RELAZIONE PREVISIONALE E PROGRAMMATICA 2015 trasparente... · Stato di attuazione delle precedenti...

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1 ___________________________________ RELAZIONE PREVISIONALE E PROGRAMMATICA 2015 DELLA CAMERA DI COMMERCIO INDUSTRIA ARTIGIANATO E AGRICOLTURA DI BELLUNO ____________________________________ Proposto dalla Giunta camerale con deliberazione n. 103 del 21.10.2014 e approvato dal Consiglio camerale con deliberazione n. 08 del 28.10.2014

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___________________________________ RELAZIONE PREVISIONALE E PROGRAMMATICA 2015 DELLA CAMERA DI COMMERCIO INDUSTRIA ARTIGIANATO E AGRICOLTURA DI BELLUNO ____________________________________ Proposto dalla Giunta camerale con deliberazione n. 103 del 21.10.2014 e approvato dal Consiglio camerale con deliberazione n. 08 del 28.10.2014

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Indice Premessa 3 1. Analisi di scenario e definizione del quadro di riferimento 4

a) STRUTTURA SOCIO - ECONOMICA DELLA PROVINCIA 4

- La popolazione 4 - Il valore aggiunto 6 - L’imprenditoria 7

b) BILANCIO CONGIUNTURALE 9

- Il 2013 in sintesi 9 - Le tendenze nel 2014 16

c) QUADRO ISTITUZIONALE E NORMATIVO DI RIFERIMENTO 35 d) IL SISTEMA CAMERALE E I RAPPORTI DI COOPERAZIONE CON LE ISTITUZIONI LOCALI 36

2. Analisi del contesto tecnico ed organizzativo della Camera 37

a) LA STRUTTURA ORGANIZZATIVA E LE RISORSE UMANE 37 b) LA STRUTTURA TECNOLOGICA A SUPPORTO DELL'ATTIVITA' 38

3. Stato di attuazione delle precedenti linee programmatiche 40 4. Analisi risorse economiche, finanziarie e patrimoniali della Camera 47 5. Programma delle iniziative per l'anno 2015 48

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Premessa L’adozione da parte del Consiglio camerale della Relazione previsionale e programmatica è prevista dall’art.5 del D.P.R. 2 novembre 2005, n.254, con lo scopo di aggiornare annualmente il Programma pluriennale di cui all’art.4 e deve essere approvata dal Consiglio. Lo stesso art.5 prevede altresì che abbia carattere generale ed illustri i programmi che si intendono attuare nell’anno di riferimento, in rapporto alle caratteristiche e i possibili sviluppi dell’economia locale e al sistema delle relazioni con gli organismi pubblici e privati operanti sul territorio, specificando, altresì, le finalità che si intendono perseguire e le risorse a loro destinate. Si tratta quindi di un documento di indirizzo strategico per l’esercizio 2015, che deve essere necessariamente collegato con il Programma Pluriennale 2013-2017 approvato dal Consiglio camerale subito dopo il suo insediamento. Essa rappresenta una ricognizione ed al tempo stesso un aggiornamento del Programma Pluriennale, a cui dà progressiva attuazione e traccia le linee di indirizzo per la predisposizione del prossimo bilancio preventivo. Nella relazione c’è la valutazione di ciò che è stato fatto e quello che è opportuno fare nel prossimo anno, scegliendo le iniziative più coerenti e concentrando gli interventi dove massima può essere l’efficacia. Tutto ciò tenendo conto in particolare del rapido mutare degli scenari in cui la Camera è chiamata ad operare. Il 2015 rappresenta il terzo anno del mandato della presente amministrazione insediatasi il 4 dicembre 2012. Dopo una iniziale presa di confidenza con i meccanismi che regolano l’amministrazione camerale, si può ora pensare ad una più efficace capacità decisionale sia da parte della Giunta che del Consiglio camerale. Il tutto tenendo sempre presente le risorse a disposizione e i limiti normativi posti alle scelte dell’amministrazione. In tale contesto l’operato della Camera dovrà essere ottimale al fine di poter dare il proprio concreto contributo a favore del sistema delle imprese della provincia, che deve rappresentare il primo obiettivo dell’ente. Va innanzitutto premesso che, pur se potranno essere assicurati con la consueta qualità e tempestività i servizi amministrativi e di assistenza diretta alle imprese, la capacità dell’Ente di destinare risorse per intervenire efficacemente a supporto del sistema economico provinciale per il 2015 subirà un deciso arresto per l’intervento dei tagli decisi dal Governo con il D.L. 90/2014 convertito in L. n. 114/90 ove sono stati previste diminuzioni per il versamento del diritto annuale da parte delle imprese, per il triennio 2015 – 2017, che vanno rispettivamente dal 35 al 50%. Tutto ciò in una prospettiva di un nuovo riordino delle Camere di Commercio, nell’ambito di una più articolata riforma della Pubblica Amministrazione, contenuta in un disegno di legge delega proposto dal Governo ed in questo periodo al vaglio delle competenti Commissioni Parlamentari. La capacità economica della Camera di Commercio di Belluno di assorbire questo drastico intervento di riduzione dei proventi appare possibile per il 2015, pur con seri sacrifici, ma appare non sostenibile per gli esercizi futuri. Sarà compito della Giunta e del Consiglio effettuare le opportune valutazioni circa le prospettive che si pongono all’orizzonte per assicurare la funzionalità dell’Istituzione camerale a sostegno dell’economia del territorio. Nelle more di tali valutazioni strategiche la pianificazione delle attività dell’Ente è così di seguito descritta.

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1. Analisi di scenario e definizione del quadro di riferimento a) STRUTTURA SOCIO-ECONOMICA DELLA PROVINCIA - Popolazione Nel decennio compreso tra gli ultimi due censimenti della popolazione la provincia è cresciuta di appena 451 residenti: dai 209.550 individui censiti il 21 ottobre 2001 si è passati ai 210.001 del 9 ottobre 2011. Due anni più tardi, a fine 2013, il totale dei residenti, scendendo di 571 unità sull’anno precedente, si è posizionato a quota 209.430, somma di 108.375 femmine e 101.055 maschi. Stante la particolare morfologia del territorio e la densità abitativa media della provincia (57,03) si è confermata di gran lunga la più bassa del Veneto (267,7). La popolazione risulta tuttavia variamente distribuita sul territorio provinciale: si passa infatti dal dato più alto dei centri maggiori, Belluno e Feltre (rispettivamente al 244,5 e al 207,06), ai riscontri, assai ridotti, di Perarolo (fermo all’8,7) e di Ospitale di Cadore, che tocca i 7,7 abitanti per kmq. Le dinamiche in atto evidenziano che lo spopolamento interessa a macchia di leopardo una buona parte del territorio e dunque non soltanto la sua area più montuosa, che pure soffre in misura maggiore. In effetti basta scorrere l’elenco dei 17 municipi che nel 2013 hanno registrato un incremento demografico (Belluno, Canale d’Agordo, Lentiai, Limana, Mel, Pedavena, Perarolo, Ponte nelle Alpi, Rivamonte Agordino, San Gregorio nelle Alpi, Santa Giustina, San Tomaso Agordino, San Vito di Cadore, Sappada, Sedico, Selva di Cadore e Trichiana) per sincerarsi che i comuni contraddistinti dal segno “più” non fanno parte solo della Valbelluna. Otto comuni (Soverzene, Colle Santa Lucia, San Nicolò di Comelico, e, in Cadore, Danta, Cibiana, Ospitale, Perarolo e Zoppè) non hanno raggiunto nemmeno i 500 abitanti; tra loro il più piccolo è Zoppè, che vanta appena 236 residenti. Inoltre, ci sono 19 municipi che si pongono al di sotto di quota 1.000. La presenza di un numero tanto elevato di microcomuni (soprattutto in Cadore e nell’Agordino) rende ormai ineludibile uno sviluppo rapido del processo di fusione tra realtà municipali contigue (come accaduto per Quero-Vas e Longarone-Castellavazzo), specie in quota, al fine di garantire un governo più efficace delle comunità locali e una miglior razionalizzazione dei servizi. Nel corso del 2013 si è verificato un ulteriore calo delle nascite, con soli 1.470 nati a fronte di 2.568 morti: di conseguenza il saldo naturale risulta in passivo e pari a – 1.098 unità. Non a caso il tasso di natalità1 registrato in provincia nel 2013 (7,0) appare largamente sottodimensionato rispetto al riscontro regionale (8,6) e nazionale (8,5). Da almeno un ventennio la provincia è caratterizzata da un trend demografico negativo, esasperato dalla perdurante crisi economica. Tra il 2009, anno di esplosione delle difficoltà, e il 2013 la popolazione residente è diminuita in 56 comuni su 69. Hanno tenuto i centri maggiori della Valbelluna (solo Mel è in calo), ma se Sedico ha varcato quota 10mila, spicca la performance in rosso di Zoldo Alto, che, nel quinquennio in questione, ha visto assottigliarsi addirittura del 10% circa i residenti, scesi da 1.036 a 935 unità. Polo di attrazione delle vallate sono i centri maggiori, tanto che Agordo è il solo dei 15 comuni agordini in crescita, mentre nella parte meridionale il segno positivo riguarda solo Feltre e Lentiai. Tutti e cinque i comuni alpagoti hanno evidenziato la propria sofferenza demografica, mentre nella parte nord della provincia (Cadore, Comelico e Ampezzano) 19 comuni su 22 hanno visto calare i propri cittadini.

1 Rapporto tra il numero dei nati vivi dell’anno e l’ammontare medio della popolazione residente, moltiplicato per 1.000.

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L’età media della popolazione è salita vistosamente dai 44,2 anni del 2002 ai 46,5 del 2013 ed è superiore di oltre due anni all’analogo dato del Veneto (44,3) e nazionale (44,2). La piramide rovesciata della popolazione è contraddistinta da una percentuale calante di giovani, che dovrà farsi carico, tra qualche decennio, del compito di mantenere e di prendersi cura di un sempre crescente numero di anziani. Il tessuto demografico bellunese sta subendo un impoverimento sociale, culturale ed economico che è sotto gli occhi di tutti e che non potrà non avere ripercussioni sul futuro assetto della provincia. Va rimarcato tuttavia che l'origine di tale squilibrio, nel Bellunese più vistoso che altrove, non si deve soltanto a una natalità depressa, acuita dalle crescenti difficoltà economiche, ma anche a un nuovo fenomeno migratorio legato alla crescente disoccupazione giovanile, che vede un numero sempre maggiore di giovani, in possesso di un titolo di studio e di un mestiere, stabilirsi all’estero per poter lavorare, senza spesso far più ritorno nella terra d’origine. Si tratta con ogni evidenza di un grave danno per la comunità e per il nostro sistema produttivo. In provincia di Belluno la popolazione residente è in declino o al più costante sotto il profilo numerico, il processo di invecchiamento è peraltro rapido e i saldi migratori appaiono piuttosto contenuti. Tuttavia, a mitigare gli effetti negativi del decremento demografico provvede, nonostante la sfavorevole congiuntura economica, l’apporto degli immigrati residenti in provincia che nel 2011 toccavano le 12.468 unità, salite a 12.970 nel 2012 e posizionatesi a quota 13.326 alla fine del 2013, con le donne (7.546 unità, ossia il 56,6% del totale) in netta prevalenza rispetto ai 5.780 uomini, in virtù del fatto che vengono fortemente richieste per l’assistenza e la cura degli anziani. Gli stranieri – che costituiscono il 6,4% della popolazione dell’intera provincia - risiedono soprattutto nei centri maggiori (da soli Belluno e Feltre ne annoverano oltre un terzo del totale) o più industrializzati (come Sedico, Ponte nelle Alpi, Ospitale e Agordo), oppure più vicini alla pianura (è il caso di Alano dove sono in 511 su un totale di 2.878 unità), mentre nelle aree montane sono presenti in misura ridottissima. Il riscontro provinciale risulta in ogni caso molto al di sotto rispetto della percentuale del Veneto (10,4%) e delle altre sei province della regione, tra le quali, a quota 11,9%, primeggia Verona che ha scalzato Treviso (11,4%). La provincia più vicina a Belluno è Rovigo, al 7,9%. Con riferimento al movimento naturale della popolazione residente, va sottolineato che da almeno un ventennio in provincia il totale dei morti è costantemente superiore a quello dei nati. Di conseguenza, il saldo naturale ha un andamento sempre negativo, non dissimile dal trend nazionale, mentre nel Veneto per parecchi anni le nascite, grazie al contributo degli emigrati, hanno superato i decessi, con l’eccezione del 2012, quando è tornato in auge il segno meno. L’indice di vecchiaia2 ha registrato un netto peggioramento tra il 2001 e il 2011: si è passati infatti da un valore medio provinciale pari a 171,2 al 185,7 dell’ultimo censimento, ma ancor più preoccupante risulta il 196,5 del 1° gennaio 2014. Ben cinque comuni (Arsiè, Gosaldo, Lamon, Zoldo Alto e Zoppè di Cadore) nel 2012 avevano oltrepassato quota 300: ciò significa che in tali realtà gli ultrasessantacinquenni avevano più che triplicato per numerosità il totale dei giovani fino ai 14 anni. Al termine del 2013 ai comuni appena elencati si sono aggiunti Cibiana e Forno di Zoldo, mentre in quel di Zoppè l’indice è schizzato a 520. La provincia di Belluno si sta trasformando in una riserva di anziani: gli ultrasessantacinquenni sono cresciuti dal 21,2 del 2002 al 24,5% del 2014, una percentuale ben superiore al 21,3% del Veneto e al 21,4% nazionale.

2 È il rapporto percentuale tra la popolazione di 65 anni e più e i giovani fino a 14 anni.

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Ma anche l’analisi di altri indicatori offre qualche interessante indicazione. Si prenda ad esempio l’indice di dipendenza strutturale3: al 31 dicembre 2012 la media veneta era pari a 54,1 e quella italiana al 54,2 mentre a Belluno saliva al 57,8 ed era la più alta tra le 7 province venete. Ebbene, un anno dopo il dato provinciale - attestatosi a quota 58,5 – evidenzia come l’aumento di popolazione non attiva rappresenti un fenomeno sempre più esteso e preoccupante. Per contro tra il 2012 e il 2013 l’indice di dipendenza strutturale dei giovani4 è calato da 19,9 a 19,7 mentre l’indice provinciale di dipendenza degli anziani5 è cresciuto dal 37,9 al 38,8 e si è confermato il più alto del Veneto. L’indice di ricambio6 mette invece in luce come non sia affatto facile per i giovani sostituire coloro i quali per raggiunti limiti d’età stanno per uscire dal mondo del lavoro: dal 158,7 di fine 2012 si è passati infatti al 157,5 di un anno dopo. Suddivisa per fasce d’età la popolazione provinciale nel 2013 appare così composta: gli over 65 anni rappresentano il 24,5 del totale (dal 23,5% del 2011), la fascia intermedia dai 15 ai 64 tocca il 63,1 (dal 63,8 di due anni prima) mentre il restante 12,4 riguarda gli under 14 (allora al 12,7). L’aumentato peso degli ultrasessantacinquenni fa da contraltare al calo dei bambini fino a 14 anni, attutito dalla presenza di stranieri, notoriamente più prolifici dei residenti. Pur trattandosi di dinamiche di lungo periodo (ci sono voluti sessant’anni per passare da una percentuale di anziani di 9,6% a una del 23,5%), la progettazione e l’avvio di politiche familiari e demografiche si configura ormai come una necessità indifferibile. Desta preoccupazione, in prospettiva, anche il rilevante calo della classe lavoratrice 15-64 anni, scesa dal 66,4 del 2001 al 63,1 del 2013. Anche in questo caso Belluno sconta un divario consistente sia dal Veneto (che pure è sceso dal 68,2 del 2002 al 64,6 del 2013) che dall’Italia (al 64,7). - Valore aggiunto L’analisi della struttura economica provinciale in funzione del valore aggiunto7 consente di esaminare il peso di ciascun settore in rapporto ad altre province, al Veneto e all’Italia. Secondo le stime preliminari elaborate dall’Istituto Tagliacarne, nel 2013 il valore aggiunto della provincia di Belluno sarebbe risultato pari a poco più di 5,7 miliardi di euro, sostanzialmente stabile (-0,2%) rispetto al riscontro del 2012. I valori disaggregati attualmente disponibili riguardano il 2012 e indicano che, come è ormai consuetudine, a fornire il contributo più rilevante è stato il comparto dei servizi con il 60,1%. L’industria vale invece poco meno di un terzo del totale, mentre le costruzioni hanno raggiunto quota 6,3%. Rispetto al 2011 spicca l’arretramento significativo dell’edilizia che allora “contava” per il 7,5%, segno evidente del peso della crisi sul settore. Per contro hanno segnalato lievi espansioni l’industria (al 31,4% nel 2011) e i servizi (allora al 59,8%).

