Riassunto Del Testo Manuale Di Diritto Commerciale A Cura Di v. Buonocore

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8/3/2019 Riassunto Del Testo Manuale Di Diritto Commerciale A Cura Di v. Buonocore http://slidepdf.com/reader/full/riassunto-del-testo-manuale-di-diritto-commerciale-a-cura-di-v-buonocore 1/139  1 DIRITTO COMMERCIALE L’EVOLUZIONE STORICA DEL DIRITTO COMMERCIALE L’attività commerciale ha sempre avuto nel corso dei secoli una disciplina particolare nonostante non abbia mai costituito una branca del diritto completamente autonoma rispetto al diritto civile. La società romana non conobbe un sistema unitario del diritto commerciale e lo “jus civile” non po- se le regole riguardanti la produzione manifatturiera e gli scambi commerciali, considerati attività inferiori persino presso le classi plebee. Il commercio in senso stretto aveva infatti, in Roma, carat- tere tipicamente esterno. Le origini del diritto commerciale vanno ricercate nell’età comunale grazie al rigoglioso sviluppo del commercio e alla nascita delle corporazioni di arti e mestieri. Successi- vamente l’affermarsi dei traffici marittimi sulle grandi tratte oceaniche determinò la nascita dei tito- li documentali di credito per agevolare i pagamenti su piazze lontane. Con la Rivoluzione Francese del 1789 le corporazioni vennero travolte perché contrarie ai principi liberali: il diritto commerciale perse il suo carattere di specialità soggettiva e si passò a considerare commerciale ogni singolo atto che interessasse da vicino il commercio. Si aprì così la strada alle grandi codificazioni dove il diritto commerciale era ormai oggettivizzato: nel codice di commercio napoleonico del 1808, l’atto di commercio, da chiunque compiuto, divenne l’unico criterio di applicabilità della disciplina com- mercialistica 1 . Il primo codice italiano di commercio venne pubblicato il 25 giugno 1865 e ricalcava largamente i principi del codice francese, già introdotto in Italia con le guerre napoleoniche. Il diritto commercia- le si affermò come un sistema di norme autonomo rispetto al diritto civile, prevalente su di esso per il criterio della specialità e caratterizzato dall’esistenza di principi generali propri dei rapporti com- merciali. Con il codice civile del 1942 venne deciso di unificare il codice civile e il codice di commercio, per unificare il diritto delle obbligazioni, partendo da una considerazione unitaria di ogni attività eco- nomica facente capo alla figura generale dell’imprenditore commerciale. LE FONTI DEL DIRITTO COMMERCIALE Nell’ambito delle fonti legali, due sono, accanto alla Costituzione e accanto al codice civile, le spe- cies cui occorre assegnare una posizione di preminenza: a) la legislazione speciale, che in alcuni settori del diritto commerciale ha profondamente in- novato rispetto alla disciplina del codice civile, provocando mutazioni radicali; b) la legislazione comunitaria, la quale soprattutto nel settore societario ha modernizzato la preesistente disciplina. Una seconda categoria di fonti è quella degli usi, prevista al numero 4 dell’art. 1 delle disposizioni preliminari al codice civile. Gli usi di cui parliamo e che possiamo continuare a chiamare commer- ciali, sono normalmente relativi ad aspetti contrattuali non disciplinati da norme scritte o fatti salvi da esse. Comunque non sono da escludersi gli usi c.d. legali perché frutto di prassi consuetudinarie, né le pratiche generali interpretative previste dall’art. 1368 c.c.. Uno degli argomenti principali per negare la specificità del diritto commerciale dopo l’unificazione dei codici è stato sempre quello della scomparsa di una norma come quella contenuta nel nell’art. 1 del codice di commercio del 1882, che nell’ordine delle fonti anteponeva gli usi mercantili al diritto civile. Non v’è dubbio che il netto ridimensionamento degli usi normativi (commerciali) nella unificazione del 1942 è stato ac- compagnato da una sostanziale dilatazione della portata e della rilevanza degli usi negoziali, tra i quali naturalmente occupano una posizione dominante le clausole d’uso di natura commerciale 2 . Occorre inoltre aggiungere che:  sono frequenti casi in cui convenzioni internazionali o direttive comunitarie indicano le norme usuarie come fonti primarie cui l’imprenditore deve far capo; 1 In questo periodo i codici di commercio sono separati da quelli civili per poter essere più facil- mente emendabili al fine di soddisfare le mutevoli esigenze dei traffici. 2 Ex art. 1340, le clausole d’uso si intendono inserite nel contratto se non risulta che non sono state volute dalle parti.

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DIRITTO COMMERCIALE

L’EVOLUZIONE STORICA DEL DIRITTO COMMERCIALE L’attività commerciale ha sempre avuto nel corso dei secoli una disciplina particolare nonostantenon abbia mai costituito una branca del diritto completamente autonoma rispetto al diritto civile.La società romana non conobbe un sistema unitario del diritto commerciale e lo “jus civile” non po-se le regole riguardanti la produzione manifatturiera e gli scambi commerciali, considerati attivitàinferiori persino presso le classi plebee. Il commercio in senso stretto aveva infatti, in Roma, carat-tere tipicamente esterno. Le origini del diritto commerciale vanno ricercate nell’età comunale grazieal rigoglioso sviluppo del commercio e alla nascita delle corporazioni di arti e mestieri. Successi-vamente l’affermarsi dei traffici marittimi sulle grandi tratte oceaniche determinò la nascita dei tito-li documentali di credito per agevolare i pagamenti su piazze lontane. Con la Rivoluzione Francesedel 1789 le corporazioni vennero travolte perché contrarie ai principi liberali: il diritto commercialeperse il suo carattere di specialità soggettiva e si passò a considerare commerciale ogni singolo attoche interessasse da vicino il commercio. Si aprì così la strada alle grandi codificazioni dove il dirittocommerciale era ormai oggettivizzato: nel codice di commercio napoleonico del 1808, l’atto dicommercio, da chiunque compiuto, divenne l’unico criterio di applicabilità della disciplina com-

mercialistica1

.Il primo codice italiano di commercio venne pubblicato il 25 giugno 1865 e ricalcava largamente iprincipi del codice francese, già introdotto in Italia con le guerre napoleoniche. Il diritto commercia-le si affermò come un sistema di norme autonomo rispetto al diritto civile, prevalente su di esso peril criterio della specialità e caratterizzato dall’esistenza di principi generali propri dei rapporti com-merciali.Con il codice civile del 1942 venne deciso di unificare il codice civile e il codice di commercio, perunificare il diritto delle obbligazioni, partendo da una considerazione unitaria di ogni attività eco-nomica facente capo alla figura generale dell’imprenditore commerciale.LE FONTI DEL DIRITTO COMMERCIALE Nell’ambito delle fonti legali, due sono, accanto alla Costituzione e accanto al codice civile, le spe-

cies cui occorre assegnare una posizione di preminenza:a)  la legislazione speciale, che in alcuni settori del diritto commerciale ha profondamente in-novato rispetto alla disciplina del codice civile, provocando mutazioni radicali;

b)  la legislazione comunitaria, la quale soprattutto nel settore societario ha modernizzato lapreesistente disciplina.

Una seconda categoria di fonti è quella degli usi, prevista al numero 4 dell’art. 1 delle disposizionipreliminari al codice civile. Gli usi di cui parliamo e che possiamo continuare a chiamare commer-ciali, sono normalmente relativi ad aspetti contrattuali non disciplinati da norme scritte o fatti salvida esse. Comunque non sono da escludersi gli usi c.d. legali perché frutto di prassi consuetudinarie,né le pratiche generali interpretative previste dall’art. 1368 c.c.. Uno degli argomenti principali pernegare la specificità del diritto commerciale dopo l’unificazione dei codici è stato sempre quello

della scomparsa di una norma come quella contenuta nel nell’art. 1 del codice di commercio del1882, che nell’ordine delle fonti anteponeva gli usi mercantili al diritto civile. Non v’è dubbio che ilnetto ridimensionamento degli usi normativi (commerciali) nella unificazione del 1942 è stato ac-compagnato da una sostanziale dilatazione della portata e della rilevanza degli usi negoziali, tra iquali naturalmente occupano una posizione dominante le clausole d’uso di natura commerciale2.Occorre inoltre aggiungere che:

•  sono frequenti casi in cui convenzioni internazionali o direttive comunitarie indicano lenorme usuarie come fonti primarie cui l’imprenditore deve far capo;

1 In questo periodo i codici di commercio sono separati da quelli civili per poter essere più facil-mente emendabili al fine di soddisfare le mutevoli esigenze dei traffici.2 Ex art. 1340, le clausole d’uso si intendono inserite nel contratto se non risulta che non sono statevolute dalle parti.

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•  non va sottovalutata la funzione che gli usi svolgono verso la tipizzazione di molti dei nuo-vi rapporti commerciali;

•  per molti comparti ed in particolare per quello dei contratti che possono considerarsi comecontratti di impresa (leasing, factoring), esiste un corpus codificato di usi (raccolte di usi, dicui al n. 9 dell’art. 1 delle disposizioni preliminari).

Una terza categoria di fonti è costituita da quelli che denomineremo riassuntivamente codici. Questi

codici possono essere i più vari e possono, innanzi tutto, essere collettivi e individuali

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.L’IMPRESAL’IMPRENDITORE E L’IMPRESA CONCETTI GENERALI Nozione economica e giuridica di imprenditore commercialeSotto il profilo economico, l’imprenditore si presenta come colui che utilizza i fattori della produ-zione organizzandoli, a proprio rischio, nel processo produttivo di beni o servizi: egli è, dunque,l’intermediario tra quanti offrono capitale e lavoro e quanti domandano beni o servizi.Da un punto di vista giuridico, la nozione di imprenditore ha subito una profonda evoluzione. Si èinfatti passati da un imprenditore inteso come speculatore sul lavoro, una figura particolare dicommerciante, ad una visione completamente opposta che considera imprenditore e commerciante

in un rapporto da genere a specie4

: il commerciante è quell’imprenditore la cui attività consiste nel-lo scambio di beni.Per l'art 2082 del cod. civ. è imprenditore "colui che esercita professionalmente un'attività economi-ca organizzata al fine della produzione o dello scambio di beni o di servizi". Da tale definizione sievincono i caratteri che qualificano l’attività imprenditoriale:

•  l’attività economica, in quanto per creare nuova ricchezza, espone al rischio di perdere laricchezza utilizzata5;

3 Possono ritenersi tali alcuni tipi di regolamenti come:•  i regolamenti di borsa o i regolamenti delle camere arbitrali;

•  le condizioni generali di affari codificate da associazioni professionali al fine di predisporreuna disciplina unitaria e certa per le contrattazioni nel settore merceologico interessato;

•  i contratti normativi, che predispongono il regolamento dei futuri comportamenti dei sogget-ti e dei rapporti ancora da concludere;

•  i codici di lealtà e di correttezza professionale elaborati anch’essi da associazioni di operato-ri o da enti indipendenti senza fini di lucro.

4 L’abrogato codice di commercio non conteneva una definizione di imprenditore, ma all’art. 3 e-lencava alcune attività che erano reputate atti di commercio ed all’art. 8 definiva “commercianti”“coloro i quali esercitavano atti di commercio per professione abituale e le società commerciali”.5 Il termine “attività economica” sta ad indicare una serie di atti finalizzati ad uno scopo, nel sensoche ogni atto che l’imprenditore compie serve all’esercizio dell’impresa e, più in particolare, a rea-lizzare la produzione o lo scambio di uno o più beni, di uno o più servizi determinati. Il passaggiodal sistema degli atti di commercio, previsto nel codice di commercio del 1882, al sistemadell’attività, previsto nel codice del 1942, non è esente da critiche: in primo luogo, occorre ribadireche l’attività deve potersi far risalire alla volontà del soggetto. Non a caso la dottrina si è domandatase l’attività dovesse considerarsi un fatto ovvero un atto. La seconda conseguenza rende ancora piùevidente la contrapposizione tra vecchio e nuovo sistema, dove si consideri che nell’ambito di unaattività perfettamente lecita l’imprenditore può compiere singoli atti illeciti e che, nell’ambito di unaattività illecita l’imprenditore possa compiere una serie di atti perfettamente leciti. Il discorsosull’impresa illecita assume grande importanza. Nella disputa tra coloro i quali respingono decisa-mente la plausibilità di un’impresa illecita e coloro i quali l’ammettono preferendo porre l’accento

sul profilo ontologico, si inseriscono quegli autori i quali preliminarmente distinguono l’ipotesi incui illecita è l’attività come tale dall’ipotesi in cui l’illiceità riguarda solo le modalità di svolgimen-to di un’attività lecita. Nel primo caso la sanzione è quella della non invocabilità della disciplinadell’impresa da chi è autore e partecipe dell’illecito; nel secondo caso si tratterà di valutare di voltain volta se l’atto singolo debba o no essere colpito dalla sanzione della nullità.

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•  l’organizzazione, che prescinde tuttavia dall’impiego o meno di collaboratori o di un com-plesso di beni materialmente percepibile come invece si pensava in passato6;

•  la professionalità, risultante da un’attività costante e sistematica, non solo occasionale7;•  il fine della produzione o scambio di beni o servizi;•  lo scopo di lucro8, che tuttavia la dottrina dominante ritiene solo requisito naturale e non

necessario;•  la spendita del nome, requisito necessario in quanto determina l’assun-zione del rischioimprenditoriale9;

6 Il termine “organizzata” è richiamato più volte nel codice civile come ad esempio nell’articolo2083. Ai fini dell’organizzazione occorrono quindi: capitale, proprio o altrui, e lavoro. Secondol’opinione prevalente, l’organizzazione serve a individuare il confine tra le attività produttive, chein quanto organizzate, assumono il carattere di impresa e quelle attività che, pur essendo destinate aprodurre beni o servizi, non assumono carattere di impresa proprio perché non sono organizzate (la-voro autonomo e professioni liberali). L’organizzazione deve rivolgersi al mondo esterno, si parla aproposito di eterorganizzazione, e deve essere rivolta al mercato. Se queste sono le conclusioni della

dottrina prevalente, v’è da registrare l’opinione contraria di chi ritiene che la presenza di una orga-nizzazione intermediatrice fra quanti hanno lavoro e capitale da offrire, gli imprenditori, e quantidomandano determinati beni o servizi, i consumatori, non costituisca più carattere distintivo ed e-sclusivo dell’impresa. Concludendo, non potendosi ignorare una distinzione che il legislatore co-munque fa, quella cioè tra imprenditore e lavoratore autonomo, si può scrivere che vi è “lavoro au-tonomo finché l’uso di mezzi o di strumenti materiali serve all’esplicazione dell’attività di lavorodel soggetto e non configura una produttività che ecceda quella del lavoro individuale; vi è impresaquando il livello è superato, appunto come risultato del concorso determinante e qualificante di altrifattori, quale che sia poi il rapporto tra di essi e il rapporto tra essi e l’attività di lavoro del sogget-to”.7 Il termina “professionalità” sta a significare abitualità, ma non vuol dire permanenza, né esclusivi-

tà, né prevalenza nell’esercizio. E mentre alla stregua di tali precisazioni, non sono imprese quelleoccasionali, come ad esempio la costruzione di un edificio per abitazioni civili da parte del liberoprofessionista che dispone di eccedenze liquide, lo sono quelle stagionali, come ad esempio gli sta-bilimenti balneari e, quando la lavorazione seguiva i ritmi naturali della fruttificazione, le impresedi trasformazione dei prodotti agricoli. Altro problema è quello dell’accertamento della professiona-lità relativamente al momento della nascita e della cessazione dell’impresa, da un lato, e, dall’altro,in funzione dell’attività professionalmente esercitata da una attività occasionalmente esercitata equindi l’impresa occasionale. Occorre subito affermare che per aversi impresa occasionale non èsufficiente il compimento di un singolo atto o di un singolo affare, perché anche tale tipo di impresenecessità il più delle volte di una reiterazione di atti per un certo periodo di tempo. Si può conclude-re affermando che la valutazione relativa all’esistenza del requisito della professionalità non puòandar mai disgiunta da una coeva valutazione dei dati relativi alla organizzazione.8 È discusso se costituisca requisito essenziale dell’attività di impresa lo scopo di lucro. Parte delladottrina (Ascarelli) è orientata in senso affermativo sul rilievo che la realizzazione di un profitto èinsita nel concetto di attività economica e nel concetto di professionalità. Per altri autori (Ferrara)non è necessario che in concreto il soggetto percepisca un lucro, ma occorre che l’attività da lui e-sercitata sia astrattamente lucrativa, capace cioè di procurare un lucro indipendentemente dal fattoche concretamente lo produca o meno. Altri autori, infine, e sono oggi la maggioranza (Galgano),ritengono che lo scopo di lucro non sia un elemento essenziale dell’attività imprenditoriale, ma soloun elemento naturale: se, infatti, nella maggior parte dei casi, l’impresa è esercitata al fine di ricava-re i mezzi necessari di sostentamento per l’imprenditore, non mancano comunque ipotesi in cui il

fine di lucro esula dagli scopi dell’impresa (imprese esercitate da enti pubblici, cioè casse di rispar-mio, le imprese mutualistiche, cioè società cooperative e società di mutua assicurazione). Più che loscopo di lucro, quello che è essenziale all’impresa è la obiettiva economicità della sua gestione, cioèla capacità di ricavare dall’attività svolta quanto occorre per coprire con i ricavi i costi di produzio-ne.

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Ai sensi dell’art. 2238, i liberi professionisti e gli artisti non sono mai – in quanto tali – imprendi-tori: essi lo diventano solo se ed in quanto la professione intellettuale sia esercitata nell’ambito diun’altra attività di per se qualificata come impresa10. Il motivo di tale esclusione è da ricercare nelfatto che tali soggetti non assumono, nell’esercizio delle proprie attività, quel rischio del lavoro checaratterizza la figura di imprenditore: si parla per essi di una “obbligazione di mezzi” e non di una“obbligazione di risultati”. Quindi il professionista ha diritto al compenso per il solo fatto di averprestato la propria opera ed a prescindere dal risultato di essa, il cui rischio, pertanto, gravasull’altra parte del rapporto obbligatorio.Lo “status” di imprenditore e la nozione di impresa nel codice civileLa qualifica di imprenditore comporta per il soggetto uno speciale regime giuridico (status di im-prenditore). Questi infatti:

•  ha la direzione dell’impresa;•  ha l’obbligo di tutelare le condizioni di lavoro dei propri dipendenti;•  è sottoposto ad un regime di particolare rigore pubblicistico.

Quanto all’impresa, poiché il codice si limita a definire la figura dell’imprendi-tore, è la dottrina adestrapolarne la nozione: partendo dal presupposto che l’im-prenditore è il titolare dell’impresa, que-sta può essere definita come l’attività economica organizzata dall’imprenditore e da lui esercitata

professionalmente al fine della produzione o dello scambio di beni o di servizi.Principi costituzionaliTutto il Titolo della Costituzione dedicato ai “Rapporti economici” riguarda in modo più o meno di-retto l’impresa. Infatti:•  all’art. 41 si sancisce la libertà di iniziativa economica privata e pubblica: per cui l’impresa

pubblica e quella privata coesistono nel nostro sistema in condizioni giuridicamente paritarie edi concorrenza. Se da un lato si stabilisce che l’iniziativa economica è libera, dall’altro si pro-clama che essa non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale e in modo da recare danno al-la sicurezza, alla libertà e alla dignità umana.

•  all’art. 43 si sancisce l’intervento pubblico nell’economia in forme sia autoritative che espro-priative. Le imprese in questione debbono riferirsi a servizi pubblici essenziali, a fonti di ener-

gia, a situazioni in monopolio ed avere un preminente interesse generale. La normativa esami-nata, sancendo l’intervento dello Stato nell’economia, spezza il rapporto tradizionale fra pub-blico e privato e porta, come afferma Galgano, alla conversione del diritto privato in un diritto

9 Nel caso di imprenditore occulto (quando cioè è un prestanome a figurare come titolaredell’impresa), parte della dottrina ritiene che sia il prestanome a ricoprire la qualifica dell’impren-ditore, salva la responsabilità in solido con l’imprenditore occulto verso i creditori.Alla tematica dell’imputazione appartengono anche

•  la figura dell’impresa senza imprenditore, figura creata dalla dottrina: vi rientrerebbero leipotesi dell’ente pubblico, delle fondazioni o delle associazioni che esercitino attività di im-presa ma non come oggetto istituzionale esclusivo o prevalente, dell’impresa esercitatadall’incapace o dal rappresentante legale dell’incapace senza la prescritta autorizzazione,delle entità prive della soggettività giuridica piena; ma secondo qualche autore un fenomenodi spersonalizzazione si può cogliere anche considerando il mondo della grande impresa, nelquale non solo vi è spesso scissione tra coloro che hanno investito nel capitale sociale e chigoverna l’impresa;

•  il caso dell’imprenditore che eserciti più attività d’impresa o addirittura più imprese. Occor-re far riferimento al concetto stesso di impresa e agli elementi costitutivi di esso: per cui siavranno imprese distinte, sia pur facenti capo allo stesso soggetto, quando potranno riscon-trarsi e pluralità di attività e pluralità di organizzazioni, mentre dovrà parlarsi di impresa u-

nica quando l’unica attività sia organizzata con articolazioni di stampo autonomistico sulpiano territoriale, amministrativo, contabile o addirittura aziendale, cui sarà più consono at-tribuire la natura di settori o di rami d’impresa.

10 A titolo di esempio si consideri il medico che gestisce una clinica privata nella quale egli stessoopera.

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comune a pubblici e privati operatori che, nell’esercizio delle attività economiche, operano inposizione paritaria.

•  all’art. 41 comma 3 si sancisce l’indirizzo e il coordinamento a fini sociali dell’at-tività econo-mica pubblica e privata.

•  Agli art. 45 e 46 si ha invece il riconoscimento della cooperazione mutualistica, la tutela e losviluppo dell’artigianato e la collaborazione dei lavoratori alla gestione dell’azienda.

LE CATEGORIE IMPRENDITORIALI

 L’imprenditore agricoloFino all’entrata in vigore del codice del 1942, l’attività di sfruttamento delle terre - considerata at-tività di mero godimento – era regolata anziché dal codice di commercio, dal codice civile. La nor-mativa attuale, considerando imprenditore chiunque svolga un’attività creativa di ricchezza, ha in-cluso nella categoria anche l’agricoltore ma ha conservato per esso alcuni privilegi comel’esclusione dall’obbligo della tenuta delle scritture contabili e la non assoggettabilità al fallimento.Per l'art. 2135 è imprenditore agricolo “chi esercita un'attività (professionale) diretta alla coltivazio-ne del fondo11, alla silvicoltura12, all'allevamento del bestiame13 e attività connesse”; il 2° commadell'art. 2135 precisa che "si reputano connesse le attività dirette alla trasformazione o all'alienazio-ne dei prodotti agricoli, quando rientrano nell'esercizio normale dell'agricoltura". La giurisprudenza

e la dottrina prevalenti ritengono che le imprese agricole per connessione non si esauriscano nel no-vero di quelle elencate dalla norma considerando tale elencazione meramente esplicativa. Inquest’ottica si distinguono:

•  attività connesse tipiche, cioè quelle dirette alla trasformazione o all’aliena-zione di pro-dotti agricoli, quando rientrano nell’esercizio normale dell’agri-coltura;

•  attività connesse atipiche, cioè tutte le altre attività esercitate in connessione con la colti-vazione del fondo, la silvicoltura e l’allevamento del bestiame (es. agriturismo, trebbiaturaper conto terzi ecc.).

Tali attività sono oggettivamente commerciali ma vengono considerate agricole qualora siano con-nesse ad una delle tre attività agricole essenziali. Perché possano essere considerate connesse, taliattività devono presentare:

•  una connessione soggettiva, in quanto il soggetto che esercita l’attività deve essere un im-prenditore agricolo;

•  una connessione oggettiva, in quanto l’attività connessa non deve configurare un’autonomaspeculazione commerciale o industriale e, tramite la persona dell’agricoltore, deve esseresempre collegata oggettivamente alla terra. Tale collegamento oggettivo viene individuatoper le attività connesse tipiche attraverso il criterio dell’esercizio normale dell’agricoltura;per le attività connesse atipiche mediante il criterio dell’accessorietà.

11 Per coltivazione del fondo deve intendersi il complesso unico e inscindibile del ciclo dei lavorisvolti dall’agricoltore per conseguire i prodotti immediati e diretti dalla terra, dalla rottura del suoloal raccolto. La giurisprudenza tende a far rientrare nella nozione di attività agricole anche la flori-coltura sempre che il fondo rappresenti realmente il fattore produttivo e non sia solo lo strumentoper la conservazione delle piante. La dottrina non ritiene verificate le condizioni minime richiestedalla norma in relazione alle colture artificiali attuate fuori dal fondo (piante le cui radici sono im-merse in particolari soluzioni).12 La silvicoltura sta ad indicare l’attività tecnica volta al fine di ottenere il più conveniente prodottodel bosco entro cicli regolari di tempo. Non rientra nell’attività di silvicoltura l’attività meramenteestrattiva del legname, attività tipicamente industriale se disgiunta dalla coltivazione.13

Al termine di numerosi dibattiti, alcuni dei quali sono ancora vivi in dottrina e giurisprudenza,possiamo affermare che: deve considerarsi agricola la pastorizia anche se svolta in forma transu-mante, poiché assume importanza il fondo e non la sua coltivazione; è dibattuto il senso e la portatadel termine bestiame, nel quale, se interpretato estensivamente, rientrerebbero gli animali da pellic-cia o da mero allevamento, le specie avicole e l’apicoltura.

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L’imprenditore commercialeL’imprenditore commerciale può essere individuato per via residuale allorché la sua attività non co-stituisca “attività agricola”. In particolare, ai sensi dell’art. 2195, sono imprenditori commerciali co-loro che esercitano:

•  attività industriali dirette alla produzione di beni o servizi: sono tutte quelle che si propon-gono, attraverso la trasformazione di materie prime, la creazione di nuovi prodotti ovvero,attraverso la organizzazione di capitale e lavoro, la predisposizione di servizi;

•  attività intermediaria nella circolazione di beni, ovvero le attività commerciali;•  attività di trasporto per terra, per acque, per aria14;•  attività bancaria, che si concreta nella raccolta di risparmio tra il pubblico e nell’esercizio

del credito;•  attività assicurativa, cioè quelle attività che consistono nell’esercizio delle assicurazioni pri-

vate15;•  attività ausiliarie alla precedenti, cioè quelle attività che agevolano l’esercizio delle attività

specificamente indicate o comunque sono legate a queste ultime da un rapporto di comple-mentarità.

Occorre prestare attenzione ai casi particolari:•  dell’impresa civile, intesa come attività di produzione di servizi, non definibile come attivi-

tà industriale ai sensi del n. 1 dell’art. 2195: parte della dottrina ritiene che l’imprenditorecivile non sia assoggettabile alla disciplina dell’imprenditore commerciale (quindi non falli-rebbe); la dottrina dominante ritiene invece che la dicotomia impresa agricola – impresacommerciale esaurisca ogni possibile tipo di impresa e quindi non esista una “impresa civi-le”;

•  degli enti pubblici economici, ovvero quella particolare categoria di enti pubblici che han-no per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di una attività commerciale: per essi, lanormativa dettata per gli imprenditori privati, si aggiunge o si sovrappone alla disciplina i-stituzionale16.

14 L’attività di trasporto, specialmente di cose, è attività ausiliaria delle attività industriali e com-merciali, ma per la sua essenzialità nella vita e nello sviluppo di una comunità essa è elevata a cate-goria autonoma e differenziata.15 Ragion per cui non sono imprese di assicurazione quegli enti che gestiscono le c.d. assicurazionisociali, le quali sono vere e proprie forme pubbliche di assistenza e previdenza.16 È impresa pubblica quella esercitata dallo Stato o da altro ente pubblico, retta da uno statuto ap-provato con provvedimento nel quale sono indicati gli scopi che essa si prefigge di raggiungere.Oggi l’intervento pubblico nell’economia non ha più il ruolo di primo attore e sta abbandonandolentamente la scena per tanti anni tenuta. Infatti, è in atto un processo generale di privatizzazione,

nel senso che lo Stato sta, attraverso procedure e modalità differenti, abbandonando progressiva-mente la politica dell’intervento pubblico in economia .È opinione quasi generale della dottrina privatistica e pubblicistica che l’impresa pubblica non pre-senti rispetto all’impresa privata elementi di differenziazione. Una conferma in questo senso vienedalle uniche due norme di carattere generale che, nel codice civile, sono dedicate all’impresa pub-blica:

•  l’art. 2093 che stabilisce espressamente che le disposizioni di questo articolo si applicanoagli enti pubblici inquadrati nelle associazioni professionali;

•  l’art. 2201 che obbliga gli enti pubblici che hanno per oggetto esclusivo o principaleun’attività commerciale all’iscrizione nel registro delle imprese.

Si deve inoltre ricordare che il fine dell’attività imprenditoriale è sempre quello della produzione odello scambio di beni e servizi e che la finalità di interesse generale perseguita dall’impresa pubbli-ca ha la stessa collocazione della finalità di profitto dell’imprenditore privato rispetto all’impresa eal fine dell’impresa. Infine, ai sensi dell’art. 2221, l’impresa pubblica non è soggetta a fallimento eal concordato preventivo, bensì, di norma, alla liquidazione coatta amministrativa.

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Il piccolo imprenditoreL’art. 2083 definisce piccoli imprenditori il coltivatore diretto del fondo17, l'artigiano18 e il piccolocommerciante19, e tutti coloro che esercitano un'attività professionale organizzata prevalentementecon il lavoro proprio e dei componenti la famiglia. Tale definizione si scontra però con l'art. 1 dellalegge fallimentare secondo la quale “sono piccoli imprenditori quegli imprenditori che siano titola-ri, ai fini dell'imposta di ricchezza mobile, di un reddito inferiore al minimo imponibile e, quandosia mancato l'accertamento, abbiano investito nella loro azienda un capitale non superiore a L.900.000”. La discrasia pare essersi risolta con 4 pronunce della Corte Cost. La sentenza del 22 di-cembre 1989 ha statuito che la norma del secondo comma dell'art. 1 L. Fall. è cancellata dal nostroordinamento né è, fortunatamente, resuscitabile. La distinzione tra le categorie di piccolo, medio egrande imprenditore, ed insolvente civile deve essere operata, pertanto, non più in relazione ad uncosì esiguo capitale investito, bensì con ponderato riferimento “all’attività svolta, all’organizzazionedei mezzi impiegati, all’entità dell’impresa ed alle ripercussioni che il dissesto producenell’economia generale”.ACQUISTO DELLA QUALITÀ DI IMPRENDITORE COMMERCIALE L’acquisto della qualità di imprenditore commerciale, per le persone fisiche, è indipendente da ogniadempimento di carattere formale e si produce in conseguenza dell’inizio effettivo della attività e-

conomica. Sul momento in cui debba dirsi nata l’impresa, l’orientamento della dottrina si bipartiscein due teorie:

17 Il coltivatore diretto del fondo è definito, sia pure indirettamente dall’art. 1647, come colui checoltiva il fondo “col lavoro prevalentemente proprio o di persone della sua famiglia sempre che il

 fondo non superi i limiti di estensione che, per le singole zone o colture, possono essere determina-

te”, rappresenta la specie dalla quale è iniziato quel processo di progressiva divaricazione tra la fi-gura codicistica di piccolo imprenditore e l’interpre-tazione che di essa è stata data dalla legislazio-ne speciale, la quale si è preoccupata di quantificare l’avverbio “prevalentemente”. Così con un sus-seguirsi di leggi si è giunti ad affermare che sia necessario che la complessiva forza lavorativa del

nucleo familiare non sia inferiore ad un terzo di quella occorrente per la normale necessità della col-tivazione del fondo e per l’allevamento e il governo del bestiame, e che ai fini del computo del fab-bisogno di giornate lavorative occorre tener conto anche dell’impiego delle macchine agricole.18 Questa è la categoria che ha dato luogo a dibattiti più accesi e corposi, anche perché oggetto didue leggi, la n. 860 del 1956 e la n. 443 del 1985 (legge – quadro dell’artigianato), le quali, a diffe-renza delle leggi speciali dettate per il coltivatore diretto che si sono limitate a dare una valenzaquantitativa dell’avverbio “prevalentemente”, hanno inciso profondamente sulla nozione stessa diartigiano. Occorre ricordare che la Costituzione, all’articolo 45 comma 2, stabilisce che “la legge

 provvede alla tutela e allo sviluppo dell’artigianato”, e all’articolo 117 che la materia è di compe-tenza delle regioni. Le linee principali della legge – quadro dell’artigianato possono così riassumer-si:

•  l’impresa artigiana ha ad oggetto prevalente lo svolgimento di una attività di produzione dibeni, anche semilavorati, o di produzione di servizi, escluse le attività agricole e le attività diprestazione di servizi commerciali, di intermediazione nella circolazione dei beni e ausiliariedi queste ultime, di somministrazione al pubblico di alimenti o bevande;

•  è imprenditore artigiano colui che esercita personalmente, professionalmente e in qualità dititolare dell’impresa artigiana, assumendone la piena responsabilità con tutti gli oneri e ri-schi inerenti alla sua gestione e direzione e svolgendo in misura prevalente il proprio lavoro,anche manuale, nel processo produttivo;

•  l’impresa artigiana può essere svolta anche con la prestazione di opera di personale dipen-dente diretto personalmente dall’imprenditore artigiano o dai soci.

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Piccolo commerciante è colui che, rispondendo ai caratteri di cui all’art. 2082, svolge un’attivitàdi intermediazione nella circolazione dei beni, vale a dire il piccolo imprenditore commerciante.Questi non deve tenere le scritture contabili obbligatorie, non è soggetto alle procedure concorsualie solo recentemente è stato obbligato all’iscrizione in una sezione speciale del registro delle impreseai fini di certificazione e di pubblicità notizia.

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•  teoria oggettiva: l’impresa nasce quando sono realizzate organizzazione e attività produt-tiva. Alla stregua di tale criterio sembrerebbe risolto in senso negativo il problema della ri-comprensione nell’attività di impresa di quelli che sono stati denominati gli atti di organiz-zazione, quegli atti, cioè, preparatori al vero e proprio inizio dell’attività;

•  teoria soggettiva: secondo i fautori di tale tesi, la distinzione tra atti di organizzazione e attidell’organizzazione non avrebbe rilievo decisivo nella soluzione del problema, soprattutto,

perché, a parte la difficoltà pratica di inquadramento degli atti compiuti dal soggetto in unapiuttosto che in un’altra delle due categorie, anche gli atti preparatori dell’attività rientranonell’attività di impresa. L’importante è che non si tratti di atti isolati.

L’accettazione di una piuttosto che dell’altra tesi non è senza conseguenze pratiche, proprio perchéalla individuazione del momento dell’inizio dell’attività di impresa, la legge ricollega nell’ordine:

•  l’obbligo di iscrizione nel registro delle imprese;•  l’obbligo di tenuta delle scritture contabili per gli imprenditori commerciali;•  l’applicazione delle forme di tutela dei segni distintivi e contro la concorrenza sleale;•  la soggezione alle procedure concorsuali.

È doveroso registrare l’opinione di una parte della giurisprudenza, la quale ritiene che non sia di o-stacolo all’acquisto della qualità di imprenditore l’esercizio da parte dello stesso soggetto di altra

attività non compatibile ovvero l’esistenza di divieti espliciti contenuti in altri ordinamenti.Conseguenze all’assunzione della qualifica di “imprenditore commerciale”Dalla qualità di imprenditore di una delle parti di un rapporto contrattuale, conseguono determinatieffetti, fra i quali occorre ricordare:

•  la proposta o l’accettazione di un contratto, fatta dall’imprenditore nell’esercizio della suaimpresa, non perde efficace se l’imprenditore muore o viene dichiarato incapace prima dellaconclusione del contratto, salvo che si tratti di piccolo imprenditore o che risulti diversa-mente dalla circostanze o dalla natura dell’affare;

•  la norma dell’art. 1341 (condizioni generali del contratto), si riferisce alle attività imprendi-toriali per delineare la figura del c.d. contraente più forte;

•  nell’interpretazione del contratto, se una delle parti è imprenditore, le clausole ambigue siinterpretano secondo gli usi del luogo in cui si trova la sede dell’impresa.

Capacità di esercitare un’impresa commercialeSi può dire che chi ha la capacità di agire è anche capace di esercitare un’impresa. Sia l’incapace(minore o interdetto) che l’inabilitato possono essere autorizzati solo a continuare, ma non ad inizia-re, l’esercizio dell’attività commerciale. Fa eccezione alla regola il minore emancipato, il quale, pe-raltro, dopo l’autorizzazione consegue la piena capacità di agire anche per gli atti estraneiall’impresa, con la sola eccezione degli atti di donazione. In ogni caso, l’esercizio–continuazione oinizio di una impresa commerciale, sia nel caso di incapacità assoluta, sia nel caso di incapacità re-lativa, deve essere sempre autorizzato dal tribunale su parere del giudice tutelare. Nel caso del mi-nore e dell’interdetto, il giudice tutelare può autorizzare l’esercizio provvisorio dell’impresa20.

Le deroghe alla disciplina comune riguardano esclusivamente le imprese commerciali, e non pure leimprese agricole, per le quali valgono le norme generali per il compimento degli atti giuridici daparte dell’incapace comune. Questa disparità di trattamento trova la sua giustificazione nella mag-giore sicurezza dei risultati produttivi dell’impresa agricola e nell’essere, in tale tipo di impresa,prevalenti gli atti di ordinaria amministrazione.La pubblicità dell’imprenditore individualeDi solito, la legge non impone l’adempimento pubblicitario ma fa discendere da esso l’opponibilitàai terzi dell’atto pubblicizzato (trascrizione). Il registro delle imprese nasce con il codice del 1942 eassolve una duplice esigenza:

•  quella dell’impresa di rendere edotti della propria attività coloro che entrano con essa incontatto;

20 Tutti i provvedimenti di autorizzazione e di revoca di questa devono essere iscritti, ex art. 2198,nel registro delle imprese.

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•  quella dei terzi di essere tutelati attraverso l’informazione relativa alle vicende più impor-tanti della vita di un’impresa a partire dalla sua nascita, e cioè la sede e le eventuali sedi se-condarie, l’oggetto dell’attività, la ditta, gli ausiliari legittimati ad agire, le modificazioni ditali elementi e la cessazione.

La disciplina era integrata dagli art. da 99 a 101 delle disposizioni di attuazione del codice civile. Ladisciplina transitoria è stata per cinquant’anni la disciplina del registro delle imprese sino a quandonon è intervenuta la legge n. 580 del 1993. Le innovazioni principali contenute e nell’art. 8 dellalegge n. 580 del 1993 e nel regolamento di attuazione sono:

•  individuazione nella Camera di Commercio del responsabile alla tenuta del registro delleimprese deputato a curarne la tenuta sotto la vigilanza di un giudice delegato dal presidentedel tribunale del capoluogo di provincia e sotto la direzione di un conservatore nominatodalla Giunta camerale;

•  l’istituzione delle sezioni speciali del registro, nelle quali sono iscritte tutte quelle categoriedi imprenditori per le quali, nel regime previgente, non era prevista alcuna forma di pubbli-cità, e cioè gli imprenditori agricoli, le società semplici e le imprese artigiane21.

Il BUSARL e il BUSCIl DPR 1127/69 sanciva l’obbligo per le società di capitali di pubblicare una serie di atti ad esse ine-

renti sul Bollettino Ufficiale delle Società per Azioni e a Responsabilità Limitata quale ulterioreforma di pubblicità. Gli atti per i quali era richiesta tale pubblicazione erano opponibili ai terzi sol-tanto dopo la pubblicazione stessa. Allo stesso modo, il D.M. 23-4-77 aveva introdotto il BollettinoUfficiale delle Società Cooperative, in cui quest’ultime erano obbligate a pubblicare un’altra seriedi atti ma in questo caso ai soli fini di pubblicità notizia (priva quindi di effetti giuridici). L’art. 29della legge 266/97 ha stabilito che l’obbligo di registrazione degli atti o dei fatti per i quali la leggeprevede la pubblicazione sul Busarl o sul Busc, è assolto con l’iscrizione o il deposito nel registrodelle imprese, istituito presso ogni Camera di Commercio.Le scritture contabiliLa tenuta della contabilità e la rivelazione periodica dello stato patrimoniale hanno una triplice fun-zione:

•  quella di consentire all’imprenditore di seguire costantemente l’andamento della gestioneper capire se l’impresa va bene o va male;

•  quella di informare i terzi che entrano in contatto con l’imprenditore ed hanno rapporti conessa;

•  in caso di dissesto, quella di permettere la ricostruzione della situazione debitoriadell’imprenditore.

Fra la tenuta delle scrittura contabili e la redazione del rendiconto o del bilancio esiste un rapportodi propedeuticità, nel senso che solo sulla base delle risultanze delle prime l’imprenditore può com-pilare il secondo. Soggetti obbligati alla tenuta delle scritture contabili sono, oltre chel’imprenditore commerciale individuale, anche le società, qualunque sia l’attività esercitata, e glienti pubblici che svolgono attività commerciale non in via principale. Il legislatore italiano ha adot-tato un sistema misto, stabilendo che, accanto all’obbligo di tenuta di scritture nominativamente in- 21 Appare utile un riepilogo degli enti soggetti ad iscrizione, contenuto nell’art. 7 del regolamento.Tali soggetti sono:

•  gli imprenditori;•  le società;•  i consorzi;•  le società consortili;•  i gruppi europei di interesse economico;•  gli enti pubblici che hanno per oggetto principale o esclusivo attività commerciali;•  le società soggette alla legge italiana;•  gli imprenditori agricoli;•  i piccoli imprenditori;•  le società semplici.

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dividuate, e delle quali viene descritta normativamente anche la funzione (libro giornale e librodegli inventari), l’imprenditore debba necessariamente tenere le altre scritture contabili che sianorichieste dalla natura e dalle dimensioni dell’impresa. Il minimo indispensabile è dunque costituitodal libro giornale, dal libro degli inventari e dalla conservazione della corrispondenza. In particola-re:

•  nel libro giornale le operazioni relative all’esercizio dell’impresa devono essere annotatesecondo l’ordine cronologico in cui sono compiute, con l’osservazione altresì del c.d. crite-rio dell’immediatezza (ogni “affare” deve cioè essere annotato appena compiuto);

•  nel libro degli inventari, devono essere indicate e valutate le attività e le passività relativeall’impresa, nonché le attività e le passività dell’impren-ditore estranee alla medesima22;

•  l’imprenditore deve conservare ordinatamente per ciascuna affare gli originali delle lettere,dei telegrammi e delle fatture ricevute, nonché le copie delle lettere, dei telegrammi e dellefatture spedite.

Per ciò che riguarda il “nucleo mobile” delle scritture contabili, la scienza aziendalistica non hamancato di individuare i libri resi necessari sia dalle dimensioni dell’azienda sia dal ramo merceo-logico in cui l’impresa opera (libro mastro, che segue l’ordine sistematico, il libro magazzino). Ilsistema normativo è completato dalle disposizioni relative alle modalità di tenuta delle scritture

contabili, la cui osservanza è indispensabile perché le scritture siano considerate regolari. Regolaritàche costituisce presupposto indispensabile sia perché l’imprenditore possa invocare come prova asuo favore le registrazioni, sia per essere ammessi, in caso di dissesto, al beneficio del concordatopreventivo o dell’amministrazione controllata. I principali punti sono:

•  il libro giornale e il libro degli inventari devono essere progressivamente numerati in ognipagina e bollati in ogni foglio dall’ufficio del registro delle imprese o da un notaio;

•  tutte le scritture contabili devono essere tenute secondo le norme di un’ordinata contabilità,senza spazi in bianco, senza interlinee e senza abrasioni;

•  la contabilità deve essere conservata per dieci anni.Le scritture contabili possono essere utilizzate come mezzo di prova sia contro che a favoredell’imprenditore23. I mezzi processuali di acquisizione delle scritture sono:

•  l’esibizione, che può avere ad oggetto solo determinate registrazioni e viene ordinata dalgiudice anche su istanza di parte;

22 Esso si chiude con il bilancio e con il conto dei profitti e delle perdite:•  il bilancio è un conto patrimoniale costituito dalla contrapposizione tra il complesso delle

attività ed il complesso delle passività: se il primo supera il secondo, il dato differenzialerappresenta l’utile dell’impresa; se il secondo supera il primo, il dato differenziale rappre-senta la perdita dell’impresa.

•  il conto dei profitti e delle perdite, invece, è un conto economico ed indica le fonti dei ri-

cavi e delle spese pertinenti ad ogni esercizio.23 In particolare, le scritture contabili:•  fanno sempre prova contro l’imprenditore, cioè possono sempre essere utilizzate dai terzi

come mezzo processuale di prova contro l’imprenditore che le tiene. Chi vuole trarne van-taggio, tuttavia, non può scinderne il contenuto ed avvalersi solo della parte a lui favorivole.L’imprenditore, inoltre, potrà dimostrare con qualsiasi mezzo che le proprie scritture non ri-spondono a verità.

•  non costituiscono prova, a favore dell’imprenditore, nei rapporti con i non-imprenditori econ gli utenti dell’impresa: ad esse può essere attribuito soltanto il carattere ed il valore dielementi indizianti, idonei a dare vita, in concorso con altri elementi, ad una valida prova per

presunzioni ai sensi degli artt. 2727 e seguenti.•  possono costituire prova, a favore dell’imprenditore, soltanto nei rapporti fra imprenditoriinerenti all’esercizio dell’impresa e purché si tratti di libri bollati e numerati nelle forme dilegge e tenuti secondo le norme prescritte.

Il valore probatorio spetta, in ogni caso, al giudice.

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•  la comunicazione, la quale concerne l’integrale contabilità dell’impren-ditore, ed è am-messa, sempre su ordine del giudice, solo in caso di controversie relative allo scioglimentodella società, alla comunione dei beni e alla successione per causa di morte.

L’IMPRENDITORE E I SUOI AUSILIARI All’attività imprenditoriale partecipano diversi soggetti. Questa collaborazione si attua mediante laprestazione di opera sia da parte di persone estranee all’organiz-zazione (ausiliari autonomi), sia daparte di persone che agiscono nell’ambito dell’impresa e che si pongono, rispetto all’imprenditore,in posizione di subordinazione (ausiliari subordinati).L’institoreL’institore è la persona preposta dal titolare all’esercizio di un’impresa commerciale, o di una sedesecondaria o di un ramo particolare dell’impresa. La rappresentanza institoria è per sua natura gene-rale. La procura è la via maestra del conferimento dei poteri institori, ma non è necessariamente l'u-nico mezzo. L'orientamento consolidato della Cassazione è ormai nel senso che il fondamento dellarappresentanza sta nel fatto stesso della preposizione. Tra i poteri dell'institore vi sono:

•  la rappresentanza dell'imprenditore;•  la corresponsabilità con l'imprenditore per l'osservanza delle disposizioni riguardanti l'iscri-

zione nel Registro delle imprese e la tenuta delle scritture contabili;

•  la c.d. contemplatio domini, in virtù della quale l'institore che omette di fare conoscere chetratta per il proponente risponde personalmente.Si noti infine che l’institore:

•  non può nominare altri institori, in quanto i suoi poteri si estendono alla sola gestionedell’attività cui è preposto;

•  non può essere preposto ad una piccola impresa.I procuratoriSono procuratori coloro i quali, in base ad un rapporto continuativo, possono compiere perl’imprenditore gli atti pertinenti all’esercizio dell’impresa, pur non essendovi preposti. La materiadei procuratori è regolata dall'art. 2209. Egli – al pari dell’institore – è un rappresentante generaledell’imprenditore a questi legato da un rapporto di lavoro subordinato. Non gravano sul procuratore

gli obblighi di iscrizione nel registro delle imprese e di tenuta delle scritture contabili; né competead esso la rappresentanza processuale dell’imprenditore, neppure per gli atti da lui posti in essere, senon per effetto di un apposito conferimento di potere.I commessiI commessi sono coloro che esercitano attività subordinata di concetto o di ordine, estranea però afunzioni direttive. Essi possono essere:

•  preposti alla vendita nei locali dell’impresa (commessi di negozio);•  incaricati della vendita da piazza a piazza (commessi viaggiatori);

I loro poteri rappresentativi sono strettamente collegati alle mansioni svolte potendo compiere sologli atti che ordinariamente comporta la specie delle operazioni di cui sono incaricati.

L’AZIENDA Ai sensi dell’art. 2555 c.c., l’azienda è “il complesso dei beni organizzati dall’impren-ditore perl’esercizio dell’impresa”. L’imprenditore non deve essere necessariamente proprietario dei beni a-ziendali: è infatti sufficiente che egli disponga di un diritto reale o personale che gli permetta di uti-lizzarli. Da questa considerazione si evince che la titolarità dell’azienda non deve essere intesa nelsenso di una proprietà sul complesso bensì nel senso di una titolarità di diritti.GLI ELEMENTI COSTITUTIVI E IL CONCETTO DI “AVVIAMENTO”Per quanto attiene agli elementi costitutivi dell’azienda la dottrina è divisa:

•  per alcuni possono ritenersi tali solo le cose in senso proprio di cui l’impren-ditore si avvaleper l’esercizio dell’impresa;

•  per altri sono riconducibili ad essi tutti i rapporti contrattuali stipulati per l’esercizio

dell’impresa e pure i crediti verso i clienti e i debiti verso i fornitori.Il fatto che l’azienda sia caratterizzata da un complesso di beni organizzati in funzione di uno scopoproduttivo ci induce a considerare che tali beni – così intesi – abbiano un valore maggiore rispettoagli stessi individualmente considerati. Tale maggior valore che i beni aziendali acquistano a causa

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della “organizzazione”, prende il nome di avviamento dell’azienda24. Il nostro ordinamento giu-ridico appresta all’avviamento una tutela:

•  diretta: si pensi, ad esempio, alla tutela riconosciuta dagli artt. 34 e 35 della L. 392/78 a fa-vore dell’imprenditore locatario nei confronti del locatore dell’immobile destinatoall’impresa;

•  indiretta: si pensi alla repressione della concorrenza sleale, alla tutela dei segni distintivi ecc.

TRASFERIMENTO DELL

’AZIENDA E SUCCESSIONE NELL

’IMPRESA

 Il trasferimento dell’azienda da un imprenditore ad un altro è un fenomeno assai frequente. Questopuò attuarsi mediante un atto inter vivos - come la vendita, la concessione in usufrutto o l’affitto25 -oppure mortis causa.La disciplina che regola la circolazione dell’azienda – talvolta mediante norme inderogabili – ha ilfine di mantenere la potenzialità produttiva di essa e di assicurare la tutela dei creditori e dei contra-enti dell’alienante, in ordine ai rapporti contratti nell’esercizio o per l’esercizio dell’azienda. D’altrocanto l’imprenditore è libero di cedere singoli beni aziendali e in tal caso – come è logico – non siapplicherà la disciplina specifica.Per le ipotesi di trasferimento mortis causa il codice non prevede disposizioni particolari, dovendosiapplicare le regole generali sulle successioni. In generale, se l’erede continua l’esercizio

dell’impresa, tutti i precedenti rapporti passano in capo ad esso; se al contrario non vuole continuarel’esercizio dell’impresa e la aliena a terzi, si applicano le norme relative ai trasferimenti per atto in-ter vivos. Il succedere di più coeredi ad un unico imprenditore defunto dà luogo ad una comunioneincidentale di azienda per successione ereditaria (con il possibile costituirsi di una società).NEGOZI DI TRASFERIMENTO E DIVIETO DI CONCORRENZA L’azienda non ha peculiari modalità di trasferimento ma circola nelle forme proprie dei beni che lacompongono: cedere o affittare l’azienda, cioè, equivale a cedere o locare una serie di beni26.Nell’atto di cessione non è necessario indicare tutti i beni dell’azienda che si trasferiscono, mentreoccorre necessariamente indicare i beni che non vengono trasferiti27.Nell’ipotesi di alienazione di una azienda commerciale, l’alienante deve astenersi – per un periododi 5 anni dal trasferimento – dall’iniziare una nuova impresa che sia idonea a sviare la clientela

dall’azienda ceduta. L’obbligo in oggetto è soltanto un effetto naturale del negozio di trasferimento:le parti possono escluderlo, limitarlo o anche stabilire un divieto più ampio28. La durata del divietonon potrà comunque eccedere i cinque anni ed a tale periodo di tempo si riduce la eventuale mag-giore durata pattuita.SUCCESSIONE NEI CONTRATTI DELL’AZIENDA CEDUTA In seguito al trasferimento dell’azienda, se non è pattuito diversamente, l’acqui-rente subentra neicontratti stipulati per l’esercizio dell’azienda stessa che non abbiano carattere personale (art. 2558c.c.)29. La successione si verifica – a differenza del principio generale sancito dall’art. 1406 c.c., in-dipendentemente dal consenso del contraente ceduto: questi ha solo la facoltà, in presenza di una

24 Diversa dall’avviamento è la clientela: essa può essere definita come l’insieme dei destinatari dei

beni o servizi prodotti dall’imprenditore oppure – sotto un’ottica più economica – come flusso co-

stante della domanda dei beni o servizi che fanno capo all’azienda. La clientela è dunque un rap-porto di fatto tra consumatori ed impresa e non deve confondersi con l’avviamento.25 Queste sono le ipotesi espressamente previste dal codice. Tuttavia l’azienda può essere cedutaanche per donazione, permuta e conferimento in società.26 Per le sole imprese soggette a registrazione è poi prevista la necessità della forma scritta ai finidella prova (ad probationem).27 Si ricordi che la ditta non può essere trasferita separatamente all’azienda e che essa non passaall’acquirente senza il consenso dell’alienante.28

Purché – in quest’ultimo caso – non ne resti impedita ogni attività professionale per l’alienante.29 I contratti in cui succede il cessionario sono quelli stipulati per l’esercizio dell’azienda stessa (es.contratti di locazione dell’immobile in cui opera l’azienda, contratti di somministrazione ecc.). So-no invece esclusi quelli che abbiano carattere personale, cioè quei contratti che, pur se stipulati perl’azienda, si fondano sostanzialmente ed esclusivamente sulla fiducia fra le parti.

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giusta causa, di recedere dal contratto – con effetto ex nunc – entro tre mesi dalla notizia del tra-sferimento (art. 2558 II° c.c.).SUCCESSIONE NEI RAPPORTI DI LAVORO In caso di trasferimento di azienda, il rapporto di lavoro continua con l’acquirente ed il lavoratoreconserva tutti i diritti che ne derivano. Alienante e acquirente sono obbligati in solido per tutti i cre-diti inerenti a rapporto di lavoro vantati dal lavoratore al tempo del trasferimento. Il trasferimento diazienda non costituisce di per se motivo di licenziamento, ma resta ferma la facoltà dell’alienante diesercitare il diritto di recesso ai sensi della normativa in materia di licenziamenti.CREDITI E DEBITI DELL’AZIENDA CEDUTA Gli artt. 2559 e 2560 c.c. regolano la successione nei crediti e nei debiti dell’azienda ceduta, cioè inquelle posizioni giuridiche costituite dal solo lato attivo o passivo di un rapporto obbligatorio e nonfacenti parte di un rapporto sinallagmatico in atto comprendente anche la controprestazione. Regolagenerale è quella che i crediti ed i debiti relativi all’azienda ceduta passano, in linea di principio,all’acquirente.Per quanto riguarda i rapporti tra alienante e acquirente dell’azienda, mentre da un lato la dottrinaritiene necessaria una pattuizione espressa, la giurisprudenza è orientata nel senso della successioneautomatica.

USUFRUTTO E AFFITTO DELL’AZIENDA L’azienda può essere costituita in usufrutto o concessa in affitto. L’usufruttuario e l’affittuario han-no l’obbligo:

•  di esercitare l’azienda sotto la ditta che la contraddistingue;•  di gestirla senza modificarne la destinazione;•  di ricostituire le normali dotazioni di scorte e sostituire gli impianti deteriorati dall’uso.

Il divieto di concorrenza nei confronti del concedente o del nudo proprietario è limitato alla duratadell’affitto o dell’usufrutto.SEGNI DISTINTIVI DELL’IMPRENDITORE L’impresa deve poter essere facilmente individuata e localizzata. Tale obiettivo riguarda tre diversiaspetti:

•  l’individuazione della impresa come tale;•  i prodotti della stessa;•  i locali nei quali si esplica l’attività produttiva.

Sussiste, pertanto, un sistema di segni distintivi quali la ditta, il marchio, l’insegna che la legge tute-la, riconoscendo all’imprenditore l’esclusività dell’uso30.LA DITTA La ditta è il segno che contraddistingue l’impresa nel suo complesso ed è necessario nel senso che,in mancanza di diversa scelta, esso coincide con il nome civile dell’imprenditore. Le funzioni delladitta sono l’identificazione del titolare e l’individuazione dell’impresa. Oggi, tuttavia, la dittatende a confondersi con il marchio specialmente per le imprese di medie e grandi dimensioni.La ditta può essere liberamente formata dall’imprenditore purché rispetti:

•  il principio della verità, secondo il quale la ditta deve contenere almeno il cognome o la si-gla dell’imprenditore (salva l’ipotesi della ditta derivata);

•  il principio della novità, secondo il quale la ditta non deve essere uguale ad altra già usatada imprenditore concorrente;

•  i principi di liceità e della capacità distintiva seppure siano previsti dalla legge solo per imarchi.

Il titolare della ditta ha il diritto all’uso esclusivo del segno e acquista tale diritto in virtù dell’usostesso. Tuttavia, perché si abbia contraffazione di ditta non basta l’identità o la confondibilità tra isegni; occorre anche che i due imprenditori siano in rapporto di concorrenza fra di loro per l’oggettodell’impresa o per il luogo in cui questa è esercitata.

30 Si tratta però di una esclusività in senso merceologico, limitata cioè a quei prodotti o servizi inordine ai quali il titolare del segno opera: solo in tale ambito, infatti, può crearsi rischio di confusio-ne.

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L’art. 2564 prevede a carico di chi violi l’altrui diritto alla ditta, un obbligo di integrazione o mo-dificazione della propria ditta “con indicazioni idonee a differenziarla dalla ditta del concorrente”.Infine, l’art. 2565 consente il trasferimento della ditta purché avvenga congiuntamente a quellodell’azienda. Tale norma è comunque da considerarsi implicitamente abrogata in seguitoall’introduzione della regola di libera cedibilità del marchio.RAGIONE E DENOMINAZIONE SOCIALE Ragione sociale e denominazione sociale sono per le società ciò che il nome civile è per la personafisica. Il codice civile chiama ragione sociale il nome delle società di persone; chiama invece deno-minazione sociale il nome delle società di capitali. Queste, per poter essere regolarmente formatedevono:

•  rispettare, nel contenuto, i vincoli posti dal legislatore per ciascun tipo di società;•  contenere indicazioni non contrarie alla legge, all’ordine pubblico e al buon costume, né in-

gannevoli;•  presentare il requisito della novità.

Il nome della società è oggetto di iscrizione nel registro delle imprese. Si ritiene, tuttavia, che il di-ritto venga acquisito con l’uso e che la registrazione valga solo a rendere il diritto opponibile ai ter-zi, risolvendo così il conflitto tra più società che abbiano lo stesso nome.

L’INSEGNA L’insegna è un segno distintivo facoltativo. Secondo alcuni contraddistingue i locali in cui si svolgel’attività d’impresa; secondo altri contraddistingue l’intero complesso aziendale. L’unico requisitoespressamente richiesto è quello della novità; la dottrina ritiene comunque che non si possa prescin-dere anche dagli altri requisiti della liceità, verità e capacità distintiva. Anche per l’insegna vale og-gi la nuova regola di libera cedibilità.IL MARCHIO Requisiti del marchioIl più importante segno distintivo è senza dubbio il marchio inteso come il segno che si appone sulprodotto e ne costituisce la marca. Le funzioni da esso svolte sono essenzialmente tre:

•  la funzione distintiva;•  la funzione di indicazione di provenienza;•  la funzione attrattiva.

Come segno distintivo, il marchio deve consistere in un’entità esterna al prodotto o al suo involu-cro, che si aggiunge al prodotto per indicare la provenienza, ma da esso separabile senza snaturarlo.I marchi, che in quanto strumenti di comunicazione devono essere rappresentabili graficamente31,possono essere:

•  denominativi, se costituiti solo da parole;•  figurativi o emblematici, se costituiti solo da figure;•  misti.

Il marchio di forma

Il marchio può essere costituito anche dalla forma del prodotto o dalla confezione dello stesso adesclusione delle forme:•  necessarie, quelle cioè imposte dalla natura stessa del prodotto: sono liberamente utilizzabi-

li.•  funzionali, necessarie per ottenere un risultato tecnico: sono tutelabili mediante il brevetto

per invenzioni.•  ornamentali, che danno un valore sostanziali al prodotto: sono tutelabili mediante il brevet-

to per modelli.La registrazione delle forme funzionali e ornamentali come marchio permetterebbe di godere di undiritto di esclusiva praticamente perpetuo (in considerazione della sua rinnovabilità). Pertanto, per

31 Il limite della rappresentabilità grafica va però interpretato in modo elastico potendo costituiremarchio anche le combinazioni o tonalità cromatiche, i suoni, le forme del prodotto o della sua con-fezione.

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assicurare uno spazio reale ai marchi di forma, è necessario restringere l’ambito di operativitàdelle forme suscettibili di brevettazione come modello.I requisiti di validità del marchioPer poter costituire oggetto di tutela, il marchio deve presentare determinati requisiti di validità. Inparticolare:

•  la capacità distintiva, che consiste nell’idoneità a identificare i prodotti contrassegnati tratutti i prodotti dello stesso genere immessi sul mercato32;

•  la novità, che ricorre quando il marchio non risultava già noto al mercato33;•  la liceità, cioè il non essere contrario alla legge, all’ordine pubblico o al buon costume, co-

me il non essere già utilizzato o protetto da organismi sovranazionali o nazionali;•  la verità, che definibile in negativo, consiste nel non dover essere idoneo ad ingannare il

pubblico sulla provenienza geografica, sulla natura o sulla qualità dei prodotti.L’assenza del requisito della novità del marchio è suscettibile di una sanatoria definita convalidadel marchio prevista dall’art. 48 L.ma. Tale norma prevede l’incontestabilità del marchio da partedel titolare del diritto anteriore ove questi, per cinque anni consecutivi, abbia tollerato, essendone aconoscenza, l’uso di un marchio posteriore registrato uguale o simile. La convalida è comunquepreclusa ove si provi che il marchio posteriore sia stato domandato in malafede34. Resta da aggiun-

gere che la convalida non consente al titolare del marchio convalidato di opporsi all’uso del mar-chio anteriore35.Acquisto del dirittoIn seguito alle modifiche apportate all’art. 22 L.ma. dal L.Lgs 480/92, qualunque soggetto, anchenon imprenditore, può ottenere una registrazione per marchio d’impresa. Naturalmente, tale libertàincontra alcuni limiti. In particolare, per quanto concerne l’uso come marchio:

•  del ritratto altrui, subordinato al consenso del ritrattato e, dopo la sua morte, al consensodei congiunti fino al quarto grado;

32 Non possono fungere da marchio:•  le denominazioni generiche;•  le indicazioni descrittive.

Tuttavia è frequente che l’imprenditore, per far presa sul pubblico, adotti come marchio una parolache, pur non rientrando nelle categorie vietate, abbiano però la capacità di richiamare in qualchemodo il prodotto stesso o le sue capacità. La giurisprudenza, con notevole indulgenza, ha ammessola validità di questo tipo di marchio (c.d. marchio espressivo), purché, però, l’elemento descrittivoin esso contenuto sia accompagnato da elementi di differenziazione costituiti da aggiunte di suffissio prefissi, distorsioni della parola, particolari combinazioni.Dal punto di vista della tutela, il marchio espressivo è un marchio debole, in quanto lievi variantisaranno sufficienti a escluderne la confondibilità.33 L’art. 16 della legge sul marchio accenna a tale requisito allorché dice che “possono costituire

oggetto di registrazione come marchio d’impresa tutti i nuovi segni…” ma è il successivo art. 17che chiarisce in negativo cosa debba intendersi per nuovo. In particolare non sono nuovi:

•  i segni divenuti di uso comune nel linguaggio corrente o negli usi costanti del commercio;•  i segni identici o simili a quelli già usati da altri in Italia come marchio per prodotti o servizi

identici o affini, qualora sussista un rischio di confusione per il pubblico che può anche con-sistere in un rischio di associazione tra i due segni;

•  i segni identici o simili ad un segno già noto come ditta, denominazione o ragione sociale einsegna, adottato da altri nell’ambito di attività imprenditoriali identiche o affini;

•  i segni identici o simili ad un marchio già da altri registrato in Italia;•  i segni identici o simili ad un marchio che goda di rinomanza, anche se registrati per prodotti

o servizi non affini, qualora ritraggano dalla notorietà del marchio anteriore un indebito van-taggio o arrechino allo stesso un pregiudizio.34 Non è invece di ostacolo la malafede sopravvenuta.35 E’ questo un caso ulteriore in cui l’ordinamento consente l’uso contemporaneo di marchi confon-dibili da parte di imprenditori diversi.

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•  del nome altrui, consentito purché l’uso non sia tale da ledere la fama, il credito o il de-coro dell’interessato36;

•  di segni notori, registrabili solo dall’avente diritto o dietro il consenso di questi37;•  di segni il cui uso violerebbe l’altrui diritto di esclusiva, quali ad esempio il diritto

d’autore o di proprietà industriale.Nel caso in cui la registrazione sia richiesta ed eventualmente ottenuta da un soggetto non avente

diritto in base alla normativa appena esaminata, l’art. 25 L.ma. detta un’articolata disciplina a se-conda che il richiedente non legittimato abbia già ottenuto la registrazione oppure sia in attesa per-ché la domanda risulti ancora pendente. Nel primo caso (registrazione effettuata), l’avente dirittopuò:

•  ottenere, con sentenza ad efficacia retroattiva, il trasferimento a proprio nome della registra-zione;

•  far valere la nullità della registrazione.Nel secondo caso (registrazione non ancora effettuata) può invece:

•  assumere a proprio nome la domanda di registrazione depositata dal non avente diritto;•  ottenere il rigetto della domanda stessa;•  depositare una nuova domanda con effetti risalenti alla data della domanda del non avente

diritto.Il procedimento di registrazioneIl procedimento di registrazione, volto all’ottenimento dell’attestato di registrazione emessodall’Ufficio Italiano Brevetti e Marchi, si articola nelle seguenti fasi:

•  deposito della domanda, che deve avere ad oggetto un solo marchio (di cui un esemplaredeve esserne allegato) e menzionare i prodotti o servizi che il marchio è destinato a contrad-distinguere;

•  esame della domanda da parte dell’Ufficio, limitata alla forma e al requisito della validità.Il controllo della novità è solo eventuale ed affidato alla cognizione del giudice ordinario;

•  fase della decisione, che può sfociare in un accoglimento o in un rigetto ricorribile entro 30

giorni alla Commissione dei Ricorsi;Gli effetti della decisione consistono nel diritto di esclusiva sul marchio per un periodo di diecianni rinnovabili alla scadenza anche più volte. Quanto infine all’ambito territoriale, la registrazionesi estende a tutto il territorio nazionale.La tutela del dirittoIl diritto d’uso esclusivo del marchio si sostanzia nella possibilità, riconosciuta al titolare, di vietarea terzi, salvo il proprio consenso, determinati comportamenti. Il diritto di esclusiva ha natura reale,sicché la sua violazione va ravvisata in ogni abusiva riproduzione, indipendentemente da qualsiasiconnotazione soggettiva di buona o mala fede e, quindi, dalla presenza della colpa o del dolo nellaparte che abbia dato luogo all’abuso.Il rischio di confusione con l’associazione richiede, oltre alla confondibilità tra i segni, anche

l’identità o l’affinità tra i prodotti o i servizi contrassegnati38

. Pur in presenza di segni identici, in-fatti, tale rischio non può verificarsi quando i prodotti ai quali sono applicati sono merceologica-

 36 Inoltre l’Ufficio Italiano Brevetti e Marchi può, anche in questo caso, subordinare la registrazioneal consenso dell’interessato.37 In questo caso il legislatore tiene conto del valore di suggestione, traducibile in capacità di vendi-ta, che ritiene quindi degno di tutela.38

Sono considerati affini quei prodotti che possono ragionevolmente far pensare al consumatore diprovenire dalla medesima impresa. Quindi la tutela non è limitata alle ipotesi di confondibilità traprodotti ma è estesa anche al caso in cui, pur essendo i prodotti contrassegnati distinguibili tra lorosotto il profilo merceologico, la situazione concreta è tale da indurre il pubblico a ritenerli prove-nienti da un’unica fonte.

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mente lontanissimi gli uni dagli altri. È questo il principio della relatività o specialità della tu-tela del marchio39.L’identità o somiglianza tra segniQuando due marchi non sono identici ma soltanto simili, occorre valutare se tra essi vi sia confon-dibilità sulla base di varie considerazioni:

•  occorre anzitutto considerare il tipo di consumatore destinatario;• 

si deve poi considerare il fatto che il confronto è spesso fra un marchio e il ricordo dell’altromarchio non essendo necessariamente entrambi disponibili “uno accanto all’altro” al mo-mento dell’acquisto;

•  terzo momento dell’indagine, poi, è il confronto tra i due marchi nel loro aspetto grafico, fo-netico, ideologico.

Il confronto dei due marchi, secondo la giurisprudenza, deve avvenire non in via analitica, ma sinte-tica ed unitaria. Di diverso avviso è la dottrina, secondo la quale non si può prescindere da una at-tenta analisi preventiva in cui il giudice esamina ogni elemento dei due marchi40.Il contenuto del diritto di esclusivaIl diritto di esclusiva derivante dalla registrazione del marchio, riguarda:

•  l’immissione dei prodotti recanti il marchio;

•  l’offerta in commercio o la detenzione a fini commerciali dei prodotti contraddistinti dal se-gno;•  l’importazione o l’esportazione dei prodotti stessi;•  l’utilizzazione del segno nella pubblicità.

Da ciò si deduce che il legislatore vieta soltanto l’uso del marchio altrui in funzione distintiva. Fragli usi atipici più frequenti abbiamo quello della funzione descrittiva così denominando le ipotesipreviste dall’art. 1bis della L.ma.41.L’azione di contraffazioneLegittimato attivo nell’azione di contraffazione è, ovviamente, colui che vede leso da terzi il propriodiritto di esclusiva all’utilizzo di un marchio42.L’onere di provare la contraffazione incombe sul titolare del marchio con le agevolazioni dell’art.58bis della L.ma..L’azione di contraffazione può essere preceduta dalle misure cautelari tipiche:

•  della descrizione, che ha la funzione di precostituire la prova della contraffazione;

39 Tale principio non si applica ai marchi che godono di rinomanza. I titolari di tali marchi possonovietare ai terzi di usare un marchio identico o simile al proprio, anche per prodotti o servizi non af-fini, quando l’uso del segno senza giustificato motivo consenta di trarre indebitamente vantaggiodal carattere distintivo o dalla rinomanza del marchio o rechi pregiudizio agli stessi.40 L’ambito di tutela di un marchio contro la confondibilità può essere ampliato mediante i c.d.marchi protettivi che sono marchi simili a quello principale registratati proprio al fine di “proteg-

gersi” nei confronti di marchi che si presume potrebbero essere introdotti senza formalmente andareincontro ai divieti sopra visti.Inoltre un marchio può essere depositato, pagando correlativamnte più tasse, non solo per il prodot-to servizio in relazione al quale si intende effettivamente usarlo, ma anche per prodotti o servizi di-versi. In analogia ai marchi protettivi, si parla, a tal proposito, di liste di difesa o di protezione, inquanto si viene così ad ampliare la sfera di protezione del marchio stesso.41 In particolare è lecito che un terzo, nelle proprie attività economiche, usi, anche a rischio di inge-nerare confusione:

•  il proprio nome e indirizzo;•  le indicazioni descrittive concernenti il prodotto;• 

il marchio d’impresa altrui, se ciò è reso necessario per indicare la destinazione di un pro-prio prodotto o servizio.42 L’azione di contraffazione può essere promossa anche in pendenza della sola domanda di regi-strazione. Tuttavia la registrazione deve intervenire prima della sentenza perché la domanda di con-traffazione possa venire accolta.

