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Responsabili per… integrare la disabilità nelle scuole Pubblicazione realizzata nell’ambito dei progetti D.G.R. 215/05 “Assistenza educativa specialistica in ambito scolastico” – Centro Risorse Territoriale per l’Handicap “Integra-azione” e “L’accoglienza dei piccolissimi” – Federazione Italiana Scuole Materne provinciale di Lecco Titolarità: Provincia di Lecco Ufficio Scolastico Provinciale di Lecco Federazione Italiana Scuole Materne provinciale di Lecco Con il contributo di: Comuni dei Distretti di Bellano, Lecco, Merate Grafica, impaginazione a cura di: Centro di Formazione Professionale Polivalente – Lecco VIETATA LA RIPRODUZIONE ANCHE PARZIALE DEL TESTO SENZA CITARE LA FONTE

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Responsabili per… integrare la disabilità nelle scuole

Pubblicazione realizzata nell’ambito dei progetti D.G.R. 215/05“Assistenza educativa specialistica in ambito scolastico” – Centro Risorse Territoriale per l’Handicap“Integra-azione” e “L’accoglienza dei piccolissimi” – Federazione Italiana Scuole Materne provinciale di Lecco

Titolarità:Provincia di LeccoUfficio Scolastico Provinciale di LeccoFederazione Italiana Scuole Materne provinciale di Lecco

Con il contributo di:Comuni dei Distretti di Bellano, Lecco, Merate

Grafica, impaginazione a cura di:Centro di Formazione Professionale Polivalente – Lecco

VIETATA LA RIPRODUZIONE ANCHE PARZIALE DEL TESTO SENZA CITARE LA FONTE

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INDICE

PREMESSA a cura di Guido Agostoni Presidente Consiglio di Rappresentanza dei Sindaci

INTRODUZIONE:PRESENTAZIONE PROGETTI A CURA di Serafina secchi e Micol Gillini1.1. A. Allegato. NOTE PER UN PERCORSO DI RICERCA-AZIONE 1.B. Allegato. SCHEDA. N. 2 INTEGRA-AZIONE

1.C. Allegato. SCHEDA N. 3 ACCOGLIENZA DEI PICCOLISSIMI

Capitolo 1 “RACCOGLIERE DATI. RICOSTRUIRE REALTA’” di Francesco Caggio

Capitolo 2 “GENITORI CHE ACCOMPAGNANO BAMBINI” di Francesco Caggio2.A. Allegato. FOCUS GROUP 14 SETTEMBRE 20062.B. Allegato. FOCUS GROUP 12 OTTOBRE 2006

2.C. Allegato. FOCUS GROUP 17 OTTOBRE 2006

Capitolo 3 L’ACCOGLIENZA NELLA SCUOLA RACCONTATA DAI QUESTIONARI 3.A. Allegato.QUESTIONARIO INDAGINE ACCOGLIENZA3.B. Allegato.TABULAZIONE DATI QUALITATIVI INDAGINE ACCOGLIENZA3.C. Allegato. TABULAZIONE DATI QUALITATIVI INDAGINE ACCOGLIENZA

3.D. Allegato. A PROPOSITO DI ACCOGLIENZA

Capitolo 4 ”LO SVILUPPO DEL BAMBINO NEL TERZO ANNO DI VITA” di Manuela Mistri

Capitolo 5 ” PERSONALIZZAZIONE DEI PERCORSI ALL’INTERNO DELLA SCUOLA DELL’INFANZIA” di Manuela Mistri

Capitolo 6 ”SEPARARSI ORMAI CONVIEN” di Francesco Caggio

Capitolo 7 “IL RAPPORTO SCUOLA-FAMIGLIA” di Manuela Mistri

Capitolo 8 ”GESTI PER ACCOGLIERE” di Francesco Caggio

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Capitolo 9 ELEMENTI DI RIFLESSIONE TRASVERSALE A TUTTI I QUESTIONARI sulla/per la DISABILITA’ 9.A. Allegato .I QUESTIONARI PER I DIRIGENTI DI SCUOLA INFANZIA RISPETTO ALL’ACCOGLIENZA DEI BAMBINI DISABILI9.B. Allegato. I QUESTIONARI PER I DOCENTI DI SCUOLA INFANZIA RISPETTO ALL’ACCOGLIENZA DEI BAMBINI DISABILI 9.C. Allegato. I QUESTIONARI PER I GENITORI DEI BAMBINI DISABILI FREQUENTANTI SCUOLA INFANZIA. 9.D. Allegato. I QUESTIONARI PER I COMUNI RISPETTO ALL’ACCOGLIENZA DEI BAMBINI DISABILI 9.E. Allegato: TABULAZIONE DATI QUESTIONARI DIRIGENTI9.F. Allegato: TABULAZIONE DATI QUESTIONARI DOCENTI9.G. Allegato: TABULAZIONE DATI QUESTIONARI GENITORI

9.H. Allegato: TABULAZIONE DATI QUESTIONARI COMUNI

Capitolo 10 “CHI SI HA DI FRONTE” di Francesco Caggio

Capitolo 11 ”DALLE INTENZIONI ALLA PRATICA” di Francesco Caggio

Capitol 12 CONCLUSIONI di Giampiero Redaelli

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PREMESSA a cura di Guido AgostoniPresidente Consiglio di Rappresentanza dei Sindaci

“Responsabili per…” è una pubblicazione che descrive il percorso e i risultati dei progetti attuati nella provincia di Lecco per migliorare l’integrazione scolastica dei disabili e l’accoglienza dei bambini più piccoli nella scuola dell’infanzia.Ho condiviso queste idee progettuali quando ero Assessore provinciale ai Servizi alla Persona e le ho seguite in sintonia con le riflessioni dei tecnici, accompagnando e sostenendo le decisioni degli Amministratori locali dei Comuni.Infatti la volontà di riservare parte dei fondi assegnati tramite la Regione Lombardia agli Ambiti distrettuali dei Piani di Zona per la realizzazione di un progetto sull’assistenza educativa scolastica ed una ricerca-azione sull’integrazione dei disabili e l’accoglienza dei bambini dai due ai tre anni nella scuola dell’infanzia, è stato il punto di partenza di un lavoro di rete che ha fatto crescere la responsabilità di ciascuno e di tutti gli Enti e gli organismi coinvolti verso la necessità di un sistema di principi e di regole comuni.Al progetto iniziale, sviluppato dal Centro Risorse Territoriale per l’Handicap (CRTH) con i Dirigenti delle scuole e i tecnici dei Comuni e degli Uffici di Piano, si sono aggiunte, grazie alla consapevolezza della necessità di avere una maggiore omogeneità sull’assistenza educativa scolastica, le competenze ed esperienze della Provincia di Lecco sui disabili sensoriali, gestite in collaborazione con l’Azienda Sanitaria Locale di Lecco, e le competenze ed esperienze della Federazione Italiana Scuole Materne (Fism) di Lecco sull’integrazione dei disabili nelle scuole dell’infanzia paritarie.A questo punto, la condivisione e la diffusione nel maggio 2008 degli strumenti del servizio di assistenza educativa specialistica come risorsa per gli alunni disabili dei Comuni della provincia di Lecco, sono state tappe importanti e fondamentali che hanno saldato il lavoro di rete e hanno consentito di proseguire con slancio e con maggiore forza.Il quaderno uno della pubblicazione “Responsabili per… integrare la disabilità nelle scuole”, racconta di questo percorso realizzato insieme dagli attori del territorio.Il quaderno due “Responsabili per… accogliere e integrare nella scuola dell’infanzia” mette a tema un percorso curato dalla Fism provinciale di Lecco e finalizzato all’approfondimento dell’accoglienza della diversità nello specifico della scuola dell’infanzia. Più analiticamente i percorsi documentati sono due: l’integrazione dei bambini disabili e dei bambini “anticipatari” attraverso la metodologia della ricerca-azione che, a fronte di un’analisi critica delle reali prassi in atto,

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ha promosso un progetto di approfondimento dei presupposti teorici e delle metodologie didattiche relative all’integrazione nelle scuole dell’infanzia statali e paritarie.Come Presidente del Consiglio di Rappresentanza dei Sindaci apprezzo il lavoro fin qui svolto, e mi auguro che la lettura di questa pubblicazione possa costituire uno stimolo a continuare il cammino intrapreso e un’ occasione per facilitare la conoscenza da parte dei nuovi Amministratori locali e dei Dirigenti scolastici di questo sistema di responsabilità congiunte.

Guido Agostoni

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INTRODUZIONE a cura di Serafina Secchi e Micol Gillini

Oggi i bambini portano nella scuola dell’infanzia delle grandi diversità; diversità intesa come grandi competenze da una parte, e non piccole povertà dall’altra, come intreccio di bisogni “normali” e bisogni “speciali”, come appartenenza a culture diverse, come età in cui iniziare il percorso scolastico…, tutti aspetti che interrogano l’azione educativa quotidiana così come i progetti educativi e l’organizzazione scolastica e che devono tradursi quotidianamente in concrete scelte metodologiche e criteri organizzativi.Questo non è né facile, né scontato e necessita di attenzione e cura perché possa diventare patrimonio di ogni insegnate, di ogni scuola nonché elemento fondante e patrimonio culturale significativo della rete provinciale.L’inclusione, l’accoglienza della diversità, dettata dalla normativa - ma anche realtà concreta che si affaccia quotidianamente alle scuole dell’infanzia - è una sfida che mette alla prova la solidità dei valori comunitari di una scuola così come quelli della rete di scuole che aderiscono, in questo caso, alla Federazione Italiana Scuole Materne (Fism) provinciale di Lecco. E’ anche l’indicatore più significativo della loro autenticità.Centrale il tema dell’identità, della peculiarità nella scuola dell’infanzia: l’integrazione non può essere appiattimento o rinuncia alla specificità legata all’età e alle caratteristiche dei bambini, dovrebbe anzi accentuare l’importanza di un agire educativo e didattico intenzionale e finalizzato al raggiungimento di traguardi ritenuti importanti per ciascuno e resi possibili grazie alle attività promosse in sezione ed in tutta la scuola.

La scelta della Fism provinciale di Lecco nel pensare e predisporre i due percorsi di ricerca-azione finalizzati all’inclusione delle “diversità” grazie alle risorse messe a disposizione dalla Deliberazione della Giunta Regionale VIII/215 del 27/06/05 (DGR 215/05), è stata dettata dall’evidenza di un trend in crescita negli ultimi anni.Le famiglie, infatti, richiedono sempre di più che sia esigibile il diritto del proprio figlio con bisogni “speciali” di frequentare la scuola dell’infanzia paritaria del quartiere o del paese di residenza, spesso in molte realtà l’unica presente. La domanda dei genitori non è della semplice accoglienza, ma dell’integrazione con la disponibilità delle risorse a sostegno del percorso di apprendimento e socializzazione che la Legge 104 prefigura.Parimenti sempre più famiglie chiedono che sia possibile l’iscrizione dei più piccoli, così come prevede l’attuale normativa nazionale, a sostegno del carico di cura reso complesso dagli impegni lavorativi e, spesso, dall’assenza di una rete di sostegno parentale.

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Un primo momento, indispensabile in entrambi i percorsi, è stato legato alla possibilità/capacità di saper leggere il territorio in termini di:

- bisogni espressi,- bisogni ipotetici e/o potenziali in base ai cambiamenti innovativi,- risorse presenti e risorse mancanti

allo scopo di avere “un polso almeno indiziario” della dimensione della qualità dei servizi, dei professionisti che ci lavorano dentro e di ciò che arriva in termini di “prodotto erogato” ai bambini ed alle famiglie.Per farlo le responsabilità della scuola sono state prima di tutto trasformate in domande quali ad esempio:

- cosa chiedono oggi famiglie e bambini?- l’accoglienza è una reale occasione di successo formativo per tutti gli

alunni?- l’inclusione, quale orizzonte per tutti i bambini, costituisce una

prospettiva di qualità dell’agire progettuale dell’insegnante?- il contesto della scuola dell’infanzia viene ripensato, riorganizzato nelle

sue diverse variabili (suddivisione dei gruppi di bambini, tempi, spazi, arredi, materiali…adulti presenti…regole) per renderlo funzionale all’integrazione delle diversità, ad un certo tipo di didattica piuttosto che un altro…per stimolare autonomia, attività…??

Problematizzare l ’accoglienza e l’integrazione voleva esser l’occasione per portare allo scoperto le diverse idee e prassi esistenti su questi fondamentali processi educativi, che poi, di fatto, non sono così fortemente innovati o comunque nuovi in assoluto nella pratica delle scuole dell’infanzia.Si è ipotizzato anche che la realizzazione dei percorsi potesse avere anche la funzione di evitare di demonizzare il nuovo che avanza, che di fatto non è mai così nuovo; spesso è la trasformazione in prassi di tradizioni ufficiose in atto da sempre.

Parimenti lo sforzo era quello di portare una maggiore attenzione su ciò che deve orientare l’azione piuttosto che sul fare, sulla semplice pratica professionale.Il puro inserimento e la sola socializzazione, infatti, non bastano; nessuno è accolto ed integrato automaticamente perché vive delle esperienze significative: la significatività per la crescita e la maturazione/sviluppo delle competenze nella vita scolastica è l’esito di un processo da realizzare in modo continuativo nel tempo che richiede intenzionalità.

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Sembrava importante, in altre parole, nel lavoro di approfondimento per migliorare le potenzialità educative e formative della scuola ai fini dell’integrazione, mettere a fuoco come, quanto e con quali modalità coniugare, in progetti e contesti educativi intenzionalmente predisposti, i bisogni, i desideri, le risorse e i limiti dei bambini più piccoli e/o meno competenti con i bisogni, i desideri e le modalità specifiche di apprendimento di tutti i bambini della scuola dell’infanzia, a partire dalle caratteristiche della fase dello sviluppo dai due ai sei anni.Si è pensato così che i progetti di ricerca-azione attraverso diverse fasi di ascolto, di elaborazione dei dati emersi, di restituzione, di formazione, costantemente intrecciate fra di loro in modo complesso e non lineare, potessero avere soprattutto due funzioni:

- a valle protettiva e preventiva di scelte sui bambini;- a monte protettiva della qualità che ogni servizio e la rete nel suo

complesso ha raggiunto senza che la qualità rischi di perdersi nei cambiamenti.

Redigere i progetti voleva avere effettivamente anche chiaro il significato di prefigurarsi possibili vantaggi, guadagni che si potessero avere rispetto alla situazione di partenza.Cercare di capire la realtà data, di rendere reale e visibile la rete non solo nei suoi aspetti di risorsa, ma anche nelle sue mancanze e nelle sue falle, per renderla più flessibile e resiliente ai problemi che l’incontro con il nuovo o il diverso comporta, avrebbe potuto salvaguardare, attraverso un progetto educativo/pedagogico, che nelle contese fra adulti fosse preservato il bene del bambino.Concretamente si è prefigurato di poter:

- creare una rete di riflessione e di parola attorno a ciò che accadeva,- creare dei processi di comprensione sui dati rilevati,- sostenere le singole insegnanti, ogni scuola e la rete provinciale nelle sue

diverse articolazioni chiedendosi: “Che cosa posso fare perché nulla accada al bambino? Quali sono le mie risorse interne? Come posso trasformare i vincoli in risorse ? ecc.,

- sviluppare capacità di riflessione metodologica, di accompagnamento attento e delicato, capacità di attesa rispetto alle potenzialità, ai tempi e ai modi dei bambini, capacità di attuazione di strategie educativo-didattiche e di occasioni efficaci di apprendimento significative, pensate ed adeguate ai bisogni e alle capacità reali di ogni alunno.

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L’ ipotesi operativa, per aprire spazi di riflessione e di lavoro, è stata sviluppata attraverso momenti di raccolta dati con questionari, occasioni di confronto e scambio fra gruppi di scuole, incontri di formazione e momenti di restituzione ed elaborazione dei dati emersi. Ogni momento si è strettamente intrecciato agli altri, il lavoro di coordinamento ha assunto, di fatto, la funzione di creare fili e connessioni di senso per evitare fratture fra teoria e prassi, fra l’esistente e il nuovo.Raccogliere il materiale, documentare il percorso è ora l’occasione per fare di nuovo il punto rispetto a “dove si è” e a cosa si è arricchito, modificato e per aprire nuove piste di lavoro e di approfondimento.

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Il progetto si rivolge a tutte le insegnanti delle scuole dell’Infanzia Statali e Paritarie della Provincia di Lecco.Si propone di ripensare ed approfondire la qualità e, conseguentemente, la metodologia, i criteri, le modalità concrete, per l’accoglienza e l’ integrazione dei bambini disabili di tre, quattro, cinque anni nella scuola dell’infanzia.L’obiettivo è di arrivare ad individuare, e condividere sul territorio provinciale, fattori di qualità, linee guida, criteri organizzativi: un modello dell’intervento di integrazione pecu-liare della scuola dell’infanzia.

A cura della Coordinatrice – Area disabilitàSerafina Secchi

ALCUNE RIFLESSIONI

La recente Legge Moratti individua con chiarezza all’interno del sistema educativo di istruzione e di formazione la Scuola dell’Infanzia come scuola di durata triennale che “concorre all’educazione e allo sviluppo affettivo, psicomotorio, cognitivo, morale, religioso e sociale delle bambine e dei bambini promovendone le potenzialità di relazione, autono-mia, creatività, apprendimento, e ad assicurare un’effettiva eguaglianza delle opportunità educative”Nelle Indicazioni Nazionali per i Piani Personalizzati delle Attività Educative nelle Scuole dell’Infanzia si legge: • La scuola dell’Infanzia concorre all’educazione armonica ed integrale dei bambini nel rispetto e nella valorizzazione dei ritmi evolutivi, delle capacità, del le differenze e dell’identità di ciascuno, • E’ un ambiente educativo di esperienze concrete e di apprendimenti riflessivi che integra, in un processo di sviluppo unitario, le differenti forme del fare, del sentire, del pensare, dell’agire razionale, dell’esprimere, del comunicare, del gustare il bello e del conferire senso da parte dei bambini. • Esclude impostazioni scolasticistiche che tendono a precocizzare gli apprendimenti formali • Riconosce come connotati essenziali del proprio servizio educativo: • la relazione personale significativa tra pari e con gli adulti, nei più vari contesti di esperienza, come condizione per fare, pensare, agire; • la valorizzazione del gioco in tutte le sue forme ed espressioni • il rilievo al fare produttivo ed alle esperienze dirette di contatto con la natura, le cose, i materiali, l’ambiente sociale e la cultura.

ALLEGATO ANOTE PER UN PERCORSO DI RICERCA AZIONE

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E’ evidente la peculiarità di una proposta educativa che tiene conto delle caratteristiche particolari del bambino in una precisa fase evolutiva.Tuttavia, spesso, nell’inserire il bambino disabile l’unico modello pensato, predisposto ed agito concretamente è quello attuato nella scuola elementare.Diventa allora importante un lavoro di approfondimento, per migliorare le potenzialità educative e formative della scuola dell’infanzia ai fini dell’integrazione, mettere a fuo-co come è possibile coniugare bisogni, desideri, risorse e limiti dei bambini diversabili e bisogni, desideri, modalità specifiche di apprendimento del bambino da tre a sei anni, a partire dalle caratteristiche peculiari di questa fase dello sviluppo.Spesso per il bambino disabile “l’Handicap” è così totalizzante, il bambino appare così di-verso dai suoi coetanei che si perde di vista sia la normalità dei bisogni evolutivi, che lo caratterizzano in quanto bambino sia l’uguaglianza dei percorsi di crescita , anche se cambiano tappe, punti di arrivo, armonia dei fattori.Anche le potenzialità sembrano scomparire e nello sviluppo, percepito spesso , anche dai genitori, come bloccato, slivellato, emergono soprattutto i limiti, le difficoltà.Questo soprattutto per evitare:

• nei confronti dei più fragili,iperprotezione e disinvestimento, rigidità, tecnicismo esasperato, anticipazioni, emarginazioni, di fatto, dal gruppo dei coetanei, per proposte strettamente individuali. • Nei confronti delle Istituzioni e degli Enti preposti scarso investimento, sprechi o cattivo utilizzo delle risorse.

Integrazione, quindi come capacità delle Scuole dell’Infanzia • di riconoscere le uguaglianze e le differenze di tutti i bambini • di dare a tutti i bambini strumenti per la crescita, per il cambiamento evolutivo • di considerare tutti i fattori che costituiscono la qualità dell’integrazione: relazionali (accoglienza,appartenenza, costruzione di legami significativi); psicologici/affettivi (crescere nella consapevolezza di sé, fiducia di base, autostima, identità, espressione delle emozioni...); cognitivi (imparare cose nuove, imparare a pensare, sviluppare comunicazione e linguaggio, affrontare e risolvere problemi, sviluppare nuove capacità e competenze) • come processo di cui possono beneficiare tutti quelli che contribuiscono alla sua costruzione, realizzazione: bambino disabile, la sua famiglia, tutti i bambini, insegnanti, genitori, organizzazione scolastica nel suo complesso.

Emerge l’immagine di una scuola vista come possibilità di costruire immagini positive di sè – costruzione intersoggettiva in continua evoluzione, come contesto educativo che offre al bambino con importanti problemi psichi, sensoriali e/o motori, cognitivi...la possibilità di riorganizzare progressivamente l’esperienza, il senso di sé.Come opportunità di miglioramento della qualità della vita del bambino e della sua Famiglia.

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Occorre una scuola dell’infanzia capace di accettare tutte le soggettività e tutte le differen-ze, che veda l’educazione dei bambini disabili come una preziosa occasione per qualificare l’idea di educazione, che accolga la diversità come informazione che allarga le possibilità di interazione, come stimolo a ricercare nuove ipotesi e nuove modalità di comunicazione.

L’integrazione è un diritto soggettivo, l’istruzione è un diritto fondamentale della perso-na. (La Legge 104/1992 sancisce in maniera precisa il diritto allo studio ed alla integrazione in tutti i gradi dell’istruzione delle persone disabili)Nella nostra cultura giuridica e nel nostro sistema di valori disabilità e diritti sono due termini profondamente legati, tuttavia nella pratica spesso si allontanano separati da grovigli di norme, da difficoltà di concretizzazione, da scarsità di risorse.La violazione di un diritto non sempre avviene in maniera diretta; un bambino disabile può anche essere accolto, inserito in una scuola, ma il diritto violato o il bambino discrimi-nato in una maniera indiretta, meno evidente ma ugualmente dannosa.Può derivare anche da una limitazione o da un cattivo utilizzo delle risorse.

Questo può essere legato a modalità concrete di accoglienza e di educazione troppo rigide, a progetti educativi non adeguati all’età ed alle caratteristiche del bambino, a difficoltà, da parte delle insegnanti, a leggere e quindi a rispondere ai bisogni speciali di ogni bambino disabile pur tenendo continuamente presente il suo essere bambino e la sua “unicità”.

Nel maggio del 2001 l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha pubblicato la “Classificazione Internazionale del funzionamento, della salute e disabilità” (ICF).La classificazione ICF, strumento universale, rappresenta un’autentica rivoluzione nella definizione, e quindi nella percezione, della salute e della disabilità.Essa riconosce infatti che ogni essere umano, in qualsiasi momento della propria vita, può trovarsi in condizioni di salute tali che, in un ambiente negativo, divengono disabilità. La lettura dell’ICF è relativa al funzionamento reale e quotidiano della persona.Deve permettere di conoscere il reale funzionamento della persona nonostante le condizioni di deficit, verso la promozione della salute, della qualità della vita.Il passaggio è da un modello lineare ad un modello che guarda alla possibilità di partecipa-re alla vita sociale e di mettere in atto delle attività correlate alla salute ed a “chi sei tu”.

Ne derivano alcune ricadute operative che interrogano anche il “contesto” scuola dell’infanzia: -La conoscenza della disabilità si costruisce secondo un modello reticolare, evolutivo -La lettura della persona non avviene solo rispetto al deficit/mancanza/patolo gia, ma deve essere una lettura globale per migliorare la condizione o situazione di vita - Occorre indagare e tener conto dei singoli e singolari meccanismi di reazione al danno che la persona attiva per vivere con la menomazione/trauma/

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difficolta’ al fine di ridurre le conseguenze negative - Diventa indispensabile la modifica della presa in carico che deve essere a più voci e dimensioni con una attenzione particolare a creare una rete con tutti i contesti vitali del bambino, soprattutto la famiglia,i presidi diagnostici e sanitari che seguono il caso, le opportunità del territorio di appartenenza.

IPOTESI DI LAVORO

Organizzare e realizzare un percorso di ricerca – azione che prenda il via dall’ascolto delle esperienze in atto in alcune scuole dell’infanzia della Provincia di Lecco in cui si stano rea-lizzando già percorsi di accoglienza ed integrazione di bambini certificati.

FOCUS di LAVORO – OBIETTIVI del PERCORSO

• Bisogni educativi speciali del bambino disabile piccolo che possono/devono trovare risposta nella scuola dell’infanzia(pur nella consapevolezza che sono presenti in modo particolare e peculiare in ogni bambino) • Caratteristiche/indicatori di una integrazione di qualità specifica della scuola dell’ infanzia • Ruolo e funzioni dell’insegnante di sostegno – corresponsabilità di un sostegno “diffuso” di tutti i docenti ed in generale dell’organizzazione della scuola • La progettualità individualizzata con il bambino piccolo: significato, modalità, competenze e strategie specifiche efficaci • Didattica/metodologia dell’intervento quotidiano; come potenziare la soggettività di chi accoglie (istituzione o singola persona) – ricerca di una corretta posizione educativa stimolando la messa in rete di energie personali e risorse istituzionali. • Il lavoro di rete fra servizi sociali, sanitari ed educativi come indispensabile per la realizzazione di un Progetto di Vita in cui sia presente la cura della continuità.

Accanto al percorso di formazione sarebbe importante stimolare e realizzare la costru-zione di una Anagrafe dinamica provinciale dei disabili piccoli.Dinamica come strumento non solo statistico ma in grado di costruire e documentare la storia di ogni bambino, di poter prefigurare e seguire il suo percorso di integrazione.Disporre di dati statistici concreti e di un modello adeguato dell’intervento educativo atto all’integrazione dei bambini disabili nelle scuole dell’infanzia potrebbe costituire uno strumento importante per una ottimizzazione delle risorse, anche economiche, da parte degli Enti Locali.

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Il progetto si rivolge a tutte le scuole dell’Infanzia Statali e Paritarie della Provincia di Lecco che contano 103 Istituti autonomi, (di cui 99 paritari) e 40 istituti statali sul territorio provinciale.

Il progetto viene presentato dalla FISM PROVINCIALE DI LECCO

Responsabili del progetto: - Giampiero Redaelli, presidente provinciale Fism - Serafina Secchi, coordinatrice provinciale Fism area diversabilità

Delegati del progetto:• Fism provinciale di Lecco• C.S.A. di Lecco• GLIP• CRTH• Provincia di Lecco• Referenti Uffici di Piano• Studi psicosociali di formazione e agenzie universitarie •“Prima i bambini” coop. Sociale – onlus

DESCRIZIONE DEL PROGETTO:

Il progetto propone di ripensare ed approfondire la qualità e, conseguentemente, la meto-dologia, i criteri, le modalità concrete, per l’accoglienza e l’ integrazione dei bambini disabi-li di tre, quattro, cinque anni nella scuola dell’infanzia. L’obiettivo è di arrivare ad individuare, e condividere sul territorio provinciale, fattori di qualità, linee guida, criteri organizzativi, vale a dire un modello dell’intervento di integra-zione peculiare nella scuola dell’infanzia al fine di: • riconoscere le uguaglianze e le differenze di tutti i bambini; • dare a tutti i bambini strumenti per la crescita, per il cambiamento evolutivo; • considerare tutti i fattori che costituiscono la qualità dell’integrazione: relazionali (accoglienza, appartenenza,costruzioni di legami significativi) psicologici/affettivi: (crescere nella consapevolezza di se, fiducia di base, autostima ,identità, espressione nelle emozioni.... ) cognitivi: (imparare cose nuove, imparare a pensare, sviluppare comunicazione e linguaggio, affrontare e risolvere i problemi, sviluppare nuove competenze)

ALLEGATO BSCHEDA DI progetto: INTEGRA-azione

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• rispondere al diritto soggettivo all’istruzione che è un diritto fondamentale della persona. La Legge 104/1992 sancisce in maniera precisa il diritto allo studio ed alla integrazione in tutti i gradi dell’istruzione delle persone disabili. La violazione di un diritto può derivare anche da una limitazione o da un cattivo utilizzo delle risorse. • dare vita a un processo di cui possono beneficiare tutti quelli che contribuiscono alla sua costruzione, realizzazione: bambini diversamente abili, le loro famiglie, tutti i bambini, insegnanti, genitori, organizzazione scolastica nel suo complesso.

METODO DI INTERVENTO:

La necessità individuata è stata quella di strutturare un intervento che consistesse nello studio sistematico dei tentativi intrapresi dalle scuole partecipanti di cambiare e miglio-rare la prassi educativa sia attraverso le loro azioni pratiche sia attraverso la loro riflessio-ne sugli effetti di queste azioni. Il progetto intende quindi muoversi secondo la metodolo-gia della ricerca-azione .

FOCUS di LAVORO – OBIETTIVI del PERCORSO

• Bisogni educativi speciali del bambino disabile piccolo che possono/devono trovare risposta nella scuola dell’infanzia(pur nella consapevolezza che sono presenti in modo particolare e peculiare in ogni bambino) • Caratteristiche/indicatori di una integrazione di qualità specifica della scuola dell’infanzia • Ruolo e funzioni dell’insegnante di sostegno – corresponsabilità di un sostegno “diffuso” di tutti i docenti ed in generale dell’organizzazione della scuola • La progettualità individualizzata con il bambino piccolo: significato, modalità, competenze e strategie specifiche efficaci • Didattica/metodologia dell’intervento quotidiano; come potenziare la soggettività di chi accoglie (istituzione o singola persona) – ricerca di una corretta posizione educativa stimolando la messa in rete di energie personali e risorse istituzionali. • Il lavoro di rete fra servizi sociali, sanitari ed educativi come indispensabile per la realizzazione di un Progetto di Vita in cui sia presente la cura della continuità. • I possibili modelli dell’intervento concreto: equilibrio fra riorganizzazione del la scuola che accoglie e necessità di personale specializzato (insegnante di sostegno e/o assistente ad personam)

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Accanto al percorso di formazione sarebbe importante stimolare e realizzare la costru-zione di una Anagrafe dinamica provinciale dei disabili piccoli.Dinamica come strumento non solo statistico ma in grado di costruire e documentare la storia di ogni bambino, di poter prefigurare e seguire il suo percorso di integrazione.Inoltre la possibilità di disporre di dati statistici concreti e di un modello adeguato dell’intervento educativo atto all’integrazione dei bambini disabili nelle scuole dell’infanzia potrebbe costituire uno strumento importante per una ottimizzazione delle risorse, anche economiche, da parte degli Enti Locali.

AZIONI PREVISTE:

- definizione del gruppo di coordinamento generale; - attribuzione a diverse persone delle responsabilità specifiche al progetto di ricerca; - coinvolgimento di gruppi di docenti per uno studio sistematico dei modelli fino ad oggi intrapresi per l’accoglienza e l’integrazione dei bambini disabili; - organizzazione dei modi e dei tempi di lavoro; - raccolta e rielaborazione dei dati - ricorso a consulenze esterne ogni volta che si ritenga necessario ampliare la riflessione con quadri teorici di riferimento - costruzione in forma condivisa attraverso lo scambio e il confronto con le varie scuole dei riferimenti e dei vincoli a supporto dell’inserimento dei bambini disabili; - definizione di indicatori di qualità che porteranno alla individuazione di modelli concreti di intervento, protocolli di lavoro, etc.

Un obiettivo temporalmente trasversale a tutte le azioni progettuali è quello di dare visi-bilità all’iniziativa nel suo complesso e agli output specifici delle principali azioni proget-tuali.Più in particolare si sono individuati alcuni STRUMENTI essenziali:1) Area di progetto nel Sito web della FISM PROVINCIALE DI LECCO e il database interattivo dedicati alla presentazione del progetto, allo scambio di informazioni tra gli operatori del progetto e alla rilevazione dei dati sul livello qualitativo delle scuole aderenti all’attività di monitoraggio. 2) Un meeting in fase conclusiva dell’iter progettuale. Nel corso di tale meeting verrà pro-dotto materiale trasportabile e replicabile (CD Rom; dispense; pubblicazioni su carta) che sarà consegnato a tutti i partecipanti.

TOTALE COSTI GENERALI €.35.000 da ripartire tra: SPESE DI PREPARAZIONESPESE DI REALIZZAZIONE, SPESE DI DIREZIONE E VALUTAZIONE COSTI AMMINISTRATIVI E GENERALI

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Ricerca di indicatori di qualità e di buone pratiche per l’accoglienza dei bambini al di sotto dei tre anni a partire dalla personalizzazione dei percorsi educativi.

Il progetto si rivolge a tutte le scuole dell’Infanzia Statali e Paritarie della Provincia di Lecco che contano 103 Istituti autonomi, (di cui 99 paritari) e 40 istituti statali sulterritorio provinciale.

Il progetto viene presentato dalla FISM PROVINCIALE DI LECCO

Responsabili del progetto: - Giampiero Redaelli, presidente provinciale Fism - Micol Gillini, coordinatrice pedagogica provinciale Fism

Delegati del progetto:• Fism provinciale di Lecco• C.S.A. di Lecco• Nucleo di sperimentazione per la Riforma• Provincia di Lecco• Tavolo di raccordo per i servizi della prima infanzia di Lecco città• Referenti Uffici di Piano• Studi psicosociali di formazione e agenzie universitarie • “Prima i bambini” coop. Sociale – onlus

DESCRIZIONE DEL PROGETTO:

Il progetto trae origine e significato da: - una riflessione scaturita in seguito agli interrogativi posti dalla possibilità dell’ iscrizione anticipata alla scuola dell’infanzia insita nella Legge 53/03 - l’ aumento su tutto il territorio provinciale di pressanti domande di inserimento dei piccolissimi da parte della famiglie motivate da esigenze familiari e dalla possibilità illustrata nella legge 53/03 - la sollecitazione da parte delle docenti di un confronto rispetto alle migliori pratiche sul tema dell’accoglienza dei bambini al di sotto dei tre anni effettuate dalle scuole della Fism di Lecco e provincia.Il progetto si rivolge a tutte le scuole dell’Infanzia Statali e Paritarie della Provincia di Lecco che contano 103 Istituti autonomi, (di cui 99 paritari) e 40 istituti statali sul territorio provinciale.

ALLEGATO 1CTitolo del progetto: L’ accoglienza dei piccolissimi

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LA METODOLOGIA DEL PROGETTO:

La necessità individuata è stata quella di strutturare un intervento che consistesse nello studio sistematico dei tentativi intrapresi dalle scuole partecipanti di cambiare e miglio-rare la prassi educativa sia attraverso le loro azioni pratiche sia attraverso la loro rifles-sione sugli effetti di queste azioni. Il progetto intende quindi muoversi secondo la meto-dologia della ricerca-azione.

OBIETTIVI:

Il progetto si propone di ripensare ed approfondire la qualità e, conseguentemente, la me-todologia, i criteri, le modalità concrete, per l’accoglienza e l’inserimento dei bambini an-ticipatari. L’obiettivo è di arrivare ad individuare, e condividere sul territorio provinciale, fattori di qualità, linee guida, criteri organizzativi che possano orientare nella quotidiani-tà educativa della scuola dell’infanzia il rapporto e la proposta con i bambini piccoli.

FOCUS di LAVORO – OBIETTIVI del PERCORSO

• riconoscere la unicità e la specificità dei bambini al di sotto dei tre anni • sostenere il processo di separazione e di individuazione all’interno di rapporti significativi con l’adulto • individuare una organizzazione delle attività educative e della qualità delle proposte congruente con il livello di sviluppo dei bambini piccolissimi • rimodulare l’organizzazione complessiva della scuola dell’infanzia per una integrazione dei più piccoli prevedendo la complessità dell’articolazione di percorsi che possono essere di due, tre o quattro anni all’interno della scuola • come processo di cui possono beneficiare tutti quelli che contribuiscono alla sua costruzione, realizzazione: bambini anticipatari, le loro famiglie, tutti i bambini, insegnanti, genitori, organizzazione scolastica nel suo complesso.

AZIONI PREVISTE:

- definizione del gruppo di coordinamento generale - attribuzione a diverse persone delle responsabilità specifiche al progetto di ricerca - coinvolgimento di gruppi di docenti per uno studio sistematico dei modelli fino ad oggi intrapresi per l’accoglienza dei bambini piccoli; - organizzazione dei modi e dei tempi di lavoro - raccolta e rielaborazione dei dati - ricorso a consulenze esterne ogni volta che si ritenga necessario ampliare la riflessione con quadri teorici di riferimento

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- costruzione in forma condivisa attraverso lo scambio e il confronto con le varie scuole dei riferimenti e dei vincoli a supporto dell’inserimento dei bambini piccolissimi - definizione di indicatori di qualità che porteranno alla definizione di strumenti per rilevare la qualità in ogni scuola dell’infanzia

Un obiettivo temporalmente trasversale a tutte le azioni progettuali è quello di dare visibilità all’iniziativa nel suo complesso e agli output specifici delle principali azioni progettuali.Più in particolare si sono individuati alcuni STRUMENTI essenziali:

1) Area di progetto nel Sito web della FISM PROVINCIALE DI LECCO e il database interat-tivo dedicati alla presentazione del progetto, allo scambio di informazioni tra gli ope-ratori del progetto e alla rilevazione dei dati sul livello qualitativo delle scuole aderenti all’attività di monitoraggio.

2) Un meeting in fase conclusiva dell’iter progettuale. Nel corso di tale meeting verrà prodotto materiale trasportabile e replicabile (CD Rom; dispense; pubblicazioni su car-ta) che sarà consegnato a tutti i partecipanti.

TOTALE COSTI GENERALI €.15.000,00 da ripartire tra:SPESE DI PREPARAZIONE, SPESE DI REALIZZAZIONE, SPESE DI DIREZIONE E VALUTAZIONE COSTI AMMINISTRATIVI E GENERALI

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CAPITOLO 1RACCOGLERE DATI, RICOSTRUIRE REALTÀanche un piccolo universo è un puzzle non sempre in ordine!a cura di Francesco Caggio

1. Premessa di e con dubbiAlla fine della stesura di uno o più questionari o di strumenti per raccogliere informazioni, si ha sempre l’impressione - anche dopo discussioni comuni più o meno allargate su ogni singola domanda (È chiara? È comprensibile? È significativa?), anche dopo letture e riletture da parte di altri che non sono del “mestiere” e che fanno da “cavie” sulla leggibilità, nonché sulla facilità di compilazione, anche dopo prime prove e assaggi da parte di chi è invece del “mestiere” - che qualcosa non torni, che ci siano aspetti troppo esplorati, altri lasciati in ombra, forse dimenticanze o ancora enfatizzazioni, ripetizioni e/o un eccesso di analiticità nella richiesta dei dati che forse non coglie appieno quello che si intendeva focalizzare (ma si può poi focalizzare anche una piccola parte di mondo qual è qualsiasi realtà? Compresa la relativamente piccola realtà scolastica della provincia di Lecco?). Una volta poi ricevute le risposte si ha l’impressione che forse bisogna rifare il/i questionario/i; il fatto che, a volte, le risposte sono sempre meno di quelle attese, mette in una condizione di prostrazione tale per cui si ritiene che tutto il processo sia stato errato, autocentrato e del tutto incomprensibile il suo esito. Comincio a credere, dopo qualche anno di pratica con questi strumenti1, che non ci sia “il questionario perfetto”! Comincio a credere che ci dobbiamo accontentare, e non è poco, di avere indietro, nelle risposte date alle domande, tracce, indizi, sassolini…, lasciati per strada che suggeriscono vie, prime ricomposizioni, o prime scomposizioni, e soprattutto nuove domande e piste di riflessione, prime fotografie parziali o anche, se lette come globali, più o meno sfocate… È come dire che non resta che coltivare una posizione di umiltà davanti a dati che si credeva di poter avere, di avere facilmente trattabili; di dati che si credeva potessero ricomporre una fetta di mondo, che si credeva dessero una raffigurazione certa, contornata e precisa di questa fetta di mondo…, invece se si ha qualcosa che si avvicina a quello che si attendeva, non è mai così completo, nitido e maneggevole. Anzi! Apre altre questioni, possibili nuovi vertici di lettura e scopre quindi la realtà nella sua composita complessità e frammentazione.

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2. Gli ambiti da indagareGli ambiti all’interno dei quali si voleva raccogliere dati sui quali cominciare insieme ad altri, ovvero insegnanti e dirigenti scolastici della Provincia di Lecco, a “ragionare” al fine di avere un quadro comune di riferimento per tentare di costruire un minimo lessico comune o per lo meno confrontato, al fine di sviluppare confronto e a sostegni reciproci nell’operare attraverso anche la conoscenza e la diffusione delle cosiddette buone pratiche riguardavano: io la scriverei così…Gli ambiti all’interno dei quali si voleva raccogliere dati sui quali cominciare, insieme con insegnanti e Dirigenti scolastici della provincia di Lecco, a “ragionare” al fine di avere un quadro comune di riferimento per tentare di costruire un minimo lessico comune utile al sostegno reciproco nell’operare riguardavano:

• le modalità di accoglienza del bambino nuovo arrivato con una particolare attenzione a quelli che comunemente sono stati chiamati gli “anticipatari”, “anticipatari” pensati quindi nel più ampio orizzonte dell’accogliere chi arriva “nuovo” a scuola;

• le modalità dell’integrazione o della ricerca di integrazione di bambini segnalati come disabili detti ancora, correntemente, “handicappati”.

Ora le due questioni appaiono apparentemente lontane, certamente sono diverse e implicano processi, progetti, procedure, azioni ed operazioni diverse, ma se le si guarda in un’ottica più ampia ci si accorge che ambedue riguardano un tema trasversale alla scuola, non solo a quella dell’infanzia. Vale a dire il tema della “presa in carico dell’allievo per com’è”, per come arriva e, infine e se vogliamo, in termini più sottili, all’integrazione intesa come processo per facilitare il percorso per cui un gruppo e un singolo si incontrano, diventano coesi e insieme portano avanti, influenzandosi reciprocamente, il processo di socializzazione dei singoli, ovvero lo sviluppo di tutte quelle competenze utili per poter entrare e stare, in modo adeguato, “in società”. Ma vediamo meglio: per il primo ambito si è steso un questionario rivolto a Dirigenti scolastici e a docenti; per i genitori dei bambini in “ambientamento” alla scuola dell’infanzia si sono effettuati anche degli incontri con i genitori. Per il secondo ambito si è steso un questionario per i Dirigenti e per i docenti, per le famiglie e per i servizi sociali/assistenziali dei Comuni. I questionari per le scuole e per i Comuni avevano una parte “quantitativa” e una “qualitativa”, complicando, come si è già detto, non solo la stesura degli stessi, ma anche la loro lettura perché alla fine ne è risultato un quadro un po’ frammentato in cui forse si può

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azzardare che l’assenza di linee comuni, ma soprattutto l’autonomia dei soggetti chiamati a intervenire, implica una tale discrezionalità di percorsi, di concettualizzazione e di visioni e interpretazione di questioni e di processi, con tutto quello che di vitale questo comporta, da rendere molto problematica e critica la raccolta di dati fra loro accorpabili; tutto questo con il rischio di un eccesso di semplificazione rispetto a processi in cui, invece, anche le sfumature hanno un senso e un peso. Forse redigere strumenti per raccogliere dati, forse raccogliere risposte a quelli che possiamo pensare come strumenti per “provocare” riflessione e pensiero è anche un modo di fare rete; rete sempre più necessaria non solo per fare emergere la vitale autonomia dei soggetti coinvolti nei processi presi in considerazione e di cui si diceva già sopra, ma anche per far condividere e mettere sul tavolo del discutere e del ragionare dati che, se riflettuti comunemente, sono anche segno e testimonianza di differenze e/o di vicinanze che possono aiutare a meglio fare; fossero anche solo, come sono qui, inizialmente indiziari. Ora, va anche detto che l’operazione di stesura e la redazione di strumenti per acquisire informazioni erano rese ancor più delicate perché, in via esplicita per i bambini nuovi iscritti, c’era l’altra linea da esplorare: la personalizzazione. Quindi, sia nel questionario per i bambini nuovi iscritti, sia in quello per i bambini disabili, bisognava cercare di recuperare, anche se non appieno, i due significati che nella pratica corrente il termine “personalizzazione” è andato prendendo durante il periodo storico in cui è stato usato, forse anche al di là, delle intenzioni del legislatore. Parlando di personalizzazione si è oscillati fra una declinazione del termine che andava da un maggior tasso esplicito e perseguito di individualizzazione dell’intervento educativo, al tentativo di costruire percorsi educativi selettivamente filtrati e proposti ad ogni singolo allievo al cambio di paradigma pedagogico per cui l’allievo avrebbe dovuto trovare, all’interno di un contesto favorevolmente pensato e voluto per lui una sua via di evoluzione, crescita e sviluppo. Secondo me qui è poco chiaro.. ma io non conosco i contenuti e non ho modificato.Quindi, per definizione, i due questionari non potevano non cercare di focalizzare se e come queste diverse forme di intendere personalizzazione fossero arrivate nelle pratiche di accoglienza e integrazione sia dei bambini nuovi iscritti sia di quelli con disabilità, con tutto quello che vuol dire in termini sia di quantità di domande poste, sia di meticolosità delle stesse. Va anche detto che, visto gli attori coinvolti in questi percorsi e processi, i questionari più rilevanti (l’unico per il progetto riferito ai bambini nuovi iscritti/anticipatari e il primo di quelli riferiti all’integrazione di bambini disabili) erano rivolti a diverse figure: al Dirigente, all’eventuale figura di sistema dell’istituto delegata a seguire i percorsi in relazione all’organizzazione più generale dell’istituto e alle singole docenti che seguivano i

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processi specifici legati a quel bambino o a quella classe. Tenuto conto che ambedue i progetti coinvolgevano scuole paritarie Fism e scuole statali che hanno organizzazioni diverse, anche il modo con il quale sono stati compilati i questionari è stato diverso non solo in termini quantitativi, ma anche in termini di completezza, esaustività e pertinenza in ragione delle domande, ma ovviamente soprattutto in ragione dei significati che queste domande prendevano in relazione all’organizzazione che le leggeva. L’articolazione dei due questionari più rilevanti, quello riferito ai bambini nuovi iscritti e quello riferito ai bambini disabili, in una parte quantitativa e in una qualitativa, era dovuto al fatto che i dati quantitativi danno conto di variabili che hanno un loro evidente peso nella definizione e nella trattazione dei due ambiti di indagine, e permettono la verifica e la rilevazione di eventuali nuove tendenze. Per esempio, e gli esempi potrebbero essere innumerevoli, avere solo un bambino di cinque anni nuovo iscritto in una scuola piuttosto che 25, cambia l’ottica di chi tratta la questione; avere bambini disabili che cominciano ad essere, rispetto ad alcune patologie, anche o soprattutto extracomunitari, cambia il modo di pensare, di concettualizzare e anche di condurre un percorso di integrazione. O ancora: avere bambini disabili, spesso “scoperti” dalla scuola, cambia molto rispetto al loro trattamento se questi sono stati diagnosticati prima…e così via, in quell’intreccio molto sottile, ma non irrilevante e non sempre così evidentemente significativo, fra dati e variabili che sempre ci sono in ogni, seppur parziale, questione.

3. Il questionario sull’accoglienza dei bambini1. Il questionario riferito alle modalità dell’accoglienza dei bambini nuovi iscritti nella sua versione finale è l’elaborazione della traccia iniziale sottoposta a chi scrive dal Gruppo di lavoro che ha seguito il progetto di indagine e di formazione.2 togliere??? A partire dall’iniziale bozza si è poi stesa la versione finale tenendo conto che per “nuovi arrivati” andavano considerati i bambini anche di quattro e cinque anni, seppure in netta minoranza, in termini numerici rispetto a quelli che compivano gli anni entro il dicembre dell’anno scolastico in corso; quindi e soprattutto le modalità con cui erano accolti i bambini detti “anticipatari”, pochi o tanti che fossero stati per ogni scuola a cui si sarebbe indirizzato il questionario, andavano ricomprese e inquadrate nelle modalità più generali con le quali una scuola andava a concettualizzare e a declinare operativamente l’accoglienza di chi arriva per la prima volta a scuola.Il questionario, alla fine di non poche discussioni e riletture, appare così

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composto: • una sezione (la prima) riferita al recupero di dati quantitativi quindi

all’inquadramento della scuola, al numero dei nuovi iscritti divisi per annualità, per mese di inserimento e per nazionalità; inoltre si chiedevano notizie di tipo scolastico e lavorativo sui genitori e infine se, in che ambito e in quale periodo di tempo erano sorte eventuali difficoltà in riferimento al numero dei bambini e alla loro età;

• una sezione (la seconda) riferita ai dati qualitativi relativi alla scuola: erano previste una serie di domande finalizziate ad inquadrare pedagogicamente, organizzativamente e gestionalmente la scuola, le sue procedure e le modalità di accoglienza in relazione ai diversi bambini accolti;

• una sezione (la terza) riferita ai dati qualitativi relativi alla famiglia in cui erano previste domande finalizzate a recuperare come le famiglie hanno vissuto l’arrivo dei bambini nuovi e se e come, in relazione a questo fatto, hanno portato richieste e vissuti;

• un’ultima parte chiedeva “riflessioni, emozioni, sentimenti ed esperienze sul tema dell’accoglienza” al docente che aveva risposto o che era stato coinvolto nel rispondere al questionario.

Ora tutte le parti, per motivi accennati in premessa, erano caratterizzate da una particolare analiticità nel tentativo di recuperare tutti quei dati che potessero restituire l’intreccio di dimensioni di cui è fatta la scuola e ogni processo che la stessa mette in moto. Certamente la parte più complessa era la seconda che molto punteggiava, dalla dimensione più ampia della scuola a quella più precisa dei percorsi per ogni tipologia di bambini, i diversi livelli e le declinazioni dell’intero percorso dell’accoglienza. Meno numerose le domande della terza parte, ma non meno impegnative rispetto al recupero di dati non sempre registrati o presi in considerazione. Infine l’ultima parte “aperta”, destinata a una sorta di breve narrazione con un più evidente livello di coinvolgimento individuale da parte di chi rispondeva, apriva un ulteriore fronte di tipo qualitativo; livello e dimensione qualitativa che già rendevano, non del tutto semplici, le domande che volevano tentare di raccogliere informazioni procedurali rispetto al senso delle procedure e delle scelte fatte e messe in atto.

4. I questionari sull’integrazione dei bambini disabili Quattro i questionari predisposti. Va precisato che questi quattro questionari sono stati redatti dopo aver già fatto partire il primo destinato a recuperare dati sull’accoglienza dei bambini nuovi iscritti; quindi la differenza degli strumenti utilizzati è data, non solo dalla diversità delle questioni da esplorare con processi

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anche non del tutto assimilabili, ma anche con una maggiore esperienza di chi li ha stesi1 togliere? alla luce delle vicende che andava vivendo il primo. La stesura poi è stata fatta in modo diverso: se nel caso del primo si è partiti da una bozza già predisposta con l’incrocio, quindi, di più sguardi che hanno molto arricchito il questionario, ma l’ho anche molto articolato con le conseguenze di cui si è detto poco sopra (del “senno di poi di cui sono piene le fosse!”), nel caso di questi quattro si è cercato di renderli, fermo restando i diversi livelli e quindi i diversi e le numerose tipologie di dati da raccogliere di cui si è già detto, maggiormente semplici. I questionari sono i seguenti:

1. due questionari rivolti alle scuole dell’infanzia statali e paritarie della provincia di Lecco2;

2. un questionario rivolto ai genitori dei bambini disabili frequentanti al momento della distribuzione3;

3. un questionario per gli Enti Locali della provincia di Lecco4.

Il primi due questionari, similmente a quello destinato a raccogliere dati su bambini nuovi iscritti e sulle modalità del loro accoglimento erano composti da più parti:

• un parte quantitativa riferita a tutta la scuola in cui si chiedevano dati complessivi rispetto alla presenza di bambini disabili per cercare di ricavarne un dato quantitativo anche se distribuito diversamente per distretti e per annualità;

• una parte qualitativa, “la scheda individuale del bambino disabile” che cercava di recuperare dati rispetto alla situazione sociale e culturale dei genitori, all’ingresso del bambino a scuola, nonché la tipologia della disabilità, l’anno della diagnosi in relazione anche al momento di iscrizione del bambino a scuola, chi avesse certificato la disabilità, il percorso di certificazione, quali agenzie educative il bambino avesse frequentato prima, forme e modi di frequenza e presenza nella scuola, le ore di sostegno e di assistenza educativa di cui il bambino godeva e quindi tutti gli aspetti legati al Piano Educativo Individualizzato (PEI) - stesura, condivisione con le famiglie, relazione con il lavoro di classe - in relazione anche alla rete messa in piedi con i servizi sociali e sanitari del territorio e infine i processi di valutazione e verifica dei percorsi e dei processi messi in atto. Nella parte qualitativa, analogamente al questionario riferito ai bambini nuovi iscritti, era prevista una parte dedicata a “riflessioni, emozioni, sentimenti ed esperienze sul tema dell’accoglienza”.

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Il secondo era più semplice, articolato in domande molto aperte e che si pensava fossero sia facilmente comprensibili per tutti i genitori sia abbastanza discrete da non sollecitare rifiuti, difese o diffidenza; questo questionario è stato pensato anche in sostituzione di eventuali, possibili focus group con i genitori stessi. Si è valutato che potesse essere di non poca difficoltà culturale, sociale e organizzativa costruire gruppi o di soli genitori con bambini disabili o di genitori alcuni dei quali con bambini disabili al fine di verificare come andava, a scuola e in classe, il processo di ambientamento e di integrazione dei propri bambini. Quindi si è scelto di formulare poche domande, molto aperte (sapendo tutti i rischi che comportano queste domande in termini di dispersione o di perdita delle informazioni) e tutte centrate sul “sentire” opinioni in riferimento all’entrata nella scuola dei propri figli.

Il terzo era invece rivolto agli Enti Locali e in specifico all’ambito di intervento che in genere ricade negli Assessorati ai Servizi Sociali e andava ad indagare criteri, forme e modi di reclutamento, di assegnazione e di gestione dell’assistente educativo; figura ancor più controversa dell’insegnante di sostegno che, pur nella sempre possibile discutibilità della sua specializzazione/separazione degli altri docenti, ha trovato un suo statuto e ruolo nella normativa e ormai nella storia della scuola italiana. Pareva necessario, quindi, cominciare ad esplorare, in prima battuta, una figura che resta ancora troppo marginalmente tematizzata e in ombra rispetto alla costituzione e al mantenimento di un ambiente, di un contesto e di un insieme di relazioni che, pur nelle differenze dei ruoli, deve comunque garantire al piccolo disabile qualità e apprezzabilità degli interventi; fosse pure quello di cambiargli il pannolino, operazione di non poca cosa.

Note: 1 E’ qualche anno che insegno Metodologia della ricerca e della programmazione educativa, presso la facoltà di Scienze della Formazione, Corso di Laurea Scienze dell’Educazione, Università Milano –Bicocca. 2 Vedi allegati al capitolo. 3 In specifico le dottoresse Beretta, Gillini e Lafranconi rispettivamente4 Serafina Secchi e chi scrive.5 Vedi allegato B al capitolo 6 Vedi allegato C al capitolo

7 Vedi allegato D al capitolo

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CAPITOLO 2GENITORI che ACCOMPAGNANO BAMBINI a cura di Francesco Caggio

1. 14 settembre 2006: primo incontro1 Prime impressioni Si è aperta la discussione, dopo la presentazione del motivo per cui si era lì insieme presenti, chiedendo quali sentimenti, aspettative, commenti potevano essere condivisi sul tema dell’inserimento alla scuola dell’infanzia dei bambini.Una mamma il cui bambino (3 anni e due mesi2) proveniva dal Punto Gioco3 ho scritto un’altra definizione che mi ha consigliato un’operatrice del CISeD che sta lavorando a una pubblicazione sui servizi alla prima infanzia ha evidenziato che non ci sono stati particolari problemi al momento dell’inserimento: “È un bambino vivace ed interessato al mondo esterno”. La madre precisa che il problema, invece, pare siano state le numerose malattie che all’inizio lo hanno ostacolato perchè non riusciva ad avere un ritmo costante e nota che, in questa situazione, è stata brava l’insegnante perchè è riuscita a dargli sicurezza e a contenerlo. Un’altra mamma di un bambino (2 anni e 9 mesi) ha invece sottolineato che il distacco è stato “traumatico”: ci sono stati pianti epocali, ma poi la presenza del fratello l’ha rassicurato; alla lunga però questa stessa presenza l’ha ostacolato nella relazione tra pari. In conclusione afferma: “È stato comunque un periodo molto difficile”. Un’altra mamma (3 anni e mezzo) ha confermato che il primo impatto “traumatico” il bambino l’ha avuto con il Punto Gioco; mentre con la scuola materna è andata leggermente meglio, infatti per quasi tutto il primo anno ha fatto solo metà giornata, termina affermando che: “Ora che è mezzano finalmente è migliorato, anche se al mattino prima di arrivare chiede sempre di essere informato sul programma della giornata”. Un’altra mamma di un bambino (3 anni) sottolinea che il bambino è arrivato senza aver frequentato né nido né Punto Gioco e continua: “I primi giorni sono stati molto tranquilli, poi purtroppo si è ammalato e non ha più voluto andare a scuola. Non c’era più verso di convincerlo. Ha fatto solo mezza giornata per metà anno. Ora invece si è conquistato un suo spazio e addirittura la punizione è tenerlo a casa”. La mamma di due bimbe gemelle (3 anni) afferma: “Le mie bambine sono state inserite in due sezioni diverse per scelta della famiglia, accolta anche dalla scuola. Mi sembrano serene entrambe. Sono proprio contenta della scelta della separazione”. La mamma di un bambina che va già in prima elementare e di un’altra (anticipataria: nata nel gennaio 2003 e inserita a settembre 2005) afferma che la bambina è stata presso il Punto Gioco della scuola, poi è passata alla scuola materna in una microsezione composta

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tutta da piccolissimi e da piccoli; nel secondo anno la microsezione è stata smistata nelle altre sezioni. La bambina si è rivelata “elastica”, più di “di quanto prevedevo”, dice la mamma. Una complicazione è stata la presenza dei cuginetti, anche se, come dice la mamma, ora sembra superato anche questo momento.Vediamo alcuni punti di questo primo momento di riflessione. Preso atto delle diverse e anche non sempre linearmente prevedibili risposte che i bambini hanno dato e danno a questo momento della loro vita,si possono avanzare alcune riflessioni come eventuali punti di attenzione rispetto alla costituzione di letture semplificate di quanto accade ai bambini e alle famiglie in questo periodo:

• pare che bambini tranquilli possano poi, forse, rivoltare questa loro tranquillità in una maggiore cagionevolezza di salute; fatto che, se avesse un fondamento, ci porterebbe a cercare di capire che tipo di malesseri si accavallano e perché;

• pare che la frequenza di un luogo di socialità infantile, prima della frequenza alla scuola dell’infanzia, non comporti per scontato che il bambino poi risponda bene al cambiamento;

• la presenza di altri bambini conosciuti o familiari pare certamente facilitare l’ingresso nella scuola, ma non sembra poi utile a sostenere i processi di autonomia e individuazione dei bambini;

• c’è una certa facilità con la quale è utilizzato il termine “traumatico” (due volte) che dà conto del fatto che si stanno installando, nel linguaggio corrente, termini non sempre coerenti ed adeguati alle esperienze vissute, a volte tradendone il senso in piegature “patologiche” del tutto incoerenti ai vissuti.

Approfondimenti Viene poi chiesto se ci sono stati cambiamenti significativi nei ritmi giornalieri di vita dei bambini.Una mamma (bambino di 2 anni e 9 mesi) nota che c’è stato un miglioramento nei ritmi di vita: infatti con la frequenza della scuola ha cominciato a dormire al pomeriggio e aggiunge che è ormai autonomo nel controllo sfinterico e che ha un miglior approccio con il cibo (“mangia tutto e volentieri”). La mamma delle gemelle (3 anni) non nota cambiamenti e conferma lo stile di vita delle bambine anch’esse più autonome e senza più pannolino. Un’altra mamma (3 anni e mezzo) afferma che il suo bambino non ha mai dormito di giorno e che con la scuola ha imparato a variare il cibo, e aggiunge: “Soprattutto c’è stata

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un’evoluzione positiva: ora anche a cena dice che quello che c’è va bene”. Conferma, inoltre, che dal punto di vista del controllo degli sfinteri, era già autonomo quando è entrato. Anche la mamma di un altro bambino nota che: “Con l’inserimento il bambino ha improvvisamente smesso di dormire al pomeriggio e andava a dormire molto più presto alla sera (o crollava di colpo nel tardo pomeriggio)”. Anche questo bambino risulta essere autonomo nel controllo degli sfinteri e non mostra alcun problema con il cibo.La mamma di A. (prima elementare) e G. (anticipataria: nata nel gennaio 2003 e inserita a settembre 2005) nota che sono ambedue bambine autonome, anche la seconda sebbene piccola, “Ha mantenuto l’abitudine di dormire al pomeriggio per tutto il primo anno”.La mamma di G. (3 anni): “G. non ha mai dormito a scuola. Appena arriva a casa crolla, a volte anche in macchina. Nel controllo degli sfinteri è autonomo anche se non vuole fare la pipì a scuola; di solito appena vado a prenderlo alle quattro lo porto io nel bagno della scuola. A casa lo dovevo imboccare per mangiare, mentre a scuola mangia da solo, poco, ma da solo”.Quindi la scuola dell’infanzia chiama la famiglia a confrontarsi con se stessa e su come il bambino /la bambina stiano diventando o siano diventati autonomi; in particolare rispetto al controllo degli sfinteri, la scuola rappresenta uno svincolo molto importante al fine di uscire dalla condizione di “piccolo bambino/bebè”; il mangiare è attentamente valutato ma, registrando le differenze che possono e che forse devono esserci, non solo su quanto un bambino debba e possa mangiare, ma anche rispetto agli ambienti in cui mangia: dove e con chi mangia, dato il valore sociale e affettivo di questa operazione. Il sonno, che pur scandisce la giornata del bambino definendo anche i livelli di quanto e come il piccolo sia disposto all’esperienza mattutina della scuola, muta notevolmente con ritmi che sono più o meno armoniosi ai nuovi impegni del crescere e sui quali forse vale la pena porre attenzione come sul controllo degli sfinteri e sul mangiare.

Sentimenti Che cosa provano o hanno provato le mamme al momento del distacco? È con questa domanda che si è aperto il terzo momento di riflessione. Una mamma (3 anni e mezzo) confessa: “Io piangevo tutte le mattine dopo aver lasciato il bambino a scuola. Per me la mattina era una tragedia. Lui vomitava addirittura”. Un’altra mamma (2 anni e 9 mesi) sottolinea che stava e sta male anche lei pur dicendosi: “Dobbiamo vincere questa cosa”. Un’altra mamma ancora (4 anni) afferma che in famiglia si aveva un po’ di patema: eppure una soluzione è stata trovata, ogni volta che il bambino, al momento del ritiro pomeridiano, chiede: “Ti sono mancato?” la

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madre lo rassicura.La mamma delle due gemelle (3 anni) è in apprensione in relazione: “Alla separazione delle gemelle, ma vedo che si stanno abituando”. Ecco che una mamma (3 anni) nota che il piccolo: “Piangeva solo quando lo accompagnavo io. Se lo accompagnava suo padre, tutto filava più liscio”; notando per altro che: “Il momento del saluto sia importante (io sento che il bambino ha bisogno di vedermi serena)”. E ancora una mamma (bambina prima elementare e un’altra anticipataria: nata nel gennaio 2003 e inserita a settembre 2005) prende atto che le sue figlie: “Mi hanno aiutato tanto e mi hanno reso serena”.Diventa quindi importante, in queste diverse situazioni di separazioni più o meno tranquillamente vissute, discutere su come dovrebbe comportarsi l’insegnante che accompagna il distacco.Una mamma (3 anni e mezzo) precisa che: “Credo che sia importante da parte della maestra un’estrema dolcezza e pazienza. In fondo è una vice-mamma. È necessario remare insieme. Sono stata fortunata perché la maestra è sempre stata la stessa ed è riuscita a trovare il modo di intendersi con mio figlio”. Un’altra mamma sottolinea la necessità di una continuità di presenza da parte della maestra; e un’altra precisa che ci vuole: “Anche tanta pazienza e disponibilità”. Un’altra specifica e chiarisce: “A me pare che l’inserimento funzioni quando la maestra è capace di capire qual è il modo migliore per mettersi in contatto con ciascun bambino. E ancora di più, che sappia capire come cambiare il proprio comportamento a seconda dell’evoluzione dell’inserimento con lo stesso bambino”, non viene dimenticato da un’altra mamma che: “Per una mamma sia importante conoscere chi prenderà il suo bambino”.Si chiede quindi di sintetizzare questi movimenti affettivi in alcune parole chiavi ed emergono le seguenti: “pianto”,“serenità”, “dramma”, “tranquillità”, “un po’ di angoscia”, “gioia per il gioco con gli altri bambini”.Infine, queste passeggere, anche se a volte non sempre brevi, tempeste emotive e affettive fanno: “Crescere come genitori, come mamme, perché ci rendiamo conto che devono crescere, diventare autonomi”. Una stessa mamma afferma: “Mi sono resa conto che io pensavo più a lei di quanto lei a me”.Forse si può affermare che certamente i bambini, con tutti i loro timori e i loro dubbi: “Possono andare”, è lo stato d’animo di chi segue questo andare, separandosi ancor più dal bambino che sta fuori casa anche per molte ore; stato d’animo che non può essere, come per altro ci dicono la parole chiavi emerse, ambivalente fra la gioia del vederli crescere e una lieve nostalgia e melanconia di perderli un po’. Non sono più “attaccati”, sono “altro” dalla loro mamma e babbo: vanno a scuola, dove possono, e devono, pensare, ad altro!

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2. 12 ottobre 2006: secondo incontro1 Prime storieVediamo se nel secondo incontro emergono elementi di novità rispetto a quanto emerso sopra; l’incontro si apre chiarendo, da parte dei conduttori, che si vuole approfondire un po’ quello che è accaduto ai bambini e alle famiglie durante il periodo di inizio di frequenza della scuola dell’infanzia . Una madre racconta che il bambino: “Vive alla mattina un momento di terrore, no beh, non terrore solo che è sempre stato in casa, non ha frequentato l’asilo nido, è figlio unico per il momento quindi ha sempre vissuto con adulti perché lo tenevano i miei genitori quando io lavoravo e per lui la mattina adesso io sono a casa vede che lo preparo, bisogna andare a scuola. La prima settimana è stata un po’ drastica per lui perché piangeva così. Poi dopo la seconda settimana invece sembrava tranquillo sembrava aver superato la cosa e adesso ha ricominciato: “No, mamma io non voglio andare a scuola…non mi piace…ho paura…”. Tutte parole che prima non ha mai detto però so che è solo il momento in cui io lo lascio qui e poi dopo… Forse è solo nel momento…perché poi quando sono in strada per venire qui non è che si mette a piangere oppure, per esempio, adesso non vuol neanche più venire in braccio la mattina, invece prima ”No, mamma tienimi in braccio…” . E’ finché non arrivavamo qui. Invece adesso la fa tranquillamente camminando e poi dopo quando vengo a prenderlo: “Sei contento?” “Si, si.”, “Hai mangiato?” “Si, ho mangiato.” per cui è proprio il momento di svegliarsi alla mattina, sapere che lo devo preparare per andare alla scuola materna. Perché poi a casa fa le stesse cose che faceva prima, anzi magari con un po’ più di entusiasmo oppure si mette a canticchiare le canzoni che ha imparato qui quindi è proprio solamente il momento della mattina”. Mi sembra poco chiaro… c’è un discorso diretto dentro un altro discorso diretto che secondo me crea confusioneUn’altra madre afferma che il bambino: “Ha iniziato a gennaio dell’anno scorso e anche lui ha avuto un inizio un po’ traumatico perché aveva avuto un’esperienza negativa quando aveva provato ad andare al Punto Gioco di Acquate, si era inserito bene all’inizio, poi ora della fine non piaceva più, non so cosa sia successo. Per di più ad inizio anno, o forse a metà anno, si è trovato un po’ spiazzato, gli altri bambini, a differenza di lui, erano già abituati. Per di più io ero incinta, aspettavo il fratellino, per cui penso che siano stati una serie i a creargli difficoltà di inserimento. Anche lui nel primo mesetto si lamentava, la prima cosa che diceva quando si svegliava era che non voleva andare all’asilo. Andava all’asilo proprio con l’ansia. Invece poi pian piano si è inserito e anche dopo le vacanze, che temevo gli facessero riprendere timore, viene molto volentieri”.

