RESTAURO DEL TEMPIO MALA TESTIANO R

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FIG. 7 - BOLOGNA, MERCANZIA - STATUA DELLA GIUSTIZIA DOPO LA REINTEGRAZIONE (LE PARTI CHIARE, STRIGILATE, SONO IN PIETRA ARTIFICIALE) le nuove parti presentano quelle lievi differenze che, mentre non disturbano il godimento dell'opera, consentono allo studioso di distinguere e delimitare il lavoro compiuto. 14) Tale identificazione è d'altra parte facilitata dai contras- segni - costituiti, secondo l'odierna prassi della Soprinten- denza ai Monumenti di Bologna, dalla data di esecuzione e dalla sigla del vocabolo definente il lavoro eseguito - che si sono incisi, numerosi, su tutte le nuove parti dell'opera e che, pure non essendo, tranne i più vicini, distinguibili a prima vista, si rivelano ad un osservatore attento, che può leggerli con l'aiuto di un comune binocolo. Prima di presentare al pubblico il monumento restaurato, si è voluta attenuare la discordanza cromatica fra il vecchio e il nuovo, ricorrendo ad una provvisoria patinatura di quest'ultimo, in attesa che il tempo distenda la sua. Come sempre avviene, il colore nuovo risulta lievemente opaco, ma già gli agenti atmosferici cominciano ad operare su di esso, conferendogli, a poco a poco, quella trasparenza che rende così attraenti i vecchi muri. A. BARBACCI I) E. ORIOLl, Il Foro dei Mercanti di Bologna, in Arch. St. dell' Arte, 1892, p. 397· 2) F. FILIPPINI, NOle circa la costruzione della Mercanzia, in L'Archiginna$io, gennaio-aprile 1915, p. 201. 3) E. ORIOLI, op. cit., p. 398. 4) A. RUBBIANI e A. TARTARINI, I ristallr; alla Il Mercanzia", Zanichelli, Bologna 1889, p. 12. 5) Alcune parti del Padilione, o baldacchino, sono state rifatte in arena" ria grigia, anzichè in pietra d'lstria come in origine. 6) A. RUBBIANI e A. TARTARINI. op. cit., pp. 15- 17. 7) G. GIORDANI, Compendio di memorie intorno al Foro dei MercaTlti, che appellasi volgarmente la Mercanzia in Bologna (Nobili, Bologna, 1835), pp. 36--'7. 8) A. RUBBIANI e A. TARTARINI, op. cit ., p. 29. 9) Il Rubbiani suppose che la Mercanzia avesse subito un'imbiancatura a calce, asportata in occasione del restauro effettuato nel 1837. IO) Quando il Rubbiani effeuu6 il restauro, non si conosceva l'esatta data- zione dell'opera, che fu poi determinata dai documenti trovati daWOrioli nel 1892. Si credeva, dai più, che la Mercanzia fosse stata eretta nella prima metà del Quattrocento e la si collegava, per analogie decorative, alla Casa Tac- coni di Piazza S. Stefano e a quella parte del Palazzo Comunale, detta degli Anziani, che fu ricostruita nel 1425 da Fieravante Fieravanti. II) I lavori furono disposti dall'ingegnere capo Giacomo Castigliani e diretti per la parte tecnica dall'ing. Umberto Piazzi, del Genio Civile. 12) Minacciando rovina la loggia, per la rottura di una delle chiavi o catene di ferro, la riparazione fu affidata, nel 1440, a Bartolomeo Fieravanti. Cfr. F. FILIPPINI, op. cit., p. 208. 13) Le formelle della bifora laterale, non essendosi potuti trovare disegni o fotografie dell 'o pera, precedenti il bombardamento, neppure ricorrendo a inser- zioni sui giornali. sono state collocate cercando qualche analogia fra la Jora ubicazione e quella riscontrata nelle altre bifore. 14) Debbo tributare un elogio ai miei più valenti collaboratori: il prof. Arrigo Stanzani, della Soprintendenza, che ha seguito con diligenza e senso d'a. rte i lavori, rilevato il monumento ed effettuato la non facile patina tura delle parti rifatte; inoltre l'imprenditore specializzato prof. Bruno Parolini, lo scultore Romano Franchi ed i capi operai Mario Tagliavini e Duilio Burnelli. RESTAURO DEL TEMPIO MALA TESTIANO R IMiNI tra l'autunno del 1943 e l'estate del 1944 ha subito oltre 300 bombardamenti. È inutile oggi qui dire delle condizioni in cui fu ridotta la città per quelle operazioni di guerra, è facile immaginarlo; dirò soltanto che, a parte la distruzione totale della chiesa barocca di S. Girolamo, polverizzata dalle esplosioni, degli edifici di importanza artistica della città il Tempio Malatestiano fu quello che ha subito i danni maggiori. Per due volte, il 28 dicembre 1943 e il 29 gennaio 1944, grappoli di bombe caddero presso il presbiterio e presso la facciata all' esterno della costruzione. Le esplosioni, ma più lo spostamento d'aria da esse provocato, arrecarono danni notevolissimi all'edificio. L'abside fu spazzata via e il presbiterio sette- centesco venne quasi totalmente demolito, il grande vano della chiesa fu scoperchiato, la facciata per la percussione del terreno ad essa antistante, ma più forse per il risucchio

