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Orsetta Giolo

Diritti e culture

Retoriche pubbliche, rivendicazioni sociali,trasformazioni giuridiche

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I edizione: ottobre

Indice

p. 7 Introduzione Le lotte per i diritti tra Oriente e Occidente

PARTE I Le dinamiche contemporanee della cittadinanza e i diritti

delle persone migranti p. 23 Capitolo I

Status in trasformazione. Il diritto alla cittadinanza nell’esperienza europea

1.1. Integrazione o esclusione? La cittadinanza e la sua nuova di-mensione solamente giuridica, p. 23 – 1.2. Niente di nuovo dopo Ellis Island, p. 27 – 1.3. La cittadinanza come sommatoria “giuri-dica” di vecchie e nuove discriminazioni, p. 34 – 1.4. La ridefini-zione giuridica di “straniero”, p. 39 – 1.5. Lo jus migrandi nell'e-sperienza giuridica contemporanea e l'emigrazione negata, p. 42 – 1.5.1. Il diritto di emigrare visto da sud. I documenti dell’associazionismo nord-africano, p. 45 – 1.6. Il diritto di immi-grazione e le simmetrie illiberali, p. 48

p. 57 Capitolo II Unione europea vs. Fortress Europe: a proposito dei diritti delle persone migranti

Indice

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2.1. Politiche dell'Unione europea e politiche nazionali a confron-to, p. 57 – 2.2. Parlamento europeo vs Consiglio dell'Unione euro-pea, p. 63 – 2.2.1. I dubbi del Parlamento su Frontex, p. 69

p. 73 Capitolo III Il diritto sessuato dell'immigrazione. A partire da alcune riflessioni di Judith Butler

3.1. Gli eventi, p. 73 – 3.2. Le norme, p. 74 – 3.3. Madri, prostitute e serve, p. 76 – 3.4. Il corpo delle donne migranti, p. 78 – 3.4.1. La violenza sessuata lungo i percorsi dell’immigrazione, p. 85 – 3.5. Le tutele specifiche per i ruoli “tradizionali”, p. 86 – 3.6. Il diritto maschile che ignora le relazioni umane: l'unità familiare e il bilan-ciamento degli “interessi”, p. 89 – 3.7. Il diritto violento e le pos-sibili (auspicabili) vie di uscita, p. 92

PARTE II Il diritto tra le culture. Sistemi giuridici e dinamiche politiche p. 103 Capitolo I Dialogo, contaminazione o acculturazione?

1.1. I poteri, le tradizioni culturali e il diritto in terra d’Islam, p. 103 – 1.2. Dall’umanesimo cosmopolita allo scontro delle civiltà, p. 105 – 1.3. Le rivolte arabe e l’occidentalismo dei diritti, p. 109

p. 111 Capitolo II Il riformismo giudiziario in Tunisia, tra ingerenze coloniali e lotte per l’indipendenza (1881-1956)

2.1. Le riforme imposte (dall’esterno) e le riforme rivendicate (dall’interno), p. 111 – 2.2. Giustizia religiosa e giustizia laica a confronto, p. 112 – 2.3. L’ordinamento giudiziario all’epoca del Protettorato francese, p. 118 – 2.4. La conquista dell’indipendenza nazionale e l’unificazione delle giurisdizioni, p. 126

p. 131 Capitolo III L’esperienza del costituzionalismo marocchino tra

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Islam, tradizione e modernità

3.1. La “primavera anticipata” del Marocco, p. 131 – 3.2. Le “sei” Costituzioni, p. 138 – 3.3. Il dualismo costituzionale marocchino, p. 145 – 3.3.1. L’ideologia “califfale” e la “costituzione materiale”, p. 148 – 3.4. Re, Islam e Nazione, p. 152 – 3.4.1. Il potere costitu-ente, p. 156 – 3.5. Immobilismo o riformismo?, p. 158

p. 161 Conclusioni

Ex parte populi. La critica del diritto e la problematizzazione delle appartenenze nelle

rivendicazioni delle società civili

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Introduzione

Le lotte per i diritti tra Oriente e Occidente

Il fenomeno della globalizzazione ha profondamente

modificato molti degli assetti che caratterizzavano la sfera del diritto, la configurazione degli Stati, le relazioni internazionali, l’organizzazione stessa della vita pubblica e privata1. L’apertura dei mercati, l’interazione tra fonti concorrenti nella produzione giuridica, la formazione di organismi sovra-statali, la circolazione delle persone sono solo alcuni dei processi che hanno preso l’avvio tra la fine del Novecento e i primi anni del Duemila e rispetto ai quali la letteratura giuridica, sociologica,

