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Domenica16 Ottobre 201620 C A T H O L I C A

Mosè ritrova la sua «casa»Riapre la Basilica memoriale sul Monte Nebo in Giordaniadopo i lunghi restauri. L’inaugurazione con il cardinale Sandri

La struttura di accoglienza dei salesiani

GIUSEPPE CAFFULLI

opo anni d’interventi e restauri, riapre final-mente la Basilica del Memoriale di Mosè al Mon-te Nebo, in Giordania. L’inaugurazione ufficiale

del nuovo edificio, che è stato pensato per proteggerel’antica Basilica bizantina e i preziosi mosaici in essacontentuti, è avvenuta ieri e prosegue anche oggi. Una«due giorni» pensata per permettere la partecipazionea tutti i pellegrini che hanno raggiunto uno dei Santuarie siti archeologici più importanti e più visitati della Gior-dania e della Terra Santa.Ieri il padre Custode di Terra Santa, fra Francesco Pat-ton, ha aperto simbolicamente la porta della Basilica,alla presenza di un alto rappresentante dello Stato gior-dano. La cerimonia d’apertura è stata presieduta dalcardinale Leonardo Sandri, prefetto della Congrega-zione per le Chiese orientali, che ha letto anche un mes-saggio di papa Francesco. Oggi lo stesso Sandri presie-de la Messa solenne durante la quale verrà benedettoil nuovo altare della Basilica.Per celebrare la riapertura del Memoriale di Mosè i fra-ti minori della Custodia francescana di Terra Santa han-no organizzato una serie di eventi musicali e attivitàculturali. Oggi alle 21 verrà inaugurato il nuovo orga-no con un concerto dell’organista Eugenio Maria Fa-giani, inserito nella programmazione del Festival or-ganistico internazionale voluto dalla Custodia di Ter-ra Santa nelle chiese del Medio Oriente e del Levante.Una curiosità: quello del Monte Nebo, realizzato dalmaestro Nicola Puccini di Pisa, pare sia attualmentel’unico organo a canne della Giordania.Nel contesto delle celebrazioni (che dureranno fino a Na-

Dtale) si terranno anche due seminari d’archeologia: il pri-mo, martedì, presso l’Università di Amman, dove l’ar-chelogo fra Eugenio Alliata dello Studium Biblicum Fran-ciscanum di Gerusalemme illustrerà alla comunità scien-tifica i restauri del Nebo e le nuove scoperte. Il 15 no-vembre si terrà invece un panel dedicato alla figura diMosè e alla storia del Monte Nebo, in collaborazione conil Royal Institute for Interfaith Dialogue di Amman e l’Am-basciata d’Italia in Giordania.Il Memoriale di Mosè sul Monte Nebo è il luogo dove,secondo la Bibbia (Deuteronomio 34), Dio mostrò aMosè la Terra Santa e dove il profeta, venerato dalle trereligioni monoteiste, morì senza poterla raggiungere.Benché nessuno conosca con precisione il punto esat-to della sepoltura di Mosè (come dice lo stesso testo sa-cro), alcune comunità di monaci cristiani si stabiliro-no sulla sommità del monte a partire dal IV secolo pervenerarne la memoria.Il 4 ottobre 1932 la Custodia di Terra Santa entrava inpossesso di una vasta area sul Nebo e nelle sue vici-nanze, dando inizio all’esplorazione archeologica delsito culminata nel ritrovamento della Basilica bizan-tina e dei suoi splendidi mosaici. Un lavoro di studioe di scavo che continua ancor oggi. Al Monte Nebo riposa anche fra Michele Piccirillo, il gran-de archeologo francescano che ha lungamente lavoratoin Giordania e ha voluto essere sepolto proprio qui, ac-canto a un altro gigante dell’archeologia cristiana in Ter-ra Santa, padre Girolamo Mihaic. Quell’abuna Germana(così era stato curiosamente ribattezzato dai beduini),che con padre Silvestro Saller e padre Antonio Berardi i-niziò gli scavi al Memoriale di Mosè nel 1935.

