Report sull'innovazione

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n. 1, gennaio 2011 A cura di Floriano Bonfigli REPORT SULL' INNOVAZIONE

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Report sull'innovazione n.1 - gennaio 2011

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n. 1, gennaio 2011

A cura di Floriano Bonfigli

REPORTSULL'INNOVAZIONE

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Educare, fare rete e collaborare

Dall’analisi di molteplici realtà territoriali sparse per il Mondo, le tre azioni suggerite dal MIT per promuovere l’imprenditorialità Parole chiave: Politiche, ecosistema, imprenditorialità, cultura

Secondo un recente studio, ci sono attualmente nel mondo 25.000 aziende fondate da chi ha studiato al Massachusetts Institute of Technology di Cambridge, negli Stati Uniti. Queste danno lavoro a circa 3.300.000 persone e generano ricavi per 2.000 miliardi di dollari, che ne farebbero l'undicesima potenza economica al mondo, posizionabile tra Brasile e Russia. Calcolato che l'ufficio per il trasferimento tecnologico della stessa università ha generato mediamente “solo” 22 aziende all'anno negli ultimi 10 anni, come si può spiegare questa straordinaria creazione di benessere? Bill Aulet e Ken Morse, ricercatori del MIT Entrepreneurship Center, analizzando il caso della loro istituzione e di quello di altri 12 territori sparsi per il mondo, hanno individuato i 7 elementi necessari alla creazione di un ecosistema basato sull'innovazione. Questi sono: 1) infrastrutture, sia fisiche che digitali che

legate a quei servizi, ad esempio legali, di cui le aziende necessittano nello svolgere le loro attività di tutti i giorni,

2) finanziamenti, anche a fondo perduto per far emergere imprenditori di prima generazione,

3) invenzioni, generate tanto da individui quanto da università,

4) centri di Ricerca&Sviluppo di aziende già consolidate, il primo mercato per tali invenzioni,

5) una cultura dell'imprenditorialità e del rischio insito in questa attività,

6) una massa critica d'imprenditori “ben istruiti” e che fanno rete tra loro,

7) un governo locale che, attraverso leggi e regolamenti specifici, attenua il rischio di fare impresa.

Ovviamente, ogni luogo ha le proprie peculiarità, quindi questa non può essere presa come una mera lista di ingredienti da applicare in egual misura in ogni situazione. Però, è stato dimostrato che ci sono dei fattori che hanno un effetto leva maggiore degli altri, la cui presenza è indice di vitalità e di maggiore probabilità di sostenibilità sul lungo periodo dell'ecosistema stesso. Forse a sorpresa, l'elemento più importante è risultato essere il 5), cioè una cultura che celebra l'imprenditorialità e ne accetta il rischio. Per capire quanto tutto questo sia presente in un territorio è sufficiente porsi una serie di domande. Prima di tutto, viene comunicato come un valore sociale lo spirito imprenditoriale? Chi è imprenditore di successo? Viene portato alla ribalta? E' presentato come riferimento e stimolo per gli altri o, piuttosto, solo come un'eccezione? Il fallimento, è percepito come una possibile tappa prima di arrivare al successo, così come avviene per le scoperte scientifiche? Esistono i così detti imprenditori seriali, cioè quelli che dopo aver costituito l'impresa ed averla portata ad affermarsi sul mercato, ne escono per ricominciare da zero con un nuovo progetto? Qual è il livello di ambizione delle giovani generazioni? Aspirano a diventare imprenditori, magari su scala globale, o sono più indotti a cercare un incarico stabile, magari prestigioso, in qualche azienda già di successo o addirittura nel settore pubblico? Inutile dire che una cultura che celebra l'imprenditorialità nella sua valenza innovativa e sociale, è il miglior strumento