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Un’altra mamma afferma che il suo è un caso un po’ particolare perché la sua bambina ha qualche difficoltà e sente il bisogno di stare con altri bambini, inoltre ha un fratello più grande che ha terminato la scuola dell’infanzia poco prima che iniziasse lei; conosceva già l’ambiente e di conseguenza ha iniziato molto volentieri. Forse anche per il fatto che lei comunque trova sempre la persona di riferimento, che è la sua insegnante e quindi anche: “il distacco da me probabilmente è meno traumatico perché c’è comunque la persona, la stessa persona che l’accoglie sempre, era già stata anche al Punto Gioco, per un anno, e devo dire che si è sempre ambientata bene, non ha mai avuto difficoltà di distacco da me o cose di questo tipo. Anche nei suoi comportamenti a casa non trovo niente di particolare che mi faccia pensare che lei qui non stia bene o che comunque non si sia inserita bene”.La madre di una bambina che ha frequentato l’asilo nido afferma che : “Di problemi non ne ha mai avuti, è sempre andata volentieri per cui anche l’inserimento alla scuola materna è andato bene. Anche al mattino quando si alza la prima cosa che mi chiede è se si va all’asilo” . L’unica cosa che non fa alla scuola materna è dormire, non riesce proprio. Le insegnanti ci stanno provando in tutti i modi ma senza risultati e con la conseguenza che alle 8 di sera dorme; crolla completamente. Ieri sera alle 7.10 dormiva di già”. La bambina: “Non dorme più di pomeriggio, come quando tornava dall’asilo che dormiva comunque un paio d’ore. Adesso non lo vuole più fare. Ieri sera forse era un caso eccezionale perché siamo andati a mangiare le castagne, ha camminato tanto e alle 7 è crollata. Però viene volentieri, le piace e quando le chiedo se vuole stare a casa con la mamma, risponde di no. Io aspetto un altro bambino e poi ha una sorella di dieci anni che imita in modo eccezionale”. Una madre racconta della sua bambina: “Allora la mia bimba ha iniziato l’anno scorso che aveva 2 anni e mezzo, compiva i 3 anni a febbraio quindi era la più piccolina dell’asilo. Le prime due settimane è stata una gioia anche per lei frequentare l’asilo poi, dalla terza settimana ha cominciato la crisi. In più si ammalava continuamente e alternava una settimana all’asilo e dieci giorni a casa malata. Questa intermittenza era diventata un vero problema, per portarla all’asilo, dopo essere stata a casa parecchi giorni, bisognava insistere e trascinarla per strada, senza cedere. È stata una cosa abbastanza pesante. In più avevamo dei problemi familiari di malattia. È stato un anno… Avevo chiesto alle insegnanti di tenermela all’asilo tutto il giorno perché avevo bisogno di stare libera. È stato duro l’ inserimento all’asilo. Le cose sono migliorate da quando ha cominciato a non essere più ammalata, è cambiata totalmente: ha proprio voglia di venire all’asilo. È stato un cambiamento netto dall’oggi al domani. Mi sono stupita e, infatti, quest’anno ha iniziato l’asilo benissimo; ma dopo una settimana era già malata ed è ricominciata la storia che sta a casa qualche giorno perché non sta

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bene e poi fa fatica a riprendere. Inoltre vede che la sua sorellina più piccola non va ancora all’asilo e piange perché vuole restare a casa anche lei”. Un’altra madre nota che : “La vedo più come un fattore di sfida che la bimba manda, capisco proprio questa cosa. Piange, ma poi quando è in strada basta smette; mi fa perdere tanto tempo quando è a casa: corre, scappa, non si mette le scarpe per farmi capire che non vuole andare all’asilo, vuole stare forse un po’ di più a casa, non so. Poi dopo questo momento di crisi è felicissima”. Infine un papà dichiara: “La mia bimba ha iniziato l’anno scorso al nido per cui tutte le crisi da non voglio andare le abbiamo passate alternativamente a fasi all’interno dell’anno scorso. Qua all’asilo ha già una cuginetta per cui c’è stato subito l’entusiasmo di diventare grandi, del passare dal nido alla scuola materna. Pensavamo ci fosse la crisi d’inizio anno invece è stato proprio l’esatto contrario. Era entusiasta, si svegliava la mattina già eccitata, andava d’accordo con la cuginetta, poi c’erano tante cose da fare che la rendevano felice, le piace molto pitturare per cui all’asilo ha trovato subito un bel clima. I problemi sono sorti da lunedì, nel senso che da questo lunedì non so se è successo qualcosa all’asilo o magari se sia entrata in quella che è la routine e che quindi non sente più il clima di novità iniziale. Inizia a fare i capricci a casa quando si alza; poi invece all’asilo, parlando con le maestre, si comporta bene, gioca, collabora e non ha problemi. Il problema è appunto il distacco, che è lo stesso problema che avevamo notato l’anno scorso al nido, a fasi alterne, cioè, c’erano fasi un cui andava volentieri e c’erano delle fasi in cui non voleva andare. Infine la mamma di due gemelle: “Anche loro hanno avuto precedenti, sono andate al nido anche se in una fase alterna: loro sono andate dai sei mesi fino a circa un anno e mezzo, poi io quando aspettavo il terzo bambino sono rimaste a casa con me. Hanno fatto poi un nuovo inserimento in nido quest’anno, da aprile, e poi hanno fatto il passaggio adesso con la scuola materna. Allora, S. ha fatto qualche protesta nella prima settimana. È capitato un paio di volte, proprio pestando i piedi, urlando, qui sempre in asilo. Lei parte da casa sempre molto felice poi quando arrivava qui ha avuto questi due episodi di protesta che però si sono risolti, nel senso che lei adesso mi saluta tutte le mattine dandomi un bacio e viene qui volentieri, è tranquilla. Al pomeriggio dorme per cui non mi pare ci siano grossi problemi. C., invece, ha avuto anche qualche difficoltà in più al nido, nel senso che lei ha pianto tutte le mattine, da aprile fino a luglio. C’è la mattina che proprio le vengono i lacrimoni e piange e la mattina, invece, che fa proprio protesta ridendo perché vuole che le insegnanti la prendano in braccio. Ha bisogno di un’accoglienza un pochino diversa rispetto a S., ha proprio bisogno di un passaggio di braccia dalla mamma all’insegnante. Anche lei poi durante il giorno è tranquilla, al pomeriggio dorme, spesso quando arrivo devo svegliarla

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io perché lei sta ancora dormendo. Poi a casa sono abbastanza tranquille, sono piccole, hanno due anni e nove mesi, fanno i tre anni a gennaio, quindi… Va beh, anche al pomeriggio probabilmente avrebbero bisogno di dormire di più per cui alle quattro, quando si svegliano, sono un pochino nervose rispetto al normale. Dai racconti delle madri e del padre dei bambini che abbiamo letto emerge una dimensione di maggiore mobilità, di una maggior dinamicità del rapporto che il bambino ha con il fatto che deve andare a scuola e che quindi, detto esplicitamente o meno, sta crescendo, è cresciuto. Pare emergere, vista anche la presenza di fratelli/sorelle maggiori, di fratelli/sorelle in arrivo o appena nati, che debbano essere rassicurati rispetto a quello che acquisiscono andando alla scuola dell’infanzia. Sembrano comprendere ricevono qualcosa (compagni e nuove attività), ma non paiono voler perdere quello che hanno già: ovvero l’amore, “tutto l’amore di mamma e papà e che non ci sia dimenticanza da parte di questi!”. Che “facciano storie”, che non le facciano subito, ma dopo, che le facciano in modo ciclico e non prevedibile o a intermittenza…comunque sia, pare ci sia una richiesta di essere sicuri che, qualsiasi cosa vada mutando - e andare a scuola, passare dal nido o dal Punto Gioco a questa, il fatto che nascano fratellini/sorelline, che la madre torni o non torni a lavorare sono cambiamenti - non muti la loro presenza agli occhi dei genitori e che non venga persa, forse, una certa centralità che viene, mano, mano, ovviamente persa e che quindi va sostituita con qualcosa d’altro: ma quanto è “buona” la scuola dell’infanzia! Essi non lo sanno e quindi… un po’ resistono dando conto di non poco attaccamento alla loro posizione privilegiata ma, anche del loro stretto legame con i familiari. È come se, da bambini qual sono, non volessero perdere alcunché: né la mamma, né il babbo, né la scuola e né le sue novità. Come fare spazio dentro di sé? Come mettere in ordine tutto questo complicarsi della vita, senza confondersi, senza perdersi e senza perdere nulla? Cominciano a dover comprendere la compresenza di più realtà, piani, livelli, a diventare più grandicelli, ma non senza affaticarsi e quindi affaticare. Non è facile adattarsi vitalmente al nuovo.

I genitori e i bambini che escono di casa… Si è visto come rispondono i bambini: e voi come mamme o come papà? Questo è quello che provano loro ma, quando voi li avete lasciati cos’avete provato? O quando li portate? È su queste domande che si è mosso il secondo giro di testimonianze. Una madre dice: “Dopo, è un po’ anche una liberazione, perché in una casa e con un altro bambino c’è sempre da fare, c’è sempre da seguire qualcun altro, perciò è una liberazione, ma in senso buono. Infatti poi quando la rivedo alle quattro mi fa la festa e anch’io a lei. Poi appunto, io sono in una situazione un po’ particolare,

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perciò io desideravo proprio che venisse all’asilo. Ne ho cercato uno che la prendeva a due anni e mezzo, per me è stato proprio un sollievo. Parlo anche da parte del papà, che è molto più attaccato alla prima figlia che alla seconda. Adesso lui fa i turni, perciò la vede molto poco quando fa il secondo turno, la vede solo quest’oretta alla mattina. Vedo che il loro rapporto non è che sia cambiato però, ad esempio, lei alla mattina si attacca molto al papà perchè sa che poi non lo vedrà fino alla mattina dopo e per lui è lo stesso. Poi mia figlia è particolarmente attaccata al papà. Se lei dovesse scegliere, sceglierebbe il papà piuttosto che la mamma. Anche lei soffre molto questa cosa di vederlo di meno, infatti le scenate che mi fa alla mattina sono proprio su questo argomento, chiede che sia il papà a vestirla, a metterle le scarpe, e non la mamma; ma proprio perché lo vede di meno, nella settimana in cui lo poco c’è questa mania del papà. Probabilmente anche questa cosa le fa vivere peggio questo distacco alla mattina perchè sa che il papà torna a casa e sarà lì con l’altra sorellina a giocare e che comunque lei lo vede”. Il papà presente sollecitato afferma: “È un po’ contrastante, nel senso che io lavoro parecchio, inizio alla mattina presto e finisco la sera tardi per cui il tempo di stare con le due bambine è veramente limitato. Mi va bene al giorno di riposo che, essendo in settimana, me le godo al pomeriggio quando tornano dall’asilo. Con la bambina è stato molto bello perché fino all’anno scorso al nido le portava mia moglie per cui anche il distacco al nido e tutte queste cose le viveva lei, era raro che le portassi io e le volte in cui lo facevo non c’erano problemi ed ero molto felice di farlo. Non c’erano questi distacchi forzati. Mentre adesso, con i turni di lavoro, vengo io con la bambina all’asilo e lei mi racconta tutto quello che ha fatto il giorno prima, strada facendo, è molto bello, abbiamo un rapporto che prima non c’era e che si è costruito in questo mese e mezzo di asilo. Anche se poi effettivamente il distacco lo vivo anch’io, non è solo per lei, perché starei tutta la mattina a parlarle, fosse per me la porterei al laboratorio in cui lavoro però è ingiusta anche come cosa, nel senso che lei deve imparare a star con gli altri bambini, a vivere all’interno di una società e la scuola materna serve anche a questo, oltre che a giocare”Ma allora cosa dicono a proposito le altre mamme? “Io, avendo un unico figlio, avevo bisogno che lui cominciasse la scuola materna perché ha un cugino che abita nello stesso cortile dove abitiamo noi e per lui è un’ossessione (in senso buono), è la sua ombra, infatti, quando lo sente parlare, anche se è in casa sua, vuole andare da lui; questa cosa mi ha fatto pensare che lui abbia bisogno di stare con altri bambini. Adesso è un po’ timoroso, quando entra in classe alla mattina è lì, bloccato. Mi dice come si chiamano i suoi compagni, però sta lì vicino a me. A casa invece mi racconta di tutto e di più, poi magari inventa anche delle situazioni che è impossibile che siano successe veramente, però fa capire che ha bisogno di stare

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con gli altri bambini. Ho provato un sentimento di sollievo quando ho potuto iscriverlo, ero contenta che facesse nuove amicizie al di fuori di suo cugino”.Una madre osserva che: “F. (sorella maggiore) fa fare a M. che ha tre anni (sorella minore) delle cose; poi magari lei pensa di volerle fare ma, se non le fa giuste quell’altra si arrabbia. Le dico: “F., lo vedi che ha tre anni…?” e dopo c’è sempre la lotta…”. E una madre aggiunge che quando i bambini giocano in cortile chiama: “C. vieni a casa che c’è pronto”, “No, sto giocando con D.”, “ma il D. andrà a mangiare a casa sua”. Allora mia cognata ogni tanto: “Vuoi venir su a mangiare da me?”, “Si, mamma posso andare a mangiare da lui?”, però poi si rimanda il tutto a quando devo andare a prenderlo perché vuole stare da lui a dormire”. Voi come genitori cosa provate rispetto al fatto che vengano alla scuola d’infanzia? Una madre precisa in modo molto chiaro: “Si, adesso si, perché comunque io sono a casa e mi rendo conto che la casa è vuota. Però ero arrivata anche ad un punto critico, anche per il fatto che lavoravo. Diciamo che il distacco non è stato tanto traumatico, perché quando andavo a lavorare lo lasciavo a mia mamma. Il sentimento era la festa. L’unica cosa che mi tranquillizza è il fatto che appunto ci sono delle insegnanti che dedicano tutto il tempo ai bambini, per cui non c’è la preoccupazione di doversi fermare a fare da mangiare, andare a fare la spesa o fare altre cose che mia mamma aveva come pensiero, oltre al seguire lui, e ci sono gli altri bambini con cui lui può giocare o confrontarsi. A casa, invece, stava tutto il giorno con mia mamma o con mio papà e le cose che facevano erano molto limitate. Per cui da parte mia il sentimento di lasciarlo qui non è stata una cosa così…da dire “Oddio, adesso lo lascio solo.”. Il fatto di aver scelto di non lavorare più è dettato dal fatto che al lavoro continuavo a cambiare orari, un po’ lavoravo alla mattina, un po’ al pomeriggio, poi sono stata ferma per nuovi motivi e quindi lui si è scombussolato, perché non c’era la routine perché io non facevo sempre i soliti orari quindi con mia mamma non voleva più stare, perché la vedeva come la persona che mi portava via da lui. Poi mia mamma non è più giovanissima, ha avuto dei problemi anche con le braccia per cui faceva fatica, mio papà nei confronti dei nipoti non è molto educativo perchè gli concedeva qualsiasi cosa. Se adesso deve cominciare l’asilo non è più capace di mangiare da solo perché con mia mamma non lo voleva fare, quindi sono subentrate tante cose per cui ho deciso di dedicarmi a lui. Il sentimento suo probabilmente adesso nel venire qui…non so come dirlo perché adesso io sono casa per lui ma lo porto qui. Alla mattina per esempio c’è già il papà che va a lavorare però alla sera quando arriva vuole la mamma. Perché poi dalle 4 fino all’orario di cena è solo con me. Quindi è ancora scombussolato, non ha ancora capito che questa cosa è giusta per lui ed è una routine adesso. Infatti non posso dire che va all’”asilo”: “no, io vado a scuola perché anche il Davide va a scuola”. Lui fa le elementari. […] Però quando qualcuno

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gli dice: “Allora, vai all’asilo?” “No, vado alla scuola materna”. Restano tutti lì perché dicono: “Non è la stessa cosa?”. Però per lui è una scuola come quella del cugino”. E le altre, le altre cosa pensano? Una madre precisa che ella lo ha: “…vissuto anche bene, forse perché non mi hanno mai dato problemi. Sia per l’inserimento al nido che alla scuola materna. Sono molto attaccati a me rispetto a mio marito perché va via alla mattina presto, arriva alla sera tardi poi è stanco per una cosa e l’altra, anche quando c’è qualche volta va bene se no è sempre la mamma che chiamano quando si deve fare qualcosa o perché li devo prendere in braccio. Le ho vissute bene, sia per la prima che per la seconda, non ho mai avuto problemi perciò per me mandarle andava bene, stanno con gli altri. Quando andava al nido andava solo fino alla 2 per cui dopo dovevo trovare sempre qualcuno che me la tenesse perché io finivo alle 4 il lavoro per cui stava sempre con la nonna però l’idea comunque che stesse tutto il giorno con i bambini l’ho sempre preferita al fatto che stesse tutto il giorno con la nonna…però sono sempre andate volentieri, non si sono quasi mai ammalate quindi non ho questo problema. Forse le ho allattate tanto!”Un’altra aggiunge: “Io all’inizio ho vissuto il distacco un po’ così…vedendolo così tanto in difficoltà mi dispiaceva. Però da una parte è servito anche a me perché sono riuscita a capire un po’ più di lui, come riuscire a prenderlo, aveva proprio bisogno di essere rassicurato, di sentire sempre la mia presenza e la mia attenzione nei suoi confronti, questo tipo di rassicurazioni è servito anche a me per capire un po’ di più il suo modo di essere e il suo carattere, sostanzialmente è molto vivace però ha un po’ di difficoltà nell’inserimento. Adesso sto rivivendo le stesse cose anche in piscina, ha voluto andare a fare un corso di nuoto e ora si trova in difficoltà. Al mare ne ha fatte di tutti i colori, era gasato perché sarebbe andato a fare il corso di nuoto con un suo amichetto e puntualmente adesso dice che non ci vuole andare e spera sempre che io non lo porti più. So che è solo una fase passeggera, ha solo bisogno del primo momento per inserirsi bene, ma io sono combattuta, non so se insistere o se lasciar perdere; è un po’ una lotta continua per cercare sempre di trovare il modo migliore per convincerlo, poi, una volta che è all’asilo o, come in questo caso in piscina, si diverte. Il problema è proprio spronarlo all’inizio, ma ora so come prenderlo e mi risulta più facile”. Una madre chiarisce che il bambino: “Ha bisogno di un punto di riferimento. Quando, per esempio, lo porto all’asilo e c’è la maestra pronta ad accoglierlo e a prenderlo in braccio, va tranquillo, ma se lo accompagno e lo lascio lì non si muove; ha proprio bisogno del punto di riferimento. Un’altra: “Io sono abbastanza serena. Potrebbe essere che la bambina piangerà per tutto l’anno quei due minuti in cui io la accompagno, poi però è serena e tranquilla, ne ho avuto la conferma confrontandomi con altri genitori che avevano vissuto la stessa esperienza all’inizio del percorso. All’inizio pensavo che fosse legato a M.,

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all’altro bambino, perché lui restava con me quando lasciavo lei all’asilo, poi però ho scoperto che non era questo il problema, che lui ci fosse o no la modalità era la stessa. Ora sono serena perché mi pare che loro stiano bene. Per me è importante che vadano d’accordo, hanno bisogno l’uno dell’altro, hanno infatti dei meccanismi insieme proprio come Cip e Ciop, hanno una sintonia speciale, ma devono anche imparare a sviluppare individualità diverse. A loro secondo me piace sperimentarsi, così è stato al nido, far quella serie di attività che a casa per me era un po’ impossibile proporre, magari per i tempi o per l’altro bambino per il quale bisogna stare più attenti. Questo vale per me e credo anche per mio marito. Noi abbiamo la fortuna di lavorare entrambi, ma di avere degli orari che ci permettono di stare spesso con i bambini”.Non facile equilibrare aspettative dei genitori e risposte dei bambini! Non facile equilibrare desiderio di dipendenza da mamma e papà e bisogno di andare! Non facile riconoscere l’importanza di avere propri spazi, quelli del singolo genitore, quelli del singolo bambino, quelli dei bambini e dei genitori insieme. La famiglia chiede una sorta di riassestamento continuo delle collocazioni. Gli affetti, i sentimenti, le collocazioni degli uni (adulti) rispetto agli altri (bambini), le percezioni reciproche mutano e così, ogni volta, si è chiamati a ricucire il legame, il forte, intenso, legame fra genitori e bambini fatto di scoperte reciproche, di riallacciamenti, di nuova modalità di rapportarsi e di rinnovo delle modalità di reazione; scoprendo che la famiglia si tiene viva, anche grazie al fatto che il bambino vada fuori casa e si allontani. Cosa porta dal fuori? Come ci va? E cosa si aspetta? Vediamo il terzo incontro cosa ci dice.

3. 17 ottobre 2006: terzo incontro1

Un giro d’impressioni Allora: “Quali sentimenti, aspettative, commenti possiamo condividere sul tema dell’inserimento alla scuola dell’infanzia dei vostri bambini?”Una mamma chiarisce che la sua bambina: “Proveniva dal nido quindi nella fase di inserimento non ci sono stati particolari problemi. Mi sembra che sia stata favorita dal piccolo gruppo e dallo spirito di collaborazione che si è subito creato anche tra noi mamme. Forse ora è più difficile per lei perché la microsezione è stata smembrata nelle altre tre sezioni e lei si è trovata senza i compagni dell’anno scorso. Non trova il suo posto all’interno della sezione. Non è né una piccola né una mezzana e forse per questo è un po’ spaesata”. Anche un’altra bambina proveniva da un Punto Gioco, perciò si è inserita bene. La madre precisa infatti che: “Sono d’accordo che fra i pulcini si è creato subito un forte spirito di gruppo ed è stato proprio bello vedere come si aiutavano tra di loro. Addirittura facevano tutto insieme, andavano in bagno insieme, si spostavano

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insieme. È stata un’esperienza forte anche per noi mamme che ci siamo sentite, e ci sentiamo ancora, un gruppo”. A proposito di questo una mamma precisa che il bambino: “Ha frequentato per un anno il nido. Nel passaggio alla materna mi ha molto attirato la possibilità che M. fosse inserito in una sezione così piccola. Anche la mensa interna con il pranzo separato per i bambini così piccoli è stata utile dato che M. ha sempre avuto un po’ di problemi a mangiare.Così continua un’altra mamma: “M. era molto inserita nel suo nido, prevedevo avrebbe fatto molta fatica ad inserirsi, invece è molto contenta e serena”.Anche se una bambina non proveniva da un nido o da un Punto Gioco, a lei, dice la mamma: “È servito qualche giorno per ambientarsi, fino a che non ha trovato i suoi riferimenti tra i bambini e con l’insegnante; al mattino non voleva venire, poi ha preso il ritmo e la punizione era tenerla a casa”. Tornano alcuni temi già incontrati nel primo paragrafo, vale a dire quanto e se la frequenza di altri luoghi per l’infanzia possono o non possono favorire l’entrata nella scuola dell’infanzia, richiamandoci quindi all’importanza del raccordo fra le istituzioni educative. Uno degli elementi che meglio può aiutare i bambini a desiderare o per lo meno ad accettare la scuola è la presenza di un gruppo coeso di compagni o il fatto che fin da subito chi gestisce i bambini cerchi di costituire un clima sereno fra i bambini cercando di sollecitare forme di aiuto reciproco che rassicurino ognuno della “bontà” dell’altro.

E i sentimenti? “Quali pensate siano stati i vostri atteggiamenti e i vostri sentimenti nei confronti del distacco dai figli?”. È stato il secondo punto preso in esame dal quale emerge che per una mamma: “È stato difficile al nido, andavo via piangendo. Ora è diverso, un po’ perché ho imparato che mia figlia ce la può fare, un po’ perché obiettivamente mi sento meno in colpa io. In fondo alla scuola materna vanno tutti, e sopravvivono”. A fronte di questa sicurezza acquisita in seguito ad un’esperienza pregressa, c’è la testimonianza di una madre che dice: “Io invece mi sento sempre in colpa per tutte le ore che passo in ufficio. Continuo ad immaginare cosa fa e cosa pensa B., mi sembra cha anche per lei, come per lei, il tempo non scorra mai”. Se c’è una madre in angoscia c’è anche una famiglia che lo è stata: “Non so come abbiamo fatto a sopravvivere ai primi dieci gironi di inserimento, A. era in una valle di lacrime e pure il suo papà. Ho dovuto impormi e costringere mio marito a mantenere fede all’idea di mandarlo a scuola. Sembrava proprio che non riuscisse a rassegnarsi. Il bambino era sempre lagnoso con la vocetta stridula. Ti guardava con quegli occhioni e ti strappava il cuore. Per il papà era impossibile portarlo,

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per me è stato importante vedere come facevano le altre mamme, mi ha aiutato molto sentire i loro incoraggiamenti. In effetti avevano ragione e le cose sono migliorate”. Un’altra conferma che: “Per la verità sono stata molto in ansia rispetto al fatto che era un’iniziativa sperimentale. Mi chiedevo: quanto saranno preparate le maestre? Avranno un’idea precisa su come aiutare questi bambini così piccoli? Devo dire che a me è molto piaciuta la maestra che ci è capitata: ce la metteva tutta e si vedeva che ci teneva alla sua sezione. È stata brave anche nel creare uno spirito di gruppo tra bambini piccolissimi. Fra di loro si aiutano ed è commovente come cercano di consolarsi tra loro”.Infatti, aggiunge un’altra mamma: “Credo che siamo state fortunate anche perché A, la nostra educatrice, è una psicomotricista. Con i bambini piccoli credo sia importante lavorare con il corpo. Inventa un sacco di giochi”.Ma allora: “Avete visto dei cambiamenti nei vostri bambini dopo l’inserimento? Come hanno reagito?”.Se per una mamma: “Tutto sommato per noi non è cambiato molto. La lotta per trovare i nostri ritmi, l’avevamo già fatta al nido, e per fortuna non ho dovuto ricominciare da capo. Lei mi pare abbastanza tranquilla.Ma,certo! Dice una mamma. “Io ho visto una bimba molto arrabbiata all’inizio, soprattutto mi colpiva che se la prendesse con me al momento dell’uscita. Forse era anche più stanca, non lo so, ma faceva scenate che non aveva mai fatto. Poi ho visto una bimba che ha imparato un sacco di cose”.E un’altra: “Mio figlio ha improvvisamente cambiato le abitudini sul sonno. A scuola non ha più voluto dormire, fin da subito. In compenso appena toccava la macchina al pomeriggio, crollava. E non c’era verso di svegliarlo per la cena, dormiva di filato fino verso mezzanotte, poi pretendeva di giocare, ci abbiamo messo un po’ a prendere il ritmo. Ora resiste fino a cena ma crolla alle sette mezza-otto, e a noi fa piacere così..”Una mamma dice che “Le pare non essere una grossa fatica. Lei è fin troppo attiva, sempre in movimento. Per certi aspetti è una grazia se si stanca tanto a scuola, così a casa lascia vivere noi e sua sorella”.Per un’altra: “Per me è stato difficile capire come rassicurarla. Ho trovato questo sistema di fare le cose secondo un nostro preciso ordine. Tutte le sante mattine prima salutiamo il nostro albero, poi facciamo pipì, poi ci abbracciamo forte, forte e finalmente lei va”.E questa mamma ci aiuta! È bene strutturare dei riti, delle situazioni ripetute, delle situazioni che incornicino quanto va accadendo rassicurando il bambino che tutto si ripete a casa e a scuola abbastanza stabilmente al punto da potere affrontare “tutto questo movimento”. D’altra parte emerge come anche i genitori

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possano trovarsi in difficoltà e, per conseguenza, l’importanza dell’alleanza fra madri che la scuola può favorire in non pochi modi e che può anzi sollecitare e sostenere in presenza di gravi difficoltà dovute ad eventuali disorientamenti davanti a tanta e comprensibile protesta dei bambini. Fare gruppo fra i genitori per affrontare i passaggi difficili del loro “mestiere” e dei loro bambini e quindi dell’intera famiglia è pratica da sostenere e incentivare. Per il resto fra lacrime copiose, sonni saltati e piccoli ritiri dalla relazione, tutti questi genitori ci confortano che c’è ancora, permane e si coltiva l’idea che separarsi non può accadere senza che il bambino lo accusi, ma che è del crescere, della funzione genitoriale aiutarlo a crescere e permettere al bambino di farcela. “Ma quali condizioni, che cosa vi sembra abbia favorito un sereno distacco?”Un mamma sottolinea l’importanza del fatto: “Che fossero un gruppo piccolo. È commovente come anche adesso che sono stati smistati in due sezioni di scuola materna, si riconoscano fra di loro e si cerchino. Per la mia sono ancora i compagni

preferiti di giochi”. A cui si aggiunge un’altra mamma che dice: “Io ho molto apprezzato il fatto che la sezione avesse spazi e tempi diversi dagli altri bambini. Forse è stato un po’ traumatico all’inizio di quest’anno quando abbiamo dovuto adeguarci a numeri più grandi, anche per noi mamme” a cui fa seguito un’altra che conferma quanto già detto sopra: “Anche fra noi mamme il fatto di vivere una situazione particolare ci ha molto unito. Io mi sono sentita molto aiutata dalle altre”.Quindi è confermato che le mamme devono e possono, ma non solo loro - anche i papà - diventare un gruppo per aiutarsi nel far crescere i bambini. Ma se questo è utile, non è, come abbiamo visto l’unica condizione: non è irrilevante il contesto che accoglie i bambini. Quanti? Come? Messi dove? Riaccorpati o divisi in sezioni? Come e per quanto tempo? Gestiti in che modo? Con che tipo di maestra? Con che tipo di comunicazioni alle famiglie su come verranno gestiti? Allora se le famiglie sono dovute diventare ancora più pazienti (“pazienza” è parola che attraversa tutti gli incontri) e accoglienti per far posto alle comprensibili e legittime, perché vitalmente evolutive, risposte dei bambini, anche le scuole non possono non diventarlo affinché il bambino passi da “una valle di lacrime” a “voler stare con gli amici”, pensando meno a mamma e papà. Chissà quanto invece

pensano ai loro figli papà e mamma, ma si spera che non glielo dicano sempre!

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Note:8 Presenti: Francesco Caggio, Micol Gillini, sette mamme di una scuola dell’infanzia paritaria Fism Lecco; non tutti i bambini erano “anticipatari”9 Poi successivamente dopo il genitore, in parentesi, sarà messa direttamente l’età del bambino 10 Il Punto Gioco è un servizio rivolto a bambini fino ai tre anni, organizzato solo sulla mattina senza distribuzione del pranzo (ora centro prima infanzia). Il Punto Gioco è un servizio alla prima infanzia in cui il bambino può vivere un’esperienza di aggregazione e di socializzazione affidato ad un opera-tore per un numero limitato di ore al giorno, senza distribuzione del pasto. 11 Una scuola infanzia paritaria Fism Lecco; focus group con i genitori: presenti: Francesco Caggio, Micol Gillini e poi mamma di C., inserimento “a termine” (M1), mamma di R., inserimento “a termine” (M2), mamma di E. (M3), mamma di M. (M4), mamma di C., inserimento “anticipato” (M5). papà di N., inserimento “a termine” (P1), mamma di C. e S., inserimento a “termine” (M6)12 Focus-group con i genitori dei bambini anticipatari inseriti nella scuola dell’infanzia; presenti Micol Gillini, coordinatrice provinciale Fism Lecco, sette mamme di una scuola dell’infanzia parita-ria Fism Lecco Nota: Tutte le mamme presenti hanno inserito i bambini a due anni e mezzo in una microsezione di nove bambini (microsezione “Pulcini”) nell’anno scolastico 2005-2006.

PRESENTI: Francesco Caggio, Micol Gillini - coordinatrice provinciale Fism Lecco -, sette mamme di una scuola dell’infanzia paritaria Fism di Lecco.

Caggio “Quali sentimenti, aspettative, commenti possiamo condividere sul tema dell’inserimento alla scuola dell’infanzia dei vostri bambini?”Mamma di L. (3 anni e due mesi) “L. proveniva dal punto gioco. Non ci sono stati particolari problemi al momento dell’inserimento. È un bambino vivace ed interessato al mondo esterno. Il problema sono state le numerose malattie che all’inizio lo hanno ostacolato perché non riuscivamo ad avere un ritmo costante. È stata brava l’insegnante perché è riuscita a dargli sicurezza e a contenerlo”Mamma di P. (2 anni e 9 mesi) “Il distacco è stato traumatico. Ci sono stati pianti epocali. Poi la presenza del fratello l’ha rassicurato. Alla lunga però questa stessa presenza l’ha ostacolato nella relazione tra pari. È stato comunque un periodo molto difficile” Mamma di Pi. (3 anni e mezzo) “Il primo impatto traumatico Pi. l’ha avuto con il Punto Gioco. Con la scuola materna è andata leggermente meglio, ma non molto. Per quasi tutto il primo anno ha fatto solo metà giornata. Ora che è mezzano finalmente è migliorato, anche se al mattino prima di arrivare chiede sempre di essere informato sul programma della

giornata”

N.2.A.ALLEGATO14 settembre 2006: FOCUS-GROUP CON I GENITORI DEI BAMBINI INSERITI

NELLA SCUOLA DELL’INFANZIA

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Mamma di G. (3 anni) “G. è arrivato senza aver frequentato né nido né punto gioco. I primi giorni sono stati molto tranquilli, poi purtroppo si è ammalato e non ha più voluto andare a scuola. Non c’era più verso di convincerlo. Ha fatto mezza giornata per metà anno. Ora invece si è conquistato un suo spazio, e addirittura la punizione è tenerlo a casa” Mamma di M. e R. (gemelle di 3 anni) “Le mie bambine sono state inserite in due sezioni diverse per scelta della famiglia accolta dalla scuola. Mi sembrano serene entrambe. Sono proprio contenta della scelta della separazione”Mamma di A. (prima elementare) e G. (anticipataria: nata nel gennaio 2003 e inserita a settembre 2005) “G. è stata presso il Punto giochi della scuola. Poi è passata alla scuola materna in una microsezione tutta di piccolissimi e piccoli. Nel secondo anno, ora, la microsezione è stata smistata nelle altre sezioni. G. è una bambina elastica - più di quanto prevedevo -. Una complicazione è stata la presenza dei cuginetti, ma ora sembra superato anche quello”

Caggio “Ci sono stati cambiamenti significativi nei ritmi giornalieri di vita dei bambini?”Mamma di P. (2 anni e 9 mesi) “C’è stato un miglioramento nei ritmi di vita: con la scuola ha cominciato a dormire al pomeriggio (diversamente dal fratello maggiore che ha fatto il contrario). Autonomo il controllo sfinterico e buono l’approccio con il cibo (mangia tutto e volentieri)” Mamma di M. e R. (gemelle di 3 anni) “Non ci sono stati grossi cambiamenti nello stile di vita delle bambine. Sono autonome ed anche senza patello”Mamma di Pi. (3 anni e mezzo) “Pi. non ha mai dormito di giorno. Con la scuola ha imparato a variare il cibo. Soprattutto c’è stata un’evoluzione positiva: ora anche a cena dice “quello che c’è va bene”. Dal punto di vista del controllo degli sfinteri era già autonomo quando è entrato. Nel momento dell’inserimento ero incinta”Mamma di L. (4anni) “Con l’inserimento L. ha improvvisamente smesso di dormire al pomeriggio e andava a dormire molto più presto alla sera (o crollava di colpo nel tardo pomeriggio). È autonomo nel controllo degli sfinteri e non ha mia avuto problemi con il cibo”Mamma di A. (prima elementare) e G. (anticipataria: nata nel gennaio 2003 e inserita a settembre 2005) “A. è sempre stata molto autonoma. G. è arrivata già senza patello sebbene piccola. Ha mantenuto l’abitudine di dormire al pomeriggio per tutto il primo anno”Mamma di G. (3 anni) “G. non ha mai dormito a scuola. Appena arriva a casa crolla. A volte anche in macchina. Nel controllo degli sfinteri è autonomo ma lui la pipì a scuola non la vuole fare. Di solito appena arrivo alle quattro lo porto nel bagno della scuola. A casa lo dovevo imboccare per mangiare, mentre a scuola mangiava da solo. Poco, ma da solo”

Caggio “Ma le mamme cosa provano o hanno provato al momento del distacco?”Mamma di Pi. (3 anni e mezzo) “Io piangevo tutte le mattine dopo aver lasciato Pi. a scuola. Per me la mattina era una tragedia. Lui vomitava addirittura”Mamma di P. (2 anni e 9 mesi) “Sto male anche io ma mi dico “dobbiamo vincere questa cosa”.

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Mamma di L. (4anni) “Avevamo un po’ di patema. Ma poi abbiamo trovato il nostro modo. L. tutte le volte che vado a prenderlo mi chiede “Ti sono mancato? E ci tiene ad essere rassicurato”Mamma di M. e R. (gemelle di 3 anni) “La mia apprensione è relativa alla separazione delle gemelle, ma vedo che si stanno abituando”Mamma di G. (3 anni) “G. piangeva solo quando lo accompagnavo io. Se lo accompagnava suo padre, tutto filava più liscio. Mi sembra che il momento del saluto sia importante (io sento che il bambino ha bisogno di vedermi serena)”Mamma di A. (prima elementare) e G. (anticipataria: nata nel gennaio 2003 e inserita a settembre 2005) “Le mie figlie mi hanno aiutato tanto e mi hanno reso serena”

Caggio “Quale pensate sia il comportamento migliore da parte dell’insegnante per accompagnare il distacco?”Mamma di Pi. (3 anni e mezzo) “Io credo che sia importante da parte della maestra un’estrema dolcezza e pazienza. In fondo è una vice-mamma. Necessario remare insieme. Sono stata fortunata perché la maestra è sempre stata quella ed è riuscita a trovare il modo di intendersi con mio figlio”.Mamma di P. (2 anni e 9 mesi) “La cosa più importante è proprio che la maestra non cambi” Mamma di A. (prima elementare) e G. (anticipataria: nata nel gennaio 2003 e inserita a settembre 2005) “Ed anche tanta pazienza e disponibilità”Mamma di M. e R. (gemelle di 3 anni) “A me pare che l’inserimento funziona quando la maestra è capace di capire quale è il modo migliore per mettersi in contatto con ciascun bambino. E ancora di più, che sappia capire come cambiare il proprio comportamento a seconda dell’evoluzione dell’inserimento con lo stesso bambino”Mamma di G. (3 anni): “Credo per una mamma sia importante sapere chi prenderà il suo bambino e poterla conoscere”

Caggio “Se doveste scegliere una sola parola riferita sola al periodo dell’inserimento?”“Pianto”“Serenità”“Dramma”“Tranquillità”“Un po’ di angoscia”“Gioia per il gioco con gli altri bambini”

Caggio “Si avverte un senso di mancanza, di perdita. Ma pensate faccia crescere?”Mamma di M. e R. (gemelle di 3 anni) “Ci fa crescere come genitori, come mamme, perché ci rendiamo conto che devono crescere, diventare autonomi”Mamma di A. (prima elementare) e G. (anticipataria: nata nel gennaio 2003 e inserita a settembre 2005) “Mi hanno fatto crescere. Rispetto a G., mi sono resa conto che io pensavo

più a lei di quanto lei a me”

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PRESENTI: Francesco Caggio - Micol Gillini - mamma di C., inserimento a termine (M1) - mamma di R., inserimento a termine (M2) - mamma di E. (M3) - mamma di M.(M4) - mamma di Ch., inserimento anticipato (M5) - papà di N., inserimento a termine (P1) - mamma di C. e S., gemelle, inserimento a termine (M6)

Caggio “Siamo qui per un giro di tavolo per sapere dal vostro punto di vista che cosa succede ai bambini, alle famiglie e anche a voi al momento dell’inserimento a scuola”

Gillini “Grazie intanto per essere qua. Quello che ci diciamo serve appunto unicamente ai fini di capire un po’ meglio come le scuole dell’infanzia come coordinamento provinciale delle scuole dell’infanzia paritarie statali all’interno di un progetto di ricerca. Quello che ci diciamo serve esclusivamente per cercare di approfondire questo tema dell’inserimento e dell’accoglienza nelle scuole dell’infanzia per migliorare a nostra volta come scuole questa capacità di accoglienza, per cui dite liberamente…”

Caggio “Dunque vi chiederei semplicemente di dire un po’ di questo periodo della vita che è un po’ diverso da bambino a bambino…se ha frequentato l’asilo nido, se è stato in casa con voi o con i nonni con voi genitori Come li vedete? Come voi pensate che affrontino quest’esperienza? Come vedete le educatrici, le insegnanti? E anche come la famiglia vive questo momento, come dire, in cui il bambino esce da casa e comincia a frequentare gli altri, a stare lontano da casa cinque, sei, sette, otto ore. Quindi facciamo un giro molto liberamente…vi presentate: “Sono la mamma di Antonio, piuttosto che…”. Prego. Staremo qui insieme un’oretta verso le 10 o 10,15 il tempo di ascoltarci e poi se vi vengono delle idee a partire dall’intervento di una madre aggiungete, togliete, vedete un po’ di…”

M1 “Sono la mamma di C.. Lui vive alla mattina un momento di terrore, no beh, non terrore solo che è sempre stato in casa, non ha frequentato l’asilo nido, è figlio unico per il momento quindi ha sempre vissuto con adulti perché lo tenevano i miei genitori quando io lavoravo e per lui la mattina adesso io sono a casa vede che lo preparo, bisogna andare a scuola quindi no, adesso no. La prima settimana è stata un po’ drastica per lui perché piangeva così. Poi dopo la seconda settimana invece sembrava tranquillo sembrava aver superato la cosa e adesso ha ricominciato: “No, mamma io non voglio andare a scuola…non mi piace…ho paura…”. Tutte parole che prima non ha mai detto però so che è solo il momento in cui io lo lascio qui e poi dopo…”

Caggio “Come al solito”

P1 “Permesso. Scusate il ritardo ma…”

N.2.B.ALLEGATO12 ottobre 2006: FOCUS GROUP CON I GENITORI di una scuola dell’infanzia

paritaria Fism di Lecco

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Caggio “Stiamo facendo un giro di tavolo, buon giorno sono Caggio, su come sta andando l’inserimento dei bambini, come lo vivono loro, come lo vivete voi. Ha cominciato la mamma di C. Ha paura, ma lei dice solo nel momento…”

M1 “Solo nel momento… perché poi quando sono in strada per venire qui non è che si mette a piangere oppure, per esempio, adesso non vuol neanche più venire in braccio la mattina, invece prima ”No, mamma tienimi in braccio…” finché non arrivavamo qui. Invece adesso la fa tranquillamente camminando e poi dopo quando vengo a prenderlo: “Sei contento?” “Si, si.”, “Hai mangiato?” “Si, ho mangiato”. Per cui è proprio il momento di svegliarsi alla mattina, sapere che lo devo preparare per andare alla scuola materna. Perché poi a casa fa le stesse cose che faceva prima, anzi magari con un po’ più di entusiasmo oppure si mette a canticchiare le canzoni che ha imparato qui quindi è proprio solamente il momento della mattina”

Caggio “Prego. Molto liberamente. C’è bisogno di una mamma con una sua esperienza”

M2 “Sono la mamma di R. R. ha iniziato a gennaio dell’anno scorso e anche lui ha avuto un po’ un inizio traumatico perché lui aveva provato ad andare un po’ al punto giochi qua della scuola. Si era inserito bene all’inizio, poi ora della fine non gli era proprio piaciuto, non so cosa sia successo. Per di più a inizio anno penso metà anno forse si è trovato un po’, non lo so, un po’ spiazzato, magari gli altri bambini erano già un po’ più abituati. Per di più io ero incinta, aspettavo il fratellino, per cui penso che siano un po’ una serie i motivi che creavano difficoltà a inserirsi. Anche lui ha fatto il primo mesetto, anche due: “Mamma non voglio andare all’asilo.”. Era la prima cosa che diceva quando si svegliava. Andava all’asilo proprio con l’ansia. Invece poi pian piano si è inserito e adesso, riprendendo dopo le vacanze, avevo anche io paura che riprendesse ad avere questo timore invece sta venendo volentieri”

Caggio “Ed è nato la sorellina o il fratellino…che avrà qualche mese…”

M2 “Fratellino. Si, qualche mese”

Caggio “Ora viene volentieri?”

M2 “Si, si”

M3 “Io sono la mamma di E. Il mio forse è un caso un po’ particolare perché E. è una bambina con sindrome down per cui è una bambina che comunque cerca tanto gli altri bambini. Lei ha già un fratello di sei anni, ha terminato lui la scuola dell’infanzia e ha cominciato lei. L’ambiente lo conosceva già, appunto per il fratello, per cui ci è venuta molto ma molto volentieri. Forse anche il fatto che lei comunque trova sempre la persona di riferimento, che è la sua insegnante di sostegno e quindi anche il distacco da me probabilmente è meno traumatico perché c’è comunque la persona, la stessa persona che l’accoglie sempre. Lei comunque era già stata anche al Punto Gioco, per un anno, e devo dire che comunque si è sempre ambientata bene, non ha mai avuto difficoltà di distacco da me o cose di questo

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tipo. Anche nei suoi comportamenti a casa comunque non trovo niente di particolare che mi faccia pensare che lei qui non stia bene o che comunque non si è inserita bene”

M4 “Sono la mamma di M. Lei ha frequentato l’asilo nido. Non so cosa dire perché di problemi non ne ho mai avuti, è sempre andata volentieri per cui anche l’inserimento sulla scuola materna è andato bene. Beh, voglio dire anche al mattino quando si alza la prima cosa che mi dice è: “Andiamo all’asilo?” e io dico: “Aspetta un momento che è presto!”. L’unica cosa che non fa alla scuola materna è dormire, non riesce proprio. Loro ci stanno provando in tutti i modi ma… infatti quando sono al massimo le 8 di sera, lei dorme. Crolla completamente. Ieri sera alle 7.10 dormiva di già. E stamattina alle 7.30”

Caggio “È il motivo per cui si sveglia presto?perché se dorme dalle 19.00, alle 7.00 sarà già sveglia”

M4 “Perché non dorme più di pomeriggio, come quando tornava dall’asilo che mi dormiva comunque un paio d’ore. Adesso non lo vuole più fare. Ieri sera forse era un caso eccezionale perché siamo andati a mangiar le castagne, ha camminato tanto e alle 7 è crollata. Però viene volentieri, le piace. Anzi le dico: “Vuoi stare a casa con la mamma oggi?”. Assolutamente no! Io aspetto il terzo e poi ha una sorella di dieci anni: ha una scuola davanti che è unica perché tutto quello che fa la prima lei imita in modo eccezionale proprio”

Caggio “E tra un po’ le nascerà un’altra sorellina?”

M4 “Non lo so”

M5 “Io sono la mamma di Ch. Allora la mia bimba ha iniziato l’anno scorso che aveva 2 anni e mezzo, compiva i tre anni a febbraio quindi era proprio la più piccolina dell’asilo. Allora la prima settimana è stata una gioia anche per lei frequentare l’asilo poi dalla terza settimana ha cominciato la crisi. In più lei è una che si è ammalata continuamente, perciò faceva questa altalena: una settimana all’asilo, 10 giorni a casa malata, proprio con l’antibiotico pesante, è stata ricoverata anche in ospedale. A parte questo quindi lei a febbraio è stata sempre… in un mese veniva 2 settimane si, 2 settimane no, perciò ogni volta che ritornava all’asilo era un problema grande proprio portarla, trascinandola per strada, bisognava esser proprio fermi con lei, non cedere. È stata una cosa abbastanza pesante. In più io avevo già un’altra bambina, nata ad agosto […] nel 2004, quindi aveva un anno, perciò mi vedeva tornare a casa con questa bambina piccolina lei piccolina anche perciò era proprio una cosa abbastanza… In più avevamo dei problemi familiari di malattia. È stato un anno… Infatti io avevo chiesto alle insegnanti se me la tenevano tutto il giorno il prima possibile perché avevo bisogno di stare libera. È una cosa abbastanza dura questo inserimento all’asilo. Poi da quando ha cominciato a non essere più ammalata, quindi verso febbraio o marzo, è cambiata totalmente. Ha voglia di venire all’asilo, “mamma, andiamo!”. Proprio un cambiamento netto così, dall’oggi al domani. Mi sono stupita e infatti ha iniziato l’asilo quest’anno benissimo, dopo una settimana però era già malata e quindi è ricominciata la storia che sta a casa 3 o 4 giorni perché non sta bene e fa fatica, non perché non vuole venire all’asilo ma perché comunque lei vede che

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resta a casa la sorellina, che ha due anni” .

Caggio “Stiamo facendo un giro su come vedete l’inserimento dei vostri bambini”

M5 “Io la vedo più come un fattore di sfida che la bimba manda, capisco proprio questa cosa. Perché non è che piange, fa le lagne, si lagna, ecco, poi dopo quando è in strada basta. Però mi fa perdere tempo il più possibile quando è a casa: corre, scappa, non si mette le scarpe… Ecco, tutte queste cose perché non vuole andare là, vuole stare forse un po’ di più, non so. Poi dopo questo è felicissima”

Caggio “Vuol dir qualcosa lei visto che è stato il penultimo, così poi si mette nella situazione”

P1 “Io sono il papà di N. La mia bimba ha iniziato l’anno scorso al nido per cui tutte le crisi da “non voglio andare…” le abbiamo passate alternativamente a fasi all’interno dell’anno scorso. Qua all’asilo ha già una cuginetta per cui c’era l’entusiasmo di diventare grandi, del passare alla scuola materna e non più al nido. Pensavamo ci fosse la crisi d’inizio anno invece è stato proprio l’esatto contrario. Era entusiasta, si svegliava la mattina lei andava per la cuginetta, l’amica della cuginetta, c’erano tante cose da fare, poi a lei piace pitturare per cui qua all’asilo ha trovato un bel clima. I problemi sono sorti da lunedì, nel senso che da questo lunedì non so se è successo qualcosa all’asilo o magari sia entrata in quella che è la routine, non c’è più la novità, allora si inizia a fare i capricci a casa per non vestirsi, “non mi porta il papà, mi porta la mamma” e tutta una serie di cose. Poi invece all’asilo, parlando con le maestre, si comporta bene, sta bene, gioca, collabora, non ha problemi. Il problema è appunto il distacco, che è lo stesso problema che avevamo notato l’anno scorso al nido, a fasi alterne, cioè, c’erano fasi un cui andava volentieri e c’erano delle fasi in cui non voleva andare”

M6 “Io sono la mamma di C. e S., due gemelle. Allora, anche loro hanno avuto precedenti, sono andate al nido anche se in una fase alterna: loro sono andate dai sei mesi fino a circa un anno e mezzo, poi io quando aspettavo il terzo bambino sono rimaste a casa con me. Hanno fatto poi un nuovo inserimento in nido quest’anno, da aprile, e poi hanno fatto il passaggio adesso con la scuola materna. Allora, S. ha fatto qualche protesta nella prima settimana. È capitato un paio di volte, proprio pestando i piedi, urlando, qui sempre in asilo. Lei parte da casa sempre molto felice poi quando arrivava qui ha avuto questi due episodi di protesta che però si sono risolti, nel senso che lei adesso mi saluta tutte le mattine dandomi un bacio, dicendomi “ciao”, viene volentieri, è tranquilla. Al pomeriggio dorme per cui non mi pare ci siano grossi problemi. Ch., invece, ha avuto anche qualche difficoltà in più al nido, nel senso che lei ha pianto per tutto il nido, da aprile fino a luglio, tutte le mattine lei sistematicamente faceva le due lacrime ogni volta che la lasciavo. Un po’ a fasi alterne, nel senso che c’è la mattina che proprio le vengono i lacrimoni e piange quando c’è il distacco e c’è la mattina, invece, che fa proprio la sfida di protesta ma ridendo, perché vuole comunque che le insegnanti la prendano in braccio. Ha bisogno di un’accoglienza un pochino diversa rispetto a S., ha proprio bisogno di un passaggio di braccia dalla mamma all’insegnante. Anche lei poi durante il giorno è tranquilla, al pomeriggio dorme,

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spesso quando arrivo devo svegliarla io perché lei sta ancora dormendo. Poi a casa sono abbastanza tranquille, loro sono piccole, hanno due anni e nove mesi, fanno i tre anni a gennaio, quindi… Va beh, anche al pomeriggio probabilmente avrebbero bisogno di dormire di più per cui alle quattro, quando loro si svegliano, sono un pochino più nervose rispetto al normale però poi è questione di trovare quella cosa che in quel momento va bene, per far scattare… È un po’ più difficile trovare quello che va bene in quel momento”

Caggio “Questi sono i bambini. E voi come mamme o come padri? Questo è quello che provano loro ma quando voi li avete lasciati cos’avete provato? O quando li portate?”

M5 “Guardi avendone uno dopo, è un po’ anche una liberazione, perché in una casa c’è sempre da fare, con un altro bambino c’è sempre da seguire qualcun’altro perciò è una liberazione, ma in senso buono. Infatti poi quando la rivedo alle quattro mi fa la festa e anch’io a lei. Poi appunto, io sono in una situazione un po’ particolare, perciò io desideravo proprio che venisse all’asilo. Ho cercato quello che la prendeva a due anni e mezzo quindi per me è stato proprio un sollievo. Parlo anche da parte del papà, che è molto più attaccato alla prima che alla seconda. Adesso lui, facendo un altro lavoro fa i turni, perciò la vede molto poco quando fa il secondo turno, la vede quest’oretta alla mattina. Vedo che il loro rapporto non è che è cambiato però ad esempio lei alla mattina si attacca molto al papà perché sa che poi non lo vedrà fino alla mattina dopo e per lui è lo stesso. È proprio un rapporto un po’ più affettivo con Ch. che con L., che è la mia seconda. […] Si starà sforzando ancora di più perché hanno meno tempo. Poi mia figlia è particolarmente attaccata al papà. Se lei dovesse scegliere, sceglierebbe il papà piuttosto che la mamma. Anche lei soffre molto questa cosa di vederlo di meno, infatti le scenate che mi fa alla mattina è proprio perché “No, la giacca me la mette il papà. Le scarpe me le mette il papà”. […] Ma proprio perché lo vede di meno (in questa settimana, perché poi da settimana prossima lo vedrà di più), nella settimana in cui lo vede di meno c’è questa mania del papà. Probabilmente anche questa cosa qui le fa vivere peggio questo distacco alla mattina perché sa che il papà torna a casa e sarà lì con l’altra sorellina a giocare o comunque lei lo vede”

Caggio “Invece lei come padre come vive il fatto che N. venga qui? Stiamo parlando un po’ dei sentimenti degli adulti. Non abbiamo tanto visto i loro sentimenti, abbiamo visto i loro comportamenti: fan questo, fan quello… che non è esattamente ciò che poi loro provano. Possiamo capire che si fanno rincorrere per mettere le scarpe per poter allungare i tempi, per stare un po’ più con la mamma. Non abbiamo più parlato dei sentimenti perché in genere si parla del comportamento dei figli. Poi è un po’ più complesso recuperare dei sentimenti che ci stanno dietro. Noi come adulti possiamo anche noi, parlare dei sentimenti che avete provato voi, delle emozioni, un po’ vi spiace, vi fa piacere che cresca. Quali sono un po’ i vostri pensieri su questa nuova esperienza di vita?”

P1 “È un po’ contrastante, nel senso che io lavoro parecchio, inizio alla mattina presto e finisco la sera tardi per cui il tempo di star con le due bambine è veramente limitato. Mi va bene al giorno di riposo che, essendo in settimana, me le godo al pomeriggio quando tornano dall’asilo. Con la N. è stato molto bello perché fino all’anno scorso al nido le

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portava mia moglie per cui anche il distacco al nido e tutte queste cose… era raro che le portavo io e le volte in cui lo facevo però non c’erano problemi. Non c’erano questi distacchi forzati. Mentre adesso venendo all’asilo io vengo con la N. e lei mi racconta tutto quello che ha fatto il giorno prima, strada facendo, venendo a piedi ed è molto bello, abbiamo un rapporto che prima non c’era e che si è costruito in questo mese e mezzo di asilo. Anche se poi effettivamente il distacco non è solo per lei ma anche per il papà perché staresti la mattina a parlarle assieme, fosse per me la porterei al laboratorio in cui lavoro però è ingiusta anche come cosa, nel senso che lei deve imparare a star con gli altri bambini, a vivere all’interno di una società e la scuola materna serve anche a questo, oltre che a giocare[…]”

Caggio “Quindi dice che non è giusto che come genitore la trattenga perché deve imparare a stare con gli altri. E le mamme?”

M1 “Io, avendo un unico figlio, avevo bisogno che lui cominciasse la scuola materna perché ha un cugino che abita nello stesso cortile dove abitiamo noi e per lui è un’ossessione, nel senso che è la sua ombra. Come lo sente parlare, anche se è in casa sua, vuole andare da lui e ha una sorellina, mio nipote, un’altra cuginetta che è piccolina e quando viene lei è un qualcosa che gli impedisce di stare più tempo con il suo cuginetto, quindi questa cosa mi ha fatto pensare che lui abbia bisogno di stare con altri bambini. Infatti lui adesso un po’ timoroso, nel senso che quando entra in classe alla mattina è lì, bloccato. Mi dice come si chiama questo, come si chiama quello, però sta lì vicino a me. A casa invece mi racconta di tutto e di più, poi magari inventa anche delle situazioni che è impossibile che possano essere successe però vedo che comunque ha bisogno di stare con gli altri bambini. Infatti il sentimento che ho provato io quando ho potuto iscriverlo era “Meno male! Almeno si rende conto che non c’è solo suo cugino”. Poi tra l’altro essendo anche più grande gli fa fare di quelle cose che…va beh, con una differenza di tre anni”

M4 “La F. fa fare alla M. che ha tre anni e lei ne ha 10, delle cose. Poi magari lei pensa di volerle fare ma se non le fa giuste quell’altra si arrabbia. Le dico “F.,non vedi che ha tre anni…” e dopo c’è sempre la lotta”

M1 “E quando giocano in cortile: “C. vieni a casa che c’è pronto”, “no, sto giocando con D.”, “ma il D. andrà a mangiare a casa sua”. Allora mia cognata ogni tanto: “vuoi venir su a mangiare da me?”, “si, mamma posso andare a mangiare da lui?”, però poi si rimanda il tutto a quando devo andare a prenderlo perché vuole stare da lui a dormire […]”

Caggio “Lei lavora?”

M1 “No, adesso sono a casa”

Caggio “E il fatto che adesso venga all’asilo non le ha creato un senso di vuoto?”

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M1 “Si, adesso si, perché comunque io sono a casa e mi rendo conto che la casa è vuota. Però ero arrivata anche ad un punto critico, anche per il fatto che lavoravo. Diciamo che per il distacco, per il fatto di lasciarlo qui non è stato tanto traumatico, perché quando andavo a lavorare lo lasciavo a mia mamma. Il sentimento era la festa. L’unica cosa che mi tranquillizza è il fatto che appunto ci sono delle insegnanti che dedicano tutto il tempo ai bambini, per cui non c’è la preoccupazione di doversi fermare a fare da mangiare, andare a fare la spesa o fare altre cose che mia mamma aveva come pensiero, oltre al seguire lui, e ci sono gli altri bambini con cui lui può giocare o confrontarsi. A casa, invece, stava tutto il giorno con mia mamma o con mio papà e le cose che facevano erano molto limitate. Per cui da parte mia il sentimento di lasciarlo qui non è stata una cosa così…da dire “Oddio, adesso lo lascio solo.”. Il fatto di aver scelto di non lavorare più è dettato dal fatto che al lavoro continuavo a cambiare orari, un po’ lavoravo alla mattina, un po’ al pomeriggio, poi sono stata ferma per nuovi motivi e quindi lui si è scombussolato, perché non c’era la routine perché io non facevo sempre i soliti orari quindi con mia mamma non voleva più stare, perché la vedeva come la persona che mi portava via da lui. Poi mia mamma non è più giovanissima, ha avuto dei problemi anche con le braccia per cui faceva fatica, mio papà nei confronti dei nipoti non è molto educativo perché gli concedeva qualsiasi cosa. Se adesso deve cominciare l’asilo non è più capace di mangiare da solo perché con mia mamma non lo voleva fare, quindi sono subentrate tante cose per cui ho deciso di dedicarmi a lui. Il sentimento suo probabilmente adesso nel venire qui…non so come dirlo perché adesso io sono casa per lui ma lo porto qui. Alla mattina per esempio c’è già il papà che va a lavorare però alla sera quando arriva vuole la mamma. Perché poi dalle 4 fino all’orario di cena è solo con me. Quindi è ancora scombussolato, non ha ancora capito che questa cosa è giusta per lui ed è una routine adesso. Infatti non posso dire che va all’asilo: “No, io vado a scuola perché anche il D. va a scuola”. Lui fa le elementari. […] Però quando qualcuno gli dice: “Allora, vai all’asilo?” “No, vado alla scuola materna”. Restano tutti lì perché dicono: “Non è la stessa cosa?”. Però per lui è una scuola come quella del cugino”

Caggio “Le altre mamme? La signora che ha la bambina grande e ne aspetta un altro… Come avete vissuto questo andare dei bambini?”

M4 “Io l’ho vissuto anche bene, forse perché non mi hanno mai dato problemi. Sia per l’inserimento al nido che alla scuola materna. Sono molto attaccati a me rispetto a mio marito perché va via alla mattina presto, arriva alla sera tardi poi è stanco per una cosa e l’altra, anche quando c’è qualche volta va bene se no è sempre la mamma che chiamano quando si deve fare qualcosa o perché li devo prendere in braccio. Le ho vissute bene, sia per la prima che per la seconda, non ho mai avuto problemi perciò per me mandarle andava bene, stanno con gli altri. Quando andava al nido andava solo fino alla 2 per cui dopo dovevo trovare sempre qualcuno che me la tenesse perché io finivo alle 4 il lavoro per cui stava sempre con la nonna però l’idea comunque che stesse tutto il giorno con i bambini l’ho sempre preferita al fatto che stesse tutto il giorno con la nonna… però sono sempre andate volentieri, non si sono quasi mai ammalate quindi non ho questo

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problema. Forse le ho allattate tanto!”

M2 “Io all’inizio è stato un po’ così… vedendo che aveva così tanta difficoltà mi dispiaceva. Però da una parte è servito anche a me perché sono riuscita a capire un po’ più di lui: come riuscire a prenderlo, che proprio aveva bisogno della rassicurazione: “Dopo che mangi vengo a prenderti”, “Dopo che fai merenda arrivo”, “Vengono i nonni”, “Cosa facciamo dopo l’asilo?” e questo tipo di rassicurazioni è servito anche a me per capire un po’ di più il suo modo di essere e il suo carattere, perché sostanzialmente lui è molto vivace però ha un po’ di difficoltà nell’inserimento. Adesso purtroppo lo sto rivivendo anche in piscina perché sta facendo la stesse cose, ha voluto andare a fare questo corso di nuoto e si trova in difficoltà. Ha voluto andarci lui. Al mare ne ha fatte di tutti i colori, era gasato perché sarebbe andato a fare il corso di nuoto con un suo amichetto e puntualmente adesso dice: “Io non voglio andare in piscina. Mamma, promettimi che è l’ultima volta.”. Poi sapendo che è solo una fase passeggera perché gli serve giusto il momento di inserirsi bene, adesso sono un po’ combattuta: lo faccio andare con tutte queste difficoltà o lascio perdere? E quindi è un po’ una lotta continua per cercare sempre di trovare il punto per convincerlo. Perché poi una volta che è all’asilo o, in questo caso, in piscina poi vedo che si diverte allora devi proprio un po’ spronarlo all’inizio. Appunto questa cosa dell’inizio dell’asilo mi è servita un po’ a capire come prenderlo”

Caggio “C’è sempre la ricerca di un punto di equilibrio tra ciò che vogliono loro e ciò che vogliamo noi”

M2 “Infatti capisco che lui ha bisogno proprio di un punto di riferimento. Quando per esempio è qua vedevo proprio che se c’era la maestra che lo prendeva in braccio o piuttosto che gli diceva “vieni che giochiamo” lui andava tranquillo, se io lo lasciavo lì era perso, cioè non si muoveva. Ha proprio bisogno del punto di riferimento […]”

M6 “Io sono abbastanza serena. […] Per Ch. potrebbe essere che per tutto l’anno lei piangerà nel senso che ha proprio questo momento, e sono proprio quei due minuti in cui io la lascio, però poi è serena, tranquilla, questo perché gli altri genitori vengono dopo, quando assistono al fatto che piange, e mi dicevano: “Ma guarda che è già passato” e poi perché anche le insegnanti mi dicono che, soprattutto lei che ha questa difficoltà, poi, appunto, è molto serena, così come al nido. Per cui se penso al nido che ha pianto per tutte le mattine, mi aspetto un lungo percorso. Io all’inizio pensavo anche che fosse legato a M., all’altro bambino, perché lui era con me ma questa cosa mi pare che non sia vera, che lui ci sia o non ci sia la modalità è la stessa. Sono serena perché mi pare che loro stiano bene. Per me era importante, così come la scelta del nido, perché loro comunque hanno anche bisogno di sviluppare due individualità diverse e, nonostante il fatto di essere in tre, loro due hanno dei meccanismi insieme, proprio da Cip&Ciop, nel senso che loro due si capiscono perfettamente. Ci sono dei giorni che veramente mi tirano matta, nel senso che hanno una sintonia su alcune situazioni che fai veramente fatica a entrare nel meccanismo. […]

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A loro secondo me piace sperimentarsi, così è stato al nido, far quella serie di attività che a casa per me era un po’ impossibile proporre, magari per i tempi o per l’altro bambino per il quale bisogna stare più attenti. Questo è per me e anche, credo, per mio marito. Noi abbiamo la fortuna di lavorare entrambi ma avere degli orari che ci permettono di stare con i bambini sempre oltre l’orario della scuola materna o del nido, per l’altro bambino”

PRESENTI: Micol Gillini - coordinatrice provinciale Fism Lecco - sette mamme della scuola dell’infanzia paritaria Fism di Lecco. Nota: tutte le mamme presenti hanno inserito i bambini a due anni e mezzo in una microsezione di nove bambini (microsezione “pulcini”) nell’anno scolastico 2005-2006

Gillini “Quali sentimenti, aspettative, commenti possiamo condividere sul tema dell’inserimento alla scuola dell’infanzia dei vostri bambini?”Mamma di Ad. “Ad. proveniva dal nido quindi la fase dell’inserimento non ci sono stati particolari problemi. Mi sembra che sia stata favorita dal piccolo gruppo e dallo spirito di collaborazione che si è subito creato anche tra noi mamme. Forse è più difficile per lei ora, perché la microsezione è stata smembrata nelle altre tre sezioni e lei si è trovata senza i compagni dell’anno scorso. Non trova il suo posto all’interno della sezione. Non è una piccola come gli altri ma non è neanche una mezzana: è un po’ spaesata” Mamma di An. “Anche An. proveniva da un Punto Gioco, perciò si è inserita bene. Sono d’accordo che fra i pulcini si è creato un forte spirito di gruppo ed è stato proprio bello vedere come si aiutavano tra di loro. Addirittura facevano tutto insieme: andavano in bagno insieme, si spostavano insieme. È stata un’esperienza forte anche per noi mamme che ci siamo sentite, e ci sentiamo ancora, un gruppo”Mamma di S. “S. non proveniva da nidi o punto giochi. A lei è servito qualche giorno per ambientarsi: fino a che non ha trovato i suoi riferimenti tra i bambini e con l’insegnante, al mattino non voleva venire. Poi ha preso il ritmo e la punizione era tenerla a casa” Mamma di M. “Mio figlio ha fatto un anno di frequenza al nido. Nel passaggio alla materna mi ha molto attirato la possibilità di mettere M. in una sezione così piccola. E anche, visto che M. ha sempre avuto problemi a mangiare, la mensa interna, con il pranzo separato per i bambini così piccoli”Mamma di Ma. “Ma. era molto inserita nel suo nido: prevedevo avrebbe fatto molta fatica ad inserirsi, invece è molto contenta e serena”

Gillini “Quali pensate essere stati i vostri atteggiamenti e sentimenti nei confronti del

N.2.C. ALLEGATO17 ottobre 2006: FOCUS-GROUP CON I GENITORI DEI BAMBINI ANTICIPATARI

INSERITI NELLA SCUOLA DELL’INFANZIA

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distacco dai vostri figli?”Mamma di Ad. “Per me è stato difficile al nido. Là veramente andavo via piangendo. Ora è diverso, un po’ perché ho imparato che mia figlia ce la può fare, un po’ perché obiettivamente mi sento meno in colpa io. In fondo alla scuola materna vanno tutti, e sopravvivono”Mamma di B. “Io invece mi sento sempre in colpa per tutte le ore che passo in ufficio. Continuo ad immaginare cosa fa e cosa pensa B. E mi sembra cha anche per lei il tempo non scorra mai.”.Mamma di An. “Noi non so come abbiamo fatto a sopravvivere ai primi dieci gironi di inserimento. An. era in una valle di lacrime. Ed il suo papà pure. Ho dovuto impormi e costringere mio marito a mantenere fede all’idea di mandarlo a scuola. Sembrava proprio che non riuscisse a rassegnarsi. Ed era sempre lagnoso con la vocetta stridula. Ti guardava con quegli occhioni che ti strappava il cuore. Per il papà era impossibile portarlo. Per me è stato importante vedere come facevano le altre mamme. E sentire i loro incoraggiamenti. In effetti avevano ragione e le cose piano piano sono migliorate”Mamma di Be. “Io per la verità sono stata molto in ansia rispetto al fatto che era un’iniziativa sperimentale. Mi chiedevo: quanto saranno preparate le maestre? Avranno un’idea precisa su come aiutare questi bambini così piccoli? Devo dire che a me è molto piaciuta la maestra che ci è capitata: ce la metteva tutta e si vedeva che ci teneva alla sua sezione. È stata brave anche nel creare uno spirito di gruppo tra bambini piccolissimi. Fra di loro si aiutano ed è commovente come cercano di consolarsi tra loro. Anche se a volte si mordono…”Mamma di An. “Credo che siamo state fortunate anche perché A, la nostra educatrice, è una psicomotricista. Con i bambini piccoli credo sia importante lavorare con il corpo. Inventa un sacco di giochi”

Gillini “Avete visto cambiamenti nei vostri bambini dopo l’inserimento? Come hanno reagito?”Mamma di S. “Io ho visto una bimba molto arrabbiata all’inizio, soprattutto mi colpiva che se la prendesse con me al momento dell’uscita. Forse era anche più stanca, non lo so, ma faceva scenate che non aveva mai fatto. Poi ho visto una bimba che ha imparato un sacco di cose…in particolare cantare: tantissime canzoncine, anche difficili…”Mamma di A. “Mio figlio ha improvvisamente cambiato le abitudini sul sonno. A scuola non ha più voluto dormire, fin da subito. In compenso appena toccava la macchina al pomeriggio, crollava. E non c’era verso di svegliarlo per la cena. Così dormiva di filato fino verso mezzanotte, poi pretendeva di giocare...ci abbiamo messo un po’ a prendere il ritmo. Ora resiste fino a cena ma crolla alle sette mezza-otto. E a noi fa piacere così...”Mamma di An. “Per me è stato difficile capire come rassicurarla. Ho trovato questo sistema di fare le cose secondo un nostro preciso ordine. Tutte le sante mattine prima salutiamo il nostro albero, poi facciamo pipì, poi ci abbracciamo forte forte e finalmente lei va”Mamma di Ad. “Tutto sommato per noi non è cambiato molto. La lotta per trovare i nostri ritmi, l’avevamo già fatta al nido, e per fortuna non ho dovuto ricominciare da capo. Lei mi pare abbastanza tranquilla”

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Mamma di Ma. “Per la mia pare non essere una grossa fatica. Lei è fin troppo attiva, sempre in movimento. Per certi aspetti è una grazia se si stanca tanto a scuola. Cosi a casa lascia vivere noi e sua sorella”

Gillini “Che cosa vi sembra abbia favorito un sereno distacco?”Mamma di Ad. “Senz’altro il fatto che fossero un gruppo piccolo. È commovente come anche adesso che sono stati smistati in due sezioni di scuola materna, si riconoscono fra di loro e si cercano. Per la mia sono ancora i compagni preferiti di giochi”Mamma di A. “Anche fra noi mamme il fatto di vivere una situazione particolare ci ha molto unito. Io mi sono sentita molto aiutata dalle altre”Mamma di Ma. “Anche per me è stato proprio un bell’anno”Mamma di An. “Io ho molto apprezzato il fatto che la sezione avesse spazi e tempi diversi dagli altri bambini. Forse è stato un po’ traumatico all’inizio di quest’anno quando abbiamo

dovuto adeguarci a numeri più grandi, anche per noi mamme”

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CAPITOLO 3 L’ ACCOGLIENZA NELLA SCUOLA RACCONTATA DAI QUESTIONARI

Una lettura introduttiva In questo capitolo proverò a leggere i questionari distribuiti alle docenti e alle coordinatrici delle scuole dell’infanzia a proposito dell’accoglienza dei nuovi iscritti. Per evitare fraintendimenti, chiariamo subito che, anche in questo caso, partiremo dalle risposte delle scuole che hanno liberamente scelto di partecipare alla ricerca-azione, quindi da un dato parziale che, se pur non può dare adito a riflessioni con pretese di esaustività, è comunque un dato interessante e significativo per la partecipazione e il coinvolgimento sul tema segnalatoci dalle docenti di scuola dell’infanzia. Partita dunque dalla lettura di tutti questionari, ho cercato di leggere trasversalmente le risposte ad alcune domande relative soprattutto alla sezione qualitativa del questionario stesso che ho considerato particolarmente critiche o generatrici di pensieri divergenti.Da queste ho tratto alcune conclusioni, necessariamente soggettive, che credo importanti sia in termini di auto-valutazione dello specifico ordine di scuola in cui ci si trova ad operare, sia rispetto al significato dell’essere scuola e dell’educare nell’odierna temperie socio-culturale.Se la fase dell’elaborazione dei questionari è stata laboriosa e per certi aspetti, come sostiene F.Caggio, complessa almeno quanto la realtà che voleva indagare, la fase di elaborazione dei questionari è stata una vera e propria “scoperta”.Abbiamo immediatamente colto infatti che, se i questionari ritornati non coprivano la totalità delle scuole (il dato complessivo parla del 68,53% dei questionari compilati), invece il livello di coinvolgimento e attenzione da parte di chi compilava il questionario era assolutamente interessante. Intanto qualche sintetica considerazione sull’analisi dei dati quantitativi (risposta A. I sez. questionario): nel 2006-2007 il dato dei bambini “anticipatari” (348 dei 6155 bambini frequentanti le 98 scuole infanzia statali e paritarie partecipanti all’indagine, corrispondente al 17,68% dei 6155 bambini presi in considerazione) ci parla di un numero significativo di bambini, di cui però la maggioranza compiono i tre anni tra 1 e 31 gennaio (155), 132 bambini tra 1 e 28 febbraio e 61 bambini tra febbraio ed aprile.Dunque circa la metà dei bambini “anticipatari” è rappresentata, così come ci aspettavamo, dai bambini che compiono i tre anni a gennaio e che già in molte scuole erano accolti.Dato forse meno prevedibile è invece l’alta percentuale dei bambini appartenenti ad altra cultura tra gli anticipi (risposta C. I sez. questionario): dei 348 piccolissimi

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ben il 39 % è proveniente da altra cultura (contro il 22.58 % dei bambini di altra cultura tra coloro che compiono i tre anni entro il 31 dicembre). Ancora una volta ci imbattiamo nella necessità di coniugare “accoglienza” con “integrazione” della diversità in senso lato (dei bambini di diversa cultura, dei bambini disabili). Accogliere “la fragilità” sembra essere uno delle specifiche richieste che vengono fatte alla scuola dell’infanzia sia nell’accezione più generale di farsi carico di un’età plastica e reattiva, sia nella necessità di articolare percorsi di accoglienza personalizzati sui quali e nei quali immaginare percorsi di apprendimento.Nessuna riflessione generale ci sembra invece di poter fare leggendo il dato della scolarità o delle professioni dei genitori (risposta D. ed E. I sez. questionario): dalle rilevazioni dei nostri questionari non emergono differenze significative tra “anticipatari” e “a termine”1 rispetto a titoli di studio e ad impiego lavorativo di padre e di madre. Rispetto alle situazioni di difficoltà manifestate dai bambini nel periodo dell’inserimento (risposta F. I sez. questionario), prevedibilmente il dato delle difficoltà di adattamento socio-relazionale insieme alle difficoltà linguistico-comunicative sono significativamente presenti, soprattutto nei piccolissimi. Sembrano evidenziate in misura molto meno rilevante le difficoltà di ordine psico-motorio e cognitive.Colpisce invece il dato relativo al periodo di manifestazione delle difficoltà: i primi quindici giorni di permanenza nella scuola per ogni tipologia di problemi rilevati risulta il periodo più critico, a conferma della delicatezza e della fragilità dell’impatto con la scuola.Analizzando la parte qualitativa dell’indagine, II sezione, emerge la narrazione di un progetto di accoglienza articolato e dettagliato. Delle 98 scuole che hanno partecipato all’indagine:

- il 43% prevede un inserimento progettato su tre settimane, il 38% su due settimane;

- il tempo di permanenza a scuola è immaginato in maniera progressiva con criteri predefiniti a priori per il 46% dei casi. Solo nel 23% delle scuole la progressività della permanenza è personalizzata in base alle riposte del singolo bambino;

- nella gran maggioranza dei casi (62%) è prevista la presenza di un genitore;

- il 29% delle scuole sceglie di far presenziare il genitore solo nel momento dell’accoglienza del bambino, mentre ben il 50% delle scuole considera di

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dovere mediare il tempo della presenza del genitore in base alle esigenze del bambino;

- la quasi totalità delle scuole (96%) delle scuole realizza attività didattico-educative specificatamente pensate per l’inserimento;

- tali attività sono diverse ed articolate tra loro per il 64% delle scuole.

