RETROSPETTIVE I CAPPELLANI MILITARI NELLA - difesa.it · A differenza del Regno di Sarde-gna, lo...

10
Vittorio PIGNOLONI I CAPPELLANI MILITARI NELLA A differenza del Regno di Sarde- gna, lo Stato Unitario non pre- vedeva i Cappellani Militari. Motivazione ufficiale: necessità di econo- mia di bilancio. Nel caso di mobilitazione era tuttavia prevista la presenza di mini- stri di culto cattolici nelle Sezioni di Sani- tà e negli Ospedali da Campo. Il Generale Luigi Cadorna, Capo di Stato Maggiore dell’Esercito (figlio del Gen. Raffaele Cadorna, che comandò la brec- cia di Porta Pia) il 12 aprile 1915, (antici- pando l’autorità governativa e religiosa), con una propria circolare stabilì l’asse- gnazione di un cappellano ad ogni Reggi- mento delle varie armi e corpi dell’Eserci- to. In attesa dei decreti governativi, i Di- stretti e le Direzioni di Sanità provvidero RETROSPETTIVE

Transcript of RETROSPETTIVE I CAPPELLANI MILITARI NELLA - difesa.it · A differenza del Regno di Sarde-gna, lo...

Vittorio PIGNOLONI

I CAPPELLANI

MILITARI NELLA

A differenza del Regno di Sarde-

gna, lo Stato Unitario non pre-

vedeva i Cappellani Militari.

Motivazione ufficiale: necessità di econo-

mia di bilancio. Nel caso di mobilitazione

era tuttavia prevista la presenza di mini-

stri di culto cattolici nelle Sezioni di Sani-

tà e negli Ospedali da Campo.

Il Generale Luigi Cadorna, Capo di Stato

Maggiore dell’Esercito (figlio del Gen.

Raffaele Cadorna, che comandò la brec-

cia di Porta Pia) il 12 aprile 1915, (antici-

pando l’autorità governativa e religiosa),

con una propria circolare stabilì l’asse-

gnazione di un cappellano ad ogni Reggi-

mento delle varie armi e corpi dell’Eserci-

to. In attesa dei decreti governativi, i Di-

stretti e le Direzioni di Sanità provvidero

RETROSPETTIVE

FILE-IMPAGINATO.indd 112 04/05/17 14:04

GRANDE

GUERRA

FILE-IMPAGINATO.indd 113 04/05/17 14:04

114

I Cappellani Militari nella Grande Guerra

ad arruolare 700 Cappellani. La curia ca-

strense, una volta costituita, ne scartò 89.

Allo scoppio del conflitto in Italia, Bene-

detto XV nominò Vescovo di Campo

Mons. Angelo Bartolomasi, con decreto

della Sacra Congregazione Concistoriale

del 1° giugno 1915. Il governo ne confermò

la nomina e approvò la costituzione della

Curia Castrense, con decreto del 27 giu-

gno 1915: ‹‹È istituita la carica di Vescovo

di Campo. Egli avrà l’alta direzione del

Servizio spirituale nell’Esercito e nella

Marina ed avrà autorità ecclesiastica di-

sciplinare su tutti i Cappellani Militari di

terra e di mare››. Il grande, saggio ed ama-

to arcivescovo nominò tre Vicari generali:

uno per la zona di guerra, Mons. Carlo

Maritano, uno per la Marina Militare

(l’Armata), Mons. Rodolfo Ragnini e uno

per la Direzione dell’Ufficio Centrale della

Curia, Mons. Michele Cerrati, a Roma,

presso l’Almo Collegio Capranica. Legitti-

mato a operare e a governare la sua parti-

colare diocesi, il Vescovo di Campo il 20

giugno 1915 scrisse ai Cappellani Militari,

ai Sacerdoti e ai chierici secolari e regolari,

ascritti all’Esercito Italiano: ‹‹A voi, che

alla missione di Apostoli di Gesù Cristo ac-

coppiate la sorte altamente meritoria di

soldati della patria…l’augurio sincero che

tra le fatiche del servizio militare non vi

manchi il coraggio del dovere, tanto più

nobile quanto esso è arduo; tra i dolori dei

feriti ed infermi vi accompagni la carità

dolce e generosa; tra le battaglie vi sproni-

no quegli apostolici ardimenti, che infon-

dono nei soldati lo spirito del sacrificio e lo

slancio valoroso…Vi raccomando di cele-

brare divotamente la S. Messa colla possi-

bile osservanza delle prescrizioni liturgi-

che, compensando coll’intimo fervore le

necessarie manchevolezze e la povertà

degli altari; e di recitare, sempre che ne

avrete tempo e modo, il Divino Officio od

altre preghiere: veggano ufficiali e soldati

che voi siete uomini di preghiera. Ricor-

datevi che siete e dovete apparire forma

gregis›› (prima Lettera pastorale). Memi-

nisse juvabit – scriveva Virgilio nell’Enei-

de. Dai Cappellani Militari la memoria si

allarga ai tanti sacerdoti italiani impegna-

ti nel conflitto: Aiuto-Cappellani, Pre-

ti-Soldati e Chierici che offrirono la vita

sul campo, in trincea, accanto ai soldati

impegnati in duri e aspri combattimenti.

Vanno ricordati e onorati in particolare i

93 cappellani militari caduti. Martiri e te-

stimoni di una carità senza confini. E poi

le 3 Medaglie d’Oro; le 137 Medaglie d’Ar-

gento; le 299 Medaglie di Bronzo; le 94

Croci al V.M. Un atto di solidarietà ricor-

dare l’impegno, per tutto l’arco della guer-

ra, dei 2070 (circa) Cappellani e dei (circa)

500 Aiuto-Cappellani. Né vanno dimen-

ticati i (circa) 30.000 Preti-Soldato e i

Chierici mobilitati, impiegati, per la mag-

gior parte, nelle Sezioni di Sanità. I circa

sono d’obbligo. Non c’è accordo tra gli stu-

diosi su questi numeri. Né fa sufficiente

chiarezza Padre Giovanni Semeria, bar-

nabita, Cappellano Militare del Comando

Supremo e amico della famiglia Cadorna,

in un articolo pubblicato nel 1916 dalla ri-

vista del Touring Club Italiano. Parlando

FILE-IMPAGINATO.indd 114 04/05/17 14:04

115

di Mons. A. Bartolomasi, scrive: ‹‹Questo

Vescovo senza territorio, la cui diocesi ha,

tra Cappellani e Preti-Soldati, soggetti an-

ch’essi alla sua giurisdizione, un clero ma-

stodontico che oscilla tra i 15 e i 20 mila››.

Dallo studio dei documenti pubblicati in

occasione del

Centenar io

della Grande

Guerra, risul-

ta prezioso e

generoso il

c on t r i b u t o

dei preti-sol-

dati all’azione

pastorale del

Cappellano:

non solo negli

Ospedali da

Campo, di

Tappa e So-

meggiati, nei

Treni Attrez-

zati, ma an-

che nelle Se-

zioni di Sani-

tà e nelle in-

fermerie dei

Reggimenti.

L’attenzione

umana e fra-

terna del Ve-

scovo di Cam-

po e dei Cappellani nei confronti dei sa-

cerdoti e dei chierici con le stellette fu

prioritaria e costante: non mancarono le

defezioni ma non mancò nemmeno l’aiuto

spirituale e quotidiano dei confratelli a ri-

manere fedeli al carisma della propria vo-

cazione. Per garantire questo sostegno

quotidiano il Vescovo di Campo non rima-

se a Roma, ma seguì l’Esercito al fronte,

con residenza e ufficio di riferimento a

Treviso. Al

termine del

c o n fl i t t o

Mons. Bar-

t o l o m a s i

volle che ri-

m a n e s s e

una traccia

s c r i t t a

de l l ’opera

esemplare,

generosa ed

eroica svol-

ta dai Cap-

pellani al

fronte, nelle

retrovie, sui

treni attrez-

zati, negli

ospedaletti

da campo e

negli Ospe-

dali militari

dislocati su

tutto il ter-

ritorio na-

z i o n a l e .

