Riapre la Basilica memoriale sul Monte Nebo in Giordania · vembre si terrà invece un panel...

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Domenica 16 Ottobre 2016 20 CATHOLICA Mosè ritrova la sua «casa» Riapre la Basilica memoriale sul Monte Nebo in Giordania dopo i lunghi restauri. L’inaugurazione con il cardinale Sandri La struttura di accoglienza dei salesiani GIUSEPPE CAFFULLI opo anni d’interventi e restauri, riapre final- mente la Basilica del Memoriale di Mosè al Mon- te Nebo, in Giordania. L’inaugurazione ufficiale del nuovo edificio, che è stato pensato per proteggere l’antica Basilica bizantina e i preziosi mosaici in essa contentuti, è avvenuta ieri e prosegue anche oggi. Una «due giorni» pensata per permettere la partecipazione a tutti i pellegrini che hanno raggiunto uno dei Santuari e siti archeologici più importanti e più visitati della Gior- dania e della Terra Santa. Ieri il padre Custode di Terra Santa, fra Francesco Pat- ton, ha aperto simbolicamente la porta della Basilica, alla presenza di un alto rappresentante dello Stato gior- dano. La cerimonia d’apertura è stata presieduta dal cardinale Leonardo Sandri, prefetto della Congrega- zione per le Chiese orientali, che ha letto anche un mes- saggio di papa Francesco. Oggi lo stesso Sandri presie- de la Messa solenne durante la quale verrà benedetto il nuovo altare della Basilica. Per celebrare la riapertura del Memoriale di Mosè i fra- ti minori della Custodia francescana di Terra Santa han- no organizzato una serie di eventi musicali e attività culturali. Oggi alle 21 verrà inaugurato il nuovo orga- no con un concerto dell’organista Eugenio Maria Fa- giani, inserito nella programmazione del Festival or- ganistico internazionale voluto dalla Custodia di Ter- ra Santa nelle chiese del Medio Oriente e del Levante. Una curiosità: quello del Monte Nebo, realizzato dal maestro Nicola Puccini di Pisa, pare sia attualmente l’unico organo a canne della Giordania. Nel contesto delle celebrazioni (che dureranno fino a Na- D tale) si terranno anche due seminari d’archeologia: il pri- mo, martedì, presso l’Università di Amman, dove l’ar- chelogo fra Eugenio Alliata dello Studium Biblicum Fran- ciscanum di Gerusalemme illustrerà alla comunità scien- tifica i restauri del Nebo e le nuove scoperte. Il 15 no- vembre si terrà invece un panel dedicato alla figura di Mosè e alla storia del Monte Nebo, in collaborazione con il Royal Institute for Interfaith Dialogue di Amman e l’Am- basciata d’Italia in Giordania. Il Memoriale di Mosè sul Monte Nebo è il luogo dove, secondo la Bibbia (Deuteronomio 34), Dio mostrò a Mosè la Terra Santa e dove il profeta, venerato dalle tre religioni monoteiste, morì senza poterla raggiungere. Benché nessuno conosca con precisione il punto esat- to della sepoltura di Mosè (come dice lo stesso testo sa- cro), alcune comunità di monaci cristiani si stabiliro- no sulla sommità del monte a partire dal IV secolo per venerarne la memoria. Il 4 ottobre 1932 la Custodia di Terra Santa entrava in possesso di una vasta area sul Nebo e nelle sue vici- nanze, dando inizio all’esplorazione archeologica del sito culminata nel ritrovamento della Basilica bizan- tina e dei suoi splendidi mosaici. Un lavoro di studio e di scavo che continua ancor oggi. Al Monte Nebo riposa anche fra Michele Piccirillo, il gran- de archeologo francescano che ha lungamente lavorato in Giordania e ha voluto essere sepolto proprio qui, ac- canto a un altro gigante dell’archeologia cristiana in Ter- ra Santa, padre Girolamo Mihaic. Quell’abuna Germana (così era stato curiosamente ribattezzato dai beduini), che con padre Silvestro Saller e padre Antonio Berardi i- niziò gli scavi al Memoriale di Mosè nel 1935. © RIPRODUZIONE RISERVATA L’iniziativa a Torino “La Casa che accoglie” si apre ai minori stranieri sui passi di Don Bosco MARINA LOMUNNO TORINO li adulti costruiscono muri, voi costruite ponti: è il mandato che ha dato Francesco ai giovani radunati quest’estate a Cracovia e che noi ab- biamo raccolto accogliendo 12 