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FIG. 7 - BOLOGNA, MERCANZIA - STATUA DELLA GIUSTIZIA DOPO LA REINTEGRAZIONE (LE PARTI CHIARE, STRIGILATE,

SONO IN PIETRA ARTIFICIALE)

le nuove parti presentano quelle lievi differenze che, mentre non disturbano il godimento dell'opera, consentono allo studioso di distinguere e delimitare il lavoro compiuto. 14)

Tale identificazione è d'altra parte facilitata dai contras­segni - costituiti, secondo l'odierna prassi della Soprinten­denza ai Monumenti di Bologna, dalla data di esecuzione e dalla sigla del vocabolo definente il lavoro eseguito - che si sono incisi, numerosi, su tutte le nuove parti dell'opera

e che, pure non essendo, tranne i più vicini, distinguibili a prima vista, si rivelano ad un osservatore attento, che può leggerli con l'aiuto di un comune binocolo.

Prima di presentare al pubblico il monumento restaurato, si è voluta attenuare la discordanza cromatica fra il vecchio e il nuovo, ricorrendo ad una provvisoria patinatura di quest'ultimo, in attesa che il tempo distenda la sua. Come sempre avviene, il colore nuovo risulta lievemente opaco, ma già gli agenti atmosferici cominciano ad operare su di esso, conferendogli, a poco a poco, quella trasparenza che rende così attraenti i vecchi muri. A. BARBACCI

I) E. ORIOLl, Il Foro dei Mercanti di Bologna, in Arch. St. dell' Arte, 1892, p . 397·

2) F. FILIPPINI, NOle circa la costruzione della Mercanzia, in L'Archiginna$io, gennaio-aprile 1915, p. 201.

3) E. ORIOLI, op. cit., p. 398. 4) A. RUBBIANI e A. TARTARINI, I ristallr; alla Il Mercanzia", Zanichelli,

Bologna 1889, p. 12. 5) Alcune parti del Padilione, o baldacchino, sono state rifatte in arena"ria

grigia, anzichè in pietra d'lstria come in origine. 6) A. RUBBIANI e A. TARTARINI. op. cit., pp. 15 - 17. 7) G. GIORDANI, Compendio di memorie intorno al Foro dei MercaTlti, che

appellasi volgarmente la Mercanzia in Bologna (Nobili , Bologna, 1835), pp. 36--'7. 8) A. RUBBIANI e A. TARTARINI, op. cit ., p. 29. 9) Il Rubbiani suppose che la Mercanzia avesse subito un'imbiancatura a

calce, asportata in occasione del restauro effettuato nel 1837. IO) Quando il Rubbiani effeuu6 il restauro, non si conosceva l'esatta data­

zione dell'opera, che fu poi determinata dai documenti trovati daWOrioli nel 1892. Si credeva, dai più, che la Mercanzia fosse stata eretta nella prima metà del Quattrocento e la si collegava, per analogie decorative, alla Casa Tac­coni di Piazza S. Stefano e a quella parte del Palazzo Comunale, detta degli Anziani, che fu ricostruita nel 1425 da Fieravante Fieravanti.