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•  del sequestro, che ha la funzione di impedire la circolazione dei prodotti che costituisco-no violazione del diritto del marchio;

•  dell’inibitoria, con la quale si intima al contraffattore la continuazione delle attività illecite.Con la sentenza che accerta la contraffazione, il giudice può disporre a carico del soccombente lesanzioni dell’inibitoria, del risarcimento del danno, della distruzione dei segni e della pubblica-zione della sentenza.

La circolazione del marchioLa cessione del marchioSi ha cessione del marchio quando il titolare del marchio si spoglia definitivamente di tale titolaritàa favore di un altro soggetto. Mutando radicalmente la vecchia normativa, il D.Lgs. 480/92 ha af-fermato il principio della libera cedibilità del marchio – non più connessa quindi ad altri elementiaziendali – e riconosciuto la legittimità della cessione parziale – ovvero la cessione del marchio so-lo per una parte dei prodotti per i quali è registrato43.La licenza di marchioIl marchio, oltre che ceduto, può essere concesso in licenza. Il contratto di licenza è quello medianteil quale il titolare del marchio (licenziante), pur conservando tale titolarità, ne attribuisce l’uso e ilgodimento a terzi (licenziatari)44.

Il divieto di inganno al pubblicoDalla cessione o dalla licenza di marchio non deve derivare inganno in quei caratteri dei prodotti oservizi che sono essenziali nell’apprezzamento del pubblico. La continuità qualitativa imposta datale norma non esige necessariamente che il prodotto fornito dal licenziatario o dal cessionario siadella stessa identica qualità di quello già contrassegnato, con il medesimo marchio, dal loro dantecausa. L’obiettivo del legislatore è di evitare l’inganno del pubblico: ciò che la norma vieta, dunque,sono solo quei deterioramenti rilevanti del prodotto di cui il pubblico non venga avvertito.I contratti di merchandisingSono denominati contratti di merchandising quei contratti con i quali il titolare di un marchio noto-rio concede a terzi la facoltà di usare il marchio per prodotti notevolmente diversi dai propri.La trascrizione

L’art. 49 L.ma. sottopone le vicende attinenti al marchio registrato ad un regime di trascrizione si-mile a quello che la legge prevede per i beni mobili registrati. La trascrizione, che si effettua pressol’Ufficio Italiano Brevetti e Marchi, condiziona non la validità dell’atto ma la sua opponibilità a ter-zi; costituisce, inoltre, un criterio di preferenza tra due aventi causa del medesimo dante causa.L’estinzione del marchioL’estinzione del marchio si realizza con:

•  la scadenza del termina decennale di efficacia della registrazione;•  la rinuncia del titolare;•  la dichiarazione di nullità del marchio45;•  il verificarsi di determinate cause di decadenza.

La nullità del marchioIl marchio registrato può essere dichiarato nullo dal giudice ordinario qualora manchi dei suoi pre-supposti e dei requisiti di validità. In particolare il marchio è nullo qualora:

43 La cessione parziale del marchio è ammissibile anche quando sussista una affinità tra i prodottiper i quali il diritto al marchio rimanga al cedente e quelli per i quali passi al cessionario.44 La licenza può essere:

•  con o senza esclusiva (nel secondo caso abbiamo l’ipotesi in cui due o più soggetti mettonosul mercato prodotti con lo stesso marchio; i prodotti devono pertanto essere uguali);

• totale o parziale (relativa cioè a tutti o solo ad una parte dei prodotti per i quali il marchio èstato registrato);

•  riferita all’intero territorio dello Stato o soltanto a parte di esso.45 In realtà, più che l’estinzione del diritto, la dichiarazione di nullità è l’accertamento del suo nonessere mai sorto.

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•  non corrisponda al tipo di segno indicato dall’art. 16 L.ma. (denominativo, figurativo, mi-sto);

•  non sia nuovo ai sensi dell’art. 17 L.ma.;•  sia in contrasto con l’art. 18 L.ma. (contrarietà all’ordine pubblico, denominazione generi-

ca);•  sia stato domandato in malafede;•  sia in contrasto con l’art. 21 L.ma. (ritratti di persona, nomi di persona, segni notori);•  sia stato registrato a nome di chi non ne aveva diritto.

Va ricordato, infine, che la riforma del 1992 ha espressamente previsto, all’art. 47ter, la nullitàparziale del marchio, che ricorre quando il motivo di nullità colpisce solo una parte dei prodotti oservizi per i quali il marchio è stato registrato.La decadenza del marchioLa decadenza è la cessazione anticipata del diritto di marchio rispetto al termine di scadenza previ-sto dalla legge. Ne sono ipotesi:

•  la decadenza per non uso: il marchio decade ove non venga utilizzato46 entro cinque annidalla registrazione ovvero se l’uso ne venga sospeso per un periodo ininterrotto di cinqueanni, senza una giustificazione legittima;

•  la volgarizzazione, prevista quando il marchio sia divenuto nel commercio – per fattodell’attività o inattività del titolare – denominazione generica del prodotto o del servizio;

•  la decadenza per recettività, qualora il marchio diventi idoneo a indurre in inganno il pub-blico, in particolare circa la natura, qualità o provenienza dei prodotti o sevizi, a causa delmodo o del contesto in cui viene utilizzato dal titolare o con il suo consenso, per i prodotti oservizi per i quali è registrato;

•  sopravvenuto contrasto con la legge, l’ordine pubblico o il buon costume.Le azioni di nullità e di decadenzaLegittimato attivo a tali azioni è chiunque vi abbia interesse47, legittimato passivo è il titolare delmarchio, litisconsorti necessari sono coloro che hanno diritto al marchio così come risultadall’attestato di registrazione. Autorità competente è il giudice ordinario; la competenza per territo-rio è funzionale e inderogabile. L’onere della prova incombe su chi impugna la validità del marchioregistrato48.Le sentenze che pronunciano la nullità o la decadenza di un marchio, una volta passate in giudicato,hanno efficacia erga omnes e sono retroattive, le prime alla data della registrazione, le seconde alladata del fatto che ha provocato la decadenza.L’invalidità del marchio, di regola, si traduce nell’impossibilità per il titolare di pretenderne l’usoesclusivo. Quando però la causa di nullità comporti l’illiceità dell’uso del marchio, l’art. 10 L.ma.vieta a chiunque di farne uso.I marchi collettiviI marchi collettivi sono destinati ad essere utilizzati da una pluralità di imprenditori diversi dal tito-

lare e non da quest’ultimo, il quale si limita a concedere in uso il marchio in questione a produttoriche si impegnino all’osservanza di determinati regolamenti. Tali regolamenti riguardano particolariaspetti della produzione come l’impiego di certi materiali o la provenienza geografica del prodotto.Devono essere allegati alla domanda di registrazione del marchio collettivo. I titolari dei marchicollettivi devono anche, pena la decadenza stessa del marchio, monitorare l’attività dei produttoriper verificarne il rispetto dei regolamenti.I marchi collettivi non devono essere confusi con le Denominazioni di Origine Controllata che sonoutilizzate per contraddistinguere prodotti le cui caratteristiche qualitative sono legate ad una deter-

 46 L’utilizzo deve essere effettivo e non sporadico al solo fine di impedire la decadenza.47

L’art. 59 L.ma. legittima anche il P.M.48 La prova del non uso può essere data con ogni mezzo ed anche con presunzioni semplici. La ratiodi tale temperamento va ravvisata nell’impossibilità per il terzo di dare piena prova del fatto che ilmarchio da lui impugnato non sia mai stato usato in nessun tempo e in nessun luogo, e per contronella facilità per il titolare di dar prova dell’avvenuto uso.

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minata zona geografica per l’influsso di fattori ambientali o per la presenza di particolari tecnicheproduttive.I SEGNI DISTINTIVI ATIPICI Nell’esperienza giurisprudenziale, si individuano come segni atipici:

•  l’emblema, che indica un segno puramente figurativo, usato in funzione di ditta;•  lo slogan;

le particolari divise indossate dal personale di certe imprese.I DIRITTI DI PRIVATIVA LE CREAZIONI INTELLETTUALI E LE OPERE DELL’INGEGNO Le creazioni intellettuali sono idee creative nel campo della cultura e della tecnica, tutelate nel no-stro ordinamento come espressione originale della personalità umana. Non essendo cose corporali,sono definite dalla dottrina come beni immateriali. Le creazioni intellettuali si distinguono in duegrandi categorie:

•  opere dell’ingegno: sono quelle idee di carattere creativo che appartengono al campo dellescienze, della letteratura, della musica, delle arti figurative, dell’architettura, del teatro e delcinema (art. 2575). Il diritto d’autore (sia morale che patrimoniale) nasce per il fatto stesso

della creazione dell’opera, a prescindere dal suo valore intrinseco, dalla sua utilità pratica edalla sua novità, purché ne sia originale la forma rappresentativa;•  invenzioni industriali: definibili come soluzioni concrete, nel campo della produzione eco-

nomica, di un problema tecnico, per effetto di una creazione della mente umana, eccedentele normali conoscenze, in applicazione della tecnica contemporanea49.

Sull’invenzione industriale, intesa quale bene immateriale, sono riconosciuti al suo autore:•  diritti morali: il c.d. diritto di paternità che consiste nel diritto ad essere riconosciuto autore

dell’invenzione per il solo fatto di averla creata. E’ un diritto imprescrittibile, irrinunciabile,intrasmissibile;

•  diritti patrimoniali: consistenti nel diritto al brevetto – ovvero il diritto di pretenderedall’autorità il rilascio del brevetto qualora ne ricorrano i presupposti – e il diritto di brevet-

to – ossia il diritto esclusivo all’utilizzazione economica dell’oggetto brevettato nei limiti ealle condizioni stabiliti dalla legge.

IL BREVETTO Il brevetto può essere definito come l’attestato amministrativo con il quale si attribuisceall’inventore il diritto esclusivo di godere, per un tempo determinato, dei risultati di una nuova in-venzione. In alternativa si può definire il brevetto come una sorta di contratto fra l’inventore e lacollettività: l’inventore fornisce un insegnamento che la collettività non possiede ed in cambio rice-ve l’attribuzione di un diritto esclusivo di uso, limitato nel tempo. Oggetto del brevetto sono sol-tanto le invenzioni tecnologiche; restano scoperte – perciò – le innovazioni di tipo commerciale.Il sistema brevettuale italiano è regolato dal codice civile agli artt. 2584-2594 e dalla legge specialeR.D. 1127/39 e successive modifiche50.Quanto alla natura giuridica del brevetto la dottrina non è unanime:

•  alcuni ravvisano in esso un diritto di proprietà su un bene immateriale;•  per altri configurerebbe un obbligo di non fare, posto a carico di terzi e, più precisamente,

come un divieto di concorrenza ai danni dell’inventore.Al sistema brevettuale si riconosce la funzione fondamentale di incentivo al progresso tecnico e alladiffusione delle innovazioni tecnologiche. A ben vedere, infatti, alla base del brevetto c’è una logicadi rivelazione, di trasparenza della struttura dell’invenzione: la descrizione dettagliata

49

Al concetto di invenzione industriale, la legge riconduce anche i c.d. modelli di utilità e modelli edisegni ornamentali.50 Una riforma sostanziale di tale legge è stata effettuata con D.P.R. 338/79 di adeguamento alleimportanti convenzioni internazionali degli anni ’70. Recentemente è intervenuto il D.Lgs. 198/96per adeguare la normativa italiana agli accordi internazionali di Marrakech (denominati Trip’s).

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dell’invenzione, allegata alla domanda di rilascio del brevetto, consente, alla scadenza del termi-ne fissato dalla legge, la sua acquisizione stabile al patrimonio collettivo.Le invenzioni brevettabili e i loro requisitiLa definizione tradizionale di invenzione brevettabile è quella di soluzione originale di un problematecnico: l’invenzione si colloca quindi nel mondo della tecnica, visto in contrapposizione a quellodella scienza51.I requisiti di brevettabilità dell’invenzione sono tradizionalmente quattro:

•  l’industrialità, cioè l’attitudine dell’invenzione ad avere un’applicazione industriale;•  la novità (o novità estrinseca), che ricorre quando l’invenzione non è compresa nello stato

della tecnica;•  l’originalità (o novità intrinseca), che ha la funzione di selezionale, tra tutto ciò che è nuo-

vo, ciò che si differenzia in maniera qualificata dallo stato della tecnica;•  la liceità, non potendo essere brevettata l’invenzione contraria all’ordine pubblico e al buon

costume.Quanto alle varie tipologie di invenzioni possiamo distinguere fra:

•  invenzioni di prodotto e invenzioni di procedimento;•  invenzioni derivate da altre precedenti invenzioni:

o  invenzioni di perfezionamento;o  invenzioni di combinazione;o  invenzioni di traslazione52.

Il procedimento di brevettazioneIl diritto esclusivo di utilizzare l’invenzione nasce con il rilascio del brevetto che è l’ atto di accer-tamento costitutivo della P.A. con cui si conclude una procedura che si articola in varie fasi:

1.  il deposito della domanda di brevetto presso l’Ufficio Italiano Brevetti e Marchi o pressol’UPICA;

2.  l’esame della domanda53;3.  la decisione da parte dell’autorità.

Il giudizio di nullitàLa concessione del brevetto non pregiudica l’esercizio delle azioni giudiziarie circa la validità delbrevetto; essa serve solo a spostare l’onere della prova della mancanza dei requisiti per la brevetta-bilità dell’invenzione a carico di chi intende impugnarne la validità54. Ai sensi dell’art. 59 della leg-ge sul brevetto, quest’ultimo è nullo:

•  se l’invenzione manca del carattere della novità o industrialità;•  se la descrizione allegata alla domanda non comprende tutte le indicazioni necessarie a per-

sona esperta per mettere in pratica l’invenzione;•  se l’oggetto del brevetto si estende oltre il contenuto della domanda;•  se il titolare del brevetto non aveva diritto di ottenerlo e l’inventore non abbia fatto valere i

suoi diritti.

51 Non sono infatti brevettabili, ad esempio, le scoperte, le teorie scientifiche, i metodi matematici, imetodi per attività intellettuali.52 Le invenzioni di traslazione sono quelle che si applicano ad un settore diverso rispetto ad inven-zioni note in altro settore, traendone un risultato nuovo ed originale.53 Tuttavia l’autorità deve soltanto accertare la regolarità formale della domanda, la ricorrenza delrequisito della industrialità e della liceità. Il controllo degli altri requisiti è dunque devoluto, comefatto puramente eventuale e successivo al rilascio del brevetto, alla cognizione del giudice ordina-rio.54

La possibilità di transigere sulla questione di nullità o di rimettere la cognizione ad un giudice ar-bitrale è oggetto di dibattito: per alcuni ciò non sarebbe ammissibile in quanto l’oggetto è di dirittopubblico; per la dottrina prevalente e per la giurisprudenza tale possibilità è invece ammissibile etrova giustificazione nel fatto della conoscibilità della questione di nullità da parte del giudice ancheper via incidentale.

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La sentenza che accerta la nullità del brevetto è oggetto di pubblicità ed ha efficacia retroattivafermi restando gli atti già compiuti di esecuzione di sentenze di contraffazione passate in giudicatoe i contratti già eseguiti aventi ad oggetto l’inven-zione (salvo eventuale rimborso stabilito dal giu-dice).La titolarità dei diritti nascenti dall’invenzioneIl diritto di rilascio del brevetto spetta a chiunque abbia posto in essere l’attività inventiva che hadato luogo alla nuova invenzione. Le eventuali controversie circa la titolarità del diritto sono dicompetenza dell’autorità giudiziaria ordinaria.In particolare, nel caso in cui con sentenza passata in giudicato, si accerti che il diritto al brevettospetti ad una persona diversa da chi abbia depositato la domanda, l’art. 27bis L.brev. prevede dueipotesi:

•  quella in cui la procedura di brevettazione si sia già conclusa con il rilascio del brevetto afavore del non avente diritto. In tal caso il vero titolare potrà:

o  far valere la nullità del brevetto rilasciato al non avente diritto;o  rivendicare il brevetto;

•  quella in cui la procedura di brevettazione sia ancora pendente. Il vero titolare ha tre mesi ditempo per:

o  assumere a proprio nome la procedura di brevetto;o  ottenere il rigetto della domanda di brevetto;o  depositare a proprio nome una nuova domanda di brevetto, il cui contenuto non ec-

ceda quello della prima domanda, con decorrenza dalla data di deposito della do-manda iniziale, che cessa così di avere effetto.

Il contenuto del brevetto ed i suoi limitiIl diritto di esclusiva sull’invenzione attributo dal brevetto ha una durata limitata a venti anni (salvii termini diversi previsti dalle normative brevettali speciali) a decorrere dalla data di deposito delladomanda di brevetto. Quanto al limite spaziale ha efficacia solo nell’ambito dello Stato che lo harilasciato.L’art. 4 L.brev. prevede che l’inventore possa utilizzare l’invenzione, e quindi lanciare il prodotto

sul mercato, già a partire dalla data di deposito della domanda di brevetto55.L’esclusività attribuita dal brevetto al suo titolare, così come risulta dall’art. 1bis della L.brev. con-cerne:

•  la realizzazione del prodotto o del procedimento;•  la sua utilizzazione;•  la sua commerciabilità56;•  il divieto di importare lo stesso prodotto o il prodotto frutto del procedimento brevettato.

L’ambito dell’esclusiva, così definito, incontra tuttavia qualche limitazione. In particolare sono leci-ti:

•  gli atti compiuti in ambito privato e a fini non commerciali;• 

gli atti compiuti in via sperimentale;•  la preparazione estemporanea e per unità, di medicinali nelle farmacie su ricetta medica;La contraffazione del brevettoSalve le ipotesi sopra analizzate, ogni uso dell’invenzione altrui, non autorizzato dal titolare delbrevetto, costituisce contraffazione. Si distinguono vari casi di contraffazione:

•  contraffazione integrale, quando l’invenzione altrui è interamente imitata;

55 Questo non è possibile per i brevetti farmaceutici. La legge infatti richiede un periodo di accerta-menti e sperimentazioni del farmaco prima della messa in commercio. Per evitare che la durata del-la protezione brevettuale risulti in tal modo erosa, la L. 349/91 ha previsto un certificato comple-

mentare che prolunga la protezione brevettuale oltre la sua scadenza naturale per una durata pari alperiodo intercorso fra la data di deposito della domanda e la data del decreto di autorizzazioneall’immissione in commercio del farmaco.56 L’esclusiva del commercio trova un limite nel principio dell’esaurimento, in base al quale il dirit-to del titolare si esaurisce una volta che il prodotto sia stato posto in vendita.

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•  contraffazione non integrale, quando l’imitazione non è integrale ma tocca comunquel’ambito coperto dalla privativa altrui57;

•  contraffazione per equivalenti, quando pur non essendo identici neanche gli elementi es-senziali delle due realizzazioni, tuttavia l’idea inventiva, che è alla base dell’invenzione bre-vettata, è presente anche nella realizzazione altrui;

•  contraffazione evolutiva, quando la soluzione adottata dal terzo, pur presentando la stessa

idea inventiva di una precedente soluzione brevettata, la modifichi, migliorandola, adattan-dola, perfezionandola;•  contraffazione indiretta, che si sostanzia principalmente in due ipotesi:

o  produzioni e messa in vendita di parti staccate o di pezzi di ricambio;o  invenzioni di nuovo uso di un prodotto nuovo.

Quanto all’estensione del brevetto, occorre distinguere tra il brevetto di prodotto – che ha estensio-ne limitata all’uso descritto e rivendicato e agli usi ad esso equivalenti58 - e il brevetto di procedi-mento – che conferisce al titolare una posizione di esclusività in ordine a quel determinato metodo oprocesso oggetto di brevetto.Il giudizio di contraffazioneIl titolare del brevetto59 è legittimato ad agire in giudizio contro il terzo che – senza autorizzazione

– fa uso dell’invenzione brevettata, mediante l’azione di contraffazione. Il giudizio di contraffazio-ne è affidato all’autorità giudiziaria ordinaria e si svolge davanti al giudice territorialmente compe-tente ai sensi degli artt. 75 e 76 L.brev.60. L’onere di provare la contraffazione incombe sul titolaredel brevetto.Per evitare che la possibile lunghezza del giudizio di contraffazione torni a danno del titolare delbrevetto, gli artt. 81, 82 e 83 L.brev. prevedono a favore di questi – prima ancora dell’instaurazionedel giudizio – alcune misure cautelari61:

•  la descrizione, che ha la funzione di precostituire la prova della contraffazione;•  il sequestro, che ha la funzione di evitare la circolazione del prodotto contraffatto, affidan-

done la custodia ad un soggetto che non può disporne senza ordine del giudice;•  l’inibitoria, che è l’ordine con cui il giudice proibisce al contraffattore la prosecuzione o la

ripresa dell’attività di fabbricazione, di commercializzazione e di uso dei prodotti coperti dalbrevetto altrui.

Descrizione e sequestro perdono efficacia qualora non siano seguiti dall’instaura-zione del giudiziodi merito entro trenta giorni. Quanto all’inibitoria, può essere concessa sia ante causam, con do-manda da proporre al giudice competente a conoscere la causa nel merito, sia in corso di causa, concompetenza del giudice istruttore.Con la sentenza che accerta la contraffazione, il giudice può disporre – a carico del soccombente –le seguenti sanzioni:

•  l’inibitoria, consiste nell’ordine al contraffattore di cessare e non riprendere l’attività illeci-ta;

• la rimozione, distruzione o assegnazione in proprietà dei prodotti brevettati o dei mezziusati per la contraffazione62;

•  il risarcimento del danno63;

57 L’estensione del brevetto è determinata dalle rivendicazioni, ma le rivendicazioni sono, a lorovolta, interpretate alla luce dell’intero fascicolo brevettuale.58 Non risulta infatti accettabile – per varie incompatibilità – la teoria dell’estensione assoluta.59 Sono legittimati all’azione anche il licenziatario e l’usufruttuario.60 L’art. 76, in particolare, prevede la c.d. moltiplicazione dei fori alternativi: consente all’attore discegliere il foro del luogo in cui sono stati compiuti i fatti lesivi della sua privativa.61

Tali misure sono oggi fruibili anche da parte del titolare della domanda di brevetto grazie alD.P.R. 338/79.62 Anche tali sanzioni prescindono dall’esistenza del dolo o della colpa del contraffattore.63 Per ottenere la condanna del soccombente al risarcimento del danno è necessaria la ricorrenza deipresupposti di cui all’art. 2043 c.c.: la colpa dell’autore dell’illecito e il danno. Per quanto riguarda

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•  la pubblicazione della sentenza;•  la condanna in futuro, che consiste nella liquidazione di una somma che il contraffattore

dovrà versare nell’ipotesi di mancata cessazione o successiva ripresa dell’attività illecita.La trasferibilità e l’estinzione del brevettoCome abbiamo già avuto modo di vedere, i diritti patrimoniali nascenti dalle invenzioni industrialisono trasferibili. In particolare, per quanto concerne i diritti di brevetto, gli atti traslativi inter vivos

sono riconducibili ai modelli della:•  cessione, quando il titolare del brevetto si spoglia della titolarità dell’attes-tato a favore diun altro soggetto mediante un qualsiasi contratto capace di produrre effetti traslativi (vendi-ta, permuta, donazione ecc.);

•  licenza, che è il contratto con il quale il titolare del brevetto (licenziante), pur conservandotale titolarità, concede ad un terzo (licenziatario), dietro corrispettivo, il diritto di utilizzarel’invenzione brevettata;

La licenza è – in assenza di prescrizioni legislative – un contratto atipico il cui contenuto è quindirimesso all’autonomia delle parti64. A carico del licenziatario, il contratto prevede l’obbligo di paga-re il corrispettivo che può essere fissato in una somma a forfait oppure in pagamenti periodici (ro-yalties). La durata della licenza è fissata dalle parti e coincide solitamente con la durata del brevetto.

Infine, poiché i contratti di licenza possono costituire intese restrittive della libertà di concorrenza,devono essere valutati alla luce della normativa antitrust65.La licenza obbligatoria e altri casi di circolazione coattivaLa legge contempla le ipotesi di licenza obbligatoria66 nei casi di:

•  mancanza o insufficiente attuazione dell’invenzione: l’art. 54 L.brev. legittima il rilasciodella licenza obbligatoria qualora, per cause dipendenti dalla volontà del titolare del brevet-to, l’attuazione dell’invenzione, per oltre un triennio, manchi o risulti insufficiente ai bisognidel paese67;

•  invenzioni dipendenti: il diritto ad ottenere la licenza obbligatoria sussiste, però, soloquando la seconda invenzione costituisce, rispetto alla precedente, un importante progressotecnico di rilevanza economica.

La legge prevede inoltre una generale possibilità di espropriazione del brevetto nell’interesse delladifesa militare del Paese o per altre ragioni di pubblica utilità.L’estinzione del diritto di brevettoI diritti patrimoniali nascenti dall’invenzione si estinguono:

la colpa, la giurisprudenza ritiene che la pubblicità legale del sistema brevettuale crei una presun-zione di colpa in capo al contraffattore. Per quanto riguarda il danno, in linea di principio il dannorisarcibile coincide con il mancato utile netto che il titolare del brevetto ha subito per la contraffa-zione.64 Una delle clausole più rilevanti in esso contenute, è la clausola di esclusiva con la quale il licen-ziante si priva del potere di attuare egli stesso l’invenzione e di concedere altre licenze a terzi.65 Una nota a parte merita la c.d. licenza di pieno diritto. L’art. 50 L.brev. concede infatti al richie-dente o al titolare del brevetto la possibilità di offrire al pubblico – con dichiarazione resa nella stes-sa domanda oppure con comunicazione successiva all’ufficio dei brevetti – una licenza per l’usonon esclusivo dell’invenzione. Tale offerta, che si perfeziona con la notifica al titolaredell’accettazione di eventuali interessati, comporta la riduzione alla metà delle tasse annuali di bre-vetto.66 Con la licenza obbligatoria l’ordinamento impone al titolare del brevetto il rilascio della licenza aterzi. La procedura amministrativa di rilascio si svolge quasi interamente presso l’Ufficio ItalianoBrevetti e si conclude con un decreto del Ministero dell’industria, il commercio e l’artigianato. La

licenza obbligatoria può essere concessa soltanto dietro corresponsione da parte del licenziatario, afavore del titolare del brevetto, di equo compenso. Ha una durata massima pari alla durata del bre-vetto e è sempre non esclusiva e a titolo oneroso.67 E’ considerata attuazione dell’invenzione anche l’introduzione o la vendita di oggetti prodotti inpaesi membri della C.E. o della O.M.C.

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•  con la scadenza del termine stabilito dalla legge per le singole categorie di invenzioni;•  con la dichiarazione di nullità del brevetto;•  con la rinuncia del titolare;•  con il verificarsi di determinate cause di decadenza:

o  la mancata o insufficiente attuazione dell’invenzione protratta per un biennio oltre laconcessione della licenza obbligatoria;

o il mancato pagamento della tassa annuale di brevetto;o  lo scavalcamento per priorità previsto dalla Convenzione di Unione di Parigi68.

L’invenzione non brevettata e la sua tutelaNell’ordinamento italiano, l’invenzione non brevettata è protetta mediante le regole di tutela del se-greto industriale. Il segreto delinea una protezione di mero fatto e di tipo obbligatorio. Precisamen-te, la protezione dell’invenzione non brevettata si sostanzia nella previsione di un obbligo legale disegretezza a carico dei collaboratori dell’inventore69, e nel riconoscimento della validità dei contrat-ti di know-how70, accompagnati dall’obbligo di segretezza posto a carico dell’acquirente.Il diritto di preusoL’art. 6 L.brev. crea – a favore di chi abbia utilizzato un’invenzione non brevettata nel corsodell’anno anteriore al deposito di un’altrui domanda di brevetto – il diritto di prosecuzione di tale

utilizzazione (diritto di preuso). Deve comunque trattarsi di effettiva attuazione e tale diritto dipreuso non è comunque opponibile a terzi. Il preutente, infatti, non vanta un diritto di esclusiva neiconfronti del successivo registrante, né può agire con l’azione di contraffazione, ma è semplicemen-te immune dall’azione di contraffazione del titolare del brevetto.I brevetti per i modelliAccanto ai brevetti per invenzione, il nostro ordinamento prevede i brevetti per modelli industriali,espressione quest’ultima che comprende due diversi gruppi di creazioni:

•  i modelli di utilità che proteggono una innovazione tecnologica, e vengono perciò accostatiai brevetti per invenzione;

•  i modelli e disegni ornamentali che proteggono, invece, un’innovazione puramente esteti-ca, avvicinandosi, così, al diritto d’autore.

Il modello di utilitàIl modello di utilità è la forma nuova di un prodotto industriale, idonea a conferire al prodotto stessouna particolare efficacia o comodità di applicazione o di impiego. Non è facile distinguere netta-mente il modello di utilità dall’invenzione: dottrina e giurisprudenza oscillano tra un criterio quan-titativo, che vede il modello come una invenzione minore, e un criterio qualitativo, per il qualenel modello manca la soluzione nuova di un problema tecnico, agendo qui l’innovazione solo su a-spetti marginali ed esecutivi di ciò che è già noto71.Complessi sono i rapporti tra modello di utilità, marchio di forma e divieto di imitazione servile. Ilproblema che si pone è se le forme utili possano anche essere registrate come marchio o protette ex.art. 2598, n. 1 c.c.: se ciò fosse possibile, le forme utili riceverebbero una tutela potenzialmente per-petua ed il limite temporale del brevetto per modello risulterebbe così vanificato. E’ quindi preferi-

 68 Secondo tale regola, il brevetto perde i suoi effetti a seguito del deposito in Italia di una domandadi brevetto, per la stessa invenzione, da parte di chi ha depositato, nell’anno precedente, una do-manda di brevetto (per la stessa invenzione) in un altro Stato aderente alla Convenzione di Unione.69 Tale obbligo deriva dal generale obbligo di fedeltà posto dall’art. 2105 c.c. a carico dei collabora-tori subordinati. La regola è comunque applicabile, per analogia, anche ai collaboratori autonomi.La sanzione è di tipo risarcitorio.70 Tale contratto, atipico, è definito dalla dottrina come il contratto con cui un imprenditore (conce-dente), dietro compenso, mette in condizione un altro imprenditore (concessionario) di conoscere ed

utilizzare, nel processo produttivo o distributivo, le proprie tecniche o i propri ritrovati non brevet-tati (o non brevettabili) ma coperti da segreto.71 L’art. 4 della L.mod. consente, peraltro, il c.d. deposito di domande alternative: chi deposita unadomanda di brevetto per invenzione può depositare anche una domanda di brevetto per modelli diutilità che varrà solo nel caso che la prima non sia accolta o sia accolta solo in parte.

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bile ritenere che le forme utili non possano accedere al brevetto per marchio o alla tutela ex art.2598 n. 1 neanche se dotate di valore distintivo, qualora esprimano un nuovo concetto innovativo esiano, perciò, brevettabili come modello.Il modello ornamentaleIl modello ornamentale è il trovato che conferisce ad un oggetto noto uno speciale ornamento, siaper la forma, sia per una particolare combinazione di linee e di colori. Il brevetto per modello orna-mentale ha efficacia per quindici anni.Il modello ornamentale va distinto dall’opera d’arte applicata all’industria. Rilevano, a tal proposi-to, il criterio della scindibilità tra valore artistico e carattere industriale72 e il criterio della suffi-cienza del valore artistico della forma.

IMPRESA FAMILIARE E AZIENDA CONIUGALE L’impresa familiare è stata introdotta con la riforma del diritto di famiglia del 1975, conl’inserimento nel codice civile dell’art. 230 bis, il quale la definisce come l’impresa cui collaboranoil coniuge, i parenti entro il terzo grado e gli affini entro il secondo. L’impresa familiare non è isti-tuzionalmente impresa collettiva e la titolarità di essa deve imputarsi secondo le regole generali,non competendo in particolare ai familiari prestatori di lavoro, i quali non hanno, come tali, diritti o

poteri né responsabilità di coimprenditori o soci. L’art. 3 del D.L. 853/84 prevede espressamente lapossibilità di costituire l’impresa familiare in forma di società in nome collettivo o in accomanditasemplice.Quanto ai diritti patrimoniali, il familiare che presta in modo continuativo la sua attività di collabo-razione:

•  ha diritto al mantenimento, secondo la condizione patrimoniale della famiglia;•  partecipa agli utili dell’impresa familiare, ai beni acquistati con essi, nonché agli incrementi

dell’azienda, anche in ordine all’avviamento.Per quanto riguarda l’attività gestoria dell’impresa familiare, spettano al titolare le decisioni con-cernenti l’ordinaria amministrazione; spettano invece alla maggioranza le decisioni concernenti:

•  l’impiego degli utili e degli incrementi;•  la gestione straordinaria;•  gli indirizzi produttivi;•  la cessazione dell’impresa.

Secondo parte della dottrina, solo nelle decisioni circa l’impiego degli utili e degli incrementi lamaggioranza si impone alla minoranza. Negli altri casi, tenuto conto che l’unico responsabiledell’impresa è il titolare, non sembra accettabile che la maggioranza possa superare la contrarietà dicostui. Tuttavia, in quest’ultimo caso, le decisioni della maggioranza, qualora il titolare rifiuti diadottarle, si pongono come giusta causa di immediato recesso dall’impresa familiare.Tra i beni oggetto della comunione legale, l’art. 177 comprende anche le c.d. aziende coniugali. Inparticolare:

• l’art. 177 lettera d) stabilisce che costituiscono oggetto della comunione le aziende gestite daentrambi i coniugi e costituite dopo il matrimonio;

•  l’art. 177 comma 2 dispone che qualora si tratti di aziende appartenenti ad uno dei coniugianteriormente al matrimonio ma gestite da entrambi, la comunione concerne solo gli utili egli incrementi.

Tali articoli hanno rotto l’argine divisorio, come afferma un illustre autore, tra comunione e impresacollettiva, nel senso che mentre prima si riteneva che l’unico modello per la regolazione dei rapportipatrimoniali non fosse quello della comunione ma quello associativo, ora invece si riconosce chel’esercizio dell’azienda comune da parte dei coniugi non trasforma la comunione in società, comedel resto dimostrano le disposizioni degli art. 181 e 182 che inquadrano l’esercizio comunenell’ambito della comunione.

72 Si ha scindibilità quando l’opera può essere apprezzata esteticamente indipendentementedall’utilità del prodotto.

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CONCORRENZA E COOPERAZIONE TRA IMPRESE LA DISCIPLINA CONCORRENZIALE Fino all’entrata in vigore del codice civile del 1942, l’unica norma in materia era costituita dall’art.10bis introdotto con una revisione del 1925 alla Convenzione Internazionale per la tutela della pro-duzione industriale stipulata a Parigi nel 1883. Con l’introduzione del codice del 42 sono invece gliartt. 2598 e ss. ad occuparsi della materia.La disciplina della concorrenza sleale si applica solo quando ricorrano i presupposti soggettivi cheriguardano il rapporto in cui devono trovarsi il soggetto attivo e quello passivo e la qualità profes-sionale di entrambi i soggetti. Quanto al rapporto fra i due soggetti, questo deve essere di concor-renza (anche potenziale); la qualità professionale è quella di imprenditore73.Inoltre, l’imprenditore è responsabile anche degli atti posti in essere dai suoi collaboratori autonomied ausiliari, nonché, ovviamente, dai dipendenti nell’esercizio delle loro mansioni74.Illecito e danno concorrenzialeGli atti di concorrenza sleale previsti dall’art. 2598 si distinguono in tre categorie:

•  atti di confusione, di cui al n. 1 della norma;•  atti di appropriazione di pregi e di denigrazione, di cui al n. 2;•  altri atti contrari alla correttezza professionale, di cui al n. 3, caratterizzati oltre che dalla

contrarietà ai principi della correttezza professionale75

, dall’idone-ità a danneggiare l’altruiazienda76.Secondo un orientamento ormai consolidato in giurisprudenza, per integrare gli estremi dell’illecitoconcorrenziale, non è necessario che il danno si sia effettivamente realizzato, ma è sufficiente cheesso sia potenziale.Le singole fattispecie di concorrenza slealeGli atti di confusioneLe fattispecie in esame sono disciplinate dal n. 1 dell’art. 2598 ed hanno in comune l’idoneità aprodurre confusione con i prodotti e con l’attività di un concorrente, ossia l’idoneità a convincere iconsumatori che un prodotto o un’attività provengono da un certo imprenditore mentre in realtà so-no da ricondurre ad un imprenditore diverso. Tale confondibilità è intesa come la riproduzione – più

o meno puntuale – di uno o più elementi77 atti ad individuare un prodotto o una attività.Non esistendo, per i segni distintivi in esame, un sistema di registrazione e – quindi – una presun-zione di validità del segno, l’onere di provare la presenza in esso dei requisiti di tutelabilità graverà,secondo i principi generali, su colui che ne invoca la tutela. La sola dimostrazione della preesistenzadi segni confondibili graverà sulla parte che nega la tutelabilità. Infine la presenza della capacità di-stintiva non è oggetto di prova ma piuttosto di una valutazione del giudice sulla base del notorio,venendo qui in rilievo fatti appartenenti alla comune esperienza.Analizzando più da vicino l’art. 2598, troviamo al n. 1 la fattispecie di chi “usa nomi o segni distin-tivi idonei a produrre confusione con i nomi o con i segni distintivi legittimamente usati da altri”. Cisi chiede se tale norma riguardi – oltre ai segni atipici cui specificatamente si rivolge – anche quellitipici, cioè già tutelati altrove dalla legge come la ditta, l’insegna e il marchio registrato. È la stessanorma a rispondere positivamente (“ferme le disposizioni (…)”) ma resta il problema della cumula-bilità delle due tutele: la giurisprudenza opta per la soluzione negativa, mentre la dottrina le ritiene

73 Sono ricompresi nella disciplina anche la P.A., le attività non professionali ma occasionali e gliesercizi di impresa senza licenza.74 Si ritiene tuttavia che – eccetto il caso del dipendente – il terzo sia responsabile in solido conl’imprenditore.75 Secondo la dottrina più recente, per giudizio di correttezza professionale dobbiamo intendere ungiudizio di natura morale ma non professionale, bensì di morale pubblica corrente quale è espressa

dalla collettività dei consociati di cui il giudice è interprete.76 L’idoneità dannosa deve essere qualificata, deve cioè essere maggiore a quella normale di un attodello stesso tipo non scorretto.77 Segni denominativi, emblematici, figurativi. Inoltre il segno distintivo imitato deve essere dotatodi capacità distintiva (originalità), di novità e deve essere concretamente utilizzato nel mercato.

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applicabili entrambe78. Quanto ai segni atipici della ditta irregolare e del marchio di fatto, la nor-ma dell’art. 2598 n. 1 ne costituisce la forma esclusiva di tutela.L’art. 2598 n. 1 contempla, come seconda delle tre fattispecie, la c.d. imitazione servile. Tale normaha subito nel tempo progressive limitazioni applicative:

•  un primo limite riguarda le parti del prodotto la cui imitazione può definirsi illecita: tale imi-tazione deve infatti riguardare le parti appariscenti, esterne, del prodotto;

• un secondo limite deriva dall’esigenza di coordinare il divieto di imitazione con la disciplinabrevettuale79: per risolvere la questione si è giunti ad una interpretazione restrittiva dell’art.2598 n. 1 sostenendo che le forme suscettibili di costituire oggetto di brevettazione comemodello ornamentale o come modello di utilità sono liberamente imitabili ove non sianobrevettate o non lo siano più per la scadenza del relativo brevetto.

Quanto alle forme utili o funzionali si sostiene che queste – quando sarebbero potute essere brevet-tate come modelli di utilità ma non lo siano state – non siano tutelabili contro l’imitazione servile esiano quindi liberamente imitabili. Per quanto riguarda invece le forme ornamentali, si sostiene chesoltanto le forme dotate di un ornamento speciale e cioè superiore ad un certo livello estetico sianobrevettabili come modello ornamentale, mentre le forme (distintive) che presentino un ornamentonon speciale non lo siano e possano, perciò, ricevere la tutela contro l’imi-tazione servile.

Infine, la terza fattispecie dell’art. 2598 n. 1 – reprimendo gli altri mezzi con cui si compiano atticonfusori – rappresenta una norma di chiusura con la quale il legislatore intende escludere la liceitàdi qualsiasi atto confusorio80.Denigrazione e appropriazione di pregiIl n. 2 dell’art. 2598 disciplina due diverse ipotesi di concorrenza sleale:

•  la denigrazione, che consiste nella diffusione di notizie ed apprezzamenti sui prodotti esull’attività di un concorrente, idonei a determinarne il discredito e a procurare, così, undanno concorrenziale81;

•  l’appropriazione di pregi, dove per pregi si intendono non delle entità materiali apparte-nenti all’impresa aggredita, ma delle qualità dell’impresa stessa o dei suoi prodotti; più pre-cisamente costituisce pregio qualsiasi caratteristica dell’impresa o dei suoi prodotti conside-

rata tale dal mercato82.I casi più frequenti di denigrazione si legano al fenomeno della pubblicità comparativa intesa co-me quella pubblicità basata sul raffronto fra il prodotto di un soggetto e quello di un suo concorren-te. La L. 25/99 (legge comunitaria per il 1998) delega il Governo ad emanare – entro un anno dallasua approvazione – un decreto legislativo che regolamenti nel nostro paese la pubblicità comparati-

 78 In particolare, per quanto riguarda il marchio registrato, non si potrà agire in concorrenza slealequando il marchio non sia stato usato o quando il suo uso sia territorialmente limitato in modo danon creare una sovrapposizione.79 I brevetti che qui interessa considerare sono quelli per modello ornamentale e quelli per modellodi utilità in quanto riguardano essenzialmente la forma del prodotto e cioè proprio l’oggetto dellatutela contro l’imitazione servile. Naturalmente il divieto di imitazione decade allo scadere della va-lidità del brevetto (15 anni per il modello ornamentale e 10 anni per il modello di utilità). Questaconsiderazione però crea un conflitto applicativo con la norma dell’art. 2598 n. 1 in quantoquest’ultima prevede una tutela potenzialmente perpetua contro l’imitazione servile.80 Poiché però – per compiersi – gli atti confusori richiedono l’uso di segni distintivi confondibili,l’applicazione della norma in esame risulta estremamente rara e concerne di solito ipotesi di appro-priazione di segni distintivi inusuali, quali ad esempio l’uso di furgoni dello stesso colori del con-corrente, l’uso di fotografie di prodotti altrui nel proprio materiale pubblicitario o la copiatura di ca-taloghi.81

Tale diffusione di notizie non deve essere necessariamente indirizzata ad una pluralità di soggettima anche ad una cerchia ristretta o ad un singolo soggetto. Fa eccezione l’ipotesi in cui la comuni-cazione sia fatta non su iniziativa del concorrente ma ad esempio su richiesta del cliente; oppure chela comunicazione sia fatto al solo concorrente interessato.82 Per esempio nel caso di chi si dichiari – falsamente – concessionario di una celebre marca.

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va. Prima della riforma la comparazione pubblicitaria era inclusa, pur senza alcun riferimento e-splicito, nelle ipotesi di denigrazione del prodotto altrui. La direttiva 97/55, invertendol’orientamento interno, include la pubblicità comparativa fra i sistemi di comunicazione commercia-le ammessi nell’ambito dell’Unione Europea (naturalmente a precise condizioni).Anche per la concorrenza sleale, configurata come aspetto dell’illecito aquiliano, si parla di legitti-ma difesa e cioè si sostiene che l’illiceità del comportamento vietato può essere esclusa se esso siastato posto in essere per reagire al comportamento illecito del concorrente 83.Quanto alla legittimazione ad agire per concorrenza sleale, questa riguarda il solo imprenditore cherisulti obiettivamente identificabile come soggetto passivo della denigrazione. Nel caso in cuiquest’ultima riguardi un intero genere di prodotti facenti capo a più imprenditori, la legittimazionesarà estesa a tutti gli imprenditori della categoria, nonché alle associazioni di categoria, ai sensidell’art. 2601.Nell’ambito invece dell’appropriazione di pregi, si parla di agganciamento alla notorietà altrui,quando chi si propone al pubblico lo fa equiparandosi in modo esplicito ad un concorrente noto o aisuoi prodotti, approfittando, così, del frutto dell’altrui lavoro o investimento.Atti contrari alla correttezza professionaleIl n. 3 dell’art. 2598 – in considerazione della rarità di fattispecie inedite da classificare – funge da

“contenitore” di fattispecie tipizzate, già individuate prima dell’entrata in vigore del codice, chevengono ricondotte alla norma in esame per trovare una loro collocazione.Fra le fattispecie di concorrenza sleale qui riconducibili, il mendacio concorrenziale (messaggi in-gannevoli) è senza dubbio una delle più importanti. Oltre all’ipotesi della pubblicità menzognera,l’illiceità si estende a qualsiasi comunicazione rivolta ai potenziali consumatori o fruitori di deter-minati prodotti o servizi, che non corrisponda a verità e che sia idonea ad ingannare i suoi destinata-ri provocando, così, un danno concorrenziale.Altra fattispecie rilevante è quella che riguarda le manovre sui prezzi. In generale non si potrebbenegare la liceità dei ribassi di prezzo senza negare il concetto stesso di libera concorrenza. Tuttaviacerte vendite sottocosto possono essere considerate illecite quando vengano poste in essere con finimonopolistici e con continuità temporale.

La violazione di certe norme di diritto pubblico attinenti al mondo dell’impresa possono integra-re varie fattispecie di concorrenza sleale. Ad esempio la violazione di norme che impongono limitiall’esercizio dell’attività, di norme che impongono costi (se si collegano ad un atto di concorrenza),di norme che impongono oneri o addirittura di quelle norme legate alla corruzione e reati analoghi.Lo storno dei dipendenti, consistente nel sottrarre i dipendenti ad un concorrente istigandoli a di-mettersi per poi assumerli, è considerato illecito se attuato con l’intento di disgregare o disorganiz-zare l’azienda del concorrente, se attuato, cioè con animus nocendi. A questa ipotesi è anche spessolegata quella relativa alla sottrazione di segreti aziendali.Altre fattispecie riguardano infine la concorrenza dell’ex dipendente, la concorrenza parassita-ria, l’induzione all’inadempimento, il boicottaggio84 e la concorrenza via internet.

83 L’agire in legittima difesa è subordinato a due condizioni: le notizie diffuse devono essere vere;la difesa deve essere proporzionata all’esigenza di dare notizia dell’aggressione subita ai soggettiinteressati (in genere alla clientela). La difesa deve essere obiettiva, non tendenziosa e moderata.84 Per boicottaggio si intende il comportamento di chi, attraverso il rifiuto proprio o di altri soggetti

di stipulare ed intrattenere rapporti con un determinato terzo, impedisca a quest’ultimo di accedere

o di permanere sul mercato. Si distingue fra:•  boicottaggio primario, quando uno o più soggetti decidono di non contrattare con il terzo:

con l’entrata in vigore della legge antitrust italiana, tale comportamento è illecito se lo è sot-to il profilo antitrust;•  boicottaggio secondario, quando uno o più soggetti (promotori), esercitando pressioni eco-

nomiche o di altro tipo, obbligano altri soggetti (esecutori) a non intrattenere rapporti con unconcorrente dei primi (boicottato).

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Tutela cautelare e sanzioniLa lunga durata del giudizio di concorrenza sleale e la gravità dei danni, che nel frattempol’imprenditore può subire, legittimano il ricorso alle misure cautelari di cui all’art. 700 c.p.c.. Inforza di tale norma, il richiedente può ottenere:

•  l’inibitoria provvisoria del comportamento scorretto altrui;•  il sequestro dei beni prodotti o commercializzati in modo illecito.

Per ottenere la tutela cautelare occorre fornire una prova sommaria della bontà della pretesa e delpericolo che deriverebbe dalla non concessione della misura. Con la sentenza che accerta il compi-mento di uno o più atti di concorrenza sleale, il giudice può applicare, su richiesta di parte, le san-zioni previste dagli artt. 2599 e 2600 che sono:

•  l’inibitoria, che consiste nel divieto di continuare l’attività o di ripetere l’atto dichiarato ille-cito;

•  l’emanazione di opportuni provvedimenti per la rimozione degli effetti dell’illecito, come,ad esempio, l’ordine di ritiro dal commercio dei beni realizzati con l’attività illecita;

•  la pubblicazione della sentenza;•  il risarcimento del danno, sempre che ricorrano il dolo o la colpa del convenuto e la prova

del danno effettivamente sofferto.

LA LEGISLAZIONE ANTITRUST Il diritto antitrust ha il preciso obiettivo di correggere eventuali squilibri del mercato che tendesempre ad allontanarsi dal modello ideale di concorrenza perfetta. Per fare ciò occorre sorvegliarecostantemente sia il mercato – in modo da poter intervenire prontamente sulle evoluzioni delle strut-ture e dei comportamenti – sia l’andamento della normativa antitrust degli altri paesi.Le norme antitrust sono solitamente divise in due categorie:

•  per se rules: per le quali l’illiceità di un comportamento è determinato dalla sua conformitào meno a quello astratto determinato dalla norma;

•  rules of reason: per le quali è l’organo di controllo che stabilisce se un comportamento –pur conforme alla fattispecie astratta – è o meno contrario agli interessi che la normativavuole tutelare.

La normativa antitrust trova un grave limite nella difficoltà dell’imporre una sanzione realmente ef-ficace ad un comportamento ritenuto illecito. E’ quindi preferibile tentare di prevenire i comporta-menti illeciti piuttosto che reprimerli.L’antitrust nella Comunità EuropeaL'articolo 3 lettera g) del trattato istitutivo della comunità europea indica tra i fini della comunità lacreazione di un regime inteso a garantire che la concorrenza non sia falsata nel mercato comune.Nasce così l'esigenza di eliminare qualsiasi impedimento e ostacolo alla concorrenza. I principifondamentali della disciplina della concorrenza, posti dal trattato di Roma, possono così sintetizzar-si:

•  divieto di intese pregiudiziali al commercio tra gli stati membri e restrittive della concorren-

za all'interno del mercato comune;•  divieto, alle imprese che hanno una posizione dominante nel mercato comune, di farne un

esercizio abusivo;•  disciplina delle relazioni finanziarie tra i poteri pubblici e le imprese pubbliche, nonché delle

imprese alle quali gli Stati affidano la gestione di servizi nell'interesse generale;•  regolamentazione degli interventi degli Stati membri nell'economia, per impedire che gli

aiuti economici alle imprese generino limitazioni e modifiche al libero esplicarsi della con-correnza.

L'articolo 81, in particolare, dichiara che: "sono incompatibili con il mercato comune e vietati tuttigli accordi tra imprese, tutte le decisioni di associazioni di imprese e tutte le pratiche concordate chepossono pregiudicare il commercio tra Stati membri e che abbiano per oggetto o per effetto di im-

pedire, restringere o falsare il gioco della concorrenza all'interno del mercato comune". La stessanorma, con elencazione non tassativa, specifica che sono vietate le intese consistenti nel:

•  fissare direttamente o indirettamente i prezzi di acquisto o di vendita ovvero altre condizionidi transazioni;

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•  limitare o controllare la produzione, gli sbocchi, lo sviluppo tecnico o gli investimenti;•  ripartire i mercati o le fonti di approvvigionamento;•  applicare, nei rapporti commerciali con gli altri contraenti, condizioni dissimili per presta-

zioni equivalenti, così da determinare per questi ultimi uno svantaggio nella concorrenza;•  subordinare la conclusione di contratti all'accettazione da parte degli altri contraenti di pre-

stazioni supplementari che, per la loro natura secondo gli usi commerciali, non abbiano al-

cun nesso con l'oggetto dei contratti stessi.Il sistema previsto obbliga le imprese a dichiarare preventivamente gli accordi che possono rientrarenel campo delle regole di concorrenza per ottenere il placet degli organi comunitari. In questo setto-re è la Commissione che prende le decisioni sulla base del regolamento n. 17 emanato dal Consiglionel 1962.Essa in particolare può:

•  vietare l'intesa, che in questo caso è nulla;•  concedere un esenzione dal divieto a favore delle intese che contribuiscono a migliorare la

produzione o la distribuzione ovvero a promuovere il progresso tecnico o economico;•  constatare che non vi sia motivo di intervenire.

Le intese non dichiarate possono essere oggetto di inchiesta da parte della commissione che, allor-

ché constati una violazione delle regole di concorrenza, può con apposita decisione infliggere am-menda e penalità di mora.L'articolo 82 del trattato CE dispone che: “è incompatibile con il mercato comune e vietato, nellamisura in cui possa essere pregiudizievole al commercio tra gli stati membri, lo sfruttamento abusi-vo da parte di una o più imprese di una posizione dominante sul mercato comune o su una parte so-stanziale di questo”. Tale norma non vieta la posizione dominante in sé, ma l'abuso di essa da partedi una o più imprese85.A differenza di quanto previsto per le intese dall’art. 81 (ex 85), in caso di abuso di posizione do-minante non sussiste alcuna possibilità di esenzione dal rispetto della disposizione dell’art. 82.Quanto alle norme di applicazione vale, anche per l’art. 82 il regolamento n. 17, con la precisazioneche, trattandosi in tale ipotesi di vietare dei comportamenti e non degli accordi formali, non è previ-sta la sanzione giuridica della nullità. Sono invece applicabili, da parte della Commissione, le san-zioni pecuniarie per le violazioni e le penalità di mora per i ritardi. Con il passare degli anni sonostati emanati numerosi regolamenti che hanno introdotto discipline dettagliate di varie ipotesi di in-tese. In genere essi distinguono due liste di clausole contrattuali:

•  la c.d. lista bianca elenca clausole considerate non restrittive della concorrenza e la cui pre-senza non ostacola l’esenzione dal divieto;

•  la c.d. lista nera elenca le clausole restrittive considerate non esentabili e che quindi fannoqualificare un’intesa come illecita.

Nel trattato CE mancano, invece, esplicite previsioni normative volte a disciplinare le concentrazio-ni fra imprese, ma la Corte di Giustizia ha riconosciuto che le concentrazioni cui partecipano impre-

se aventi una posizione dominante possono, in taluni casi, essere considerate sfruttamento abusivodi una posizione dominante e quindi essere vietate86. Si ha dunque concentrazione quando due o più

85 Il 2° comma dell’art. 82 individua quattro fattispecie tipiche di abuso di posizione dominante, checonsistono:

•  nell’imporre direttamente o indirettamente prezzi di acquisto, di vendita o altre condizioni ditransazione non eque;

•  nel limitare la produzione, gli sbocchi o lo sviluppo tecnico, a danno dei consumatori;•  nell’ applicare ai rapporti commerciali con gli altri contraenti condizioni dissimili per pre-

stazioni equivalenti, determinando così per questi ultimi uno svantaggio;• 

nel subordinare la conclusione di contratti all’accettazione da parte degli altri contraenti diprestazioni supplementari, che, per loro natura o secondo gli usi commerciali, non abbianoalcun nesso con l’oggetto dei contratti stessi.

86 Questa interpretazione giurisprudenziale ha improntato la formazione del Regolamento sul con-trollo della concentrazione, entrato in vigore il 10 ottobre 1990 dopo una discussione durata 17 an-

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imprese si fondono o quando una o più persone, già controllanti almeno un’impresa, acquisisconodirettamente o indirettamente il controllo dell’insieme o di parti di imprese, sia acquistando parteci-pazioni nel capitale sociale sia con qualsiasi altro mezzo. Tutte le operazioni di concentrazione de-vono essere notificate alla Commissione, la quale dovrà dichiarare (con una decisione) l’accertatacompatibilità delle stesse con il mercato comune, ovvero ordinare — in ipotesi di incompatibilità —la separazione delle imprese o degli elementi patrimoniali acquistati o incorporati, la cessazione delcontrollo comune, nonché ogni altra misura idonea a ripristinare condizioni di concorrenza effettiva.L’incompatibilità, in particolare, riguarda quelle operazioni che creano o rafforzano una posizionedominante, si da ostacolare in modo significativo il mantenimento o lo sviluppo della concorrenzaeffettiva nel mercato comune o in una parte sostanziale di questo87. A norma dell’art. 86 (ex 90) CE,le regole di concorrenza comunitarie devono trovare applicazione anche nei confronti delle impresepubbliche e delle imprese alle quali gli Stati membri «riconoscono diritti speciali o esclusivi».L’esistenza di una posizione dominante può essere accertata solo dopo aver individuato i confinigeografici ed economici del mercato su cui tale impresa domina.In primo luogo il mercato deve essere delimitato in senso geografico: esso non è altro che la zona,piccola o grande che sia, interna al mercato comune, in cui opera, insieme ad altri operatori,l’impresa dominante. È ovvio che un’impresa è sicuramente in posizione dominante quando incide

in tutto il mercato CE; quando invece si parla di «parte sostanziale» del mercato non si guarda all’ampiezza territoriale dell’area in cui si svolge l’attività esaminata quanto piuttosto al volume di taleattività. Così anche il territorio di un solo Stato membro della CE e anche solo una sua parte posso-no essere «parti sostanziali del mercato comune».Per quanto riguarda invece il mercato dei prodotti, il problema è molto più complesso in quantoconsiste nel dover stabilire quali prodotti fanno parte del mercato: si può dire che l’estensione delmercato rilevante corrisponde a quella mappa di commercializzazione dei prodotti che in base alleloro specifiche caratteristiche (aspetto, prezzo, qualità, adattabilità ed utilizzazione), unitamente allescelte ed ai gusti dei consumatori, consentano un sufficiente livello di sostituibilità fra di loro in unadeterminata area geografica.La Commissione, cioè l’esecutivo del sistema CE, si occupa dell’applicazione delle regole di con-

correnza. Le decisioni della Commissione possono essere impugnate davanti ai Tribunale di primogrado delle Comunità Europee (in passato le decisioni della Commissione si impugnavano davantialla Corte di Giustizia delle Comunità Europee, che decideva in unico grado). Il procedimento da-vanti alla Commissione può essere diviso in due parti: una fase informale ed una vera e propriaprocedura. Questa prevede una necessaria fase scritta ed un’eventuale fase orale. In caso di intese ecomportamenti illeciti, a carico dei loro autori è previsto un generale obbligo di rimozione degli ef-fetti, nonché il pagamento di ammende.L’antitrust in ItaliaIl nostro Paese si è dotato di una normativa antitrust con notevole ritardo rispetto agli altri Stati del-la Comunità Europea. La legislazione nazionale si era infatti limitata a fornire una minuziosa disci-plina del contratto di consorzio, senza affrontare il problema di sancire la liceità dei multiformi ac-

cordi che perseguono in fine diretto o indiretto della restrizione della concorrenza. Con la L. 287/90tale situazione è mutata e – largamente ispirata alla normativa comunitaria – è stata introdotta anche

ni. Il Regolamento si è reso necessario perché la soppressione delle frontiere interne porterà a nu-merose ristrutturazioni, soprattutto per concentrazioni, delle imprese nella Comunità. Questo pro-cesso non deve però pregiudicare la concorrenza e la CE ha deciso di dotarsi di una disciplina piùprecisa e più moderna di quella prevista dal Trattato.87 La procedura prevista dal suddetto regolamento è stata innovata dall’accordo raggiunto il 24 apri-le 1997 dal Consiglio dei ministri dell’Industria dell’Unione Europea. La nuova soluzione ha am-pliato la competenza della Commissione, finora limitata ai casi più rilevanti, abbassando la soglia

del fatturato necessario per l’esame delle operazioni di fusione e concentrazione da parte del Com-missario europeo. Sono inoltre stati aboliti la notifica ed il relativo esame da parte di ogni singolaautorità nazionale previsti dal vecchio regime: in questo modo la procedura risulterà semplificata esaranno ridotti quelle impasse burocratiche che impedivano spesso l’esame di importanti operazionidi rilevanza comunitaria.

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nel nostro paese un’ampia disciplina antitrust affiancata dall’istituzione dell’Autorità garantedella concorrenza e del mercato.Ai sensi dell’art. 1 della L. 287/90, le disposizioni introdotte dalla stessa si applicano soltanto alleintese, agli abusi di posizione dominante ed alle concentrazioni di imprese “che non ricadanonell’ambito di applicazione degli artt. 65 e 66 del trattato CECA e degli artt. 86 e 86 del TrattatoCEE, nonché dei regolamenti dei della CEE e di atti comunitari con efficacia normativa equipara-ta”.L’applicabilità sussiste quindi allorché non ci sia pregiudizio per gli Stati comunitari: inquest’ultimo caso troverà infatti applicazione il diritto comunitario.Da un punto di vista soggettivo, la normativa antitrust si applica:

•  alle imprese, intese qui in senso assai più ampio rispetto all’art. 2082 c.c.;•  alle imprese pubbliche e a partecipazione statale88.

Sono invece escluse le imprese che, per disposizione di legge, esercitano la gestione di servizi di in-teresse economico generale e le imprese che operano in regime di monopolio sul mercato. Regimispeciali sono previsti infine per le imprese operanti nei settori della radiodiffusione e dell’editoria,le aziende ed istituti di credito e le imprese assicurative.Il divieto delle intese

L’art. 2 della L. 287/90 vieta, a pena di nullità, gli accordi e le pratiche concordate tra imprese non-ché le deliberazioni di consorzi, associazioni di imprese ed altri organismi simili che abbiano il finedi:

•  impedire, in maniera consistente, la concorrenza all’interno del mercato nazionale o in unasua parte rilevante, nel senso di vietare del tutto l’esercizio di una determinata attività oproibire la vendita di un determinato prodotto;

•  restringerla, nel senso di sottoporre l’esercizio a determinate condizioni;•  falsarla, ad esempio con atti di concorrenza sleale.

Oltre a tale clausola generale, vi sono cinque categorie di intese tipizzate che ricalcano quelle previ-ste dall’art. 81 del Trattato CE (v. pag. 32).L’abuso di posizione dominante

Si ha posizione dominante quando una o più imprese possono influire in misura sostanziale sulledecisioni di altri agenti economici mediante una strategia indipendente, sottraendosi così ad unaconcorrenza effettiva.La nostra legge antitrust vieta – in stretta analogia all’art. 82 del Trattato CE – l’abuso di posizionedominante (v. nota n. 67).La concentrazione di impreseSecondo la nostra legge antitrust, l’operazione di concentrazione si realizza:

•  quando due o più imprese procedono a fusione;•  quando uno o più soggetti in posizione di controllo di almeno una impresa ovvero una o più

imprese acquisiscono, direttamente o indirettamente, il controllo dell’insieme o di parti di

una o più imprese;•  quando due o più imprese procedono, attraverso la costituzione di una nuova società, allacostituzione di un’impresa comune.

In ogni caso per aversi concentrazione deve prodursi una modificazione della struttura interna delleimprese interessate. Le operazioni di concentrazione appena specificate non sono vietate in assolu-to, ma solo se comportino la costituzione o il rafforzamento di una posizione dominante sul mercatonazionale, in modo da eliminare o ridurre in modo sostanziale e durevole la concorrenza.L’ASSOCIAZIONE IN PARTECIPAZIONE L’associazione in partecipazione è il contratto con cui una parte (associante) attribuisce ad un’altra(associato) una partecipazione agli utili della sua impresa, o di uno o più affari, verso il corrispettivo

88 Deve considerarsi pubblica ogni impresa sottoposta direttamente o indirettamente all’influenzapreponderante dello Stato, di uno dei suoi organismi, o di un’altra entità di diritto pubblico, qualeche sia la forma giuridica di detta impresa.

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di un determinato apporto89. Elementi essenziali del contratto – posti in un rapporto sinallagmati-co – sono dunque:

•  l’apporto da parte dell’associato, che può consistere in una somma di denaro ma anche nelconferimento di determinati beni o servizi;

•  l’attribuzione di una partecipazione agli utili da parte dell’associante.Salvo patto contrario, a norma dell’art. 2553, l’associato partecipa alle perdite nella stessa misura in

cui partecipa agli utili; sullo stesso, però, non possono gravare perdite in misura superiore al suoapporto90. L’associato non diviene socio dell’as-sociante ma resta un suo creditore: il rapporto traloro, infatti, rimane puramente interno. Quanto alla natura giuridica, il contratto in partecipazione è:

•  consensuale, in quanto l’apporto dell’associato si sostanzia nell’obbligo di conferimento enon nella materiale consegna del bene;

•  necessariamente bilaterale, poiché l’art. 2550 subordina al consenso dell’as-sociato la fa-coltà dell’associante di attribuire ad altre persone partecipazioni alla stessa impresa o allostesso affare che rimangono tuttavia rapporti distinti l’uno dall’altro;

•  non formale, salvo che questa sia richiesta dalla natura dei beni oggetto del conferimento;•  oneroso;•  di durata non necessariamente limitata nel tempo, in quanto può anche essere perpetuo.

L’associazione in partecipazione è un contratto destinato esclusivamente a regolare i rapporti tra as-sociante ed associato e con esso non si costituisce un ente collettivo distinto dalle persone dei con-traenti91. I punti fondamentali in cui possiamo riassumere la disciplina sono i seguenti:

•  l’iniziativa economica è rimessa alla determinazione esclusiva dell’associate purché questinon modifichi l’oggetto dell’impresa o l’affare;

•  l’associante è il solo responsabile verso i terzi, salva la responsabilità in via surrogatoriadell’associato qualora ne ricorrano i presupposti;

•  la gestione dell’impresa o dell’affare spetta all’associante;•  l’associato dovrà prestare la sua opera sotto la direzione dell’associante;•  l’associato ha il diritto di rendiconto;• 

la partecipazione dell’associato agli utili ed alle perdite è disciplinata dal contratto;•  lo scioglimento del contratto attribuisce all’associato unicamente il diritto alla liquidazione

della sua quota sulla base della situazione patrimoniale esistente in quel momento.I CONSORZI, LE SOCIETÀ CONSORTILI, LE ASSOCIAZIONI TEMPORANEE DI IMPRESE Il consorzio di imprese è costituito da un gruppo di imprese munito di una organizzazione comuneidonea a soddisfare determinate esigenze di coordinamento della produzione e dello scambio. Il finedel consorzio è quindi far conseguire ad ogni impresa associata una struttura più solida e maggioripossibilità di affermazione e di espansione, attraverso la creazione di una organizzazione comuneunitaria92. Fonte dell’organizzazione consortile può essere un contratto, un atto della pubblica auto-rità (nel caso di consorzi obbligatori) o la stessa legge (c.d. consorzi coattivi).Fondamentale è la distinzione tra:

89 Anche le società, non solo le persone fisiche, possono assumere sia la figura di associante chequella di associato.90 La Corte di Cassazione considera la partecipazione alle perdite come un elemento meramente e-ventuale ma non necessario del contratto di consorzio.91 Infatti, a differenza di quanto avviene con le società, nell’associazione in partecipazione:

•  non si ha formazione di un fondo comune;•  l’impresa resta impresa personale dell’associante;•  l’associato rimane un creditore dell’associante e, come tale, è soggetto al concorso degli altri

creditori di lui;•  allo scioglimento del contratto non consegue uno stadio di liquidazione.92 A differenza dei patti di concorrenza, in cui le imprese assumono solo obblighi di non facere,con il consorzio si crea una vera e propria organizzazione unitaria alla quale è rimesso il coordina-mento dell’azione dei singoli partecipanti.

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•  consorzi con attività meramente interna, destinati ad operare solo tra i consorzianti;•  consorzi con attività esterna, operanti anche nei confronti dei terzi ed aventi un fondo comu-

ne dotato di autonomia patrimoniale.Il consorzio volontarioIl consorzio volontario è quello che trova il suo fondamento nel contratto consortile, in quel contrat-to, cioè, con cui più imprenditori istituiscono una organizzazione comune per la disciplina o per lo

svolgimento di determinate fasi delle rispettive imprese. Pertanto:•  i soggetti che possono stipulare il contratto di consorzio devono essere imprenditori;•  gli imprenditori possono anche esercitare attività economiche diverse;•  il consorzio richiede una organizzazione comune per la disciplina o per lo svolgimento di

determinate fasi delle rispettive imprese;•  all’infuori di tali fasi determinate le singole imprese restano indipendenti e autonome.

Il contratto consortile è un contratto formale - in quanto è richiesta la forma scritta ad substantiam –associativo plurilaterale, aperto all’adesione di altre parti. Deve indicare:

•  l’oggetto del consorzio;•  la durata;•  la sede;•  le attribuzioni ed i poteri degli organi consortili;•  i diritti, i doveri, le quote dei singoli soci e le condizioni per l’ammissibilità di nuovi soci;•  le sanzioni per l’inadempimento degli obblighi dei consorziati.

Inoltre, per i consorzi con attività esterna, il codice detta una disciplina speciale, che integra la di-sciplina generale fissata dagli artt. 2602-2611. In particolare:

•  il contratto deve prevedere l’istituzione di un ufficio destinato a svolgere attività con i terzi;•  un estratto del contratto medesimo deve essere depositato, per l’iscrizione, presso l’ufficio

del registro delle imprese del luogo ove tale ufficio ha sede;•  i contributi dei consorziati ed i beni con essi acquistati costituiscono il fondo consortile, che

rappresenta il patrimonio del consorzio: tale patrimonio è autonomo;

•  coloro cui è affidata la direzione del consorzio hanno l’obbligo di redigere annualmente edepositare una situazione consortile patrimoniale;•  il consorzio può essere convenuto in giudizio nella persona di coloro ai quali il contratto at-

tribuisce la presidenza o la direzione.Dal consorzio si esce per recesso o per esclusione: in tali casi la quota di partecipazione del consor-ziato receduto od escluso si accresce proporzionalmente a quella degli altri. Quantoall’organizzazione, il codice non prevede la necessaria istituzione di una assemblea consortile nél’esistenza di un consiglio di amministrazione o di un collegio sindacale; non può mancare, invece,un ufficio comune, sia esso di gestione o di controllo.Occorre infine accennare:

•  alle società consortili, definite dell’art. 2615ter come le società che hanno come oggetto so-

ciale gli scopi indicati nell’art. 2602;•  alle associazioni temporanee d’imprese che costituiscono forme di cooperazione tempora-

nea ed occasionale fra più imprese alle quali si ricorre per realizzare congiuntamente operedi rilevanti dimensioni o affari complessi;

•  al Gruppo Europeo di Interesse Economico, istituito con regolamento comunitario n.2137/85, quale organismo associativo comunitario finalizzato a consentire agli imprenditorieuropei lo svolgimento di iniziative economiche comuni, la realizzazione di proficui rapportidi cooperazione interaziendale, nonché la partecipazione congiunta a gare di appalto per larealizzazione di opere pubbliche o private. L’istituto non si pone nell’area dei contratti disocietà, bensì nella categoria dei contratti di collaborazione.

LE SOCIETÀLE SOCIETÀ IN GENERALE Secondo l'art. 2247 "con il contratto di società due o più persone conferiscono beni o servizi perl'esercizio in comune di una attività economica allo scopo di dividerne gli utili". Tale definizione

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della società come contratto, tuttavia, non è più idonea a ricomprendere l’intero fenomeno socie-tario, giacché non tiene conto delle fattispecie delle società costituite ad opera di un singolo sogget-to93.Da una prima analisi del testo dell’art. 2247 si può individuare un nucleo essenziale di elementi, ecioè i soggetti e i conferimenti per la costituzione del fondo sociale, l’oggetto sociale e la causa, ealcuni elementi peculiari a volte tra loro combinati, che servono ad identificare e a connotare i varitipi di società che rappresentano:

•  specificazioni–variabili degli elementi costanti (diverso regime del fondo comune che nellesocietà per azioni assume il nome di capitale sociale con una sua peculiare disciplina);

•  o novità indotte dal tipo prescelto (la disciplina del bilancio nelle società per azioni).I soggettiCome abbiamo già avuto modo di accennare, deve precisarsi che la pluralità di soggetti non costi-tuisce più la condicio sine qua non per la costituzione della società, dal momento che è possibile lacostituzione per atto unilaterale sia pure per la sola società a responsabilità limitata. Deve notarsiche quando la società si costituisce per atto scritto, occorre sempre che i contraenti siano individuaticol nome e cognome, il luogo e la data di nascita, il domicilio e la cittadinanza. In linea generalepossono sottoscrivere il contratto di società sia le persone fisiche, sia le persone giuridiche, sia gli

enti non riconosciuti. Particolari norme sono stabilite per le società personali commerciali in rela-zione alla continuazione della società da parte degli incapaci. Mentre nessuna limitazione di rilievosussiste con riguardo alla partecipazione dei soggetti appena menzionati alle società di capitali e allesocietà mutualistiche, dottrina e giurisprudenza sono schierate su due fronti opposti nel rispondereal quesito se possano divenire soci di società di persone le società di capitali, mentre la partecipa-zione di società personali non suscita contrasti94.