minori stranieri non ac- compagnati (Msna) nello spirito di don Bosco che ci invita anche oggi a dare di più a chi ha avuto di meno». Così don Alberto Lagostina, direttore dell’Opera salesiana San Paolo, cuore di una delle più antiche e popolari borgate torinesi, sabato scorso ha inaugurato “La casa che accoglie”, la nuo- va comunità alloggio presso l’oratorio salesiano San Paolo di via di Luserna di Rorà 16. I ragazzi, 11 egiziani e un alba- nese dai 14 ai 17 anni, inviati dall’Ufficio minori stranieri del Comune, sono stati affidati ai salesiani rinnovando l’impe- gno di collaborazione tra la città e i figli di Don Bosco che in Piemonte gestiscono tre ca- se famiglia per Msna: oltre al San Paolo, un’altra a Torino presso l’oratorio San Luigi a San Salvario e poi a Casale Monferrato nell’Opera del Valentino, per un totale di 30 ragazzi sbarcati senza fami- glia nelle nostre coste. «In I- talia sono 31, comprese le tre comunità piemontesi – ha spiegato don Enrico Stasi, i- spettore dei salesiani del Pie- monte e della Valle d’Aosta che ha benedetto la nuova struttura – le nostra case fa- miglia dove trovano accoglienza i minori stranieri non ac- compagnati che arrivano in Italia soli e non hanno il soste- gno di una mamma o di un papà. Don Bosco diceva “basta che siate giovani perché vi ami” e oggi questo significa che per noi le differenze religiose (i ragazzi accolti per la mag- gior parte sono musulmani, ndr) non possono essere un o- stacolo». Ed eccoli i ragazzi che hanno trovano casa al San Paolo: sono Ahmed, Said, Eslan, Klaudio, Mahmoud… Per loro, in collaborazione con i servizi del Comune che attual- mente ha in tutela 250 Msna, c’è un progetto di istruzione scolastica (licenza media, corsi di formazione professiona- le presso i centri salesiani) e di avviamento ad un mestiere mediante borse lavoro. I ragazzi sono seguiti da tre educa- tori , oltre ai salesiani del San Paolo che da 10 anni ospita mi- nori soli accanto all’opera educativa di bambini, adolescenti e giovani che vivono in situazioni di abbandono e di disagio economico, socio-culturale e scolastico. All’apertura della “Casa che accoglie” ha contributo la Fondazione Cassa di Ri- sparmio di Torino ma senza lo sforzo della comunità par- rocchiale e dell’oratorio, che qui sono una grande famiglia, non si sarebbe raggiunto questo traguardo. «Qui tutti han- no contribuito ad arrivare all’inaugurazione e a raddoppia- re il numero dei minori accolti che da 6 passano a 12 – con- clude don Alberto Lagostina –. C’è chi ha contribuito con of- ferte in denaro, mettendo a disposizione tempo e compe- tenze per restaurare la casa. E poi c’è il gruppo di mamme che turnano tutti i giorni per cucinare, tenere in ordine la ca- sa e “coccolare” i ragazzi, i papà che si occupano della ma- nutenzione, gli educatori e gli animatori dell’oratorio e un nostro giovane chierico che si prepara a diventare sacerdo- te salesiano sperimentando la scelta preferenziale di Don Bo- sco per i giovani che più amava». © RIPRODUZIONE RISERVATA G « La struttura gestita dai salesiani ospita12 ragazzi giunti in Italia. «Qui trovano il sostegno che potrebbero avere in famiglia» Puglia, ponte con Betlemme MARINA LUZZI TARANTO er le quattromila anime di Fag- giano, incantevole borgo in pro- vincia di Taranto, ci sono giorna- te che resteranno negli annali. I nonni potranno raccontare ai nipotini di quei giorni in cui una delegazione di Betlem- me ha fatto visita al paese, paragonan- do i luoghi in cui si tiene il presepe vi- vente di Faggiano a quelli in cui davve- ro nacque Gesù. Merito di don Alessan- dro Giove, del sindaco Antonio Cardea e dell’associazione “Tradizioni ”popolari presieduta da Angelo Zanzanella. Insieme hanno scritto una lettera al sinda- co della città palestinese, spiegando che da ventiquattro anni un’intera comunità è im- pegnata concretamente e spiritualmente per ricreare in ogni particolare la Natività. C’è chi si occupa degli abiti tradizionali e chi interpreta i personaggi, ci sono gli an- tichi mestieri, gli animali, la