1 La bibliografia in tema di globalizzazione è molto ampia. Rimando, tra gli altri a

D. ZOLO, Globalizzazione. Una mappa dei problemi, Laterza, Roma-Bari, 2006; M.R. FERRARESE, Le istituzioni della globalizzazione, il Mulino, Bologna, 2000; L. GALLINO, Globalizzazione e disuguaglianze, Laterza, Roma-Bari, 2000; Z. BAUMAN, Globaliza-tion. The Human Consequences, Columbia University Press, New York,1998, trad. it. Dentro la globalizzazione. Le conseguenze sulle persone, Laterza, Roma-Bari, 2004; J.E. STIGLITZ, Globalisation and its Discontents, W.W. Norton & Company, New York, 2002; U. BECK, Was ist Globalisierung? Frankfurt a.M., Suhrkamp, 1997, trad. it. Che cos’è la globalizzazione, Carocci, Roma, 2009; D. HELD, Democracy and the Global Order, Polity Press, Cambridge, 1995; P. HIRST, G. THOMPSON, Globalization in Ques-tion, Polity Press, Cambridge, 1996.

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politologica ed economica si è abbondantemente sviluppata, con toni talvolta critici, altre volte entusiastici2.

In questo lavoro, lo scenario della globalizzazione funge da sfondo all’approfondimento di questioni che sono strettamente connesse ad alcuni dei processi sopracitati e che, nella prospettiva filosofico-giuridica, sollecitano nuovi interrogativi attorno al funzionamento del diritto, dei diritti e al loro rapporto con la dimensione culturale e sociale che appartiene ai diversi contesti e alle differenti aree geografiche del pianeta. Il titolo del presente volume, a tal riguardo, gioca volutamente sull’ambiguità del termine “diritti” – che rinvia simultaneamen-te alla pluralità dei sistemi giuridici (quindi al diritto in senso oggettivo) e ai diritti degli individui (dunque al diritto in senso soggettivo) – e sulla genericità del termine “culture” – che ri-manda evidentemente al pluralismo culturale contemporaneo3.

L’interazione esistente tra diritti, politica, culture e ordine delle relazioni internazionali è riemersa con forza all’indomani della fine delle ideologie (simbolicamente rappresentata dalla caduta del muro di Berlino, nel 1989) e delle “grandi narrazioni”4. La rivalutazione delle identità culturali e religiose venne a colmare il vuoto creatosi e funzionò quale fonte ritrovata di legittimazione politica e giuridica, sia a livello teorico, sia sul piano prettamente politico e militare. Basti ricordare il successo ottenuto da The Clash of Civilization di Samuel Huntington5, nei primi anni Novanta del Novecento, nel quale l’autore esaltava e contrapponeva le differenti civiltà del

2 Scrive in proposito Pier Paolo Portinaro: «Che il dibattito sulla globalizzazione sia

il fenomeno che in questi decenni ha egemonizzato la ricerca e la riflessione delle scien-ze sociali e politiche è un fatto riconoscibile ad occhio nudo» (P.P. PORTINARO, La teo-ria politica e il dibattito sulla globalizzazione. Un bilancio, in «Teoria politica», n. 3, 2009, pp. 27-48, alla p. 27).

3 Il termine “cultura” verrà inteso nel suo senso più ampio, quale rinvio al sistema di simboli, credenze, valori, costumi, riti che caratterizza la vita di una determinata so-cietà. Cfr. C. GEERTZ, The Interpretation of Cultures, Basic Books, New York, 1973, trad. it. Interpretazione di culture, il Mulino, Bologna, 1998.

4 Cfr. J.F. LYOTARD, La condition postmoderne, Les Editions de Minuit, Paris, 1979, trad. it. La condizione postmoderna, Feltrinelli, Milano, 2002.

5 Cfr. S. HUNTINGTON, The clash of civilization and remaking the world order, trad.it. Lo scontro delle civiltà, Garzanti, Milano, 2000.