Colpisce che le attività progettate per l’accoglienza dei bambini “anticipatari” si differenzia per il mese di inserimento previsto (mesi diversi da settembre per il 52% dei casi), ma non per i contenuti delle proposte (solo il 35% delle scuole propone un differente progetto di inserimento ai piccolissimi).Nel caso poi di inserimento di bambini con più di tre anni nel 77% delle scuole si prevede il medesimo progetto di accoglienza dei bambini “a termine”.

Nella domanda 4 della II sez. del questionario, si chiedeva di segnalare quali situazioni, momenti, passaggi e/o attività sono percepite come risorse positive per l’accoglienza. In ordine sono state segnalate:

- attività finalizzate in piccolo gruppo;- presenza del genitore;- utilizzo di strumenti formalizzati per la conoscenza del bambino;- progetti di continuità con il nido o con i servizi per la prima infanzia;- distribuzione alle famiglie di materiali informativi.

Meno diffusa appare la prassi della personalizzazione delle iniziative in base a riposte e/o proposte dei bambini e delle famiglie.Non emergono variazioni di rilievo nel caso si parli inserimenti di bambini “anticipatari” o di oltre tre anni.Rispetto alla segnalazione di problematicità (vedi 8.A. in allegato) le aree di criticità riguardano i grandi temi delle autonomie e delle competenze emotivo-affettive, in sintonia con le analisi sociologiche e psicologiche dei bambini nell’odierno contesto culturale. In questo non emergono differenze significative tra piccolissimi, piccoli ed oltre i tre anni (vedi domanda e quindi le risposte a 8.B-C-D in allegato).La riuscita dell’inserimento appare ugualmente complessa ed imprevedibile per ciascuna fascia d’età e poco generalizzabile. Ciò a conferma della necessità del processo di personalizzazione dell’inserimento di cui parla M.Mistri1.Interessante nella risposta alla domanda 10, la sostanziale e positiva reazione all’inserimento dei piccoli da parte dei bambini più grandi (in particolare del fenomeno di “tutoraggio” da parte dei più grandi verso i più piccoli (siano essi bambini “a termine” o “anticipatari”).Il progetto complessivo di accoglienza della scuola pare significativamente

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sollecitato dalla presenza di bambini “non a termine”1: il 40% delle scuole dichiara di aver dibattuto e messo in atto variazioni per la necessità di verificare e/o adeguare le proprie prassi secondo un criterio di maggiore elasticità. Nella III sezione qualitativa dell’indagine infine si chiedevano dati relativi alle modalità di partecipazione delle famiglie.I genitori dei bambini grandi reagiscono a maggioranza in maniera positiva all’inserimento di bambini di tre anni (56%). Nel caso invece di inserimento di bambini “anticipatari” la risposta positiva dei genitori cala al 37%, quasi che la previsione di un maggior tempo e attenzione dedicate ai piccolissimi provocasse, almeno in una prima fase, la preoccupazione dei genitori dei più grandi.I genitori dei bambini in fase di inserimento fanno richieste che la scuola avverte come particolari sia nel caso si tratti di bambini “a termine” (46% dei casi) sia nel caso di bambini “anticipatari” (42%).Inoltre nel 52% dei casi i motivi per cui la scuola ritiene avvenga l’iscrizione anticipata sono sostanzialmente economici e lavorativi.

2. Qualche considerazione di carattere generale.Colpisce che i progetti specifici di inserimento più vari ed interessanti siano stati quelli legati all’accoglienza degli “anticipatari”, quasi che la sollecitazione ad aprirsi ad una fascia di età particolare, da una parte, abbia messo in crisi le consuete prassi educative e scolastiche, dall’altra abbia alimentato il desiderio delle docenti di mirare un percorso specifico approfondendo il ruolo della scuola e l’idea di bambino veicolata. Emerge l’immagine di una scuola in crisi, in “domanda”, ma maggiormente motivata ad agire il suo ruolo di formatrice di una cultura per e dell’infanzia (vedi anche risposte alle domande 10-11-12).Rispetto alla posizione delle famiglie, si coglie un atteggiamento generalmente collaborativo (risposte alle domande 9-10) sul quale si innestano, per i genitori dei bambini “anticipatari” come per gli altri, richieste avvertite come particolari dalla scuola. Nel momento dell’inserimento la scuola è orientata a rispondere positivamente accogliendo almeno in parte le richieste delle famiglie (risposte alle domande 7-8-9). Le premesse per la costruzione di una relazione di corresponsabilità2 rivedere numerazione capitoli sembrano essere presenti in maniera particolarmente viva proprio nella fase dell’accoglienza.In particolare nelle numerose risposte (37%) alla domanda aperta (domanda 11. II sez. questionario: “Gent.ma docente, le chiediamo di condividere, in maniera anonima e libera, le sue riflessioni, ma anche le sue emozioni, i suoi sentimenti e le sue esperienze sul tema dell’accoglienza”), trovo provocante e assolutamente ricco il panorama narrato.In modo parziale e soggettivo mi soffermo su qualche frase che ha il dono di

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rendere “carne” il pensiero pedagogico, a volte con accenni dolorosamente critici, a volte con note appassionate e poetiche.Mi sollecita l’evocazione di uno spazio denso e l’uso dell’aggettivo “magico” per definire il rapporto fra genitori e educatrici (“Quando l’inserimento funziona - racconta una coordinatrice -, mi accorgo che dopo ore, settimane, giorni, scatta una magia. È come se si cogliesse la trasformazione da paura, dubbio, diffidenza ad ascolto, fiducia. E l’incontro diventa magico, perché quello che prima era letto con sospetto ora diventa interpretabile all’interno di un rapporto di fiducia”).Davvero mi sembra un aggettivo interessante dal momento che l’incontro scuola-famiglia è “magico” sia quando ne pensiamo la fragilità (tutti ci si aspetta che, poiché il medesimo fine educativo muove genitori e educatrici, “magicamente” ci si intenda e il rapporto sia come d’incanto lineare e proficuo) che quando ne immaginiamo la forza. Quando “l’incontro diventa relazione”, l’alleanza diventa una “magia”, una grazia, una ricchezza per i bambini. E nelle scuole dell’infanzia questa è una possibilità che esiste e si manifesta a partire dall’originaria vocazione relazionale della scuola che è nata in un’ottica solidale e profondamente radicata nella comunità locale, precorrendo i tempi della sussidiarietà. Come sostengono le “Indicazioni Nazionali per il curricolo”1: “(..) la scuola dell’infanzia ha le sue origini nelle comunità locali (come i Comuni e le Parrocchie) e in esse è cresciuta”Anche dal punto di vista etimologico l’origine della parola asilo, dal greco “syle”, “senza diritto di cattura” indica un luogo sacro, dove si rifugiavano coloro che erano minacciati dal rigore delle leggi ed oppressi dalla violenza dei tiranni e dal quale non si poteva togliere a forza chi vi si rifugiava. Mi sembra una definizione pregnante, a tutt’oggi preziosa e rivalutabile se la spendiamo nell’ottica della creazione di un luogo al di fuori della logica del mondo, anticonformista nel suo porsi come spazio accogliente capace di accettazione senza giudizio e nel suo veicolare valori e possibilità di solidarietà reciproca.Ma, come dicevo, le parole delle docenti evidenziano anche le fatiche, le contraddizioni, i sentimenti di impotenza e frustrazione: “A volte ho l’impressione che per i genitori non sia mai abbastanza quello che faccio: mi chiedono di essere una sorta di mamma ma non troppo perché altrimenti hanno paura che il bambino voglia più bene a me che a loro, una baby-sitter che riesce dove non riescono loro, una maestra che insegna e fa miracoli, una specialista che ha tutte le risposte. E rispetto a quando ero più giovane, mi sembra che i genitori di adesso pensino che è tutto dovuto, e sento meno gratitudine e più pretese”Credo che questa percezione, così lucidamente descritta da questa docente, sia

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molto diffusa, e dal mio osservatorio è direttamente proporzionale alla crescente richiesta di formazione da parte della docenti sul tema delle competenze relazionali, motivata dalla presa di coscienza di una complessificazione del rapporto con i genitori, dall’incontro con sempre maggiori diversità, con la multiculturalità e con la nuova instabilità della famiglia. Questo dato, che trova riscontri anche nella ricerca scientifica (ricordo ad esempio gli esiti di una microricerca condotta presso l’Università degli studi Milano Bicocca, in particolare da Gabriella Seveso1) evidenzia che le rappresentazioni dei genitori rispetto ai servizi della prima infanzia siano molto più sfaccettate e multiformi rispetto al passato. I genitori percepiscono il servizio come luogo in cui proporre i propri interrogativi riguardo alla cura dei figli, come luogo di confronto e di consulenza oltre che di sollievo e di aiuto nella gestione dei bambini. Di contro, le docenti hanno rappresentazioni della famiglia maggiormente statiche e immaginano il proprio ruolo centrando attese e autovalutazione delle proprie competenze professionali sul bambino. Si alimentano dunque aspettative reciproche non sempre congruenti che influenzano i comportamenti e le azioni delle persone, realizzando quel fenomeno che gli psicologi sistemici chiamano “profezia che si auto avvera”.L’impressione è dunque che, parlando di accoglienza, le docenti abbiano raccontato di fatto molto di più rispetto ad un singolo aspetto del loro educare: nella risposta alla domanda aperta, le educatrici narrano i progetti di accoglienza ma anche la loro idea di bambino e di famiglia, fino ad arrivare al significato profondo di fare scuola. Qui di seguito ancora alcune testimonianze:”I bambini sono un grande interrogativo”; “Il gruppo classe già esistente a volte è una carta vincente”; “L’accoglienza dei genitori e dei bambini non termina dopo i primi tre mesi di scuola ma costituisce una caratteristica di fondo di una scuola che è accogliente e rinnova ogni giorno un atteggiamento sereno e fiducioso verso tutti coloro che ne fanno parte”; “Provo un senso di impotenza di fronte ad un bambino che piange e non vuole assolutamente la mia vicinanza fisica”Mi sembra che il panorama descritto allarghi la famiglia dei significati attribuiti al termine accoglienza: fare accoglienza è fare scuola! Questo ci hanno narrato le educatrici.Come sostiene T.Brazelton, “Apprendere è sempre apprendere per qualcuno (..) in realtà le emozioni sono gli artefici, le guide o gli organizzatori interni delle nostre menti. Conosciamo le cose attraverso le nostre interazioni emotive, quindi applichiamo tale sapere al mondo cognitivo”2. Ed in questo senso ci sembra di condividere l’allargamento di significati connessi al concetto di accoglienza per comprendere quello di cura: “La scuola è anche il

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luogo degli stati d’animo e dei sentimenti - dei bambini e dei grandi -, un luogo dove occorre costruire un progetto di “educazione sentimentale”. (..) un luogo intero dove lo sguardo si posa allo stesso tempo sui pensieri, sulle abilità, sui sentimenti e abbandona quel modello culturale che ha scisso il corpo dalla mente, la ragione dall’emozione, la regola dal caso” 1.Nella scuola dell’infanzia sembrano di fatto volersi conciliare su questo terreno dell’accoglienza le due anime della educazione, “quella di chi vorrebbe una scuola “dei” bambini, basata sul rispetto psicologico e culturale, sul riconoscimento delle attese e delle costruzioni di pensiero dei bambini e quella di chi vorrebbe una scuola che insegna, che mette tutti i bambini in condizioni di “leggere, scrivere, far di conto” (Staccioli, ibidem).Nella sua classica piramide dei bisogni A.Maslow2 pone il bisogno di appartenenza tra quelli basilari, mentre colloca quelli dell’autostima e dell’autorealizzazione al vertice. La relazione che una simile impostazione indica è molto chiara: il bisogno di accoglienza è non solo basilare ma premessa per il soddisfacimento di altri bisogni. Come dice Norman Kunc: non c’è la nota esplicativa “L’attuale sistema educativo ha stravolto ed invertito la piramide dei bisogni di Maslow, cosicché l’appartenenza è stata trasformata da bisogno incondizionato e diritto di tutte le persone a qualcosa che deve essere guadagnato, qualcosa che può essere realizzato dai migliori di noi”. Insomma siamo in una società nella quale sembrerebbe che solo il successo garantisca appartenenza. Anche in famiglia ed a scuola il messaggio che molti bambini ricevono è che per essere accettati ed amati, devono essere bravi, avere successo.L’educazione ha però una strada diversa, opposta, alternativa. Del resto anche Giovanni Bosco diceva “l’educazione è una cosa di cuore”3.Dall’analisi dei questionari credo si possa trarre la sollecitazione alla riflessione su come si possa stabilire un’alleanza di fronte all’oggetto/soggetto comune delle proprie cure: il bambino. E ciò significa da una parte riesaminare la questione dell’identità della scuola considerando l’esperienza degli adulti, non meno centrale di quella dei bambini, e dall’altra leggere, in chiave più ampia e complessa, la professionalità dell’insegnante facendo diventare il rapporto con i genitori non uno dei tanti aspetti da considerare per il buon funzionamento della scuola, o uno degli argomenti da trattare in sede di formazione, ma certamente l’elemento cruciale nella definizione dell’identità della scuola e nel processo auto valutativo.L’educazione ha la dimensione della coralità. Abbiamo anche noi bisogno di un posto, di un luogo che ascolti e che custodisca

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le nostre domande e dove si tentino delle risposte. Per questo la prima cosa a cui tendere è la costruzione di un gruppo di lavoro, reale, non fittizio, dove le persone si parlano, discutono, dove si possa porre una domanda di formazione, dove vedere valorizzato il contributo di ciascuno. Un luogo dove è possibile “comunicare”. Francoise Dolto1 diceva che la capacità di comunicazione coincide con la capacità di relazione.

Note:1 Con questo termine si indicano i bambini che compiono i tre anni entro il 31 dicembre2 Vedi capitolo 11 del volume. 3 Con questo termine si indicano i bambini che compiono i tre anni oltre il 31 dicembre4 Vedi a proposito capitolo 15 del volume 5 “Indicazioni per il Curricolo”, 2007, pag.276 Ricercatrice in storia della pedagogia, Università degli studi Milano Bicocca7 Brazelton T.Berry, Greenspan Stanley I., I bisogni irrinunciabili dei bambini, Cortina, Milano, 2001, pag.48 Staccioli G., La cura nella scuola dell’infanzia di Rosanna Bosi, Carocci tascabili, Roma, 2007, presentazione.9 Maslow A., Motivation and Personality, 1954.Maslow A., Motivation and Personality, 1954.10 Giovanni Bosco, Il sistema preventivo nell’educazione della gioventù, Roma, 187711 F. Dolto, Le parole dei bambini e l’adulto sordo, Mondadori, Milano, 1988

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ALLEGATO AINDAGINE CONOSCITIVA RISPETTO ALL’ACCOGLIENZA DEI BAMBINI

ALL’INGRESSO NELLA SCUOLA DELL’INFANZIAALLA LUCE DELLA PERSONALIZZAZIONE DEI PERCORSI

I SEZIONE- DATI QUANTITATIVI

Denominazione scuola _________________________________________________

Paritaria Autorizzata Statale

Ist. Comprensivo di ______________________ plesso di ___________________

Direz.didattica __________________________ plesso di____________________

città____________________ via ______________________ nr.___ cap _________

tel. ______________ fax ___________ e mail _______________________________

nr. totale bambini as 2006-2007 nr. sezioni

eterogenee omogenee

bietà piccolissimi

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BAMBINI NUOVI ISCRITTI 2006/2007D

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1) A “TERMINE”

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OLTRE I 3 ANNI

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.S. 2

006/

2007

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Dati richiestiTITOLO DI STUDIO DEI GENITORI

PADRE MADRE

“IN

ETA

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Bambini che compiono 3 anni entro il 31/08

Bambini che compiono 3 anni tra il1/9 e il 31/12

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TIC

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I

Bambini che compiono 3 anni tra l’1/1 e il 31/1

Bambini che compiono 3 anni tra l’1/2 e il 28/2

Bambini che compiono 3 anni tra l’1/3 e il 30/4

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I 3 A

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I

Bambini che compiono 4 e 5 anni nel corso A.S. 2006/2007

Bambini che compiono 5 e 6 anni nel corso A.S. 2006/2007

LicenzaMedia

diploma superiore

diploma università

LicenzaMedia

diploma superiore

diploma università

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BA

MB

INI N

UO

VI I

SCR

ITT

I 200

6/20

07

Dati richiesti

PROFESSIONE GENITORI

PADRE MADRE

“IN

ETA

’”

Bambini che compiono 3 anni entro il 31/08

Bambini che compiono 3 anni tra il1/9 e il 31/12

AN

TIC

IPA

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I

Bambini che compiono 3 anni tra l’1/1 e il 31/1

Bambini che compiono 3 anni tra l’1/2 e il 28/2

Bambini che compiono 3 anni tra l’1/3 e il 30/4

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NN

I

Bambini che compiono 4 e 5 anni nel corso A.S. 2006/2007

Bambini che compiono 5 e 6 anni nel corso A.S. 2006/2007

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BA

MB

INI I

SCR

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I 200

5/20

06Dati richiesti Quanti bambini hanno presentato situazioni di difficoltà:

“ IN

ETA

’ ”

Bambini che compiono 3 anni entro il 31/08

Bambini che compiono 3 anni tra il1/9 e il 31/12

AN

TIC

IPA

TAR

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Bambini che compiono 3 anni tra l’1/1 e il 31/1

Bambini che compiono 3 anni tra l’1/2 e il 28/2

Bambini che compiono 3 anni tra l’1/3 e il 30/4

OLT

RE

I 3 A

NN

I

Bambini che compiono 4 e 5 anni nel corso A.S. 2006/2007

Bambini che compiono 5 e 6 anni nel corso A.S. 2006/2007

Psico-motorie

Adattamen.socio-relaz.

Linguistico- Comunic. Cognitive

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BA

MB

INI I

SCR

ITT

I 200

5/20

06Dati richiesti Dopo quanto tempo hanno manifestato

difficoltà: primi 15 Primo entro i giorni mese 3 mesi

“ IN

ETA

’ ”

Bambini che compiono 3 anni entro il 31/08

Bambini che compiono 3 anni tra il1/9 e il 31/12

AN

TIC

IPA

TAR

I

Bambini che compiono 3 anni tra l’1/1 e il 31/1

Bambini che compiono 3 anni tra l’1/2 e il 28/2

Bambini che compiono 3 anni tra l’1/3 e il 30/4

OLT

RE

I 3 A

NN

I

Bambini che compiono 4 e 5 anni nel corso A.S. 2006/2007

Bambini che compiono 5 e 6 anni nel corso A.S. 2006/2007

Si prega di segnalare eventuali inserimenti di bambini avvenuti ad anno scolastico iniziato/inoltrato (indicarne il numero totale, e per ognuno l’ età, il mese di inserimento ed il motivo dell’iscrizione)

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II SEZIONE- DATI QUALITATIVI RELATIVI ALLA SCUOLA1

1) MODALITA’ PREVISTE PER L’INSERIMENTO DEI BAMBINI “ IN ETA’ ”

- quanto tempo è dedicato all’inserimento?

- come sono strutturate le settimane e le giornate coinvolte? ___________________________________________________________________

- è prevista la presenza del genitore? SI NO Se sì per quanto tempo?

- sono state progettate attività finalizzate all’accoglienza/inserimento? SI NO Se sì quali? ________________________________________________

Al fine di rendere più chiare le scelte della scuola in merito, si prega di allegare insieme al questionario stralcio del POF contenente- se a disposizione -il progetto “accoglienza”

2) NEL CASO DI BAMBINI ANTICIPATARI LE MODALITA’ DI INSERIMENTO PREVEDONO UN PERCORSO DIFFERENTE da quello di cui al punto 1? SI NO

SE SI’ IN CHE TERMINI? CON QUALI MOTIVAZIONI?______________SE NO IN CHE TERMINI? CON QUALI MOTIVAZIONI?_____________

3) NEL CASO DI BAMBINI INSERITI OLTRE I TRE ANNI LE MODALITA’ DI INSERIMENTO PREVEDONO

UN PERCORSO DIFFERENTE da quello di cui al punto 1? SI NO

SE SI’ IN CHE TERMINI? CON QUALI MOTIVAZIONI? _____________SE NO IN CHE TERMINI? CON QUALI MOTIVAZIONI?_____________4) QUALI SITUAZIONI, MOMENTI, PASSAGGI E/O ATTIVITA’ DELLA SCUOLA SI RITIENE DI POTERE SEGNALARE IN QUANTO POSITIVE SUL TEMA DELL’ACCOGLIENZA DEI BAMBINI “IN ETA’ ’”? strumenti specifici __________________________________________

- progetti di continuità con nidi o punto gioco, ______________________- altro _____________________________________________________

5) QUALI SITUAZIONI, MOMENTI, PASSAGGI E/O ATTIVITA’ DELLA SCUOLA SI RITIENE DI POTERE SEGNALARE IN QUANTO POSITIVE SUL TEMA DELL’ACCOGLIENZA DEI BAMBINI“ANTICIPATARI”?

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strumenti specifici___________________________________________

- progetti di continuità con nidi o punto gioco, ______________________

- altro _____________________________________________________

6)QUALI SITUAZIONI, MOMENTI, PASSAGGI E/O ATTIVITA’ DELLA SCUOLA SI RITIENE DI POTERE SEGNALARE IN QUANTO POSITIVE SUL TEMA DELL’ACCOGLIENZA DEI BAMBINI INSERITI OLTRE I TRE ANNI?strumenti specifici ___________________________________________

- progetti di continuità con nidi o punto gioco, ______________________

- altro _____________________________________________________

7) QUALI SITUAZIONI, MOMENTI, PASSAGGI E/O ATTIVITA’ DELLA SCUOLA SI RITIENE DI POTERE SEGNALARE IN QUANTO POSITIVE SUL TEMA DELL’ACCOGLIENZA DEI BAMBINI INSERITI “IN CORSO d’ANNO”?strumenti specifici ___________________________________________- progetti di continuità con nidi o punto gioco, ______________________- altro _____________________________________________________

8) QUALI PUNTI DI PROBLEMATICITA’ SI SONO RILEVATI E/0 RESTANO APERTI RISPETTO:

- ALL’ACCOGLIENZA DEI BAMBINI “IN ETA’I” ______________________________________- ALL’ACCOGLIENZA DEI BAMBINI ANTICIPATARI _________________________________

- ALL’ACCOGLIENZA DEI BAMBINI OLTRE I TRE ANN_______________________________

- ALL’ACCOGLIENZA DEI BAMBINI INSERITI “IN CORSO d’ANNO”? ______________________

9) I BAMBINI INSERITI IN MANIERA ANTICIPATA NELL’ A.S. 2005-2006 SI SONO INTEGRATI CON IL

GRUPPO CLASSE? SI NO

CON I BAMBINI DI QUALE ETA IN MODO PARTICOLARE? ___________________________

DOPO QUANTO TEMPO? ____________________________________________________

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SE SI SONO INTEGRATI QUALI RITENETE ESSERE STATI I PROCESSI CHE HANNO FAVORITO TALE OBIETTIVO? _________________________________________________________

SE NON SI SONO INTEGRATI QUALI RITENETE ESSERE STATI I PROCESSI CHE HANNO OSTACOLATO TALE OBIETTIVO? ______________________________________________

10) ALL’ INTERNO DELLA SEZIONE COME HANNO REAGITO I BAMBINI GIA’ PRESENTI ALL’INSERIMENTO DI BAMBINI “IN ETA’”? ( ci si riferisce alla sezione eterogenea per età) __________________________________________________________

- DI BAMBINI ANTICIPATARI? (ci si riferisce sia a sezioni eterogenee sia a sezioni omogenee per età)__________________________________________________________

- DI BAMBINI OLTRE I TRE ANNI? (ci si riferisce sia a sezioni eterogenee sia a sezioni omogenee per età) _______________________________________________________________________

- DI BAMBINI INSERITI in “CORSO d’ANNO” ? (ci si riferisce sia a sezioni eterogenee sia a sezioni omogenee per età) _________________________________________________

11) SE CI SONO QUALI RITENETE ESSERE LE DIFFERENZE PIU’ RILEVANTI TRA L’INSERIMENTO DI BAMBINI “IN ETA’ ” E QUELLO DI BAMBINI ANTICIPATARI? _________________________

12) SI SONO VERIFICATI DIBATTITI E/O CONFLITTI INTERNI ALLA SCUOLA SUL TEMADELL’ACCOGLIENZA DEI BAMBINI “IN ETA’”, ANTICIPATARI, OLTRE I TRE ANNI e “IN CORSO d’ANNO”?

SI NO

SE SI SU QUALI ASPETTI? ___________________________________________________

13) E’ CAMBIATO QUALCOSA NEL PROGETTO COMPLESSIVO DELLA SCUOLA IN SEGUITO A RIFLESSIONI SOLLECITATE DALL’ESPERIENZA DEGLI INSERIMENTI:

IN SEGUITO ALL’INSERIMENTO DI BAMBINI IN ETA? _______________________________

IN SEGUITO ALL’INSERIMENTO DI BAMBINI ANTICIPATARI_______________________________________________________________________

IN SEGUITO ALL’INSERIMENTO DI BAMBINI OLTRE I TRE ANNI _________________________________________________________

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IN SEGUITO ALL’INSERIMENTO DI BAMBINI “IN CORSO d’ANNO”______________________________________________________________

14) QUALI BISOGNI FORMATIVI INDIVIDUATE COME DOCENTI SUL TEMA DELL’ACCOGLIENZA NELLA SCUOLA DI BAMBINI IN ETA’, DI BAMBINI ANTICIPATARI E/0 DI BAMBINI INSERITI OLTRE I TRE ANNI e IN CORSO d’ANNO ? ________________________________________

III SEZIONE- DATI QUALITATIVI RELATIVI ALLA FAMIGLIA1

1) COME HANNO REAGITO I GENITORI DEI BAMBINI GIA’ INSERITI ALL’INSERIMENTO DI BAMBINI “REGOLARI”? _____________________________________________________

2) COME HANNO REAGITO I GENITORI DEI BAMBINI GIA’ INSERITI ALL’INSERIMENTO DI BAMBINI ANTICIPATARI? ___________________________________________________

6)RISPETTO ALL’ACCOGLIENZA I GENITORI DEI BAMBINI REGOLARI HANNO FATTO RICHIESTE AVVERTITE COME PARTICOLARI DALLA SCUOLA?_______________________________________________________________________________________________

7)RISPETTO ALL’ACCOGLIENZA I GENITORI DEI BAMBINI ANTICIPATARI HANNO FATTO RICHIESTE AVVERTITE COME PARTICOLARI DALLA SCUOLA?_______________________

8) RISPETTO ALL’ACCOGLIENZA I GENITORI DEI BAMBINI OLTRE I TRE ANNI HANNO FATTO RICHIESTE AVVERTITE COME PARTICOLARI DALLA SCUOLA?_______________________

9) RISPETTO ALL’ACCOGLIENZA I GENITORI DEI BAMBINI “INSERITI in CORSO d’ANNO” HANNO FATTO RICHIESTE AVVERTITE COME PARTICOLARI DALLA SCUOLA?___________

10) QUALE RITENETE SIA IL LIVELLO DI COLLABORAZIONE E DI PRESENZA DEI GENITORI NEI PERIODI DELL’INSERIMENTO?________________________________________________

3) COME HANNO REAGITO I GENITORI DEI BAMBINI GIÁ INSERITI ALL’INSERIMENTO DI BAM-BINI OLTRE I TRE ANNI?

4) COME HANNO REAGITO I GENITORI DEI BAMBINI GIÁ INSERITI ALL’INSERIMENTO DI BAM-BINI IN CORSO D’ANNO?

5) A SUO AVVISO QUALI SONO LE MOTIVAZIONI DEI GENITORI ALL’ISCRIZIONE ANTICIPATA

DEI FIGLI?

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TESTIMONIANZA –LETTERA APERTA

Gent.ma docente,le chiediamo di condividere (in maniera anonima e libera) le sue riflessioni ma anche le sue emozioni, i suoi sentimenti e le sue esperienze sul tema dell’accoglienza dei bambini dapprima in via generale e poi in particolare dei bambini anticipatari e/o dei bambini inseriti oltre i tre anni d’età, e in corso d’anno .

In sintesi dovrebbe stendere un testo non superiore a due facciate di foglio formato A4 e spedirlo in Fism piazza Cermenati 5, 23900 entro e non oltre il 15 ottobre 2006. (oppure spedire via e-mail all’indirizzo [email protected] )E’ possibile redigere il testo anche a mano e spedirlo via fax al numero 0341271154 La ringraziamo per il prezioso lavoro!

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Riflessioni - Emozioni - Sentimenti Esperienze sul tema dell’Accoglienza

Da inoltrare in FISM – Piazza Cermenati 5 - 23900 Lecco FAX 0341 271154 e mail [email protected]

Note:1 Le risposte si riferiscono all’ annoscolastico 2005/20062 Le risposte si riferiscono all’ annoscolastico 2005/2006

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INDAGINE CONOSCITIVA RISPETTO ALL’ACCOGLIENZA DEI BAMBINI

ALL’INGRESSO NELLA SCUOLA DELL’INFANZIA ALLA LUCE DELLA PERSONALIZZAZIONE DEI PERCORSI

I SEZIONE - DATI QUANTITATIVI

NR. Totale bambini a.s. 2006 - 2007

eterogeee 70,65%

NR.TOTALE SEZIONI

omogenee 19,57%

bietà 7,61%

piccolissimi 2,17%

TOTALE 100,00%

BAMBINI NUOVI ISCRITTI A.S. 2006/2007

A- A “ TERMINE”

A1 - BAMBINI CHE COMPIONO 3 ANNI ENTRO IL 31/08 65,04%

DI CUI APPARTENENTI ALTRE CULTURE 12,91%

INSERIMENTO A SETTEMBRE

INSERIMENTO A GENNAIO

A2 - BAMBINI CHE COMPIONO 3 ANNI TRA IL 1/09 E IL 31/12 34,96%

DI CUI APPARTENENTI ALTRE CULTURE 13,98%

INSERIMENTO A SETTEMBRE

INSERIMENTO A GENNAIO

TOTALE 100,00%

73

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B - ANTICIPATARI

B1 - BAMBINI CHE COMPIONO 3 ANNI TRA 1/1 E IL 31/1 52,21%

DI CUI APPARTENENTI ALTRE CULTURE 25,42%

INSERIMENTO A SETTEMBRE 69,49%

INSERIMENTO A GENNAIO 30,51%

B2 - BAMBINI CHE COMPIONO 3 ANNI TRA 1/2 E IL 28/2 47,79%

DI CUI APPARTENENTI ALTRE CULTURE 11,11%

INSERIMENTO A SETTEMBRE 16,67%

INSERIMENTO A GENNAIO 83,33%

B3 - BAMBINI CHE COMPIONO 3 ANNI TRA 1/3 E IL 30/4 0,00%

DI CUI APPARTENENTI ALTRE CULTURE

INSERIMENTO A SETTEMBRE

INSERIMENTO A GENNAIO

TOTALE 100,00%

C - OLTRE I 3 ANNI

C1 - BAMBINI CHE COMPIONO 4 E 5 ANNI NELL’A.S. 2006/07 50,08%

DI CUI APPARTENENTI ALTRE CULTURE 1,89%

INSERIMENTO A SETTEMBRE 99,53%

INSERIMENTO A GENNAIO 0,47%

C2 - BAMBINI CHE COMPIONO 5 E 6 ANNI NELL’A.S. 2006/07 49,92%

74

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DI CUI APPARTENENTI ALTRE CULTURE 0,47%

INSERIMENTO A SETTEMBRE 96,68%

INSERIMENTO A GENNAIO 3,32%

TOTALE 100,00%

NOTA:

TITOLO DI STUDIO DEI GENITORI

D - BAMBINI “ IN ETA”

D1 - BAMBINI CHE COMPIONIO 3 ANNI ENTRO IL 31/8

licenza media

PADRE diploma superiori

laurea

licenza media

MADRE diploma superiori

laurea

D2 - BAMBINI CHE COMPIONIO 3 ANNI TRA IL 01/09 E IL 31/12

75

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licenza media

PADRE diploma superiori

laurea

licenza media

MADRE diploma superiori

laurea

D3 - BAMBINI CHE COMPIONIO 3 ANNI TRA IL 01/01 E IL 31/1

licenza media

PADRE diploma superiori

laurea

licenza media

MADRE diploma superiori

laurea

D4 - BAMBINI CHE COMPIONIO 3 ANNI TRA IL 01/02 E IL 28/2

licenza media

PADRE diploma superiori

laurea

licenza media

MADRE diploma superiori

laurea

76

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DI CUI APPARTENENTI ALTRE CULTURE 0,47%

INSERIMENTO A SETTEMBRE 96,68%

INSERIMENTO A GENNAIO 3,32%

TOTALE 100,00%

NOTA:

TITOLO DI STUDIO DEI GENITORI

D - BAMBINI “ IN ETA”

D1 - BAMBINI CHE COMPIONIO 3 ANNI ENTRO IL 31/8

licenza media

PADRE diploma superiori

laurea

licenza media

MADRE diploma superiori

laurea

D2 - BAMBINI CHE COMPIONIO 3 ANNI TRA IL 01/09 E IL 31/12

77

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licenza media

PADRE diploma superiori

laurea

licenza media

MADRE diploma superiori

laurea

D3 - BAMBINI CHE COMPIONIO 3 ANNI TRA IL 01/01 E IL 31/1

licenza media

PADRE diploma superiori

laurea

licenza media

MADRE diploma superiori

laurea

D4 - BAMBINI CHE COMPIONIO 3 ANNI TRA IL 01/02 E IL 28/2

licenza media

PADRE diploma superiori

laurea

licenza media

MADRE diploma superiori

laurea

78

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D5 - BAMBINI CHE COMPIONIO 3 ANNI TRA IL 01/03 E IL 30/4

licenza media

PADRE diploma superiori

laurea

licenza media

MADRE diploma superiori

laurea

D6 - BAMBINI CHE COMPIONIO 4 E 5 ANNI NEL COR-SO A.S. 2006/2007

licenza media

PADRE diploma superiori

laurea

licenza media

MADRE diploma superiori

laurea

D7 - BAMBINI CHE COMPIONIO 5 E 6 ANNI NEL COR-SO A.S. 2006/2007

licenza media

PADRE diploma superiori

laurea

licenza media

MADRE diploma superiori

laurea

79

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E - PROFESSIONE DEI GENITORI DEI BAMBINI ANTICIPATARI

OPERAIO

IMPIEGATO

COMMERC/ARTIG.

IMPRENDITORE

PADRE DISOCCUPATO

CASALINGO

MEDICO

INSEGNANTE

PENSIONATO

LIBERO PROFESS.

IMPIEGATA

COMMERC/ARTIG.

IMPRENDITORE

DISOCCUPATA

MADRE CASALINGA

MEDICO

INSEGNANTE

PENSIONATA

LIBERO PROFESS.

E - PROFESSIONE DEI GENITORI DEI BAMBINI 3 - 4 - 5 - ANNI

OPERAIO

IMPIEGATO

COMMERC/ARTIG.

IMPRENDITORE

PADRE DISOCCUPATO

CASALINGO

MEDICO

INSEGNANTE

PENSIONATO

80

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LIBERO PROFESS.

OPERAIA

IMPIEGATA

COMMERC/ARTIG.

IMPRENDITORE

DISOCCUPATA

MADRE CASALINGA

MEDICO

INSEGNANTE

PENSIONATA

LIBERO PROFESS.

F- BAMBINI CHE HANNO PRESENTATO SITUAZIONI DI DIFFICOLTA’

BAMBINI CHE COMPIONO 3 ANNI ENTRO IL 31/08

PSICOMOTORIE 6,85%

ADATTAMENTO SOCIO- RELAZ.

46,58%

LINGUISTICO - COMUNIC.

35,62%

COGNITIVE 10,96%

TOTALE 100,00%

HANNO MANIFESTATO DIFFICOLTA: NEI PRIMI 15 GIORNI

82,19%

NEL PRIMO MESE

12,33%

ENTRO I 3 MESI 5,48%

81

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BAMBINI CHE COMPIONO 3 ANNI TRA IL 1/9 E IL 31/12

PSICOMOTORIE 9,68%

ADATTAMENTO SOCIO- RELAZ.

54,84%

LINGUISTICO - COMUNIC.

29,03%

COGNITIVE 6,45%

TOTALE 100,00%

HANNO MANIFESTATO DIFFICOLTA: NEI PRIMI 15 GIORNI

77,42%

NEL PRIMO MESE

19,35%

ENTRO I 3 MESI 3,23%

BAMBINI CHE COMPIONO 3 ANNI TRA IL 1/1 E IL 31/1

PSICOMOTORIE 40,00%

ADATTAMENTO SOCIO- RELAZ.

20,00%

LINGUISTICO - COMUNIC.

20,00%

COGNITIVE 20,00%

TOTALE 100,00%

HANNO MANIFESTATO DIFFICOLTA: NEI PRIMI 15 GIORNI

100,00%

82

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NEL PRIMO MESE

0,00%

ENTRO I 3 MESI 0,00%

BAMBINI CHE COMPIONO 3 ANNI TRA IL 1/2 E IL 28/2

PSICOMOTORIE 0,00%

ADATTAMENTO SOCIO- RELAZ.

25,00%

LINGUISTICO - COMUNIC.

50,00%

COGNITIVE 25,00%

TOTALE 100,00%

HANNO MANIFESTATO DIFFICOLTA: NEI PRIMI 15 GIORNI

100,00%

NEL PRIMO MESE

0,00%

ENTRO I 3 MESI 0,00%

BAMBINI CHE COMPIONO 3 ANNI TRA IL 1/3 E IL 30/4

PSICOMOTORIE 0,00%

ADATTAMENTO SOCIO- RELAZ.

66,67%

LINGUISTICO - COMUNIC.

33,33%

COGNITIVE 0,00%

83

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TOTALE 100,00%

HANNO MANIFESTATO DIFFICOLTA: NEI PRIMI 15 GIORNI

33,33%

NEL PRIMO MESE

16,67%

ENTRO I 3 MESI 50,00%

BAMBINI CHE COMPIONO 4 E 5 ANNI NEL CORSO A.S. 2006/2007

PSICOMOTORIE 8,33%

ADATTAMENTO SOCIO- RELAZ.

25,00%

LINGUISTICO - COMUNIC.

41,67%

COGNITIVE 25,00%

TOTALE 100,00%

HANNO MANIFESTATO DIFFICOLTA: NEI PRIMI 15 GIORNI

95,83%

NEL PRIMO MESE

0,00%

ENTRO I 3 MESI 4,17%

BAMBINI CHE COMPIONO 5 E 6 ANNI NEL CORSO A.S. 2006/2007

PSICOMOTORIE 6,25%

ADATTAMENTO SOCIO- RELAZ.

25,00%

LINGUISTICO - COMUNIC.

25,00%

84

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COGNITIVE 43,75%

TOTALE 100,00%

HANNO MANIFESTATO DIFFICOLTA: NEI PRIMI 15 GIORNI

93,75%

NEL PRIMO MESE

0,00%

ENTRO I 3 MESI 6,25%

Numero questionari compilati:

SCUOLE PARITARIE: 68/98 (69,39 %)

SCUOLE STATALI: 30/45 (66,67 %)

Dato complessivo: 98/143 (68,53 %)

RIEPILOGO GENERALE SCUOLE STATALI E SCUOLE PARITARIE

II SEZIONE DATI QUALITATIVI RELATIVI ALLA SCUOLA

Sezione completamente non compilata 1) MODALITA’ PREVISTE PER L’INSERIMENTO DEI BAMBINI “ IN ETA’ ” 1A quanto tempo è dedicato all’inserimento?

Totale %

1 a1 NON RISPOSTE 0,00%

1 a2 1 SETTIMANA 14,29%

1 a3 2 SETTIMANE 38,78%

1 a4 3 SETTIMANE 43,88%

1 a5 4 SETTIMANE 2,04%

1 a6 OLTRE LE 4 1,02%

TOTALE 100,00%

85

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1B come sono strutturate le settimane e le giornate coinvolte?

1 b1 NON RISPOSTE #VALUE

1 b2 TEMPO DI PERMANENZA PREDEFINITO A PRIORI

46,94%

(con progressivo tempo permanenza) 0,00%

1 b3 TEMPO DI PERMANENZA MOBILE

23,47%

1 b4 A PICCOLI GRUPPI 0,00%

1 b5 PER ETA’ OMOGENEA (PER ALCUNE/PER TUTTE LE GIOR-NATE ) tot.1

12,24%

1 b6 PER ETA’ IN ALCUNI MO-MENTI

0,00%

1 b7 CON COMPRESENZA ALL’AR-RIVO DEI BAMBINI

6,12%

1 b8 CON COMPRESENZA PER ALCUNE ORE

4,08%

1 b9 CON COMPRESENZA PER TU-TTE LE ORE DI INSERIMENTO

7,14%

TOTALE 100,00%

1C è prevista la presenza del genitore?

1 c1. NON RISPOSTE

1,02%

1 c2 SI 63,27%

1 c3 NO 17,35%

1 c4 SI A GIUGNO PER UN TEMPO DEFINITO

18,37%

TOTALE 100,00%

1C1 Se sì per quanto tempo?

1 c1.1 NON RISPOSTE 0,00%

1 c1.2 TUTTO IL TEMPO del PE-RIODO di INSERIMENTO

8,06%

86

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1 c1.3 PER ALCUNI GIORNI del PE-RIODO di INSERIMENTO

12,90%

1 c1.4 SOLO MOMENTO DELL’IN-GRESSO

29,03%

1 c1.5 DIPENDE DAI BISOGNI DEL BAMBINO

50,00%

TOTALE 100,00%

1D sono state progettate attività finalizzate all’accoglienza/inserimento?

1 d1 NON RISPOSTO

0,00%

1 d2 SI 95,92%

1 d3 NO 4,08%

TOTALE 100,00%

1D1 Se si, quali?

1 d1 1 NON RISPOSTO

3,17%

1 d1.2 CON PROGETTO SPECIFICO ARTICOLATO E CON PIU’ MOMENTI E/O ATTIVITA’ FRA LORO CORRELATI

64,29%

1 d1.3 CON UN PROGETTO SPECI-FICO COMPRENDENTE ALCU-NE INIZIATIVE E/0 MOMENTI NON NECESSARIAMENTE CORRELATI FRA LORO

17,35%

1 d1.4 CON UN PROGETTO COM-PRENDENTE UNA SOLA INI-ZIATIVA E/O ATTIVITA’

15,31%

1 d1.5 SENZA PROGETTO 1,02%

TOTALE 100,00%

2) NEL CASO DI BAMBINI ANTICIPATARI LE MODALITA’ DI INSERIMENTO PREVEDONO UN PERCORSO DIFFERENTE da quello di cui al punto 1?

2.1 NON RISPOSTO 8,16%

2.2 SI 58,16%

87

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2.3 NO 33,67%

TOTALE 100,00%

2 a1 NON RISPOSTO 3,51%

2 a2 INSERIMENTO IN MESI DIVERSI DA SETTEMBRE CON LE STESSE MODALITA

52,63%

2 a3 INSERIMENTO IN MESI DIVERSI DA SETTEMBRE CON DIVERSE MODALITA’ tot

19,30%

2 a4 INSERIMENTO A SETTEMBRE CON le STESSE MODALITA’

8,77%

2 a5 INSERIMENTO A SETTEMBRE CON DIVERSE MODALITA’

15,79%

2 a6 INSERIMENTO PERSONA-LIZZATO DA BAMBINO A BAMBINO

0,00%

TOTALE 100,00%

2B SE NO IN CHE TERMINI? CON QUALI MOTIVAZIONI?

2 b1 NON RISPOSTE 3,03%

2 b 2 LA NON DIFFERENZIAZIONE E’ LEGATA AL NUMERO DI EDUCATRICI RISPETTO AI BAMBINI

18,18%

2 b3 LA NON DIFFERENZIAZIONE E’ LEGATA ALLA CONCE-ZIONE DELLO SVILUPPO DEL BAMBINO

78,79%

2 b4 ASSENZA DI INSERIMENTI 0,00%

TOTALE 100,00%

3) NEL CASO DI BAMBINI INSERITI OLTRE I TRE ANNI LE MODALITA’ DI INSERIMENTO PREVEDONO UN PERCORSO DIFFERENTE da quello di cui al punto 1?

3.1 NON RISPOSTO 3,06%

3.2 SI 18,37%

88

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3.3 NO

78,57%

TOTALE 100,00%

3A SE SI IN CHE TERMINI? CON QUALI MOTIVAZIONI?

3 a1

11,11%

3 a2 INSERIMENTO IN MESI DIVERSI DA SETTEMBRE CON LE STESSE MODALITA’

44,44%

3 a3 INSERIMENTO IN MESI DIVERSI DA SETTEMBRE CON DIVERSE MODALITA’

33,33%

3 a4 INSERIMENTO A SETTEMBRE CON le STESSE MODALITA’

0,00%

3 a5 INSERIMENTO A SETTEMBRE CON DIVERSE MODALITA’

0,00%

3 a6 INSERIMENTO PERSONA-LIZZATO DA BAMBINO A BAMBINO

11,11%

TOTALE 100,00%

3B SE NO IN CHE TERMINI? CON QUALI MOTIVAZIONI?

3 b1 NON RISPOSTE 6,49%

3 b 2 LA NON DIFFERENZIAZ. E’ LEGATA AL NUMERO DI EDUCATRICI RISPETTO AI BAMBINI

5,19%

3 b3 LA NON DIFFERENZ. E’ LEGA-TA ALLA CONCEZIONE DELLO SVILUPPO DEL BAMBINO

77,92%

3 b4 ASSENZA DI INSERIMENTI 10,39%

TOTALE 100,00%

4)QUALI SITUAZIONI, MOMENTI, PASSAGGI E/O ATTIVITA’ DELLA SCUOLA SI RITIENE DI POTERE SEGNALARE IN QUANTO POSITIVE SUL TEMA DELL’ACCOGLIENZA DEI BAMBINI “IN ETA’ ’”?

89

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4A strumenti specifici

4 a1 NON RISPOSTO 9,18%

4 a2 INIZIATIVE DI SCUOLA APERTA (open day, visite, etc.) tot.11

22,45%

4 a3 INSERIMENTO con DIVERSE e ARTICOLATE MODALITA’ di PRESENZA GENITORI

22,45%

4 a4 UTILIZZO DI STRUMENTI FORMALIZZATI PER LA CONOSCENZA DEI B. E/O DEI GENITORI

12,24%

4 a5 INIZIATIVE SPECIFICHE e/o ALLESTIMENTO DI SPAZI CON MATERIALI DEDICATI E /O ATTIVITA’ MIRATE con GRUPPI DIFFERENZIATI

25,51%

4 a6 FLESSIBILITA’ ORGANIZZA-TIVA E GESTIONALE

8,16%

TOTALE 100,00%

4B progetti di continuità con nidi o punto gioco,

b1 NON RISPOSTO 62,24%

4 b2 CON PUNTO GIOCO 5,10%

4 b3 CON NIDO 18,37%

4 b4 CON FAMIGLIE 13,27%

4.b5 INSERIMENTO CON PRESEN-ZA EDUCATRICE NIDO tot,1

1,02%

TOTALE 100,00%

4C altro

4c1 NON RISPOSTO 11,22%

4c2 DISTRIBUZIONE ALLE FAMI-GLIE DI MATERIALI INFOR-MATIVI

47,96%

90

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4c3 PERSONALIZZAZIONE con BAMBINI e/o FAMIGLIE DELLE INIZIATIVE

22,45%

4c4 MOMENTI DI SOCIALITA’ ALLARGATA e CONDIVISA con i GENITORI

18,37%

TOTALE 100,00%

5)QUALI SITUAZIONI, MOMENTI, PASSAGGI E/O ATTIVITA’ DELLA SCUOLA SI RITIENE DI POTERE SEGNALARE IN QUANTO POSITIVE SUL TEMA DELL’ACCOGLIENZA DEI BAMBINI “ANTICIPATARI”?

5A strumenti specifici

5 a1 NON RISPOSTO

31,63%

5 a2 INIZIATIVE DI SCUOLA APERTA (open day, visite, etc.)

31,63%

5 a3 INSERIMENTO con DIVERSE e ARTICOLATE MODALITA’ DI PRESENZA GENITORI

15,31%

5 a4 UTILIZZO DI STRUMENTI FORMALIZZATI PER LA CO-NOSCENZA DEI BAMBINI E/O DEI GENITORI

5,10%

5 a5 INIZIATIVE SPECIFICHE e/o ALLESTIMENTO DI SPAZI CON MATERIALI DEDICATI E /O ATTIVITA’ MIRATE con GRUPPI DIFFERENZIATI

10,20%

5 a6 FLESSIBILITA’ ORGANIZZA-TIVA E GESTIONALE

6,12%

TOTALE 100,00%

5B progetti di continuità con nidi o punto gioco

5 b1 NON RISPOSTO 44,90%

5 b2 CON PUNTO GIOCO 9,18%

91

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5 b3 CON NIDO 6,12%

5 b4 CON FAMIGLIE 39,80%

5.b5 INSERIMENTO CON PRESEN-ZA EDUCATRICE NIDO

0,00%

TOTALE 100,00%

5C altro

5c1 NON RISPOSTO 37,76%

5c2 DISTRIBUZIONE ALLE FAMI-GLIE DI MATERIALI INFOR-MATIVI

48,98%

5c3 PERSONALIZZAZIONE DELLE INIZIATIVE

7,14%

5c4 INIZIATIVE DI SOCIALITA’ ALLARGATE AI GENITORI

6,12%

TOTALE 100,00%

6)QUALI SITUAZIONI, MOMENTI, PASSAGGI E/O ATTIVITA’ DELLA SCUOLA SI RITIENE DI POTERE SEGNALARE IN QUANTO POSITIVE SUL TEMA DELL’ACCOGLIENZA DEI BAMBINI INSERITI OLTRE I TRE ANNI?

6 A strumenti specifici

6 a1 NON RISPOSTO

48,98%

6 a2 INIZIATIVE DI SCUOLA APERTA (open day, visite, etc.)

22,45%

6 a3 INSERIMENTO con DIVERSE e ARTICOLATE MODALITA’ DI PRESENZA GENITORI

4,08%

6 a4 UTILIZZO DI STRUMENTI FORMALIZZATI PER LA CO-NOSCENZA DEI BAMBINI E/O DEI GENITORI

11,22%

92

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6 a5 INIZIATIVE SPECIFICHE e/o ALLESTIMENTO DI SPAZI CON MATERIALI DEDICATI E /O ATTIVITA’ MIRATE con GRUPPI DIFFERENZIATI

4,08%

6 a6 FLESSIBILITA’ ORGANIZZA-TIVA E GESTIONALE

9,18%

TOTALE 100,00%

6B progetti di continuità con nidi o punto gioco,

b1 NON RISPOSTO 73,47%

6 b2 CON PUNTO GIOCO 0,00%

6 b3 CON NIDO 5,10%

6 b4 CON FAMIGLIE 19,39%

6.b5 INSERIMENTO CON PRESEN-ZA EDUCATRICE NIDO

2,04%

TOTALE 100,00%

6C altro

6c1 NON RISPOSTO 40,82%

6c2 DISTRIBUZIONE ALLE FAMI-GLIE DI MATERIALI INFOR-MATIVI

35,71%

6c3 PERSONALIZZAZIONE DELLE INIZIATIVE

19,39%

6c4 INIZIATIVE DI SOCIALITA’ ALLARGATE AI GENITORI

4,08%

TOTALE 100,00%

7) QUALI SITUAZIONI, MOMENTI, PASSAGGI E/O ATTIVITA’ DELLA SCUOLA SI RITIENE DI POTERE SEGNALARE IN QUANTO POSITIVE SUL TEMA DELL’ACCOGLIENZA DEI BAMBINI INSERITI “IN CORSO d’ANNO”?

7 A strumenti specifici

7 a1 NON RISPOSTO

31,63%

93

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7 a2 INIZIATIVE DI SCUOLA APERTA (open day, visite, etc.)

0,00%

7 a3 INSERIMENTO con DIVERSE e ARTICOLATE MODALITA’ DI PRESENZA GENITORI

10,20%

7 a4 UTILIZZO DI STRUMENTI FORMALIZZATI PER LA CO-NOSCENZA DEI BAMBINI E/O DEI GENITORI

12,24%

7 a5 INIZIATIVE SPECIFICHE e/o ALLESTIMENTO DI SPAZI CON MATERIALI DEDICATI E /O ATTIVITA’ MIRATE con GRUPPI DIFFERENZIATI

24,49%

7 a6 FLESSIBILITA’ ORGANIZZA-TIVA E GESTIONALE

21,43%

TOTALE 100,00%

7B progetti di continuità con nidi o punto gioco

7 b1 NON RISPOSTO 100,00%

7 b2 CON PUNTO GIOCO 0,00%

7 b3 CON NIDO 0,00%

7 b4 CON FAMIGLIE 0,00%

7.b5 INSERIMENTO CON PRESEN-ZA EDUCATRICE NIDO

0,00%

TOTALE 100,00%

7C altro

7c1 NON RISPOSTO 69,39%

7c2 DISTRIBUZIONE ALLE FAMI-GLIE DI MATERIALI INFOR-MATIVI

22,45%

7c3 PERSONALIZZAZIONE DELLE INIZIATIVE

8,16%

7c4 INIZIATIVE DI SOCIALITA’ ALLARGATE AI GENITORI

0,00%

94

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TOTALE 100,00%

8) QUALI PUNTI DI PROBLEMATICITA’ SI SONO RILEVATI E/0 RESTANO APERTI RISPETTO:

8A ALL’ACCOGLIENZA DEI BAMBINI “IN ETA’”

8a1 NON RISPOSTO 2,04%

8 a2 PROBLEMI LEGATI ALL’AUTO-NOMIA DEL B.

17,35%

8 a3 PROBLEMI LEGATI ALLO SVILUPPO DEL LINGUAGGIO DEL B

4,08%

8 a4 PROBLEMI LEGATI AL CONFRONTO CON LE REGOLE

6,12%

8 a5 PROBLEMI LEGATI ALLE DIMENSIONI SOCIALI,RELAZIONI ,AFFETT. DEL B

10,20%

8 a6 PROBLEMI LEGATI AL DIS-TACCO DAL GENITORE

32,65%

8 a7 PROBLEMI LEGATI AL NU-MERO DI BAMBINI RISPETTO ALLE EDUCATRICI

27,55%

TOTALE 100,00%

8B ALL’ACCOGLIENZA DEI BAMBINI ANTICIPATARI

8 b1 NON RISPOSTO 29,59%

8 b2 PROBLEMI LEGATI ALL’AUTO-NOMIA DEL B.

17,35%

8 b3 PROBLEMI LEGATI ALLO SVILUPPO DEL LINGUAGGIO DEL B

4,08%

8 b4 PROBLEMI LEGATI AL CONFRONTO CON LE REGOLE

1,02%

95

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TOTALE 100,00%

8D ALL’ACCOGLIENZA DEI BAMBINI INSERITI “IN CORSO d’ANNO”?

8d1 NON RISPOSTO 0,00%

8 d2 PROBLEMI LEGATI ALL’AUTO-NOMIA DEL B. tot.3

9,18%

8 d3 PROBLEMI LEGATI ALLO SVILUPPO DEL LINGUAGGIO DEL B

4,08%

8 d4 PROBLEMI LEGATI AL CONFRONTO CON LE REGOLE

16,33%

8 d5 PROBLEMI LEGATI ALLE DIMENSIONI SOCIALI,RELAZIONI ,AFFETT. DEL B

8,16%

8 d6 PROBLEMI LEGATI AL DIS-TACCO DAL GENITORE

0,00%

8 d7 PROBLEMI LEGATI AL NU-MERO DI BAMBINI RISPETTO ALLE EDUCATRICI

9,18%

8 d8 PROBLEMI LEGATI ALL’IN-SERIMENTO IN UN GRUPPO CLASSE GIA’ COSTITUITO

32,65%

8 d9 PROBLEMI LEGATI ALL’INSE-RIMENTO IN UN PROGETTO DIDATTICO IN CORSO

20,41%

TOTALE 100,00%

9) I BAMBINI INSERITI IN MANIERA ANTICIPATA NELL’ A.S. 2005-2006 SI SONO INTEGRATI CON IL GRUPPO CLASSE?

9.1 NON RISPOSTE 31,63%

9 2 SI 51,02%

9 3 NO 7,14%

9 4 IN PARTE 10,20%

TOTALE 100,00%

9A CON I BAMBINI DI QUALE ETA’ IN MODO PARTICOLARE?

96

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9 a1 NON SPECIFICA 34,69%

9 a2 PICCOLI 44,90%

9 a3 MEDI 4,08%

9 a4 GRANDI 7,14%

9 a5 TUTTI 9,18%

TOTALE 100,00%

9B DOPO QUANTO TEMPO?

9 b1 NON SPECIFICA 42,86%

9 b2 SUBITO 2,04%

9 b3 ENTRO 1 MESE 13,27%

9 b4 ENTRO 1-2 MESI 10,20%

9 b5 TRA 2-3 MESI 10,20%

9 b6 OLTRE 3 MESI 8,16%

9 b7 OGNI B/O HA AVUTO TEMPI DIFFERENTI

7,14%

9 b8 DOPO 7 MESI 6,12%

TOTALE 100,00%

9C SE SI SONO INTEGRATI QUALI RITENETE ESSERE STATI I PROCESSI CHE HANNO FAVORITO TALE OBIETTIVO?

9 c1 NON SPECIFICA 50,00%

9 c2 PRESENZA DI UN PROGETTO DI CONTINUITA’ CON PUNTO GIOCO INTERNO E/O NIDO

10,71%

9 c3 FREQUENZA DI NIDO O PUNTO GIOCO PRIMA DELLA SCUOLA INFANZIA

7,14%

9 c4 INTESA FRA FAMIGLIA ED EDUCATRICI

32,14%

TOTALE 100,00%

9 c5 SE CLASSE OMOGENEA

97

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9 c5.1 CLIMA RELAZIONALE E SOCIALE DELLA SEZ.

40,00%

9 c5.2 TIPOLOGIA delle ATTIVITA’ DELLA SEZIONE e/o della SCUOLA

40,00%

9 c5.3 CAPACITA’ di ATTIVO E AUTO-NOMO ADATTAMENTO DEI BAMBINI

20,00%

TOTALE 100,00%

9 c6 SE CLASSE ETEROGENEA

9 c6.1 CLIMA RELAZIONALE E SOCIALE DELLA SEZ.

0,00%

9 c6.2 TIPOLOGIA delle ATTIVITA’ DELLA SEZIONE e/o della SCUOLA

0,00%

9 c6.3 CAPACITA’ di ATTIVO E AUTO-NOMO ADATTAMENTO DEI BAMBINI

0,00%

TOTALE 0,00%

9D SE NON SI SONO INTEGRATI QUALI RITENETE ESSERE STATI I PROCESSI CHE HANNO OSTACOLATO TALE OBIETTIVO?

9 d1 SE CLASSE OMOGENEA

9 d1.1 NON SPECIFICA 91,18%

9 d1.2 MOTIVI FAMILIARI 2,94%

9 d1.3 LIVELLO DI MATURAZIONE DEL B.

5,88%

9 d1 4 CLIMA RELAZIONALE E SOCIALE DELLA SEZ.

0,00%

9 d1 5 TIPOLOGIA delle ATTIVITA’ DELLA SEZIONE e/o della SCUOLA

0,00%

TOTALE 100,00%

9 d2 SE CLASSE ETEROGENEA

9 d2.1 NON SPECIFICA 44,68%

98

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9 d2.2 MOTIVI FAMILIARI 6,38%

9 d2.3 LIVELLO DI MATURAZIONE 42,55%

9 d2 4 CLIMA RELAZIONALE E SOCIALE DELLA SEZ.

3,19%

9 d2 5 TIPOLOGIA delle ATTIVITA’ DELLA SEZIONE e/o della SCUOLA

3,19%

9 d2 6 PRESENZA BAMBINI GRANDI CHE PREVALGONO

0,00%

TOTALE 100,00%

10) ALL’INTERNO DELLA SEZIONE COME HANNO REAGITO I BAMBINI GIA’ PRESENTI ALL’IN-SERIMENTO?

10 A DI BAMBINI “IN ETA’”? ( ci si riferisce alla sezione eterogenea per età)

10 a1 NON RISPOSTO 7,14%

10 a2 NON RISPONDE PERCHE’ CLASSI OMOGENEE

8,16%

10 a3 NESSUNA REAZIONE 6,12%

10 a4 PRESENZA REAZIONI POSI-TIVE

10 a4.1 TUTORAGGIO da parte DEI Più GRANDI

47,96%

10 a4.2 CURIOSITA’-INTERESSE PER I NUOVI ARRIVATI

8,16%

10 a4.3 EVIDENTI COMPORTAMENTI di ACCOGLIENZA e SOSTE-GNO

7,14%

10 a5 PRESENZA REAZIONI NEGA-TIVE

10 a5.1 REGRESSIONE di ALCUNI BAMBINI

9,18%

10 a5.2 INSOFFERENZA PER I NUOVI ARRIVATI e per I LORO COM-PORTAMENTI

4,08%

99

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10 a5.3 EVIDENTI COMPORTAMENTI di GELOSIA, CONFLITTI E RIFIUTI

2,04%

TOTALE 100,00%

10B DI BAMBINI ANTICIPATARI? (ci si riferisce sia a sezioni eterogenee sia a sezioni omogenee per età)

10 b1 NON RISPOSTO 86,84%

10 b2 NON RISPONDE PERCHE’ CLASSI OMOGENEE

13,16%

10 b3 NESSUNA REAZIONE 0,00%

TOTALE 100,00%

10 b4 PRESENZA REAZIONI POSI-TIVE

10 b4.1 TUTORAGGIO da parte DEI Più GRANDI

36,67%

10 b4.2 CURIOSITA’-INTERESSE PER I NUOVI ARRIVATI

36,67%

10 b4.3 EVIDENTI COMPORTAMENTI di ACCOGLIENZA e SOSTE-GNO

15,00%

10 b5 PRESENZA REAZIONI NEGA-TIVE

6,67%

10 b5.1 REGRESSIONE di ALCUNI BAMBINI

5,00%

10 b5.2 INSOFFERENZA PER I NUOVI ARRIVATI e per I LORO COM-PORTAMENTI

0,00%

10 b5.3 EVIDENTI COMPORTAMENTI di GELOSIA, CONFLITTI E RIFIUTI

0,00%

TOTALE 100,00%

10C DI BAMBINI OLTRE I TRE ANNI? (ci si riferisce sia a sezioni eterogenee sia a sezioni omogenee per età)

100

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10 c1 NON RISPOSTO 15,31%

10 c2 NON RISPONDE PERCHE’ CLASSI OMOGENEE

8,16%

10 c3 NESSUNA REAZIONE 0,00%

10 c4 PRESENZA REAZIONI POSI-TIVE

10 c4.1 TUTORAGGIO da parte DEI Più GRANDI

38,78%

10 c4.2 CURIOSITA’-INTERESSE PER I NUOVI ARRIVATI

7,14%

10 c4.3 EVIDENTI COMPORTAMENTI di ACCOGLIENZA e SOSTE-GNO

6,12%

10 c5 PRESENZA REAZIONI NEGA-TIVE

10 c5.1 REGRESSIONE di ALCUNI BAMBINI

16,33%

10 c5.2 INSOFFERENZA PER I NUOVI ARRIVATI e per I LORO COM-PORTAMENTI

6,12%

10 c5.3 tot. 1 EVIDENTI COMPORTAMENTI di GELOSIA, CONFLITTI E RIFIUTI

2,04%

TOTALE 100,00%

10D DI BAMBINI INSERITI in “CORSO d’ANNO” ? (ci si riferisce sia a sezioni eterogenee sia a sezioni omogenee per età)

10 d1 NON RISPOSTO 10,20%

10 d2 NON RISPONDE PERCHE’ CLASSI OMOGENEE

8,16%

10 d3 NESSUNA REAZIONE 0,00%

10 d4 PRESENZA REAZIONI POSI-TIVE

101

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10 d4.1 TUTORAGGIO da parte DEI Più GRANDI

36,73%

10 d4.2 CURIOSITA’-INTERESSE PER I NUOVI ARRIVATI

9,18%

10 d4.3 EVIDENTI COMPORTAMENTI di ACCOGLIENZA e SOSTE-GNO

7,14%

10 d5 PRESENZA REAZIONI NEGA-TIVE

10 d5.1 REGRESSIONE di ALCUNI BAMBINI

18,37%

10 d5.2 INSOFFERENZA PER I NUOVI ARRIVATI e per I LORO COM-PORTAMENTI

6,12%

10 d5.3 EVIDENTI COMPORTAMENTI di GELOSIA, CONFLITTI E RIFIUTI

4,08%

TOTALE 100,00%

11)SE CI SONO QUALI RITENETE ESSERE LE DIFFERENZE PIU’ RILEVANTI TRA L’INSERIMENTO DI BAMBINI “IN ETA’ ” E QUELLO DI BAMBINI ANTICIPATARI?

11 1 NON RISPOSTE 40,82%

11 2 NESSUNA DIFFERENZA 1,02%

11 3 NESSUNA DIFFERENZA PER-CHE’ INSERITI A GENNAIO

9,18%

11 4 NESSUNA DIFFERENZA PER-CHE’ INSERITI CON FORME E MODI PARTICOLARI

16,33%

11 5 DIFFERENZE LEGATE ALLA DIMENS. SOCIO-RELAZ.-AF-FETT.