93 Infatti, il D.Lgs. n. 88/93 ha espressamente previsto la costituzione di società a responsabilità li-mitata con unico socio.94 È meglio analizzare più approfonditamente le ipotesi prospettabili:Al quesito se possano divenire soci di società di persone, segnatamente di società in nome col-

lettivo e in accomandita semplice, altre società di capitali , risponde positivamente la dottrinaprevalente e una parte minoritaria della giurisprudenza di merito, mentre la soluzione negativa è di-fesa dalla giurisprudenza della Cassazione e dalla maggioranza dei tribunali e delle corti di appello.A chi fa leva essenzialmente sul fatto che la stipulazione del contratto di società personale avvienesulla base del c.d. intuitus personae che sarebbe configurabile solo tra persone fisiche, essendo fon-dato sulla conoscenza personale e sulla fiducia nell’onestà e nella capacità dei soci tra di loro, si èobiettato, da un lato, che l’intuitus personae non è mai stato considerato un elemento indefettibiledelle società personali, riguardando in ogni caso l’interesse delle parti, e, dall’altro, che, anche am-messa l’essenzialità di tale elemento, non si vede perché esso non possa sussistere anche tra personefisiche e persone giuridiche; a chi fa leva sul diverso regime della responsabilità fra società di capi-tali e società di persone con la conseguente incompatibilità con la posizione di socio a responsabili-tà illimitata della società di capitali, si è obiettato, da un lato, che anche le società personificate pereffetto della partecipazione rispondono senza limiti e in solido con tutto il patrimonio al pari dellepersone fisiche e, dall’altro, che si è trascurato di considerare che anche per la società semplice coneffetto interno ed esterno e per le società in nome collettivo con effetto solo interno, la legge con-sente ai soci di limitare la propria responsabilità.Meno rilevante del problema precedente è quello della partecipazione di una società in nome col-lettivo ad un’altra società in nome collettivo o in accomandita semplice. Al quesito si dà unaquasi unanime risposta positiva, argomentando dall’intuitus personae che in questo caso non man-cherebbe e dividendo l’ipotesi principale in due sotto–ipotesi: quella della costituzione di una socie-tà personale cui partecipino accanto a soci e persone fisiche una o più società personali, in ordine

alla quale è possibile parlare di società partecipante e di società madre ed è quindi possibile porsi gliinterrogativi relativi alla sostanziale mancanza dell’intuitus personae per la mutevolezza del corposociale della società partecipante; e quella della costituzione di una società personale tra le societàpersonali, in ordine alla quale i problemi appena esposti non sono neanche prospettabili, perché isoci passano in secondo piano ed assumono un rilievo peculiare solo nel caso in cui, per effetto del

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I conferimentiLa norma di cui all’art. 2247, oltre a presupporre i soggetti ha la funzione di illustrare le peculiaritàdel contratto sociale. E la più importante va individuata nel conferimento di beni e servizi, dal mo-mento che non esiste società senza conferimenti, né può darsi socio senza obbligo di conferimento.Con la stipulazione del contratto di società ciascun contraente si obbliga a contribuire alla forma-zione di un fondo sociale mediante una prestazione di dare o di fare, nel che appunto consiste ilconferimento. Esso costituisce, dal punto di vista più tecnico, l’unico obbligo gravante su chi inten-da divenire socio di una società, di qualunque tipo essa sia. Importante è il discorso sulle specie deiconferimenti, in relazione alle quali tre sembrano essere le distinzioni più importanti:

•  con riguardo all’oggetto della prestazione, in conferimenti aventi ad oggetto una prestazionedi dare e conferimenti aventi ad oggetto una prestazione di fare, possibili soltanto nelle so-cietà personali;

•  con riguardo alla fonte, potremo distinguere i tipi di conferimenti espressamente previstidalla legge (denaro, beni in natura, di crediti, e di prestazioni d’opera), e quelli consistenti inentità che dottrina e giurisprudenza ritengono passibili di essere conferite in società (parteci-pazioni ad altre società, in aziende, nel consenso all’ammissione del proprio nome nella ra-gione e nella denominazione sociale, nell’emissione di cambiali all’ordine della società);

•  la terza distinzione è quella tra conferimenti di capitale e conferimenti di non capitale. I pri-mi hanno ad oggetto entità iscrivibili in bilancio, sono costituiti da beni idonei a garantire icreditori sociali, e quindi suscettibili di esecuzione forzata. I conferimenti non di capitale, odi patrimonio che dir si voglia, non hanno, invece, alcuna delle caratteristiche indicate, puressendo idonei al raggiungimento dello scopo sociale.

I conferimenti, oltre che strumento tecnico per l’acquisto della qualità di socio, servono anche allaformazione del fondo sociale. E se diversa, a seconda dei tipi di società, può essere la situazionegiuridica di questo, la sua esistenza è in ogni caso il presupposto necessario della disciplina legisla-tiva dei vari tipi; e unica è, comunque, la funzione che il fondo assolve: che è quella di permettere laformazione di un patrimonio della società indispensabile per lo svolgimento dell’attività comune.Appare ora opportuno compiere una esegesi dell’art. 2248 e spiegare le differenze tra comunione e

società, che si concretano soprattutto nella diversità della condizione giuridica del fondo sociale edel patrimonio sociale costituito con i conferimenti dei soci. L’art. 2248 stabilisce che “la comunio-ne costituita o mantenuta al solo scopo del godimento di una o più cose è regolata dalle norme deltitolo Settimo del libro terzo”. È da ribadire che c’è comunione, e quindi comproprietà di beni,quando i soggetti costituiscono il rapporto e lo mantengono solo per godere dei beni stessi e dei

fallimento doppiamente riflesso delle società e delle società socie di questa, essi stessi falliscono inestensione dell’art. 147 della legge fallimentare.Nessun problema si è mai posto per la partecipazione di società di persone ad una società di ca-pitali, che è stata sempre considerata ammissibile.Al quesito se sia ammissibile la partecipazione di società cooperative a società di capitali e a so-cietà di persone ha risposto la legge n. 72 del 1983 (legge Visentini bis) la quale dispone che le so-cietà cooperative e i loro consorzi possono costituire ed essere soci di società per azioni e a respon-sabilità limitata.Al problema della partecipazione di società di capitali a società cooperative si è risposto che sealcune norme dettate in tema di cooperative prevedono la possibilità che soci siano anche le personegiuridiche, è anche vero che consentire la partecipazione di società di capitali a società cooperativesignifica esporre queste ultime a pericoli di tralignamenti dallo scopo mutualistico.Prevalentemente dottrinaria è l’ipotesi della partecipazione della comunione legale dei beni aduna società in nome collettivo. La soluzione positiva, per quanto prevalente, è comunque condi-

zionata alla preventiva sottrazione delle quote dal patrimonio coniugale attraverso una modifica pat-tizia secondo la facoltà concessa dall’art. dal comma primo dell’art. 210 c.c.: l’adozione di un tipodi società come quella collettiva comporta infatti l’applicazione di una normazione in materia diamministrazione e di responsabilità verso terzi, incompatibile con quella inderogabile prevista dalcomma terzo dell’art. 210 c.c. per i beni facenti parte del patrimonio coniugale.

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frutti che essi producono e i comunisti possono ciascuno in modo autonomo dall’altro, esercitaretutte le facoltà spettanti al proprietario; mentre si ha società quando i beni sociali vengono impiega-ti, essendo loro impresso, per effetto della volontà dei soci, uno specifico vincolo di destinazioneche ne consente l’utilizzazione solo per l’esercizio in comune tra i soci medesimi dell’attivitàd’impresa, essendone esclusa ogni diversa destinazione. Il che trova solida base nella disciplina le-gislativa in tema di società dalla quale derivano importanti conseguenze:

•  nel divieto del socio di servirsi, senza il consenso degli altri soci, delle cose appartenenti alpatrimonio sociale;

•  nelle norme contenute negli art. 2272, 2448 e 2539, che, fissando tassativamente le cause discioglimento e sottraendo in tal modo l’iniziativa al singolo socio, rendono evidente la con-trapposizione con il regime della comunione, dove ciascun proprietario può, in qualsiasimomento, chiedere lo scioglimento della comunione medesima e impediscono che i beni so-ciali possano essere ripartiti tra i soci se non quando si siano verificati questi eventi che lalegge stessa predetermina;

•  nelle norme contenute negli art. 2289 e 2437, che, disciplinano le modalità di liquidazionedella quota del socio il cui rapporto con la società che si scioglie;

•  nella destinazione esclusiva del patrimonio sociale alla soddisfazione dei creditori sociali.

Nella comunione di godimento tutto questo manca. In ogni caso, quella del patrimonio sociale èun’autonomia funzionale rispetto alla realizzazione degli interessi che sono in definitiva quelli deisoci: si è, infatti, pur sempre in presenza di una forma di utilizzazione, da parte di più persone, dellapropria ricchezza. La lettura complessiva degli art. 2247 e 2248 esclude l’ammissibilità di una so-cietà di solo godimento. E non possono considerarsi, di conseguenza, contratti di società quei con-tratti che, dietro la declinazione di un oggetto formalmente concretante l’esercizio di un’attività e-conomica e quindi rispettoso del dettato normativo dell’art. 2247, danno luogo alla nascita di sog-getti, società di comodo, che in realtà non esercitano alcuna attività economica.Si è innanzi accennato al fatto che i conferimenti confluiscono nel fondo sociale, che in alcune so-cietà assume la denominazione di capitale sociale, definibile come il valore in danaro dei conferi-menti dei soci, quale risulta dalle valutazioni compiute nel contratto sociale. Ciò significa che i con-

ferimenti diversi dal denaro devono essere valutati all’atto del conferimento e convertiti in una e-spressione numerica. Dal fondo sociale o dal capitale sociale, va tenuto distinto il patrimonio socia-le, il quale rappresenta il complesso dei rapporti giuridici attivi e passivi facenti capo alla societàovvero, se si preferisce una definizione più tecnica, il complesso dei beni effettivamente esistenti,calcolati al netto o al lordo, a seconda che siano state o no dedotte le passività. Si può accennare finda ora al problema dell’autonomia patrimoniale delle società. Si parla di autonomia patrimonialecon riferimento ai soggetti diversi dalle persone fisiche, per indicare le condizioni dei rapporti giu-ridici facenti capo a tali soggetti. Si ha autonomia patrimoniale perfetta solo nelle persone giuridi-che e con riferimento alle società solo quelle di capitali. Nelle società di persone, invece, si parla diautonomia patrimoniale imperfetta, ciò desumendosi dalle disposizioni dettate nelle varie sedi: sipassa da un embrione di autonomia patrimoniale nella società semplice, dove i creditori particolaridei soci possono addirittura chiedere la liquidazione della quota sociale di pertinenza del socio debi-tore, a quella più accentuata della società in nome collettivo, dove cioè non può avvenire e dove icreditori sociali non possono aggredire il patrimonio dei singoli soci se non dopo avere infruttuo-samente esperito le azioni giudiziarie contro il patrimonio della società.L’esercizio comune dell’attività economicaL’esercizio comune dell’attività economica rappresenta lo scopo – mezzo attraverso il quale le partisi propongono di raggiungere la finalità ultima della realizzazione dell’utilità. L’attività economicasi concretizza di volta in volta nella scelta di un particolare ramo merceologico di attività che costi-tuisce l’oggetto sociale: elemento la cui espressa indicazione nel contratto sociale il legislatore im-pone per tutti i tipi di società e che, oltre a dover consistere necessariamente in un’attività economi-

ca, deve possedere i requisiti richiesti dall’art. 1346 per ogni tipo di contratto, e cioè la liceità, pos-sibilità, determinatezza o determinabilità. Ed è con riferimento a questo requisito che va ribadita lamancata rispondenza alle prescrizioni normative di quei contratti di società che enunciano l’oggettosociale in modo tale da non consentire una effettiva individuazione, oggetto generico, o contengono

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l’indicazione di più attività merceologicamente distinte e neanche complementari tra di loro, og-getto plurimo. La concreta individuazione dell’oggetto sociale è comunque importante da più puntidi vista:

•  consistendo in una attività economica, consente di distinguere la società dalla comunione digodimento;

•  consistendo in un’attività economica professionalmente esercitata consente di affermare che

quella della società, se effettivamente esercitata, è sempre una attività di impresa;•  infine, permette, soprattutto a terzi, di individuare i limiti ai poteri degli amministratori.Appare poi importante sottolineare che in alcuni casi la legge esige in modo espresso e tassativol’esclusività dell’oggetto sociale: nel senso che predetermina normativamente l’oggetto stesso e vie-ta che la società possa svolgere altre attività (si pensi alle società di intermediazione mobiliare, atti-vità di intermediazione finanziaria). Ed è forse il caso di includere in questa categoria anche quellesocietà per le quali, pur non essendo prescritta espressamente l’esclusività dell’oggetto sociale, que-sta si desume dalla circostanza che la normazione speciale che le disciplina individua con puntualitàe precisione l’oggetto stesso (società esercenti l’attività bancaria o assicurativa, le società fiducia-rie).Il conseguimento dello scopo istituzionale

Il quarto elemento rilevante per l’analisi dell’art. 2247 è quello causale. Il conseguimento di un utileper distribuirlo ai soci, scopo lucrativo, ovvero la pratica della gestione di servizio e l’offerta ai so-ci di beni od occasioni di lavoro a condizioni più vantaggiose di quelle che i soci incontrerebberosul mercato, scopo mutualistico, ovvero la istituzione di un’organizzazione comune per lo svolgi-mento o per la disciplina di fasi delle imprese dei soci, scopo consortile, possono caratterizzare,ovviamente in via alternativa, il contratto di società del quale costituiscono la causa e quindi ele-mento marcante ed essenziale.Il contratto di società è inoltre: oneroso, consensuale, sinallagmatico, plurilaterale e con comunionedi scopo in cui l’avvenimento che soddisfa l’interesse di tutti i contraenti è unico e le prestazioni deicontraenti possono essere del più diverso valore e di contenuto più vario possibile.SOCIETÀ DI PERSONE E SOCIETÀ DI CAPITALI 

La prima importante distinzione all’interno della generale categoria delle società, riguarda le socie-tà di persone – cui vanno ricondotte le società semplici, le società in accomandita semplice e le so-cietà in nome collettivo – e le società di capitali comprendenti le società per azioni, le società inaccomandita per azioni e le società a responsabilità limitata. È bene cominciare col sottolineare chele società di persone sono organizzate in funzione dell’uomo–socio, il quale viene preso in conside-razione per le sue qualità personali o professionali, o ancora per la sua situazione patrimoniale; lesocietà di capitali sono invece organizzate in funzione dei capitali conferiti dal socio, nel senso chein esse il socio non viene in considerazione solo in quanto persona, ma anche in ragione della quotadi capitale sottoscritta, anche se la realtà del mondo societario insegna quanto sia importante oggi,anche in questi tipi di società, conoscere non solo l’entità del conferimento, ma anche chi conferi-sce. Sulla base di questa differenza possono indicarsi quali principali caratteri distintivi:•  il diverso regime di responsabilità dei soci per le obbligazioni sociali (responsabilità illimitata e

limitata);•  la diversa misura del potere del socio di incidere con la propria opera sulla gestione della socie-

tà95;•  mentre nelle società di capitali esiste una organizzazione interna, nella società di persone non

esiste una vera e propria organizzazione interna, perché i poteri di gestione e deliberazione ri-siedono entrambi nei soci – amministratori;

•  il diverso regime di circolazione delle partecipazioni sociali96.

95

Infatti, mentre nelle società di persone il socio è naturale amministratore della società e ciò av-viene perché egli rischia nell’impresa anche il patrimonio personale, nelle società di capitali il pote-re di amministrazione è svincolato dalla qualità di socio ed è esercitabile dal socio solo indiretta-mente, nel senso che egli potrà contribuire, attraverso l’esercizio del diritto di voto, alla scelta degliamministratori.

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LE SOCIETÀ DI PERSONE SOCIETÀ SEMPLICE Secondo la comune opinione è semplice, nel sistema del codice, la società che non presenta ele-menti di identificazione ulteriori rispetto a quelli contenuti nella norma che definisce la società co-me contratto, e cioè l’art. 2247. La caratteristica fondamentale della società semplice è data dal fattoche essa può avere per oggetto esclusivamente l’esercizio di attività economiche lucrative noncommerciali. La sfera di applicazione delle società semplici si estende pertanto alle:•  attività agricole: l’ambito di applicazione di tale tipo di società per l’esercizio di attività agricola

risulta marcatamente ridotto, ove si tenga conto, da un lato, che, già prima della loro scomparsa,le due forme più importanti di contratti a struttura associativa per l’esercizio dell’attività agrico-la erano, per espressa previsione di legge, sottratti alla disciplina della società semplice e sotto-posti o agli usi o ad una apposita regolamentazione; e dall’altro che, non potendo la società co-me tale avere ad oggetto il mero godimento di beni, ne risultano escluse le fattispecie in praticapiù ricorrenti, come quella dei condomini di un fondo rustico che concedono in affitto i beni dicui sono proprietari. L’ipotesi che più di frequente si verifica nella pratica è quella dei coeredi iquali continuano l’esercizio dell’impresa agricola del loro dante causa97;

•  società di revisione: sono regolate, in maniera abbastanza sommaria, dalla legge n. 1966 del

1939, la quale non detta una disciplina differenziata a seconda che la società eserciti una vera epropria attività di revisione ovvero un’attività fiduciaria. Solo nel 1975 il legislatore è tornatosull’argomento demandando alle società di revisione il compito di sottoporre a controllo conta-bile e alla certificazione del bilancio le società con azioni quotate in borsa, nonché le società a-venti particolari oggetti sociali. Ai sensi dell’art. 8 del decreto 136 del 1975, nell’Albo specialedelle società di revisione “possono essere iscritte le società autorizzate ai sensi della legge 1966del 1939 che rispondano a seguenti requisiti: ( … ) per le società semplici devono osservarsi lemodalità di pubblicità previste nell’art. 2296 del codice civile”;

•  attività professionali in forma associata: oggi sono ammissibili grazie alla recentissima leggeBersani che ha abolito la legge 1815 del 1939;

Per quanto riguarda le attività che venivano considerate civili, è stato rilevato che il genere delle

imprese agrarie non si identifica integralmente con quello delle imprese non commerciali: vi sonodelle imprese che non sono agrarie, né commerciali che una parte della dottrina ha voluto classifica-re civili e che possono formare oggetto di società semplice (attività di vigilanza notturna). Deve ag-giungersi che uno dei punti più controversi è quello che concerne le società di mero godimento chenel linguaggio comune vengono definite società per l’acquisto e l’amminis-trazione di immobili.Non mancano ulteriori ipotesi discusse come possibili attività delle società semplici, sia pure nonomogenee rispetto alle precedenti: così il sostenere che oggetto della società semplice può essereuna piccola impresa sempre che non sia costituita secondo uno dei tipi consentiti per l’esercizio incomune di una impresa commerciale ovvero includere tra le possibili attività oggetto della societàsemplice quella artigianale significa confondere i piani, dimenticando che piccola impresa non è

96 Mentre nelle società di capitali le regole che presiedono sia alla circolazione inter vivos dei benisia al trasferimento mortis causa non subiscono deroga alcuna, nel senso che i titoli documentalidella partecipazione sono liberamente trasferibili e si trasmettono agli eredi secondo le regole deldiritto successorio, nella società di persone, costituendo il trasferimento della quota una modifica-zione dell’atto costitutivo, la regola generale dei contratti riprende vigore e viene addirittura inseritauna deroga al diritto successorio: ed infatti, il trasferimento della partecipazione per atto tra vivi puòavvenire solo con il consenso di tutti i soci, mentre per il trasferimento a causa di morte, la regola èche, salvo patto contrario, la partecipazione non si trasmette agli eredi, che hanno solo il diritto allaliquidazione della quota ( leggere art. 2284 ).97 Più sinteticamente, le limitazioni all’esercizio di una attività agricola riguardano:

•  l’impossibilità di avere ad oggetto il mero godimento di beni;•  le comunioni tacite familiari sono regolate dagli usi e non da contratto di società;•  i contratti a struttura associativa per l’esercizio delle imprese agricole (mezzadria, colonia)

sono regolati da norme particolari.

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l’equivalente di attività non commerciale e che anche il piccolo imprenditore può svolgereun’attività commerciale. Ne deriva che una simile attività – attività commerciale – non può essereesercitata dalla società semplice, che è il tipo sociale proprio delle attività non commerciali.Costituzione della società sempliceLa costituzione della società semplice è caratterizzata dalla massima semplicità formale e sostanzia-le, essendosi il legislatore limitato a stabilire nell’art. 2251 che “il contratto non è soggetto a formespeciali, salve quelle richieste dalla natura dei beni conferiti”. La forma scritta è indispensabile soloquando vengano conferiti dai soci in proprietà o in godimento ultranovennale beni immobili o altridiritti reali immobiliari, discutendosi, peraltro, se a rivestire la forma scritta debba essere l’interocontratto di società (il quale, mancando questa sarebbe totalmente invalido), ovvero solo il negoziodi conferimento, di maniera che la sanzione per l’inosservanza della prescrizione formale colpireb-be il solo vincolo del conferente98. La semplicità sostanziale e l’assenza di prescrizioni analitiche inordine al contenuto dell’atto costitutivo inducono ad affermare la sufficienza dei requisiti general-mente stabiliti per ogni tipo di contratto (soggetti, oggetto e causa) con le seguenti specificazioni:

•  i soggetti devono essere almeno due ed i problemi a questo proposito sono essenzialmente:o  se sia applicabile anche alla società semplice la norma dell’art. 2294 che disciplina la

partecipazione degli incapaci alle società in nome collettivo99;

se possano divenire socie di società semplici, e in genere di società personali, altresocietà di capitali e di persone;•  l’oggetto deve presentare i requisiti richiesti dall’art. 1346 (possibilità, liceità, determinatez-

za e determinabilità);•  la causa non presenta nessun problema particolare.

Completa l’elenco degli elementi essenziali il fondo sociale, che è lo strumento di attivazionedell’oggetto sociale. Proprio in sede di disciplina della società semplice si trova la norma dell’art.2253, il cui secondo comma stabilisce che “se i conferimenti non sono determinati, si presume che isoci siano obbligati a conferire, in parti eguali tra di loro, quanto è necessario per il conseguimentodell’oggetto sociale”.La pubblicità

All’art. 8 della legge n. 580 del 1993 si stabilisce che “sono iscritti in sezioni speciali del registrodelle imprese le società semplici” ed aggiunge, al quinto comma, che “l’isc-rizione nelle sezionispeciali ha funzione di certificazione anagrafica e di pubblicità notizia, oltre agli effetti previsti dal-le leggi speciali”; e tale disposizione è confermata nell’art. 7 del d.p.r. del 1995 n. 581. Orbene, se èvero che nelle società personali la pubblicità non incide sulla validità del contratto né sull’esistenzadel soggetto e se è vero che per la società semplice, atteso il tenore delle disposizioni ora richiama-te, la mancata iscrizione nel registro delle imprese non determina quella situazione di irregolaritàche invece provoca sia nelle società in nome collettivo che nelle società in accomandita semplice, èanche vero che neanche si può continuare a ritenere che le nuove disposizioni abbiano lasciato inva-riata la situazione precedente: anche se la pubblicità notizia, pur costituendo un obbligo, ha unafunzione puramente informativa a differenza della pubblicità dichiarativa (rende opponibile a terzideterminate situazioni), questo non significa che la pubblicità che si attua mediante l’iscrizionenell’albo speciale del registro delle imprese non possa costituire un mezzo di trasmissione di noti-zie, soprattutto quando è la legge a disporre che queste debbano essere portate a conoscenza dei ter-zi. Ed infatti uno dei problemi maggiori della società semplice è stato sempre quello di trovare gliopportuni e più efficaci canali per consentire la veicolazione di tali informazioni. E non c’è dubbioche tra i “mezzi idonei” richiamati dagli articoli 2266 e 2267, può essere utilmente inclusa anche

98 Sempre che la partecipazione di quest’ultimo alla società non debba considerarsi essenziale, co-municandosi in questo caso l’invalidità all’intero contratto.99

Il dibattito si è svolto tra chi, ravvisando la ratio dell’art. 2294 nella esigenza di sottrarrel’incapace ai rischi della responsabilità illimitata ritiene la norma applicabile anche all’incapace chevoglia diventare socio di una società semplice e chi, al contrario, esclude l’applicabilità di esseall’imprenditore collettivo non commerciale che è la società semplice e quindi a chi voglia in questaentrare come socio.

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l’iscrizione nel registro delle imprese di tutte quelle notizie che devono essere portate a cono-scenza dei terzi: tanto più che, ex art. 19 del d.p.r. del 1995 n. 581, “gli amministratori della societàsemplice devono richiedere l’iscrizione della modificazione del contratto sociale entro trenta giornidalle modificazioni”.L’organizzazione interna e la gestioneLa disciplina positiva contiene a tal riguardo due sole norme: gli articoli 2257 e 2258, che regolanoi sistemi di amministrazione adottabili nelle società personali. Non esistono organi sociali in sensoproprio, ai quali, come accade nelle società di capitali, sia istituzionalmente attribuita dalla leggeuna sfera di competenze, ma esistono solo i soci ai quali la legge stessa attribuisce naturalmente ilpotere di decidere amministrando100. I modi di amministrare le società personali, previstidall’ordinamento sono due: l’amministrazione disgiuntiva e l’amministrazione congiuntiva.Amministrazione disgiuntivaÈ regolata dall’art. 2257, il quale consta di tre commi e dispone che “salvo diversa pattuizione,l’amministrazione della società spetta a ciascun socio disgiuntamente dall’altro. – Sel’amministrazione spetta disgiuntamente a più soci, ciascun socio amministratore ha diritto ad op-porsi all’operazione che una altro voglia compiere, prima che sia compiuta. – La maggioranza deisoci, determinata secondo la parte attribuita a ciascun socio negli utili, decide sull’opposizione”. Il

concreto esercizio del potere di direzione spetta a ciascun socio, il quale è legittimato ad intrapren-dere da solo in nome della società tutte le operazioni che ritenga utili all’interesse della società sen-za necessità di informare preventivamente gli altri soci e di portarle a termine, a meno che il com-pimento dell’operazione non sia paralizzato dall’esercizio del diritto di opposizione. Il terzo commademanda alla maggioranza dei soci, computata per quote di interessi, il potere di decideresull’opposizione avanzata dal socio, sempre che permanga l’attualità del conflitto, nel senso che unaeventuale rinuncia all’opposizione impedisce alla maggioranza di pronunciarsi e consente la ripresadell’operazione interrotta.Amministrazione congiuntivaÈ regolata dall’art. 2258, il quale consta anch’esso di tre commi e dispone che “sel’amministrazione spetta congiuntamente a più soci, è necessario il consenso di tutti i soci ammini-

stratori per il compimento delle operazioni sociali. – Se è convenuto che per l’amministrazione oper determinati atti sia necessario il consenso della maggioranza, questa si determina a norma diquest’ultimo comma dell’art. precedente. – Nei casi preveduti da questo articolo, i singoli ammini-stratori non possono compiere da soli alcun atto, salvo che vi sia urgenza di evitare un danno allasocietà”. L’introduzione di tale sistema deve essere espressamente convenuta all’atto della stipula-zione del contratto con il consenso di tutti i soci. Anche nell’amministrazione congiuntiva è possibi-le prevedere che le decisioni vengano adottate non secondo la regola dell’unanimità, ma secondo laregola pattizia della maggioranza, la quale viene anche in questo caso calcolata per quote di interes-si.Gli schemi adottabili per l’amministrazioneQualunque dei due modi di amministrare si scelga, due sono gli schemi che all’interno di ciascuno

di essi possono darsi:

100 Questa conclusione viene contestata da una parte minoritaria della dottrina: e cioè sia da chi po-stula una vera e propria scissione tra potere deliberativo e potere amministrativo e quindi l’esistenzadi una vera e propria assemblea di soci, sia da quegli autori, i quali, non sentendosela di arrivare aquesta conclusione, postulano la possibilità di una collegialità pattizia, nel senso che il contratto po-trebbe prevedere l’esistenza di un’assemblea e di un consiglio di amministrazione con conseguenteadozione del metodo maggioritario e dell’osservanza delle regole relative alla convocazionedell’assemblea e all’ordine del giorno. Senza volere approfondire il discorso, basterà osservare che,da un lato, non si rinvengono norme che suffraghino l’esistenza di un’organizzazione interna artico-

lata sulla falsariga di quella della società per azione e che, per quanto più in particolare riguarda lacollegialità pattizia, la tesi relativa è postulabile solo con riguardo alle società costituite per attoscritto. In realtà, il legislatore ha fatto dei soci i naturali amministratori della società anche per bi-lanciare la loro responsabilità illimitata nei confronti dei terzi e ha dettato un’embrionale disciplinadel funzionamento del sistema delineato.

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•  Quello in cui tutti i soci, disgiuntamente o congiuntamente, siano amministratori. Per averequesto tipo di amministrazione o non dovrà stabilirsi alcunché nel contratto sociale – nel casodell’amministrazione disgiuntiva affidata a tutti i soci – o si dovrà compiere nel contrattoun’opzione secca a favore del sistema di amministrazione congiuntiva;

•  Quello in cui, invece, l’amministrazione sia affidata solo ad alcuni soci, avendovi gli altri e-spressamente rinunciato. In questo caso, occorrerà indicare nel caso di amministrazione di-

sgiuntiva, solo i nomi dei soci incaricati dell’amministrazione e, in ipotesi di amministrazionecongiuntiva, sia il sistema di amministrazione scelto e sia i soci amministratori.In alternativa a questi schemi, una parte della dottrina ritiene possibile, data l’assenza di norme cheespressamente lo vietino, l’affidamento dell’amminis-trazione a non soci (amministratori estranei).In realtà, la soluzione positiva o negativa del problema è chiaramente influenzata dall’opinione chesi ha in tema di fonte del rapporto di amministrazione: per chi ritiene che la qualità di amministrato-re non sia un connotato naturale della qualità di socio di società personale e che la fonte del rappor-to di amministrazione sia diversa da quella del rapporto di società, essendo l’amministratore unmandatario, appare conseguente sposare la soluzione dell’ammissibilità di amministratori estranei;così come è naturale abbracciare la soluzione negativa per chi ritiene che il socio possa sì rinunciareal suo diritto di amministrare, ma solo a favore di altri soci. Qualunque soluzione si accetti devono

essere mantenuti fermi alcuni punti: l’affidamento dell’amministrazione ad estranei non fa veniremeno la responsabilità illimitata dei soci; una volta ammessi gli amministratori estranei, questi sonoinvestiti del potere di compiere, entro i limiti stabiliti dall’art. 2266, ogni operazione per la società ei soci non potrebbero interferire né opporsi alle loro operazioni, se non nella forma estrema dellarevoca.Fonte del rapporto di amministrazioneIl rapporto di amministrazione non viene disciplinato allo stesso modo per tutti i tipi di società, an-che se, in primo luogo, identica è per l’investito la funzione amministrativa e, in secondo luogo,chiara è la distinzione dell’amministrazione dalla rappresentanza, attenendo l’amministrazione alladirezione degli affari sociali nell’ambito della competenza risultante dalla legge o dal contratto e larappresentanza alla legittimazione sostanziale e processuale ad impegnare il nome della società nei

confronti dei terzi. Le fonti del rapporto di amministrazione possono essere la legge e, quando aquesta si deroghi, il contratto sociale ovvero ancora un atto separato. In questi ultimi due casi è ne-cessario il consenso unanime di tutti i soci. In assenza di norma esplicita che contempli il caso, vie-ne risolto negativamente il problema dell’ammissibilità o meno della nomina di un amministratoregiudiziario che prenda il posto dell’amministratore revocato dalla stessa autorità giudiziaria ai sensidell’art. 2259 ovvero nelle ipotesi di discordia tra i soci. La legge stabilisce all’art. 2260 che “i dirit-ti e gli obblighi degli amministratori sono regolati dalle norme sul mandato”.I dirittiFatto salvo il diritto di amministrare sancito all’art. 2257, l’unica questione resta quella del diritto alcompenso: ad una sostanziale concordia di opinioni esistenti nella giurisprudenza, la quale ritieneche, in mancanza di regole contrattuali sulla ripartizione degli utili, al socio amministratore spetta

un compenso, in forza della presunzione di onerosità del mandato contenuta nell’art. 1709, fa ri-scontro una variegazione di orientamenti della dottrina divisa tra:

•  chi nega il diritto dell’amministratore al compenso in mancanza di espressa pattuizione in talsenso;

•  chi fa dipendere la soluzione della questione da quella data al problema della natura del rap-porto di amministrazione101;

101 nel senso che, ove si ritenga che l’amministratore presti la sua opera in forza dello stesso rappor-to sociale, la negazione del suo diritto al compenso appare la più naturale, mentre soluzione oppostadovrebbe adottarsi nel caso in cui rapporto di società e rapporto di amministrazione siano considera-ti distinti, trovando il secondo fonte in un mandato presunto oneroso.

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Gli obblighiL’articolo 2260 comma due stabilisce che “gli amministratori sono solidalmente responsabili versola società per l’adempimento degli obblighi ad essi imposti dalla legge e dal contratto sociale”. Altriobblighi sono:

•  fornire il rendiconto ai soci non amministratori in forza dell’art. 2261;•  fornire ai soci non amministratori notizia dello svolgimento degli affari sociali e di consenti-

re la consultazione dei documenti relativi all’amminis-trazione, sempre ai soci non ammini-stratori;•  ottemperare agli obblighi di iscrizione della società nell’Albo speciale del registro delle im-

prese;•  tenere le scritture contabili imposte dalle dichiarazione di legge.

I poteriL’art. 2266 comma primo, dispone che “la società acquista diritti e assume obbligazioni per mezzodei soci che ne hanno la rappresentanza e sta in giudizio nella persona dei medesimi”. L’art. 2266sta a significare che nei rapporti esterni, pur non avendo la personalità giuridica, la società semplice,e in generale tutte le società di persone, si presentano come un gruppo unitario, portatore di unapropria volontà e titolare di un proprio patrimonio, capace come tale di acquistare diritti, di assume-

re obblighi e di stare in giudizio. Da questa norma si ricavano i punti di riferimento sulla base deiquali i terzi possono determinare il loro orientamento e la loro condotta verso la società:•  la distinzione tra rappresentanza sostanziale e processuale;•  la possibilità di indicare quali tra i soggetti amministratori abbiano la rappresentanza;•  l’individuazione dell’oggetto sociale come limite ai poteri degli amministratori;•  la possibilità di determinare il contenuto dei poteri rappresentativi come risulta

dall’espressione di esordio (“in mancanza di diversa disposizione del contratto”) dell’art.2266, comma secondo.

In relazione a questo ultimo punto, appare opportuno distinguere le ipotesi possibili:•  con riguardo ai soggetti investiti del potere rappresentativo (se il contratto nulla dispone in

ordine alla rappresentanza, questa spetta a ciascun socio amministratore; se il contratto con-tiene disposizioni esplicite in ordine alla rappresentanza, l’unico problema aperto riguarda lapossibilità di attribuire la rappresentanza ad estranei);

•  con riguardo ai contenuti della rappresentanza (in mancanza di diversa pattuizione il rappre-sentante può compiere tutti gli atti che rientrano nell’oggetto sociale; se il contratto dettadelle limitazioni queste non sono opponibili se non sono state portate a conoscenza di terzicon mezzi idonei).

Per vincolare quindi la società, l’amministratore – rappresentante deve spendere necessariamente ilnome della società e deve aver compiuto un atto, lecito o illecito che sia, che rientri nell’oggetto so-ciale. In linea di massima i principi esposti per la rappresentanza negoziale, valgono anche per larappresentanza processuale; e prima di tutto il principio per cui se nel contratto sociale esistono

specifiche disposizioni in ordine alla rappresentanza negoziale, queste, e non la disposizionedell’art. 2266, si estendono alla rappresentanza processuale.La responsabilità degli amministratori e controllo degli altri sociL’art. 2260 dispone che “gli amministratori sono solidalmente responsabili verso la società perl’adempimento degli obblighi ad essi imposti dalla legge e dal contratto sociale. Tuttavia, la respon-sabilità non si estende a quelli che dimostrino di essere esenti da colpa”. I principi che da questanorma si ricavano sono tre:•  la responsabilità degli amministratori si atteggia nei confronti della società e non dei singoli so-

ci;•  la solidarietà fra gli amministratori opera oltre che in regime di amministrazione congiuntiva,

come sarebbe naturale, anche in regime di amministrazione disgiuntiva;•  ciascun amministratore può esimersi da responsabilità dimostrando di essere immune da colpa.La responsabilità si estende anche agli amministratori di fatto: a quegli amministratori che hanno inrealtà svolto le relative funzioni. Problemi sorgono, in conseguenza del silenzio dell’art. 2260, sulmodo in cui far valere la responsabilità. Si può dire che:

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•  la legittimazione ad esperire l’azione spetta alla società o al curatore fallimentare e non aisingoli soci;

•  l’azione tende ad ottenere la reintegrazione del patrimonio sociale depauperato dal compor-tamento illegittimo degli amministratori attraverso la condanna di questi ultimi al risarci-mento del danno.

L’art. 2261 attribuisce ai soci che non partecipano all’amministrazione ed in coerenza con la circo-

stanza che anche i soci non amministratori continuano a rispondere delle obbligazioni sociali, unaserie di poteri di controllo sull’amminis-trazione della società, e precisamente:•  il diritto di ottenere dagli amministratori notizia dello svolgimento degli affari sociali;•  il diritto di consultare i documenti relativi all’amministrazione;•  il diritto a ricevere il rendiconto quando gli affari per cui fu costituita la società sono stati com-

piuti ovvero, se la durata della società è ultrannale, al termine di ogni anno.Estinzione del rapporto di amministrazioneSe si eccettua l’ipotesi della revoca (2259), l’estinzione del rapporto di amministrazione non è rego-lata in modo organico, analogamente a quanto avviene per la nomina. I casi di cessazione del rap-porto di amministrazione sono:•  L’esclusione del socio amministratore dalla società. Questa è una soluzione obbligata e coerente

solo per chi ritiene la qualità di socio presupposto naturale e indispensabile per l’esercizio dellefunzioni amministrative; per chi considera il rapporto sociale distinto da quello amministrativo,l’esclusione del socio amministratore, se motivata da ragioni che riguardano il solo rapportosociale, potrebbe consentire al socio escluso il mantenimento della carica di amministratore:sempre, ovviamente, che si ammettano gli amministratori estranei.

•  La revoca. È l’unica ipotesi di cessazione espressamente regolata dalla legge, e precisamentedall’art. 2259, il quale stabilisce che “la revoca dell’amministratore nominato con il contrattosociale non ha effetto se non ricorre una giusta causa. – L’amministratore nominato con attoseparato è revocabile secondo le norme sul mandato. – La revoca per giusta causa può in ognicaso essere chiesta giudizialmente da ciascun socio”102.

La qualità di socioDella qualità di socio, intorno alla cui natura sempre vivace è stato il dibattito soprattutto dottrinale,si assumerà l’accezione più lata possibile, e cioè come la posizione di membro della società, produt-

 102 L’interpretazione plausibile della norma, la quale può essere suddivisa idealmente in due parti –revoca ad opera della collettività dei soci (primi due commi) e revoca da parte dell’autorità giudi-

 ziaria – consente queste deduzioni:•  per quanto attiene alla revoca da parte della collettività dei soci, essa è possibile solo nei

confronti degli amministratori che siano stati nominati con il contratto sociale o con atto se-parato, e non pure nei confronti di quegli amministratori che ripetono il loro potere unica-mente dalla legge; mentre deve registrarsi il permanente divario di opinioni sul perché deldiverso trattamento tra amministratore nominato con il contratto sociale, revocabile solo sericorra giusta causa, e amministratore nominato con atto separato, revocabile secondo lenorme sul mandato, deve aggiungersi che per il secondo il rinvio ricorrente è all’art. 1726,onde la necessità del consenso unanime dei soci, così come questo è indispensabile per lanomina;

•  più impegnativi i problemi sollevati dalla revoca giudiziaria: si ripropone anche in questocaso il problema relativo all’ambito di applicazione di questo istituto all’amministratore chenon ripeta la propria nomina dal contratto sociale o da un atto separato ed eserciti la sua fun-zione in forza dell’art. 2257 e, in secondo luogo, si dibatte sul concetto di giusta causa. Que-sta consiste in ogni evento, anche non imputabile all’amministratore, che renda impossibile

il naturale svolgimento del rapporto di gestione. Da un punto di vista procedimentale, occor-re sottolineare che la revoca giudiziale per giusta causa può essere domandata da ciascun so-cio solo ove l’azione sia stata deliberata dai soci; che i richiedenti devono fornire la provadella sussistenza della giusta causa e che il giudizio instaura tra i soggetti richiedenti e il de-stinatario della domanda di revoca, senza instaurazione di un litisconsorzio necessario.

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tiva di una serie di interessi, variamente tutelati dall’ordinamento giuridico nei confronti della so-cietà stessa. L’acquisto della qualità di socio può avvenire:

•  per effetto dell’adesione originaria al contratto di società;•  per effetto dell’acquisto inter vivos di una quota di partecipazione103;•  per effetto della successione mortis causa, sempre che esista una clausola di continuazione

della società con gli eredi del socio defunto ovvero l’ac-coglimento da parte degli eredi me-

desimi della proposta di subentrare in società in luogo del de cuius loro rivolta dai soci su-perstiti.La soluzione dei problemi relativi all’ammissibilità della costituzione di usufrutto e pegno sullequote sociali è strettamente legata alla soluzione del problema del trasferimento: evolutosi il pensie-ro di autori e giudici verso l’ammissibilità del trasferimento, analogo atteggiamento si è avuto inordine ai diritti reali minori; ovviamente, anche in tal caso, l’ammissibilità della loro costituzione èsubordinata al consenso di tutti gli altri soci. Resta in ogni caso aperto il problema relativo alla spet-tanza dei diritti afferenti alla quota. E se è scontata la permanenza in capo al socio della qualità disocio nonché la possibilità dell’usufruttuario e del creditore pignoratizio di opporre il loro diritto ol-tre che nei confronti del proprietario della quota anche nei confronti della società, è possibile divi-dere le altre situazioni soggettive in tre categorie:

•  quelle il cui esercizio spetta sicuramente al socio, nelle quali va incluso il diritto di recesso;•  quelle il cui esercizio spetta sicuramente all’usufruttuario o al creditore pignoratizio, nelle

quali vanno inclusi il diritto agli utili, il diritto di voto, il diritto di amministrare;•  quelli che possono essere esercitati e dal socio e dall’usufruttuario, in cui si fanno rientrare i

diritti di controllo spettanti ai soci non amministratori e il diritto alla quota di liquidazione.Per quanto concerne gli obblighi, ed in particolare quelli del conferimento, si adottano soluzioni dif-ferenti per il pegno e l’usufrutto: nel primo caso, esso grava sul socio e nel secondosull’usufruttuario. A quali misure cautelari la quota sia assoggettabile è problema che trae originedalla norma contenuta nell’art. 2270 a tenore del quale “il creditore particolare del socio, finché du-ra la società può compiere atti conservativi sulla quota spettante a quest’ultimo nella liquidazione”.Vi rientrano: il sequestro conservativo, l’espropriazione e il pignoramento nelle forme del pignora-

mento presso terzi.Gli obblighi del socio vanno distinti in due categorie:

•  quelli sanciti con sicurezza da una norma e che pertanto non possono essere posti in discus-sione (come l’obbligo del conferimento);

•  quelli creati dalla dottrina e per ciò opinabili.All’obbligo del passaggio dei beni nel patrimonio della società, è connessa l’impossibilità per il so-cio stesso “di servirsi delle cose appartenenti al patrimonio sociale per fini estranei a quelli della so-cietà”, come stabilisce l’art. 2256. Per quanto concerne gli obblighi non sanciti da norme di legge,un posto di riguardo merita l’obbligo di collaborazione, da ricollegarsi ai profili soggettividell’esercizio in comune di una attività economica.

Accanto al diritto di amministrare il socio è titolare di altre situazioni giuridiche attive che possonoessere distinte in due grandi categorie:•  quelle amministrative o sociali o di amministrazione in senso lato, che possono essere così

individuate:o  il diritto di esprimere il proprio parere e il diritto di opporsi,o  il diritto di chiedere giudizialmente la revoca del socio o dei soci amministratori

quando ricorra una giusta causa,o  il diritto di recesso,

103 Anche se il principio ispiratore della materia è quello della non libera trasferibilità della quota, la

pratica insegna che la quota viene considerata cedibile, ma l’efficacia della cessione è subordinataal consenso di tutti gli altri soci, e tale consenso può essere non solo tacito, ma prestato anche dopoche sia intervenuto tra le parti il contratto di cessione. Così come sono ammissibili clausole contrat-tuali in deroga con le quali si sancisca il principio della libera trasferibilità o la sufficienza del con-senso della maggioranza.

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o  il diritto di opporsi alla propria esclusione,o  i diritti di controllo;

•  quelle di carattere patrimoniale o economico che spettano indistintamente a tutti i soci, am-ministratori o no, e sono:

o  il diritto agli utili,o  il diritto alla liquidazione della quota,o  il diritto alla quota di liquidazione (all’estinzione della società).

Gli utiliAppartenendo la società semplice al novero delle società lucrative, centrale importanza assumono leregole relative al conseguimento e soprattutto alla destinazione degli utili. Premesso che per utiledeve intendersi quello derivante dall’attività economica esercitata dalla società e che solo i guada-gni effettivamente così realizzati possono essere destinati alla ripartizione periodica ai soci, occorredire che alla materia in discorso sono dedicate quattro norme: gli art. 2262 – 2265. Tra le quattro,preminente rilievo assume l’art. 2262, perché stabilisce il diritto del socio di società personale alladivisione periodica degli utili. Se il socio ha diritto alla ripartizione periodica integrale degli utiliprodotti in esercizio è giocoforza postulare la necessità che ogni “deviazione” da questo schema ri-chieda il consenso singolo del titolare del diritto e quindi di ogni socio. Si potrà dire che, a tal pro-

posito, non sono in alcun modo ammissibili perché nulli, sia patti che stabiliscono devoluzionidell’utile contrastanti con la causa del contratto sociale sia patti, diretti o indiretti, con i quali uno opiù soci vengono esclusi da ogni partecipazione agli utili o alle perdite (c.d. divieto del patto leoni-no, art. 2265). Né potranno ritenersi ammissibili rinunce preliminari del socio a percepire utili,quand’anche per destinarli ad altri scopi previamente individuati: il socio potrà solo rinunciare adesigere il dividendo spettantegli dopo che sia stato approvato il rendiconto. Gli art. 2263 e 2264 ri-guardano più da vicino i criteri per determinare la partecipazione dei soci ad utili e perdite e da essesi ricavano le regole e i principi seguenti:

•  come regola generale il principio per cui la disciplina legale ha carattere suppletivo, in quan-to l’applicazione di tale norma è condizionata all’assenza di pattuizioni contrattuali in temadi ripartizione degli utili e delle perdite;

•  come principio legale inderogabile, il divieto del patto leonino sancito all’art. 2265;•  come principio suppletivo, quello per cui solo quando manchino pattuizioni contrattuali, in-

tervengono le presunzioni poste dall’art. 2263, e cioè:o  se il valore dei conferimenti è determinato nel contratto, vige il principio della pro-

porzionalità, nel senso che le parti spettanti ai soci nei guadagni e nelle perdite sipresumono proporzionali ai conferimenti;

o  se manca ogni determinazione contrattuale del valore dei conferimenti, scatta il prin-cipio di eguaglianza;

o  presunzione di eguaglianza tra partecipazione ai guadagni e partecipazione alle per-dite, ove il contratto determini solo la parte di ciascuno nei guadagni;

•  come regola in deroga al principio espresso sotto il precedente punto, che la determinazionedella parte di ciascun socio nei guadagni e nelle perdite può essere rimessa ad un terzo, lacui decisione può essere impugnata ai sensi dell’art. 1349, salvo che dal socio il quale abbiavolontariamente eseguito la decisione stessa (art. 2264).

Regola a parte è quella contenuta nell’art. 2263 comma due, che, in mancanza di determinazionecontrattuale delle parti, affida alla decisione del giudice secondo equità la determinazione della par-te di utili spettante al socio che ha conferito la propria opera. E ciò costituisce occasione propiziaper trattare della discussa figura del socio d’opera. La norma non risolve affatto il problema che lafigura del socio d’opera ha suscitato, sempre in bilico tra la posizione di lavoratore subordinato chetrova nella prestazione della sua opera la fonte del su sostentamento e la posizione di prestatore au-tonomo di lavoro in quanto cointeressato alle sorti dell’impresa. È questa incertezza che si riflette

nelle posizioni della dottrina che si è occupata dei criteri che il giudice deve seguire, dividendosi trachi ritiene che occorre estendere al socio d’opera i principi propri del lavoro subordinato prestatonella società rappresenti l’unica fonte di sostentamento, e chi pensa che il giudice non possa ispirar-si, neppure in via indicativa, alle retribuzioni stabilite dai contratti collettivi ma debba ricorrere ai

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compensi correnti per i lavoratori autonomi. E forse sembra più giusto l’orientamento di chi tentauna mediazione tra le due posizioni, indicando parametri di valutazione endogeni. In ogni caso,qualunque delle soluzioni si accolga, appare opportuno avvertire che in tanto il giudice potrà appli-care la norma in esame, solo in quanto il valore del conferimento del socio d’opera non sia deter-minato e lo siano invece quelli dei soci capitalisti.I rapporti della società con i terziLa problematica relativa ai rapporti della società con i terzi può essere analizzata sotto i due punti divista della rappresentanza e della responsabilità per le obbligazioni sociali.Problematica relativa alla rappresentanzaL’ipotesi in esame riguarda i soggetti che hanno il potere di spendere il nome della società e quindidi impegnarla nei confronti di terzi. Si tratta solo di ricordare la norma dell’art. 2266, la quale di-spone che “la società acquista diritti e assume le obbligazioni per mezzo dei soci che ne hanno larappresentanza e sta in giudizio nella persona dei medesimi. – In mancanza di diversa disposizionedel contratto, la rappresentanza spetta a ciascun socio amministratore e si estende a tutti gli atti cherientrano nell’oggetto sociale. – Le modificazioni e l’estinzione dei poteri di rappresentanza sonoregolate dall’art. 1396”. Efficacemente si è scritto che questa disposizione pone le condizioni inpresenza delle quali un diritto acquistato da un socio o un’obbligazione da questo assunta può esse-

re qualificato come diritto o come obbligazione sociale, e quindi come diritto destinato a far partedel patrimonio sociale. La condizione posta è che il diritto sia stato acquistato e l’obbligazione siastata assunta da un socio che abbia la rappresentanza della società. Le situazioni che sulla base dellanorma possono in concreto verificarsi con stretto riguardo alla persona dell’investito sono le se-guenti:

•  se il contratto sociale nulla dispone in ordine alla rappresentanza, questa spetterà a ciascunsocio amministratore;

•  quando il contratto contiene disposizioni esplicite in ordine alla rappresentanza, si tratterà divalutarne l’ammissibilità soprattutto con riguardo alla persona dell’investito.

Le situazioni che, sempre in relazione all’art. 2266, possono verificarsi in concreto con riguardo alcontenuto e all’estinzione dei poteri di rappresentanza:

•  se il contratto nulla dice, la rappresentanza si estende al compimento di tutti gli atti che rien-trano nell’oggetto sociale;

•  se, invece, il contratto detta disposizioni limitatrici del contenuto si tratterà di stabilirnel’ammissibilità.

Circa l’opponibilità delle modificazioni o dell’estinzione dei poteri rappresentativi, il problema sipone solo nel caso in cui il contratto detti norme in ordine al potere rappresentativo: le limitazionioriginarie, saranno sempre opponibili ai terzi, anche se questi non le conoscessero, ed incomberàperciò sui terzi medesimi l’onere di accertare il potere e il contenuto dei poteri di colui che agisce innome della società; per le modificazioni o l’estinzione vige un diverso principio: incomberà sullasocietà l’onere di portare a conoscenza dei terzi questi eventi con i mezzi idonei o di provare che iterzi le conoscessero, pena l’inopponibilità degli eventi stessi.Problematica relativa alle obbligazioni socialiQuesta ipotesi coinvolge indirettamente anche il discorso sui rapporti con i creditori sociali e i cre-ditori particolari del socio. L’art. 2267 costituisce la norma centrale, disponendo che “i creditoridella società possono far valere i loro diritti sul patrimonio sociale. Per le obbligazioni sociali ri-spondono inoltre personalmente e illimitatamente i soci che hanno agito in nome e per conto dellasocietà e, salvo patto contrario, gli altri soci”. I creditori sociali possono far valere le loro preteseinnanzi tutto sul patrimonio sociale, che è destinato principalmente se non esclusivamente alla sod-disfazione delle loro pretese, con esclusione di ogni pretesa dei creditori particolari dei soci, i quali,oltre a poter far valere i loro diritti sugli utili spettanti al socio e a poter compiere atti conservativisulla quota che al socio medesimo spetterà nella liquidazione, possono chiedere la liquidazione del-

la quota dei loro debitori, solo a condizione che gli altri beni di costoro siano insufficienti a soddi-sfare le obbligazioni. Gli stessi creditori sociali possono rivolgersi per la soddisfazione dei loro cre-diti anche nei confronti dei soci, i quali rispondono illimitatamente e solidalmente per le obbliga-zioni sociali (art. 2267). Per la verità, la legge opera una distinzione tra soci che hanno agito in no-

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me e per conto della società, soci agenti, e gli altri soci, disponendo per i primi la inderogabilitàdella responsabilità illimitata e solidale e per i secondi la derogabilità di tale disposizione. La re-sponsabilità del socio per le obbligazioni sociali è sussidiaria. Il creditore sociale ben può aggredireil patrimonio del socio senza aver preventivamente esperito alcuna azione contro il patrimonio so-ciale, ma il socio può paralizzare tale azione, dimostrando che esistono beni sociali sui quali il cre-ditore può agevolmente soddisfarsi. Due cose sono indiscutibili:

•  il patrimonio sociale costituisce la garanzia esclusiva per i creditori sociali e non subisce, senon limitatissimamente, il concorso dei creditori particolari dei soci;

•  in nessun caso può restare esclusa la responsabilità personale di tutti i soci.L’art. 2270 detta, a tutela dei creditori particolari, tre regole, concedendogli le seguenti possibilità:

•  far valere i suoi diritti sugli utili spettanti al debitore: questa regola è coerente con il princi-pio secondo cui, data l’autonomia patrimoniale della società, il socio non ha diritto alcunosui beni della società, ma solo sugli utili realizzati e sulla quota di liquidazione all’atto dellacessazione del rapporto e dello scioglimento della società. Far valere i suoi diritti sugli utilisignifica compiere atti conservativi ed esecutivi, ma non equivale a dire che il creditore pos-sa in qualche modo influire sulla distribuzione e più precisamente sulla quantificazione degliutili da distribuire;

•  compiere atti conservativi sulla quota spettante a quest’ultimo nella liquidazione;•  ottenere la liquidazione della quota del suo debitore “se gli altri beni di questi sono insuffi-

cienti a soddisfare i suoi crediti”.A salvaguardia del patrimonio sociale, stanno, perciò, nella società semplice, due importanti regole:

•  il creditore particolare, nel richiedere la liquidazione della quota, ha l’onere di provare chegli altri beni del debitore sono insufficienti a soddisfare i suoi crediti ed essendo tale dispo-sizione eccezionale, fin quando vi è capienza nel patrimonio personale del socio, la liquida-zione della quota non può essere chiesta;

•  il creditore personale non potrà agire direttamente sui beni della società, ma potrà ottenereuna somma di denaro corrispondente al valore della quota.

Modificazioni soggettive del contratto di societàPer tali si intendono le modificazioni del contratto che riguardano le persone dei soci. La manifesta-zione più significativa di tali modificazioni è, accanto al trasferimento della quota sociale, lo scio-glimento del rapporto sociale limitatamente ad un socio. È opportuno ricordare che il socio può ri-manere tale fino all’estinzione della società, ma può cessare di essere tale anche prima di tale mo-mento, oltre che per la morte, anche per cause dipendenti dalla sua volontà (recesso) o dipendentidalla volontà della società (esclusione) ovvero ancora indipendenti e dall’una e dall’altra (esclusio-ne di diritto).MorteLa disciplina di questo evento contiene una deroga al regime ordinario delle successioni mortis cau-sa: gli eredi, infatti, non subentrano di diritto nel rapporto sociale, atteso che l’art. 2284 pone, come

regola ordinaria, l’intrasmissibilità mortis causa della posizione di socio, disponendo che in caso dimorte di uno dei soci, salvo contraria disposizione del contratto sociale, gli eredi hanno solo dirittoa ricevere la liquidazione della quota del loro dante causa. Dalla morte del socio possono derivare leseguenti conseguenze:

•  se nulla prevede il contratto sociale le strade alternativamente percorribili sono tre:o  la liquidazione della quota agli eredi del defunto;o  scioglimento della società con deliberazione adottata da tutti i soci;o  invito degli eredi ad entrare nella società, subentrando nella stessa posizione del so-

cio defunto;•  in relazione alla possibilità che il contratto preveda patti in deroga alla disciplina legale, si

sono ipotizzati vari tipi di clausole limitative del potere di scelta. Le clausole che hanno in-

teressato maggiormente la dottrina e la giurisprudenza sono quelle che prevedono la conti-nuazione della società con gli eredi del socio defunto, che sogliono raggrupparsi in tre cate-gorie distinte: le clausole di continuazione facoltativa, che obbligano i soci a continuare lasocietà con gli eredi, i quali hanno, a loro volta, il diritto ma non l’obbligo di aderire al con-

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tratto sociale; le clausole di continuazione obbligatoria, con le quali si prevede l’obbligodegli eredi di entrare in società; le clausole di continuazione automatica, in forza delle qualiil chiamato all’eredità consegue, per il solo fatto dell’accettazione dell’eredità, la qualità disocio.

RecessoIl recesso è una dichiarazione unilaterale di volontà, con la quale il socio dichiara di voler sciogliereil rapporto contrattuale che lo lega alla società. Regolato dall’art. 2285, tre sono i casi in cui essopuò essere esercitato:

•  quando la società è stata contratta a tempo indeterminato ovvero è stata commisurata alla vi-ta di uno dei soci;

•  quando sussiste una giusta causa;•  nei casi previsti dal contratto sociale.

Nei primi casi si parla di recesso legale, mentre nell’ultimo caso si parla di recesso convenzionale.Può considerarsi una ipotesi di recesso legale anche il recesso per giusta causa, in ordine al quale ilpunto di riferimento privilegiato deve considerarsi la giurisprudenza, che ha individuato due criterigenerali per poter ritenere giustificato il recesso, e cioè quando esso costituisca la reazione ad un il-legittimo comportamento degli altri soci ovvero quando si ricolleghi all’altrui violazione di obblighi

contrattuali e di doveri di fedeltà. Occorre infine ricordare che il recesso non è né limitabile né ri-nunciabile e deve essere esercitato personalmente dal socio o dal suo legale rappresentante.La dichiarazione di recesso non è assoggettata a particolari forme. Essa può essere espressa ovverotacita e, nel primo caso, può essere scritta o orale. In ordine all’efficacia, l’art. 2285 stabilisce che“nei casi previsti nel primo comma, il recesso deve essere comunicato agli altri soci con un preavvi-so di almeno tre mesi”. Per poter opporre la dichiarazione di recesso agli altri soci, occorre provareche il mezzo scelto per “comunicare” abbia raggiunto lo scopo di far conoscere a costoro la dichia-razione di recesso e per poterlo opporre a terzi, occorre portarlo a loro conoscenza con mezzi ido-nei.EsclusioneL’esclusione è vista come una sorta di risoluzione parziale del contratto di società che produce i

suoi effetti immediatamente nei confronti delle persone dei soci. In linea di principio, i casi di e-sclusione trovano la loro fonte nella legge, laddove la possibilità di prevedere, nel contratto, ipotesiaggiuntive rispetto a quelle legali è circondata da riserve e da limiti. L’esclusione può essere facol-tativa o di diritto. L’esclusione detta facoltativa, che avviene per deliberazione della maggioranzadei soci o nella società di due soci in seguito a pronuncia del tribunale, si chiama così proprio per-ché l’adottare il provvedimento è una facoltà e non un obbligo. Essa è regolata all’art. 2286 il qualeprevede vari casi:

•  il primo motivo è costituito dalle gravi inadempienze delle obbligazioni che derivano al so-cio dalla legge o dal contratto sociale;

•  il secondo motivo riguarda la persona del socio, nel senso che questo può essere escluso ovesia colpito da provvedimento di interdizione, legale o giudiziale, e di inabilitazione;

Una terza categoria di cause (art. 2286 commi due e tre) comprende cause che si riconnettono allaimpossibilità sopravvenuta della prestazione e precisamente:

•  la sopravvenuta inidoneità del socio a svolgere l’opera conferita;•  il perimento della cosa conferita in godimento dovuto a cause non imputabili agli ammini-

stratori;•  il perimento della cosa conferita in proprietà se questo è avvenuto prima che la proprietà sia

acquistata dalla società.Un quesito particolare si pone per il socio amministratore: se cioè escluderlo dalla società rilevi ono il tipo di violazione commessa e se la violazione debba riguardare il socio in quanto tale ol’amministratore in quanto tale. L’orientamento prevalente è nel senso che il tipo di violazione non

rilevi.Il procedimento di esclusione riguarda la sola esclusione facoltativa e si snoda attraverso le seguentifasi:

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•  Deliberazione della maggioranza dei soci. Occorre non computare nel numero di questi il so-cio da escludere. È sufficiente il consenso della maggioranza anche senza una deliberazione insenso tecnico.

•  Comunicazione al socio escluso.L’esclusione ha effetto decorsi trenta giorni dalla comunicazione e da tale momento il socio perdetale qualità e decorrono altresì i sei mesi per la liquidazione della quota da parte della società. A

norma dell’art. 2287 entro trenta giorni dalla data della comunicazione “il socio escluso può fareopposizione al tribunale, il quale può sospendere l’esecuzione”. La legittimazione attiva spetta alsocio escluso e quella passiva è radicata in capo alla società. La legge prevede che il provvedimentopossa essere sospeso con conseguente inefficacia di esso fino al momento della pronuncia della sen-tenza esecutiva che rigetta l’opposizione. Dalla comunicazione del provvedimento di esclusione de-corre il termine per proporre opposizione dinanzi al tribunale, che può sospendere l’esecuzione; cosìcome da tale momento decorre il termine di sei mesi per la liquidazione della quota da parte dellasocietà.L’esclusione di diritto si caratterizza rispetto all’esclusione facoltativa perché consegue quasi au-tomaticamente al verificarsi del fatto che la legge indica come generatore, indipendentemente daogni valutazione discrezionale degli altri soci. A norma dell’art. 2288 è escluso di diritto il socio

che si sia dichiarato fallito e il socio nei cui confronti il creditore particolare abbia ottenuto la liqui-dazione della quota.La liquidazione della quota al socio cessatoDall’art. 2289 che regola la materia vanno separatamente esaminati i due primi commi che riguar-dano le questioni più importanti. Al primo comma si legge: “nei casi in cui il rapporto sociale siscioglie limitatamente a un socio, questi o i suoi eredi hanno diritto soltanto ad una somma di dena-ro, che rappresenti il valore della quota”. Dall’avverbio “soltanto”, si desume che il socio uscentenon può pretendere la restituzione dei beni che egli abbia eventualmente conferito in natura. Al se-condo comma si legge: “la liquidazione della quota è fatta in base alla situazione patrimoniale dellasocietà nel giorno in cui si verifica lo scioglimento”, nel senso che il socio sopporta le conseguenzedelle operazioni in corso al momento dello scioglimento del vincolo. Il quarto comma stabilisce che

la quota deve essere liquidata entro sei mesi dal giorno in cui si è verificato lo scioglimento del rap-porto, con la conseguenza che la mancata liquidazione entro tale termine comporta l’applicazionedel principio della rivalutazione del debito della società nei confronti del socio cessato. L’articolo inesame non precisa se l’obbligo della liquidazione della quota gravi sulla società o sui soci, e se è ve-ro che il problema resta dibattuto è anche vero che la maturazione e la sempre migliore delineazionedel concetto di soggettività e la stessa esigenza di chiarezza e coerenza fra premesse concettuali edecisioni concrete fanno chiaramente pendere la bilancia a favore della tesi che considera la societàobbligata a liquidare.La responsabilità del socio cessatoL’art. 2290 stabilisce che “nei casi in cui il rapporto sociale si scioglie limitatamente a un socio,questi o i suoi eredi sono responsabili verso i terzi per le obbligazioni sociali fino al giorno in cui si

verifica lo scioglimento. – Lo scioglimento deve essere portato a conoscenza dei terzi con mezzi i-donei; in mancanza, non è opponibile ai terzi che lo hanno senza colpa ignorato”.La durata della società e la proroga tacitaLa fissazione di un termine di durata della società non è, nella società semplice, indispensabile.Nell’ipotesi in cui il contratto sociale contenga tale elemento, nulla esclude che prima della scaden-za i soci possano fissare un altro termine di durata, prorogando espressamente la società. la discipli-na prevede anche una proroga tacita, la quale si ha “quando, decorso il tempo per cui fu contratta, isoci continuano a compiere le operazioni sociali” ( art. 2273 ).SOCIETÀ IN NOME COLLETTIVO La disciplina della società in nome collettivo è contenuta negli articoli da 2291 a 2312. La società innome collettivo può essere definita come la società in cui tutti i soci rispondono illimitatamente esolidalmente delle obbligazioni sociali, senza che il patto contrario abbia effetto nei confronti deiterzi. Caratteristiche peculiari di tale tipo di società sono la possibilità di essere utilizzata perl’esercizio di ogni specie di attività e la responsabilità illimitata e solidale dei soci. L’art. 2291 in-duce a un triplice ordine di considerazioni:

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•  la norma assolve, innanzi tutto, ad una funzione di identificazione del tipo, anche se la re-sponsabilità illimitata e solidale per le obbligazioni sociali è elemento necessario ma nonsufficiente. Ne consegue che una specifica ed espressa dichiarazione di voler adottare il tipodella società in nome collettivo occorrerà soltanto se l’oggetto sociale consista nell’eserciziodi un’attività non commerciale, data la possibile confusione con il tipo della società sempli-ce;

• l’ambito di applicazione di tale norma va al di là dell’attualità del vincolo sociale, nel sensoche in forza dell’art. 2269 “chi entra a far parte di una società già costituita risponde con glialtri soci per le obbligazioni sociali anteriori all’acquisto della qualità di socio” , e in forzadell’art. 2290, i soci uscenti o i loro eredi rispondono verso i terzi per le obbligazioni socialifino al giorno in cui si verifica lo scioglimento;

•  il secondo comma sancendo l’inefficacia assoluta nei confronti dei terzi dei patti limitatividella responsabilità sanziona una prima, non trascurabile differenza di disciplina rispetto alregolamento dell’omologa materia nella società semplice.

Le principali differenze della società in nome collettivo con la società semplice sono:•  la presenza, nella disciplina delle società in nome collettivo, di una norma che indica il con-

tenuto dell’atto costitutivo, e cioè l’art. 2295;

•  l’inesistenza di limiti relativi all’oggetto sociale, che può, nella società in nome collettivo,consistere nell’esercizio di qualunque tipo di attività lecita (commerciale, agricola, profes-sionale);

•  l’inefficacia esterna dei patti limitativi della responsabilità dei singoli soci;•  un più accentuato livello di autonomia patrimoniale, e quindi una regolamentazione par-

zialmente diversa dei rapporti della società con i terzi;•  l’esistenza di un regime di pubblicità abbastanza articolato;•  l’esistenza di una serie di norme in tema di capitale sociale, che mancano nella società sem-

plice.L’atto costitutivoA differenza di quanto avviene per la società semplice, la legge disciplina in modo compiuto l’attocostitutivo e le indicazioni che devono esservi contenute. La libertà della forma resta la regola an-che per la costituzione della società in nome collettivo e l’atto scritto è richiesto solo a finidell’iscrizione nel registro delle imprese e, perciò, solo ai fini della regolarità della società, tant’èche come esiste la società semplice di fatto così esiste anche la società in nome collettivo di fatto. Incaso di costituzione della società per atto scritto, non è indispensabile la contestuale presenza di tuttii requisiti indicati nei numeri da 1 a 9 dell’art. 2295, dovendosi distinguere dal contenuto del con-tratto sociale essenziale per l’esistenza della società quel contenuto che serve solo ai finidell’iscrizione nel registro delle imprese.I soggetti partecipantiIl numero uno dell’art. 2295 prescrive che l’atto costitutivo deve indicare “il cognome e il nome, il

luogo di nascita, il domicilio e la cittadinanza dei soci”. L’essenzialità dell’elemento è in re ipsa, dalmomento che non esisterebbe un contratto che non contenesse l’indicazione delle parti contraenti. Iproblemi che la norma suscita riguardano la partecipazione degli incapaci e la partecipazione disoggetti diversi dalle persone fisiche. Con riferimento al primo di essi, la disciplina contiene unanorma, l’art. 2294, a tenore della quale “la partecipazione di un incapace alle società in nome collet-tivo è subordinata in ogni caso all’osservanza delle disposizioni degli art. 320, 371, 397, 424 e425”. Queste norme dispongono che il minore, l’interdetto e l’inabilitato, per continuare l’eserciziodi una impresa commerciale devono ricevere l’autorizzazione del tribunale e che il minore emanci-pato può esercitare un’impresa commerciale senza l’assistenza del curatore se è autorizzato dal tri-bunale previo parere del giudice tutelare e sentito il curatore.Per ciò che riguarda l’amministrazione basta tenere presente la trattazione effettuata per le società di

persone e quindi, ai sensi dell’art. 2295, nell’atto costitutivo devono essere indicati i soci che hannol’amministrazione e la rappresentanza della società. Deve aggiungersi che per gli amministratori disocietà in nome collettivo è prescritto l’obbligo di tenuta dei libri e delle scritture contabili prescrittidall’art. 2214.

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La ragione socialeIl n. 2 dell’art. 2295 indica quale elemento da includere nell’atto costitutivo la ragione sociale, au-tonomamente disciplinata nell’art. 2292, proprio per rimarcare che anche la società in nome collet-tivo deve esercitare la sua attività adottando un nome. Definibile come la ditta sotto il quale agisco-no le società in nome collettivo e le società in accomandita semplice, la ragione sociale assolve, inprimo luogo, ad una funzione di identificazione del soggetto. L’art. 2292 fissa due regole: il primocomma, quando prescrive che accanto al nome dei soci venga indicato il rapporto sociale, sembraconfermare il principio di verità, già vigente per la formazione della ditta dell’imprenditore indivi-duale; il secondo comma, disponendo che “la società può conservare nella ragione sociale il nomedel socio receduto o defunto, se il socio receduto o gli eredi del socio defunto vi consentono” (ra-gione sociale derivata). Occorre ancora precisare tre punti: l’inosservanza della prescrizione conte-nuta nell’art. 2292 determina l’irregolarità della ragione sociale, che può dar luogo anche al rifiutodi iscrizione dell’atto costitutivo nel registro delle imprese; la ragione sociale è liberamente trasferi-bile; alla ragione sociale si applica il principio di novità, grazie al rinvio diretto all’art. 2564 dispo-sto dall’art. 2567.La sede della società e l’oggetto socialePer sede della società si intende sul piano formale, quella risultante dall’atto costitutivo e dallo sta-

tuto e nella quale – almeno di norma – si trovano stabilmente gli organi che hanno la rappresentanzadell’ente e la capacità di obbligarlo. L’indicazione della sede è importante al fine di:•  stabilire il giudice territorialmente competente per le controversie giudiziarie che interessano

la società;•  l’individuazione del registro delle imprese in cui la società deve essere iscritta;•  l’applicazione della disciplina fallimentare.