per coinvolgere i più giovani, che hanno magari terminato i propri studi e sono indecisi sulla strada da intraprendere. E' tra di loro che nascerà la successiva generazione di imprenditori, i modelli del futuro. Il secondo fattore più importante e strettamente legato al primo è il punto 6), vale a dire una massa critica di imprenditori “ben educati” che facciano rete tra loro, una rete non solo finalizzata a concludere nuovi affari, ma anche a condividere esperienze e conoscenze. Ma si può educare a questo spirito imprenditoriale? Non bisogna avere la presunzione di cambiare le menti di tutti. Occorre piuttosto partire da quelle più ambiziose, creative e che possiedono già una visione internazionale. Di solito queste menti, sono quelle di alcuni giovani. Dopo i primi casi di successo ci si potrà presentare, con credibilità, ad un bacino più ampio. Ed il contagio sarà tanto più probabile quanto maggiore sarà la visibilità data ai traguardi raggiunti dai primi. Ottenuta una massa critica sufficiente, l'ultimo passaggio sarà quello di collegare la propria rete con le altre sparse per il resto del mondo. Come detto, ci sono altri aspetti da tenere in considerazione. Ma è stato provato che, se si vuole favorire la creazione di ecosistemi basati sull'innovazione, questi sono i più significativi e probabilmente i punti da cui partire. E volendo raggiungere il punto di massima sintesi, quello che si deve fare sta quindi in 3 semplici azioni: educare all'imprenditorialità, fare rete tra imprenditori e celebrare coloro che ce l'hanno fatta.

Link utili Fonte della notizia: http://tinyurl.com/educare-fare-rete-celebrare Per scaricare lo studio con le cifre sulle aziende nate dal MIT: http://tinyurl.com/impatto-aziende-MIT Il sito web del MIT Entrepreneurship Center: http://entrepreneurship.mit.edu

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L' Open Innovation applicata ai servizi

Dopo aver cambiato il modo in cui molte aziende guardano allo sviluppo dei loro prodotti, l'open innovation può essere applicata anche alla ideazione di nuovi servizi Parole chiave: Open Innovation, servizi, cliente

Le economie occidentali sono già profondamente basate sul settore dei servizi; oggi, considerando i paesi OCSE, vi trova occupazione il 70% della forza lavoro. E la tendenza non è certo destinata a cambiare, vista l'ampia presenza di economie a basso costo di manodopera, prima tra tutte quella cinese. Però, le imprese dei paesi avanzati, cresciute grazie all'innovazione prodotta dalle nuove tecnologie, sembrano non essere altrettanto preparate ad innovare nel campo dei servizi. Una delle prime cose da fare sarebbe quella di rimpiazzare la ben nota catena del valore di Porter, che si fonda su un materiale in ingresso ed un prodotto in uscita e i cui servizi sono praticamente limitati alla sola fase di post-vendita. Piuttosto, occorrerebbe pensare ad un modello iterativo di co-creazione del servizio con il cliente. In breve, non dovremmo accontentarci che questo ci racconti il suo problema. Intervenendo con una serie di domande aperte, starà a noi capire sia il contesto che la situazione specifica e proporre la prima soluzione. Questa dovrà essere vagliata dal cliente che potrà chiedere chiarimenti, approfondimenti e proporre modifiche per una seconda soluzione, in un ciclo che terminerà solo con un'accettazione o rifiuto della nostra proposta. Inoltre, alcuni concetti dell'open-innovation possono essere prontamente applicati ai servizi. In generale, quando si parla di innovazione aperta ci si riferisce a due aspetti tra loro complementari. C'è lo sfruttamento di idee e tecnologie che arrivano dall'esterno e che altrimenti non si sarebbero potuto creare internamente, superando la sindrome del “non inventato qui”. D'altro lato, c'è il mettere nelle mani di altri le proprie idee e tecnologie, che altrimenti sarebbe stato difficile monetizzare al proprio interno, superando la sindrome del “non venduto qui”. Ad esempio, esaminiamo il caso