10,20%

11 6 DIFFERENZE LEGATE ALLA DIMENS. COGNITIVA

9,18%

11 7 DIFFERENZE LEGATE ALLA DIMENSIONE DELLO SV. DELL’AUTONOMIA

12,24%

11 8 DIFFERENZE LEGATE AL RISPETTO delle REGOLE

1,02%

102

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TOTALE 100,00%

12) SI SONO VERIFICATI DIBATTITI E/O CONFLITTI INTERNI ALLA SCUOLA SUL TEMA DELL’ACCOGLIENZA DEI BAMBINI “IN ETA’”, ANTICIPATARI, OLTRE I TRE ANNI e “IN CORSO d’ANNO”?

12 1 NON RISPOSTO 13,27%

12 2 SI 68,37%

12 3 NO 18,37%

TOTALE 100,00%

12A SE SI SU QUALI ASPETTI?

12 a1 ASPETTI RAPPORTO NUME-RICO ADULTO /BAMBINO

34,33%

12 a2 ASPETTI ORGANIZZATIVI (SERVIZI, SPAZI)

46,27%

12 a3 ASPETTI DIDATTICO-EDU-CATIVI

11,94%

12 a4 ASPETTI LEGATI AL DIFFE-RENTE SVILUPPO DEI B.

0,00%

12 a5 ASPETTI LEGATI ALLA PRE-SENZA/RICHIESTE DEI GENI-TORI tot 5

7,46%

TOTALE 100,00%

13) E’ CAMBIATO QUALCOSA NEL PROGETTO COMPLESSIVO DELLA SCUOLA IN SEGUITO A RIFLESSIONI SOLLECITATE DALL’ESPERIENZA DEGLI INSERIMENTI?

13 A IN SEGUITO ALL’INSERIMENTO DI BAMBINI IN ETA’?

13.a1 NON RISPOSTE 35,71%

13.a2 SI 61,22%

13.a3 NO 3,06%

TOTALE 100,00%

13B IN SEGUITO ALL’INSERIMENTO DI BAMBINI ANTICIPATARI?

103

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13 b1 NON RISPOSTE 59,18%

13 b2 SI 38,78%

13 b3 NO 2,04%

TOTALE 100,00%

13C IN SEGUITO ALL’INSERIMENTO DI BAMBINI OLTRE I TRE ANNI ?

13 c1 NON RISPOSTE 46,94%

13 c2 SI 20,41%

13 c3 NO 32,65%

TOTALE 100,00%

13D IN SEGUITO ALL’INSERIMENTO DI BAMBINI “IN CORSO d’ANNO?

13 d1 NON RISPOSTE 45,92%

13 d2 SI 10,20%

13 d3 NO 43,88%

TOTALE 100,00%

14)QUALI BISOGNI FORMATIVI INDIVIDUATE COME DOCENTI SUL TEMA DELL’ACCO-GLIENZA NELLA SCUOLA DI BAMBINI IN ETA’, DI BAMBINI ANTICIPATARI E/0 DI BAMBINI INSERITI OLTRE I TRE ANNI e IN CORSO d’ANNO?

14.1 NON RISPOSTE 10,20%

14.2 NON CAPITA LA DOMANDA 39,80%

14.3 BISOGNO DI FORMAZIONE RISPETTO ALLE TAPPE DI SVILUPPO DEL BAMBINO

24,49%

14.4 BISOGNO DI FORMAZIONE RISPETTO ALLA GESTIONE DI GRUPPI-SPAZI-ATTIVITA’ PER E CON I BAMBINI PICCOLI

13,27%

104

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14.5 BISOGNO DI FORMAZIONE RISPETTO AL RAPPORTO CON LE FAMIGLIE (colloqui, ques-tionari, modalità relazioni, etc)

12,24%

TOTALE 100,00%

III SEZIONE- DATI QUALITATIVI RELATIVI ALLA FAMIGLIA[1]

Sezione non compilata 2

1) COME HANNO REAGITO I GENITORI DEI BAMBINI GIA’ INSERITI ALL’INSERIMENTO DI BAMBINI “IN ETA’”?

1.1 NON RISPOSTE 8,33%

1.2 NESSUNA REAZIONE 27,08%

1.3 REAZIONI POSITIVE 58,33%

1.4 REAZIONI NEGATIVE 6,25%

TOTALE 100,00%

2)COME HANNO REAGITO I GENITORI DEI BAMBINI GIA’ INSERITI ALL’INSERIMENTO DI BAMBINI ANTICIPATARI?

2.1 NON RISPOSTE 38,54%

2.2 NESSUNA REAZIONE 17,71%

2.3 REAZIONI POSITIVE 36,46%

2.4 REAZIONI NEGATIVE 7,29%

TOTALE 100,00%

3)COME HANNO REAGITO I GENITORI DEI BAMBINI GIA’ INSERITI ALL’INSERIMENTO DI BAMBINI OLTRE I TRE ANNI?

3.1 NON RISPOSTE 10,42%

3.2 NESSUNA REAZIONE 54,17%

3.3 REAZIONI POSITIVE 50,00%

3.4 REAZIONI NEGATIVE 12,50%

TOTALE 100,00%

105

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4)COME HANNO REAGITO I GENITORI DEI BAMBINI GIA’ INSERITI ALL’INSERIMENTO DI BAMBINI IN CORSO d’ANNO ?

4.1 NON RISPOSTE 13,54%

4.2 NESSUNA REAZIONE 41,67%

4.3 REAZIONI POSITIVE 22,92%

4.4 REAZIONI NEGATIVE 21,88%

TOTALE 100,00%

5) A SUO AVVISO QUALI SONO LE MOTIVAZIONI DEI GENITORI ALL’ISCRIZIONE ANTICI-PATA DEI FIGLI?

5.1 NON RISPOSTE 3,13%

5.2 MOTIVI DI LAVORO 18,75%

5.3 MOTIVI ECONOMICI 29,17%

5.4 MOTIVI EDUCATIVI 14,58%

5.5 MOTIVI LAVORATIVI-ECO-NOMICI

28,12%

5.6 MOTIVI LAVORATIVI-EDU-CATIVI

2,08%

5.7 MOTIVI ECONOMICI-LAVO-RATIVI

2,08%

5.8 MOTIVI ECONOMICI-EDU-CATIVI

2,08%

TOTALE 100,00%

6)RISPETTO ALL’ACCOGLIENZA I GENITORI DEI BAMBINI IN ETA’ HANNO FATTO RICHIES-TE AVVERTITE COME PARTICOLARI DALLA SCUOLA

6.1 NON RISPOSTE 15,63%

6.2 NESSUNA RICHIESTA 36,46%

6.3 QUALCHE RICHIESTA PARTIC. 47,92%

TOTALE 100,00%

7)RISPETTO ALL’ACCOGLIENZA I GENITORI DEI BAMBINI ANTICIPATARI HANNO FATTO RICHIESTE AVVERTITE COME PARTICOLARI DALLA SCUOLA?

7.1 NON RISPOSTE 37,50%

7.2 NESSUNA RICHIESTA . 18,75%

7.3 QUALCHE RICHIESTA PARTIC. 43,75%

TOTALE 100,00%

106

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7.4 SE SI E’ RISPOSTO SI’ ALLA DOMANDA DI CUI SOPRA, LE RICHIESTE SONO STATE ACCOLTE?

7.4.1 TUTTE 54,76%

7.4.2 NON TUTTE 45,24%

TOTALE 100,00%

8) RISPETTO ALL’ACCOGLIENZA I GENITORI DEI BAMBINI OLTRE I TRE ANNI HANNO FATTO RICHIESTE AVVERTITE COME PARTICOLARI DALLA SCUOLA?

8.1 NON RISPOSTE 23,96%

8.2 NESSUNA RICHIESTA . 55,21%

8.3 QUALCHE RICHIESTA PARTIC. 20,83%

TOTALE 100,00%

8.4 SE SI E’ RISPOSTO SI’ ALLA DOMANDA DI CUI SOPRA, LE RICHIESTE SONO STATE ACCOLTE?

8.4.1 TUTTE 0,00%

8.4.2 NON TUTTE 100,00%

TOTALE 100,00%

9) RISPETTO ALL’ACCOGLIENZA I GENITORI DEI BAMBINI “INSERITI in CORSO d’ANNO” HANNO FATTO RICHIESTE AVVERTITE COME PARTICOLARI DALLA SCUOLA?

9.1 NON RISPOSTE 22,92%

9.2 NESSUNA RICHIESTA . 57,29%

9.3 QUALCHE RICHIESTA PARTIC. 19,79%

TOTALE 100,00%

9.4 SE SI E’ RISPOSTO SI’ ALLA DOMANDA DI CUI SOPRA, LE RICHIESTE SONO STATE ACCOLTE?

9.4.1 TUTTE 57,89%

9.4.2 NON TUTTE 42,11%

TOTALE 100,00%

107

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10) QUALE RITENETE SIA IL LIVELLO DI COLLABORAZIONE E DI PRESENZA DEI GENITORI NEI PERIODI DELL’INSERIMENTO?

10.1 NON RISPOSTE 3,13%

10.2 NON ADEGUATO/NON COLLA-BORATIVO

2,08%

10.3 APPENA COLLABORATIVO 0,00%

10.4 SUFFICIENTEMENTE COLLA-BORATIVO

10,42%

10.5 ABBASTANZA COLLABORA-TIVO

57,29%

10.6 MOLTO COLLABORATIVO 27,08%

TOTALE 100,00%

Nella zona Oggiono 1 abbiamo lavorato insieme sul tema specifico dell’accoglienza, nella convinzione che al di là delle specificità legate alla storia e alla collocazione territoriale, tutte le scuole devono essere impegnate a ricercare, mantenere e favorire la qualità del servizio offerto ai bambini e alle famiglie.Accoglienza è “fare spazio all’ospite”, facendosi carico del bambino e della sua famiglia, attribuendo un significato a ciò che facciamo.Proprio da questo attribuire un significato a ciò che si fa, è partito il lavoro nella nostra zona.Ed è partito con una riflessione: ciò che facciamo non deve rimanere solo una semplice dichiarazione di intenti.Abbiamo pensato che uno strumento per testare la qualità dell’accoglienza percepita nella propria scuola, poteva essere di aiuto alle nostre docenti.Quindi è nata la necessità di trovarci per verificare e per valutare, convinti che nessuno meglio di noi, che siamo operatori sul campo, poteva elaborare questo strumento. Quindi, attraverso un lavoro di gruppo che ha coinvolto tutte le scuole della zona, è nato un questionario da somministrare alle famiglie.Questo ha richiesto alle insegnanti un grande coinvolgimento personale e la capacità di mettersi in gioco.L’utenza, i genitori, vanno sentiti, interpellati e va restituito loro quanto rilevato.

ALLEGATO 3DA PROPOSITO DI ACCOGLIENZA

(PRESENTAZIONE LAVORO ZONA Fism OGGIONO 1)

108

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Il collegio di zona, comprensivo delle docenti di tutte le scuole dell’infanzia Fism del territorio di Oggiono, si è ritrovato per elaborare un questionario che rispondesse alla finalità di trovare degli indicatori che permettano di valutare la qualità percepita dalle famiglie rispetto all’accoglienza e all’inserimento dei bambini e dei genitori nelle nostre scuole nelle seguenti aree:

- area strutturale - organizzativa (modi-spazi e tempi)- area relazionale

Qui di seguito il questionario: INDAGINE SULLA QUALITÀ DELL’ACCOGLIENZA DEI BAMBINI ALL’INGRESSO NELLA SCUOLA DELL’INFANZIA

SCUOLA DELL’INFANZIA………………………………DI……………………SEZIONE……………………………ANNO SCOLASTICO……………………

Barrare le caselle tenendo presente la seguente legenda:1= per nulla o pessimo

2= poco e poco soddisfacente

3 = abbastanza o abbastanza buono

4 = molto o molto bene

5 = non saprei

Barrare con una x la rispostaVISSUTI

1. Durante il primo colloquio di iscrizione con la coordinatrice, come vi siete sentiti?

1 2 3 4 5

2. Le informazioni sono state esaustive?.......................................Perché?.......................................................................

1 2 3 4 5

3. I momenti dell’accoglienza hanno soddisfatto le vostre aspettative?(Ogni scuola inserisca i propri momenti) 1 2 3 4 5

4. I tempi dell’inserimento hanno rispettato il bisogno del vostro bambino?E della famiglia?

11

22

33

44

55

5. Avreste desiderato altri momenti di accoglienza?SI NOSe SI, quali?...................................................... 1 2 3 4 5

109

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6. Avete trovato l’organizzazione degli spazi adatta all’accoglienza dei vostri bambini?

1 2 3 4 5

CONSIDERAZIONIBarrare con una x la risposta

1. Vi siete sentiti accolti dalle insegnanti?1 2 3 4 5

2. Si sta costruendo un rapporto di fiducia tra voi e l’insegnante di riferimento 1 2 3 4 5

3.Il clima relazionale all’interno della scuola è sereno e accogliente? 1 2 3 4 5

CONDIVIDETE LIBERAMENTE LE VOSTRE EMOZIONI, I VOSTRI SENTIMENTI E RIFLESSIONI SULL’ESPERIENZA DELL’ACCOGLIENZA ALL’INTERNO DELLA NOSTRA SCUOLA DELL’INFANZIA...............................................................................................................................................................................................................................

1. Lei pensa che la scuola abbia organizzato in

modo adeguato l’inserimento dei bambini e delle bambine nella scuola dell’infanzia? 1 2 3 4 5

2. A lei pare che il/la suo/a bambino/a frequenti volentieri la scuola? 1 2 3 4 5

3. A lei pare che il/la suo/a bambino/a stia vivendo serenamente questo periodo di inserimento nella scuola dell’infanzia? 1 2 3 4 5

4. Come valuta complessivamente le informazioni che la scuola e le educatrici le hanno fornito prima dell’avvio dell’anno scolastico o nei primi giorni di scuola? 1 2 3 4 5

5. Ha avuto la possibilità di scambiare con le educatrici informazioni relative all’inserimento del/la suo/a bambino/a nella scuola dell’infanzia? 1 2 3 4 5

Quali sono le sue impressioni sul clima relazionale all’interno della scuola?

6. Tra le educatrici Non sereno 1

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Di individualismo 2Cordiale

3Partecipativo e collaborativo

4

Autorevole e professionale 5

7. Tra i genitori e le educatrici

Poco soddisfacente1

Abbastanza buono 2Cordiale 3Partecipativo e collaborativi 4Autorevole e professionale

5

8. Tra le educatrici e i bambini

Poco soddisfacente

1

Abbastanza buono2

Molto buono3

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CAPITOLO 4LO SVILUPPO DEL BAMBINO NEL TERZO ANNO DI VITA

È opportuno iniziare il discorso sullo sviluppo del bambino nel terzo anno di vita facendo alcune premesse. Anzitutto la distinzione in fasi o tappe evolutive è artificiosa. L’utilizzo di schemi è una questione di comodità a livello didattico. Nella realtà non ci sono passaggi fissi ai quali i bambini si attengono rigorosamente nello sviluppo. Per questo cercheremo di tracciare lo sviluppo nel terzo anno in termini generali, parleremo di percorso di sviluppo, invitando a tenere in considerazione le variabili individuali (nei tempi, nelle strategie) e il modo originale con cui ogni bambino si sviluppa. In questa breve disamina, oltre a fornire alcuni riferimenti (puramente indicativi) sulle capacità che presenta un bambino nel terzo anno di vita, entreremo brevemente nel merito del modo in cui il bambino si appropria di conoscenze.Lo sviluppo è un fenomeno di natura qualitativa in cui sono contemporaneamente implicati fattori intrinseci (corredo genetico, ormoni…) ed estrinseci (alimentazione, esperienze, modelli, relazioni…). Alcune riflessioni sul modo in cui il bambino conosce il mondo possono permettere all’educatrice di avere riferimenti utili per individuare modalità, condizioni… che favoriscano il benessere, la trasformazione e l’emergere di capacità.Un’altra premessa che riteniamo importante riguarda l’unitarietà e la globalità dello sviluppo che rinvia all’unitarietà con cui il bambino vive le sue esperienze. Il bambino partecipa ad ogni esperienza come un’unità indivisa che è insieme pensiero organizzatore, connotazione emotiva, interpretazione personale e creatività della realtà.

1. Breve “fotografia” del bambino nel terzo anno di vita

Cercheremo ora di tracciare sinteticamente lo sviluppo delle principali funzioni, senza perdere di vista gli aspetti di variabilità interindividuale, dell’interazione tra fattori interni all’organismo ed ambientali, e dell’interazione tra i diversi sistemi funzionali (crescita corporea, funzioni percettive, cognitive, motorie, affettive…).

1.1 La motricità

Il bambino nel terzo anno di vita ha acquisito una buona motricità: cammina speditamente, corre, fa le scale, salta, calcia la palla, si arrampica, utilizza il

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triciclo. Se si riflette sulla complessità di alcune di queste azioni e sulla loro numerosità ci si può rendere conto che il bambino in un tempo relativamente breve ha fatto enormi progressi a livello motorio ed è passato da una condizione di totale dipendenza da altre persone ad una condizione di relativa autonomia. La maggiore autonomia gli permette di implementare l’esplorazione del mondo (aumentando così le sue possibilità di fare esperienze e conoscenze) e di “controllare” spazi sempre più ampi. Osservando i bambini in azione ci rendiamo conto che ognuno di loro ha un proprio “stile motorio”, che è influenzato anche dall’ambiente messo a disposizione e dall’atteggiamento delle persone significative (approvazione, disapprovazione, ansie, disinteresse, partecipazione…). Per esempio la possibilità di provare a sperimentare a salire e scendere le scale con un adulto che sollecita, ma è anche pronto ad intervenire in caso di necessità, senza mostrare ansie eccessive e considerando “i piccoli incidenti di percorso” fatti assolutamente normali di fronte ai quali non desistere, si accompagna all’opportunità di acquisire questa abilità, ma anche di maturare la fiducia nelle proprie capacità. Al contrario le paure dell’adulto di fronte alla nuova esperienza che il bambino si appronta ad affrontare, i divieti, il rilevare solo i fattori di rischio e non le opportunità, impediscono al bambino di affrontare la situazione e quindi di imparare a salire e scendere le scale, oltre a fargli sorgere dei dubbi sulle sue capacità. Di frequente “l’impaccio motorio” deriva da bassi livelli di esperienza, uniti ad una dose di ansia dell’adulto che impedisce una libera, ma tutelata, esperienza.La separazione fisica, che si attua attraverso la sempre maggior autonomia a livello motorio, favorisce l’individuazione di sé del bambino, che si percepisce come persona separata dalla madre con pensieri ed emozioni propri ed anche con il senso dei propri limiti. Questi processi, già evidenti nel secondo anno di vita, si implementano nel terzo anno. La costruzione di sé come persona autonoma permette al bambino di cogliere le differenze (sessuali, di grandezza fra sé e gli adulti, di ruolo di padre e di madre…) e di essere più aperto verso le relazioni con altri adulti e bambini. Brevemente abbiamo tentato di mostrare come lo sviluppo della funzione motoria sia connesso con possibilità di sviluppo più squisitamente psicologiche, tesi ormai sostenuta da molti studiosi (già la Mahler1 aveva sottolineato l’interdipendenza tra fattori motori e cognitivi ed eventi intrapsichici).Nel terzo anno di vita migliora anche la coordinazione occhio-mano e le prassie manuali. Il bambino costruisce torri, apre e chiude scatole, coperchi e tappi, ricostruisce oggetti semplici, scarabocchia con abilità ed imita un tratto. Prova

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a spogliarsi e vestirsi (in questo può essere facilitato da un abbigliamento “semplice” come ad esempio una tuta) e prova ad aiutare altri bambini a compiere questa operazione. Anche questo contribuisce ad aumentare la percezione di una maggiore autonomia, permette un’azione più raffinata sulla realtà e amplia la possibilità di fare scoperte. In questo periodo si verifica un’iniziale organizzazione dello schema corporeo. Il bambino riconosce le parti del corpo (specie quelle che “utilizza” maggiormente) su di sé e sulle immagini, inoltre imita gesti e movimenti. L’imitazione è resa possibile dalla capacità di avere un controllo maggiore del proprio corpo.Le molteplici esperienze dirette sulla realtà portano il bambino ad utilizzare in modo sempre più pertinente gli oggetti: gli oggetti sono conosciuti ed usati per le loro caratteristiche percettive, spaziali, funzionali.

1.2 L’aspetto emotivo

Uno sguardo all’aspetto emotivo permette di rilevare che tra i due e i tre anni i bambini comprendono l’espressione emotiva ed elaborano strategie per tentare di modificare il comportamento dell’altro.È stato provato sperimentalmente che i bambini di età inferiore ai due anni sono già in grado di orientare il loro comportamento sulla base dell’emozione espressa dall’adulto (per cui, per esempio si avvicinano ad un nuovo oggetto se l’espressione emotiva dell’adulto è felice, mentre se l’adulto mostra disgusto o rabbia tendono a non andare verso l’oggetto). Ciò significa che, ancor prima di sviluppare il linguaggio (fattore questo che si riteneva determinante per stabilire la capacità di riconoscere l’emozione dell’altro), il bambino riconosce l’espressione emotiva dell’altro e adegua di conseguenza il suo comportamento. Il bambino, inoltre, riesce a manifestare un comportamento empatico (per esempio consolare quando l’altro è triste) nei confronti di chi si trova in una situazione di difficoltà (anche se non è ancora presente una vera e propria teoria della mente).Nel terzo anno di vita il bambino è in grado di esprimere le proprie emozioni anche attraverso il linguaggio (l’espressione delle emozioni attraverso il viso e il corpo è precocissima nel bambino), limitatamente alle emozioni primarie (rabbia, gioia, paura, disgusto, tristezza).Inoltre se osserviamo i bambini durante il gioco simbolico notiamo che accompagnano l’azione con espressioni delle emozioni adeguate. Il bambino, quindi, simula di essere arrabbiato, triste, felice sulla base degli accadimenti all’interno del gioco stesso. Questo, tra l’altro, segnala che ormai il bambino è

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consapevole dei tratti (a livello visivo, corporeo, vocale) che caratterizzano le diverse emozioni.

1.3 La capacità simbolica

Intorno ai tre anni si possono rilevare notevoli progressi anche nello sviluppo della capacità simbolica. La simbolizzazione è un processo sia cognitivo che affettivo: cognitivo perché l’uso di simboli permette di rappresentare la realtà per mezzo di sostituti (una parola o un disegno per es.), affettivo perché è un continuo rimando tra realtà interna (emozioni, desideri) e realtà esterna. Il linguaggio può essere considerato il prototipo dei sistemi rappresentativi di tipo simbolico, che ci permette di comunicare, ma anche di dare un’organizzazione all’esperienza. Nel terzo anno di vita si verifica un notevole arricchimento del linguaggio (dobbiamo sempre tenere presente che esiste un’alta variabilità interindividuale nel suo sviluppo):

• il linguaggio si articola in frasi. A due anni e mezzo i bambini posseggono tutte le strutture semantiche della frase (nucleo, modificatori ed avverbiali);

• si amplia il vocabolario in senso qualitativo e quantitativo. Ciò significa che i bambini non solo conoscono più parole, ma cominciano anche ad utilizzare un linguaggio più raffinato (per esempio anziché dire cane possono dire cane lupo, bassotto vale a dire un membro della categoria cane);

• il bambino diventa sempre più capace di riferirsi attraverso il linguaggio alla vita mentale sia propria che altrui (espressione di sentimenti, emozioni, pensieri)

• in parallelo si implementa anche la capacità di comprensione del linguaggio espresso da altri (non dimentichiamo comunque che la capacità di comprensione è sempre maggiore rispetto a quella di produzione linguistica).

L’evoluzione successiva consiste nella capacità di organizzare frasi/discorsi di complessità sempre maggiore, nell’arricchimento del vocabolario e nel precisare l’aspetto morfo-sintattico.Lo sviluppo del linguaggio ha una relazione stretta anche con lo sviluppo sociale e cognitivo perché permette di arricchire le relazioni, di far ordine negli eventi e nelle emozioni, di costruire collegamenti, di riflettere sull’azione e di organizzarla al meglio, di fare previsioni…

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1.4 Il gioco

Il gioco è la manifestazione simbolica più naturale del bambino psichicamente sano, ed è uno strumento di crescita che permette di armonizzare la realtà interna e la realtà esterna. Nel gioco simbolico il bambino non si limita ad imitare ciò che ha visto o ha vissuto, ma lo ricrea, lo reinterpreta, gli attribuisce i suoi significati. Quando assume una forma sociale il gioco simbolico diventa un esercizio di scambio di significati, un modo per provare nuove forme di comunicazione, per diventare più abili nella gestione delle relazioni.Nel terzo anno di vita il bambino mostra di essere in grado di organizzare un gioco simbolico, anche se tende a giocare prevalentemente da solo o con un adulto. I bambini di frequente giocano uno accanto all’altro, si imitano, si confrontano, ma raramente giocano insieme. Spesso l’azione è accompagnata dalla parola.Inoltre il bambino mostra interesse verso molti tipi di gioco. Ama soprattutto esplorare e manipolare, così come tende a riprodurre le azioni che osserva nella quotidianità. Questo spiega anche l’interesse, per esempio, verso gli oggetti di uso domestico.Le migliorate possibilità a livello motorio inducono il bambino ad apprezzare sempre più i giochi di movimento e ad utilizzare tutto ciò che ha a disposizione per mettere alla prova la sua abilità motoria (sia globale che fine). Ama quindi utilizzare scivoli, altalene arrampicatoi, ma anche semplici muretti da scavalcare o su cui provare a camminare.È interessato anche a giocattoli “didattici” (dalle torri agli anelli da infilare…). In generale lo sguardo più ampio sul mondo del bambino, lo porta ad interessarsi a ciò che lo circonda. In questo hanno un ruolo importante gli adulti che possono offrire al bambino opportunità che sollecitino il suo interesse. Non è necessario mettere a disposizione del bambino giochi di particolare complessità. Spesso sono gli oggetti più semplici e che offrono possibilità di trasformazione o le situazioni legate alla quotidianità ad attirare l’interesse del bambino.

2. La costruzione del significato: come il bambino elabora e costruisce le sue conoscenze

Comprendere come il bambino costruisce i significati permette di capire come il bambino elabora e costruisce le sue conoscenze.Per chi opera all’interno della scuola questo aspetto ricopre un ruolo essenziale perché solo sapendo le modalità attraverso le quali il bambino si appropria di conoscenze si potrà impostare una didattica corretta e coerente con i suoi

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bisogni, interessi e capacità.Brevemente faremo riferimento ad alcune correnti di pensiero in ambito psicologico che ci aiuteranno ad inquadrare la questione.Secondo la prospettiva esternalista il significato nella nostra mente coincide con la realtà esterna, che è dunque perfettamente descrivibile. Il bambino quindi conosce il mondo e si costruisce i concetti come se fossero uno specchio della realtà.La prospettiva internalista, invece, ritiene che la realtà non esista indipendentemente dai nostri schemi concettuali. Il mondo è descrivibile solo attraverso la mediazione della nostra mente. Quindi l’unico oggetto che io conosco è dato dal significato che gli attribuisco.Secondo una terza prospettiva, alla quale noi aderiamo, i due oggetti (interno - per esempio ciò che per noi è mela, il suo significato - ed esterno - la mela concreta di cui io faccio esperienza -) sono essenziali al processo di costruzione del significato. Quindi la costruzione del significato (che vuol dire, ricordiamo, il modo in cui il bambino si costruisce le conoscenze) da parte del bambino dipende:• dall’esperienza che egli ha del mondo: ciò che vede, tocca, nomina, utilizza da

solo o con altri, di cui parla…;• dall’interpretazione che egli dà dell’esperienza in base alle conoscenze che

possiede e all’interazione con le persone che lo circondano.

La nostra esperienza è veicolata dalla dimensione percettiva: ciò che vediamo, sentiamo, tocchiamo, odoriamo, agiamo. Il corpo permette l’incontro con il mondo in una dimensione temporale e spaziale ben definita (a mezzogiorno io seduto a scuola vedo due pezzi di mela nel piatto), ma le esperienze vengono rese salienti dall’interpretazione che ciascuno di noi ne dà. In questo caso, dunque, i fatti interni e i fatti esterni diventano un tutt’uno ( a mezzogiorno quando mi siedo a tavola a scuola danno a tutti i bambini una mela da mangiare a pezzi).

2.1 Il costrutto immagine-schema di Lakoff

La globalità mente-corpo dell’esperienza conoscitiva viene sottolineata dal costrutto immagine-schema ipotizzato da Lakoff1.Le prime esperienze del bambino vengono strutturate preconcettualmente. Questo significa che prima sperimentiamo il mondo e solo in un secondo momento la nostra mente organizza i concetti. Lakoff individua almeno due strutture preconcettuali:

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• la struttura delle forme base che si raggiunge attraverso l’esperienza fisica, la sensorialità, l’azione. Esplorando il mondo (toccando gli oggetti, agendo su di loro con il nostro corpo) costruiamo delle rappresentazioni delle forme base che abbiamo sperimentato (per es. davanti-dietro, vicino lontano...);

• le forme base permettono al bambino di costruire il secondo tipo di struttura e cioè l’immagine schema, che sono immagini mentali di azioni che generano e contengono le forme base per interpretarle e agirle.

Per esempio l’immagine schema di riempire e svuotare comporta la conoscenza a livello base di forme come dentro-fuori, contenente-contenuto, pieno-vuoto… Partendo dalle forme base noi costruiamo i significati di oggetti, azioni, proprietà.L’immagine schema è sostenuta dall’azione fisica e mentale e sosterrà a sua volta la formazione di strutture più complesse e astratte.A partire anche da queste considerazioni ben si è capito quanto il bambino abbia anzitutto bisogno che gli vengano offerte possibilità di sperimentare la realtà concreta in tutte le forme in cui questo è possibile per lui per poter giungere gradualmente alla costruzione di concetti.

2.2. L’origine episodica della conoscenza

La Nelson1 sostiene l’origine episodica della conoscenza. La conoscenza di un oggetto (caratteristiche percettive, funzionali…) avviene gradualmente attraverso la partecipazione del bambino, come attore o come osservatore, a variegate esperienze/situazioni (episodi) in cui l’oggetto è presente:• all’inizio il bambino non conosce per esempio l’oggetto mela (frutto, con una

buccia liscia, una polpa interna bianca…) ma interi episodi in cui la mela è presente: la mamma compra la mela dal fruttivendolo, io mangio i pezzetti di mela a merenda a casa, la maestra a scuola sbuccia la mela prima di darla ai bambini…;

• il ripetersi degli episodi permette la loro traduzione in eventi. Quando un bambino dice “la mela si mangia”, “la mela si sbuccia” mostra di aver colto caratteristiche che possono avere tutte le mele. Si parla a questo punto di generalizzazione della conoscenza perché si perdono le coordinate spazio temporali, non ci sono più, quindi, persone che in un luogo e in un tempo precisi compiono un’azione, come nel caso degli episodi. Gli eventi costituiscono il punto di partenza per la costruzione di script, cioè della possibilità di scomporre e ricomporre gli eventi stessi in sequenza: l’evento mangiare la mela diventa lo script prendo la mela, la metto in bocca, la mastico…;

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sbucciare la mela diventa lo script: prendo la mela, prendo il coltello, tolgo la buccia con il coltello…;

• confrontando gli script il bambino giunge ad individuare gli elementi. Separando le singole unità dello script che compongono un evento scopre:

• la sostituibilità dei vari esemplari categoriali, per esempio a tavola si possono mangiare vari tipi di cibi (confronto intrascript): la mela, la carne, la pasta. La mela, la pasta e la carne sono cose che si mangiano;

• questo permette anche il confronto interscript (cioè tra script diversi che nascono da azioni diverse che si possono compiere su uno stesso oggetto) perché per esempio su un tipo di cibo si possono compiere diverse azioni: può essere mangiato, lavato, tagliato…

La scoperta della variabilità permette al bambino di concentrare l’attenzione sui singoli elementi degli eventi e sulla loro possibile sostituibilità: si può mangiare (cioè compiere la stessa azione) la mela, la pasta, la carne…Il bambino in questo modo costruisce le categorie (riprendendo l’esempio precedente costruirà la categoria cose che si mangiano), raggiungendo una conoscenza più astratta e decontestualizzata.Per la Nelson lo sviluppo cognitivo del bambino non è descrivibile in stadi (come per esempio aveva sostenuto Piaget1), ma come passaggio dalla memoria episodica alla memoria semantica attraverso la costruzione e il confronto tra script.La memoria episodica: immagazzina informazioni autobiografiche, quindi cambia da persona a persona. Contiene ricordi di eventi collocati in uno spazio e in un tempo precisi, cioè le esperienze vissute o raccontate con i loro protagonisti e il luogo in cui sono avvenute: “ieri sono andato in montagna con i miei amici”. La memoria semantica: contiene tutte le conoscenze sulle parole e sui concetti, sui loro significati, referenti e relazioni. L’organizzazione delle informazioni è basata su relazioni logiche (inclusione, somiglianza, superordinazione), è svincolata dal contesto e da coordinate temporali ed è estremamente potente e veloce.La memoria degli script: contiene schemi di azioni routinarie, come abbiamo già detto, in cui episodi ripetuti vengono schematizzati in una sequenza di azioni considerate necessarie ed essenziali al compimento dell’azione stessa (per esempio le azioni essenziali per lavarsi le mani potrebbero essere: aprire il rubinetto, bagnare le mani, insaponarle, sciacquarle e asciugarle). Gli script sono caratterizzati da pertinenza e contemporanea coerenza casuale e temporale e permettono al bambino: • di organizzare gradualmente i concetti relativi ad oggetti ed azioni in

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essi contenuti. È la possibilità di ripetere l’azione seguendo lo schema, in contesti diversi che permette di formare il concetto. Per esempio il bambino si lava le mani a casa con la saponetta, utilizzando un lavandino alto, asciugandole con un asciugamano in spugna. A scuola utilizza lo stesso schema, ma il lavandino della scuola è basso, usa il sapone liquido e magari si asciuga utilizzando la carta usa e getta, potrà anche capitare che si lavi le mani sotto una fontanella, e utilizzi un fazzolettino per asciugarle. Lo schema non cambia ma il bambino potrà fermare le analogie e le differenze che contribuiranno, per esempio, a costruirsi il concetto di asciugare, lavare, lavandino, sapone…

• di prevedere e organizzare la propria azione sociale o di modificarla perché agire spesso è interagire, cioè agire con altri o tenendo conto della presenza di altri;

• grazie alla formazione degli script il bambino sa cosa aspettarsi e cosa ci si aspetta da lui nelle comuni interazioni sociali.

“La rappresentazione di un evento comprende schemi di azione…la rappresentazione degli oggetti, persone, ruoli svolti dalle persone e sequenze di azioni appropriate a situazioni specifiche. La rappresentazione degli eventi include anche le componenti sociali e culturali indispensabili per compiere una determinata attività….Devono quindi saper regolare rappresentazioni di eventi per regolare le interazioni che si svolgono in situazioni ricorrenti. Definiamo queste rappresentazioni social scripts” (Nelson)1.Nella costruzione del significato il bambino fa riferimento inizialmente all’azione che sperimenta con l’oggetto. Costruisce prima il nucleo funzionale (la palla rotola, il bambino lancia la palla), che può variare da bambino a bambino in base all’esperienza. Se, per esempio, un bambino vede sempre e solo l’insalata sminuzzata nel suo piatto, nel suo nucleo funzionale di insalata ci sarà mangiare, ma non lavare l’insalata o tagliarla.Attorno al nucleo funzionale si precisano gli attributi percettivi (dimensione, forma, colore…). Tornando all’esempio di prima se il bambino è abituato a vedere piccoli pezzi di insalata, nel suo concetto di insalata non rientrerà foglia di insalata o ceppo di insalata. In seguito si creano le relazioni tra i concetti:• che sono inizialmente solo di tipo orizzontale, per esempio, tra i vari tipi di

cane (cane lupo, bassotto, maltese) o di fiori (rosa, margherita, ciclamino…)• poi diventano verticali (classificare oggetti tra loro apparentemente lontani:

cane, formica, elefante… sono animali).

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Il significato è un’unità cognitiva complessa che secondo la Nelson è composto:

• da un significato soggettivo (specifico del singolo parlante) o dimensione individuale;

• da un significato condiviso (appartenente a due o più interlocutori) o dimensione sociale;

• da un significato oggettivo (depositario della cultura) o dimensione culturale.

Non esiste un significato univoco che abbia valore per tutti i parlanti, perché le esperienze e le conoscenze diverse permettono di creare significati in parte differenti. Attraverso gli scambi comunicativi i comunicanti negoziano, modificano, condividono porzioni di significato. Maggiore è la comunanza di esperienze e la partecipazione alla realtà di due interlocutori, maggiore sarà la concordanza tra le loro rappresentazioni del significato. È evidente come la possibilità di condividere esperienze tra adulti e bambini possa da un lato sostenere i bambini nella scoperta del mondo, dall’altro permettere all’adulto di avvicinarsi al punto di vista del bambino e viceversa. 2.3 Anderson1: la dimensione dialettica del significato

In linea con quanto detto finora Anderson pone in evidenza la dimensione dialettica del significato sottolineandone due aspetti:• la funzione oppositiva: nella costruzione del significato il bambino opera dei

confronti tra opposti che gli permettono di mettere in evidenza i tratti salienti (uguale a, diverso da). Il confronto avviene tra concetti antitetici (per esempio trasparente, opaco) o tra entità diverse (pera, mela). Per esempio l’utilizzo di palle di tipo diverso (grandi, piccole, da calcio, da tennis…) permette al bambino di cogliere i tratti salienti, cioè quelle caratteristiche comuni a tutte le palle (rotonde, rotolano…) al di là delle differenze, giungendo così alla costruzione del concetto palla. Le differenze d’altro canto permettono di cogliere i confini di variabilità all’interno di un concetto. Questo suggerisce l’importanza di prospettare esperienze ai bambini che tengano conto degli opposti e della varietà. Pensiamo all’importanza, per esempio, di far manipolare farine diverse. Attraverso l’esperienza del toccare, guardare, annusare usare i sensi in generale il bambino potrà compiere confronti che condurranno a cogliere le caratteristiche salienti di ogni tipo di farina e le differenze tra farine. Solo in questo modo potrà formarsi il concetto di farina tenendo conto delle molte

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sfaccettature che presenta;• la funzione dialettica prevede invece il confronto con gli altri che modifica e

modella il significato. Esso è una costruzione dinamica che evolve in rapporto al contesto e alla negoziazione con gli altri. Il significato quindi non è una convenzione, ma una costruzione dinamica.

L’ organizzazione dei significati dei bambini si differenzia da quella degli adulti ed è in relazione alla loro visione del mondo. Per un bambino una finestra di vetro può essere simile ad un muro perché entrambi hanno la caratteristica della durezza. Gettare una palla contro un muro non causa nulla al muro stesso, quindi neppure il vetro potrà essere intaccato dal lancio di una palla. Questo ragionamento non fa una grinza se ci mettiamo dal punto di vista del bambino utilizzando le sue categorie di riferimento.Ciò che sostiene Anderson parlando di funzione oppositiva e funzione dialettica offre importanti spunti per chi lavora con bambini piccoli. Mettere a disposizione materiali con caratteristiche antitetiche (bottiglie in plastica grandi e piccole oppure pezzi di carta o pezzi di stoffa lisci e ruvidi…) permette al bambino di fermare la sua attenzione sulle caratteristiche differenti e all’adulto di interagire, sulla scorta dei segnali che il bambino rinvia, per sostenerlo nella scoperta (con questo non si intende “fare una lezione” sui concetti, ma seguire il bambino e dar voce alla sua esperienza).

3. La conoscenza come co-costruzione di un mondo condiviso

La conoscenza della realtà da parte del bambino viene filtrata e mediata dagli adulti di riferimento. La scoperta del corpo, della realtà che lo circonda, avviene all’interno di una fitta rete di interazioni tra lui e gli adulti di riferimento. Di norma il bambino conosce il mondo e sé stesso attraverso le azioni, i gesti, gli sguardi, il linguaggio di chi glielo presenta e commenta. Un cane può diventare per un bambino un animale mostruoso di cui avere paura, se l’adulto manifesta paura e ostilità nei suoi confronti o al contrario essere un compagno di giochi tenero e affidabile se l’adulto lo presenta al bambino, attraverso il suo comportamento, in modo positivo. In un caso, nel concetto di cane del bambino entrerà la caratteristica pauroso, nell’altro la caratteristica amorevole e le sue azioni ed emozioni nei confronti del cane saranno ovviamente guidate dalla sua diversa conoscenza . In generale il bambino sviluppa le sue capacità psichiche all’interno di “strutture di sequenze interattive” (format) che si ripetono con ritmi regolari, che scandiscono

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i vari momenti ed esperienze della giornata, che permettono di condividere con un adulto un significato, un’intenzione, uno scopo, nonché un insieme di procedure comunicative.La conoscenza del bambino quindi è il risultato dell’ esperienza diretta sulla realtà, mediata dall’azione strutturante e convenzionalizzante dell’adulto. Da questo breve panorama emerge l’importanza che ricoprono la quantità e la qualità delle esperienze di un bambino piccolo ai fini di un suo sviluppo armonico. Con la parola esperienze non si vuole qui far riferimento solo ad esplorazione di oggetti, ambienti…ma anche ad esplorazioni che coinvolgano la relazione, l’interazione con altri. Così come con la parola conoscenza non ci riferiamo solo alla conoscenza di oggetti concreti, ma a tutte le sfaccettature che essa presenta (dal mondo delle relazioni a quello delle emozioni…). La scuola ha una responsabilità non da poco nel percorso di crescita del bambino e deve tenere presente la poliedricità che presenta la realtà e la complessità e unitarietà dell’individuo. Altrettanto importante è il bagaglio esperienziale di ogni bambino, perché bambini di soli 2 o 3 anni hanno acquisito capacità, competenze e conoscenze considerevoli prima del loro ingresso a scuola, che saranno necessariamente quantitativamente e qualitativamente diverse. Il ruolo dell’adulto è fondamentale per coglierle e tenerne conto nella quotidianità. Ciò è tanto più importante quanto più il bambino è piccolo.

Note:

1 M.S. Malher, F. Pine, A. Bergman ; La psicologia del bambino, Boringhieri, Torino, 19782 G. Lakoff, The Invariance Hipothesis; Is Abstract Reasib based in Image Schemas ?, in « Cognitive Linguistics», 1, pp 39-74, 1990 ; Rita Ciceri ( a cura di), Comunicare il Pensiero, Omega edizioni, Torino , 20043 K Nelson , Making Sense. Development of Meaning in Early Childhood, Accademic Press, K Nelson , Making Sense. Development of Meaning in Early Childhood, Accademic Press, New York , 1985; K Nelson, Language in Cognitive Development. The Emergence of the me-The Emergence of the me-diate mind, Cambridge University Press, Cambridge, 1996; R. Ciceri, G. Bagarozza, S. Balza-rotti , La costruzione dei significati, in R. Ciceri (a cura di), Comunicare il Pensiero, Omega edizioni, Torino, 2004 4 J. Piaget , La nascita dell’intelligenza nel fanciullo, Editrice Universitaria, Firenze, 1968; J. Piaget , Lo sviluppo mentale del bambino, 5 K. Nelson , La rappresentazione dei concetti e delle categorie dalla rappresentazione degli eventi, in L. Anolli, R. Ciceri ( a cura di), Elementi di Psicologia della Comunicazione, LED, Milano, 19956 J.R. Anderson, The Architecture of Cognition, Harvard University Press, Cambridge, J.R. Anderson, The Architecture of Cognition, Harvard University Press, Cambridge, 1983

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CAPITOLO 5La personalizzazione dei percorsi all’interno della scuola dll’infanzia: Progetti didattico-educativi possibili per i più piccoliManuela Mistri

La parte dedicata alla personalizzazione dei percorsi per i più piccoli non vuole fornire suggerimenti “pronti all’uso”, ma piuttosto offrire spunti di riflessione dai quali trarre criteri utili per pensare alle opportunità più appropriate per i piccoli utenti della scuola.Del resto è un grosso errore distribuire “ricette”, perché ogni scuola costituisce qualcosa di unico. L’unicità è data da un insieme di fattori tra loro concorrenti: educatrici, bambini, ma anche spazi disponibili, organizzazione, scelte metodologiche…Per rimanere in tema, prima di qualsiasi altro aspetto, credo valga la pena di fermarci sul significato della parola anticipo. La parola anticipo rinvia a qualcosa che avviene prima del tempo. Quando facciamo riferimento ad un “prima del tempo” di sei mesi, parlando di soggetti che hanno due anni e mezzo, dobbiamo considerare che il peso dell’anticipo ha dei riflessi considerevoli sia sui bambini che sulla scuola nel suo complesso: “l’introduzione dell’anticipo …. è potenzialmente in grado di portare grandi ed effettive novità nel quadro dei servizi scolastici e per l’infanzia” (E.F.Crema)1.La riflessione sul tema dell’anticipo va, quindi, inserita in un quadro più ampio, in cui deve essere fatta rientrare l’esperienza scolastica del bambino nel suo complesso. Questo comporta, come conseguenza logica, che l’intero collegio delle educatrici si faccia carico delle scelte che riguardano l’anticipo e valuti metodi, modalità organizzative, ma anche conseguenze a breve, a medio, a lungo termine sull’organizzazione, e non solo, della scuola. Consideriamo anzitutto che i bambini potranno avere tempi di permanenza e di conseguenza esperienze differenziate: alcuni bambini “comprimeranno” la scuola in due anni (quelli che entreranno a tre anni compiuti e anticiperanno il loro ingresso alla scuola primaria) altri la “diluiranno” in quattro (coloro che inizieranno a due anni e rimarranno fino al termine dei cinque). Ci si potrebbe trovare di fronte ad un quadro estremamente variegato che mina alle fondamenta l’attuale organizzazione pedagogico-didattica e le scelte metodologiche conseguenti. Una conseguenza logica dell’anticipo è anche che nella scuole ci si troverà di fronte ad un’utenza che presenterà quattro età differenti. Fino ad oggi eravamo

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abituati a pensare ai piccoli, medi o mezzani e grandi, adesso abbiamo anche i piccolissimi:• è necessario quindi, più che mai, uno sguardo attento al singolo bambino per

dar corpo alla personalizzazione perché “l’escursione” in fatto di età presente nella scuola è ampia (quattro anni);

• è inoltre necessaria un’attenta revisione di spazi, tempi, metodi per riuscire a rispondere adeguatamente ad una scuola che presenta un’utenza dalle caratteristiche fisiche e psicologiche così diverse;

• richiede una riflessione anche l’organizzazione: classi omogenee, eterogenee, bi-età dipenderanno da vincoli e risorse presenti in ogni scuola;

• non si può prescindere, poi, dal rapporto con le famiglie che deve essere inteso come “scambio”, condivisione reale. Non dimentichiamo che l’anticipo nasce da un bisogno espresso dai genitori, che non sempre sono consapevoli di ciò che comporta per il bambino anticipare di un anno e permanere a scuola per tre o quattro anni.

1. Non c’e’ un modello ideale

Non si può negare che per la scuola l’anticipo (questo vale sia per la scuola dell’infanzia che per la scuola primaria) sia un tema “bollente”, che rimette in discussione molte delle sicurezze accumulate negli anni e si profili, per chi vuole realmente entrare nella questione, come una piccola rivoluzione.Una scuola che accoglie un bambino di due anni e mezzo si deve porre seri interrogativi sul significato dell’anticipo e prendere in considerazione la propria realtà scolastica fatta di un luogo (l’edificio scolastico), di adulti interni alla scuola (le insegnanti, il personale ausiliario, la coordinatrice), di famiglie che hanno esigenze particolari, di una realtà territoriale con precise peculiarità. A partire da ciò è opportuno chiedersi quali sono le risorse che ogni scuola ha a disposizione, ma anche quali sono i vincoli. La considerazione relativa alla diversità, alla molteplicità e alla varietà degli elementi che compongono ogni singola scuola, deve mettere in guardia dall’assunzione di modelli predefiniti. Chiedersi, per esempio, se è meglio una sezione composta solo di bambini piccoli oppure una sezione con più età, è una domanda aleatoria se non viene collocata all’interno della singola scuola, che dovrà valutare le proprie potenzialità (in fatto di personale, di spazi…).La premessa è necessaria perché non si accenda l’aspettativa di trovare miracolose soluzioni o modelli ideali ai quali fare riferimento. L’ingresso dei bambini più piccoli richiede alla scuola una riflessione molto seria

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e coinvolge necessariamente tutti coloro che vi operano all’interno. Non è solo l’educatrice che ha direttamente a che fare con i bambini più piccoli, ma il collegio intero che deve farsi carico della questione perché le scelte pedagogico-didattiche devono essere condivise e monitorate, specie in una fase iniziale. Di fatto, però, la presenza dei piccoli utenti può avere una ricaduta anche su aspetti quali i tempi del pranzo e i cibi. In questo caso anche il personale ausiliario verrà coinvolto (si pensi all’organizzazione della pulizia dopo il pranzo per esempio se i tempi si dilatano, o alla necessità di prevedere cibi un po’ diversi per alcuni bambini piccoli).Ogni scuola, dunque, deve ipotizzare un proprio “modello”, con molte attenzioni ad apportare gli aggiustamenti necessari, o addirittura a rivederlo completamente nel caso in cui non funzionasse.“Siamo in un momento storico speciale, in cui alla scuola dell’infanzia viene chiesto di rivedere il suo modello. Dobbiamo avere chiara la direzione, anche se non tutto sarà realizzabile nell’immediato. Meglio un millimetro seguendo la strada giusta, che un Km nella direzione sbagliata” (R.Rioli).

Posto che non esistono modelli ideali è indispensabile però chiedersi: • Che cosa deve offrire la scuola dell’infanzia al bambino?• Che cosa deve offrire in particolare ad un bambino di due anni e mezzo?L’ingresso di un’utenza “nuova” richiede che vengano considerate le sue “caratteristiche” fisiche e psicologiche e di conseguenza che anche l’ambiente e le opportunità in esso presenti aderiscano ai bisogni e agli interessi dei più piccoli:• gli aspetti organizzativi e “contenutistici” nel loro complesso andranno

rivisitati;• le educatrici e la scuola dovranno “attrezzarsi” ad accogliere i bambini;• particolare attenzione andrà posta al rapporto con la famiglia.

2. Personalizzazione

Fermiamo ora l’attenzione su una parola che rientra nel titolo del contributo e che costituisce anche uno dei fulcri di tutto il lavoro. La personalizzazione non coincide con l’individualizzazione (organizzazione del percorso del singolo bambino), che deve essere prevista, per esempio, nel caso di bambini che presentano forme di disabilità. Personalizzazione può essere intesa come offerta di opportunità perché tutti i bambini possano individuare “qualcosa di buono per sé” (R.Rioli). Non è, quindi, l’educatrice l’artefice della personalizzazione. La personalizzazione è l’esito del lavoro del bambino, che trova all’interno di ciò che la sua educatrice

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ha pensato di offrirgli, il modo di inserirsi e di agire secondo le sue possibilità cognitive, emotive e creative. Ogni persona ha un proprio punto di ingresso al piano della realtà secondo “sentieri battuti” (R.Rioli). La stessa proposta assume un valore diverso per i diversi bambini, l’importante è che ogni bambino trovi una sua collocazione, ed un’occasione di crescita dentro la proposta stessa. L’educatrice pensa e predispone poche opportunità che costituiscono i “ganci” a cui ogni bambino trova il proprio modo di “agganciarsi” e sostiene il bambino nel vedere i “ganci” degli altri e a conferire un ordine alle sue esperienze e alle sue conoscenze.

3. La conoscenza sostiene il cambiamento

Prima di apportare qualsiasi modifica, prima di ipotizzare un modello di scuola, è indispensabile porsi domande sul significato e sulle scelte pedagogiche che stanno alla base del cambiamento.Nel contributo relativo allo sviluppo del bambino nel terzo anno di vita abbiamo parlato del modo in cui il bambino si appropria di conoscenze (come conosce il mondo degli oggetti, delle persone, delle relazioni…) ed abbiamo “fotografato” brevemente lo sviluppo del bambino di due anni e mezzo. Gli spunti offerti costituiscono un primo passo necessario per ripensare alla scuola che dovrà accogliere piccoli utenti per predisporre ciò che è opportuno per loro.Le opportunità sono determinate da un pensiero forte dell’adulto:• che conosce il bambino di due anni e mezzo e il modo i cui si appropria di

conoscenze;• che sa osservare il bambino nelle molte situazioni scolastiche per cogliere

competenze (il bambino giunge a scuola con un “bagaglio pieno”), bisogni, interessi, resistenze…;

• che considera il bambino soggetto attivo e costruttivo e ritiene, quindi, che l’adulto non sia l’unico depositario di conoscenze che devono essere trasmesse al bambino;

• che è aperto a continue revisioni (sia sul piano della relazione, sia sul piano squisitamente didattico), pur avendo precisi obiettivi da perseguire;

• che si allontana da stereotipi e da modelli precostituiti e si mette in una posizione di ricerca continua (“flessibilità efficiente”).

Alle educatrici si chiede molto, si chiede una professionalità costruita su una solida conoscenza del bambino, ma anche sulla capacità di cogliere quei

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cambiamenti (nella società, nell’organizzazione famigliare e quindi nei bambini) che oggi avvengono con una velocità vorticosa e che devono portare a continue rivisitazioni del modo di far scuola.La flessibilità efficiente, a cui ho fatto cenno, nasce dalla capacità di “adeguare” la scuola al bambino. Un bambino non potrà mai sentire propria una scuola troppo lontana dal mondo in cui vive e questo è tanto più vero quanto più si abbassa l’età dei bambini che entrano nella scuola.

Volendo avere anche uno sguardo operativo, che costituisca un punto di partenza per riflettere sugli aspetti organizzativi e contenutistici, riteniamo opportuno prendere in considerazione alcuni temi fondanti per un reale cambiamento:• Tempo;• Spazi, materiali, attività• “Posizione” dell’adulto.Da molti anni si parla di questi argomenti ma, a partire dall’esperienza diretta maturata a contatto con le scuole, devo dire che il famoso proverbio “tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare” di frequente prende corpo nella scuola.Vale quindi la pena tornare su questi temi, tanto dibattuti, perché si parta proprio da qui per poi procedere nel cambiamento. Adesso è più che mai indispensabile, con l’ingresso dei piccoli utenti, riempire quei “vuoti” (parlo di “vuoti” perché spesso organizzazione, metodo e contenuti sono l’esito di abitudini consolidate, più che di uno scambio interno-esterno) a livello organizzativo e metodologico se si intende riqualificare la scuola e renderla idonea ai bambini delle diverse età.

4. Il tempoIl tempo della scuola deve essere il tempo del bambino

La scuola dell’infanzia, proprio perché istituzione scolastica, ha obiettivi da perseguire con tutti i bambini, anche se le attuali indicazioni nazionali, come prima gli orientamenti, sottolineano la necessità di misurare gli obiettivi sempre sul bambino. La dimensione temporale è direttamente coinvolta in tale questione. Non c’è un’età fissata rigidamente entro la quale debbano essere raggiunti degli obiettivi, così come non ci può essere un tempo rigidamente predeterminato entro il quale i bambini debbano esaurire un’esperienza (si tratti di una routine o di altra esperienza). Qualsiasi proposta deve essere calibrata sul tempo dei bambini. Non facciamoci

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tentare, quindi, da una scansione molto rigida della giornata o da tempi che perentoriamente sanciscano quanto deve durare un’esperienza, perché l’interesse o comunque la necessità di continuare l’esperienza potrebbe esaurirsi prima, così come potrebbe esserci la necessità di prolungarlo. Rigidità non coincide con “ordine” e regolarità, che invece devono essere presenti nella scuola. Se prendiamo, poi, in considerazione gli utenti, dobbiamo aver chiaro che i tempi devono essere tanto più “dilatati” quanto più un bambino è piccolo. I tempi dei bambini non coincidono con i tempi degli adulti, quindi nell’organizzazione della giornata è bene cercare di comprendere le necessità, gli interessi, le capacità dei bambini.

Il tempo delle routine

Vorrei rivalutare il valore delle routine di cui tanto si parla, ma che in realtà vengono trattate come se fossero qualcosa di consolidato. Le routine devono acquistare un vero e proprio valore educativo e non di semplici gesti quotidiani che vengono ripetuti in modo quasi automatico. Le routine sono pilastri della cultura. Si può individuare una condivisione di significati nei gesti che si compiono durante le routine indipendentemente dal luogo in cui si compiono: noi utilizziamo le posate per mangiare, ci spogliamo per andare a dormire, ci laviamo le mani dopo essere stati in bagno (gesti che fanno parte della nostra cultura occidentale, ma che non sono condivisi da tutti i popoli). Ci sono, quindi, analogie tra casa e scuola nel modo di affrontare le situazioni routinarie, ma ci sono “regole” diverse nei due contesti ed una condizione psicologica del bambino differente (basti solo pensare all’assenza delle figure genitoriali a scuola). Dobbiamo dare il tempo al bambino di apprendere le regole, di abituarsi a condividere con altri bambini questi momenti, di accettare un adulto di riferimento che deve dedicarsi a molti bambini contemporaneamente, ma soprattutto di tollerare una condizione completamente diversa rispetto a casa .Alle routine è necessario dedicare il “giusto tempo”, che è scandito dal bambino, dalle sue capacità ed abilità nell’affrontare queste esperienze. I tempi dovranno di conseguenza essere più lenti e distesi con i bambini più piccoli, che hanno, proprio per la loro età anagrafica, un livello di expertise inferiore rispetto ai bambini più grandicelli. Consideriamo, inoltre, che le routine suddividono il tempo di permanenza a scuola, permettendo al bambino di orientarsi all’interno della giornata e di

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rassicurarlo (dopo il pranzo arriva la mamma oppure dopo il sonnellino si gioca un po’ e poi arriva la mamma). Il bambino piccolo non si orienta nel tempo, soprattutto nel tempo “culturale” (quello scandito per esempio dalle ore), ma riesce a rappresentarsi la scansione della giornata scolastica, che diventa quindi il suo “orologio” di riferimento.

Proviamo ora a prendere in considerazione le routine presenti nella scuola dell’infanzia cercando soprattutto di tracciare la situazione psicologica in cui si viene a trovare il bambino.Cosa significa andare in bagno per un bambino di due anni e mezzo? Affrontare questo momento non è sicuramente facile perché l’età coincide più o meno con l’età in cui oggi molti bambini cominciano il controllo degli sfinteri, con tutte le difficoltà correlate a questa particolare situazione. Alcuni bambini poi portano ancora il pannolino. I momenti dell’igiene e del bagno sono occasioni privilegiate per stabilire una relazione più intima con l’adulto, relazione che si attua nei più piccoli attraverso il contatto corporeo e la cura personale. È importante che l’adulto trovi un piccolo spazio per dedicarsi al singolo bambino, verbalizzandone le azioni ed i bisogni. Questo garantisce un’esperienza di stabilità al bambino, che si sente riconosciuto nei propri bisogni. Per l’educatrice la cura di questo momento diventa un modo per stabilire un rapporto più intimo con il bambino. All’interno di questa delicata situazione si inserisce anche la necessità di apprendere una regola fondamentale a scuola: il bambino deve imparare ad informare l’educatrice della necessità di uscire dalla sezione ed andare in bagno, cosa questa che non è detto avvenga a casa.Limitandoci comunque alla routine, a quel momento preposto all’andare in bagno per tutti i bambini che ne abbiano necessità, se consideriamo i bambini più piccoli dobbiamo prevedere di dilatare il tempo di permanenza, di non forzare i bambini a stare nei tempi stabiliti da noi, contribuendo a riempire di ansia ulteriore questa azione.Durante il pranzo a scuola il bambino incontra una situazione nuova, molto diversa da quella a cui è abituato a casa. Pensiamo solo al fatto di pranzare in refettorio o in sezione insieme a molti altri bambini e ancora una volta con un adulto che deve prestare attenzione un po’ a tutti. Ma consideriamo anche che il bambino potrebbe incontrare un modo diverso di presentare i cibi e cibi differenti rispetto a quelli a cui è abituato. Come si sentirà un bambino a contatto con tante novità? Il rumore e “l’affollamento” del luogo come saranno percepiti? Il bambino piccolo deve incontrare queste

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novità gradualmente e con un “forte” accompagnamento dell’adulto (specie dove non sono possibili modifiche di carattere “strutturale” nell’ambiente). Se fosse possibile all’interno delle scuole che hanno il refettorio, potrebbe essere utile, almeno nel primo periodo, pensare ad un ambiente più intimo (magari alla stessa sezione). Le forzature non servono. Occorre piuttosto rispettare i tempi del bambino, dargli la possibilità di abituarsi alle nuove situazioni, accettando anche gli iniziali rifiuti del cibo. Esistono perlomeno due forme di nutrimento: quella del corpo e quella del “cuore”. Pensare di stabilire e tenere salda una relazione affettiva significativa è indispensabile per tentare di sostenere il bambino e condurlo gradualmente ad accettare il cibo che offre la scuola. Tutte le volte che si è tentati di imboccare un bambino o di ricordargli le regole (almeno si assaggia), ci si deve chiedere che effetto potrebbero avere su di lui queste strategie e se non sia più importante salvaguardare il suo benessere psicologico. Riempire d’ansia il momento del cibo può voler dire, in alcuni casi, riempire d’ansia lo stare a scuola.Nel momento dell’accoglienza i bambini hanno bisogno di sperimentare un legame forte con l’educatrice, che per alcuni aspetti è analogo a quello famigliare.Accogliere non è semplicemente “far entrare in sezione”, ma farsi carico del bambino da un lato, del genitore dall’altro e delle eventuali ansie da separazione. Non dobbiamo dimenticarci del genitore e della tranquillità con cui deve gradualmente imparare ad allontanarsi dal bambino. Il genitore tranquillo potrà trasmettere tranquillità al suo bambino, essere il veicolo attraverso il quale il bambino imparerà a fidarsi della sua educatrice. Non dimentichiamo l’età dei bambini. Quanto più il bambino è piccolo tanto più sarà difficoltosa la separazione anche per il genitore.Ci sono “gesti speciali” per accogliere? Ogni bambino e ogni adulto probabilmente avrà i propri, ma vanno individuati. Esistono però attenzioni che hanno valore per tutti: guardare il bambino e salutarlo, salutare la mamma di ogni bambino, mettersi in una posizione che faciliti questo incontro di sguardi e di parole. Il commiato implica anch’esso un ricongiungimento (al genitore) e al contempo una separazione (dall’educatrice). Come predisporlo? Quali “gesti speciali” per accomiatarsi? Pensiamo che si tratta di un arrivederci ed è quindi importante ricordare al bambino che il giorno seguente ci si rivedrà. Anche in questo caso ogni bambino ha bisogno di sentirsi salutare. Lui è in mezzo a tanti altri coetanei, ma è anche un individuo che viene riconosciuto come tale dalla sua educatrice.Il sonno ha un valore psicologico particolare (come anche il pranzo). Addormentarsi significa lasciarsi andare, rilassarsi ed accettare di perdere il controllo della situazione. Ciò che accade intorno a noi mentre dormiamo sfugge

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alla nostra coscienza e il bambino sa bene che, nel momento in cui si addormenta, non potrà controllare più ciò che accade intorno a lui. Per questo a volte i bambini hanno difficoltà ad addormentarsi, pur avvertendone il bisogno. È indispensabile arrivare gradualmente al momento del sonno, accettando anche che il bambino non riesca a dormire all’inizio.Di frequente il bambino di due anni dorme ancora al pomeriggio. La scuola dovrebbe prevedere di offrire questa possibilità, per chi non può tornare a casa a riposare, così come è importante prevedere la presenza di un adulto durante il sonno dei bambini. Acquistano molto valore anche i gesti e i rituali che accompagnano il bambino all’addormentamento. Questi diventano quei “gesti speciali” che hanno funzione di rassicurazione ed aiutano il bambino a rilassarsi.

Ci rendiamo conto che per chi opera nella scuola, specie se la compresenza non c’è o è molto ridotta, adottare queste attenzioni nei momenti di routine non sia cosa facile. Se le routine però acquistassero un valore educativo e fossero ritenute importanti non solo per i più piccini, ma per tutti i bambini e se il tempo dedicato alle routine, almeno nel primo periodo di frequenza, fosse percepito come tempo utile e necessario, probabilmente ciò che sembra ora impossibile, potrebbe divenire parzialmente possibile.In ogni caso la scuola che accoglie bambini di due anni e mezzo deve essere consapevole che si fa carico di un’utenza diversa e che come tale deve godere delle attenzioni necessarie per poter vivere l’esperienza scolastica in modo positivo e costruttivo. In caso contrario il rischio è quello di regredire verso una scuola di tipo custodialistico.Tutto ciò che abbiamo detto riguardo alle routine intende procedere secondo la linea della personalizzazione, perché anche in questi momenti i bambini trovano “qualcosa di buono per sé”. Nelle routine l’educatrice offre al bambino delle opportunità, ma ogni bambino risponde a modo proprio, sollecitando l’educatrice a rivedere, se necessario, le strategie adottate. Solo le attenzioni che l’adulto presta ai bambini possono dare come esito risposte dalle quali ogni bambino percepisce di essere costantemente presente nella mente dell’educatrice, anche se si deve occupare di molti altri bambini.

Il valore del tempo lasciato a disposizione dei bambini

Non esistono tempi vuoti per i bambini. Un bambino, che se ne sta seduto per mezz’ora a guardare ciò che accade intorno a lui, non è “lì a far niente”, ma è

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molto probabile che sia “lì a fare qualcosa” di molto interessante per lui: guardare come stanno giocando i bambini per comprenderne le regole, osservare un bambino che utilizza un gioco per capire come potrebbe farlo anche lui, o magari semplicemente si tiene a debita distanza e osserva per capire quanto si possa fidare.È un pregiudizio e uno stereotipo il pensare che nella “buona scuola” il tempo del bambino debba essere “riempito” dall’adulto, che programma momento per momento ciò che si deve fare.Il pensiero forte dell’adulto deve essere nelle “occasioni da disseminare” (spazi, strumenti, materiali) e nell’osservare, anche a distanza, come il bambino le assume (modi, tempi)I bambini più piccoli hanno la necessità di avere tempo a disposizione per sperimentare, per osservare quello che fanno e dicono gli altri bambini e l’adulto, per ripetere o per ricreare azioni che per loro acquistano un significato particolare (ricordiamo quello che hanno detto a questo proposito Lakoff e Nelson).È opportuno allontanarsi dall’idea che il “fare vero” è quello che dà origine ad un prodotto o comunque ad un riscontro in un’azione compiuta secondo una logica (che è poi la logica adulta) soprattutto con i bambini più piccoli.

Il valore del tempo da dedicare al gioco

Nel contributo relativo allo sviluppo del bambino nel terzo anno di vita abbiamo messo in evidenza che il bambino di due anni e mezzo è interessato a molti tipi di gioco (primo tra tutti il gioco simbolico) ed abbiamo sottolineato la rilevanza che questo ha ai fini del potenziamento e dello sviluppo delle competenze cognitive e relazionali oltre che della formazione del sé.Il tempo del gioco deve essere pervasivo. Allontaniamoci dall’idea che il gioco sia il riempitivo nei momenti in cui non si fanno “attività”. Il gioco è l’attività principale alla quale il bambino di questa età deve dedicarsi, perché veicolo privilegiato di apprendimento.Le occasioni che incontrano i bambini nella scuola dell’infanzia devono essere gioco (non attività sotto forma di gioco, ma gioco), perchè devono presentarsi come interessanti, intriganti, dense di significati da scoprire (il bambino è un’eccellente esploratore e ricercatore quando ha la possibilità di farlo). È fondamentale ricreare una cultura del gioco da trasmettere anche ai genitori, che devono poterne vedere il reale valore per la crescita. Quando il bambino gioca nello “spazio della casetta” sperimenta relazioni, riproduce azioni, ricrea situazioni. Tutto ciò ha un’utilità considerevole per la sua crescita, ma non dà

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origine ai famosi prodotti attraverso i quali si ritiene di dover testimoniare il “fare” del bambino. Per i piccoli la scuola dell’infanzia non deve essere una scuola dei prodotti, ma una scuola dei processi, in cui ha più importanza l’impegno in azioni e interazioni finalizzate ad acquisizioni che non lasciano una traccia tangibile o visibile a chi non è presente in quel momento, ma lasciano una traccia nella mente del bambino, che darà frutti in tempi più o meno lunghi.

5. Spazi, materiali, attività

Il discorso che segue si ricollega con quanto detto sopra riguardo al gioco. Il gioco è un’attività che si esercita negli spazi che la scuola mette a disposizione e che può comportare l’utilizzo di materiali. Spazi, materiali e attività sono di fatto tre elementi inscindibili:• lo spazio comunica al bambino delle possibilità di azione; • quando negli spazi ci sono dei materiali, questi orientano l’azione dei

bambini;• l’attività è ciò che il bambino agisce. Non c’è luogo della scuola in cui l’attività

sia assente.Fittizia la suddivisione tra attività (proposta o gestita dall’adulto) e gioco (scelto dal bambino), che di frequente si incontra nella scuola dell’infanzia: pone una barriera che in realtà non esiste, come abbiamo già avuto modo di dire.

5.1 SpazioOrganizzare lo spazio

Gli spazi all’interno della scuola dell’infanzia devono essere pensati non solo dall’adulto, ma anche dai bambini. A volte può essere l’osservazione dei bambini che impone una rivisitazione dello spazio, magari perché sottoutilizzato o utilizzato in “modo improprio” (prima di affermare che i bambini non sanno giocare proviamo a capire quello che hanno a disposizione per esercitare il gioco). La presenza di bambini piccoli deve indurre a rivedere gli spazi della sezione e della scuola, tenendo presenti i loro bisogni ed interessi. Nell’organizzazione dello spazio si devono incontrare, quindi, il pensiero dell’adulto (che conosce i bambini e sa valutare anche gli interessi considerando tra gli altri fattori, anche l’età) e il bisogno del bambino. La varietà degli “spazi pensati” equivale alla varietà delle occasioni che vengono offerte ai bambini, con un’attenzione in ogni caso a non esagerare per eccesso o per difetto.