Introduzione 9

pianeta sino a riconoscere nel conflitto tra di esse uno dei principali motori della storia. Ancora, il susseguirsi delle c.d. “guerre etniche” (in Ex-Jugoslavia prima, in Rwanda poi, e così via), sino a giungere agli eventi drammatici dell’11 settembre 2001, rafforzò questa convinzione, trattandosi di conflitti legittimati politicamente in nome della difesa di alcune identità culturali o religiose. Del resto, La Rivincita di Dio di Gilles Kepel6, negli stessi anni, focalizzò nuovamente l’attenzione dei politologi sul ruolo della religione nella sfera pubblica: il ritorno dei fondamentalismi, in Occidente come in Oriente, testimoniava secondo Kepel il bisogno “politico” di recuperare valori forti, concezioni del mondo e della vita semplici e chiare, capaci di attribuire un significato all’esistenza e alle vicende umane, nonché di legittimare nuovi assetti politici e un nuovo ordine a livello mondiale.

La ritrovata centralità della dimensione religiosa e culturale ha di conseguenza investito anche la sfera giuridica. Così, i sistemi giuridici “non occidentali” sono divenuti oggetto di studio approfondito, in ragione della necessità di comprendere il funzionamento degli altri ordinamenti (quello arabo e musulmano e quello asiatico, in particolare), radicalmente diversi da quelli dei paesi occidentali. Il confronto tra modelli differenti ha dato l’avvio ad un ampio dibattito attorno alla possibile compatibilità tra culture e sistemi giuridici che recepiscono valori e concezioni morali o religiose ben lontani tra loro. Da qui, le note discussioni attorno alla conciliabilità tra la tradizione giuridico-politica arabo-islamica e la dottrina dei diritti umani e della democrazia, così come è celebre la disputa attorno ai c.d. asian values7.

Inoltre, sia sul piano interno che su quello internazionale, la questione del rapporto tra diritto e cultura si è posta in termini

6 Cfr. G. KEPEL, La revanche de Dieu, Seuil, Paris, 1991, trad. it. La Rivincita di

Dio, Rizzoli, Milano, 1991. 7 Cfr. LI ZHENGHUI, WANG ZHENMIN, Diritti dell'uomo e Stato di diritto nella teo-

ria e nella pratica della Cina contemporanea, e ALICE EHR-SOON TAY, I 'valori asia-tici' e il rule of law in P. COSTA E D. ZOLO (a cura di), Lo Stato di diritto. Storia, teoria e critica, Feltrinelli, Milano, 2002, rispettivamente pp. 791-812 e pp. 683-707.

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nuovi, in ragione del mutato assetto delle società contemporanee, le quali, investite dal fenomeno dell’immigrazione, hanno visto accentuare velocemente la propria identità multiculturale e multireligiosa. Di conseguenza, i dibattiti sviluppatisi negli anni precedenti tra liberals e communitarians, sulla necessità di riconoscere diritti collettivi a tutela delle identità dei gruppi minoritari residenti in un determinato Stato8, si sono ulteriormente ampliati e arricchiti. La possibile interazione e/o convivenza all’interno di uno stesso ordinamento giuridico statale, ad esempio, di norme afferenti a molteplici “repertori giuridici”9 è divenuta oggetto di numerosi studi10, così come la compatibilità tra alcune pratiche culturali e i principi giuridici sanciti in materia di tutela dei diritti hanno suscitato l’interesse sia della dottrina che della giurisprudenza a livello internazionale11. Da qui, le ricorrenti domande sulla compatibilità del matrimonio poligamico o delle modificazioni genitali femminili con i principi – proclamati nelle costituzioni dei paesi occidentali – della libertà individuale, dell’integrità fisica o dell’eguaglianza12.

Trasversale a tutti questi dibattiti è stata, per lungo tempo, la questione dell’universalità dei diritti umani, pesantemente criti-cata durante la Conferenza di Vienna delle Nazioni Unite, nel

8 Ovviamente il riferimento è a W. KYMLICA, Multicultural Citizenship. A Liberal

Theory of Minority Rights, Oxford University Press, Oxford, 1995. 9 Cfr. B. DUPRET, Au nom du quel droit, L.G.J.D., Paris, 2000. 10 Cfr., tra gli altri, A. FACCHI, I diritti nell’Europa multiculturale. Pluralismo nor-

mativo e immigrazione, Laterza, Roma-Bari 2001; L. MANCINI, Società multiculturale e diritto. Dinamiche sociali e riconoscimento giuridico, Clueb, Bologna, 2000.