II) I lavori furono disposti dall'ingegnere capo Giacomo Castigliani e diretti per la parte tecnica dall'ing. Umberto Piazzi, del Genio Civile.

12) Minacciando rovina la loggia, per la rottura di una delle chiavi o catene di ferro, la riparazione fu affidata, nel 1440, a Bartolomeo Fieravanti. Cfr. F. FILIPPINI, op. cit., p. 208.

13) Le formelle della bifora laterale, non essendosi potuti trovare disegni o fotografie dell 'opera, precedenti il bombardamento, neppure ricorrendo a inser­zioni sui giornali. sono state collocate cercando qualche analogia fra la Jora ubicazione e quella riscontrata nelle altre bifore.

14) Debbo tributare un elogio ai miei più valenti collaboratori: il prof. Arrigo Stanzani, della Soprintendenza, che ha seguito con diligenza e senso d'a.rte i lavori, rilevato il monumento ed effettuato la non facile patina tura delle parti rifatte; inoltre l'imprenditore specializzato prof. Bruno Parolini, lo scultore Romano Franchi ed i capi operai Mario Tagliavini e Duilio Burnelli.

RESTAURO DEL TEMPIO MALA TESTIANO

R IMiNI tra l'autunno del 1943 e l'estate del 1944 ha subito oltre 300 bombardamenti. È inutile oggi qui

dire delle condizioni in cui fu ridotta la città per quelle operazioni di guerra, è facile immaginarlo; dirò soltanto che, a parte la distruzione totale della chiesa barocca di S. Girolamo, polverizzata dalle esplosioni, degli edifici di importanza artistica della città il Tempio Malatestiano fu quello che ha subito i danni maggiori. Per due volte, il 28 dicembre 1943 e il 29 gennaio 1944, grappoli di bombe caddero presso il presbiterio e presso la facciata all' esterno della costruzione. Le esplosioni, ma più lo spostamento d'aria da esse provocato, arrecarono danni notevolissimi all'edificio. L'abside fu spazzata via e il presbiterio sette­centesco venne quasi totalmente demolito, il grande vano della chiesa fu scoperchiato, la facciata per la percussione del terreno ad essa antistante, ma più forse per il risucchio

d'aria, si inclinò in avanti trascinando nel suo moto di rotazione tutto il com­plesso architettonico formato dalle due prime cappelle. Tale ultimo fatto provo­cò l'apertura lungo le archeggiature dei fianchi in tutti e due i lati della costru­zione, di gravissime lesioni con sposta­mento dei conci di pietra. Lo strapiombo all'angolo destro dell'edificio all'altezza della cornice del primo ordine misurava circa 45 centimetri (figg. 1-3)·

Fortunatamente all' interno della chiesa delle 120 formelle marmoree che rivestono i pilastri quattrocenteschi solo 5 presentavano danni piuttosto gl'avi. Molti fra coloro che videro l'edificio in quelle spaventose COndizioni ebbero la sensazione di una immensa irrepara­bile rovina, e che veramente alcune delle più belle pagine della storia dell' arte italiana dovessero considerarsi cancel­late per sempre; tuttavia, esaminata con maggiore calma e ponderatezza la situa­zione, si convenne che, per quanto grave, non era disperata.

La ricostruzione della disadorna ab­side settecentesca non rappresentava un problema come, tutto sommato, non ap­parivano molto compromettenti per la statica di quanto restava in piedi le le­sioni all'interno dell'edificio, i cui nuclei duecenteschi e le cui pilastrate quat­trocentesche avevano ancora possibilità notevolissime di resistenza quando fos­sero stati convenientemente rafforzati. Il tetto poteva facilmente essere rico­struito.

Il danno maggiore quindi cOnsisteva in quello spostamento evidentissimo di tutta la zona antistante della costru­zione che aveva provocato l'apertura di ampie lesioni lungo i fianchi. Di più: esaminate e misurate attentamente le

FIG. I - RIMINI, TEMPIO MALATESTIANO - L'INTERNO DOPO I BOMBÀRDAMENTI

arcate che compongono i fianchi si vide chiaramente come il processo di rotazione interessasse non solo i pilastri e gli archi più prossimi alla facciata ma i fianchi nella loro quasi totalità. Lo si poteva osservare agevolmente nello stilobate che, ancora orizzontale all'altezza dell'ultima ar­cata del fianco destro e della terzultima arcata del fianco sinistro, gradualmente si inclinava mano a mano che ci si avvicinasse alla facciata raggiungendo un dislivello di 35 centimetri.