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Per i bambini più piccoli alcuni spazi della sezione possono acquistare un valore maggiore di altri (casa, spazio morbido, tane), perché replicano luoghi noti o perché hanno una funzione di protezione e di contenimento sia fisico che psicologico. È chiaro, comunque, che ogni spazio può rappresentare un’occasione per il bambino.Anche negli spazi “dati” (per esempio il giardino) esistono una molteplicità di occasioni interessanti offerte dall’ambiente stesso, che l’adulto deve saper cogliere. Un cespuglio è una bellissima tana, un muretto è un’interessante asse d’equilibrio dove mettere alla prova la propria abilità, foglie, fiori e bastoncini diventano cibo per far finta di preparare da mangiare o possono essere utili per costruire qualcosa. L’organizzazione degli spazi (dalla sezione, al salone, ai laboratori) deve essere tanto più improntata a flessibilità, quanto più l’escursione in termini di età dei bambini presenti nella scuola è ampia. La flessibilità va intesa, per esempio, come presenza di materiali con caratteristiche differenti adatti alle diverse età, come ricambio di materiali, come ripensamento sugli stessi spazi che nel corso dell’anno si possono modificare… Naturalmente questa flessibilità che comporta oltre che varietà/diversità anche cambiamenti deve essere operata dopo un’osservazione attenta dei bambini, che possono manifestare comportamenti che possono essere letti come allontanamento o come abbassamento di interesse.Un’ organizzazione pensata degli spazi offre indubbi vantaggi perché permette una distribuzione dei bambini all’interno della sezione, che possono decidere dove collocarsi e come agire in base alle loro curiosità e capacità. Per i più piccoli, che hanno tempi di attenzione più ridotti, questo significa poter avere più occasioni di gioco e di esplorazione (anche mentre l’insegnante è impegnata con altri bambini).In una sezione ben organizzata i bambini sono sempre in azione ed interazione con lo spazio e tra di loro.

Quali spazi per i più piccoli

Facendo riferimento a quanto detto sullo sviluppo del bambino, si possono individuare alcune indicazioni utili, in termini generali, per l’organizzazione degli spazi che possono essere più interessanti per i bambini più piccoli che frequentano la scuola, senza però dimenticare che ogni gruppo di bambini costituisce qualcosa di unico e che perciò deve essere anzitutto monitorato il gruppo per organizzare lo spazio della sezione.

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In questa parte del contributo non mi voglio limitare a fare l’elenco degli spazi più idonei per i bambini più piccoli, ma allargare la riflessione alle forme che può assumere il gioco indipendentemente dallo spazio all’interno del quale viene esercitato. Sicuramente lo spazio, specie all’interno della sezione, diventa un contenitore di opportunità, importanti, fra le altre cose, per favorire l’interazione tra bambini. Teniamo sempre presente però che, anche fuori da uno spazio che ha finalità abbastanza delineate, il bambino può indivuare interessanti occasioni analoghe a quelle degli spazi sezione.Spazi per il gioco simbolico. Oltre alla casa, di particolare rilevanza perché permette di ripercorrere esperienze vissute dai bambini e di elaborarne i significati, è indispensabile pensare alla varietà di giochi simbolici che possono partire da materiali presenti negli spazi (animali, macchinine, travestimenti), ma anche “disseminati” nella scuola, materiali in cui il bambino intravede delle possibilità di “trasformazione” (un bastoncino trovato in giardino diventa un telefono, una scatola diventa un rifugio, dei pezzetti di carta diventano cibo, con la sabbia si può costruire una pista e un tappo può diventare una macchina da corsa). L’adulto mette a disposizione delle opportunità, ma è anche attento al modo in cui il bambino rivisita l’ambiente e lo ricrea simbolicamente.Sicuramente per i bambini più piccoli lo spazio della casetta è uno dei più interessanti, ma quando si parla di spazio deputato al gioco simbolico si deve pensare a situazioni diverse: dallo studio del medico, al negozio… Magari nel corso dell’anno modificare lo spazio può essere opportuno per tenere sempre alto l’interesse dei bambini.Spazi per il movimento. Dal giardino, al salone... Il bambino deve potersi muovere in libertà, deve poter sperimentare cosa è in grado di fare con il suo corpo. Il movimento è favorito dai grandi spazi, ma è interessante anche vedere come il bambino gestisce il suo corpo in piccoli spazi o in spazi molto “abitati” (pensiamo ad una sezione organizzata in angoli gioco). In particolare per i bambini più piccoli va presa in seria considerazione la situazione del salone come luogo deputato al movimento, quando questo è sovraffollato (si pensi alle famigerate ricreazioni). Il bambino per potersi muovere in tranquillità e mettersi davvero alla prova, deve avere una situazione di non eccessivo affollamento, che peraltro è vissuta in modo negativo, soprattutto dai piccoli, per l’eccesso di rumore e di soggetti contemporaneamente presenti. È importante, quindi, pensare al salone come opportunità da sfruttare solo con il proprio gruppo sezione perché questo costituisca davvero un’opportunità per il bambino e magari predisporre dei momenti in cui dedicarsi in particolare ai più piccoli.

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Spazi in cui il bambino può sperimentare una maggiore intimità. L’angolo morbido “ben pensato” in sezione, le tane create ad hoc in sezione, ma anche le “nicchie” che il bambino trova dentro e fuori dall’edificio scolastico.Il bambino ha la necessità di avere un luogo all’interno della sezione in cui ricrearsi, recuperare o consolarsi e farsi coccolare un po’. L’angolo morbido deve offrire questa possibilità. In esso il bambino deve trovare la sofficità, la morbidezza data da un materassino e da cuscini appoggiati a parete, come la presenza di peluche che danno calore e una colorazione affettiva allo spazio.Per il bambino piccolo l’angolo morbido è un luogo in cui potersi proteggere dai molti stimoli (uditivi, visivi…) che la sezione inevitabilmente offre e ai quali deve potersi abituare con una certa gradualità. Se ben strutturato, quindi, lo spazio diventa luogo di contenimento sia fisico che psicologico.Spazi per costruire, montare e smontare in cui siano presenti materiali che si trovano in commercio, ma anche materiale di recupero/riciclato. La scuola può costituire un grosso stimolo per il bambino più piccolo che, osservando altri, apprende a dare forma a ciò che costruisce, passando per esempio dal semplice impilare (quasi fosse un esercizio di abilità) al più complesso costruire. È stimolante anche individuare possibilità di trasformazione di materiali (quelli riciclabili appunto), che diventano tanti oggetti diversi, stimolando il pensiero divergente.Spazi in cui sia possibile esplorare materiali di vario tipo: angolo della manipolazione in sezione o predisposto in laboratori o in salone, ma anche il giardino della scuola (pensiamo alle foglie, ai sassolini, alla terra…). La possibilità di esplorare costituisce la base attraverso cui conoscere e quindi deve essere sollecitata. Per i bambini di due anni anche il semplice toccare, giocare, in generale interagire con materiali come potrebbero essere le classiche farine, la sabbia, le stoffe, le carte, le scatole o ancora l’acqua rappresenta, nella maggior parte dei casi, un’occasione interessante ed anche inusuale rispetto a ciò che sperimentano a casa. Non si deve dimenticare che sollecitare l’interesse permette al bambino di convogliare le energie verso aspetti di realtà presenti a scuola, allontanando i pensieri da situazioni che sono fonte di tristezza e di ansia. Il benessere nasce anche dalla possibilità di scoprire all’interno dell’ambiente scolastico cose intriganti e possibilità insolite (accanto ovviamente ad occasioni di rapporto positive e contenitive).

Tutti gli spazi hanno un grande valore perché il bambino dentro ogni spazio potrebbe trovare cose interessanti da fare. Il pensiero dell’adulto deve essere posto, tra le altre cose, sulle modalità attraverso le quali proporre le occasioni ai

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bambini più piccoli, che potrebbero essere disorientati e non comprendere come muoversi dentro la sezione.La sezione costituisce, soprattutto nel primo periodo, un luogo sicuro rispetto al resto della scuola che al piccolo utente appare grande, dispersiva e anche un po’ pericolosa (come tutti i luoghi poco conosciuti). Per questo si vedono spesso nella scuola bimbi vicinissimi alle educatrici di riferimento nei momenti che trascorrono fuori dalla loro sezione e non serve certo dir loro di andare a giocare o di provare a fare qualcosa per farli staccare dall’adulto e rassicurarli.

5.2 Materiali

Può essere opportuno precisare alcuni aspetti riguardo ai materiali non tanto per suggerire quali materiali selezionare e quali scartare, ma piuttosto per stabilire alcuni criteri generali per la scelta dei materiali da offrire ai più piccoli.Anzitutto è importante favorire la presenza di materiali congruenti con lo spazio (questo criterio ha un valore trasversale in realtà rispetto alle diverse età) e “ben pensati” dal punto di vista quantitativo e qualitativo. Il materiale congruente (cioè idoneo allo spazio stesso) suggerisce al bambino un uso adeguato dello spazio, così come la giusta quantità facilita il gioco e le relazioni. Quando il materiale è scarso, il rischio è quello di non permettere un buon gioco tra bambini, ma l’eccesso rende difficile la gestione e confonde soprattutto i meno esperti, come sono i bambini di due anni e mezzo.In relazione a quanto detto nel precedente contributo, mi sembra importante sottolineare l’interesse dei bambini più piccoli per i materiali di uso domestico, che suggerisce di inserire oggetti “veri” per esempio nello spazio del gioco simbolico. Anche nello spazio deputato alla costruzione con materiali di recupero la presenza di oggetti noti (dalle scatole, alle bottiglie, ai bottoni…) rappresenta un contatto con qualcosa di famigliare per il bambino, da utilizzare in molti modi diversi (sia congruenti con il loro effettivo utilizzo nella realtà, che creativo). Riproporre nella scuola aspetti di realtà che il bambino conosce a casa rappresenta anche un link tra le due istituzioni (scuola e famiglia), aspetto questo che assume rilevanza dal punto di vista psicologico.Anche se la scuola accoglie bambini di due anni e mezzo, deve fare attenzione a non “infantilizzare” le sezioni con la presenza dei classici materiali o giochi per bambini piccolissimi. Di frequente, anche oggi, si vedono nelle sezioni giochi adatti ad età inferiori rispetto a quelle che la scuola dell’infanzia accoglie. Ricordiamo che nella scuola il

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bambino deve individuare occasioni che rappresentino una spinta per la crescita, quindi meglio evitare la presenza di ciò che potrebbe invece rimandare ad età precedenti. Tutto ciò senza esasperare la situazione, vale a dire che per esempio nello spazio del gioco simbolico, accanto a bambolotti che potrebbero diventare i bambini piccoli di coloro che inscenano il gioco stesso, potrebbe esserci qualche gioco per i più piccoli. Sempre in relazione a quanto detto sullo sviluppo è utile mettere a disposizione dei piccoli materiali che permettano o si prestino ad essere esplorati e trasformati: dai materiali per la manipolazione ai materiali recuperati (scatole, bottiglie…). La parola manipolazione richiama alla mente il toccare con le mani. In realtà durante la manipolazione vengono sollecitati tutti i sensi. Si verifica quindi il coinvolgimento contemporaneo della percezione visiva, uditiva, tattile, olfattiva e anche gustativa a volte. Ma a partire dai sensi si giunge al senso (Jackendoff 1983, 1998)1 cioè alla costruzione del significato che via via, attraverso le esperienze, si raffina e si traduce in un linguaggio. Ecco perché la possibilità di esplorare materiali molte volte, in modi diversi, in situazioni differenti deve essere considerata basilare tanto più i bambini sono piccoli.Un ultimo suggerimento concerne la presenza di materiali/strumenti/occasioni che permettano di mettere alla prova, di sperimentare le possibilità del corpo e delle mani. Non sono importanti solo i classici giochi (arrampicatoi, scivoli…), ma anche tutte quelle occasioni presenti dentro e fuori dall’edificio scolastico che permettono il fare con il proprio corpo, scoprendone le potenzialità.Quando un bambino scopre di essere capace di fare da solo, acquista sicurezza e migliora anche l’immagine che egli ha di sé stesso.

5.3 Personalizzazione e attività Per parlare di attività è necessario riprendere e mettere insieme tutto ciò che abbiamo detto finora. Sullo sfondo è indispensabile tenere sempre presente la necessità di favorire l’esperienza diretta del bambino, il coinvolgimento del suo corpo con il quale deve poter esplorare (toccare, annusare, guardare…). L’esperienza può avere momenti di rielaborazione che permettono ai bambini di riorganizzarla mentalmente e di “trasferirla” sul piano verbale, oppure, se non sono in grado di raccontare ciò che hanno fatto o visto fare, è fondamentale sentire qualcuno che dia voce all’esperienza del bambino (l’adulto parla di ciò che il bambino ha fatto).

Le attività devono essere personalizzabili, in particolare con i bambini più piccoli:

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• il bambino deve poter trovare all’interno dell’esperienza che sta compiendo “un sentiero da seguire”: per i più piccoli questo può significare anche solo stare a guardare ciò che fanno gli altri all’inizio o imitare…;

• questo è possibile solo se l’attività è “aperta”e non ci sono “ingiunzioni” e prescrizioni da parte dell’adulto (questo non significa assenza di regole);

• i bambini piccoli, posti nelle condizioni più idonee per loro, faranno molte esperienze che non daranno in molti casi come esito dei “prodotti” (disegno, “lavoretto”…), ma lasceranno tracce nella loro mente.

6. La posizione dell’adulto

Al termine di questo contributo vorrei proporre degli spunti di riflessione riguardo alle attenzioni che l’adulto dovrebbe avere nei confronti dei bambini. Alcuni gesti hanno un valore positivo per tutti i bambini, ma quando prendiamo in considerazione un’utenza che ha un’età di due anni e mezzo diventa assolutamente indispensabile trovare strategie che favoriscano al massimo la relazione e producano gradualmente nel bambino la percezione di essere davvero importante per l’educatrice. Questo è il presupposto perché le proposte e le occasioni che offre la scuola possano sostenere il bambino nella sua crescita cognitiva, emotiva e creativa.L’adulto accompagna il bambino in tutti i momenti della giornata anche se tenendo “distanze” e utilizzando modalità diverse. Conoscendo il bambino si impara anche a calibrare quanto e quando essere vicini e quanto e quando stare a distanza. L’accompagnare non implica necessariamente la vicinanza fisica, ma coinvolge senz’altro quella psicologica: ci sono momenti in cui è indispensabile la presenza fisica dell’adulto e spesso la sua vicinanza stretta (pensiamo per esempio ai momenti di routine…), altri in cui il bambino incontra ciò che l’adulto ha predisposto per lui.In sintesi possiamo elencare alcuni aspetti fondamentali attraverso i quali si può declinare l’accompagnamento.

L’adulto:• Pensa agli spazi da offrire ai bambini. L’organizzazione dello spazio, come

abbiamo avuto modo di vedere, è frutto del pensiero dell’adulto che legge gli interessi e i bisogni dei bambini. Anche questo è un modo per stare accanto ai bambini. Basta a volte apportare qualche piccola modifica o aggiungere del materiale per mostrare al bambino l’attenzione che l’adulto ha nei suoi confronti.

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• Valorizza le scoperte dei bambini e sollecita l’esplorazione. Vorrei riportare a titolo di esempio un episodio al quale ho assistito, che purtroppo ha avuto come esito l’abbandono dell’attività che il bambino aveva iniziato spontaneamente. Un gruppo di bambini stava giocando nel giardino della scuola. Un vialetto del giardino era stato tracciato con dei piccoli sassi, quasi tutti bianchi. Marco (2,8) era accovacciato e ammirava i sassolini. Ogni tanto ne prendeva uno e lo riponeva nella tasca. Dopo circa dieci minuti, Marco si rialzò e si mise ad ammirare i sassolini raccolti. Erano tutti di colori diversi (marroncini, verdognoli, neri, beige…). Si avvicinò all’educatrice e disse: “Guada. I ho plesi lì”. La risposta dell’educatrice fu: “Per carità buttali che se te li metti in bocca è un guaio”. Lo smarrimento di Marco fu grande. Glielo si leggeva negli occhi. Marco si sedette su una panchina con la testa bassa e rimase lì per tutto iltempo di permanenza in giardino.

Sebbene il timore dell’educatrice potesse avere un fondamento, forse si poteva trovare una modalità diversa per dare una risposta al bambino, che peraltro non aveva proprio capito il timore dell’educatrice (probabilmente era più incuriosito dalla diversità di quei sassolini rispetto a molti altri bianchi del vialetto, piuttosto che ad ingurgitarli).

Con valorizzazione delle scoperte qui si fa riferimento, quindi, a quelle piccole scoperte che avvengono quotidianamente e che per il bambino hanno un grande valore sul piano della conoscenza e della scoperta della realtà. L’adulto deve mantenere alto l’entusiasmo del bambino perché possa esserci il desiderio di continuare ad esplorare e condividere con altri.

• Sostiene il bambino nell’organizzazione delle sue scoperte e conoscenze. È fondamentale parlare con il bambino dei fenomeni ai quali si mostra interessato e cercare di creare una cornice di riferimento. Nell’episodio che ho citato prima dire per esempio “Sono sassolini di colori diversi. Qui sul vialetto ci sono tanti sassolini bianchi e pochi sassolini colorati come quelli che hai trovato tu” se si aggiunge poi “Sono preziosi li possiamo mettere dentro un barattolino” si valorizza ulteriormente la scoperta e si potenzia il rapporto con il bambino. Si invoglia anche il bambino a presentare all’adulto e agli altri bambini il mondo che emerge giorno dopo giorno da una ricerca spontanea.

• Osserva costantemente. L’osservazione sappiamo che è uno strumento di lavoro prezioso e che viene utilizzato continuamente dall’educatrice. Quando l’educatrice si trova di fronte a bambini che iniziano a frequentare la scuola dell’infanzia, è indispensabile che osservi con attenzione il bambino e sé stessa per individuare quelle strategie che favoriscono il benessere del bambino e

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la sua disponibilità nei confronti delle proposte della scuola.

L’educatrice:

• Deve dar voce alle azioni ed emozioni quando il bambino non è in grado di farlo perché non ha ancora un linguaggio appropriato o per aspetti più connessi con l’emozione che prova in un determinato momento. • Ascolta sempre il bambino e lo sostiene nell’esprimere verbalmente le

esperienze e le emozioni. L’ascolto è fondamentale perché solo chi è ascoltato imparerà a sua volta ad ascoltare e si sentirà considerato dall’interlocutore. Il bambino ha bisogno di trovare adulti disposti ad ascoltarlo, manifestando tutti quei comportamenti che caratterizzano l’ascolto vero (guardare il bambino mentre parla, rispettare il proprio turno di parola evitando di sovrapporsi…). In una sezione popolata da tanti bambini questo diventa difficile in alcuni momenti, meglio invitare il bambino ad aspettare un po’ perché si è impegnati piuttosto che ascoltarlo distrattamente e con poco interesse.

• Sollecita occasioni di scambio tra bambini fungendo da mediatore. Ciò ha un valore trasversale per tutti i bambini, ma si accentua per i più piccini, che hanno un uso più limitato del linguaggio e minori esperienze di interazione con altri bambini.

Note:1 F.E. Crema, Questione –anticipo: fondamenti per la riflessione, in Iniziare anno II numero 4 pp 7-13,CUSL2 R. Jachkendoff Linguaggio e natura umana, Bologna, Il Mulino, 1998 ; R. Jackendoff Se-

mantics and Cognition , Cambbridge, Mass, MIT Press, 1983

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CAPITOLO 6SEPARARSI ORMAI CONVIEN…1 - o del passaggio necessario -a cura di Francesco Caggio

1. Un’ eco Il titolo di questo contributo è certamente non coerente con il tema che si andrà trattando, è solo un’eco che, pensando alla stesura dello stesso, mi ha attraversato la mente. Certamente la frase è di un’opera che devo aver ascoltato molto e si riferisce a due amanti che si lasciano o si devono lasciare, loro malgrado. Ecco il tema di fondo che ha richiamato alla mia mente questa frase, è proprio questo; vale a dire che arriva un momento, un’età, un giorno, anche molto preciso da un punto di vista del calendario, in cui la famiglia e il bambino - malgrado l’eventuale presenza di desideri, di tentazioni e di tensioni di segno opposto - devono lasciarsi un po’, devono avere spazi e tempi distinti e separati, almeno per qualche ora al giorno.Il “devono” è in relazione al benessere di tutti i componenti la famiglia, soprattutto del bambino che, da quando è nato, non sta facendo altro che percorrere il cammino, diversamente articolato e accidentato, della separazione dal corpo materno e da quello dei suoi cari. Perché è del bambino “andare” ed esser aiutato ad “andare”, soggetto riconosciuto a pieno titolo come “altro” dai suoi genitori; “altro” che non significa estraneo e/o allontanato, ma riconosciuto nella sua soggettività che, con i genitori e gli altri familiari, concorre a fare “famiglia”; e famiglia viva, dinamicamente presa a modificarsi con il mutare dell’età dei suoi componenti. Ma lasciarsi un po’ può non essere senza avvertimento di strascichi di nostalgia, forse di melanconia, qualche volta di tristezza, altre di dolore; diversamente ampio, dilagante; governato o governabile e infine detto o tenuto segreto, a seconda di come si è cresciuti e di quanto lo si può dire.Quindi parleremo di una separazione e di un “dolore” (in senso lato e specifico) necessari, pena il permanere uno stato di eccessiva vicinanza fra genitori e bambini che potrebbe mortificare l’anelito a diventare pienamente se stessi di questi ultimi. È di questo distacco, di questo passaggio da un contesto all’altro, è di questi sentimenti che si parlerà, riportando l’attenzione sui significati del periodo dell’ambientamento dei bambini alla scuola dell’infanzia: di bambini già in età o che si avviano a compiere i tre anni entro la fine dell’anno scolastico.

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2.Affetti

L’attenzione che si è sviluppata in questi ultimi decenni sul tema dell’ambientamento dei bambini alla primissima scuola e il fatto che si siano strutturate ormai pratiche educative e scolastiche stabili per rendere questo momento della biografia dei bambini il più agevole possibile, rimanda, a mio avviso, al tentativo, controverso e soprattutto contraddittorio, di andare a costituire una società degli affetti, ridando visibilità e centralità a questi. Dico “controverso e contraddittorio” perché questa rinnovata attenzione, attenzione che non ha interessato solo la scuola, agli affetti si va sviluppando tanto più i processi e le dinamiche del sociale si vanno facendo complesse, irte, con una qualità della vita sempre molto minacciata da logiche di mercato. Mano, mano che la qualità della vita diventa sempre più minacciata, anche quella dei bambini, da fattori di contesto non sempre governabili, più , mi pare, si cerca e si parla, si tematizza la “qualità della vita” cercando continui argini alla copertura di dimensioni essenziali e fondamentali per ogni soggetto umano; dimensioni come sempre emotive, affettive e sociali.Quindi la scuola, ma non solo - si pensi, come esempio fra i tanti, al lavoro fatto per rendere più fruibili i centri storici al fine di favorire una loro maggiore godibilità da parte dei cittadini - ha fatto propria questa istanza di tipo culturale e sociale riaprendo una riflessione rispetto al posto degli affetti nella vita e nello sviluppo dei bambini che ospita.Vale a dire che si è messo lentamente a fuoco che, una specifica attenzione alla dimensione affettiva e quindi un mirato lavoro di cura di questa cercando di evitare fratture, sconnessioni, malesseri e ferite nel percorso di vita dei bambini, può favorire un’accettazione attiva e consapevole dei contesti in cui il bambino si trova e in cui deve vivere. O meglio non potendo ai bambini evitare fratture, sconnessioni, malesseri e ferite legate alla sue vicende esterne alla scuola e qualche volte anche interne a questa (cambi di insegnanti, incomprensioni con queste, conflitti e delusioni con i compagni…), la scuola cerca di non ignorarle, di tematizzarle affinché siano elaborate portando il bambino ad un livello di maturazione più articolato attraverso precise strategie. La questione è come fare affinché il bambino accetti, senza fughe e rifiuti, che vivere è attraversare “tempeste” legate anche ai necessari cambiamenti che deve mettere in moto o rispetto al suo stesso essere se vuole stare “al mondo” e/o al mutare del contesto, in particolare rispetto alle domande che questo gli pone. Ora, va chiarito che da molti decenni si sta tentando di fare in modo che il bambino, ma non solo, pervenga ad un’accettazione attiva, consapevole, partecipata alle

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sue vicende affinché egli sia in grado di comprendere meglio cosa gli va accadendo, governandolo almeno per gli strumenti che ha. A questo proposito va evidenziato che le pratiche educative mirate a favorire un ambientamento lentamente fatto proprio dal bambino, sono riferibili, attraverso il tema della “società degli affetti”, alla scelta che si è andata facendo negli ultimi decenni verso una socializzazione dei nuovi nati più attenta alle loro risposte, alle loro aspettative, alle loro richieste.Meglio: si è passati in pochi decenni da un modello di socializzazione che puntava a rendere il soggetto il più aderente possibile, il più conformato possibile alle richieste del suo ambiente che chiedeva sostanzialmente di “attenersi” a quanto veniva chiesto, senza molta possibilità di portare vissuti, punti di vista, esigenze proprie ad un modello di socializzazione che ha preso atto della vitalità del soggetto, che l’ha riconosciuta e che la valorizza prevedendo che questi possa “dire la sua”.Nel primo modello1 appena abbozzato sopra la richiesta e/o l’ingiunzione era sintetizzabile, molto grossolanamente, ma credo efficacemente, in: “O mangi questa minestra o salti dalla finestra”; il secondo modello, sempre appena abbozzato sopra, invece pare dire: “Sarebbe bene che tu mangiassi questa minestra…” e in presenza di difficoltà, ritrosie, sottrazioni o tentativi di fuga si apre una “trattativa” per cercare, in che modo e in che forma, la minestra possa essere mangiata… senza forzare troppo il bambino! Ecco il “senza forzare troppo” è proprio la linea che attraversa una socializzazione che non ignora la vitalità di chi va crescendo. Potremmo dire che nel primo modello prevaleva o si cercava di far prevalere l’indiscutibilità della richiesta a un soggetto ritenuto da “forgiare”, nel secondo modello si offrono possibilità a un soggetto, ritenuto da “accompagnare, sostenere e indirizzare” nei suoi percorsi di crescita diventati certamente più variegati, ma anche più impegnativi, di “esserci”, tanto più in relazione al fatto del suo essere riconosciuto dal contesto sociale che lo circonda. È per questo che oltre venticinque anni fa, a fronte di un mio rilievo rispetto alla quantità di bambini che piangevano, che stavano anche male al loro primo giorno di frequenza senza genitori da subito, una pur egregia insegnante di oltre quarant’anni, mi rispose: “Qualche giorno e si abituano”. Non era né cattiva, né superficiale e neanche disattenta ai bambini, era una coerente testimone del suo tempo e della sua stessa educazione e del modello di socializzazione di cui sopra. Che i bambini diventassero più temprati alle “prove” della vita!? Certo è che noi, attraverso le riflessioni teoriche e culturali sulla crescita, abbiamo messo a fuoco, anche in via normativa, una modalità che permetta al soggetto di essere trattati con attenzione rispetto ai suoi vissuti emotivi e affettivi anche perché c’è una stretta relazione fra questi e le dimensioni cognitive. Abbiamo deciso che il

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soggetto individuale venga visto nella sua specificità, anche rispetto alle risposte che dà alle richieste provenienti dal suo contesto di vita. Più impegno? Certo! Meno problemi? No, perché la consapevolezza non li diminuisce e non li azzittisce, anzi.

3.Passaggio

Certo nel caso dell’ingresso per la prima volta alla scuola dell’infanzia, si tratta di “un passaggio”; quasi tutte le prove della vita sono passaggi da una situazione all’altra, da uno stadio all’altro, da un livello all’altro, da una forma ad un’altra.E in questo caso specifico c’è un passaggio, vissuto ormai dalla stragrande maggioranza dei bambini fra i due e i tre anni, da uno stato sociale (quello di bambino-figlio), ad un altro (quello anche di allievo-bambino); passaggio che implica un processo e quindi del tempo affinché il bambino possa modificarsi assumendo altre sembianze che certamente, infine, lo arricchiscono.Non è dall’oggi al domani che un bambino piccolo o meglio un “piccolo bambino” assume un altro ruolo, una nuova “faccia” o “maschera” comprendendone i relativi portati e conseguenze in termini affettivi, sociali e cognitivi; e dico “faccia” e dico “maschera” perché è del diventare del tutto e completamente persona la capacità di assumere una faccia e una maschera diversa a seconda delle circostanze.Ma non è solo del bambino questo bisogno di tempo e di attenzione per vivere e attraversare questo passaggio, senza impigliarsi dentro le resistenze a non mutare, a rimanere da dove è partito, in casa presso la mamma. Questo bisogno è anche delle famiglie. Se questo è chiaro, allora si può pensare a “una pedagogia del tatto” che non sospinga il bambino ad affrettarsi, a far presto, a sbrigarsi chiedendogli adattamenti e comprensioni del contesto in cui si viene a trovare che sono inopportune rispetto ai tempi che mediamente impiega un adulto per effettuare le stesse operazioni chieste ai piccoli. Quanto tempo impiega un adulto per capire in quale contesto lavorativo è? Quanto tempo impiega un docente a fare gruppo con i colleghi? E quanto tempo per comprendere le regole di funzionamento del suo istituto? Forse se si attingesse, in modo più diretto e meno difeso, alla propria esperienza di adulto, allora si potrebbe sviluppare, molto semplicemente, come “naturalmente” quella pazienza che spesso l’istituzione scolastica nel suo complesso non ha. Non poche volte appare “dato per scontato” che il mettersi in fila, in ordine, il rispettare le modalità con le quali si mangia e si dorme sia conquistato in pochi giorni anche da bambini che hanno una brevissima o nulla esperienza istituzionale. È bene notare, a proposito, che spesso la capacità di stare in un contesto nuovo viene valutata come una di quelle che paiono verificare e garantire uno sviluppo

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adeguato dei bambini: peccato che venga valutata spesso all’inizio (dopo poche settimane o mesi) di un nuovo percorso educativo e scolastico, vale a dire proprio all’inizio dei passaggi fra nido e scuola dell’infanzia e fra questa e la scuola elementare. Viene valutata dopo qualche tempo, e non al termine di un anno di lavoro educativo con bambini che, fra assenze, chiusure della scuola, possono perdere fili per comprendere il fatto che “devono venire a scuola”. Più precisamente il bambino, fra i due e i tre anni, in realtà scopre e apprende, forse per la prima volta in modo esplicito, formale e ben focalizzato, che esistono dei ruoli perché passando dalla famiglia alla scuola dell’infanzia, come per differenza, meglio comincia a comprendersi e a definirsi come figlio dei suoi genitori e nipote dei suoi nonni, essendo “allievo” (ma non lo sa precisamente, ancora) di una scuola.Se proviene dall’asilo nido, deve prendere atto che essere in questo nuovo luogo che è la scuola dell’infanzia, non è la stessa cosa che essere al nido avvertendo così una terza possibile articolazione dei suoi modi di esser presente al mondo (bambino al nido, bambino a casa-figlio, bambino alla scuola dell’infanzia-allievo); e non dico, volutamente “identità”, preferendo, per ora, parlare di un avvertimento di sé al mondo.Assumiamo, quindi, che egli si senta solo un “bambino” (ma cosa sentono e come si sentono i bambini nel loro essere, appunto, “bambini”?) che può non avere una completa consapevolezza del significato dell’essere figlio o che comincia appena ad averla; comunque si senta e si definisca dal suo punto di vista certo è che, mediamente, è al centro di attenzioni; attenzioni tutte sue (contraddittoriamente, ma comprensibilmente anche quando sono negative).È al centro di una rete familiare più o meno estesa fra nonni e genitori che mediamente - e questo il bambino lo capisce - si organizzano, si agitano, si arrabbiano, sono contenti anche a causa sua, della sua presenza che in qualche modo influisce e incide sul clima, sull’organizzazione e sull’andamento del contesto a cui appartiene e in cui vive.Questo bambino ha - anche se eventualmente ridotto e quindi ancor più governabile da lui - un universo/contesto che, in buona parte, è organizzato tenendolo molto presente; nei casi più positivi, egli possiede spazi e tempi tutti per lui, anzi a volte è un “piccolo re” in un universo fatto per lui e che governa con una certa padronanza. Proprio un piccolo re! Non importa se dal nostro punto di vista di docenti, un “piccolo re” con molti limiti e, a volte, infelicità. Quindi è abituato, certo e sicuro che il mondo esiste in funzione dei suoi bisogni o per lo meno della sua esistenza; a questo mondo accentrato su di lui; mondo che per lui, che non ha ancora il senso della storia e del sociale, è “naturale” ed “ovvio”.

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Cosa non del tutto vera per i bambini del nido che, però, possono pensare di sapere molto del mondo esterno alla loro abitazione credendo, forse, che buona parte del mondo sia il nido che hanno frequentato fino a un mese o due prima della scuola; venendo alla scuola dell’infanzia scoprono invece che c’è un’altra parte di mondo e che questo è più ampio e articolato di quanto sapessero e pensassero; c’è un altro microcosmo istituzionale che a loro pare ovviamente “grande” e che pare assomigliare al nido, ma pare soltanto.Lo scoprono, dopo un’iniziale euforia di competenza; è evidente che solo dopo qualche tempo possono accorgersi della differenza sostanziale, per regole e significati, fra il nuovo posto dove sono e il nido. Certo! Arrivano alla scuola dell’infanzia e si muovono in essa forse con qualche maggiore autonomia rispetto agli altri che provengono da casa; sembrano già in grado di muoversi quasi senza problemi, visto che già da molto piccoli sono usciti dalla propria abitazione.Ma a scuola è diverso per ambedue le tipologie dei bambini: il bambino “familiare” si trova con e fra gli altri che, come lui, sono nuovi, estranei e differenti, eppure bambini anche loro; il bambino “del nido” si trova con nuove insegnanti, nuove regole e una quantità di compagni e… forse non proprio così lontano dalla prima separazione dal nucleo familiare, forse con una separazione da rinnovare.

4. Separazioni del tutto affrontabili

Comunque sia, ambedue i tipi di bambini vivono una separazione: nuova per alcuni, rinnovata per altri con portati e trascinamenti non piccoli per i primi visto che essi escono dal loro contesto abituale e dato come “naturale” e gli altri devono riabituarsi a un nuovo contesto, forse ancora una volta delusi dalla mancata sicurezza e tranquillità dei contesti extrafamiliari e familiari: non si può proprio abituarsi e stare comodamente, un po’ quieti!E come potrebbero? Non possono: sono i coerenti figli di irrequieti adulti che hanno fatto delle rotture, delle separazioni, dello spostarsi in luoghi diversi in tempi brevi la loro filosofia e la loro stabile modalità di vita. Coerenti figli di adulti che hanno paura delle abitudini e della sedentarietà parendo loro che il rompere quieti, ripetizioni conosciute e placide stanzialità approfondite sia la scelta che li mantiene “vivi”. Abbiamo quindi un’infanzia che si separa, ormai da qualche decennio, molto precocemente dalle famiglie e che pare avere, prima e dopo la frequenza dei servizi educativi e scolastici, una notevole discontinuità temporale e quindi relazionale; abbiamo un’infanzia che vive tutte le sconnessioni del mondo adulto, anche se

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gli adulti vogliono poi tutelarla con tutta una serie di accorgimenti riparatori da presunti, possibili guasti che, proprio per la presenza degli accorgimenti a cui sia accennava, paiono esistere o comunque preoccupare.Non si esclude quindi che, forse per evitare trascinamenti colpevolizzati e colpevolizzanti, gli adulti possano decidere di non mettere più in campo alcun accorgimento riparatorio evitando così l’esplicitazione formale del fatto che ci siano state separazioni e dolori. E, invece, voglio realisticamente soffermarmi sul “separati” intanto perché, pur avendo un mondo in movimento e attraversato da sconnessioni forse a volte dannose per i bambini, si vuole evidenziare che non si può negare o fuggire dalla realtà: la si può affrontare, forse conservando o meglio coltivando l’idea di possibili cure e interventi, per renderla più agevole e più rispettosa. Vale a dire che, fra conformate cessioni e adeguamenti alle modalità prevalenti del vivere corrente e apocalittici rifiuti e dinieghi di queste, ci può essere uno spazio, con qualche venatura utopica, che può diventare coerente pratica educativa nell’ambito della cura e della formazione; cura e formazione intesi anche come luoghi, processi e interventi di integrazione, di risanamento, di promozione e di sostegno dell’idea che è possibile farcela e che vivere è assolutamente affascinante. Separarsi quindi, ormai convien!Pare che sia attraverso la separazione che ci si definisce, è attraverso lo strappo da qualcosa, è nell’allontanarsi dal corpo dei propri genitori, andando anche al di là e oltre il contesto in cui si sta, come in un tessuto pervasivamente tramato, che pare esserci la possibilità di riconoscersi come individuo e quindi come persona che, per esserci, deve tessere altri e nuovi rapporti sociali che lo confermino nella sua stessa esistenza che è fatta di “pieni” e di “vuoti”, di “presenze” e di “assenze” e, infine, di “perdite” e di “acquisizioni”. Ma, separandosi si sente dolore o almeno uno strascico di dolore, un’avvertenza di qualcosa che viene meno, già un abbozzo di nostalgia, un avvertimento di tensione già mista a curiosità e predisposizione ad andare avanti; c’è nelle separazioni, almeno in quelle sopportabili dai due che si separano, un sentimento, un’affezione che è ambigua e ambivalente rispetto a quello che va accadendo e fra coloro i quali la vivono: fra avvertimento di reciproca maggiore libertà e possibilità di perdita di un bene. È in tutto questo che, per altro, si acquista consapevolezza che si era attaccati a qualcuno o a qualcosa da cui ci si sta staccando cominciando ad avere memoria dello stato precedente; memoria che è forse segnata, precocemente, dalla nostalgia di qualcosa o di qualcuno che viene meno, che si sottrae, che ci lascia e va via.

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Anche quindi andare alla scuola dell’infanzia coltiva il nostro immaginario sulle relazioni amorose; così a rischio di lacerarsi, così esposte fra il: “gli voglio bene”, “mi vuole sicuramente bene” e il: “forse non gli voglio così bene”, “non mi vuole così bene, come sembra”. Così esposte al non separarsi mai e al doversi separare per motivi pragmaticamente legati al vivere corrente; ma il separarsi quotidiano, può alludere sempre ad un’altra, più catastrofica perdita o lascito. Ed è questo che i genitori devono sapere e poter fare: aiutare i bambini a separarsi, a distaccarsi da loro mettendoli giù, deponendoli a terra dalle loro braccia per farli andare o aiutarli ad andare dicendo loro che è possibile e necessario separarsi e che questo non implica una separazione indefinitivamente prolungata.È questo che succede all’inizio della scuola dell’infanzia, ma è già successo al nido e forse è successo ogni giorno (bisognerebbe esplorare meglio la necessaria presenza delle separazioni nel processo di crescita e quindi di formazione dell’individuo; bisognerebbe meglio indagare la relazione fra formazione e separazione da…). Ed è così che un bambino comincia da essere “più figlio” di prima, in termini di consapevolezza del ruolo, ma anche ad esserlo in modo diverso accingendosi ad essere “allievo”. È cosi che comincia a prendere le distanze dalla famiglia e la guarda “nuovamente” con gli occhi dell’allievo e comprende che ci sono più mondi dei quali sta conoscendone uno: e gli altri dove e come sono?Ma ci sono anche altri modi di essere bambino e adulto. Ora è un’evidenza esperienziale che separarsi non è un’operazione semplice, anzi c’è uno iato, uno spazio, una protensione fra i due che si lasciano.Iato, spazio, protensione e anche attori coinvolti che possono rimanere fra loro sospesi, non compiuti… è come se fra genitori, bambini e insegnanti ci fosse o si posa creare un imbarazzo che sottende una domanda: “E ora che facciamo?”.

4. Un po’ disorientati, ma pronti a riadattarsi

È per evitare che lo iato diventi vuoto angosciante, che la protensione verso un familiare assente sia senza appoggio, che la sospensione nell’attesa del familiare apra a fughe verso le pareti dell’aula…, è per evitare imbarazzo e rischio che nessuno “tenga” poi il bambino, che il periodo iniziale della scuola dell’infanzia è stato messo a fuoco, come si diceva da oltre un decennio, come momento delicato e particolare per il quale vanno previsti specifici accorgimenti metodologici e didattici.Anche perché è da qui che cominciano gli intrecciati e paralleli processi di

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scolarizzazione e di descolarizzazione di cui ha parlato L.Lurcat1, vale a dire quei processi che possono favorire, o l’accettazione costruttiva della scuola, o la sottrazione silenziosa e fallimentare da questa. In particolare la studiosa francese sottolinea come le modalità con le quali il bambino si adatta e si ambienta alla sua prima scuola possono incidere su quanto e su come il bambino diventa poi, nel tempo, un allievo che riesce ad utilizzare la scuola come risorsa per la sua crescita, piuttosto che subirla soltanto senza coglierne il significato evolutivo per se stesso. Certo che non è solo un’operazione o un processo completamente a carico del bambino, ma soprattutto un’impresa della scuola che dovrebbe aiutare, sostenere e orientare il bambino nella sua trasformazione in allievo e nella sua scoperta della scuola come luogo di opportunità evolutive.Come luogo dove, intanto, le sue prime domande trovino risposta e se necessario consolazione; e sicuramente sarà necessario consolarlo! Ci sono delle domande del bambino a volte espresse con pianti, altre con domande precise, altre con modalità relazionali, motorie e ludiche ben leggibili in termini di disagio: “Di chi sono ora, io?”, “Dove sono”; “Cosa faccio qui ?”; “Perché sono qui?”; “Quanto tempo devo stare qui?”; “Ma poi mi vengono a prendere?”; “Cosa posso fare qui”; “Cosa va bene e cosa no?”; “Come devo comportarmi?”.C’è nelle domande implicite ed esplicite, e negli eventuali comportamenti di fuga, di ritiro, di protesta e di rassegnazione, la denuncia dell’avvertimento di un preciso senso, di una concreta fantasia di possibile abbandono…; preciso senso, concreta fantasia che diventano poi dei significativi vissuti di abbandono, tanto più nel caso di bambini ancora più piccoli - come quelli di due anni e mezzo - che evidenziano chiari segni di disorientamento rispetto al momento che si trovano a vivere; disorientamento per alcuni esplicito, per altri meno, ma presente.E lo sono, a rischio di disorientamento, anche quelli che si muovono, si danno da fare, si allargano nello spazio molto e come se fossero già pronti, “bravi” …, a volte fanno tante cose, forse un po’ si agitano, altre volte, invece, sono molto ordinatamente efficienti. Insomma, “bravi”.Ognuno certamente risponde a modo suo; anzi deve rispondere in qualche modo, altrimenti dice o potrebbe dire, da subito, alle docenti di uno sviluppo con qualche ombra; perché nonostante la comprensione che li avvolge da parte di queste, a volte esse non possono non “giudicare”, “valutare” e “predire”. Tutto questo anche con cognizione di causa perché certamente le risposte date e le competenze messe in atto dal bambino in questo momento qualcosa dicono del suo sviluppo emotivo, affettivo e anche cognitivo; dicono non poco. Forse dicono di come egli risponde ai momenti difficili dando tutta una serie di suggestioni sul suo sviluppo

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e sulla sua disponibilità ad avventurarsi nel mondo, verso gli altri e l’ignoto. Ma dovremmo ricordarci che avvertire dolore, disorientamento ed esprimere rabbia, bisogno di essere rassicurati e consolati, dichiarare di non essere autonomi e anche piangere è comunque segno che si sta avvertendo qualcosa, che si sta accusando un colpo e che quindi si “è in situazione”, che si è presenti al momento e a se stessi e che si sta iniziando a comprendere che è finita un’epoca e se ne apre un’altra.Vale a dire che un primo elemento importante da raccogliere da parte delle docenti è forse se e quanto il bambino è presente e consapevole a ciò che gli accade, dichiarandolo e dichiarandoselo; anche con il pianto, se necessario e utile per lui stesso. Anche se, per altro, il pianto di un bambino è qualcosa che ci turba ancora molto. Certamente non tutte le risposte sono evidentemente dolorose, né quelle accettabili e coerenti sono negazioni del dolore, ovviamente. Mai semplificare e mai generalizzare e neanche appiattire i comportamenti su letture precostituite: osservare è questo, ovvero il tentativo di coltivare, conservare e avere un’intelligenza del momento, del “qui e ora” con “questo bambino qui”. Ma dolenza c’è: perché prima o poi capita che qualcuno pianga per un nonnulla, che qualcuno non faccia la pipì, e che altri chiedano: “a che ora viene la mamma?”Certo ci sono “i bravi” e “i giudiziosi” che vanno dalla maestra trenta volte a farsi vedere e a far vedere cosa hanno portato da casa e che disegnano tanto e subito, che costruiscono… e che chiedono “se sono bravi” e se la maestra li ha visti, li vede e li considera perché, anch’essi, pur “bambini ideali” per mamme, papà e maestre, restano e sono bambini. Ma mentre essi, i bambini, si separano e conoscono nuove educatrici e nuovi spazi…, devono anche accingersi a prove di reciprocità, di empatia e di decifrazione dell’altro, degli altri bambini scoprendo, anche malamente, che i punti di vista sono diversi e che si possono incontrare, ma anche scontrare prendendo atto che ci sono, fra le persone, dei rapporti di forza, molto concretamente avvertibili e avvertiti negli scambi per avere o fare qualcosa.Quindi, fra tutte le altre scoperte, scoprono anche che devono chiedere, contrattare, mediare per avere e condividere qualcosa, con gli altri bambini: e fra gli oggetti di contesa è compresa anche l’insegnante. Quindi bisogna fare in modo, come scuola, che i bambini:

• non si spaventino dello spazio “vuoto” che si crea fra loro, i genitori e le docenti quando vengono portati e messi giù e quindi che vengano da subito sostenuti nell’orientarsi;

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• non siano costretti in una formalizzazione della vita scolastica troppo repentina, anzi è opportuno dare loro tempi e chiederne ai genitori affinché piangano le loro lacrime, se necessario, e comprendano cosa va accadendo loro.

Quello dell’inizio di frequenza della scuola dell’infanzia è davvero una piccola rottura, ma anche un passo in avanti, cruciale nel percorso di socializzazione dei giovani nati perché, in quanto situazione di vuoto e di nuovo insieme alla quale vanno incrociati disorientamenti e ricerca di appoggio, apre delle possibilità a chi la vive; situazione che si ripete ogni qualvolta c’è un cambiamento durante il quale ognuno di noi dice, fa e afferma cose diverse in una polarità fra scoraggiamento rassegnato e iniziativa intraprendente.Per questo la scuola, tutta la scuola, ha visto una serie di progetti “accoglienza” in questi anni di affermazione di una scelta educativa e scolastica maggiormente declinata sugli aspetti del “saper essere” dei bambini in un orizzonte di una discontinuità sopportabile per i bambini a cui si è voluto garantire una maggiore comprensione di cosa accadeva loro nei diversi passaggi che vivono lungo l’arco temporale della scolarità; scolarità che copre e coincide anche gli anni in cui si vanno identificando e formando come individui Ovviamente ognuno mette in campo quello che sa, per come lo sa e per quello che coglie di quanto gli accade per rispondere al nuovo e all’inquietante o al richiamante. Ma è proprio nel riordinare, nel richiamare, nel rimettere ordine nelle emozioni, nei sentimenti, negli affetti e nelle conoscenze che si struttura o si ristruttura, forse malgrado il soggetto stesso, un nuovo modo di darsi di se medesimo. È in questo rimettersi in ordine ciclico per le discontinuità a cui il bambino sono esposti che essi si scoprono, così, sempre più persone, cioè portatrici di maschere sempre mutevoli perché adeguate al contesto dove si sta e ci si trova da soli o con altri. Si scoprono, i bambini, persona perché, al di là e oltre le maschere che è necessario portare, sono anche consapevoli di essere anche persistenti nel tempo e intenzionalmente mutevoli, volutamente mutevoli.Il bambino si scopre, quindi, durante il suo ambientamento alla scuola dell’infanzia, unitariamente molteplice; ancor più persona anche perché prende atto che è chiamato ad avere e stare in relazione con soggetti diversi da quelli frequentanti prima della scuola. L’occasione, data proprio dalla separazione dai propri genitori, di diventare più differenziati e articolati in termini di percezione e strutturazione di se stessi, è così rilevante, ai fini dello sviluppo del bambino come persona, da chiamare tutti ad evitare che il bambino si “perda”; tutti sono impegnati a dire ai bambini che devono e possono, assolutamente, affrontare

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questo passaggio (ma se non fosse questo, certamente ce ne sarebbe un altro). Il voler andare oltre la famiglia, pur con l’impegno che questo può chiedere, è segno di una buona crescita perché apre il bambino agli altri, altri che lo aspettano Ma una cosa è la tensione ad andare oltre, altro è il riuscirci gestendo bene le relazioni, i rapporti, le scoperte.Quindi c’è la necessità di offrire un contesto, un ambiente e delle relazioni caratterizzati da certezza, chiarezza e agibilità che sono elementi per accogliere i bambini in modo tale che questi si sentano tenuti su, accompagnati e tutelati e garantiti in questo passaggio ad allievi.In questo passaggio, infatti, i bambini devono comprendere che ci sono degli ambiti dove le regole della casa e/o del nido sono sospese, nel primo caso, e cambiate nel secondo caso.Ci dovrebbe essere e c’è da parte degli adulti un’avvertenza che sta accadendo una sorta di “battesimo laico” che fa e rende il bambino ancor più un soggetto a pieno titolo sociale; per questo nel periodo iniziale della frequenza della scuola si strutturano, fra questa e le famiglie, come una serie e una sorta di “cerimonie per l’avvio del bambino”; “cerimonie per e degli inizi”; “cerimonie” che dovrebbero favorire l’ingresso a scuola, e per essa, nel più ampio consesso sociale . E infatti i bambini, i genitori e le educatrici strutturano precise ritualità e ritmi utili a rassicurare e ad acquietare tutti.Sì, quello dell’accoglienza è un progetto per costituire e mettere in campo “cerimonie” da parte della scuola verso genitori e bambini; “cerimonie” che sono l’insieme di gesti, di modi di porsi e di comunicare e di momenti caratterizzati dall’intenzione, molto espressa, di mettere bambini e famiglie a proprio agio per non mandare in frantumi il bambino, all’interno della nostra preoccupazione, molto occidentale, di portare il massimo rispetto a un soggetto sempre pensato un po’ fragile e debole.Bisogna permettere a famiglie e bambini di prendere confidenza, di confidare, di affidare e di fidarsi. Ora è evidente che questa scelta ha a che vedere con la presenza di una certa attenzione all’affettività dei bambini confermando la scelta, ormai definitiva, di una scuola di base orientata a una presa in carico più articolata del soggetto che non è più, da subito solo un allievo, anzi.É come se si fosse scelto di affermare e di riconoscere che chi arriva è dapprima un “bambino” che rimane comunque tale senza per questo sminuire il suo impegno di allievo con le relative richieste in questo senso.Si è scelto certamente una strada non semplice: quella di non dimenticare che dentro e dietro un ruolo c’è una persona che comunque è chiamata a starvi in

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una dinamica maggiormente viva, forse non quieta, fra i doveri del ruolo e i vissuti personali. Ma questa scelta è molto ardua alla scuola dell’infanzia da cui ci sia aspetta dunque che i vissuti personali siano presi in considerazione e fatti propri dando molto valore alla persona prima ancora che all’istituzione in un percorso che porti gradatamente il bambino alle ragioni di questa comprendendole e facendole proprie.Tutto questo quindi senza alcuna fuga puerocentrica, ma anche evitando sottovalutazioni adultistiche perché il bambino possa, dandogli la massima attenzione, utilizzare al meglio - non solo poi, ma anche fin da subito - quella che

viene chiamata la sua scuola.

Note:

1 Il testo riprende l’intervento del 21 novembre 2006. 2 È evidente che i due modelli, presi così polarizzati, hanno dei “pro” e dei “contro”, soprat-tutto nelle loro versioni maggiormente semplicisticamente estremizzate.

3 L.Lurcat, Scolari a due anni, Emme edizioni, Milano, 1979

CAPITOLO 7

1. Il significato del rapporto scuola-famiglia

Aprirsi alla famiglia e costruire un rapporto di reale cooperazione è un’esigenza che si è fatta sempre più sentire nel tempo perché è cresciuta, anche da parte della scuola, la consapevolezza che un’azione realmente educativa e formativa in senso generale diviene possibile solo se il bambino percepisce un’unità di intenti delle due agenzie educative più importanti.Scuola e famiglia, pur partendo da regole e finalità educative in parte diverse, dovrebbero integrarsi e collaborare per contribuire allo sviluppo della personalità dei bambini. Questo però non basta. La scuola deve essere attenta ai cambiamenti sociali, specie a quelli che coinvolgono la famiglia e che penetrano nella sua struttura, determinandone delle modificazioni. Molti considerano il

Il rapporto scuola-famiglia nella fase dell’accoglienza: linee guida e attenzioni metodologiche

Manuela Mistri

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passaggio dalla famiglia allargata alla famiglia nucleare una delle principali cause del cambiamento, ma anche la famiglia nucleare tende a modificarsi, spesso a causa di richieste rinnovate che giungono dall’esterno (dal posto di lavoro, dalle scelte in fatto di abitazione, esigenze economiche, influenza dei media…).Volendo essere precisi bisognerebbe parlare non di rapporto con la famiglia, ma di rapporto con le famiglie. Potremmo quasi riprendere gli stessi argomenti trattati a proposito del rapporto con il bambino e alla personalizzazione. Ogni nucleo famigliare è, infatti, caratterizzato in maniera particolare. Il discorso si fa ancora più complesso se prendiamo in considerazione la molteplicità di culture che caratterizzano la nostra società. Le famiglie che appartengono a culture diverse, oggi rappresentano la normalità nelle scuole di ogni ordine e grado. Appartenere a culture diverse può voler dire avere stili educativi e relazionali differenti, che hanno una ricaduta anche sul mondo della scuola. Questa complessità va tenuta presente e compresa senza farle subire delle semplificazioni che limitano i confini del fenomeno e non ne permettono una corretta analisi. In questo contributo focalizzeremo l’attenzione soprattutto sul rapporto con la famiglia del bambino anticipatario fornendo alcuni suggerimenti riguardo ai passi che la scuola potrebbe prevedere per favorire un rapporto di collaborazione. Le attenzioni nell’impostazione di alcune pratiche, che normalmente la scuola mette in atto durante l’inserimento, possono essere un buon punto di partenza, ma questo non basta. È necessario ripensare e raffinare tali pratiche, anche in questo caso tenendo presente l’età dei bambini e l’aspetto di scelta che la famiglia opera iscrivendo il bambino a scuola prima del compimento del terzo anno d’età.La consapevolezza che l’iscrizione anticipata non rappresenta una condizione di “normalità” per la scuola dell’infanzia, ma di “eccezionalità” e di novità, che comporta notevoli revisioni sul piano organizzativo e in generale sul piano pedagogico didattico, è forte nella scuola, ma non lo è altrettanto nella famiglia, che vede nella legge un’opportunità soprattutto dove i nidi scarseggiano ed hanno costi elevati. Anche la consapevolezza che sei mesi di anticipo rappresentano un tempo notevole a tre anni, può essere più elevata per il personale che opera nella scuola rispetto a quanto non lo sia per i genitori.La scuola, quindi, deve partire da questa consapevolezza e accompagnare il genitore.1.1 Il rapporto con la famiglia come relazioneIl rapporto scuola famiglia si costruisce nel tempo, ma necessita di molta cura. Ai suoi inizi non deve limitarsi, come di frequente accade ancora oggi, a momenti di incontro fondati sulla trasmissione di informazioni da parte della scuola

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(relative ad aspetti organizzativi soprattutto) e sulla raccolta di informazioni che la famiglia fornisce riguardo al bambino (informazioni che sono in alcuni casi di dubbia utilità).La parola stessa rapporto indica la necessità di fondare l’incontro delle due istituzioni su elementi più profondi. Vale la pena fare una precisazione. Nell’ambito della psicologia della comunicazione si distingue l’interazione dalla relazione. L’interazione può essere limitata ad un semplice scambio tra due persone. La relazione si crea nel tempo ed è determinata dalle molteplici interazioni tra due persone che si creano un’immagine dell’altro e si prefigurano quale immagine l’altro possa essersi fatto di loro stessi.“L’interazione è una realtà tangibile e consiste in un evento circoscritto in termini temporali e spaziali, nonché in uno scambio comportamentale osservabile tra i partecipanti. Può essere uno sguardo reciproco, i saluti, una conversazione al telefono… La sequenza regolare e continua nel tempo di interazioni genera prevedibilità e come risultato produce la formazione di un modello interattivo tra i partecipanti medesimi che prende il nome di relazione. Quest’ultima, quindi, è un modello intangibile che costituisce il modello cumulativo della storia delle interazioni, in grado di generare e alimentare credenze, aspettative e vincoli sulle specifiche interazioni in corso e future ” (Anolli)1.Un rapporto presuppone che ci sia una relazione ed è quindi un fenomeno complesso che può prendere strade molto diverse a seconda dei presupposti sui quali si fonda. Il rapporto è biunivoco, si costruisce con il contributo di tutti i partecipanti. È evidente, perciò, che un pensiero forte su come dare inizio all’interazione con la famiglia, come accoglierla, come organizzare i colloqui (da quello di iscrizione in poi), come presentare la scuola… permetterà di mettere quelle fondamenta solide sulle quali cominciare a costruire una collaborazione che perduri nel tempo.Al momento dell’instaurarsi del rapporto tra i genitori degli alunni e i loro insegnanti si iniziano a delineare delle aspettative reciproche. Il genitore che iscrive il figlio a scuola compie intanto un gesto di grande valore simbolico, quello di affidare, consegnare ad altri, il proprio figlio per la prima volta.

2. Il progetto di corresponsabilità

Vorrei fare solo un cenno ad un concetto che oggi ha una valenza notevole per quello che concerne il rapporto scuola-famiglia. Si tratta del concetto di corresponsabilità, di cui si parla, ma che non riesce ancora a trovare una vera e propria attuazione. Se si accetta il principio di corresponsabilità come

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presupposto per fondare il rapporto scuola-famiglia, (o, come alcuni studiosi preferiscono chiamarlo, famiglia-scuola) si dovrà percorrere una strada impegnativa, ma che terrà al centro i bisogni del bambino spostando l’asse da una scuola adultocentrica ad una scuola pensata e organizzata intorno ai bambini che la abitano. “Passare da uno sguardo fissato sui ruoli ad uno sguardo centrato sui soggetti permette di riconoscere risorse presenti e soprattutto di trovare una compagnia in una strada difficile come è quella che la scuola italiana oggi sta percorrendo” (F.Crema)1.Pensando a bambini molto piccoli che entrano nella comunità scolastica e alle responsabilità che la famiglia si assume nella scelta e che la scuola si prende nel farsi carico dei piccoli utenti, diventa fondamentale individuare le strade opportune per attuare la corresponsabilità.La corresponsabilità riguarda il piano educativo ed ha come presupposto il rispetto reciproco delle due istituzioni coinvolte. Questo significa che né la scuola né la famiglia devono insinuarsi in modo invadente nei rispettivi ambiti di pertinenza. “Nella scuola della partecipazione cooperativa e corresponsabile, genitori ed insegnanti devono agire all’insegna dello scambio di contributi, alternativo alla delega e all’autosufficienza. Essi trovano il loro punto di intersezione nell’elemento educativo, che pertanto postula rapporti di serio confronto e di fattiva collaborazione…. Occorre capire che i genitori intervengono nella scuola non semplicemente come utenti né come meri rappresentanti dei loro figli/utenti. Ad essi è da chiedere l’assunzione di una piena responsabilità circa la definizione dell’offerta formativa della scuola. Ciò, ovviamente, nella tutela delle competenze professionali degli insegnanti”.“Il piano sul quale la corresponsabilità tra genitori e insegnanti si situa è quello pedagogico-educativo; concerne perciò l’insieme di finalità, obiettivi, contenuti, iniziative, modalità metodologiche atti a promuovere e assecondare lo sviluppo integrale del figlio/alunno”. (L.Pati)2

Un progetto di corresponsabilità, quindi, prevede almeno:

• l’accettazione della “condivisione” del bambino e delle aspettative nei suoi confronti a scuola;

• la consapevolezza che la scuola e la famiglia sono istituzioni con caratteristiche differenti;

• la condivisione delle strade da seguire per raggiungere obiettivi comuni.

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3. Famiglia e scelta dell’anticipo

La legge non pone filtri nella decisione sull’anticipo, che spetta alla famiglia. La famiglia quindi è libera di scegliere di iscrivere il proprio bambino a due anni e mezzo alla scuola dell’infanzia. Ho fatto cenno alla differente consapevolezza che la famiglia ha, rispetto alla scuola, di ciò che significa far iniziare prima il percorso scolastico. Con questo non intendo però negare alla famiglia la capacità di fare delle valutazioni sul proprio bambino in funzione dell’iscrizione alla scuola dell’infanzia. In ogni caso è fondamentale che la scuola accompagni la famiglia in questa scelta. Il termine accompagnare è generico e può avere più interpretazioni. Vedremo più avanti come dare corpo a questo concetto.Uno dei dubbi dei genitori sull’aspettare i tre anni per far iniziare al proprio bambino il percorso della scuola dell’infanzia, potrebbe essere relativo alle mancate esperienze, che potrebbero produrre una sorta di ritardo negli apprendimenti del bambino rispetto a chi inizia prima la frequenza. Un bambino che inizia il suo percorso prima nella scuola dell’infanzia non è detto che sia pronto a finirlo prima. Sollecitare il raggiungimento precoce dei “risultati” porta con sé come rischio lo squilibrio emotivo del bambino e una sua insicurezza di fondo.Come sostiene la Mantovani, il termine anticipo non è appropriato per rappresentare la situazione del bambino che inizia la scuola a due anni e mezzo, perché i bambini hanno i loro tempi e iniziare prima non significa anticipare degli apprendimenti. Il bambino non anticipa nulla! Per lui, anzi, la scuola deve pensare ad opportunità appropriate all’età senza avere la pretesa di livellare (a due anni si fanno certe esperienze, a tre altre, e così via), ma nel pieno rispetto dei bisogni e delle capacità che il bambino esibisce a scuola.La scuola deve evitare di sollecitare o meglio deve “scardinare” un modello competitivo, individualistico e anticipazionistico, puntando invece con i più piccoli a rivalutare gli aspetti connessi all’accudimento, ricordando sempre che il prendersi cura di aspetti connessi alla fisicità come cambiare un bambino che porta il pannolino, aiutarlo in qualche caso a mangiare… acquista un valore sul piano della relazione.Al genitore, che deve scegliere, deve essere prospettata la reale situazione della scuola dell’infanzia come luogo che, per accogliere bambini più piccoli, si sta rimodellando.

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4. Il ruolo della scuola

Cosa può dunque fare la scuola? Come può agire per accompagnare la famiglia nella sua scelta?Risulta fondamentale anzitutto avere chiaro verso quale modello di scuola si vuole andare e quali sono gli obiettivi che la scuola si prefigge con i bambini di due anni e mezzo. È necessario imparare a raccontare ai genitori quale scuola si vuole organizzare per accogliere i più piccoli. Per questo, oltre a quello che verrà detto in questo capitolo, rinviamo anche ai capitoli sullo sviluppo e sulla personalizzazione.La famiglia ha sempre delle aspettative nei confronti della scuola, che da un lato sono determinate dall’immagine che i genitori hanno del proprio bambino e dall’altro dalla cultura corrente.“…. la scuola dell’infanzia ci aiuta a parlare di grandi valori, di società, di cultura, di educazione. Al di là delle ingegnerie organizzative, che possono cambiare a seconda delle riforme di volta in volta in discussione, la posta in gioco è assai più profonda. È la scuola che vuole darsi un progetto, un “pensiero”, un’autonomia culturale, come contributo alla costruzione di senso sul ruolo della formazione e dell’educazione nella società della conoscenza e dell’incontro tra generazioni e culture” (Cerini)1

Chi opera nella scuola deve lavorare per creare, non solo un modello organizzativo, ma anche una “nuova cultura” intorno alla scuola dell’infanzia e trasferirla ai genitori.Esistono stereotipi culturali forti intorno alla scuola dell’infanzia che sono stati sostenuti nel tempo dalla scuola stessa (specie nel tentativo di omologarsi all’ordine di scuola superiore), che devono essere scardinati perché essa sia davvero dedicata all’infanzia.Questa urgenza è divenuta ancora più forte oggi con l’ingresso dei più piccoli.La scuola inoltre deve sostenere la famiglia in modo continuo perché le aspettative nei confronti dei bambini siano contenute entro margini di realtà, confrontandosi con ciò che accade quotidianamente. I bambini, infatti, hanno tempi e modi diversi di affrontare situazioni nuove. La scuola dell’infanzia è una novità che ha un grande peso sul piano emotivo e ogni bambino affronterà questa situazione in modo differente. Non tutti i bambini sono “attrezzati” allo stesso modo per affrontare la scuola dell’infanzia in anticipo, ma questo non deve determinare in alcun modo giudizi di valore nei confronti della scuola o della famiglia. Il compito degli insegnanti è anche quello di sostenere la famiglia a ricalibrare, quando è il caso, le sue aspettative

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sul bambino. Può accadere, infatti, che i genitori pensino sinceramente che il loro bambino viva serenamente l’inserimento, che abbia quelle competenze emotive che gli permettono di reggere bene la nuova situazione e si trovino invece davanti a grandi difficoltà perché il bambino evidenzia disagio. I genitori devono essere preparati e consapevoli che il disagio si potrebbe manifestare e che la sensazione di frustrazione che si accompagna ad esso potrebbe trasformarsi, addirittura, in un’opportunità di crescita sul piano psicologico per il bambino se la situazione viene ben gestita.Tutto questo non avviene semplicemente facendo una chiacchierata in caso di difficoltà, ma va costruito gradualmente a partire dai primi momenti di contatto.Cercheremo ora brevemente di delineare un percorso possibile e di suggerire delle attenzioni che potrebbero costituire linee di metodo per sostenere il rapporto con la famiglia.Anzitutto è indispensabile predisporre una serie di contatti prima dell’inizio della frequenza che permettano una conoscenza reciproca:

• il colloquio all’atto dell’iscrizione;• il colloquio prima dell’inizio della frequenza del bambino;• l’open day dei più piccoli;• l’assemblea per i nuovi iscritti;• la disponibilità della scuola a colloqui richiesti dalla famiglia prima

dell’inizio.

4.1. Il colloquio all’atto dell’iscrizione

Non può essere solo un fatto formale, non può essere inteso come semplice raccolta di dati sul bambino e sulla famiglia. Dovrebbe essere compito della coordinatrice scolastica prendersi cura delle iscrizioni. La famiglia fa il primo passo verso la realizzazione della decisione di iscrivere il bambino, ma deve essere accolta e informata sul significato che avrà per il bambino frequentare la scuola e sul modello organizzativo, che sarà differente in base alle scelte di ogni scuola: esiste una sezione dedicata ai più piccoli? I piccoli sono inseriti nelle altre sezioni?... All’atto dell’iscrizione deve essere soprattutto la scuola che si presenta alla famiglia.Inoltre è importante che i genitori sappiano quali passi la scuola richiede alla famiglia prima dell’inizio della frequenza.

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4.2. Il primo colloquio

Il primo colloquio è opportuno che avvenga prima dell’inizio della frequenza del bambino. Le insegnanti devono calibrare con molta attenzione le mosse da compiere nei confronti dei genitori. La scelta del setting per esempio non può essere casuale. In quale locale della scuola fare il colloquio? Come disporsi? Questi sono tutti aspetti che hanno un valore comunicativo considerevole. È importante creare un clima disteso.Il colloquio deve essere improntato alla conoscenza reciproca: le insegnanti si presentano alla famiglia, i genitori si presentano alle insegnanti. Ciò significa che anche il colloquio non può essere inteso semplicemente come situazione in cui acquisire informazioni, ma deve essere un vero e proprio atto di comunicazione, quindi scambio reciproco, e come tale va tenuto in considerazione. È opportuno quindi:

• evitare l’uso di schede/guide per il colloquio;• essere aperti alle esigenze delle famiglie cercando di creare

un’alleanza;• trasmettere alla famiglia il significato dell’inserimento in anticipo n e l l a

scuola dell’infanzia e le implicazioni che questo comporta per il bambino e per la sua famiglia.

La scuola deve avere un atteggiamento di rispetto nei confronti della famiglia: non giudicare, né essere eccessivamente invadente (voler sapere “troppo”). Tutte le azioni che le insegnanti compiono devono essere rivolte a conoscere e farsi conoscere in un rapporto di reciprocità. Il bambino deve essere al centro del colloquio tra scuola e famiglia, ma anche gli adulti durante il colloquio si conoscono e si espongono gli uni agli altri: essi mostrano i propri pensieri, le proprie emozioni, i propri desideri e le proprie aspettative. Il colloquio, quindi, è un momento molto delicato. Le insegnanti possono adottare strategie che favoriscano la reciproca conoscenza in un clima di serena collaborazione.Può essere utile pensare allora ad una gestione che eviti eccessive domande alla famiglia, ma che favorisca un’apertura reciproca. In pratica potrebbe essere utile:

• selezionare domande opportune sia in merito alle abitudini (per esempio interessa proprio sapere quante ore al giorno il bambino guarda la televisione?), che alla situazione relazionale all’interno della famiglia. È necessario evitare di creare disagio e sensi di colpa nel genitore.

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• conferire un carattere davvero colloquiale (non coincide con amichevole) a questo momento così delicato. È da evitare quindi l’uso di questionari sui quali l’educatrice annota le risposte. La “scaletta” del colloquio deve essere nella testa dell’educatrice. Consideriamo che se il colloquio viene fatto con un questionario a fronte, la famiglia penserà che le domande devono avere un peso notevole ed anche le risposte risentiranno di questa idea che il genitore si crea.

• parlare delle “regole” diverse che governano la scuola rispetto alla famiglia ed anche le differenti possibilità di intervento, senza dare per scontato che la famiglia sappia. Anche la diversità tra scuola e famiglia concorre allo sviluppo del bambino.

4.3. L’open day per i più piccoli

È un momento dedicato al primo contatto fisico del bambino con la scuola. La scuola infatti deve prevedere un coinvolgimento anche del bambino nell’open day. È utile in ogni caso che questo momento di contatto sia vissuto insieme da bambino e genitori. Credo quindi che si possano fissare almeno tre regole alle quali attenersi in questa occasione:• la presenza del genitore con il suo bambino. Anche l’open day può diventare

occasione di conoscenza reciproca, ma soprattutto di condivisione;• evitare il “sovraffollamento”. Proprio perché si tratta di bambini piccoli è

utile pensare ad un momento dedicato a loro in cui possano con una certa tranquillità interagire con l’ambiente e con i bambini presenti;

• creare le condizioni che si avvicinano il più possibile ad una tranquilla giornata scolastica perché soprattutto il genitore possa avere la percezione di ciò che viene fatto a scuola.