processione dei Magi. I visitatori si ritrovano così a per- correre un cammino fisico e spirituale in un ambiente rupestre molto simile a quello o- riginale. «La risposta del sindaco di Be- tlemme dopo appena qualche settimana non si è fatta attendere – spiega il primo cittadino – e così ne è nato uno scambio di email che ci ha portato a siglare l’intesa di gemellaggio tra i due Comuni. Siamo mol- to orgogliosi del nostro presepe. Per sette volte abbiamo vinto il premio come mi- glior presepe vivente d’Italia e abbiamo ri- cevuto visite importanti, come quella del cardinale Raymond Leo Burke, patrono del Sovrano militare Ordine di Malta, che è ri- masto incantato dalla verosimiglianza con la città di nascita di Gesù. Oggi tutto que- sto trova conferma in un gemellaggio che resterà negli annali del nostro paese». Per Betlemme è giunta a Faggiano una de- legazione multireligiosa, composta dal vi- cesindaco Isam Juha Morcos, cristiano or- todosso, e dai consiglieri comunali Walid Jawarish e Khalil Moti, entrambi musul- mani. «Ci siamo sentiti a casa. Un clima di festa ci ha accompagnato – spiega il vice- sindaco Morcos – ed abbiamo scoperto co- me questi luoghi siano vicini ai nostri . O- ra speriamo, partendo da un gemellaggio di tipo religioso, di estendere la nostra col- laborazione al settore turistico, sociale, culturale e commerciale». «La parroc- chia lavora a stretto contatto con l’asso- ciazione che promuove il presepe e con l’amministrazione – sottolinea don A- lessandro Giove – con l’obiettivo di aiu- tare sia i volontari che lo realizzano, sia i tanti visitatori a declinare la fede in Cri- sto nella vita quotidiana». © RIPRODUZIONE RISERVATA P Il presepe vivente di Faggiano Nel segno della Natività il gemellaggio fra la città dove nacque Cristo e il borgo di Faggiano che organizza uno dei più premiati presepi viventi Gorizia. Redaelli: non stare alla finestra, mettiti in gioco FRANCESCO DAL MAS GORIZIA gregio signor Mario, gentile signora Chiara, ho pensato di scriver- le una lettera». Inizia proprio co- sì, e mantiene il tono familiare per tutto il suo sviluppo, la Lettera pa- storale che l’arcivescovo di Gori- zia, Carlo Roberto Maria Redaelli ha scritto a «Il cristiano della do- menica». Che, si badi, «non è un cristiano di serie B, un po’ impac- ciato e sprovveduto», è bensì «un cristiano a tutti gli effetti», che va a Messa la domenica nella per- centuale del 20%, bassa ma ap- prezzabile, e al quale l’arcivesco- vo propone di non stare alla fine- stra ma di mettersi in gioco. Come cristiano, niente di più. Cristiano «anche quando si trova in fami- glia, sul lavoro, a scuola, in vacan- za, quando incontra gli amici e le amiche, nei momenti di svago e in quelli di impegno, nei periodi "su" e in quelli "giù", nelle feste e nei lutti, …». Essere cristiano quin- di «è qualcosa che fa parte della propria persona, non serve esi- birlo, ma non si può neanche na- sconderlo». C’è il Battesimo di mezzo: da riscoprire. Ed ecco, per- tanto, i “consigli” molto semplici, ancorché impegnativi, che Redaelli suggeri- sce. Trattare, ad esem- pio, le persone da per- sone. «Per lei i colleghi, i clienti, i dipendenti, i capi, gli alunni, i loro genitori, ecc. insomma tutti sono colleghi, clienti, dipendenti, capi, ecc. ma sono anzitutto persone. Persone da rispettare, da ascoltare, anche da sopportare se è il caso…, usia- mo una parola grossa: da amare». Conoscendo gli altri, quindi ri- spettandoli, si conosce meglio anche se stessi. E quindi un ulte- riore consiglio: non lasciarsi vi- vere alla giornata, ma dedicare tempo alla propria interiorità, ol- tre che agli altri. Magari trovando modo di legge e di testimoniare il racconto evangelico del giudizio universale, che in fatto di com- portamenti è dirimente. Il cri- stiano è chiamato ad essere sale e luce. E lo è praticando le opere di misericordia. Siamo in una so- cietà adolescenziale, scrive Re- daelli, ed il cristiano, pertanto, de- ve farsi "adulto", responsabile in famiglia e nel lavoro, come pure nella società, ad esempio