3 È il rapporto tra popolazione in età non attiva (0-14 anni e 65 anni e più) e popolazione in età attiva (15-64 anni), moltiplicato per 100. 4 È il rapporto tra la popolazione fino a 14 anni e la popolazione in età attiva (15-64 anni). 5 È il rapporto tra popolazione di 65 anni e più e popolazione in età attiva (15-64 anni), moltiplicato per 100. 6 È il rapporto tra coloro che stanno per “uscire” dalla popolazione potenzialmente lavorativa (età 60-64 anni) e il numero di quelli potenzialmente in ingresso nel mercato del lavoro (15-19 anni), moltiplicato per 100. 7 Grandezza macroeconomica (proxy del PIL) che misura il reddito prodotto da un’economia e quindi la capacità di un territorio di creare ricchezza. In base alle definizioni fornite dall’Istat, il valore aggiunto rappresenta “l'aggregato che consente di apprezzare la crescita del sistema economico in termini di nuovi beni e servizi messi a disposizione della comunità per impieghi finali. È la risultante della differenza tra il valore della produzione di beni e servizi conseguita dalle singole branche produttive e il valore dei beni e servizi intermedi dalle stesse consumati (materie prime e ausiliarie impiegate e servizi forniti da altre unità produttive). Corrisponde alla somma delle retribuzioni dei fattori produttivi e degli ammortamenti”.

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Fermo restando che il suo ruolo risulta fondamentale alla conservazione dell’ambiente e alla valorizzazione del territorio, anche in sinergia con il turismo, l’agricoltura è il comparto economico che meno degli altri contribuisce alla realizzazione del reddito provinciale, anche a causa della particolare morfologia del territorio che rende questa attività più faticosa e meno produttiva rispetto alle zone più pianeggianti. Il suo apporto si limita infatti all’1,3%. Lo iato con l’agricoltura veneta e italica è piuttosto ampio, collocandosi queste attorno al 2%. Ciò che balza all’occhio dal confronto geografico è comunque il ruolo preponderante del manifatturiero locale, che con un contributo del 32,3%, cioè come precedentemente precisato quasi un terzo del valore aggiunto totale prodotto nel Bellunese, è nettamente superiore al Veneto (25,1%), che pure è una regione particolarmente votata all’industria, e all’Italia (18,4%). Per quanto attiene le costruzioni, il valore provinciale è in media con quello regionale e appena al di sopra di quello nazionale, mentre nei servizi si sconta la minor terziarizzazione del territorio (Veneto 66,5% e Italia 73,8%). - Imprenditoria Fino a cinquant’anni addietro l’economia bellunese poggiava quasi esclusivamente sull’agricoltura e sull’allevamento bovino, su un modesto artigianato di trasformazione delle risorse naturali presenti sul territorio (legno, pietra, lana, ecc.), e, per integrare il reddito, sull’obbligato e massiccio ricorso alla pratica migratoria. Il sistema produttivo della provincia è mutato alla radice a seguito dell’introduzione della legislazione del “dopo Vajont” e del concomitante boom economico che hanno portato al graduale abbandono del settore primario, che ha ceduto il passo alla tumultuosa espansione del manifatturiero nel territorio. La scarsità di residenti in età lavorativa (tra 14 e 65 anni) e la conformazione montuosa della provincia hanno favorito il radicamento al suo interno delle piccole aziende. Occhialeria e meccanica vantano le imprese meglio strutturate, ma il tessuto imprenditoriale locale resta composto da una miriade di ditte individuali e di società di persone spesso a conduzione familiare (l’85% sul totale al 31 dicembre 2013). Unioncamere ha addirittura calcolato che nel 2012 la quota di imprese familiari bellunesi con addetti sul totale imprese attive (incluse quelle con sede fuori provincia) era dell’88,1%, un valore che non trova pari tra le consorelle venete (83,8% la media regionale) né nell’Italia intera (81,9%). Nell’industria in senso stretto le imprese familiari rappresentano il 90,2% del totale, percentuale che sale nell’edilizia e nel turismo, mentre risulta decisamente più bassa (73,3) negli altri servizi. I maggiori poli industriali si trovano nell’Agordino, in Valbelluna (tra Longarone e Feltre), nel Cadore e in Alpago. Il distretto bellunese dell’occhiale, leader mondiale del settore, è composto da cinque multinazionali, alcune medie imprese e parecchie aziende piccole o piccolissime. In Valbelluna va citato per la sua importanza il polo del freddo che produce frigoriferi e banchi refrigeranti per alimenti. Nonostante uno sviluppo assai rapido, la propensione al rischio di impresa risulta tuttora meno diffusa a Belluno che altrove, il che si traduce in una scarsa densità imprenditoriale (cioè numero di unità locali attive ogni mille abitanti, con l’indice bellunese che si ferma a 90,3 rispetto al 109,5 del Veneto e il 103,1 dell’Italia), un tasso di natalità e sviluppo imprenditoriale inferiore, nonché un rapporto tra impieghi e depositi molto basso che indica un’altrettanto limitata propensione a investire (secondo l’inserto de Il Sole 24 Ore sulla Qualità della vita pubblicato il 2 dicembre 2013, Belluno occupa la 78esima posizione su una graduatoria di 107 province). Questi deludenti riscontri si configurano come un retaggio, nelle vallate bellunesi, di innumerevoli generazioni di emigranti, e, di conseguenza, nella consolidata abitudine al lavoro subordinato. Si tratta di un fenomeno difficilmente modificabile in tempi brevi, e, del resto, la presenza, in ambito provinciale, di alcuni colossi

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industriali che assorbono la maggior parte delle energie lavorative delle vallate, non ha certo favorito il moltiplicarsi del rischio d'impresa. Nel momento in cui la crisi ha intaccato la capacità di produrre reddito da parte delle multinazionali e le loro strategie hanno guardato altrove, si è creato un vuoto di iniziativa che i privati, poco avvezzi a intraprendere, hanno faticato a colmare di loro iniziativa. La minore propensione all’imprenditorialità dei bellunesi rispetto al cittadino veneto e italiano può anche essere messa in relazione alla presenza di un manifatturiero capillarmente diffuso nel nostro territorio, in grado di assorbire numerosa manodopera e di costituire altresì un disincentivo allo sviluppo di nuove iniziative imprenditoriali. Un’ulteriore conferma della più lenta evoluzione delle imprese bellunesi viene dal peso delle società di capitale attive, che a fine 2013 costituivano il 12,4% del totale provinciale, un riscontro decisamente inferiore della media regionale (19,1%) e italiana (19%). Dieci anni prima, nel 2003, la percentuale veneta di società di capitali aveva raggiunto il 13%, un dato che la nostra provincia non ha ancora conseguito: basta questo riferimento per affermare come sia indispensabile colmare questo gap strutturale per rendere il tessuto imprenditoriale della provincia più forte e competitivo. Alla luce dei dati strutturali è interessante infine osservare l’incidenza percentuale delle imprese femminili, di quelle giovanili e delle imprese straniere8, rapportandola al dato regionale e nazionale. Al termine del 2013 le 3.364 imprese femminili (al netto delle non classificate) in attività costituivano il 22,6% del totale conteggiato nel Registro delle Imprese, una percentuale leggermente superiore a quella registrata in Veneto, pari al 22,4%, ma ancora lontana dalla media nazionale (24,3%). Parallelamente a quanto si verifica per l’imprenditoria bellunese nel suo complesso, l’incidenza delle società di capitali appare piuttosto limitata in relazione al contesto regionale e nazionale, mentre quella delle ditte individuali risulta inferiore solo al dato nazionale. Nel commercio (28,2) e nel turismo (36,6) la presenza femminile in provincia supera tanto la media nazionale (rispettivamente pari a 27,1 e a 33,3%) quanto la media regionale (24,5 e 33,9%), mentre nel manifatturiero Belluno accusa un sensibile ritardo sia riguardo al Veneto (14,4 contro il 18,3%), sia soprattutto verso l’Italia, (19,4). Anche nelle costruzioni (4% rispetto al 7,9 nazionale) e nei trasporti (6,3% rispetto all’11,3 del Paese) per Belluno resta molta la strada da fare. Con riguardo agli imprenditori attivi, al 31.12.2013 le femmine rappresentavano in provincia il 27,9% del totale delle cariche (titolari, soci, amministratore e altre cariche). Il dato si conferma non solo di molto superiore alla media veneta (26,5%), ma supera anche la percentuale nazionale (27,4). Nella nostra regione soltanto Rovigo, col 28,3%, vanta una performance migliore di Belluno. Come è logico attendersi, le donne operano principalmente nel commercio e nei servizi di alloggio e ristorazione, attività che attraggono quasi la metà dell’universo imprenditoriale femminile. Considerata la bassa presenza di stranieri nel territorio provinciale, la percentuale locale di imprese straniere (solo le imprese classificate), pari a 7,6%, risulta giocoforza inferiore a quella nazionale (8,7%) e veneta (8,8%). Belluno riscuote percentuali migliori della nostra regione in campo agricolo, nei servizi alle imprese e nel credito/assicurazioni, ma è indietro in settori chiave dell’economia provinciale come il manifatturiero, l’edilizia e il turismo. Le imprese giovanili bellunesi -nelle quali la partecipazione degli under 35 supera il 50% della compagine sociale- hanno mostrato un dinamismo abbastanza incoraggiante, con un 9,4% di imprese sul totale considerate giovanili (era al 9,2 nel 2012), meglio del Veneto (8,8%) ma lontano dalla media italiana (11,2%). Il settore 8 Le imprese femminili, giovanili e straniere sono l’insieme delle imprese la cui partecipazione rispettivamente di genere, di persone “under 35” e di persone non nate in Italia (informazione desunta dal codice fiscale dell’imprenditore, pertanto viziata da tutti coloro che pur essendo cittadini italiani sono nati oltreconfine) risulta complessivamente superiore al 50% mediando le quote di partecipazione e cariche attribuite.

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più gettonato dai giovani è quello delle assicurazioni e del credito (14,9%), seguito dall’agricoltura (12,4%), e, nell’ordine, da costruzioni, turismo e commercio. Il totale degli imprenditori iscritti al Registro imprese (analizzando le sole imprese attive) ha raggiunto nel 2013 le 24.186 unità, con una diminuzione, sul 2012, dell’1,7%. Mentre gli imprenditori italiani (22.301 unità) sono calati dell’1,8%, la crescita (+3,8%) degli stranieri comunitari (complessivamente 544) appare legata in particolare all’ingresso, dal 1° luglio 2013, della Croazia nella Unione Europea. La crisi ha mietuto vittime anche tra gli imprenditori extracomunitari scesi di un anno addirittura del -2,9%. b) BILANCIO CONGIUNTURALE - Il 2013 in sintesi Durante il 2013 la crisi ha continuato a farsi sentire pesantemente sul territorio provinciale, determinando un ulteriore arretramento per la già provata economia bellunese, zavorrata da un mercato interno asfittico. Il commercio e l’edilizia, in particolare, arrancano ormai da diversi anni a causa del prolungato declino dei consumi e del depauperamento del reddito delle famiglie, cui contribuisce l’inasprirsi della disoccupazione, salita ai massimi storici. Il sistema produttivo locale, dotato di un andamento prociclico, ha negativamente risentito di un contesto congiunturale nazionale assai problematico, incapace di reagire con un cambio di passo a fronte di difficoltà che sono ormai diventate quasi strutturali. La lunga fase recessiva ha minato alle fondamenta il tessuto imprenditoriale della provincia, portando a un impoverimento generale dei suoi abitanti e delle imprese, nonché a un proliferare di situazioni di difficoltà e di disagio sociale. Tuttavia nella parte conclusiva dell’anno si è concretizzato il superamento della fase più critica di una crisi estenuante, che nella nostra provincia è iniziata più tardi, e, con ogni probabilità, pare destinata a concludersi successivamente rispetto ad altre aree del Paese. In effetti l’esame degli indicatori economici ha fornito qualche spiraglio di luce in fondo al tunnel, anche se la fiducia nell’immediato futuro rimane tuttora flebile. A beneficiarne è stato in primo luogo il manifatturiero, dotato – come è noto - di una forte propensione all’export. Il settore ha messo in mostra sensibili miglioramenti rispetto a un 2012 che è stato caratterizzato da difficoltà, incertezze e dati sempre in rosso. L’indagine trimestrale VenetoCongiuntura, ha evidenziato per tutti e quattro i trimestri dell’anno una crescita dei volumi produttivi, con variazioni tendenziali in aumento, culminate con il +2,1% del quarto trimestre, a differenza dei livelli produttivi veneti che si sono mossi in terreno negativo nelle prime tre rilevazioni. Sono state le imprese meglio strutturate e capaci di una presenza capillare nei mercati esteri, a lanciare la ripresa che per loro si è fatta da subito consistente. Le piccole, invece, hanno cavalcato l’onda del clima, resosi più favorevole, aumentando la propria capacità produttiva e portandosi in terreno positivo soltanto nella seconda metà del 2013. Anche gli altri indicatori (fatturato, grado di utilizzazione degli impianti, ordinativi e occupazione, rimasta stabile), hanno mostrato esiti in ogni caso migliori rispetto a un anno fa e al contesto regionale. Il fatturato, in particolare, dopo un inizio negativo (-1,2%) ha chiuso a +7,4 nel quarto, mentre dall’esame degli ordini (totali, interni ed esteri) è possibile evincere le migliori prestazioni del manifatturiero bellunese rispetto a quello regionale. Tale evoluzione positiva va in ogni caso ridimensionata, in quanto la crescita appare sostanziosa perché rapportata agli esiti disastrosi dell’anno precedente. In ogni caso, nonostante gli indiscutibili miglioramenti, i livelli pre-crisi sono rimasti a tal punto lontani da sembrare pressoché irraggiungibili, almeno nel medio periodo. Appare opportuno non indulgere a facili entusiasmi, dal momento che l’inversione di tendenza