4.4. L’assemblea per i nuovi iscritti

Diventa un altro momento di incontro e di conoscenza. Anche in questo caso l’assemblea non può essere concepita come puro momento informativo, per cui è opportuno dedicare una parte limitata alle informazioni di carattere pratico (si possono fare volantini esplicativi).Obiettivo principale infatti è di prospettare le modalità di inserimento (tempi, modi) e illustrare le scelte metodologiche e organizzative della scuola, operate tenendo in considerazione l’età dei bambini. I genitori devono avere un’idea precisa di quello che comporta a livello psicologico per il bambino l’ingresso

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nella scuola perché sarà la famiglia a trasferirle nel modo più idoneo al bambino. In linea con il principio della corresponsabilità, comunicare alla famiglia permette ai genitori di prospettare nei modi opportuni al bambino la sua futura esperienza scolastica. La famiglia deve essere sollecitata a “raccontare la scuola” al bambino.

In sintesi mi sembra importante elencare alcuni criteri per l’inserimento da esplicitare alle famiglie:

• la gradualità nel rispetto dei tempi del bambino;• la rilevanza della presenza del genitore durante l’inserimento;• la calibrazione dell’inserimento su ogni bambino. Diventa indispensabile

“personalizzare” l’inserimento pensando ai bambini più piccoli;• l’accordo sul momento della separazione.

5. Considerazioni conclusive

Una scuola pensata per un bambino di due anni e mezzo dovrebbe:

• mettere al primo posto la ricerca del benessere psicologico del bambino;• privilegiare il “far fare esperienza diretta” del mondo degli oggetti, delle

relazioni;• non “standardizzare”, ma modellarsi sulla esigenze dei bambini

(personalizzazione).

La possibilità di comprendere cosa accade nella scuola e la motivazione delle scelte che la scuola compie, permetteranno alla famiglia di accettare con maggiore serenità la separazione dal proprio bambino.Anche la famiglia quindi deve essere preparata all’inserimento del bambino nella scuola. Il modo in cui il bambino vive la separazione dipende anche da come gli viene presentato il tempo che trascorrerà lontano dai suoi genitori e in questo la famiglia ha un ruolo di spicco: i genitori si fidano della persona a cui affidano il figlio? Quale ricordo hanno dei periodi che trascorrevano a scuola? Pensano che la scuola sia un’esperienza importante per la crescita del bambino o semplicemente il luogo in cui il bambino deve stare mentre lavorano?Al di là del racconto che la scuola fa di sé hanno un peso considerevole i vissuti dei genitori che si riflettono nei loro comportamenti.

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Finora abbiamo dato largo spazio ai primi contatti, ma la conoscenza reciproca non si esaurisce durante i primi contatti. Ogni atto che l’educatrice (in generale ogni operatore della scuola) compie nei confronti del bambino o della sua famiglia offre la possibilità a quest’ultima di farsi un’idea sempre più precisa di ciò che accade, soprattutto sul piano relazionale, all’interno della scuola. Anche la conoscenza della famiglia da parte della scuola richiede tempo. Non si esaurisce nel primo colloquio o nel primo periodo, bensì avviene attraverso i continui contatti quotidiani. La conoscenza reale si può avere se la famiglia decide di “esporsi”, di aprirsi alle insegnanti, alla coordinatrice. Questo può essere favorito dall’educatrice attraverso un atteggiamento di ascolto che si traduce in concreti comportamenti volti ad accogliere più che a giudicare, a mostrare gli aspetti positivi della crescita del bambino più che quelli negativi (questo non significa tenere nascosti eventuali problemi che si rilevano).Un’ altra riflessione mi sembra rilevante. Pensiamo che la famiglia affida il proprio bambino piccolo ad altri, che sono estranei. È fondamentale qquindi quindi che anche gli adulti (anzitutto l’educatrice, ma anche la coordinatrice e il personale ausiliario) che operano nella scuola si facciano conoscere, così come è importante che la famiglia abbia una conoscenza del significato che ha per il bambino lo stare a scuola. Questo aspetto ha valore sempre, non solo nel periodo dell’inserimento, che rimane in ogni caso uno dei momenti più delicati da gestire sia nei confronti del bambino che nei confronti della famiglia.La tranquillità della famiglia nell’affidare il proprio figlio alle persone della scuola deriva anche dalla loro conoscenza, dalla conoscenza dell’ambiente e dell’organizzazione della giornata. Un atteggiamento sereno nel lasciare il figlio da parte dei genitori favorisce l’inserimento e successivamente la permanenza del bambino a scuola.Quando ci troviamo di fronte a bambini piccoli i “rischi” aumentano. Una buona alleanza con la famiglia facilita anche prese di decisione che possono prevedere “passi indietro”, anziché passi avanti. Il tutto deve essere visto nell’ottica del

benessere del bambino.

Note:4 L. Anolli (a cura di) , Psicologia della comunicazione, Il Mulino, Bologna, 20025 F.E. Crema, Questione –anticipo: fondamenti per la riflessione, in Iniziare anno II numero 4 pp 7-13,CUSL6 L. Pati , Famiglia e scuola dell’autonomia: dalla partecipazione alla corresponsabilità educativa 7 G. Cerini, C. Fiorentini, S. Sacchi, Scuola dell’Infanzia: non solo anticipo, in Educazione e

Scuola, 2007 (www. Ed scuola.it)

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GESTI per ACCOGLIERE

- l’ospitalità è un fatto concreto a cura di Francesco Caggio1

1. Non dimenticare mai…… che sono piccoli. Sono piccoli quando arrivano a tre anni già compiuti, lo sono quando escono a sei anni e qualche mese; lo sono tanto più se arrivano intorno ai trentasei mesi, o forse più vicini ai ventiquattro mesi; banale ricordarlo, si potrebbe dire ed esclamare. Non banale, certamente, invece e sicuramente. Per una serie di motivi. L’abitudine di trattare con i bambini, lungo lo snodarsi degli anni allevando e coltivando le menti dei piccoli che arrivano da casa, dal nido o da servizi a questo simile, se da una parte può raffinare, rendere sottile, molto acuta la sensibilità di chi ci lavora per il loro mondo interno, per la loro delicata costituzione identitaria, dall’altra, invece, può anche sollecitare e strutturare posizioni che tendono a sopravvalutare la capacità del bambino di adattarsi, di abituarsi, di rispondere alle richieste degli adulti.Non poche volte si sente dire: “Poi si abituano”, “Tanto, passato qualche giorno, si adeguano!”. Il rischio della sopravvalutazione e, per converso della sottovalutazione delle capacità dei bambini di rispondere alle richieste dell’ambiente sociale in cui vivono, è sempre in agguato; il bambino è un soggetto che se parla già, dopo i ventiquattro mesi, non sempre però, comunica esplicitamente i sui possibili malesseri e disagi che spesso si manifestano in via corporea o attraverso modi e forme non immediatamente leggibili dagli adulti. È certamente pieno di risorse, di tensioni a rispondere alle chiamate dell’ambiente, sicuramente proteso a scoprire, ad avventurarsi e ad andare oltre, se il cammino cominciato dalla nascita, a cui partecipa attivamente, è stato caratterizzato da un’accoglienza evolutiva delle sue iniziative.Ora perché affermo che: “È piccolo?”. Lo affermo perché non va mai dimenticato che, per quanto loquaci, che per quanto autonomi, che per quanto sollecitati o meglio stimolati da una “pedagogia del pieno e del produrre”, restano soggetti le cui dimensioni emotive, affettive e sociali necessitano di particolari attenzioni da parte degli adulti per evitare sviluppi tutti centrati e sbilanciati su aspetti di tipo cognitivo, ovvero “presunti” cognitivi perché sia privi di quelle basi esperienziali necessarie a dare radici e fondamenti alle parole conosciute, sia privi di quei riverberi e appoggi emotivi e affettivi che rendono maggiormente compresa e posseduta ogni, pur piccola conoscenza. Sì, hanno bisogno di comprendere, hanno bisogno di poter far proprio l’attimo, i momenti, i passaggi del loro crescere stando nel vissuto e nei vissuti che attraversano con accanto adulti che diano

CAPITOLO 8

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parole a questi vissuti dando così loro la possibilità di farli propri, non solo di avvertirli, ma anche di attraversarli appropriandosene. Per questo se non devono essere sottratti alle novità e alle discontinuità di esperienze e situazioni, devono anche essere accompagnati nell’affrontare queste novità e discontinuità in un iniziale gioco di reciproco adattamento dialogico fra gli uni e gli altri: fra gli adulti che propongono l’esperienza nuova e i bambini che sono chiamati a viverla. E questo “gioco” va ovviamente gestito dall’adulto in una tollerante comprensione delle difficoltà del piccolo attraverso lo sviluppo di un atteggiamento, non solo sottilmente capace di cogliere segnali e messaggi, ma anche in grado di adattare le sue condotte in modo da facilitare, senza sostituirsi, il lavorìo del bambino. È alla luce di questa “tollerante comprensione”, che non è complicità infantlizzante il bambino, ma empatia evolutiva, che si collocano e vanno lette la riflessione e le relative scelte operative che si sono effettuate in questi anni intorno all’accoglienza di bambini, adesso ancora “più piccoli” di quelli di prima, con la conseguente necessità di un’attenzione vigile, sottile, raffinata che interroga continuamente l’adulto.

2. Intendersi

Ora, in presenza di una situazione così delicata, come sono sempre le situazioni di passaggio dove le identità, almeno quelle socialmente declinate e riconosciute, sono soggette a cambiamenti che incidono anche sugli assetti degli attori coinvolti, com’è il caso di bambini così piccini, pare auspicabile intendersi sui termini e convenire su questi nella comunità dei professionisti che si occupano di questi passaggi, di conseguenze sulle pratiche. Si è convenuto che: “L’inserimento come termine è molto diverso da quello di accoglienza. L’inserimento è l’adattamento ad una situazione nuova. Come un pezzo meccanico in un meccanismo preesistente, ma rigido: più il bambino è piccolo, meno è possibile che l’inserimento sia l’adattamento del bambino alla scuola: è la scuola… che si adatta al bambino, per questo parliamo di accoglienza. È l’ambiente umano e professionale che diventa flessibile per corrispondere alle esigenze del bambino che arriva…”1. Per questo il periodo dell’accoglienza del nuovo arrivato: “Non è il momento in cui la scuola chiede, ma piuttosto il momento in cui ascolta e accoglie attentamente dedicando tempo all’osservazione del bambino”2. Affermazione che richiede: “La capacità dell’insegnante di lavorare sulle (forse meglio “con”?) emozioni e gli affetti del bambino e dei genitori…”3, dando tempo al bambino “Tempi lunghi diversi da bambino a bambino”4.

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3. Che fare, come muoversi, come collocarsi?

Rispetto ai compiti dell’insegnante vengono evidenziate collocazioni e/o modalità di intervenire sintetizzabile, in prima battuta, nel fatto che in questo periodo si: “Lavora sui processi senza aspettarsi prodotti…”1 che dovrebbe significare puntare molto a :

• sostenere e sviluppare il desiderio di accostarsi, di approcciare, di conoscere le docenti prima ancora di andare verso compagni conosciuti e non;

• sostenere e sviluppare il desiderio di muoversi, di esplorare lo spazio della sezione e di quelli esterni ad essa;

• sostenere e sviluppare il desiderio di toccare, di esplorare e di utilizzare gli spazi e i materiali a disposizione nella classe.

In sintesi, va favorita una prima presa di possesso, un ampliamento delle condotte dei bambini che aprano quel processo evolutivo che dovrebbe condurre a una progressiva padronanza, in termini di autonomia corporea, autonomia sociale e quindi anche cognitiva, della scuola e delle opportunità esplicite ed implicite che offre.

Questo implica un periodo in cui siano favoriti, sostenuti o proposte o offerte:

• giochi corporei fra bambini, ma anche fra docenti e bambini ridando, o continuando a dare, una grande centralità al corpo; corpo che se rassicurato può aprirsi al mondo predisponendosi all’incontro;

• giochi e attività di movimento per impossessarsi degli spazi;• giochi e attività percettive, manipolative: di fatto esplorative di una vasta

gamma di materiali fra loro attentamente differenziati.

I giochi e le attività vanno attentamente calibrate in piccolo (anche solo coppia), medio e intero gruppo classe, facendo una specifica attenzione a questo aspetto cruciale rispetto al primo punto di cui appena sopra, aspetto su cui si avrà modo di tornare.

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In specifico e ancor di più le docenti che hanno discusso fra loro delle questioni legate all’ambientamento hanno anche sottolineato che sarebbe opportuno:

1. far capire alle famiglie che: “Il distacco è doloroso, ma aiuta il bambino a crescere”, rimandando alle operazioni del “Contenere, rielaborare, rassicurare”1;

2. cercare di: “Mettersi su un terreno di continuità affettiva con la famiglia, concedendo modi e tempi più propri e personali” 2;

3. cercare di predisporsi, costruire e prevedere percorsi di intervento in: “Continuità con la famiglia”, completando e arricchendo il suo intervento, “Ossia essere capaci di capire ciò che serve e ciò che manca e intervenire su questo” 3;

4. coltivare anche un’iniziale, sopportabile: “Discontinuità” e quindi: “Una promozione della crescita del bambino”4;

5. rendere domestico lo spazio.Ora, riprendendo ogni punto analiticamente, potremmo recuperare alcune operazioni e scelte di metodo e di intervento corrente che rendano questi intenti e queste tensioni come concretamente messe in atto, dialetticamente e continuamente verificate e valutate nei loro esiti rispetto al “ben disporsi” dei bambini nei confronti della scuola dell’infanzia (“ben disporsi” che non coincide solo con il piangere il meno possibile, Ma che implica un uso progressivamente sempre più ampio delle offerte della scuola e delle sue risorse, come si diceva già sopra).

Vediamo:

• si recupera nel punto 1, la centralità di una comunicazione e di un linguaggio che dia parola al sentire del bambino, del genitore e anche dell’insegnante aprendo quei percorsi di attenzione, di tematizzazione e di riflessione intorno alle emozioni, agli affetti e ai sentimenti che dovrebbero caratterizzare un’educazione che voglia dare parole al piccolo per dire di sé sempre più compiutamente e precisamente, senza sottovalutazioni e/o disattenzioni verso la capacità del bambino “Di sentirsi e di farsi sentire dicendo le sue ragioni del cuore”. Obiettivo, questo, che incrocia, per evidenti motivi di legami già presenti e costituiti, sia una progressiva maturazione degli adulti della famiglia che trattano con il bambino sia una continua riflessione su come, se e quando e quanto dire ai genitori dei loro bambini da parte dei docenti. E anche di

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se, come, quando e quanto dire da parte dei docenti ai bambini sui loro legami, emozioni, affetti e sentimenti. Si torna quindi alla centralità del sostegno, da parte dei docenti, del gioco simbolico, del gioco del far finta di…, del gioco che permetta agli stati d’animo di trovare una loro, specifica, seppur implicita, elaborazione, ma non solo. C’è, in questo punto, anche l’attenzione a cosa raccontare, a cosa narrare e a cosa mettere in scena con e per i bambini; le emozioni, i sentimenti, gli affetti, con molta attenzione e prudenza, vanno quindi riconosciuti, discussi, trattati;

• si recupera al punto 2 la necessità della conoscenza della famiglia: conoscenza che si comincia a delineare certamente lungo i primi incontri previsti dall’iscrizione in poi prima che il bambino entri nella scuola, ma sicuramente o nei colloqui e/o nei questionari che ormai stabilmente vengono distribuiti prima e/o appena dopo l’inizio della frequenza dei bambini: anche se, certamente, quanti giorni e come scaglionati e gestiti lo si rileva solo nel vedere concretamente l’andamento della separazione. Questo ci riporta al tema della flessibilità della scuola: flessibilità che ha due facce se la pensiamo in relazione alla famiglia e nello specifico al fatto che non si può non accettare, quali contraddizione, le decisioni della famiglia. L’ambientamento, come momento privilegiato è un’offerta che si fa alla famiglia: può essere un obbligo se la famiglia non vuole /o non può? Certamente è della scuola la capacità di fare in modo che i diritti dei bambini con il tempo si affermino come prassi di vita corrente (compreso quindi quello ad un’attenzione quando affrontano passaggi di vita delicati e durante i quali vanno accompagnati), ma è pur vero che se la scuola svalorizza, censura o rifiuta delle richieste delle famiglie (richieste che vanno pur sempre elaborate e mai accettate tout court) proprio all’inizio della frequenza del bambino, non è detto che sia garantita poi una convivenza pacifica (torna quindi la rilevanza del contratto formativo scuola/famiglia e del suo essere vincolante per entrambi senza prevaricazioni di nessuno, ma senza fughe della famiglia). La conoscenza della famiglia avviene ovviamente attraverso scambi caratterizzati, nella maggior parte dei casi, da una fitta trama di scambi verbali, formali e informali: è per questo che si dirà poco sotto del colloquio e di tutti gli strumenti utili a recuperare dati e notizie. A questo proposito un gruppo1 ridiscute e rimarca alcune caratteristiche che pare avere la famiglia contemporanea2 procedendo probabilmente a una preziosa e necessaria

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verifica e rielaborazione “locale” di queste caratteristiche;• anche il punto 3 di cui sopra, rimanda alla conoscenza della famiglia non

solo e non tanto, sotto questa luce, ovvero a rendere più agevole l’arrivo e l’entrata del bambino nella scuola, ma più specificatamente rispetto al lavoro di mirato, intenzionale intervento educativo al fine di arricchire, ampliare, completare, allargare e/o approfondire gli orizzonti dei bambini; operazioni che ci rimandano anche alle sopportabili “discontinuità” del punto 4. Discontinuità che se non rigettate, che se viste e accolte dal bambino e che se richiamanti il bambino stesso sono il “valico” del suo crescere perché disorientato, non rassicurato dalla persistenza abitudinaria del mondo in modo tollerabile, può trovare orientamento e nuove abitudini. Come ci ricorda il punto 5 si cresce, nel senso di cambiare e cambiarsi in via evolutiva, se “il domestico” comincia ad avere anche dimensioni “non del tutto domestiche”: si parte da un “porto” conosciuto e si comincia ad avventurarsi verso…, forse con il “porto” ancora visibile e raggiungibile, almeno quando si è così piccini.

Si diceva del colloquio e di tutta la serie di strumenti messi a punto per raccogliere notizie sulle famiglie e il bambino; notizie che sono utili, e lo si vuole assolutamente ricordare per richiamare al massimo rispetto del modo di vivere altrui e soprattutto ad un utilizzo strettamente mirato dei dati, a rendere l’intervento educativo flessibilmente e plasticamente prossimo e comprensivo del punto di partenza dei bambini in ragione della famiglia che hanno: il conoscere è qui strettamente connesso al comprendere per progettare interventi “per quel bambino lì”, in “carne ed ossa”, sapendo delle risorse e quindi anche dei vincoli all’interno delle e dei quali è cresciuto e può essere aiutato a crescere; se è possibile, meglio quando ci sono situazioni compromesse o delicate.A proposito del colloquio ne colgono alcuni aspetti di problematicità, delle docenti riunite in un altro gruppo1: “Il colloquio iniziale non deve essere un’indagine, non si deve chieder al genitore di esser già competente. Nel colloquio si deve iniziare a costruire una fiducia reciproca. Il genitore non si deve sentire giudicato. Qualsiasi genitore si chiede all’inizio se ce la farà. È importante dare voce al genitore e al suo bambino. È fondamentale chiederci se la nostra scuola è capace di adattarsi al bambino e alla sua famiglia”.

Rispetto a questi punti in modo coerente vengono evidenziate due questioni non di poco conto:

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• la formazione, che per ora e qui, possiamo riferire, non solo a come si conduce un colloquio, ma anche a come si leggono i dati raccolti in ragione degli obiettivi formativi della scuola;

• la valutazione e la autovalutazione del proprio intervento in relazione alla soddisfazione dei bisogni degli utenti (il gruppo fa riferimento ad uno strumento già utilizzato con i genitori); operazioni, la valutazione e la autovalutazione, non certamente semplici da effettuare e per altro pochissimo evocate, nonché diffuse nella scuola italiana.

In un altro incontro vengono puntualizzati alcuni aspetti a proposito dei temi trattati poco sopra intorno alla conoscenza della famiglia, che sono già prime indicazioni operative e anche possibili punti di partenza per andare a censire o anche impiantare “buone pratiche”, come si dice ora. In particolare emergono “alcune esigenze (se ne riportano solo due perché la terza è stata già vista):

• accurata impostazione della prima informazione di tipo conoscitivo alle famiglie;

• attenta organizzazione e gestione degli open day (…confusione)”1.

Vediamole più da vicino:L’informazione: intanto che cosa viene consegnato alle famiglie all’atto dell’iscrizione? Credo sia importante calibrare la quantità di documentazione data perché c’è il rischio che venga persa e/o non letta; ma c’è anche la questione della redazione di questa documentazione e quindi della leggibilità, dell’esaustività, della chiarezza dei testi e soprattutto della significatività delle informazioni sia dal punto di vista della scuola nei confronti della famiglia sia di quello che può esserlo per la famiglia che si avvicina alla scuola. Non vanno, ovviamente dimenticati, i gruppi familiari stranieri e la possibilità di avere informazioni nelle proprie lingue o in lingue veicolari. Quindi forse cosa distribuire al momento dell’iscrizione richiama alla scansione nel tempo, mano, mano che si procede lungo il percorso amministrativo e istituzionale del trattamento della domanda di iscrizione, di se, di cosa e di come dare materiale informativo. Ma a monte ci sono due questioni organizzative e gestionali di non poco conto rispetto all’idea di scuola accogliente con uno stile unitario:

• tutti gli operatori della scuola sono in grado di orientare e/o dare informazioni al genitore su cosa deve fare?

• chi raccoglie, anche solo amministrativamente le iscrizioni, e come

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lo fa? Come comunica con i genitori? E quanto e come sono reperibili dirigente e/o suoi delegati per qualsiasi necessità particolare?

Forse il tema di chi il genitore incontra quando entra per la prima volta nella scuola per iscrivere il bambino, forse il tema dell’informazione alla luce dell’obiettivo dell’accoglienza ci rimandano ad alcune precisazioni fatte da un altro gruppo ancora1:

• “l’importanza della loro disponibilità (delle docenti) a “rinnovare nel quotidiano” l’atteggiamento dell’accoglienza;

• la necessità di forme di documentazione (fotografica, multimediale) che permetta di comunicare ai genitori la qualità dei percorsi di apprendimento dei loro figli anche in assenza di prodotti sul quaderno o sulle schede (che i genitori sembrano amare molto)”.

Queste brevi frasi aprono questioni di non poco conto:

• “rinnovare nel quotidiano” evoca la motivazione al lavoro dei singoli docenti e del gruppo nel suo insieme; evoca la capacità di fare gruppo e quindi di darsi e di mantenere uno stile, e ancora la capacità di riflettere e di autoanalizzarsi (che incrocia, anche se in forma diversamente intensa, il tema della valutazione e della autovalutazione di cui si è detto poco sopra) e infine la capacità di coltivare le dimensioni affettive e le relazioni del lavoro magistrale;

• la documentazione richiama il tema di cosa è rilevante o meno per la scuola e/o la famiglia rispetto al bambino, di quali sguardi si incrociano o si oppongono o si elidono rispetto al bambino: cosa si vuole vedere, sottolineare, ricordare? E perché? Con quali obiettivi educativi in ordine alla costruzione dell’identità del bambino?

• la qualità degli apprendimenti ha a che vedere con la qualità delle scelte degli obiettivi, delle metodiche e delle realizzazioni che le docenti riescono a fare e, in conseguenza, a ciò che riescono ad ottenere con i bambini, per e dai bambini stessi: è quindi aperta la discussione su cos’è un apprendimento di qualità sia in ordine al suo farsi, sia in ordine ai contenuti, sia in ordine ai suoi esiti in termini di competenze acquisite dai bambini rispetto a un punto di partenza conosciuto dagli adulti e infine, ma non per ultimo, in ordine alla significatività per il bambino;

• i prodotti dei bambini: andrebbe meglio esplorato chi ha aperto, sostenuto e coltivato la convinzione che il prodotto “prescolasticizzato”

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del bambino di scuola dell’infanzia fosse, per eccellenza, la traccia di un’evoluzione positivamente costruttiva ed intelligente dello stesso. Solo i genitori?

3. Convenire… … su alcune linee che si prova a proporre in base alla notevole lettura ormai esistente in materia e anche a quello che si è potuto apprendere lungo il corso degli anni e infine in relazione al significato che nei documenti ufficiali il periodo dell’inizio della “prima scuola”. Allora, in sintesi, si può dire che l’accoglienza è un insieme di azioni, interventi visibili, discutibili, perché definiti e definibili in termini di codici culturali e in specifico in riferimento alle dimensioni dell’ospitalità e ancor più precisamente anche della cortesia, finalizzate a favorire:

• la comprensione, da parte dei genitori, di cosa significa per i bambini e per essi stessi la frequenza della scuola dell’infanzia da parte dei bambini (ovvero la condivisione del percorso educativo con qualcun’altro di estraneo che estraneo non sarà più e il cambiamento del bambino anche in ordine alla sua uscita dalla famiglia per non poche ore al giorno e infine, ma non ultimo, il significato di cosa significa una comunità di “bambini differenti fra loro” e cosa quindi vuol dire vivere in comunità che non è la propria casa);

• la comprensione da parte dei bambini di cosa significa per i bambini stessi la frequenza della scuola dell’infanzia da parte loro (ovvero un ulteriore passo sul e nel percorso di separazione/individuazione, conoscenza di un mondo altro da quello della famiglia, del nido o di altri luoghi e quindi di altre persone, regole e modalità di fare. “Mi verranno a prendere?” “Si ricorderanno di me?” “Che luogo è questo?” “Chi sono questi?”. Sono solo alcune delle domande che ci possiamo immaginare che i bambini si facciano mentre si approcciano al nuovo contesto di vita…e ancora: “Cosa posso fare qui?”. Domanda cardine!).

Da questi punti riemerge la questione non tanto e non solo dell’informazione, soprattutto ai primi (genitori), ma della comunicazione ovvero di quali messaggi espliciti e impliciti vengono dalla scuola dati in via verbale e non verbale. Qui si apre tutta una gamma di possibili osservazioni e relative possibili riflessioni: come la docente è posizionata sulla soglia? Come sottolinea l’arrivo di un bambino? Come e se fa accomodare la madre o il padre nell’aula? E… ancora, ma basta che ci si ricordi che “tutto comunica qualcosa”; che il contesto parla e dice oltre e fra le parole.

Allora rivediamo alcuni passaggi:

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• in presenza di una classe1 eterogenea si prepareranno i bambini all’arrivo dei nuovi anche sostenendo forme di tutoraggio e predisponendo almeno dei doni, dei pensieri, delle sorprese;

• in presenza di una classe omogenea, quindi tutta nuova, i bambini più grandi andati via possono far trovare qualcosa, mentre si penseranno a forme di progressivo, non frastornante, né confusivo incontro con gli altri che già frequentano, anch’essi coinvolti nella preparazione di qualcosa per o con i piccoli nuovi arrivati;

• la giornata di apertura della scuola alle famiglie dovrà prevedere la presenza di documentazione diffusamente presente nella scuola che permetta, autonomamente da parte dei genitori, ma ancor più con l’aiuto e la presenza dei/delle docenti, l’avvertimento, la rilevazione e/o la comprensione di cosa i bambini fanno, di quali scelte educative sono fatte attraverso le attività: in sintesi di che significato educativo queste hanno. Ovviamente la conoscenza molto, molto precisa degli spazi e della scansione della giornata e dei raggruppamenti dei bambini sarà chiaramente delineata a partire da singole, anche sporadiche domande a cui saranno chiamate a rispondere i/le docenti tutti/e. Quindi ci dovrà essere una regia tale che sia permesso, a chi arriva, una focalizzazione dei punti nodali di una scuola, tenuto conto anche delle possibili curiosità e preoccupazioni dei genitori; possibili curiosità, domande, richieste e preoccupazioni dei genitori che saranno attentamente rilevate e registrare per una loro prima analisi al fine di conoscere l’utenza potenziale. Dell’attenzione amministrativa (la chiarezza e la semplificazione delle procedure), della certezza di informazioni e della cortesia di tutto il personale si è già detto sopra. L’assemblea di tutti i nuovi iscritti (che non coincidono con i possibili frequentanti) sarà momento di chiara informazione su tutti i passaggi per arrivare alla frequenza e al chiarimento ulteriore sul contratto formativo; da questa scansione (conoscere la scuola, sceglierla, volerla frequentare) ne deriva una scansione anche in termini di distribuzione di documentazione della scuola (scansione che abbiamo già visto sopra dovere essere consona al momento, finalizzata e mirata a meglio sottolinearlo e significarlo);

• “i rituali di avvicinamento”: ovvero visite a fine anno a scuola da parte di gruppetti di bambini che provengono da casa, progetti di raccordo con i nidi e/o servizi similari, se non di continuità, modalità di scansione

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della capacità di badare a se stessi “perché ci si vuole bene”; e infine, solo perché chiude il discorso e quindi gli dà un senso complessivo e uno sfondo che unifica alcune delle considerazioni effettuate sopra, c’è da porre una specifica attenzione a come e se il bambino mostra disagio e/o dolore alla separazione dando dignità e legittimità all’espressione dello stesso che sarà poi progressivamente elaborato, dapprima con la sua accoglienza, poi con il suo riconoscimento e quindi con un orientamento accettabile e comprensibile dal bambino che è vivo se protesta; anche non subito.Dire di sé e di come ci si sente non è segno di deludente incapacità ad affrontare la vita; sarà la presenza di un altro che può rendere tutto ciò più facile; senza giudizi precoci in relazione ad aspettative a volte troppo alte, o forse difensive.Nessun timore quindi: fra saperi, esperienza e sensibilità si può far posto a questi nuovi piccoli; piccoli, ma non banali e/o semplici soggetti!

Note:

8 Sintesi dell’intervento effettuato il 7 giugno 20079 Si riprende dal verbale del collegio di zona tenuto dalla dottoressa Beretta, 23 aprile 2007. 10 - 11 - 12 - 13 - 14 - 15 - 16 - 17 Vedi nota 218 Ci si riferisce al collegio di zona condotto dalla dottoressa A.Lafranconi 19 Riprese dalla conferenza di apertura dello scrivente, vedi cap.3 20 Ci si riferisce al verbale del collegio di zona tenuto dalla dottoressa M. Gillini21 Vedi nota 2 22 Vedi nota 1123 Al di là della tipologia di composizione delle classi, dove collocare un bambino o più bambini ritenuti “anticipatiari” non è scelta neutra rispetto al significato di questa entrata ovvero a quanto la scuola l’avverte o meno in termini educativi.24 Evidentemente tutto il percorso precedente all’inizio concreto dei bambini fornisce continui elementi su questi e le loro famiglie dando elementi per meglio accoglierli e per ricalibrare da subito il progetto educativo.

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CAPITOLO 9Elementi di riflessione trasversale a tutti i questionari su e per la disabilità

Il lavoro di predisposizione, distribuzione, raccolta, lettura ed elaborazione dei questionari è stato lungo e faticoso; ha richiesto il lavoro di molte persone all’interno della FISM provinciale di Lecco accompagnate e guidate dalla preziosa ed indispensabile guida del prof. Francesco Caggio.Tuttavia per fare emergere dati di realtà, per intrecciare il livello teorico, valoriale con quello concreto delle azioni quotidiane, delle scelte educative, ma anche delle emozioni che accompagnano i processi inclusivi nelle scuole dell’Infanzia, non era possibile non dare voce a chi concretamente e quotidianamente è coinvolto nella pratica dell’integrazione: i genitori, i dirigenti scolastici, le insegnanti, gli assistenti educatori e gli Enti Locali. Anche se non tutti hanno risposto e se è evidente, nei numeri, l’estrema limitatezza delle risposte delle scuole dell’infanzia Statali con cui si desiderava in particolarmente intessere uno scambio proficuo, si ritiene, tuttavia, che ne sia nato un interessante dialogo a più voci che lascia tracce visibili del pensiero, delle scelte, dello stato d’animo di chi opera sul campo, tracce che ognuno dei lettori potrà rileggere, con libertà e ricchezza, dal proprio peculiare punto di vista.

L’intenzione ora è semplicemente quella di condividere alcune riflessioni che sono state suscitate dalla lettura complessiva delle risposte intrecciandole, nel pensiero, con la pratica quotidiana di incontri, sguardi e dialoghi con bambini, genitori, contesti scolastici, insegnanti, responsabili a vari livelli.

Un primo dato che mi sembra interessante è che se nella provincia di Lecco 56 scuole paritarie su 96 sono implicate nell’integrazione di bambini disabili questo significa che concretamente i disabili, da noi, sono cittadini del proprio territorio, se lo desiderano possono frequentare la “scuola dietro l’angolo”. Questo, che per un lungo tempo non è stato per niente scontato, è possibile non solo perché le Scuole dell’Infanzia paritarie danno valore all’accoglienza di tutti i bambini, ma anche perché questo valore è assunto anche da altri, dagli Enti locali che si fanno carico, se pur in modo differenziato, di mettere a disposizione delle scuole risorse aggiuntive.Non mi sembra necessario riprendere qui le riflessioni sul processo di assegnazione dell’Assistenza Educativa Specialistica approfondito nel I volume di questa

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pubblicazione , ma è evidente anche nei questionari restituiti compilati (54/96) che la complessità legata alla disabilità chiede in modo irrinunciabile, ed ottiene, l’impegno comune a scuole ed Enti locali. Nelle risposte è palese infatti quanto in questo lavoro condiviso, finalizzato a garantire un percorso scolastico adeguato agli alunni disabili, i Comuni mettano a disposizione soprattutto risorse economiche, ma anche professionali. In particolare il Servizio Sociale e gli Assistenti Sociali sono spesso coinvolti nella definizione del bisogno, nella predisposizione del progetto educativo individualizzato, partecipano ad incontri con la famiglia, gli insegnanti ed i servizi specialistici, effettuano a volte incontri di verifica.Tuttavia nella realtà concreta, nel lavoro sul campo si coglie ancora il permanere di un atteggiamento assistenzialistico, espresso ad esempio dal dover “mercanteggiare” le risorse economiche, a scapito di una presa in carico effettiva attraverso la costruzione di progetti comuni (famiglia, scuola, Ente locale, Servizi sanitari) capaci di sostenere il cammino di vita del bambino disabile, di amplificare il benessere del nucleo familiare senza necessariamente aumentare i costi. In tal senso un elemento fondante potrebbe essere la costruzione di uno sguardo ed un linguaggio comune che consenta di considerare la disabilità, la presenza del bambino disabile, una condizione di vita da affiancare in luogo di un problema da risolvere.Interessante per la qualità dell’integrazione anche la qualifica professionale del personale utilizzato per l’assistenza educativa, giustamente definita ora “specialistica” e ruolo chiave soprattutto nelle Scuole dell’Infanzia paritarie che non possono usufruire dell’assegnazione dell’insegnante di sostegno da parte del Ministero: 21/21% laureati, 78,79% diplomati (51,52% Educatori professionali).Oggi la presenza dell’educatore nelle prassi concrete viene ripensata, faticosamente ma gradualmente, come risorsa non solo per l’alunno disabile, pur se alla lettera della normativa legata alla presenza del bambino a scuola, ma per tutta la sezione che può trarre beneficio dall’attuazione di esperienze pensate a lungo raggio e arricchite da possibilità nuove.(Questionario per i Dirigenti presenza del sostegno – nelle scuole dell’Infanzia paritaria Assistente Educatore –presente sulla presenza del bambino 31,25% / sulla base delle risorse del Comune e dell’orario di frequenza 46,15 % / sulla base delle esigenze del gruppo classe, del bambino, della scuola 29,17% / per garantire attività in piccolo gruppo o individuali 8,33%).Questo passaggio fondamentale, indicativo di una collaborazione fra docenti, di una integrazione fra ruoli professionali finalizzata a processi di integrazione delle diversità di buona qualità, è testimoniato dal 95,65% dei Dirigenti scolastici

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e/o coordinatrici che dichiarano che il ruolo dell’insegnante di sostegno o dell’educatore si incontra, si intreccia con quello dell’insegnante di sezione attraverso“confronto, collaborazione, progettazione condivisa e interscambio dei ruoli nei confronti della classe/sezione”Questo ci dice anche, confermando quanto raccontato dalle insegnanti negli incontri di gruppo, che si stanno facendo dei passi per uscire dalla forte individualizzazione, prassi nei fatti della quotidianità a scuola e nei desideri dei genitori, per passare dall’idea del bambino disabile “di un unico docente” all’ immagine di una scuola che accoglie, che è comunità dove gli insegnati, gli adulti presenti, nel rispetto dei diversi ruoli, insieme si prendono cura di tutti i bambini.Indicative a questo riguardo le risposte date nel questionario compilato a cura dei dirigenti in relazione all’organizzazione della presenza del bambino disabile in assenza dell’insegnate di sostegno o dell’educatore: 36,00% supporto delle altre insegnanti, 34,00% rimane in sezione, diversa strutturazione della giornata 2,00%, supporto personale religioso 4%. Rimane un 12,00% che ritiene che il bambino debba restare a casa.In questo processo cambia gradualmente anche l’immagine del bambino disabile da così speciale da essere visto come totalmente diverso dagli altri, al suo esser bambino come tutti gli altri, con bisogni educativi normali che incontrano maggiore complessità nel trovare risposte adeguate.Tuttavia questo cambiamento di sguardo, punto di vista, è lento e impegnativo e richiede un accompagnamento sul piano culturale e pedagogico, ma anche attenzione allo stato d’animo, alle emozioni di chi opera nella scuola.Nei lavori di gruppo, nelle zone provinciali in cui è divisa la FISM, nel dire delle insegnanti spesso la disabilità è ancora ammantata di mistero, quindi spaventa, genera ansia, e sembra che solo la conoscenza più approfondita della sindrome possa dare risposte tranquillizzanti.Emergono molte domande rispetto a ”dove arriverà” “posso o non posso chiedergli di fare…” “quali sono le attività adeguate a lui” viene utilizzato poco il sapere di cui molti insegnanti sono ricchi dopo anni di lavoro con bambini da tre a sei anni.Questo desiderio è confermato dalle risposte relative alle necessità formative nel questionario rivolto agli insegnanti: il 44,07% chiede di poter essere attrezzato nell’affrontare l’integrazione educativa di bambini disabili da “conoscenze specialistiche”; il 79,66% richiede maggior conoscenza rispetto ad aree e ambiti di intervento. I dirigenti ritengono importante la formazione nell’area di “conoscenza della disabilità 18,18%” e nell’area ”comunicativa, linguistica fonologica 13,64%.Le risposte ai questionari suscitano molte altre considerazioni rispetto all’idea di bambino disabile che emerge così come, in modo speculare sui ruoli ed i compiti

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degli insegnanti, sui vissuti di quanti si incontrano, operano nella quotidianità, non è però possibile riprendere qui tutto ed è anche importante che, come si diceva prima, ognuno possa rielaborare le risposte a partire dalla propria cultura, interesse, sguardo.Solo alcune considerazioni su aspetti che da sempre ritengo fondamentali: il rapporto con le famiglie e l’intervento educativo nelle scuole dell’infanzia con i bambini disabili

Un tema che ho sempre colto nella pratica quotidiana come determinante per la qualità dei processi di inclusione è quello relativo all’incontro fra scuola e famiglie.Per tutti i genitori l’ingresso del figlio nella scuola dell’infanzia è un evento significativo nel ciclo di vita della famiglia vissuto con emozioni ambivalenti di soddisfazione e incertezza, desiderio e paura che diventino grandi…Viene anche spesso rilevato da più parti che i genitori oggi sono più attenti, interessati ai contesti educativi in cui si svolge buona parte della quotidianità dei bambini piccoli ed hanno aspettative rispetto alla qualità dell’esperienza del proprio figlio, ai suoi cambiamenti evolutivi ed all’apprendimento.E’ evidente che per i genitori di un bambino con bisogni speciali (termine utilizzato dallo psichiatra Stanley I. Greenspan) affidare ad altri la cura e la crescita del proprio figlio comporta maggiori fatiche sul piano emotivo e psicologico.Aumentano le emozioni ambivalenti che oscillano fra desiderio di essere affiancati nel compito educativo, sostenuti da altri nel carico quotidiano di cura a volte gravoso e paura che il bambino non possa essere tutelato completamente nelle sue necessità quotidiane più complesse, che possa non essere capito nei suoi bisogni peculiari, che possa non essere accolto dal gruppo dei pari. Si amplificano gli interrogativi sulla capacità del bambino di far fronte alla separazione ed affrontare un ambiente nuovo, sulla possibilità di relazione con gli altri bambini, le incertezze sulla adeguatezza della scuola, nel suo complesso, ai bisogni del figlio. Parlando con loro mi è capitato molto spesso di cogliere l’esigenza di incontrare insegnanti sentiti come “esperti”, attenti agli aspetti emotivi e relazionali dello sviluppo, capaci di mediare fra il bambino e gli altri bambini, interlocutori attendibili sia rispetto agli aspetti psicologici che pedagogici.Così come è forte il bisogno di essere rassicurati rispetto alla presenza continuativa di persone specializzate, figure di sostegno, capaci di rispondere alle esigenze speciali del bambino e di tutelarlo in modo quasi esclusivo.Cosa accade concretamente ? Qual è la realtà che emerge dalle risposte ai questionari rivolti ai genitori?

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La presenza di personale disponibile e qualificato, la struttura accogliente ed un iter burocratico veloce-semplice hanno facilitato e soddisfatto i genitori nella fase di iscrizione (98,31%)Mi sembra importante, soprattutto nelle prime fasi fra l’iscrizione e la frequenza e nel primo periodo di inserimento, l’attivazione di incontri, di processi di conoscenza reciproca e di mediazioni, come si evince dalle risposte al riguardo nei questionari rivolti alla scuola ma anche alle famiglie, che coinvolgendo sia i genitori che gli insegnanti possano costituire un supporto mirato in grado di aiutarli a sviluppare fiducia reciproca. Vi è consapevolezza che accogliere un bambino significa accogliere la sua famiglia, l’esperienza di un bambino nella scuola dell’infanzia non può essere separata dell’esperienza familiare, tuttavia nel lavoro di gruppo molte insegnanti sottolineavano che questo rapporto non sempre è facile, soprattutto nelle situazioni in cui le difficoltà del bambino vengono rilevate e percepite dai genitori stessi per la prima volta nell’ingresso a scuola.

Trovo però significativo soprattutto l’emergere sia nelle aspettative dei genitori prima, di un buon inserimento connotato da accoglienza, serenità, vicinanza e attenzione privilegiata, individuale, disponibilità,che nella loro soddisfazione poi di una prevalenza di aspetti più legati alle dimensioni emotivo, affettive/relazionali che allo sviluppo di autonomie e competenze.Questo sbilanciamento sugli aspetti della cura e della relazione si ritrova anche, specularmene, nelle risposte delle insegnanti:

- alla domanda obiettivi prioritari : sviluppo delle dimensioni affettive e sociali 84,44%, sviluppo delle dimensioni comunicative e cognitive 15,56%, sviluppo delle diverse forme di autonomia 0,0%.

- alla domanda sugli aspetti più importanti da tenere presenti per favorire l’integrazione del bambino: dimensioni affettive e sociali 60,38%, dimensioni cognitive 13,21%, autonomia 8,49%

Si sottolinea tanto il bisogno di relazioni significative, la capacità di socializzazione, molto meno le competenze, gli strumenti indispensabili al bambino per realizzarla.Sicuramente il senso più profondo della Scuola dell’infanzia oggi sta nell’essere riconosciuta “contesto di relazione, di cura e di apprendimento” (Indicazioni nazionali per il curricolo 2007) che indica una scuola che contenga in sé, nell’incontro con tutti i bambini ed i loro genitori, nella progettazione e nella realizzazione delle proposte formative, nell’organizzazione degli spazi e dei tempi, nella routines

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giornaliere ecc.,contenga si diceva le diverse componenti della relazione e della cura, della costruzione del contesto e della motivazione degli apprendimenti. Una scuola non sbilanciata sul piano dell’affettività, ma neanche su quello degli apprendimenti formali, preparatoria ed anticipatrice della scuola primaria.Una scuola, ed un team di docenti, che in modo esplicito, e non implicito come ora accade prevalentemente, sia in grado di ascoltare i bambini, per prendersi cura di loro e costruire legami affettivi per promuovere relazioni ed apprendimenti significativi.

Oggi nel mondo scientifico è diffusa la consapevolezza della centralità della prima infanzia confermata da corpus di studi di varia provenienza per lo sviluppo mentale e cognitivo. In particolare le scoperte sullo sviluppo della mente ci dicono come un ambiente affettivo “caldo e accogliente” in cui il bambino può sentirsi sicuro e curato è di importanza fondamentale per il senso di identità personale, per la capacità di acquisire un sé coeso, per sviluppare una immagine di sé positiva, per incrementare autonomia ed l’autostima.Sembra che negli insegnanti sia meno consapevole, e quindi difficile da declinare in obiettivi nei documenti, nel PEI ad esempio, la stretta e complessa interrelazione fra cura e apprendimento, fra affettività e cognitività.Sembra ancora complesso cogliere, e declinare in senso educativo e metodologico, che le relazioni che si stabiliscono a scuola, l’incontro con gli insegnanti e i compagni, gli sguardi, le parole, i gesti costituiscono le radici dell’apprendimento, che i gesti di cura e la didattica implicita della quotidianità non sono solo opportunità di crescita affettiva e di benessere, ma importanti possibilità di sviluppo mentale.

Mi sembra diventi importante aiutare tutti i docenti a passare dall’impegno coscienzioso alla padronanza competente, dalla scoperta di quello che ogni bambino nasconde di prezioso e può essere portato alla luce ad una progettazione consapevole finalizzata a “garantire il diritto all’apprendimento”Soprattutto operando sul campo è venuta rafforzandosi l’opinione che lavorare per l’ideale dell’integrazione e dell’inclusione comporta la necessità di maggior formazione pedagogica e metodologica; che la formazione delle competenze inclusive deve essere universale, profonda diffusa e permanente. La troppa settorialità nella formazione, per gli insegnati titolari di sezione, per gli assistenti educatori, per le coordinatrici ed i dirigenti non è funzionale ad una scuola che deve crescere sul piano delle conoscenze tenendo insieme e riconoscendo l’indispensabile valore del piano delle esperienze emotivo affettive e del piano

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delle relazioni intesa come capacità di costruire dei legami (fra scuole, con le famiglie, con il territorio…)Diventa indispensabile maturare competenze riflessive di rielaborazione; attivare la comunità professionale dei docenti per creare dei valori condivisi, attivare cooperazione, focalizzarsi sull’apprendimento degli alunni e sulla relazione educativa, non solo sulla relazione adulto/bambino o bambino/bambino, ma anche relazione con il sapere, relazione “estetica” legata al piacere del conoscere e del sapere accompagnando tutti i bambini a diventare grandi aiutandoli ad imparare ad affrontare e risolvere problemi.Di fondamentale importanza far entrare in contatto esperienze, contesti, percorsi perché possano diventare rete senza rimanere arroccati al proprio punto di vista, ma prendere in considerazione anche diverse prospettive in un dialogo autentico, ascolto attivo, circolarità di informazioni capacità di costruire alleanze.La ricerca-azione è stato un primo passo che nelle prassi quotidiane delle scuole dell’infanzia paritarie ha lasciato tracce riconoscibili ed inizia a dare i suoi frutti.

Da compilarsi a cura del Dirigente scolastico o suo delegato e/o da parte della coordinatrice o suo delegato (nel caso della scuola paritaria)

Scuola dell’infanzia _______________________________________________________di _____________________________________________________________________

Statale Paritaria

2.1 Numero totale dei bambini disabili iscritti e frequentanti nell’anno 2005/2006 NR. _____________________________________________________________________

2.2 Numero totale dei bambini disabili iscritti e frequentanti nell’anno 2006/2007 NR. _____________________________________________________________________

2.3 Numero dei bambini che hanno terminato la frequenza con l’anno 2005/06 NR. _____________________________________________________________________

2.4 Numero dei bambini che hanno iniziato la frequenza con l’anno 2006/07 NR.

ALLEGATO 9A QUESTIONARIO PER LE SCUOLE DELL’INFANZIA STATALI E PARITARIE DELLA

PROVINCIA DI LECCO

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PER OGNI BAMBINO compilare la scheda allegata.( una sola volta per il singolo bambino anche se ha frequentato/frequenta tutte e due gli anni considerati)SCHEDA INDIVIDUALE DEL BAMBINO DISABILE

2.5 SESSO M

2.5.a SESSO F

2.6 Età al momento dell’iscrizione ___________

2.7 Da quale anno scolastico frequenta la scuola? ____________________________2.8 Cittadinanza _____________________________________________________2.9 Nazionalità dei genitori ______________________ _______________________2.10 Eventuali adozioni __________________________________________________2.11 TIPOLOGIA di DISABILITA’_____________________________________________2.12 Anno della diagnosi _________________________________________________2.13 Ente Certificatore __________________________________________________2.14 all’epoca dell’iscrizione a scuola il bambino era già certificato come diversamente abile?2.14.a SI2.14.b NO2.14.c nel caso di risposta negativa specificare come si è giunti alla certificazione _____.14.d nel caso che a sollecitare l’iter sia stata la scuola, descrivere: quando, come, perché ci si è mossi ________________________________________________2.15 Ha frequentato il nido o altre agenzie educative del territorio:2.15.a NO 2.15.b SI2.15.c Se SI quali _______________________________________________________2.16 In caso di frequenza al nido o ad altre agenzie del territorio ci sono stati momenti di raccordo?2.16.a NO 2.16.b SI2.16.c Se SI con quale modalità? ___________________________________________ 2.17 Orario e scansione della frequenza:

2.17.a Tempo pieno indicare nr. di ore __________

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2.17.b Tempo parziale indicare nr. di ore __________2.17.c periodica: indicare giorni e ore __________

2.17.d Numero ore frequentate sul totale di offerta della scuola _________ 2.18 In che modo e da chi è stato stabilito l’orario di frequenza: ___________________________________________________________________________________2.18.a dalla scuola autonomamente2.18.b su richiesta della famiglia2.18.c da famiglia e scuola insieme2.18.d su richiesta dei servizi socio sanitari2.18.e da famiglia, scuola e servizi socio sanitari insieme2.18.f altro (specificare) _______________________________________________________

2.19 Frequenta la scuola del proprio Comune di residenza:2.19.a SI 2.19.b NO2.19.c Se NO perché ______________________________________________________2.20 Tipo di documentazione in possesso della scuola (fare elenco analitico con accanto l’ente, gli enti o i soggetti che l’hanno trasmessa _______________________________

21.21 Ore di sostegno richieste dall’Ente certificatore ____________________________2.22 Ore di sostegno effettivamente assegnate ________________________________2.23 Ore di Assistenza Educativa richieste ____________________________________2.24 Ore di Assistenza Educativa effettivamente assegnate ______________________2.25 Ore desiderate dalla scuola , visto concretamente il bambino _________________2.25.a Di sostegno ________________________________________________________2.25.a1 perché ____________________________________________________________2.25.b Di assistenza educativa ______________________________________________2.25.b1 perché ____________________________________________________________2.26 l’ingresso del bambino a scuola: Nel caso di bambino disabile già certificato quale percorso di ingresso è previsto? In specifico e concretamente è previsto: ________2.27 in che modo viene effettuata l’iscrizione del bambino a scuola? (ad es. da chi e come viene effettuata; variazioni rispetto alle modalità abituali…) __________________ 2.28 in che modo viene organizzata la conoscenza del bambino e della famiglia? (chi li incontra, quando, in che modo…) ________________________________ 29.29 In che modo vengono presi i contatti con figure, Enti, altri operatori che già intervengono sul/col bambino? (chi li incontra, quando, in che modo…) ________ __________________________________________________________________2.30 In che modo viene inserito/ambientato il bambino nella scuola? ____________ __________________________________________________________________

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2.31 E’ prevista la possibilità di modifiche organizzative e gestionali per l’inserimento del bambino disabile?2.31.a NO2.31.b SI

2.31.b1 Se SI quali? ______________________________________________________2.32 Nel caso di inserimento del bambino disabile in sezioni già formate, èprevista una preparazione degli altri bambini? ________________________

33.33 Nel caso di inserimento del bambino disabile in sezioni già formate, è previstal’informazione ai genitori degli altri bambini? ____________________________

2.34 Il piano educativo individualizzato

2.34.a Nel POF della Scuola/Istituto è prevista una voce dedicata alle modalità di inserimento/integrazione del bambino diversamente abile?2.34.b NO2.34.c SI

Se SI può allegarlo?

2.35 Può quindi specificare se ci sono delle linee guida esplicitate dalla scuola e ben conosciute dai docenti per la stesura del PEI?1.1.a NO2.35.b SI 2.35.b1 Se SI riportare le linee guida ________________________________________

1.2 Ci sono anche indicazioni metodologiche per la stesura del PEI ?1.2.a NO2,36.b SI2,36.b1 se si specificare __________________________________________________2.37 Come viene steso concretamente il PEI ______________________________2.38 chi lo stende? _____________________________________________________2.39 Con la collaborazione di chi? _________________________________________

2.40 Entro quando? ____________________________________________________2.41 Una volta steso, il PEI viene presentato alla famiglia del bambino ?

185

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2.41.a SI2.41.b NO2.42 Da chi? _________________________________________________________________________________________________________________________________2.43 Con quale modalità? _________________________________________________

2.44 In che modo ed in che forme il piano educativo individualizzato è raccordato alla progettazione educativo didattica annuale della scuola o della sezione?(specificare se nel progetto della scuola ci sono modifiche e di che tipo) ______________

2.45 In che modo ed in che forma si decide in quale sezione inserire il bambino disabile?Descrivere l’iter. ___________________________________________________

46.46 Come viene organizzata la presenza dell’insegnante di sostegno? ______________

2.47 Come viene organizzata la presenza dell’educatore? __________________

2.48 In che modo la presenza dell’insegnante di sostegno e o dell’educatore si incontra, si intreccia con quella dell’insegnante di sezione? _____________________________________________________________________________

2.49 In assenza dell’insegnante di sostegno e o dell’educatore, com’è organizzata la presenza del bambino disabile? ______________________________________

50.50 Contatti e rapporti

2.51 Quali sono le modalità previste e messe in atto rispetto al rapporto con la famiglia?

2.52 Quali sono le modalità previste e messe in atto rispetto al rapporto con gli operatori sanitari? ________________________________________________________

53.53 Quali sono le modalità previste e messe in atto rispetto al rapporto con eventuali figure socio–educative in rapporto di sostegno al bambino ed alla famiglia?

2.54 Rispetto a quanto dichiarato sopra sono previste forme/modalità di:2.54.a Monitoraggio

186

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2.54.a1 NO 2.54.a2 SI

2.54.a3 COME? _________________________________________________________

2.54.b Documentazione2.54.b1 NO2.54.b2 SI

2.54.b3 COME? _________________________________________________________2.54.c Verifica

2.54.c1 NO2.54.c2 SI

2.54.c3 COME? ______________________________________________________________________________________________________________________________

2.54.d Valutazione2.54.d1 NO2.54.d2 SI

2.54.d3 COME? ________________________________________________________

2.55 Bisogni formativi (parte del Dirigente)

2.55.a Le sembra che i team delle insegnanti delle sue scuole dell’infanzia siano competenti rispetto all’integrazione dei bambini disabili?

2.55.a1 SI

2.55.a2 NO

2.55.a3 Perché ________________________________________________________

2.55.b quali aree formative ritiene sia necessario affrontare e portare all’attenzione delle docenti delle sue scuole dell’infanzia rispetto all’integrazione dei bambini disabili affinché sia affinata la professionalità delle stesse?

187

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2.55.c Le sembra che i team siano attenti e/o competenti nel rilevare in modosufficientemente tempestivo situazioni di disabilità passate inosservate?

2.55.c1 SI2.55.c2 NO

2.55.c3 perché/ in che modo? _______________________________________________

2.55.d Bisogni formativi ( da compilarsi a cura dell’insegnante di riferimento del plesso sentite le colleghe) ________________________________________________

2.55.e I team delle insegnanti delle sue scuole dell’infanzia si sentono competenti rispetto all’integrazione dei bambini disabili?

2.55.e1 SI 2.55.e2 NO2.55.e3 Perché ____________________________________________________________

2.55.f quali aree formative si ritiene necessario affrontare e portare all’attenzione delle docenti delle scuole dell’infanzia rispetto all’integrazione dei bambini disabili? ________________ _______________________________________________

2.55.g I team si ritengono attenti e/o competenti nel rilevare in modo sufficientemente tempestivo situazioni di disabilità passate inosservate?

2.55.g1 SI 2.55.g2 NO

2.56 Eventuali note _____________________________________________________

Elenco allegati

Può descrivere, narrare una giornata tipo del bambino disabile inserito nella sua sezione (o a lei affidato in qualità di insegnante di sostegno) GIA’ CHIESTO NEL QUESTIONARIO per le INSEGNATI

188

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Emozioni, riflessioni in relazione al percorso fatto con il bambino disabile inserito nella sua sezione (o a lei affidato in qualità di insegnante di sostegno) GIA’ CHIESTO NEL QUESTIONARIO per le INSEGNATI

COMPILAZIONE congiunta a cura dell’insegnante di sezione e dell’insegnante di sostegno che avevano in classe un bambino disabile già nel 2005/2006 o che iniziano ad averlo dal 2006/07 (se in SEZIONE c’è è più di un bambino disabile RISPONDERE in via sintetica e generale rispetto ad ambedue)

3 Quando è stato assegnato/a un bambino/a disabile alla sezione, al di là della sua patologia, quali sono stati i suoi obiettivi prioritari rispetto al bambino /a iscritto/a e inserito/a? Ne indichi due o tre dandone la motivazione con esempi concreti di intervento riferiti al bambino/a in carico:

3.a __________________________________________________________________3.b __________________________________________________________________3.c __________________________________________________________________

1.1 Nella stesura del piano educativo individualizzato quali aspetti ha ritenuto, o ritiene saranno più importanti da tenere presenti per favorire l’integrazione del/della bambino/a? ___________________________________________________

1.2 Quando ha inserito il bambino disabile nella sezione quali iniziative/interventi ha effettuato rispetto a (portare esempi concreti): 3.2.a Allestimento della classe ____________________________________________

3.2.b Gestione del gruppo classe __________________________________________

3.2.c Attività previste e proposte __________________________________________

3.2.d Articolazione della giornata educativa _________________________________

ALLEGATO 9B QUESTIONARIO PER LE SCUOLE DELL’INFANZIA STATALI E PARITARIE

DELLA PROVINCIA DI LECCO

189

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1.3 In seguito all’inserimento del bambino disabile cosa ha rilevato/osservato rispetto ai rapporti fra i bambini all’interno della sezione __________________________ _____________________________________________________________1.4 Quali modalità di rapporto con la famiglia ha messo in campo o ritiene di dover mettere in campo? ________________________________________________ ______3.4.a Con quali esiti? ___________________________________________________

1.5 Ha avuto modo di rilevare come i genitori degli altri bambini hanno reagito alla presenza del bambino disabile? 3.5.a NO 3.5.b SI3.5.c Cosa ha rilevato? _________________________________________________ ____

1.6 Quali rapporti ha intrattenuto e pensa di mantenere con i diversi soggetti coinvolti nella cura del/della bambino/a ai fini dell’integrazione dello/della stesso/a ? ________________________________________________________1.7 In che modo ed in che forma monitora e valuta l’andamento dell’integrazione del bambino. _________________________________________________________1.8 Come è stata organizzata la presenza dell’insegnante di sostegno in funzione delle ore di presenza del bambino e del PEI? ___________________1.9 Come è stata organizzata la presenza dell’educatore in funzione delle ore di presenza del bambino e del PEI? ______________________________________

3.10 Secondo VOI l’inserimento nella scuola è stato utile e prezioso per il bambino inserito nella sua sezione?3.10.a SI 3.10.b NO 3.10.c Perché? __________________________________________________________

11.11 ,In base alla VOSTRA esperienza fatta fino ad oggi, cosa direbbe rispetto al compito della scuola dell’infanzia,di inserire ed integrare i bambini disabili? _____________________________________________________________________11.12 secondo VOI , rispetto al compito della scuola dell’infanzia di inserire ed integrare i bambini disabili quali sono i punti a cui fare attenzione e/o di criticità di questo compito? __________________________________________________________11.13 secondo VOI i team delle insegnanti della sua scuole dell’infanzia si sentono competenti rispetto all’integrazione dei bambini disabili?

3.13.a SI3.13.b NO

190

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3.13.c Perché ___________________________________________________________ 3.14 Quali aree formative ritiene necessario affrontare e portare alla sua attenzione e a quella delle sue colleghe della scuole dell’infanzia rispetto all’integrazione educativa dei bambini disabili per affinare la sua professionalità e quelle delle altre ? ______ ________________________________________________________________ 3.15 Può descrivere, narrare una giornata tipo del bambino disabile inserito nella sua sezione (o a lei affidato in qualità di insegnante di sostegno o di educatore) ______ ___________________________________________________________________ 3.16 Emozioni, riflessioni in relazione al percorso fatto con il bambino disabile inserito nella sua sezione (o a lei affidato in qualità di insegnante di sostegno o di educatore)

Gentili genitori,all’interno del progetto di ricerca “INTEGRA-azione”, rivolto a tutte le scuole dell’infanzia statali e paritarie della Provincia di Lecco (DGRVIII/215 del 27/06/05) ci è chiesto di distribuirvi questo questionario.Il progetto si propone di ripensare ed approfondire la metodologia, i criteri, le modalità concrete per l’accoglienza e l’integrazione dei bambini disabili nella scuola dell’infanzia.L’obiettivo del progetto è di arrivare ad individuare e condividere, sul territorio provinciale un modello di intervento per l’ integrazione dei bambini diversamente abili specifico della scuola dell’infanzia.Si chiede cortesemente di compilarlo in forma anonima, di consegnarlo, chiuso nell’allegata busta bianca, all’insegnante del vostro bambino che avrà cura di recapitarlo presso la FISM provinciale al gruppo di lavoro, oppure spedendolo direttamente c/o la FISM Lecco, Piazza Cermenati 5 – 23900 Lecco

Vi ringraziamo per la disponibilità e porgiamo cordiali saluti.

Il dirigente scolastico______________________________________

ALLEGATO 9CQUESTIONARIO PER I GENITORI dei BAMBINI DIVERSAMENTE ABILI

ATTUALMENTE FREQUENTANTI LA SCUOLA DELL’INFANZIA

191

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COMUNE DI _____________________________________

Nome compilatore____________________________________

Qualifica professionale _______________________________

1 Il Comune fornisce L’ EDUCATORE AI MINORI DISABILI inseriti nella/e scuola/e dell’infanzia del proprio territorio?

1.a Si 1.b No

1.c perché? ___________________________________________________________________________________________________________________________________

In entrambi i casi rispondere cortesemente alle seguenti domande:

2 Sul territorio comunale esistono scuole dell’infanzia?2.a Scuola dell’infanzia statale: Si, nr. _______2.a1 No2.b Scuola dell’infanzia paritaria No 2.2b1 Si nr. _______

3 Se si è risposto SI indicare se l’educatore è dato:

3.a in tutte le realtà scolastiche 3.b solo in alcune.

4 Indicare la spesa sostenuta per l’anno scolastico 2005/2006 €. _______________5 indicare la spesa in previsione per l’anno scolastico 2006/2007 €. _______________

6 Come viene finanziata la spesa per la presenza dell’educatore?

6.a con oneri totalmente a carico del Comune6.b altre modalità 6.b1 (indicare quali) _______________________________________________________

ALLEGATO 9DQUESTIONARIO RIVOLTO AI COMUNI

relativo ai servizi di ASSIESTENZA EDUCATIVA per i MINORI DISABILI INSERITI NELLA SCUOLA DELL’ INFANZIA

192

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7 L’assegnazione dell’educatore è vincolata alla presentazione di documentazione specifica?

7.a No 7.b Si

7.b1Quale? _____________________________________________________________8. indicare il numero degli alunni disabili inseriti nelle scuole dell’infanzia a cui è stato assegnato l’educatore:

8.a statali n._____________8.a1 quanti educatori sono stati assegnati __________8.a2 per quante ore complessive_________________

8.b paritarie n._____________8.b1quanti educatori sono stati assegnati __________8.b2 per quante ore complessive ________________

9.. Esiste un regolamento comunale e/o delle linee guida, in merito al servizio di assistenza educativa scolastica per gli alunni diversamente abili inseriti nelle scuole?

9.a No9.b Si

Si chiede cortesemente di allegare copia del documento.

10 L’educatore viene reperito:10.a dal Comune: 10.a1 No 10.a2 Si

10.a3 Se si perché _______________________________________________________ _____________________________________________________________________

10.b direttamente dalla/e Scuola/e dell’infanzia:

10.b1 No 10.b2 No10.b3 Perché, con quali accordi? ____________________________________________ 11. Se assunto dal Comune con quale modalità?

193

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11.a Assunto direttamente 11.b Attraverso convenzione 11.b.1 Con quale Cooperativa sociale /Associazione ______________________________11.b.2 Altro _____________________________________________________________ 12 Qualifica professionale del personale utilizzato per l’assistenza educativa ______ ____________________________________________________________________

13 Nel progetto educativo individualizzato per il bambino disabile viene coinvolto il servizio sociale del Comune?13.aì No13.b Si13.b1 Se SI: con che modi e forme di coinvolgimento? ____________________________ _____________________________________________________________________13.c vengono effettuate delle verifiche periodiche? 13.d No 13.e Si13.e.1 In che forma, modi ed esiti? ____________________________________________ _____________________________________________________________________13.f esiste una verifica finale? 13.g No 13.h Si13.h.1 se si In che forma, modi ed esiti? _______________________________________ ____________________________________________________________________

14 Viene richiesta alla scuola dell’infanzia una relazione finale in merito all’utilizzo educatore?14.a No

14.b Si

14.b1 In che forma, modi e con quali esiti? _____________________________________ 15 Nelle scuole dell’infanzia vengono accolti anche minori disabili residenti in altri Comuni?

15.a No15.b Si 15.b.1 Se SI in che forma e modi rispetto ai bambini Residenti ? _________________

data

_________________

Firma_________________

194

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PROGETTO ATTUATIVO – SCHEDA 2 - DGR VIII/215 del 27/06/0

TITOLO “INTEGRA-azione”

QUESTIONARIO PER LE SCUOLE DELL’INFANZIA STATALI E PARITARIE

DELLA PROVINCIA DI LECCO

Da compilarsi a cura del Dirigente scolastico o suo delegato e/o da parte della coordinatrice o suo delegato (nel caso della scuola paritaria)

N° Paritaria N° statale 14

2.1 Numero totale dei bambini disabili iscritti e frequentanti nell’anno 2005/2006

Paritarie Statali

2.2 Numero totale dei bambini disabili iscritti e frequentanti nell’anno 2006/2007

Paritarie Statali

2.3 Numero dei bambini che hanno terminato la frequenza con l’anno 2005/06

Paritarie Statali

Non risposte

2.4 Numero dei bambini che hanno iniziato la frequenza con l’anno 2006/07

Paritarie Statali

Non risposte

SCHEDA INDIVIDUALE DEL BAMBINO DISABILE

Paritarie Sta-tali

2.5 sesso M M

2.5.a sesso F F

2.6 Età al momento dell’iscrizione

Paritarie Statali

Non risposta

195

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Due anni

Due anni e mezzo

Tre anni

Quattro anni 3 anni (età media)

Quattro anni e mezzo

2.7 Da quale anno scolastico frequenta la scuola?

Paritarie Statali

Non risposta Non rispo-sta

2001/02 2001/02

2002/03 2002/03

2003/04 2003/04

2004/05 2004/05

2005/06 2005/06

2006/07 2006/07

2.8 Cittadinanza

Paritarie Statali

Non risposta

italiana italiana

Ivoriana algerina

Nazionalità dei genitori

Paritarie Statali

Non risposta 7,14%

italiani 85,71% italiana

Ivoriani 1,79% algerina

Italiana- inglese 1,79% marocchina

Italiana-cingalese 1,79%

Italiana-dominicana 1,79%

Totale 100,00%

196

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2.10.00 Eventuali adozioni

Paritarie Statali

2.11 TIPOLOGIA di DISABILITA’

Paritarie Statali

Non risposta

Sindrome di down 22,81%

Psichica 1,75%

Autismo infantile e ritardo mentale 8,77%

Ritardo mentale 5,26%

Ritardo Psicomotorio 10,53%

Cerebropatia epilettica 3,51%

Tetraparesi spastica 3,51%

Disfasia 3,51%

Disturbo generalizzato dello sviluppo 7,02%

Disturbo specifico misto 3,51%

Albinismo 1,75%

Epilessia 5,26%

Sindrome di Noonan 1,75%

Disturbo di comprensione del linguaggio 0,00%

Ritardo globale di sviluppo su base organica 0,00%

Patologia neuromuscolare 0,00%

Diusturbo multisistemico dello sviluppo 3,51%

Disturbo da alterato disturbi psicologico

0,00%

Disturbo psicofisico 0,00%

Ipoacusia neurosensoriale bilaterale 1,75%

Ritardo evolutivo globale (compromiss Linguistica)

5,26%

Encefalopatia opsomioclonica di Kinsbourne 1,75%

Emiplegia destra 1,75%

Disturbi dell’attenzione e comportamento 1,75%

Sindrome Goldenhar 1,75%

197

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Irregolarità di sviluppo psicomotorio 1,75%

relazionale in trapianto cardiaco ortotopico 1,75%

totale 100,00%

2.12 Anno della diagnosi

Paritarie Statali

Non risposta 12,50%

Anno 2001 1,79%

Anno 2002 5,36%

Anno 2003 14,29%

Anno 2004 17,86%

Anno 2005 17,86%

Anno 2006 30,36%

totale 100,00%

2.13 Ente Certificatore

Paritarie Statali

Non risposta 8,77%

La Nostra famiglia 52,63%

Asl LECCO 3,51%

UONPI 0,00%

Ospedale di Lecco 31,58%

Istituto Besta Milano 1,75%

San Gerardo Monza 1,75%

totale 100,00%

2.14 All’epoca dell’iscrizione a scuola il bambino era già certificato come diversamente abile?

Paritarie Statali

Non risposta 0,00%

2.14 a Sì 60,71%

2.14b No 39,29%

totale 100,00%

198

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2.14. c Nel caso di risposta negativa specificare come si è giunti alla certificazione

Paritarie Statali

Non risposte 50,00%

Fase diagnostica in atto 9,38%

Scelta maturata successivamente dai genitori 12,50%

Segnalazione insegnante 18,75%

Segnalazione della coordinatrice della scuola 3,13%

Osservazione da parte della Nostra Famiglia 3,13%

In seguito a ricovero ospedaliero 3,13%

Famiglia 0,00%

totale 100,00%

2.14. d Nel caso che a sollecitare l’iter sia stata la scuola, descrivere: quando, come, perché ci si è mossi

Paritarie Statali

Non risposte

Risposte

Segnalazione all’ultimo anno 6,67%

Attraverso confronto continuo con i genitori 20,00%

Segnalazione già in atto

13,33%

Dopo un’osservazione iniziale del bambino 53,33%

Evidenza disa-bilità

6,67%

totale 100,00%

2.15 Ha frequentato il nido o altre agenzie educative del territorio

Paritarie Statali

2.15 a No 57,14%

2.15 b Sì 42,86%

Non risposte 0,00%

totale 100,00%

199

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2.15.c Se SI quali

Paritarie Statali

Non risposte 0,00%

Asilo nido 37,50%

Punto giochi 50,00%

Scuola dell’infanzia 12,50%

totale 100,00%

2.16 In caso di frequenza al nido o ad altre agenzie del territorio ci sono stati momenti di raccordo?

Paritarie Statali

Non risposte 48,21%

2.16 a No 21,43%

2.16 b Sì 30,36%

totale 100,00%

2.16.c Se SI con quale modalità?