contri- buendo ad «una corretta opinio- ne pubblica». «Con pazienza e competenza, parten- do dai valori del Van- gelo e del rispetto del- le persone, è possibile aiutarci vicendevol- mente a non ragiona- re in modo semplici- stico, a rispettare la di- gnità delle persone, a non pensare condizionati da pre- giudizi o classificando i singoli in- dividui in categorie». Quindi un’opinione pubblica di pace. Ri- volgendosi al signor Mario e alla signora Chiara, due cristiani del- la domenica, l’arcivescovo di Go- rizia ricorda che «si va a Messa al- la domenica per non spegnere la luce e per non perdere il sapore del nostro essere cristiani. La do- menica per il cristiano deve qua- lificarsi per la celebrazione del- l’Eucaristia dove portare al Si- gnore la settimana vissuta, affi- dargli quella che ci aspetta, a- scoltare la sua Parola, nutrirsi del suo Corpo nella Comunione per imparare da Lui a vivere il dono di se stessi agli altri nella concre- tezza della vita quotidiana». © RIPRODUZIONE RISERVATA E « L’arcivescovo nella sua Lettera si rivolge al «cristiano della domenica» invitandolo a vivere nel quotidiano la propria fede L’interno della Basilica del Monte Nebo in Giordania La chiesa, che sarà l’unica del Paese a ospitare un organo a canne, ricorda il luogo dove Dio mostrò al profeta la Terra Santa Le celebrazioni dureranno fino a Natale Previsti due importanti seminari di archeologia Roma Ieri si è svolta la “prima” Messa del preposito generale eletto venerdì dalla 36ª Congregazione Padre Sosa ai gesuiti: abbiate l’audacia dell’improbabile Commissione archeologia sacra nominati nuovi componenti esuiti capaci di coltivare ad « avere l’audacia dell’improbabile» ma anche in grado di con- solare gli animi, di custodire integro il corpo «mul- ticulturale» della Compagnia di Gesù e di non di- menticare la centralità delle vocazioni come quel- la della giustizia in ogni ambito della vita umana. Sono i punti centrali toccati ieri mattina per la sua “prima” Messa da preposito generale dei gesuiti dal venezuelano padre Arturo Sosa Abascal nella chiesa-madre dell’Ordine, il Gesù di Roma («dove – ha voluto ricordare ai presenti – riposano i resti di sant’Ignazio e Pedro Arrupe»). Alla celebrazio- ne erano presenti anche i 212 delegati della 36ª Congregazione generale della Compagnia di Ge- sù (tra loro anche il preposito emerito lo spagno- lo Adolfo Nicolás Pachón) che venerdì lo hanno e- letto superiore dell’Ordine. L’invito di padre Sosa – rivolto indirettamente ai quasi 17mila gesuiti sparsi nel mondo – è stato quello di coltivare virtù come la «collaborazione dentro e fuori dalla Chie- sa» tra i vari ambiti della società ma anche a per- severare nei tratti distintivi che hanno fatto gran- de (tra cui la «dimensione interiore» connessa con quella «intellettuale») la “minima Compagnia di Gesù” nella sua storia plurisecolare. Il neo supe- riore dei gesuiti – nell’omelia – non ha dimentica- to di ribadire ai confratelli le tante strade alterna- tive per «superare» ostacoli come «la povertà», «l’i- neguaglianza» e «l’oppressione» che affliggono tante “periferie” del pianeta. «Non c’è nessun dub- bio – è stata l’esortazione finale – circa il bisogno di aumentare la nostra preghiera e il nostro lavo- ro per le vocazioni della Compagnia e di conti- nuare il complesso impegno di offrire loro la for- mazione che faccia di loro dei veri gesuiti».(F.Riz.) © RIPRODUZIONE RISERVATA G apa Francesco ha no- minato componenti della Pontificia Commis- sione di archeologia sacra don Hubertus R. Drobner, docente di storia della Chiesa e patristica nella Fa- coltà teologica di Pader- born; e i professori Michel Yves Perrin, docente di sto- ria e dottrina del cristiane- simo all’École Pratique des Hautes Études di Parigi; Danilo Mazzoleni, rettore del Pontificio Istituto di ar- cheologia cristiana di Ro- ma; Matteo Braconi, do- cente di archeologia cri- stiana all’Università Ro- ma Tre di Roma; Paola De Santis, docente di ar- cheologia cristiana all’U- niversità di Bari. © RIPRODUZIONE RISERVATA P