D'altro canto era necessario cOnvenire che quel processo di rotazione fosse anteriore alla guerra, anzi avesse origini molto antiche. Lo dimostrava la facciata già un poco affos­sata nel terreno prima che sul sagrato della chiesa pioves­sero le bombe che, in ogni caso, quel processo avevano accentuato.

In altri termini le esplosioni che non avevano frantumato le strutture albertiane le avevano tuttavia sconnesse scar-

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dinando i blocchi di pietra del paramento esterno e provo­cando lesioni orribili soprattutto all' altezza della seconda arcata sia sul fianco sinistro che sul destro nel quale ultimo l'arco stesso si era aperto lasciando calare giù uno dei grossi conci prossimi alla chiave (fig. 4).

Osservando ora i fianchi dell'edificio s'aveva la stessa penosa impressione che si prova nell'ascoltare una musica bellissima e d'un tratto UnO degli strumenti cui sia affidato il tema principale perda il tempo o modifichi il ritmo. Una orribile vera e propria stonatura che comprometteva i valori essenziali di quell'opera d'arte, affidati soprattutto alla pura geometricità dei rapporti, alla cristallina purezza delle linee e delle masse.

Era come se le assi che compongonO Una tavola dipinta si fossero accidentalmente disunite, come se i blocchi di marmo di un rilievo greco, del più bel tempo dell' arte greca, per una ragione qualsiasi, si fossero spostati.

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FIG. 2 - RIMINI, TEMPIO MALATESTIANO - L'ESTERNO VERSO IL PRESBITERIO DOPO I BOMBARDAMENTI

FIG. 3 - RIMINI, TEMPIO MALATESTIANO - PARTICOLARE DELLA FACCIATA CON I CONCI DEL PARAMENTO SCONNESSI

(Fot. Gab. Fot. Naz.)

In casi simili nessuno avrebbe avuto dubbi sulle opera­zioni da compiere: ricollegare le assi disunite del quadro o riavvicinare convenientemente i blocchi marmorei del rilievo.

Si pensò allora da molti che una operazione simile po­teva e doveva essere fatta anche per l'esterno del Tempio Malatestiano. Tuttavia era prima necessario procedere ad altri lavori: alla ricostruzione cioè dell'abside e della zona presbiteri aie, il che fu fatto in forme molto semplici e chiaramente differenziate dalle antiche; al consolidamento delle murature lesionate a mezzo di iniezioni di cemento; allo smontaggio ed alla ricomposizione di uno dei pilastri della prima cappella a destra, quella dedicata a S. Sigi­smondo, che era stato sconnesso nei blocchi marmo rei che lo compongono, e infine al rifacimento del tetto, oltre che al restauro delle transenne marmo ree delle cap­pelle e alle tassellature del paramento marmoreo nei punti ove le scheggie delle bombe avevano provocato sbreccia­tu re compromettendo talvolta la stessa compattezza del para mento (jìgg. 4-10).

Compiute queste operazioni, col validissimo contributo del competente Provveditorato alle Opere Pubbliche, esse venivano ultimate con quella doverosa calma e quella minuta pazienza che sono necessarie in certe circostanze e venne nominata una commissione ministeriale per stu­diare e guidare il restauro del para mento esterno del Malatestiano.

È a questo punto necessario rammentare come il Tempio Malatestiano si componga effettivamente di due architet­ture una dentro l'altra. Leon Battista Alberti nel trasformare e rivestire le strutture della duecentesca chiesa francescana immaginò all'esterno del Tempio una S'orta di involucro marmo reo, una sua potente e perentoria architettura che

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FIG. 4 - RIMINI , TEMPIO MALATESTIANO - LESIONI DEL FIANCO DESTRO ALL'ALTEZZA DELLA SECONDA ARCATA

FIG. 5 - RIMINI, TEMPIO MALATESTIANO L'ABSIDE RICOSTRUITA (Fot. Gab. Fot. Naz.)