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verificatasi nel 2013 è stata messa a dura prova nel primo semestre 2014 e non prefigura ancora un deciso e lineare cambio di rotta. Nel corso del 2013 l’artigianato ha sofferto pesantemente la crisi. Segnali recessivi sono stati riscontrati in quasi tutte le attività, a cominciare dall’edilizia, che ha visto acuirsi le difficoltà per le aziende più strutturate, anche a causa della latitanza delle commesse pubbliche, mentre le imprese familiari attive nel risparmio energetico hanno goduto di maggiore mercato. Nel manifatturiero soltanto le aziende votate all’export direttamente o come contro terziste - la metalmeccanica su tutte - hanno operato piuttosto bene, mentre quelle indirizzate prevalentemente al mercato domestico hanno pagato in modo vistoso il calo dei consumi. Hanno contrastato la crisi le imprese erogatrici di servizi, specie se riferiti alla persona, le quali sono state in grado di fidelizzare la clientela meglio degli altri settori, offrendo allo stesso prezzo qualche aggiuntiva prestazione. Durante l’anno la situazione dei trasporti non è ulteriormente peggiorata, tuttavia il comparto, oltre a scontare gli effetti di un 2012 da dimenticare, è sottoposto a un doloroso processo di ristrutturazione che, a cavallo del decennio 2003-2013, ha visto le imprese in attività assottigliarsi, passando da 476 a 363 unità (-23,7%). Per tutto l’anno la carenza di liquidità non ha allentato la presa, condizionando fortemente l’operatività della piccola impresa. Nel 2013 (dati Ufficio Studi Confartigianato Belluno) i prestiti all’artigianato nella nostra provincia sono diminuiti su base annua del 7,6%, un dato ben peggiore della media italiana (-6,7%). Stante, le permanenti difficoltà di cassa, gli investimenti hanno continuato a incidere in misura assai ridotta sui bilanci delle imprese artigiane bellunesi, a ulteriore testimonianza di quanto sia lenta e accidentata l’uscita delle PMI dalla crisi. L’occupazione si è confermata un punto dolente: nella seconda metà dell’anno si sono registrati nuovamente riscontri negativi, contabilizzando un calo complessivo del 2,3% sul 2012, con una diminuzione del 2,3% nel manifatturiero, del 2% nelle costruzioni e del -5,9% nei servizi alla persona. Nel 2013 non si è certo arrestato l’inesorabile declino dell’edilizia, un comparto che fino alla crisi del 2009 poteva vantare un andamento di tutto rispetto, migliore sia del quadro veneto che di quello nazionale. A ostacolare la rinascita delle costruzioni hanno provveduto diversi fattori, tra i quali spiccano le perduranti difficoltà congiunturali e il depauperamento dei redditi familiari. Giova ricordare al riguardo che Belluno è stata la provincia con il minor numero di richieste per il piano casa, proposta lanciata nel 2009 dal governo Berlusconi, per l’aumento delle cubature delle abitazioni. Ma a danneggiare seriamente l’edilizia hanno contribuito anche altri fattori come il blocco degli appalti pubblici, il ritardo dei pagamenti della Pubblica Amministrazione, l’aumento della tassazione sugli immobili, e, non da ultimo, la stretta creditizia. Per contro, gli incentivi predisposti dal Governo, che ha reso più appetibili gli interventi di rinnovo in virtù di una detrazione fiscale robusta, estesa a tutto il 2014, non hanno fatto da volano al settore, pur avendo senz’altro contribuito a mitigare una situazione altrimenti prossima al tracollo. Ben tre quarti degli interi investimenti effettuati in provincia nel 2013 (secondo le valutazioni Cresme) hanno interessato le ristrutturazioni, una quota notevolmente superiore rispetto alle altre province del Veneto. L’esiguità del valore destinato alle nuove costruzioni, pari a 145 milioni di euro, la dice lunga sulla stagnazione in atto nel mercato delle costruzioni. Va infine sottolineato come non accenni a rallentare la caduta del mercato immobiliare: il consuntivo annuale dà conto infatti di un calo delle transazioni pari al -12,2%, rispetto a un 2012 a sua volta già in caduta libera sul 2011 (-23,9%). Si è passati dalle 4.885 transazioni del 2011 alle 3.264 di due anni dopo. Belluno ha fatto peggio sia del Veneto (-8,2%) e che del Paese (-8,9%).

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Che il 2013 sia stato un anno da dimenticare per le costruzioni nel Bellunese lo conferma, oltre il calo degli investimenti (-13%), anche l’imponente richiesta di ore per Cassa Integrazione Straordinaria e il numero di fallimenti relativi al settore (6 delle 25 imprese fallite nel 2013 sono edili). Pur essendo da tempo economicamente residuale, l’agricoltura risulta strategicamente importante per la provincia, dal momento che la corretta gestione d’un territorio poco antropizzato come quello montano, necessaria, in particolare, allo sviluppo del turismo, ha quale presupposto la presenza di un ambiente curato e di qualità, in grado di attirare gli ospiti. Con riferimento alla produzione, il 2013 ha dovuto scontare gli effetti dannosi del maltempo: una primavera eccessivamente piovosa e un’estate troppo siccitosa hanno limitato i raccolti, con perdite oltre il 30% per mais e foraggio, mentre la fauna selvatica (cervi, caprioli e cinghiali) hanno spesso rovinato le colture e gli alpeggi. Va segnalata l’alta qualità della pur scarsa produzione di fagioli e di miele. È cresciuto il settore dell’uva da vino, sia per superfici interessate (25 ettari di terreno in più nel 2013) che per la qualità dei vigneti da prosecco e di quelli IGP Dolomiti Bellunesi. La vendemmia ha fornito 6mila quintali di uva, contro i 4.284 del 2012, anche se c’è chi accusa la viticoltura di utilizzare troppi pesticidi, favorendo inoltre la colonizzazione del territorio da parte di imprese non bellunesi. Hanno tenuto abbastanza bene il florovivaismo, l’agriturismo e la coltivazione dei piccoli frutti. Il consumo di carne di produzione locale è invece calato a causa del suo maggior costo rispetto al meno genuino prodotto importato. Per contro, il consumo del latte è stato giudicato sufficientemente remunerativo dai produttori. Lattebusche, collettore di oltre l’80% del latte bellunese con 373 soci, ha mantenuto nel 2013 un fatturato da 90 milioni di euro in linea col 2012, e, tramite il consorzio Agriform, ha rinforzato l’esportazione dei propri formaggi di qualità in molti Paesi. Infine il ragguaglio del bestiame è positivo: al 1° dicembre 2013 sono aumentati dell’1,2% i bovini (22.691 capi), con una crescita pari al 5,2% delle vacche da latte. Sono saliti a quota 20.820, anche i suini (+1,1%), i cui impianti produttivi dispongono di tecnici di elevata professionalità. Gli ovini hanno toccato i 11.380 esemplari (25%), i caprini le 3.229 unità (+7%). Finalmente da alcuni anni la lana viene collocata sul mercato e non pesa sul bilancio degli allevatori come rifiuto speciale. Gli equini infine - 2.542 unità in tutto – hanno registrato un aumento annuo del 5,5%. Per il commercio bellunese il 2013 si è rivelato l’ultima tappa di una Via Crucis lunga e dolorosa. Lo ha messo in luce l’indagine trimestrale Veneto-Congiuntura, che ha chiarito con l’evidenza dei numeri come la crisi dei consumi non accenni affatto a placarsi (la già citata classifica de Il Sole 24 Ore sulla Qualità della vita riferisce che la variazione percentuale dei consumi per il biennio 2010/2012 vede Belluno al 96esimo posto sulle 107 province italiane). Infatti, dopo aver chiuso il 2012 in evidente affanno (il terzo trimestre aveva segnato -9,9% e il quarto -4,5), anche nella prima metà dell’anno in parola le vendite al dettaglio hanno messo in mostra in provincia un trend sfavorevole, tanto che per il periodo gennaio-marzo i volumi sono arretrati del -3,4%, mentre nel trimestre successivo, assecondando l’inasprirsi della situazione economica e occupazionale, si è maturato un ulteriore picco negativo (-6,4%). Poi, nella seconda parte del 2013, si sono registrati dei sia pur tenui miglioramenti, addirittura con uno sconfinamento in territorio positivo nel terzo trimestre (+0,6%). Tuttavia a dicembre l’effetto volano del Natale sulle vendite è mancato e l’auspicata ripresina è evaporata sul campo negativo (-0,6%). L’andamento regionale è risultato simile al nostro: infatti, dopo un cattivo inizio (-6,8%), il commercio è migliorato nel secondo (-2,5%) e nel terzo trimestre (+1,1) per concludere appaiato a Belluno (-0,6%). La tendenza al ribasso ha accomunato i comparti food e no food alle diverse tipologie di distribuzione. Nell’alimentare, dopo tre trimestri in rosso, Belluno ha chiuso in positivo (+3,5%), mentre il Veneto è sempre stato negativo, con un –1,8 finale. Buio fitto invece per l’intero 2013 per il fatturato del non alimentare, con Belluno che nel secondo trimestre ha conseguito un picco negativo di quasi 10 punti,

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concludendo a –2,1 il quarto trimestre, contro il –2,5 toccato a livello regionale. La grande distribuzione ha mantenuto un trend analogo sia in provincia che in Veneto: dopo un primo semestre in ripiegamento, la seconda parte dell’anno ha visto una ripresina, con Belluno a +0,6 e il Veneto a +0,7%. La piccola/media distribuzione ha invece penato per l’intero anno. Del resto, è dal secondo trimestre del 2011 che i riscontri negativi fioccano ininterrottamente, ma il nostro territorio (-1,8) ha chiuso l’anno con un riscontro meno sconfortante rispetto al Veneto (-3,3). Nel 2013 si sono riscontrate più ombre che luci nell’andamento del turismo bellunese. Gli arrivi hanno raggiunto quota 845.794 unità, secondo miglior risultato di sempre, attestandosi su ottimi livelli, anche se l’anno si è concluso in lieve calo (-0,2%), dopo un triennio di incrementi medi attorno all’1% annuo. È proseguito per contro il declino delle presenze, fermatesi a quota 3.987.658 (-4,5%), un risultato deludente se si pensa che a inizio secolo i pernottamenti superavano i 5 milioni. Conseguenza tra la dicotomia di arrivi in ascesa e pernottamenti in diminuzione è la contrazione della durata del soggiorno - che pure si conferma tra le più lunghe del Veneto – giunta agli attuali 4,7 dai 7,2 giorni di permanenza media del 1997. La crisi economica attuale ha messo in luce l’ancora scarsa capacità della provincia di attrarre la clientela estera, così utile in questa turbolenta fase. L’aumento dell’1,9% degli arrivi degli stranieri non è stato confermato per le presenze tanto che il flusso è risultato negativo (-1,3%), mettendo in evidenza un andamento antitetico rispetto al Veneto che ha visto crescere sia gli arrivi che le presenze (rispettivamente +2,4% e +1,2%). Inoltre, la percentuale dei pernottamenti stranieri in provincia di Belluno (24,8% al 2013) sul totale presenze si è confermata in misura netta la più bassa nel Veneto (media 66,4%). Il calo degli italiani, la clientela più corposa, dovuto alla loro scarsa disponibilità di spesa, ha giocoforza danneggiato il settore turistico sia in termini di ospiti (-1,2%) che, soprattutto, di presenze (-5,5%). Sotto quest’ultimo aspetto, è allarme rosso, visto che per la prima volta si è scesi al di sotto dei 3milioni di pernottamenti (dal 2008 si sono perse oltre 600mila presenze italiane a fronte di un aumento di sole 47mila di provenienza estera). Oltre la metà delle mancate presenze del 2013 è imputabile agli ospiti veneti che costituiscono oltre il 40% della clientela nazionale. Da questi pochi numeri si comprende quanto sia determinante per lo sviluppo del settore avviare una politica di diversificazione della clientela. Al 31 dicembre 2013 il settore turistico provinciale disponeva di un patrimonio complessivo di 11.311 strutture d’accoglienza con una disponibilità di 90.474 posti letto, di cui meno di un quarto appartenenti all’alberghiero. Dai 459 alberghi del 2008 si è passati agli attuali 431: anche in un settore come questo, di norma caratterizzato da una certa resilienza, la recessione ha colpito duramente. In un panorama assai fiacco del commercio mondiale, cresciuto appena del 2,1%, la provincia ha registrato nel 2013 un’espansione dell’export pari al +3,7% e un ulteriore arretramento dell’import (-7%, dopo il -18% del 2012). Belluno ha ricalcato per le importazioni il trend generale di Veneto (-0,8%) e Italia (-5,5%), ma il maggior coinvolgimento nelle piazze estere più attive l’ha resa più dinamica dell’export veneto (+2,8%) e italiano (-0,1%). Di conseguenza è aumentato il saldo commerciale, salito, per il secondo anno di seguito, sopra i 2 miliardi di euro correnti. L’export ha superato la soglia dei 3 miliardi di vendite, stabilendo un nuovo primato storico. Pur con le dovute cautele, si può affermare che l’impatto con la crisi globale è stato superato dalle imprese capaci di trovare nuovi partner seguendo rotte diversificate: la differenza con i valori pre-crisi del 2007 evidenzia infatti un aumento del 12,7% delle esportazioni. Bene l’occhialeria (+6,4% sul 2012), ma i riscontri sono stati positivi anche per l’abbigliamento, la gomma-plastica, la concia e la componentistica per mezzi di trasporto.

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L’ammontare delle importazioni totali si avvicina di nuovo ai minimi registrati all’esordio di questa prolungata crisi. I circa 54 milioni di euro di mancate importazioni, fermatesi nel 2013 a quota 715,5 milioni, rispecchiano non solo la depressione dei consumi interni, ma anche un probabile cambio di strategia delle imprese bellunesi. Le cospicue diminuzioni dell’import di manufatti ottici (-12,5%), di macchinari (-14,5%) e di prodotti metallurgici (-13,8%) evidenziano infatti le profonde interazioni tra le economie interessate dalle filiere produttive internazionali. In conclusione, se dalle movimentazioni si escludesse l’occhialeria - che vale nel 2013 il 70,7% dell’export (dal 68,9% del 2012) e il 41,7% dell’import (dal 49 del 2011) - si possono cogliere le grandi difficoltà della produzione locale stretta tra un mercato domestico asfittico e una presenza internazionale ancora deficitaria (-2,1% le esportazioni e -2,6% le importazioni). Il ciclo negativo si è smorzato, ma nel complesso i livelli raggiunti si avvicinano a quelli del 2009, posizionandosi in una situazione di stallo. La crisi ha naturalmente assottigliato in provincia la consistenza numerica delle imprese: a fine 2013 l’imprenditoria locale (artigianato incluso) è scesa sotto quota 15mila unità, attestandosi a 14.859 aziende attive e mettendo in mostra un calo di 236 unità rispetto alle 15.095 posizioni registrate al termine del 2012 (-1,6% contro il -1,8% del Veneto). Non si è dunque verificata la pur paventata ecatombe, tuttavia l’emorragia in seno all’artigianato è proseguita senza soluzione di continuità (-2,5% sul 2012), indicando un riscontro peggiore sia nei confronti dell’Italia (-2,2%) che del Veneto (-2,4). In tema di unità locali, invece, il ridimensionamento è stato minore (-1,2%): dalle 19.145 unità di fine 2012, si è scesi in un anno a 18.921 (-224 unità). In tal caso il trend bellunese è risultato in linea con il Veneto (-1,3%), ma peggiore del dato nazionale (-0,7%). Più nel dettaglio, spiccano le difficoltà del manifatturiero, cuore pulsante dell’imprenditorialità provinciale, visto che raccoglie il 12,3% delle nostre imprese (percentuale decisamente maggiore di quella italiana ferma al 9,9%). Il manifatturiero bellunese ha perso nel 2013 48 unità (-2,6%), scendendo a quota 1.833 imprese. Nel comparto risultano in flessione la fabbricazione dei prodotti in metallo (da 349 a 336 imprese, -3,7%) e l’industria del legno (da 355 a 346 imprese, -2,5%) e la fabbricazione di macchinari (da 90 a 82 imprese, -8,9%). Il tessile è cresciuto di una unità, mentre l’alimentare è passato da 140 a 143 imprese. Con ritmi di gran lunga inferiori al passato è proseguita nel 2013 l’erosione in seno all’occhialeria e ciò indica che oramai il settore ha raggiunto una situazione di equilibrio. A fine anno si contavano 287 sedi attive, 5 unità in meno sul 2012. È continuato il ridimensionamento in atto da tempo in settori vitali come i trasporti (–0,8%), l’edilizia (-3,5%) e l’agricoltura (-3,5%, va però detto che le imprese agricole al di sotto dei 7.000 euro di fatturato annuo non sono tenute a iscriversi alla Camera di Commercio), mentre l’impasse del commercio è efficacemente testimoniata anche dal calo delle sue imprese (–1%). Le attività ricettive e di ristorazione - la cui incidenza, pari al 12% del totale provinciale, supera nettamente quella italiana (7%) e veneta (6,5%) - sono scese di 25 unità (-1,4%). Infine, altri comparti come le attività immobiliari (+4,5%), la sanità e l'assistenza sociale (+4,2%) e le attività finanziarie e assicurative (+5,8% ) sono risultate per contro in crescita. Da tempo le società di persone sono soggette a un decremento costante (a fronte di 93 iscrizioni, le cancellazioni sono state 177, con un tasso di sviluppo del -2%) che le accomuna alle ditte individuali (saldo di -213 tra iscrizioni e cessazioni e un tasso di sviluppo del -2,2%) a tutto vantaggio delle società di capitali, che hanno auto un tasso di sviluppo dell’1%. In tema di credito, la diffusione delle banche in provincia si è confermata capillare benché in calo con 50 comuni serviti da 177 sportelli in cui operavano 823 dipendenti. A fine 2013 i depositi ammontavano in provincia a 4.512 milioni di euro, con un aumento delle consistenze sul 2012 del 3,2%, incremento maggiore di