Può darsi il caso che la sede legale non coincida con la sede reale, che è quella dove c’è il centro ef-fettivo di direzione e di svolgimento dell’attività sociale, dove risiedono gli amministratori e coloroche hanno il potere di rappresentare la società, dove è convocata l’assemblea sociale. Quando nonvi è corrispondenza tra la sede legale e sede effettiva, giurisprudenza e dottrina, quasi unanimemen-te, propendono per la prevalenza della seconda sulla prima, con la precisazione che nel caso di so-

cietà collettiva regolare, non potendosi vanificare del tutto gli effetti della pubblicità, la società nonpotrà opporre ai terzi la mancata coincidenza della sede dichiarata con quella effettiva. Alla sede se-condaria è dedicata una norma (2299), la quale si limita a stabilire prescrizioni formali relativeall’obbligo di iscrizione di tale sede presso l’ufficio del registro delle imprese del luogo in cui essa èistituita. Per aversi sede secondaria occorrono:

•  un rapporto di dipendenza economica ed organizzativa con la sede principale;•  uno stabile apprestamento di mezzi destinati allo svolgimento dell’attività sociale ed un rap-

presentante stabile della società;•  un autonomo ambito di affari, sulla base del quale viene determinata la legittimazione so-

stanziale e processuale di colui che è ad essa preposto.Per quanto riguarda questo punto basterà rivedere quanto scritto a proposito della società semplice.Conferimenti, capitale sociale e distribuzione degli utiliIl n. 6 dell’art. 2295 prescrive che l’atto costitutivo indichi i “conferimenti dei soci, il valore ad essiattribuito e il modo di valutazione”. Per la società in nome collettivo appare più opportuno parlaredi capitale sociale dal momento che la legge esplicitamente vi allude in due norme, gli art. 2303 e2306, pur non menzionandolo espressamente tra gli elementi da includere nell’atto costitutivo. Ri-petuto che il capitale sociale rappresenta il valore in denaro dei conferimenti dei soci, quale risultadalle valutazioni compiute nel contratto sociale, si dovrà aggiungere che questo è il concetto di ca-pitale nominale fissato da una cifra contrattuale. Questione aperta è se nel capitale sociale possanoessere compresi anche i conferimenti d’opera, che, come si è scritto, da una parte della dottrinavengono considerati conferimenti non di capitale in quanto suscettibili di valutazione in denaro. Il

patrimonio sociale rappresenta, invece, il complesso dei rapporti giuridici facenti capo all’impren-ditore. Le funzioni attribuite al capitale sociale sono quattro:•  strumento di attivazione dell’oggetto sociale;•  strumento di rivelazione della situazione patrimoniale della società;

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•  strumento di misura della partecipazione del socio;•  strumento di garanzia per i creditori sociali.

Anche per la società in nome collettivo è importante porre in evidenza la necessità di un confrontocostante tra capitale sociale e patrimonio sociale per capire se la situazione patrimoniale della socie-tà si evolva in senso positivo o in senso negativo. Anche nella società in nome collettivo si deve sot-tolineare l’esigenza che la determinazione convenzionale non si risolva in danno dei soci dei terzi.

Ed alla soddisfazione di tale esigenza che complessivamente può considerarsi nella formula dellaintegrità del capitale sociale come moderatore legale e contabile della vita della società, sono preor-dinati gli art. 2303 e 2306, rispettivamente dedicati alla perdita e alla riduzione del capitale. La pri-ma di queste norme, dopo aver sancito al primo comma che possono essere distribuiti solo gli utilirealmente conseguiti, dispone al secondo comma che “se si verifica una perdita di capitale socialenon si può fare luogo a ripartizione degli utili fino a che il capitale non sia reintegrato o ridotto inmisura corrispondente”. A norma dell’art. 2306, la delibera di riduzione del capitale sociale può es-sere attuata:

•  quando nessun creditore sociale abbia fatto opposizione;•  quando le opposizioni eventualmente proposte siano state successivamente ritirate;•  quando il tribunale, su richiesta della società, abbia autorizzato l’esecuzione della delibera,

previa prestazione di garanzia idonea;•  quando i creditori sociali siano stati soddisfatti, dal momento che solo ad essi è inopponibile

l’esecuzione della delibera.La prescrizione contenuta nell’art. 2295, n. 7 impone che nell’atto costitutivo siano indicate le pre-stazioni dei soci d’opera. Socio d’opera è colui che si sia impegnato a conferire la propria attività eil risultato di questa. Scontata la negazione dell’assimilazione della prestazione del socio d’opera aquella del lavoratore subordinato. L’indicazione dei soci d’opera è importante: in primo luogo, nonessendo ontologicamente possibile valutare in termini monetari, a differenza di quanto avviene perla maggior parte delle altre specie di conferimento, l’apporto di chi conferisce il proprio lavoro, illegislatore si è preoccupato di richiedere innanzi tutto che venga consacrato contrattualmentel’obbligo del conferimento della propria opera e, in secondo luogo, che sia precisato nel contratto in

che cosa l’apporto medesimo si concreti.Per la ciò che concerne la distribuzione degli utili occorre analizzare l’art. 2295, secondo cuinell’atto costitutivo devono essere indicate le norme secondo le quali gli utili devono essere ripartitie la quota di ciascun socio negli utili e nelle perdite. Se è vero che, con riguardo agli utili, v’è asso-luta identità di dettato fra le norme disciplinanti questa materia, non altrettanto può dirsi con riguar-do alle perdite: in altri termini, identica la norma sugli utili, manca nella disciplina delle società dicapitali ogni disposizione relativa alle perdite di contenuto analogo a quello della norma in com-mento.La durata della societàIl n. 9 dell’art. 2295 impone che nell’atto costitutivo sia indicata la durata della società, in tal modoavvicinando la disciplina della società in nome collettivo a quella delle società di capitali e delle so-cietà cooperative. L’apparentamento con la società di capitali è neutralizzato dalla presenza di unanorma come l’art. 2307, che, consentendo una proroga tacita, rende ammissibile una società in no-me collettivo di durata indeterminata e quindi, da un punto di vista sostanziale, avvicina la societàin nome collettivo alla società semplice. Occorre un accenno alla proroga della durata della società.la proroga può essere:

•  espressa, qualora i soci, di comune accordo, decidano di fissare, prima della scadenza deltermine originario, un nuovo termine di durata;

•  tacita, allorché secondo il disposto dell’art. 2273, “decorso il tempo per cui fui contratta, isoci continuano a compiere le operazioni sociali”.

Il regime della pubblicità

La disciplina della pubblicità della società in nome collettivo è contenuta principalmente in duenorme:

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•  l’art. 2296, che fa obbligo agli amministratori (e al notaio se la stipulazione è avvenutaper atto pubblico) di depositare l’atto costitutivo, nel termine di trenta giorni, per l’iscrizionepresso l’ufficio del registro delle imprese nella cui circoscrizione è stabilita la sede sociale;

•  l’art. 2300, che impone agli amministratori di richiedere, sempre entro trenta giorni,l’iscrizione delle modificazioni dell’atto costitutivo e degli altri affari relativi alla società,dei quali è obbligatoria l’iscrizione.

Tre sono i punti da sottolineare:•  la società in nome collettivo è soggetta all’onere dell’iscrizione nel registro delle imprese, indi-pendentemente dal fatto che l’attività sia o no esercitata ad impresa e dal fatto che l’attività stes-sa sia o no di natura commerciale;

•  l’iscrizione della società in nome collettivo nel registro delle imprese: l’inosservanza di essa de-termina, da un lato, una situazione di irregolarità e, dall’altro, una parziale modificazione delladisciplina dettata per le società collettive regolari;

•  presupposto indefettibile per l’iscrizione è il deposito presso l’Ufficio del registro della scritturaprivata autenticata ovvero della copia autenticata dell’atto pubblico.

La società in nome collettivo irregolareÈ irregolare quella società in nome collettivo per la quale non siano state osservate le prescrizioni

relative agli adempimenti pubblicitari contenute nell’art. 2296: in una parola, quella società in nomecollettivo che non sia stata iscritta nel registro delle imprese. Dal momento che la volontà di agirecome soci può derivare da accordi verbali o da manifestazioni tacite, si avrà in quest’ultimo caso lasocietà irregolare di fatto. Dalla norma di cui all’art. 2297 possono ricavarsi tre principi:

•  la disciplina dei rapporti interni tra i soci è la medesima dettata per la società collettiva rego-lare, della quale si applicheranno tutte le norme ad eccezione di quelle che presuppongano oimplichino adempimenti pubblicitari;

•  soluzione opposta il legislatore ha adottato per i rapporti tra società e terzi creditori e contra-enti, cui si attaglia la omologa disciplina della società semplice, la quale prescinde da un si-stema di pubblicità legale o meglio è sottoposta ad un diverso regime di pubblicità;

•  la regola in base alla quale ai rapporti società in nome collettivo irregolare – terzi, si appli-cano le norme regolanti l’omologa materia nell’ambito della società semplice subisce dueimportanti eccezioni:

o  resta ferma ai sensi del primo comma dell’art. 2297 la responsabilità illimitata e so-lidale dei soci nei confronti dei terzi per le obbligazioni sociali;

o  si presume che la rappresentanza sociale spetti a tutti i soci che agiscono per la socie-tà, e non si applicherà quindi l’art. 2266 comma due.

L’irregolarità può anche essere sopravvenuta, nel senso che una società originariamente regolaredivenga poi irregolare per aver continuato l’attività dopo la cancellazione dal registro delle imprese.Di converso, una società irregolare può sanare la sua posizione attraverso la regolarizzazione, laquale si attua con l’iscrizione della società nel registro delle imprese a norma dell’art. 2296 e ha ef-

fetto ex nunc provocando la sostituzione della disciplina della società irregolare con quella colletti-va regolare.Rapporti della società e dei soci con i terziIl tema dei rapporti della società con i terzi coinvolge essenzialmente due sottotemi:

•  quello della rappresentanza della società e quello della responsabilità per le obbligazioni so-ciali;

•  in misura meno intensa i rapporti tra soci e loro creditori personali.Rappresentanza della societàLa norma dell’art. 2298 pur avendo una sua centralità, non ha una sua compiuta autonomia, nel sen-so che, al fine di delineare integralmente il sistema della rappresentanza nella società in nome col-lettivo, occorre necessariamente richiamare i primi due commi dell’art. 2266, e cioè:

•  nei rapporti esterni, pur non avendo la personalità giuridica, le società di persone e quella innome collettivo in particolare si presentano come un gruppo unitario, portatore di una pro-pria volontà e titolare di un proprio patrimonio, capace come tale di assumere obbligazioni,acquistare diritti e di stare in giudizio;

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•  il limite ai poteri degli amministratori è costituito dall’oggetto sociale, come si ricavadall’espressione di esordio dell’art. 2298;

•  è possibile determinare il contenuto dei poteri di rappresentanza (art. 2298);•  per essere opponibili ai terzi le limitazioni devono essere iscritte nel registro delle imprese o,

in mancanza, occorre provare che i terzi ne hanno avuto conoscenza;•  gli amministratori–rappresentanti devono, entro quindici giorni dalla nomina, depositare

presso l’ufficio del registro delle imprese le loro firme autografe.La responsabilità per le obbligazioni socialiL’art. 2304 difende il patrimonio personale dei soci, stabilendo che “i creditori sociali, anche se lasocietà è in liquidazione, non possono pretendere il pagamento dai singoli soci, se non dopol’escussione del patrimonio sociale”. La norma non si applica alle società in nome collettivo irrego-lari e a quelle di fatto, mentre ne è discussa l’applicabilità nel caso di fallimento della società.I creditori particolari del socioLa materia è regolata dall’art. 2305, il quale costituisce una prosecuzione dell’art. 2270, regolante laposizione del socio di società semplice nei confronti del proprio creditore particolare. Mentre il cre-ditore particolare del socio di società semplice potrà chiedere sempre la liquidazione della quota delsocio suo debitore (qualora gli altri beni di quest’ultimo siano insufficienti a soddisfare i suoi credi-

ti), tale potere è negato al creditore particolare del socio di collettiva, tranne che nelle ipotesi di ac-coglimento dell’opposizione giudiziale alla proroga espressa da lui stesso esperita e di proroga taci-ta. La norma di cui all’art. 2305 è infine complementare anche all’art. 2304, nel senso che, unita-mente a quest’ultimo, integra il fondamento normativo dell’autonomia patrimoniale della società innome collettivo.SOCIETÀ IN ACCOMANDITA SEMPLICE La società in accomandita semplice è caratterizzata dalla esistenza di due categorie di soci:

•  i soci accomandatari, i quali sono responsabili illimitatamente e solidalmente per le obbliga-zioni sociali ed hanno correlativamente il potere di amministrare la società;

•  e i soci accomandanti, i quali sono responsabili nei limiti della quota conferita e sono corre-lativamente esclusi dall’amministrazione della società, pur avendo poteri di controllo sulla

gestione.La disciplina consta di due gruppi di norme:

•  norme dettate in sede materiale, le quali sono contenute negli art. 2313 – 2324;•  norme regolanti la società in nome collettivo, espressamente richiamate dall’art. 2315, a

condizione che siano compatibili con la disciplina materiale.Occorre ricordare:

•  che anche per la costituzione della società in accomandita semplice non è imposta alcunaforma determinata, essendo la forma scritta funzionale unicamente all’iscrizione nel registrodelle imprese;

•  che l’atto costitutivo deve contenere gli elementi indicati nell’art. 2295 con due aggiunte: la

ripartizione dei soci nelle due categorie di accomandanti e accomandatari e la distinta indi-cazione dei conferimenti degli uni e degli altri.La società in accomandita semplice va distinta dall’associazione in partecipazione: mentre nellasocietà in accomandita semplice il conferimento del socio accomandante confluisce in un fondo so-ciale comune ed autonomo rispetto ai patrimoni personali, nell’associazione in partecipazionel’apporto dell’associato passa in proprietà dell’associante che, per ciò, diventa debitore del primo.Tale figura si distingue inoltre dalla società in accomandita per azioni, nella quale le partecipazionisono rappresentate necessariamente da azioni.La disciplinaL’art. 2318 testualmente dispone che “i soci accomandatari hanno i diritti e gli obblighi dei soci del-la società in nome collettivo”. L’art. 2314 è norma imposta dall’esistenza delle due categorie di so-

ci. Esso dispone, da un lato, che la ragione sociale deve contenere, accanto all’indicazione del rap-porto sociale, il nome di almeno uno dei soci accomandatari e legittima, dall’altro, la ragione socia-le derivata.

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La nomina e la revoca degli amministratoriLa materia è regolata essenzialmente da tre norme contenute negli art. 2318 – 2320: il secondocomma dell’art. 2318 stabilisce che “l’amministrazione della società può essere conferita soltanto aisoci accomandatari” e, di converso, l’art. 2320 che esordisce stabilendo che “i soci accomandantinon possono compiere atti di amministrazione, né trattare o concludere affari in nome della società,se non in forza di procura speciale per i singoli affari”. Ne conseguono queste regole:

•  se nulla dispone l’atto costitutivo, il potere di amministrazione spetta disgiuntamente a cia-scun socio accomandatario secondo le regole fissate nel primo comma dell’art. 2257;

•  se l’amministratore viene nominato con atto separato, la decisione, oltre a dover ricevere ilconsenso di tutti i soci accomandatari, deve avere l’approvazione della maggioranza dei sociaccomandanti (analogamente deve avvenire per la revoca dell’amministratore così nomina-to);

•  i soci accomandanti non possono essere amministratori.I divieti a carico degli accomandantiEsistono due tipi di divieti che la legge pone in capo agli accomandanti:

•  il primo è contenuto nell’art. 2314 comma due, il quale commina all’accomandante che ab-bia consentito di far comparire il proprio nome nella ragione sociale la perdita della respon-

sabilità limitata nei confronti dei terzi;•  agli accomandanti è, altresì, fatto divieto di amministrare.

Ed in questo caso all’accomandante che contravviene e compie anche un sol atto di amministrazio-ne non è solo comminata la perdita della responsabilità limitata: a sottolineare la maggiore gravitàdella violazione, è prevista anche la possibilità dell’esclusione della società a norma dell’art. 2286.I problemi che il divieto di immistione fa sorgere sono essenzialmente due:

•  il primo concerne l’opponibilità degli atti compiuti dall’accomandante ingeritosinell’amministrazione. In ordine a questo problema va detto che la società e per essa i sociaccomandatari non saranno vincolati, salvo ratifica o accettazione, dagli atti posti in esseredall’accomandante ingeritosi e non risponderanno quindi delle obbligazioni sorte in conse-guenza di tali atti. La legge prevede una limitata facoltà di deroga, ove l’accomandante ab-

bia ricevuto procura speciale relativa al compimento di singoli affari.•  il secondo problema riguarda l’atteggiarsi della responsabilità: in questo caso si discute se

l’accomandante ingeritosi divenga responsabile solo nei confronti dei terzi ovvero se debbasopportare anche nei rapporti interni una quota delle perdite subite dalla società.

I poteri dell’accomandantePer ciò che concerne i poteri l’art. 2320 consente agli accomandanti di “prestare la loro opera sottola direzione degli amministratori”. Nel caso che vengano a mancare tutti gli accomandatari, l’art.2323 concede agli accomandanti il potere di nominare per il semestre di grazia un amministratoreprovvisorio per il compimento degli atti di ordinaria amministrazione. Gli accomandanti hanno al-tresì il diritto di “avere comunicazione annuale del bilancio e del conto dei profitti e delle perdite e

di controllarne l’esattezza, consultando i libri e gli altri documenti della società”. Con riguardo aipoteri aventi la loro fonte nell’atto costitutivo, oltre ad un possibile allargamento generale di essi,vanno segnalati quello di dare autorizzazione e pareri per determinate operazioni e quello di com-piere atti di ispezione e sorveglianza (art. 2320).Trasferimento della quotaLa quota dell’accomandante è trasferibile sia inter vivos che mortis causa: nel primo caso, è fattasalva la diversa disposizione dell’atto costitutivo ed in ogni caso l’efficacia della cessione verso lasocietà è subordinata all’approvazione da parte della maggioranza dei soci della cessione stessa,mentre nel secondo caso la deroga al regime normale dell’art. 2284 è prevista nel primo comma del-la norma appena citata, statuente che “la quota di partecipazione del socio accomandante è trasmis-sibile per causa di morte”.

Problematiche residue relative all’accomandanteSono problemi riguardanti l’applicazione all’accomandante di alcune norme dettate per il socio disocietà in nome collettivo, ed in particolare:

•  dell’art. 2288 che prevede l’esclusione di diritto del socio fallito;

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•  dell’art. 2294, che subordina la partecipazione di incapaci legali, inabilitati e emancipatialle disposizioni dettate in materia per l’imprenditore individuale. La tesi della non applica-bilità della norma viene giustificata con la circostanza che, essendo la responsabilitàdell’accomandante limitata al conferimento, non ricorre l’esigenza di proteggerel’accomandante dalle rovinose conseguenze cui la responsabilità illimitata può portare.

•  l’art. 2301 non si ritiene applicabile all’accomandante. Tale articolo vieta al socio di collet-

tiva di esercitare un’attività concorrente con quella della società e di partecipare come socioillimitatamente responsabile a quella di altra società.La società in accomandita semplice non registrataOccorre ricordare che l’iscrizione della società in accomandita semplice ha efficacia dichiarativa ela sua mancata iscrizione determina la irregolarità di essa. La disciplina dell’accomandita sempliceirregolare è contenuta nell’art. 2217, il quale fissa due regole:

•  rinvia per i rapporti tra società e terzi alle disposizioni contenute nell’art. 2297, che è lanorma che disciplina la collettiva irregolare;

•  esclude dalla responsabilità illimitata nei confronti dei terzi i soci accomandanti, “salvo cheabbiano partecipato alle operazioni sociali”.

Dalla combinazione delle due regole deriva che appare identica alla responsabilità illimitata dei soci

di collettiva irregolare la sola responsabilità dei soci accomandatari, proprio perché resta ferma, adonta della mancata registrazione, la limitazione di responsabilità dei soci accomandanti per le obbli-gazioni sociali. Alle società in accomandita semplice irregolare si applica la residua disciplina dellasocietà in accomandita semplice regolare ad eccezione delle norme che presuppongano adempimen-ti pubblicitari.LE SOCIETÀ DI CAPITALI LA SOCIETÀ PER AZIONI La società per azioni rappresenta il principale tipo di società di capitali e, allo stesso tempo, la for-ma più importante di società predisposta per le imprese di grandi dimensioni, che richiedonol’apporto di ingenti capitali e importano l’assunzione di notevoli rischi. Carattere fondamentale del-la società per azioni è il vincolo tra società e socio che risulta impersonale e anonimo. Sotto il pro-

filo giuridico la S.p.A. può essere definita come la persona giuridica che esercita attività economicacon il patrimonio conferito dai soci e con gli utili eventualmente accumulati e nella quale le quote dipartecipazione dei soci sono rappresentate da azioni.Caratteri della S.p.A.Ai sensi dell’art. 2325, “nella società per azioni, per le obbligazioni sociali, risponde soltanto la so-cietà con il suo patrimonio. – Le quote di partecipazione dei soci sono rappresentate da azioni”. Inconsiderazione, anche, dell’art. 2327, le prerogative della S.p.A. risultano essere:

•  la limitazione della responsabilità dei soci al conferimento, pertanto i creditori sociali do-vranno rivolgersi alla società, senza poter esperire azioni individuali nei confronti dei singolisoci104;

•  il fatto che le quote di partecipazione siano rappresentate da azioni, ovvero frazioni di ugua-le misura in cui è diviso il capitale sociale;

•  il fatto che il capitale sociale non possa essere inferiore a L. 200.000.000.Le fonti normative della S.p.A.La società per azioni è regolata dal codice civile e da numerosi provvedimenti normativi emanatinegli anni successivi. Questi ultimi si sono resi necessari per sopperire alle notevoli limitazioni delnostro codice dovute al suo carattere unitario e indifferenziato che mal si concilia alle realtà spessodiversissime delle S.p.A.

104 Un discorso a parte merita la c.d. società con unico azionista. Qualora, per qualsiasi motivo,

tutte le azioni si concentrino nelle mani di una sola persona, l’art. 2362 – al fine di evitare che conla costituzione di una S.p.A. una persona singola possa limitare la propria responsabilità patrimo-niale in danno dei creditori – ha sancito la responsabilità illimitata dell’unico azionista per le ob-

bligazioni sociali sorte nel periodo in cui le azioni risultino essere appartenute a lui soltanto (anchese fittiziamente intestate ad altri).

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Le nuove norme, in particolare per le società quotate, non solo hanno rafforzato i diritti del picco-lo azionista all’interno dell’ordinamento societario, ma hanno anche integrato tale tutela con misureche riguardano più specificamente il campo del diritto dei mercati mobiliari.Occorre ricordare:

•  il D.P.R. 1127/69 che ha modificato le disposizioni originarie in materia di invaliditàdell’atto costitutivo, di poteri degli amministratori e di pubblicità degli atti sociali;

• la L. 216/74 e i tre DDPR 136,137,138/75 con i quali:o  si è affidato alla Consob il compito di controllare l’operato delle società quotate;

o  sono state create le azioni di risparmio;o  si è cercato di dare più evidenza ai collegamenti che possono determinarsi fra società

(partecipazioni incrociate, società collegate ecc.);•  la L. 904/77 (c.d. Legge Pandolfi) che ha apportato alcune modifiche riguardanti il capitale

sociale e la disciplina del collegio sindacale;•  la L. 281/85 che ha eliminato le c.d. clausole di mero gradimento;•  il D.P.R. 30/86 che ha introdotto una normativa di tutela del capitale sociale;•  il D.Lgs. 22/91 sulle fusioni e le scissioni;•  il D.Lgs. 127/91 sul bilancio d’esercizio e i gruppi di società;•  il D.Lgs. 88/92 sul collegio sindacale e la società di revisione contabile;•  la L. 149/92 sulle OPV, OPS e OPA;

La costituzione della S.p.A.La società per azioni si costituisce per atto pubblico che può essere stipulato simultaneamente, cioèimmediatamente, ovvero in più fasi con il procedimento di pubblica sottoscrizione (art. 2333). Essodeve indicare:

•  il cognome ed il nome dei soci, il luogo e la data di nascita, il domicilio, la cittadinanza deisoci e degli eventuali promotori, nonché il numero delle azioni sottoscritte da ognuno di es-si. Il riferimento ai promotori riguarda la società costituita per pubblica sottoscrizione.

•  la denominazione, la sede della società e le eventuali sedi secondarie. La società ha un nome

che deve essere dichiarato con l’integrazione del tipo; indispensabile è l’individuazione del-la sede, la principale, cioè, la legale e le eventuali sedi secondarie.•  l’oggetto sociale. Si distingue tra oggetto sociale principale (ad es. la costruzione di auto-

mobili) e quello secondario nel quale sono indicate le operazioni strumentali al primo.•  l’ammontare del capitale sottoscritto e versato. La sottoscrizione segna il momento nel quale

il socio si obbliga a conferire. Il capitale sociale si distingue in capitale sottoscritto e versa-to; il capitale minimo è attualmente 200 milioni di lire.

•  il valore nominale e il numero delle azioni e se queste sono nominative o al portatore. Ilprimo è espresso dal risultato della divisione tra l’ammontare del capitale e il numero delleazioni.

•  il valore dei crediti e dei beni conferiti in natura.•  le norme secondo le quali gli utili devono essere ripartiti. La previsione può riguardare, tra

l’altro, sia la misura dell’utile che si intende dividere, nel rispetto della destinazione a riser-va sia la destinazione da imprimergli per finalità, comunque, compatibili con l’interesse del-la società, ma non a beneficio dei soci.

•  la partecipazione agli utili eventualmente accordata ai promotori o ai soci fondatori.•  il numero degli amministratori e i loro poteri, indicando tra questi quali hanno la rappresen-

tanza. Necessaria l’individuazione dei soggetti cui è affidata la gestione, innanzitutto, inconsiderazione del fatto che nell’atto costitutivo devono essere indicati i primi amministra-tori (art. 2383); per la rilevanza, poi, del potere di rappresentanza legale che identifica chiagisce per la società.

• il numero dei componenti il collegio sindacale. Anche con riguardo ai sindaci, i primi devo-no essere nominati nell’atto costitutivo ( art. 2400 ); il numero è ricompreso tra un minimodi tre ed un massimo di cinque, da prescegliere anche tra i soci.

•  la durata della società.

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•  l’importo globale, almeno approssimativo, delle spese per la costituzione poste a caricodella società. indicazione che parrebbe finalizzata a consentire ai soci costituenti tendenzialeconsapevolezza sui costi che saranno sopportati per quella ragione.

Atto costitutivo e statutoIl collegamento tra l’atto costitutivo e lo statuto ripropone la rilevanza delle regole sul funziona-mento della società, e dunque quelle della sua organizzazione; la relativa disciplina dovrebbe trova-re previsione nello statuto che dello statuto è parte integrante. Lo statuto non è, tuttavia, indispensa-bile come l’atto costitutivo; i principi sul funzionamento della società sono già fissati, con prevalen-te imperatività della normativa di legge. In concreto viene redatto per personalizzare, nei limiti delpossibile, il funzionamento dell’organizzazione al servizio di specifiche esigenze (operativitàdell’organo amministrativo, modifica dei quorum deliberativi delle assemblee, limiti alla circola-zione delle azioni). Anche lo statuto ha natura contrattuale e viene redatto nella forma dell’atto pub-blico. L’esaurimento della fase contrattuale già suscita l’interesse dell’ordinamento: il procedimentodi costituzione è stato avviato e si dovrebbe concludere con la nascita della società. Devono ricorre-re puntuali condizioni, in mancanza delle quali il procedimento di costituzione si arresta. L’art.2329 esige che:

•  sia sottoscritto per intero il capitale sociale;•  siano versati presso un istituto di credito almeno i tre decimi dei conferimenti in denaro

105

;•  sussistano le autorizzazioni governative e le altre condizioni richieste dalle leggi speciali per

la costituzione della società.Nel periodo tra la stipulazione dell’atto costitutivo e l’iscrizione, la società non è nata e per le ob-bligazioni che sono state assunte nel suo nome, rispondono illimitatamente e solidalmente, verso iterzi, coloro che hanno agito. A costituzione avvenuta la società si fa carico delle spese sopportate edelle obbligazioni assunte, se necessarie per avviare e completare il relativo procedimento. La stes-sa società, tuttavia, potrebbe decidere di far proprie anche quelle non necessarie, al pari delle obbli-gazioni contratte per altre ragioni. Il procedimento di costituzione si sviluppa poi, con il depositodell’atto costitutivo presso il registro delle imprese, entro trenta giorni dalla stipulazione, per inizia-tiva del notaio ovvero di coloro che sono designati quali amministratori. Opportuno è sottolineare

che, qualora notaio ed amministratori (proprio in questo ordine) non provvedano, ciascun socio puòeffettuare il deposito a spese della società o far condannare gli amministratori ad eseguirlo. Una vol-ta eseguito il deposito dell’atto costitutivo, il tribunale è posto nella condizione di omologarlo. De-ve, dunque, accertare se l’accordo dei soci è conforme con le regole dell’ordinamento e se si sianoavverate le condizioni fissate dall’art. 2329. L’autorità giudiziaria non entra nel merito dell’atto perstabilire se l’iniziativa è adeguata o meno; effettua un controllo di legalità teso ad accertare la coe-renza delle pattuizioni con il modello normativo prestabilito dalla legge e più puntualmente se lastruttura organizzativa del nuovo soggetto sia idonea ad operare legalmente. Non si tratta, pertanto,di un controllo che investe la validità dell’atto, dal momento che questo, ancorché essenziale, non èla sola componente del procedimento. L’omologa può, essere negata per ragioni di validità se si ri-scontra ad esempio, che una clausola è nulla ovvero annullabile. Il procedimento di omologazione sisvolge in camera di consiglio, sentito il pubblico ministero. Se il tribunale la concede il relativoprovvedimento è adottato nella forma del decreto come nell’eventualità di rifiuto; è reclamabile da-vanti alla Corte di Appello nei trenta giorni successivi alla comunicazione. Esaurita questa fase, siprocede all’iscrizione dell’atto costitutivo nel registro delle imprese che determina l’acquisto dellapersonalità giuridica. L’articolato sviluppo del procedimento di costituzione consiglia di non condi-videre l’opinione secondo cui, anteriormente all’iscrizione, l’atto costitutivo determinerebbe la na-scita della società per azioni irregolare.La costituzione della società per pubblica sottoscrizioneLa costituzione per pubblica sottoscrizione è disciplinata dall’art. 2333 ed ha come fasi essenziali:

105 Tale versamento non costituisce un requisito dell’atto costitutivo in quanto il contratto di societànon è reale ma consensuale. Inoltre l’obbligo di versamento non può precedere la sottoscrizionedelle quote di capitale da parte degli stipulanti l’atto costitutivo, perché deriva proprio da quella sot-toscrizione.

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•  la predisposizione, da parte dei promotori, di un programma che indichi l’oggetto e il ca-pitale sociale e le principali disposizioni dell’atto costitutivo;

•  le progressive sottoscrizioni delle azioni da parte degli interessati che devono risultare da at-to pubblico o da scrittura privata autenticata. Raccolte le sottoscrizioni, i promotori assegna-no, ai sottoscrittori, un termine non superiore ad un mese per effettuare il versamento decor-so inutilmente il quale possono scegliere se agire nei confronti dei sottoscrittori morosi ov-

vero sciogliersi dall’obbligazione. In quest’ultima eventualità si può procedere alla costitu-zione della società soltanto dopo che siano state collocate le azioni per le quali non è statoeffettuato il versamento;

•  i promotori convocano l’assemblea dei sottoscrittori che, accertata l’esistenza delle condi-zioni richieste per la costituzione della società, delibera, tra l’altro, sul contenuto dell’attocostitutivo e sulla nomina degli amministratori e del collegio sindacale. L’assemblea è vali-damente costituita con la presenza della metà dei sottoscrittori ognuno dei quali ha diritto adun voto a prescindere dal numero delle azioni sottoscritte. Le deliberazioni, di cui si è fattocenno, sono adottate a maggioranza, quelle relative alla modificazione del programma ri-chiedono tuttavia il consenso unanime;

•  esaurita l’assemblea, con l’assunzione delle necessarie decisioni, chi vi ha preso parte, anche

in rappresentanza degli assenti, stipula l’atto costitutivo.La complessità di questo procedimento spiega le ragioni dell’insuccesso. I promotori, che sottoscri-vono il programma, sono solidalmente responsabili verso i terzi per le obbligazioni assunte per co-stituire la società; se vi si perviene gli stessi promotori sono rilevati dalla società: beneficiano delrimborso spese sostenute, semprechè necessarie per la costituzione ovvero se approvatedall’assemblea dei sottoscrittori. La responsabilità cui sono esposti i promotori è bilanciatadall’oppor-tunità che gli è concessa di riservarsi, indipendentemente dalla loro qualità di soci nellacostituenda società, una partecipazione non superiore complessivamente ad un decimo degli utilinetti risultanti dal bilancio e per un periodo massimo di cinque anni. Identico beneficio è accordatoai soci fondatori.I contratti parasociali

I contratti parasociali sono quegli accordi, che in genere si accompagnano alla stipulazione dell’attocostitutivo, i quali hanno lo scopo di regolare il comportamento dei soci in seno alla società. Talicontratti hanno efficacia obbligatoria solo tra le parti stipulanti, con esclusione dei successivi acqui-renti delle azioni. Non possono essere opposti ai terzi, né alla società (che non sia parte); non inva-lidano gli atti compiuti in violazione di essi e, nei confronti del trasgressore, gli altri soci parteci-panti all’accordo violato possono esperire soltanto l’azione di risarcimento dei danni qualora siadimostrabile un pregiudizio derivato dal suo comportamento.I sindacati di votoI sindacati di voto rappresentano dei gruppi di azionisti che si formano nell’ambito delle S.p.A. conparticolari funzioni di dominio o di difesa. Tali sindacati possono assumere due configurazioni:

•  quella dell’accordo intercorso tra più azionisti, i quali si obbligano a votare nello stesso mo-do in assemblea;

•  quella dell’accordo tra più azionisti, i quali rilasciano mandato con rappresentanza ad unadeterminata persona, che voterà nelle assemblee:

o  o secondo il suo parere;o  o secondo le direttive impartitegli dal sindacato.

I sindacati di bloccoI sindacati di blocco sono costituiti da quegli azionisti i quali, al fine di evitare che le azioni di unoo più tra essi possano passare di mano ad altre persone, si impegnano reciprocamente a limitarel’alienazione delle azioni stesse, in modo da garantire una certa composizione del corpo sociale.I sindacati di emissione o di collocamento

Si tratta di sindacati mediante i quali due o più soggetti si obbligano reciprocamente (o anche neiconfronti della società) a sottoscrivere azioni ed a collocarle poi sul mercato, alle condizioni ed almomento opportuni, con l’impegno di trattenere per sé i titoli non collocati. I sindacati di emissionecostituiscono una variante della costituzione per pubblica sottoscrizione: infatti la società è costitui-

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ta simultaneamente, ma parte del capitale sociale è sottoscritto da banche, le quali si impegnanoverso gli altri sottoscrittori a collocare le azioni presso i propri clienti.I patti parasociali nelle società quotateNelle società con azioni quotate in borsa e nelle società che le controllano, sono gli artt. 122-124 delT.U. n. 58/98 a disciplinare i patti parasociali ricoprendo in tale categorie i patti, in qualunque for-ma stipulati:

•  che hanno per oggetto l’esercizio del diritto di voto;•  che istituiscono obblighi di preventiva consultazione per l’esercizio del diritto di voto;•  che pongono limiti al trasferimento delle azioni o di strumenti finanziari che attribuiscono

diritti di acquisto o di sottoscrizione delle stesse;•  che prevedono l’acquisto concertato delle azioni o degli strumenti finanziari anzidetti;•  che hanno per oggetto o per effetto l’esercizio anche congiunto di una influenza dominante

su tali società;Patti siffatti devono essere:

•  comunicati alla Consob entro 5 giorni dalla stipulazione;•  pubblicati per estratto sulla stampa quotidiana entro 10 giorni;•  depositati presso il registro delle imprese del luogo ove la società ha sede entro 15 giorni

dalla stipulazione.Nel caso di inosservanza di tali obblighi i patti sono nulli.Inoltre non può essere esercitato il diritto di voto inerente alle azioni che costituiscono l’oggettodell’accordo pena l’impugnabilità della deliberazione in tal modo adottata.I collegamenti fra societàLa realtà socio-economica attuale è caratterizzata da numerose forme di collegamento tra società dicapitali, le quali – attraverso processi di espansione e di coesione – mirano a rafforzare la loro capa-cità competitiva sul mercato. In relazione a tali collegamenti, il legislatore interviene al fine di:

•  evitare il c.d. “annacquamento patrimoniale” delle società coinvolte;•  garantire il regolare funzionamento delle rispettive assemblee, impedendo uno svuotamento

di contenuto dei titoli azionari.I rapporti di partecipazioneI rapporti di partecipazione tra società incontrano alcuni limiti generali finalizzati al perseguimentodegli obiettivi di cui al paragrafo precedente. Anzitutto l’art. 2360 vieta alla S.p.A. di costituireun’altra società ovvero di aumentare il capitale mediante sottoscrizione reciproca di azioni, ancheper tramite di società fiduciaria o per interposta persona106. Questo divieto, comunque, ha una porta-ta limitata, poiché è applicabile solo nelle ipotesi di operazioni di sottoscrizione funzionalmente col-legate con la relazione di reciprocità ed inoltre non si estende all’acquisto di azioni nel mercato suc-cessivamente alla sottoscrizione delle stesse.Altri limiti generali riguardano le partecipazioni azionarie:

•  ai sensi dell’art. 2361, l’assunzione di partecipazioni in altre imprese da parte della S.p.A.

non è consentita se, per la misura e per l’oggetto della partecipazione, ne risulta sostanzial-mente modificato l’oggetto sociale determinato dall’atto costitutivo107;•  ai sensi dell’art. 5 della L. 96/42, la S.p.A. non può possedere azioni di altre società per un

valore superiore a quello del proprio capitale.Infine, una disciplina particolare è dettata dall’art. 120 del T.U. n. 58/98 relativamente alle parteci-pazioni a società con azioni quotate in borsa. La norma in esame stabilisce che tutti coloro che par-tecipano in una società con azioni quotate in misura superiore al 2% del capitale di questa, ed ognisocietà quotata che partecipi ad altra non quotata o a una s.r.l. in misura superiore al 10% del capita-le di questa, sono tenuti a darne comuinicazione scritta alla società partecipata e alla Consob. In ca-

 106 Senza tale divieto, infatti, la stessa somma, nella misura della reciprocità, formerebbe il capitalesociale di più società ed al capitale così formato non corrisponderebbe un patrimonio effettivo.107 Ciò al fine di impedire modifiche di fatto dell’oggetto sociale, con elusione delle competenze as-sembleari in materia di modificazioni dell’atto costitutivo.

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so di mancata comunicazione, viene sospeso il diritto di voto inerente alle azioni o quote per lequali questa sia stata omessa108.Nelle ipotesi anzidette, nel caso di partecipazioni reciproche eccedenti da entrambi i lati i limiti per-centuali dianzi specificati, se non trovano applicazione le disposizioni di cui all’art. 2359 bis, non èprevisto soltanto l’obbligo della comunicazione, ma deve cessare la reciprocità dell’eccedenza: per-tanto, la società che esegue la comunicazione dopo aver ricevuto quella dell’altra società non puòesercitare il diritto di voto inerente alle azioni o quote eccedenti e deve alienarle entro 12 mesi dalladata in cui ha superato il limite109. In caso di mancata alienazione, la sospensione dal diritto di votoe l’obbligo di alienazione si applicano ad entrambe, salvo diverso accordo che deve essere imme-diatamente comunicato alla Consob.Società controllateIl controllo costituisce una particolare situazione per effetto della quale una società è potenzialmen-te in grado di improntare con la propria volontà l’attività economica di un’altra società. La dottrinadistingue due tipi di controllo:

•  interno o azionario, attuato tramite la partecipazione sociale e può essere di diritto o di fatto;•  esterno o contrattuale, derivante da particolari vincoli contrattuali le cui prestazioni siano es-

senziali per lo svolgimento dell’attività.

A norma dell’art. 2359, una società esercita il controllo su un’altra quando:•  possiede un numero di azioni o quote tali da assicurare la maggioranza dei voti richiesti per

le assemblee ordinarie tenute dalla società controllata (controllo azionario di diritto);•  per l’entità della partecipazione posseduta, dispone di voti sufficienti per esercitare

un’influenza dominante nelle assemblee ordinarie tenute dalla società controllata (controlloazionario di fatto);

•  in virtù di particolari vincoli contrattuali, può esercitare un’influenza dominante nella vitasociale della società controllata (controllo contrattuale).

Infine, occorre tener presente che una società può essere controllata indirettamente quando è sotto ilcontrollo di altra società controllata direttamente (società a catena). Quindi, ai fini della individua-zione di una situazione di controllo, deve tenersi conto anche dei voti spettanti a società direttamen-

te controllate o a società fiduciarie o ad interposta persona e non devono altresì trascurarsi le conse-guenze connesse ad eventuali partecipazioni a sindacati di voto.La normativa che regola la materia – come si è già detto – si prefigge gli scopi di:

•  garantire l’integrità del capitale e della riserva legale dall’annacquamento che si determine-rebbe se fosse consentito alla società controllata di investire il proprio capitale e le proprieriserve nel capitale della controllante (la fattispecie realizza indirettamente un acquisto diproprie azioni, vietato, come operazione diretta, dall’art. 2357);

•  impedire che la società controllata eserciti il voto nelle assemblee della controllante secondole direttive di quest’ultima (operazione che indirettamente realizza lo stesso risultato chel’art. 2357 ha inteso evitare).

Per il conseguimento di tali finalità, l’art. 2359 bis prescrive quanto segue:•  la società controllata non può acquistare azioni o quote della società controllante se non neilimiti degli utili distribuibili e delle riserve disponibili risultanti dall’ultimo bilancio rego-larmente approvato;

•  possono essere acquistate soltanto azioni interamente liberate;

108 Le azioni per le quali non può essere esercitato il diritto di voto sono comunque computate ai fi-ni della regolare costituzione dell’assemblea.109 La soglia del 2% può essere elevata al 5% solo se il superamento del primo limite da parte di en-

trambe le società è avvenuto a seguito di un accordo autorizzato preventivamente dall’assembleaordinaria delle due società. Inoltre, la disciplina delle partecipazioni incrociate non si applica nel ca-so in cui il superamento dei limiti del 2% e del 10% sia avvenuto per effetto di un’OPA diretta adacquistare il 60% delle azioni ordinarie. Tale previsione serve ad evitare che si possano creare osta-coli al trasferimento del controllo a seguito di un’acquisizione derivante da un’OPA.

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•  il valore delle azioni o quote acquistate non può mai eccedere la decima parte del capitaledella società controllante;

•  l’acquisto deve essere autorizzato dall’assemblea, a norma dell’art. 2357;•  è inoltre imposto l’obbligo di costituire una riserva indisponibile pari all’importo delle azio-

ni acquistate iscritto all’attivo del bilancio; tale riserva dovrà essere mantenuta finché le a-zioni non saranno trasferite.

Le azioni o quote acquistate in violazione dell’art. 2359 bis devono essere alienate entro un annodall’acquisto, secondo le modalità determinate dall’assemblea, e, in mancanza, la società control-lante deve procedere senza indugio al loro annullamento ed alla corrispondente diminuzione del ca-pitale.Le disposizioni anzidette non si applicano (ex. art 2359 quater), quando le azioni della controllantesono acquistate:

•  a titolo gratuito;•  in conseguenza di fusione o successione universale;•  in occasione di esecuzione forzata per il soddisfacimento di un credito della società;

Va però ugualmente rispettato il limite della decima parte del capitale della controllante: in viola-zione, le azioni dovranno essere alienate entro 3 anni pena il loro annullamento da parte della con-

trollante stessa.Società collegateSono società collegate quelle sulle quali un’altra società esercita un’influenza notevole. A normadell’art. 2359, 3° comma, tale influenza si presume quando nell’assemblea ordinaria può essere e-sercitato almeno un quinto dei voti, ovvero un decimo se la società ha azioni quotate in borsa. Nelleipotesi di collegamento il legislatore tutela il diritto all’informazione degli azionisti e dei terzi attra-verso un’articolata previsione di prescrizioni da osservare nella formazione del bilancio di esercizio.I gruppi di società e la HoldingLa scienza economica comunemente configura il gruppo come un’aggregazione di unità produttive,giuridicamente autonome, ma collegate sul piano organizzativo al fine di una migliore attuazionedegli obiettivi perseguiti dal complesso. Il fenomeno è quindi caratterizzato:

•  da una direzione economica unitaria, improntata dalla società capogruppo (detta holding);•  dall’autonomia formale delle imprese partecipanti.

La holding può essere:•  pura, qualora mediante il possesso di più pacchetti azionari e l’esercizio dei poteri inerenti,

assolva una funzione meramente strumentale, limitandosi ad esplicare l’attività di direzionee di controllo del gruppo;

•  operativa, qualora esplichi l’attività direttiva anche mediante l’esercizio di funzioni econo-miche e finanziarie nei confronti delle società di cui possiede i pacchetti azionari di maggio-ranza.

Infine, occorre ricordare che:•  la holding deve esercitare in via diretta ed in nome proprio l’attività di direzione e di coordi-namento;•  ciascuna società assume la responsabilità patrimoniale connessa alle obbligazioni diretta-

mente assunte, nonché alle attività negoziali direttamente ed in nome proprio esplicate;•  potrebbero individuarsi eventuali responsabilità della holding per le obbligazioni assunte

dalle società operative qualora essa assuma, in modo effettivo ed apparente, la veste di sociounico delle società controllate;

Le società con partecipazione pubblicaNel nostro ordinamento anche lo Stato, direttamente o attraverso enti pubblici, interviene a parteci-pare al capitale di alcune società per azioni. Alle società partecipate, in considerazione dei fini pub-blici cui tendono, è riservata una particolare disciplina legislativa:

•  in caso di liquidazione sono sottoposte ad uno speciale Ufficio costituito presso il Ministerodel tesoro, del bilancio e della programmazione economica;

•  sono obbligate a comunicare i proprio programmi di investimento al Ministro;•  non possono finanziare partiti o gruppi parlamentari;

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•  devono sottoporre a revisione i propri bilanci di esercizio;•  lo Stato e gli enti pubblici possono nominare uno o più amministratori o sindaci.

La nullità della societàLa disciplina dei vizi che possono inficiare il procedimento di costituzione della società per azioni èinfluenzata dal fatto che di esso sono elementi essenziali un contratto ed un assetto organizzativo.Prima dell’iscrizione assume rilevanza l’atto costitutivo al quale si applicano le regole generali

sull’invalidità, cioè quelle relative ai contratti associativi. Successivamente all’iscrizione, nata lapersona giuridica, la società è operativa sul mercato. Se, pertanto, anche dopo l’iscrizione, trovasse-ro applicazione i principi generali sull’invalidità, segnatamente quelli relativi alla nullità, si potreb-bero determinare rilevanti controindicazioni. La dichiarazione di nullità travolgerebbe gli atti postiin essere dalla società, con possibilità di sanatoria pressoché ingestibili (la conversione) e consisten-ti pregiudizi per i terzi e per i soci. Nel tentativo di ovviare a questi pericoli è stata adottata la primadirettiva CEE sulla disciplina delle società, introdotta nel nostro ordinamento con il d.p.r. n. 1127del 1969. La nullità è stata disciplinata in funzione delle esigenze dell’apparato organizzativo dellapersona giuridica. Non più, dunque, nullità dell’atto costitutivo, bensì nullità della società (art.2332). Questa disposizione, testualmente prevede che, avvenuta l’iscrizione nel registro delle im-prese, la nullità della società può essere pronunciata soltanto nei seguenti casi:

•  mancanza dell’atto costitutivo (art. 2332): riguarda il difetto del consenso dei contraenti;•  mancata stipulazione dell’atto costitutivo nella forma dell’atto pubblico: riguarda la situa-

zione nella quale il consenso è stato prestato;•  inosservanza delle prescrizioni di cui all’art. 2330 relative al controllo preventivo: interessa-

no l’omologa che potrebbe non essere stata rilasciata;•  illiceità o contrarietà all’ordine pubblico dell’oggetto sociale: sono relative all’illiceità

dell’attività;•  mancanza nell’atto costitutivo o nello statuto di ogni indicazione riguardante la denomina-

zione della società, o i conferimenti, o l’ammontare del capitale sottoscritto o l’oggetto so-ciale;

•  inosservanza delle disposizioni di cui all’art. 2329 n. 2;•  incapacità di tutti i soci fondatori, la quale è stata circoscritta a carenze della capacità di agi-

re che inciderebbero sull’efficienza dell’organizzazione;•  mancanza della pluralità dei fondatori, segnala un vizio nell’atto costitutivo per non essere

stato stipulato da almeno due persone.La dichiarazione di nullità non pregiudica l’efficacia degli atti compiuti in nome della società dopol’iscrizione nel registro delle imprese. I soci non sono liberati dall’obbligo dei conferimenti fino aquando non sono soddisfatti i creditori sociali. Occorre individuare i punti fermi dell’art. 2332 e lefinalità perseguite:

•  innanzitutto, la rigorosa tassatività degli otto casi di nullità, insuscettibili di estensione;•  la nullità fa salva l’efficacia degli atti posti in essere dalla società successivamente

all’iscrizione;•  la sentenza che dichiara la nullità nomina i liquidatori della società;•  la nullità non può essere dichiarata quando la causa che l’ha determinata è stata eliminata

per effetto di una modificazione dell’atto costitutivo iscritta nel registro delle imprese.L’elemento personaleLa qualità di socioSocio di una S.p.A. si diventa per effetto dell’acquisto della proprietà di titoli azionari della societàstessa. Nel titolo azionario sono documentati la qualità di socio e la quota di partecipazione; tutta-via, qualora la società abbia deliberato di non distribuire i titoli azionari, la qualità di socio è prova-ta dall’iscrizione nel libro dei soci.Diritti dei soci

I diritti dei soci si dividono in due grandi categorie:•  diritti di amministrazione :

o  diritto di intervento alle assemblee;o  diritto di voto (con le eventuali limitazioni che vedremo in seguito);

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•  diritti patrimoniali:o  diritto al dividendo;o  diritto alla ripartizione del residuo attivo;o  diritto di opzione, per l’eventuale sottoscrizione di nuove azioni;

I conferimentiIl conferimento deve farsi in denaro, se nell’atto costitutivo non è stabilito diversamente (art. 2342).Non possono, invece, formare oggetto di conferimento le prestazioni d’opera o di servizi; sfuggi-rebbero ad ogni puntuale valutazione, risultando, comunque, incerte nella durata. Se il conferimentoriguarda beni in natura ovvero crediti è necessario valutarli attraverso un articolato procedimento(art. 2343). Il conferimento è l’obbligo che il socio assume di apportare beni in società, il versamen-to ne costituisce l’esecuzione. Quale corrispettivo l’azionista riceve, in proporzione, le azioni, lequote cioè, nelle quali è diviso il capitale. Il capitale sociale nominale è la componente del patrimo-nio netto insuscettibile di distribuzione tra i soci. Con l’esercizio dell’attività, infatti, il patrimoniosi modifica, incrementandosi o riducendosi, ma tra gli azionisti se ne può ripartire soltanto la parteche eccede l’ammontare del capitale sociale nominale. Il bilancio che rende conto dei risultatidell’esercizio è in utile se si registra un’eccedenza delle attività rispetto alle passività maggioratedel capitale sociale nominale; l’eccedenza può, allora, essere divisa tra i soci. Per converso il bilan-

cio segnala una perdita se le passività, al pari maggiorate del capitale sociale nominale, sopravanza-no le attività. Effettuando l’integrale versamento, le azione sono liberate e devono essere emessenominative per somma non inferiore al loro valore nominale. È consentita l’emissione del soprap-prezzo, per un valore, dunque, superiore al nominale. Anteriormente alla stessa emissione possonoessere rilasciati certificati provvisori ( art. 2344 ); gli amministratori possono far vendere le azioni arischio e per conto del socio moroso avvalendosi di un agente di cambio o di un istituto di credito.Se la vendita non può avere luogo, il socio è dichiarato decaduto e quanto ha eventualmente versatoè trattenuto dalla società. le azioni non vendute, se non sono rimesse in circolazione nell’eserciziodel quale è stata dichiarata la decadenza, devono essere estinte con la riduzione corrispondente delcapitale. Il socio che vende le azioni anteriormente al completamento dei versamenti rimane obbli-gato, in solido, con l’acquirente, per tre anni (la sua obbligazione assume il carattere della sussidia-

rietà rispetto all’obbligazione dell’acquirente).I conferimenti in naturaSe il socio non conferisce denaro, ma beni in natura o crediti, se ne rende necessaria la stima, inconformità del procedimento disciplinato dall’art. 2343. Vi provvede un esperto nominato dal pre-sidente nominato dal tribunale competente, quello nella cui circoscrizione ha sede la società; nonquello nella cui circoscrizione si trova il bene conferito o nella quale il credito deve essere incassa-to. Ciò che rileva, in realtà, è l’effettiva consistenza di questi conferimenti. L’esperto giura la pro-pria relazione nella quale descrive i beni o i crediti, i criteri per la loro valutazione e l’attestazioneche il valore attribuito non è inferiore a quello nominale aumentato dell’eventuale soprapprezzo. Gliamministratori e i sindaci devono controllare, poi, la relazione nei sei mesi dal conferimento. Fino aquando questa verifica non è esaurita, le azioni corrispondenti ai conferimenti in natura non posso-

no essere alienate e devono restare depositate presso la società. Se il controllo degli amministratorie dei sindaci conferma la stima del perito, i titoli azionari possono circolare. Se, viceversa, sussisto-no fondati motivi, amministratori e sindaci devono procedere alla revisione della relazione, stiman-do nuovamente i beni in natura e i crediti. Se all’esito di quest’ulteriore accertamento il loro valorerisulta inferiore di oltre un quinto a quello per il quale era stato effettuato il conferimento, è neces-saria la proporzionale riduzione del capitale con l’annullamento delle azioni scoperte; il socio cheha conferito può versare la differenza tra il valore iniziale del conferimento e quello accertato dagliamministratori e dai sindaci; non avvalendosi di tale facoltà deve recedere; con la conseguenza chela misura della sua partecipazione viene determinata esclusivamente in funzione della parte copertadal versamento.L’acquisto da promotori, fondatori, amministratoriLa protezione dell’integrità del capitale è stata ulteriormente soddisfatta assicurando la trasparenzaad alcune operazioni poste in essere dai promotori, dai fondatori e dagli amministratori nei due annidall’iscrizione della società nel registro delle imprese: se infatti vendono, proprio alla società, beni ocrediti, l’acquisto deve essere autorizzato dall’assemblea ordinaria. È prescritto un procedimento di

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stima identico, per la parte che riguarda la relazione giurata dell’esperto, a quello ora illustrato; lointegra il deposito di questo documento, presso la sede della società nei quindici giorni che prece-dono l’assemblea; non è, invece, prevista la verifica della relazione da parte degli amministratori esindaci. Il verbale della seduta deve essere depositato presso il registro delle imprese. Sono sottrattia questa procedura gli acquisti se effettuati a condizioni normali nell’ambito delle operazioni cor-renti della società ovvero in borsa e, infine, sotto il controllo dell’autorità giudiziaria o amministra-tiva. L’assunzione dell’obbligo di conferimento cui segue il versamento, con completa liberazionedelle azioni, realizza, anche nella società per azioni, la fase nella quale si apprestano i mezzi perl’esercizio dell’attività; la prima indicata nel contratto di società. Non è escluso che accantoall’obbligo principale, quello di conferimento, sia previsto l’impegno dei soci di rendere prestazioniaccessorie, non in denaro e delle quali è necessaria la determinazione del contenuto, della durata,delle modalità, del compenso; delle sanzioni, infine, nel caso di inadempimento (art. 2345).Le prestazioni accessorieLe prestazioni accessorie non riguardano, necessariamente, tutti i soci. In considerazione delle ca-ratteristiche della società per azioni parrebbe preferibile che le prestazioni accessorie non vanifichi-no la funzione del capitale assumendo rilevanza preminente. Diversamente si rischierebbel’alterazione della fisionomia della società, indotta dalla prevalenza della personalizzazione della

prestazione che nella società per azioni è e rimane “anonima”. Proprio in considerazione di tale pe-culiarietà (la personalizzazione), le azioni alle quali è connesso l’obbligo della prestazione accesso-ria devono essere nominative e non sono trasferibili senza il consenso degli amministratori (art.2345). Gli amministratori sono tenuti a valutare se autorizzare o meno il trasferimento. In mancanzadi previsione dell’atto costitutivo, gli obblighi oggetto delle prestazioni accessorie non possono es-sere modificati senza il consenso di tutti i soci (art. 2345). La prestazione accessoria, invece, non èdisciplinata dal contratto di società, è di regola da un altro accordo che si collega con quello di so-cietà, pur mantenendo la propria autonomia. Chi somministra o chi esegue l’appalto opera, cioè,quale somministrante ovvero quale appaltatore, non nella qualità di socio. La società beneficiadell’adempimento pagando il corrispettivo tipico della prestazione accessoria, cioè il prezzo. I limitialla circolazione delle azioni cui si connettono le prestazioni accessorie provano che esse assumono

importanza per la società pur traendo origine da un rapporto contrattuale soltanto parallelo all’attocostitutivo.Cessazione della qualità di socioLa cessazione della qualità di socio può avvenire:

•  per volontà della società, in caso di trasferimento coattivo delle azioni del socio moroso condichiarazione di decadenza dello stesso;

•  per volontà del socio, che può esercitare:o  il diritto di recesso, in determinate circostanze;o  il trasferimento delle azioni;

•  per volontà di terzi, in caso di espropriazione mobiliare delle azioni, su istanza dei creditoriparticolari del socio forniti di titolo esecutivo.

I titoli azionariLe quote di partecipazione alla società sono rappresentate da azioni: documenti sottoscritti da unodegli amministratori, che costituiscono frazioni del capitale sociale. Le azioni non possono essereemesse per una somma inferiore al loro valore nominale, al fine di evitare che il capitale sociale siasoltanto apparente, e devono indicare:

•  la denominazione, la sede e la durata della società;•  la data dell’atto costitutivo e della sua iscrizione;•  il loro valore nominale e l’ammontare del capitale sociale;•  i diritti e gli obblighi particolari ad esse inerenti;•  la sottoscrizione di uno degli amministratori.

L’azione attesta la qualità di socio e pertanto ha:•  una funzione di legittimazione, in quanto chi la possiede può esercitare i diritti di socio;

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•  una funzione di trasferimento, in quanto chi trasmette il documento trasferisce la qualitàdi socio110.

Quanto al valore dell’azione, possiamo distinguere:•  un valore nominale, corrispondente alla parte di capitale sociale che essa rappresenta;•  un valore effettivo (o valore di borsa, per le azioni quotate), che consiste invece nel valore di

mercato dell’azione.

Categorie di azioniConsiderando che le azioni devono essere di uguale valore e conferiscono uguali diritti, la posizionedei soci dovrebbe variare soltanto in funzione della maggiore o minore ampiezza del numero che neè stato sottoscritto (art. 2348). Sennonché questa disposizione, al secondo comma, permette di crea-re categorie di azioni fornite di diritti diversi. Se i soci intendono giovarsi di tale opportunità sonotenuti ad inserire la relativa previsione nell’atto costitutivo ovvero a modificarlo successivamente.L’art. 2350 stabilisce che ogni azione attribuisce il diritto ad una parte proporzionale degli utili nettie del patrimonio netto risultante dalla liquidazione, salvi i diritti stabiliti a favore di speciali catego-rie di azioni. La regola è, dunque, nel senso che le azioni attribuiscono uguali diritti; l’eccezione èche è possibile diversificarli. La conseguenza di tale ultima ipotesi è che se i soci se ne avvalgono lasocietà risulta articolata in diverse categorie di azionisti e la diversificazione può, addirittura, inte-

ressare il diritto di voto. L’art. 2351 prescrive che esso è attribuito ad ogni azione. L’atto costitutivopuò, tuttavia, stabilire che le azioni privilegiate nella ripartizione degli utili e nel rimborso del capi-tale allo scioglimento della società abbiano diritto di voto soltanto nelle assemblee straordinarie. Laposizione degli azionisti privilegiati, affermata dall’art. 2351, è segnata proprio da questi tratti: afronte del rafforzamento dell’interesse patrimoniale subiscono la parziale limitazione del diritto divoto, il cui esercizio è circoscritto alle assemblee straordinarie con esclusione di quelle ordinarie.Gli azionisti di risparmio non dispongono, in nessun caso del voto, né nell’assemblea ordinaria néin quella straordinaria; a fronte di questo sacrificio è stato, significativamente ed innanzitutto, pro-tetto il diritto all’utile e quello alla quota di liquidazione. Gli utili netti, infatti, risultanti dal bilancioregolarmente approvato, dedotta la quota di riserva legale, devono essere distribuiti alle azioni dirisparmio fino alla concorrenza del 5 per cento del loro valore nominale; non solo, poiché questi a-

zionisti concorrono, con gli altri, nella ripartizione dell’utile residuo; in definitiva gli è assicurato undividendo complessivo maggiorato, rispetto a quello delle azioni ordinarie in misura pari al 2 percento del valore nominale dell’azione. Da condividere l’opinione secondo cui l’attribuzionedell’utile, fino alla concorrenza del 5 per cento del valore non esige una deliberazione di ripartizio-ne dello stesso utile; è, cioè, sufficiente che esso risulti dal bilancio; automaticamente l’azionista dirisparmio ha diritto al relativo dividendo. Necessaria, viceversa, la deliberazione per assegnare laparte dell’ulteriore utile, quella che permette di sopravanzare gli azionisti ordinari. La tutela di que-sti soci non si esaurisce qui: se, in effetti, non avessero ottenuto in un esercizio, il dividendo nellaprescritta misura complessiva, hanno diritto a conseguirlo nei due esercizi successivi. Le azioni dirisparmio non possono essere emesse per un ammontare che ecceda la metà dell’intero capitale so-ciale; se la società ha emesso sia le une sia le altre, tale soglia deve essere, comunque, rispettata.Questi i benefici fissati dalla normativa di legge che possono essere ampliati dall’atto costitutivoovvero da una successiva modifica. I tratti che qualificano le azioni di risparmio accreditano il con-vincimento che ai soci che ne sono titolari non competa il diritto di impugnativa delle deliberazioniassembleari, attribuito al loro rappresentante comune, cui è affidata la tutela della categoria, unita-mente alla speciale assemblea della quale questi azionisti fanno parte; a tali azioni sono attribuiti glialtri diritti.Alle categorie dei soci di risparmio e privilegiati si può affiancare quella formata dai dipendenti del-la società. L’art. 2349 prevede l’emissione di azioni a loro favore per favorirne l’interessamento allesorti della società. E’ possibile convertire a capitale gli utili straordinari che la società intende desti-nare ai dipendenti, con l’emissione di azioni che gli vengano assegnate. Un’altra categoria è quella

dei titolari delle azioni di godimento (art. 2353) riservate ai soci i cui titolari azionari siano stati sor- 110 L’azione è liberamente trasferibile con le forme dei titoli di credito ma non è un titolo di creditopoiché non attribuisce al possessore un diritto letterale, autonomo e astratto.

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teggiati per ridurre il capitale sociale esuberante (art. 2445). In effetti, gli azionisti le cui azionisiano state estratte e che, pertanto, escono dalla società, compete la quota di liquidazione calcolatasul valore nominale e non su quello reale; potrebbero, dunque, subire un pregiudizio se il valore rea-le risultasse superiore. Vi si può allora ovviare con l’assegnazione di azioni di godimento che per-mettono di partecipare alla distribuzione degli utili futuri, ancorché con posterogazione rispetto adaltre categorie di soci.Ricapitolando, possiamo quindi distinguere:

•  azioni ordinarie, con normali diritti di partecipazione;•  azioni privilegiate, con priorità nella distribuzione degli utili o nella restituzione del capita-

le;•  azioni di godimento, assegnabili in sostituzione delle azioni ordinarie quando – in occasio-

ne di riduzione del capitale sociale – ne sia stato rimborsato il valore nominale, sul presup-posto che il valore dell’azione ordinaria sia superiore, al momento del rimborso, al valorenominale, a causa delle riserve esistenti;

•  azioni assegnate ai prestatori di lavoro;•  azioni con prestazioni accessorie, che impongono al socio, oltre all’obbligo del conferi-

mento, prestazioni non consistenti in denaro;•  azioni di risparmio, istituite per tutelari i piccoli risparmiatori;

Categorie di azioni e rischio di impresaLa possibile articolazione delle società per azioni in categorie di soci, diversificate dall’eterogeneitàdei diritti, rende conto del fatto che la collocazione degli azionisti nell’organizzazione è influenzatadalla diversa incidenza del rischio di impresa. Questo è il fondamento dell’eccezione alla regola ge-nerale secondo cui l’azione conferisce diritti uguali (art. 2348). Ogni categoria deve giovarsi di unaprotezione adeguata e coerente con le proprie, particolari caratteristiche. Questo è il fondamentodell’art. 2376 che prevede per ognuna di esse un’assemblea speciale di cui è, appunto, speciale lacompetenza in contrapposizione a quella generale dell’assemblea, ordinaria e straordinaria della so-cietà. Se queste ultime adottano decisioni suscettibili di pregiudicare i diritti della speciale catego-ria, gli azionisti che ne sono componenti devono approvare la decisione; in mancanza del loro con-

senso, espresso nell’assemblea speciale, la deliberazione che li danneggia non è efficace. Il pregiu-dizio deve colpire un diritto della categoria sia direttamente sia indirettamente. Questa seconda e-ventualità è stata ricondotta all’esigenza di tutela del c.d. diritto di rango teso a garantire l’equilibrionel rapporto con le altre categorie di soci; sufficientemente agevole la sua individuazione concettua-le, meno quella dei margini della concreta azionabilità.La circolazione delle azioniLa circolazione delle azioni si attua secondo le norme prescritte per i titoli di credito. Il trasferimen-to si effettua con al consegna del titolo e, per avere piena efficacia, richiede la duplice formalitàdell’annotazione del nome dell’acquirente sul titolo e sul libro dei soci111.La legge pone alcuni limiti alla circolazione delle azioni e precisamente:

• no sono alienabili le azioni prima dell’iscrizione della società nel registro delle imprese;•  non sono alienabili le azioni, corrispondenti ai conferimenti in natura, prima della revisionedella stima;

•  non sono alienabili, senza il consenso degli amministratori, le azioni connesse a prestazioniaccessorie;

•  non sono alienabili, senza il consenso degli amministratori, le azioni delle società fiduciariee di revisione.

Inoltre, la legge prevede che altre limitazioni possano essere imposte dall’atto costitutivo e dai pattiparasociali. In particolare, ai sensi dell’art. 2355, l’atto costitutivo può sottoporre a particolari con-dizioni l’alienazione delle azioni nominative. Le clausole limitative statutarie più frequentementeadottate sono:

•  le clausole di gradimento, ovvero112:

111 Tali formalità, tuttavia, non devono essere necessariamente contestuali e possono compiersi se-paratamente.

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o  clausole che subordinano l’alienazione delle azioni al possesso, da partedell’acquirente, di determinati requisiti soggettivi o oggettivi;

o  clausole che subordinano genericamente l’alienazione delle azioni al benestare di unorgano sociale;

o  clausole che subrodinano l’alienazione delle azioni ad un placet dell’assemblea, deisindaci o degli amministratori (spesso insindacabile e inappellabile);

•  le clausole di prelazione, per le quali il socio che intenda liberarsi in tutto o in parte dellesua azioni, debba preferire, a parità di prezzo, uno o tutti i soci. Secondo la giurisprudenzaprevalente, la violazione della clausola di prelazione determinerebbe la nullità del trasferi-mento.

Tali clausole, se non previste dall’atto costitutivo, possono essere introdotte solo all’unanimità,comportando la perdita di un diritto soggettivo del socio. Per sopprimerle è sufficiente, invece,un’ordinaria delibera a maggioranza dato che il risultato è il ripristino del regime legale di circola-zione delle azioni.Per quanto rigurda i patti parasociali, già di è detto dei sindacati di blocco, stipulati da due o più so-ci, che limitano o impediscono la circolazione delle azioni da essi possedute. Tali accordi sono le-gittimi, ma il divieto di alienazione non è valido se non è contenuto entro convenienti limiti tempo-

rali e se non risponde au un apprezzabile interesse di una delle parti (art. 1379). La violazione deipatti, avendo questi efficacia meramente obbligatoria ed esterna alla società, non invalidano il tra-sferimento ma fanno sorgere soltanto l’obligo del risarcimento del danno.Sindacati di collocamento e offerte pubblicheDei sindacati di collocamento ne abbiamo già parlato a proposito dei patti parasociali. Sarà quindisufficiente ricordare che in virtù degli stessi, due o più soggetti si obbligano reciprocamente a sotto-scrivere azioni da collocare successivamente sul mercato, alle condizioni ed al momento opportuni,assumendo l’impegno di trattenere per sé i titoli non collocati.Le offerte pubbliche, invece, si correlano ad operazioni di trasferimento di titoli attraverso le qualipossono anche realizzarsi cambi di maggioranze o di controlli societari.Offerte pubbliche di vendita e di sottoscrizione

L’abrogata disciplina, contenuta nel capo I della L. 149/92, riguardava le offerte al pubblico aventiper oggetto azioni, obbligazioni convertibili o altri titoli o diritti che comunque consentono di ac-quistare diritti di voto: già emessi (offerta di vendita), ovvero di nuova emissione (offerta di sotto-scrizione). Attualmente il fenomeno viene ricondotto dal T.U. n. 58/98 nell’ambito dell’appello alpubblico risparmio e la relativa disciplina deve essere fissata dalla Consob nel rispetto dei principigenerali fissati dall’art. 94 in tema di sollecitazione all’investimento113.Offerte pubbliche di acquisto e di scambioL’offerta pubblica di acquisto o di scambio si sostanzia in ogni offerta, invito ad offrire o messaggiopromozionale, in qualsiasi forma effettuati, finalizzati all’acquisto o allo scambio di prodotti finan-ziari, rivolti ad un numero di soggetti e per un ammontare complessivo superiori a determinate so-glie fissate dalla Consob con proprio regolamento. Chi intende lanciare l’OPA ha l’obbligo di pre-

sentare preventivamente alla Consob un documento, destinato alla pubblicazione, contenente le in-formazioni necessarie per consentire ai destinatari di pervenire ad un fondato giudizio sull’offerta.L’offerta pubblica di acquisto o di scambio:

•  è irrevocabile (tuttavia può essere condizionata al raggiungimento di un quantitativo mini-mo);

•  deve essere rivolta, a parità di condizioni, a tutti gli azionisti di una stessa categoria o a tuttii titolari di azioni convertibili della medesima società;

•  deve avere una durata, concordata con la Consob, non inferiore a 15 e non superiore a 35giorni.

112 L’art. 22 della L. 281/85 ha testualmente stabilito che “sono inefficaci le clausole degli atti costi-

tutivi di società per azioni, le quali subordinano gli effetti del trasferimento delle azioni al mero

gradimento di organi sociali”.113 Per una trattazione dell’argomento si rimanda alla sezione sui mercati mobiliari.