Paritarie Statali

Non risposte

Incontro con le educatrici (continuità) 56,25%

Visita e conoscenza della scuola dell’infanzia 25,00%

Partecipazione ad attività del nido 0,00%

Continuità dell’insegnante/educatore 18,75%

totale 100,00%

2.17 Orario e scansione della frequenza

Paritarie Statali

Non risposte 3,57%

2.17 a Tempo pieno

80,36%

200

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2.17 b Tempo parziale

14,29%

2.17 c Periodica 1,79%

totale 100,00%

2.17 d Numero ore frequentate sul totale di offerta della scuola

Paritarie Statali

Non risposte 19,64%

Tutte su orario normale 44,64%

32 su 35 10,71%

30 su 50 3,57%

40 su 50 3,57%

15 ore su 35 1,79%

20 ore 5,36%

30 su 40 1,79%

38 su 40 3,57%

4 ore 5,36%

totale 100,00%

2.18 In che modo e da chi è stato stabilito l’orario di frequenza

Paritarie Statali

Non risposte

Risposte

Paritarie Statali

2.18a Scuola autonomamente 5,88%

2.18b Richiesta famiglia 5,88%

2.18cFamiglia e scuola insieme 43,14%

2.18dRichiesta servizi socio-sanitari 1,96%

2.18e Famiglia scuola servizi socio-sanitari insieme 41,18%

2.18fAltro (Dai tempi delle terapie) 0,00%

(Servizi sociali e genitori) 1,96%

201

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totale 100,00%

2.19 Frequenta la scuola del proprio Comune di residenza

Paritarie Statali

2.19 a Sì

2.19 b No

2.19 c Se No perché

Paritarie Statali

Risposte

Non risposte

I genitori hanno scelto in base ai bisogni del bimbo 88,89%

Su consiglio dell’Istituto riabilitativo 0,00%

In base alla residenza 0,00%

Per continuità educativa tra agenzie scolastiche 11,11%

totale 100,00%

2.20 Tipo di documentazione in possesso della scuola (fare elenco analitico con accan-to l’ente, gli enti o i soggetti che l’hanno trasmessa

Paritarie Statali

Non risposta

Risposte

Certificazione della disabilità per sostegno 23,94%

Diagnosi funzionale 50,70%

PEP-R 5,63%

PDF 1,41%

Certificato per intolleranza alimentare 0,00%

Modello A 0,00%

PEI 4,23%

Documentazio-ne sanitaria

4,23%

Nessuna documentazione 1,41%

202

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Accertamento medico-legale per invalidità civile

5,63%

Esame clinico 2,82%

totale 100,00%

La Nostra Famiglia 50,00%

UONpia 0,00%

Centro Polivalente di Usmate 0,00%

Ospedale di Lecco 32,69%

ASL 5,77%

Istituto Besta 3,85%

Ospedale Niguarda 1,92%

Esperto in autismo 1,92%

Istituto neurologico clinica Mondino Pv 3,85%

totale 100,00%

2.21 Ore di sostegno richieste dall’Ente certificatore

Paritarie Statali

Non risposte

Risposte

Tempo pieno 55,32%

Tempo parziale 29,79%

Tempo in base alla necessità di assistenza 0,00%

Non specificate 12,77%

Nessuna ora assegnata 2,13%

totale 100,00%

2.22 Ore di sostegno effettivamente assegnate

Paritarie Statali

Non risposta

Risposte

203

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Tempo pieno 47,62%

16 ore 4,76%

20 ore 23,81%

12ore 4,76%

10 ore 9,52%

0,00%

25 ore 4,76%

3/6 ore 4,76%

Assegnato 0,00%

totale 100,00%

2.23 Ore di Assistenza Educativa richieste

Paritarie Statali

Non risposte

Risposte

Tempo pieno 8,33%

30 ore 16,67%

12 ore 8,33%

15 ore 25,00%

10 ore 8,33%

3/6 ore 33,33%

totale 100,00%

2.24 Ore di Assistenza Educativa effettivamente assegnate

Paritarie Statali

Non risposte

Risposte

Tempo pieno 7,14%

20 ore 21,43%

12 ore 14,29%

204

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15 ore 0,00%

10 ore 35,71%

3/6 ore 21,43%

totale 100,00%

2.25 Ore desiderate dalla scuola , visto concretamente il bambino

Paritarie Statali

Non risposte

Risposte

Tempo pieno 51,85%

Corrispondente al PEI 3,70%

Sufficienti al bisogno 7,41%

30 ore 11,11%

25 ore 11,11%

20 ore 3,70%

10 ore 0,00%

3/6 ore 11,11%

totale 100,00%

2.25 a Di sostegno

Paritarie Statali

Non risposte

Risposte

Quelle assegnate 10,71%

Tempo pieno 35,71%

32 ore 10,71%

30 ore 3,57%

25 ore 3,57%

20 ore 14,29%

12 ore 7,14%

10 ore 7,14%

205

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16 ore 3,57%

18 ore 0,00%

4 ore 3,57%

totale 100,00%

2.25 a1 perché

Paritarie Statali

Non risposte

Risposte

Favorire pienamente le attività di sviluppo 0,00%

Per coprire i momenti più difficili per la bam-bina

3,57%

Necessità di un rapporto 1 a 1 25,00%

Mancata deambulazione 3,57%

Garantire un adeguato percorso educativo del bambino 32,14%

Garantire la continuità del progetto educativo 0,00%

Non necessita di sostegno durante il pomeriggio 3,57%

Scarsa autonomia del bambino 10,71%

Numero elevato di bambini nelle sezioni 3,57%

Raccordo con assistenza educativa 3,57%

Rafforzamento facilitazione capacità bambino 14,29%

totale 100,00%

2.25 b Di assistenza educativa

Paritarie Statali

Non risposte

Risposte

Aumento dell’orario del bambino 14,29%

Favorire un maggiore sviluppo cognitivo 14,29%

Potenziare l’autonomia

14,29%

10 ore 28,57%

206

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15 ore 0,00%

4 ore 28,57%

Nessuna 0,00%

totale 100,00%

2.25 b1 perché

Paritarie Statali

Non risposte

Risposte

Per assicurare una presenza costante al bambino 25,00%

E’ sufficiente insegnante di sostegno 0,00%

Esigenze cambiate del bambino 25,00%

Possibilità di sviluppare le sue esperienze/competenze 25,00%

Acquisire regole comportamento 25,00%

totale 100,00%

2.26 L’ingresso del bambino a scuola: Nel caso di bambino disabile già certificato quale percorso di ingresso è in specifico e concretamente previsto ?

Paritarie Statali

Non risposte

Risposte

Inserimento graduale personalizzato 57,89%

Raccordo con nido 1,75%

Colloquio con famiglia 14,04%

Incontri con operatori socio-sanitari 5,26%

Formazione e informazione del disturbo 0,00%

Valutazione con team docente della sezione più idonea

0,00%

Osservazione/condivisione del progetto con famiglia

0,00%

Raccolta e presa visione della documentazione 3,51%

207

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Precedente conoscenza dell’ambiente scolastico

5,26%

Richiesta assistenza educativa all’ente locale 1,75%

Nessun percorso di ingresso 10,53%

totale 100,00%

2.27 In che modo viene effettuata l’iscrizione del bambino a scuola? (ad es. da chi e come viene effettuata; variazioni rispetto alle modalità abituali…)

Paritarie Statali

Non risposte

Risposte

Normale procedura (colloquio coordinatrice/genitori)

2.28 In che modo viene organizzata la conoscenza del bambino e della famiglia? (chi li incontra, quando, in che modo…)

Paritarie Statali

Non risposte

Risposte

Raccordo con nido 1,72%

Coordinatrice, genitori, insegnanti 41,38%

Coordinatrice e famiglia 17,24%

Collaborazione con assistente sociale 1,72%

Pre-inserimento a giugno 3,45%

Giornata di accoglienza dei bambini a maggio 5,17%

Colloquio famiglia-insegnante sezione e sostegno 12,07%

Incontro con famiglia 0,00%

Osservazione del bambino 0,00%

Colloqui insegnanti-coordinatrice responsabile handicap 0,00%

Insegnante di sezione e psicopedagogista 0,00%

Colloquio specialisti-insegnanti-genitori 10,34%

Colloquio durante per-iscrizione 3,45%

Visite a casa 1,72%

Open day 1,72%

208

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totale 100,00%

2.29 In che modo vengono presi i contatti con figure, Enti, altri operatori che già intervengono sul/col bambino? (chi li incontra, quando, in che modo…

Paritarie Statali

Non risposte

Risposte

Con l’autorizzazione della famiglia, la scuola contatta gli enti 20,83%

Contatti periodici telefonici da parte della scuola 0,00%

Colloquio delle insegnanti con specialisti 27,08%

Assistente sociale contatto immediato e reciproco 8,33%

Famiglia concorda con l’ente un incontro 20,83%

Su richiesta degli operatori 0,00%

Incontri fra scuola, specialisti e genitori 16,67%

Incontri con l’insegnante di sostegno 6,25%

totale 100,00%

2.30 In che modo viene inserito/ambientato il bambino nella scuola?

Paritarie Statali

Non risposte

Risposte

Gradualità nei tempi e nelle modalità nel rispetto dei bisogni del bambino

51,16%

Osservazione del bambino per comprenderne i bisogni 0,00%

Rassicurazione dei genitori e accompagnamento all’inserimento 0,00%

Con le medesime modalità degli altri bambini, rispettando i suoi ritmi

0,00%

Attività che favoriscono la conoscenza degli altri e dell’ambiente 27,91%

Inserimento normale 18,60%

Presenza della mamma

2,33%

totale 100,00%

209

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2.31 E’ prevista la possibilità di modifiche organizzative e gestionali per l’inserimento del bambino disabile?

Paritarie Statali

2.31 a No

2.31 b Sì

2.31 b1 Se SI quali?

Non risposte 0,00%

Laboratori per fasce di età/attività piccoli gruppi e individualizzate

23,08%

Organizzazione spazi/tempi e materiali 53,85%

Inserito in sezione 0,00%

Flessibilità del progetto e organizzazione 0,00%

Inserimento personalizzato sulle esigenze del bambino 0,00%

Gestione orario insegnante sostegno 23,08%

totale 100,00%

2.32 Nel caso di inserimento del bambino disabile in sezioni già formate, è prevista una preprazione degli altri bambini ?

Paritarie Statali

Non risposte

Risposte

Sì 13,64%

No 36,36%

No per esperienze finora avute 0,00%

Per la maggioranza no, perchè lo considerano un bambino più piccolo da coccolare

0,00%

Sì, informandoli in modo semplice e veritiero della sua diversità/uguaglianza

40,91%

Dipende 9,09%

totale 100,00%

210

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2.33 Nel caso di inserimento del bambino disabile in sezioni già formate, è prevista

l’informazione ai genitori degli altri bambini?

Paritarie Statali

Non risposte

Risposte

Sì, incontro d’inizio anno 9,09%

Sì durante consiglio d’intersezione 0,00%

Sì 27,27%

No 52,27%

Sì, alla riunione finale dell’anno precedente 4,55%

Sì, durante la riunione di sezione 6,82%

totale 100,00%

2.34 Il piano educativo individualizzato

Paritarie Statali

Non risposte

Risposte

2.24a POF della Scuola/Istituto è prevista una voce dedicata alle modalità di inseri-mento/integrazione del bambino diversamente abile?

Paritarie Statali

2.34 b No

2.34 c Sì

2.35 Può quindi specificare se ci sono delle linee guida esplicitate dalla scuola e ben conosciute dai docenti per la stesura del PEI?

Paritarie Statali

Non risposte

Risposte

211

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2.35 a No

2.35 b Sì

2.35 b1 Se SI riportare le linee guida

Paritarie Statali

Non risposte

Risposte

Presentazione della bambina 7,14%

Relazione della situazione attuale 7,14%

Focus d’intervento individualizzato 21,43%

Obiettivi 7,14%

Metodologie 14,29%

Spazi e tempi 7,14%

Verifiche periodiche e finali 7,14%

Osservazione (prima bozza) 0,00%

Stesura del PEI 14,29%

Valutazione in itinere 0,00%

Indicazioni CRTHandicap/Fism 7,14%

Corsi aggiornamento 7,14%

totale 100,00%

2.36 Ci sono anche indicazioni metodologiche per la stesura del PEI ?

Paritarie Statali

Non risposte

Risposte

2.36 a No

2.36 b Sì

2.36 b1 se si specificare

Non risposte

Risposte

212

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Individuare le capacità di sviluppo del bambino 0,00%

Stabilire gli obiettivi in relazione varie aree disciplinari

0,00%

Ci si rifà agli assi del PDF 0,00%

Modello del CRTHandicap 0,00%

Valutazione in itinere 0,00%

Si stende il PEI dopo l’osservazione del bambino 22,22%

Indicazioni fornite durante formazione ins sostegno 77,78%

totale 100,00%

2.37 Come viene steso concretamente il PEI

Paritarie Statali

Non risposta

Risposte

Osservazione del bambino e eame della diagno-si funzionale

48,98%

In relazione a programmazione scuola/bisogni bambino

12,24%

In accordo con il territorio 0,00%

Collegialmente (insegn sostegno e di classe, terapisti e genitori)

16,33%

Stesura della programmazione individualizza-ta e verifica

0,00%

Relazione finale 0,00%

Modello del CSA 0,00%

Secondo il modello in uso ad altre scuole 6,12%

Sulla base di un manuale e degli incontri di formazione

6,12%

Steso da ins sostegno e sezione 6,12%

Non è stato steso PEI 4,08%

totale 100,00%

2.38 chi lo stende?

Non risposte

Risposte

Insegnante di sostegno 52,17%

213

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Insegnanti di sostegno e di sezione 21,74%

Insegnante di sostegno, sezione, coordinatrice 10,87%

Insegnante di sostegno, di sezione e assistente educativa

0,00%

In condivisione con la famiglia 0,00%

Collegio docenti e coordinatrice 10,87%

Educatore 4,35%

totale 100,00%

2.39 Con la collaborazione di chi?

Non risposta

Risposte

Insegnante sezione, coordinatrice 37,14%

Insegnante di sezione 20,00%

Corpo insegnanti del plesso 22,86%

Insegnante di classe e psicopedagogista 2,86%

Dal dirigente e specialisti 0,00%

Insegnanti di sezione ed educatrice 0,00%

Famiglia e operatori 14,29%

Referente di commissione 0,00%

Esperto 2,86%

totale 100,00%

2.40 Entro quando?

Non risposta

Risposte

Inizio dell’anno (dopo osservazione) 19,05%

Entro ottobre 23,81%

Entro novembre 28,57%

Entro dicembre 26,19%

Entro febbraio 2,38%

Durante tutto l’anno 0,00%

214

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Inizio anno scolastico intermedio e finale 0,00%

In itinere 0,00%

totale 100,00%

2.41 Una volta steso, il PEI viene presentato alla famiglia del bambino ?

Paritarie Statali

Non risposte

Risposte

2.41aSì

2.41bNo

2.42 Da chi?

Non risposte

Risposte

Insegnante di sostegno e di classe e coordinatrice 31,11%

Insegnate di sostegno e sezione 20,00%

Team insegnanti 0,00%

Insegnante di sostegno 40,00%

Team di sezione con insegnate di sostegno ed educatore 0,00%

Psicopedagogista 2,22%

Insegnante di sostegno e coordinatrice 2,22%

Insegnante ed educatore 4,44%

totale 100,00%

2.43 Con quale modalità?

Non risposte

Risposte

Incontro con la famiglia 31,91%

Colloquio individuale e lettura del documento 65,96%

Colloquio individuale 0,00%

Incontro tra genitori-insegnanti –servizi 2,13%

215

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totale 100,00%

2.44 In che modo ed in che forme il piano educativo individualizzato è raccordato alla progettazione educativo didattica annuale della scuola o della sezione?(specificare se nel progetto della scuola ci sono modifiche e di che tipo)

Paritarie Statali

Non risposte

Risposte

Progettazione in relazione alle esigenze dei bambini disabili e loro particolarità

41,46%

Si segue progettazione con attività e obiettivi specifici nel PEI 56,01%

Progettazione non modificata 0,00%

PEI non raccordato alla progettazione 2,44%

totale 100,00%

2.45 In che modo ed in che forma si decide in quale sezione inserire il bambino disabile? Descrivere l’iter

Paritarie Statali

Non risposte

Risposte

Il collegio docenti valuta disabilità e gruppo classe 8,51%

Criterio di rotazione 0,00%

Valutando tipologia e numerosità del gruppo classe e disponibilità insegnanti

46,81%

Presenza dei fratelli 2,13%

Rapporto insegnante-famiglia 2,13%

Valutazione della disposizione degli spazi 10,64%

Sezione unica 6,38%

Nessun criterio 8,51%

Continuità della presenza dell’insegnante di sostegno in una sezione

6,38%

Richiesta dei genitori 2,13%

Esigenze reali del bambino 6,38%

totale 100,00%

216

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2.46 Come viene organizzata la presenza dell’insegnante di sostegno?

Paritarie Statali

Non risposte

Risposte

Assegnazione principalmente al mattino seguendo il PEI 8,33%

Sulla base delle esigenze del gruppo classe, del bambino, della scuola

29,17%

Presente sulla presenza del bambino 31,25%

Per garantire attività in piccolo gruppo o individuali 8,33%

Per garantire un’ottimale compresenza 0,00%

Insegnante di sostegno presentata come un’altra insegnante di sezione

0,00%

Sull’indicazione della neuropsichiatria 4,17%

Sulle base delle ore assegnate 10,42%

Non c’è l’insegnante di sostegno 6,25%

Collegio docenti decide 2,08%

totale 100,00%

2.47 Come viene organizzata la presenza dell’educatore?

Non risposte

Risposte

Integrazione orario insegnante di sostegno 0,00%

Ins. Di sostegno ed assistente educatore si interscambiano nei ruoli

0,00%

In supporto all’insegnate di sostegno coprendo il turno pomeridiano

0,00%

Ottimale compresenza 0,00%

Non c’è la figura 0,00%

Tramite il dipartimento ASSI di Lecco 7,69%

Sulla base delle risorse del Comune e dell’orario di frequenza 46,15%

Copertura dell’orario del mattino 7,69%

Secondo l’esigenza del bambino, della scuola e della disponibilità dell’educatore

38,46%

totale 100,00%

217

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2.48 In che modo la presenza dell’insegnante di sostegno e o dell’educatore si incontra, si intreccia con quella dell’insegnante di sezione?

Non risposte

Risposte

Confronto, collaborazione, progettazione condivisa e interscam-bio dei ruoli nei confronti della classe 95,65%

L’i.di sostegno si muove nella classe come un’ i.di riferimento con particolare attenzione al bambino disabile 0,00%

Collaborazione sul progetto del bambino disabile 0,00%

Poco interscambio di ruoli per la particolare disabilità 0,00%

Incontri di programmazione e verifica 4,35%

Momenti di compresenza 0,00%

totale 100,00%

2.49 In assenza dell’insegnante di sostegno e o dell’educatore, com’è organizzata la presenza del bambino disabile?

Non risposte

Risposte

Diversa strutturazione della giornata in base alle necessità 4,00%

Supporto da parte di altre insegnanti 36,00%

Rimane in sezione 34,00%

Rimane a casa 12,00%

Supporto del personale religioso 4,00%

Riduzione dell’orario 2,00%

Viene chiamata una supplente 8,00%

totale 100,00%

2.50 Contatti e rapporti

2.51 Quali sono le modalità previste e messe in atto rispetto al rapporto con la famiglia?

Non risposte

218

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Risposte

La coordinatrice si occupa dell’informazioni “formali”, mentre l’insegnante di sostegno il PEI e percorso di crescita del bambino

2,00%

Incontri individualizzati team docenti-famiglia 24,00%

Contatti quotidiani 58,00%

Incontri periodici fra genitori, insegnanti ed esperti 8,00%

Diario di bordo 2,00%

Colloqui periodici con la coordinatrice pedagogica handicap 6,00%

totale 100,00%

2.52Quali sono le modalità previste e messe in atto rispetto al rapporto con gli ope-ratori sanitari?

Paritarie Statali Statali

Non risposte

Risposte

Famiglia media il contatto con la neuropsichiatra,con incontri con altre figure accordi telefonici 2,38%

Incontri programmati tra insegnanti e operatori sanitari 90,48%

Incontri rari e su richiesta dell’insegnate di sostegno 2,38%

Relazione annuale 4,76%

totale 100,00%

2.53 Quali sono le modalità previste e messe in atto rispetto al rapporto con even-tuali figure socio–educative in rapporto di sostegno al bambino ed alla famiglia?

Paritarie Statali

Non risposte

Risposte

Iniziale incontro di conoscenza 0,00%

Colloqui periodici insegnanti-figure socio-edu-cative

82,35%

Raramente i servizi sociali si rendono disponi-bili ad incontri

0,00%

Incontro finale 0,00%

219

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I genitori informano gli insegnanti 5,88%

Presenza in classe e a domicilio 5,88%

Famiglia rifiuta figure socio-educative 5,88%

totale 100,00%

2.54 Rispetto a quanto dichiarato sopra sono previste forme/modalità di:

2.54.a Monitoraggio

Non risposte

Risposte

2.54.a1 No

2.54.a2 Sì

2.54.a3 Come?

Non risposte

Risposte

Monitoraggio con incontri periodici equipe neuropsichiatrica 8,00%

Osservazione e relazione scritta 48,00%

Periodicamente con incontri collegiali 36,00%

Incontri periodici e resoconti alla psicopedagogista e dirigente 8,00%

Stesura di verbali con indicate le principali decisioni operative condivise

0,00%

Relazioni intermedia e finale 0,00%

totale 100,00%

2.54.b Documentazione

Non risposte

Risposte

2.54.b1 No

2.54.b2 Sì

220

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2.54.b3 Come?

Non risposte

Risposte

Verbali degli incontri 12,77%

Portfolio 17,02%

Documentazione fotografica 2,13%

Attività scolastiche 2,13%

Documentazione conservata adeguatamente 2,13%

Griglia inizio anno 0,00%

PDF 0,00%

PEI 12,77%

Verifiche bimestrali 0,00%

Agenda 0,00%

Scheda di osservazione 21,28%

Prodotti significativi 23,40%

Registro insegnante 0,00%

Relazione scritta 4,26%

Piano d’impiego 2,13%

totale 100,00%

2.54.c Verifica

Non risposte

Risposte

2.54.c1 No

2.54.c 2 Sì

2.54.c3 Come?

Non risposte

Risposte

Incontro finale con famiglia e neuropsichiatria sul PEI 38,46%

Collegio docenti con coord. disabilità e con ente certificatore 12,82%

221

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Scheda di osservazione sistematica 17,95%

Relazione di fine anno 2,56%

Incontro con assistente sociale comunale 2,56%

PDF 0,00%

Registro insegnante di sostegno 0,00%

Incontro di verifica degli obiettivi del PEI con insegnante di sostegno,di sezione, del gruppo di lavoro

5,13%

Verifica in itinere e fine anno con gruppo di lavoro 0,00%

In base alla modulistica dell’istituto 0,00%

Schede operative attività e giochi 7,69%

Colloqui 12,82%

totale 100,00%

2.54 d Valutazione

Risposte

Non risposte

2.54 d1 No

2.54 d2 Sì

2.54 d3 Come

Non risposte

Risposte

Incontro finale con neuropsichiatria e famiglia 3,45%

Sulla base del PEI 6,90%

Supervisione della coordinatrice delle in.di sost. con la famiglia 0,00%

Scambi di pensieri e non valutazione sistematica 0,00%

Osservazione 0,00%

Indicatori di osservazione e sintesi valutativa 17,24%

Relazione finale dell’insegnante di sostegno 34,48%

Portfolio 10,34%

Verifica delle insegnanti/educatore 17,24%

Collegio docenti 10,34%

totale 100,00%

222

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2.55 Bisogni formativi (parte del Dirigente)

2.55.a Le sembra che i team delle insegnanti delle sue scuole dell’infanzia siano competenti rispetto all’integrazione dei bambini disabili?

Paritarie Statali

Non risposte

Risposte

2.55 a1 Sì

2.55 a2 No

2.55.a3 Perché

Non risposte

Risposte

Formazione adeguata 43,90%

Esperienza accumulata 0,00%

Non preparate nell’integrazione e gestione dei bambini disabili

9,76%

Scuola aperta, ricercatrice, di attività labor. e di rispetto di ognuno

0,00%

Indicazione nel POF alla tematica della disabi-lità

0,00%

Disponibilità, passione,sensibilità ai bisogni dei bambini disabili

12,20%

Difficoltà di metodo e capacità didattiche e educative 7,32%

Difficoltà nel riconoscimento dei ruoli 2,44%

Assenza di casi precedenti 2,44%

Mancanza di esperienza/formazione specifica 7,32%

Possibilità aggiornamento-formazione 14,63%

totale 100,00%

223

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2.55.b Quali aree formative ritiene sia necessario affrontare e portare all’attenzione delle docenti delle sue scuole dell’infanzia rispetto all’integrazione dei bambini disabili affinché sia affinata la professionalità delle stesse?

Non risposte

Risposte

Nessuna in particolare 0,00%

Rapporto con i genitori (gestione ansie e orientamento nelle scelte terapeutiche ed educative) 8,70%

Conoscenza generale delle disabilità 28,26%

Elementi di didattica speciale 23,91%

Elementi di psicologia dello sviluppo (età evolutiva) 4,35%

Elementi della pedagogia speciale 0,00%

Precoce individuazione di disturbi 0,00%

Area Linguistica affettiva e psicomotoria 8,70%

Esigenze di figure specialistiche a cui riferirsi 2,17%

Attenzione alla Formazione 10,87%

Attività e laboratori 10,87%

Stabilire ruoli insegnanti sostegno-sezione 2,17%

totale 100,00%

2.55.c Le sembra che i team siano attenti e/o competenti nel rilevare in modo sufficientemente tempestivo situazioni di disabilità passate inosservate?

Paritarie Statali

Non risposte

Risposte

2.55.c1 Si

2.55.c2 No

2.55.c3 perché/ in che modo?

Non risposte

Risposte

224

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Attenti alle persone e relazione con genitori 1,82%

Abitudine al confronto e lavoro collegiale 3,64%

Osservazione 40,00%

Le insegnanti temporeggiano nella segnalazione 0,00%

Supporto della psicologa 3,64%

Psicomotricità 3,64%

Colloqui con la famiglia 7,27%

Formazione sul campo 16,36%

Confronto fra le insegnanti-equipe pedagogica 18,18%

Riferimento a figure specialistiche 1,82%

Difficoltà nell’individuare carenze cognitive 1,82%

Poca sensibili-tà/paura

1,82%

totale 100,00%

2.55.d Bisogni formativi ( da compilarsi a cura dell’insegnante di riferimento del plesso sentite le colleghe)

Non risposte

Risposte

Formazione aggiornata sui vari tipi di disabilità e strategie di relazioni connesse

62,07%

Coordinamento esperto e scientifico 6,90%

Obiettivi psicoeducativi adeguati all’età 0,00%

Approccio al bambino disabile grave 0,00%

Stesura PEI 0,00%

Equipe’ che prenda in carico la famiglia 0,00%

Didattica speciale 13,79%

Laboratori didattici 6,90%

Procedure e iter burocratico 6,90%

Linee sviluppo bambini 3/6 anni 3,45%

totale 100,00%

2.55.e I team delle insegnanti delle sue scuole dell’infanzia si sentono competenti rispetto all’integrazione dei bambini disabili?

Non risposta

225

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Risposte

2.55.e1 Si

2.55.e2 No

Sì/No

2.55.e3 Perché

Non risposte

Risposte

No, Richiesta continua formazione 35,29%

Sì, per Abitudine al confronto e lavoro collegiale 2,94%

No, Non preparate nell’integrazione e gestione dei bambini disabili

17,65%

Sì, Motivate e ricercatrici 0,00%

Sì, Preparazione adeguata 5,88%

No, necessaria sensibilizzazione collegiale al problema della dis. 0,00%

Sì, grazie all’esperienza 14,71%

Attenzione all’integrazione del bambino disabile 14,71%

Positivo aggiornamento attraverso i corsi formativi proposti

8,82%

totale 100,00%

2.55.f Quali aree formative si ritiene necessario affrontare e portare all’attenzione delle docenti delle scuole dell’infanzia rispetto all’integrazione dei bambini disabili?

Non risposte

Risposte

Conoscenza disabilità 18,18%

Bisogni formativi del bambino disabile 0,00%

Compilazione PEI 6,82%

Risorse del territorio 9,09%

Reperimento fondi 6,82%

Accoglienza:famiglia, bambino, insegnanti 2,27%

226

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Conoscenza delle basi teoriche della ps.patologia dell’età evol.

0,00%

Pedagogia e didattica speciale 2,27%

Espressiva, manipolativa, percettiva 0,00%

Psicomotoria 6,82%

Comunicativa/Linguistico fonolog. 13,64%

Area cognitiva-affettiva 4,55%

Autismo 4,55%

Figure specialis. per linee guida 4,55%

Autonomia 4,55%

Gestione rapporti con i genitori 2,27%

Gestione rapporti/ruoli ins sezione/ins sostegno 2,27%

Gestione delle dinamiche relazionali fra i bambini 11,36%

totale 100,00%

2.55.g I team si ritengono attenti e/o competenti nel rilevare in modo sufficientemente tempestivo situazioni di disabilità passate inosservate?

Risposte

Non risposte

2.55.g1 Si

2.55.g2 No

Sì/NO

2.56 Eventuali note

Non risposte

Risposte

Note riportate nei questionari delle scuole Paritarie

a) Una reale integrazione del bambino disabile può avvenire se ci sono le seguenti condizioni:

presenza sostegno tempo pieno

formazione, coordinamento e supervisione delle insegnanti di sostegno

ricerca scientifica e aggiornamenti

confronto con operatori

227

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b) intervento tempestivo di segnalazione alla famiglia e successivamente con gli operatori del settore (n.2)

c) Maggior aiuto da parte degli specialisti ( n.4)

d) Competenza del team (n.4)

e) Competenza insufficiente (n.2)

f) Importanza dell’osservazione del bambino

Note riportate nei questionari delle scuole Statali

a)Non sempre è automatico che le insegnanti riescano ad aiutare i genitori ad accettare la segnalazione di evidenti difficoltà del bambino

b) Paragrafo 5 del secondo capitolo concernente “Il bambino e la sua scuola” dei “NUOVI ORIENTAMENTI” DEL 1991: “(...) la presenza nella scuola di bambini in difficoltà è fonte di una preziosa dinamica di rapporti e di interazioni, che è a sua volta occasione di maturazione per tutti, dalla quale si impara a vivere la diversità come una dimensione esistenziale e non come una caratteristica emarginante (...)”.

c) Abbastanza, in particolare se c’è collaborazione da parte della famiglia la segnalzio-ne e certificazione è agevolata e avvenuta in maniera tempestiva. (2 questionari)

Note riportate nei questionari delle scuole Paritarie

GIORNATA TIPO

Non risposte

Risposte

Accoglienza

Canzoni in salone con preghiera

Preparazione del refettorio

Attività didattica

Attività individuale

Attività di piccolo gruppo

228

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Laboratori psicomotori

Laboratori

Igiene

Pranzo

Momento del gioco libero

Riposo

Gioco strutturato in piccolo e/o grande gruppo

Riordino materiali

Uscita

totale

EMOZIONI

Non risposte

Risposte

Gratificazione nei progressi del bambino

Valorizzazione del proprio bagaglio professionale

Stimolo per l’arricchimento professionale

Aspettative positive

sul proprio operato

Crescita personale e umana

Iniziale preoccupazione

Emozione nel vedere solidarietà e collaborazione fra i bambini

Emozione nel vedere solidarietà e collaborazione dai genitori e dagli insegnanti

Stanchezza psicofisica

Soddisfazione nella collaborazione realizzata col corpo docenti

Emozioni forti

Gioia e stupore

Tristezza

Dubbio sulla correttezza del proprio agire

Peso della responsabilità anche nei confronti della famiglia

PROGETTO ATTUATIVO – SCHEDA 2 - DGR VIII/215 del 27/06/0

TITOLO “INTEGRA-azione”

229

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QUESTIONARIO PER LE SCUOLE DELL’INFANZIA STATALI E PARITARIE DELLA PROVINCIA DI LECCO

COMPILAZIONE congiunta a cura dell’insegnante di sezione e dell’insegnante di sostegno che aveva in classe un bambino disabile già nel 2005/2006 o che inizia ad averlo dal 2006/07

Campione 52 questionari

Quando la sommatoria non corrisponde al numero delle risposte, è stata fatta la scelta di far rientrare la riposta in più categorie

3 Quando è stato assegnato un bambino disabile alla sezione al di là della sua patologia quale sono stati i suoi obiettivi prioritari rispetto al bambi-no? Ne indichi 2 o 3 dandone la motivazione con esempi concreti

3a Obiettivi

Non risposte 1,92%

Risposte 98,08%

totale 100,00%

Categorie:

INTEGRAZIONE nel CONTESTO SCOLASTICO 74,14%

SVILUPPO dell’IDENTITA’ 25,86%

totale 100,00%

Esempi concreti

Non risposte 46,15%

Risposte 53,85%

totale 100,00%

Categorie:

Attività a prevalenza sociale 59,26%

Individualizzazione dell’intervento e contenimento del bambino 0,00%

Modifiche dello spazio classe 11,11%

Attività espressive e comunicative 7,41%

Attività per l’autonomia 14,81%

Iniziative fra adulti per collaborare all’integrazione 7,41%

totale 100,00%

230

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3 b Obiettivi

Non risposte 5,77%

Risposte 94,23%

totale 100,00%

Categorie:

Sviluppo delle dimensioni affettive e sociali 84,44%

Sviluppo delle diverse forme di autonomia (corporea, sociale) 0,00%

Sviluppo dimensioni comunicative e cognitive 15,56%

totale 100,00%

Esempi concreti

Non risposte 40,38%

Risposte 59,62%

totale 100,00%

Categorie:

Attività di tipo comunicativo 21,05%

Attività di tipo manuale e corporeo 50,00%

Gestione diversa delle attività correnti 28,95%

totale 100,00%

3c Obiettivi

Non risposte 38,46%

Risposte 61,54%

totale 100,00%

Categorie

Sviluppo delle dimensioni affettive e sociali 52,78%

Sviluppo delle diverse forme di autonomia (corporea, sociale) 2,78%

Sviluppo dimensioni comunicative e cognitive 11,11%

Altro 33,33%

totale 100,00%

231

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Esempi concreti

Non risposte 50,00%

Risposte 50,00%

totale 100,00%

Categorie:

Attività di tipo comunicativo 5,56%

Attività di tipo manuale e corporeo 30,56%

Gestione diversa delle attività correnti 30,56%

totale 100,00%

3.1 Nella stesura del piano educativo individualizzato quali aspetti ha ritenuto, o ritiene saranno più importanti da tenere presenti per favorire l’integrazione del/della bambi-no/a?

Non risposte 1,92%

Risposte 98,08%

totale 100,00%

Categorie:

Dimensioni affettive, sociali 60,38%

Dimensioni cognitive 13,21%

Autonomia 8,49%

Dimensioni corporee e motorie 2,83%

Gestione diversa delle attività correnti 5,66%

Altro 9,43%

totale 100,00%

3.2 Quando ha inserito il bambino disabile nella sezione quali iniziative/interventi ha effettuato rispetto a: (portare esempi concreti

3.2 a Allestimento della classe

Non risposte 0,00%

Risposte 100,00%

totale 100,00%

Modifica materiali 9,43%

Modifica spazi 20,75%

232

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Modifica spazi e materiali 26,42%

Nessuna modifica 24,53%

Nessuna modifica, ma valorizzazioni di particolari angoli o spazi 18,87%

totale 100,00%

3.2 b Gestione del gruppo classe

Non risposte 34,62%

Risposte 65,38%

totale 100,00%

Presentazione del caso da parte dell’educatore 14,00%

Presentazione del caso da parte dell’educatore su richiesta 6,00%

Inserimento senza presentazione 2,00%

Modifica della gestione del gruppo classe 44,00%

Socializzazione e collaborazione 16,00%

Presenza fissa dell’insegnante di sostegno 2,00%

Difficoltà dell’adulto a favorire l’inserimento 2,00%

Nessuna modifica 10,00%

Attenzione ai ritmi del bambino 4,00%

totale 100,00%

3.2 c Attività previste e proposte

Non risposte 3,85%

Risposte 96,15%

totale 100,00%

Categorie:

Nessun adattamento 8,70%

Attività su dimensioni affettive, sociali 0,87%

Attività su dimensioni cognitive 13,91%

Autonomia 30,43%

Dimensioni corporee e motorie 29,57%

Gestione diversa delle attività correnti 16,52%

totale 100,00%

233

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3.2. d Articolazione della giornata educativa

Risposte 86,54%

Non risposte 13,46%

totale 100,00%

Categorie:

nessun cambiamento 27,45%

adattamento e riarticolazione della giornata 72,55%

totale 100,00%

3.3 In seguito all’inserimento del bambino disabile cosa ha rilevato/osservato rispetto ai rapporti fra i bambini all’interno della sezione ?

Non risposte 0,00%

Risposte 100,00%

totale 100,00%

Categorie:

Comportamenti di interesse, avvicinamento e accettazione 91,94%

Comportamenti non chiaramente leggibili, dubbiosi e interrogativi 1,61%

Comportamenti di rifiuto 6,45%

totale 100,00%

3.4 Quali modalità di rapporto con la famiglia ha messo in campo o ritiene di dover mettere in campo?

Non risposte 0,00%

Risposte 100,00%

totale 100,00%

Categorie:

Incontri stabili e permanenti con i genitori 93,94%

Documentazione giornaliera o periodica 3,03%

Coinvolgimento dei genitori in attività, momenti dell’anno scolastico 1,52%

234

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Assenza /difficoltà di rapporti 1,52%

totale 100,00%

3.4. a Con quali esiti?

Non risposte 1,92%

Risposte 98,08%

totale 100,00%

categorie:

positivo 86,89%

non soddisfacente, con pochi o nulli esiti positivi 13,11%

totale 100,00%

3.5 Ha avuto modo di rilevare come i genitori degli altri bambini hanno reagito alla presenza del bambino disabile?

Non risposte

Risposte

No

3.5.c Cosa ha rilevato?

Non risposte 25,00%

Risposte 75,00%

totale 100,00%

Categorie:

risposte caratterizzate da atteggiamenti positivi

risposte caratterizzate da atteggiamenti non positivi o ambigui/ambi-valenti

3.6 Quali rapporti ha intrattenuto e pensa di mantenere con i diversi soggetti coin-volti nella cura del/della bambino/a ai fini dell’integrazione dello/della stesso/a ?

235

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Non risposte 0,00%

Risposte 100,00%

totale 100,00%

Condivisione del PEI con team docenti 13,64%

Colloqui periodici con tutte le figure coinvolte 0,00%

Cooperazione costante e efficace 77,27%

Necessità di una maggiore supervisione degli specialisti 9,09%

totale 100,00%

3.7 In che modo ed in che forma monitora e valuta l’andamento dell’integrazione del bambino ?

Non risposte 5,77%

Risposte 94,23%

totale 100,00%

Categorie:

attraverso l’osservazione 74,55%

verifica Pei 27,27%

incontri interni 36,36%

incontri con i tecnici esterni 18,18%

incontri famiglia 18,18%

totale 100,00%

3.8 Come è stata organizzata la presenza dell’insegnante di sostegno del PEI ?

Non risposte 13,46%

Risposte 86,54%

totale 100,00%

Categorie:

in base al maggior bisogno 29,41%

in relazione alla presenza del bambino 47,06%

per integrare i diversi orari delle figure presenti nella classe 7,84%

in relazione a richieste o disponibilità 15,69%

totale 100,00%

236

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3.9 Come è stata organizzata la presenza dell’educatore in funzione delle ore di presenza del bambino e del PEI?

Non risposte 51,92%

Risposte 48,08%

totale 100,00%

Categorie:

in base al maggior bisogno 26,92%

in relazione alla presenza del bambino 23,08%

per integrare i diversi orari delle figure presenti nella classe 30,77%

in relazione a richieste o disponibilità 19,23%

totale 100,00%

3.10 Secondo lei l’inserimento nella scuola è stato utile e prezioso per il bambino inserito nella sua sezione?

Sì 100,00%

No 0,00%

totale 100,00%

3.10.c Perché?

Non risposte 0,00%

Risposte 100,00%

totale 100,00%

Categorie

sviluppo identità 17,95%

sviluppo socialità 44,87%

sviluppo autonomia 20,51%

sviluppo area cognitiva 7,69%

acquisizione nuove competenze 26,92%

totale 100,00%

3.11 In base alla sua esperienza fatta fino ad oggi, cosa direbbe rispetto al compito della scuola dell’infanzia,di inserire ed integrare i bambini disabili?

237

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Non risposte 1,92%

Risposte 98,08%

totale 100,00%

Categorie:

tutela e sviluppo dei diritti edelle potenzialità del bambino 50,00%

sostegno alla famiglia 8,82%

sviluppo della capacità di accogliere il diverso 22,06%

apertura di questioni istituzionali 19,12%

totale 100,00%

3.12 Secondo lei, rispetto al compito della scuola dell’infanzia di inserire ed integrare i bambini disabili quali sono i punti a cui fare attenzione e/o di criticità di questo compi-to?

Non risposte 0,00%

Risposte 100,00%

totale 100,00%

Categorie:

salvaguardia dell’individualità del bambino 29,29%

sostegno della famiglia 8,08%

attenzione agli altri bambini 3,03%

questioni istituzionali, reperimento e coordinamento risorse e di rap-porti fra servizi

59,60%

totale 100,00%

3.13 Secondo lei i team delle insegnanti della sua scuole dell’infanzia si sentono competenti rispetto all’integrazione dei bambini disabili?

Sì 34,62%

No 28,85%

Sì e no 23,08%

Non risposte 13,46%

totale 100,00%

3.13 c Perché ?

238

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Risposte 92,31%

Non risposte 7,69%

totale 200,00%

Categorie:

competenti e/o desiderosi di esserlo 54,29%

con qualche difficoltà ma desiderosi di superarle 22,86%

con difficoltà 22,86%

totale 100,00%

3.14 Quali aree formative ritiene necessario affrontare e portare alla sua attenzione e a quella delle sue colleghe della scuola dell’infanzia rispetto all’integrazione educa-tiva dei bambini disabili per affinare la sua professionalità e quelle delle altre

Risposte 94,23%

Non risposte 5,77%

totale 100,00%

Categorie:

conoscenze specialistiche 44,07%

pedagogia e metodologia dell’integrazione 15,25%

rapporti con famiglia 3,39%

conoscenze rispetto ad aree e ambiti di intervento 79,66%

indicazioni operative 13,56%

supervisione 3,39%

totale 100,00%

3.15 Può descrivere, narrare una giornata tipo del bambino disabile inserito nella sua sezione (o a lei affidato in qualità di insegnante di sostegno o di educatore)

Risposte 94,23%

Non risposte 5,77%

totale 100,00%

Come gli altri bambini, tranne soddisfatti bisogni particolari 2,45%

Accoglienza 13,99%

Preparazione del refettorio 1,40%

Attività didattica 13,64%

239

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Attività individuale 4,90%

Attività di piccolo gruppo 5,24%

Igiene 5,94%

Pranzo 16,78%

Momento del gioco libero 12,59%

Uscita 9,79%

Riposo 3,15%

Gioco strutturato in piccolo e/o grande gruppo 8,39%

Riordino materiali 1,40%

Laboratori psicomotori 0,35%

totale 100,00%

3.16 Emozioni, riflessioni in relazione al percorso fatto con il bambino disabile inserito nella sua sezione (o a lei affidato in qualità di insegnante di sostegno o di educatore)

Non risposte 21,15%

Risposte 78,85%

totale 100,00%

Gratificazione nei progressi del bambino 26,36%

Discontinuità delle figure di sostegno 0,78%

Valorizzazione del proprio bagaglio professionale 4,65%

Incertezza sul futuro scolastico dei bambini disabili 0,78%

Stimolo per l’arricchimento professionale 9,30%

Maggiore sensibilità nel cogliere le difficoltà di integrazione nel mondo sociale

1,55%

Osservazione e stesura del PEI 0,78%

Aspettative positive del contesto scolastico 3,10%

Crescita personale e umana 8,53%

Iniziale preoccupazione 9,30%

Emozione nel vedere solidarietà e collaborazione fra i bambini 3,10%

Stanchezza psicofisica 3,10%

Soddisfazione nella collaborazione realizzata col corpo docenti 3,10%

Emozioni forti 6,98%

Importanza della famiglia 4,65%

Flessibilità e pazienza 5,43%

Rischio di sostituirsi al bambino 0,78%

Gioia e stupore 3,10%

240

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Necessità di un lavoro di rete 1,55%

Rabbia 0,78%

Dubbio sulla correttezza del proprio agire 1,55%

Desiderio di una maggiore formazione sulla realtà della disabilità 0,78%

totale 100,00%

PROGETTO ATTUATIVO – SCHEDA 2 - DGR VIII/215 del 27/06/0

QUESTIONARIO PER I GENITORI dei BAMBINI DISABILI ATTUALMENTE FREQUENTANTI

Campione 59 questionari

Quando la sommatoria non corrisponde la numero delle risposte perchè la risposta rientra in più categorie.

4 Siete soddisfatti della procedura dell’iscrizione alla scuola dell’infanzia del vostro bambino?

Non risposte 1,69%

Risposte 98,31%

totale 100,00%

Sì 98,31%

No 1,69%

totale 100,00%

4.c Perchè

Non risposte 45,76%

Risposte 54,24%

totale 100,00%

Personale disponibile e qualificato 31,25%

Struttura accogliente 25,00%

Iter burocratico veloce-semplice 18,75%

Dare un tempo all’accoglienza 15,63%

241

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Continuità e gradualità del passaggio nido-scuola infanzia 3,13%

Circolo didattico non disponibile ad accogliere bambino 3,13%

Consiglio: consegnare documenti unica sede (scuola) 3,13%

totale 100,00%

4.1 Cosa vi aspettavate dalla scuola dell’infanzia al momento dell’iscrizione del vostro bambino

Non risposte 11,86%

Risposte 88,14%

totale 100,00%

Attenzione particolare al bambino/buon inserimento 32,14%

Accoglienza disponibilità comprensione professionalità 19,64%

Crescita serena e apprendimento di regole sociali 17,86%

Sviluppo della comunicazione e della relazione

10,71%

Sviluppo di potenzialità/competenze 8,93%

Sviluppo dell’autonomia 3,57%

Verifica periodica degli obiettivi del PEI 1,79%

Perplessità sull’efficacia dell’inserimento 1,79%

Collaborazione nella gestione del comportamento del bambino

1,79%

Aiuto nella compilazione moduli iscrizione 1,79%

totale 100,00%

4.2 Cosa potete dire ora/oggi rispetto alle vostre aspettative, dopo che il bambino è stato inserito e frequenta la scuola

Non risposte 11,86%

Risposte 88,14%

totale 100,00%

Soddisfazione dei genitori 47,37%

Evoluzione positiva dell’inserimento e della frequenza 24,56%

Sviluppo di capacità emotive e affettive-relazionali 7,02%

Accettazione da parte dei compagni 3,51%

242

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Rapporto educativo positivo con le insegnanti 3,51%

Difficoltà di inserimento ancora da superare 3,51%

Non c’è stata continuità educativa 3,51%

Aiuto nella gestione della quotidianità del bambino 1,75%

Insegnanti non disponibili a confronto con terapisti privati 1,75%

Diminuzione quota retta 1,75%

Importanza del ruolo dell’insegnante di sostegno 1,75%

totale 100,00%

4.3 L’inserimento ha avuto buon esito?

Non risposte 1,69%

Risposte 98,31%

totale 100,00%

No 1,69%

Sì 98,31%

totale 100,00%

4.3c Perchè?

Non risposte 33,90%

Risposte 66,10%

totale 100,00%

Integrazione positiva e serena 51,28%

Insegnanti accoglienti e preparati 23,08%

Miglioramento competenze e capacità di socializ-zazione

12,82%

Difficoltà del bambino 5,13%

Acquisizione di regole 2,56%

Primo anno difficile senza insegnante di sostegno 2,56%

Gradualità inserimento (rispetto tempi bambino) 2,56%

totale 100,00%

243

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4.4 Il bambino va a scuola volentieri, vi pare integrato nel lavoro della sezione?

Non risposte 0,00%

Risposte 100,00%

totale 100,00%

Sì 98,31%

No 1,69%

totale 100,00%

4.4.c Perchè

Non risposte 47,46%

Risposte 52,54%

totale 100,00%

Ambiente familiare/relazioni positive 41,94%

Attenzione tempi/ritmi/bisogni del bambino 12,90%

Integrazione grazie alla mediazione dell’insegnante di sostegno e dell’educatore

12,90%

Buone proposte individualizzate 9,68%

Bambino motivato con voglia di fare e di socializ-zare

9,68%

Generalizzazione dell’apprendimento 6,45%

Fatiche legate all’iperattività 3,23%

Difficoltà del bambino 3,23%

totale 100,00%

4.5 Avete fatto richieste specifiche alle insegnanti?

Non risposte 0,00%

Risposte 100,00%

totale 100,00%

Sì 50,85%

No 49,15%

244

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totale 100,00%

4.5.c Quali e perché?

Non risposte 42,37%

Risposte 57,63%

totale 100,00%

Programma individualizzato 31,43%

Attenzione ausili-bisogni specifici ( es. protesi acustiche; farma-ci, etc.)

25,71%

Attenzione aspetti relazionali e comunicativi 14,29%

Incontri e collaborazione tra insegnanti e terapisti 11,43%

Aiuto nelle autonomie di base 5,71%

Laboratorio di psicomotricità 2,86%

Nessuna richiesta per non discriminare il bambino 2,86%

Utilizzo del computer 2,86%

Frequentare un anno in più 2,86%

totale 100,00%

4.6 Avete dato dei suggerimenti alle insegnanti

Non risposte 5,08%

Risposte 94,92%

totale 100,00%

Sì 58,93%

No 41,07%

totale 100,00%

4.6.c Quali e perché?

Non risposte 41,07%

Risposte 58,93%

totale 100,00%

245

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Confronto/consigli pratici per un migliore approccio al bambino

47,06%

Indicazioni operative date da specialisti (neuropsichiatra, logopedista)

23,53%

Indicazioni operative in relazione al deficit sensoriale/malattia 11,76%

Utilizzo di fotografie/filmini/materiale didattico specifico 8,82%

Stretto rapporto con insegnante di sostegno 5,88%

Formulare obiettivi comuni tra insegnanti e genitori 2,94%

totale 100,00%

4.7 Vi siete sentiti ascoltati

Non risposte 3,39%

Risposte 96,61%

totale 100,00%

Sì 94,74%

No 5,26%

totale 100,00%

4.7.c Perché?

Non risposte 38,60%

Risposte 61,40%

totale 100,00%

Disponibilità delle insegnanti 57,14%

Confronto quotidiano con le insegnanti 20,00%

Riscontrati dei miglioramenti 11,43%

Non accettazione del progetto elaborato da specialisti

5,71%

Insegnanti poco collaborativi 5,71%

totale 100,00%

4.8 Vi pare che la frequenza alla scuola sia utile al vostro bambino

246

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Non risposte 1,69%

Risposte 98,31%

totale 100,00%

Sì 100,00%

No 0,00%

totale 100,00%

4.8.c. Perchè

Non risposte 25,86%

Risposte 74,14%

totale 100,00%

Esperienze educative di crescita 34,04%

Bambino stimolato dal confronto con altri bambini “normali” 27,66%

Essere accettato dai suoi compagni e socializzare 14,89%

Bisogno di comunicare e sviluppo dell’autonomia 12,77%

Acquisizione competenze linguistiche, motorie e grafiche 8,51%

Il gruppo dei pari aiuta nel superare l ’egocentrismo 2,13%

totale 100,00%

4.9 Qualche episodio pensate utile raccontare rispetto alla frequenza del vostro bambino

Non risposte 55,93%

Risposte 44,07%

totale 100,00%

Acquisizione dell’autonomia/ fiducia in sé 26,92%

Importanza di ogni momento del percorso scolastico 15,38%

Partecipazione agli eventi di festa della scuola 15,38%

Situazioni spiacevoli 11,54%

Colloqui continui con le insegnanti per superare dubbi e paure 7,69%

247

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Partecipazione a gite esterne (superamento barriere architettoniche)

7,69%

Comprensione della routine delle attività della scuola dell’infanzia

3,85%

Relazione interpersonale migliorata con i fratelli riflesso positiva socializzazione a scuola

3,85%

Bambino escluso da pgt musicoterapia senza motivazione poi inserito su pressione genitori

3,85%

Nell’assemblea dei genitori presentazione del bambino

3,85%

totale 100,00%

4.10 Desiderate aggiungere altro

Non risposte 54,24%

Risposte 45,76%

totale 100,00%

Soddisfazione della disponibilità riscontrata a scuola

25,93%

No 18,52%

Utilità delle esperienze scolastiche per la crescita 11,11%

Soddisfazione dei miglioramenti e aspettativa di recupero completo del bambino

11,11%

Aspettative di miglioramento 3,70%

Difficoltà rapporto genitori-insegnanti a livello emotivo 7,41%

Utilità della scuola dell’infanzia in vista dell’inseri-mento alla scuola primaria

3,70%

Assistenza domiciliare dell’insegnante di sostegno 3,70%

Importanza per le insegnanti di mettersi in discussione e ricercare

3,70%

le strategie-metodologie adeguate al bambino 3,70%

Difficoltà compilazione-comprensione questionario (straniero)

3,70%

Professionalità competenza e rispetto dei valori del dirigente scolastico

3,70%

totale 100,00%

Compilato da

248

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Madre 95,83%

Padre 4,17%

totale 100,00%

Madre e padre 88,57%

Altro (I genitori insieme all’insegnante di sostegno per difficoltà nella lingua italiana)

11,43%

totale 100,00%

PROGETTO ATTUATIVO – SCHEDA 2 - DGR VIII/215 del 27/06/

TITOLO INTEGRA-azione

Questionario rivolto ai comuni relativo al servizio di ASSISTENZA EDUCATIVA per i MINORI DISABILI

Totale questionari visionati 54

Qualifica professionale del compilatore:

Risposte: 98,15%

Non risposte: 1,85%

totale 100,00%

Assistente sociale: 63,64%

Istruttore direttivo servizi sociali: 10,91%

Responsabile di servizio: 12,73%

Istruttore amministrativo: 9,09%

Addetto servizi demografici: 1,82%

Sindaco: 1,82%

totale 100,00%

POLITICI-AMMINISTRATIVI 25,45%

IMPIEGATI di TIPO SOCIALE ed EDUCATIVO 74,55%

totale 100,00%

249

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1) Il Comune fornisce l’EDUCATORE AI MINORI DISABILI inseriti nella scuola/e dell’infanzia del proprio territorio?

1.a si

Risposte ( di cui 1 ha risposto si e no) 51,85%

Non risposte: 48,15%

totale 100,00%

1.b no

Risposte: 46,30%

Non risposte: 53,70%

totale 100,00%

1.c perché

Risposte: 79,63%

Non risposte: 20,37%

totale 100,00%

Si, perché

Risposte: 31,48%

Non risposte: 68,52%

totale 100,00%

Servizio erogato presso la scuola statale dell’infanzia: 5,88%

Rientra nelle competenze dell’ente locale garantire un percorso scolastico adeguato agli alunni disabili:

76,47%

Segnalazione da parte dell’assistente sociale e delle insegnanti: 5,88%

Integrazione del monte ore dell’insegnante di sostegno: 5,88%

Segnalazione del servizio specialistico: 5,88%

totale 100,00%

· COMPITO ISTITUZIONALE 82,35%

· SEGNALAZIONE SERVIZI SPECIALISTICI 11,76%

· VARIE 5,88%

totale 100,00%

No, perché

250

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Risposte: 46,30%

Non risposte: 53,70%

totale 100,00%

Non ci sono state richieste: 24,05%

Il comune sostiene una parte delle spese (60%): 2,53%

Non ci sono scuole dell’infanzia sul territorio di questo comune: 1,27%

Convenzione con la scuola dell’infanzia: 1,27%

Si sta valutando una situazione di richiesta: 2,53%

totale 31,65%

· SOSTIENE SPESE 12,00%

· VARIE 88,00%

totale 100,00%

Si e no, perché

Risposte: 1,85%

Non Risposte: 98,15%

totale 100,00%

Fornisce un contributo:

2. Sul territorio comunale esistono scuole dell’infanzia?

2.a Scuola dell’infanzia statale

Risposte: 90,74%

Non risposte: 9,26%

totale 100,00%

2.a Scuola dell’infanzia statale: si

Risposte: 44,44%

Non risposte: 9,26%

Risposte negative 46,30%

Per un totale di 34 scuole dell’infanzia statale.

totale 100,00%

251

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2.a 1 Scuola dell’infanzia statale no:

Risposte: 46,30%

Non risposte: 9,26%

Risposte positive 44,44%

totale 100,00%

2.b Scuola dell’infanzia paritaria

Risposte: 96,30%

Non risposte: 3,70%

totale 100,00%

2.b Scuola dell’infanzia no

Risposte: 22,22%

Non risposte: 3,70%

Risposte positive 74,07%

totale 100,00%

2.2b 1 Scuola dell’infanzia paritaria si

Risposte: 74,07%

Non risposte: 3,70%

Risposte negative 22,22%

Per un totale di 72 scuole dell’ infanzia paritarie.

totale 100,00%

Un comune (Moggio) ha risposto si, ma poi non ha messo il numero corrispondente.

3. Se si è risposto si indicare se l’educatore è dato:

Risposte: 46,30%

Non risposte: 53,70%

totale 100,00%

Dato interessante: tra le 29 non risposte, 7 Comuni che prima avevano dichiarato di avere sul loro territorio una scuola dell’infanzia paritaria, poi non hanno risposto se hanno l’educatore.

3.a in tutte le realtà scolastiche

252

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Risposte: 38,89%

Non risposte: 55,56%

Solo in alcune 5,56%

totale 100,00%

3.b solo in alcune

Risposte: 5,45%

Non risposte: 54,55%

SI in tutte le realtà scolastiche 38,18%

Comune (Rogeno) ha risposto in nessun caso. 1,82%

totale 100,00%

4. Indicare la spesa sostenuta per l’anno scolastico 2005/2006

Risposte: 38,89%

Non Risposte: 61,11%

totale 100,00%

Comune di Cassina Valsassina: a seconda delle necessità;

Comune di Oggiono: € 46.875,18

Comune di Mandello Del Lario: € 8.582,04

Comune di Castello Brianza: € 7.816,02

Comune di Missaglia: € 4.300,00

Comune di Osnago: € 32.000,00

Comune di Bulciago: € 11.000,00

Comune di Brivio: € 34.564,00

Comune di Colico: € 15.047,82

Comune di Verderio Inferiore: € 598,50

Comune di Casatenovo: € 95.000,00

Comune di Lecco € 17.138,00 per le statali

Comune di Lecco € 300.000,00 per le paritarie

Comune di Olgiate Molgora: € 17.454,78

Comune di Nibionno: € 4.812,14

Comune di Pescate: € 12.237,70

Comune di Galbiate: € 31.032,65

Comune di Sirtori: € 11.270,00

253

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Comune di Barzanò: € 1.053,03

Comune di Robbiate: € 3.367,00

Comune di Valgreghentino: € 2.985,84

Comune di Calolziocorte: € 12.740,00

5. Indicare la spesa in previsione per l’anno scolastico 2006/2007

Risposte: 46,30%

Non risposte: 53,70%

totale 100,00%

Comune di Verderio Superiore € 6.680,00

Comune di Cremeno € 5.000,00

Comune di Taceno € 1.000,00

Comune di Molteno: € 3.300,00

Comune di Suello: € 13.995,00

Comune di Colle Brianza: € 6.200,00

Comune di Calolziocorte: € 14.000,00

Comune di Valgreghentino: € 4.873,44

Comune di Robbiate: € 3.000,00

Comune di Sirtori: € 7.350,00

Comune di Pescate: € 21.957,93

Comune di Nibionno € 5.000,00

Comune di Olgiate Molgora: € 6.123,75

Comune di Lecco: € 39.075,00 per le statali

Comune di Lecco: € 300.000,00 per le paritarie

Comune di Casatenovo: € 114.000,00

Comune di verderio Inferiore: € 1.000,00

Comune di Colico: € 7.605,00

Comune di Brivio: € 56.228,00

Comune di Bulciago: € 17.700,00

Comune di Osnago: € 35.000,00

Comune di Missaglia: € 3.000,00

Comune di castello Brianza: € 13.000,00

Comune di Mandello Del Lario: € 5.834,80

254

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Comune di Oggiono: € 30.744,22

Comune di Cassina Valsassina: attualmente negativo.

6. Come viene finanziata la spesa per la presenza dell’educatore?

6.a Con oneri totalmente a carico del Comune

Risposte: 46,30%

Non risposte: 53,70%

totale 100,00%

6.a con oneri totalmente a carico del Comune

Risposte: 46,30%

Non risposte: 53,70%

totale 100,00%

Delle 25 risposte, 24 con oneri totalmente a carico del Comune, 1 (Lomagna) per il 60%.

6.b altre modalità

Risposte: 11,11%

Non risposte: 88,89%

totale 100,00%

6.b.1 Indicare quali

Risposte: 11,11%

No risposte. 88,89%

totale 100,00%

In parte dal Comune, in parte dalla scuola: 33,33%

Onere a carico del Comune con rimborsi parziali sul Fondo Sociale regionale:

16,67%

Partecipazione economica sociale del Comune al costo dell’intervento:

16,67%

Fondi Comuni e fondi Legge 328: 16,67%

I parte dal Comune 50%, in parte dall’amministrazione provinciale: 16,67%

totale 100,00%

255

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SOLO DAL COMUNE 16,67%

COMUNE e ALTRI ENTI PUBBLICI 50,00%

COMUNE E FONDI Da LEGGI REGIONALI E/O NAZIONALI 33,33%

totale 100,00%

7. L’assegnazione dell’educatore è vincolata alla presentazione di documentazione specifica?

7.a no

Risposte: 4,76%

Non risposte: 95,24%

totale 100,00%

7.b si

Risposte: 61,11%

Non risposte: (20 non hanno proprio risposto, 1 ha risposto: no). 38,89%

totale 100,00%

7.b.1 Quale?

Risposte: 59,26%

Non risposte: 40,74%

totale 100,00%

Risposte multiple

Certificazione sulla disabilità e documentazione del servizio specialistico:

34,88%

Progetto educativo: 2,33%

Verbale di invalidità: 2,33%

Diagnosi funzionale: 25,58%

Richiesta scritta da parte della scuola: 11,63%

Rchiesta dell’Asl del sostegno: 4,65%

Richiesta da parte delle insegnanti tramite l’Istituto Comprensivo: 2,33%

Richiesta specifica Dirigente scolastico: 2,33%

Progetto individualizzato predisposto dai servizi specialisti: 2,33%

256

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Richiesta dell’educatore da parte del medico specialista: 6,98%

Richiesta dei genitori su apposito modulo: 2,33%

Relazione assistente sociale: 2,33%

totale 100,00%

8. Indicare il numero degli alunni disabili inseriti nelle scuole dell’infanzia a cui è stato assegnato l’educatore:

8.a statali

Risposte: 38,89%

Non risposte: 61,11%

totale 100,00%

n° 0 : 47,62%

n° 1: 33,33%

n °2: 9,52%

n °4: 4,76%

n °5: 4,76%

totale 100,00%

8.a 1 quanti educatori sono stati assegnati

Risposte: 24,07%

Non risposte: 75,93%

totale 100,00%

n° 1: 69,23%

n° 0: 7,69%

n° 4: 7,69%

n° 2: 15,38%

totale 100,00%

8.a 2 per quante ore complessive

Risposte: 22,22%

Non risposte: 77,78%

totale 100,00%

10 ore settimanali: 25,00%

257

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3 ore settimanali: 8,33%

140,30 annuali: 8,33%

12,5 ore settimanali: 8,33%

6 ore settimanali: 8,33%

15 ore: 8,33%

30 ore settimanali: 8,33%

57 ore: (1 su 4 educatori) 8,33%

40 ore settimanali: (8 su 2 educatori) 8,33%

0 ore: 8,33%

totale 100,00%

Fra le 3 e le 6 16,67%

Fra le 7 e le 10 41,67%

Fra le 11 e le 14 8,33%

Fra le 15 e le 18 16,67%

0 ore 8,33%

Fra le 23 e le 30 8,33%

per bambino e per educatore

Fra le 18 e le 30 8,33%

0 ore 8,33%

totale 100,00%

8.b paritarie

Risposte: 96,15%

Non risposte: 111,54%

totale 100,00%

n° 3: 11,54%

n° 1: 38,46%

n° 2: 11,54%

n° 4: (risposta mulitipla in uno stesso questionario) 3,85%

n° 6: 3,85%

n° 0: 26,92%

n° 11: 3,85%

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totale 100,00%

8.b 2 per quante ore complessive

Risposte: 35,19%

Non risposte: 64,81%

totale 100,00%

32 ore settimanali: 5,26%

25 ore settimanali: 5,26%

30 ore settimanali: 10,53%

46 ore settimanali: (su tre educatori) 5,26%

70 ore settimanali: (su tre educatori) 5,26%

820 ore: 5,26%

15 ore settimanali: 15,79%

466 ore: (su tre educatori) 5,26%

102 ore settimanali: (su 17 educatori) 5,26%

0 ore: 15,79%

10 ore settimanali: 5,26%

360 ore: 5,26%

11 ore settimanali: 5,26%

20 ore settimanali: 5,26%

totale 100,00%

9. Esiste un regolamento comunale e/o delle linee guida, in merito al servizio di as-sistenza educativa scolastica per gli alunni diversamente abili inseriti nelle scuole?

9.a no

Risposte: 68,52%

Non risposte: ( 10 non hanno proprio risposto, 7 hanno risposto: si). 31,48%

totale 100,00%

9.b si

Risposte: 12,96%

Non risposte: 87,04%

(37 hanno risposto : no, 10 non hanno proprio rispo-sto)

totale 100,00%

259

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E’ in fase di predisposizione uno specifico protocollo: Regolamento Comunale: articolo 26 riguardante l’”Assistenza ad personam”:

10 L’educatore viene reperito:

10.a dal Comune:

Risposte: 55,56%

Non risposte: 44,44%

totale 100,00%

10.a 1 no

Risposte: 18,18%

Non risposte: (25 non hanno proprio risposto, 19 hanno risposto: si).

80,00%

Per le scuole paritarie: (Comune di Lecco) 1,82%

totale 100,00%

10.a 2 si

Risposte: 35,19%

Non risposte: 64,81%

( 25 non hanno proprio risposto, 10 hanno risposto: no).

totale 100,00%

10.a 3 se si perché

Risposte: 68,42%

Non risposte: 31,58%

totale 100,00%

In accordo con il Consorzio Consolida per le scuole statali: 15,38%

Progetto individuale: 7,69%

Per garantire la professionalità: 7,69%

Tramite cooperativa: 23,08%

In accordo con la Direzione scolastica: 7,69%

Collaborazione fra Comune e scuola: 7,69%

Il Comune ha voluto scegliere il personale con cui collaborare: 15,38%

In accordo all’azienda speciale Rete Salute: 7,69%

260

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L’educatore viene scelto dalla scuola stessa se paritaria, dal Comune se statale:

7,69%

totale 100,00%

IN ACCORDO con ASSOCIAZIONI e IMPRESE TERZO SETTORE

IN ACCORDO CON LA SCUOLA

10.b direttamente dalla scuola/e dell’infanzia:

Risposte: 44,44%

Non risposte: 55,56%

totale 100,00%

10.b 1 no

Risposte: 22,22%

Non risposte: 77,78%

totale 100,00%

10.b 3 perché, con quali accordi

Risposte: (rispetto al no perché): 33,33%

Non risposte: 66,67%

totale 100,00%

Accordo con il Comune: 25,00%

Assunto dall’Associazione Famiglie Ipovedenti/Non vedenti (Afin Cantu):

25,00%

Collaborazione con un Consorzio: 25,00%

Non esistono accordi, il Comune è l’appaltatore del servizio: 25,00%

totale 100,00%

10.b 2 si

Risposte: 22,22%

Non risposte: 77,78%

totale 100,00%

10.b 3 perché con quali accordi

Risposte: (rispetto al si perché): 83,33%

Non risposte: 16,67%

261

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totale 100,00%

Tramite l’Associazione Scuole Materne non statali con cui il Comune è convenzionato:

10,00%

In base al piano diritto allo studio: 10,00%

Prassi della scuola: 10,00%

Convenzione: 30,00%

Rapporto diretto con la scuola: 10,00%

Concordato con il comune che si attinge il personale dalla scuola direttamente:

20,00%

Assunzione a tempo determinato: 10,00%

totale 100,00%

11. Se assunto dal Comune con quali modalità?

Risposte: 31,48%

Non risposte: 68,52%

totale 100,00%

11.a Assunto direttamente

Risposte: 3,70%

Non risposte: 96,30%

totale 100,00%

11.b Attraverso convenzione

Risposte: 27,78%

Non risposte: 72,22%

totale 100,00%

11.b 1 Con quale Cooperativa Sociale/Associazione

Risposte: 25,93%

Non risposte: 74,07%

totale 100,00%

Consorzio Consolida di Lecco: 14,29%

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Cooperativa Sociale “Prima i Bambini”: (Il Comune di Castello Brianza sottolinea per l’anno scolastico 2006/2007)

14,29%

Cooperativa Sociale “Lavoro e solidarietà” di Como: 21,43%

Cooperativa Sociale “Paso”: 7,14%

Associazione “Parlascolta” Onlus di Nibionno: 7,14%

Cooperativa Sociale “Il Talento” (il compilatore ha parlato di appalto e non di convenzione):

7,14%

Cooperativa “Eco 86”: 7,14%

Cooperativa Sociale “Età Insieme” di Milano: 7,14%

Cooperativa Sociale “Nuovo Impegno” di Brescia: 7,14%

Cooperativa Sociale “Universis” di Udine: 7,14%

totale 100,00%

11.b 2 Altro

Risposte: 7,41%

Non risposte: 92,59%

totale 100,00%

Collaborazione nell’anno scolastico 2005/2006 fra Comune ed educatore:

25,00%

Consorzio Consolida- Ente partner del Comune: 50,00%

Con incarico di collaborazione: 25,00%

totale 100,00%

12 Qualifica professionale del personale utilizzato per l’assistenza educativa

Risposte: 48,15%

Non risposte: 51,85%

totale 100,00%

Ci sono state risposte multiple

Educatore professionale: 51,52%

Laurea in scienze dell’educazione: 12,12%

Assistente educatore: 6,06%

Laurea in psicologia: 3,03%

Insegnante di sostegno: 3,03%

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Insegnante di scuola materna: 3,03%

Laurea: 6,06%

Diploma scuola superiore: 9,09%

Diploma più specializzazione: 6,06%

totale 100,00%

LAUREATO 21,21%

DIPLOMATO 78,79%

13 Nel progetto educativo individualizzato per il bambino disabile viene coinvolto il servizio sociale del Comune?

Risposte: 57,41%

Non risposte: 42,59%

totale 100,00%

13.a no

Risposte: 27,78%

Non risposte: ( 23 non hanno proprio risposto, 16 hanno risposto: si). 72,22%

Tra le 15 risposte no, 1 ha risposto non sempre.

totale 100,00%

13.b si

Risposte: 29,63%

Non risposte: ( 23 non hanno proprio risposto, 15 hanno risposto: no). 70,37%

totale 100,00%

13.b 1 Se si: con che modi e forme di coinvolgimento?

