenti disfunzionali.L’immaturità biologica si manifesta nella diversità corporea e in atteggiamenti che qualificano l’identità sessuale. L’età anagrafica rende palese la relazione che ogni ragazzo ha con il proprio spazio corporeo e le modalità con cui lo esprime. Vi sono poi gli apetti di immaturità cognitiva ed emotiva che vengono riconosciuti più facilmente perché causa scatenante del basso rendimento scolastico. L’immaturità relazionale si esprime attraverso la difficoltà ad assumere il proprio ruolo e ad identificare quello dei pari e dei docenti confondendo continuamente i piani personali e i tratti familiari con il ruolo sociale e contestuale. Il gruppo classe per la sua specifica composizione eterogenea per fascia sociale, provenienza territoriale e gruppo culturale esprime un’immaturità antropologica che alimenta la scarsa coesione e facilita lo smembramento in piccoli gruppi chiusi.

2.6 La valutazione el’analis del disagio psicologicoIl nostro modello di intervento si serve di una chiave di lettura circolare del disagio e pertanto il singolo viene sempre valutato e riconosciuto all’interno del gruppo, mai isolatamente. Le diverse forme di immaturità sopra elencate, che sono osservabili sia a livello individuale che gruppale, vanno a costituire quella”disarmonia evolutiva” che favorisce il blocco e lo stallo nel processo di crescita e di apprendimento. Ciò fa emergere quello che definiamo “sintomo relazionale” che segnala il disagio ed attiva la richiesta d’aiuto. Quello che emerge dalla richiesta d’aiuto è di intervenire sulle aree disfunzionali, un importante paradigma che si evince può essere cosi espresso: gli insegnanti non riescono più ad insegnare e gli studenti non riescono più ad imparare. A partire da questo paradosso relazionale si attiva un processo di conoscenza ed elaborazione che dando spazio a tutte le aree di difficoltà e tutte le risorse che emergono nel lavoro dinamico-relazionale del gruppo permette di attivare una visione più coerente e complessa.La riscoperta di uno spazio individuale informa tutti i componenti del gruppo sul tema della diversità e sulle difficoltà del confronto e della socializzazione che sono per la classe e per la scuola fra gli scopi formativi più importanti.La scoperta di uno spazio relazionale, risorsa importante per la crescita e per la formazione, dà una maggiore consapevolezza del proprio ruolo e della responsabilità verso il proprio progetto

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individuale.

3. IL PROCESSO E LE CARATTERISTICHE DELL’INTERVENTO

1. La multicontestualità della consulenza

1.1 L’analisi ecosistemica del contesto istituzionale L’istituzione scolastica è un ecosistema a struttura complessa in cui confluiscono istanze appartenenti a gruppi eterogenei per ruolo e funzione. Il modello d’intervento della consulenza opera nella multicontestualità attraverso l’analisi e la costruzione relazionale della domanda. I tre sistemi che compongono la multicontestualità sono:

- La committenza individuata nel preside e nel rappresentate del CIC è portavoce del disagio. Il costante rapporto di negoziazione è fondamentale per ottenere una motivazione a cooperare nel corso del processo.

- I consulenti vengono interpellati rispetto alla domanda di aiuto e insieme alla committenza iniziano a lavorare sulla multicontestualità entrando anch’essi a farne parte. I consulenti agiscono come intermediari.

- L’utenza rappresentata dal gruppo classe problematico, si può ampliare alle istanze del gruppo docente o della stessa committenza.

1.2 Il contesto della consulenzaIl contesto della consulenza è uno spazio operativo complesso perché frutto dell’integrazione di meta contesti relazionali che rispecchiano la multicontestualità.La continuità del lavoro di consulenza ha permesso l’individuazione di alcune regole fondamentali del setting, condivise da tutti i partecipanti, favorendo la circolarità comunicativa e relazionale dell’intervento. Gli aspetti qualitativi del setting hanno permesso:

- la definizione e la diversificazione delle domande di aiuto con la committenza e l’utenza.- La condivisione dell’ obiettivo e delle regole con tutti i partecipanti,- La costruzione di una trama narrativa che unisce la storia del gruppo classe e le storie

individuali.La definizione della domanda di aiuto, la condivisione degli obiettivi e la costruzione di una trama narrativa qualificano i cambiamenti che si riscontrano nel processo della consulenza e permettono l’acquisizione di una nuova consapevolezza dei ruoli. Inoltre, il processo mette in

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luce che gli insegnanti non possono assumere un ruolo psicologico che li collochi in funzioni che esulano dal loro compito togliendo forza alla dimensione pedagogico-educativa. La crescita relazionale che si evince dalle acquisizioni sopra descritte libera le prime risorse individuali e dei gruppi multi contestuali favorendo il superamento del blocco e la possibilità di strutturare capacità di cooperazione e integrazione utili alla creazione della figura dell’ insegnante mediatore. Si viene a creare così una referenzialità nuova che permette ai ragazzi di vivere come interlocutore non più il rappresentante del CIC ma direttamente il docente del proprio contesto didattico, favorendo una maggiore fluidità nella chiarificazione dei problemi.

1.3 L’osservazione, l’ascolto, la condivisioneL’ osservazione è alla base della conoscenza e della comprensione dei problemi, delle relazioni e degli atteggiamenti, per una valutazione dell’esperienza del gruppo che permetta di riconoscere, di valutare la natura del disagio nonché le componenti individuali e intersoggettive. Si può distinguere l’osservazione in :

- osservazione soggettiva: si intende quella particolare modalità individuale di stare e di collocarsi nello spazio gruppale con uno sguardo rivolto a sé stesso e un iniziale e parziale riconoscimento dell’altro;

- osservazione intersoggettiva: si intende il riconoscimenti dell’interazione che mostra le proprie caratteristiche nell’analisi della comunicazione verbale e non verbale e nella composizione della mappa relazionale;

- osservazione gruppale: si fa riferimento a quella modalità relazionale che qualifica lo spazio corporeo e lo spazio mentale e struttura lo spazio creativo.

Un altro strumento psicologico utile nel processo di consulenza è l’ascolto:- ascolto intersoggettivo: caratteristica individuale che rileva i contenuti emotivi ed

affettivi propri di quella dimensione storica che ognuno è capace di affrontare rispetto ad una relazione;

- ascolto intersoggettivo: è una modalità interattiva che unisce la dimensione storica individuale del disagio con quella dell’altro;

- ascolto gruppale: mantiene l’unione e sviluppa quelle funzioni cognitive necessarie per l’acquisizione dei nuovi elementi di conoscenza;

Il terzo strumento psicologico è la condivisione che costituisce la trama per trascrivere la nuova narrazione:

- condivisione soggettiva: capacità relazionale di essere partecipe all’esperienza nell’ hic et nunc della storia e della narrazione che attiva in ognuno la ricerca di un nuovo senso;

- condivisone intersoggettiva: attiva le risorse del confronto sul disagio, colloca l’esperienza alla base del cambiamento;

- condivisione gruppale: trova nell’area creativa la sua massime espressione, fornisce le tracce su cui trascrivere la narrazione condivisa capace di rielaborare i contenuti storici e costruire nuove connessioni cognitive e relazionali.

1.4 L’area creativa: la scultura e la simulataLa scultura, che nasce per l’analisi e l’osservazione dei sistemi familiari (Satir,1973; Costantine, 1978; Papp, 1982) è stata proposta come strumento di osservazione e di analisi delle dinamiche interne al gruppo classe. Nella sua esecuzione mette a disposizione informazioni relazionali che si collocano su un registro espressivo che privilegia il livello analogico e l’uso del corpo e dello spazio. È il corpo a parlare. Questo linguaggio consente di esplorare emozioni più profonde e di accedere a contenuti emotivi non esprimibili attraverso il linguaggio verbale. Attraverso la scultura si attiva quell’area creativa intermedia tra realtà e fantasia. Il regista scolpisce le relazioni, gli attori interpretano le emozioni sottostanti, il pubblico partecipa con coinvolgimento e con una capacità osservativa adeguata al contesto di consulenzaLa simulata o il role-playing permette di ricostruire aspetti o episodi della vita reale attraverso la costruzione di un canovaccio definito dai registi ed interpretato dagli attori con la supervisione dei consulenti (Galante, 2007). Permette di analizzare i vissuti, le dinamiche interpersonali, ruoli diversi e più in generale, di attivare quei processi di comunicazione agiti nel contesto rappresentato. L’obiettivo di tale metodo è quello di comprendere i propri modelli

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interattivi e quelli determinati dal ruolo nonché il proprio modo di porsi nelle situazioni relazionali.Lo spazio corporeo incontra nel palcoscenico lo spazio mentale ed uniti producono quell’immagine che attiva in ognuno una propria capacità introspettiva ed elaborativa.