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quanto osservato in regione (+2,7%) e in Italia (+2%). Come sempre sono le famiglie a essere protagoniste della raccolta con l’85% dei depositi, una quota superiore alla percentuale veneta (62,6%) e nazionale (70%), ma più bassa del 2012 poiché le imprese nostrane hanno aumentato i propri apporti con incrementi superiori al 10%. Dopo il +9,2% registrato nel 2012, il risparmio familiare è aumentato nel 2013 del 2,2%, in linea con la media regionale e nazionale. La maggiore liquidità è vissuta dalle famiglie come riserva per combattere l’incertezza del quadro economico mentre per le imprese si tratta di aver delle risorse per fronteggiare eventi sfavorevoli e per assolvere al pagamento cash che sempre più spesso viene richiesto. In contrazione (-1,4%) gli impieghi, principale fonte di finanziamento per piccole e medie imprese, pari a 4.109 milioni di euro. Il deterioramento ha inciso meno a Belluno che in Veneto (-4%) e in Italia (-3,8%). I dati sulle sofferenze e sull’inasprirsi della situazione economica locale fungono da deterrente per le banche finanziatrici in tema di espansione, rinnovo o prolungamento del credito, generando un circolo vizioso che inaridisce il sistema finanziario e produttivo. A dicembre 2013 le banche provinciali risultavano esposte per 285 milioni di euro, valore in crescita del 10,1%. La distribuzione delle sofferenze per settore ha riguardato per quasi un terzo l’industria, per un quarto ciascuno le costruzioni e le famiglie consumatrici. I servizi si sono attestati al 16,8% e le famiglie produttrici a circa il 10%. I protesti cambiari (assegni, pagherò e tratte accettate) sono aumentati sia per numero di titoli protestati, passati in un anno da 781 a 964, che per importi (+34,6%). La somma di cambiali (eccetto le tratte non accettate che hanno puro valore statistico) e assegni protestati, pari a 2,1 milioni di euro, ci riporta sui valori del 2011, tuttavia, rispetto ad allora il più contenuto importo medio (euro 2.186,06) suggerisce un calo generalizzato delle singole pendenze. Crescono di fatto le persone e le imprese che hanno firmato cambiali (che costituiscono oltre l’80% dell’importo totale protestato) per importi irrisori, a indicare le effettive difficoltà presenti nella società bellunese. Nel 2013 i fallimenti d’azienda dichiarati dal tribunale di Belluno sono stati 25, sei in più del 2012. Si tratta del dato più alto dal 2008. Le procedure hanno riguardato 1 impresa individuale, 8 società di persone e 16 società di capitale. Dodici (di cui 3 occhialerie) risultano le aziende manifatturiere coinvolte, 4 quelle del commercio e 6 le edili. Nel Feltrino la maggioranza dei casi (7), seguito da Bellunese-Ponte nelle Alpi (5), da Cadore-Longaronese-Zoldano e Alpago (3 a testa). Nel campo del lavoro il tasso di disoccupazione9 provinciale è salito nel 2013 al 7,2% (dal 6,1% del 2012), tuttavia resta più basso del dato veneto (7,6) e italiano (12,2). L’Istat ha conteggiato in provincia una media di 92,1 migliaia di occupati (di cui 41,4 femmine e 50,8 maschi) e una perdita di circa 1.600 unità di occupati sul 2012 (500 uomini e 1.100 donne). Il calo occupazionale (-1,7%) è risultato minore di Veneto (-2,6%) e Italia (-2,1%), soprattutto per i maschi (-1% contro -2,5% e -2,6%). Per le femmine, invece, a Belluno (-2,6%, con il Veneto a -2,7%) è andata peggio che in Italia (-1,4%). I 1.600 occupati in meno derivano dal contrarsi dell’occupazione dipendente (-1.800 persone) e dall’aumento (+200 unità) di quella indipendente, mentre Veneto e Italia hanno avuto riscontri negativi per entrambe le tipologie. L’industria ha perso 4.400 unità (3.400 lavoratori dipendenti e 900 indipendenti), mentre i servizi ne hanno guadagnato 2.400 (1.800 dipendenti e 600 indipendenti) e l’agricoltura 300. A Belluno le persone in cerca di occupazione10 sono passate dalle 6mila del 2012 alle 7.100 del 2013. L’aumento maschile è stato pari a 200

9 Misura il rapporto tra le persone in cerca di occupazione e le forze di lavoro, a loro volta comprensive delle persone occupate e quelle in cerca di occupazione (disoccupate). 10 Comprendono le persone non occupate tra i 15 e i 64 anni che:

hanno effettuato almeno un’azione attiva di ricerca di lavoro nei trenta giorni che precedono l’intervista e sono disponibili a lavorare (o ad avviare un’attività autonoma) entro due settimane successive all’intervista;

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unità e di 900 tra le donne. Oltre la metà delle persone in cerca di occupazione ha tra i 15 e i 34 anni e ad esse corrisponde un tasso del 15,4% (13,5 in Veneto e 23% in Italia). Includendo anche gli inattivi disponibili a lavorare, il tasso di disoccupazione allargato 15-34 anni sale al 21,3%, superando di gran lunga il Veneto (18,9%, mentre nel 2012 valeva 16,1%). Il confronto col tasso di disoccupazione allargato totale (10,3 nel 2013 e 8,8% nel 2012) conferma come anche a Belluno i giovani costituiscano la fascia più svantaggiata. Nel 2013 la Cassa Integrazione Guadagni ha visto aumentare le ore autorizzate11 più in provincia (+16,3%) che nel Veneto (+5,2%), a fronte d’un calo nazionale (-1,4%). Sono cresciuti soprattutto gli interventi straordinari (+131,3%), preludio a uno stato di crisi senza via d’uscita e di disoccupazione, mentre sono calate le ore concesse di tipo ordinario (-8,7%) e in deroga (-19,9%). La situazione provinciale è più critica che in Veneto, in particolare per l’edilizia (+41%, con circa 1,1 milioni di ore), per i settori vari (+40,7%, con i quali sono state poco meno di 2 migliaia di ore autorizzate) e per il commercio (+30%, con 303mila ore). È cresciuta meno l’industria (+14%), che però assorbe 5,7 milioni di ore (il 73% del totale). Sono diminuiti gli interventi per l’artigianato (-0,9%), pari a 655mila ore complessive autorizzate12. Nel 2013 sono state aperte in provincia 64 crisi aziendali. Si tratta di un totale non troppo distante dal boom del 2009, quando i casi accertati furono 73 (scesi a 51 nel 2010 e a 28 nel 2011, ma risaliti a quota 44 nel 2012). Parallelamente è salito anche il numero dei lavoratori potenzialmente coinvolti dallo stato di crisi: 1.787 nel 2013 contro i 1.009 dell’anno prima, ma erano solo 301 nel 2011. Con riferimento infine agli inserimenti dei lavoratori nelle liste di mobilità13, a sottolineare lo stato di difficoltà che coinvolge anche le grandi imprese bellunesi, vanno rimarcati i 595 licenziamenti collettivi del 2013, un totale che sopravanza nettamente i 153 ingressi del 2012, addirittura superiore dei 470 del 2009, quando la crisi era al culmine. Giova ricordare che non tutti i lavoratori in lista sono disoccupati, poiché la permanenza nella stessa è compatibile con rapporti a termine che ne consentono il differimento dell’uscita. Circa un terzo dei lavoratori inseriti in lista di mobilità è impiegato a termine.

oppure inizieranno un lavoro entro tre mesi dalla data dell’intervista e sono disponibili a lavorare (o ad avviare

un’attività autonoma) entro le due settimane successive all’intervista, qualora fosse possibile anticipare l’inizio del lavoro.

sono immediatamente disponibili ad accettare un lavoro, qualora venga loro offerto. 11 Si tratta di ore autorizzate e non effettivamente utilizzate ed è prassi che le aziende ne facciano richiesta a scopo preventivo, specie in periodi caratterizzati da grande incertezza. Pur se con il rischio di sovrastimarne l’entità, le ore autorizzate misurano il grado di difficoltà percepito dalle imprese. 12 Ci vuole cautela per analizzare gli andamenti mensili a livello provinciale, condizionati come sono dalle norme su procedure e tempi amministrativi di caricamento. Manca infatti corrispondenza tra il mese in cui le ore sono autorizzate e i mesi in cui le si utilizza. Di conseguenza i dati sulla Cig in deroga sono in parte inefficaci nell’analisi congiunturale. 13 L’inserimento nelle liste di mobilità a seguito di licenziamento collettivo è disciplinato dalla L. 223/1991 e riguarda aziende con più di 15 dipendenti, che intendono effettuare almeno 5 licenziamenti in un periodo di 120 giorni, in ciascuna o in più unità produttive della stessa provincia, in conseguenza di una riduzione o trasformazione di attività o di lavoro. In base alla stessa legge un'impresa può avviare le procedure di mobilità anche se, durante l’attuazione del programma di trattamento straordinario di integrazione salariale (cigs), ritiene di non essere in grado di garantire il reimpiego a tutti i lavoratori sospesi e di non poter ricorrere a misure alternative. L’iscrizione alle liste di mobilità negli anni passati poteva avvenire anche a seguito di licenziamento individuale (Legge 236/1993) per i lavoratori di aziende anche artigiane, che occupavano anche meno di 15 dipendenti, per riduzione di personale o cessazione di attività. In questo caso l’iscrizione alla lista non prevedeva l’erogazione di indennità di mobilità per il lavoratore, ma solo il riconoscimento di benefici fiscali per le aziende in caso di assunzione. Tale misura non è stata rinnovata per il 2013.

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- Le tendenze nel 2014 - Quadro generale Il 2014 si profila come l’anno delle delusioni e della mancata vera ripartenza, con indicazioni previsionali dei diversi organismi economici internazionali riviste di volta in volta al ribasso. La crescita economica globale resta infatti modesta, incerta e assai difforme nelle diverse regioni del pianeta e non aliena da rischi connessi a nuove e vecchie tensioni geopolitiche (Medio Oriente e Ucraina). Altri motivi di apprensione derivano da una bassa inflazione (se non deflazione), dalla stagnazione dei Paesi avanzati, da una crescita inferiore alle attese delle economie emergenti e dalla politica monetaria degli Stati Uniti che continuerà nel percorso di rimozione degli stimoli fiscali (la manovra del Quantitave Easing dovrebbe concludersi a ottobre). Tutti elementi questi che potrebbero innescare una certa vulnerabilità finanziaria. Nella prima metà dell’anno l’economia mondiale si è dimostrata assai più debole di quanto pronosticato con prestazioni insoddisfacenti negli Stati Uniti, in Europa, in Cina, e più in generale negli Emergenti, tanto che il Fondo Monetario Internazionale nel suo World Economic Outlook d’autunno ha abbassato le stime di crescita globali al 3,3% al posto del 3,6% indicato in primavera, nonostante i segnali più incoraggianti di questi ultimi mesi. La crescita dovrebbe, secondo gli esperti, rafforzarsi nella seconda parte del 2014 (+3,5%) e proseguire poi nel 2015 (+3,8%), ma con un andamento tutt’altro che omogeneo, tanto che il capo economista del Fmi Olivier Blanchard ha parlato di «futuro nebuloso». Se da una parte c’è fiducia per una significativa espansione negli Stati Uniti e il conseguimento di una certa solidità per le economie asiatiche, il Canada e il Regno Unito, per l’Eurozona e il Giappone si delinea ancora un periodo di stallo con una crescita definita mediocre. Gli scambi commerciali stanno in parte recuperando l’andamento negativo del primo trimestre dovuto al calo delle esportazioni statunitensi e dei Paesi asiatici, ma l’espansione dovrebbe rimanere su ritmi modesti e trovare maggior forza nel 2015 (secondo molti l’interscambio commerciale estero non ritroverà più la spinta che lo ha caratterizzato nel decennio passato e si muoverà a ritmi inferiori, ma più costanti). Quanto all’andamento dei prezzi, i corsi petroliferi, che costituiscono una parte importante dell’inflazione globale, sono oggetto di pressioni al ribasso da inizio luglio a causa di un’offerta abbondante sul mercato (la domanda resta debole per lo stallo economico e la produzione e le scorte, invece, aumentano). Anche i corsi delle materie prime non energetiche sono in calo così come i prodotti alimentari per una contrazione dei prezzi dei cereali (le favorevoli condizioni meteorologiche hanno sostenuto l’offerta). I prezzi dei metalli sono in posizione ribassista nel timore di un rallentamento della produzione cinese. Stante il clima economico incerto l’orientamento delle banche centrali delle principali economie è ancora per una politica monetaria accomodante14, benché con diverse declinazioni. In particolare, la Bce è intervenuta più volte per allentare le tensioni dei mercati e sostenere l’erogazione del credito. Per la prima volta a giugno il tasso di interesse applicato sui depositi delle banche presso l’Eurotower è entrato in terreno negativo nel tentativo di incentivare la circolazione di liquidità e favorire il deprezzamento dell’euro15. Inoltre, sono state

14 La Fed ha proseguito nel tapering riducendo di 20 miliardi di dollari gli acquisti mensili di titoli (da gennaio essi sono scesi da 85 a 35 miliardi), tuttavia i tassi bassi sembrano destinati a rimanere tali per ancora molto tempo. La Banca d’Inghilterra ha lasciato invariato il tasso di riferimento allo 0,5% e le quantità di attività finanziarie acquistate, mentre la banca del Giappone ha proseguito nel programma dell’Abenomics con iniezione di massa monetaria nel sistema (60-70mila miliardi di yen all’anno). Le banche centrali di India e Cina hanno lasciato inalterati i tassi di riferimento, rimasti elevati per salvaguardare la stabilità finanziaria e fronteggiare l’elevata inflazione, e hanno introdotto lievi misure di allentamento monetario.. 15 A inizio settembre il presidente Draghi ha annunciato il taglio del tasso di riferimento, del tasso sui depositi e del tasso sulle operazioni di rifinanziamento marginali, tutti ridotti di 10 punti base. Il principale tasso di rifinanziamento è passato dallo 0,15% allo 0,05. Il tasso sulle operazioni di rifinanziamento marginali dallo 0,40 allo 0,30%. Infine il