11 Cfr., con riferimento al dibattito italiano sui c.d. «reati culturalmente motivati», F. BASILE, Immigrazione e reati culturalmente motivati. Il diritto penale nelle società multiculturali, Giuffré, Milano, 2010; L. LANZA e B. PASTORE, Multiculturalismo e giu-risdizione penale, Giappichelli, Torino, 2008; A. BERNARDI, Modelli penali e società multiculturali, Giappichelli, Torino, 2006.

12 In materia di modificazioni genitali femminili rimando all’analisi critica di M. FUSASCHI, Quando il corpo è delle altre. Retoriche della pietà e umanitarismo-spettacolo, Bollati Boringhieri, Torino, 2011. Cfr. L. MIAZZI, Il diverso trattamento giuridico delle modificazioni genitali maschili e femminili: dai reati culturali ai reati coloniali, in «Diritto, immigrazione, cittadinanza», n. 3, 2010, pp. 103-113. Si vedano inoltre i materiali raccolti nel «Forum sulle mutilazioni genitali femminili», a cura di Brunella CASALINI, in «Jura Gentium – Rivista di filosofia del diritto internazionale e della politica globale» (http://www.juragentium.org/forum/mg/index.htm).

Introduzione 11

199313. Come è noto, la presunta “universalità” del soggetto dei diritti e la retorica “universalista” dei diritti umani funzionale all’imperialismo culturale occidentale sono stati ripetutamente oggetto di attacchi da parte delle teorie critiche del diritto (dai critical legal studies alla critical race theory, sino alla critica femminista del diritto e ai post-colonial studies)14.

Le questioni approfondite in questo libro si inseriscono parzialmente in questo orizzonte teorico, ma in una certa misura se ne discostano, poiché la prospettiva prescelta non si inquadra nettamente né all’interno delle teorie multiculturaliste, né nell’ambito delle teorie “occidentaliste” dei diritti15. Semmai, tale prospettiva rimanda ad una possibile interpretazione dell’universalismo che affonda le proprie radici nella dottrina dei diritti umani, ma che mantiene al contempo un approccio profondamente critico nei confronti della presunta coerenza politica e giuridica dell’Occidente e della sua presunta fedeltà alla dottrina dei diritti. Si tratta dunque di una prospettiva teorica che non riconosce primati a quella o a quell’altra tradizione culturale e che, a partire dalla riflessione filosofico-giuridica sui diritti, tende a problematizzare categorie, dogmi,

13 Durante la Conferenza di Vienna del 1993 intervenne il Ministro degli Esteri

dell’Arabia Saudita sostenendo la “matrice occidentale” dei diritti umani e la necessità di ripensarli in adesione alle diverse tradizioni culturali e religiose del mondo. L’universalità dei diritti, contestata dunque sul piano politico, venne poi riaffermata (as-sieme al principio di indivisibilità dei diritti) nel documento di conclusione dei lavori della Conferenza stessa. Cfr. Statement by Minister of Foreign Affairs Prince Saud Al-Faisal at the World Conference on Human Rights in Vienna, Austria, June 15, 1993, in http://www.saudiembassy.net/archive/1993/speeches/page3.aspx; Vienna Declaration and Programme of Action adopted by the World Conference on Human Rights in Vien-na on 25 June 1993, in http://www2.ohchr.org/english/law/vienna.htm.

14 Per una ricognizione delle teorie critiche del diritto si vedano, tra gli altri, G.F. ZANETTI (a cura di), Filosofi del diritto contemporanei, Cortina Raffaello Editore, Mi-lano, 1999; K. THOMAS E G.F. ZANETTI (a cura di), Legge, razza e diritti. La Critical Race Theory negli Stati Uniti, Diabasis, Reggio Emilia, 2005. In merito alla critica femminista del diritto cfr. L. GIANFORMAGGIO, Eguaglianza, donne, diritto, a cura di A. FACCHI, C. FARALLI E T. PITCH, il Mulino, Bologna, 2005; T. PITCH, Un diritto per due, Il Saggiatore, Milano, 1998.

15 In merito ai significati del termine «occidentalismo» («una parola segnata dalla violenza», che rinvia a quello «spazio discorsivo all’interno del quale si è consumata l’appropriazione unilaterale del mondo da parte dell’Occidente») rinvio a C. PASQUI-

NELLI (a cura di), Occidentalismi, Carocci, Roma, 2005.