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Domenica16 Ottobre 201620 C A T H O L I C A

Mosè ritrova la sua «casa»Riapre la Basilica memoriale sul Monte Nebo in Giordaniadopo i lunghi restauri. L’inaugurazione con il cardinale Sandri

La struttura di accoglienza dei salesiani

GIUSEPPE CAFFULLI

opo anni d’interventi e restauri, riapre final-mente la Basilica del Memoriale di Mosè al Mon-te Nebo, in Giordania. L’inaugurazione ufficiale

del nuovo edificio, che è stato pensato per proteggerel’antica Basilica bizantina e i preziosi mosaici in essacontentuti, è avvenuta ieri e prosegue anche oggi. Una«due giorni» pensata per permettere la partecipazionea tutti i pellegrini che hanno raggiunto uno dei Santuarie siti archeologici più importanti e più visitati della Gior-dania e della Terra Santa.Ieri il padre Custode di Terra Santa, fra Francesco Pat-ton, ha aperto simbolicamente la porta della Basilica,alla presenza di un alto rappresentante dello Stato gior-dano. La cerimonia d’apertura è stata presieduta dalcardinale Leonardo Sandri, prefetto della Congrega-zione per le Chiese orientali, che ha letto anche un mes-saggio di papa Francesco. Oggi lo stesso Sandri presie-de la Messa solenne durante la quale verrà benedettoil nuovo altare della Basilica.Per celebrare la riapertura del Memoriale di Mosè i fra-ti minori della Custodia francescana di Terra Santa han-no organizzato una serie di eventi musicali e attivitàculturali. Oggi alle 21 verrà inaugurato il nuovo orga-no con un concerto dell’organista Eugenio Maria Fa-giani, inserito nella programmazione del Festival or-ganistico internazionale voluto dalla Custodia di Ter-ra Santa nelle chiese del Medio Oriente e del Levante.Una curiosità: quello del Monte Nebo, realizzato dalmaestro Nicola Puccini di Pisa, pare sia attualmentel’unico organo a canne della Giordania.Nel contesto delle celebrazioni (che dureranno fino a Na-

Dtale) si terranno anche due seminari d’archeologia: il pri-mo, martedì, presso l’Università di Amman, dove l’ar-chelogo fra Eugenio Alliata dello Studium Biblicum Fran-ciscanum di Gerusalemme illustrerà alla comunità scien-tifica i restauri del Nebo e le nuove scoperte. Il 15 no-vembre si terrà invece un panel dedicato alla figura diMosè e alla storia del Monte Nebo, in collaborazione conil Royal Institute for Interfaith Dialogue di Amman e l’Am-basciata d’Italia in Giordania.Il Memoriale di Mosè sul Monte Nebo è il luogo dove,secondo la Bibbia (Deuteronomio 34), Dio mostrò aMosè la Terra Santa e dove il profeta, venerato dalle trereligioni monoteiste, morì senza poterla raggiungere.Benché nessuno conosca con precisione il punto esat-to della sepoltura di Mosè (come dice lo stesso testo sa-cro), alcune comunità di monaci cristiani si stabiliro-no sulla sommità del monte a partire dal IV secolo pervenerarne la memoria.Il 4 ottobre 1932 la Custodia di Terra Santa entrava inpossesso di una vasta area sul Nebo e nelle sue vici-nanze, dando inizio all’esplorazione archeologica delsito culminata nel ritrovamento della Basilica bizan-tina e dei suoi splendidi mosaici. Un lavoro di studioe di scavo che continua ancor oggi. Al Monte Nebo riposa anche fra Michele Piccirillo, il gran-de archeologo francescano che ha lungamente lavoratoin Giordania e ha voluto essere sepolto proprio qui, ac-canto a un altro gigante dell’archeologia cristiana in Ter-ra Santa, padre Girolamo Mihaic. Quell’abuna Germana(così era stato curiosamente ribattezzato dai beduini),che con padre Silvestro Saller e padre Antonio Berardi i-niziò gli scavi al Memoriale di Mosè nel 1935.