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adottate una serie di misure mirate al rifinanziamento a lungo termine (Tltro, Targeted Longer-Term Refinancing Operations) con l'obiettivo di "migliorare l’erogazione di prestiti bancari a favore del settore privato non finanziario”. Il Consiglio Direttivo della Banca Centrale Europea, sempre nel limiti del suo mandato, molto meno ampio rispetto a quello di altre banche centrali, ha più volte ribadito, anche recentemente, di essere pronto a varare tutte le operazioni di stimolo necessarie, come un programma di acquisto di titoli (non condiviso dalla Bundesbank), se le prospettive di deflazione nel medio periodo lo rendessero necessario e se l’economia non riprenderà vigore. Le azioni intraprese hanno dato finora buoni frutti, anche se non con l’impatto auspicato: i tassi di interesse sono scesi, la moneta unica si è svalutata, favorendo le esportazioni e gli afflussi di capitale si sono riattivati anche nei Paesi periferici come l’Italia. Proseguendo nella visione del quadro internazionale, negli Stati Uniti l’attività economica, dopo essersi contratta per le avverse condizioni climatiche del primo trimestre (-2,1%), ha espresso un forte dinamismo nel proseguo d’anno (+4,6%, l’espansione più rapida da fine 2011) grazie agli investimenti nei settori delle costruzioni e del manifatturiero e le prospettive paiono confortanti, con consumi in ascesa e un clima di fiducia di consumatori e imprese ai massimi dagli ultimi mesi (mentre le esportazioni risultano ancora lievemente compresse). In prospettiva ci si attende che la ripresa americana si irrobustisca con il sostegno del mercato del lavoro (il tasso di disoccupazione è sceso al 6,1%) e delle abitazioni, di condizioni monetarie accomodanti e del miglioramento dei bilanci dello Stato e delle famiglie. La Fed pronostica per il 2014 un Pil in aumento del 2 - 2,2% in ragione d’anno (pari al Fmi che prevede un +3,1% nel 2015). Questi segnali positivi non possono che essere accolti con favore dalla nostra occhialeria che ha proprio negli Stati Uniti il principale mercato di sbocco. In Giappone il crollo del Prodotto interno lordo nel secondo trimestre è stato maggiore delle attese: l’economia nipponica si è contratta del 6,8 su base annua per effetto del rialzo dell’Iva (dal 5 all’8%) di aprile che di fatto ha affondato i consumi (gli acquisti, soprattutto di beni durevoli, erano stati anticipati in previsione dell’aumento dell’imposta portando il Pil a un +6,1% nel primo trimestre). Questo risultato fortemente negativo ha posto dubbi sui dannosi possibili effetti di un ulteriore rialzo dell’aliquota fino al 10% prevista entro l’anno e la Bank of Japan sta attentamente valutando misure suppletive di allentamento monetario, oltre a quelle, già ultraespansive, che sta sostenendo. Oltre ai consumi anche la produzione industriale è apparsa più debole e l’interscambio commerciale, influenzato dall’andamento globale, si è posizionato in terreno negativo, tuttavia per il proseguo d’anno gli analisti prevedono un ritorno alla crescita anche se su ritmi modesti. Nel Regno Unito si prevede che la robusta espansione della prima parte del 2014 prosegua anche nel terzo trimestre (e con una spinta minore nel quarto) stimolata dalla domanda interna composta sia da investimenti che da consumi privati. Tutti i settori sono in progresso, in particolar modo i servizi, e ciò ha portato risvolti positivi al mercato del lavoro che ha visto il tasso di disoccupazione scendere al 6,2%, il più basso degli ultimi cinque anni. L’economia non è comunque esente da rischi di frenata se si guarda alla necessità di metter mano al risanamento dei bilanci privati e pubblici. A preoccupare è anche la debolezza della domanda estera, molto scarsa. La Cina invece ha confermato le aspettative e l’annunciato storico sorpasso sugli Stati Uniti (Pil a parità di potere di acquisto) è stato comunicato recentemente dalla Banca Mondiale e dal Fmi. Nonostante il dibattuto rallentamento vissuto nella prima parte dell’anno, il colosso asiatico rimane il più importante motore di crescita mondiale. Nel secondo trimestre il Pil è cresciuto del 7,5% sostenuto dalle misure di stimolo degli investimenti

tasso sui depositi che la Bce custodisce per conto delle banche commerciali, che era già negativo con le decisioni assunte a giugno, passerà da -0,10% a -0,20.

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in infrastrutture e del comparto immobiliare e dalla ripresa della domanda dalle economie avanzate. La questione che rimane sul tavolo è comunque sempre la stessa: se gli sforzi del governo di attuare riforme strutturali e trasformare il modello di crescita in modo più uniforme eliminando i forti squilibri esistenti influenzeranno le performances economiche a lungo termine, tenuto conto che sono forti i dissidi all’interno del Paese e che le relazioni con gli Stati confinanti e gli Stati Uniti sono ultimamente assai tese. In quanto agli altri Emergenti, in Russia la caduta del clima di fiducia e le uscite di capitali a seguito dell’inasprirsi dei rapporti con l’Ucraina hanno determinato una diminuzione degli investimenti e una netta decelerazione del Pil nel 1° trimestre, rallentamento che è tutt’ora in atto. Il persistere delle sanzioni contro la Russia sta deteriorando il suo interscambio commerciale e preoccupazioni sono espresse dal manifatturiero europeo, italiano e locale (soprattutto in ambito agroalimentare) che temono di perdere quote di mercato a favore dei concorrenti extraeuropei che offrono prodotti a più basso costo. Il Brasile fa i conti con un’economia che non è più brillante come qualche anno fa ed è scivolato in recessione tecnica a metà anno (al -0,2% del primo trimestre ha fatto seguito il -0,6 del secondo) a causa di una forte contrazione degli investimenti (scoraggiati in parte anche da un livello dei salari superiore agli altri Brics). Il Brasile non ha ancora infrastrutture adeguate a un’economia moderna ed è ancora troppo legato allo sfruttamento delle materie prime, un settore molto condizionato dalla fluttuazione dei prezzi. Inoltre, il Paese si è molto legato alla Cina, cui vende la maggior parte di quello che estrae e i cinesi in cambio sono riusciti a esportare in Brasile molti dei loro prodotti sottocosto danneggiando non poco la produzione locale. Sia in Brasile che in Russia è prevista una stagnazione per l’anno corrente. Il Pil dell'India ha evidenziato nel secondo trimestre una crescita del 5,7% tendenziale per il traino degli investimenti, un dato comunque al di sotto delle attese degli analisti tanto da indurre il governo a valutare una serie di misure per attrarre le grandi imprese straniere e aumentare il contributo dell’industria al Pil. Continua il periodo buio dell’Eurozona, in sofferenza politica ed economica. La modesta crescita nella prima parte dell’anno si è trasformata in stagnazione con un calo dello 0,2% nel secondo trimestre in Italia e Germania, uno stallo per la Francia e un aumento dello 0,6% in Spagna. A pesare è la diminuzione degli investimenti fissi lordi, mentre note più favorevoli sono state fornite dalle esportazioni e, in parte, anche dalle spese per consumi. Gli indicatori puntano però a un indebolimento ulteriore dell'attività produttiva nei prossimi mesi e i dati fortemente negativi su ordini e produzione industriale lasciano intravedere un terzo trimestre problematico. A ciò si devono aggiungere gli effetti della guerra delle sanzioni economiche in atto tra Russia ed Europa. Con una ripresa che stenta ad avviarsi il tasso di disoccupazione (11,5%) è rimasto ovviamente su livelli piuttosto alti benché, rispetto a un anno fa, appaia in lieve calo. Il Pil dell'eurozona secondo il Fmi crescerà dello 0,8% nel 2014 e dell'1,3% nel 2015. L’organismo ha comunque rivisto al ribasso le proiezioni primaverili perché «c'è il rischio che la ripresa nell'Eurozona ristagni, che la domanda si indebolisca ulteriormente e che la bassa inflazione si trasformi in deflazione». Infine, l’economia italiana che ha registrato nel secondo trimestre 2014 un ulteriore lieve calo del Prodotto interno lordo (come già indicato, -0,2%, per le contrazioni della domanda interna ed estera) proseguendo dunque nella lunga fase recessiva da cui il Paese in realtà non è mai uscito. Si sono infatti dissolti i timidi segnali di ripresa intravisti a fine 2013 per il venir meno dell’unica valvola di sfogo dell’economia: l’export. L’apprezzamento dell’euro ha penalizzato le esportazioni extraeuropee e il ciclo negativo dell’Eurozona ha indebolito il flusso verso quest’area (importazioni complessive a luglio -1,7% ed esportazioni a +1,3%) e di conseguenza è venuto a mancare uno stimolo importante per il manifatturiero, già compresso per l’assenza di

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consumi interni. Di riflesso gli investimenti industriali sono tornati a cadere, dopo un primo trimestre di leggero recupero. Ad agosto 2014 l'indice destagionalizzato della produzione industriale è aumentato dello 0,3% rispetto a luglio, ma è diminuito in termini tendenziali dello 0,7% con variazioni positive per beni di consumo (+2,3%) e beni strumentali (+1,7%), ma negative per i comparti dell'energia (-2,6%) e i beni intermedi (-2,2%). Nel primo semestre il valore delle vendite al dettaglio è sceso dell’1% e la produzione delle costruzioni si è ulteriormente contratta. Il mercato del lavoro, nonostante qualche isolato segnale positivo, è in tensione con un tasso di disoccupazione ad agosto del 12,3%. Il quadro persistentemente sfavorevole della congiuntura economica ha reso più ampia la diffusione dei ribassi dei listini coinvolgendo tutte le voci di spesa. I prezzi al consumo sono scesi dello 0,1% annuo ad agosto e l’inflazione di fondo, al netto di beni energetici e alimentari freschi, è stata dello 0,5%. Le previsioni indicano che l’inflazione italiana si manterrà nei prossimi mesi su livelli vicini allo zero. L’indice anticipatore dell’Istat aggiornato a luglio riferisce di un rallentamento del ciclo economico ed è quindi da attendersi una nuova flessione del Pil anche nel terzo trimestre e ciò è supportato anche dal peggioramento del clima di fiducia delle imprese (più marcato nei servizi, soprattutto commercio, rispetto all’industria e alle costruzioni) e delle famiglie. L’Ocse a settembre ha condiviso queste previsioni segnalando attraverso il superindice anticipatore un ristagno dell’attività economica italiana, concetto che il Fmi ha rincalzato, ribassando le prospettive di crescita per l'Italia sia per l’anno in corso (-0,2%) che per il 2015 (+0,8%). In quanto alle previsioni sul breve periodo, l’indice composito globale dei responsabili degli acquisti (Pmi) ha evidenziato per il terzo trimestre un aumento dell’attività economica globale sia nel manifatturiero che nei servizi con un’intensità da tempo non conosciuta. La crescita come più volte annunciato sarà ad ogni modo diseguale e fortemente eterogenea. Il nuovo slancio è limitato a uno stretto gruppo di economie, in particolare Stati Uniti, Regno Unito e Irlanda, mentre in posizione intermedia si collocheranno, con una crescita modesta, Germania, Spagna e Giappone. L’apporto di Russia e Brasile sarà praticamente nullo, mentre Italia e Francia peseranno significativamente con il loro contributo negativo (l’indice composito dell’Eurozona di settembre è sceso ai minimi da dieci mesi ed è fermo a 52, poco sopra la soglia 50, spartiacque tra attività e recessione, l’Italia si colloca a 49,5, la Francia a 48,4). - Demografia delle imprese A giugno 2014 il complesso delle imprese attive (comprendenti quindi anche l’artigianato, ma al netto della forma giuridica “Persone fisiche”) presenti nel Registro delle Imprese assommava a 14.810, evidenziando una diminuzione di 146 unità (-1%) rispetto all’analogo periodo dell’anno precedente. Si tratta dell’ennesima flessione rilevata in un arco temporale quasi decennale, una parabola che si è avviata all’indomani della crisi dell’occhialeria del 2005 e che le turbolenze economiche planetarie degli ultimi anni hanno accentuato. A ogni modo l’andamento provinciale è praticamente in linea con le risultanze regionali (-0,9%) e leggermente peggiore del quadro nazionale che ha registrato un calo dello 0,7%. Al primo semestre 2014 il saldo tra nuove imprese iscritte e cessate si è collocato nuovamente al di sotto dello zero, ma rispetto allo scorso anno la situazione appare in netto miglioramento, con una differenza negativa di sole 29 unità contro le -163 del 2013. Di qualche decimo di punto inferiore alle sedi, la contrazione delle unità locali (-0,7%, pari a -147 unità) e anche in questo caso si riscontra un trend affine a quello ivi osservato, nel quale il Veneto (-0,6%) matura quasi gli stessi risultati di Belluno e l’Italia dimostra, seppur di poco, una maggiore resilienza (-0,4%).

