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170 Il Panopticon. Un Particolare.

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Il Panopticon. Un Particolare.

/Rerum novarum. Rerum novarum./

PresentazioneLa rete fa pensare, ma chi si pone oggi “la questione della tecnica”? In questa rubrica racconteremo di cose nuove e nuovissime, ma soprattutto di cose antiche e antichissime nascoste dietro le nuvole dei pixel.

La società panotticaNel modello di carcere concepito da Jeremy Bentham alla fine dell’Ottocento, una struttura nella quale ogni detenuto è tenuto costantemente sotto sorveglianza, Michel Foucault individuava il paradigma del controllo sociale contemporaneo. Foucault parlava di Panoptisme o Societé panoptique, dal nome del diabolico dispositivo, il Panopticon, che permette al custode di vedere ogni cosa, o (meglio) ad ogni detenuto di essere visto senza vedere.La figura evoca gli invisibili meccanismi di potere che vengono perfezionati a partire dal Settecento per amministrare la popolazione, e che oggi ancora garantiscono il governo delle nostre città: statistica, demografia, urbanistica, architettura, epidemiologia, economia politica. Ai lettori di George Orwell, però, il dispositivo ricorda piuttosto l’ipertrofia sensoriale degli stati totalitari, con i loro infiniti occhi e orecchie che dissolvono la sfera individuale in una forzata pubblicità. Ma ecco dunque il cortocircuito: di quale carcere stiamo parlando? Per alcuni, meno raffinati di Foucault,

la figura del Panopticon evoca un totalitarismo gentile e impalpabile, volto nascosto delle democrazie parlamentari spettacolari; volto atroce che le Brigate Rosse sostenevano di perforare a fucilate, per vedere cosa c’è dietro. Bell’umore paranoico avevano nei Settanta, dalla gauche europea giù fino ai mitici junkies americani, Dick e Burroughs: il mondo è una prigione, tutto è illusione, accidenti è già arrivato il 1984. E noi gnostici uguale, ma è una paranoia pettinata, occhiali scuri, gel nei capelli e l’impermeabile di pelle nera, reloaded e revolutions. In fondo ognuno - conservatore o rivoluzionario - proietta sul proprio nemico d’elezione lo stesso identico incubo borghese: la dissoluzione dello spazio privato e la negazione della libertà individuale. Intanto le nostre città assomigliano sempre più a quelle dei film di fantascienza, con le CCTV a realizzare l’inevitabile destino panottico.Ma insomma, sbuffano i nostri irruenti lettori, le armi dobbiamo prenderle o no? E contro chi, soprattutto? In verità vi dico: non pensate a quello che potete fare voi per il totalitarismo, ma a quello che

Il Panopticon.

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Il Panopticon. Un Particolare.

/Rerum novarum. Rerum novarum./

PresentazioneLa rete fa pensare, ma chi si pone oggi “la questione della tecnica”? In questa rubrica racconteremo di cose nuove e nuovissime, ma soprattutto di cose antiche e antichissime nascoste dietro le nuvole dei pixel.

La società panotticaNel modello di carcere concepito da Jeremy Bentham alla fine dell’Ottocento, una struttura nella quale ogni detenuto è tenuto costantemente sotto sorveglianza, Michel Foucault individuava il paradigma del controllo sociale contemporaneo. Foucault parlava di Panoptisme o Societé panoptique, dal nome del diabolico dispositivo, il Panopticon, che permette al custode di vedere ogni cosa, o (meglio) ad ogni detenuto di essere visto senza vedere.La figura evoca gli invisibili meccanismi di potere che vengono perfezionati a partire dal Settecento per amministrare la popolazione, e che oggi ancora garantiscono il governo delle nostre città: statistica, demografia, urbanistica, architettura, epidemiologia, economia politica. Ai lettori di George Orwell, però, il dispositivo ricorda piuttosto l’ipertrofia sensoriale degli stati totalitari, con i loro infiniti occhi e orecchie che dissolvono la sfera individuale in una forzata pubblicità. Ma ecco dunque il cortocircuito: di quale carcere stiamo parlando? Per alcuni, meno raffinati di Foucault,