dei Lego Mindstorms, in origine solo una scatola di mattoncini e motori programmabili con un software che Lego stessa rilasciò in prima istanza chiuso, ovvero con una serie predefinita di comandi, non modificabili dall'utente. Però, dopo che alcuni programmatori riuscirono comunque ad “aprire” il software e ad apportare in fin dei conti solo delle migliorie, Lego decise di rilasciare il software aperto, quindi a disposizione di chiunque volesse cimentarsi nell'aggiungere nuove funzionalità. In questo modo, i Lego Mindstorms finirono per trovare ampia diffusione nelle scuole medie inferiori americane, dove venirono e vengono tuttora utilizzati per insegnare i primi rudimenti della Robotica. Sulla base di questa esperienza, avvenuta appunto all'esterno e senza la volonta esplicità dell'azienda, Lego ne ha creato un intera gamma di servizi che supportano l'educazione alla tecnologia e alle scienze. Vediamo ora come Amazon, la proprietaria dell'omonimo sito di acquisti on-line, è evoluta nel tempo. Nata appunto come semplice azienda di e-commerce, si è ben presto evoluta in piattaforma, permettendo ad interi produttori di vendere la loro merce attraverso il suo canale. Quindi, inglobando attori sempre più grandi e sempre più attenti alle potenzialità offerte da Internet, questi hanno chiesto ad Amazon di creare per loro stessi delle simili soluzioni. A questo punto, Amazon si sarebbe potuta rifiutare, ritenendo il proprio know-how in materia, un asset strategico. Al contrario, Amazon ha pensato di monetizzare su questo, creandone una nuova linea di business. Ed ora la società americana, non solo crea siti di e-commerce ma offre anche la possibilità che questi vengano ospitati presso i propri server. Più recentemente, sfruttando la propria infrastruttura, Amazon offre direttamente servizi di cloud-computing a qualsiasi impresa, che paga in base al

consumo che ne fa, permettendo di trasformare un costo fisso, spesso molto oneroso, in uno variabile. Ovviamente, non è facile per un'azienda che ha sempre venduto prodotti reinventarsi come fornitore di servizi. Spesso questi sono utilizzati come mezzo per favorire la chiusura di una vendita. Ora si ha l'arduo compito di definirne un prezzo e cominciare a venderlo ai clienti. Le cose più opportune da fare in questa fase sono principalmente due. Occorre rimodulare i premi di produzione della forza vendita, che devono tener conto anche dei servizi venduti. Inoltre, è più facile cominciare con i clienti che già hanno i nostri prodotti, puntando sul comunicare il valore aggiunto che questi servizi apporteranno a quello che già hanno. Infine, si dovranno adottare nuove metriche che valutino la bontà della nosta offerta, come il costo di acquisizione di un cliente, il suo grado di soddisfazione e la percentuale di quelli rimasti nel nostro portafoglio, da un anno all'altro. Ma i benefici che si avranno da questo cambiamento sono molteplici. Prima di tutto è più facile differenziarsi dai concorrenti. Poi, se si porta un reale valore, sarà meno probabile che il cliente ci abbandoni. In ultimo, lo stretto legame che si crea con il cliente favorirà lo scambio di nuove esperienze e conoscenza da cui emergeranno nuove opportunità di collaborazione. Riassumendo, quali sono le azioni da fare? Si deve lavorare a stretto contatto con il cliente. Se nasce la possibilità di un nuovo servizio, si potrebbe attuare, come in IBM, la procedura del così detto Progetto Pilota in cui la soluzione sarà quella tagliata sulle esigenze del ciente stesso e sarà il primo a farne uso, ma noi avremo poi la possibilità di riproporlo ad altri. Ci si deve quindi concentrare sull'utilità che il prodotto apporta. Xerox è passata dal farsi pagare le fotocopiatrici a farsi pagare direttamente

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il foglio stampato, su cui carica tutti i costi d'istallazione, affitto e manutenzione dei macchinari. Procter&Gamble, tra i primi a fare uso

di questo servizio, ha dichiarato risparmi del 25%. Infine, il nostro servizio deve essere tale da entrare profondamente nei processi aziendali del cliente e non solo

perchè sarà poi più difficile rimpiazzarci, ma sopratutto per acquisire know-how altrimenti difficilmente accessibile, da cui ideare nuove proposte.