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L’iniziativa a Torino“La Casa che accoglie”si apre ai minori stranierisui passi di Don Bosco

MARINA LOMUNNOTORINO

li adulti costruiscono muri, voi costruite ponti:è il mandato che ha dato Francesco ai giovaniradunati quest’estate a Cracovia e che noi ab-

biamo raccolto accogliendo 12 minori stranieri non ac-compagnati (Msna) nello spirito di don Bosco che ci invitaanche oggi a dare di più a chi ha avuto di meno». Così donAlberto Lagostina, direttore dell’Opera salesiana San Paolo,cuore di una delle più antiche e popolari borgate torinesi,sabato scorso ha inaugurato “La casa che accoglie”, la nuo-va comunità alloggio presso l’oratorio salesiano San Paolodi via di Luserna di Rorà 16. I ragazzi, 11 egiziani e un alba-nese dai 14 ai 17 anni, inviati dall’Ufficio minori stranieri delComune, sono stati affidati ai salesiani rinnovando l’impe-gno di collaborazione tra la città e i figli di Don Bosco che in

Piemonte gestiscono tre ca-se famiglia per Msna: oltre alSan Paolo, un’altra a Torinopresso l’oratorio San Luigi aSan Salvario e poi a CasaleMonferrato nell’Opera delValentino, per un totale di 30ragazzi sbarcati senza fami-glia nelle nostre coste. «In I-talia sono 31, comprese le trecomunità piemontesi – haspiegato don Enrico Stasi, i-spettore dei salesiani del Pie-monte e della Valle d’Aostache ha benedetto la nuovastruttura – le nostra case fa-

miglia dove trovano accoglienza i minori stranieri non ac-compagnati che arrivano in Italia soli e non hanno il soste-gno di una mamma o di un papà. Don Bosco diceva “bastache siate giovani perché vi ami” e oggi questo significa cheper noi le differenze religiose (i ragazzi accolti per la mag-gior parte sono musulmani, ndr) non possono essere un o-stacolo». Ed eccoli i ragazzi che hanno trovano casa al SanPaolo: sono Ahmed, Said, Eslan, Klaudio, Mahmoud… Perloro, in collaborazione con i servizi del Comune che attual-mente ha in tutela 250 Msna, c’è un progetto di istruzionescolastica (licenza media, corsi di formazione professiona-le presso i centri salesiani) e di avviamento ad un mestieremediante borse lavoro. I ragazzi sono seguiti da tre educa-tori , oltre ai salesiani del San Paolo che da 10 anni ospita mi-nori soli accanto all’opera educativa di bambini, adolescentie giovani che vivono in situazioni di abbandono e di disagioeconomico, socio-culturale e scolastico. All’apertura della“Casa che accoglie” ha contributo la Fondazione Cassa di Ri-sparmio di Torino ma senza lo sforzo della comunità par-rocchiale e dell’oratorio, che qui sono una grande famiglia,non si sarebbe raggiunto questo traguardo. «Qui tutti han-no contribuito ad arrivare all’inaugurazione e a raddoppia-re il numero dei minori accolti che da 6 passano a 12 – con-clude don Alberto Lagostina –. C’è chi ha contribuito con of-ferte in denaro, mettendo a disposizione tempo e compe-tenze per restaurare la casa. E poi c’è il gruppo di mammeche turnano tutti i giorni per cucinare, tenere in ordine la ca-sa e “coccolare” i ragazzi, i papà che si occupano della ma-nutenzione, gli educatori e gli animatori dell’oratorio e unnostro giovane chierico che si prepara a diventare sacerdo-te salesiano sperimentando la scelta preferenziale di Don Bo-sco per i giovani che più amava».

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La struttura gestitadai salesianiospita12 ragazzigiunti in Italia. «Quitrovano il sostegnoche potrebberoavere in famiglia»

Puglia, ponte con BetlemmeMARINA LUZZITARANTO

er le quattromila anime di Fag-giano, incantevole borgo in pro-vincia di Taranto, ci sono giorna-

te che resteranno negli annali. I nonnipotranno raccontare ai nipotini di queigiorni in cui una delegazione di Betlem-me ha fatto visita al paese, paragonan-do i luoghi in cui si tiene il presepe vi-vente di Faggiano a quelli in cui davve-ro nacque Gesù. Merito di don Alessan-dro Giove, del sindaco Antonio Cardea edell’associazione “Tradizioni ”popolaripresieduta da Angelo Zanzanella.Insieme hanno scritto una lettera al sinda-co della città palestinese, spiegando che daventiquattro anni un’intera comunità è im-pegnata concretamente e spiritualmenteper ricreare in ogni particolare la Natività.C’è chi si occupa degli abiti tradizionali e