la figura del Panopticon evoca un totalitarismo gentile e impalpabile, volto nascosto delle democrazie parlamentari spettacolari; volto atroce che le Brigate Rosse sostenevano di perforare a fucilate, per vedere cosa c’è dietro. Bell’umore paranoico avevano nei Settanta, dalla gauche europea giù fino ai mitici junkies americani, Dick e Burroughs: il mondo è una prigione, tutto è illusione, accidenti è già arrivato il 1984. E noi gnostici uguale, ma è una paranoia pettinata, occhiali scuri, gel nei capelli e l’impermeabile di pelle nera, reloaded e revolutions. In fondo ognuno - conservatore o rivoluzionario - proietta sul proprio nemico d’elezione lo stesso identico incubo borghese: la dissoluzione dello spazio privato e la negazione della libertà individuale. Intanto le nostre città assomigliano sempre più a quelle dei film di fantascienza, con le CCTV a realizzare l’inevitabile destino panottico.Ma insomma, sbuffano i nostri irruenti lettori, le armi dobbiamo prenderle o no? E contro chi, soprattutto? In verità vi dico: non pensate a quello che potete fare voi per il totalitarismo, ma a quello che

Il Panopticon.

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Rerum novarum. Rerum novarum.

il totalitarismo può fare per voi. Potreste accorgervi che vi piace, come ai 2.500 che si sono presentati al casting per il Grande Fratello 2008. Si dice che le utopie sono sogni di stati totalitari, vedi Moro e Campanella. Perché in fin dei conti non c’è nulla di più rassicurante di una società che ti controlla, che ti coccola, che ti dà attenzione; soprattutto se non sei nessuno. Nell’attesa che la polizia segreta degni d’interessarsi a chi siete, che fate, cosa leggete, cosa amate, le dieci cose che non sopportate, i vostri siti preferiti, i porno più scaricati, con i moderni social network già potete tracciare l’ascolto di file audio e video (last.fm), catalogare i vostri libri (anobii), segnalare la vostra presenza online (msn), pubblicare le vostre foto (flickr), la vostra rete di contatti (facebook), la vostra biografia professionale (linkedin), le vostre opinioni (blog), oltre che abdicare ai vostri diritti di proprietà intellettuale (creative commons). Gli incubi della fantascienza passata sono la materia di cui è fatto il nostro svago. Il punto è che dello spazio privato non c’importa più nulla, perché non ci serve più a nulla, perché non abbiamo più nulla da nascondere. Questo è il nostro destino tragico, questo è il nostro godimento infinito. Solo un uomo d’altri tempi come il Garante della Privacy può consigliare, senz’ombra d’ironia, d’iscriversi a facebook usando uno pseudonimo; secondo

il blogger Giuseppe Granieri, è come se ci avesse proposto, per evitare inconvenienti, di girare per la strada con occhiali, baffi e nasi finti. Guastafeste: noi per la strada preferiamo andarci nudi.

/Raffaele Alberto Ventura//

Links

La figura evoca gli invisibili meccanismi...http://www.editions.ehess.fr/ouvrages/ouvrage/securite-territoire-population/

Le Brigate Rosse sostenevano…http://www.ansa.it/opencms/export/site/notizie/rubriche/inlavorazione/visualizza_new.html_70743389.html

Grande Fratello 2008…http://www.gingergeneration.it/n/casting-per-il-grande-fratello-identikit-del-candidato-1128-n.htm

Siti citati

http://www.lastfm.it/

http://www.anobii.com/

http://it.msn.com/

http://www.flickr.com/

http://www.facebook.com/

http://www.linkedin.com/

http://www.creativecommons.it/

Secondo Giuseppe Granieri…http://www.bookcafe.net/blog/blog.cfm?id=887

DIONIGI AREOPAGITA, Gerarchia celeste IX, 2, in ID., op. cit., p. 110.

ELIADE, Storia delle credenze e delle idee religiose. Dall’età della pietra ai Misteri Eleusini, I, Firenze 1981, p. 189.