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Entrando nel merito dell’analisi per forma giuridica, si nota come il processo di irrobustimento dell’imprenditoria locale in atto da tempo stia proseguendo, benché più lentamente che altrove. Infatti, nel secondo trimestre 2014 si è osservato un ulteriore rafforzamento delle società di capitali, passate da 1.857 a 1.881 (+1,3%), sviluppato a scapito delle società di persone (-102 imprese, pari a -2,9%) e delle ditte individuali (-74 unità corrispondente a -0,8%). Anche le “Altre forme” aumentano di 6 unità, di cui 3 consorzi. Appare chiara l’intenzione di costituirsi in forma aggregata per arginare le difficoltà di mercato e potenziare le attività di impresa per reggere al meglio la concorrenza anche sul piano internazionale. La conta numerica delle aziende per settore di attività economica supporta quanto si percepisce dando uno sguardo sommario al territorio: l’edilizia, nonostante gli incentivi varati dal governo, stenta a ripartire (va giustamente ricordato che la nostra area ha conosciuto per un lunghissimo periodo un vero e proprio boom e ora ci si trova di fronte anche a un eccesso di costruito che aggrava la portata della crisi in atto) e le imprese del settore accusano a distanza di un anno la perdita di altre 59 unità (-2,2%), cioè circa il 40% delle mancate sedi attive totali rispetto a giugno 2013. In quest’ambito sono soprattutto le aziende più articolate, quelle legate ai lavori di costruzione specializzati che subiscono il colpo maggiore (-43), in quanto private da anni delle grandi opere pubbliche che le sostenevano. Oltre alle costruzioni, risultano in palese difficoltà sia il commercio (-45, pari a -1,3%), soprattutto quello al dettaglio, che il manifatturiero (-38, pari a -2,1%) e le attività a esso collegate (trasporto e magazzinaggio -10 pari al -2,6%). L’occhialeria, invece, sulla spinta dei risultati positivi che provengono soprattutto dall’interscambio commerciale con l’estero, appare in salute e si registrano solo 3 sedi in meno rispetto al primo semestre 2013. Sembra dunque finita l’emorragia che l’ha caratterizzata in tempi recenti. Esigui i riscontri positivi, ma su tutti spiccano le prestazioni delle “Attività immobiliari” (+15 unità, pari al +2,7%) e della “Produzione di energia elettrica” con un aumento di 8 unità (+25%). Due comuni su tre lamentano un calo di imprese. Pur con qualche eccezione positiva (Cibiana, Colle S. Lucia, La Valle Agordina e Ospitale di Cadore), le perdite maggiori gravano sui comuni montani (Zoppè –20% con sole 4 imprese attive, Lorenzago –18,4%, Gosaldo –11,8%, Pieve di Cadore –4%, Perarolo –3%). Tuttavia, nemmeno gli insediamenti produttivi della Valbelluna, provati da una crisi lunga e pesante, appaiono in salute (Longarone-Castellavazzo –4,4%, Limana –4,1%, Feltre –1,4% e Belluno –0,5%). Uno sguardo ai livelli di partecipazione della componente femminile, giovanile e straniera all’interno del panorama economico locale evidenzia un drastico crollo delle imprese femminili, scese dell’11,1% in un anno, un movimento negativo che accomuna il Bellunese al Veneto (-13,4%) e all’Italia (-9,3%), e che presenta un’intensità maggiore proprio nelle regioni del Nord-Est. I settori più colpiti dall’abbandono femminile in provincia sono il commercio, le attività di alloggio e ristorazione, notoriamente i più ricchi di quote rosa, il manifatturiero e le costruzioni, ma la triste realtà è che nessun comparto risulta indenne da questa defezione, demolendo di fatto il caposaldo che sosteneva che le imprese femminili risultavano più resilienti. Segno meno, anche se fortunatamente di portata di gran lunga inferiore, per l’imprenditoria giovanile (-2,4%, con il Veneto a -4,1% e l’Italia a -3,3%), mentre avanzano (+1,7%), seguendo l’onda veneta (+3,3%) e nazionale (+4,1%), le imprese gestite da stranieri. Il riscontro inferiore rispetto alle altre realtà territoriali va ricercato nella minor presenza di immigrati sul suolo bellunese e nella prevalenza di donne occupate nella cura degli anziani. A metà 2014 le cariche imprenditoriali attive conteggiate nel Registro delle Imprese (soci, titolari e amministratori) erano scese per la prima volta al di sotto delle 23mila unità (precisamente a 23.992) con una

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flessione dell’1,8% (Veneto -1,6% e Italia -1,5%). Sono soprattutto i soci e le altre cariche a mancare all’appello, mentre si segnalano perdite inferiori all’1% per i titolari d’impresa e gli amministratori. Infine, l’aggiornamento fornito dalla banca dati di Infocamere sullo stock mensile delle imprese dà conto di un’evoluzione positiva delle sedi attive nell’ultimo bimestre, tanto che a fine agosto si rileva un lieve aumento rispetto a giugno (+22 unità). - Agricoltura, allevamento e silvicoltura Annata disastrosa: raccolti scarsi e costi in aumento. Sono sufficienti poche parole per sintetizzare il bilancio dell’agricoltura bellunese 2014 che fa seguito a un biennio comunque difficile. La frequenza delle precipitazioni, anche di forte intensità, a volte associate a violente grandinate (l’estate appena conclusa è stata tra le più piovose degli ultimi decenni e localmente va classificata come eccezionale), e le temperature piuttosto al di sotto della media hanno condizionato la fienagione e compromesso il raccolto di molte produzioni. La perdita del foraggio sopra i 700 metri di altitudine è stata stimata al 70% e in Valbelluna al 40%. In alcune zone si è proceduto solo una volta allo sfalcio e alla raccolta perché le condizioni meteorologiche non hanno permesso né il taglio né un’adeguata essicazione. Di conseguenza il poco fieno stoccato è di bassa qualità e risulterà insufficiente a nutrire il bestiame durante l’inverno e costringerà gli allevatori all’acquisto di mangimi fuori provincia con evidenti disagi logistici ed economici. Tanto più che anche il mais locale, insidiato dalla diabrotica (un insetto infestante, le cui larve, proliferate a dismisura a causa dell’inverno mite e delle continue piogge, si nutrono della base della pianta impedendone la crescita), è risultato scarso. La monocoltura del granturco domina ancora il paesaggio della parte bassa della provincia, tuttavia si sta facendo strada, seppur lentamente, sulla spinta del successo di gradimento e di vendite della birra Dolomiti prodotta dalla fabbrica di Pedavena, la coltivazione dell’orzo di cui è uno dei principali componenti. Tra le sperimentazioni che si vanno attuando in campo agricolo nel tentativo di renderlo diversificato e redditizio, merita un accenno la reintroduzione in Valbelluna della coltura di gelsi per l’allevamento dei bachi da seta con prospettive di impiego che vanno oltre il tessile e si estendono in altri ambiti, in particolare la cosmesi. In quanto all’allevamento tradizionale, il patrimonio bovino al 1° giugno 2014 ammontava a 21.754 esemplari, in calo dell’1,4% sull’analogo periodo dell’anno precedente. Al contrario, si è registrato un deciso aumento degli ovini (+35% per l’introduzione in provincia di un paio di nuove greggi) e dei suini (+15,9%). Inoltre, il servizio veterinario ha segnalato nella ULSS 1 la presenza di alcuni allevamenti di ungulati con significatività economica (carne di daino e di cervo destinata ai ristoranti e produzione di lana di alpaca), ma il fenomeno non è ancora strutturato e radicato nel territorio. A causa dell’eccessivo innevamento l’attività di alpeggio è stata ritardata e ciò ha avuto ripercussione anche sulla produzione del formaggio di malga nonché sulle attività turistiche correlate. Rimanendo in tema, va opportunamente ricordato il recente premio ottenuto dal Piave D.O.P. di Lattebusche quale miglior formaggio veneto 2014, un riconoscimento che arriva nell'anno in cui la cooperativa di Cesiomaggiore festeggia il sessantesimo anno di vita. A sostegno dell’allevamento ovino è partito, suscitando un certo interesse, il progetto per la ricostruzione della filiera produttiva della lavorazione della lana con l'obiettivo di ridare dignità a questo prodotto, valutandolo come risorsa (lavorazioni artigianali da vendere a uso turistico oltre che materia prima nella produzione di prodotti isolanti e coibentanti nel campo della bioedilizia) e non come rifiuto speciale. Il tempo avverso ha procurato danni significativi anche alle colture di ortaggi (patate, pomodori, cappucci, zucchine) e di piccoli frutti poiché l’eccesso di acqua e la mancanza di sole non hanno consentito la maturazione

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dei prodotti che spesso sono marciti sulla pianta e ciò ha gettato nello sconforto sia i farmer market sia i gestori di agriturismi che dei prodotti a chilometri zero fanno il loro fiore all’occhiello. Non è andata meglio la raccolta delle mele perchè le incessanti piogge hanno fatto cadere a terra i fiori impedendo di fatto la generazione del frutto. Lo stesso dicasi per le fioriture di specie mellifiche, come il tarassaco, la robinia, il tiglio e il castagno, che sono avvenute sotto la pioggia, ostacolando la bottinatura delle api e ciò ha comportato il crollo della produzione del miele D.O.P. fino al 70% e l’indebolimento degli alveari. È andata un po’ meglio la raccolta del miele millefiori estivo, ma sostanzialmente la stagione è stata negativa. I problemi per gli apicoltori vanno comunque ben oltre la produzione in quanto non è stata ancora debellata la presenza della Varroa (acaro parassita) che nel passato ha distrutto intere colonie. Male anche il settore florovivaistico: le vendite di fiori ornamentali e di piantine da orto che erano apparse in crescita nella prima primavera grazie al clima mite di marzo e aprile, hanno poi subito un brusco ridimensionamento a causa del persistere del maltempo. Le uniche note positive del settore giungono dalla vendemmia e dal fagiolo di Lamon. Nonostante il diffondersi di numerose malattie favorite dall’umidità, la raccolta di uva è stata significativa. In controtendenza rispetto al resto del Veneto, per le uve bianche e nere bellunesi si parla di un 15-20% in più di produzione, cui si deve aggiungere il contributo dei nuovi vigneti giunti a prima maturazione. Per il fagiolo, l’annata è stata positiva con una produzione sia di qualità che di quantità (durante la recente Fiera del fagiolo sono stati venduti 19 quintali di prodotto fresco e 6 quintali di prodotto secco). Infine, il settore forestale, piegato dalle abbondanti e pesanti nevicate che hanno devastato i boschi e dalle copiose piogge estive che hanno limitato il normale svolgimento dei lavori boschivi, è risultato in forte sofferenza, tanto da quantificare perdite di fatturato attorno al 30%. Oltre ai gravi danni alle piante e alle difficoltà di accesso al bosco dettate dal clima ostile, la silvicoltura ha dovuto fare il conto anche con la concorrenza slovena che immette in provincia legname a basso prezzo. Sempre a causa del maltempo sono andate a rilento le opere di sistemazione idraulico-forestale e di manutenzione della viabilità silvopastorale e pertanto il comparto guarda al futuro confidando nei prossimi bandi del Piano di Sviluppo Rurale e nel proseguimento degli investimenti a favore dello sviluppo della filiera «bosco-legno-energia». Uno sguardo a tutto campo permette di affermare che anche nel Bellunese da qualche anno si assiste a un ritorno alla terra. L’attività agricola, non più considerata marginale, sta acquisendo sempre più dignità di impresa e questo è dovuto a un cambiamento culturale. Nelle aziende più moderne si registra una sempre maggiore presenza giovanile e il settore sembra offrire buone prospettive di crescita, soprattutto per le aziende fortemente specializzate e innovative. Si tratta di un utile svecchiamento del mondo rurale e lo si constatata soprattutto in realtà che si dedicano a produzioni di alta qualità. Sempre più spesso i nuovi imprenditori hanno elevati titoli di studio e familiarità con le più moderne tecniche di coltivazione, conoscono il marketing e il mercato, e concepiscono determinante il fattore ambientale per produrre bene (sono fortemente in crescita i giovani che si approcciano al biologico). Essi si pongono in un’ottica diversa dalla precedente generazione, configurando l’attività imprenditoriale come una combinazione di diversi elementi (presidio del territorio, ospitalità, ristorazione, gestione delle risorse) e ciò sembra premiarli perché le prime analisi condotte a livello nazionale mettono in luce una capacità di redditività più elevata e costante nel tempo rispetto alle aziende tradizionali e più datate. Ciò lascia ben sperare anche per il nostro territorio poiché l’importanza del comparto primario va ben oltre il punto di vista economico, in quanto riveste un ruolo strategico di presidio e sottende a un miglioramento della qualità del paesaggio, anche in prospettiva di sviluppo turistico.

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- Industria Le imprese attive nel manifatturiero presenti nel R.I. al 30 giugno 2014 erano 1.814, in calo del 2,1% rispetto all’anno precedente. L’industria del legno è stato il settore che ha manifestato le maggiori difficoltà (-10 sedi, pari al -2,9%), seguito dalla “Fabbricazione di computer e prodotti di elettronica” che ha perso 8 unità (-12,1%) e dalla “Fabbricazione di apparecchiature elettriche” che assieme alle imprese di “Confezioni di abbigliamento” hanno lasciato sul campo 12 unità (6 ciascuna). Pochi sono i riscontri positivi e comunque limitati a piccoli numeri, tra questi si segnala una maggiore presenza (+4 imprese) nella fabbricazione di mobili. Il saldo tra imprese iscritte e cessate al primo semestre 2014 ha evidenziato un miglioramento rispetto al 2013, pur essendosi chiuso in campo negativo (-21). Al di là della demografia che già da sé dà conto di un andamento non brillante, è utile, per comprendere il clima di incertezza che pervade l’apparato produttivo locale, riportare i risultati dell’indagine Veneto Congiuntura di Unioncamere del Veneto. Dopo cinque rilevazioni all’insegna della crescita, nel secondo trimestre 2014 si è evidenziata una battuta d’arresto del manifatturiero locale, complice la decelerazione del commercio internazionale e la mancata ripresa dei consumi interni. La variazione tendenziale (rispetto all’analogo periodo 2013) della produzione, è stata assai negativa (-2,8%), a fronte di un andamento antitetico della media regionale (+1,2%). Inoltre, il manifatturiero bellunese, se si eccettua l’esiguo -0,1% espresso da Padova, è l’unico a marcare effettivamente un calo. Nel primo trimestre dell’anno la produzione locale aveva dato segni di risveglio, maturando un +3,5 che era stato salutato con speranza in quanto espressione di un trend in ascesa che sembrava consolidare le attese di una vera e propria ripresa. Questa brusca interruzione, invece, testimonia che la stabilità è ben lungi dall’essere stata raggiunta e che sussiste tuttora un elevato grado di incertezza nel contesto economico globale da cui il nostro apparato produttivo dipende. La reazione immediata dell’industria locale alle sollecitazioni allogene avviene per il noto profilo export oriented della provincia, che presenta un grado di apertura molto più marcato rispetto al Veneto e all’Italia. Il freno dell’attività produttiva ha riguardato indistintamente tutte le imprese, indipendentemente dalla dimensione, anche se le medie aziende, pur muovendosi anch’esse in terreno negativo, hanno dimostrato una maggiore tenuta (-0,8% rispetto al -3% di quelle con oltre 50 addetti e del -2,3% delle imprese con meno di 10 addetti). Il fatturato interno, compresso da un livello bassissimo di consumi, ha subìto nel secondo trimestre un decremento considerevole, –6,2% (+3,8% nel primo trimestre), contro il -0,2% del Veneto, un dato decisamente molto meno allarmante. Di contro, il fatturato estero, positivo, si è fortemente ridimensionato, passanto dal 13,5%, rilevato nel primo trimestre, al +3,2% del secondo, il che rende palese quanta forza abbia avuto il rallentamento del commercio estero. Per quanto riguarda gli ordini interni Belluno (+1,6%) va di pari passo al Veneto (+1,9%), mentre per gli ordini esteri cede terreno (+2,2% contro il 4,2 del Veneto, ma erano al +3,4% nel primo) e questo è dovuto ai diversi mercati di riferimento e alla diversa tipologia di clientela e di prodotto. Quanto agli ordini totali, ovviamente fortemente influenzati dall’andamento del ciclo estero, la crescita tendenziale provinciale si è attestata all’1,9%, al di sotto del +2,7% espresso dal Veneto. Tali ordinativi garantiscono in media una programmazione industriale di circa 40 giorni. In questo quadro complessivamente poco favorevole, l’occupazione si conferma un tasto dolente: dopo il crollo evidenziato nel primo trimestre (-4,5%) si è aggiunta un’ulteriore flessione (-0,9) con un riscontro regionale