chi interpreta i personaggi, ci sono gli an-tichi mestieri, gli animali, la processionedei Magi. I visitatori si ritrovano così a per-correre un cammino fisico e spirituale in unambiente rupestre molto simile a quello o-riginale. «La risposta del sindaco di Be-tlemme dopo appena qualche settimananon si è fatta attendere – spiega il primocittadino – e così ne è nato uno scambio diemail che ci ha portato a siglare l’intesa digemellaggio tra i due Comuni. Siamo mol-

to orgogliosi del nostro presepe. Per settevolte abbiamo vinto il premio come mi-glior presepe vivente d’Italia e abbiamo ri-cevuto visite importanti, come quella delcardinale Raymond Leo Burke, patrono delSovrano militare Ordine di Malta, che è ri-masto incantato dalla verosimiglianza conla città di nascita di Gesù. Oggi tutto que-sto trova conferma in un gemellaggio cheresterà negli annali del nostro paese».Per Betlemme è giunta a Faggiano una de-legazione multireligiosa, composta dal vi-cesindaco Isam Juha Morcos, cristiano or-todosso, e dai consiglieri comunali WalidJawarish e Khalil Moti, entrambi musul-mani. «Ci siamo sentiti a casa. Un clima difesta ci ha accompagnato – spiega il vice-sindaco Morcos – ed abbiamo scoperto co-me questi luoghi siano vicini ai nostri . O-ra speriamo, partendo da un gemellaggiodi tipo religioso, di estendere la nostra col-laborazione al settore turistico, sociale,

culturale e commerciale». «La parroc-chia lavora a stretto contatto con l’asso-ciazione che promuove il presepe e conl’amministrazione – sottolinea don A-lessandro Giove – con l’obiettivo di aiu-tare sia i volontari che lo realizzano, siai tanti visitatori a declinare la fede in Cri-sto nella vita quotidiana».

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Il presepe vivente di Faggiano

Nel segno della Nativitàil gemellaggio fra la città dove

nacque Cristo e il borgo diFaggiano che organizza uno dei

più premiati presepi viventi

Gorizia. Redaelli: non stare alla finestra, mettiti in giocoFRANCESCO DAL MASGORIZIA

gregio signor Mario,gentile signora Chiara,ho pensato di scriver-

le una lettera». Inizia proprio co-sì, e mantiene il tono familiare pertutto il suo sviluppo, la Lettera pa-storale che l’arcivescovo di Gori-zia, Carlo Roberto Maria Redaelliha scritto a «Il cristiano della do-menica». Che, si badi, «non è uncristiano di serie B, un po’ impac-ciato e sprovveduto», è bensì «uncristiano a tutti gli effetti», che vaa Messa la domenica nella per-centuale del 20%, bassa ma ap-prezzabile, e al quale l’arcivesco-vo propone di non stare alla fine-stra ma di mettersi in gioco. Comecristiano, niente di più. Cristiano

«anche quando si trova in fami-glia, sul lavoro, a scuola, in vacan-za, quando incontra gli amici e leamiche, nei momenti di svago ein quelli di impegno, nei periodi"su" e in quelli "giù", nelle feste enei lutti, …». Essere cristiano quin-di «è qualcosa che fa parte dellapropria persona, non serve esi-birlo, ma non si può neanche na-sconderlo». C’è il Battesimo dimezzo: da riscoprire. Ed ecco, per-tanto, i “consigli” molto semplici,ancorché impegnativi,che Redaelli suggeri-sce. Trattare, ad esem-pio, le persone da per-sone. «Per lei i colleghi,i clienti, i dipendenti, icapi, gli alunni, i lorogenitori, ecc. insommatutti sono colleghi,

clienti, dipendenti, capi, ecc. masono anzitutto persone. Personeda rispettare, da ascoltare, ancheda sopportare se è il caso…, usia-mo una parola grossa: da amare».Conoscendo gli altri, quindi ri-spettandoli, si conosce meglioanche se stessi. E quindi un ulte-riore consiglio: non lasciarsi vi-vere alla giornata, ma dedicaretempo alla propria interiorità, ol-tre che agli altri. Magari trovandomodo di legge e di testimoniare il

racconto evangelico del giudiziouniversale, che in fatto di com-portamenti è dirimente. Il cri-stiano è chiamato ad essere salee luce. E lo è praticando le operedi misericordia. Siamo in una so-cietà adolescenziale, scrive Re-daelli, ed il cristiano, pertanto, de-ve farsi "adulto", responsabile infamiglia e nel lavoro, come purenella società, ad esempio contri-buendo ad «una corretta opinio-ne pubblica». «Con pazienza e