FIGG. 6, 7 - RIMINI, TEMPIO MALATESTIANO - LE LESIONI DELL' INTERNO ALL' ALTEZZA DELLA PRIMA CAPPELLA A DESTRA Sono state consolidate le strutture ma non si sono cancellate le traccie delle lesioni

nel prospetto rammenta un arco trionfale romano, nei fian­chi è costituita dalle arcate che sappiamo e che doveva essere completata da una cupola, di cui è il ricordo nella famosa medaglia di Matteo de' Pasti.

All'interno poi le strutture, pur risultando completa­mente trasformate rispetto a quelle della chiesa medioevale che era ad una sola navata, mantennero un diverso carat­tere determinato dagli archi a sesto acuto delle cappelle e

dalle loro decorazioni, tanto da lasciarci intendere come ivi prevalga il gusto dello stesso Matteo de' Pasti che sul posto dirigeva l'impresa.

Due architetture dunque indipendenti anche se colle­gate, direi solidamente ancorate, fra di loro.

Anzi la loro indipendenza stilistica è tanto evidente che nel procedere al consolidamento delle strutture interne dell'edificio s'è evitato, ad esempio, di chiudere o comunque

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FIG. 8 - RIMINI, TEMPIO MALATESTIANO - L'INTERNO DELLA COSTRUZIONE MENTRE SI COMPLETANO I LAVORI DI RESTAURO (Fiit. Gab. Fot. Naz.)

FIG. 9 - RIMINI, TEMPIO MALATESTIANO Il paramento del fianco destro è stato smontato fino all' altezza

delle chiavi degli archi (Fot. Gab. Fot. Naz.)

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celare alcune lesioni, anche molto evidenti, delle arcate per non incidere con l'opera di restauro sul carattere emi­nentemente pittorico degli stucchi e degli elementi archi­tettonici ancora goticizzanti della costruzione. Per il rive­stimento estern,o era un'altra questione, qui i valori essen­ziali dell'architettura non consentivano disarmonie.

Deliberato frattanto dalla commissione ministeriale di procedere allo smontaggio e quindi al rimontaggio del para­mento esterno dell'edificio nei tratti ove gli spostamenti delle sue strutture erano sensibili, prima d'ogni altra cosa si procedette ad un suo minuto rilievo. Un rilievo in scala I :20 nel quale le pietre sono chiaramente individuate una ad

.una e numerate con una numerazione che venne riportata sulle pietre stesse del monumento. Poi le pietre vennero, si può dire, fotografate una ad una e in qualche caso furono anche presi dei calchi per essere sicuri che nelle operazioni di rimontaggio si sarebbe mantenuto l'originario carattere alle loro stesse commettiture. Quindi sul rilievo ven.nero indicati con segni a trattini gli spostamenti che avreb­bero dovuto subire le pietre per tornare al loro posto originario (fig. IO).

Compiute queste necessarie operazioni preliminari venne deciso che lo smontaggio del fianco destro avebbe dovuto avere inizio all'altezza della penultima arcata verso il pre­sbiterio mentre quello del fianco sinistro all'altezza della

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Le pietre sono state numerate una ad una; le linee punteggiate indicano la posizione che dovranno assumere conci di pietra nella ricomposizione del paramento

quarta arcata. Eseguiti quei due lavori si sarebbe proceduto all'altro della facciata, il più delicato, anche per la partico­lare natura del rivestimento marmoreo policromo dell'ar­eone mediano, che appariva molto compromesso nei suoi elementi.

Non era certo la prima volta che si procedeva ad opera­zioni del genere, basti pensare che 130 anni fa Giuseppe Valadier compiva un simile lavoro per il restauro dell'arco di Tito nel Foro romano, tuttavia mai si era presentata l'occasione di impiegare simjii criteri - lo smontaggio e il rimontaggio delle strutture - in un edificio di altrettanto valore ed in misura così vasta.