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L’OPA, solitamente volontaria, risulta invece obbligatoria in due casi:•  offerta successiva: chiunque, a seguito di acquisti a titolo oneroso, venga a detenere una

partecipazione superiore alla soglia del 30% del capitale di una società quotata in Italia devepromuovere un’offerta pubblica di acquisto sulla totalità delle azioni ordinarie di quella so-cietà. L’offerta deve essere promossa, entro 30 giorni, ad un prezzo non inferiore alla mediaaritmetica fra il prezzo medio ponderato di mercato degli ultimi 12 mesi e quello più elevatopattuito nello stesso periodo dall’offerente per acquisti di azioni ordinarie;

•  offerta residuale: chiunque, a seguito di acquisti a titolo oneroso o per qualsiasi causa, de-tenga più del 90% del capitale votante in una società quotata deve promuovere un’offertapubblica di acquisto sulla totalità dei titoli ancora in circolazione ed il prezzo deve esseredeterminato dalla Consob.

In caso di violazione delle norme sull’OPA obbligatoria, l’art. 110 prevede la sospensione del dirit-to di voto per l’intera partecipazione detenuta, nonché l’obbligo di alienazione, entro 12 mesi, dellapartecipazione detenuta in eccedenza.Pegno, usufrutto e sequestro di azioniLe azioni possono essere oggetto di diritti reali limitati, nonché di sequestro e di esecuzione forzata,indipendentemente dalla circostanza che siano stati emessi, o meno, i relativi certificati. Nei casi di

pegno e di usufrutto:•  spettano all’usufruttuario ed al creditore pignoratizio il diritto di voto e tutti i diritti funzio-

nali, dipendenti o connessi al diritto di voto;•  spettano al creditore pignoratizio ed all’usufruttuario gli utili;•  spettano al socio il diritto di recesso e di opzione.

Quanto al sequestro ed al pignoramento:•  secondo parte della dottrina, l’esercizio dei diritti sociali compete al soggetto cui è affidata

la custodia dei titoli;•  altri autori distinguono fra sequestro giudiziario e sequestro conservativo ed affermano che

nel primo caso il diritto di voto spetta al sequestratario, nel secondo al socio.L’elemento patrimoniale nella S.p.A.Capitale e patrimonio socialeIl capitale sociale è il valore in denaro dei conferimenti degli azionisti, quale risulta dalla valuta-zione fatta nell’atto costitutivo. Esso, per legge, non può essere inferiore a 200 milioni di lire e puòessere variato solo mediante apposite delibere.Il patrimonio sociale è il complesso di attività e passività della società in un dato momento e varia– quindi – secondo le vicende della società.Capitale e patrimonio sociale coincidono soltanto all’atto della costituzione della società, quando,cioè, non è ancora stata intrapresa alcuna attività. In seguito, può accadere che il valore effettivo delpatrimonio netto:

•  sia superiore alla cifra capitale, in conseguenza di incrementi patrimoniali (utili) non distri-

buiti ai soci, oppure in conseguenza dell’aumento di valore dei cespiti già esistenti;•  si riduca al di sotto della cifra capitale, in conseguenza di perdite. In tal caso, se la riduzionesupera un terzo del capitale, il rapporto tra patrimonio netto e capitale sociale deve essere ri-pristinato attraverso la riduzione del capitale medesimo in proporzione delle perdite accerta-te.

Il capitale sociale è tutelato nella sua integrità dalla legge attraverso:•  la determinazione di criteri peculiari per la redazione e la valutazione delle poste di bilancio;•  la specificazione delle norme sugli ammortamenti e sugli accantonamenti;•  la previsione dell’obbligo di formazione della riserva legale;•  varie norme dettate per impedire che il capitale sottoscritto subisca compromissioni attraver-

so operazioni di c.d. annacquamento114.

114 Trattasi delle norme contenute negli artt.:•  2443 bis: disposizioni limitative degli acquisti, da parte della società di beni o di crediti dei

promotori, fondatori, soci e amministratori;

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I fondi di riservaLe riserve sono immobilizzazioni di utili, imposte dalla legge o dallo statuto della società oppurecreate volontariamente dall’assemblea al fine di assicurare la stabilità del capitale sociale di frontealla oscillazione dei valori e di fronte a perdite che possono verificarsi in singoli esercizi e per dota-re la società di nuovi mezzi finanziari in funzione dei suoi prevedibili sviluppi. Possiamo individua-re varie tipologie di riserve, in particolare:

•  la riserva legale ordinaria: l’art. 2430 stabilisce che dagli utili netti annuali della S.p.A.deve essere dedotta ed accantonata una quota, in misura corrispondente almento alla vente-sima parte di essi, fino a raggiungere il quinto del capitale sociale. La riserva legale, dunque,è un vincolo di indisponibilità che colpisce una parte degli utili conseguiti, allo scopo di raf-forzare la garanzia dei creditori e di consentire alla società di superare eventuali crisi senzaintaccare il capitale sociale;

•  le riserve facoltative o straordinarie: le società, per una prudente amministrazione, posso-no liberamente costituire riserve ulteriori a quella legale. A tali riserve può attingersi spe-cialmente per aumenti gratuiti di capitale;

•  la riserva statutaria: tale riserva può essere eventualmente imposta dall’atto costitutivo, inaggiunta a quella legale, al solo fine di rafforzare la posizione economica della società;

•  la riserva occulta: deriva dall’espediente contabile di stiamare talune attività sociali ad unvalore inferiore a quello effettivo (sottovalutazione dell’attivo) ovvero di iscrivere al passivoposte correttive sproporzionate all’effettivo deperimento o agli effettivi rischi (sopravaluta-zione del passivo), al fine di dissimulare utili effettivamente conseguiti per evitare la loro di-stribuzione agli azionisti o per sottrarli alla tassazione fiscale115.

Il bilancio di esercizioAi sensi dell’art. 2423 del cod. civ. si ricava che il bilancio di esercizio è il documento contabile daredigersi al termine di ogni esercizio annuale, che deve rappresentare – con chiarezza ed in modoveritiero e corretto – la situazione patrimoniale e finanziaria della società e il risultato economicodell’esercizio. Il bilancio di esercizio è uno strumento di informazione i cui diretti destinatari sono isoci da una parte, i creditori e i tezi in generale dall’altra. Esso è costituito:

•  dallo stato patrimoniale, che contiene la descrizione e la valutazione del patrimonio della so-cietà;

•  dal conto economico, che descrive tutte le variazioni intervenute nel patrimonio durantel’esercizio;

•  dalla nota integrativa, il cui contenuto è rivolto sostanzialmente a dare ragione dei dati espo-sti nello stato patrimoniale e nel conto economico.

Ad esso vanno poi allegate:•  la relazione degli amministratori sulla gestione sociale;•  la relazione dei sindaci (per le società dotate di collegio sindacale);

•  2346 e 2420 bis: divieto di emissione di azioni o obbligazioni convertibili in azioni al di sot-to del valore nominale;

•  da 2357 a 2357 quater : divieto per la società di acquistare e sottoscrivere proprie azioni, sel’acquisto non è fatto con utili regolarmente accertati e se le azioni non sono integralmenteliberate;

•  2358: divieto di anticipazioni sulle proprie azioni e di prestiti per l’acquisto delle stesse;•  2359 bis: divieto di investimento, da parte di una società controllata, del proprio capitale in

azioni delle società controllante o di altra società da questa controllate;•  2360: divieto di sottoscrizione reciproca di azioni;•  2433: divieto di pagare utili non realmente conseguiti;• 

2446 : obbligo di riduzione del capitale nel caso in cui il patrimonio risulti diminuito di oltre1/3 in conseguenza di perdite.115 Secondo la Cassazione le riserve occulte debbono considerarsi illecite allorquando la sottovalu-tazione dell’attivo o la sopravvalutazione del passivo superino “il limite di ogni ragionevolezza”,così da non potere apparire in alcun modo giustificate da principi di prudenza.

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•  la relazione della società di revisione (per le società quotate).Quanto alle funzioni del bilancio, esso deve:

•  illustrare, al termine di ogni esercizio, il valore del patrimonio sociale;•  rappresentare la situazione finanziaria della società;•  indicare il risultato economico dell’esercizio, specificando gli utili conseguiti o le perdite

sofferte116;

La formazione del bilancioIl bilancio di esercizio deve essere approvato dall’assemblea ordinaria della società e questa – a talescopo – deve essere convocata entro quattro mesi dalla chiusura dell’esercizio sociale. La formazio-ne del bilancio si articola nei seguenti punti:

•  gli amministratori redigono il progetto di bilancio; indi lo comunicano al collegio sindacaleinsieme ad una relazione sull’andamento della gestione sociale e con i documenti giustifica-tivi, almeno trenta giorni prima del giorno in cui si terrà l’assemblea cui va sottoposto;

•  il collegio sindacale formula proposte ed osservazioni sul progetto di bilancio e riferisceall’assemblea sull’esercizio sociale e sulla tenuta della contabilità, facendo proposte circal’approvazione;

•  copia del progetto di bilancio, insieme con le relazioni degli amministratori e dei sindaci,

deve rimanere depositata nella sede sociale durante i quindici giorni che precedonol’assemblea, e fino all’approvazione, affinché i soci possano prenderne visione;

•  l’assemblea ordinaria delibera sul progetto di bilancio e, se lo approva, delibera anche sulladistribuzione degli eventuali utili ai soci;

•  una copia del bilancio approvato, corredata dalla relazione sulla gestione, dalla relazione delconsiglio sindacale e dal verbale di approvazione dell’assemblea, deve essere depositata, acura degli amministratori ed entro 30 giorni dall’approvazione, presso l’Ufficio del registrodelle imprese, ovvero inoltrata a mezzo di lettera raccomandata117;

Principi fondamentali del bilancioL’art. 2423, 2° comma, individua i principi fondamentali del bilancio:

•  il principio della chiarezza della redazione, in quanto il bilancio deve risultare comprensi-bile da parte dei destinatari;

116 Opportunamente si è suggerito di qualificare il bilancio, per la funzione che svolge, atto di or-ganizzazione dell’impresa. Le sue rappresentazioni e le sue rilevazioni indicano le decisioni daadottare che si riflettono sull’azionariato e sui terzi qualunque sia la misura del loro coinvolgimento(per i primi in considerazione del fatto che si accerta se l’esercizio si è chiuso in utile o in perdita).L’approvazione del bilancio costituisce, infatti, presupposto della deliberazione di distribuzionedell’utile e, sulla base del risultato maturato, anche della ripartizione di acconti di dividendonell’esercizio successivo. Il bilancio dà ancora modo di verificare l’integrità del capitale orientandoper le necessarie iniziative. Si spiega, così, il progressivo e crescente interesse che la normativa dilegge ha riservato a questo rilevantissimo documento contabile. Già quella del codice del 1942 ri-sultava più specifica rispetto alle previsioni di quello di commercio del 1882, ancorché il complessodelle disposizioni si sia rivelato assolutamente inidoneo per la realizzazione delle rinnovate esigen-ze del mercato. Numerosi i successivi interventi il più rilevante dei quali è rappresentatodall’attuazione della quarta e della settima direttiva comunitarie emanate con il Dlgs n. 127 del1991 che hanno apportato modifiche decisive che hanno mutato sia il contenuto del bilancio sia icriteri per la redazione. Sono sottratte all’applicazione della nuova normativa le banche e le societàfinanziarie che svolgono in via esclusiva o prevalente, anche indirettamente, attività di raccolta e dicollocamento del pubblico risparmio, le imprese di assicurazione e, con alcune perplessità, quellieditoriali. Per converso, per ragioni di pratica semplificazione, alle società di più ridotta dimensione

è accordata la facoltà della redazione del bilancio in forma abbreviata.117 Nello stesso termine le società non quotate in mercato regolamentato devono altresì depositare,per l’iscrizione nel registro delle imprese, l’elenco dei soci riferito alla data di approvazione del bi-lancio, con l’indicazione del numero di azioni posseduto da ciascuno, nonché dei soggetti diversidai soci che sono titolari di diritti o beneficiari di vincoli sulle azioni medesime.

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•  il principio della verità e correttezza delle rappresentazioni, che si sostanzia nel com-portamento di buona fede del redattore del bilancio rivolto a fornire ai destinatari una infor-mazione adeguata alla comprensione del valore rappresentato, scevra da qualsiasi intento distrumentalizzazione118.

Altre due importanti regole sono poste dall’art. 2423:•  il redattore del bilancio deve fornire le informazioni complemetari necessarie a dare una

rappresentazione veritieria e corretta qualora la quantità di informazioni prescritte non fossesufficiente;•  il redattore è altresì obbligato a derogare ad uno qualsiasi dei precetti sul bilancio nei casi

eccezionali in cui la loro osservanza fosse incompatibile con la rappresentazione veritiera ecorretta che il bilancio deve offrire ai suoi lettori.

Criteri di redazioneL’art. 2423 bis enuncia le regole giuridiche da seguire nella redazione del bilancio:

•  al n. 1 specifica che la “valutazione delle voci deve essere fatta secondo prudenza”, inten-dendosi per tale la subordinazione della stima positiva alla certezza dei dati valutati e diquella negativa alla semplice probabilità dei dati119;

•  sempre al n. 1 viene enunciato il principio della continuità della gestione: la valutazione del-

le voci deve essere fatta, cioè, nella prospettiva della continuazione dell’attività120

;•  al n. 3 specifica che “si deve tener conto dei proventi e degli oneri di competenza

dell’esercizio, indipendentemente dalla data dell’incasso o del pagamento”, ovvero occorrerilevare proventi ed oneri nell’esercizio in cui si sono verificati e non in quello in cui sonoeffettuati i relativi incassi e pagamenti (principio di competenza);

•  al n. 5 rileva il principio di valutazione separata degli elementi patrimoniali: “gli elementieterogeneri – cioè – ricompresi nelle singole voci devono essere valutati separatamente”.Ciò in quanto la valutazione complessiva di tali elementi renderebbe possibile la compensa-zione degli utili separati su alcune categorie di beni con le presunte perdite che dovrebberoessere rilevate su altre categorie di beni e che in questo modo non risulterebbero dal bilan-cio;

•  al n. 6, infine, viene indicato il principio di continuità sostanziale dei bilanci secondo il qua-le, “ i criteri di valutazione non possono essere modificati da un esercizio all’altro”.

Contenuto dello stato patrimonialeSi è sottolineato che il bilancio è formato dallo stato patrimoniale, dal conto economico e dalla notaintegrativa; il rigore che disciplina la redazione di questi documenti è confermato dalla previsionesecondo la quale nello stato patrimoniale e nel conto economico non solo le voci devono essere i-scritte separatamente, ma anche nell’ordine indicato dagli art. 2424 e 2425. Tali voci sono articolateper categorie che, contrassegnate da lettere maiuscole (A, B, C, D) sono ulteriormente suddivise insottocategorie, distinte con numeri romani, ancora suddivise in voci contraddistinte da numeri arabi;talvolta un’ulteriore ripartizione è distinta da lettere minuscole. Per ogni voce dello stato patrimo-

niale e del conto economico deve essere indicato l’importo della voce corrispondente dell’esercizioprecedente per agevolare la comparazione e la valutazione dell’eventuale evoluzione. Si è osservatoche lo stato patrimoniale rappresenta la consistenza e la composizione delle attività e delle passivitàe quelle dei mezzi finanziari. Lo stato patrimoniale è articolato a colonne contrapposte, con iscri-zione a sinistra delle attività e a destra delle passività e del patrimonio netto. L’attivo è articolatoper categorie (art. 2424):

118 Chiarezza, correttezza e rappresentazione veritiera costituiscono qualità essenziali del bilancio, iprincipi base che ne segnano la redazione e che, opportunamente, sono definite clausole generali sulle quali si modellano le molteplici regole particolari. Le clausole generali fissano gli obbiettivi di

fondo alla cui realizzazione contribuiscono le norme specifiche.119 In altre parole nel bilancio si possono indicare esclusivamente gli utili realmente conseguiti edebbono essere presi in considerazione rischi e perdite non certi ma probabili.120 Il patrimonio deve essere valutato a valori di uso, in relazione all’efficienza produttiva dei beni –e non di scambio – in un quadro dinamico dell’impresa.

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A)  crediti verso soci per versamenti ancora dovuti, con separata indicazione della parte già ri-chiamata;

B)  immobilizzazioni, ripartite in immobilizzazioni immateriali, materiali e finanziarie121;C)  attivo circolante che individua i beni acquistati grazie allo sviluppo dell’attività e che sono de-

stinati ad essere scambiati con altri beni122;D)  ratei e risconti, con separata indicazione del disaggio123 sui prestiti124.Il passivo dello stato patrimoniale è articolato per categorie, segnatamente:A)  il patrimonio netto, formato dal capitale sociale e dalle diverse riserve. E’ integrato dagli utili

dei precedenti esercizi, ovviamente non distribuiti e da quelli dell’esercizio che si è chiuso; èdiminuito delle perdite pregresse, portate a nuovo e di quelle maturate nel corso dell’esercizio.Lo somma di queste voci, integrata degli utili, ovvero diminuita delle perdite, determina il pa-trimonio netto. Tali voci formano il passivo ideale, diverso da quello effettivo; individuano ciòche residua dell’attivo dopo aver detratto, gli accantonamenti, i debiti ed i risconti passivi.

B)  fondi per rischi ed oneri, suddiviso in quelli per trattamento di quiescenza ed obblighi simili,per imposte ecc.

C)  trattamento di fine rapporto di lavoro subordinato; nella relativa voce deve essere indicatol’importo calcolato a norma dell’art. 2120;

D) 

debiti, suddivisi in obbligazioni, convertibili, verso banche, verso altri finanziatori, acconti,fornitori, rappresentati da titoli di credito, debiti verso lo imprese controllate, collegate, con-trollanti ecc.;

E)  ratei e risconti; i costi, cioè, di competenza dell’esercizio chiuso, ma esigibili in quelli succes-sivi.

In calce allo stato patrimoniale devono essere indicati le garanzie prestate con distinzione tra i fi-deiussori, avalli, altre personali e reali nonché, tra l’altro, i beni di terzi ricevuti, ad esempio, in de-posito (art. 2424).Il conto economicoMentre lo stato patrimoniale contiene una rappresentazione statica del patrimonio alla finedell’esercizio, il conto economico contiene una rappresentazione dinamica dei movimenti del pa-

trimonio nel corso dell’esercizio e fornisce spiegazioni circa il saldo figurante nello stato patrimo-niale. L’art. 2425 delinea lo schema di redazione del conto economico, secondo le seguenti voci:•  valore della produzione (ricavi delle vendite e delle prestazioni ecc.);•  costi di produzione (per materie prime, beni di godimento, salari ecc.);•  proventi ed oneri finanziari;•  rettifiche di valore di attività finanziarie;•  proventi ed oneri straordinari.

Criteri di valutazioneL’esigenza che il bilancio soddisfi un’informazione oggettiva ed imparziale, a beneficio dei soci,dei creditori ed in genere del mercato, giustifica il rigore prescritto per le valutazioni che non ri-guardano i valori certi, ma quelli stimati. In considerazione dell’importanza e della delicatezza del

121 Le immobilizzazioni individuano i beni destinati ad impiego durevole nello svolgimentodell’attività. Le immobilizzazioni immateriali sono ulteriormente ripartite nei costi di impianto eampliamento, in quelle di ricerca e di sviluppo, diritti di brevetto e utilizzazione delle operedell’ingegno ecc.. Le immobilizzazioni materiali sono suddivise nei terreni e fabbricati, negli im-pianti e macchinario, nelle attrezzature industriali e commerciali. Le immobilizzazioni finanziariesono distinte tra quelle relative a partecipazioni, a crediti, ad altri titoli e ad azioni proprie.122 Tale voce è articolata: nelle rimanenze; nei crediti verso i clienti od altri; attività finanziarie chenon costituiscono immobilizzazioni; disponibilità liquide.123

Il disaggio di emissione del prestito obbligazionario, è il saldo tra quanto riscosso pressol’obbligazionista e il maggior importo che gli sarà dovuto alla scadenza del rapporto.124 I ratei attivi individuano i proventi di competenza dell’esercizio che la società incasserà in quellisuccessivi; i risconti attivi identificano i costi sopportati durante l’esercizio, ancorché di competen-za di quelli di successivi.

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relativo compito degli amministratori e con l’obbiettivo di impedire violazioni, la normativa dilegge ha fissato ulteriori criteri di cui l’organo amministrativo è obbligato ad avvalersi, qualunquesia il cespite da valutare. Per circoscrivere, pertanto, i margini dell’opinabilità, l’art. 2426 fissa rigo-rosi criteri di valutazione soltanto eccezionalmente derogabili. Le immobilizzazioni devono essereiscritte al costo di acquisto o di produzione (che comprende tutti i costi direttamente imputabili alprodotto). Il criterio è privo di alternativa per le immobilizzazioni materiali ed immateriali, non perquelle finanziarie che, se relative a partecipazioni in imprese collegate o controllate, possono esserestimate anche nel rispetto di una regola alternativa, quella del patrimonio netto; è consentito, cioè,iscriverle per un importo pari alla corrispondente frazione del patrimonio netto risultante dall’ultimobilancio delle imprese controllate o delle collegate, con detrazione dei dividendi ed operate le retti-fiche richieste dai principi di redazione del bilancio consolidato (art. 2426). I costi di impianto e diampliamento, quelli di ricerca di sviluppo e di pubblicità possono essere iscritti nell’attivo, conil consenso del collegio sindacale, se hanno utilità pluriennale. L’avviamento, sempre con il con-senso del collegio sindacale, può essere iscritto nell’attivo se acquisito a titolo oneroso e, comun-que, nei limiti del costo per esso sostenuto che deve essere ammortizzato entro un periodo di cinqueanni. Il disaggio su prestiti deve essere iscritto nell’attivo ed ammortizzato in ogni esercizio per ilperiodo di durata del prestito. I crediti devono essere iscritti secondo il valore di presumibile realiz-

zazione. Le rimanenze, i titoli e le attività finanziarie che non costituiscono immobilizzazioni,devono essere iscritti al costo di acquisto o produzione ovvero al valore di realizzo; tale minore va-lore non può essere mantenuto nei successivi bilanci se ne sono venuti meno i motivi. Il costo deibeni fungibili può essere calcolato col metodo della media ponderata o con quelli “primo entrato,primo uscito” o “ultimo entrato, primo uscito”. I lavori in corso su ordinazione possono essere i-scritti sulla base di corrispettivi contrattuali maturati con ragionevole certezza. Le attrezzature in-dustriali e commerciali, le materie prime sussidiarie e di consumo possono essere iscrittenell’attivo ad un valore costante qualora siano costantemente rinnovate e complessivamente di scar-sa importanza in rapporto all’attivo di bilancio. A questi criteri che intendono orientare rigidamentele valutazioni degli amministratori è possibile derogare soltanto in casi eccezionali, se cioè, la loroapplicazione è incompatibile con l’obbiettivo della rappresentazione veritiera e corretta. In questa

eventualità l’organo amministrativo può attribuire al cespite un valore superiore, ma nella nota inte-grativa non solo deve motivare la deroga, ma è tenuto ad indicare anche la sua influenza sulla rap-presentazione della situazione patrimoniale, finanziaria e del risultato economico.La nota integrativaIl contenuto della nota integrativa è specificato dall’art. 2427 ed è rivolto sostanzialmente a dare ra-gione dei dati esposti nei conti patrimoniale ed economico. La nota deve infatti evidenziare:

•  i criteri applicati nella valutazione delle voci del bilancio e nelle rettifiche di valore;•  i movimenti delle immobilizzazioni;•  le variazioni intervenute nelle varie poste dell’attivo e del passivo;•  l’elenco descrittivo delle partecipazioni possedute in imprese controllate e collegate;•  i debiti assistiti di garanzie reali su beni sociali, con specifica indicazione della natura delle

garanzie;•  gli impgni non risultanti dallo stato patrimoniale;•  se significativa, la ripartizione dei ricavi delle vendite e delle prestazioni secondo categorie

di attività e secondo aree geografiche;•  il mumero medio dei dipendenti, ripartito per categoria;•  l’ammontare dei compensi spettanti agli amministratori ed ai sindaci;•  il numero ed il valore nominale di ciascuna categoria di azioni della società.

La relazione degli amministratoriLa relazione degli amministratori, che deve accompagnare il bilancio di esercizio, serve ad illustrarela situazione della società e l’andamento della gestione, nel suo complesso e nei vari settori in cui

essa ha operato, anche attraverso imprese controllate, con particolare riguardo ai costi, ai ricavi eagli investimenti. In particolare, dalla relazione devono risultare:

•  le attività di ricerca e di sviluppo;

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•  i rapporti con imprese controllate, collegate, controllanti e imprese sottoposte al controllodi queste ultime;

•  il numero e il valore nominale sia delle azioni proprie sia delle azioni o quote di società con-trollanti possedute dalla società, anche per tramite di società fiduciaria o per interposta per-sona, con l’indicazione della quota di capitale corrispondente;

•  il numero ed il valore nominale sia delle azioni proprie sia delle azioni o quote di società

controllanti acquistate o alienate dalla società nel corso dell’esercizio, anche per tramite disocietà fiduciaria o per interposta persona, con l’indicazione della quota di capitale corri-spondente, dei corrispettivi riscossi o pagati e dei motivi degli acquisti e delle alienazioni;

•  i fatti di rilievo avvenuti dopo la chiusura dell’esercizio;•  l’evoluzione prevedibile della gestione.

Entro tre mesi dalla fine del primo semestre dell’esercizio gli amministratori della società con azio-ni quotate in borsa devono trasmettere al collegio sindacale una relazione sull’andamento della ge-stione, redatta secondo i criteri stabiliti dalla Consob con apposito regolamento.Il bilancio in forma abbreviataL’art. 2435 bis stabilisce che le società possono redigere il bilancio in forma abbreviata quando, nelprimo esercizio e successivamente per due esercizi consecutivi, non abbiano superato due dei se-

guenti limiti:•  totale dell’attivo dello stato patrimoniale ammontante a L. 4.700 milioni;•  ricavi delle vendite e delle prestazioni ammontanti a L. 9.500 milioni;•  n. 50 dipendenti occupati in media durante l’esercizio.

Nel bilancio in forma abbreviata sono semplificati e ridotti gli schemi dello stato patrimoniale e del-la nota integrativa. La redazione di gestione può essere omessa a condizione che, nella nota integra-tiva, vengano fornite le notizie richieste ai punti 3 e 4 dell’art. 2428. Le società che per due eserciziconsecutivi superino due dei limiti dianzi specificati dovranno tornare alla forma ordinaria di bilan-cio.La revisione contabileNelle società con azioni quotate le funzioni di controllo della regolare tenuta della contabilità socia-le sono attribuite ad un società di revisione. La società di revisione verifica:

•  nel corso dell'esercizio, la regolare tenuta della contabilità sociale e la corretta rilevazionedei fatti di gestione nelle scritture contabili;

•  che i bilanci di esercizio e il bilancio consolidato corrispondano alle risultanze delle scritturecontabili e degli accertamenti eseguiti e che siano conformi alle norme che li disciplinano.

La società medesima esprime, con apposite relazioni, un giudizio sul bilancio di esercizio e conso-lidato, che può essere senza rilievi, con rilievi o negativo; ovvero rilascia una dichiarazione di im-possibilità di esprimere un giudizio: negli ultimi due casi essa deve informare immediatamente laConsob.Il bilancio consolidato

Nei casi in cui esistono situazioni di controllo tra due o più imprese, la legge prevede la redazionedi un bilancio consolidato che attraverso l'eliminazione dei valori rappresentanti operazioni internee l'aggregazione dei dati riferiti alle relazioni con i terzi è finalizzato a descrivere l'andamento com-posito della gestione. Sono obbligati a redigere il bilancio consolidato:

•  le società per azioni, in accomandita per azioni ed a responsabilità limitata che controllanoun'impresa;

•  le società cooperative e mutue assicuratrici che controllano società per azioni, in accomandi-ta per azioni o a responsabilità limitata;

•  gli enti pubblici che hanno per oggetto esclusivo o principale un'attività commerciale.Struttura e contenuto del bilancio consolidatoIl bilancio consolidato viene predisposto dagli amministratori dell'impresa controllante ed è costitui-

to dallo stato patrimoniale, dal conto economico e dalla nota integrativa. Le modalità di redazionedello stato patrimoniale e del conto economico consolidati, la struttura ed il contenuto degli stessi,nonché i criteri di valutazione possono essere modificati da un esercizio all'altro soltanto in casi ec-cezionali e la deroga deve trovare specifica motivazione nella nota integrativa. La data di riferimen-

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to del bilancio consolidato deve coincidere, di regola, con la data di chiusura del bilancio dell'e-sercizio dell'impresa controllante, ma può tuttavia coincidere con la data di chiusura dell'eserciziodella maggior parte delle imprese incluse nel consolidamento o delle più importanti di esse. Dev'es-sere allegata al bilancio consolidato una relazione degli amministratori sulla situazione complessivadelle imprese in esso incluse e sull'andamento della gestione nel suo insieme e nei vari settori, conparticolare riguardo ai costi, ai ricavi e dagli investimenti. Il bilancio consolidato la relazione sullagestione sono assoggettati al controllo nelle forme previste per il bilancio d'esercizio dell'impresacontrollante. Una copia deve essere depositata nell'ufficio del registro delle imprese, insieme al bi-lancio d'esercizio.L’invalidità della deliberazione di approvazione del bilancioÈ opportuno riprendere il discorso sull’invalidità delle deliberazioni assembleari: sono viziate dinullità quelle il cui oggetto è illecito o impossibile, da annullabilità quelle inficiate da carenze delprocedimento attraverso il quale si perviene alla loro formazione. Questi cenni agevolanol’introduzione di un profilo delicato che ha impegnato dottrina e giurisprudenza: quellodell’invalidità della deliberazione assembleare di approvazione del bilancio. Opportune appaionoalcune preliminari osservazioni sulla rilevanza degli specifici interessi in gioco. Per un verso, quelloche è tutelato dall’informazione oggettiva ed imparziale del bilancio; per l’altro quello della stabili-

tà delle deliberazioni assembleari. L’indirizzo della giurisprudenza è orientato per la linea del rigo-re: se la deliberazione approva un bilancio che manchi di chiarezza e renda rappresentazioni non ve-ritiere, il suo oggetto è illecito, con la conseguenza che, ai sensi dell’art. 2379, l’atto è viziato danullità; chiunque ha interesse può impugnarlo senza limiti di tempo. Chi se ne avvale deve averconcretamente ricevuto informazioni fuorvianti incompatibili con le finalità di chiarezza e dellarappresentazione veritiera; in difetto l’azione di nullità non può essere proposta. La deliberazione diapprovazione del bilancio potrebbe risultare inficiata non soltanto da vizi relativi al suo contenuto,al suo oggetto, ma anche da carenze del procedimento che ne consente l’adozione se non conformealla legge e all’atto costitutivo (art. 2377). L’irregolarità di ognuna delle fasi attraverso le quali sisviluppa determinerebbe l’annullabilità dell’atto.La distribuzione degli utili ai soci

La deliberazione di approvazione del bilancio acquista rilevanza decisiva poiché la stessa assembleadecide anche sulla distribuzione dell’utile ai soci. A differenza delle società di persone, in cuil’approvazione del bilancio comporta l’automatica attribuzione degli utili ai soci, nelle società perazioni è indispensabile uno specifico atto di destinazione, in mancanza del quale l’utile rimanenell’esclusiva titolarità della società. Questa regola subisce una eccezione per le azioni di risparmioche beneficiano di parte dell’utile di loro pertinenza per effetto diretto della deliberazione di appro-vazione del bilancio. L’adunanza deve, quindi, operare una scelta: se sia più conveniente ripartirlo,con immediato vantaggio per gli azionisti ovvero impiegarlo per altre finalità. La decisionedell’assemblea è condizionata dal bilancio dal quale deve risultare l’utile e che deve, altresì, essereapprovato; al pari è soluzione che propone all’adunanza che può condividerla o respingerla. Neces-sario che la deliberazione che, per la soddisfazione dell’interesse sociale, sacrifica quello del socio

per la remunerazione, sia conforme ai principi di correttezza buona fede e non persegua, invece,obbiettivi diversi, quello ad esempio di indurre la minoranza, delusa dalla mancata distribuzione, adabbandonarne la comune impresa.Dividendi sulle azioni possono essere corrisposti soltanto per utili realmente conseguiti e risultantidal bilancio regolarmente approvato. Se si verificano perdite del capitale sociale, non può farsi luo-go a ripartizione di utili fino a che il capitale non sia integrato o ridotto in misura corrispondente.Gli utili netti non possono essere integralmente distribuiti ai soci. Si deve procedere preventivamen-te, invero:

•  all'accantonamento della quota di riserva legale;•  all'erogazione delle partecipazioni concesse ai promotori, ai soci fondatori ed agli ammini-

stratori;•  all'eventuale accantonamento per far fronte a riserve statutarie.

I dividendi erogati in violazione delle prescrizioni di legge non sono ripetibili solo allorquando i so-ci li abbiano riscossi in buona fede ed in base ad un bilancio regolarmente approvato dal quale risul-tino utili corrispondenti ai dividendi di cui è stata deliberata la distribuzione.

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Acconti sui dividendiUna vivace disputa divideva la dottrina sul problema della liceità della distribuzione di acconti suidividendi futuri. L'articolo 19 del DPR n. 30/86 ha fornito una soluzione normativa la disputa, at-traverso l'introduzione dell'articolo 2433 bis che ha fissato i seguenti principi:

•  la distribuzione di acconti sui dividendi è consentita solo alle società il cui bilancio è assog-gettato per legge alla revisione da parte di società iscritte all'albo speciale;

• la distribuzione di acconti sui dividendi dev'essere prevista dallo statuto ed è deliberata dagliamministratori dopo la certificazione e l'approvazione del bilancio dell'esercizio precedente;

•  non è consentita la distribuzione di acconti sui dividendi quando dall'ultimo bilancio appro-vato risultino perdite relative all'esercizio o a esercizi precedenti;

•  l'ammontare degli acconti sui dividendi non può superare la minor somma tra l'importo degliutili conseguiti dalla chiusura dell'esercizio precedente, diminuito delle quote che dovrannoessere destinate a riserva per obbligo legale o statutario, e quello delle riserve disponibili;

•  gli amministratori deliberano la distribuzione di acconti sui dividendi sulla base di un pro-spetto contabile e di una relazione, dai quali risulti che la situazione patrimoniale, economi-ca e finanziaria della società consente la distribuzione stessa. Su tali documenti deve essereacquisito il parere del collegio sindacale;

•  il prospetto contabile, la relazione degli amministratori e il parere del collegio sindacale de-vono restare depositati in copia nella sede della società fino all'approvazione del bilanciodell'esercizio in corso e i soci possono prenderne visione.

Qualora sia successivamente accertata l'inesistenza degli utili risultanti dal prospetto, gli acconti suidividendi erogati in conformità con le disposizioni anzidette non sono ripetibili se i soci li hanno ri-scossi in buona fede.La tutela dell’integrità del capitale sociale e della riserva legaleA tutela dell’integrità del capitale sociale e della riserva legale, la legge pone alcuni divieti ed alcu-ni obblighi a carico della società:

•  divieto di emettere azioni per somme inferiori al loro valore nominale, onde evitare che ilcapitale non sia effettivo per la parte corrispondente alla differenza tra il valore delle azionie il minor valore dei beni conferiti;

•  divieto di emettere nuove azioni (e quindi aumentare il capitale) finché quelle già emessenon siano interamente liberate;

•  divieto agli amministratori di restituire i conferimenti agli azionisti o di liberarli dall’obbligodi eseguirli;

•  divietto alle società di acquistare azioni proprie utilizzando il patrimonio sociale per un am-montare corrispondente al capitale sociale;

•  limiti alle società nell’acquisto di azioni proprie;•  divieto alle società di sottoscrivere azioni proprie;•  divieto alle società di costituire o aumentare il capitale sociale mediante sottoscrizione reci-

proca, contemporanea e connessa di azioni;•  divieto alle società di concedere anticipazioni su pegno di azioni proprie;•  divieto alle società di concedere mutui a terzi per l’acquisto di azioni proprie;•  divieto alle società di accettare azioni proprie in garanzia, anche per interposta persona o per

tramite di società fiduciaria;•  divieto alla società di distribuire ai soci le somme percepite per l’emissione di azioni ad un

prezzo superiore al loro valore nominale, fino a che la riserva legale non abbia raggiunto ilquinto del capitale sociale;

•  obbligo di reintegrare la riserva legale, in caso di diminuzione della stessa per perdite, nellamisura di 1/5 del capitale sociale, prelevando almeno la ventesima parte degli utili netti an-nuali successivi;

•  obbligo per gli amministratori di convocare l’assemblea a cui sottoporre un bilancio straor-dinario in caso di diminuzione del capitale di oltre 1/3 per perdite;

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•  obbligo dell’assemblea di deliberare la trasformazione della società o la reintegrazione delcapitale in caso di diminuzione del capitale al di sotto del minimo legale;

•  l’art. 2343 bis prescrive, infine, che l’acquisto da parte della società – per un corrispettivopari o superiore al decimo del capitale sociale – di beni o di crediti dei promotori, dei fonda-tori, dei soci, o degli amministratori deve essere autorizzato dall’assemblea ordinaria qualo-ra avvenga nei due anni dalla iscrizione della società nel registro delle imprese.

Acquisto e sottoscrizione delle proprie azioniL’art. 2357 fa espresso divieto alle società di acquistare azioni proprie, se non nei limiti degli utilidistribuibili e delle riserve disponibili risultanti dall’ultimo bilancio regolarmente approvato. Neilimiti anzidetti, inoltre, possono essere acquistate soltanto azioni interamente liberate.L’acquisto deve essere autorizzato dall’assemblea, la quale ne fissa le modalità, indicando in parti-colare il numero massimo di azioni da acquistare, la durata, non superiore a diciotto mesi, per laquale l’autorizzazione è accordata, il corrispettivo minimo ed il corrispettivo massimo. In nessuncaso il valore nominale delle azioni acquistate può eccedere la decima parte del capitale sociale te-nuto conto anche delle azioni possedute dalle società controllate.Le azioni acquistate in violazione delle prescrizioni anzidette debbono essere alienate secondo mo-dalità da determinarsi dall’assemblea, entro un anno dal loro acquisto. In mancanza, deve procedersi

senza indugio al loro annullamento e alla corrispondente riduzione del capitale. Qualoral’assemblea non provveda, gli amministratori e i sindaci devono chiedere che la riduzione sia dispo-sta dal Tribunale secondo il procedimento previsto dall’art. 2446, secondo comma.Tale disciplina non si applica, tuttavia, nei seguenti casi:

•  in esecuzione di una deliberazione dell’assemblea di riduzione del capitale, da attuarsi me-diante riscatto e annullamento di azioni;

•  a titolo gratuito, sempre che si tratti di azioni interamente liberate;•  per effetto di successione universale o di fusione;•  in occasione di esecuzione forzata per il soddisfacimento di un credito della società, sempre

che si tratti di azioni interamente liberate.Gli amministratori possono disporre delle azioni proprie acquisite alle condizioni di legge appena

viste soltanto previa autorizzazione dell’assemblea, che deve stabilire le relative modalità. Per taliazioni inoltre:

•  il diritto agli utili e il diritto di opzione sono attribuiti proporzionalmente alle altre azioni;•  il diritto di voto è sospeso, ma le azioni medesime sono egualmente computate ai fini del

calcolo delle quote richieste per la costituzione e per le deliberazioni dell’assemblea;•  deve essere costituita e mantenuta una riserva indisponibile, pari all’importo delle azioni

proprie iscritto all’attivo del bilancio;Per quanto riguarda la sottoscrizione di azioni proprie, l’art. 2357 quater vieta tassativamente talepossibilità. Chiunque abbia sottoscritto in nome proprio, ma per conto della società, azioni diquest’ultima è considerato a tutti gli effetti sottoscrittore per conto proprio. Della liberazione delle

azioni rispondono solidalmente, salvo che non dimostrino di essere esenti da colpa, i promotori, isoci fondatori e, nel caso di aumento del capitale sociale, gli amministratori.L’acquisto e la sottoscrizione delle azioni nel fenomeno del controlloIl sistema normativo – relativamente alla sottoscrizione e all’acquisto di azioni proprie – tutelal’integrità del capitale ed interessa tali operazioni anche se effettuate tra la società controllante e lesue controllate. È innegabile, in effetti, che in queste situazioni i pericoli risultino accentuati: inprimo luogo in considerazione del rapporto di controllo che potrebbe agevolare le manovre dellasocietà controllante che indirizza l’attività della controllata; in considerazione, altresì, della possibi-le fittizia movimentazione dei capitali. Anche con riferimento a queste situazioni è opportuno di-stinguere le operazioni di acquisto da quelle di sottoscrizione. Il Dlgs n. 315/1994 ha introdotto gliart. 2359 bis, ter e quater. Identici i divieti già illustrati:

•  l’acquisto da parte della controllata è consentito soltanto nei limiti degli utili distribuibili edelle riserve disponibili risultanti dall’ultimo bilancio approvato;

•  può riguardare esclusivamente azioni interamente liberate;

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•  l’acquisto deve essere deliberato dall’assemblea alle condizioni e alle modalità di cuiall’art. 2357.

In nessun caso il valore nominale delle azioni può eccedere la decima parte del capitale della societàcontrollante e si deve tener conto delle azioni possedute dalla medesima società controllante e dallesocietà da essa controllate. Deve essere costituita una riserva indisponibile pari all’importo delle a-zioni della società controllante, iscritta all’attivo del bilancio e deve essere mantenuta fin quando leazioni non siano trasferite. La società controllata non può esercitare il voto nell’assemblea dellacontrollante. È, ovviamente, sanzionato l’acquisto effettuato per il tramite di società fiduciaria o perinterposta persona. Ai sensi dell’art. 2359 ter la trasgressione di questi limiti impone l’alienazionedelle azioni entro un anno dall’acquisto nel rispetto delle modalità decise dall’assemblea della so-cietà controllata. In difetto, la controllante, deve procedere all’annullamento delle azioni e alla cor-rispondente riduzione del capitale sociale con rimborso del socio recedente; se non vi provvede lariduzione è decretata all’autorità giudiziaria su iniziativa degli amministratori e dei sindaci. Identicorigore e identico divieto assoluto riguarda la sottoscrizione di azioni o quote della controllante daparte della controllata. Anche in questo caso le azioni sottoscritte in violazione della preclusione siintendo sottoscritte dagli amministratori della controllante che devono liberarle. È applicata anchela regola che colpisce le acquisizioni effettuate da chi agisce in nome proprio, ma per conto della

controllata. Il quadro dei riferimenti normativi è completato dall’art. 5 della legge n. 216/1974, mo-dificato dal Dlgs n. 90 del 1992, che regola le situazioni di incrocio tra due società quotate in borsao delle quali anche una soltanto sia quotata.Variazione del capitale socialeLe variazioni del capitale sociale possono essere in aumento o in diminuzione e si attuano mediantemodificazioni dell’atto costitutivo, deliberate dall’assemblea straordinaria, omologate dal Tribunaleed iscritte nel registro delle imprese.Aumento di capitaleLa deliberazione assembleare di aumento del capitale stabilisce lo stesso in una cifra superiore aquella esistente. L’atto costitutivo può attribuire anche agli amministratori la facoltà di aumentare ilcapitale, fino ad un ammontare determinato e per il periodo massimo di 5 anni dalla data di iscrizio-

ne delle società nel registro delle imprese. L’aumento di capitale può essere deliberato solo se le a-zioni precedentemente sottoscritte siano state interamente liberate.Per attuare l’aumento di capitale si possono seguire tre vie:

•  conferimento di nuove attività da parte di soci o terzi;•  trasferimento in conto capitale di riserve o fondi disponibili125;•  imputazione a capitale dei c.d. “saldi attivi risultanti da rivalutazione per conguaglio mone-

tario”.Il diritto di opzioneIl diritto di opzione consiste nel diritto spettante a ciascun socio di sottoscrivere le azioni di nuovaemissione in proporzione delle azioni da lui possedute, a preferenza di altri soggetti al fine di:

•  evitare un’alterazione delle partecipazioni sociali esistenti;•  offrire ai vecchi soci la possibilità di ulteriori investimenti per i loro capitali.

L’opzione si riconnette normalmente all’aumento di capitale, anche se la relativa deliberazione nonne fa menzione. L’esclusione di tale diritto, infatti, può aversi soltanto nei seguenti casi, tassativa-mente previsti dalla legge:

•  per le azioni di nuova emissione che, secondo la deliberazione di aumento del capitale, deb-bono essere liberate mediante conferimenti in natura;

•  per deliberazioni dell’assemblea quando l’interesse della società lo esige, cioè quando sussi-sta un concreto interesse sociale che giustifichi il sacrificio;

125 Questo aumento di capitale può attuarsi:•  mediante aumento del valore nominale delle azioni in circolazione;•  mediante proporzionale assegnazione gratuita ai soci di nuove azioni;•  mediante assegnazione gratuita di azioni ai dipendenti della società.

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•  per deliberazione dell’assemblea, con la maggioranza richiesta per l’assemblea straordina-ria, quando le azioni di nuova emissione debbano essere offerte in sottoscrizione ai dipen-denti della società.

Riduzione di capitaleLa riduzione del capitale sociale consiste nel portare lo stesso ad una cifra inferiore, osservando illimite legale. Può dipendere da:

• perdite, in tal caso la riduzione è obbligatoria in alcune ipotesi e facoltativa in caso di perdi-te inferiori;

•  morosità di azionisti, se le loro azioni rimangono invendute o si annullano;•  recesso di azionisti;•  inferiorità del valore dei beni conferiti in natura di oltre 1/5 rispetto al valore per cui avven-

ne il conferimento;•  esuberanza dell’attivo patrimoniale sociale in relazione all’oggetto sociale perseguito. In

questo caso la deliberazione di riduzione del capitale può eseguirsi solo dopo tre mesi dalladata della sua iscrizione, purché nessun creditore abbia fatto opposizione.

La riduzione può ottenersi:•  rimborsando parte dei conferimenti ai soci, o liberandoli dall’obbligo di eseguirli;•  acquistando azioni proprie ed annullandole;•  mediante sorteggio di azioni (per l’ammontare della riduzione) e rimborso alla pari ai porta-

tori.La riduzione deve comunque effettuarsi con modalità tali che, in seguito ad essa, le azioni proprieeventualmente possedute dalla società non eccedano la decima parte del capitale sociale. Infine, al-lorquando siano state emesse delle obbligazioni, il capitale non può essere ridotto ad una cifra infe-riore all’importo delle obbligazioni in circolazione.Le obbligazioniLa società per azioni per ottenere finanziamenti può attingere al mercato non solo offrendo azioni,ma anche particolari documenti definiti obbligazioni. Ricorrendo all’emissione di azioni riceve ca-pitale qualificato di rischio; chi le sottoscrive è esposto all’alea di perdere ciò che ha destinato insocietà anche se il beneficio della limitazione della responsabilità patrimoniale lo sottrae ad ulteriorisacrifici. Diversa è la posizione dell’obbligazionista che non mette a disposizione capitale di ri-schio, bensì un prestito di cui esige la restituzione con gli interessi, quindi capitale di credito.L’emissione di obbligazioni è un’operazione con la quale la società chiede al mercato mezzi finan-ziari che si obbliga a restituire. Peculiarità essenziale dell’emissione di obbligazioni è la sua unita-rietà; la società, in sostanza, con un’unica operazione si rivolge ai risparmiatori per essere finanzia-ta. La provvista che richiede si pone come un’entità unitaria, frazionata in una molteplicità di titolidella stessa natura e qualità, spesso assistiti dalle stesse garanzie e sottoposti alla stessa disciplina;anche le obbligazioni sono, conseguentemente, frazioni standardizzate di un unitario capitale(di credito). Le obbligazioni sono ricomprese tra i titoli di credito e soggette alla relativa disciplina:

•  con riguardo all’incorporazione della posizione dell’obbligazionista nel documento e la cuiacquisizione in buona fede consente l’acquisto della proprietà, sottraendo il possessore a ri-vendicazioni (art. 1994);

•  con riguardo alla funzione di legittimazione che permette l’esercizio dei diritti connessi conil titolo a prescindere dalla prova sulla proprietà, sempreché il titolo obbligazionario sia sta-to trasferito nel rispetto della legge di circolazione.

Le obbligazioni, che possono essere al portatore o nominative, devono indicare:•  la denominazione, l’oggetto e la sede della società con indicazione dell’ufficio del registro delle

imprese presso il quale la società è iscritta;•  il capitale sociale versato ed esistente al momento dell’emissione;•  la data della deliberazione dell’assemblea e la sua iscrizione nel registro;•  l’ammontare complessivo delle obbligazioni emesse, il valore nominale di ciascuna, il saggio di

interesse e il modo di pagamento del rimborso;•  le garanzie da cui sono assistite (art. 2413).

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I titoli obbligazionari appartengono ai titoli di massa, hanno eguale valore nominale e attribui-scono uguali diritti.Quanto alle varie tipologie di obbligazioni reperibili sul mercato, se ne vanno diffondendo, anche inItalia, di nuove, con particolari caratteristiche tese ad attenuare l’alea della svalutazione monetariatipica dei titoli a reddito fisso e a collegare i diritti dell’obbligazionista alle vicende economiche fa-vorevoli dell’impresa. Possiamo ricordare:

•  obbligazioni di partecipazione, per le quali la misura dell’interesse degli obbligazionisti è in-tegrata da una certa partecipazione agli utili distribuiti agli azionisti;

•  obbligazioni parametrate, che assicurano agli obbligazionisti un interesse ed un rimborsocommisurato al prezzo di eventuali merci prodotte dall’attività economica esercitata dallasocietà;

•  obbligazioni convertibili in azioni126;•  obbligazioni con diritto di opzione su azioni;

La disciplina del prestito obligazionarioL’ampiezza dell’impegno che la società contrae spiega il limite posto all’emissione delle obbliga-zioni, la cui somma complessiva non può eccedere il capitale versato ed esistente secondo l’ultimobilancio approvato (art. 2410); il parametro assunto non è, dunque, il capitale sottoscritto, ma quello

effettivamente versato. Il divieto non solo tutela gli obbligazionisti ma assicura razionalità alla ge-stione delle operazioni di finanziamento delle società per azioni, impedendo squilibri tra i mezzipropri e quelli apprestati da terzi. Il limite fissato dall’art. 2410 può essere superato quando:•  le obbligazioni sono garantite da ipoteca su immobili di proprietà della società sino a due terzi

del loro valore;•  l’eccedenza dell’importo delle obbligazioni rispetto al capitale versato è garantito da titoli no-

minativi o garantiti dallo Stato, con scadenza non anteriore a quella delle obbligazioni, ovveroda equivalente credito di annualità o sovvenzioni a carico dello stato o enti pubblici;

•  ricorrendo particolari ragioni che interessano l’economia nazionale la società può essere auto-rizzata con provvedimento dell’autorità governativa, a superare il limite.

La società non può ridurre il capitale se non in proporzione delle obbligazioni rimborsate; se a causadi perdite, la riduzione è obbligatoria, sempre in protezione degli interessi dei sottoscrittori, la misu-ra della riserva legale deve continuare a calcolarsi sulla base del capitale esistente al tempodell’emissione, fino a che l’ammontare dello stesso capitale e della riserva legale non eguaglinoquello delle obbligazioni in circolazione. Anche il rapporto tra la società emittente ed i sottoscrittoridei titoli è segnato da unitarietà poiché ognuno di essi, in funzione della propria convenienza, ade-rendo all’offerta, accetta di prestare una quota del complessivo finanziamento; si instaura un rappor-to contrattuale tra la società e il singolo obbligazionista che è frazione dell’operazione globale. Talerapporto si riconduce al mutuo: la massa dei sottoscrittori assume l’unitaria posizione di mutuanti,la società quella di mutuatario, debitore (una molteplicità di creditori davanti all’unico debitore). Laconfigurazione del rapporto tra società emittente e sottoscrittori secondo lo schema del mutuo si ri-

flette sulla disciplina del titolo obbligazionario, come titolo di credito da annoverare tra quelli cau-sali, influenzati in misura significativa dal rapporto sottostante, nella specie, il contratto di mutuo.

126 Le obbligazioni convertibili in azioni possono considerarsi come figure intermedie fra le obbli-gazioni e le azioni. Si rivolgono a quei soggetti che non sono allettati da una semplice forma di in-vestimento obbligazionario, né vogliono esporsi totalmente ai rischi di un investimento azionario.Le obbligazioni convertibili, infatti, conferiscono in via alternativa il diritto al rimborso del capitale

 prestato alla società (con i relativi interessi) e il diritto di sottoscrivere azioni. L’emissione di talitipi di obbligazione richiede due deliberazioni:

•  la deliberazione di emissione, la quale deve determinare, fra l’altro, il rapporto di cambio

con le azioni e le modalità di conversione;•  la deliberazione contestuale di aumento del capitale sociale, per un ammontare corrispon-dente al valore nominale delle obbligazioni convertibili.

Non si possono emettere obbligazioni convertibili se il capitale sociale non sia stato interamenteversato, né per somma inferiore al loro valore nominale.

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L’organizzazione degli obbligazionistiL’organizzazione degli obbligazionisti si articola in due organi:

•  assemblea degli obbligazionisti, che delibera:o  sulla nomina e sulla revoca del rappresentante comune;o  sulle modificazioni delle condizioni del prestito;o  sulla proposta di amministrazione controllata e di concordato;o  sulla costituzione di un fondo per le spese necessarie alla tutela degli interessi comu-

ni e sul relativo rendiconto;o  sugli altri oggetti di interesse comune degli obbligazionisti;

•  rappresentante comune degli obbligazionisti, al quale spetta:o  dare esecuzione alle deliberazioni dell’assemblea;o  rappresentare gli obbligazionisti nelle procedure concorsuali della società;o  assistere alle operazioni di sorteggio delle obbligazioni ed all’assem-blea dei soci;o  tutelare gli interessi comuni degli obbligazionisti nei rapporti con la società.

Gli organi sociali nella S.p.A.L’assemblea dei sociNella società per azioni l’attività è esercitata attraverso l’apparato organizzativo le cui competenze

sono fissate dalla legge, con alcuni margini concessi all’autonomia contrattuale delle parti. È statasottolineata la singolarità del legame tra la componente negoziale e quella strutturale organizzativapropria delle imprese a base capitalistica che rileva anche nella fase di svolgimento dell’attività.L’esercizio dell’impresa richiede decisioni tempestive e consapevoli cui contribuiscono gli organidella società in conformità dei rispettivi compiti istituzionali: deliberativo rimesso all’assemblea,amministrativo al consiglio di amministrazione o all’ammin-istratore unico, di controllo affidatoal collegio sindacale. I soci possono incidere in parte, con opportune previsioni dell’atto costitutivoo dello statuto, sul funzionamento di questi organi, ma non possono sopprimerli. L’assemblea ponele basi per lo svolgimento dell’attività nominando e revocando gli amministratori e i sindaci e ap-provando il bilancio (2364). In sede straordinaria delibera sulle modificazioni dell’atto costitutivo,sull’emissione di obbligazioni, sulla nomina, sui poteri e sulla revoca dei liquidatori (art. 2365). La

distinzione tra la seduta ordinaria e straordinaria è indotta dalla diversità degli argomenti, e, diriflesso, dalla diversità dei quorum costitutivi e deliberativi; l’ordinaria deve riunirsi almeno unavolta all’anno, entro quattro mesi dalla chiusura dell’esercizio, salva l’eventualità in cui l’atto costi-tutivo preveda un termine maggiore non superiore in ogni caso a sei mesi, quando particolari esi-genze lo richiedono. Questa riunione, almeno annuale, è imposta dalla necessità dell’approvazionedel bilancio che rende conto della situazione patrimoniale e dei risultati dell’attività. Lo schema le-gale non assegna all’assemblea una competenza diretta in tal senso; le riserva, invece, quella media-ta, relativa alla nomina degli amministratori e all’approvazione del bilancio. Questo disegno può,tuttavia, subire degli adattamenti in funzione delle concrete necessità sia per iniziativa dei soci siaper quella degli stessi amministratori. L’art. 2364 n. 4 stabilisce, infatti, che l’assemblea ordinariadelibera sugli altri oggetti attinenti alla gestione della società riservati alla sua competenza dall’atto

costitutivo o sottoposti al suo esame dagli amministratori. Occorre, dunque, definire l’oggetto e ilimiti dell’estensione dei compiti dell’organo deliberativo. Se, in effetti, le decisioni di natura ge-stionale competessero, monopolisticamente ovvero soltanto in misura rilevante, all’assemblea, ver-rebbe meno la responsabilità illimitata degli amministratori verso i creditori, il singolo socio ed ilsingolo terzo: gli amministratori agendo, in effetti, in conformità delle deliberazioni assembleariopererebbero in esecuzione di atti altrui che si limiterebbero ad attuare; con un ulteriore, negativoriflesso per i creditori ai quali sarebbe precluso agire nei confronti dell’assemblea. Notoriamente ir-responsabile. Accertato che l’ampliamento delle sue competenze incontra il limitedell’esautoramento dell’organo amministrativo; accertato che la gestione esige permanente conti-nuità con il compimento di atti quotidiani, coordinati e unitariamente finalizzati, l’esercizio, cioè, diuna attività; accertata l’ampiezza del potere di legale rappresentanza degli amministratori che non èlimitabile nei confronti dei terzi si delinea l’estensione della competenza gestionale dell’assembleache integra quella relativa alla nomina delle cariche sociali e dell’approvazione del bilancio:l’assemblea può deliberare sui singoli atti di amministrazione, ma non sull’intera attività, unitaria-mente coordinata e finalizzata, quindi, soltanto su episodi, anche se rilevanti. I soci con l’atto costi-

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tutivo o con una successiva modifica, possono attribuire all’assemblea competenze mirate, con-tingenti, non quelle sull’intero svolgimento dell’impresa, inderogabilmente rimesse all’organo am-ministrativo. Del resto, nella pratica, è frequente che gli azionisti si riservino specifiche decisioni(costituzione delle garanzie, dismissione di immobili). Ma il rapporto non si sviluppa con il solotrasferimento di competenze agli amministratori all’assemblea, poiché è consentito anche il proces-so inverso: l’assemblea può, in effetti, demandare proprie competenze agli amministratori delegan-doli al compimento di particolari operazioni, quali l’aumento del capitale sociale ovverol’emissione di obbligazioni che, di regola, investendo modifiche dell’atto costitutivo o l’assunzionedi rilevanti impegni finanziari, spettano all’adunanza degli azionisti. La delicatezza del profilo cheinveste la responsabilità degli amministratori e, in primo luogo, quella verso i creditori sociali, sug-gerisce di distinguere due diverse situazioni. Quella nella quale la decisione di carattere gestionalecompete all’assemblea, in conformità dell’atto costitutivo e in ordine alla quale è, senz’altro, piùcorretto riconoscere che il potere di sindacato degli amministratori non viene meno e che, pertanto,sono tenuti a valutare la convenienza, per la società, della deliberazione degli azionisti. Per conver-so, se la deliberazione fosse stata adottata su sollecitazione degli amministratori, i margini della suavalutazione, inevitabilmente, si ridurrebbero. La linearità e la correttezza del rapporto tra assembleae amministratori contribuisce ad assicurare la legalità dell’attività che è, comunque, garantita da

molteplici regole.La convocazioneI soci riuniti in assemblea formano, votando, la volontà della società. Intangibili permangono lecompetenze dell’assemblea sulle nomine alle cariche sociali e sull’approvazione del bilancio, non-ché quelle sulle modifiche dell’atto costitutivo e sull’emissione di obbligazioni, queste ultime dele-gabili agli amministratori; ma l’impresa è svolta al di fuori dell’assemblea; i suoi tempi e le modali-tà attraverso le quali si adottano le decisioni non sono con essa compatibili. Il lungo periodo che in-tercorre tra il momento della sua convocazione e quello della riunione urta con le esigenze del mer-cato, segnatamente con i ritmi della concorrenza. L’adunanza in quelle di grandi dimensioni, nor-malmente, si risolve in un cerimoniale vuoto, scandito dal rigoroso rispetto di molteplici fasi ed ilcui esito è scontato. Nelle società di medie, piccole dimensioni il fenomeno non segnala tali esaspe-

razioni poiché la ridotta base azionaria permette, ancora, il parziale, ma diretto coinvolgimento de-gli azionisti. L’assemblea è organo collegiale che decide nel rispetto della regola maggioritaria. Lesue deliberazioni esauriscono un unitario ed articolato complesso di fasi che prendono il via dallaconvocazione; si sviluppano con la costituzione e discussione degli argomenti in esame, ed infine,appunto, con le deliberazioni; lo svolgimento dei lavori viene progressivamente verbalizzato. Laconvocazione dell’assemblea compete, innanzitutto, all’organo amministrativo. Se la società è or-ganizzata con un consiglio di amministrazione la decisione di riunire gli azionisti deve essere assun-ta con una deliberazione dello stesso consiglio. Gli amministratori sono tenuti a convocarel’assemblea per l’approvazione del bilancio quattro mesi dopo la chiusura dell’esercizio ovvero, separticolari esigenze lo giustifichino, non oltre i due mesi successivi. Possono sollecitare la convoca-zione gli azionisti che rappresentano il venti per cento del capitale (2367). Si discute se i soci ri-

chiedenti possano indicare, senza limitazione, gli argomenti che intendono discutere. Il solo limite,oggettivamente insuperabile, parrebbe quello della liceità e della possibilità delle materie proposte.L’art. 2367 tutela i diritti delle minoranze consentendogli un ruolo attivo e di proposizione che lisottrae al pericolo della passiva soggezione alle scelte, ancorché legittime, del gruppo di comando.Da non condividere, allora, è l’opinione secondo cui la richiesta di convocazione dovrebbe esserevalutata alla stregua del rigoroso rispetto delle competenze assembleari: l’estraneità dell’argomentogiustificherebbe il rifiuto degli amministratori di riunire gli azionisti. Questa impostazione svilisceil significato del rapporto tra la maggioranza e la minoranza e tralascia di considerare che altro è larichiesta di convocazione, altro è la deliberazione che può seguirne. Nell’eventualità che si dichiariincompetente, i soci richiedenti potrebbero impugnare la decisione. Se si precludesse, in radice,l’opportunità di sollecitare la riunione si rischierebbe di frustrare ulteriormente l’interesse della mi-noranza costretta ad avvalersi dell’azione di responsabilità nei confronti degli amministratori anche,e forse, ai sensi dell’art. 2395. L’assemblea deve essere convocata anche quando specifiche circo-stanze lo esigano ( deliberare l’acquisto di azioni proprie, ammissione a concordato preventivo ). Se

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gli amministratori non provvedono, la necessaria convocazione compete ai sindaci che la curano,altresì, quando vengono a mancare tutti gli amministratori o l’amministratore unico.Competenze e quorumIn funzione degli argomenti da trattare l’assemblea si articola in:

•  ordinaria (2364), le cui competenze sono:o  l’approvazione del bilancio;o  la nomina degli amministratori, dei sindaci e del presidente del collegio sindacale;o  la determinazione del compenso degli amministratori e dei sindaci se non è stabilito

nell’atto costitutivo;•  straordinaria (2365), le cui competenze sono:

o  delibera sulle modificazioni dell’atto costitutivo;o  delibera sulle modificazioni sull’emissione delle obbligazioni;o  delibera sulle modificazioni sulla nomina e sui poteri dei liquidatori.

Diversi anche i quorum deliberativi dell’ordinaria rispetto a quelli della straordinaria; ma non perquesto viene meno l’unitarietà dell’organo deliberativo. Nella pratica, normalmente, assemblea or-dinaria e straordinaria si svolgono senza soluzione di continuità; si inizia con la prima cui segue laseconda; e al limite non risulterebbe viziata la convocazione che non distinguesse tra assemblea or-

dinaria e straordinaria, sempreché siano inequivocabilmente scanditi gli argomenti dell’una edell’altra. Quando l’assemblea viene convocata, i soci ne devono essere informati; l’esigenza è sod-disfatta dall’avviso con l’indicazione del giorno, dell’ora e del luogo dell’adunanza e l’elenco dellematerie da trattare. L’avviso deve essere pubblicato nella Gazzetta Ufficiale almeno quindici giorniprima di quello della riunione. L’avviso di convocazione può indicare la data dell’assemblea in se-conda convocazione ma in questo caso l’adunanza non può tenersi nello stesso giorno fissato per laprima. Se, invece, la data della seconda convocazione è omessa, l’assemblea deve essere riconvoca-ta nei trenta giorni successivi a quella stabilita per la prima convocazione e il termine di pubblica-zione nella Gazzetta Ufficiale non è più di quindici giorni bensì di otto. Per le società quotate inborsa è prevista anche una terza convocazione dell’assemblea straordinaria qualora i soci intervenu-ti in seconda convocazione non rappresentino il capitale sociale necessario per deliberare. Con la

seconda convocazione si intende mettere a disposizione degli azionisti un’ulteriore occasione perdeliberare. L’assemblea ordinaria, in effetti, è regolarmente costituita con la presenza di tanti sociche rappresentino almeno la metà del capitale sociale, escluse dal computo le azioni a voto limitato;delibera a maggioranza assoluta, salvo che l’atto costitutivo richieda una maggioranza più elevata.Per l’assemblea straordinaria non è previsto un quorum costitutivo che, pure, si trae indirettamente,ma è prescritto quello deliberativo: le delibere devono essere adottate con voto favorevole di tantisoci che rappresentino più della metà del capitale sociale, se l’atto costitutivo non richiede unamaggioranza più elevata (2368). In seconda convocazione l’assemblea ordinaria, per la quale inquesto caso non è richiesto un quorum costitutivo, delibera qualunque sia la parte di capitale rap-presentata dai soci intervenuti; quella straordinaria, sempre in seconda seduta, decide con il voto fa-vorevole di tanti soci che rappresentino più di un terzo del capitale sociale a meno che l’atto costitu-

tivo richieda una maggioranza più elevata. È unanime convincimento che questa previsione nonpossa subire modificazioni, nell’atto costitutivo o nello statuto, che rigidamente, predetermino iquorum costitutivi e deliberativi dell’assemblea ordinaria in seconda convocazione. Ai soci è per-messo, invece, di maggiorare il quorum costitutivo e quello deliberativo della prima convocazionedell’assemblea ordinaria. Agli azionisti è consentito di maggiorare il quorum deliberativo sia dellaprima che della seconda convocazione dell’assemblea straordinaria; ma le decisioni, in secondaconvocazione, se relative a specifici oggetti richiedono il voto favorevole di tanti soci che rappre-sentino più della metà del capitale (modificazione dell’oggetto sociale, trasformazione della società,anticipazione dello scioglimento). Al pari protette le deliberazioni dell’assemblea straordinaria dellesocietà quotate in borsa per le quali, in prima, seconda e terza convocazione è richiesto il voto favo-revole di almeno due terzi del capitale rappresentato nella riunione; rimessa all’atto costitutivo èl’opportunità di maggiorare questo quorum. Le formalità della convocazione dell’assemblea nonsono necessarie se tutti i soci, tutti gli amministratori e tutti i sindaci si riuniscono. In questa even-tualità l’adunanza, ancorché non convocata, e per la quale manca, quindi, il relativo avviso, si puòregolarmente tenere. La fisica presenza di tutti gli interessati induce a ritenere che essi possano de-

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cidere; se, peraltro, non dispongono della sufficiente consapevolezza ognuno degli intervenutipuò opporsi alla discussione. Tale assemblea è definita totalitaria proprio per la presenza di tutte lecomponenti interessate.Il diritto di interventoL’assemblea è presieduta dalla persona indicata nell’atto costitutivo o in mancanza da quella desi-gnata dagli intervenuti. Il presidente è assistito da un segretario la cui presenza non è necessariaquando il verbale dell’assemblea è redatto da un notaio. Questi soggetti formano l’ufficio di presi-denza cui compete la verifica della regolarità della convocazione e quelle degli interventi, per accer-tare il raggiungimento del quorum costitutivo; al presidente spetta, altresì, la conduzione dei lavoriassembleari; tali competenze non sono trasferibili ai soci. Hanno diritti di intervenire all’assemblea isoci iscritti nel libro soci e quelli giratari delle azioni, ma sia gli uni sia gli altri devono depositare ititoli azionari, almeno cinque giorni prima dell’adunanza. Normalmente il deposito viene effettuatopresso la sede sociale ovvero presso gli istituti di credito indicati nell’avviso di convocazione(2370). Per agevolare l’ingresso in assemblea, prevalentemente le società quotate in borsa, rilascia-no i c.d. biglietti di ammissione la cui presentazione legittima la partecipazione alla riunione. Si èaccennato al collegamento tra il diritto di intervento e quello di voto e si è sottolineata la scarsa rile-vanza del primo se l’azionista non dispone del secondo; di qui il convincimento che, innanzitutto, ai

soci ai quali è negato il voto in alcune assemblee è, al pari, precluso l’intervento. Analogamente peril socio moroso cui è inibito di votare, ai titolari, ancora, delle azioni di godimento. Orientamento,senz’altro prevalente, riconosce, viceversa, a questi soci il diritto di intervento al quale assegna, co-sì, funzione autonoma dal voto. Si ricorderà che per gli azionisti di risparmio non si pone questionedal momento che il diritto di intervento non gli è riconosciuto. La separazione dell’intervento dalvoto suscita perplessità non solo per l’incertezza della normativa che parrebbe negarla, bensì essen-zialmente per le sottolineate esigenze di tutela dell’azionariato che dispone del voto soltanto in mi-sura parziale. In ogni caso, pur ritenendo che il diritto di intervento competa anche in mancanza delvoto, si dovrebbe, comunque, impedire a questi azionisti di partecipare alla discussione; diversa-mente i soci, titolari del voto, potrebbero subire il condizionamento di chi non contribuisceall’adozione della deliberazione. Si conferma, così, l’articolazione della società per azioni tra più

assemblee: la generale cui intervengono i soci titolari di azioni ordinarie e quelle speciali alle qualipartecipano i titolari, appunto, di particolari categorie di azioni (privilegiate, di risparmio, di godi-mento). Il dibattito assembleare è regolato dal presidente e con la discussione si persegue il consa-pevole esercizio del voto.Rappresentanza, diritto di voto e conflitto di interessiL’azionista può farsi rappresentare in assemblea. La disciplina della rappresentanza persegue unaduplice finalità: agevolare la partecipazione dei soci anche se per il tramite del rappresentante, im-pedire la raccolta delle deleghe a tutto beneficio del gruppo di comando della società. In passato, in-fatti, le deleghe erano conferite in bianco, per lo più da parte di istituti di credito che, di regola, e-sercitavano il voto secondo le aspirazioni dello stesso gruppo di comando. Si è quindi avvertita lanecessità di limitarne il rilascio. In primo luogo, la rappresentanza deve essere conferita per iscritto

e i documenti relativi devono essere conservati dalla società (art. 2372); deve essere attribuita persingole assemblee; la delega, mai in bianco, non può essere concessa agli amministratori, ai sindacie ai dipendenti della società; né alle società da essa controllate, ai loro amministratori, sindaci e aidipendenti, né ad aziende o istituti di credito. Lo stesso rappresentante non può rappresentare più didieci soci, se la società è quotata in borsa; più di cinquanta se ha un capitale non superiore a diecimiliardi; più di cento se superiore a dieci miliardi e non superiore a cinquanta; più di duecento se lasocietà ha un capitale superiore a cinquanta miliardi. La normativa di legge non regola le modalitàdi votazione disciplinate, invece, con previsioni dell’atto costitutivo o statutarie; i sistemi più seguitisono quello dell’alzata di mano, dell’alzata e seduta, per acclamazione, per schede. Suscita fondateperplessità lo scrutinio segreto che impedisce l’individuazione di chi vota con negativi riflessi, per-tanto, sull’esercizio dell’impugnativa delle deliberazioni assembleari e del recesso consentito ai socidissenzienti e assenti127. La normativa di legge regola le situazioni nelle quali l’interesse del socio è

127 Il socio assente o dissenziente può recedere dalla società se la deliberazione approvata in sua as-senza o con il suo dissenso ha avuto per oggetto:

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antagonista di quello della società. E’ affermata, dunque, la libertà di voto alla condizione che ilsocio non sia portatore di interessi in conflitto con quelli della società. Anche con riguardo a questaparticolare situazione trovano conferma i principi che preservano la stabilità della deliberazione sot-traendola alla prospettiva della caducazione; si tende, in sostanza, a limitare i casi in cui, adottata ladecisione, ne possano venire meno gli effetti. Il primo comma dell’art. 2373 stabilisce che il dirittodi voto non può essere esercitato dal socio nelle deliberazioni nelle quali ha un interesse in conflit-to con quello della società. Il secondo comma modifica la portata del primo perché non impone alsocio in conflitto di interessi di astenersi, bensì di esercitare il voto in modo da non recare danno al-la società; il diritto di voto non è, pertanto, sospeso, ma limitato dall’esigenza di non arrecare pre-giudizio. Nell’eventualità in cui si contravvenga a tale limitazione, la deliberazione, assunta anchecon il socio in conflitto di interessi, non è necessariamente viziata. Occorre accertare se la trasgres-sione assuma o meno effettiva rilevanza: l’annullamento della deliberazione è proponibile alla du-plice condizione che i voti espressi dal socio in conflitto di interessi siano risultati decisivi e che ladecisione possa arrecare danno alla società ( è sufficiente la idoneità a recare pregiudizio ). L’art.2373 preclude agli amministratori, che siano anche soci, di votare nelle deliberazioni riguardanti laloro responsabilità. Il divieto non è temperato, dal momento che l’amministratore è, in ogni caso,obbligato all’astensione.