competenza, parten-do dai valori del Van-gelo e del rispetto del-le persone, è possibileaiutarci vicendevol-mente a non ragiona-re in modo semplici-stico, a rispettare la di-gnità delle persone, a

non pensare condizionati da pre-giudizi o classificando i singoli in-dividui in categorie». Quindiun’opinione pubblica di pace. Ri-volgendosi al signor Mario e allasignora Chiara, due cristiani del-la domenica, l’arcivescovo di Go-rizia ricorda che «si va a Messa al-la domenica per non spegnere laluce e per non perdere il saporedel nostro essere cristiani. La do-menica per il cristiano deve qua-lificarsi per la celebrazione del-l’Eucaristia dove portare al Si-gnore la settimana vissuta, affi-dargli quella che ci aspetta, a-scoltare la sua Parola, nutrirsi delsuo Corpo nella Comunione perimparare da Lui a vivere il donodi se stessi agli altri nella concre-tezza della vita quotidiana».

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L’arcivescovo nella sua Lettera si rivolgeal «cristiano della domenica» invitandolo

a vivere nel quotidiano la propria fede

L’interno della Basilica del Monte Nebo in Giordania

La chiesa, che sarà l’unica del Paese aospitare un organo a canne, ricorda il luogo

dove Dio mostrò al profeta la Terra SantaLe celebrazioni dureranno fino a Natale

Previsti due importanti seminari di archeologia

Roma

Ieri si è svolta la“prima” Messa delpreposito generaleeletto venerdì dalla36ª Congregazione

Padre Sosa ai gesuiti: abbiate l’audacia dell’improbabile Commissione archeologia sacranominati nuovi componenti

esuiti capaci di coltivare ad « avere l’audaciadell’improbabile» ma anche in grado di con-

solare gli animi, di custodire integro il corpo «mul-ticulturale» della Compagnia di Gesù e di non di-menticare la centralità delle vocazioni come quel-la della giustizia in ogni ambito della vita umana.Sono i punti centrali toccati ieri mattina per la sua“prima” Messa da preposito generale dei gesuitidal venezuelano padre Arturo Sosa Abascal nellachiesa-madre dell’Ordine, il Gesù di Roma («dove– ha voluto ricordare ai presenti – riposano i restidi sant’Ignazio e Pedro Arrupe»). Alla celebrazio-

ne erano presenti anche i 212 delegati della 36ªCongregazione generale della Compagnia di Ge-sù (tra loro anche il preposito emerito lo spagno-lo Adolfo Nicolás Pachón) che venerdì lo hanno e-letto superiore dell’Ordine. L’invito di padre Sosa– rivolto indirettamente ai quasi 17mila gesuitisparsi nel mondo – è stato quello di coltivare virtùcome la «collaborazione dentro e fuori dalla Chie-sa» tra i vari ambiti della società ma anche a per-severare nei tratti distintivi che hanno fatto gran-de (tra cui la «dimensione interiore» connessa conquella «intellettuale») la “minima Compagnia di

Gesù” nella sua storia plurisecolare. Il neo supe-riore dei gesuiti – nell’omelia – non ha dimentica-to di ribadire ai confratelli le tante strade alterna-tive per «superare» ostacoli come «la povertà», «l’i-neguaglianza» e «l’oppressione» che affliggonotante “periferie” del pianeta. «Non c’è nessun dub-bio – è stata l’esortazione finale – circa il bisognodi aumentare la nostra preghiera e il nostro lavo-ro per le vocazioni della Compagnia e di conti-nuare il complesso impegno di offrire loro la for-mazione che faccia di loro dei veri gesuiti».(F.Riz.)

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G apa Francesco ha no-minato componenti

della Pontificia Commis-sione di archeologia sacradon Hubertus R. Drobner,docente di storia dellaChiesa e patristica nella Fa-coltà teologica di Pader-born; e i professori MichelYves Perrin, docente di sto-ria e dottrina del cristiane-simo all’École Pratique des

Hautes Études di Parigi;Danilo Mazzoleni, rettoredel Pontificio Istituto di ar-cheologia cristiana di Ro-ma; Matteo Braconi, do-cente di archeologia cri-stiana all’Università Ro-ma Tre di Roma; Paola DeSantis, docente di ar-cheologia cristiana all’U-niversità di Bari.

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