2. Il modello operativo e il paradigma di conoscenza

2.1 Il modello operativoIl modello operativo da noi proposto ed utilizzato si articola attraverso tre livelli di analisi e conoscenza cosi schematizzabili:● L’osservazione e conoscenza:- analisi strutturale del contenuto e delle relazioni,- individuazione delle aree problematiche,- costruzione della mappa compositiva.● L’osservazione e l’area creativa:- simulata e scultura,- analisi della narrazione,- esperienza emotiva individuale,- esperienza emotiva gruppale.● La trasformazione motivazionale:- ritrascrizione narrativa,- integrazione dei piani emotivi e cognitivi,- riconoscimento dello spazio individuale,- riconoscimento dello spazio gruppale,- riconoscimento dei ruoli istituzionali.Attraverso l’osservazione e la conoscenza si individuano movimenti relazionali che si sviluppano nelle dinamiche della classe e tra classe ed i consulenti.I diversi livelli di osservazione favoriscono un atteggiamento riflessivo e sviluppano una capacità riflessiva insita nel paradigma di conoscenza. La restituzione di ciò che accade avviene attraverso l’elaborazione degli elementi osservati e la loro correlazione con le dinamiche relazionali ed intrasoggettive emerse. La simulata e la drammatizzazione permette di entrare in contatto nella rappresentazione con tutte le dinamiche intrasoggettive ed interpersonali in atto. Con questo passaggio il bagaglio conoscitivo alimenta altri piani di osservazione e di elaborazione che vanno a confluire in una maggiore capacità riflessiva e cognitiva. La riscontrata crescita che abbina l’osservazione alla conoscenza permette la costruzione della cosiddetta area motivazionale. Punto focale di questa area è il concetto di ritrascrizione narrativa che, partendo dall’elaborazione della simulata e delle nuove conoscenze che da questa esperienza derivano, mira ad integrare la storia di ognuno e la storia del gruppo in una nuova narrazione più autentica perché fondata sui reali bisogni individuali e del gruppo.Quando la storia personale trova spazio in quella del gruppo, si creano le basi narrative per una nuova ritrascrizione di senso sia degli avvenimenti che dei vissuti soggettivi di quel gruppo classe. L’acquisizione di queste risorse nate dall’integrazione dei livelli di conoscenza, favorisce quella trasformazione motivazionale che permette di ricollocare i ruoli e le funzioni in un contesto più adeguato e coerente alle richieste del progetto didattico-educativo scolastico.

2.2 La struttura del paradigma di conoscenzaIl paradigma di conoscenza va inteso come:

- strumento di conoscenza dei contenuti emotivi e cognitivi che i singoli ed il gruppo classe esprimono sia nell’interazione che nell’esperienza creativa,

- strumento di elaborazione e di acquisizione di nuove modalità comunicative,- strumento di trasformazione relazionale e costruzione di un nuovo sistema di

conoscenza.È uno schema operativo che descrive e mostra i diversi livelli di costruzione della conoscenza. Questa griglia analitica permette di lavorare su diversi piani cognitivi per lo sviluppo di un linguaggio comunicativo e relazionale più appropriato e corrispondente alle esigenze espressive

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della classe. L’utilità di questo paradigma sta nel prospettare un cambiamento radicale nella capacità di affrontare la conflittualità nella forma evoluta del confronto superando il blocco prodotto dallo scontro e dall’opposizione muta.La trasformazione del linguaggio da concreto, quello che esprime il sintomo relazionale proprio del blocco, a quello simbolico-metaforico dell’esperienza creativo-espressiva della simulata/scultura e al linguaggio simbolico-astratto, frutto della ritrascrizione narrativa, permette di valutare il conflitto nella dimensione relazionale che porta alla comprensione, alla condivisione e al confronto.La ritrascrizione narrativa fornisce una lettura più ampia e ricca necessaria per un cambiamento relazionale che si rende visibile attraverso la strutturazione di nuove composizioni del gruppo classe che rispondo alle esigenze di coesione e confronto. il conflitto-confronto è l’obiettivo più evoluto che non sempre è raggiungibile e dipende dal livello di difficoltà e dalle risorse disponibili. (Vedi bene schema pag. 92)

2.3 La mappa compositiva: osservazione e conoscenza relazionaleLa mappa compositiva è ciò che gli individui disegnano rispondendo da una parte ai propri bisogni individuali e dall’altra alle necessità di adattamento e adeguamento ai bisogni collettivi della classe.Nella prima fase dell’incontro vengono prese in esame le diverse domande, analizzate e correlate tra loro attraverso la griglia di lettura fornita dal modello consentendo la trascrizione in forma relazionale della mappa compositiva osservata.Che cosa si osserva e come si osserva?Oggetti dell’osservazione sono:

- la dinamica tra i contenuti soggettivi e quelli intersoggettivi, - i livelli di consapevolezza sulle dinamiche relazionali,- le difficoltà individuali nelle interazioni,- le difficoltà intersoggettive e le dinamiche microgruppali,- la rete relazionale tra i microgruppi e il gruppo-classe.

Sono state rilevate delle mappe che per la loro qualità e ridondanza sono più significative:●configurazione duetto: è rappresentata dalla frammentazione in coppie del gruppo, qualifica le situazioni definite di “mutuo soccorso” all’interno di una rete relazionale che non connette né sostiene la soggettività e le dinamiche gruppali.●configurazione triangolare: il terzo entra a svolgere funzioni attive nel gruppo come quelle di portavoce e di leader oppure di mantenere lo scambio comunicativo sotto la richiesta implicita del duetto di essere rappresentato e quella del terzo di essere riconosciuto e sostenuto. Il duetto alla base si nasconde ed insinua con parole ed azioni dei comportamenti che verranno solo agiti dal terzo.●configurazione stellare: caratterizzato da più soggetti che mantengono la loro coesione su un’area condivisa. È più complessa del triangolo anche se mantiene caratteristiche di fissità che bloccano gli individui nella posizione assunta e non permettono una circolazione di esperienze tra loro e con l’esterno. In qualità di struttura chiusa, l’rea condivisa non è ancora un’area di interscambio ma di mantenimento di dinamiche coesive gestite alla base dai soggetti che mantengono posizioni più arretrate rispetto alle “punte” che si espongono all’esterno senza però poter realmente trasportare il gruppo o far entrare altri nella configurazione.●configurazione a chiocciola: difficoltà di alcuni soggetti di assumere ruoli visibili, tendenza a collocarsi all’interno di una struttura che li mantiene in una posizione involuta in cui raggomitolarsi. Mentre è lasciato ad altri il ruolo di esposizione al visibile con gradazioni diverse. È la configurazione in cui emergono le spinte più forti alla chiusura e all’involuzione. I soggetti che si collocano al centro sono quelli che maggiormente soffrono sul piano soggettivo e relazionale, quelli più esterni manifestano potenzialità che non hanno tuttavia reali capacità di movimento e si ancorano ai soggetti più involuti.●configurazione a raggiera: il gruppo classe si caratterizza per una estrema dinamicità relazionale e comunicativa. Attraverso lo snodo centrale costituito all’essere gruppo i soggetti si connettono in modo fluido ed ognuno può raggiungere la propria posizione perché aperta allo scambio e mobile nel tempo. Caratterizza i sistemi più evoluti, nell’osservazione è la meno frequente in partenza e più raggiungibile nel corso dell’intervento. La funzionalità di questa configurazione può spengere i docenti a sottovalutare i soggetti o i micorgruppi che non partecipano. L’implicita tendenza di questa configurazione a emarginare chi non sa mantener il

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ruolo o la funzione la rende evoluta al suo interno ma disfunzionale nell’area dell’integrazione.

2.4 L’area creativa:osservazione ed esperienza relazionaleL’uso della tecnica relazionale della simulata-scultura si è rilevato utile sia per l’aspetto esperienziale che per quello elaborativo costituendo uno spazio creativo nel corso del processo. La dimensione esperienziale per le sue caratteristiche di immediatezza facilita l’accesso ad ogni livello evolutivo e salta le eventuali difficoltà emotive permettendo di entrare in contatto con le problematiche conflittuali attraverso un nuovo sguardo e con l’aiuto della nuova trama che la simulata propone. Nella simulata confluiscono in relazione dinamica sia lo spazio corporeo che quello mentale in una sinergia emotiva e cognitiva che dà luogo a un processo evolutivo in cui il dinamismo della conoscenza acquista vivacità ed entra in rapporto con ognuno di loro individualmente e con il gruppo.Lo sblocco cognitivo-emotivo avviene grazie all’esperienza diretta di un’emotività forte che trova un’espressione diversa nella relazione con un gruppo coeso volto a costruire la scena e protetto dal contenimento emotivo del contesto della consulenza. Già nella fase preparatoria della scena, in cui si individuano da parte dei registi gli attori e si concorda la trama, è presente un livello di attivazione sia dell’attenzione che della presenza in una fisicità non più solo difensiva ma anche espressiva e drammatica. Il corpo chiuso e rigido nel suo spazio diviene corpo animato dalla scelta e dalla scena e, attraverso la rappresentazione prima mentale e poi drammaturgica della simulata, diviene strumento di esperienza ed apprendimento.