Il verbale dell’assembleaLo svolgimento dei lavori dell’assemblea, in ogni fase, da quella della costituzione fino a quellaconclusiva, deve risultare dal verbale; nelle assemblee nelle quali non interviene il notaio il verbaleè redatto dal segretario dell’adunanza che forma il c.d. ufficio di presidenza; in quelle straordinarielo predispone il notaio. Si discute se il verbale assolva anche al funzione di strumento di controllodell’attività assembleare ovvero documenti soltanto lo svolgimento dei lavori. Se si considera la ri-levanza dell’unitario procedimento attraverso il quale si sviluppa la riunione, parrebbe preferibile laprima soluzione. La normativa di legge non riserva al verbale specifico interesse poiché richiedesoltanto la sua sottoscrizione da parte del presidente e del segretario o del notaio ( art. 2375 ). Lemodalità della sua redazione hanno costituito, soprattutto in passato, oggetto di specifica attenzionecon riferimento all’esigenza di identificare, nominativamente, i soci intervenuti, legittimati, se dis-

senzienti, all’impugnativa delle deliberazioni annullabili ecc.. La giurisprudenza si è, inizialmente,orientata per l’obbligatoria, nominativa individuazione; si è, poi, indirizzata per decisioni più per-missive che sembravano definitivamente consolidate. Di recente, peraltro, essenzialmente per le sol-lecitazioni rivolte dalla Consob alle società soggette al suo controllo, l’analiticità della verbalizza-zione è stata riaccreditata.Nullità e annullabilità delle deliberazioniLe deliberazioni assembleari, prese in conformità della legge e dell’atto costitutivo, vincolano tutti isoci, ancorché non intervenuti o dissenzienti (art. 2377). Questa è la regola generale che afferma ilprincipio di maggioranza e, prima ancora, l’aderenza della decisione con lo schema legale e conl’atto costitutivo che su di esso si modella. Anche la validità degli atti assembleari ha costituito og-getto di perseverante interesse sia della dottrina sia della giurisprudenza. Opportuno fissare i punti

fermi. L’art. 2377 deve essere analizzato unitamente all’art. 2379. La prima disposizione esige laconformità della deliberazione alla legge o all’atto costitutivo; l’altra ne afferma la nullità se il suooggetto è illecito ovvero impossibile. Viziata da nullità la deliberazione con oggetto lecito, ma con-tenuto illecito; si richiama, in proposito, quella di approvazione del bilancio falso, lecitanell’oggetto, ma illecita nel contenuto. Eventualità, queste della nullità, nelle quali trovano, comun-que, applicazione gli art. 1421, 1422 e 1423; la nullità può essere fatta valere da chiunque vi abbiainteresse e può essere rilevata d’ufficio, la relativa azione non si prescrive ed è preclusa la convali-

 

•  il cambiamento dell’oggetto sociale;• 

la trasformazione della società;•  il trasferimento della sede sociale all’estero.La dichiarazione di recesso deve essere comunicata agli amministratori con raccomandata che develoro pervenire entro tre giorni dalla chiusura dell’assemblea, per i soci intervenuti; entro 15 giornidella data dell’iscrizione della deliberazione nel registro delle imprese, per i soci non intervenuti.

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da. La deliberazione potrebbe risultare invalida non solo per vizi relativi al suo contenuto, ma an-che per carenze del procedimento attraverso le quali si perviene alla sua adozione e che ne impedi-scono la conformità alla legge e all’atto costitutivo. Quest’ulteriore categoria di vizi ne determinal’annullabilità in considerazione del fatto che il procedimento è difforme dalle previsioni del model-lo legale e da quelle dell’atto costitutivo o dello statuto. Secondo le regole consuetedell’annullabilità, la deliberazione produce i propri effetti, ma l’accoglimento dell’azione di annul-lamento, proposta con l’impugnativa, ne determina, ex tunc, la caducazione, fatti salvi i diritti ac-quistati in buona fede dai terzi (art. 2377). Si è, pertanto, correttamente affermato che, rispetto allesituazioni generali, nel sistema dell’invalidità delle deliberazioni assembleari, l’annullabilità espri-me la regola, la nullità l’eccezione, con l’inversione, quindi, della tradizionale configurazione deivizi. Significativo che il termine per impugnarli sia, a pena di decadenza, di tre mesi dall’adozioneovvero dall’iscrizione nel registro delle imprese. Altrettanto significativo che siano legittimatiall’esercizio della relativa azione tra i soci, soltanto gli assenti e i dissenzienti, con esclusione, per-tanto, di quelli che hanno votato a favore nonché, in funzione del loro rispettivo ufficio, gli ammini-stratori e i sindaci. Rilevante, inoltre, che l’effetto dell’annullamento operi per tutti gli azionisti edobblighi gli amministratori a prendere i conseguenti provvedimenti sotto la propria responsabilità.Ne può tralasciarsi la considerazione sulla possibilità, concessa alla società, di sostituire la delibera-

zione di cui si chiede l’annullamento, con altra, con preclusione dello sviluppo dell’impugnativa(art. 2377).L’inesistenzaPeccano di linearità le soluzioni che pongono a fondamento dell’applicazione delle regole generalisulla nullità situazioni affatto eccezionali (ricondotte all’incerta categoria dell’inesistenza) comequella, addirittura, della mancanza della riunione dei soci o quella della partecipazione di estraneialla deliberazione; e sulle quali si costruisce, giustificandolo, il ricorso ai principi generali. Appareutile ricordare che questi principi operano su un piano diverso da quelli propri e peculiari del siste-ma societario. Il presidio che l’apparato organizzativo pone al servizio della legalità dell’attività so-ciale riservando le sottolineate competenze agli amministratori e ai sindaci, e che consentel’incisivo sviluppo dei controlli esterni è, oggettivamente, idoneo a porre rimedio ad ogni possibile

disfunzione, anche quelle eccezionali sulle quali si fondano strumenti di reazione non solo fragili,ma ancor prima incoerenti con le regole della società per azioni. Non a caso la stessa giurisprudenzaha avvertito l’opportunità di circoscrivere le situazioni di nullità quelle, cioè, da ascrivere ad illicei-tà ed impossibilità dell’oggetto se è vero che con specifico riguardo a queste ultime, ha affermatoche rileva soltanto la violazione di norme imperative poste a tutela sia di interessi generali e non delsingolo socio sia delle concrete finalità perseguite con la costituzione della società.Il procedimento di impugnativaAnche il procedimento di impugnativa delle deliberazioni annullabili, che è regolato dall’art. 2378,conferma la protezione riservata all’organizzazione. Il socio la propone davanti al tribunale del luo-go dove la società ha sede ed è tenuto a depositare in cancelleria un’azione che attesti la sua qualitàdi azionista; il titolo deve rimanere depositato nel corso dell’intero giudizio. Il presidente del tribu-

nale può imporre al socio di prestare un’idonea garanzia per l’eventuale risarcimento dei danni. Tut-te le impugnazioni relative alla medesima deliberazione devono essere istruite congiuntamente edecise con un’unica sentenza, per evitare giudicati difformi. L’impugnativa non determina la so-spensione della deliberazione e, se richiesta, ricorrendo gravi motivi, può essere concessa sia dalpresidente del tribunale, anteriormente all’assegnazione al giudice istruttore, ovvero daquest’ultimo, sempreché siano stati, preventivamente, sentiti gli amministratori ed i sindaci. Il de-creto di sospensione si riconduce tra i provvedimenti di natura cautelare che precedono la conclu-sione del giudizio di merito (deve essere iscritto nel registro delle imprese per essere poi opponibileai terzi). Anche il procedimento di impugnativa delle deliberazioni assembleari, nulle per illiceità oimpossibilità dell’oggetto, ancorché non regolamentato, è modellato sostanzialmente su quello di-sciplinato dall’art. 2378. Questa impugnativa, ovviamente, può essere proposta anche dai creditorisociali ovvero da qualsiasi terzo sempreché titolari dell’interesse ad agire.Gli amministratoriGli amministratori gestiscono l’attività di impresa, fatte salve le attribuzioni che la legge conferi-sce all’assemblea ovvero quelle che i soci si sono riservati ovvero, infine, quelle che alla stessa as-

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semblea sono state demandate dagli amministratori. L’organo amministrativo può assumere strut-tura unipersonale ( amministratore unico ) o pluripersonale ( consiglio di amministrazione ). La ca-rica di amministratore può essere assunta da azionisti e/o da estranei alla società; l’atto costitutivone stabilisce il numero; se, tuttavia, è indicato soltanto quello minimo e massimo, la determinazionespetta all’assemblea. L’atto costitutivo può prevedere norme particolari per la nomina alle carichesociali: è, allora, consentito di modificare i quorum deliberativi, elevandoli o riducendoli, fissarepeculiari sistemi di votazione che assicurino alla minoranza la designazione di uno o più componen-ti dell’organo amministrativo. La recente normativa sulle privatizzazioni prevede il voto di lista perassicurare, alla minoranza, propri designati nel consiglio di amministrazione e nel collegio sindacaledella società, appunto, privatizzate, la relativa clausola deve essere inserita nello statuto. Gli ammi-nistratori sono nominati per un periodo non superiore a tre anni e sono rieleggibili, salva diversa di-sposizione dell’atto costitutivo; sono revocabili, dall’assemblea, in qualunque tempo anche se no-minati nello stesso atto costitutivo. Se la revoca non è indotta da giusta causa, hanno diritto al risar-cimento del danno. Nei quindici giorni successivi alla notizia della nomina, gli amministratori de-vono chiedere, per la conoscenza dei terzi, l’iscrizione nel registro delle imprese. Non possono esse-re nominati amministratori, e se nominati decadono, l’interdetto, l’inabilitato, il fallito o chi è statocondannato ad una pena che importa l’interdizione, anche temporanea, dai pubblici uffici o

l’incapacità ad esercitare uffici direttivi. La cessazione del rapporto di amministrazione non è de-terminata soltanto dalla revoca; la può indurre la rinuncia, la morte, la sopravvenienza di unacausa di decadenza. La rinuncia, che deve essere comunicata al consiglio di amministrazione e alpresidente del collegio sindacale, produce effetto immediato se rimane in carica la maggioranza de-gli amministratori, diversamente opera momento della sua ricostruzione con l’accettazione dei nuo-vi ( prorogatio; art. 2385 ). Qualunque sia la causa di estinzione del rapporto, questa deve essere i-scritta entro quindici giorni nel registro delle imprese. Finalizzata alla tutela dell’interesse della fun-zionalità è la regola per la quale la cessazione di uno o più amministratori, nel corso dell’esercizio,impone agli altri di nominare i sostituti; la relativa delibera del consiglio di amministrazione deveessere approvata dal collegio sindacale. Gli amministratori, nominati con tale modalità, definita co-optazione, restano in carica fino alla prossima assemblea per consentire ai soci che del potere di

scelta dei componenti dell’organo amministrativo sono titolari, di assumere la decisione che glicompete: confermando il cooptato o eleggendone un altro ( art. 2386 ). La composizione del consi-glio di amministrazione è garantita dal modello legale; agli azionisti è consentito avvalersi, peraltro,di clausole da inserire nell’atto costitutivo o nello statuto, tese a preservarne anche l’omogeneità,quali ad es. simul stabunt simul cadent, ampiamente diffusa: sa alcuni amministratori rinunciano al-la carica o decadono, cessano anche gli altri e l’assemblea provvede a nominare i nuovi.Competenze e poteriGli amministratori sono investiti di poteri che, in primo luogo, gli sono attribuiti dalla normativa dilegge: questi amministrano e quelli investiti della rappresentanza legale della società possono com-piere tutti gli atti che rientrano nell’oggetto sociale, salvo le limitazioni della stessa legge o dell’attocostitutivo ( art. 2384 ). Gli amministratori adempiono, dunque, ad un obbligo generale, quello di

gestire tale attività, con diligenza, evitando conflitti di interessi; ad esso si connette quello di vigila-re sul generale andamento della società; adempiono poi obblighi specifici ( convocano l’assemblea,ne eseguono le deliberazioni, impugnano quelle non conformi alla legge e all’atto costitutivo ). Sel’organo è pluripersonale l’esercizio dei poteri è collegiale, fatta salva l’eventualità di specifiche at-tribuzioni ( deleghe ) ad alcuni suoi componenti. Essi dispongono di una autonomia decisionale in-compatibile con le caratteristiche di questo contratto; ciò non equivale negare la natura concettualedel legame che, indotto da una proposta e da una accettazione, è stato qualificato di amministrazio-ne. Alla sua esecuzione gli amministratori, adempiendo ai doveri imposti dalla legge o dall’atto co-stitutivo, devono attendere con la diligenza del mandatario pur non essendo mandatari. Gli ammini-stratori hanno diritto al compenso che può anche essere rappresentato dalla partecipazione agli utili,fermo restando il cumulo tra l’uno e l’altra e la cui misura è determinata dall’atto costitutivo o dallostatuto ovvero dall’assemblea; per quelli investiti di particolari cariche la remunerazione è stabilitadallo stesso consiglio sentito il parere del collegio sindacale.

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Il funzionamento dell’organo amministrativo; la delegaLa normativa di legge si limita a disciplinare la validità delle deliberazioni del consiglio di ammini-strazione per le quali è necessaria la presenza della maggioranza di quelli in carica, quando l’attocostitutivo non richieda un maggior numero di presenti ( art. 2388 ); è stabilito che le decisioni sonoprese a maggioranza assoluta, salvo diversa disposizione dell’atto costitutivo. I riferimenti legislati-vi sono completati dal divieto, per l’amministratore, di esercitare il voto, in consiglio, per rappre-sentanza. Ai soci è consentita l’integrazione dell’essenziale, scarna disciplina legale con opportuneclausole dell’atto costitutivo e dello statuto suggerite dalle circostanze concrete. Il consiglio di am-ministrazione viene convocato dal suo presidente o quando ne è fatta richiesta da parte dei suoicomponenti, con l’invio agli amministratori ed ai sindaci dell’avviso di convocazione, cioè,dell’ordine del giorno che indica gli argomenti da trattare. Le esigenze dello svolgimentodell’attività potrebbero imporre di organizzare l’esercizio dei poteri di cui il consiglio di ammini-strazione è investito collegialmente in modo tale da assicurarne l’uso più efficace e tempestivo. Sel’atto costitutivo o lo statuto ovvero l’assemblea lo consentono, il consiglio può delegare le proprieattribuzioni ad un comitato esecutivo composto alcuni suoi membri o anche ad uno o più di essi(anche non organizzati in comitato) determinando i limiti, più o meno ampi, della delega (art.2381). Il consiglio non si priva dei propri poteri di cui rimane titolare, ne conferisce l’esercizio, per

ragioni di funzionalità. Al consiglio è consentito, in qualsiasi momento, di revocare l’investitura; sipuò porre tutt’al più questione se la delega venga attribuita a termine e, in questa eventualità, si ri-tiene, talvolta, che la revoca sia consentita ricorrendo una giusta causa.Gestione e rappresentanza; la tutale dei terziCon le decisioni gestionali gli amministratori esercitano il potere di iniziativa, che rileva, esclusi-vamente, all’interno della società. Il potere di impegnare la società con i terzi, con l’assunzione diobblighi e l’acquisto di diritti che è esercitato all’esterno, è qualificato di rappresentanza; gli am-ministratori che ne sono investiti rappresentano, infatti, legalmente la società, anche processualmen-te. Esso per ragioni di funzionalità non è conferito a tutti gli amministratori, ma soltanto ad alcuni:il presidente del consiglio di amministrazione e i delegati, questi ultimi in coerenza con le preroga-tive che gli sono state attribuite con la delega. Gli amministratori possono impegnare la società

compiendo tutti gli atti che rientrano nell’oggetto sociale salve le limitazioni di legge o dell’atto co-stitutivo. Orientamento assolutamente prevalente ritiene che il potere di gestione ed il potere di le-gale rappresentanza competano inscindibilmente all’organo amministrativo sia se a struttura colle-giale sia se a struttura unipersonale. Il funzionale collegamento tra il potere di gestione e quello dilegale rappresentanza non impedisce ai soci di disciplinare l’uno e l’altro in modo diverso. Nulla nevieta la separazione ovvero la ripartizione dell’esercizio, ed infine, la limitazione dell’oggettodell’uno e dell’altro. Ai soci è, soltanto, precluso di privare l’organo amministrativo della preroga-tiva gestoria. Anche con riguardo al potere di rappresentanza trovano applicazione le regole al ser-vizio della pubblicità legale; gli amministratori che ne sono investiti devono depositare, nel terminedi quindici giorni dalla notizia del conferimento, le proprie firme autografe presso l’ufficio del regi-stro delle imprese. La tutela dei terzi è preservata ulteriormente: le cause di nullità o di annullabilità

della nomina degli amministratori che hanno la legale rappresentanza non gli sono opponibili; lelimitazioni poste dall’atto costitutivo o dallo statuto al potere di rappresentanza, analogamente, nongli sono opponibili salvo che questi abbiano intenzionalmente agito a danno della società (art. 2383e 2384).Il conflitto di interessiL’amministratore, che per conto proprio o di terzi, è portatore di un interesse antagonista di quellodella società, deve darne notizia agli altri amministratori ed al collegio sindacale; deve, inoltre, a-stenersi dal partecipare alla deliberazione riguardante l’operazione. Se non si attiene a tale prescri-zione risponde delle perdite subite dalla società per il compimento dell’operazione stessa. Questa èl’ennesima conferma della rilevanza della componente fiduciaria propria del rapporto tra ammini-stratore e società. La deliberazione può essere impugnata dai soci assenti o dissenzienti, ovvero daisindaci alla duplice condizione che possa recare danno alla società e che il voto dell’amministratorein conflitto di interessi sia risultato determinante per la decisione; l’impugnativa deve essere propo-sta nel termine di decadenza di tre mesi che decorrono dalla data della sua adozione. Nel tentativodi impedire che l’eccezionalità di questa disciplina ( non sono previsti altri casi di invalidità ) incida

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negativamente, sugli interessi dei soci e dei creditori, consistente parte della giurisprudenza laconfigura, invece, quale modello per affermare ulteriori situazioni di invalidità. Si ritiene che l’art.2391 non riguardi quale norma eccezionale, ma che affermi un principio di portata generale che in-dividua il rimedio di cui avvalersi quando ricorrono i presupposti per la caducazione della delibera-zione degli amministratori. Questo indirizzo, che non è condiviso dalla prevalente dottrina, suscitaperplessità analoghe a quelle che hanno investito l’applicazione, al sistema delle società per azioni,dei tradizionali canoni sull’invalidità dei negozi. La limitazione dell’invalidità delle deliberazioniconsiliari al solo conflitto di interessi dell’amministratore, non rende conto di una lacuna del siste-ma; si è coerentemente protetto l’apparato organizzativo della società, sottraendolo a strumentaliz-zazioni e ad ostruzionismi tanto più pericolosi se destinati ad interferire sul diretto svolgimentodell’impresa. La severità delle sanzioni per l’amministratore in conflitto di interessi dà ragione deldivieto, per gli stessi amministratori, di assumere posizioni competitive con quelle della società; gliè preclusa, infatti, la qualità di soci illimitatamente responsabili in società concorrenti, nonchél’esercizio di attività concorrente, per conto proprio o di terzi. L’amministratore che contravviene siespone alla sanzione della revoca e risponde dei danni subiti dalla società ( art. 2390 ).La responsabilità verso la societàLa responsabilità degli amministratori può essere indotta dal mancato rispetto di obblighi specifici;

l’inadempimento potrebbe riguardare, inoltre, l’obbligo generale di esercitare l’attività con profes-sionale diligenza non incorrendo in conflitto di interessi. Mentre è agevole l’individuazione dellaviolazione specifica e delle conseguenze che provoca, più difficoltosa la precisazione della trasgres-sione dell’obbligo di portata generale. Soltanto in parte soccorre la normativa di legge che prescriveil livello della diligenza del comportamento. Opportuno chiarire preliminarmente che gli ammini-stratori rendono prestazioni di mezzi e non di risultato (rispondono se violano la valutazione pro-fessionale dell’iniziativa, superando il limite del rischio consapevolmente accettabile). L’azione tesaal risarcimento del danno deve essere promossa a seguito della deliberazione dell’assemblea ordina-ria che deve essere convocata con il relativo ordine del giorno. Se gli amministratori, chedell’iniziativa sono i destinatari, non provvedono, la convocazione deve essere curata dai sindaci; indifetto degli uni e degli altri, se sollecitati dai soci titolari del quinto del capitale sociale, dal presi-

dente del tribunale che vi provvede con decreto. In una sola occasione non è necessariol’inserimento, nell’ordine del giorno dell’assemblea, dell’argomento relativo all’azione di responsa-bilità, e cioè quando gli azionisti sono convocati in adunanza per l’esame del bilancio (art. 2393).La deliberazione dell’azione di responsabilità non comporta la revoca degli amministratori salvoche non sia adottata con il voto favorevole di un quinto del capitale sociale; in questa eventualità lastessa assemblea provvede alla sostituzione (art. 2393). Deliberata l’azione di responsabilità la so-cietà chiama in giudizio gli amministratori per ottenere il risarcimento del danno. La sentenza che loconclude non investe la convenienza della scelta, ma riguarda il comportamento ovvero l’omissionevalutata alla stregua del criterio della diligenza. La società può sia rinunciare all’azione sia transige-re la controversia, ma in entrambi i casi le relative decisioni devono essere approvatedall’assemblea sempreché una minoranza di soci che rappresenti il quinto del capitale sociale non li

disapprovi.Unanime è il convincimento che la responsabilità degli amministratori (solidale) nei confronti dellasocietà abbia natura contrattuale; la società è tenuta, pertanto, a provare l’inadempimento e il dannorisarcibile; l’amministratore, chiamato a rispondere, deve, viceversa, dimostrare la propria incolpe-volezza indicando i fatti che escludono ovvero attenuino la sua responsabilità.La responsabilità verso i creditoriSi è osservato che l’inadempimento degli amministratori può danneggiare anche i creditori sociali.Indispensabile è accertare l’interesse di cui sono portatori per stabilire quando risulti offeso. Indi-scutibile che essi perseguano la sola finalità della realizzazione del credito, di riflesso gli ammini-stratori rispondono verso i creditori sociali per l’inosservanza degli obblighi inerenti alla conserva-zione dell’intero patrimonio sociale (art. 2394). Mentre è unanime il convincimento sulla naturacontrattuale della responsabilità degli amministratori verso la società, affiorano dubbi su quella neiconfronti dei creditori che pare, comunque, preferibile qualificare allo stesso modo. Se la società ri-nuncia a proporre l’azione di responsabilità non è impedito ai creditori di esperire la propria.L’eventuale transazione tra società ed amministratori può essere impugnata dai creditori soltanto

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con l’azione revocatoria quando ne ricorrano gli estremi. Si discute sul collegamento tra le dueazioni, segnatamente se quella dei creditori sia autonoma dall’altra, ovvero ne risulti condizionata,qualificandosi, in questo caso, surrogatoria. Il fondamento delle due azioni, e cioè la reintegrazionedel patrimonio sociale, è identico, ma si atteggia in modo diverso per la società e per i creditori. Siassegna precedenza all’iniziativa risarcitoria della società che assicura la ricostruzione del patrimo-nio che non garantisce, tuttavia e soltanto, i creditori sociali, ma che è, innanzitutto, strumento perlo svolgimento dell’impresa. Del resto il ricorso ai rimedi per fronteggiare l’alterazione delle moda-lità attraverso le quali si dispiega l’attività sociale deve essere, ancora una volta, valutato alla stre-gua dei principi della società per azioni. Mentre la società può agire a fronte di qualsiasi violazioneche induca pregiudizio, i creditori possono esercitare l’azione di responsabilità soltanto quando inconcreto sia attentato il recupero del credito.La responsabilità verso il singolo socio e il singolo terzoGli amministratori rispondono anche dei danni direttamente arrecati, nell’esercizio o in occasionedel loro ufficio, al patrimonio del singolo socio o del singolo terzo (art. 2395). Per il danno soffer-to dalla società, soltanto la stessa è in grado di reagire per il risarcimento del danno il cui ottenimen-to soddisfa, simmetricamente, anche il singolo socio. Questi, viceversa, può esercitare individual-mente l’azione di responsabilità quando la condotta o l’omissione degli amministratori, colposa o

dolosa, si proietti, senza mediazione della società, sul suo patrimonio. Normalmente si richiama lasituazione nella quale gli amministratori abbiano rappresentato, in modo infedele, nel bilancio diesercizio, lo stato della società, determinando il socio o il terzo a sottoscrivere azioni di nuova e-missione per un prezzo ingiustificato; si richiama, altresì, quella nella quale un terzo abbia finanzia-to la società confidando nei lusinghieri risultati rappresentato in un bilancio, invece falso. Prevale ilconvincimento che la responsabilità degli amministratori nei confronti del singolo terzo e del singo-lo socio abbia natura extra contrattuale. È opportuno muovere dalla premessa che la lesione deveessere ascritta ad atti od omissioni posti in essere o perpetrate dagli amministratori nell’esercizioovvero in occasione del loro ufficio. Inoltre l’art. 2395 esige che la condotta degli amministratoridanneggi direttamente il socio. La categoria dei terzi non si esaurisce in quella dei creditori: gliamministratori potrebbero aver danneggiato estranei alla società, non titolari di crediti. Anche in

questa eventualità l’iniziativa risarcitoria non incontra limiti, il singolo terzo può, quindi, agire inpiena autonomia, individualmente, in considerazione del fatto che non opera il presuppostodell’insufficienza del patrimonio sociale: il comportamento degli amministratori lesivo degli inte-ressi del singolo terzo ha prodotto effetti mirati, non riguarda, indistintamente, la categoria dei terzi;investe una specifica posizione al cui titolare è concesso l’immediato esercizio del rimedio per otte-nere il risarcimento del danno. Per tali ragioni l’organico sistema normativo che disciplina la re-sponsabilità degli amministratori ( 2393 – 2394 – 2395 ) suggerisce di qualificare come contrattualeanche la responsabilità nei confronti del singolo socio o del singolo terzo.Il direttore generaleL’articolazione attraverso la quale vengono ripartiti i poteri per l’esercizio dell’attività comporta ilconferimento di specifici compiti a soggetti che nella gerarchia dell’impresa assumono la qualifica

di direttori generali. Questi, con assoluta frequenza, sono dipendenti della società, mentre il con-tratto che lega gli amministratori non è segnato da subordinazione. Gli vengono conferiti poteri e-sercitati nell’ambito dell’organizzazione societaria, raramente all’esterno; la proiezione esterna puòtrovare fondamento nell’attribuzione dei compiti di gestione e coordinamento del personale dipen-dente, tra i quali quello della sua assunzione o del suo licenziamento. L’art. 2396 disciplina le con-seguenze della nomina del direttore generale da parte dei soci, sia nell’atto costitutivo sia in assem-blea: in queste eventualità trovano applicazione le regole sulla responsabilità degli amministratori inrelazione ai compiti che gli sono affidati. In ogni caso il direttore generale collabora con l’organoamministrativo al cui controllo è, di regola, assoggettato. Se il direttore generale è investito di poteriesercitabili con proiezione esterna, si ritiene che operi come institore della società.Il collegio sindacaleNell’organizzazione della società per azioni il collegio sindacale svolge molteplici compiti control-lando l’esercizio dell’attività e l’osservanza della legalità. I sindaci esercitano poteri di verifica e diaccertamento al servizio della correttezza dell’azione sociale. Il loro controllo investe la condottadegli amministratori, ai quali peraltro competono autonomi poteri per garantire la legalità

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dell’attività. Non si determinano peraltro sovrapposizioni e interferenze: il ruolo dei sindaci è so-vraordinato a quello dell’organo amministrativo poiché essi sono tenuti a controllarel’amministrazione della società; anche l’obbligo di vigilanza sull’osser-vanza della legge e dell’attocostitutivo non equivale a quello degli amministratori di vigilare sul generale andamento della ge-stione. Il collegio sindacale deve, poi, accertare la regolare tenuta della contabilità e la corrispon-denza del bilancio alle risultanze dei libri e delle scritture contabili e l’osservanza delle norme per lavalutazione del patrimonio sociale ( art. 2403 ). Si conferma la sua posizione sovraordinata agliamministratori nell’assicurare la legalità poiché i sindaci controllano se l’organo amministrativo harispettato quelle esigenze di regolarità, di corrispondenza e di valutazione. Il collegio sindacale puòessere composto di tre o cinque membri effettivi, soci o non soci; devono altresì essere nominatisindaci supplenti (art. 2397). I primi sindaci sono nominati con l’atto costitutivo, il presidente delcollegio sindacale è nominato dall’assemblea. Anche per la loro nomina l’atto costitutivo può pre-vedere clausole particolari, simili a quelle esaminate a proposito degli amministratori. I sindaci ri-mangono in carica per tre anni e non possono essere revocati se non per giusta causa; la delibera-zione di revoca deve essere approvata con decreto dal tribunale, sentito l’interessato (art. 2400). Isindaci sono ineleggibili per le stesse ragioni previste per gli amministratori, l’interdizione, il falli-mento o la condanna ad una pena che importa l’interdizione, anche temporanea, dai pubblici uffici o

l’incapacità a esercitare uffici direttivi. L’importanza dei compiti del collegio sindacale ha indottol’adozione di provvedimenti volti a valorizzare specifiche qualità professionali dei suoi componenti.Il Dlgs n. 88/1992 ha modificato a tal fine la precedente disciplina fissata dall’art. 2397. In passatole società per azioni con capitale inferiore a cinquecento milioni di lire dovevano scegliere tra gliiscritti nel ruolo dei revisori dei conti almeno uno dei sindaci effettivi se questi fossero stati nel nu-mero di tre e non meno di due, se i sindaci effettivi fossero stati nel numero di cinque; in entrambi icasi uno dei sindaci supplenti; le altre società per azioni dovevano scegliere almeno uno dei sindacieffettivi e uno dei supplenti negli albi professionali determinati dalla legge. In conformità della no-vella legislativa, che sarà applicata con le progressive cessazioni dei sindaci in carica dalla data del21 aprile 1995, i sindaci devono essere scelti tra gli iscritti nel registro dei revisori contabili istituitopresso il Ministero di Grazia e Giustizia. Per evitare soluzioni di continuità che potrebbero com-

promettere il funzionamento del collegio sindacale, in caso di morte, di rinuncia o di decadenza diun sindaco, subentrano i supplenti in ordine di età. Anche i sindaci, che cessano dall’ufficio perscadenza del termine, rimangono in carica fino alla nomina dei sostituti, sebbene questa specificaprorogatio non sia espressamente prevista come lo è per gli amministratori; induce per questo con-vincimento l’esigenza di garantire l’ininterrotto funzionamento dell’organo di controllo.Le funzioniLe funzioni curate dai sindaci hanno costituito oggetto di ripetute indagini della dottrina ed hannosuscitato pari interesse della giurisprudenza; si va sempre più accreditando il convincimento che glicompeta più incisivo controllo sul merito della gestione, verificando ed accertando se l’attività degliamministratori non trasgredisca la diligenza; necessario sottolineare che si deve trattare di compitidi controllo con la conseguenza che ai sindaci non spetta, in alcun modo, contribuire all’adozione di

scelte operative, di monopolistica competenza degli amministratori; sono, comunque, tenuti a para-lizzarle se eccedono il limite della tolleranza, se, in definitiva, espongono la società a rischi giudica-ti inaccettabili. Questo orientamento, stimolato anche dalla giurisprudenza, muove dal contenuto deicompiti riservati al collegio sindacale e di cui si è fatto cenno in precedenza: il controllodell’amministrazione, la vigilanza sull’osservanza della legge e dell’atto costitutivo, l’accertamentodella regolare tenuta della contabilità sociale, la corrispondenza del bilancio alle risultanze dei librie delle scritture contabili, l’osservanza delle norme per la valutazione del patrimonio sociale (art.2403). I compiti del collegio sindacale si completano con lo svolgimento di un’attività definita con-sultiva.Esprimono pareri:

•  sul bilancio di esercizio, predisponendo una apposita relazione nella quale esprimono leproprie osservazioni in vista della sua approvazione da parte dell’assemblea;

•  sul prospetto contabile e sulla situazione patrimoniale economica e finanziaria della societàche giustifichino la distribuzione degli acconti dividendo (art. 2433);

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•  sulla congruità del prezzo di emissione delle azioni nel caso di esclusione o limitazionedel diritto di opzione;

•  sulla remunerazione degli amministratori investiti di particolari cariche.La responsabilitàI sindaci devono compiere i loro doveri con la diligenza del mandatario e sono responsabili dellaverità delle loro attestazioni e devono conservare il segreto sui fatti e sui documenti di cui hanno

conoscenza per ragione del loro ufficio (art. 2407). Anche i sindaci sono soggetti all’azione di re-sponsabilità promossa dall’assemblea e dai creditori sociali, per questi ultimi sempreché il patrimo-nio sociale sia insufficiente. Tenuto conto che il collegio cura i propri compiti anche controllandol’attività degli amministratori, i sindaci rispondono solidalmente con essi; e ciò per i fatti e le omis-sioni di questi ultimi quando il danno non si sarebbe prodotto se avessero vigilato. Priva di discipli-na la responsabilità dei sindaci nei confronti del singolo socio o del singolo terzo, prevista, invece,per gli amministratori. Non si ravvisano, per la verità, ragioni per escludere che i sindaci possanorisultare destinatari dell’azione del singolo socio o del singolo terzo all’insuperabile condizione, tut-tavia, che siano stati direttamente danneggiati dal loro inadempimento.Controlli esterni sulle S.p.A.L’intervento dell’autorità giudiziaria

La legalità dell’attività non è garantita soltanto dall’esercizio di specifici poteri degli amministratorie dei sindaci che li esercitano all’interno della società; ancora più efficaci quelli a rilevanza esternapoiché determinano l’intervento dell’autorità giudiziaria. I soci che rappresentano il decimo delcapitale sociale, se vi è fondato sospetto di gravi irregolarità nell’adempimento dei doveri degliamministratori e dei sindaci, possono denunziare i fatti al tribunale; delle gravi irregolarità si puòrendere, autonomamente, responsabile l’organo amministrativo e quello di controllo, non è, cioè,necessaria la congiunta trasgressione. Il procedimento regolato dall’art. 2409 può essere sollecitatodai soci, che titolari del prescritto quorum propongano il relativo ricorso al tribunale, l’azione spettaagli azionisti di minoranza. Opportuno è chiarire che il procedimento non compete, esclusivamente,alla minoranza. Né può escludersi che il ricorso sia proposto dai titolari dell’intero capitale sociale,quindi da tutti i soci, proprio in considerazione del fatto che la legalità dell’azione li riguarda indi-

stintamente.La denuncia del pubblico ministeroLa denuncia al tribunale può essere presentata anche dal pubblico ministero al quale compete latutela degli interessi generali, dunque pubblici (art. 2409). Il procedimento in esame non tutela sol-tanto interessi privati, ma anche e contestualmente, quelli pubblici identificati, specie in passato,nelle esigenze dell’economia nazionale. Per identificare le finalità perseguite dal ricorso promossodal pubblico ministero, giova richiamare le considerazioni svolte in occasione dell’esamedell’omologa al momento della costituzione della società, segnatamente quelle relative alla sua fun-zione. Si ricorderà che in questa fase il controllo dell’autorità giudiziaria si accerta se la strutturaorganizzativa della società è idonea per operare legalmente. L’avallo prova la “diffidenza”dell’ordinamento per un’iniziativa caratterizzata dalla movimentazione di ricchezza in un regime di

irresponsabilità dei soci che rischiano soltanto il conferimento. In sostanza la verifica permette distabilire se l’organizzazione della quale gli azionisti si avvalgono, possa disattendere le regole.Questo richiamo agevola l’individuazione delle finalità dell’azione del pubblico ministero. Il mo-mento in cui agisce è affatto diverso da quello della costituzione, la società, infatti, opera. Le esi-genze della permanente conformità della sua azione al modello legale, impongono che un qualifica-to controllo assicuri, prevedendole ovvero reprimendole, le disfunzioni, specie se indotte da graviirregolarità nell’adempimento di amministratori e sindaci, i garanti della legalità. L’iniziativa delpubblico ministero soddisfa questo obbiettivo.Il procedimentoIl procedimento non può essere arrestato dalla rinuncia dei soci che lo hanno promosso anchenell’eventualità nella quale abbiano maturato un’intesa con la società, o meglio con gli amministra-tori ed i sindaci; in effetti è, comunque, indispensabile che l’autorità giudiziaria verifichi se le graviirregolarità sussistono; l’interesse, meritevole di tutela, non è soltanto quello dell’azionariato, è piùampio, si identifica in quello del mercato in generale. Il procedimento ex art. 2409 permetteall’autorità giudiziaria di confermare o di negare i sospetti oggetto di denuncia; è fatto obbligo di

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sentire in camera di consiglio gli amministratori e i sindaci; al termine dell’audizione il tribunalepuò ordinare l’ispezione dell’amministrazione della società. L’ispezione persegue l’obbiettivo distabilire se le irregolarità denunciate sussistano. Il tribunale dispone (sia nella immediata confermadelle irregolarità, sia al termine dell’ispezione) gli opportuni provvedimenti cautelari e convocal’assemblea per le conseguenti deliberazione. L’adunanza dei soci potrebbe non aderire ed il tribu-nale ne trarrebbe le sue conclusioni; se, viceversa, l’assemblea si uniforma, le gravi irregolaritàvengono eliminate con la riaffermazione della legalità dell’attività che può riprendere regolarmente.L’amministratore giudiziario opera in stretto contatto con il tribunale di cui è ausiliario ed è mu-nito della legale rappresentanza della società; con l’autorizzazione del presidente dello stesso tribu-nale compie anche atti di straordinaria amministrazione, in autonomia quelli di natura ordinaria.Anteriormente alla scadenza dell’incarico, l’amministratore giudiziario convoca e presiedel’assemblea per la nomina degli amministratori e dei sindaci o per proporre, se del caso, la messa inliquidazione della società. In effetti delle due l’una: o sono state nuovamente poste le premesse perla legale operatività affidata agli amministratori ed ai sindaci che hanno sostituito quelli precedenti,ovvero non vi è ragione per la prosecuzione dell’attività, ed è, di riflesso, coerente la messa in liqui-dazione.Autorità giudiziaria e disfunzioni dell’organizzazione

Il controllo esercitato dall’autorità giudiziaria, in conformità con l’art. 2409, consente l’organicapuntualizzazione del ruolo che essa esercita sull’intera vicenda societaria, fin dal momento della co-stituzione. In effetti quando si tratta di accertare la coerenza delle scelte iniziali degli azionisti con ilmodello legale, il notaio o gli amministratori sottopongono l’atto al tribunale; e ciò per ottenerel’omologazione che lo stesso tribunale, ricorrendone gli estremi, concede, sentito il parere del pub-blico ministero (art. 2330). Identico il procedimento in occasione della modificazione dell’atto co-stitutivo, naturalmente, nel corso di svolgimento dell’attività sociale, con esclusione, peraltro, delpotere del singolo azionista (art. 2411). L’autorità, in queste situazioni, quando si tratta di verificarela conformità, allo schema legale, delle scelte dei soci, non agisce di propria iniziativa.Controlli esterni sulle società quotateIl T.U. n. 58/98, al fine di assicurare un’ampia tutela degli azionisti e del risparmio investito nelle

società quotate, nonché allo scopo di garantire ai soci ed al pubblico una informazione compiuta everitiera circa la situazione patrimoniale e le vicende interne di tali società e dei gruppi di esse, hadisciplinato con regole innovative il sistema dei controlli esterni sulle stesse, incentrato sulle fun-zioni attribuite:

•  alla Consob: Commissione Nazionale per le Società e la Borsa;•  a società di revisione contabile, in possesso di determinati requisiti.

La ConsobLa Consob è un organo collegiale composto da un Presidente e quattro membri di comprovata espe-rienza, indipendenza e moralità. E’ nominata dal Presidente della Repubblica, su proposta del Presi-dente del Consiglio, previa delibera del Consiglio stesso. I componenti durano in carica 5 anni, sonorieleggibili una sola volta e non possono esercitare alcun’altra attività. Questo organismo:

•  determina l’ammissione dei titoli alla quotazione in borsa;•  dispone la soppressione e la revoca delle quotazioni;•  disciplina il funzionamento del mercato ristretto.

Per garantire l’informazione a beneficio della trasparenza:•  prescrivere la redazione del bilancio consolidato;•  richiedere la pubblicazione, nei modi e nei termini da essa stabiliti, di dati e notizie necessari

per l’informazione del pubblico;•  richiedere la comunicazione anche periodica di dati e notizie e la trasmissione di atti e do-

cumenti ad integrazione di quelli relativi al bilancio di esercizio, alle modificazioni dell’attocostitutivo e ad operazioni di fusione e di scissione;

•  eseguire ispezioni ed assumere notizie e chiarimenti dagli amministratori, dai sindaci e daidirettori generali al fine di accertare l’esattezza e la completezza dei dati;•  richiedere l’indicazione nominativa dei soci secondo le risultanze del relativo libro nonché

altri dati ad esso relativi.

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Successivamente all’entrata in vigore del Dlgs n. 58, la Consob:•  svolge ulteriori funzioni con riguardo agli assetti proprietari delle società quotate in borsa;•  può impugnare le deliberazioni assembleari viziate dall’esercizio del diritto di voto vietato

per la violazione degli obblighi di comunicazione di cui al precedente punto;•  stabilisce le modalità di esercizio del voto per corrispondenza e le modalità di svolgimento

della relativa assemblea;• 

vigila sull’attività delle società di revisione, assumendo i necessari provvedimenti, anchesanzionatori.I provvedimenti della Consob sono definitivi: contro di essi non è ammesso alcun ricorso gerarchi-co, ma il ricorso giurisdizionale al T.A.R.Tutte le notizie, le informazioni e i dati in possesso della Consob, in ragione delle sua attività di vi-gilanza, sono coperti da segreto d’ufficio anche nei confronti delle P.A. ad esclusione del Ministrodel tesoro, del bilancio e della programmazione economica.Le società di revisioneSi è accennato al rinnovato rapporto tra il collegio sindacale e la società di revisione e al diversoruolo che esercitano, rispetto al passato, con riguardo al bilancio: le originarie competenze dei sin-daci sono state, infatti, attribuite ai revisori. Il conferimento di questo compito alle società di revi-

sione costituisce proiezione dell’atro, anch’esso di verifica e anch’esso sottratto al collegio sindaca-le, relativo alla regolare tenuta della contabilità sociale e alla corretta rilevazione dei fatti di gestio-ne nelle scritture contabili. Le società di revisione devono essere iscritte in un albo speciale alla cuitenuta provvede la Consob che, al pari, cura l’iscrizione stessa, previo accertamento degli indispen-sabili requisiti. La Consob vigila sull’operato dei revisori per controllare, proprio ed innanzitutto,l’indipendenza e l’idoneità tecnica. Compete all’assemblea delle società quotate in borsa conferirel’incarico a quelle di revisione, finalizzato alla revisione del bilancio di esercizio e quello consolida-to, previo parere del collegio sindacale. Se l’assemblea non provvede, l’incarico è conferitod’ufficio dalla Consob; in ogni caso è di durata triennale e può essere rinnovato per non più di duevolte. La società di revisione esprime con apposita relazione il giudizio sul bilancio di esercizio e suquello consolidato. Se il giudizio è negativo la deliberazione di approvazione del bilancio può esse-

re impugnata da tanti soci che rappresentino almeno il 5% del capitale nonché dalla Consob. La de-licatezza e l’importanza dell’attività delle società di revisione è confermata dal parere che esprimo-no sulla congruità del prezzo di emissione dei titoli azionari quando è escluso o limitato il diritto diopzione e sulla valutazione dei conferimenti in natura; dalla relazione sulla congruità del rapporto dicambio nelle operazioni di fusione e di scissione e sulla distribuzione degli acconti dividendo. Lesocietà di revisione rispondono della propria attività, ai sensi dell’art. 2407, quindi in solido con gliamministratori dell’impresa soggetta a revisione.LE SOCIETÀ IN ACCOMANDITA PER AZIONI Società per azioni e in accomandita per azioni sono accomunate da dalla suddivisione del capitale inazioni, ma diversificate dalla dall’esistenza di due categorie di soci: gli accomandatari, ammini-stratori di diritto che rispondono solidalmente ed illimitatamente (in via sussidiaria) delle obbliga-zioni sociali; e gli accomandanti, i quali rispondono nei limiti del conferimento e non possonoamministrare la società. Rilevanti sono le diversità tra gli accomandatari dell’accomandita per azio-ni per azioni e quelli dell’accomandita semplice. Il socio accomandatario di quest’ultima societànon è, infatti, necessariamente amministratore; risponde solidalmente ed illimitatamente con gli ac-comandatari, ma non è di diritto amministratore. La sua responsabilità non si riconduce, ancora unavolta necessariamente, all’attribuzione del potere di amministrazione che potrebbe mancare; non acaso risponde per le obbligazioni contratte dalla società anteriormente all’acquisto della qualità disocio e di quelle sorte successivamente alla dismissione della carica. Nettamente diversa la respon-sabilità del socio accomandatario dell’accomandita per azioni che risponde per il periodo in cuimantiene l’ufficio di amministratore (art. 2467). L’indiscutibile connessione tra la qualità di socio

accomandatario e quella di amministratore rappresenta il pregio ed il limite di questa società: il pre-gio, in considerazione del fatto che è preservata la stabilità della gestione della società, perché salvala revoca il socio accomandatario può mantenere la carica di amministratore permanente; e il limite,poiché la prospettiva della responsabilità solidale ed illimitata ha notevolmente condizionato il gra-

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dimento di questo tipo di società. Nella società in accomandita per azioni risulta attenuatal’irrilevanza della partecipazione, ancorché rappresentata da azioni: la persona di chi appresta imezzi assumendo la qualità di socio accomandatario, amministratore di diritto, assume importanzanon trascurabile, anzi decisiva. Questa essenziale peculiarità della società in accomandita per azioniinfluenza, in primo luogo, la sua denominazione nella quale deve essere riprodotto almeno il nomedi uno dei soci accomandatari, con l’indicazione, comunque, di società in accomandita per azioni;se ne giovano i terzi che identificano uno degli amministratori sulla cui consistenza patrimonialepossono confidare, ad integrazione di quella del patrimonio sociale (art. 2463). L’atto costitutivodeve indicare i soci accomandatari che amministratori di diritto sono soggetti agli obblighi di quellidella società per azioni (art. 2465). Si è già osservato che la revoca degli amministratori deve esseredeliberata con le maggioranza prescritte per le deliberazioni dell’assemblea straordinaria delle so-cietà per azioni. Al pari con lo stesso quorum viene decisa la sostituzione dell’amministratore; se gliamministratori sono più di uno, la nomina del sostituto o dei sostituti deve essere approvata da quel-li rimasti in carica, per assicurare omogeneità alla gestione dell’impresa. Il nuovo amministratoreassume la qualità di socio accomandatario dal momento dell’accettazione della nomina, con gli ef-fetti sul regime della sua responsabilità, solidale e illimitata, che sono stati richiamati. Al serviziodella stessa finalità – la protezione del ruolo dei soci accomandatari, amministratori – la prescrizio-

ne che impone l’approvazione delle modificazioni dell’atto costitutivo con le stesse maggioranzefissate per l’assemblea straordinaria della società per azioni nonché con l’approvazione di tutti i sociaccomandatari (art. 2740). L’accomandita per azioni, in effetti, si può sciogliere se cessanodall’ufficio tutti gli amministratori e se nel termine di sei mesi non si è provveduto alla loro sostitu-zione ed i sostituti non hanno accettato la carica (art. 2468). Nel periodo necessario per tentare laricomposizione dell’organo amministrativo il collegio sindacale nomina un amministratore provvi-sorio per il compimento degli atti di ordinaria amministrazione che non assume la qualità di socioaccomandatario (art. 2468). La tutela accordata ai soci accomandatari incontra il solo limite, indica-to dall’art. 2469: non hanno diritto di voto, per le azioni di cui sono titolari, nelle deliberazionidell’assemblea relative alla nomina ed alla revoca dei sindaci e all’esercizio dell’azione di respon-sabilità nei loro confronti. Indiscutibile la finalità di garantire l’indipendenza dell’organo di control-

lo.SOCIETÀ A RESPONSABILITÀ LIMITATA La società a responsabilità limitata è una società di capitali preordinata al fine di fornire, alle impre-se sociali di ridotte dimensioni, uno schema societario che per metta di fruire del beneficio della re-sponsabilità limitata.Società per azioni e società a responsabilità limitata beneficiano, entrambe, della piena autonomiapatrimoniale ed i rispettivi soci rispondono esclusivamente nei limiti del conferimento. Le distin-gue, tuttavia, la tecnica di ripartizione del capitale sociale: quello della società per azioni articolatoin azioni, quello della società a responsabilità limitata in quote. Queste ultime possono essere di di-verso ammontare, ma in nessun caso inferiori a mille lire. Se il conferimento è superiore a questominimo la quota deve essere costituita da un ammontare multiplo di mille lire. Il capitale è suddivi-

so in funzione delle persone dei soci che possono sottoscrivere frazioni di ammontare diverso chenon attribuiscono uguali diritti (come le azioni). Queste parti del capitale formano unitariamente laquota del socio sulla quale si commisura l’ampiezza della sua partecipazione. Mentre l’azionista ètitolare di una o più azioni, il socio di una società a responsabilità limitata lo è di una sola quota. Laquota non si “cartolarizza” in un documento e non è, quindi, trasferibile con l’efficace semplicità esicurezza dell’azione; priva, cioè, di consistenza fisica, ricompresa tra i beni immateriali, si trasferi-sce in conformità di un procedimento introdotto da recente normativa di legge. I soci della società aresponsabilità limitata che svolgono la comune attività confidando, innanzitutto e fiduciariamentenella reciproca identità personale, destinano, di solito, al servizio dell’impresa risorse limitate: il ca-pitale minimo è fissato in venti milioni. Viene, di regola costituita per la realizzazione di obbiettivipiù circoscritti rispetto a quelli della società per azioni e dell’accomandita per azioni; nulla vieta,tuttavia, che la società a responsabilità limitata sia utilizzata per iniziative di ampia prospettiva perla quale si apprestino i mezzi idonei incrementando, pertanto, il capitale minimo.

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L’autonomia privata ed i limiti ai principi capitalisticiLa società a responsabilità limitata è ricompresa in quelle a base capitalistica: beneficia della limita-zione della responsabilità e la sua struttura organizzativa segnala la sostanziale identità con quelladella società per azioni e in accomandita per azioni; ai suoi soci è concesso, con ampiezza, di ade-guare tale struttura “personalizzandola”, senza che ciò induca identificazione tra le persone dei socie l’organizzazione. È necessario, infatti, ribadire l’intangibilità degli aspetti qualificantidell’organizzazione che l’autonomia contrattuale non può, in ogni caso, attentare (ad esempio,non può essere soppressa l’assemblea). La singolarità dell’assetto organizzativo della società a re-sponsabilità limitata trae origine dalla particolare articolazione del complesso delle disposizioni dilegge che la governano, che valorizza l’autonomia contrattuale. La verosimile spiegazione di questaarticolata disciplina è da individuare proprio nella funzione riconosciuta all’autonomia contrattualedei soci. Mentre nell’accomandita per azioni, per la rigidità del modello legale essa è circoscritta ene sono consentite manifestazioni assolutamente contenute, nella società a responsabilità limitata leè riservata un’importante funzione. Si giustifica, così, che siano indicate le regole della società perazioni applicabili a quella a responsabilità limitata e che, non a caso, riguardano, innanzi tutto, iprofili intangibili dell’organizzazione; all’autonomia contrattuale dei soci è radicalmente preclusomodificarli. Trovano, altresì, applicazione le regole specifiche proprie di questo tipo di società; per

il resto opera l’autonomia negoziale.Riflessi sull’organizzazione: costituzione e conferimentiL’atto costitutivo, atto pubblico, modellato pedissequamente su quello della società per azioni,deve contenere l’indicazione di società a responsabilità limitata. È vietata la costituzione perpubblica sottoscrizione in coerenza con la tendenziale peculiarietà di questa società per la selezionedei partecipanti per favorire le convergenze personali (art. 2475). Il capitale minimo è fissato inventi milioni (art. 2474). In ordine al conferimento trovano applicazione le regole della società perazioni sia se in denaro sia se in natura; al pari richiamati i limiti relativi agli acquisti di beni o dicrediti dai fondatori, dai soci e dagli amministratori (art. 2476); modellate sulle società per azioni leprestazioni accessorie (art. 2478). Diversa, anche se in maniera non significativa, la disciplinadell’inadempimento del socio all’obbligo del conferimento. Innanzitutto gli amministratori possono

diffidarlo affinché lo esegua nel termine di trenta giorni e non in quello di quindici. La diffida non èpubblicata nella Gazzetta Ufficiale, ma gli è inviata direttamente; il più consistente profilo distinti-vo: gli amministratori sono tenuti a vendere la quota del socio moroso per il valore risultantedall’ultimo bilancio approvato; è accordato agli altri soci il diritto di preferenza nell’acquisto (art.2477).Socio unicoA seguito dell’attuazione della dodicesima direttiva CEE, introdotta dal Dlgs n. 88 del 1993, la co-stituzione della società a responsabilità limitata è consentita per atto unilaterale; nasce, cioè, inmancanza di un contratto e il socio unico che le dà vita beneficia della limitazione della responsabi-lità diversamente dall’azionista unico che risponde se la società per azioni è insolvente (art. 2362).La tutela dei terzi è garantita dal regime di pubblicità che impone agli amministratori, quando le

quote appartengono ad un socio, o quando muta la sua persona, di depositare per l’iscrizione nel re-gistro delle imprese una dichiarazione che lo identifichi anagraficamente (art. 2475 bis). Quando sicostituisce o ricostituisce la pluralità dei soci, gli amministratori devono depositare la relativa di-chiarazione (art. 2475 bis). Al pari sanzionata la violazione di questi obblighi nel riflesso sui terzi: ilsocio unico perde il beneficio della limitazione della responsabilità fino a quando non sia stata at-tuata la prescritta pubblicità (art. 2479). Rigorosa anche la disciplina del socio unico con la società:i contratti o le operazioni a suo favore, anche quando non fossero stati eseguiti gli adempimentipubblicitari ora richiamati, devono essere trascritti nel libro delle adunanze e delle delibere del con-siglio di amministrazione ovvero risultare da atto scritto. I crediti del socio unico nei confronti dellasocietà non sono assistiti da cause legittime di prelazione per evitare di pregiudicare gli altri credito-ri nel caso di fallimento della stessa società (art. 2490 bis).Assemblea, organo amministrativo e collegio sindacaleLa rilevanza delle persone dei soci nella società a responsabilità limitata non elimina, ovviamente,l’organizzazione, ma ne semplifica il funzionamento. Il procedimento di convocazionedell’assemblea è, in effetti, snello e rapido. Non è necessaria la pubblicazione dell’avviso di convo-

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cazione nella Gazzetta Ufficiale poiché è inviato ai soci, dagli amministratori, con raccomandataalmeno otto giorni prima dell’adunanza; la comunicazione deve indicare il giorno, l’ora e il luogodella riunione e l’elenco delle materie da trattare (art. 2484). Nell’atto costitutivo possono essereprevisti altre modalità come ad esempio il fax. Non è prevista la seconda convocazione; nulla scon-siglia l’inserimento della relativa regola nell’atto costitutivo. Hanno diritto di intervenirenell’assemblea i soci iscritti nel libro soci che, diversamente dagli azionisti, non possono depositarealcunché per legittimarsi alla partecipazione: la quota di cui sono titolari non si cartolarizza, in ef-fetti, in un documento. Non sono fissati quorum costitutivi, ma soltanto quelli deliberativi. Ogni so-cio ha diritto ad almeno un voto; se la quota è multipla di mille lire ha diritto ad un voto per ognimille lire (art. 2485). La rilevanza delle persone dei soci e l’opportunità di agevolare il loro contri-buto per l’adozione delle deliberazioni assembleari giustifica quorum deliberativi più elevati diquelli della società per azioni. L’assemblea ordinaria delibera con il voto favorevole di tanti sociche rappresentano la maggioranza del capitale, la straordinaria con quella di due terzi. Da non con-dividere il convincimento di parte della giurisprudenza che nega la riduzione del quorumdell’assemblea straordinaria, giustificandone soltanto l’aumento. Manca, in realtà, una previsione,nella normativa di legge, sulla quale poggiare tale limitazione incompatibile con l’ampia autonomiaconcessa ai soci nella determinazione dell’atto costitutivo. Suscita discussione il mancato richiamo

dell’art. 2380 che riguarda la società per azioni; con la conseguenza che la presenza di più ammini-stratori non determinerebbe la costituzione dell’organo collegiale, cioè, del consiglio di amministra-zione. Tale omesso richiamo non impedisce l’applicazione, in via analogica, di quell’articolo. In de-finitiva se siano, ovviamente più di uno non parrebbe vietato affidare i relativi poteri ad ognuno diessi disgiuntamente. La soluzione parrebbe possibile proprio per il mancato richiamo dell’art. 2380;il vuoto normativo autorizza l’autonomia contrattuale a manifestarsi con ampiezza. La semplifica-zione dell’apparato organizzativo investe anche l’attività di controllo. Se il capitale sociale è infe-riore a duecento milioni, la nomina del collegio sindacale non è obbligatoria (art. 2488); al pari nonè obbligatoria se ricorrono le condizioni poste dall’art. 2435 bis per la redazione del bilancio informa abbreviata (art. 2488); venendo meno o l’una o l’altra circostanza, i sindaci devono essere,invece, nominati. In ogni caso, anche in mancanza del collegio sindacale, è consentito il ricorso

all’autorità giudiziaria, ai sensi dell’art. 2409, quando la denuncia sia proposta dai soci che rappre-sentino il decimo del capitale (art. 2488). L’assenza del collego sindacale è bilanciatadall’attribuzione di una specifica autotutela ad ogni socio cui è consentito di ottenere notizie sullosvolgimento degli affari sociali e di consultare i libri sociali. I soci che rappresentino almeno un ter-zo del capitale hanno, inoltre, il diritto di fare eseguire annualmente a proprie spese la revisione del-la gestione.Le modificazioni dell’atto costitutivoLe modificazioni dell’atto costitutivo segnalano alcune peculiarità rispetto alle società per azioni.Non sono richiamate né la delega agli amministratori per l’aumento del capitale, né la soppressionedel diritto di opzione che spetta ai vecchi azionisti sulle azioni di nuova emissione, quandol’interesse sociale lo esige (art. 2441). Da non condividere l’opinione secondo la quale della delega

non sia consentito avvalersi poiché il conferimento del relativo potere si rivelerebbe incompatibilecon i caratteri qualificanti della società. In linea con le precedenti osservazioni sembra corretto di-stinguere la situazione nella quale l’amministrazione sia affidata a soci da quella nella quale sia af-fidata ad estranei. Nel primo caso gli amministratori provengono dalla compagine sociale e non sidelineano controindicazioni per il conferimento della delega; sono nella condizione, cioè, di valuta-re sia l’esigenza di capitalizzazione della società sia la disponibilità dei soci ad assecondarel’operazione di aumento. Per le ulteriori modificazioni dello stesso atto costitutivo trovano applica-zione le prescrizioni che riguardano la società per azioni, fermo restando che nell’eventualità di ri-duzione del capitale per perdite i soci conservano i diritti sociali secondo il valore originario dellerispettive quote (art. 2496).Il trasferimento delle quoteSi è accennato che le quote sono liberamente trasferibili, salvo diversa previsione dell’atto costituti-vo. Per colpire illecite operazioni di riciclaggio del denaro sono state introdotte regole particolariper il trasferimento delle quote della società a responsabilità limitata (l. 1993 n. 310). Il trasferimen-to deve risultare da scrittura privata con sottoscrizione autenticata dal notaio che è tenuto a deposi-

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tare l’atto di trasferimento per l’iscrizione nel registro delle imprese, nei trenta giorni successivi.Negli ulteriori successivi trenta giorni si deve provvedere all’iscrizione del trasferimento nel librosoci, su richiesta dell’alienante o dell’acquirente, a fronte dell’esibizione del titolo da cui risulti iltrasferimento stesso e l’avvenuto deposito (art. 2479). Nel caso di cessione della quota, il socio chel’aliena è obbligato solidalmente con l’acquirente per i versamenti ancora dovuti, per un periodo ditre anni (art. 2481).LE SOCIETÀ MUTUALISTICHE Le prime società mutualistiche vennero costituite in Europa, con caratteristiche analoghe a quelleodierne, ai primi dell’ottocento, per iniziativa delle classi sociali meno abbienti oppresse dalle in-giustizie e disumane regole di vita imposte dalla rivoluzione industriale. Successivamente, però, ilmovimento perse la sua originaria impronta rigorosamente sociologica e classista, e le cooperativefinirono per essere considerate, nei vari ordinamenti europei, come comuni formule organizzativedella iniziativa economica privata. Il codice attuale richiama per le cooperative una parte della di-sciplina dettata per le società per azioni. L’art. 2516 infatti stabilisce che “alle società cooperative siapplicano in ogni caso le disposizioni riguardanti i conferimenti e le prestazioni accessorie, le as-semblee, gli amministratori, i sindaci, i libri contabili, il bilancio e la liquidazione della società perazioni, in quanto compatibili con le disposizioni seguenti con quelle delle leggi speciali”. Al codice

si affianca una copiosa e complementare legislazione speciale che ha una portata preminente e chespesso introduce regole particolari, non del tutto coerenti con i principi generali. Al vertice del si-stema delle fonti si colloca l’art. 45 Cost., che sancisce che “la Repubblica riconosce la funzionesociale della cooperazione a carattere di mutualità e senza fini di speculazione privata. La legge nepromuove e favorisce l’incremento con i mezzi più idonei e ne assicura con gli opportuni controlli,le finalità”. Recentemente, la legge Bersani del 1997 n. 266 ha istituito la piccola società cooperati-va. Si tratta di una società a struttura semplificata, nella quale la gestione dell’impresa può essereaffidata all’assemblea.Lo scopo mutualisticoNell’ordinamento giuridico vigente le cooperative possono definirsi come società caratterizzate dal-lo scopo mutualistico e da un particolare tipo di organizzazione, che, per la loro funzione sociale,

godono di agevolazioni di varia natura e sono assoggettate a specifici controlli. L’elemento fonda-mentale, tra i molti che compongono questa definizione, sta però nello scopo mutualistico. Questocaratterizza oggi un tipo particolare di società e giustifica il particolare tipo di organizzazione inter-na delle cooperative. Lo scopo mutualistico attribuisce inoltre alle cooperative particolare meritevo-lezza, e quindi funzione sociale giustificando le agevolazioni, che non riguardano le imprese cheperseguono scopi diversi da quello mutualistico. Lo scopo mutualistico delle cooperative consiste-rebbe in una reciprocità di prestazioni tra soci e società (gestione di servizio) che sarebbe assentedallo scopo delle società ordinarie. Le cooperative debbono svolgere la loro attività direttamente peri propri soci, e a condizioni di favore rispetto a quelle praticate sul mercato. Pertanto, lo scopo mu-tualistico delle cooperative si traduce in una serie di obblighi della società fornire beni, servizi e oc-casioni di lavoro ai propri membri a condizioni più favorevoli di quelle del mercato. Il rapporto mu-

tualistico si realizza in ogni settore, in base a rapporti distinti e successivi al rapporto sociale. In talsenso, nelle cooperative si sottolinea la esigenza di una duplicità di rapporti: contratto di società esuccessivi rapporti contrattuali di scambio, caratterizzati da una particolare vantaggiosità economicadella prestazione alla quale il socio ha diritto. Una eccezione è data dalle mutue assicuratrici. Inquesto particolare tipo di impresa mutualistica, in base all’art. 2546, non si può acquistare la qualitàdi socio, se non assicurandosi presso la società, e si perde la qualità di socio con l’estinguersidell’assicurazione, salvo quanto disposto dall’art. 2548. Il vantaggio mutualistico può essere rea-lizzato con due tecniche distinte: quella del vantaggio immediato, e quella del vantaggio differito oristorno. Si ha la prima ipotesi quando la società pratichi immediatamente prezzi inferiori o retri-buzioni superiori a quelle di mercato. Nella seconda ipotesi il vantaggio mutualistico viene attribui-to ai soci attraverso i ristorni che sono somme di denaro che la società distribuisce, o meglio resti-tuisce, ai soci periodicamente, quasi sempre in occasione dell’approvazione del bilancio di eserci-zio, in proporzione ai rapporti intercorsi con la cooperativa. Si ritiene, ma non tutti sono d’accordosu questa interpretazione, che le leggi recenti abbiano introdotto nel nostro ordinamento anche unamutualità di sistema, consistente nell’obbligo delle singole imprese di contribuire con le proprie ri-

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sorse al rafforzamento del movimento cooperativo, e fondata sulla istituzione dei Fondi mutua-listici per la promozione e lo sviluppo della cooperazione, ai quali tutte le cooperative devonodevolvere una quota, pari al 3%, degli utili di esercizio e i patrimoni residui di liquidazione.Scopo mutualistico e attività lucrativaIl legislatore italiano non ha mai imposto alle cooperative, tranne in casi eccezionali, un divieto ge-nerale di rapporti con i terzi non soci (mutualità pura). Anzi, il nostro legislatore, ha predisposto unsistema complessivo di norme che confermano l’assunto che le società cooperative possono nor-malmente offrire le proprie prestazioni anche ai terzi non soci (mutualità spuria). Né può ritenersiesistente un obbligo legale per le cooperative di agire prevalentemente con i propri soci. Questo si-stema è previsto espressamente per le banche di credito cooperativo, è adombrato da altre disposi-zioni, ma non è il modello di gestione che possa essere generalizzato e imposto a tutte le impresemutualistiche. Non esistendo ostacoli sostanziali a che le cooperative operino, anche in maniera si-stematica e prevalente, con il mercato, queste imprese possono anche trovarsi a perseguire uno sco-po di lucro. Però il legislatore, a questo proposito, detta una serie di regole che divergono tra quellestabilite per le società lucrative. In particolare:

•  la legge stabilisce un limite massimo ai conferimenti in denaro dei soci;•  la legge stabilisce poi un sistema particolare di distribuzione degli utili di esercizio128;•  non è consentita la ripartizione delle riserve tra i soci in caso di scioglimento del singolorapporto sociale;•  in caso di scioglimento della società, se la cooperativa aspira a godere di agevolazioni tribu-

tarie, lo statuto deve prevedere la devoluzione dell’intero patrimonio sociale, dedotti il capi-tale versato e rivalutato e i dividendi eventualmente maturati, ai Fondi mutualistici per lapromozione e lo sviluppo della cooperazione;

•  non esiste un mercato dei titoli di partecipazione a società cooperative. La cessione dellapartecipazione in cooperativa è soggetta alla autorizzazione degli amministratori può addirit-tura vietare la cessione delle quote e delle azioni con effetto verso la società;

•  le cooperative possono costituire consorzi di cooperative che sono di tre tipi:o  consorzi di cooperative ammissibili ai pubblici appalti;o  consorzi di cooperative in forma cooperativa, e cioè cooperative tra cooperative;o  consorzi di cooperative per il coordinamento della produzione e degli scambi;

•  una posizione particolare è riservata ai soci sovventori e gli azionisti di partecipazione coo-perativa ai quali è riconosciuto un privilegio nella distribuzione degli utili e nel rimborso delcapitale.

Tutti queste disposizioni hanno introdotto elementi sempre più marcatamente lucrativi, ed hannoposto la dottrina di fronte alla scelta tra la conciliazione della mutualità e lucratività o la ammissio-ne della odierna irrilevanza dello scopo mutualistico. Nella prima direzione le norme che hanno e-levato il livello di lucratività delle cooperative potrebbero essere interpretate nel senso che la leggeper salvaguardare il carattere mutualistico delle cooperative, non impone ad esse limiti alla produ-

zione ma solamente vincoli alla distribuzione e devoluzione dell’utile di esercizio.La costituzione della societàAlla costituzione della società sono dedicate tre norme nel codice civile, e cioè gli articoli 2518,2519 e 2520, e due norme nella legge Basevi, e cioè gli art. 22 e 23. Si applicano altresì per rinvioespresso dell’art. 2519, gli art. 2330 e 2331, dettati per le società per azioni e rispettivamente disci-plinanti l’iscrizione della società nel registro delle imprese e gli effetti dell’iscrizione. Analogamen-te a quanto avviene per le società per azioni, la costituzione della società cooperativa si configuracome una fattispecie a formazione successiva, composta di tre fasi:

•  la stipulazione dell’atto costitutivo;•  l’omologazione dell’atto costitutivo da parte del tribunale;

128 L’art. 2536 stabilisce due destinazioni obbligatorie e prioritarie degli utili di esercizio: a riservalegale e ai Fondi mutualistici per la promozione e lo sviluppo della cooperazione. La distribuzionedi dividendi ai soci è assoggettata a limitazioni quantitative. La remunerazione del capitale socialedelle cooperative e dei consorzi non può in alcun caso superare la remunerazione dei prestiti sociali.