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che va in senso opposto (+0,6%). Il mercato del lavoro continua a essere attraversato da fortissime tensioni, in corrispondenza anche delle attese degli imprenditori che non sono di certo improntate all’ottimismo. Uno sguardo settoriale tra le imprese con oltre 10 addetti ci porta a verificare come il calo della produzione sia generalizzato, anche se riguarda soprattutto l’occhialeria, fortemente export oriented (risulta utile ricordare che i cicli dell’occhialeria sono viziati dalla tipologia di prodotto lavorato: per l’occhiale da sole il periodo di massima produzione è quello che va da novembre a febbraio, mentre per l’occhiale da vista il ciclo si esplica da marzo a luglio. Tenendo conto che l’occhiale da sole è prevalente, l’ultimo e il primo trimestre dell’anno sono i più produttivi). Solo le “Macchine utensili, elettriche ed elettroniche” si muovono in campo positivo. Questa difficoltà condivisa è espressa in tutti gli indicatori. La conferma che il clima economico è ancora pervaso da turbolenze è ben visibile anche dalla lettura dei dati sulle aspettative degli imprenditori formulate per i tre mesi successivi alla rilevazione del secondo trimestre: il saldo percentuale tra pessimisti (chi si attende un calo di produzione, fatturato, ordini interni e occupazione) e ottimisti (chi ne prospetta una crescita) si è rivelato ancora una volta negativo, ad eccezione degli ordini proveniente dall’estero, dove peraltro l’ottimismo è in forte calo. - Artigianato Al primo semestre 2014 le imprese artigiane attive erano scese di 80 unità, passando da 5.296 a 5.216, con un calo in ragione d’anno assai marcato, -1,5%, inferiore di un punto percentuale a quello registrato nel 2013. Detta flessione ci colloca in linea con la media veneta, ma risulta leggermente migliore di quella espressa a livello italiano (–1,8%). La stessa variazione negativa è stata rilevata anche per le unità locali che si sono attestate a quota 5.913, con una tendenza regionale (-1,4%) e nazionale (-1,7%) che ha ricalcato quella delle sedi. Continua inesorabile l’assottigliamento del manifatturiero, diminuito complessivamente del 3,5% (48 unità in meno), le cui cause sono da ricercarsi soprattutto nel ripiegamento delle imprese della lavorazione del legno (-15 unità), della fabbricazione di apparecchiature elettriche (-7) e dei prodotti in metallo (-6), mentre l’occhialeria, dopo aver sviluppato per anni un andamento fortemente discendente, sembra aver acquisito un ritrovato equilibrio. Strettamente collegata alla decadenza dell’industria è la diminuzione significativa delle imprese di trasporto e di informatica, mentre il commercio, nonostante l’evidente calo dei consumi, resiste ai venti di crisi, almeno alla conta dei numeri del Registro Imprese. Al contrario, la stretta sul comparto edile sembra non avere fine tanto che il movimento anagrafico ha ravvisato un ulteriore arretramento rispetto a giugno 2013 dell’1,8% (-33 unità). Appare chiaro il tentativo espresso anche dall’artigianato di creare alleanze e cooperazione tra imprenditori per superare questa fase drammatica dell’economia e portare la propria attività su livelli commerciali più elevati, con uno sguardo anche all’internazionalizzazione. Si sono rafforzate infatti, secondo una tendenza generale già delineata da tempo, benché con un passo decisamente più lento rispetto al Veneto e all’Italia, le società di capitali (+3,7%) e i consorzi (passati da 14 a 20), a scapito delle imprese meno strutturate (-2,7% le società di persone e -1,6% le ditte individuali) e quindi più esposte finanziariamente. Secondo le associazioni di categoria la situazione dell’artigianato bellunese continua a essere assai problematica, con imprese, poche, che vanno bene, altre che faticano e altre in forte difficoltà. È un quadro difficilmente codificabile in modelli di riferimento se non per lo spartiacque “export oriented”. Infatti, le aziende collegate direttamente o tramite subfornitura al mercato estero riescono a garantire lo standard di produzione e una certa

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redditività, mentre quelle indirizzate al mercato interno soffrono per il persistere dell’insufficiente domanda e spesso si trovano al limite della sussistenza. Tra i settori che possono vantare un certo ottimismo, c’è l’occhialeria. Dopo l’ampia selezione degli ultimi anni, le poche imprese artigiane rimaste si sono fortemente specializzate e ora sono in grado di offrire rapporti di subfornitura altamente qualificati con una flessibilità, una qualità e una risposta immediata alle aziende maggiori che era impensabile tempo fa (e in questo contesto si inseriscono, in parte, i riscontri negativi delle importazioni di manufatti ottici degli ultimi anni). Il settore delle costruzioni è quello che tuttora presenta le maggiori criticità, soprattutto in ambito immobiliare. Sono quasi del tutto assenti le committenze di nuove costruzioni private e di appalti pubblici. Gli unici segnali positivi provengono dalle ristrutturazioni e dagli interventi volti al miglioramento energetico grazie al prolungamento degli incentivi fiscali. Rispetto all’anno precedente, nel 2014 comunque si è avvertita una frenata e il pensiero che affligge gli operatori è che la mancanza di liquidità delle famiglie e l’incertezza reddituale futura mini la propensione agli investimenti. L’impiantistica, che segue di pari passo l’edilizia, sopravvive solo grazie agli interventi agevolati, ma anche qui la sensazione è che si sia giunti al capolinea: chi aveva disponibilità di denaro ha già provveduto ai lavori e quindi il portafoglio ordini è previsto in calo. Nei servizi alla persona si assiste a una certa stabilità, con una tendenza alla flessione, in connessione alla minore disponibilità di reddito delle famiglie. Le aziende per mantenersi concorrenziali hanno attuato campagne di promozione offrendo alla clientela servizi aggiuntivi allo stesso prezzo. Sul fronte dei finanziamenti garantiti, l’andamento provinciale è in linea con la media nazionale. La propensione agli investimenti è ancora scarsa, tuttavia non assente. Nel corso di questi mesi si sono progressivamente limitate le esigenze di consolidare i debiti a breve termine, mentre è rimasto costante e continuo il sostegno dei Confidi alla liquidità delle imprese, anche se in maniera più selettiva rispetto al passato. Il costo del denaro per l’impresa rimane elevato in quanto il progressivo incremento del credito deteriorato ha contribuito in maniera determinante a far lievitare non solo il costo dei finanziamenti bancari, ma anche quello delle garanzie dei Confidi. - Edilizia Il settore delle costruzioni è in sofferenza da lungo tempo. I suoi mali hanno origini lontane e sono stati acutizzati dalla persistente congiuntura sfavorevole. Fino al 2008, l’edilizia locale ha goduto di un ampio ciclo espansivo, assai più marcato di altre aree venete, durante il quale si è molto costruito, soprattutto nuovi edifici (non sempre di buona qualità), trascurando di fatto la ristrutturazione dell’esistente. Molte opere sono rimaste invendute16 e le imprese del settore, che già facevano i conti con l’inizio della fase recessiva, hanno faticato sempre più ad assorbire i ritardi dei pagamenti dei committenti privati e pubblici, questi ultimi alle prese con le esigenze dettate dal patto di stabilità governativo. Le difficoltà si sono col tempo riversate in una spirale negativa che fatica a dispiegarsi ancora oggi: il ritardo nella riscossione dei crediti, l’aumento delle sofferenze, la mancanza di nuovi ordini, il tormentato e spesso impossibile accesso al credito hanno messo in difficoltà molte

16 Il boom dell’edilizia bellunese di inizio secolo è stato contraddistinto da una forte speculazione: si è costruito troppo e in zone periferiche di poco pregio con bassa qualità dell’opera. Ciò ha comportato un’eccedenza di invenduto che difficilmente verrà riassorbita attraverso i normali canali di transazione. Alcuni operatori valutano che queste abitazioni potrebbero trovare acquirenti solo se il mercato del lavoro bellunese sarà in grado di attrarre nuovi residenti, che disponendo di capacità reddituali inferiori potrebbero essere interessati ad acquistare delle case a prezzi allettanti.

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aziende, anche storiche. Questa perniciosa situazione sembra non aver fine e ciò è testimoniato dal continuo calo delle presenze nel Registro Imprese (-2,2% rispetto a giugno 2013), dai fallimenti decretati dal Tribunale di Belluno (degli 11 ricevuti nel 2014 sette attengono direttamente o indirettamente al settore edile) e dall’analisi congiunturale condotta da Edilcassa Veneto e Unioncamere Veneto su un campione di imprese con almeno un dipendente17. Le elaborazioni del secondo trimestre 2014 segnalano il protrarsi dell’andamento negativo, benché con un’intensità inferiore al passato. Dal confronto con l’analogo periodo 2013 emerge, infatti, un fatturato che si è contratto dello 0,4% (il Veneto, pesantemente condizionato dal crollo di Treviso, scende a -0,7%, ma era a -0,5% al primo trimestre) e che, riallineandosi ai valori di fine 2013, ha superato la china critica della prima rilevazione di quest’anno (-1,1%). Uno sguardo sul medio periodo induce a pensare che, dopo le pesanti cadute registrate nel biennio 2012-13, ci si stia lentamente riportando sulle posizioni di inizio 2011. La situazione rimane senza dubbio critica, tuttavia non si può negare che gli incentivi governativi per le riqualificazioni e l’efficienza energetica abbiano sostenuto un settore altrimenti privo di prospettive. Questo è soprattutto vero per le aziende di piccole dimensioni che hanno potuto contare sul mercato delle piccole ristrutturazioni che, benché con un andamento altalenante, ha sostanzialmente “tenuto”. In provincia si è allentata anche la morsa sugli ordini che però permangono ampiamente in terreno negativo attestandosi a -1,1% (valore dimezzato rispetto al 2,4% rilevato in precedenza) e ciò accomuna l’edilizia locale a quella di Padova (-1,2%) e Treviso (-1,3%). Il quadro occupazionale bellunese ha evidenziato un’ulteriore flessione (-0,3%) in media con lo scenario regionale, mentre per i prezzi si misura un aumento (+0,9%) nettamente inferiore al Veneto (+1,6%). L’incremento dei prezzi è stato, come di norma, assai meno marcato di quello registrato dalle altre realtà provinciali, tuttavia, se lo si associa a un fatturato non brillante e a un andamento degli ordini non confortante è chiaro che i margini di ricavo anche per le imprese bellunesi risultano essere sempre più risicati e le prospettive assolutamente incerte. Inoltre, il persistere di un clima economico e politico pesante, aggravato da un mercato del lavoro con alti livelli di disoccupazione e da un andamento dei consumi piuttosto piatto che palesa le difficoltà finanziarie di famiglie e investitori, spinge alla cautela e al posticipo degli interventi in attesa di momenti più favorevoli. Tutto ciò è ben sintetizzato negli indicatori previsionali calcolati sulla base dei giudizi forniti dagli operatori edili: le aspettative per i prossimi tre mesi indicano, infatti, un forte pessimismo per quanto attiene il fatturato e gli ordini che non ha eguali nel resto della regione. Recentemente l’Agenzia delle Entrate ha aggiornato al 1° semestre 2014 i dati dell’Osservatorio del Mercato Immobiliare rilevando una diminuzione dei volumi di compravendita in provincia, sia residenziali (scesi dai 784 di giugno 2013 ai 720 di quest’anno) sia dell’apparato produttivo (il terziario è passato da 11 a 7, il commerciale da 38 a 33 e l’industriale da 31 a 12), dando una chiara indicazione dello stallo del comparto. - Commercio

17 L’Istat ha pubblicato a inizio agosto i dati sui permessi di costruire 2012 a livello provinciale. A Belluno i permessi per nuove costruzioni residenziali sono stati 150 per un volume di 172.136 m³ v/p, in leggero calo rispetto all’anno precedente (nel 2011 i permessi erano stati 159 per circa 181mila m³), mentre gli ampliamenti sono rimasti pressoché invariati (94.227 m³); al contrario, i permessi per nuove costruzioni non residenziali hanno registrato un deciso aumento (dai 49 del 2011 ai 79 del 2012 per un volume complessivo di 158.707 m³) così come gli ampliamenti. I riscontri con i valori pre-crisi però riportano diminuzioni rilevanti (-35% rispetto al 2007 i permessi di costruzioni per le nuove costruzioni residenziali e non), tuttavia va ricordato che l’edilizia in provincia ha conosciuto per molti anni uno sviluppo significativo e più marcato di altre aree.

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Il perdurare della fase depressiva e la precarietà del mercato del lavoro hanno eroso pesantemente il potere di acquisto delle famiglie portando a una compressione dei consumi, mai così bassi dal dopoguerra, e a un condizionamento delle scelte di acquisto. L’asfittica domanda interna si è riversata in parte anche su quei beni un tempo ritenuti incomprimibili e ha imposto il “congelamento” dei listini, tanto che l’aumento dell’I.V.A. di ottobre è stato assorbito dalle imprese per evitare un’ulteriore caduta dei consumi. Questo andamento ha avuto come esito quello di favorire una diminuzione progressiva dell’inflazione, giunta in campo deflattivo con la rilevazione di agosto (-0,1%, ma con un’inflazione core, al netto di beni alimentari ed energetici, al +0,4%)18. Va precisato che sul segno rosso di agosto hanno pesato, non tanto il calo dei prezzi dei beni alimentari (-0,4%), quanto piuttosto la contrazione dei prezzi per le comunicazioni (-9,1%) e per l’elettricità e il gas (-6,0%) che sono componenti gestite e quindi non di libero mercato. Nel dettaglio, i prezzi dei beni durevoli e non durevoli si sono mossi in terreno positivo, mentre quelli dei beni semidurevoli hanno avuto una flessione. Valutando tutti questi aspetti, molti economisti hanno sottolineato che questo tipo di deflazione non arreca danni all’economia, anche se è pur vero che di fronte all’attesa di prezzi in calo c’è la tendenza da parte dei consumatori a rinviare l’acquisto di beni non considerati essenziali, innestando di fatto una spirale negativa. L’Istat ha sintetizzato in numeri quanto unanimemente percepito dai cittadini indicando un arretramento nel 2013 dell’1,1% del potere di acquisto delle famiglie consumatrici (trend proseguito anche nel primo trimestre 2014 con un -0,2% sull’anno precedente) ed evidenziando una contrazione del 2,5% (calcolata su valori correnti) della spesa media mensile per famiglia. Nonostante la spesa per generi alimentari sia rimasta sostanzialmente stabile, benché si sia registrata una sensibile diminuzione dell’acquisto di carne, è aumentata, sottolinea l’istituto di statistica, la quota di famiglie che hanno ridotto la quantità o la qualità dei beni comprati e che ha effettuato i propri acquisti negli hard discount. La domanda per beni e servizi non alimentari è, invece, crollata, soprattutto nell’abbigliamento e per gli acquisti destinati al tempo libero e alla cultura, evidente indicazione che si cerca di tagliare tutte quelle voci ritenute non necessarie. Non è andata meglio, nonostante gli incentivi del bonus mobili, l’andamento degli acquisti di arredamenti, elettrodomestici e servizi per la casa che si sono ulteriormente contratti. Non esistono dati provinciali diffusi dall’Istat sull’argomento (le indagini, pur interessando anche famiglie residenti nel Bellunese, riportano solo valori regionali), ma è facile supporre, anche in base all’esperienza quotidiana, che in provincia di Belluno la situazione sia analoga, se non addirittura sensibilmente peggiore in quanto si sconta la difficoltà del vivere in montagna. Un aiuto per comprendere l’andamento del commercio al dettaglio in provincia di Belluno è fornito dall’Indagine campionaria Veneto Congiuntura condotta da Unioncamere Veneto, secondo la quale il fatturato totale del comparto ha messo a segno in provincia, nel secondo trimestre 2014, un deludente –0,9% su base annua, posizionandosi al di sotto del pur modesto riscontro regionale (-0,3%). Consola poco sapere che è andata meglio rispetto al trimestre precedente, che si era chiuso a –1,3%, poiché la serie dei risultati negativi si estende fino al 2011, con due sole modeste interruzioni (primo trimestre 2012 e terzo trimestre 2013). L’attuale calo delle vendite al dettaglio si protrae oramai da tre trimestri consecutivi, seguendo un andamento ampiamente consolidato che vede in sofferenza soprattutto il comparto non alimentare (l’insicurezza lavorativa e l’incertezza nei riguardi del futuro penalizzano soprattutto e prima di tutto l’acquisto dei beni considerati non essenziali) e la piccola distribuzione (superficie inferiore ai 400mq), con i negozi di vicinato che faticano a tenere il passo delle strutture maggiori che possono muoversi con margini operativi più ampi.