2.5 Il riconoscimento dei ruoli e le dinamiche motivazionali La trasformazione motivazionale è uno degli obiettivi principali dal momento che risponde alla necessità di cambiamento della situazione di stallo relazionale. La ritrascrizione narrativa dà un nuovo senso non solo alle difficoltà ma anche alle risoluzioni. L’esposizione individuale propria del cerchio, in cui anche chi non parla o non ascolta ne è coinvolto e partecipe, crea un contesto di apprendimento in cui la soggettività deve avere uno spazio espressivo di confronto con le altre soggettività. Questo confronto non ha solo un valore ideologico ma anche e soprattutto un valore esperienziale-emotivo che qualifica il contesto e avvia la costruzione narrativa nella quale vengono integrati i diversi piani emersi in una formulazione più complessa e più aderente alla realtà emotiva e cognitiva del gruppo classe. Distinzione, riconoscimento, riscontro divengono le nuove norme che regolano il funzionamento del gruppo e delineano le modalità comunicative e relazionali alternative che possono ora essere utilizzate nell’espressione del disagio e nella ricerca delle risposte.Nella ritrascrizione il conflitto viene percepito come fisiologico precedendo quelle qualità confusive che lo rendevano inestricabile. Nel nuovo contesto gruppale, il conflitto assume le caratteristiche comunicative e relazionali proprie del confronto grazie all’acquisizione di quelle competenze emotivo-cognitive che permettono:

- l’identificazione dei ruoli,- il richiamo alle diverse competenze,- la consapevolezza dei propri bisogni- il riconoscimento delle richieste didattiche-educative.

La possibilità di esprimere e raccontare il disagio costituisce quella necessaria funzione rappresentativa che colloca nello spazio mentale i problemi e le soluzioni riducendo il ricorso ad agiti e ad un pensiero concreto. La ritrascrizione narrativa dunque, lungi dal costituire una soluzione, è una metodologia che permette ai ragazzi di entrare nel merito delle questioni ed operare con le proprie difficoltà alla ricerca delle soluzioni possibili.

3. La dinamica dell’ecosistema relazionale

3.1 Il rumore dell’entrata: la classe e i consulentiNel corso di ogni incontro si possono individuare alcune peculiarità contestuali e relazionali:

- il rumore dell’entrata: la classe e i consulenti,- la disposizione circolare: il singolo e il microgruppo,- il gioco dei ruoli, la scoperta dello spazio elaborativo,- il rumore dell’uscita: i singoli nel rapporto con i consulenti.

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L’incontro si apre all’interno di uno spazio stabilito che è un’ aula adibita alle riunioni. Il primo impatto si caratterizza per un insieme di sonorità verbali e non verbali che testimoniano il livello emotivo presente. Questo rumore d’impatto segnala l’iniziale modalità relazionale che informa i consulenti sulle caratteristiche del contesto e attiva le prime transazioni all’interno del sistema. La classe entra e si dispone secondo le regole scolastiche come se dovesse assistete ad una lezione, la posizione assunta descrive anche il timore e la diffidenza legati alla consapevolezza di trovarsi in presenza di “operatori della psiche”. La proposta di assumere una posizione circolare, imprime un nuovo ordine alla consulenza, connette il rumore alla parola, lo sguardo all’osservazione, il riconoscimento dei ruoli e avvia nuove modalità comunicative e relazionali. In questa posizione, il corpo è il primo veicolo espressivo e traduce il proprio stato d’animo e le proprie paure. La classe presenta se stesse nella forma non verbale(rumore senza suoni), chi in posizione di apertura e disponibilità, chi in posizione di chiusura che manifesta difficoltà e reticenze attraverso silenzi e rigidità emotive, chi in posizione di sfida e/o ostilità che tende a far irrigidire il clima emotivo.Il cerchio che mostra lo sguardo di sé e dell’altro permette di superare le prime modalità difensive proprie dell’incontro e di strutturare un adeguato contesto.La curiosità rispetto ai consulenti viene esplicitata alla fine dell’incontro, a testimoniare l’esperienza della fiducia e del riconoscimento che si è creata nel corso dell’incontro. Il rumore dell’entrata comincia ad acquisire delle note riconoscibili, propedeutiche alla sonorità del linguaggio della comunicazione. Ciò permette il costituirsi di una nuova sintassi comunicativa che consente ad ognuno di esprimere gli stati emotivi attraverso modalità comprensibili ad utili a capite e superare il disturbo relazionale. La relazione riconosciuta ed accettata con i consulenti formalizza l’incontro e consente il costituirsi del contesto di consulenza.

3.2 La disposizione circolare: il microgruppo e il singoloL’osservazione e la distinzione dei microgruppi presenti è la prima valutazione necessaria alla costruzione della mappa compositiva. Le caratteristiche relazionali del microgruppo visibili attraverso una serie di atteggiamenti, comportamenti e transazioni, permettono di individuare le dinamiche presenti nell’”hic et nunc” e la struttura relazionale che ne è alla base. Arrivano all’incontro insieme, siedono vicino, hanno aspetto omogeneo e atteggiamenti simili e complici, manifestano apertamente un nucleo privilegiato e chiuso di relazione. Prevalgono unioni per somiglianza e corrispondenza, esempio le ragazze più vistose possono coagularsi nel gruppo delle “grandi”. Nel corso dell’intervento, l’ascolto collettivo e l’attenzione individuale acquistano uno spazio mentale. Facendo emergere in modo più esplicito i bisogni e le difficoltà di ognuno e aprendo all’ascolto collettivo quei contenuti sequestrati difensivamente nell’alleanza adattiva, si crea la premessa per uscire dall’analisi esclusiva del contenuto dei messaggi e passare ad un’analisi della relazione che esso veicola e sottende.

3.3 Il gioco dei ruoli: la scoperta dello spazio elaborativoLo spazio corporeo espresso dal livello adattivo di relazione è possibile osservarlo anche nel rapporto con le figure adulte di riferimento. La famiglia sottende ed imprime le dinamiche relazionali che sono alla base di quei movimenti psicologici degli adolescenti impegnati nella costruzione della propria identità. La scuola diviene il luogo in cui vivere ed esprimere le vicissitudini di questo complesso mondo relazionale che vede negli insegnanti figure significative. Gli adulti, in ogni loro ruolo, divengono figure di confronto, rapporto e conflitto, sulle quali trasferire idealizzazioni e proiezioni positive e negative.Gli insegnanti si trovano esposti a queste proiezioni che in situazioni di normalità si mantengono in ambiti congrui e coerenti al contesto educativo. Nelle situazioni in cui il gruppo classe non trova coerenza relazionale e il gruppo insegnante non riesce ad essere efficace nella contestualizzazione delle difficoltà, si verificano disturbi comunicativi e relazionali che portano alla definizione di ruoli rigidi ed estremi quali, ed esempio, quelli che vedono gli insegnanti divenire supercompetenti e/o superimpotenti. Quando queste dinamiche divengono prevalenti l’intreccio relazionale che ne consegue comporta una confusione dei ruoli e della relazione che irrigidisce la comunicazione e non consente lo svolgimento regolare della didattica. Lo spazio corporeo lascia il primato comunicativo a forme espressive più affini al linguaggio e all’espressività emozionale e nel cerchio si crea quella possibilità riflessiva che apre a tutti un nuovo spazio, lo spazio mentale.

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Lo spazio mentale, inteso come capacità di elaborare i contenuti emotivi e tradurli in rappresentazioni mentali, consente di rappresentare se stessi nella relazione e di formulare sul piano simbolico le tematiche attive nella comunicazione. La comunicazione che si afferma nello spazio corporeo si arricchisce nello spazio mentale dell’aspetto analogico o di relazione consentendo il passaggio all’analisi e all’elaborazione dei contenuti psichici espressi dai meccanismi di difesa.I meccanismi di difesa così osservati producono dei comportamenti e degli atteggiamenti che non permettono il contatto con i bisogni i le spinte emotive ed affettive sottostanti.I meccanismi di negazione e proiezione vengono impiegati soprattutto in relazione ai bisogni affettivi di riconoscimento di sé e degli altri, alle paure legate alla crescita fisica e psicologica. Ad esempio la negazione dei cambiamenti puberali può creare gruppi omogenei caratterizzati da una scarda connotazione sessuale. (Negazione della dipendenza; negazione delle proprie difficoltà emotive, affettive e cognitive; la negazione dell’unione gruppale).I meccanismi proiettivi amplificano e collocano sugli altri gli elementi negati. L’irrigidimento di questi meccanismi e dei conseguenti adattamenti relazionali oltre a mantenere il blocco evolutivo, attivano modalità regressive che promuovono altri meccanismi di difesa quali l’idealizzazione e il diniego. Essi costituiscono modelli relazionali basati sullo spostamento di fantasie grandiose sia positive che negative che amplificano le dinamiche relazionali.La funzione dell’intermediario diviene necessaria e non può essere richiesta o assunta dai docenti che altre a non avere le competenze sono essi stessi oggetto delle dinamiche in atto. Nei casi in cui lo stallo relazionale si è stabilizzato la consulenza diviene lo strumento privilegiato e si propone come intermediatore ed interlocutore per l’intero sistema.