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L’iniziativa a Torino“La Casa che accoglie”si apre ai minori stranierisui passi di Don Bosco

MARINA LOMUNNOTORINO

li adulti costruiscono muri, voi costruite ponti:è il mandato che ha dato Francesco ai giovaniradunati quest’estate a Cracovia e che noi ab-

biamo raccolto accogliendo 12 minori stranieri non ac-compagnati (Msna) nello spirito di don Bosco che ci invitaanche oggi a dare di più a chi ha avuto di meno». Così donAlberto Lagostina, direttore dell’Opera salesiana San Paolo,cuore di una delle più antiche e popolari borgate torinesi,sabato scorso ha inaugurato “La casa che accoglie”, la nuo-va comunità alloggio presso l’oratorio salesiano San Paolodi via di Luserna di Rorà 16. I ragazzi, 11 egiziani e un alba-nese dai 14 ai 17 anni, inviati dall’Ufficio minori stranieri delComune, sono stati affidati ai salesiani rinnovando l’impe-gno di collaborazione tra la città e i figli di Don Bosco che in

Piemonte gestiscono tre ca-se famiglia per Msna: oltre alSan Paolo, un’altra a Torinopresso l’oratorio San Luigi aSan Salvario e poi a CasaleMonferrato nell’Opera delValentino, per un totale di 30ragazzi sbarcati senza fami-glia nelle nostre coste. «In I-talia sono 31, comprese le trecomunità piemontesi – haspiegato don Enrico Stasi, i-spettore dei salesiani del Pie-monte e della Valle d’Aostache ha benedetto la nuovastruttura – le nostra case fa-

miglia dove trovano accoglienza i minori stranieri non ac-compagnati che arrivano in Italia soli e non hanno il soste-gno di una mamma o di un papà. Don Bosco diceva “bastache siate giovani perché vi ami” e oggi questo significa cheper noi le differenze religiose (i ragazzi accolti per la mag-gior parte sono musulmani, ndr) non possono essere un o-stacolo». Ed eccoli i ragazzi che hanno trovano casa al SanPaolo: sono Ahmed, Said, Eslan, Klaudio, Mahmoud… Perloro, in collaborazione con i servizi del Comune che attual-mente ha in tutela 250 Msna, c’è un progetto di istruzionescolastica (licenza media, corsi di formazione professiona-le presso i centri salesiani) e di avviamento ad un mestieremediante borse lavoro. I ragazzi sono seguiti da tre educa-tori , oltre ai salesiani del San Paolo che da 10 anni ospita mi-nori soli accanto all’opera educativa di bambini, adolescentie giovani che vivono in situazioni di abbandono e di disagioeconomico, socio-culturale e scolastico. All’apertura della“Casa che accoglie” ha contributo la Fondazione Cassa di Ri-sparmio di Torino ma senza lo sforzo della comunità par-rocchiale e dell’oratorio, che qui sono una grande famiglia,non si sarebbe raggiunto questo traguardo. «Qui tutti han-no contribuito ad arrivare all’inaugurazione e a raddoppia-re il numero dei minori accolti che da 6 passano a 12 – con-clude don Alberto Lagostina –. C’è chi ha contribuito con of-ferte in denaro, mettendo a disposizione tempo e compe-tenze per restaurare la casa. E poi c’è il gruppo di mammeche turnano tutti i giorni per cucinare, tenere in ordine la ca-sa e “coccolare” i ragazzi, i papà che si occupano della ma-nutenzione, gli educatori e gli animatori dell’oratorio e unnostro giovane chierico che si prepara a diventare sacerdo-te salesiano sperimentando la scelta preferenziale di Don Bo-sco per i giovani che più amava».

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La struttura gestitadai salesianiospita12 ragazzigiunti in Italia. «Quitrovano il sostegnoche potrebberoavere in famiglia»

Puglia, ponte con BetlemmeMARINA LUZZITARANTO

er le quattromila anime di Fag-giano, incantevole borgo in pro-vincia di Taranto, ci sono giorna-

te che resteranno negli annali. I nonnipotranno raccontare ai nipotini di queigiorni in cui una delegazione di Betlem-me ha fatto visita al paese, paragonan-do i luoghi in cui si tiene il presepe vi-vente di Faggiano a quelli in cui davve-ro nacque Gesù. Merito di don Alessan-dro Giove, del sindaco Antonio Cardea edell’associazione “Tradizioni ”popolaripresieduta da Angelo Zanzanella.Insieme hanno scritto una lettera al sinda-co della città palestinese, spiegando che daventiquattro anni un’intera comunità è im-pegnata concretamente e spiritualmenteper ricreare in ogni particolare la Natività.C’è chi si occupa degli abiti tradizionali e