Diritti e culture 12

concetti e nozioni considerate “tradizionali”, e dunque fondamentali, dal pensiero giuridico e politico occidentale, nel momento in cui questi elementi della tradizione finiscono per impedire l’effettiva tutela dei diritti stessi.

Questa prospettiva fa necessariamente proprie molte delle accuse che le diverse correnti critiche del diritto hanno rivolto contro le categorie occidentali del diritto e della politica. In particolare, il riferimento va alla critica femminista del diritto e alla critica queer, grazie alle quali è divenuto oggi possibile analizzare le normative vigenti svelandone le dinamiche “sessuate” al maschile. Risulta in tal modo possibile riconoscere puntualmente le cause delle discriminazioni che ancora gravano sulle persone in ragione del genere o dell’orientamento sessuale. Vale la pena precisare, in proposito, che i meccanismi della dominazione di genere si possono definire come transculturali, poiché sono riconoscibili, seppure con qualche distinguo, in tutti i contesti culturali16. Dunque, l’analisi di que-sti meccanismi diviene decisamente rilevante in merito non solo al rapporto tra il diritto e le culture, ma anche con riferimento alla tensione che viene a determinarsi tra i diritti e le culture. Non è un caso, infatti, che i diritti delle donne figurino al centro dei dibattiti sulla compatibilità tra le culture e le tradizioni giuridiche, ognuna delle quali vanta in merito specifiche priorità. Ed è nei confronti delle donne che il rapporto tra diritto, diritti e culture, sebbene già si presenti di per sé stesso come problematico e ricco di implicazioni, diviene ancora più intenso e difficile da districare.

Inoltre, adottare una prospettiva critica nei confronti delle concezioni “tradizionali” del diritto e delle appartenenze culturali comporta un’ulteriore conseguenza: la decostruzione di una delle interpretazioni dominanti in ambito occidentale in merito al possibile rapporto tra diritto e cultura, in base alla quale alcune dinamiche si sviluppano in modo radicalmente

16 Si veda in proposito il famoso saggio di S. MOLLER OKIN, Is Multuculturalism bad for women?, Princeton University Press, Princeton, 1999. Sul tema mi permetto di rimandare anche a O. GIOLO e B. PASTORE (a cura di), I nuovi femminismi, «Ragion pra-tica», (numero monografico), n. 2, dicembre 2011.

Introduzione 13

diverso in Occidente e in Oriente. Secondo un’opinione assai diffusa, infatti, i sistemi giuridici e quelli culturali sarebbero generalmente distinguibili nel contesto dei paesi occidentali, ma non altrove. Ciò sarebbe dovuto, in termini generali, al processo di laicizzazione del diritto che nel contesto occidentale avrebbe prodotto una netta distinzione tra sfera giuridica (pubblica) e sfera culturale/morale/religiosa (privata)17. Di conseguenza, il diritto in Occidente sembrerebbe qualificarsi come il prodotto non di istanze culturali e religiose, ma di rivendicazioni esclusivamente politiche. Al contrario, nei paesi non occidentali, tale distinzione risulterebbe impossibile. La profonda convinzione che nei paesi musulmani, ad esempio, il diritto e la religione vivano una sorta di simbiosi, in ragione di una processo “mancato” di laicizzazione del diritto, induce a ritenere che i sistemi giuridici occidentali e i sistemi giuridici arabo-musulmani siano incompatibili. Nei primi, infatti, si sarebbe oramai imposto un modello di diritto “neutrale” nei confronti delle culture (grazie al rispetto dei principi di tolleranza, libertà, laicità e così via); nei secondi, un simile mo-dello non sembrerebbe ammissibile.

Questo assunto teorico, evidentemente intriso di numerosi corollari (quelli appena evidenziati sono solamente alcuni), verrà qui di seguito decostruito e problematizzato attraverso l’analisi di alcuni case studies, nella convinzione che il diritto sviluppatosi nei paesi occidentali sia tutt’altro che “neutro” e che, di converso, il diritto vigente altrove non sia esclusivamente dipendente dai precetti religiosi o dalle norme culturali.