3.4 Il rumore dell’uscita: i singoli nel rapporto con i consulentiL’esperienza diversa appena vissuta crea un legame e comincia a riconoscere le nuove relazioni. Il gruppo classe esprime attraverso il silenzio quella forte emozione che attiva in ognuno una capacità introspettiva e veicola il cambiamento. Il gruppo inizia a riconoscersi come gruppo classe e individua un ambito nuovo che è quello della soggettività. Negli incontri successivi i ragazzini si dispongono automaticamente in circolo, sono silenziosi, la configurazione spaziale della mappa relazionale risulta sempre variata e la comunicazione avviene spontaneamente. La mappa si fa meno intrecciata e confusa, le relazioni tra i singoli più esplicite, la chiarezza dei problemi sottostanti più evidente. Il conflitto-scontro che impediva lo scambio comunicativo viene sostituito da un confronto che, senza escludere lo scontro, rende più utile il conflitto e ne riconosce la qualità trasformativa.La ricontestualizzazione dei ruoli, che vede docenti e studenti collocati in posizioni complementari e non simmetriche, restituisce al disagio la complessità e ne distribuisce la pertinenza nei diversi metacontesti. L’idealizzazione del docente per rimanendo attiva, si depotenzia lasciando spazio a una dinamica di ruoli più flessibile ed adeguata alle necessità della crescita e dell’apprendimento. Il movimento d’uscita all’incontro testimonia ciò che è avvenuto e lo sostanzia, manifestando la trasformazione motivazionale che verrà ritrovata come elemento acquisito nei successivi incontri.Per concludere si possono individuare alcuni punti salienti:

- il rumore dell’entrata: il rumore senza suoni e il caos relazionale,- il contesto: l’individuazione dei meta contesti e delle mappe relazionali,- la circolarità: la costruzione di uno spazio comunicativo e di nuove modalità relazionali,- i consulenti e la classe: l’osservazione e riconoscimento della soggettività e della

distinzione dei ruoli,- la simulata e la scultura: l’uso del corpo come testimone simbolico del sintomo

relazionale,- il rumore dell’uscita: la nuova sintassi comunicativa e la nuova narrazione.

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4. LA VALUTAZIONE E VALIDAZIONE DELL’ESPERIENZA: QUATTRO CLASSI E UN MODELLO

1. La valutazione dello strumento e i criteri di validazione

1.1 Le caratteristiche contestualiLa valutazione dei risultati e dell’intervento viene costruita attraverso un’analisi qualitativa che confronta concetti di uguaglianze di differenza.S’intende per uguaglianza l’unicità del modello e della prassi da noi proposta in tutte le situazione di consultazione con il rispetto di tutte le fasi che qualificano l’intervento e con il rigore di validare ogni nostro incontro.Si intende per differenze le diverse risposte che ogni singola esperienza ha prodotto sia rispetto al contesto specifico che alle caratteristiche proprie di ogni classe e delle particolari interazioni create con i consulenti.La costruzione esperienziale deve rispondere a quei requisiti strutturali specifici del modello di intervento per operare in tutte le realtà in cui la consulenza viene richiesta.Questi possono essere così esemplificati:

- le caratteristiche contestuali,- la relazione tra l’equipe interna ed esterna,- la scelta della classe,- la costruzione relazionale della domanda,- l’attivazione del paradigma di conoscenza,- la valutazione dei risultati,- la validazione dell’intervento

Le caratteristiche contestuali si riferiscono all’ecosistema scolastico nel quale si inserisce l’intervento. Le numerose variabili relative alla composizione e al funzionamento del sistema creano configurazione multiple di meta contesti che di volta in volta qualificano l’esperienza della consulenza.

1.2 La relazione tra la committenza e i consulenti L’interazione tra la committenza e i consulenti è un requisito fondamentale per l’avvio e la strutturazione dell’intervento. L’intervento richiede una collaborazione e cooperazione significativa con l’equipe interna per costruire il contesto nel quale operare. Le informazioni che successivamente i consulenti ricevono dall’equipe interna circa i cambiamenti osservati servono ad orientare l’intervento e validare nel tempo i cambiamenti avvenuti.

1.3 La scelta della classeLa scelta della classe avviene sulla base di un disagio diffuso ma non ben identificato e produce una richiesta d’intervento generica e poco circostanziata. La difficoltà di giungere ad una scelta che tenga conto del disagio dell' intero ecosistema può portare ad individuare in una o più classi difficoltà insuperabili. La scelta e i criteri utilizzati per la costruzione della domanda di consulenza sono basi fondamentali su cui poggia l’intervento e che fanno da supporto al processo di conoscenza. Talvolta, la scelta è determinata da situazioni critiche in cui la classe, già portatrice di un disagio, porta alla luce in modo esplosivo, con agiti e comportamenti esplicitamente inadeguati, problematiche relative ad integrazioni difficili tra soggetti portatori di disagio psicologico e/o portatori di disabilità.

1.4 La costruzione relazionale della domandaLa costruzione relazionale della domanda necessita di valutare le dinamiche psicologiche e relazionali dei diversi contesti coinvolti nel disturbo e nel sintomo che si sviluppa nel gruppo

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classe. Quando la relazione tra l’equipe interna e il gruppo docente è centrata su dinamiche conflittuali che però rispettano i ruoli e permettono lo scambio, le motivazioni della scelta divengono condivise e accettate consentendo una coerente formulazione della richiesta d’intervento. Al contrario, qualora la conflittualità caratterizzi la relazione tra le varie componenti istituzionali, le motivazioni si frammentano esitando in una richiesta poco chiara.La qualità relazionale tra gruppo docente e gruppo classe connota la capacità di cooperare all’interno del conflitto per giungere ad identificare nuclei problematici condivisi e riconosciuti. Se il gruppo docente struttura una coesione interna e sviluppa una competenza nell’analisi dei problemi si crea quella base relazionale utile per la formulazione di una domanda d’intervento condivisa e strutturata. Al contrario, quando all’interno del gruppo docente si creano spaccature è molto elevata la possibilità che non si giunga ad un piano stabile su cui lavorare. Questo accade, talvolta, quando alcuni docenti svolgono ruoli e competenze di tipo psicologico.I referenti istituzionali si trovano a raccogliere da parte del gruppo classe una definizione del problema, perlopiù formulata in termini di disfunzionalità. Il gruppo classe, potremmo dire che è portatore di molteplici richieste che non si coagulano in una specifica motivazione ma che danno il via al processo della scelta che i referenti devono compiere. All’interno del gruppo classe si possono individuare diverse modalità di segnalare il problema. In alcuni casi è uno o più studenti che individualmente fanno richiesta diretta al consulente del CIC; in altri, la maggior parte, il problema è segnalato da atteggiamenti ostili, indifferenti e provocatori di cui non sanno spiegare le ragioni.

1.5 Attivazione del paradigma di conoscenza I movimenti relazionali ed emotivi, propri del processo, creano una dinamica intersoggettiva e intrasoggettiva che permette l’attivazione del paradigma di conoscenza e una ridefinizione narrativa dei problemi relazionali. Fin dai primi momenti dell’incontro la proposta narrativa che i consulenti fanno al gruppo classe, facilita il passaggio dalla narrazione descrittiva, quella che ha portato di fatto allo stallo, ad una narrazione contestuale che colloca il disagio nel cerchio relazionale. Lo spostamento dell’attenzione dal piano contestuale a quello meta contestuale sviluppa uno spazio mentale fondamentale per l’attività narrante e propedeutico per la funzione rappresentativa.Questo passaggio deve essere stimolato dagli interventi dei consulenti mirati a tradurre il disagio agito in una rappresentazione drammaturgica. Questa rappresentazione permette di considerare il problema da più prospettiva e costituisce una base per il cambiamento. Il cambiamento trova espressione nella trasformazione motivazionale che qualifica la nuova narrazione. La simulata finale è spesso la traduzione drammaturgica della presenza di una nuova rappresentazione interna al gruppo del problema vissuto e permette la realizzazione del cambiamento perché fornisce ad ognuno un registro di analisi e comprensione del proprio disagio. La proposta narrativa e rappresentativa dà vita al paradigma di conoscenza che viene assimilato attraverso il canale privilegiato dell’esperienza emotivo-cognitiva ed acquisito attraverso la ritrascrizione narrativa che rende il gruppo capace di usare il linguaggio simbolico-astratto adeguato alla comunicazione del disagio e all’elaborazione delle risorse disponibili.La costruzione di un livello di conoscenza che modula su un piano di conflitto-confronto le varie istanze, sia interne al gruppo che esterne, nel rapporto con i diversi contesti istituzionali scolastici, è frutto del processo e qualifica la fase finale dell’intervento di consulenza.2. Il gruppo classe e il blocco evolutivo