Link utili Fonte della notizia: http://tinyurl.com/open-innovation-servizi I servizi Lego Mindstorms Education: http://tinyurl.com/Lego-Mindstorms-servizi Il sito di servizi di Amazon: http://aws.amazon.com

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Nuovi servizi

per una popolazione che sta invecchiando

Cosa si potrà ottenere e cosa si dovrà accettare con l'uso delle nuove tecnologie dell'informazione Parole chiave: Informatica, servizi, invecchiamento

La sfida che abbiamo di fronte ad una popolazione occidentale che sta sempre più invecchiando non è solo quella di rilasciare nuove tecnologie, ma anche quella di crearne servizi innovativi. Inoltre, sarà necessario mettere preventivamente in guardia su cosa si dovrà concedere. Infatti, con le attuali conoscenze informatiche potremmo già oggi creare sinergie tra la grande distribuzione e chi fornisce assistenza sanitaria. Consideriamo ad esempio la figura del dietologo, oltre a prescrivere la dieta potrebbe contestualemente ordinare per via telematica il cibo presso l'esercizio convenzionato. Sarà poi compito di quest'ultimo consegnare la spesa direttamente a casa dell'assistito, nei tempi e nelle quantità decise dal professionista. Anche le console per giochi elettronici, come ad esempio la Wii e la X-box, hanno già tutte le caratteristiche tecniche per essere piattaforme educative e non solo di svago, che coinvolgano in una vita più sana. Analogamente, perchè non utilizzare

sistemi di videochiamata come Skype, non solo per sentire parenti e amici lontani ma anche per stare regolarmente in contatto diretto con chi fornisce assistenza medica e/o sanitaria? In ultimo, dispositivi portatili e sensori sono già capace di monitorare 24 ore al giorno per 7 giorni la settimana le condizioni di salute dei malati cronici. Perchè non fare uso della stessa tecnologia per motivare l'individuo ad una vita più salutare lungo tutto l'arco della sua vita, allontanando il pericolo che questa addirittura si manifesti in vecchiaia? Comunque una così nuova tipologia di servizi porterà con se nuove sfide e problematiche da affrontare. Probabilmente il concetto di privacy dovrà essere rivisto o almeno declinato diversamente, quando si tratterà della propria salute e benessere. Praticamente, si dovrà accettare di essere sempre “in onda”. Tutti gli operatori sanitari dovranno richiedere un'opportuna formazione. D'altro lato, questi dovranno comprendere che alcune procedure dovranno essere

necessariamente riviste e che l'uso dello strumento informatico sarà la norma e non più una breve sperimentazione. Le politiche pubbliche di informatizzazione e digitalizzazione dovranno essere tali da portare beneficio al maggior numero posibile di persone, coinvolgendo tutti gli attori in campo. Quindi, non si potrà fare a meno di un sempre maggior coinvolgimento del settore privato. C'è un grande fermento attorno alle tecnologie dedicate a migliorare le aspettative di vita dei più adulti. Ma altrettanta attenzione dovrà essere dedicata a come trasformare queste invenzioni in innovazioni, cioè in reali benefici per entrambi i fronti: chi la cura la prescrive e la esegue e chi la subisce. Introducendo nuove tecnlogie sarà necessario riorganizzare i servizi ed aggiornare i modelli di business su cui ora si reggono, riprogrammare la formazione degli operatori e, non meno importante, riformulare le aspettative dei consumatori finali.

Link utili Fonte della notizia, dal blog di Joseph Coughlin, direttore dell'AgeLab: http://tinyurl.com/tecnologia-invecchiamento Il sito di Age Lab, il centro di ricerca del MIT sulle tecnologie applicate all' invecchiamento della popolazione: http://agelab.mit.edu

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Elettrodi di

grafene per le celle fotovoltaiche organiche

Ricercatori del MIT risolvono uno dei principali problemi legati alla diffusione dei pannelli solari a celle organiche Parole chiave: Energia, fotovoltaico, carbonio, Eni

Nuovo passo avanti nella realizzazione di pannelli solari a celle fotovoltaiche organiche che, capaci di trasformare l'energia solare in elettricità come avviene per le celle al silicio, sono anche leggere, flessibili, trasparenti e ben più economiche. Tali pannelli potranno essere applicati, ad esempio, su finestre senza però impedirne il passaggio della luce, su superfici non necessariamente piane, su supporti arrotolabili quindi facilmente richiudibili e trasportabili ed infine su pannelli solari già esistenti, aumentandone l'efficienza energetica a parità di superficie esposta. Infatti, i professori Jing Kong and