Nella prima parte di questo volume, oggetto di analisi sarà il ruolo che il diritto ha assunto nei confronti di uno dei più

17 Cfr. quanto sostiene Alessandro dal Lago: «Nel discorso dello scontro di civiltà,

le culture sono al tempo stesso oggettivate come realtà autonome e soggettivate come organismi dotati di pensiero, per quanto irrazionale o ideologico. Con l’eccezione dell’Occidente, in cui la libertà individuale – e quindi la capacità di modificare razio-nalmente la cultura – ha un ruolo preponderante, tutte le altre culture sono sostanzial-mente organiche e immutabili» (A. Dal Lago, Esistono davvero i conflitti tra culture? Una riflessione storico-metodologica, in C. Galli (a cura di), Multiculturalismo. Ideolo-gie e sfide, il Mulino, Bologna, 2006, pp. 45-79, alla p. 63).

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evidenti e rilevanti fenomeni connessi al processo della globalizzazione: l’immigrazione. L’apertura delle frontiere interne all’Europa e la corrispondente chiusura di quelle esterne, a fronte del bisogno di milioni di persone di lasciare i propri paesi di origine per sfuggire alle condizioni di sofferenza o di cercare un futuro migliore, costituiscono, come è noto, le ragioni principali del dramma della c.d. immigrazione irregolare, che insanguina il “cimitero Mediterraneo”18. Il diritto dell’immigrazione negli ultimi vent’anni è divenuto di conseguenza un settore nevralgico di ogni ordinamento giuridico nazionale e sembra esprimere al meglio le politiche europee in materia di cittadinanza e integrazione. Per suo tramite, infatti, gli Stati continuano ad affermare la propria sovranità sul territorio, esercitando funzioni di controllo sulla circolazione delle persone (cittadini e non) e sulle frontiere.

In questa sede, il diritto dell’immigrazione verrà indagato in una prospettiva filosofico-giuridica e alla luce delle sue molteplici dimensioni: in quanto settore del diritto destinato alla repressione del fenomeno migratorio, in aperta violazione della normativa sui diritti umani; come oggetto di accesi scontri politici a livello nazionale e a livello europeo sui temi della giustizia e dell’eguaglianza; quale strumento di controllo e di disciplinamento della popolazione, nonché veicolo di nuovi (o del recupero di vecchi) modelli di cittadinanza. Inoltre, il diritto dell’immigrazione verrà analizzato nella prospettiva della critica di genere, quale normativa pervasa da logiche sessiste: il diritto sessuato dell’immigrazione sembra infatti recuperare le regole che un tempo sancivano i ruoli tradizionali delle donne e che successivamente sono state abbondantemente biasimate e decostruite dalla riflessione del movimento femminista.

Ne deriverà un quadro piuttosto critico, soprattutto in merito alla retorica che vuole la “civiltà occidentale” estremamente attenta alla tutela dei diritti, in quanto tradizione giuridica e politica grazie alla quale è stato possibile teorizzare la nozione

18 M. DELLE DONNE, Un cimitero chiamato Mediterraneo. Per una storia del diritto

d’asilo nell’Unione europea, DeriveApprodi, Roma, 2004.

Introduzione 15

stessa di diritti umani. Dall’analisi del diritto dell’immigrazione (italiano ed europeo) risulterà piuttosto evidente in che modo invece questo specifico settore dell’ordinamento svolga ancora funzioni di controllo e di repressione nei confronti di particolari classi di persone. Inoltre, emergerà quanto una simile normativa contribuisca alla gerarchizzazione tra “tipi di umano”19, in funzione della soddisfazione delle esigenze dei mercati o al mantenimento della supremazia – economica, politica, militare – dei paesi occidentali in alcune aree strategiche del pianeta, a partire dall’area mediterranea.20 Infine, risulterà palese quanto la retorica occidentale sui diritti, che apparentemente orienta le politiche pubbliche dell’Unione europea, raramente si traduca nella tutela effettiva delle esigenze fondamentali (in primis, del diritto alla vita)21 di migliaia e migliaia di migranti.