2.1 Descrizione della classeL’intervento viene richiesto per due classi differenti che presentano un blocco comunicativo ed emotivo che si enfatizza nel rapporto con i docenti e si associa ad un sentimento di sofferenza molto profondo nonché a punte di conflitto molto alte. Le due classi vengono segnalate e convocate contemporaneamente dall’equipe interna.Le classi, una seconda ed una quarta, di un liceo psicopedagogico sono composte da 20 studenti ognuna con un’età tra i 15-16 anni la prima e tra i 17-19 anni la seconda. Appare evidente la discrepanza evolutiva tra le due classi. Inoltre sono composte quasi totalmente da femmine, con un solo maschio per classe. La numerosità dei partecipanti crea un’iniziale confusione che trova riscontro nel cambiamento favorito dalla posizione circolare da noi proposta. La circolarità interrompe le modalità difensive primarie del nascondimento e dell’oppositività attraverso il rumore dell’entrata e la disattenzione svalutativa. L’essere esposti

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alo sguardo di ognuno aiuta a costruire uno spazio di ascolto e facilita l’attenzione. Le motivazioni della scelta di queste due classi da parte dell’equipe interna sono determinate dalla presenza in entrambe di disagi emotivi individuali a cui si associano difficoltà collettive del proprio gruppo classe.Le classi invece motivano la scelta connotando il problema come frutto di una incomprensione totale e di ostilità da parte dei docenti che non sanno riconoscere le loro necessità e le loro capacità. Le due chiavi di lettura del problema diventano le basi su cui lavorare per far emergere quella struttura contestuale che permetta la costruzione relazionale dell’analisi della domanda. L’analisi della domanda parte dalla narrazione contestuale che colloca il problema proposto all’interno della struttura relazionale attuale del gruppo classe. Nelle fasi successive viene sviluppata ed ampliata dalla narrazione storica che ricolloca i nuclei narrativi soggettivi ed intersoggettivi nei metacontesti relazionali. Infine la nuova narrazione permette di entrare pienamente nel cuore della domanda e cominciare ad analizzarla nella sua complessità. In conclusione, attraverso la proposta narrativa della consulenza, di questa prima fase dell’incontro, si crea un clima emotivo di ascolto attento e una predisposizione alla ricerca di senso, propria dell’esperienza narrativa.

2.2 Analisi del sintomo relazionaleLa prima osservazione mette in luce contesti caratterizzati da isole individuali di disagio, immerse in un gruppo classe che si sente svalutato ed è esso stesso svalutante. Emerge fin dall’inizio, la forte necessità di tutti di parlare e un grande bisogno di comunicare ed essere ascoltati.Dopo la fase di presentazione iniziale di tutti, cominciamo a costruire la mappa relazionale che tiene conto della provenienza territoriale che in questa scuola è molto diversificata; l’appartenenza a paesi diversi è in sé un elemento che influisce sull’integrazione tra sottogruppi. L’omogeneità cronologica dell’età e dell’aspetto fisico non coincide con quella ambientale di provenienza creando una configurazione relazionale ad “arcipelago” i cui confini sono segnalati dalle sfumature linguistiche dialettali e dagli atteggiamenti di apertura e di chiusura caratteristici di ogni isola culturale.Le tematiche che emergono riguardano il rapporto con i professori descritto come difficile, problematico, conflittuale, irrisolvibile. Gli insegnanti vengono descritti come “umorali”, instabili ed ingiusti nella valutazione. Su questa base emotiva si inseriscono quesiti e riflessioni che attivano il processo di conoscenza attraverso l’uso del paradigma di conoscenza. Al termine di questa fase osservativa si costruiscono dei quesiti sui quali i consulenti propongono di lavorare in termini dialogici.

- Come dovrebbe essere un professore? - Cosa dovrebbe fare un professore?- Perché la classe è così offesa?- Perché la classe è cosi critica con i professori?

I ragazzi esprimono delle opinioni diverse. Si avverte una difficoltà emotiva ad operare modalità di pensiero “simbolico-creativo” capaci di riformulare i problemi con chiavi interpretative che liberano dalla ripetitività ridondante delle tematiche proprie del blocco.

2.3 L’esperienza dell’area creativaLe due classi si dispongono ad interpretare due simulate diverse, i registi sono in coppia.Inizia la classe delle più grandi che intitola la scena “La nostra giornata tipo”. Nella scena il professore è seduto alla cattedra e gli alunni in piedi. È appena finita un’interrogazione e si apre una discussione forte e vivace sul voto. Si crea una situazione di rivolta di tutta la classe contro il professore.La classe delle più piccole intitola la scena “L’interrogazione di matematica”. Nella scena si discute sul compito di matematica che non è stato fatto e si parla animosamente su una frase detta dal docente in cui vengono definiti tutti “ciucci, asini”. Anche in questa scena si crea una situazione di alta conflittualità, espressa al decente che scoppia in urla e parole offensive e dagli studenti che con le lacrime agli occhi si ribellano alle offese.L’esperienza vissuta dagli attori e raccontata a tutti permette di aprire all’ascolto di tutte le istanza emotive soggettive presenti nella scena. La possibilità di entrare in contatto anche con l‘emozione dell’attore professore, scioglie la rigidità narrativa precedente e apre a considerazioni diverse sui temi proposti.Il sintomo0 relazionale corrispondente si qualifica con una connotazione emotiva che si

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esprime con sentimenti d’incomprensione, delusione e rabbia. Questi sentimenti si frappongono alla possibilità di apprendere e chiudono i ragazzi al rapporto di collaborazione con il processo didattico-evolutivo.Al termine delle simulate il rumor iniziale concitato e confuso si riduce e lascia spazio a momenti di silenzio introspettivo a cui seguono commenti e voci che non si sovrappongono e si ascoltano. Si osserva un cambiamento nella capacità di ordinare e contestualizzare i propri pensieri. Questa modalità comunicativa permette di entrare in un area di conflitto-confronto.Al termine del primo incontro la classe si trova di fronte ad una ridefinizione del problema che acquista uno spessore emotivo-cognitivo nuovo e si colloca più precisamente nell’ambito relazionale. Con questo cambiamento si entra nello spazio mentale e il gruppo manifesta un’autonomia nell’esperienza e acquisisce un linguaggio più affine all’analisi dei problemi e più efficace alla risoluzione del blocco.L’incontro successivo si apre direttamente nello spazio mentale facilitando l’uso del dialogo di aperture e della simulata. La relazione con i consulenti è caratterizzata da un clima di fiducia, di curiosità e di vicinanza, la consulenza dunque acquista per ogni partecipante il valore di uno spazio intermedio.Le simulate successive sono intitolate “La giustizia” fatta dalla classe quarta e “La ricreazione fuori orario” fatta dalla seconda.Nella prima emerge una scena in cui le dinamiche relazionali, anche se rigide, si mantengono su piani di correttezza. È in scena la fine di un’interrogazione con l’insegnante che mette i voti e ne dà una corretta spiegazione accettata dagli studenti che non replicano. Il titolo descrive una situazione nella quale ognuno si sente riconosciuto nel proprio ruolo.Nella seconda scena simulata il professore non riesce a parlare a causa della confusione nella classe. In una situazione così caotica viene rimproverata la persona che era in silenzio. L‘interrogazione in questo clima diviene una sorta di punizione. Il titolo segnala un’incongruità nel comportamento della classe e una forma di oppositività alle regole.La crescita cognitivo-emotiva, che si manifesta nella composizione-invenzione della scena e nella successiva elaborazione testimonia un passaggio importante nel percorso della consulenza.

2.4 La valutazione ed attivazione delle risorse evolutive del gruppo La valutazione delle risorse evolutive del gruppo classe avviene attraverso l’analisi e la comprensione dei cambiamenti relazionali e della conoscenza soggettiva dei propri limiti e delle proprie risorse.L’incontro di follow-up che segue a distanza di circa 6 mesi, rileva e mette in evidenza sia la stabilizzazione dei cambiamenti registrati nel corso degli interventi precedenti che l’elaborazione successiva che il contesto della consulenza ha prodotto nell’intervallo trascorso. La presenza di due classi diverse ha messo in luce la capacità di utilizzare le differenze come risorse.La classe seconda ha potuto apprendere con più facilità i cambiamenti determinati dall’intervento della classe quarta, che per le sue caratteristiche relazionali e il livello di sviluppo, ha potuto farsi promotore di istanze evolutive più strutturare e congrue al contesto scolastico.La classe delle grandi con la maggior capacità di esporsi, ha messo a nudo i nodi conflittuali attraverso un linguaggio corporeo più evidente ed esplicito.La classe delle piccole, nonostante l’iniziale confusione, si è restata con facilità all’esperienza creativa offrendo una plasticità relazionale ed una intensa partecipazione emotiva. Per quanto attiene al livello della capacità osservativa, le classi hanno manifestato una maggiore competenza nel collegare gli elementi osservati con la ricerca di significato, allontanandosi dalle stereotipie percettivo-cognitive caratteristiche della fase tipica di stallo in cui avviene l’intervento.L’osservazione riflessiva, che congiunge l’aspetto intrapsichico a quello intersoggettivo, permette ad ognuno di percepire meglio il proprio stato emotivo e quindi sentire l’atmosfera gruppale non più come nel caos relazionale ma nella dinamica propria di quel gruppo classe.Il livello comunicativo acquisisce le caratteristiche proprie sia del “qui ed ora” con la loro valenza confusiva e conflittuale, che quelle narrative.Per quanto riguarda la partecipazione, l’apertura partecipativa delle classi si è manifestata sia al loro interno che verso di noi con atteggiamenti e domande di conoscenza sulla nostra formazione ed esperienza.