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•  l’iscrizione della società nel registro delle imprese.Questo significa che la società sorge solo al compimento della fattispecie appena delineata. Nonrientra nella fattispecie costitutiva l’iscrizione, temporalmente successiva, della società cooperativanegli uffici prefettizi delle cooperative e nello schedario generale della cooperazione prescrittadagli art. 13 e 15 della legge Basevi. A differenza di quanto è previsto per le società in generale, perprocedere alla legale costituzione di una società cooperativa è necessario che i soci siano almenonove.I requisiti dei sociIl codice civile, tranne i labili riferimenti che possono cogliersi dagli art. 2518, 2523, 2525 e 2531,non contiene alcuna disposizione espressa relativa ai requisiti personali dei soci. A ciò provvedonole leggi speciali, che però lasciano molti settori dell’attività mutualistica privi di regole specifiche.Così, per le cooperative di lavoro si prevede che i “soci di cooperativa di lavoro devono essere la-voratori ed esercitare l’arte o il mestiere corrispondente alla specialità delle cooperative di cui fannoparte o affini”. Per alcune forme di cooperative agricole si stabilisce che non possono essere am-messe come soci “persone che esercitano attività diversa dalla coltivazione della terra”. Per le coo-perative di consumo si prevede che in esse non possono essere ammessi come soci “intermediari epersone che conducano in proprio esercizi commerciali della stessa natura non cooperativa”. Per le

cooperative edilizie, la situazione è molto più complessa perché il testo unico per l’edilizia popola-re ed economica stabilisce quali sono i requisiti dei soci delle cooperative fruenti di contributi pub-blici, mentre successivamente varie leggi speciali hanno individuato i vari requisiti dei soci con rife-rimento alle agevolazioni tributarie. Per le cooperative di credito si è invece stabilito che “per es-sere soci di una banca di credito cooperativo è necessario risiedere, avere sede ovvero operare concarattere di continuità nel territorio di competenza della banca stessa”.Responsabilità dei sociAnche la disciplina della responsabilità dei soci per le obbligazioni sociali distingue le cooperativedagli altri tipi di società. Innanzitutto esistono cooperative a responsabilità limitata in senso vero eproprio (art. 2514), nelle quali per le obbligazioni sociali risponde esclusivamente la società con ilsuo patrimonio. Vi sono cooperative poi a responsabilità sussidiaria o multipla, nelle quali, in ag-

giunta alla responsabilità del patrimonio sociale, ciascun socio risponde per le obbligazioni socialiper una somma multipla della propria quota. Nell’ambito di tale categoria il codice e la legge falli-mentare pongono un’ulteriore suddivisione, precisando che tale responsabilità sussidiaria multiplapuò essere limitata o illimitata. La responsabilità sussidiaria è limitata quando la percentuale mas-sima entro la quale ogni socio può essere chiamato a rispondere delle obbligazioni sociali in caso difallimento o di liquidazione coatta amministrativa è determinata nell’atto costitutivo. Essa è invecedefinita illimitata quando la misura della partecipazione dei soci alle perdite sociali non è predeter-minata dall’atto costitutivo, ma viene stabilita di volta in volta dagli organi del fallimento o della li-quidazione coatta amministrativa della società. Ulteriore caratteristica del regime adottato per le co-operative è che la responsabilità sussidiaria multipla, limitata o illimitata, può essere fatta valere so-lamente in caso di liquidazione coatta amministrativa e di fallimento della società. La odierna disci-

plina, sommariamente descritta, è il frutto di stratificazioni legislative verificatesi in periodi succes-sivi e questo rilievo ne spiega la evidente macchinosità. Ed infatti, la tendenza del legislatore è quel-la di imporre a tutte le cooperative il regime della responsabilità limitata vero e proprio.La pubblicitàDal primo ottobre 1997 per effetto della legge n. 266 del 1997 (la c.d. legge Bersani), l’obbligo dipubblicazione degli atti sul Bollettino ufficiale delle società cooperative (B.u.s.c.) è assolto conl’iscrizione e il deposito nel registro delle imprese. Funzione diversa ha la iscrizione nei registri pre-fettizi e nello schedario generale della cooperazione. Nel registro prefettizio delle cooperative oltrealle cooperative ammissibili ai pubblici appalti devono essere iscritte tutte le cooperative legalmentecostituite, qualunque sia il loro oggetto. Il registro è tenuto distintamente per sezioni: cooperazionial consumo, di produzione e lavoro, cooperazione agricola, cooperazione edilizia, cooperazione ditrasporto, cooperazione della pesca e cooperazione mista. L’art. 15 della legge Basevi ha poi istitutolo schedario generale della cooperazione, che è tenuto presso il Ministero del Lavoro e della previ-denza sociale. Nello schedario sono iscritte tutte le cooperative che figurano già nei registri prefetti-zi. In più sono in esso iscritte:

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•  le cooperative di credito e di assicurazione;•  i consorzi di cooperative ammissibili ai pubblici appalti;•  le cooperative aventi sede nelle regioni Sicilia, Trentino Alto Adige, Friuli Venezia Giulia.

L’iscrizione nei registri e nello schedario generale costituisce il presupposto essenziale ma nonsempre sufficiente per la concessione alle cooperative di agevolazioni tributarie e di altra natura. Èstato presso la Direzione generale della cooperazione del Ministero del lavoro l’albo nazionale delle

società cooperative edilizie di abitazione e loro consorzi al quale debbono iscriversi le cooperativeedilizie e i consorzi che intendono ottenere contributi pubblici.La partecipazioneL’art. 2525 del codice civile stabilisce che “l’ammissione di un nuovo socio è fatta con deliberazio-ne degli amministratori su domanda dell’interessato”. Assieme all’art. 2520, che prevede la c.d.“variabilità del capitale” la norma viene ritenuta espressione legislativa del principio della portaaperta, che è un aspetto organizzativo qualificante e indefettibile delle imprese mutualistiche. Ladottrina più recente ha però dovuto ridimensionare la rilevanza giuridica di questa regola. Infatti,per quanto riguarda l’entrata nella società, l’espressione “porta aperta” può risultare ingannevole, inquanto il sistema vigente dimostra che l’ingresso di nuovi soci nelle cooperative, essendo subordi-nato al possesso di determinati requisiti personali e all’autorizzazione degli amministratori, non è

affatto più agevole di quello previsto per la partecipazione a società di capitali. Limiti alla libertà diingresso sono imposti anche dal fatto che nelle cooperative si instaura sempre una comunione di in-teressi tra i soci che spinge taluno a intravedere in esse imprese “di tendenza” ovvero ideologica-mente orientate: si tratti o meno di rapporto retto da intuitus personae, quello che è certo è chel’ingresso di nuovi soci non può essere assolutamente libero ed indiscriminato, come la formulazio-ne letterale del principio lascerebbe pensare. Il principio della porta aperta non può che intendersicome sinonimo della regola della variabilità del capitale. Anche da questo raffronto il principio escenotevolmente ridimensionato, in quanto la variabilità del capitale, correttamente intesa, non signifi-ca libertà di investimento e di disinvestimento. Essa indica invece una semplificazione di forme perl’ingresso di nuovi soci, che può verificarsi anche senza ricorrere al procedimento di modificadell’atto costitutivo, e una maggiore libertà di scioglimento del singolo rapporto sociale. Recente-

mente, il legislatore è ritornato su questo delicato argomento, introducendo due disposizioni espres-samente dedicate alla ammissione di nuovi soci nelle cooperative di credito, che concedono mag-giore protezione a colui che aspiri ad essere ammesso nella società. per quanto riguarda le banchepopolari, l’art. 30 del Dlgs n. 385 del 1993 ha stabilito che:

•  le deliberazioni del consiglio di amministrazione devono essere motivate avuto riguardoall’interesse della società, alle prescrizioni statutarie e allo spirito della forma operativa;

•  l’interessato, in caso di rigetto della domanda, può presentare istanza di revisione al collegiodei probiviri;

•  il consiglio di amministrazione è tenuto a riesaminare la domanda quando il collegio deiprobiviri ne faccia richiesta.

Inoltre si stabilisce che coloro ai quali il consiglio di amministrazione abbia rifiutato l’ammissione asocio possono esercitare i diritti aventi contenuto patrimoniale relativi alle azioni possedute. L’art.34 inoltre stabilisce per le banche di credito cooperativo che è in facoltà della Banca d’Italia obbli-gare la banca stessa a motivare e comunicare agli interessati le deliberazioni di rigetto. L’art. 2525stabilisce che il nuovo socio deve versare, oltre l’importo della quota o dell’azione, una somma dadeterminarsi dagli amministratori per ciascun esercizio sociale, tenuto conto delle riserve patrimo-niali risultanti dall’ultimo bilancio approvato.Il trasferimento della partecipazione socialeL’art. 2523 del codice stabilisce che “le quote e le azioni non possono essere cedute con effetto ver-so la società, salvo in questo caso il diritto del socio di recedere dalla società”. La formulazione let-terale del primo e del secondo comma sembrerebbe ammettere l’efficacia inter partes del trasferi-

mento. L’articolo in esame insiste sulla inefficacia verso la società della cessione non autorizzata,con formula che richiama l’art. 2023 e l’art. 2479. Per questa ragione, una parte della dottrina e lagiurisprudenza prevalente ammettono la possibilità di trasferimenti con efficacia limitata alle soleparti contraenti, il che implicherebbe che il cedente, legittimato all’esercizio dei diritti sociali, resti

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obbligato a ritrasferire al cessionario i benefici economici conseguenti attraverso la partecipa-zione in società, senza che quest’ultimo possa però avanzare pretese nei confronti della società. altrinegano invece ogni possibilità di effetti, anche inter partes, della cessione non autorizzata: ciò inquanto la partecipazione a società cooperative è collegata a requisiti personali imposti direttamenteo indirettamente dalla legge e i benefici mutualistici, alla produzione dei quali lo Stato concorre conincentivi di vario genere, sono riservati ai soci, se ed in quanto posseggano determinati requisiti.Informazione dei sociI soci delle società cooperative, quando almeno un terzo del numero complessivo di essi lo richieda,hanno diritto, oltre a quanto stabilito dall’art. 2422, di esaminare il libro delle adunanze e delle deli-berazioni del consiglio di amministrazione e il libro delle adunanze e delle deliberazioni del comita-to esecutivo, se questo esiste.I soci sovventoriL’art. 4 della legge n. 59 del 1992, intitolato “soci sovventori”, prevede la applicabilità dell’art.2548, dettato in tema di mutue assicuratrici, alle società cooperative e loro consorzi. Non tutte lecooperative, però, possono prevedere soci sovventori. Sono innanzitutto escluse le società e i con-sorzi operanti nel settore dell’edilizia abitativa. Non possono, poi, prevedere soci sovventori le ban-che popolari e le cooperative di assicurazione. Si discute se i sovventori siano soci veri e propri o

solo finanziatori della società. si osserva infatti, nel senso della natura non societaria del rapporto disovvenzione che gli apporti dei sovventori non confluiscono nel capitale sociale, ma in fondi per losviluppo tecnologico e per la ristrutturazione o il potenziamento aziendale. Se questa osservazionefosse esatta il sovventore avrebbe diritto non a utili, ma ad un interesse, e non ad una liquidazionedi quota ma ad un rimborso dell’apporto. Le azioni dei sovventori sono necessariamente, senza chesia necessario il consenso del consiglio di amministrazione previsto dall’art. 2525. Tuttavia si pre-vede che l’atto costitutivo possa stabilire particolari condizioni per l’alienazione di tali azioni. Ilsovventore effettua un apporto la cui entità è determinata liberamente, indipendentemente dai limitimassimi stabiliti per i conferimenti dei soci ordinari. Tuttavia i voti attribuiti ai sovventori non de-vono in ogni caso superare un terzo dei voti spettanti a tutti i soci. Analogamente, i soci sovventoripossono essere nominati amministratori, come accade nelle mutue assicuratrici ( art. 2548 ).

Gli azionisti di partecipazione cooperativaL’art. 5 della legge n. 59 del 1992, intitolato “finanziamento dei soci e dei terzi” ha previsto la pos-sibilità per le cooperative di emettere “azioni di partecipazione cooperativa”. Tale emissione è con-cessa alle cooperative “che abbiano adottato nei modi e nei termini stabiliti dallo statuto precedentedi programmazione pluriennali finalizzate allo sviluppo e all’ammodernamento aziendale”. Le a-zioni di partecipazione possono essere emesse per un ammontare non superiore al valore contabiledelle riserve indivisibili o del patrimonio netto risultante dall’ultimo bilancio, che deve essere certi-ficato e depositato presso il Ministro del Lavoro e della previdenza sociale. L’alternativa offertadalla legge è forse frutto di una svista, perché il patrimonio netto dovrebbe comprendere in ogni ca-so le riserve, a meno che il legislatore non abbia inteso far riferimento, quando ha menzionato le ri-serve, anche a fondi che non compongono il patrimonio netto. Il bilancio di riferimento deve essere

certificato e depositato presso il Ministero del Lavoro. Le azioni di partecipazione cooperative de-vono essere offerte in opzione ai soci e lavoratori dipendenti della società, i quali possono sottoscri-verle anche superando i limiti quantitativi indicati dall’art. 3 della stessa legge. È dubbio se gli a-zionisti di partecipazione cooperativa possano essere nominati amministratori; e ciò soprattutto se simette in discussione la natura societaria del rapporto che li lega alla cooperativa. I possessori di a-zioni di partecipazione sono organizzati in assemblea speciale, la quale delibera sulla nomina e sullarevoca del rappresentante comune, sull’approvazione delle deliberazioni dell’assemblea della coo-perativa che pregiudichino i diritti della categoria, sulla costituzione di un fondo per le spese neces-sarie alla tutela dei comuni interessati, e sugli altri oggetti di interesse comune.Scioglimento del rapporto sociale limitatamente ad un solo socioRecessoL’art. 2526 stabilisce che “la dichiarazione di recesso, nei casi in cui questo è ammesso dalla leggeo dall’atto costitutivo, deve essere comunicata con raccomandata alla società e deve essere annotatanel libro dei soci a cura degli amministratori. Essa ha effetto con la chiusura dell’esercizio in corso,se comunicata tre mesi prima e, in caso contrario, con la chiusura dell’esercizio successivo”.

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L’unica ipotesi di recesso ammessa direttamente dal codice civile è quella di cui all’art. 2523,per il caso di divieto statutario di cessione delle quote o delle azioni. Perciò ci si interroga se allecooperative siano applicabili le ipotesi di recesso stabilite dalla legge per la società per azioninell’art. 2437, con riferimento alle deliberazioni di cambiamento dell’oggetto sociale, del tipo dellasocietà o di trasferimento della sede sociale all’estero; e, in caso di risposta affermativa, se la disci-plina stabilita nell’art. 2437 prevalga o meno su quella stabilita nell’art. 2526. Alla prima domandala dottrina e la giurisprudenza prevalenti danno risposta positiva. Altro problema sollevato dall’art.2526 è quello dei limiti alla introduzione di ipotesi di recesso statutario. A tale proposito l’opinionepreferibile è che, data la vigenza della regola della variabilità del capitale, e di quella contenutanell’art. 2523 lo statuto della cooperativa può prevedere liberamente i casi di recesso, sino ad am-mettere la possibilità di un recesso ad nutum, anche se la società è a tempo determinato.EsclusioneL’esclusione è ammessa nelle cooperative qualunque sia il tipo della società. nonostantel’improprietà del linguaggio, il codice intende avvertire che l’esclusione è possibile anchenell’ambito delle cooperative a responsabilità limitata, nelle quali la possibilità di scioglimento delsingolo rapporto sociale potrebbe pregiudicare gli interessi dei creditori sociali. L’art. 2527, richia-mando gli art. 2286 e 2288, ammette testualmente i seguenti casi di esclusione:

•  per mancato pagamento delle quote o delle azioni;•  per gravi inadempimenti delle obbligazioni che derivano dalla legge o dal contratto;•  per l’interdizione o per l’inabilitazione del socio;•  per la condanna del socio ad una pena che importa l’interdizione anche temporanea dai pub-

blici uffici;•  in caso di conferimento del godimento di una cosa, il socio può essere escluso per il peri-

mento della cosa o per causa non imputabile agli amministratori;•  può essere escluso il socio che si è obbligato con il conferimento a trasferire la proprietà di

una cosa, se questa è perita prima che la proprietà sia acquistata dalla società;•  infine, il socio può essere escluso nei casi stabiliti dall’atto costitutivo.

In tutti questi casi si parla di esclusione facoltativa o volontaria. Vi sono però anche ipotesi di e-sclusione di diritto, che può aversi, ex 2288:

•  nel caso di dichiarazione di fallimento del socio;•  in caso di liquidazione della quota del socio, ottenuta dal creditore particolare a seguito di

opposizione alla proroga della società.Il rimedio dell’esclusione colpisce anche l’ipotesi di invalidità del rapporto sociale derivante dallamancanza, originaria o sopravvenuta, di requisiti personali. Le principali ipotesi di esclusione delsocio di cooperativa sono previste negli statuti, con riferimento a vicende che riguardano lo svolgi-mento del rapporto mutualistico, e, in particolare, con riferimento all’inadempimento o alla impos-sibilità sopravvenuta delle prestazioni dovute dal socio alla società o ai terzi. Come prevede espres-samente l’art. 2527, il socio può essere escluso anche nei casi stabiliti dall’atto costitutivo. L’art.

2527 stabilisce che quando l’esclusione non ha luogo di diritto, essa deve essere deliberata dalla as-semblea dei soci o, se l’atto costitutivo lo consente, dagli amministratori, e deve essere comunicataal socio. La deliberazione di esclusione deve essere motivata. Il socio può, nel termine di trentagiorni, proporre opposizione innanzi al tribunale, che, in via cautelare e di urgenza, può sospenderel’esecuzione della deliberazione impugnata.Morte del socioL’art. 2528 del codice stabilisce che “in caso di morte del socio, salvo che l’atto costitutivo dispon-ga la continuazione della società con gli eredi, questi hanno diritto alla liquidazione della quota o alrimborso delle azioni, secondo le disposizioni dell’art. seguente”. La continuazione della società èpossibile con l’erede o con gli eredi che siano in possesso dei requisiti, e si trovino nelle condizioninecessarie per essere ammessi nella società. La clausola statutaria che ammette la trasferibilità mor-

tis causa della partecipazione sociale assume quindi un valore ben preciso: se infatti compare nelcontratto sociale, essa vincola innanzitutto la società, come se si trattasse di una opzione ex art.1331. Il vincolo per la società si risolve nella circostanza che è preclusa agli amministratori ogni va-lutazione circa la opportunità della ammissione degli eredi, essendo già stata fatta questa valutazio-

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ne a priori da tutti i soci fondatori, o dalla maggioranza dei soci in occasione di apposita modifi-ca statutaria.La liquidazione della quotaL’art. 2529 stabilisce che “nel caso di recesso, esclusione o morte del socio, la liquidazione dellaquota o il rimborso delle azioni ha luogo sulla base del bilancio dell’esercizio in cui il rapporto so-ciale si scioglie limitatamente al socio. Il pagamento deve essere effettuato entro sei mesidall’approvazione del bilancio stesso”.Capitale e patrimonioLe prime società cooperative anziché essere fondate sull’autonomia patrimoniale, poggiavano inte-ramente sulla garanzia illimitata e sui contributi periodici, saltuari e facoltativi, dei soci. D’altrocanto, per consentire alle classi meno abbienti la partecipazione a tali sodalizi, il legislatore ha con-sentito la costituzione di cooperative munite di capitale sociale irrisorio, la cui congruità non puòessere sindacata nemmeno dal tribunale al momento della iscrizione della società nel registro delleimprese. Questo principio non vale però per quelle cooperative alle quali la legge impone un capita-le minimo obbligatorio: tali sono soprattutto le cooperative di credito, le cooperative di assicurazio-ne e le mutue assicuratrici. Le cooperative vengono comunemente definite società a capitale “varia-bile”, mentre tutte le altre società sarebbero a capitale fisso. Questa definizione potrebbe però indur-

re in errore: in tutte le società il capitale è variabile, come variabili sono quasi tutti gli elementi delcontratto e dell’organizzazione. La distinzione tra società a capitale variabile e società a capitale fis-so consiste nel fatto che nelle prime è possibile un ingresso continuo di nuovi soci che, pur determi-nando un aumento di capitale per effetto dei nuovi conferimenti, non deve accompagnarsi ad unadeliberazione dell’assemblea straordinaria. L’art. 2520 stabilisce così che “la variazione del nume-ro e delle persone dei soci non importa modificazione dell’atto costitutivo”. La variabilità ri-guarda anche l’uscita dei soci dalla società. Infatti, considerando le ipotesi di scioglimento del sin-golo rapporto sociale, nelle cooperative emerge una maggiore libertà di scioglimento del rapportosociale, tanto è vero che il codice stesso ammette l’esclusione dei soci e, forse, la possibilità di re-cesso, ad nutum oltre che nei casi previsti nello statuto. Le cooperative sono, quindi, sottoposte aquesta disciplina:

•  il capitale della società, anche se questa è a responsabilità limitata, non è determinato in unammontare prestabilito;•  negli atti e nella corrispondenza della società non deve essere indicato il capitale sociale;•  la regola della variabilità del capitale dovrebbe esonerare le cooperative dal rispetto degli

art. 2446 – 2447, che disciplina, nell’ambito della società per azioni, l’ipotesi della riduzionedel capitale per perdite di oltre un terzo che riducono il capitale al di sotto del minimo.

Quote ed azioniLa partecipazione sociale nelle cooperative può essere rappresentata da quote o da azioni. Le azionidebbono necessariamente essere nominative. Le azioni dei sovventori sono nominative e liberamen-te trasferibili, a meno che l’atto costitutivo non preveda particolari condizioni per la loro alienazio-ne; mentre le azioni di partecipazione cooperativa possono essere anche al portatore. L’art. 3 dellalegge n. 59 del 1992, modificando l’art. 2521 e le leggi speciali successive che si occupano di que-sto problema, hanno stabilito che nelle società cooperative e nei loro consorzi il valore nominale diciascuna quota o azione non può essere inferiore a lire cinquanta mila, e il valore nominale di cia-scuna azione non può essere superiore a lire un milione, salvo quanto disposto per particolari cate-gorie di enti cooperativi. L’art. 29 del Dlgs 385/1993 stabilisce che il valore nominale delle azionidelle banche popolari non può essere inferiore a lire cinquanta mila. L’art. 33 dello stesso decretoha stabilito che il valore nominale di ciascuna azione di banca cooperativa non può essere inferiorea lire cinquanta mila, ne superiore a lire un milione. L’art. 7 della legge n. 59 del 1992, ha previstoche le cooperative e i loro consorzi possano destinare una quota di utili ad aumento gratuito del ca-pitale sociale sottoscritto e versato. Questo aumento del capitale non richiede una deliberazione

dell’assemblea straordinaria, ma può attuarsi attraverso le deliberazioni dell’assemblea ordinariache approvano il bilancio di esercizio.I prestiti dei soci e le obbligazioniLe cooperative e i consorzi di cooperative, in quanto imprese presenti anche nei mercati internazio-nali, hanno necessità di ingenti risorse finanziarie. In questa situazione, uno sviluppo particolare

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hanno avuto i prestiti dei soci, e cioè i finanziamenti che la cooperativa riceve direttamente daipropri aderenti. L’esistenza di una disciplina di favore fiscale, pur testimoniando la liceità del fe-nomeno, lascia però aperta la questione dei limiti che eventualmente debbano assegnarsi a tale ope-razione sul piano sostanziale. In particolare, è vivamente controverso se ai prestiti dei soci debbaapplicarsi la disciplina pubblicistica che riguardava la attività di raccolta del risparmio tra il pubbli-co; e se l’operazione possa attuarsi anche attraverso l’emissione di valori mobiliari. Si è sempre di-scusso, poi, se le cooperative possano fare ricorso al prestito obbligazionario; e la soluzione preva-lente in dottrina è stata quasi sempre di segno negativo. Solo alle banche cooperative la legge haconsentito recentemente la possibilità di emettere obbligazioni, anche convertibili, nominative e alportatore.L’acquisto di azioni e quote proprieL’argomento è toccato dall’art. 2522 e da alcune disposizioni di leggi speciali: l’art. 34 del Dlgs n.385 del 1993 stabilisce che le banche di credito cooperativo non possono acquistare le proprie azio-ni, né fare partecipazioni su di esse, né compensarle con le obbligazioni dei soci. Nelle cooperativel’operazione di acquisto di azioni e quote proprie ha una portata più ristretta di quella che essa rive-ste nella società per azioni. L’art. 2522 contribuisce ad attuare il principio della variabilità del capi-tale, consentendo un rapido smobilizzo della partecipazione di quei soci che non possano, o non vo-

gliano, invocare le norme più rigide in materia di recesso. In tale senso può anche parlarsi di “favo-ritismo” verso i soci. L’art. 2522 consente alle cooperative l’acquisto e il rimborso delle azioni oquote proprie, purché siano previsti nell’atto costitutivo, e nei limiti degli utili distribuibili e delleriserve disponibili risultanti dall’ultimo bilancio approvato.Gli organi socialiLa disciplina di assemblee, amministratori e sindaci di cooperativa è data da poche regole particola-ri, contenute nel codice e nelle leggi speciali, e da un nucleo di regole fondamentali, mutuate dallasocietà per azioni.L’AssembleaPer quanto riguarda l’assemblea, le regole particolari del codice e delle leggi speciali riguardano iseguenti punti:

•  le forme di convocazione: l’art. 2518 consente all’atto costitutivo di prevedere forme diconvocazione in deroga alle disposizioni di legge (raccomandata, affissione dell’avviso diconvocazione nella sede sociale);

•  il diritto di intervento e il diritto di voto: l’art. 2532 stabilisce che nelle assemblee hannodiritto di voto coloro che risultano iscritti da almeno tre mesi nel libro dei soci. Stabilisceinoltre che ogni socio ha un voto, qualunque sia il valore della quota o del numero delle a-zioni possedute;

•  le maggioranze: la seconda parte dell’art. 2532 stabilisce che l’atto costitutivo può determi-nare le maggioranze necessarie in deroga agli art. 2368 e 2369.

•  il voto per corrispondenza: qualora l’atto costitutivo lo consenta, il voto può essere datoper corrispondenza. In tal caso, l’avviso di convocazione dell’assemblea deve essere partico-larmente analitico e contenere per esteso la deliberazione proposta;

•  la rappresentanza: l’art. 2372 richiede, ai fini dell’ammissibilità della rappresentanza inassemblea, una espressa previsione dell’atto costitutivo, in mancanza della quale la rappre-sentanza non è consentita. Nelle cooperative inoltre la rappresentanza può essere conferitasolo ad altro socio.

Le assemblee separateL’art. 2533 ha espressamente previsto la possibilità di svolgimento di assemblee separate. La dispo-sizione più frequentemente citata a questo proposito è quella contenuta nell’art. 15 del Dlgs n. 1235del 1948 in tema di consorzi agrari. Possono prevedere assemblee separate:

•  le cooperative con non meno di cinquecento soci che svolgano la propria attività in più co-

muni;•  le cooperative costituite da appartenenti a categorie diverse, in numero non inferiore a tre-

cento, anche se svolgono la propria attività in più comuni.

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Il codice impone che l’atto costitutivo preveda le modalità per la convocazione delle stesse, perla nomina dei delegati all’assemblea generale e per le deliberazioni dell’assemblea generale. Unafondamentale e irrisolta questione è quella della sfera di competenza deliberativa delle assembleeseparate. Il codice ammette implicitamente che le assemblee separate debbano deliberare nel meritodegli argomenti ad esse sottoposti (i medesimi dell’assemblea generale). La deliberazionedell’assemblea generale si forma in modo successivo. Si ritiene, ma la tesi non è pacifica, che lo sta-tuto debba prevedere anche la nomina di delegati di minoranza, e che il mandato conferito ai dele-gati sia da ritenersi imperativo e vincolante.Gli amministratoriL’art. 2535 contiene alcune disposizioni specifiche relative agli amministratori di cooperative. So-stanzialmente il codice, per quanto concerne la disciplina del consiglio di amministrazione, richia-ma gli articoli 2380 e seg. limitandosi a fissare alcune disposizioni specifiche in ragione delle pecu-liarità del fenomeno mutualistico. La regola fondamentale stabilita dall’art. 2535 è che gli ammini-stratori di cooperativa devono essere soci o mandatari di persone giuridiche socie. Il sistema di ri-servare tale carica ai soci non è però privo di inconvenienti pratici. Il primo è quello della possibilearretratezza culturale e professionale dei soci, che ostacola il corretto svolgimento di una qualsiasiattività amministrativa degna di questo nome. Di tali inconvenienti si sono fatte carico alcune leggi

speciali, che hanno ammesso varie possibilità di deroga al principio enunciato dal codice. In sensodiametralmente opposto, può ritenersi orientata la più recente normativa relativa alle aziende di cre-dito, anche in forma cooperativa, che richiede, in capo ai soggetti che svolgono funzioni di ammini-strazione, direzione e controllo, requisiti di professionalità e di onorabilità. In secondo luogo, laformulazione letterale dell’art. 2535 implica che non può essere nominata amministratore una per-sona giuridica, ancorché socia. Per mandatari di persone giuridiche socie, infatti, devono intendersii soggetti ai quali la persona giuridica socia conferisca il proprio diritto all’elettorato passivo allacarica di amministratore.Il collegio sindacaleAnche per i sindaci vige una disciplina basata sul rinvio alla società per azioni. L’ultima partedell’art. 2535 stabilisce però che non si applicano alle cooperative le disposizioni dell’art. 2397, i

quali, dopo l’entrata in vigore del Dlgs n. 88 del 1992, impongono che i sindaci di società per azionidebbano essere scelti tra gli iscritti nel registro dei revisori contabili istituto presso il Ministero diGrazia e Giustizia.Amministratori e sindaci nominati dallo Stato o da Enti Pubblici - I probiviriIl caso di nomina di amministratori e sindaci da parte dello Stato o enti pubblici si presenta, nellecooperative, con una frequenza maggiore rispetto alle società per azioni. Ma la disciplina dettatacon riguardo al fenomeno mutualistico è molto meno ampia di quella dettata in tema di società dicapitali. Nelle cooperative è consentita la nomina extra assembleare della sola minoranza di tali or-gani e la facoltà di nomina di amministratori e sindaci dipende esclusivamente da previsioni statuta-rie. Nelle cooperative la facoltà di nomina extra assembleare prescinde dalla circostanza che lo Sta-to o gli enti pubblici siano soci della società, mentre invece gli art. 2458 e 2459 distinguono tra

l’ipotesi in cui vi sia o non vi sia una partecipazione pubblica. Non vi può essere nomina extra as-sembleare di amministratori e sindaci nelle banche popolari e nelle banche di credito cooperativo.Accanto ad amministratori e sindaci, nelle cooperative spesso capita di imbattersi in un organo ati-pico che è il collegio dei probiviri, al quale le leggi speciali, o clausole statutarie attribuiscono fun-zioni arbitrali per la soluzione di controversie interne alla società.Il controllo giudiziario (art. 2409)L’ammissibilità del controllo giudiziario ex art. 2409 potrebbe essere sostenuta con maggiore atten-dibilità per le cooperative con azioni quotate in borsa. Tuttavia, poiché di fatto le uniche cooperati-ve quotate in borsa sono le banche popolari, l’applicazione dell’art. 2409 è esclusa espressamentedall’art. 70 del testo unico bancario del 1993, che prevede, in caso di gravi irregolarità, la possibilitàdi un ricorso e di una denunzia alla Banca d’Italia.Le modificazioni dell’atto costitutivoLa trasformazioneLa trasformazione di società cooperativa in società lucrativa comporta non solo il mutamentodell’organizzazione, ma anche un mutamento della causa (trasformazione eterogenea). Prima che

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entrasse in vigore la legge n. 127 del 1971, la quale ha stabilito che le società cooperative nonpossono essere trasformate in società ordinarie, anche se la trasformazione sia deliberataall’unanimità, si contendevano il campo tre orientamenti principali:

•  una prima tesi sosteneva la trasformabilità delle cooperative in società ordinarie, secondo lenormali regole delle modificazioni dell’atto costitutivo, e quindi a maggioranza;

•  una seconda tesi ammetteva la trasformabilità solo se deliberata all’unanimità;• 

una terza tesi propugnava l’assoluta inammissibilità della trasformazione.Le leggi speciali possono prevedere eccezioni al divieto. La più nota è costituita dalle banche popo-lari: per le particolari esigenze del sistema creditizio si stabilisce che la trasformazione di banca po-polare in società per azioni può essere autorizzata dalla Banca d’Italia, ma solo in tre casi:

•  nell’interesse dei creditori;•  per esigenze di rafforzamento patrimoniale;•  a fini di razionalizzazione del sistema.

Non è consentita la trasformazione delle banche di credito cooperativo in società per azioni mentreresta vivamente controverso se le stesse possano trasformarsi in banche popolari.La fusione e la scissioneLa fusione è lo strumento più comunemente usato per realizzare processi di concentrazione, ed è

espressamente ammessa per le cooperative dal codice e da leggi speciali. Il codice, all’art. 2538,stabilisce che la fusione di società cooperative è regolata dagli art. 2501 – 2504. La fusione di coo-perative, come quella di società in genere, può attuarsi nelle due forme previste dall’art. 2501:

•  mediante la costituzione di una società nuova;•  mediante la incorporazione in una società di una o più altre.

Ciò premesso, la fusione può riguardare due o più società, tutte caratterizzate dallo scopo mutuali-stico; e può riguardare società mutualistiche e società lucrative. In questo ultimo tipo di fusione, ildivieto legislativo di trasformazione delle società mutualistiche in società lucrative comporta la i-nammissibilità di una fusione tra cooperative che sbocchi nella costituzione di una società lucrativa,e la inammissibilità della incorporazione di una società cooperativa in una lucrativa.L’art. 2358 prevede la scissione, che può essere attuata nelle forme previste per la società per azio-ni, ma che, in campo cooperativo potrebbe determinare, oltre che la lesione degli interessi dei credi-tori, anche la lesione degli interessi dei soci al perseguimento dello scopo mutualistico, o il muta-mento della causa mutualistica in causa lucrativa.I controlliLe società cooperative, per l’interesse pubblico ad esse collegato, sono soggette a rigorosi controllidell’autorità governativa. Al vertice del sistema si colloca il Ministero del Lavoro e della previden-za sociale. Per la esecuzione delle ispezioni ordinarie esso si avvale delle Associazioni nazionali dirappresentanza, assistenza e tutela del movimento cooperativo debitamente riconosciute, relativa-mente alle cooperative ad esse iscritte. Abbiamo poi le Commissioni provinciali di vigilanza. Costi-tuite presso la prefettura e composte da membri elettivi che rappresentano adeguatamente le varie

categorie di cooperative della provincia, le commissioni hanno funzione ispettiva, e di varia altranatura.La vigilanza sulle cooperative si attua mediante ispezioni ordinarie e straordinarie. Le ordinariesono effettuate dalle Associazioni nazionali riconosciute e dal Ministero del Lavoro per quelle chenon aderiscono ad alcuna associazione. La legge n. 59 del 1992 ha assoggettato ad ispezione ordina-ria annuale le cooperative che abbiano un fatturato superiore a trenta miliardi, ovvero che detenganopartecipazioni di controllo in società a responsabilità limitata, nonché le società cooperative ediliziedi abitazione ed i loro consorzi iscritti all’albo. Le ispezioni straordinarie sono invece disposte dalMinistero del Lavoro ogni volta che se ne presenti l’opportunità.La certificazione del bilancioLa riforma introdotta dalla legge n. 59 del 1992 ha previsto l’obbligo di certificazione annuale del

bilancio di esercizio per le cooperative e i loro consorzi che:•  abbiano un fatturato superiore a ottanta miliardi;•  detengano partecipazioni di controllo in società per azioni;•  posseggano riserve indivisibili superiori a lire tre miliardi;

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•  raccolgano prestiti o conferimenti di soci finanziatori superiori a tre miliardi.Sono, altresì, soggetti a certificazione del bilancio le società e associazioni che gestiscono i Fondimutualistici.La gestione commissarialeL’art. 2543 stabilisce che in caso di irregolare funzionamento delle società cooperative, l’autoritàgovernativa può revocare gli amministratori e i sindaci, e affidare la gestione della società ad uncommissario governativo, determinandone i poteri e la durata. Ove l’importanza della società coo-perativa lo richieda, l’autorità governativa può nominare un vice commissario che collabora con ilcommissario e lo sostituisce in caso di inadempimento. Al commissario governativo possono essereconferiti per determinati atti anche poteri dell’assemblea, ma le relative deliberazioni non sono vali-de senza l’approvazione dell’autorità governativa.Lo scioglimento per atto dell’autoritàL’art. 2544 stabiliva, nella sua versione originaria, che le società cooperative che, a giudiziodell’autorità governativa, non sono in condizione di raggiungere gli scopi per cui sono state costitui-te, o che per due anni consecutivi non hanno compiuto atti di gestione, possono essere sciolte conprovvedimento dell’autorità governativa, da pubblicarsi nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica eda iscriversi nel registro delle imprese. Se vi è luogo a liquidazione, con lo stesso provvedimento

sono nominati uno o più commissari liquidatori. La riforma del 1992 ha introdotto nell’articolo unanuova disposizione molto complessa che riguarda le cooperative edilizie e i loro consorzi. Le une egli altri se non anno depositato in tribunale nei termini prescritti i bilanci relativi agli ultimi due an-ni sono sciolte di diritto e perdono la personalità giuridica.La sostituzione dei liquidatoriIn caso di irregolarità o di eccessivo ritardo nello svolgimento della liquidazione ordinaria di unasocietà cooperative, l’autorità governativa può sostituire i liquidatori e se questi sono stati nominatidall’autorità giudiziaria può chiederne al tribunale la sostituzione.La crisi economicaL’art. 2540 stabilisce che le cooperative che hanno per oggetto una attività commerciale sono sog-gette a fallimento, salve le disposizioni delle leggi speciali. Le cooperative sono dunque soggette a

liquidazione coatta amministrativa. Il concorso tra le due procedure, una volta fissati questi principi,è regolato dal criterio della prevenzione indicato dall’art. 196 della legge fallimentare: la dichiara-zione di fallimento preclude la liquidazione coatta amministrativa e il provvedimento di liquidazio-ne coatta amministrativa preclude il fallimento. L’art. 2540 esclude dal fallimento:

•  le cooperative che non hanno per oggetto una attività commerciale;•  quelle che, pur avendo oggetto commerciale, siano espressamente sottratte, da leggi speciali,

al fallimento.Cooperative non commerciali, ai fini dell’esonero del fallimento, sono innanzitutto le cooperativeagricole. E’ opportuno ricordare che in base all’art. 147 della legge fallimentare, il fallimento di co-operativa con soci illimitatamente responsabili non si estende a questi ultimi.LE MUTUE ASSICURATRICI.Il codice civile dedica tre articoli alle mutue assicuratrici o società di mutua assicurazione. La mu-tualità in campo assicurativo può dunque attuarsi in due forme: attraverso cooperative di assicura-zione e attraverso mutue assicuratrici. Queste ultime hanno una caratteristica particolare che ne sot-tolinea il carattere più marcatamente mutualistico, almeno dal punto di vista formale: nelle mutuenon si può acquistare la qualità di socio se non assicurandosi presso la società, e si perde la qualitàdi socio con l’estinzione dell’assicurazione. Nella sostanza le mutue assicuratrici tendono allo stes-so scopo economico di tutte le cooperative: quello di consentire ai soci un risparmio, attraverso laeliminazione dell’intermediario speculatore. Il codice stabilisce un nucleo essenziale di norme, l’art.2546 (le mutue assicuratrici sono caratterizzate dalla responsabilità limitata), l’art. 2456 comma due(i soci sono tenuti al pagamento di contributi fissi o variabili, entro il limite massimo determinato

nell’atto costitutivo), l’art. 2458 (l’atto costitutivo può prevedere soci sovventori). Richiama poi ladisciplina generale delle cooperative a società limitata. Incombe sulle mutue assicuratrici la legisla-zione speciale sull’esercizio delle assicurazioni private. Meritano di essere segnalate alcune caratte-ristiche peculiari dell’ordinamento patrimoniale delle mutue assicuratrici, rispetto a quelle delle co-operative. Nelle mutue la legge impone la formazione la formazione di un fondo di garanzia e di ri-

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serve tecniche, e non viceversa la creazione di un capitale sociale e di riserve legali. La costitu-zione dei fondi di garanzia avviene normalmente attraverso i contributi dei soci assicurati; può peròavvenire anche mediante speciali conferimenti da parte di assicurati o terzi (soci sovventori). I socisovventori possono disporre di più voti ma non più di cinque e i soci sovventori, pur potendo esserenominati amministratori, non possono essere, nel consiglio di amministrazione, essere in maggio-ranza rispetto ai soci assicurati.LE MODIFICAZIONI DELL’IMPRESA SOCIETARIA La trasformazioneLa trasformazione è disciplinata dagli articoli 2498 – 2500 e può essere definita come il cambia-mento del tipo sociale, o più precisamente come il mutamento da un tipo ad un altro di societàda parte di una determinata società. Il soggetto società resta il medesimo e muta soltanto ilprofilo organizzativo dell’impresa società. Non esiste nessun limite alla trasformabilità tra societàcausalmente omogenee: e cioè dall’uno all’altro tipo di società lucrativa commerciale e dall’unoall’altro tipo di società mutualistica. È vietata per legge la trasformazione di società cooperative insocietà ordinarie, anche se adottate all’unanimità; mentre sembra ormai pacifica la trasformabilitàdelle società ordinarie in società cooperative. Costituendo la trasformazione una modifica dell’attocostitutivo, essa va deliberata secondo il regime normativo che vige per ciascun tipo sociale in ordi-

ne alle modificazioni dell’atto costitutivo. Se si volessero riassumere gli effetti che alla trasforma-zione conseguono, si potrebbe comporre il seguente quadro sinottico:•  i capitale sociale resta immutato;•  ai soci di società di capitali o di società mutualistica assenti o dissenzienti dalla delibera di

trasformazione è consentito il diritto di recedere dalla società, che è estendibile ai soci di so-cietà di persone quando, come consente l’art. 2252, la decisione sia stata adottata a maggio-ranza;

•  la trasformazione di una società nella quale i soci rispondano solidalmente e illimitatamentein una società a responsabilità limitata non libera i soci della società trasformata dalla re-sponsabilità personale per le obbligazioni sociali contratte prima della trasformazione, salvoche non risulti il consenso dei creditori (art. 2499). 

La fusione La fusione è da considerarsi come la vicenda giuridica per la quale ad una pluralità di società se nesostituisce una sola: se questa è una delle società preesistenti si parla di fusione per incorporazio-ne, mentre se dalla fusione nasce una società nuova si parla di fusione in senso stretto. Più che di-scutere sulla natura della fusione è più utile sottolineare che la fusione è certamente un fenomeno diintegrazione tra imprese. L’attuale procedimento di fusione comprende le seguenti fasi:

•  redazione del progetto di fusione;•  redazione della situazione patrimoniale delle società partecipanti alla fusione;•  redazione della relazione degli amministratori sul progetto di fusione e sul rapporto di cam-

bio;• 

deliberazione di fusione da parte delle società partecipanti;•  stipulazione dell’atto di fusione.L’art. 2501 bis impone agli amministratori delle società che si fondono la redazione di un progettodi fusione. Il progetto in questione deve essere il frutto del comune lavoro degli amministratori ditutte le società che partecipano alla fusione e costituisce quindi la spiegazione in chiaro degli ob-biettivi che con la fusione si vogliono raggiungere. Il progetto deve specificare:

•  l’atto costitutivo della nuova società risultante dalla fusione o di quella incorporante, con leeventuali modificazioni risultanti dalla fusione;

•  in chiaro: nel progetto deve essere contenuto per intero l’assetto regolamentare della societàche nascerà dalla fusione;

•  il rapporto di cambio delle azioni o quote, nonché l’eventuale conguaglio in denaro. Il rap-

porto di cambio è il rapporto in base al quale vanno attribuite le partecipazioni della societàincorporante ai soci della società incorporata o, in caso di fusione in senso stretto, della so-cietà che risulterà dalla fusione ai soci delle società che si fondono.

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L’art. 2501 bis stabilisce che il conguaglio in denaro non piò essere superiore al dieci per centodel valore nominale delle quote e delle azioni. Il progetto di fusione deve essere depositato perl’iscrizione nel registro delle imprese del luogo ove hanno sede le società partecipanti alla fusione ese alla fusione partecipano le società di capitali deve essere pubblicato per estratto nella GazzettaUfficiale.L’art. 2502 stabilisce che “la fusione deve essere deliberata da ciascuna delle società che vi par-tecipano mediante l’approvazione del relativo progetto”. Se la deliberazione di fusione è adotta-ta dall’assemblea straordinaria di società per azioni, in accomandita per azioni o a responsabilità li-mitata, la deliberazione deve essere omologata e iscritta nel registro delle imprese. Se invece la de-cisione è presa da una società di persone, essa deve ricevere il consenso di tutti i soci, ai sensidell’art. 2252, e deve essere depositata per l’iscrizione nel registro delle imprese. La fusione nonpuò essere attuata se non siano trascorsi due mesi dall’iscrizione nel registro delle imprese senzache sia fatta opposizione dai creditori; e se è vero che l’opposizione sospende l’esecuzione della fu-sione, è anche vero che il tribunale può disporre che, nonostante l’opposizione, la fusione abbialuogo previa prestazione di idonea garanzia da parte della società. Il procedimento di fusione sichiude con la stipulazione dell’atto di fusione. L’atto di fusione, cui si riconosce dai più naturacontrattuale deve:

•  rivestire la forma dell’atto pubblico;•  essere depositato per l’iscrizione entro trenta giorni presso l’ufficio del registro delle impre-

se dei luoghi ove è posta la sede delle società partecipanti alla fusione, di quella che ne risul-ta o della società incorporante;

•  se una delle società partecipanti ovvero la società risultante ovvero quella incorporante è unasocietà di capitali, deve essere pubblicato per estratto nella Gazzetta Ufficiale.

L’effetto principale della fusione è che nella fusione in senso stretto la società nuova e nella fusioneper incorporazione la società incorporante assumono i diritti e gli obblighi delle società estinte. Lafusione ha effetto quando è stata eseguita l’iscrizione nel registro delle imprese dell’atto di fusione,anche se nella fusione per incorporazione può essere stata stabilita una data diversa.Per ciò che concerne i limiti occorre distinguere tra limiti legali e limiti scaturenti dal sistema e ipo-

tizzati da dottrina e giurisprudenza. L’unico limite legale risulta dall’art. 2501, il quale stabilisceche la “partecipazione alla fusione non è consentita alle società sottoposte a procedure concorsualiné a quelle in liquidazione che abbiano iniziato la distribuzione dell’attivo”. I limiti scaturenti dallaelaborazione dottrinale e giurisprudenziale riguardano la fusione di fra società causalmente eteroge-nee. Ad esempio la fusione tra le società mutualistiche e società ordinarie è impedita da esplicitodivieto normativo (legge n. 127/1971).La scissioneSecondo quanto dispone l’art. 2504 septies, la scissione di una società può eseguirsi in due forme:

•  mediante il trasferimento dell’intero suo patrimonio a più società, preesistenti o di nuova co-stituzione, e assegnazione delle loro azioni o quote ai soci della prima;

•  mediante il trasferimento di parte del suo patrimonio a una o più società, preesistente o dinuova costituzione, e assegnazione delle loro azioni o quote ai soci della prima.

L’unico limite ex lege è quello dell’art. 2504 septies il quale impedisce la partecipazione alla scis-sione delle società sottoposte a procedure concorsuali e delle società in liquidazione che abbiano i-niziato la distribuzione dell’attivo. La disciplina del procedimento è in gran parte modellata suquella della fusione, tant’è che c’è una norma – l’art. 2504 nonies – che contiene rinvio a moltenorme dettate per la fusione. Le tappe del procedimento sono:

•  la redazione di un progetto di scissione, il quale deve contenere l’esatta descrizione degli e-lementi patrimoniali da trasferire a ciascuna delle società beneficiarie;

•  la redazione della situazione patrimoniale, della relazione degli amministratori sul progettodi scissione e delle relazione degli esperti;

•  redazione dell’atto di scissione, con successivo deposito dell’atto stesso presso il registrodelle imprese e pubblicazione.

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Per ciò che concerne gli effetti l’art. 2504 decies afferma che ciascuna società è solidalmenteresponsabile, nei limiti del valore effettivo del patrimonio netto ad essa trasferito e rimasto, dei de-biti della società scissa non soddisfatti dalla società a cui essi fanno carico.LA FINE DELL’IMPRESA SOCIETARIA L’estinzione dell’impresa societaria non è mai conseguenza immediata del solo verificarsi di unacausa di scioglimento, occorrendo altresì che ad esso segua un procedimento di liquidazione (fatti-specie a formazione successiva). La disciplina delle cause di scioglimento prende avvio da due di-sposizioni normative: relative l’una alle società di persone (art. 2272), l’altra alle società di capitali(art. 2448). Sono, infatti, cause di scioglimento comuni a tutte le società:

•  Il decorso del termine. La durata della società – indicata nel contratto – può essere proroga-ta prima della scadenza. Ma proprio perché la proroga implica una modificazione del con-tratto, essa, nelle società di persone, richiede il consenso di tutti i soci, salvo che nel contrat-to sia convenuto diversamente; nelle società di capitali, invece, rientra nella competenzadell’assemblea straordinaria e quindi esige il ricorrere delle maggioranza per questa previste.Nelle società di persone è ammessa altresì la proroga tacita, che si ha quando, decorso iltempo per cui la società fu contratta, i soci continuano a compiere le operazioni sociali. Intal caso la società è prorogata a tempo indeterminato (art. 2273). Anche qui occorre il con-

senso implicito di tutti i soci, desumile da atti o fatti che facciano supporre l’esistenza di unavolontà unanime tesa alla prosecuzione, senza soluzione di continuità, dell’attività sociale.Va inoltre detto che nella società semplice il termine di durata non costituisce elemento es-senziale del contratto. La proroga tacita è esclusa per tutte le società di capitali; e anche perle società cooperative.

•  Il conseguimento dell’oggetto sociale o la sopravvenuta impossibilità di conseguimento .Per ciò che riguarda la sopravvenuta impossibilità di conseguire l’oggetto sociale, puntofermo è che l’impossibilità deve essere oggettiva e assoluta; ma codesta impossibilità puòcollegarsi a diversi eventi (impossibilità dell’unica attività economica in vista della quale lasocietà fu costituita; l’impossibilità di funzionamento della società per insanabile dissidio trai soci; il venir meno dell’apporto di un considerato essenziale).

•  La società si scioglie per volontà di tutti i soci. Questa è la regola posta dall’art. 2272 intema di società di persone. Il tenore dell’art. 2272 si giustifica in virtù del principio normaledell’unanimità dei consensi, che però non esclude l’applicazione del principio maggioritario,ove ciò sia convenuto. Una lettura restrittiva dell’articolo non trova adeguati argomenti a so-stegno. Più semplice il discorso per le società di capitali. La deliberazione di anticipatoscioglimento è di competenza dell’assemblea straordinaria e quindi richiede le maggioranzerafforzate indicate dalla legge; e nella società in accomandita per azioni altresì richiedel’approvazione di tutti i soci accomandatari.

A queste cause di scioglimento si possono aggiungere quelle altre eventualmente previste dall’attocostitutivo. Una di queste, ad esempio, è indicata implicitamente dall’art. 2284, allorché il contrattoelevi a causa di scioglimento dell’intera società il decesso di uno dei soci.Sono tipiche cause di scioglimento delle società di persone:

•  la sopravvenuta mancanza della pluralità dei soci, se nel termine di sei mesi questa non è ri-costituita;

•  la sopravvenuta mancanza di tutti i soci accomandatari o accomandanti, se nel termine di seimesi non è ricostituita la categoria dei soci venuta a mancare (art. 2323).

Prevalente è la tesi che la causa di scioglimento operi trascorsi i sei mesi, tempo durante il quale ilpotere di amministrare da parte del socio superstite non soffre le limitazioni previste dall’art. 2274.Soluzione analoga ha il caso dell’art. 2323, dove però l’amministratore provvisorio ha poteri limita-ti agli atti di ordinaria amministrazione e non assume la qualità di socio accomandatario e, per tesipacifica, può essere sia un socio accomandante, sia un terzo estraneo alla società.

Costituiscono cause di scioglimento di tutte le società di forma commerciale (art. 2249):•  il provvedimento dell’autorità governativa nei casi stabiliti dalla legge;•  la dichiarazione di fallimento, salvo che abbiano per oggetto un’attività non commerciale.

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Più articolato è il panorama delle cause di scioglimento tipiche delle società di capitali e dellesocietà mutualistiche. Comuni alle une e alle altre sono:

•  l’impossibilità di funzionamento o la continuata inattività dell’assemblea;•  la dichiarazione di nullità della società, nei casi previsti dall’art. 2332.

È invece causa di scioglimento propria alle sole società di capitali, la riduzione del capitale al disotto del minimo legale. La riduzione del capitale al di sotto del limite legale produrrebbe automa-

ticamente e immediatamente lo scioglimento della società, salvo il verificarsi della condizione riso-lutiva costituita dalla reintegrazione del capitale o dalla trasformazione della società ai sensidell’art. 2447 che farebbe venir meno ex tunc lo scioglimento. Anche nella società in accomanditaper azioni, costituisce ulteriore causa di scioglimento la cessazione dall’ufficio di tutti i soci am-ministratori se nel termine di sei mesi non si è provveduto allo loro sostituzione e i sostituti nonabbiano accettato. Del tutto peculiare alle società per azioni con azioni quotate in borsa è lo scio-glimento che si produce nel caso che la riduzione del capitale per perdite abbia alterato il rapportotra azioni ordinarie e azioni senza voto o con voto limitato oltre le soglie stabilite dalla legge. Infinenelle società cooperative sono elevate a causa di scioglimento le seguenti ulteriori circostanze:

•  la perdita dell’intero capitale sociale;•  in ipotesi di mutualità protetta, l’atto dell’autorità governativa conseguente ad un giudizio

sfavorevole sul raggiungimento degli scopi della società, al mancato deposito per due anniconsecutivi del bilancio di esercizio o al mancato compimento per lo stesso periodo di tem-po di atti di gestione;

•  la riduzione dei soci a un numero inferiore al minimo di nove, se tale numero non è reinte-grato nel termine massimo di un anno.

Tutte le cause di scioglimento sono soggette a più o meno intenso regime di pubblicità: essendo in-teresse dei terzi apprendere il verificarsi di un evento che incide così profondamente sullo scopo esulle modalità di funzionamento della società. E’ in questa prospettiva che si giustifica la regola ge-nerale dettata dall’art. 2250 secondo cui dopo lo scioglimento della società in forma commercialedeve essere espressamente indicato negli atti e nella corrispondenza che la società è in liquidazione:adempimento al quale si può attribuire il valore di pubblicità notizia. Ma a questa limitata forma di

pubblicità, si aggiunge nelle società di capitali qualcosa di più: infatti ex art. 2449 deve essere omo-logata dal tribunale, iscritta nel registro delle imprese e pubblicata nel B.u.s.a.r.l. la deliberazionedell’assemblea di anticipato scioglimento.L’avverarsi di una causa di scioglimento non produce l’estinzione della società: produce soltantouna serie di effetti preliminari e funzionali al momento estintivo. Si tratta di effetti che seguono inmodo diretto e immediato al verificarsi di una qualsiasi causa di scioglimento e che pertanto opera-no di diritto, nel senso che operano senza che sia necessario un accertamento a valore costitutivo.Gli adempimenti pubblicitari imposti – in ipotesi di scioglimento – a tutte le società di capitali man-tengono il loro carattere di pubblicità dichiarativa: con la conseguenza che in difetto lo scioglimentodella società non può essere opposto ai terzi, a meno che la società provi che ne erano a conoscenza.Si è sostenuto che a queste regole farebbe eccezione il caso di scioglimento per scadenza del termi-ne, in quanto – risultando la durata della società dall’atto costitutivo, di per sé soggetto a pubblicità– non occorrerebbero, ai fini della opponibilità, gli ulteriori adempimenti indicati dall’art. 2449.L’avverarsi di una causa di scioglimento implica il mutamento dello scopo della società. Alloscopo di lucro subentra quello di liquidazione. Un’opinione autorevole ravvisa nella causa di scio-glimento un fatto che determinerebbe anche lo scioglimento del contratto. Il permanere della orga-nizzazione sociale si giustificherebbe in vista dell’esigenza di definire i rapporti preesistenti. Aisensi dell’art. 2274, avvenuto lo scioglimento, i soci amministratori conservano il diritto di ammini-strare, limitatamente ad affari urgenti; a tenore, invece, dell’art. 2449 gli amministratori, quando si èverificato un fatto che determina lo scioglimento della società, non possono intraprendere nuoveoperazioni. Si può allora dire che nelle società di persone, sia nelle società di capitali il potere degli

amministratori è limitato al compimento degli atti di conservazione del patrimonio sociale: facendoloro divieto di intraprendere nuovi affari. L’inosservanza di tale divieto è sanzionata – nelle societàdi capitali e nelle società cooperative – con la responsabilità illimitata e solidale degli amministrato-ri per i nuovi affari intrapresi. Dubbio è se discorso simile sia proponibile per le società di persone.

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Gli amministratori che non si limitano a compiere atti urgenti incorrono in responsabilità versola società, ma anche verso i terzi? È preferibile ritenere che l’atto non urgente dell’amministratoredeve intendersi come atto posto in essere da falsus procurator, e come tale opponibile ai terzi: be-ninteso, sempre che la causa di scioglimento della società sia stata portata a conoscenza di costorocon mezzi idonei. In tal caso l’atto non sarà imputabile alla società ( salvo che non lo ratifichi ); el’amministratore risponderà nei limiti dell’interesse negativo. Gli amministratori sono responsabilidella conservazione dei beni sociali fin quando non ne abbiano fatto consegna ai liquidatori; e inol-tre, nelle società di capitali e mutualistiche, entro trenta giorni dallo scioglimento devono convocarel’assemblea per le deliberazioni relative alla liquidazione ( art. 2449 ).All’avverarsi di una causa di scioglimento la società entra in stato di liquidazione: una nuova situa-zione giuridica che tra l’altro si caratterizza per il fatto che cessa l’attività sociale volta al conse-guimento di uno scopo di lucro o mutualistico; sorgono i diritti dei soci alla liquidazione della quo-ta. Il procedimento di liquidazione implica il dissolversi di un patrimonio autonomo; e ciò è possibi-le in quanto, con l’avverarsi di una causa di scioglimento, viene meno quel vincolo di destinazioneche in ogni tipo di società colpisce i beni sociali e ne impedisce la divisione tra i soci. Nessuno du-bita che nelle società di capitali non può mai mancare un procedimento di liquidazione. Ma la stessacosa non si può dire per le società di persone. Infatti per quanto riguarda la società semplice, l’art.

2275 assegna alla disciplina codicistica un ruolo meramente suppletivo poiché su di essa si fa pre-valere il modo di liquidare il patrimonio sociale previsto nel contratto sociale o d’accordo determi-nato dai soci. Evidentemente ha qui fatto premio la preoccupazione di non imporre un procedimentoche in molti casi sarebbe sproporzionato. Le opinioni si articolano e si dividono proprio intorno alruolo che questa norma svolge nelle società di persone soggette all’obbligo di registrazione. Secon-do i più, anche nelle società in nome collettivo irregolare e in accomandita semplice irregolare var-rebbe la regola dell’art. 2275, fermo restando l’obbligo del previo pagamento dei debiti sociali. Percontro, esisterebbe una sorta di binomio tra pubblicità e obbligo di procedimento legale di liquida-zione, argomentando da tutta una disciplina che sembra supporre, per le società registrate, la neces-saria presenza di uno o più liquidatori. Il procedimento di liquidazione prende avvio con la nomina dei liquidatori. In tutte le società il contratto o l’atto costitutivo possono prevedere particolari moda-

lità di nomina. In mancanza di disposizioni del genere la nomina nelle società di persone, richiede ilconsenso unanime di tutti i soci, nelle altre società, spetta all’assemblea straordinaria, ma la relativadeliberazione non è soggetta ad omologazione. In mancanza di volontà unanime si ha l’interventodel tribunale che nomina, su istanza di un o più soci, i liquidatori. Nonostante il silenzio di legge,dovrebbero valere anche per i liquidatori le cause di ineleggibilità e di decadenza previste per gliamministratori dall’art. 2382. I liquidatori comunque nominati possono essere sempre revocati pervolontà dei soci con le stesse modalità previste per la nomina. Parimenti, le stesse regole previsteper la nomina si applicano alla sostituzione dei liquidatori per qualsiasi causa venuti a mancare.Con la differenza che legittimati all’istanza di nomina sono uno o più soci, i liquidatori o i sindaci.Il rapporto che si instaura tra società e liquidatori presenta evidenti analogie con col rapporto diamministrazione; è un rapporto contrattuale per cui alla proposta deve seguire l’accettazione, mani-

festata anche per fatti concludenti. Sono doveri dei liquidatori:•  compiere gli atti necessari per la liquidazione;•  rappresentare la società anche in giudizio;

se i fondi disponibili risultano insufficienti per il pagamento dei debiti sociali, possono chiedere aisoci:

•  nelle società con soci illimitatamente responsabili, le ulteriori somme eventualmente neces-sarie;

•  nelle altre società, proporzionalmente, i versamenti ancora dovuti.Questi poteri spettano:

•  nelle società di persone, disgiuntamente a ciascun liquidatore;•  nelle società di capitali e mutualistiche, collegialmente ai liquidatori, nel rispetto delle rego-le di funzionamento del consiglio di amministrazione.

Devono inoltre:•  depositare le loro firme autografe presso l’ufficio del registro delle imprese;

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•  devono prendere in consegna i beni e i documenti sociali e redigere, insieme con gliamministratori, l’inventario;

•  non possono ripartire tra i soci i beni sociali, finché non sono stati pagati i creditori della so-cietà o accantonate le somme per pagarli;

•  contemporaneamente all’estinzione delle passività sociali, devono restituire ai soci i beniconferiti in godimento.

L’inventario è atto strumentale al passaggio delle consegne tra amministratori e liquidatori, tendead accertare il valore di realizzo dei singoli beni e quindi la consistenza del patrimonio sociale. Ildivieto di nuove operazioni evoca gran parte delle considerazioni svolte a margine dell’art. 2449.Con la consegna dei beni sociali ai liquidatori cessa il rapporto di amministrazione. Non più di que-sto si può dire per ciò che riguarda le società di persone. Per quanto riguarda invece le altre societàl’art. 2451 dispone che le disposizioni sulle assemblee e sul collegio sindacale si applicano anchedurante la liquidazione, in quanto compatibili con questa. Il punto sul quale continua a regnare ilpiù vivace dissenso riguarda l’ammissibilità o meno della c.d. revoca della liquidazione. In sintesi,sono state prospettate le seguenti tesi:

•  in nessun caso è consentita la eliminazione della causa di scioglimento, e quindi la revocadella liquidazione: una volontà unanime in tal senso potrebbe al massimo apprezzarsi come

ricostituzione della società;•  la revoca della liquidazione è consentita in tutte le società, purché esista il consenso unani-

me dei soci;•  la revoca della liquidazione è possibile, nelle società di capitali e mutualistiche, anche se de-

liberata a maggioranza.I maggiori suffragi raccoglie la seconda tesi. Elevandosi a requisito della fattispecie l’unanimità deiconsensi, vengono superate le principali obiezioni solitamente opposte alla revoca.Estinti i debiti sociali, deve farsi luogo alla ripartizione dell’attivo residuo tra i soci. È l’unica re-gola che vale per tutte le società. Poi i percorsi normativi divergono. Nella società semplice, i li-quidatori devono prima restituire gli apporti, quindi ripartire l’eventuale eccedenza fra i soci in pro-porzione della parte di ciascuno nei guadagni (2282). Non è necessario che i beni sociali siano con-

vertiti in denaro. La ripartizione può avvenire anche in natura. L’approvazione del rendiconto finalelibera i liquidatori di fronte ai soci e segna la fine della liquidazione. Nelle società di forma com-merciale i liquidatori devono redigere il bilancio finale e proporre ai soci un piano di riparto. Bilan-cio e piano di riparto, sottoscritti dai liquidatori, devono essere nelle società di persone comunicatiai soci mediante raccomandata; nelle altre società depositati per l’iscrizione presso l’ufficio del re-gistro delle imprese. L’impugnativa del bilancio finale è un’azione di annullamento volta ad accer-tare qualsiasi vizio che incide sulla regolarità formale e sostanziale del bilancio stesso. Legittimatoall’azione è ciascun socio. Si instaura così un giudizio che può decidere un diverso riparto, con ob-blighi di restituzione di quanto eventualmente percepito.Nelle società non registrate il momento estintivo coincide con la regolare chiusura del procedi-mento di liquidazione. Nelle società registrate occorre un ulteriore adempimento: la cancellazionedella società dal registro delle imprese. Questa efficacia costitutiva presuppone un regolare pro-cedimento di liquidazione. Ma non basta. In caso di sopravvivenze passive, la società esiste e puòessere dichiarata fallita, fin quando non sia stato pagato l’ultimo creditore sociale, estinto l’ultimorapporto giuridico. Il regime delle sopravvivenze attive solleva problemi assai minori: dopo la can-cellazione, esse dovrebbero ricadere in comunione e spettare pro – quota ai soci. Compiuta la liqui-dazione, a cura dei liquidatori i libri e le scritture contabili della società devono essere depositati,per le società di forma commerciale, presso la persona designata dalla maggioranza e per quelle dicapitali e mutualistiche, presso il registro delle imprese. E quivi devono essere conservati per diecianni. Chiunque può esaminarli, anticipando le spese.

I TITOLI DI CREDITOPROFILI GENERALI La disciplina generale dei titoli di credito è una novità del legislatore del 1942; sotto il vigore delvecchio codice di commercio, infatti, erano disciplinate soltanto alcune figure particolari di titoli di

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credito. Nonostante questo, il legislatore non ha fornito del titolo di credito una definizione e-spressa: quindi, sulla base del dato normativo, titolo di credito può definirsi “un documento conten-tente la promessa unilaterale di effettuare una data prestazione a favore di chi lo presenterà al debi-tore”. La funzione pricipale del titolo di credito è quella della “mobilizzazione della ricchezza”: difavorire, cioè, la circolazione dei beni, rendendola più semplice e più sicura, sia nello spazio che neltempo.Prima di intraprendere la trattazione particolare dei titoli di credito, merita un accenno la problema-tica relativa all’inclusione dell’azione di società fra i titoli di credito stessi. Parte della dottrina ritie-ne infatti che l’azione sia liberamente trasferibile con le forme dei titoli di credito ma non sia un ti-tolo di credito, poiché non attribuirebbe al possessore un diritto letterale, autonomo e astratto:

•  non attribuirebbe un diritto letterale perché i diritti del socio non si determinano in base allalettera del documento ma in base al rapporto quale effettivamente sussiste con la società;

•  non attribuirebbe un diritto autonomo perché se l’azione è stata dichiarata estinta nei con-fronti del precedente titolare chi l’acquista non viene ad avere alcun diritto;

•  non attribuirebbe un diritto astratto perché la causa dei diritti attribuiti al socio sta nei confe-rimenti.

Al contratio, secondo l’orientamento prevalente – anche della giurisprudenza – le azioni sono ri-

comprese nella categoria dei titoli di credito. Innegabile è, pertanto, l’applicazione degli art. 1994 e1992, con la conseguenza che l’acquirente delle azioni, se in buona fede e sempreché sia stata ri-spettata la legge di circolazione, ne diviene proprietario anche se il venditore non lo era; non è, cioè,esperibile l’azione di rivendicazione (art. 1994). Il titolo azionario incorpora la posizione del so-cio nella società e il suo possesso conferisce la legittimazione ad esercitare i relativi diritti aprescindere dalla prova, da parte del socio così legittimato, di esserne o meno il proprieta-rio129. 

129 La scelta concessa al socio tra azioni nominative, a meno che non siano imposte dall’atto costitu-tivo, e al portatore è rimasta virtuale fino all’entrata in vigore del codice civile; anche attualmente i

titoli della società per azioni e dell’accomandita per azioni sono soltanto nominativi, conl’eccezione delle azioni di risparmio. L’obbligatoria nominativa è stata affermata dal r.d.l. n. 1148del 1941 dal successivo regolamento; sostanziale l’identità tra questa normativa e quella del codicecivile nella parte relativa ai titoli di nominativi. L’intestazione dell’azionista deve risultare sia daltitolo sia dal registro della società emittente, cioè il libro dei soci. Il trasferimento delle azioni checomporta, dunque, la modifica del nominativo del socio sia sul titolo sia su questo registro può es-sere realizzato in due modi, mediante transfert e mediante girata. Se il socio alienante e l’acquirentesi avvalgono della prima soluzione, la relativa operazione è gestita dalla società su richiesta, indiffe-rentemente, dell’alienante o dell’acquirente. Il procedimento è complesso e segnala il solo pregiodella contestuale annotazione sul titolo e sul libro dei soci con immediata efficacia anche per la so-cietà stessa. Spesso, pertanto, si ricorre alla modalità alternativa, quella del trasferimento mediantegirata: il venditore gira il titolo all’acquirente, producendo, così, l’effetto traslativo che non è ancoraopponibile alla società; soltanto quando l’acquirente chiede, ed ottiene, l’iscrizione nel libro soci ètale a tutti gli effetti. Anteriormente, l’acquirente, nella qualità di giratario dell’azione, può, a suavolta, sempre mediante girata, trasferire il titolo, ma non può esercitare i diritti sociali. Con l’entratain vigore della legge 1745 del 1962, indotta da finalità fiscali è venuta meno la limitazione ad avva-lersi di tali diritti. Al giratario, infatti, non solo è consentito di girare l’azione, ma anche di interve-nire all’assemblea e di riscuotere l’utile; la società che provvede all’iscrizione nel libro soci entronovanta giorni dall’esercizio di uno di questi due diritti soddisfa, inoltre, l’istanza fiscale comuni-cando alla competente amministrazione i nominativi dei soci intervenuti in assemblea e/o che hannoriscosso il dividendo. Questa soluzione ha alimentato il dubbio che le azioni avessero perso le carat-

teristiche proprie dei titoli nominativi, convertite in titoli all’ordine. Tale regime normativo è vigen-te ad eccezione dell’ipotesi in cui i titoli azionari siano immessi nel sistema di gestione accentrata,oggi disciplinato dal decreto Draghi e, per le azioni quotate sui mercati regolamentati, dal Dlgs.213/1998 che ne prevede l’immissione obbligatoria e in regime di integrale dematerializzazione: en-trambi i decreti sono integrati dai regolamenti attuativi della Consob. Il sistema è teso, per un verso,

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CARATTERI DEI TITOLI DI CREDITO IncorporazioneIl titolo di credito è un documento costitutivo: si dice, infatti, che il diritto è incorporato nel titolo. Ildiritto sul titolo porta con se il diritto al titolo. Quindi:

•  per provare l’esistenza del diritto è necessario il documento;•  per ottenere la prestazione è necessaria la presentazione del documento;• 

la distruzione del documento può importare, salvo quanto diremo a propositodell’ammortamento, la perdita del diritto;•  qualsiasi vincolo sul diritto non ha effetto sul credito incorporato se non colpisce anche il ti-

tolo;•  con il trasferimento del documento di trasferisce anche il diritto.

Letteralità della promessaIl diritto è determinato dal tenore letterale del titolo: il contenuto e la portata della promessa, infatti,sono quelli, e soltanto quelli, che risultano documentati dal contesto letterale del titolo. Da tale ca-rattere consegue che:

•  il titolare non può pretendere una prestazione diversa o più ampia da quella risultante daldocumento, né il debitore può eseguire una prestazione diversa o più ristretta;

•  il debitore non può disconoscere le obbligazioni inserite nel titolo.Possiamo avere due ipotesi di letteralità:

•  diretta: nel caso in cui il titolo di credito è completo in tutti i suoi elementi (es. cambiale);•  indiretta: nel caso di titolo incompleto (es. azione di società).

Autonomia del titolo incorporatoColui che risulta, in base alla legge di circolazione del titolo, titolare di esso, esercita un diritto pro-prio, autonomo ed indipendente dai precedenti rapporti intercorsi tra altri titolari ed il debitore. Ildebitore, di regola, non può opporre all’ultimo possessore del titolo le eccezioni personali riguar-danti i rapporti con i precedenti possessori.CartolaritàIl credito cartolare si contrappone al credito chirografaro, in cui il documento ha solo efficacia pro-batoria ed il diritto è del tutto indipendente dal titolo stesso.CREAZIONE E CIRCOLAZIONE DEL TITOLO DI CREDITO La nascita del titolo di credito si sostanzia in due fasi:

•  la creazione, cioè la materiale redazione del documento, che culmina con la sua sottoscri-zione;

•  l’emissione, cioè l’effettiva consegna del titolo, già redatto, al creditore.Da ciò sorge il problema di stabilire in quale di queste due fasi il titolo di credito venga ad esistenzae si perfezioni il rapporto incorporato nel titolo. La dotrina è divisa tra la teoria dell’emissione e lateoria della creazione.Teoria dell’emissione

In base a questa teoria la creazione del titolo ha un mero valore interno: è soltanto con la fase suc-cessiva della emissione, e cioè con la consegna al creditore, che il documento diventa titolo di credi-to vincolante. Il contratto con cui si trasferisce il titolo assume, in tal modo, carattere reale. Pertan-to, se il titolo, invece che per rilascio, sia uscito dalla disponibilità del sottoscrittore senza la di luivolontà (es. per furto o smarrimento), ovvero per volontà viziata (da errore, violenza, dolo), esso,sebbene creato, non può considerarsi emesso e la sua circolazione deve ritenersi irregolare.Teoria della creazioneIn base a questa teoria, per l’esistenza del titolo di credito è necessaria e sufficiente la semplice cre-azione e non occorre anche l’emissione in quanto il contratto traslativo avrebbe natura consensuale.A sostegno di questa tesi si richiamano:

•  l’art. 1994 c.c. : “chi ha acquistato in buona fede il possesso di un titolo di credito, in con-

formità alle regole che ne disciplinano la circolazione, non è soggetto a rivendicazione”;

ad eliminare gli inconvenienti del materiale movimento delle azioni e, per l’altro, ad agevolare lenegoziazioni, poiché la circolazione è attuata con registrazioni contabili.