Vladimir Bulović grazie ad una ricera finanziata dall'Eni-MIT Alliance Solar Frontiers Center, cioè il centro di ricerca sulle tecnologie legate allo sfruttamento dell'energia solare supportato dall'italiana Eni, dichiarano di aver la soluzione ad uno dei principali problemi legati alle celle fotovoltaiche organiche. Fino ad oggi, non era stato ancora individuato, per l'elettrodo, un materiale altrettanto leggero, flessibile, trasparente ed economico. I ricercatori del MIT l'hanno quindi trovato nella grafene. Si tratta di un materiale costituito da una struttura reticolare di atomi di carbonio, quindi spessa quanto il solo atomo, che però è

idro-repellente, cioè difficile da far aderire alla cella adottando il tipico processo di deposizione di una soluzione acquosa. Ma i ricercatori, “dopando” la superficie della cella con delle impurità, sono riusciti a risolvere questo aspetto, aumentando contemporaneamente la conduttività della superficie stessa portandola prossima a quella del silicio. Lo studio, che inizialmente era stato focalizzato su un unico elettrodo, è già passato alla fase successiva: realizzare anche l'altro elettrondo e studiare processi di produzione di grafene su larga scala, un campo che, fortunatamente, è già molto attivo.

Link utili Fonte della notizia: http://tinyurl.com/elettrodo-organico Il centro di ricerca del MIT finanziato da Eni: http://sfc.mit.edu

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Innovation in a Networked World, ne

parlerà il MIT a Vienna

Il prossimo appuntamento europeo del MIT per capire come sfruttare questo Mondo, oramai interconnesso Parole chiave: Conferenza, innovazione, reti, Vienna

L'ISTAO, in qualità di associato all'Industrial Liason Program del Massachussetes Institute of Technology, parteciperà alla prossima edizione della MIT Europe Conference, l'appuntamento europeo che mette a confronto i professori e i ricercatori del MIT con le istituzioni e il mondo dell'industria su temi legati al mondo dell'innovazione. L'evento di quest'anno, che si terrà il 23 e 24 marzo prossimi a Vienna, avrà come titolo Innovation in a Networked World: Technology, People and Places. Lo spunto nasce dalla crescente diffusione di dispositivi mobili, sensori, media interattivi e, più in generale, tecnologie informatiche in grado di creare non solo reti di persone ma anche di idee e di

luoghi fisici. La conferenza sarà quindi incentrata su come un Mondo interconnesso possa rendere aziende, istituzioni e comunità più socialmente responsabili e produttive. Tra i relatori saranno presenti anche gli italiani Professor. Federico Casalegno e Carlo Ratti. Il primo parlerà di progettazione di reti capaci di collegare persone, luoghi ed informazioni e di come queste hanno cambiato il modo in cui l'uomo interagisce con lo spazio che lo circonda e accede al sapere. In ultimo, mostrerà il suo progetto di casa connessa e sostenibile, sviluppata in collaborazione con la Fondazione Bruno Kessler di Trento. Il secondo parlerà di città in real-time, di come sensori e dispositivi mobili

possono dare un quadro in tempo reale di quello che sta succedendo nelle nostre città e di come queste tecnologie saranno gli strumenti di progettazione urbana del prossimo futuro. Ne è un esempio la Copenhagen Wheel, una bicicletta, sviluppata in collaborazione con la bolognese Ducati Energia S.p.A. e il nostro Ministero dell'Ambiente, capace di rilevare la qualità dell'aria del luogo in cui ci troviamo a pedalare. Un'altra presenza interessante sarà quella del Professor Alex Slocum, che applicherà dal vivo e quindi con il coinvolgimento della platea il suo metodo di progettazione. In particolare, si tratterà di trovare soluzioni al problema dell'assistenza domiciliare di anziani e disabili.

Link utili La pagina del MIT dedicata all'evento: http://tinyurl.com/evento-Vienna Il progetto di casa connessa del Prof. Casalegno: http://tinyurl.com/Casalegno-casa-connessa La Copenhagen Wheel di Carlo Ratti: http://tinyurl.com/Ratti-Copenhagen-Wheel

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ISTAO • Ente Morale Riconosciuto

Con DPR n. 506 del 24-2-1977

Villa Favorita • via Zuccarini, 15

60131 Ancona • Italy

Tel. +39 071 2137011

Fax. +39 071 2901017

[email protected] • www.istao.it