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La trasformazione motivazionale attiva l’acquisizione delle diverse risorse che sono proprie del processo che si instaura attraverso il paradigma di conoscenza. Le classi si sono mosse dentro l’esperienza riuscendo ad attivare un buon livello di consapevolezza del problema relazionale presente e realizzando un cambiamento emotivo-cognitivo propulsivo alla ripresa dinamica del processo di crescita e alla diminuzione della conflittualità oppositiva sai all’interno dei sottogruppi che nel rapporto con i docenti.I docenti coinvolti con le classi non hanno fatto una richiesta specifica di contatto con noi né sono entrati nel merito dell’intervento assumendo una posizione neutrale.Il feed-back a distanza di tempo, realizzato nel contatto con il docente rappresentante l’equipe interna ha ulteriormente confermato l’efficacia dei risultati raggiunti.

3. Il gruppo classe e il blocco individuale

3.1 La descrizione della classeLa richiesta di intervento nasce dalle difficoltà, segnalate sia dai docenti che dalla classe, legate ad un contesto di disagio relazionale che causa un forte blocco nell’attività didattica.Il rappresentate del CIC fa presente che la classe è sperimentale e quindi si trova in una situazione di novità rispetto alle altre. L’essere parte di un progetto sperimentale è percepito come diversità e non come specificità. La classe presenta problematiche comportamentali e relazionali di contenimento e collaborazione nei confronti dei docenti a cui viene richiesto contemporaneamente di essere comprensivi e autoritari. La classe quando ci incontra si presenta come il “I SS”, giocando sull’ ss sperimentale che diviene l’ss nazista, e si qualifica come una classe isolata dal resto della scuola e disunita al proprio interno. La classe è composta da sole femmine tra i 13 e i 14 anni. La costruzione relazionale della domanda fa emergere la narrazione contestuale del gruppo classe che si fonda sui sentimenti di isolamento e slealtà. Nel nostro ascolto emerge una richiesta di riconoscimento e di accettazione che ognuno vuole esprimere con emozioni e sentimenti di aperta sofferenza e difficoltà. A differenza del caso precedente, l’intervento è coerente alla domanda.

3.2 Analisi del sintomo relazionaleLa presenza di un livello di consapevolezza e di coerenza emotiva con il disagio comportamentale colloca questa classe su un piano evolutivo sostanzialmente adeguato.Nel cerchi, la posizione presa da alcune ragazze è indicativa dello spazio che nel gruppo tendono a scegliere o a chiedere. Accanto ai consulenti si siedono le ragazze che si mostrano anche nell’atteggiamento più aperte al contatto con l’estraneo. La mappa compositiva si articola su duetti adattivi che non confluiscono mai in gruppi più ampi e che vengono a costituire una struttura rigida priva di interconnessioni relazionali. La parola è presa sempre dalle stesse persone che si muovono come scudi protettivi rispetto alle compagne silenziose. Il quesito “ Chi protegge chi?” diviene una chiave di lettura relazionale che proponiamo all’attenzione del gruppo classe. La risposta, che si avvale del detto “L’unione fa la forza” mette in luce l’idealizzazione compensatoria che il gruppo mette in atto per difendersi da sentimenti di fallimento e inadeguatezza nella relazione con l’altro.Appare evidente il bisogno di appartenenza nel riconoscimento della propria identità individuale e gruppale ed il disagio che ognuno vive in una solitudine che non permette di sostenersi anche di fronte ai fallimenti o ai propri limiti. Nello stesso tempo mettono in evidenza la difficoltà di sostenere la propria differenza e diversità in un rapporto più personalizzato e all’interno di un processo di individuazione sia nella relazione con i pari che con i docenti.

3.3 L’esperienza dell’area creativaLa proposta della simulata e scultura trova il gruppo disponibile. La partecipazione è gestita da quei soggetti che fin dall’inizio si sono manifestati come portatori della parola.Vengono realizzate due simulate: “L’assemblea di classe” e “Il litigio”. Nella prima l’assemblea si trasforma rapidamente in un’arena in cui nessuno ascolta nessuno, la scelta del luogo della gita è importante per il gruppo eppure non riesce a trovare uno spazio di accordo e

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mediazione, ma diviene un elemento di divisione che sfocia addirittura in una incoerenza comunicativa rimettendo in discussione la gita stessa. Si fa esplicita richiesta di delega ai rappresentanti e tutto rimane insoluto. L’emozione più espressa è la rabbia. Nella seconda simulata cambia lo sfondo relazionale che acquista una peculiarità interpersonale, più legata al privato e alle relazione affettive tra i soggetti del gruppo. La scena è centrata sul malore di una ragazza intorno alla quale si raccoglie il gruppo, la ragazza però non accetta l’aiuto di tutti ma richiede un esclusivo rapporto con un solo soggetto stabilendo un clima di frustrazione nelle compagne rifiutate. La scena si chiude con un forte litigio tra tutte e con un aumento dell’aggressività che fa alzare i toni e rende più evidente la forte gelosia tra loro.Ricompare, in varie forme, il tema della scelta che ci riporta all’origine della costruzione di questo gruppo che si trova a fare i conti con le conseguenze per aver scelto l’indirizzo sperimentale e i dubbi e i risentimenti relativi al non essere state aiutate veramente a capire e maturare la scelta.L’attenzione che segue alla nostra proposta di ascolto del vissuto di ognuno, è ben visibile nel cambiamento del clima emotivo che si manifesta in un lungo silenzio e in una forte emozione individuale. Finalmente gli esclusi possono parlare, tutti rimangono colpiti da questo cambiamento che permette per la prima volta di articolare una transazione che esprime sia le difficoltà individuali che interpersonali.Il primo incontro si chiude sull’esperienza di un’emozione condivisa diversa e un iniziale riconoscimento cognitivo dei problemi relazionali sottostanti il blocco evolutivo in cui si trovano. Nel secondo incontro, la scioltezza nel parlare e nell’ascoltare testimoniano quello che loro hanno percepito come cambiamento e miglioramento, tutti riescono ad esprimersi. I temi conflittuali trovano un ascolto ed una possibilità espressiva più adeguata e funzionale al superamento del blocco evolutivo.La classe propone, dopo la prima fase dell’incontro, di fare due simulate intitolate: “Una giornata di sciopero” e “Una giornata di scuola con un supplente”.Nelle due scene la trama contiene un tema centrale che riguarda la necessità individuale di avere pieno controllo e gestione del gruppo, di essere un referente per la classe, di ottenere il consenso di tutti. Ciò produce un altissimo livello di competizione che non consente la differenziazione dei ruoli. Non riconoscendosi non riescono a riconoscere i referenti istituzionali nella loro competenza e autorevolezza. La consapevolezza di ciò ci fa entrare nell’area conflittuale del confronto che dà l’avvio al paradigma di conoscenza che permette di costruire le connessione tra le aree di disagio espresse e le risorse disponibili per il superamento del blocco emotivo-cognitivo del gruppo-classe.L’espressione così sintetizzata del clima emotivo della classe: “Soffro di meno, penso alla scuola solo come studio” è il risultato di un’elaborazione che nasce dalla acquisita capacità introspettiva che rende più chiaro il significato che l’esperienza scolastica ha all’interno di un più articolato spazio relazionale soggettivo. La scelta dell’indirizzo, la composizione del gruppo classe, la dinamica con l’istituzione nel suo complesso, le aspettative individuali e collettive presenti, divengono i temi contrali della riflessione in un chiaro spostamento dell’obiettivo che non è più “sopraffare o essere sopraffati” ma diviene la comprensione del senso del loro essere lì insieme.

3.4 Valutazione ed attivazione delle risorse evolutive del gruppoL’incontro di follow-up, che si svolge nell’aula della classe anziché nella biblioteca come i precedenti, permette di osservare l’acquisizione di una modalità relazionale circolare che viene espressa attraverso la disposizione in cerchio delle sedie che le ragazze ci fanno trovare già pronte al nostro ingresso. L’aver trovato il cerchio conferma l’acquisizione qualitativa di alcune risorse che sono al centro dell’analisi valutativa propria dell’incontro di follow-up. La struttura del contesto da loro costruita, in cui sono state assegnate anche le nostre posizioni, riconosce ad ognuno uno spazio di visibilità ed ascolto.Il cambiamento evidente sta nella presenza di funzioni relazionali di mediazione che consentono l’emersione delle isole soggettive più periferiche che trovano ora uno spazio individuale intorno al cerchio. La costruzione di aree di mediazione attiva l’avvio del paradigma di conoscenza e produce formulazioni nuove sul disagio vissuto: “ognuno di noi è molto debole…l’unione fa la forza… potremmo essere la classe migliore se capiti… ci rifaremo il prossimo anno…”.La valutazione di questa trama narrativa evidenzia i cambiamenti e dà significati diversi e frasi

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già dette ma che ora acquistano una connotazione contestuale.Così come il contesto è stato costruito spontaneamente, l’area creativa è attiva per rappresentare il loro vissuto con una facilità di accesso, di partecipazione, di costruzione, di esecuzione e di espressione che testimoniano l’acquisizione di una organizzazione cognitivo-affettiva capace di utilizzare il piano simbolico-rappresentativo lasciando in secondo piano quello concret-descrittivo.L’esperienza di lavoro con questa classe ha messo in luce le loro risorse che ben si sono avvalse degli strumenti offerti dall’intervento di consulenza e che ognuno ha assimilato in modo soggettivo ed ha utilizzato nella relazione interpersonale.