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J. P. MIGNE, Patrologia graeca 3, 119-1120; DIONIGI AREOPAGITA, Tutte le opere, a cura di Piero Scazzoso e Enzo Bellini, Milano 1981.

A. PIOLANTI, Angeli, in BS, I, 1197; G. BAREILLE, in DThC, 1192-1222; J. DANIELOU, Gli Angeli e la loro missione, Torino 1998, pp. 22-32.

M. ELIADE, Trattato di storia delle religioni, Torino 1976, pp. 10-19.

/L’angelo delle nazioni. The nations’ angel./

La gerarchia celeste unisce, come rileva la visione della scala (klimax) di Giacobbe (Gn 28, 12), il mondo trascendente con quello immanente. Infatti, la particolareggiata descrizione del Corpus areopagiticum 1 in merito alla gerarchia angelica può esser figurata come articolata in cerchi concentrici a gradoni, derivanti in modo discendente dal Principio supremo. Gli esseri incorporei si dividono in tre triadi: la prima annovera i serafini, i cherubini e i troni; la seconda le dominazioni, le virtù, le potestà; la terza include i principati, gli arcangeli e gli angeli. A quest’ultima triade appartengono gli esseri celesti più prossimi al mondo sensibile: ai principati spetta guidare, mentre gli arcangeli, trovandosi nella medietà triadica abbracciano i due estremi della gerarchia 2, come si addice alla loro condizione ontologica. Gli angeli, secondo la tradizione biblica, trasmettono all’uomo la rivelazione divina, motivo per cui rivestono sempre il ruolo di ministri del Dio invisibile messi a guida dell’intera umanità in cammino nel tempo verso la salvezza. Essi sono i messaggeri divini designati nella lingua ebraica col

termine mal’ak, reso dai traduttori alessandrini della Septuaginta, col termine greco aggelos, da cui il latino angelus 3. Va ricordato che se prima della venuta di Cristo il dono della Legge fu trasmesso al popolo ebraico direttamente dagli angeli attraverso Mosé e i profeti, non per questo gli altri popoli della terra furono esclusi dalla partecipazione al disegno provvidenziale stabilito ab aeterno dall’economia divina. Nel primo libro della Scrittura si legge che Dio dopo il diluvio strinse una nuova alleanza con l’intera umanità e che, pur sapendo che il cuore dell’uomo inclina verso il male, promise di non colpire mai più alcun essere come aveva fatto (Gn 8, 21). Attraverso questo patto, di cui la divinità medesima si fece garante della regolarità delle leggi naturali, i figli di Noé: Sem, Cam e Iafet, divennero i progenitori di una nuova umanità che perse però poco dopo l’unità di linguaggio che rendeva tutti i suoi membri partecipi di un’unica famiglia 4. E così dopo la dispersione dei figli di Noé successiva alla torre di Babele gli esseri umani si sparsero, nella confusione originata dalla

molteplicità linguistica, ai quattro angoli della terra. La prima alleanza stabilì dunque la fedeltà a Dio nella bellezza e nelle leggi che regolano il mondo creato, espressione visibile di quello invisibile. Per questo motivo Dio aveva ribadito a Noé concludendo l’alleanza: “Non sarà più distrutto alcun essere vivente, né più il diluvio devasterà la terra” (Gn 9, 11). Il cosmo divenne così il luogo dove la divinità si rivela attraverso l’incanto della creazione che si presenta all’uomo come una luminosa ierofania, ossia una manifestazione del sacro 5. Nella Lettera ai Romani san Paolo afferma esplicitamente: “Le sue (di Dio) perfezioni invisibili possono essere contemplate con l’intelletto nelle opere da lui compiute” (Rm 1, 20). Oltre il racconto di Noé, pure gli Atti degli Apostoli ricordano questa prima alleanza. Luca, attribuendo le parole a Paolo, così scrive: “Egli (Dio) nelle generazioni passate ha lasciato a ogni popolo la sua strada; ma non ha cessato di dar prova di sé beneficando, concedendovi dal cielo piogge e stagioni ricche di frutti, fornendovi il cibo e riempiendo di letizia i vostri cuori” (At 14,