Un’opera e un’assistenza morale, spiritua-

le e cultuale preziosissima: apprezzata

dalla popolazione tutta, dal Governo, dai

Comandi Militari e dal Comando Supre-

FILE-IMPAGINATO.indd 115 04/05/17 14:04

116

mo. Al momento della smobilitazione, il

saggio presule inviò una lettera di ringra-

ziamento e di saluto a tutti i militari, ai

Cappellani, agli Aiuto-Cappellani, ai Pre-

ti-Soldati. Ai Cappellani chiese una rela-

zione scritta dell’opera svolta, suggeren-

done anche lo schema: azione religiosa

(celebrazione della S. Messa festiva e fe-

riale, funzioni quotidiane, periodiche,

straordinarie, predicazione, amministra-

zione dei sacramenti, precetto pasquale,

erezione di Cappelle, culto dei morti, suf-

fragi, assistenza in trincea); azione morale

(ufficio notizie, conferenze morali e pa-

triottiche, lotta contro la bestemmia e il

turpiloquio, distribuzione dei doni, visite

ai soldati in trincea, Casa del Soldato, ini-

ziative varie); i risultati (nella frequenza

alla pratica religiosa, nella condotta mora-

le, nei sentimenti di amore alla Patria, epi-

sodi di fede…).Nel lavoro di ricerca con-

dotto all’Archivio dell’Ordinariato Milita-

re d’Italia ho trovato 210 relazioni pasto-

rali o testimonianze inviate dai Cappellani

all’Arcivescovo di campo. Come mai così

poche, rispetto ai 2048 Cappellani mobili-

tati? Molte andarono smarrite lungo la di-

rettrice postale Treviso, Bologna e Roma, i

recapiti postali del Vescovo Castrense al

momento della smobilitazione. Né è da

escludere che molti Cappellani, subito

smobilitati, non furono raggiunti dalla let-

tera del Vescovo di Campo, scritta il 10

novembre 1918. Si può, anche, ragione-

volmente ipotizzare che altri cappellani,

avendo perduto il proprio diario pastorale

nella precipitosa disfatta di Caporetto,

senza le coordinate temporali, non siano

stati più in grado di elaborare un resocon-

to ordinato secondo lo schema proposto

dal presule. I libri pubblicati a cura del sot-

toscritto e con la prefazione di S. E. R.