La seconda parte del volume è dedicata all’analisi degli assetti giuridici e giudiziari dei paesi arabi, con particolare riferimento all’esperienza di due paesi del Nord Africa: la Tunisia e il Marocco. Obiettivo dell’indagine è la decostruzione di alcuni “dogmi” della filosofia politica e giuridica occidentale già precedentemente ricordati, in base ai quali la tradizione arabo-musulmana mal si concilia con la dottrina dei diritti, della democrazia e del costituzionalismo. La storia laica e rivoluzionaria della Tunisia e l’esperienza del riformismo politico e giuridico marocchino dimostrano infatti quanto sia vivace, dinamica e variegata al suo interno tale tradizione e

19 Cfr. A. SOMMA, Economia di razza. Paradigmi della cittadinanza dal fascismo

all’unione europea, Ombrecorte, Verona, 2009. 20 Il controllo dell’immigrazione, come è noto, rileva nella gestione delle relazioni

tra i paesi delle due sponde del Mediterraneo: gli accordi bilaterali contengono regolarmente clausole che attengono alla gestione delle frontiere a sud del Mediterraneo, al rimpatrio dei migranti e alla repressione della c.d. immigrazione irregolare. Basti ricordare le recenti vicende delle rivolte arabe: la caduta dei regimi tunisino, egiziano e libico ha travolto l’assetto fino ad allora concordato e delle relazioni tra Stati e del controllo dell’immigrazione. Cfr. sul punto G. CAMPESI, “La norma e l’eccezione nel governo delle migrazioni. Lampedusa, le rivolte arabe e la crisi del regime confinario europeo”, in «Jura Gentium - Rivista di filosofia del diritto internazionale e della politica globale», VII (2011), 1, in http://www.juragentium.org/topics/migrant/it/campesi.htm#n*.

21 D. ZOLO, Il diritto alla vita, in il Manifesto, 14 maggio 2009.

Diritti e culture 16

quanto i diritti e la democrazia rappresentino aspirazioni fondamentali per le società civili del mondo arabo.

In particolare, le vicende tunisine relative agli anni del Protettorato francese testimoniano quanto il rapporto problematico tra diritto e culture sia una costante delle dinamiche interne e internazionali, passate e presenti, di ogni comunità politica. Durante le colonizzazioni la gestione di tale rapporto costituì una delle questioni più spinose e drammatiche, essendo le culture (giuridiche in primo luogo) dei paesi occupanti e di quelli colonizzati estremamente diverse tra loro. All’epoca, l’interazione tra repertori giuridici differenti venne governata prevalentemente attraverso l’imposizione di modelli di impianto occidentale, in ossequio al criterio gerarchico che contemplava al vertice la civiltà occidentale e a seguire tutte le altre.22

L’esperienza riformista marocchina, inoltre, documenta la versatilità dei modelli di Stato e di diritto anche nei contesti non occidentali. Gli assetti giuridico-politici cambiano in Marocco, nel corso del tempo, in ragione degli eventi, degli avvicendamenti al potere, delle pressioni sociali, mentre l’equilibrio tra le spinte modernizzatrici e la fedeltà alla tradizione viene costantemente rinegoziato, in adesione alle esigenze che di volta in volta manifestano i governi, le élites, le masse, la comunità internazionale.

Dall’analisi dei case studies appena illustrati emergerà la principale novità che contraddistingue il modo in cui oggi viene ripensato – ovunque – il rapporto tra culture e diritto, a partire dall’irruzione della dottrina dei diritti umani nel panorama giuridico e politico globale. È alla luce dei diritti, infatti, che le normative dei paesi occidentali vengono analizzate e criticate, così come è alla luce delle lotte per i diritti che si possono interpretare oggi le dinamiche contemporanee interne ai paesi arabi.

22 Cfr. Y. BEN ACHOUR, Le rôle des civilisations dans les relations internationales,

Bruylant, Bruxelles, 2003; S. BESSIS, L’Occident et le autres. Histoire d’une suprématie, La Découverte, Paris, 2003.

Introduzione 17

Gli eventi della c.d. “primavera araba”, e le trasformazioni epocali che ne vanno conseguendo, sembrano in effetti travol-gere molte delle categorie occidentali che in questi ultimi vent’anni hanno pesantemente condizionato la discussione pubblica, in merito sia al possibile dialogo tra Oriente e Occidente, sia al ruolo dei diritti nel confronto tra culture, a partire dal binomio compatibilità/eccezionalità. Il coraggio e la determinazione con cui migliaia di donne e uomini hanno manifestato nelle piazze, rivendicando il rispetto dei diritti umani e l’apertura dei regimi alla partecipazione democratica – sino ad ottenere la destituzione dei tiranni in Tunisia, in Egitto e in Libia – hanno di fatto smentito le teorie orientaliste che riconoscevano nell’opinione pubblica araba una sorta di estraneità alla modernità e ai principi di libertà.