Risposte: Non risposte:

29,63%

70,37%

totale 100,00%

L’equipe educativa del Comune stende il PEI tenendo conto delle indicazioni dello specialista, della scuola, e del bilancio:

Il Comune è titolare e condivide il Progetto:

Il Comune reperisce il personale, interviene dal punto di vista amministrativo, si rapporta con i servizi specialistici:

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Rapporti con gli assistenti sociali, le insegnanti e relative relazioni:

Equipe di gruppo:

Il Comune reperisce il personale, mentre il PEI viene steso dalla scuola:

Tramite il Direttore del Servizio Disabili del Settore Politiche Sociali e di Sostegno alla Famiglia:

Attraverso incontri periodici di verifica con l’educatore, la scuola e i servizi specialistici:

L’assistente sociale prende in carico il minore:

Invio richiesta insegnante di sostegno, incontri periodi, e relazioni finali:

13.c vengono effettuate delle verifiche periodiche?

Risposte: 57,41%

Non risposte: 42,59%

totale 100,00%

13.d no

Risposte: 11,11%

Non risposte: (23 non hanno proprio risposto, 25 hanno risposto: si). 88,89%

totale 100,00%

13.e si

Risposte: 46,30%

Non risposte: (23 non hanno proprio risposto, 6 hanno risposto: no). 53,70%

totale 100,00%

13.e.1 In che forma, modi ed esiti?

Risposte: 44,44%

Non risposte: 55,56%

totale 100,00%

Risposte multiple

Equipe iniziali ed in itinere con relative relazioni:

Incontri con la scuola, l’assistente sociale e/o educatore e i servizi specialisti:

Esiti positivi:

Incontri con la scuola:

Incontri d’equipe tra l’educatore e la scuola:

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Colloqui con educatori, scuola e famiglia e relative relazioni:

Incontri periodici:

Un colloquio annuale:

Incontri periodici fra gli operatori e la famiglia:

Equipe tra educatore ed assistente sociale con relazioni in itinere:

Incontri di verifica tra l’assistente sociale, l’educatore e la scuola:

Con contatti telefonici e verifiche al momento del bisogno:

Colloqui periodici con l’educatrice e contatti telefonici con la direttrice della scuola:

Contatti telefonici con la direttrice della scuola:

Verifica nei consigli di classe:

Colloqui e relazioni all’assessorato da parte dell’assistente:

Colloqui tra coordinatrice della scuola e assistente sociale con cadenza occasionale o su necessità:

13.f esiste una verifica finale?

Risposte: 55,56%

Non risposte: 44,44%

totale 100,00%

13.g no

Risposte: 11,11%

Non risposte: ( 24 non hanno proprio risposto, 24 hanno risposto si).

88,89%

totale 100,00%

13.h si

Risposte: 44,44%

Non risposte: (24 non hanno proprio risposto, 6 han-no risposto no).

55,56%

totale 100,00%

13.h. 1 se si in che forma, modi ed esiti?

Risposte: 44,44%

Non risposte: 55,56%

totale 100,00%

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Colloquio conclusivo con educatrice, medico neuropsichiatria ed insegnante:

Colloqui e relative relazioni con dirigenti scolastici, insegnanti di sostegno ed assistente educ:

Colloquio finale con educatrice e direttrice della scuola:

Incontro tra assistente sociale, educatore e insegnanti:

Colloquio finale con l’educatore e relativa relazione:

Sintesi di lavoro svolta dall’educatore:

Verifica fatta da educatore ed assistente sociale:

Incontro di fine anno e relazione della scuola:

Riunione d’equipe e relazione conclusiva:

Relazione finale sul PEI:

Verifiche mensili con le varie equipe professionali:

Riunione d’equipe di verifica ed impostazione del lavoro futuro:

Relazione sull’attività svolta:

Vi è una verifica solo contabile:

Riunione con la scuola:

14 Viene richiesta alla scuola dell’infanzia una relazione in merito all’utilizzo educa-tore?

Risposte: 57,41%

Non risposte: 42,59%

totale 100,00%

14.a no

Risposte: 33,33%

Non risposte: (23 non hanno proprio risposto, 13 hanno risposto: si).

66,67%

totale 100,00%

14.b si

Risposte: 24,07%

Non risposte: (23 non hanno proprio risposto, 18 hanno risposto: no).

75,93%

totale 100,00%

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14.b 1 In che forma, modi e con quali esiti?

Risposte: 18,52%

Non risposte: 81,48%

totale 100,00%

Risposte multiple

Il servizio sociale richiede una relazione sull’attivazione del progetto, valutando gli obiettivi raggiunti e punti critici:

Relazione finale scritta:

Relazione finale redatta dall’assistente educatore:

Esiti positivi e richiesta di continuità nell’approccio educativo:

Relazione al bilancio consultivo:

15 Nelle scuole dell’infanzia vengono accolti anche minori disabili residenti in altri Comuni?

Risposte: 59,26%

Non risposte: 40,74%

totale 100,00%

15.a no

Risposte: (di cui due hanno detto di non saperlo) 37,04%

Non risposte: (22 non hanno proprio risposto, 12 han-no risposto: si)

62,96%

totale 100,00%

15.b si

Risposte: 22,22%

Non risposte: (22 non hanno proprio risposto, 20 hanno risposto: no).

77,78%

totale 100,00%

15.b 1 Se si in che forma e modi rispetto ai bambini Residenti?

Risposte: 18,52%

Non risposte: 81,48%

totale 100,00%

Ad oggi nessun bambino residente è dichiarato disabile:

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Nel limite dei posti disponibili:

In graduatoria seguono i residenti ma precedono i non residenti normodotati; l’educatore viene pagato dal Comune di residenza:

I bambini frequentano le scuole del territorio, ma fanno riferimento al Comune di apparte-nenza:

Si accolgono prima i minori residenti:

Negli stessi modi e forma rispetto ai bambini residenti:

Dati interessanti

La domanda n° 9 chiede se esiste un Regolamento comunale e/o delle linee guida, in merito al servizio di assistenza educativa scolastica per gli alunni diversamente abili inseriti nelle scuole.

Solo il Comune di Valgreghentino ha inviato la copia della Delibera del Consiglio Comunale del 28/02.2003 che ha per oggetto: Regolamento servizio assistente-educatore.

Mancano, inoltre, i questionari dei seguenti comuni della provincia di Lecco: Dorio, Dervio, Premana, Crandola Valsassina, Esino Lario, Ballabio, Abbadia Lariana, Perledo, Malgrate, Vercurago, Garlate, Airuno, Calco, Santa Maria Hoè, Merate, Cernusco Lombardone, Perego, Monticello, Viganò, Costa Masnada, Cesana Brianza.

22 Comuni mancanti mi sembrano tanti. Mi domando se questi questionari siano andati persi, oppure i suddetti Comuni non hanno o ricevuto il questionario da compilare o non l’abbiamo, invece, compilato.

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CAPITOLO 10CHI SI HA DI FRONTE - riflessioni sulle pratiche di accoglienza e integrazione di bambini disabili -1

a cura di Francesco Caggio

1. Il bisogno di diagnosi

Accade che ci si trovi ad accogliere un bambino con qualche non piccolo impedimento, a volte esito di percorsi dolorosi e anche carichi, da un punto di vista emotivo, affettivo e sociale, di ombre e luci di cui spesso, forse sempre la famiglia si fa interprete, ricettacolo e testimone.Il bambino non è come gli altri e lo si sapeva al momento dell’iscrizione: e se non è uguale agli altri, perché? Cosa è accaduto? Cosa ha? Da che cosa è costretto, limitato, definito, caratterizzato?E quanto grande è questa differenza rispetto alla normalità? E cosa significa in termini di possibile intervento? Si può fare qualcosa? Risponderà all’intervento? Darà delle soddisfazioni o sarà solo una fonte di frustrazioni, delusioni e scacchi? E la famiglia?In questa ridda di pensieri, più o meno impliciti, più o meno consapevoli, che possono accompagnare l’arrivo e anche l’ingresso del bambino disabile, diventa di assoluta rilevanza la diagnosi; la diagnosi può diventare o può essere l’àncora di salvezza, il punto di riferimento che acquieta, rassicura, orienta e forse giustifica e ripara da paure, da mancanze e da attese non coerenti rispetto al bambino. La diagnosi diventa prevalente, come se questa potesse dire del bambino nella sua interezza e complessità esistenziale; diventa la sua carta d’identità. Come se dicendo che si ha un raffreddore, una colite o una gastrite si dicesse tutto di chi parla: in realtà, certamente si dichiara, si dice qualcosa, si adombrano possibili piste di lettura, si danno indizi, si forniscono elementi, si restituisce qualcosa, e anche molto, di una persona, di un soggetto, ma non si dà, in una diagnosi, tutta la persona; che è anche la sua diagnosi, ma non corrisponde alla diagnosi scritta. È una persona che vive una diagnosi, è una persona che ha una malattia, una menomazione, una carenza, uno squilibrio; ma il modo di avere una certa malattia, una certa menomazione, una certa carenza, un certo squilibrio non è uguale sempre e comunque solo perché classificato in qualche tassonomia. La diagnosi permette una prima categorizzazione, ma non ci dice come la persona porta, vive, interpreta e manifesta ciò da cui è segnato.

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Ora forse il processo di accoglienza, di presa in carico anche educativa - nella scuola di tutti - dei bambini disabili ha eroso lo stigma, ha rotto la stigmatizzazione esclusivizzante ed emarginante del soggetto; certamente si può affermare che questo processo di erosione dello stigma totalizzante la persona nei suoi assetti più complessivi e quindi originali è stato avviato, radicato e attestato. Se questo processo è avvenuto e ancora va crescendo e va attestandosi e va radicandosi definitivamente nella nostra cultura politica, culturale e sociale, esso è avvenuto anche per una certa deposizione dell’ansia, delle paure, dell’angoscia, della diffidenza, della repulsione che, una carenza e una menomazione rispetto agli assetti di sviluppo normali, possono sollevare; è in questa deposizione che si è aperto lo spazio della possibile dipendenza, ai fini dell’intervento educativo, dalla diagnosi? Si può affermare che forse “la dipendenza dalla diagnosi” possa contenere il disorientamento? Si può forse affermare che possa contenere la domanda: “E ora che si fa?” Che possa contenere l’impasse e l’imbarazzo che un soggetto, in qualche modo, carente sempre può crearci?Forse c’è un altro passo da fare, un passo che chiede un ulteriore livello di innalzamento della capacità di accoglienza del diverso nell’empatia: quindi bisognerebbe aiutarsi, farsi aiutare a non chiedere solo: “Ma cosa ha questo piccolo qui?”, ma anche e forse da subito, inizialmente: “Che bambino è? Chi è il nuovo bambino che arriva?”.Questo ci restituirebbe quella fiduciosa capacità di incontrare l’altro che è dell’educazione in generale, e non solo dell’educazione per e dei bambini disabili; fiduciosa capacità che ci fa capaci di vedere che, nonostante una catastrofica diagnosi, quel bambino lì, con quella diagnosi produce lallazioni simili, ma anche sottilmente diverse da quelle di un altro bambino avuto anni prima. Non arriva quindi solo una diagnosi con un bambino, ma nelle nostre scuole arrivano bambini che portano con loro anche una diagnosi.

2. Trasformazioni ed elaborazioni

Quanto detto poco sopra è anche per introdurre e sviluppare meglio qualcosa di appena abbozzato fin dalle prime righe di questo intervento.Cerchiamo dei fili per orientarci; cercare dei fili rimanda a dipanare, a sgrovigliare, a dispiegare ciò che può apparire un ingorgo, fosse anche solo una stretta al cuore davanti ad alcuni “danni” che una persona porta con sé, ai nostri allarmati occhi normali. Forse, dopo qualche anno di esperienza, come docenti, ma anche dopo qualche anno di vita come persone adulte, sappiamo che le domande che sorgono in

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uno stato emotivo, affettivo e relazionale di fluttuazione dubbiosa, spaesata e anche non del tutto focalizzata sono fertili punti di partenza se non restano pure e semplici interrogazioni che si arrovellano chiedendo eventuali risposte dagli altri, o solo dagli altri; sono fertili se diventano punti di partenza per e in un atteggiamento sperimentale e di ricerca: in una declinazione del mestiere del far crescere qualcuno che sia connotato da una posizione e da una conduzione problematiche, ma non bloccate e impaurite. Non si può educare nell’ansia, nell’angoscia, nel disorientamento e nella paura o nella fuga; tutto questo non dovrebbe essere del repertorio espresso e agito da un docente, e comunque da un adulto.Un adulto “si fa carico”: certamente questo farsi carico non è semplice, né lo è tanto più in situazioni di mancanza o difficoltà; se si vedono solo le mancanze e le difficoltà.Allora le domande accennate poco sopra, le domande dell’attesa e della verifica diretta del tipo di bambino che arriva, sappiamo dover essere e poter essere trasformate, placandole e dandovi un senso evolutivo e trasformativo, in un percorso di intervento interrogato e interrogante, ma non mai chiuso e mai definitivamente conformato in schemi precostituiti.È quello che si è fatto in questi anni in cui si è costruita una didattica “speciale” (?!) che nulla ha più di diverso, se non per le dimensioni “tecnologiche” per un verso e per i livelli di intensità, continuità, pervasività, da quella prevista per i bambini normali.Una pedagogia quindi del possibile, come sempre è la pedagogia; una pedagogia e quindi una didattica del possibile trasformando, in una continua elaborazione individuale e collegiale, la “mancanza di…” in un punto di partenza e di orientamento rispetto a quello che c’è: non c’è quindi solo un vuoto! C’è lo spazio del possibile, del desiderio e della tensione a crescere, a stare, a farsi comprendere e comunicare; tutto questo è di ogni persona in divenire /o anche compiuta, lo si porta con sé.Vedere la vita, portare fuori la vita, dare vita, stare nella vita: per farlo non bastano petizioni di principio, ci vuole la volontà di prendere le domande che ci arrovellano facendole diventare percorsi, che poi si declinano in processi fatti di azioni, gesti, esperienze, situazioni.È il “fare per e con” sull’asse del tempo storico che dà spessore, credibilità e inveramento alle nostre domande (di cui sopra e poi di sotto), alle nostre ipotesi, intenzioni, disposizioni e anche perplessità e scoraggiamenti. Vediamo intanto almeno due prime domande che vanno del tutto esplicitate trasformandole in una guida per intervenire sull’asse del rapporto con la realtà

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che si ha ad affrontare:

• come vive, declina, racconta, testimonia la cerchia familiare e il contesto micro sociale del bambino la “mancanza” dello stesso? Come viene vissuta ogni giorno il suo essere in un certo modo diverso da altri? E come è stata vissuta - e quindi eventualmente trasformata - la presa d’atto, l’aver preso conoscenza, coscienza e consapevolezza del modo di essere e di darsi del bambino? E come viene agita nella cura dello stesso, giorno per giorno?

• come le docenti (e quando dico le docenti dico quelle di classe con quella di sostegno e con tutte le altre del plesso scolastico), vedono e avvertono, anche su un livello emotivo, affettivo e relazionale, il bambino?

Ambedue le esplorazioni, esplorazioni che vanno ciclicamente effettuate, ci richiamano all’importanza di un continuo, costante lavoro intorno alla rappresentazione non solo dell'Altro in generale, operazione che si fa continuamente nei rapporti evolutivamente trasformativi, ma, ovviamente, e necessariamente, del piccolo allievo, tanto più se la sua immagine può essere opaca, distorta, disturbata per una serie di veli. Allora, come sempre, è necessario lavorare sulle proprie e altrui aspettative, stereotipi, pregiudizi attraverso una pratica costante dell’osservazione riuscendo a recuperare quella posizione più volte suggeritaci dalla riflessione teorica di “essere lì”, “in situazione” ad osservare: “senza desiderio e senza memoria”, ovvero senza preconcetti in uno stato della mente fluttuante, ricettivo, accogliente, abbandonata a farsi toccare. “Senza desiderio” rimanda al non volere, mentre si osserva, che il soggetto si dia ai nostri occhi come lo si desidera in ragione delle nostre attese e conoscenze precedenti, è evitare l’attesa che il bambino ci confermi nelle nostre ipotesi. Da qui ne deriva che il “senza memoria” è quindi il primo passo: dimenticare per qualche tempo, per esempio, che quel bambino cammina malissimo o non cammina affatto, vedere “altro” di lui; oltre quello che ci ostacola per intraprendere un’indagine più appassionatamente restitutiva di complessità a chi ci sta di fronte… e di individualità soggettiva che può dirci qualcosa di nuovo, di non visto e di non avvertito, per i nostri legittimi e comprensibili filtri e protezioni. Potremmo forse dire che una pratica osservativa costruita nel tempo, con rigoroso esercizio di una continua e costante analisi di protocolli diversamente stesi, è il nostro grimaldello per poter pensare la mente dell’altro; in un continuo gioco di montaggio e smontaggio di ipotesi che ci aiutano a mantenere un costante dialogo con il soggetto che si va osservando e che ci muta, proprio mentre lo osserviamo.Più l’altro può essere avvertito alieno, lontano, allontanabile, non focalizzabile,

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perturbante o anche seduttivamente e ideologicamente richiamante, tanto più la pratica dell’osservazione ci può permettere la sua pensabilità; credo che la pensabilità dell’Altro sia favorita dal mettersi in osservazione per mutare poi il nostro campo di vita, di azione e di movimento insieme con gli altri con i quali lo andiamo a configurare e condividere.

3. Con fantasia e immaginazione

Ora, tornando all’incipit di questo testo, va ricordato che una pratica costante dell’osservazione del soggetto che ci interessa, di noi stessi in relazione allo stesso e in relazione agli altri che sono in relazione anche con il soggetto che ci interessa, non è altro che l’affermazione di quell’atteggiamento di ricerca e di sperimentalismo che non solo dovrebbe caratterizzare una pratica magistrale corrente, ma anche e tanto più quella svolta con e a favore dei piccoli con difficoltà di vario genere.Quindi si osserva per poi intervenire riaggiustando continuamente le variabili di tipo relazionale e di tipo contestuale che definiscono il campo dove si opera e che si è andato configurando, cercando quindi che avvengano quei cambiamenti utili a fare evolvere non solo il bambino, ma anche chi se ne prende cura e lo educa. E il fatto che il bambino possa evolvere, se evolve il suo campo di vita, ci rimanda alla necessità di una visone integrata e complessa dei fatti umani; quindi bisognerebbe cercare di riuscire o di esser aiutati riuscire ad intervenire in un’ottica plurisistemica, tanto più se la situazione può apparire ed essere complessa. Un’ottica, ma anche quindi una pratica, plurisistemica richiamano alla necessità, in questo contesto discorsivo, di lavorare con le famiglie, con il gruppo delle colleghe, con i tecnici che a vario titolo supportano e intervengono a favore del bambino; nel continuo plasmare la situazione, che deriva dal dialogo serrato che quest’ottica chiede, si può anche mantenere maggiormente plasmabili, quindi vitalmente rispondenti, soggetti a volte portatori, anche se spesso in modo implicito, di un’evocazione di “malattia e morte” che può non aiutare il docente nel rapporto educativo con essi.Allora questo tentativo di tenere aperti canali di comunicazione fra sistemi in una serrata pratica osservativa, che poi ritorna al campo di vita ed esperienza sotto forma di interventi tesi al cambiamento evolutivo, ci richiama ad un altro atteggiamento e ad un’altra modalità di porsi tipici del lavoro di cura e di educazione, vale a dire: quelli della tensione e della capacità di mettere in atto innovazioni e quindi e poi eventuali piccole, ridotte, circoscritte - ma non meno significative ai fini dello svilupparsi di buone pratiche - controllate sperimentazioni su aspetti

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anche molto, molto analiticamente definiti.Ma per innovare e sperimentare (vedasi a proposito il continuo riaggiustamento delle variabili di cui poco sopra) ci vuole un pizzico di fantasia e di immaginazione. L’immaginazione richiama alla capacità di “pensare l’altro”, ma anche di pensare “qualcosa per lui” che sia proprio per lui, che si sa, si sente, si verifica e si constata, intersoggetivamente, “andare bene per lui”, nella sua specificità individuale.Fantasia è in relazione ad immaginazione perché avere fantasia ci aiuta ogni giorno a trovare soluzioni, anche molto, molto piccole, a problemi, a situazioni e a momenti sentiti come chiusi, senza alternative, fermi, bloccati e ripetitivi, ma non evolutivi. È del parlare corrente dire: “Ci vorrebbe un po’ di fantasia”, “Con un po’ di fantasia…”, “Basterebbe un tocco di fantasia…”, intendendo quella capacità di dare respiro, apertura, moto e nuova veste a qualcosa che sta degradando, si sta fermando, arretrando o diventando abitudinariamente coperto da un velo di insipienza formalistica e burocratica.Ora fantasia e immaginazione si sono sempre sviluppate, coltivate e mantenute in contesti di scambio, di confronto, di dialogo che non implicano ovviamente accordo su tutto, anzi! È nella diversità e nella divergenza di punti di vista, di sguardi sulla realtà, di competenze e di pratiche che si riesce a garantirequel flusso di vissuti, di opinioni, di ipotesi, di immagini, di informazioni e di conoscenze utili all’emergere di idee nuove e di soluzioni inedite, così utili in situazioni difficili.Sto parlando della fondazione, della continua ridefinizione, della costante manutenzione di comunità di professionisti sia all’interno di organizzazioni omogenee (scuola) sia fra organizzazioni diverse (scuole e servizi sociali e sanitari, per esempio); comunità mobili, flessibili, plurime.Ora fare comunità vuole dire mettersi e stare in comunicazione pur avendo linguaggi, pratiche ed esperienze differenti e a volte confliggenti; operazione, questa costruzione di reti comunicative, non facile, né scontata, né data una volta per tutte e neanche, una volta costituitasi la rete, fattivamente operante. Comunicare, ovvero condividere gli oneri del comprendersi e del fare insieme portando insieme pesi, non è facile, e un bambino in difficoltà può essere sentito come un peso. Chi lo porta? Chi lo prende? A chi lo posso lasciare? Chi posso delegare? Allora, condizione per formare e costruire comunità di professionisti fra loro fattivamente comunicanti e dialoganti è il fatto che non si è lì per restituirsi a vicenda pesi, per cercare di fuggire - con operazioni di reciproco tentativo di lasciare all’altro l’iniziativa - dal peso da portare, dalla “presa in carico”, come si dice correntemente.Le comunità di professionisti non sono formate ispo facto per il semplice fatto

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di essere convocate con ordini del giorno formalmente stesi: questo è solo un piccolo, iniziale, passo. Necessario, ma non sufficiente: neanche i protocolli di intesa garantiscono questo.Credo che debba esserci - e ovviamente è diffusamente presente e radicata in moltissimi casi e situazioni tenuto conto del fatto che questa avventura dell’integrazione dei bambini in e con difficoltà è ormai diventata poi prassi consolidata e diffusa proprio perché radicata e fatta oramai tradizione - una responsabilità dei singoli operatori, una responsabilità delle diverse organizzazione chiamati/e in causa rispetto al sentirsi interrogati/e, interpellati/e e impegnati/e dal singolo bambino e/o dai gruppi di bambini che arrivano a scuola chiedendo risorse e presenza per farcela.Responsabilità vuol dire attivare continuamente quelle condizioni che potremmo chiamare ”fattori” protettivi nel, del e per il bambino, vale a dire, in termini operativi, che chiunque si accorga dello smagliarsi della rete degli interventi, dell’assenza di qualcuno, di esiti mancati, di impaludamenti nello sviluppo del bambino o del suo contesto di vita deve esplicitarlo, occuparsene e farne partecipi tutti gli altri attori coinvolti nel processo dando continui messaggi di vigilanza, presenza, premura e sostegno al piccolo. Quindi la responsabilità verso un bambino che, per stare in piedi, ha bisogno di molte presenze chiama conseguentemente alla condivisione e viceversa. Condivisione (ovvero informazione, conoscenza, comprensione e dialettica relazione) dei diversi progetti che si intrecciano intorno al bambino che va sostenuto e aiutato a stare in piedi. Per sostenere questo circuito virtuoso fatto di “responsabilità-comunicazione-condivisione” è andare anche a costituire, a coltivare e a preservare un clima relazionale fra le diverse organizzazioni e fra le diverse figure coinvolte costituito da fiducia e da chiarezza e limpidezza comunicativa, fuori da diffidenze e gerarchizzazioni delle diverse figure presenti, ma anche senza confusione di compiti, competenze, ambiti e quindi ruoli. Non si chiede l’uno all’altro ciò che non è pertinente, non è possibile, non è fattibile..., ognuno deve sapere per cosa è lì, intorno ai bambini o al bambino: c’è sempre bisogno di un continuo esame di realtà. Non si dovrebbe oscillare fra miracolismi, attese illusionali, richieste impossibili…; questa tentazione che è sintetizzabile dall’oscillazione fra vissuti di “onnipotenza” e vissuti di “impotenza” e/o fra momenti di “eccitata illusione” e “disincantata disillusione” rispetto a come vanno le cose: come la si può gestire, se non evitare?Con le procedure, i processi, gli strumenti ormai attestatisi e mediamente presenti oggi in ogni progettazione e programmazione educativa, vale a dire la documentazione, il monitoraggio, la verifica e la valutazione del più ampio processo, che abbiamo visto collocabile su più piani e in più sistemi, che

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chiamiamo qui di integrazione del piccolo con e/o in difficoltà; processo di integrazione inteso come insieme di condizioni oggettive e relazionali che restituiscono al bambino la possibilità di agire, con livelli di autonomia sempre più ampi, nei propri contesti di vita. Come si può rilevare continuo ad insistere su una strutturale vicinanza metodologica fra l’intervento educativo effettuato e pensato per i bambini che non mostrano difficoltà e quelli che sono o sembrano “in difficoltà”. Allora, la documentazione ci permette di tornare continuamente sul processo attraverso evidenze documentali che, anche per come sono confezionate, redatte e disposte, dicono sempre qualcosa di chi lavora, del soggetto che è interessato a e da questo lavoro: la documentazione apre la possibilità a quel dialogo serrato che può dare alimento alla fantasia e all’immaginazione di cui si diceva sopra. Il monitoraggio è invece operazione dinamicamente declinata a seguire, tracciare e seguire passo, passo l’andamento del processo e certamente si lega alla documentazione come a tutte alle altre fasi del processo di progettazione e di programmazione, fornendo dati per aggiustamenti nel “qui e ora”, ma anche per pervenire alla verifica con una adeguata mole e attendibilità dei dati su cui farla in previsione della valutazione. Tutti processi, questi, che, nel caso di bambini con e/o in difficoltà, penso debbano essere messi in moto con livelli di maggiore coerenza, rigorosità metodologica, focalizzazione affinché non venga meno quell’ardua, a volte, operazione di recupero, di riconoscimento, di rilevazione di ogni possibile potenzialità presente nel piccolo.Ora, come non si è esonerati dal riflettere sulle forme, sui modi e sulle declinazioni operative delle operazioni che abbiamo visto prima, tanto meno si è esonerati dal fare un’attenzione puntuale e garbata alle operazioni che rischiano di essere, per il fatto che possono apparire semplici o già molto attestate, non sempre valutate in modo puntuale rispetto alla loro portata sia nel presente dei vissuti di famiglie e bambini sia soprattutto nel loro percorso futuro all’interno della scuola.Quindi:

• il percorso di iscrizione e di collocazione all’interno della scuola va da subito condiviso con tutti gli interessati affinché non accadano incidenti comunicativi, distrazioni, mancate conoscenze, mancate valutazioni, mancate condivisioni con famiglia, servizi sociali e sanitari e gruppo docenti. Direi che è la fase della consapevolezza (per tutti) di chi sta arrivando predisponendo ogni cosa perché possa arrivare (è il tema dell’accessibilità intesa in senso ampio e lato);

• il progetto di ambientamento1 (vedi nota)quali capitoli?!? Forse meglio

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indicarli è quindi la declinazione dell’accessibilità in agibilità, vale a dire che i modi con i quali si pensa l’accoglienza e quindi l’ambientamento dei bambini a vario titolo “diversi” puntano a confermare il fatto che l’ambiente è plastico, si è attrezzato, è predisposto e che ha spazi di agibilità confortevoli per i bambini. Questo implica, rispetto anche alla fase precedente, ponderate riflessioni anche sugli strumenti, sulle attrezzature e sui dispositivi tecnologici che vanno acquisiti mentre si attende il bambino e la sua famiglia;

• definire da subito che il gruppo docente del plesso che ospita uno o più bambini con/in difficoltà è chiamato, nella sua globalità, a non ignorare questa/e presenza/e, a non frammentarsi e a non dividersi a seguito di questa/e presenza/e, anzi ad essere, stare e praticare unitarietà di lavoro tenuto conto che, in ogni momento, qualcuno potrebbe o dovrebbe intervenire in aiuto sia dei colleghi più direttamente interessati e impegnati nel lavoro con il bambino “diverso” sia del bambino stesso. Questo implica anche una chiarezza di fondo intorno alla collocazione, al mandato e alla presenza dell’insegnante di sostegno che qui, da me, viene pensata come nella classe e per la classe in ragione del bambino “disabile” insieme e con le altre colleghe (questo è la declinazione poi fattiva dell’accoglienza, che è corresponsabilità fra adulti tesa all’inclusione);

• definire, in un lavoro in progress, il progetto educativo che, appoggiandosi su ciclici e diversamente collocati periodi e momenti di osservazione, sia per quel bambino storicamente presente con suoi modi di portare la diagnosi (vedi sopra). L’intersoggettività, la plurivocalità di letture, di sguardi, di interventi che tanto viene invocata, suggerita - e che di fatto è codificata - nel corrente intervento educativo in ragione di un estremo rispetto nei confronti del discente, qui, nel caso di situazioni che si possono dare o esser sentire come “particolarmente delicate”, è d’obbligo;

• definire le caratteristiche di fondo che deve avere l’ambiente in cui viene accolto e in cui vivono i diversi bambini, differentemente attrezzati fra loro rispetto al crescere e all’utilizzo evolutivo della scuola: vanno garantite caratteristiche di riconoscibilità, di agibilità, di fruibilità, di percorribilità e di modificabilità a favore dei processi finalizzati alla conquista di una sempre più elevata autonomia dei bambini, di tutti i bambini. L’ambiente è un intreccio di variabili relazionali (i modi con i quali la docente declina e differenzia il ruolo, le modalità di rapporto nella classe e fra i bambini…) e variabili concrete e operativamente di maggiore visibilità e reperibilità quali i modi e le forme con cui si allestiscono gli spazi, i materiali scelti, i tempi

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dati e offerti per le attività. È la regia educativa che si fa qui, nel caso di bambini portatori di limitazioni e di altre possibilità, più raffinatamente attenta ai micro movimenti, alle variazioni di dinamiche e relazioni, di

linguaggi e di codici, di competenze e di richieste di apprendimento e ancora di tensioni a mutare.Ma forse preliminare, ma forse necessaria e ineludibile ad un percorso di accoglienza e di integrazione, è la piena consapevolezza da parte di chi è chiamato dalla norma e ormai anche da diffuse attese sociali, che si avvia, come in ogni percorso educativo, in una ricerca, continuamente da rinnovare, di coltivazione, di conservazione e di trasmissione della speranza e della fiducia che ce la si può fare “possono farcela” sia il gruppo insegnanti, sia la famiglia, sia i servizi e sia e soprattutto il bambino se…questa speranza e questa fiducia non sono irrealistiche, se non sono difese e negazioni dell’ansia, del timore, della fatica ad incontrare chi, nella sua diversità, ci spaesa, ci spiazza, ci illude e delude insieme o ciclicamente, ci sfugge, ci resta non del tutto conoscibile e/o governabile. Tutto questo, pur essendoci a volte situazioni “impossibili”, lo si affronta meglio se non si è soli. Torna quindi il tema dell’intersoggettività e della plurivocalità dei soggetti coinvolti chiamati ad integrarsi fra loro, integrando così l’ambiente complessivo di vita del bambino e quindi, forse, sostenendo e/o facilitando i processi di integrazione interni al soggetto stesso che probabilmente può avvertire o avere piena avvertenza di essere contenuto, compreso, pacificato e in un continuum che riconosce e che può far proprio. Il parlare di integrazione (da concettualizzarsi a diversi livelli e su diversi piani e con diversi significati: quello fra sistemi organizzativi e fra professionisti in ragione ovviamente dell’integrazione del bambino nel gruppo classe e nella vita della scuola in funzione di una sua, propria, individuale integrazione in termini di soggettività e di persona, in situazioni spesso di rimarchevoli livelli di disintegrazione e/o di frammentazione) mi riporta, e volutamente in chiusura, all’immagine di un organismo le cui parti sono connesse e correlate; organismo che è e ha un corpo che si sente articolato, ma tutt’uno nella sua pur necessaria ed evolutiva differenziazione.Ecco, forse la ricerca di un percorso di integrazione inizia, si confronta e ritorna a confrontarsi con il corpo del bambino, corpo spesso leso, ferito, mortificato o disconosciuto per costruirgli intorno, con la sua collaborazione fattiva, contenitori simbolici e operativi, pratici e discorsivi, relazionali e organizzativi tali da poterlo aiutare a ritrovarsi nella propria pelle.

Mai come in questo caso la locuzione “garantire un benessere psico-fisico” ai

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bambini ha una valenza radicalmente connessa alla corporeità riportandoci a quanto insegnatoci dalle riflessioni di A.Canevaro mettere nota di chi è? lungo il corso degli anni, vale a dire che l’educazione è “psicomotoria”

dentro, dai suoi stessi fondamenti.E il corpo invece resta ancora oggi un ingombro, e quindi, per arrivare a questi bambini “diversi”, non possiamo non fare i conti con il corpo.

Note:

25 Sintesi dell’intervento del 11 settembre 2007 26 Si rimanda ai capitoli a questo tema dedicati presenti nel volume.

CAPITOLO 11DALLE INTENZIONI ALLA PRATICA1 - discutere intorno a come procedere concretamente per l’integrazione di bambini disabili a cura di Francesco Caggio

1. Principi e intenzioni

Come già si diceva2, nessuno dei partecipanti pare mettere in discussione, anche perché è norma, il diritto del bambino disabile ad accedere alla scuola di e per tutti; più delicato è fare di questo diritto un progetto educativo sentito come fattibile, possibile, adeguato e fruttuoso per chi arriva.Ora c’è sempre una differenza, uno scarto e a volte anche una divaricazione importante fra i dettami della legge e la realizzazione della stessa nella realtà storica, locale e puntuale di quella “scuola lì” e “per quel bambino lì”; quindi nessun allarme. Basta sapere, leggere, condividere, portare a parola e a discussione culturale e sociale e politica le difficoltà, riconoscendo i diversi livelli di responsabilità e di impegno di ognuno dei soggetti coinvolti. Ma stiamo un attimo di più sullo “scarto” fra legge e pratiche sul territorio: va chiarito che la legge, le pratiche sul territorio, il sentire corrente, l’etica attestatasi in un gruppo sociale e quella dei singoli individui hanno curvature diverse, a volte confliggenti, altre con tempi di evoluzione, di revisione, di cambiamento e di realizzazione in esperienze di vita quotidiana diverse fra loro e divergenti. A volte la legge sancisce la presenza matura e certa su un territorio, più o meno esteso, di una domanda di cambiamento rispetto al modo di porsi nei confronti del trattamento di un

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certo problema; altre volte invece, a partire da pratiche ritenute non solo nuove, ma anche all’avanguardia e comunque interpreti e testimonianza insieme di una direzione politica e culturale sentita come più coerente, consona e adeguata a un dato orizzonte di senso, la legge apre nuove, tormentate, complesse e delicate stagioni di cambiamento dei paradigmi nel trattare un problema; altre volte, invece, irrompe con ingiunzioni di cambiamento che prima di essere fatte proprie hanno bisogno di anni diventando nel tempo, a volte, la legge stessa, obsoleta e superata dalla storia senza neanche realizzare appieno i propri obiettivi. Pare ovvio, ma non inutile ripeterlo, che se una legge obbliga a portare il casco quando si va in bicicletta in un certo modo, in un certo luogo per un certo scopo, la resistenza politica, sociale e anche individuale può essere minima e, se non minima, facilmente contenibile con dati ritenuti, offerti o accettabili come “scientificamente” certi rispetto al costo umano ed economico degli incidenti sulle strade. Altra cosa sono tutte quelle leggi che più di altre, anzi che elettivamente, toccano l’idea di vita, di morte, di riconoscibilità sociale e politica di soggetti, la concezione stessa del vivere civile andando ad incidere sulle forme e sui modi di diventare, essere e considerarsi persona, individuo e cittadino con rilevanti ricadute sugli assetti interni, più profondi degli individui e quindi delle loro dinamiche emotive, affettive e sociali; con anche un’ulteriore ricaduta in termini sociali, culturali e politici di non poco conto. Quindi, se fosse ancora necessario, va ridetto che la questione dell’inclusione dei portatori di diversità è proprio una delle nostre avventure politiche, culturali, sociali fra le più ardue, affascinanti e alte dal punto di vista della ricerca di mantenere aperti processi di profonda pacificazione delle relazioni sociali pure in presenza - presenza del tutto umana, terribilmente umana - di tragiche, efferate situazioni di violenza nelle nostre contrade e su livelli planetari.Ora il movimento che aprì la strada all’entrata dei bambini disabili nella scuola di tutti si sviluppò e trovò una sua legittimazione normativa all’interno della costruzione del welfare italiano avvenuta, in sintesi, in circa quindici anni (1970/1985) con non pochi scontri e conflitti politici, culturali e sociali tuttora in atto. Va ricordato, anche se può apparire superfluo, che l’ampliamento dei diritti di cittadinanza, l’ampliamento dei diritti, la trasformazione dei bisogni in diritti non sono solo questioni culturali! Sono anche e soprattutto questioni politiche ed eminentemente economiche: c’è sempre una questione di risorse, di presenza di risorse, di allocazione delle risorse e del loro utilizzo e soprattutto degli esiti delle risorse impiegate. E questo sia sul macro sistema politico ed economico sia sul micro sistema delle relazioni quotidiane. Perché spendere soldi per qualcuno togliendoli a qualcun altro che si sente più bisognoso? Perché un bambino ha

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più persone a disposizione di un altro? Perché il “mio bambino” deve seguire un programma scolastico più lentamente degli altri compagni della classe accanto a causa della presenza di un bambino disabile? Domande di questo tipo si incrociano nelle aule, nei corridoi, nei treni e nei convegni; è la questione di quanto generosa una società vuole e può essere. Di quanto riesce a trattare la capacità di donare senza gerarchizzare chi riceve e soprattutto evitando paternalismi che concedono “con riserva”. Siamo da oltre 30 anni, ormai, alla ricerca di un equilibrio che responsabilizzi chi ha dei diritti e chi li deve onorare e rispettare, di un equilibrio che contenga l’avidità e l’aggressività reciproche rispetto alle risorse e che affermi una società dell’accoglienza; accoglienza fattiva, visibile e che dia al soggetto gli strumenti per farcela il più possibile da solo. Senza umiliazioni e senza eterne adozioni infantilizzanti. Non poca cosa se si pensa che il diverso sempre interroga e… disorienta e forse sollecita anche diffidenza. Quindi ben venga che la presenza di cittadini considerati “altri e alieni” fino a qualche decennio fa sia considerato un valore, ma come farlo diventare gesto?

2. Le pratiche, oltre il mistero

“Ammantata di mistero”, ecco cosa si dice della disabilità nel verbale degli incontri. Riflettiamo sulla parola “mistero” e sulla parola “ammantata”.“Ammantare1 è avvolgere, ricoprire con un manto o a guisa di manto. Vestire. Ricoprire, rivestire”; “Mistero” (forse da. una voce che evoca lo “stare chiuso”: niente di più adeguato al disabile! Figura, fra le altre della reclusione), vale per: “Tutto ciò che non si può intendere, penetrare o spiegare chiaramente e che, appunto per questo, attrae o esercita fascino”.E ancora: “Cosa, fatto, persona, che sia oscuro, inspiegabile, nascosto…”.Discutere di questo, visti i significati, può aiutarci a passare dalla dichiarazione che “l’integrazione dei bambini disabili è un valore” ad una pratica affinché il valore sia agito e fatto proprio come stile di vita sia come cittadini sia come professionisti.Allora bisogna che qualcuno tolga dalla parola “disabilità”, con tutti i suoi trascinamenti, il manto di cui è coperta rendendo chi è sotto questo termine “ombrello” e lo stesso termine “misterioso”, dicibile, sopportabile, pensabile. Fintanto che resta misterioso, resta anche un po’ pauroso, un po’ respingente e un po’ da tenere lontano: sia il termine sia il soggetto designato.Ora credo che bisognerebbe tornare, attraverso la formazione di base e la formazione in servizio e forse anche un processo di maturazione individuale, a rendersi conto che questa parola e chi porta questo termine (“disabile”, “disabilità”) evocano, con il trascinamento concettuale legato a malattia, a qualcosa che non ha funzionato nella costruzione biologica del soggetto e che può non funzionare

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nel suo crescere, la possibilità e l’attualità di un’imperfezione sia statica, sia dinamica, in divenire: un’imperfezione che ha bloccato la persona o che sta andando a bloccarla con un recondito apparire, sullo sfondo, della morte. È solo un lavoro intorno alla nostra fragilità costitutiva, è solo un lavoro intorno all’accettazione profonda della nostra umana umanità, è solo un lavoro sulla nostra possibilità di essere, nascere e divenire imperfetti e ammalati, è solo un lavoro profondo sulla possibilità di venire meno, di essere attaccati visibilmente e meno nella nostra presunta perfezione, è solo l’accettazione della nostra mortalità che ci può rendere davvero comprensivi, accoglienti ed empatici con chi può portare disagio e quindi metterci a disagio. Senza per questo farcene carico in via salvifica e missionaristica. Disagio: ecco perché si ammanta la mancanza; per il disagio che ci provoca nel guardarla. Potrei diventare come l’altro che non ha qualcosa, potrei avere bambini miei che si sviluppano come il bambino che ho di fronte: è paura, quella che insorge. Paura di cascarci, di caderci, di esserne colpiti, di esserne contagiati. Ogni diversità porta con sé la questione del “contagio” soprattutto in un’epoca come la nostra che lavora su un registro più complesso, in termini civili, ma anche psico-sociali. La società che chiudeva nelle case matti e handicappati, come si diceva una volta, chiaramente separava il “normale” dal “patologico” e quindi meglio governava, anche dal punto di vista dell’etica - etica della netta separazione - le paure, le ansie e le angosce e la paura dal contagio: chi “funzionava” era da un parte, chi non lo era da “un’altra parte”, fuori dalla città, fuori dalla vista. Chi non sa di persone “non esponibili” tenute nascoste in casa per vergogna? Per senso di colpa? Per disagio?Ora invece avendo aperto case, istituzioni e collegi chi “non funziona” è fra noi, chi “non ci assomiglia” del tutto si aggira fra noi chiamandoci ad un’etica dell’accoglienza, ad un’etica della comprensione e della dialogicità che chiede un continuo lavorìo interno sulle nostre difese, remore, stereotipi e pregiudizi e un continuo lavorìo sull’asse politico e sociale per fare posto. Fare posto non è cosa facile, chiede spostamenti, revisioni di collocazioni e cambiamenti di sguardi e di ottiche, chiede un pensiero dialogico e indagativo che tolga veli e che non abbai paura dei misteri, soprattutto non crei misteri; che cerchi di dare parola all’oscuro, dandosi gli strumenti per affrontarlo1. Ora per s-coprire il mistero, ora per affrontare l’oscuro c’è bisogno di un pensiero mobile, dialogico, prensile e spregiudicato: tutto questo lo si coltiva, lo si costruisce, lo si conserva stando in un seminario, in una conversazione, in un confronto costanti, continui e mai chiusi: lo si coltiva con gli altri. Quindi per affrontare “il complesso” e “il difficile” non si può essere in solitudine, bisogna costituire comunità, la famiglia può sentirsi sola, pur non essendolo se si guardasse in giro. La scuola aiuta la famiglia a guardarsi in giro e a vedere la scuola stessa come risorsa. Non risolve tutto, ma

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allevia, favorisce processi di cambiamento, offre al bambino opportunità, anche quando il suo essere con gli altri è tempestoso, difficile, aspro e conflittuale (non senza grandi ritorni sulle spinte egocentriche di chiusura e fuga dei cosiddetti “normali dai problemi che la vita in comune comporta”). E se la scuola, fosse questa il luogo dove per la prima volta si dichiara, si prende atto e si rileva una disabilità - cosa che accade non poche volte -, riesce a costruire, stare e solidificare una rete di rapporti, allora la famiglia ancor più può pensare che il bambino è vivo.Vivo non solo perché va dal logopedista, dalla psicomotricista, dal neuropsichiatria infantile che si parlano fra loro colloquiando con la scuola, ma perché la scuola ha anche dato indicazioni rispetto ai beni e alle risorse culturali, sociali e ricreative che la famiglia e il bambino possono frequentare; un bambino disabile non deve essere condannato nei circuiti esclusivi della riabilitazione, della rieducazione, della terapia! L’oggetto “misterioso” non lo è più se diventa soggetto sociale. Parlato, parlante e riconosciuto presente; questo incide su come si prepara l’arrivo dei bambini disabili: parlarne con i genitori di tutti i bambini della classe insieme alla famiglia del bambino, parlarne con i bambini, per esempio. Ma ancora questo svelamento del “mistero” è effettuato anche dando come “per scontato”, non discutibile in senso istituzionale e organizzativo che la scuola per definizione, essendo per tutti e di tutti secondo il dettato costituzionale, è luogo di incontro fra “diversità” e le diversità aprono domande etiche a cui vanno cercate continue, adeguate risposte comuni. Una domanda deve ricorrere: quanto, allora, le famiglie dei bambini sani, quanto questi stessi bambini sanno, hanno compreso e sono stati coinvolte e coinvolti nei processi di accoglienza dei nuovi arrivati “diversi”? Quanto anche le stesse docenti, i gruppi docenti, gli interi collegi hanno compreso e fatto proprio che la presenza dei bambini “disabili” non è più da considerarsi un’eccezione? Un accidente? Ma è dell’istituzione, la caratterizza e ne è una delle pietre angolari, per ora (e dico “per ora” sapendo che le istituzioni e i loro cardini sono storicamente definiti e in un divenire, assolutamente vitale, in relazione alle verifiche, agli esiti, alle presse d’atto, alle ideologie che si sgretolano e che lasciano , come sempre, il posto ad altre); quindi oggi essere docente implica, per definizione, l’incontro con bambini che hanno abilità diverse e da scoprire. È una consapevolezza che dovrebbe avere non solo l’insegnante di sostegno, ovviamente. La consapevolezza non basta; infatti, sempre il verbale, riporta domande rispetto a cosa si può far fare, a come si può far fare qualcosa ai bambini “misteriosi” perché non rientrano, forse o certamente, nelle curve di sviluppo abituali, non hanno le caratteristiche dei bambini della psicologia generale….Va da sé che ritorna il richiamo all’osservazione di cui si è già discusso nel volume. Osservazione che ora vorrei però ricordare, in breve, essere il dispositivo per

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apprendere dall’esperienza, per stare nell’esperienza, per non avere paura dell’esperienza. Per sapere cosa fare in assenza di saperi, ammesso che sia così… ma così non è; molto sapere tace nei gesti delle docenti. Ovvero sanno e sanno fare molto di più di quanto non dichiarino: si tratta quindi, collegialmente attraverso le operazioni di monitoraggio, di verifica, di valutazione e i momenti formativi, di portar fuori dal sapere implicito una consapevolezza data anche dalla riflessività sviluppata con gli altri; altri sempre specchio del proprio pensare, fare e agire. Quindi partire da alcune domande:

• cosa so e sappiamo già (come scuola) sulla disabilità?• come utilizzare questo sapere setacciato alla luce delle operazioni/

processi di verifica e di valutazione effettuate per “questo caso qui”?• quali sono gli aspetti di novità e di “oscurità” che si pongono? Dove cercare

le fonti per leggerle, per analizzarle, per comprenderle?• cosa sollecita emotivamente, affettivamente e cognitivamente “questo

nuovo caso” in me come persona, come docente e come facente parte di un gruppo di professionisti? E quali fili, intuizioni e porte pare aprire l’osservazione che vado facendo?

• cosa sappiamo fare che può essere speso con “questo bambino qui” e che ha già funzionato con altri?

• cosa invece pare necessario saper fare e fare in presenza di “questo nuovo caso”?

Ora le domande trovano una sorta di pausa vitale nel periodo di osservazione e dico “periodo di osservazione” per sottolineare il significato di presa di respiro, di tempo, di una pausa per non farsi travolgere dalla necessità di fare subito qualcosa e forse anche molto al fine di dare risultati a famiglie, a colleghi, a se stesisi e a team socio-sanitari che pensiamo o sono, non poche volte lo sono!, produttivistici in un’ottica riparatoria che nega la delusione, il dolore del contatto con la fattibilità, con quello che è possibile fare. Non mandare in pezzi il bambino! Non andare in pezzi! Se già si è di fronte a un’identità avvertita o data come “disintegrata”, a “pezzi”, in “frammenti”, forse va evitato un atteggiamento simmetrico, da parte nostra di adulti, dettato da confusione o da allontanamento con o dal soggetto. L’osservazione lavora nel rimettere a fuoco, a “misura” la distanza, aiuta a trovare la giusta distanza, senza abbandoni e senza congelamenti affettivi. E il fare allora è un fare, come dovrebbe sempre essere, che si appoggia su un ripensamento creativo del fare corrente inventato daccapo, come rinnovato.

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Se si chiede ai bambini mediamente funzionanti di ritagliare la carta, a chi non può farlo si possono chiedere, sollecitare, offrire mille altre pieghe di possibili lavori con la carta; anche a chi non avesse mani! Allora basta prendere le attività consuete in relazione agli obiettivi in termini di comportamento e in rapporto all’età è scomporle, ridurle ai minimi termini, fino alle loro scaturigini; rivederle in tutte le loro possibili pieghe pensandole con una mente e per una mente poliedrica. Se non sarà l’udito, sarà il tatto; se non sarà il tatto, sarà l’olfatto… siamo così sensibili, così fatti di una pelle che respira e se questa non c’è, siamo fatti per entrare in relazione, siamo in allerta. Anche quando si possono avere continui spasmi epilettici.Come dice una cartolina dell’Assessorato Pari Opportunità del Comune di Brescia: “Credete che un non vedente possa solo fare il centralinista? Aprite gli occhi”. Ma in questa operazione di decostruzione e ricostruzione del curricolo per bambini mediamente funzionanti al fine di delinearne uno per bambini che possono sfuggire alle nostre richieste di performance, o che non possono rispondere alle nostre richieste di performance, non si può essere da soli: vanno messi in comune intuizioni, sapienze e ed esperienze. È chiesta un’integrazione di competenze fra adulti, dapprima. E non si può procedere senza sostegni: chi sostiene qualcuno che può andare in frantumi, non può non essere, a sua volta, sostenuto e contenuto. Certo, come ci ricorda questo passaggio per altro evocato nello stesso verbale degli incontri e anche da quanto detto fino ad ora, ci vogliono risorse. Ora le risorse sono certamente anche umane, forse soprattutto umane. Ma non solo. Vediamo di chiarire. Ora se va da sé che ci vuole personale docente preparato e socialmente riconosciuto (anche economicamente): se questo è un’evidenza indiscutibile, due sono le questioni invece aperte a valutazioni che dovrebbero esser prioritariamente etiche:

• quante persone devono ruotare intorno a un bambino disabile? Con quali compiti? E perché? E soprattutto con quali aspettative e possibilità di un lavoro consono e adeguato al caso?

E ancora:• il team delle/dei docenti che seguono una classe con un bambino disabile

deve essere comunque formato da un’insegnante di sostegno? E non è stata la presenza degli insegnanti di sostegno che se da una parte ha permesso di fare affermare a tutti noi che insegniamo, anche se molti sono stati laterali rispetto alle vicende dei bambini disabili, che l’integrazione è “un valore”, tranne poi non sapere come fare? C’è una fantasia di delega? O c’è una posizione, fatta propria, di disvalore professionale?

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Domande non comode ma che non posso esimermi dal fare in un contesto di riflessione finalizzato all’integrazione: e uno dei passi verso e per l’integrazione di altri da noi, è anche dato dal fatto di non eludere domande difficili, di aprire fronti a 360° gradi di discussione, affinché il nostro pensiero, il nostro stesso modo di ragionare e di porre questioni non sia frammentato e a pezzi. Certo è che il quantitativo degli operatori dedicati all’integrazione di chi è in difficoltà non può essere un dato ricavato solo secondo algoritmi generali e/o generici che negano le specificità delle situazioni. Bisognerebbe sviluppare un pensiero locale, mobile, erratico e per progetti; fuori da assegnazioni burocratiche. Non tutte le disabilità sono assimilabili e neanche la stessa tipologia di disabilità ha lo stesso significato in ogni caso e dappertutto; le biografie delle persone così come i livelli di qualità espressi da una scuola rispetto ad un’altra, così come i territori geografici contano. Tanto più, come ci ricorda il verbale sul quale si vanno costruendo queste riflessioni, che per esempio i disturbi legati alla sfera psichica possono porre questioni organizzative, gestionali e relazionali con il bambino e le famiglie e la stessa rete di servizi sociali e sanitari di non piccola delicata complessità. Anzi pare che un bambino collocabile nell’ambito del disagio psichico possa porre questioni più ardue da dipanare: questo dato va ripreso su due livelli. Da una parte c’è il rischio che il “silenzio” di un bambino leso in modo più evidente e “massiccio” nel corpo possa rendere “meno visibile” il bambino stesso; più governabile, più gestibile, meno espansivamente presente ed “esploso” nella classe; dall’altra c’è, ancora, il rischio che l’esplosione della “psiche” di un bambino nella classe possa coprire segni di possibili intese e contenimenti, scombinando, disordinando e confondendo relazioni, rapporti, letture e analisi. E ancora andrebbe indagato più profondamente se una “corporeità” minata imbarazza meno e inquieta meno di una “psiche” disordinata. E ancora come viene percepita e gestita una psiche silente, acquietata e lesa, ma non esplosiva, impertinente e incontrollabile?C’è quindi una richiesta ineludibile - in ogni caso e tanto più in presenza di turbamenti - di un’organizzazione adulta, di una scuola adulta e quindi intergrata nelle sue parti dagli attori che la abitano (dagli operatori delle pulizie all’applicato di segreteria) ai processi (progetto di scuola/piano offerta formativa, curricoli per segmenti di scuola, programmazioni specifiche e relativi progetti fra loro connessi con la previsione che il PEI sia parte integrante di tutto questo e ne sia un’articolazione mirata, focalizzata e mirata e non un “a parte”). Ora evocare un’organizzazione adulta rimanda alla convinzione che un contesto integrato può essere sfondo, campo e palcoscenico per vicende educative con un grado apprezzabile di fondatezza e di coerenza pedagogica, metodologica e didattica.

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Un’organizzazione adulta, tornando al verbale che guida la stesura di questo testo, è anche un’organizzazione che apprende: che si informa, che si aggiorna e che ragiona (in termini formativi) intorno alle questioni lavorando sugli aloni che ogni evento, ogni caso, ogni termine porta con sé: informare e informarsi non basta se queste informazioni non diventano poi pratiche. La formazione agisce su questo livello, ovvero: se si sa che un bambino non può fare una determinata operazione o rispondere a una determinata richiesta, è necessario anche che non si resti delusi, non ci si lamenti, non ci si senta frustrati e impediti. È invece necessario sapere se, come, e quando osare chiedere, proporre e attendere una risposta. Un esempio molto banale e se si vuole semplice rispetto alle questioni che si vanno appena delineando qui: pare diffusa ormai la convinzione che i bambini non solo non sappiamo più mangiare bene, ma anche, ovviamente che non sappiamo più stare adeguatamente a tavola. Pare che mastichino sempre più svogliatamente, che siano sempre meno disposti verso il cibo, pare che non tengano i tempi richiesti dallo stare a tavola. Ora date le condizioni sociali e le pratiche educative familiari correnti questo può essere non solo verosimile, ma abbastanza verificato e verificabile; ma allora l’obiettivo, con i nuovi bimbi, sarà proprio il saper mangiare e il saper stare a tavola. Poco educativo? Per niente! Poco scolastico? Per niente!Quindi nessun pregiudizio! Ma stare in situazione, modificandola se è necessario, ed è necessario.Ma ancora un’organizzazione adulta, e volutamente parlo di organizzazione perché non bastano singoli di buona volontà e ottimi professionisti:

• garantisce, chiede e verifica che chi è interessato al percorso di integrazione conosca la normativa, la assuma creativamente, non solo come vincolo, ma anche come grimaldello per operare (la normativa non piace mai molto, anche se spesso è emanata dai politici che votiamo!) e quindi organizza incontri periodici collegiali per informare tutti con relativa documentazione;

• ha chiare procedure per l’assegnazione dei bambini disabili che si iscrivono evitando mercanteggiamenti/palleggiamenti di tipo personalistico fra docenti, fra questi e i servizi e/o le famiglie e quindi periodicamente ha cicli formativi a sostegno del fatto che un valore dichiarato e condiviso deve diventare, per dettato normativo, prassi pedagogica della scuola;

• garantisce, chiede, sostiene e verifica che i gruppi di lavoro focalizzati e mirati a permettere il livello più alto possibile di integrazione funzionino non solo in termini formali e burocratici, ma anche come sostegno

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operativo di tipo organizzativo, gestionale, pedagogico, metodologico e didattico per i colleghi e le famiglie coinvolti nel processo di integrazione;

• garantisce, chiede, sostiene e verifica che il PEI sia coerentemente parte del Piano di Offerta Formativa (POF) di istituto/scuola;

• garantisce, chiede, sostiene e verifica che tutta la scuola (intesa come gruppo di professionisti con un progetto da tenere in piedi e realizzare) in relazione a quanto sopra abbia proceduto ad effettuare tutte quelle modifiche necessarie a “far salire i gradini” al bambino in arrivo e che questi “non cada lungo i corridoi”; non solo che abbia proceduto, ma che procederà se necessario e se opportuno;

• garantisce, chiede, sostiene e verifica che il team più ristretto che opera direttamente sul e con il bambino in difficoltà si costituisca come team e che non ci siano episodi, se non giustificati da attente valutazioni e ponderate e giustificate scelte metodologiche, di “mini classi speciali” sparse qua e là nella scuola (ci sono scuole che chiedono l’aula per i disabili; richiesta legittima se questo aumento di spazio è in relazione a una maggiore agibilità e creatività didattiche che se non escludono momenti individualizzati - ma perché poi fuori dalla “classe normale”? - prevedendo, anzi, forme, modi di intervento molto, molto diversificati e partecipati da tutti gli alunni di una o più classi). Il team deve anche esser certo dell’appoggio, presenza e intervento degli altri colleghi e sostenuto, con un ascolto clinico, da un orecchio/occhio esterno nel processo di integrazione del bambino. Nello specifico la distribuzione delle risorse e il loro utilizzo progettuale è trasparente, condivisa e anche se conflittualmente decisa, rispettata;

• garantisce, chiede, sostiene e verifica che la rete con il territorio (inteso certamente come insieme dei servizi sociali e sanitari, ma non solo) sia stabile, costantemente aggiornata e tenuta aperta, viva e fluida al di là delle disponibilità personali dei singoli docenti;

• ha chiare linee di intervento con le famiglie: linee diversamente scandite a secondo dei momenti, delle situazioni e dei momenti che si vanno creando o che si prevedono che si possano creare.

In definitiva un’organizzazione adulta, si spera adulta sempre visto che accoglie minori, nel caso dei bambini in difficoltà tende a rimarcare maggiormente il suo mandato, i suoi confini, le sue procedure e i suoi processi non in un’ottica di mera e semplice difesa contratta, ma di tutela evolutiva del bambino e di se

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stessa medesima che se funzionante, se non aggredita, se non svalorizzata e non svalorizzante, se attrezzata in un continuo processo di “messa in ordine”, può meglio tutelare i bambini stessi.

Note:

27 Il testo è la sintesi di quello effettuato il ??? riprendendo dalle questioni, dai passaggi, dalle dichiarazioni e dalle sollecitazioni ricavate dalla lettura del materiale documenta-rio prodotto a seguito dei quattro incontri distrettuali tenuti dalla dottoressa Serafina Secchi e dalla dottoressa nome? Vinello; gli incontri si sono tenuti a Brivio, a Barzanò, a Bellano e a Lecco fra settembre e ottobre 2007. 28 Vedi il capitolo …, ivi.29 Tutte le voci sono tratte dal Vocabolario della Lingua Italiana, Istituto Enciclopedia Italiana, Treccani, Roma, 1986.30 Vedi il capitolo …, ivi.

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CAPITOLO 12CONCLUSIONI a cura di Giampiero Redaelli1

Fin dal suo nascere, nel 1998, la Fism provinciale di Lecco ha avuto come finalità principale quella di creare una rete fra le 96 Scuole dell’infanzia paritarie provinciali. Questo perché si è sempre pensato che le scuole dell’infanzia possono essere veramente “paritarie” solo quando sono in rete. Rete costituita attraverso la riflessione, lo scambio e l’assunzione di valori condivisi concretizzati in progetti partecipati attenti agli obiettivi e agli aspetti di qualità; progetti a maglie larghe per permettere l’espressione delle specificità di ogni scuola e di ogni appartenenza territoriale.

L’ottica è sempre stata quella della sussidiarietà orizzontale intendendola come un fondamento che trova la sua ragion d’essere nell’assunzione di un principio di responsabilità condivisa.Nel nostro caso responsabilità verso i bambini e le loro famiglie condivisa con gli Enti pubblici intesi come partner vitali nella concretizzazione del principio stesso di sussidiarietà.Questo significa che la cura verso l’infanzia, nell’accezione più ampia del termine, non è, e non vuole essere, intesa come una delega alla società civile, alle scuole dell’infanzia private, ma che nella logica della condivisione, dello scambio, della contrattazione, Stato, Regione, Comuni oltre a presidiare lo sviluppo dell’iniziativa e a contribuirvi economicamente diventano interlocutori privilegiati nel riconoscere, sostenere, progettare, incentivare.In questa ottica il dialogo fra istituzioni scolastiche ed educative per far star bene i bambini e le famiglie deve nascere/avviene attorno alla condivisione di significati e principi di base resa possibile dalla costruzione di un linguaggio comune.Questo richiede un aggiornamento declinato in via formativa finalizzato a muovere i pensieri di tutti gli insegnanti e di tutti gli operatori; una declinazione verso una ricerca-azione, una via sperimentale per attivare la capacità di mettersi in gioco.Predisponendo i progetti DGR 215 la Fism provinciale di Lecco, si è mossa quindi, con l’intenzione di essere propulsore di un confronto fertile su temi che interrogavano ed interrogano le scuole dell’infanzia in relazione all’accoglienza ed all’inclusione delle diversità di cui i bambini sono portatori.

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In particolare, su sollecitazione dei cambiamenti normativi e culturali, i più piccoli ed i bambini con bisogni “speciali”.In altre parole la scelta della Fism provinciale di Lecco di pensare e organizzare due percorsi di ricerca–azione grazie alle risorse messe a disposizione dalla Deliberazione Giunta Regionale VIII/215 del 27/06/05 (DGR, 215/05) si è mossa dal desiderio di dare visibilità all’attuale realtà concreta dell’integrazione dei bambini disabili nelle scuole dell’infanzia sia paritarie che statali, di avere il polso della dimensione della qualità dell’integrazione all’interno delle scuole dell’infanzia, così come di verificare e sostenere la capacità di accoglienza verso i più piccoli.Disponibilità quindi a raccontarsi al territorio, al confronto, in particolare con le scuole dell’infanzia statali, come desiderio, possibilità di ripensare:

• sia l’accoglienza dei piccoli, confrontando le diverse opportunità che oggi la Fism provinciale offre alle famiglie ed ai bambini da 0 a 3 anni con l’articolazione dei Servizi alla prima infanzia;

• sia l’integrazione dei bambini disabili nelle scuole dell’infanzia paritarie ma anche statali aprendo ad un confronto serio e sereno su risorse, metodologie, domande delle famiglie e dei bambini e risposte delle scuole;

• ma anche, in modo più ampio, la capacità concreta della scuola dell’infanzia, intesa come contesto peculiare di crescita e di apprendimento, di includere tutte le diversità che oggi si trova di fronte.

Il desiderio cioè di rendere visibile, concreto e tangibile ciò che stava quotidianamente avvenendo nelle scuole, di testimoniare il pensiero fertile presente in molte scuole, ma anche far emergere le fatiche concrete, le mancanze, le falle era fortemente intrecciato al desiderio di confronto con le scuole dell’infanzia statali perché la parità non fosse solo una formalità burocratica, ma di nuovo, la possibilità di uno scambio fertile e di una rete nel senso esplicitato prima.Abbiamo lavorato quindi nell’ottica di una rete allargata ma coesa: qualcuno ha partecipato attivamente, qualcuno no; ma questo crediamo sia nella normalità di ogni proposta al territorio.Giunge ora opportuna la pubblicazione degli atti dei due percorsi realizzati come preziosa risorsa per l’approfondimento di tematiche che interrogano la coscienza professionale e come stimolo alla curiosità di approfondire l’appassionante lavoro nei contesti educativi dedicati all’infanzia in favore dell’inclusione delle diversità.Crediamo, infatti, che la condivisione degli esiti dei due percorsi, che sono

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strettamente intrecciati e nei contenuti pedagogici e metodologici si arricchiscono reciprocamente, costruendo memoria della strada tracciata, diventino il solco all’interno del quale continuare a lavorare per rinforzare e migliorare la qualità di tutte le scuole dell’infanzia.Nelle scuole della Fism provinciale di Lecco alcuni esiti, prassi e progetti concreti quali :

• la strutturazione della rete di coordinamento provinciale area-disabilità affidando l’incarico in ogni zona ad educatrici competenti nella relazione educativa di sostegno con bambini disabili piccoli e sullo specifico della scuola dell’infanzia;

• l’accordo con gli Ambiti distrettuali di Bellano, Lecco e Merate, l’ Ufficio Scolastico Provinciale, il CRTH, la Provincia di Lecco e l’ASL della provincia di Lecco per l’utilizzo di strumenti condivisi per l’assegnazione delle risorse dei Comuni finalizzate alla Assistenza educativa specialistica in ambito scolastico e per l’elaborazione dei progetti individuali per l’integrazione;

• la predisposizione e la distribuzione a tutte le scuole aderenti alla Fism provinciale di lecco delle “Linee Guida per l’inclusione dei bambini disabili”;

• la realizzazione di percorsi di formazione per il personale dei Servizi alla prima infanzia e dell’infanzia paritarie che riprendono le tematiche dell’accoglienza e della continuità;

• la stesura in molte scuole di progetti concreti per l’accoglienza dei piccoli e la riorganizzazione di spazi e di tempi della giornata educativa

sono già realtà che testimoniano che ne valeva la pena e che è importante continuare

Giampiero RedaelliNote:

31 Presidente provinciale Fism Lecco.

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Hanno contribuito alla realizzazione di questo quaderno:

Gruppo di progetto “Integra-azione”:Responsabile: Secchi Serafina – Federazione Italiana Scuole Materne provinciale di Leccocoord. area disabilità – redazione e cura dei testiVianello Emilia – Ufficio Scolastico Provinciale di Lecco Bonanomi Mariateresa – Dirigente scolasticoGruppo di progetto “Accoglienza dei piccolissimi”:Responsabile: Gillini Micol – Federazione Italiana Scuole Materne provinciale di Lecco – coord. pedagogico prov. – redazione e cura dei testiBeretta Annamaria – Dirigente scolasticoLafranconi Adriana – Dirigente scolastico

Un ringraziamento: - alle coordinatrici Fism di area disabilità, Agostoni Roberta, Acquistapace

Tiziana, Castelnovo Stefania, Corti Chiara, Secomandi Norma, per il prezioso lavoro di tabulazione dei dati dei questionari;

- ai Dirigenti scolastici, alle coordinatrici di scuola, agli insegnanti, agli educatori, ai genitori e alle assistenti sociali dei Comuni del territorio provinciale per il loro contributo alla ricerca attraverso il racconto della loro esperienza;

- alle coordinatrici Fism delle zone provinciali, Ausenda Beatrice, Battini Isabella, Biffi Pierangela, Bonfanti Micaela, Brambilla Elena, Burato Gabriella, Carli Patrizia, Colombo Patrizia, Corti Nadia, Malacrida Chiara, Milesi Paola, Pisano Jessica, Pomi Fausto, Ripamonti Daniela, Viganò Elena;

- ai Dirigenti scolastici, alle coordinatrici di scuola, agli insegnanti, ai genitori per il loro contributo alla ricerca attraverso il racconto della loro esperienza;

- agli esperti che hanno fornito una cornice culturale al percorso di ricerca-azione e monitorato costantemente i progetti: dr Caggio Francesco, dr.ssa Mistri Manuela;

- alle segretarie Fism Finazzi Olimpia e Nogara Chiara per il loro lavoro di tabulazione dei dati dei questionari e per la cura della parte logistica;

- a Turati Marta, Servizio Civile Provincia di Lecco, per la rilettura e la correzione dei testi.

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Finito di Stampare Aprile 2010presso la Casa Editrice Stefanoni