4. Il gruppo classe e il modello che non funziona

4.1 Descrizione della classeQuesta esperienza di consulenza mette in rilievo alcuni aspetti che hanno influito nella non riuscita in termini di efficacia dell’intervento.L’aspetto che qualifica questa esperienza è la scarsa conoscenza dei consulenti del modello di intervento da parte del preside dell’istituto scolastico che individualmente fa la richiesta d’intervento. L’assenza di un insegnante referente dell’equipe interna e la mancanza da parte del preside di una conoscenza più approfondita del modello d’intervento, ha reso la domanda di consulenza generica e poco motivata.Se la domanda è maturata in un clima di emergenza senza una solida base motivazionale e senza una conoscenza delle modalità e scopi dell’intervento da parte dell’Istituzione scolastica, la possibilità di creare un contesto di consulenza è ridotta. Inoltre, la scarsa comunicazione e la mancanza di un referente del CIC non ha permesso di informare i gruppi classe sulla natura e la qualità degli incontri con i consulenti. Nel caso specifico, due classi fortemente problematiche sono state accorpate in un’unica sessione senza essere state informate né del nostro intervento, né della motivazione alla base della domanda di intervento.Appena entrate in classe gli studenti, di malavoglia e senza alcun interesse, si dispongono nello spazio contestuale in modo disordinato e non rispettano le indicazioni date di disporsi in un semicerchio.Questo comportamento molto disturbante di una parte di loro che chiameremo “ non collaborante” adotta atteggiamenti verbali e non verbali di sabotaggio e provocazione.Dall’altra parte il gruppo “collaborante” si dispone con timore e senza energia, chiaramente inibito dall’aggressività delle compagne che si trovano dietro le spalle.La proposta di sperimentare la simulata come veicolo espressivo e rappresentativo viene accettate solo dal gruppo collaborante. Nella breve scena, intitolata “Il voto”, viene descritta una situazione di stallo comunicativo tra docente e studenti.Alla richiesta di fare una propria rappresentazione, il gruppo non collaborante si ritrae ancora di più creando uno spazio maggiore di distanza da noi connotato come un’area di paura e spavento. Paliamo del loro e del nostro disagio, connotiamo i loro atteggiamenti di arroganza e ignoranza relazionale come dei sintomi relazionali che qualificano l’interazione di autoemarginazione e di rivolta.L’intervento successivo consiste nello spostamento fisico dei consulenti al centro, nello spazio lasciato vuoto fra i due gruppi, e nel chiedere al gruppo collaborante di spostare le sedie in modo da costruir comunque il cerchio relazionale. La frontalità e la posizione dei consulenti, quasi a cerniera fra i due gruppi, attiva un contatto emotivo silenzioso. Questo mutamento relazionale consente di attivare un campo di osservazione e di ascolto proprio del contesto della consulenza.

4.2 Analisi del sintomo relazionaleLe forme comunicative fanno emergere da una parte un gruppo di soggetti che possiamo definire leader negativi con funzioni di controllo e coagulo; dall’altra la presenza di soggetti con atteggiamenti e comportamenti disfunzionali e polari di aggressività e inibizione.Alla fine dell’incontro ognuno rimane seduto al proprio posto e si verifica spontaneamente, l’avvicinarsi di alcuni ai consulenti per fare delle richieste d’aiuto. Questo richiama l’attenzione controllante dei leader negativi che rimangono sulla porta con lo sguardo rivolto verso l’interno mentre la maggior parte dei gruppi esce piano e senza fretta.

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La scissione proposta dai due gruppi rispecchia quella che viene descritta e percepita come la scissione tra la parte infantile e bisognosa e quella falsamente adulta espressa dagli atteggiamenti di provocazione e di arroganza.Tutti questi nodi tematici non si strutturano in una trama narrativa perché prevale un pensiero concreto e letterale. In un contesto con queste caratteristiche le peculiarità del modello non si possono esprimere né realizzare. La narrazione rimane bloccata sul piano contestuale e non riesce a passare a livelli storico e narrativo.

4.3 L’esperienza dell’area creativaNel primo incontro la breve simulata si è caratterizzata per la letteralità e concretezza espressiva segnalando una ridotta capacità di simbolizzazione rappresentazione.Nel secondo incontro si fanno più chiare alcune difficoltà relazionali legate alla scarsa comunicazione da parte dei docenti e del preside. Ci viene detto dagli studenti che non gli è stata correttamente comunicata la data e l’orario dell’incontro, quindi nessuno voleva e poteva rimanere oltre l’orario di uscita scolastico già stabilito. Gli studenti appaiono sorpresi ed irritati con un senso di disagio enorme da parte di tutti, compresi i consulenti. Le due classi dovevano uscire alle 12.30 e la richiesta di restare per un'altra ora non trova uno spazio di disponibilità. L’esperienza di questo incontro fa chiarezza sulla necessità di stabilire dei criteri precisi ed inderogabili relativi alla modalità di collaborazione sia con i referenti istituzionali che tra loro e le classi interessate. L’analisi relazionale dell’accaduto “ l’incontro non si può fare perché non è stato organizzato” ci pone di fronte ad una realtà contestuale dove la relazione docente-classe è di tipo non collaborativo.L’elaborazione dell’accaduto e la discussione con le figure referenziali istituzionali permette di concordare modalità comunicative e relazionali da seguire per organizzare il successivo incontro in un’adeguata cornice contestuale. Questa situazione ha richiesto due incontri su tre solo per stabilire le regole. La necessità di continuare l’intervento ci porta ad accettare un ulteriore incontro allo scopo di centrare almeno il fuoco dell problematiche presenti.

4.4 Valutazione ed attivazione delle risorse evolutive del gruppo Il successivo incontro permette ai consulenti di andare oltre i livelli di conoscenza acquisiti e di scegliere una modalità d’incontro nuova che veda protagonista una classe per volta in uno spazio con regole chiare e definite.La disposizione circolare inizialmente avversata, consente di stabilire un contatto visivo.Ogni classe riesce ad esprimere il proprio disagio e ad entrare in contatto tra loro e con i consulenti. Le due classi propongono delle dinamiche diverse che permettono di individuare i nodi di blocco e le modalità espressive che rinforzano l’alternarsi di atteggiamenti di chiusura emotiva-relazionale e di esplosività emotivo-comportamentale.Una classe si presnta più omogenea per età e nuclei problematici. Emergono difficoltà espressive e comunicative con inibizione delle creatività. L’esperienza di un parziale cambiamento del clima emotivo e la suggestione, che nasce dalle interpunzioni e meta comunicazioni dei consulenti, permette l’accesso ad una nuova consapevolezza, base fondamentale per determinare un cambiamento. Viene reso possibile uno spazio espressivo individuale nel quale manifestare il proprio disagio. È netta la percezione di un contesto emotivo-relazionale tra i consulenti e la classe che qualifica l’incontro, lo rende diverso dai precedenti e permette il confronto.Nell’altra classe si presenta in modo evidente la disomogeneità nell’età e nelle fasi evolutive. Pertanto si individuano dei sottogruppi che esprimono il loro disagio e il loro modo di essere in maniere libera, costante e ambivalente. Il rumore provocato da alcune di loro attraverso atteggiamenti oppositivi copre quello che poi è stato da noi definito il vero problema di blocco di tutta la classe. Il cambiamento nell’ascolto e nell’interazione avviene quando le interpunzioni e meta comunicazioni dei consulenti traducono in termini affettivi ed emotivi i nuclei psicologici alla base degli atteggiamenti provocatori.L’acquisizione di questa consapevolezza porta la classe a fare una vera richiesta d’aiuto.L’intero intervento con queste classi ha raggiunto un primo obiettivo che è stato quello di chiarire la domanda di aiuto senza poter però lavorare sulla ostruzione relazionale della domanda per giungere alla formulazione del paradigma di conoscenza. L’intervento dunque non può operare una reale analisi delle risorse né delle difficoltà essendo rimasto bloccato alla fase iniziale.