Il rapporto tra diritto, diritti e culture, dunque, alla luce delle analisi proposte in questo volume, risulterà essere intriso di implicazioni di natura politica, economica e addirittura strategica, indipendentemente dal contesto in cui viene a svilupparsi. Tale complessità è già stata colta e approfondita nella riflessione filosofico-giuridica e filosofico-politica23. Tut-tavia, nel discorso pubblico, continua a prevalere ancora una visione in base alla quale il diritto e le culture entrerebbero in relazione tra loro in piena autonomia rispetto ai possibili condizionamenti esterni, quali sistemi chiusi e non permeabili alle ingerenze, ben più realistiche, del mercato o del potere politico. La condizione delle donne, l’integrazione in Europa, il ruolo dell’Islam nei sistemi giuridici e politici dei paesi arabi (temi solamente in apparenza molto diversi e distanti tra loro) rappresenterebbero questioni esclusivamente dipendenti dalla stretta connessione esistente tra tradizioni giuridiche e tradizioni

23 Oltre al testo già citato di Susan Moller Okin, Is multiculturalism bad for women,

cit., basti ricordare i lavori di Nancy Fraser sulla necessità di affiancare nelle indagini contemporanee la prospettiva del riconoscimento a quella della ridistributiva, al fine di sottolineare l’interazione esistente tra le domande di riconoscimento e di eguaglianza nelle opportunità, corrispondenti entrambe, a domande di inclusione, Cfr. N. FRASER-A. HONNETH, Redistribution or Recognition? A Political Philosophical Excange, Verso, New York, 2003.

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culturali. Invece, ed emergerà anche questo aspetto dall’analisi che segue, altri fattori intervengono su questa connessione, contaminandola: interessi economici, convenienze politiche, convergenze strategiche arrivano a spiegare con più precisione le cause che portano alla definizione degli assetti giuridici e culturali esistenti.

Al di fuori di questa fitta rete di interessi, relazioni “pure” tra sistemi giuridici e sistemi culturali non sembrano possibili. In Oriente come in Occidente.

I saggi qui raccolti sono il risultato di alcuni studi condotti nel corso degli

anni. Sono profondamente grata a Baldassare Pastore e a Danilo Zolo per avermi incoraggiato alla pubblicazione di questo volume, e per aver letto ap-profonditamente tutti i testi in esso contenuti, suggerendomi correzioni e re-galandomi preziosi consigli. Ringrazio inoltre Maria Giulia Bernardini per il supporto e gli spunti di riflessione.

I capitoli I e II sono tratti dal Jean Monnet Working Paper 17/08 presentato alla New York University nel 2008, nell’ambito del progetto Euro-pean Legal Integration: The New Italian Scholarship ("ELINIS", promosso dal Jean Monnet Center della New York University School of Law e del Diparti-mento di Scienze Giuridiche dell'Università di Trento). La versione finale del paper (Integration or Exclusion: Migrants in the European Union and United States. An Historical-Philosophical Approach) contiene anche paragrafi scritti da Michele Pifferi, è consultabile in inglese in http://centers.law.nyu.edu/jeanmonnet/archive/papers/08/081701.pdf

Il III capitolo è la traduzione italiana del saggio O direito sexuado da i-migração a partir de algumas reflexões de Judith Butler uscito nella rivista brasiliana Prima Facie 17, vol. 9, jul-dez/2010.

Il IV e il VI capitolo raccolgono testi di relazioni presentate al Diparti-mento di Diritto Pubblico dell’Università degli Studi di Pisa nell’ambito del dottorato in Teoria dei diritti fondamentali e successivamente nel corso dei Seminari pisani di filosofia del diritto.

Il V capitolo consiste nella rielaborazione della parte della mia tesi di dottorato dedicata alle riforme dell’ordinamento giudiziario in Tunisia.

Introduzione 19

Avvertenze

Le citazioni, ove possibile, sono tratte dalle edizioni italiane dei testi stranieri, altrimenti sono riprodotte nella loro lingua originale.

Traslitterazione

Nel citare nomi e parole in arabo non è stata seguita la traslitterazione

scientifica, per rendere più agevole la lettura, tuttavia sono state conservate le consonanti ‘ayn e hamza.