Mons. Santo Marcianò sono due: “I Cap-

pellani Militari d’Italia nella Grande Guer-

ra” (2014) e “Cappellani Militari e pre-

ti-soldato in prima linea nella grande

guerra” (2016), Ed. San Paolo, Milano. Ho

la certezza che offriranno materiale pre-

FILE-IMPAGINATO.indd 116 04/05/17 14:04

117

zioso e utile al ricercatore, allo storico, al

liturgista, all’operatore pastorale… Docu-

menti interessanti ed unici. Andranno

letti e interpretati, collocandoli nel parti-

colare periodo storico della Chiesa italia-

na. Offrono pagine scritte con il cuore, la

fede e la carità di sacerdoti generosi, pre-

parati e al passo con i tempi sotto il profilo

teologico, pastorale e sociale. Le anima e le

accomuna l’ansia di voler vivere il duro

periodo della guerra a fianco al soldato in

trincea, nelle retrovie, durante i provviso-

ri baraccamenti, nelle Case del Soldato…

Le analisi pastorali sono sempre suggesti-

ve e dettate da grande amore e fedeltà alla

missione sacerdotale tra i soldati. In com-

plesso rivelano un’ansia pastorale genero-

sa, aperta, attenta, umile e profondamen-

te radicata nell’ambiente. Alcune spigola-

ture. Scrive Don Giuseppe Abate, Cappel-

lano del 13° Fanteria: «Bisogna avere avu-

to un’anima sensibile e una luce viva d’in-

tuizione psicologica e aver vissuto la vita

di trincea tutta intera per comprendere

appieno quanto sia difficile la missione del

Cappellano - il quale pur deve essere un

amico e deve avere il cuore di una mam-

ma – in certi momenti di terribile ango-

scia e di sconfinato dolore!». Con semplici-

tà e umiltà chiude la relazione Don Luigi

Barin, Cappellano dell’Ospedale da Campo

N. 050: «Niente di speciale, d’interessante,

posso esporre. Lasciata la mia Parrocchia,

ritenni quali miei parrocchiani tutti i sol-

dati che ebbi occasione di avvicinare, so di

aver amato ciascuno come non lo dovessi

mai più perdere di vista; d’aver confortato

e consigliato secondo le mie forze». Il Cap-

pellano Don Luigi Fiorentino Basso c’in-

forma che le Messe festive al Campo,

presso il Reggimento 45° Fanteria, veni-

vano concluse con il canto dell’Inno di

Mameli. Don Gustavo Bernardoni: «Ho

riportato la convinzione che spesso il sol-

dato sia migliore di quello che pensi». Ri-

conosce il benedettino olivetano Don Giu-

seppe Bianchi, Cappellano del 70° Reggi-

mento Fanteria: «Il soldato preso da solo è

FILE-IMPAGINATO.indd 117 04/05/17 14:04

118

buono, crede e prega, messo in comune si

lascia vincere dal rispetto umano e sacrifi-

ca il suo meglio, la fede. Domani bisognerà

combattere l’ignoranza e, questa vinta,

avremo buoni cristiani come abbiamo

avuto valorosi soldati». Uno dei frutti

dell’azione dei cappellani militari – attesta

Padre Pacifico Brandi, Cappellano del 5°

Raggruppamento Artiglieria d’Assedio - :

«Far conoscere ed amare il sacerdote, che

in mezzo all’Esercito è stato sempre l’ami-

co, il fratello di tutti, a tutti accessibile e a

cui si poteva sempre ricorrere colla cer-

tezza di essere in qualche modo aiutato».

Un aspetto della spiritualità dei soldati al

fronte o ricoverati negli ospedali è l’im-

portanza che attribuiscono alla preghiera

e alla devozione alla Madonna: la recita

del Rosario in trincea da soli o a piccoli

gruppi o insieme al Cappellano. Un Te-

nente del 163° Reggimento Fanteria inci-

tava i suoi soldati pronti all’azione così:

«Non moriremo, perché la mia bambina

mi scrive che prega sempre per me e per i

miei soldati: ed io ho grande fiducia nella

sua preghiera». Don Ludovico De Toni,

Cappellano dell’Ospedale da Campo N.

236, traccia una sintesi della sua missione:

«ho vissuto sempre in mezzo ai soldati: ho

studiato i loro bisogni, ho imparato a co-

noscere le loro debolezze, ho anche ap-

prezzato e ammirato le loro virtù, ho cer-

cato di comprendere le loro anime, sono

sempre stato con loro largo di conforto, di

consigli, di aiuti, di protezione e molte vol-

te anche di soccorsi materiali». Don Primo

Discacciati, Cappellano dell’Ospedaletto

da Campo N. 25: «Ebbi di mira di far cono-

scere che il sacerdote non è poi quella be-

stia nera che dipingono i più: ho la pre-

sunzione di aver raggiunto il mio intento».

Annota Don Francesco Doranti: «Nei tur-

ni di trincea, come in riposo, la mia vita la

passavo tra i soldati, che visitavo compa-

gnia per compagnia, plotone per plotone,

squadra per squadra, uno per uno, persi-

no nei posti più avanzati, strisciando per

terra sotto il tiro della mitragliatrice, di

giorno, qualche volta anche di notte, colla

parola d’ordine, per dir loro una parola di

FILE-IMPAGINATO.indd 118 04/05/17 14:04

119

conforto, e carezzarli. Nei posti avanzati

talvolta, dietro un muro od un masso, ho

celebrato la Messa anche a pochi uomini,

o con loro ho recitato il S. Rosario, specie

di maggio». Prima di concludere la rela-

zione – diario Don Francesco ci ricorda:

‹‹Nella predicazione non mi sono mai sco-

stato dal Vangelo: ho spiegato ai miei sol-

dati il Vangelo come lo solevo spiegare al

popolo del mio paese, inculcando l’amore

di Dio e della Patria, lo spirito di sacrificio,

il rispetto all’autorità, il sentimento del

dovere, perché è Dio che vuole così! Non

ho mai stiracchiato il testo evangelico fino

a farlo coincidere con certe dottrine che

idolatrano la guerra e simili. I soldati non

accoglievano se non malvolentieri la glo-

rificazione della guerra›› . Scrive Don Giu-

seppe De Micheli, sempre in zona di ope-

razioni, sul Grappa e tra Caporetto e Tol-

mino: ‹‹Un sacerdote che si trova ad avere

la cura spirituale di un qualsiasi reparto

militare, deve regolarsi come avesse affi-

data una parrocchia: poco clamore, meno

coreografia, lavoro paziente e d’occasione

soprattutto››. Importanti e interessanti al-

cune relazioni (16) di Cappellani fatti pri-

gionieri (128): da esse sembra dedursi che

complessivamente non siano stati trattati

molto bene. Nell’ultima relazione (210°)

del primo volume, redatta dal Cappellano

di un Reparto Someggiato e del 12° Grup-

po Alpini, Don Salvatore Zichichi sembra

voglia interloquire con il futuro lettore,

suggerendo il metodo per ottenere dai

soldati ottimi risultati: «bisognava non ab-

bandonarli mai ovunque andassero. Biso-

gnava ricordare loro che erano dei padri

e dei figli di famiglia, la quale pretendeva

che avessero fatto sempre il loro dovere

di cittadini e di soldati. La fede univa tutti

i loro doveri in uno solo, per cui i soldati

religiosi divennero ottimi soldati della Pa-

tria». Mi si permetta la citazione e l’analisi

di un grande storico contemporaneo, Al-

berto Monticone: «Il ripristino in grande

stile dei Cappellani Militari nell’esercito

combattente nel 1915 segnò una specie

di conciliazione provvisoria fra lo Stato

in divisa e la Chiesa del popolo, concilia-

FILE-IMPAGINATO.indd 119 04/05/17 14:04

120

I Cappellani Militari nella Grande Guerra

zione rivolta a soccorrere spiritualmen-

te i combattenti, ma di fatto subordinata

anche agli scopi di cementazione morale

dello strumento bellico e di propaganda

dei principi patriottici»… Un capitolo da

riscrivere e da approfondire quello del-

la vita religiosa al fronte e nelle retrovie,

auspicava lo studioso. Per la prima volta

nella nostra storia nazionale si attua un

tentativo di evangelizzazione di massa,

popolare… Il grande merito va attribuito

al Vescovo Castrense e ai suoi Cappellani,

preparati e generosi. Prosegue il Monti-

cone: «Si affaccia in queste pagine un pro-

blema centrale della storia della Chiesa

in Italia: l’incontro con le masse popolari

e con le culture dei ceti più poveri e del

Mezzogiorno». Non si ricorda mai abba-

stanza la preziosa opera umana e sociale

svolta, nella guerra e nel dopoguerra, da

due profeti, che si incontrarono al fronte,

Padre Giovanni Semeria e Padre Giovanni

Minozzi: l’Opera Nazionale per il Mezzo-

giorno d’Italia è nata dal loro cuore e dalla

loro mente, aperti e generosi. Come anche

le Case del Soldato: se ne contavano circa

500, alla fine della guerra, distribuite su

tutto il territorio nazionale. Non solo nel-

le Case, ma anche in linea il Cappellano

trovava il modo di organizzare la scuola

per analfabeti e corsi di catechismo. Le

relazioni del primo e del secondo volume

sono datate sotto il profilo pastorale: il sa-

cerdote con le stellette ha saputo essere

creativo, a fianco al soldato con semplici-

tà e partecipazione, inventando mezzi e

momenti di dialogo adeguati alla cultura

contadina di giovani trapiantati al fronte,

spesso analfabeti o semi analfabeti. Ecco

il sorgere delle case del soldato: se ne con-

tavano circa 500, alla fine della guerra,

distribuite su tutto il territorio naziona-

le. Funzionavano quando erano animate

dal Cappellano Militare. Anche in linea,

il Cappellano Militare trovava il modo di

organizzare la scuola per analfabeti e cor-

si di catechismo. Schiette e tenere alcune

relazioni sulla vita e la missione sacerdo-

tale presso i piccoli Ospedali da Campo:

stare accanto ai feriti, per confortarli, per

scrivere notizie ai parenti e alle fidanzate,

ai parroci…Distribuire immaginette, me-

daglie, ma anche calzini, maglie, guanti…

Senza risparmiarsi mai. Al fronte. Nel-

le retrovie. Nei baraccamenti durante il

periodo di meritato riposo: quando tutti

potevano concedersi un po’ di tregua, ma

non il Cappellano. Che aspettava questi

momenti per organizzare una vita sacra-

mentale normale. Anche con l’aiuto gene-

roso dei parroci locali, organizzava pre-

cetti pasquali, confessioni, anniversari…

Con la prospettiva dell’imminente ritorno

al fronte… Vita dura, faticosa e rischiosa

quella del Cappellano in Zona di Guerra.

Si spiega così l’avvicendamento frequente

dei tanti cappellani: mobilitati nel lungo

periodo della guerra: 2070 più gli Aiuto -

Cappellani: 600.

Tra i Cappellani Militari che prestarono

servizio nella Grande Guerra va fatta an-

che memoria dei grandi che arrivarono ai

vertici della gerarchia ecclesiastica. Mons.

Marchisio, nel Pro Deo et Patria – Mobi-

FILE-IMPAGINATO.indd 120 04/05/17 14:04

121

litazione 1915 – 1918, ne ricorda 81, deco-

rati e non: vescovi, arcivescovi, cardinali

e un Papa. Il Ten. Cappellano Don Angelo

Giuseppe Roncalli, classe 1881 assolse agli

obblighi di leva (nov. 1901 – nov. 1902);

fu congedato con il grado di Sergente di

Sanità; richiamato nel Regio Esercito il

23 maggio 1915,

destinato a Ber-

gamo, fu nomi-

nato Tenente

Cappellano Mi-

litare il 28 mar-

zo 1916. Prestò

servizio agli

ospedali milita-

ri di Bergamo

fino al termine

del conflitto.

Anche da Nun-

zio ricorderà

quel periodo

stellato! Prima

di essere eletto

Papa, in una let-

tera ai Cappel-

lani in conge-

do del Veneto,

ricordava con

nostalgia il ser-

vizio di Tenente Cappellano Militare nel-

la grande guerra: «Fu grande ventura per

me l’aver reso questo servizio negli anni

della guerra 1915 – 1918! Ne riportai infat-

ti impressioni incancellabili circa il buon

carattere, in generale, dei nostri figlioli; la

cortesia degli ufficiali; e il movimento di

anime prodotto dalla grazia celeste, che

operò sorprendenti trasformazioni di per-

sone e di ambienti. Il Signore fecondò que-

sto servizio, che valse a guadagnare tanta

stima al nostro clero, e ad avviare i nuovi

rapporti dello stato con la Chiesa, corona-

ti dai Patti Lateranensi». Salito al Soglio

Pontificio, in

un’udienza (11

giugno 1959) ai

Cappellani in

congedo, ricor-

dò: ‹‹Indimenti-

cabile fu il ser-

vizio che com-

pimmo come

Cappellano ne-

gli ospedali del

tempo di guer-

ra.

Esso ci fece

raccogliere nel

gemito dei fe-

riti e dei mala-

ti l’universale

aspirazione alla

pace, sommo

bene dell’uma-

nità…i ricordi

e le esperienze

della vita militare dipingono con amabili

tratti davanti al Nostro sguardo la figura

del Cappellano Militare, che rappresenta

un aspetto nuovo e preziosissimo del mo-

derno apostolato››. Sono le parole di un

Santo dei nostri tempi. Che ha amato la

Chiesa. Anche quella con le stellette.

FILE-IMPAGINATO.indd 121 04/05/17 14:04