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5. Il gruppo classe e l’integrazione difficile

5.1 Descrizione della classeL’incontro con la classe è preceduto dall’incontro con una singola ragazza affetta da sindrome autistica, Vittoria, con gravi disturbi del comportamento e ritardo cognitivo.È presente l’insegnante di sostegno che si fa interprete. Vittoria utilizza un comunicatore simbolico a cui associa movimenti ed espressioni mimiche di partecipazione o opposizione. Vittoria appare incongrua e spaventata, non sa scegliere ma chiede di uscire per fare una passeggiata. Incontriamo la classe nello spazio della biblioteca. Il prim livello di conoscenza avviene con la presentazione del nostro intervento e con l’esplicitazione dei motivi della consultazione. La richiesta è stata motivata dall’equipe interna per un episodio di violenza di cui Vittoria è stata vittima. L’episodio di violenza è stato agito da un gruppo di ragazze della classe, guidate da una di loro, individuata come leader negativo, nei confronti di Vittoria che è stata obbligata con l’inganno a bere in un bicchiere la saliva sputata dalle ragazze del gruppo.Durante il primo incontro, dopo qualche minuto, la libertà di partecipare o meno all’incontro si traduce in una spontanea entrata di Vittoria nell’aula. Si siede accanto ad una compagna che le resterà vicina per tutto il tempo. L’altro posto accanto a lei verrà occupato prima da una compagna che esce perché sta male e poi da Maria, il leader negativo. La classe appare tutta fortemente tesa a proteggere sia il leader che la vittima. Durante l’incontro Vittoria mette in atto tutti i suoi abituali comportamenti distraenti. L’ipotesi circolare è che l’atteggiamento di Vittoria visibile ed udibile possa servire anche a contenere i disturbi relazionali sottostanti degli altri soggetti che agiscono continuamente dei comportamenti di disturbo nella classe.Nella mappa relazionale iniziale si viene a costruire un cerchio dove i soggetti sono anonimi ed indistinti in una apparente omogeneità formale. La classe è qualificata dall’evento accaduto con sentimenti di svalutazione ed atteggiamenti di emarginazione. Tutto ciò produce una povertà emozionale e cognitiva nella loro comunicazione che si caratterizza per semplicità e riluttività espressiva. I docenti si trovano di fronte alle due punte dell’iceberg costituite da Vittoria e Maria e devono continuamente agire su di esse per mantenere il controllo della classe.

5.2 Analisi del sintomo relazionaleDopo la fase della presentazione entriamo nella narrazione contestuale dei problemi che la classe presenta. La narrazione si snoda con un attacco ai docenti che vengono vissuti come più che autoritari, chiusi al dialogo e ostili alla classe. Pertanto la non comunicazione, il non ascolto, la mancanza di comprensione relazionale compongono la cornice nella quale inquadrare l’evento traumatico. La classe si esprime così: Vittoria è un problema. Non c’è stato fin dall’inizio né un vero rifiuto né grosse difficoltà nella relazione con lei. La confusione non è causata solo dal disturbo prodotto dai sintomi di Vittoria ma è il frutto dell’incontro tra questa forma di confusione e quella presente in alcuni soggetti del gruppo classe. Da queste sequenze narrative emergono sentimenti ed emozioni di forte diagio perché il paradigma comunicativo mette in evidenza un paradosso:

- La classe deve essere unita intorno a Vittoria,- La classe ha difficoltà di coesione e di relazione al suo interno e con la patologia di

Vittoria.La narrazione contestuale deve essere continuamente sostenuta dai nostri interventi di connessione e associazione tra elementi che vengono portati in forma grezza e caotica dalla classe, che si trova di fronte ad un insieme di temi scollegati e di emozioni molto intense che non riscono a contestualizzare.Le dinamiche adattive proprie dello spazio corporeo sembrano prevalere con la presenza di forti resistenze ad accedere alle dinamiche cognitive-emotive proprie dello spazio mentale.

5.3 L’esperienza dell’area creativaNell’incontro successivo si apre lo spazio mentale attraverso la proposta di utilizzare l’esperienza creativa. Vittoria è presente ma dopo pochi minuti deve uscire perché fortemente agitata.La classe rimane a lungo in silenzio e alcuni ridono in modo incongruo.La dimensione relazionale del gruppo viene così osservata: “La classe senza Vittoria è vuota”. “Come si può riempire al di là di Vittoria? Silenzio e risatine”. “La classe è incriminata. Senso di colpa e sentimento di rabbia”.

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Di nuovo si verifica un movimento di protezione nei confronti di Maria e si invitano le altre due che hanno partecipato all’evento violento a parlare. Solo una delle due riuscirà ad esprimere il suo dispiacere, l’altra rimarrà chiuse nel silenzio. Proponiamo di fare una simulata sul trauma. Si propongono come registe due ragazze considerate come capaci di mediare e meta comunicare. Vengono invitate a partecipare anche le due ragazze più silenziose e Maria svolge il suo ruolo come è accaduto nella realtà.Il titolo è “Una ragazza in difficoltà”, la scena descritta è fedele ai fatti. Nella discussione e nei commenti successivi alla visione della scena appare una povertà elaborativa sul piano emotivo e cognitivo. L’elemento che emerge chiaramente è il silenzio di Maria, attenta a tutto quello che si dice e appare coinvolta. La classe appare “multiproblematica” rispetto a delle aree di funzionalità relazionale relative al contesto didattico. Si evidenzia un paradosso messo in scena dalla classe: “Siamo tutte con Vittoria ma sosteniamo Maria”.Il risultato importante è che le emozioni espresse vengono contenute in un silenzio dove la paura, il dolore, la tristezza sono espressione di un livello di grande difficoltà dell’elaborazione della paura del diverso e dell’estraneo che si unisce alla paura di crescere nella responsabilità.Al termine della prima fase dell’intervento, si apprezza un cambiamento significativo nell’atteggiamento della classe che si affida a richiedere la nostra funzione di “esperti del disagio psichico” per supposto emotivo e per favorire una costruttiva comunicazione con i docenti e l’istituzione.

5.4 Valutazione ed attivazione delle risorse evolutive del gruppo La necessità espressa dal gruppo docente di uno spazio di consulenza anche per loro, si è concretizzata con due incontri durante i quali esaminare ed approfondire aspetti più legati alle difficoltà didattiche e relazionali con il gruppo classe e con Vittoria.Le difficoltà di gestire i comportamenti e le urla di Vittoria durante le lezioni, non sono riferite come la problematica prevalente né sulla quale viene richiesta la consulenza, mentre si mette in luce una globale difficoltà a gestire i comportamenti provocatori da parte di alcuni tra cui Maria. Si apprezza un’apertura e disponibilità da parte della maggior parte del gruppo docente a discutere ed ampliare la complessità delle valutazioni sull’accaduto.Con la classe, negli incontri che seguono, si comincia a lavorare sulle risorse e si aprono una serie di aree tematiche:La svalutazione di Vittoria attraverso il gesto aggressivo dello sputare, la svalutazione delle loro difficoltà a sostenere questa situazione e la sottovalutazione della problematicità della classe da parte del corpo docente ha creato un circuito di aggressività che non ha trovato altra via se non l’agito.La ricomposizione della complessità e la nuova lettura sostenuta dal paradiga di conoscenza diviene patrimonio di tutti e permette di riconoscere le reali necessità, i bisogni, i limiti e le risorse che sottendono alle dinamiche multiple in atto nel gruppo classe.La nostra domanda, apparentemente ingenua “Perché non potete mostrare il meglio di voi stesse”? è in realtà il primo passo verso la costruzione della nuova narrazione dove il negativo è una condizione e non un’identificazione e dove il meglio non è l’idealizzazione ma lo sforzo verso la crescita. Il primo asse della nuova narrazione poggia sul tema della stima di sé e degli altri e sul significato del proprio ruolo all’interno del contesto scolastico.La valutazione della congruità della nuova struttura narrativa si osserva e si riconosce nel successivo incontro attraverso i seguenti cambiamenti:

- atteggiamento di accoglienza e disponibilità alla relazione con i consulenti,- modalità comunicativa individuale ed interpersonale aperta al confronto tra loro e i

consulenti,- modalità comportamentale più collaborativa ed adeguata al contesto,- partecipazione regolata da Vittoria all’attività scolastica con una modalità d’integrazione

attenta alle condizioni e possibilità della ragazza.La simulata e poi la scultura hanno come tema centrale “il triangolo affettivo e l’esperienza del tradimento”. Le scene descrivono la posizione triangolare dei soggetti coinvolti in legami affettivi in cui nascono tensioni legate alle diversità del significato, dell’amicizia, dell’amore, della fedeltà, dell’amore.Le tematiche, sebbene diverse, hanno tutte come centro tematico il valore del legame, la relazione con l’altro e l’autonomia.Si evidenzia un’identificazione femminile legata al modello di riferimento culturale collettivo

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mentre quella individuale, contrata sulla soggettività, è ancora immatura e inadeguata.La fine dell’identificazione con il leader negativo restituisce uno spazio relazionale congruo ed adeguato ad ognuno e riattiva il processo di crescita e il superamento del blocco evolutivo.La presenza del docente intermediario si è rivelata fondamentale per il successo dell’intervento. La sua funzioni è quella di mantenere il cerchio del gruppo classe coeso intorno al progetto e di attivare la collaborazione del gruppo.

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