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•  nei titoli al portatore: dal semplice possesso del titolo.Classificazione in base ai diritti enunciati nel titoloPossiamo avere:

•  titoli di pagamento, che danno diritto ad una determinata prestazione di carattere pecunia-rio (es. cambiale e assegno);

•  titoli rappresentativi, che attribuiscono un diritto reale (es. fede di deposito, nota di pegno,

lettera di vettura);•  titoli di partecipazione, che attribuiscono al possessore un determinato status giuridico coni relativi diritti da esso derivanti.

Altre classificazioniIn relazione alla natura dell’emittente si distinguono titoli di credito pubblici (emessi da un entepubblico come ad es. i buoni del tesoro) dai titoli di credito privati. In relazione al modo in cui so-no creati ed emessi si distinguono i titoli individuali dai titoli di massa (detti anche di seria, creatiin un’unica operazione come ad es. le azioni e le obbligazioni sociali)136.Figure non rientranti tra i titoli di creditoAlcune figure giuridiche, pur se indicate comunemente come “titoli”, debbono essere tenute distintedai titoli di credito perché prive delle relative caratteristiche. Possiamo ricordare:

•  i titoli impropri, che consentono il solo trasferimento di un diritto senza l’osservanza dellenormali forme della cessione, ma non attribuiscono al cessionario alcun diritto letterale e au-tonomo. Trattasi in sostanza di scritture in cui, oltre ad essere enunciate le condizioni delcontratto, è inserita la clausola all’ordine, sì da consentire la cessione del contratto stessocon lo strumento della girata;

•  i titoli di legittimazione, che servono solo ad identificare l’avente diritto ad una determinataprestazione (es. biglietti ferroviare o del cinema).

Titoli atipiciTitoli atipici sono quelli non previsti da alcuna disposizione normativa ma emergenti dalla praticacommerciale. Il codice ne esclude la libertà di emissione nel solo caso di titoli al portatore aventiper oggetto l’obbligazione di pagare una somma di denaro; nessun divieto pone per i titoli all’ordine

e nominativi.Tra i titoli atipici più importanti possiamo ricordare i warrants, speciali buoni di sottoscrizione chedanno diritto al detentore di acquistare, ad un prezzo prefissato ed entro un lasso di tempo stabilito,un certo numero di azioni (c.d. azioni di compendio). Altri titoli atipici sono:•  i certificati di partecipazione ad un fondo comune di investimento mobiliare;•  i certificati di deposito d’oro;•  i certificati rappresentativi di quote di associazione in partecipazione.ECCEZIONI OPPONIBILI DAL DEBITORE CARTOLARE Chi è debitore in base ad un titolo di credito non può esimersi dal pagarlo invocando eccezioni chederivino da rapporti intercorrenti con i precedenti portatori del titolo stesso. Tali rapporti, in partico-

lare, non influenzano in alcun modo il diritto del portatore. Al portatore del titolo saranno opponibi-li solo le eccezioni a lui personali e quelle reali o assolute.Eccezioni personaliL’individuazione delle eccezioni personali non ha precisione assoluta. Possiamo distinguere fra:

•  eccezioni personali in senso stretto, attinenti, cioè, allo stesso rapporto cartolare. Tale èquella di difetto di titolarità, per cui il debitore che sappia che il titolo è stato sottratto o fal-sificato da chi glielo presenta per il pagamento può eccepire al portatore che egli non ha di-ritto di esigere il pagamento stesso. Il pagamento al non titolare del diritto è liberatorio soloqualora il debitore adempiente sia senza dolo o colpa grave;

•  eccezioni fondate sui rapporti personali, cioè su rapporti diversi da quello cartolare. E-sempio tipico sono le eccezioni derivanti dal rapporto fondamentale sottostante. In un solo

nella sola firma del girante): in tal caso il titolo si trasferisce con la semplice consegna, senza neces-sità di ulteriori girate.136 I titoli di massa sono tutti causali.

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caso il debitore può opporre al possessore del titolo le eccezioni fondate sui rapporti per-sonali con i precedenti possessori: cioè quando, acquistando il titolo, il possessore ha agitointenzionalmente a danno del debitore.

Eccezioni reali o assoluteLe eccezioni reali o assolute, in particolare, sono:

•  le eccezioni relative alla forma del titolo, quando la legge richiede una forma particolare (es.per la cambiale);

•  le eccezioni rivolte ad escludere la provenienza del titolo dalla persona del debitore (es. fal-sità della firma, omonimia);

•  le eccezioni che tendono ad escludere la validità dell’obbligazione cartolare per incapacità diagire del sottoscrittore al momento dell’emissione del titoolo o per difetto di rappresentanzain chi ha sottoscritto il titolo a nome del debitore;

•  le eccezioni che risultano dal contesto letterale del titolo e, nei titoli causali, quelle relativeal rapporto tipico causale richiamato dal titolo;

•  le eccezioni relative alla mancanza delle condizioni necessarie per l’esercizio dell’azione(es. il titolo non è ancora scaduto; è intervenuta la prescrizione; l’azione di regresso cambia-ria non è stata preceduta dal protesto).

AMMORTAMENTO DEL TITOLO DI CREDITO Qualora un titolo di credito venga sottratto, smarrito o distrutto, la legge tende a far conseguire, acolui che ha perduto il possesso del titolo, un documento che ne faccia le veci; occorre però tenerconto che il titolo originario potrebbe continuare a circolare ingenerando confusione fra i terzi circala sua validità.Per conciliare le opposte esigenze è predisposto un particolare procedimento c.d. di ammortamen-to, rivolto ad eliminare l’efficiacia del titolo smarrito, sottratto o distrutto ed a concedere al posses-sore un duplicato, stabilendo che il pagamento sia ugualmente eseguito in suo favore.Il procedimento si compone di due fasi:

•  una prima fase, necessaria, che si conclude con il decreto di ammortamento pronunciato dalPresidente del Tribunale;

•  una seconda fase, meramente eventuale, inizia qualora vi sia opposizione al detentore del ti-tolo ed importa l’accertamento – in contraddittorio tra ricorrente e debitore – circa la spet-tanza del diritto sul titolo. L’opposizione deve essere proposta, con atto di citazione, neltermine di 30 giorni dalla pubblicazione del decreto di ammortamento nella G.U.; in casocontrario il decreto acquista efficacia di cosa giudicata.

L’ammortamento è ammesso per i soli titoli all’ordine e nominativi, non anche per i titoli al portato-re. Il legittimo possessore di questi ultimi, qualora li abbia perduti per smarrimento o sottrazione,può denunciare detti eventi all’emittente del titolo, dandone prova, ed avrà diritto alla prestazionesolo dopo che sia decorso il termine di prescrizione del titolo stesso. Nel contempo il titolo continuaad incorporare il diritto per tutto il periodo di prescrizione e questo può venire legittimamente ac-

quistato da un possessore di buona fede.PROFILI DEI TIPI DI TITOLI DI CREDITO PIÙ RILEVANTI LA CAMBIALE La disciplina di quel particolare titolo di credito che va sotto il nome di “cambiale” è contenuta nelD.Lgs. 1669/33 che ha tradotto in norme giuridiche interne la legge uniforme sulle cambiali e suivaglia cambiari, cioè la prima delle tre Convenzioni approvate a Ginevra nel 1930, ed è stato ema-nato in forza della delegazione legislativa per la riforma dei codici.Nozione e caratteristicheLa cambiale può definirsi “un titolo all’ordine, formale ed astratto, che attribuisce al possessore le-gittimo il diritto incondizionato di farsi pagare una somma determinata alla scadenza indicata”. Inbase alla definizione si evince che la cambiale:

•  è titolo all’ordine: pertanto requisito naturale di essa è la possibilità di circolare mediante gi-rata;•  è titolo formale: infatti, la forma per essa prescritta è, nella cambiale, un elemento essenziale

per l’esistenza del titolo stesso;

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•  è titolo completo: deve contenere in sé tutti i requisiti richiesti sul foglietto cambiario,essi non possono essere desunti, cioè, da altri documenti;

•  è titolo astratto: infatti, nella cambiale, manca qualsiasi menzione del rapporto fondamentalesottostante;

•  è titolo esecutivo: a condizione che siano state osservate le disposizioni di carattere fiscaledella legge;

• ammette il confluire in essa di più obbligazioni aventi il medesimo oggetto: infatti,all’obbligazione originaria si aggiungono quelle di ogni successivo girante e dell’avvallante:obbligazioni tutte autonome e valide indipendentemente dalle altre, ma tutte legate dal vin-colo della solidarietà;

•  è assistita da un particolare rigore processuale: infatti, nei giudizi cambiari, se le eccezioniproposte sono di lunga indagine, il giudice deve emettere sentenza di condanna con riserva,rinviando ad un secondo momento la cognizione delle eccezioni.

Figure particolariLa tratta o cambiale in senso strettoContiene l’ordine che un soggetto, detto traente, dà ad un altro, detto trattario, di pagare ad un ter-zo, il prenditore, una somma di denaro.

Il vaglia cambiario o pagherò cambiarioContiene la promessa, fatta da un soggetto, emittente, di pagare una somma di denaro ad una de-terminata scadenza a favore di un altro soggetto, prenditore. Tale struttura porta a distinguere fra:

•  rapporto di valuta, fra traente e prenditore: dà causa all’emissione o negoziazione del tito-lo;

•  rapporto di provvista, fra traente e trattario: in virtù del quale il traente ordina al trattariodi pagare la somma portata dal titolo al prenditore o ad un suo giratario.

Requisiti della cambialeLa dichiarazione cambiaria deve essere redatta in forma scritta e deve avere carattere autonomo:non può ritenersi valida, pertanto, una scrittura cambiaria inserita nel contesto di un altro documen-to.Per la redazione delle cambiali si fa uso di appositi moduli messi in vendita dall’Amministrazionefinanziaria dello Stato per un importo corrispondente alla tassa graduale di bollo. La cambiale nonbollata sin dall’origine non ha efficacia di titolo esecutivo (né tale efficacia può ottenerla a seguitodi successiva regolarizzazione), ma è valida soltanto come “promessa di pagamento”.Requisiti essenziali della cambiale, in difetto dei quali si può parlare solo di attestazione di credito,sono:

•  la denominazione di cambiale inserita nel contesto del titolo ed espressa nella lingua in cuiesso è redatto;

•  l’ordine incondizionato o la promessa incondizionata di pagare una determinata somma;•  il nome del trattario, nel caso di cambiale-tratta;•  il nome del primo prenditore;•  la data di emissione;•  la sottoscrizione dell’emittente o del traente.

Elementi accidentali sono:•  il luogo di pagamento;•  la data di scadenza, in difetto della quale si considera a vista, che può essere:

o  a giorno fisso;o  a vista, se pagabile al momento della presentazione del titolo;o  a certo tempo vista, se scade dopo un certo tempo in seguito alla presentazione;o  a certo tempo data, se scade dopo un certo tempo in seguito all’emissione del titolo.

Cambiale incompleta e in biancoI requisiti cambiari di cui al precedente paragrafo devono sussistere nel momento in cui la cambialeè presentata per il pagamento: nel momento dell’emissione è sufficiente che vi sia la firmadell’emittente e la denominazione cambiaria.La cambiale che circola sprovvista di uno dei requisiti essenziali viene definita:

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•  incompleta: quando il rilascio del titolo avviene senza un accordo circa il suo successi-vo riempimento;

•  in bianco: quando sussiste un contratto di riempimento successivo. Se gli accordi non ven-gono rispettati, l’eventuale eccezione di abusivo riempimento non può essere opposta al ter-zo portatore, salvo che questi abbia acquistato la cambiale in mala fede o con colpa grave.La facoltà di riempimento è sottoposta ad un termine di decadenza di tre anni dall’emissione

del titolo.Categorie di obbligati e autonomia delle obbligazioni cambiarieGli obbligati al pagamento della cambiale si distinguono in due categorie:

•  obbligati principali: che sono l’emittente nel pagherò e l’accettante nella tratta;•  obbligati in via di regresso: che sono il traente e i giranti.

L’avallante assume la posizione di obbligato principale se dà avallo per un obbligato principale; al-trimenti, quella di obbligato in via di regresso.Alla data di scadenza della cambiale, se l’obbligato principale rifiuta il pagamento, l’attuale portato-re legittimo del titolo può rivolgersi ad uno qualunque tra gli altri obbligati; l’obbligato di regresso,poi, può pretendere il rimborso di quanto ha pagato dai giranti che lo precedono, dal traente e dailoro avallanti.

Le varie obbligazioni cambiarie sono autonome: l’incapacità di uno degli obbligati, la falsità di unafirma, l’invalidità in genere di una di tali obbligazioni, non hanno alcuna influenza sulle obbliga-zioni degli altri firmatari, che restano valide.Se, invece, è l’obbligazione del traente o dell’emittente ad essere nulla per vizio di forma o di con-tenuto, tale nullità travolge anche le dichiarazioni cambiarie degli altri obbligati (di per sé regola-ri)137.CapacitàTutte le persone giuridicamente capaci possono assumere obbligazioni cambiarie ad eccezionedell’interdetto e del minore sotto tutela o soggetto a potestà parentale. Il genitore ed il tutore posso-no obbligarsi cambiariamente in nome del minore o dell’interdetto solo a condizione che il primo visia autorizzato dal giudice tutelare e l’altro dal Tribunale, su parere del giudice tutelare.

Il minore emancipato e l’inabilitato, qualora non siano autorizzati all’esercizio del commercio, pos-sono obbligarsi cambiariamente soltanto se la loro firma sia accompagnata da quella del curatorecon la clausola “per assistenza”.Rappresentanza cambiariaLe dichiarazioni cambiarie possono essere compiute anche per mezzo di rappresentante: in tali ipo-tesi dalla dichiarazione o dalla sottoscrizione deve apparire che il dichiarante si obbliga in nome delrappresentato, affinché gli effetti dell’atto compiuto si riflettano direttamente sul rappresentato stes-so. La procura generale, qualora il rappresentato non sia imprenditore commerciale, non si conside-ra comprensiva della procura cambiaria. Colui che appone la propria firma su una cambiale qualerappresentante ma senza il potere per farlo, si obbliga in proprio.Accettazione della trattaAbbiamo visto che nella cambiale-tratta un soggetto, il traente, dà ad un altro soggetto, il trattario,l’ordine di pagare una certa somma ad un terzo. L’accettazione della tratta è l’atto negoziale con cuiil trattario entra nel rapporto cambiario e si obbliga a pagare la somma indicata nel titolo. Fino a chenon interviene l’accettazione, non sorge un’obbligazione cambiaria né vi è un debitore principalecambiario. Il traente, gli eventuali giranti ed i loro avallanti sono soltanto obbligati di regresso; ilportatore della cambiale non vanta alcun diritto, né può esperire alcuna azione nei confronti del trat-tario.Ad accettazione avvenuta138, invece, entra nel rapporto cambiario anche il trattario che assumel’obbligazione di pagare alla scadenza la somma portata dal titolo come obbligato principale.

137 Nell’ipotesi di alterazione del testo della cambiale, chi ha firmato dopo l’alterazione risponde neitermini del testo alterato.138 L’accettazione può essere chiesta presso la residenza del trattario – dal portatore legittimo o an-che da un semplice detentore del titolo – fino al giorno della scadenza. La presentazione della cam-

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La girataLa girata può essere definita come un negozio giuridico cartolare, unilaterale ed astratto, contenenteun ordine di pagamento139. Deve essere incondizionata ed ogni eventuale condizione si ha per nonapposta. La girata può essere apposta anche dopo il protesto del titolo: in tal caso, come precisal’art. 25 della legge cambiaria, si trasferiscono i soli diritti cambiari del cedente esposti a tutte le ec-cezioni che sarebbero state opponibili al girante. La girata può essere:

•  piena o in bianco: quest’ultima non contiene l’indicazione del giratario ed è costituita dallasola firma del girante.

•  per procura o per incasso: con questa clausola il giratario assume la figura di un mandatariodel girante, mero detentore del titolo; solo come tale egli potrà esercitare, per conto del gi-rante, tutti i diritti inerenti alla cambiale e non potrà girarla ulteriormente a terzi se non perprocura;

•  in garanzia: con essa il girante costituisce a favore del giratario, che è anche suo creditore,per garantirgli maggiormente la solvibilità del proprio debito, un pegno sul credito rappre-sentato dal titolo. Il giratario acquista la cambiale per garantirsi di un credito: egli dunque,assume la posizione di un creditore pignoratizio e non potrà ulteriormente girare la cambialese non per procura;

•  fiduciaria: quando sul titolo non viene posta alcuna clausola, ma la limitazione del diritto delgiratario risulta da un negozio extracambiario;•  simulata: quando le parti simulano la traslazione della cambiale senza volerne gli effetti.

La legittimazione del portatore della cambialeLa legittimazione del portatore avviene in base a due elementi:

•  il possesso della cambiale;•  la girata140;

Il possesso di buona fede vale ad attribuire la titolarità del diritto: infatti, chi detiene la cambiale ètenuto a verificarne la continuità delle girate, ma no la loro autenticità (tranne che, acquistando lacambiale, non agì in mala fede o con colpa grave). Il portatore deve presentare la cambiale al debi-tore per il pagamento nel giorno della scadenza o in uno dei due giorni feriali successivi. In derogaai principi generali, il portatore non può rifiutare un pagamento parziale, perché tale pagamento li-bera, sia pure parzialmente, gli obbligati in via di regresso.L’avalloL’avallo è una dichiarazione con la quale taluno garantisce cambiariamente il pagamento dellacambiale per uno degli obbligati cambiari (il traente, l’emittente, un girante). Si tratta di una obbli-gazione cambiaria autonoma di garanzia, diversa dalla fideiussione. Infatti, la fideiussione ha comecaratteristica l’accessorietà: accede ad una obbligazione principale e ne segue le sorti; l’avallo, in-vece, è indipendente dalla obbligazione cambiaria per cui è dato. Inoltre l’avallante, per il principiodell’autonomia, non può opporre le eccezioni personali opponibili dall’avvallato al creditore cam-biario.

Ogni successivo portatore della cambiale ha, verso l’avallante, il diritto al pagamento della sommacambiaria alle stesse condizioni a cui lo ha verso l’avallato ed è legittimato ad esercitare in modoautonomo, nei confronti dell’avallante, il diritto portato dal titolo, quali che siano stati i rapporti in-tercorsi tra avallante e avallato e tra avallante ed i precedenti possessori del titolo.Il diritto del portatore attuale, in quanto autonomo, non può essere pregiudicato dalle eccezioni op-ponibili dall’avallante ai precedenti portatori, né da quelle che allo stesso portatore attuale avrebbepotuto opporre l’avallato, ma solo dalle eccezioni che spettano all’avallante per un suo rapportopersonale con il portatore.

biale è solitamente facoltativa ma diventa obbligatoria allorché sia espressamente prescritta dal tra-ente o da un girante, così come nelle ipotesi di tratta “a certo tempo vista”, ovvero pagabile pressoun terzo o in un luogo diverso dal domicilio del trattario.139 La formula tipica è “ per me pagate a … “.140 Se le girate sono più di una, occorre che la serie sia continua.

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L’avallante, inoltre, non può pretendere che il portatore escuta preventivamente l’avallato; si ri-tiene – invece – che egli possa opporre al portatore eventuali fatti estintivi dell’obbligazione cam-biaria (pagamento, compensazione, remissione del debito, novazione, ecc.).L’avallante che effettui il pagamento della somma cambiaria acquista in modo autonomo i diritti i-nerenti alla cambiale, accresciuti degli interessi e delle spese, nei confronti dell’avallato e di coloroche sono obbligati cambiariamente verso quest’ultimo. L’obbligazione di avallo deve essere scrittasulla cambiale.La cambiali garantiteIl credito cambiario, oltre che dall’avallo, può essere rafforzato anche da garanzie extracambiarie.Tali ipotesi si hanno nella:

•  cambiale ipotecaria, in cui la garanzia del credito cambiario è costituita da un’ipoteca i-scritta su immobili o su beni mobili registrati;

•  cambiale agraria, in cui la banca mutuante e prima prenditrice della cambiale ha privilegiosui frutti raccolti dal mutuatario ed emittente della cambiale stessa nell’annata agraria discadenza del prestito;

•  cambiale-tratta con cessione della provvista, in cui il credito cambiario è garantito dallacessione “pro solvendo” del credito derivante da forniture di merci che il traente he nei con-

fronti del trattario. La garanzia consiste essenzialmente nell’attribuire al portatore dellacambiale il diritto di agire nei confronti del trattario sulla base del rapporto di fornitura dimerci; essa, comunque, è destinata a funzionare nell’eventualità che la cambiale non vengaaccettata. In vero, una volta intervenuta l’accettazione del trattario, ogni funzione della ga-ranzia è esaurita, poiché, per effetto dell’accettazione, sorge l’obbligazione cambiaria direttadel trattario stesso.

Le azioni cambiarie ed il protestoIl portatore di una cambiale, qualora il pagamento venga rifiutato dal trattario (per la tratta) odall’emittente (per il pagherò), può pretendere lo stesso da tutti gli obbligati cambiari, ed a tal finepuò:

•  iniziare l’esecuzione forzata sul patrimonio del debitore, servendosi della cambiale come ti-

tolo esecutivo;•  promuovere un ordinario giudizio di cognizione;•  avvalersi del procedimento ingiuntivo (poiché esso consente di iscrivere sollecitamente ipo-

teca giudiziale).In ciascuno di tali casi, l’azione cambiaria può essere:

•  diretta: contro gli obbligati principali (l’accettante e i suoi avallanti nella “tratta”,l’emittente e i suoi avallanti nel “pagherò”);

•  di regresso: contro gli obbligati di regresso (traente, girante e loro avallanti nella “tratta”;giranti e loro avallanti nel “pagherò”).

L’azione diretta viene esercitata dal portatore nei confronti degli obbligati principali senza formalità

particolari o termini di decadenza. L’azione di regresso, invece, può essere esercitata:•  qualora il pagamento non abbia avuto luogo alla scadenza esercitata;•  se l’accettazione della tratta sia stata rifiutata tutta o in parte;•  in caso di fallimento del trattario;•  in caso di fallimento del traente di una cambiale non accettabile.

L’esercizio dell’azione di regresso è subordinato ad un particolare onere: il protesto. Questo è unatto pubblico, redatto da un notaio o da un ufficiale giudiziario, nel quale si accerta in forma solen-ne l’avvenuta presentazione della cambiale ed il conseguente rifiuto ad accettare o pagare 141.Azioni extra-cambiarieAzione causalePoiché l’emissione della cambiale non estingue il rapporto fondamentale sottostante, l’azione da

questo nascente (detta appunto causale) permane nonostante l’emissione o la trasmissione della

141 Il protesto non è necessario se la cambiale contiene la clausola “senza spese”, “senza protesto”, oaltra equivalente.

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cambiale, salvo che si provi che vi fu novazione. L’esercizio dell’azione causale è subordinatoal mancato buon fine della cambiale.Per impedire che, nonostante l’esperimento dell’azione causale, la cambiale continui a circolare edil debitore possa trovarsi esposto al rischio di un duplice pagamento e per mettere il debitore mede-simo in condizioni di esercitare a sua volta l’azione di regresso, la legge cambiaria pone a carico delportatore, che voglia agire con l’azione causale, l’onere di offire la restituzione della cambiale e didepositarla in Cancelleria.Azione di arricchimentoPer impedire che il portatore resti danneggiato dal gioco delle decadenze e delle prescrizioni cam-biarie, la legge offre – come ultimo rimedio – l’azione di ingiustificato arricchimento. L’esercizio ditale azione ha carattere residuale ed è subordinato alla impossibilità di esperire l’azione cambiariacontro tutti gli obbligati ed al fatto che non spetti, all’interessato, l’azione causale.Con tale azioni il portatore può agire per il pagamento non della somma indicata nella cambiale, maeventualmente di quella minore di cui il traente, o l’accettante, o il girante si siano arricchiti ingiu-stamente a suo danno. Trattasi di un’azione a carattere sussidiario, appunto perché esercitabilequando il danneggiato sia privo di ogni altra azione specifica verso il convenuto.Prescrizione

Ai sensi dell’art. 94 della legge cambiaria:•  le azioni cambiarie contro accettante o emittente si prescrivono in 3 anni dalla data della

scadenza della cambiale;•  le azioni del portatore contro i giranti e contro il traente si prescrivono in un 1 anno dalla da-

ta del protesto;•  le azioni dei giranti gli uni contro gli altri o contro il traente si prescrivono in 6 mesi dal

giorno in cui il girante ha pagato la cambiale o è stata proposta azione di regresso contro dilui;

•  l’azione causale ha lo stesso termine di prescrizione dei diritti nascenti dal rapporto fonda-mentale;

•  l’azione di arricchimento si prescrive in 1 anno dal giorno della perdita dell’azione cambia-

ria.Cambiali finanziarieLe cambiali finanziarie sono titoli di credito all’ordine emessi in serie (L. 43/94). Hanno una duratacompresa fra i 3 e i 12 mesi e sono dirette alla raccolta di risparmio tra il pubblico da parte delleimprese che necessitano di un finanziamento a breve termine senza dover ricorrereall’indebitamento bancario.Trattasi di titoli di credito causali, dato che l’obbligatoria inserzione in essi della dizione “cambialefinanziaria” fa si che il rapporto fondamentale sottostante all’emissione della cambiale emerga dallalettera del titolo stesso. E’ inoltre prescritto che le cambiali finanziarie siano emesse nella formadella cambiale propria.L’ASSEGNO BANCARIO L'assegno bancario è un titolo di credito, all'ordine o al portatore, contenente l'ordine, rivolto ad unbanchiere (trattario), di pagare a vista una somma determinata e comportante, in via sussidiaria, laresponsabilità cambiaria dell'emittente (traente) e di tutti i successivi firmatari verso il possessorelegittimato. La qualifica di banchiere, per colui il quale l'ordine di pagamento è diretto, è considera-ta generalmente requisito di validità del titolo. Il diritto del traente di ordinare il pagamento al legit-timo presentatore presuppone:•  che il traente abbia somme disponibili presso il trattario (rapporto di provvista);•  che il traente possa disporre di tali somme a mezzo di assegno, in conformità di una convenzio-

ne espressa o tacita.La banca trattaria, tuttavia, rimane del tutto estranea al rapporto di valuta e non si obbliga in alcun

modo nei confronti del prenditore, né dei successivi legittimati, ad eseguire il pagamento.La disciplina giuridica dell'assegno bancario è dettata dal R.D. 21/12/1933, numero 1736, comune-mente indicato come “legge sugli assegni”, emanato in forza della delega legislativa per la riformadei codici, sulla base della prima di tre Convenzioni relative alla normativa dello check, approvata

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nella conferenza di Ginevra il 19/3/1931. Per quanto riguarda la natura giuridica dell'assegno, èstata ravvisata l'esistenza di due distinti negozi tra loro collegati: la delegazione di pagamento e l'as-sunzione dell'obbligo di garantire lo stesso.L'articolo 35 della legge numero 1736/33 riconosce al traente la possibilità di revocare l'ordine dipagamento, ma pone dei limiti a tale potere, allo scopo di tutelare la funzione economica dell'asse-gno bancario, nonché l'interesse del portatore a conseguire quanto dovutogli. La banca trattaria, per-tanto:

•  ha l'obbligo di uniformarsi alla revoca soltanto dopo la scadenza del termine di presentazio-ne del titolo;

•  fino alla scadenza di tale termine, invece, è lasciata arbitra di decidere se pagare o meno, re-stando esonerata da ogni responsabilità nei confronti sia del traente, sia del possessore del-l'assegno.

A regime della revoca si connettono le figure dell'assegno vistato e dell'assegno limitato. L'asse-gno vistato (o annotato, o certificato) è caratterizzato da una certificazione del banchiere trattario inordine all'esistenza della provvista, con assunzione dell'obbligo, nei confronti del legittimo posses-sore del titolo, di non consentirne il ritiro, da parte del traente, prima della scadenza del termine dipresentazione. L'assegno limitato reca impresse, sul relativo modulo, la dicitura a copertura garanti-

ta, nonché la cifra massima per cui può essere emesso.Requisiti formali e sostanziali dell'assegnoL'assegno bancario deve contenere i seguenti requisiti di forma, che sono essenziali per la sua vali-dità:

•  la denominazione di “assegno bancario”;•  l'ordine incondizionato di pagare una somma determinata;•  l’indicazione del trattario;•  l’indicazione del luogo di pagamento;•  la data e il luogo di emissione;•  la sottoscrizione autografa del traente.

Per quanto attiene ai requisiti sostanziali delle dichiarazioni contenute nell'assegno si rinvia a quan-to enunciato con riferimento alla cambiale. Pare opportuno ricordare soltanto che:

•  l'emissione di assegno bancario deve considerarsi atto eccedente l'ordinaria amministrazioneper il minore e l'interdetto;

•  mentre, per la cambiale, la procura generale comprende anche la facoltà di obbligarsi cam-biariamente solo se rilasciata da un imprenditore commerciale (salvo esclusione espressa),per l'emissione e la girata di assegni non è richiesto, invece, che il potere di rappresentanzasia specificamente conferito: l'articolo 15 della legge assegni dispone, infatti, che la facoltàgenerale di obbligarsi in nome e per conto altrui comprende quella di obbligarsi per assegno.

La circolazione dell'assegnoL'assegno bancario può essere emesso all'ordine o al portatore e, per la circolazione di tali titoli,

trovano applicazione i principi già enunciati nei capitoli riguardanti titoli di credito in generale e lacambiale:•  assegno all'ordine: il trasferimento si attua mediante girata cui deve accompagnarsi la con-

segna del titolo;•  assegno al portatore: il trasferimento si attua mediante la semplice consegna del titolo.

L'assegno, comunque può anche circolare secondo le forme del diritto comune quali la cessione or-dinaria o la successione mortis causa.Il pagamentoL'esercizio dei diritti cambiari incorporati nel titolo è subordinato all'inderogabile onere, per il por-tatore, di presentare l'assegno al trattario per richiederne il pagamento. La legge stabilisce tassati-vamente dei termini massimi per la presentazione decorrenti dalla data di emissione:

•  8 giorni, se coincidano il comune di emissione e quello di pagamento;•  15 giorni, se si tratta di comuni diversi.

Alla scadenza di tali termini non consegue l'automatico e necessario rifiuto di pagamento da partedel trattario, ma soltanto la possibilità che l'ordine di pagamento venga revocato dal traente. Se l'as-

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segno non è interamente coperto, il trattario potrà pagarlo sino a concorrenza della provvista edil presentatore non potrà rifiutare il pagamento parziale. Nelle ipotesi di pagamento rifiutato daltrattario, il portatore è tenuto a dare avviso al proprio girante, al traente ed ai loro eventuali avallan-ti, nel termine di quattro giorni successivi a quello in cui è stato elevato il protesto. Ogni girante è, asua volta, tenuto a comunicare l'avviso al precedente girante nel termine di due giorni da quello incui lo ha ricevuto.Le azioniNell'ipotesi di rifiuto opposto dal trattario, il portatore ha diritto di ottenere il pagamento da tutti ifirmatari dell'assegno (traente, giranti, avallanti) congiuntamente o individualmente, senza esseretenuto ad osservare l'ordine nel quale essi si obbligarono. Lo stesso diritto spetta all'obbligato cheabbia eseguito il pagamento dell'assegno, nei confronti dei firmatari che lo precedono. Gli anzidettidiritti possono esercitarsi attraverso:

•  il procedimento esecutivo;•  il procedimento ordinario di cognizione;•  il procedimento di ingiunzione.

Figure particolare di assegniPer diminuire il pericolo che l'assegno bancario, soggetto a furti e smarrimenti, sia pagato ad un

portatore di mala fede o da lui negoziato, la legge predispone particolari cautele limitative della cir-colazione e della legittimazione, che rendono difficile al ladro o al ritrovatore l'utilizzazione dellasomma cambiaria.Clausola non all'ordineL'assegno bancario emesso con tale clausola può essere ceduto soltanto con le forme e con gli effet-ti della cessione ordinaria. Se la clausola è apposta da un girante, essa non impedisce ulteriori giratedel titolo, ma esclude la responsabilità cambiaria di regresso del girante che ha apposto la clausolaverso coloro i quali l'assegno sia successivamente girato.Clausola non trasferibileTale clausola blocca la circolazione del titolo sia nelle forme cambiarie sia in quelle del diritto co-mune. L’assegno non trasferibile può essere pagato solo al prenditore che non può girare il titolo, se

non per l'incasso, ad un banchiere. La clausola di non trasferibilità è obbligatoria per gli assegnibancari di importo superiore a venti milioni.Assegno sbarratoLa clausola di sbarramento limita la circolazione del titolo nella sola fase finale, poiché l'ultimo gi-ratario deve essere necessariamente un banchiere, oppure un cliente del banchiere trattario: quest'ul-timo, cioè, può pagare l'assegno soltanto ad un suo cliente o ad un altro banchiere.Assegno da accreditareTale assegno non può essere pagato in contanti, ma chi intende incassare l'importo può solo versarloalla banca trattaria, se ne è cliente, affinché venga accreditato sul proprio conto.Assegno turisticoIl pagamento di tale assegno è subordinato all'esistenza sul titolo di una doppia firma conforme delprenditore, il quale deve ripetere la firma all'atto della presentazione. Tale procedura mette al sicuroil prenditore da eventuali smarrimenti, in quanto l’illegittimo possessore, per incassare l'assegno,dovrebbe riuscire da porre sul titolo una firma identica a quella già posta dal prenditore.L’ASSEGNO CIRCOLARE L'assegno circolare è un titolo di credito all'ordine, contenente una promessa diretta di pagamento edotato di particolari requisiti di forma, emesso da un istituto bancario a ciò preposto dall'autoritàcompetente, per somme che siano disponibili presso di esso al momento dell'emissione, e pagabile avista presso tutti recapiti comunque indicati dall'emittente. L'assegno circolare è simile per strutturaal pagherò cambiario a vista ma si differenzia nettamente da questo sotto il profilo della funzioneche è quella di consentire l'effettuazione di pagamenti senza il rischio dello spostamento materiale

della moneta, alla quale l'assegno circolare si equipara poiché incorpora un credito di sicura esigibi-lità. L'utilità, per la banca emittente, deriva dall'incasso della provvista al momento dell'emissionedell'assegno ed al pagamento differito al momento della presentazione ed estinzione del titolo, conconseguente lucro dei relativi interessi. Non è possibile l'emissione di assegno circolare al portatore,onde impedire una sostanziale parificazione del titolo al biglietto di banca. La promessa di paga-

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mento integra una obbligazione cambiaria, diretta e principale, della banca emittente e tale ca-ratteristica distingue l’assegno circolare dall'assegno bancario.Presupposti dell’emissioneL’istituto emittente è tenuto a costituire, a garanzia del pagamento degli assegni circolari, presso laBanca d'Italia, una riserva speciale in misura percentuale all'ammontare degli assegni in circolazio-ne.L'emissione di assegno circolare dev'essere correlata all'esistenza di somme disponibili è presso l'i-stituto emittente (provvista).DisciplinaAll'assegno circolare si applicano, in genere, le norme sul vaglia cambiario relative alle girata, alpagamento, al protesto, al regresso, alle azioni extra cambiarie, alla prescrizione, in quanto non sia-no incompatibili. Norme peculiari sono, invece, le seguenti:

•  la girata a favore dell'emittente (cosiddetta girata quietanza) estingue l'assegno;•  l'azione contro l'emittente si prescrive entro tre anni dall'emissione;•  il possessore dell'assegno circolare decade dall'azione di regresso se non presenti per il pa-

gamento il titolo, all'emittente, entro 30 giorni dall'emissione.I TITOLI RAPPRESENTATIVI 

I titoli rappresentativi di merci sono titoli di credito causali, ma caratterizzati dai requisiti della let-teralità e della autonomia, emessi da un terzo detentore della merce, in essi esattamente individuataper genere, stato, qualità, ubicazione, e della quale l'emittente si obbliga ad effettuare la riconsegnao restituzione esclusivamente al legittimo possessore del titolo. La funzione tipica del documento èquella di procurare il possesso e non quella di trasferire il diritto di proprietà o altri diritti reali sullamerce.Trasporti terrestriIl mittente, se il vettore lo richiede, deve rilasciare un documento denominato lettera di vettura. Ilvettore, se l’emittente lo richiede, deve rilasciare un duplicato della lettera di vettura ovvero, se nonè stata data lettera di vettura, una ricevuta di carico. Tali documenti solo se vengono emessi con laclausola all'ordine costituiscono titoli di credito, ed in questo caso soltanto chi è legittimato dal tito-

lo può esercitare i diritti nascenti dal contratto di trasporto. Il trasferimento di tali diritti, dunque,avviene mediante girata.Trasporti marittimiPolizza ricevuto per l'imbarcoNella pratica marittima, il vettore o il raccomandatario, una volta assunto il trasporto, sono tenuti arilasciare al caricatore un ordinativo di imbarco delle merci da trasportare, oppure una polizza ri-cevuto per l'imbarco, che fa prova dell'avvenuta consegna della merce al vettore ma non ancoradell'avvenuto imbarco di questa sulla nave. Dopo l'imbarco il comandante è tenuto a rilasciare al ca-ricatore una ricevuta di bordo per le merci imbarcate a meno che non rilasci direttamente, in nomedel vettore, la polizza di carico.Polizza di carico marittima per merci a bordoIl vettore, inoltre, qualora non vi abbia provveduto il comandante è tenuto a rilasciare la polizza dicarico, la quale fa prova dell'avvenuta caricazione delle merci sulla nave. Il vettore, prima di emet-tere la polizza, deve assicurarsi che le merci indicate siano conformi a quelle effettivamente imbar-cate.Gli ordini di consegna propri (delivery orders)I delivery orders sono titoli di credito rappresentativi, con cui il vettore ordina al comandante dellanave o all'impresa di sbarco di consegnare al possessore del titolo le singole partite o frazioni dimerci in essi specificate; ciò rende più facili i commerci, facilitando la divisione e la distribuzionedel carico.Gli ordini di consegna impropri

Tali ordini, invece che dal vettore, sono emessi dal possessore della polizza di carico. Essi non sonotitoli di credito, ma semplici titoli di legittimazione, poiché si limitano ad indicare una persona allaquale il vettore può validamente consegnare la partita di merce specificata. Questa indicazione è,tuttavia, sempre revocabile e il possessore della polizza non perde mai la disponibilità delle merci.

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Trasporti aereiLa lettera di trasporto aereoAnche per il trasporto aereo è previsto un particolare documento probatorio del ricevimento dellemerci da trasportare, che costituisce, al tempo stesso, titolo di credito rappresentativo di questo. Ilmittente, infatti, può chiedere al vettore l'emissione di una lettera di trasporto aereo o di tante let-tere per quanti sono in colli da trasportare.Titoli emessi dal depositarioNei contratti di deposito, i titoli eventualmente emessi dal depositario hanno, di regola, funzioneprobatoria: soltanto la fede di deposito e la nota di pegno emesse dai magazzini generali hanno effi-cacia rappresentativa e di titolo di credito.La fede di deposito è titolo all'ordine, emesso dal magazzino generale su richiesta del depositante,in cui sono indicate le merci depositate con tutti gli estremi atti ad individuarle, il luogo del deposi-to, il nome del depositante, ed è specificato se per la merce siano stati pagati i diritti doganali e seessa sia stata assicurata.La nota di pegno è un documento allegato alla fede di deposito che consente di costituire pegnosulle merci depositate e serve ad ottenere, per il possessore, eventuali anticipazioni sulle merci.La fede di deposito e nota di pegno possono circolare sia congiuntamente che separatamente: ven-

gono, infatti, separate quando sulle merci depositate si costituisce un diritto di pegno.ALTRI TITOLI DI CREDITO I titoli speciali dell’istituto di emissioneVaglia cambiarioIl vaglia cambiario è un titolo esclusivamente all'ordine, pagabile a vista ed in qualsiasi filiale dell'i-stituto di emissione, contenente la promessa incondizionata della somma in essa indicata. Esso sidistingue dal pagherò cambiario, poiché non è uno strumento di credito, ma è emesso dietro versa-mento, nelle casse dell'istituto di emissione, del corrispondente importo in biglietti di banca o in va-luta legale.Assegno bancario liberoL'assegno bancario libero è un titolo all'ordine, emesso per conto della banca d'Italia e dietro versa-

mento del relativo importo, a mezzo di corrispondenti a ciò autorizzati a seguito di prestazione diidonea cauzione. Esso è diretto a consentire l'emissione di titoli della banca d'Italia in quelle localitàdove la banca stessa non ha filiali, per mezzo dell'organizzazione bancaria altrui.Assegno bancario piazzatoL'assegno bancario piazzato è un titolo all'ordine, emesso per conto della banca d'Italia, da corri-spondenti a ciò autorizzati, in doppia matrice, e pagabile presso una sola filiale dell'istituto di emis-sione. A differenza dell'assegno bancario libero, non è richiesto il versamento preventivo del con-trovalore; una delle due matrici, però, deve essere inviata dal corrispondente alla filiale della bancad'Italia cui esso è aggregato affinché questa, constatata la sufficienza della cauzione versata dal cor-rispondente stesso, la munisca di visto e la faccia pervenire alla filiale sulla quale l'assegno tratto.Fede di credito o polizzino

La fede di credito è un titolo di credito all'ordine, contenente la promessa del banco emittente di pa-gare una somma determinata, presso una qualunque filiale di esso.L'assegno I.C.C.R.I.È l'assegno dell'istituto di credito delle casse di risparmio italiane. Esso contiene una promessa dipagamento dell'istituto medesimo ma è emesso, in nome proprio ed in qualità di traente, dalle singo-le casse di risparmio, autorizzate in base alla prestazione di adeguata cauzione in titoli pubblici.IL MERCATO MOBILIARE E L’INTERMEDIAZIONE FINANZIARIAIL MERCATO MOBILIARE E I SERVIZI DI INVESTIMENTO IL MERCATO MOBILIARE La nozione di mercato mobiliare, a partire dalla L. 216/74, è stata incentrata su quella di valore mo-biliare, che precedentemente era riferita soltanto ai titoli di credito di massa. Trattasi di una nozionepiuttosto ampia, che non trova nella legge una definizione generale, bensì una descrizione di tipocasistico, correlata all’operatività di discipline specifiche.Una rilevante riforma del mercato mobiliare si è avuta con il D.Lgs. 415/96:

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•  la nozione di valori mobiliari è stata sostituita con quella di strumenti finanziari; la no-zione di attività di intermediazione mobiliare con quella di servizi di investimento;

•  è stato soppresso il monopolio delle S.I.M. nazionali sulla gestione dei servizi di investi-mento a favore degli istituti bancari;

•  è stata realizzata la privatizzazione dei mercati finanziari.Infine, con il D.Lgs. 58/1998, sono state dettate le norme sull’organizzazione dei mercati mobiliari,

la cui gestione è stata liberalizzata, e una nuova disciplina relativa alla tutela delle minoranze nellesocietà quotate.VALORI MOBILIARI E STRUMENTI FINANZIARI Come abbiamo detto nel paragrafo precedente, il D.Lgs. 415/96 ha sostituito alla categoria dei valo-ri mobiliari, la più ampia nozione di strumenti finanziari. A norma dell’art. 1 secondo comma delcitato decreto, per strumenti finanziari si intendono:

•  le azioni è gli altri titoli rappresentativi di capitale di rischio negoziabili sul mercato dei ca-pitali;

•  le obbligazioni, i titoli di Stato e gli altri titoli di debito negoziabili sul mercato dei capitali;•  le quote di fondi comuni di investimento;•  i titoli normalmente negoziati sul mercato monetario;•  qualsiasi altro titolo normalmente negoziato che permetta di acquisire gli strumenti indicati

nei precedenti punti, e i relativi indici;•  i contratti futures su strumenti finanziari, su tassi di interesse, su valute, su merci e sui rela-

tivi indici, anche quando l’esecuzione avvenga attraverso il pagamento di differenziali incontanti;

•  i contratti di scambio a pronti e termine (swaps) su tassi di interesse, su valute, su mercinonché su indici azionari (equity swaps), anche quando l’esecuzione avvenga attraverso ilpagamento di differenziali in contanti;

•  i contratti a termine collegati a strumenti finanziari, a tassi di interesse, a valute, a merci erelativi indici, anche quando l’esecuzione avvenga attraverso il pagamento di differenziali in

contanti;•  i contratti di opzione per acquistare o vendere gli strumenti indicati nei precedenti punti e irelativi indici, nonché i contratti di opzione su valute, su tassi di interesse, su merci e sui re-lativi indici, anche quando l’esecuzione avvenga attraverso il pagamento di differenziali incontanti;

•  le combinazioni di contratti o di titoli indicati nei punti precedenti.I SERVIZI DI INVESTIMENTO ED IL LORO ESERCIZIO Ai sensi dell’art. 1 del T.U. 58/98, sono servizi di investimento, quando hanno ad oggetto strumentifinanziari, le seguenti attività:

•  negoziazione per conto proprio;•  negoziazione per conto terzi;•  collocamento, con o senza preventiva sottoscrizione o acquisto, a fermo, ovvero assunzione

di garanzia nei confronti dell’emittente;•  gestione su base individuale di portafogli di investimento per conto terzi;•  ricezione e trasmissione di ordini noncé mediazione;

Sono invece servizi accessori:•  la custodia e l’amministrazione di strumenti finanziari;•  la locazione di cassette di sicurezza;•  la concessione di finanziamenti agli investitori per consentire loro di effettuare

un’operazione relativa a strumenti finanziari, nella quale interviene il soggetto che concedeil finanziamento;

•  la consulenza alle imprese in materia si struttura finanziaria, di strategia industriale e di que-stioni connesse, nonché la consulenza e i servizi concernenti la concentrazione e l’acquistodi imprese;

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•  i servizi connessi all’emissione o al collocamento di strumenti finanziari, ivi compresal’organizzazione e la costituzione di consorzi di garanzia e collocamento;

•  la consulenza in materia di investimenti in strumenti finanziari;•  l’intermediazione in cambi, quando collegata alla prestazione di servizi d’investimento.

L’esercizio professionale, nei confronti del pubblico, dei servizi di investimento è riservato:•  alle S.I.M.;•  alle imprese di investimento;•  alle banche;•  agli intermediari finanziari iscritti nell’elenco speciale di cui all’art. 107 T.U. bancario, limi-

tatamente alla negoziazione per conto proprio degli strumenti finanziari derivati ed al collo-camento;

•  alle società di gestione del risparmio, limitatamente alla gestione su base individuale di por-tafogli di investimento per conto terzi;

Gli intermediari autorizzati all’esercizio dei servizi di investimento e delle attività negoziali posso-no offrire servizi di:

•  gestione collettiva, che si realizzano attraverso:o  la promozione, istituzione e organizzazione di fondi comuni di investimento e

l’amministrazione dei rapporti con i partecipanti;o  la gestione patrimoniale dei fondi anzidetti, di propria o altrui istituzione, ovvero del

patrimonio delle S.I.C.A.V., mediante l’inves-timento avente ad oggetto strumentifinanziari, crediti, o altri beni mobili o immobili;

•  gestione individuale, che si realizzano attraverso l’affidamento al gestore di un singolo pa-trimonio.

IL CONTRATTO DI GESTIONE DI PATRIMONI MOBILIARI INDIVIDUALI Il contratto di gestione di patrimoni mobiliari individuali ha la finalità di valorizzare un determinatopatrimonio mediante il compimento di una serie di atti unitariamente rivolti al conseguimento di unrisultato utile dell’attività di investimento e disinvestimento in valori mobiliari.Il contratto deve essere redatto in forma scritta e la relativa disciplina è data dall’art. 24 del T.U.58/1998. L’impresa di investimento ha i seguenti obblighi:

•  comportarsi con diligenza, correttezza e trasparenza nell’interesse dei clienti e per l’integritàdel mercato;

•  investire al meglio il patrimonio del cliente;•  dare esecuzione alle eventuali istruzioni specifiche, per essa vincolanti, impartite dal clien-

te142;•  non contrarre, salvo specifica istruzione scritta, obbligazioni per conto del cliente che lo im-

pegnino oltre il patrimonio gestito.Il gestito, in deroga alle norme civilistiche in tema di mandato, ha diritto di recedere dal contratto inogni momento, anche senza giusta causa o preavviso, e non è tenuto a risarcire il gestore da even-

tuali danni, ferma restando l’inefficacia del recesso per le operazioni già eseguite o in corso di ese-cuzione.LA SOLLECITAZIONE ALL’INVESTIMENTO La sollecitazione all’investimento, attraverso l’appello al pubblico risparmio, si ricollega ad ognioperazione di massa, gestita dal promotore o da un terzo, che viene offerta al pubblico degli investi-tori con la prospettazione di un profitto e che ha caratteristiche tali da escludere che gli investitorimedesimi possano gestirla o controllarla in modo determinante, limitandosi la loro funzione a quel-la di finanziatori. Sollecitazione all’investimento può aversi:

•  mediante offerta al pubblico;•  con attività svolta direttamente nel domicilio degli investitori, o comunque in luogo diverso

dalla sede dell’emittente143.

142 Il gestore ha la possibilità di recedere dal contratto qualora ritenga che le medesime istruzionisiano contrarie all’interesse dell’affidante.

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Coloro che intendono effettuare una sollecitazione all’investimento devono darne preventivacomunicazione alla Consob, allegando un prospetto informativo contenente le informazioni neces-sarie affinchè gli investitori possano pervenire ad un fondato giudizio sulla situazione patrimoniale,economica e finanziaria dell’emittente e sulle prospettive di rendimento.IL PROMOTORE DI SERVIZI FINANZIARI Un intermediario abilitato non può operare fuori della propria sede sociale e delle sedi secondarie senon per mezzo di promotori finanziari.Ai sensi dell’art. 31 del T.U. 58/98, è promotore finanziariola persona fisica che, in qualità di dipendente, agente o mandatario, esercita professionalmentel’offerta fuori sede. Il promotore deve esercitare la sua attività per conto e nell’interesse di un solointermediario abilitato.LA VIGILANZA SUGLI INTERMEDIARI ABILITATI Il T.U. 58/98 prevede un articolato sistema di vigilanza sulle attività degli intermediari abilitati alloscopo di garantire la trasparenza e la correttezza dei comportamenti e la sana e prudente gestione,avendo riguardo alla tutela degli investitori e alla stabilità, alla competitività e al buon funziona-mento del sistema finanziario. I poteri di vigilanza sono attribuiti:

•  alla Banca d’Italia, per quanto riguarda il contenimento del rischio e la stabilità patrimonia-le;

•  alla Consob, per quanto riguarda la trasparenza e la correttezza dei comportamenti.Il Testo Unico distingue tre tipologie di vigilanza:•  regolamentare, con cui la Banca d’Italia e la Consob disciplinano tramite regolamento vari

aspetti dell’attività operativa degli intermediari abilitati;•  informativa, con cui la Banca d’Italia e la Consob richiedono agli stessi soggetti comunica-

zioni di dati e notizie o la trasmissione di atti e documenti;•  ispettiva, con cui la Banca d’Italia e la Consob possono effettuare ispezioni o richiedere

l’esibizione di documenti.LE SOCIETÀ DI INTERMEDIAZIONE MOBILIARE LE S.I.M.Le Società di Intermediazione Mobiliare svolgono l’esercizio professionale, nei confronti del pub-

blico, dei servizi di investimento, dei servizi accessori, e altre attività finanziarie, nonché attivitàconnesse o strumentali. Le SIM debbono essere costituite come società per azioni, devono ricom-prendere nella denominazione sociale le parole “società di intermediazione mobiliare” ed avere sedesociale nel territorio della Repubblica. Tutte le SIM devono inoltre essere iscritte in un apposito al-bo tenuto presso la Consob.LA SEPARAZIONE PATRIMONIALE L’art. 22 del TU 58/98 detta norme specifiche volte a mantenere separati i beni dei clienti da quellidell’intermediario e degli altri clienti, ai fini di salvaguardia dei diritti degli investitori. Infatti, nellaprestazione dei servizi di investimenti e accessori, gli strumenti finanziari e le somme di denaro deisingoli clienti, a qualunque titolo detenuti dalla SIM, costituiscono patrimonio distinto a tutti glieffetti da quello dell’intermediario e da quello degli altri clienti. Su tale patrimonio non sono am-messe le azioni dei creditori dell’intermediario o nell’interesse degli stessi, né quelle dei creditoridell’eventuale depositario o sub-depositario. Le azioni dei creditori dei singoli clienti sono ammessenei limiti del patrimonio di proprietà di questi.I CONTRATTI RELATIVI ALLA PRESTAZIONE DEI SERVIZI In via generale, i contratti relativi alla prestazione dei servizi di investimento e accessori devono es-sere redatti per iscritto ed una copia deve essere consegnata ai clienti. La Consob può tuttavia pre-vedere, con regolamento, anche altre forme.L’ATTIVITÀ DI NEGOZIAZIONE NEI MERCATI REGOLAMENTATI L’art. 25 secondo comma del T.U. 58/98 riconosce alla Consob la facoltà di disciplinare con rego-lamento le ipotesi in cui la negoziazione degli strumenti finanziari trattati nei mercati regolamentati

143 In tal caso, l’efficacia dei contratti di collocamento di strumenti finanziari è sospesa per 7 giorni.Entro detto termine l’investitore può comunicare il proprio recesso senza spese né corrispettivo alpromotore finanziario o al soggetto abilitato.

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italiani deve essere eseguita nei mercati regolamentati stessi e, in tale eventualità, di stabilire lecondizioni in presenza delle quali l’obbligo non sussiste.I FONDI COMUNI DI INVESTIMENTO GENERALITÀ I fondi comuni di investimento consentono la raccolta del risparmio per l’impiego dello stesso inbeni, strumenti finanziari o altri valori. Possiamo distinguere:

•  fondi comuni di investimento mobiliare;•  fondi comuni di investimento immobiliare;•  fondi aperti, nei quali non sono posti limiti all’ingresso di nuovi partecipanti o all’uscita de-

gli investitori;•  fondi chiusi, caratterizzati da un importo fisso della sottoscrizione e destinati a finanziare

investimenti ben definiti per dimensione e qualità.LA SOCIETÀ DI GESTIONE DEL RISPARMIO La società di gestione del risparmio promuove la raccolta sul mercato delle disponibilità finanziarieche daranno vita al patrimonio del fondo e può gestire sia fondi di propria istituzione sia fondi isti-tuiti da altre società. Essa deve essere autorizzata dalla Banca d’Italia e iscritta in un apposito albo.La società di gestione del risparmio provvede, nell’interesse dei partecipanti, all’esercizio dei diritti

di voto inerenti agli strumenti finanziari di pertinenza dei fondi gestiti, salvo diversa disposizione dilegge.LA BANCA DEPOSITARIA La banca depositaria ha anzitutto in custodia il patrimonio del fondo. Inoltre, nell’esercizio delleproprie funzioni:

•  accerta la legittimità delle operazioni di emissione e rimborso delle quote del fondo, il calco-lo del loro valore e la destinazione dei redditi del fondo;

•  accerta che nelle operazioni relative al fondo la controprestazione le sia rimessa nei terminid’uso;

•  esegue le istruzioni della società di gestione del risparmio se non sono contrarie alla legge,al regolamento o alle prescrizioni degli organi di vigilanza.

STRUTTURA E CARATTERISTICHE DEI FONDI L’art. 37 del T.U. 58/98 demanda al Ministro del Tesoro, del Bilancio e della programmazione eco-nomica, con regolamento adottato sentite la Banca d’Italia e la Consob, la determinazione dei criterigenerali cui devono uniformarsi i fondi comuni di investimento relativamente all’oggettodell’investimento, alle categorie di investitori, alle modalità di partecipazione, all’eventuale durata.Ciascun fondo comune di investimento, o ciascun comparto di uno stesso fondo, costituisce patri-monio autonomo, distinto a tutti gli effetti dal patrimonio della società di gestione del risparmio eda quello di ciascun partecipante, nonché da ogni altro patrimonio gestito dalla medesima società.Su tale patrimonio non sono ammesse azioni dei creditori della società di gestione del risparmio onell’interesse della stessa, né quelle dei creditori del depositario o del sub depositario o

nell’interesse degli stessi. Le azioni dei creditori dei singoli investitori sono ammesse soltanto sullequote di partecipazione dei medesimi.IL REGOLAMENTO DEL FONDO Il rapporto di partecipazione al fondo comune di investimento è disciplinato dal regolamento delfondo. La Banca d’Italia, sentita la Consob, determina i criteri generali di redazione di tale regola-mento e il suo contenuto minimo. Il regolamento del fondo definisce le caratteristiche del fondo, nedisciplina il funzionamento, indica la società promotrice, il gestore, se diverso dalla società promo-trice, e la banca depositaria; definisce la ripartizione dei compiti tra tali soggetti, regola i rapportiintercorrenti tra tali soggetti e i partecipanti al fondo.LE SOCIETÀ DI INVESTIMENTO A CAPITALE VARIABILE (S.I.C.A.V.)NOZIONE 

La Società di Investimento a Capitale Variabile, disciplinata dal D.Lgs. 84/92, può essere definitacome la società per azioni che ha per oggetto esclusivo l’investimento collettivo del patrimonio rac-colto mediante l’offerta al pubblico di proprie azioni. La differenza sostanziale rispetto ai fondi co-muni di investimento consiste nel fatto che, mentre nei fondi l’investitore è mero titolare di una

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quota di partecipazione ad un fondo ammministrato da una società di gestione, nelle S.I.C.A.V.l’investitore è socio della società ed il fondo patrimoniale è lo stesso patrimonio della società.COSTITUZIONE La S.I.C.A.V. può essere costituita solo previa autorizzazione della Banca d’Italia, sentita la Con-sob, qualora presenti i seguenti requisiti:

•  sia costituita come società per azioni;• 

abbia la sede legale nel territorio della Repubblica;•  abbia il capitale sociale non inferiore a quello stabilito dalla Banca d’Italia;•  sia amministrata e diretta da soggetti di riconosciuta professionalità;•  abbia come oggetto esclusivo l’investimento collettivo del patrimonio raccolto mediante of-

ferta al pubblico delle proprie azioni.CAPITALE SOCIALE La S.I.C.A.V. è caratterizzata dalla variabilità del capitale sociale in quanto quest’ultimo muta diret-tamente in relazione ad eventi che concernono la compagine sociale come l’ingresso di nuovi soci oil recesso di vecchi, profitti e perdite di gestione. Tale variabilità porta il capitale sociale a coincide-re sempre con il patrimonio netto della società, valutato secondo i criteri della Banca d’Italia. Ciòdetermina la pressoché totale disapplicazione della disciplina di diritto comune concernente le riser-

ve, nonché la riduzione e l’aumento del capitale.LE AZIONI Le azioni devono essere interamente liberate al momento della loro emissione. La legge prevedenelle S.I.C.A.V. due categorie di azioni:

•  le azioni nominative, che attribuiscono il voto in riferimento alla porzione di patrimoniocorrispondente;

•  le azioni al portatore, che attribuiscono al socio un solo voto indipendentemente dal nume-ro di azioni possedute.

In nessun caso la S.I.C.A.V. può acquistare o detenere azioni proprie, né può emettere obbligazioni.LE ASSEMBLEE SOCIALI L’assemblea ordinaria e l’assemblea straordinaria in seconda convocazione, possono validamentedeliberare qualunque sia la parte di capitale sociale intervenuta. Se lo consente lo statuto, il votopuò essere dato per corrispondenza. Le deliberazioni comportanti modifiche allo statuto devono es-sere approvate dalla Banca d’Italia, alla quale esse devono essere inviate entro 15 giorni dalla datadi svolgimento dell’assemblea.LA GESTIONE La S.I.C.A.V. può delegare poteri di gestione del proprio patrimonio ma delegata può essere esclu-sivamente una società di gestione del risparmio. Il rapporto tra S.I.C.A.V. e società delegata si con-figura, secondo la dottrina, come rapporto di rappresentanza organica, con la conseguente applicabi-lità dell’art. 2384, il quale dispone l’inopponibilità al terzo contraente di buona fede del superamen-to della delega da parte del delegato.

FUSIONE E SCISSIONE; SCIOGLIMENTO E LIQUIDAZIONE La S.I.C.A.V. non può trasformarsi in organismo diverso. Gli eventuali progetti di fusione e scis-sione debbono ricevere il nulla osta della Banca d’Italia.La S.I.C.A.V. si scioglie per il verificarsi della diminuzione del patrimonio al disotto dei minimiprevisti, se non si provvede a reintegrarlo entro 60 giorni144, o per una delle altre cause previstedall’art. 2448 (decorso del termine, conseguimento dell’oggetto sociale, impossibilità di funziona-mento, deliberazione dell’assem-blea, altre cause previste dall’atto costitutivo).In seguito allo scioglimento la società non può più procedere all’emissione ed al rimborso delle a-zioni. La nomina, la revoca e la sostituzione dei liquidatori compete all’assemblea straordinaria e siapplica l’art. 2450.Deve ricordarsi, infine, che la S.I.C.A.V. non può fallire ed è assoggettabile, invece, alle procedure

concorsuali dell’amministrazione straordinaria e della liquidazione coatta amministrativa.

144 Il termine è sospeso qualora sia iniziata una procedura di fusione con altra S.I.C.A.V.

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I MERCATI REGOLAMENTATI GENERALITÀ L’istituzione dei mercati finanziari regolamentati si ricollega tradizionalmente all’esigenza di orga-nizzare mercati efficienti per lo scambio dei titoli e che offrano opportune misure di garanzia a tute-la degli emittenti e dei risparmiatori. Nel sistema del mercato mobiliare italiano, sono mercati rego-lamentati:

•  la Borsa Valori;•  il mercato ristretto;•  il mercato per la negoziazione dei derivati (Idem);•  il mercato secondario dei titoli di Stato o garantiti dallo Stato, sia quotati che non quotati

nella Borsa (Mts);•  il mercato dei contratti uniformi a termine sui titoli di Stato (Mif, Mto).

LE SOCIETÀ DI GESTIONE DEI MERCATI REGOLAMENTATI L’attività di gestione dei mercati è considerata attività imprenditoriale a tutti gli effetti. Le società digestione debbono essere costituite come S.p.A., dotate di ampia autonomia nella scelta della propriacompagine azionaria. La partecipazione al capitale sociale, infatti, non è riservata ai soli intermedia-ri autorizzati ma lasciata aperta a tutti i soggetti previsti dai relativi statuti. All’assemblea ordinaria

dei soci spetta l’adozione del regolamento di disciplina dell’organizzazione e gestione del mercato.LA BORSA VALORI Prima dell’intervento del D.Lgs. 415/96, la Borsa Valori era, nel nostro paese, un mercato organiz-zato di diritto pubblico che offriva un servizio pubblico di monopolio e come tale gestito e vigilatodalla pubblica autorità. Il citato decreto l’ha invece inquadrata come impresa operante in regimeprivatistico sia pure sotto il controllo e la vigilanza di autorità istituzionali. Il Consiglio di Borsa,già operante dal 1993, fu incaricato alla costituzione delle varie società di gestione. Il 7 Febbraio1997 fu così istituita la Borsa Italiana S.p.A. per la gestione della Borsa valori, del mercato ristrettoe del mercato dei derivati.Il funzionamento della BorsaLe modalità operative della Borsa sono state innovate radicalmente a partire dal 25 Novembre 1991

quando si è passati dal sistema di contrattazione “alle grida” al sistema telematico.La contrattazione continua si svolge tutti i giorni di apertura della Borsa ed è suddivisa essenzial-mente da due sessioni: l’MTA, il mercato diurno, dalle 9:30 alle 17:30 e dall’TAH, il mercato sera-le, operativo dal 15 maggio 2000.Compensazione e liquidazione delle operazioni di Borsa, sistemi di garanziaMentre secondo la disciplina anteriore al T.U. 58/98, la liquidazione delle operazioni su valori mo-biliari doveva avvenire attraverso appositi organismi pubblici denominati stanze di compensazione,attualmente i servizi di compensazione e liquidazione possono essere affidati ad una apposita socie-tà autorizzata dalla Banca d’Italia e dalla Consob e sottoposta a vigilanza esercitata dai medesimiorgani. Inoltre, sono state introdotte significative novità anche in relazione al sistema finalizzato agarantire il buon fine dei contratti.IL MERCATO RISTRETTO Accanto al listino ufficiale ne esiste un secondo, chiamato Mercato Ristretto, nel quale è iscritto unnumero limitato di titoli ma che per tutto il resto ricalca esattamente il fratello maggiore. Le diffe-renze sostanziali fra listino ufficiale e mercato ristretto sono essenzialmente due:

•  la minore consistenza del flottante in circolazione;•  la mancanza, in molti casi, di tutti i requisiti per essere ammessi alla quotazione ufficiale.

Il Mercato Ristretto svolge inoltre una funzione preparatoria, di “acclimatazione”, all'iscrizione allistino. E’ il caso di ricordare che il Mercato Ristretto italiano autorizzato ufficialmente soltanto dalmaggio del 1978. Prima di allora era un qualcosa di spontaneo, non regolamentato se non dagli usied alle consuetudini.

ALTRI MERCATI TELEMATICI In borsa possono essere trattati soltanto lotti minimi di titoli. Questo vincolo crea non pochi pro-blemi ai possessori di un quantitativo di titoli inferiore al lotto minimo di contrattazione. Per questomotivo è stato creato un mercato di supporto a quello principale, il Mercato telematico delle spez-

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zature, dove è possibile liquidare tali quantitativi “anomali” di titoli. Il mercato si articola indue diverse sessioni:

•  la prima va dalle 8:15 alle 12:45: in questo arco di tempo è consentito procedere alla contrat-tazione di spezzature di valori mobiliari inseriti nel gruppo A del mercato principale, vale adire i titoli più importanti e a più largo flottante;

•  la seconda ha inizio alle 12:45 e termina alle 18: in questa fase si proceda all'abbinamento

dei residui titoli del gruppo A che non hanno segnato un prezzo di apertura sul mercatoprincipale e dei titoli del gruppo B a minor flottante.LA VIGILANZA SUI MERCATI REGOLAMENTATI La Consob è l'organo centrale e fondamentale di controllo dei mercati regolamentati. Essa ha ilcompito istituzionale di vigilare sui mercati medesimi al fine di assicurare la trasparenza, l'ordinatosvolgimento delle negoziazioni e la tutela degli investitori. È data facoltà alla Consob di stabilire lemodalità e i termini con i quali può chiedere alle società di gestione la comunicazione anche perio-dica di dati, e in genere di tutte le informazioni utili, nonché eseguire ispezioni presso le stesse e ri-chiedere l'esibizione di documenti e il compimento degli atti ritenuti necessari. Nel caso in cui si ve-rifichino situazioni di necessità ed urgenza, la Consob può, inoltre, per perseguire la finalità di tute-la degli investitori, sostituirsi alla società di gestione o adottare direttamente i provvedimenti ritenu-

ti necessari. La vigilanza sui sistemi di compensazione, di liquidazione e di garanzia, invece, è eser-citata sia dalla Consob che dalla banca d'Italia. A tal fine la banca d'Italia e la Consob possono ri-chiedere, ai gestori dei sistemi, alla società autorizzata a gestire il sistema di compensazione e liqui-dazione e agli operatori, dati e notizie in ordine alla compensazione e liquidazione della operazionied effettuare ispezioni. In caso di necessità e urgenza, la banca d'Italia adotta i provvedimenti idoneia consentire la tempestiva chiusura della liquidazione, anche sostituendosi ai gestori dei sistemi edei servizi.I CONTRATTI DI BORSA: GENERALITÀ Poiché il codice civile non contiene una disciplina specifica dei contratti di borsa, per definire questiultimi occorre riferirsi ad alcuni contratti nati attraverso la pratica delle borse ed originariamente re-golati solo dagli usi di borsa.

Tali contratti si definiscono:•  a mercato fermo, allorquando i contraenti si obbligano ad eseguirli secondo il contenuto sta-

bilito al momento della conclusione;•  a mercato libero, allorquando un contraente versa all'altro una somma ed acquista il diritto di

variare il contenuto del contratto o di sciogliersi da esso.Essi poi, possono essere:

•  a contante: vanno eseguiti entro il termine massimo di dieci giorni dalla stipulazione;•  a termine: con esecuzione differita rispetto al momento della stipulazione del contratto.

I contratti a premioI contratti a premio sono quelli in cui uno dei contraenti, mediante il pagamento di un compenso(premio) si riserva la facoltà di recedere dal contratto o di variarne il contenuto scegliendo tra ac-quisto e vendita dei titoli, oppure raddoppiando o triplicando il quantitativo di titoli contrattati.Nel giorno di risposta premi il compratore del premio deve precisare se intende o meno eseguire ilcontratto e, in caso affermativo, deve precisare la quantità di titoli che intende ritirare o consegnare,secondo il tipo di contratto a premio stipulato. I contratti a premio rappresentano, insieme alle op-zioni su azioni, le uniche modalità attualmente ammesse di negoziazione a termine. Ciò si è verifi-cato in seguito all'estensione per tutti gli altri tipi di contratti della liquidazione a contanti, facendoscomparire la categoria dei contratti a termine fisso.Altri contrattiI Financial FuturesIl termine financial futures è usato per definire quella parte, sempre più consistente, di contratti a

termine standardizzati su grandezze finanziarie, in cui una parte si impegna a vendere all'altra, inuna data predefinita, una determinata quantità di uno strumento finanziario. L'altra parte a sua voltasi impegna ad acquistare. Ciò che differenzia i contratti futures da quelli a termine è la specifica de-terminazione del tipo di strumento oggetto della negoziazione, nonché della sua quantità, delle date

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di scadenza dei contratti e in genere di tutte le modalità di negoziazione. Ma la distinzione piùrilevante fra questi due tipi di contratti è rappresentata dalla clearing house, che nei futures si sosti-tuisce alle controparti appena concluso il contratto. Ciò determina una scissione dell'obbligazione indue vendite distinte: la prima dalla controparte alla clearing house e la seconda dalla clearing houseall'altro soggetto del contratto. In tal modo la clearing house, divenendo controparte diretta di tutti ipartecipanti al mercato, assume l'onere di adempimento di tutti i contratti conclusi, incrementando,in maniera determinante, l'affidabilità del mercato.Le optionsL'opzione è un contratto che attribuisce all'acquirente il diritto e non l'obbligo di comprare (opzionecall) e di vendere (opzione put) uno specifico strumento finanziario (titoli, valuta, tassi di interesse)al un determinato prezzo (prezzo di esercizio) entro oppure a una data futura determinata. Il diritto èconferito dal venditore al compratore previa corresponsione di un premio detto prezzo dell'opzione.IL RIPORTO DI BORSA Il riporto di borsa si caratterizza rispetto al riporto di banca per la sua specializzazione causale e ladisciplina codicistica trova attualmente specificazione nella delibera Consob 27/2/96, numero 9821,ove si distingue tra:

•  riporto titoli: il riportatore ha necessità di ottenere un finanziamento in titoli. Il riportato

glieli trasferisce in proprietà per un determinato prezzo ed il riportatore assume l'obbligo diritrasferirgli altrettanti titoli della stessa specie per un prezzo decurtato in misura pari al cor-rispettivo pattuito per il finanziamento (deporto).

•  riporto lire: il riportato ha necessità di ottenere un finanziamento in lire. Trasferisce titoli inproprietà al riportatore per un determinato prezzo e questi assume l'obbligo di ritrasferirglialtrettanti titoli della stessa specie per un prezzo incrementato in misura pari al corrispettivopattuito per il finanziamento (riporto).

In entrambi i casi possono formare oggetto del contratto le azioni, le obbligazioni convertibili e diwarrants quotati in borsa o negoziati a contante.