Quindi si comprenderà facilmente con quale ansia si sia dato inizio ai primi saggi per stabilire alla prova dei fatti come i blocchi di pietra fossero collegati gli uni agli altri, quale fosse il carattere e la resistenza delle malte Usate nel XV secolo, e quale fosse il punto più adatto per iniziare le operazioni. Senza contare poi che, fatte poche eccezioni, i riminesi erano contrari a che si. compissero operazioni del genere nel Tempio, orgoglio della loro città, che ora vedevano nuovamente coperto dal tetto, con l'ab­side ricostruita, officiabile j e già sembrava loro un miracolo. Anzi erano in molti a dichiarare apertamente il timore che la loro cattedrale, già orrendamente ferita dalla guerra

FIG. II - RIMINI, TEMPIO MALATESTIANO Lo stilo ba te sulla destra della facciata: il tratto già

ricomposto secondo il livello del fianco ricostruito risulta di cm. 35 (circa) più alto del rimanente

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FIG. 12 - RIMINI, TEMPIO MALATESTIANO - INIZIO DEIJLAVORI DI SMONTAGGIO DEL FIANCO SINISTRO (FuI. Gab. FOI. Naz .)

FIG. 13 - RIMINI, TEMPIO MALATESTIANO - IL FIANCO DESTRO RICOMPOSTO

FIG. 14 - RIMINI, TEMPIO MALATESTIANO - L'ESTERNO DOPO LA RICOMPOSIZIONE DEL PARAMENTO

e tuttavia ancora in piedi seppure all'esterno rabberciata alla meglio con delle tassellature di pessimo effetto, potesse divenire la vittima dei meòici che volevano ora sanarla.

In un ambiente dunque pieno di diffidenza nell'ottobre del 1947 ebbero inizio le operazioni per lo smontaggio del fianco destro del tempio. Scomposta la parte alta della costruzione, cioè la cornice terminale e il paramento al disopra delle arcate, rimossi i blocchi di pietra delle arcate medesime si vide come i pilastri non avessero nel loro in­terno alcun nucleo di muratura o in calcestruzzo, cioè fossero costituiti unicamente dai grossi blocchi di pietra d'Istria che compongono il rivestimento esterno della co­struzione. Smontato il fianco con ogni accorgimento pos­sibile e con l'ausilio di quei moderni mezzi meccanici che si ritenevano utili allo scopo, mentre si cominciava il lavoro sul fianco sinistro, veniva ricomposto lo stilobate secondo l'allineamento, o il livello che dir si voglia, dell'ultima arcata verso il presbiterio.

Tale ricomposizione dette subito il senso, ove ve ne fosse stato bisogno, del quanto fosse stata opportuna anzi necessaria quella operazione data la notevolissima diversità

di livello che ormai veniva a riscontrarsi tra lo stilobate del fianco tornato al luogo originario e quello della facciata ancora affossato nel terreno. La ricostruzione delle arcate confermò pienamente quella impressione (figg. 9, 11-13).

II lavoro del fianco destro durò circa un anno; esso poteva dirsi infatti compiuto sul finire della estate del 1948. Allora erano molto avanti anche le operazioni sul fianco sinistro al termine delle quali si dava inizio a quelle della facciata completate al 30 dicembre del 1949.

In poco più di tre anni, lavorando con estrema delica­tezza, con cura affettuosa, usando infiniti minuti accorgi­menti quasi si trattasse di un'opera preziosa di intarsio, di un'oreficeria e non di un'architettura di durissima pietra, furono . tolti d'opera e rimessi al posto originario circa 3000 blocchi di pietra d'Istria senza che s'avesse a lamentare il più piccolo danno, senza che avvenisse il mi­nimo incidente. Anche le due grandi lapidi con le iscrizioni greche che sono sul primo pilastro dei fianchi, quello colle­gato alla facciata, e che apparivano estremamente consunte e quindi pericolosissime ad essere maneggiate, con l'aiuto dei tecnici dell' Opificio delle Pietre Dure di Firenze, furono

In altri termini mentre nell' interno dell'edificio, ove gli elementi di carat­tere decorativo e in certo senso pittorico avevano un preciso dominio o almeno una preponderanza non si è esitato a compiere un restauro che pur consoli­dando le strutture e ricomponendole quando ve n'era bisogno di quel carat~ tere tenesse essenzialmente conto, allo esterno non si è esitato di affrontare responsabilità, difficoltà e sacrifici enor­mi pur di ridonare alla costruzione in­tegri.i primitivi valori.