chi interpreta i personaggi, ci sono gli an-tichi mestieri, gli animali, la processionedei Magi. I visitatori si ritrovano così a per-correre un cammino fisico e spirituale in unambiente rupestre molto simile a quello o-riginale. «La risposta del sindaco di Be-tlemme dopo appena qualche settimananon si è fatta attendere – spiega il primocittadino – e così ne è nato uno scambio diemail che ci ha portato a siglare l’intesa digemellaggio tra i due Comuni. Siamo mol-

to orgogliosi del nostro presepe. Per settevolte abbiamo vinto il premio come mi-glior presepe vivente d’Italia e abbiamo ri-cevuto visite importanti, come quella delcardinale Raymond Leo Burke, patrono delSovrano militare Ordine di Malta, che è ri-masto incantato dalla verosimiglianza conla città di nascita di Gesù. Oggi tutto que-sto trova conferma in un gemellaggio cheresterà negli annali del nostro paese».Per Betlemme è giunta a Faggiano una de-legazione multireligiosa, composta dal vi-cesindaco Isam Juha Morcos, cristiano or-todosso, e dai consiglieri comunali WalidJawarish e Khalil Moti, entrambi musul-mani. «Ci siamo sentiti a casa. Un clima difesta ci ha accompagnato – spiega il vice-sindaco Morcos – ed abbiamo scoperto co-me questi luoghi siano vicini ai nostri . O-ra speriamo, partendo da un gemellaggiodi tipo religioso, di estendere la nostra col-laborazione al settore turistico, sociale,

culturale e commerciale». «La parroc-chia lavora a stretto contatto con l’asso-ciazione che promuove il presepe e conl’amministrazione – sottolinea don A-lessandro Giove – con l’obiettivo di aiu-tare sia i volontari che lo realizzano, siai tanti visitatori a declinare la fede in Cri-sto nella vita quotidiana».

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Il presepe vivente di Faggiano

Nel segno della Nativitàil gemellaggio fra la città dove

nacque Cristo e il borgo diFaggiano che organizza uno dei

più premiati presepi viventi

Gorizia. Redaelli: non stare alla finestra, mettiti in giocoFRANCESCO DAL MASGORIZIA

gregio signor Mario,gentile signora Chiara,ho pensato di scriver-

le una lettera». Inizia proprio co-sì, e mantiene il tono familiare pertutto il suo sviluppo, la Lettera pa-storale che l’arcivescovo di Gori-zia, Carlo Roberto Maria Redaelliha scritto a «Il cristiano della do-menica». Che, si badi, «non è uncristiano di serie B, un po’ impac-ciato e sprovveduto», è bensì «uncristiano a tutti gli effetti», che vaa Messa la domenica nella per-centuale del 20%, bassa ma ap-prezzabile, e al quale l’arcivesco-vo propone di non stare alla fine-stra ma di mettersi in gioco. Comecristiano, niente di più. Cristiano

«anche quando si trova in fami-glia, sul lavoro, a scuola, in vacan-za, quando incontra gli amici e leamiche, nei momenti di svago ein quelli di impegno, nei periodi"su" e in quelli "giù", nelle feste enei lutti, …». Essere cristiano quin-di «è qualcosa che fa parte dellapropria persona, non serve esi-birlo, ma non si può neanche na-sconderlo». C’è il Battesimo dimezzo: da riscoprire. Ed ecco, per-tanto, i “consigli” molto semplici,ancorché impegnativi,che Redaelli suggeri-sce. Trattare, ad esem-pio, le persone da per-sone. «Per lei i colleghi,i clienti, i dipendenti, icapi, gli alunni, i lorogenitori, ecc. insommatutti sono colleghi,

clienti, dipendenti, capi, ecc. masono anzitutto persone. Personeda rispettare, da ascoltare, ancheda sopportare se è il caso…, usia-mo una parola grossa: da amare».Conoscendo gli altri, quindi ri-spettandoli, si conosce meglioanche se stessi. E quindi un ulte-riore consiglio: non lasciarsi vi-vere alla giornata, ma dedicaretempo alla propria interiorità, ol-tre che agli altri. Magari trovandomodo di legge e di testimoniare il

racconto evangelico del giudiziouniversale, che in fatto di com-portamenti è dirimente. Il cri-stiano è chiamato ad essere salee luce. E lo è praticando le operedi misericordia. Siamo in una so-cietà adolescenziale, scrive Re-daelli, ed il cristiano, pertanto, de-ve farsi "adulto", responsabile infamiglia e nel lavoro, come purenella società, ad esempio contri-buendo ad «una corretta opinio-ne pubblica». «Con pazienza e