Anche per questo pensiamo che il restauro del Tempio Malatestiano - ove si è proceduto alla ricostruzione in for­me che si armonizzano ma non sono uguali alle antiche delle parti abbattute, ove si sono consolidate senza cancellarle le lesioni, quasi ferite rimarginate ma non per questo rese invisibili, ove infine si sono ricomposte con i loro stessi elementi le originali musicali struttu­re - possa chiaramen,te riassumere i principi che vengono seguiti dai nostri uffici nel restauro' degli edifici monu­mentali.

Tali criteri sono strettamente con­nessi a quelli valutativi dell'opera d'arte che va sempre intesa - anche quando si tratti di architettura - quale docu­mento tanto più valido quanto più autentico.

E. LAVAGNINO

FIG. 15 - RIMINI, TEMPIO MALATESTIANO (Fot. Moretti)

NOla. - I lavori iniziati l'II maggio 1946 vanno distinti in due gruppi. I. Lavori eseguitj per conto del Ministero dei Lavori Pubblici dall'ufficio speciale per Rimini del Provveditorato alle opere puo­bliche. II. Lavori eseguiti per conto del Mini­stero della Pubblica Istruzione e del Comitato americano per il restauro dei monumenti italiani

tolte d'opera e ricollocate senza il minimo danno. Lo stesso può dirsi del rivestimento marmo reo dell'arcone mediano della facciata, la parte più delicata dell'edificio.

Anzi a proposito deIJa facciata c'è da osservare come pro­prio in questo tratto della costruzione i lavori abbiano con­dotto a risultati particolarmen,te soddisfacenti (figg. 14-15).

In primo luogo smontando il paramento marmoreo com­preso entro le due arcate laterali s'è potuto osservare senza dubbio di errore che mai quelle due cornici limitarono arconi di profondità analoga a quelli dei fianchi, come spesse volte hanno pensato coloro che studiarono l'ideale ricostruzione della chiesa albertiana in base alla medaglia di Matteo de' Pastì, ma che la facciata nacque così fin dall'origine.

Ed in particolar 'modo un vantaggio enorme si è avu­to nella ricomposizione dell'arco mediano e del portale il quale ultimo ora ha riacquistato l'originario gradino che sopraelevandolo al sagrato gli conferisce uno slancio prodigioso.

danneggiati dalla guerra. Nei lavori eseguiti per conto del Ministero dei Lavori Pubblici vanno di­

stinti tre lotti. Un primo lotto, che ebbe inizio l'I I maggio del 1946 e termine il 15 giugno 1947 e quindi un secondo che ebbe inizio il3 aprile 1947 e termine il 3 ottobre deJlo stesso anno rispettivamente per un imperto di L. 9.668.000 e L. 7 .~63.000 compresi il consolidamento delle strutture nonchè la ricostru­zione dell'abside e del tetto. Un terzo lotto di lavori comprendente la pavimen­tazione in marmo di tutto il Tempio, i nuovi infissi, vetri, un impianto elettrico ed opere minori che ha avuto inizio nel febbraio 1950 ha comportato una spesa di L . 10.000.000.

Inoltre sono attualmente in corso lavori per l'arredamento della chiesa e per l'organo per l'importo complessivo di L. 16.000.000.

I lavori eseguiti con fondi messi a disposizione dal Ministero della Pub­blica Istruzione e dal Comitato americano per il restauro dei monumenti italiani danneggiati dalla guerra comprendono in primo luogo lo smontaggio e il rela­tivo rimontaggio del paramento esterno del Tempio. Tali operazioni iniziate nell'ottobre del 1947 ebbero termine il 30 dicembre 1949. L ' importo. di tali lavori è stato coperto con il contributo di 65.000 dollari offerto dal Comitato americano suddetto (pari a circa 38.000.000 di lire) e per altri 5.000.000 circa dal Ministero della Pubblica Istruzione.

Inoltre durante l'esercizio finanziario 1947-48 sono stati eseguiti nell'interno del Tempio, con finanziamento del Ministero della Pubblica'Istruzione, lavori per un importo di L. ] .600.000. Attualmente sono in via di completamento altri lavori, quali la sistemazione del sagrato e opere di rifinitura al restauro generale dell'interno . Tali lavori per un importo complessivo di L. 6.500.000 vengono eseguiti per conto del Ministero della Pubblica Istruzione.