competenza, parten-do dai valori del Van-gelo e del rispetto del-le persone, è possibileaiutarci vicendevol-mente a non ragiona-re in modo semplici-stico, a rispettare la di-gnità delle persone, a

non pensare condizionati da pre-giudizi o classificando i singoli in-dividui in categorie». Quindiun’opinione pubblica di pace. Ri-volgendosi al signor Mario e allasignora Chiara, due cristiani del-la domenica, l’arcivescovo di Go-rizia ricorda che «si va a Messa al-la domenica per non spegnere laluce e per non perdere il saporedel nostro essere cristiani. La do-menica per il cristiano deve qua-lificarsi per la celebrazione del-l’Eucaristia dove portare al Si-gnore la settimana vissuta, affi-dargli quella che ci aspetta, a-scoltare la sua Parola, nutrirsi delsuo Corpo nella Comunione perimparare da Lui a vivere il donodi se stessi agli altri nella concre-tezza della vita quotidiana».

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L’arcivescovo nella sua Lettera si rivolgeal «cristiano della domenica» invitandolo

a vivere nel quotidiano la propria fede

L’interno della Basilica del Monte Nebo in Giordania

La chiesa, che sarà l’unica del Paese aospitare un organo a canne, ricorda il luogo

dove Dio mostrò al profeta la Terra SantaLe celebrazioni dureranno fino a Natale

Previsti due importanti seminari di archeologia

Roma

Ieri si è svolta la“prima” Messa delpreposito generaleeletto venerdì dalla36ª Congregazione

Padre Sosa ai gesuiti: abbiate l’audacia dell’improbabile Commissione archeologia sacranominati nuovi componenti

esuiti capaci di coltivare ad « avere l’audaciadell’improbabile» ma anche in grado di con-

solare gli animi, di custodire integro il corpo «mul-ticulturale» della Compagnia di Gesù e di non di-menticare la centralità delle vocazioni come quel-la della giustizia in ogni ambito della vita umana.Sono i punti centrali toccati ieri mattina per la sua“prima” Messa da preposito generale dei gesuitidal venezuelano padre Arturo Sosa Abascal nellachiesa-madre dell’Ordine, il Gesù di Roma («dove– ha voluto ricordare ai presenti – riposano i restidi sant’Ignazio e Pedro Arrupe»). Alla celebrazio-

ne erano presenti anche i 212 delegati della 36ªCongregazione generale della Compagnia di Ge-sù (tra loro anche il preposito emerito lo spagno-lo Adolfo Nicolás Pachón) che venerdì lo hanno e-letto superiore dell’Ordine. L’invito di padre Sosa– rivolto indirettamente ai quasi 17mila gesuitisparsi nel mondo – è stato quello di coltivare virtùcome la «collaborazione dentro e fuori dalla Chie-sa» tra i vari ambiti della società ma anche a per-severare nei tratti distintivi che hanno fatto gran-de (tra cui la «dimensione interiore» connessa conquella «intellettuale») la “minima Compagnia di

Gesù” nella sua storia plurisecolare. Il neo supe-riore dei gesuiti – nell’omelia – non ha dimentica-to di ribadire ai confratelli le tante strade alterna-tive per «superare» ostacoli come «la povertà», «l’i-neguaglianza» e «l’oppressione» che affliggonotante “periferie” del pianeta. «Non c’è nessun dub-bio – è stata l’esortazione finale – circa il bisognodi aumentare la nostra preghiera e il nostro lavo-ro per le vocazioni della Compagnia e di conti-nuare il complesso impegno di offrire loro la for-mazione che faccia di loro dei veri gesuiti».(F.Riz.)

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G apa Francesco ha no-minato componenti

della Pontificia Commis-sione di archeologia sacradon Hubertus R. Drobner,docente di storia dellaChiesa e patristica nella Fa-coltà teologica di Pader-born; e i professori MichelYves Perrin, docente di sto-ria e dottrina del cristiane-simo all’École Pratique des

Hautes Études di Parigi;Danilo Mazzoleni, rettoredel Pontificio Istituto di ar-cheologia cristiana di Ro-ma; Matteo Braconi, do-cente di archeologia cri-stiana all’Università Ro-ma Tre di Roma; Paola DeSantis, docente di ar-cheologia cristiana all’U-niversità di Bari.

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