18 L’andamento dell’inflazione a Belluno capoluogo riflette quello nazionale, anche se il calo dei prezzi dei prodotti alimentari e delle bevande analcoliche è stato maggiore (-1,1%) e le spese sanitarie e per la salute hanno avuto una variazione negativa (-0,8%).

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Per quanto riguarda il settore food, dopo la rilevazione negativa nel primo trimestre (-2,4%), nel secondo quarto dell’anno il fatturato ha chiuso in positivo (+2,1), tuttavia nel Veneto i segni di ripresa sono apparsi più consistenti (+3,8). Il comparto no food ha confermato le difficoltà ormai quasi strutturali che lo attanagliano (a nulla sono valsi i saldi di fine stagione per risollevarne le sorti), posizionandosi per la tredicesima volta consecutiva - e cioè dal secondo trimestre 2011 - in negativo (-2,3%). La piccola distribuzione sembra anch’essa in caduta libera, tanto che il –2% del secondo trimestre 2014 (in Veneto il calo è stato dello 0,8) si aggiunge a un trend negativo che ricalca le vicissitudini del settore non alimentare. A chiudere in positivo nel secondo trimestre 2014 (+0,3%) sono state sia le medie e grandi aree commerciali (-0,1% nel Veneto) che, per settore merceologico, gli ipermercati, supermercati e grandi magazzini (+1,4 in regione). Risultano in passivo anche gli ordini totali ai fornitori (-2,6%), un dato ben al di sotto della rilevazione precedente (-0,7%) e notevolmente peggiore rispetto al Veneto (-1,3%). Detta tendenza accomuna la piccola (-3,0%) alla media/grande distribuzione (-1,8%), mentre il no food risulta in profondo rosso (-4,2%) e l’alimentare riprende fiato (+1,4%, ma era al –1,0% nel primo trimestre). Quanto ai prezzi di vendita, se in regione si assiste a una leggera contrazione (-0,2), a Belluno essi sono registrati in crescita (+0,8%) sulla spinta dell’aumento sostanzioso delle medie e grandi superfici (+1,4%, con gli ipermercati, supermercati e grandi magazzini a +1,3%), mentre i piccoli esercizi hanno dichiarato una certa stabilità. La difficile congiuntura ha avuto riflessi sull’occupazione, il cui riscontro totale resta negativo, pur migliorando rispetto al primo trimestre (dal -0,6% al -0,3%). Le spinte ribassiste sono evidenti nella media/grande distribuzione (-1,1%), soprattutto negli ipermercati, supermercati e grandi magazzini (-1,9), mentre nella piccola distribuzione, dopo cinque trimestri consecutivi marcati dal segno meno, riappare una dinamica positiva (+0,7%). Le criticità riscontrate nell’ambito del commercio provinciale sono destinate a permanere anche nei prossimi mesi, almeno secondo le indicazioni fornite dagli operatori del mercato, che per il periodo in corso prevedono una sostanziale stazionarietà del fatturato con una presenza di pessimisti, in aumento, che sopravanza di sette punti percentuali gli ottimisti (in regione la percentuale di quanti prevedono un calo del volume di affari è comunque assai più elevata). La stragrande maggioranza degli imprenditori prospetta una certa stabilità del quadro occupazionale, con una quota, però, in calo rispetto alle rilevazioni precedenti, in quanto la schiera dei fiduciosi risulta rafforzata, oltrepassando, seppur di poco, i pessimisti. Per i prezzi si delinea un andamento analogo a quello maturato in questo scorcio d’anno. La decadenza del commercio al dettaglio bellunese è sotto gli occhi di tutti; numerosi sono infatti i negozi di vicinato che hanno chiuso i battenti lasciando ampi spazi vuoti nelle cittadine della provincia, anche nelle vie più frequentate e blasonate. La causa è da ricercarsi nella caduta generalizzata dei consumi, tuttavia, a parere di molti, sotto accusa sono anche l’eccessiva presenza di catene commerciali poste nella prima periferia, le abitudini di acquisto dei residenti più inclini a scegliere le grandi aggregazioni commerciali della pianura, l’omogeneità dell’offerta dei prodotti ovunque simili, gli affitti troppo onerosi, una fiscalità eccessiva e una imprenditoria commerciale autoctona ancora troppo legata al passato e poco orientata alle novità, anche dalle opportunità offerte dall’e-commerce. Vero è che la chiusura di un negozio di vicinato è una perdita sociale, di cultura e di tradizione e di certo non aiuta un’area che si vuole caratterizzare anche in campo turistico. - Turismo Il maltempo ha inciso profondamente sull’andamento turistico fin dall’esordio, con una stagione invernale assolutamente sottotono che è stata seguita da un’altrettanto sfortunata stagione estiva.

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Le copiose e frequenti nevicate nelle Dolomiti e le note vicende di black out e di isolamento di molte località turistiche hanno condizionato pesantemente il periodo invernale. L’avvio era stato promettente con discreto innevamento naturale già a fine novembre, ma il repentino innalzamento delle temperature di dicembre ha determinato un brusco cambiamento del meteo con forti piogge nella parte meridionale della provincia e nevicate eccezionali a settentrione, bloccando sul nascere l’esodo natalizio. Le ripercussioni sono state gravi tanto che a fine periodo (dicembre-marzo) si è avuto un calo delle presenze del 3,3%, con un tonfo a -11,9% nel solo mese di febbraio, di solito il mese di punta delle settimane bianche. I dati al momento resi disponibili dalla Regione Veneto ci forniscono un bilancio aggiornato a giugno che conferma quanto si è già osservato negli ultimi anni: un aumento degli arrivi (+1%) e una costante flessione dei pernottamenti (-2,5%) con conseguente diminuzione della permanenza del soggiorno, giunta oramai a 4,4 giorni (4,5 nell’analogo periodo 2013). A fronte di un calo degli arrivi dei turisti italiani (-1,4%) si è avuto un riscontro importante degli ospiti stranieri (+5%) che però non hanno riproposto lo stesso felice movimento nelle presenze che sono aumentate del 1,8%. Appare evidente che il processo di internazionalizzazione del turismo bellunese sta avanzando, tuttavia esso rimane ancora insufficiente per coprire le mancate presenze dei connazionali che al primo semestre 2014 hanno segnato un -5,2%. Oltre al perdurare della crisi economica che continua a depauperare i redditi, anche la prossimità della provenienza geografica dei turisti italiani, che costituiscono i due terzi della clientela bellunese, ha giocato un ruolo fondamentale per l’esito finale: la vacanza, infatti, viene spesso decisa all’ultimo momento a seconda delle condizioni meteorologiche. Diversamente, i turisti stranieri, che sono più flessibili, tendono a rimanere in loco anche con andamenti climatici poco favorevoli, sia perché hanno affrontato un viaggio più lungo, sia per cultura. Proprio per questo sarebbe necessario riuscire a promuovere uno sviluppo turistico più articolato e di relazione che tenga conto di proposte a tutto campo per supplire alla mancanza di bel tempo. E in parte questo lo si è sperimentato proprio durante la estate, quando si sono visti numerosi visitatori, fuggiti dalle tediose giornate di pioggia, passeggiare alla scoperta delle cittadine della “parte bassa” della provincia. Nei primi sei mesi del 2014 si è evidenziato un andamento moderatamente positivo per il settore alberghiero (+3,4% gli arrivi e +0,7% le presenze) con risultati assai lusinghieri nelle categorie superiori (+1,4% gli arrivi e +4% le presenze), con una buona tenuta dei tre stelle, soprattutto per numerosità di ospiti (+6,6% contro il +1,2% delle presenze) e un crollo dell’accoglienza meno strutturata (-7,4% gli arrivi e -10,1% i pernottamenti), andamento quest’ultimo che non stupisce poiché da molto tempo le scelte dei vacanzieri si indirizzano verso il confort e i servizi di qualità. Il comparto complementare è apparso, invece, in forte sofferenza evidenziando un -4,3% negli arrivi e addirittura un -6,8% nelle presenze. All’interno del settore hanno marcato segni positivi, addirittura a due cifre, gli agriturismi; si tratta ancora di piccoli numeri, ma da tempo è in atto una crescita costante. Positivo il riscontro dei campeggi, mentre rilevante è la débacle degli alloggi privati che hanno registrato un -17% nei pernottamenti. Mancano i dati dell’estate, tuttavia, possiamo immaginare, viste le rare giornate di sole, che a conti fatti i risultati non saranno di certo brillanti. Il maltempo ha tuttavia favorito la discesa del turismo montano verso le cittadine storiche della Valbelluna, dove si è riscontrata una certa vivacità. Le sfide per il futuro che il turismo bellunese deve affrontare e vincere sono da tempo assai note, svincolarsi dalle condizioni meteorologiche con offerte alternative alle sciate e alle passeggiate attivando una sinergia tra il nord e il sud della provincia, rinnovare e modernizzare l’accoglienza, nonché proiettarsi in modo più dinamico nell’internazionalizzazione e di questo dovrà preoccuparsi la neo-nata Dmo (Destination Management

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Organisation) Dolomiti, organizzazione a partecipazione pubblica e privata prevista dalla legge regionale 11/2013 che vede la Camera di Commercio tra i soci promotori. - Commercio internazionale L’Istat ha recentemente diffuso i dati dell’interscambio commerciale con l’estero del secondo trimestre e l’export bellunese si è dimostrato ancora una volta uno dei motori dell’economia provinciale con un aumento del 9,2% sul periodo gennaio-giugno 2013. Le importazioni hanno invece segnato il passo, rimanendo invariate, con movimentazioni che hanno superato di poco i 368 milioni, valore, come di consueto, di gran lunga inferiore alle esportazioni, quantificate in 1.763 milioni di euro. Rispetto al Veneto (+3%) e all’Italia (+1,3%) la dinamica dell’export bellunese è risultata più espansiva, il che riflette l’ampia flessibilità del manifatturiero locale rispetto alle altre aree. Al contrario, l’import si è mantenuto in posizione neutra tra gli andamenti antitetici della regione (+3,2) e della nazione (-1,7%). Essendo i prodotti ottici preponderanti, il loro comportamento ciclico determina il risultato finale del flusso dell’export, a cui concorre per circa tre quarti (nella prima parte dell’anno lo sviluppo delle esportazioni risulta solitamente più marcato in quanto legato alla promozione dell’occhiale da sole), e influenza significativamente il corso dell’import che copre per il 40%. E così anche in questo primo scorcio dell’anno il risultato positivo evidenziato dall’export è dovuto in gran parte al successo dell’occhialeria (codici Ateco CI267 e CM325) che ha maturato una crescita del 12,2% su base annua, cioè oltre 140 milioni in più rispetto all’analogo periodo 201319. Per quanto attiene l’import dei prodotti ottici, dopo anni di incrementi poderosi, da qualche tempo si assiste a un ridimensionamento (molto accentuato nell’ultimo biennio) che sottende a strategie aziendali diverse dal passato, a ricollocazione della produzione e a nuove sinergie con le imprese locali. Per questo primo periodo la contrazione si è attestata al 4,6%, cioè poco più di 7 milioni di mancate importazioni. Se per l’occhialeria le cose vanno a gonfie vele, non altrettanto si può dire per l’altro prodotto di punta del manifatturiero locale, i macchinari, in sofferenza da tempo, che hanno ripiegato rispetto allo scorso anno del 3,7%. La debolezza della meccanica è da ricercarsi nella minore diversificazione e nella maggiore rigidità rispetto al Veneto dei mercati di destinazione. Anche le apparecchiature elettriche hanno accusato una forte riduzione, mentre segnali positivi sono maturati in seno alla metallurgia, agli elettrodomestici e alla maglieria. È proseguita, inoltre, l’espansione della carta, dei prodotti alimentari e dei chimico-farmaceutici, mentre i prodotti di gomma e plastica, che avevano dato soddisfazione negli anni passati mostrandosi assai resilienti alla crisi, e la carpenteria metallica si sono collocati in posizione di stallo. Male, i mezzi di trasporto e la concia, che al contrario ha conosciuto un’esuberante exploit nell’import (+54,5%). Complessivamente le importazioni risentono del calo delle richieste di materiali ottici e della depressione dei consumi diretti (i prodotti manifatturieri residuali sono quelli che dopo l’occhialeria hanno subìto le perdite maggiori) e industriali (significative le diminuzioni delle apparecchiature elettriche e dei macchinari) e a nulla valgono per risollevarne l’andamento le spinte in senso opposto della già nominata concia, della metallurgia (+19,4%) e dei mezzi di trasporto e componentistica (+28,6%).

19 Sipao ha indicato che nel primo semestre 2014 si è registrata una crescita complessiva delle esportazioni italiane di materiale ottico del 10,3% rispetto allo stesso periodo 2013, con un’ottima performance delle lenti (+15,8%) e un andamento positivo sia delle montature (+8,7%) sia degli occhiali da sole (+10,9%). Va ricordato che il valore prodotto dalle aziende bellunesi incide per l’80% sul totale.

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Una visione generale sull’interscambio commerciale evidenzia come, rispetto al recente passato, siano meno numerose le voci che si collocano in passivo e questo accende un’esile fiducia, benché la cautela sia d’obbligo in quanto i mercati internazionali non sono alieni da turbolenze, dettate anche da fattori squisitamente politici. Gli Stati Uniti si confermano il principale partner commerciale per l’export bellunese con un aumento del 6,6% (dovuto essenzialmente al buon andamento delle vendite di occhiali da sole). Di gran lunga distanziate per ammontare, ma comunque fondamentali riferimenti per il manifatturiero locale, si collocano le tradizionali mete europee (Francia, Germania, Regno Unito e Paesi Bassi) che in questa fase si sono dimostrate assai dinamiche, con la sola l’eccezione della Spagna, dove la crisi di mercato è ancora pressante. Importanti sviluppi in termini percentuali si sono riscontrati per le esportazioni in Cina, Corea del sud, Emirati Arabi Uniti, Turchia e Brasile, “nuovi” e promettenti sbocchi, mentre impensierisce la flessione della Russia (-4,4%) su cui pesa l’eco delle sanzioni europee. Per quanto attiene le importazioni, la Cina è rimasta il primo interlocutore, con un’inversione di tendenza rispetto alla sensibile diminuzione nell’ultimo biennio (+1,3%). L’interscambio con la Cina è sostenuto sostanzialmente dai prodotti ottici che si sono palesati in calo (-3,8%), mentre gli altri prodotti trovano poco spazio, ad eccezione delle importazioni di “Cuoio conciato e lavorato; articoli da viaggio, borse, pelletteria e selleria; pellicce preparate e tinte” che si sono dimostrate in forte ascesa tanto da compensare le mancate importazioni di occhiali e determinare il cambio di segno del flusso. Dietro la Cina, troviamo tra i Paesi fornitori la Germania, la Francia, entrambi in flessione e l’Austria (prodotti derivanti dalla raffinazione del petrolio), Paesi Bassi (metalli di base preziosi e altri metalli nonché occhialeria) e Spagna (autoveicoli) in forte ascesa. - Protesti cambiari e fallimenti Dal Registro Informatico Protesti provengono delle note positive: le segnalazioni di protesti cambiari (assegni, pagherò e tratte accettate) hanno conosciuto un forte ridimensionamento nell’arco di un anno (-28,9%) e a ciò si è accompagnato anche il dimezzamento dell’importo facciale, passato dai 1.312mila euro ai 649mila di giugno 2014, con la conseguente importante diminuzione dell’importo medio per effetto. Il contenimento delle esposizioni ha interessato tutte le tipologie di titoli di credito, ma soprattutto le cambiali. Il medesimo andamento decrescente si è riscontrato anche nei mesi di luglio e agosto. Le domande di cancellazione finora pervenute all’ufficio sono state 30 (di poco inferiori all’anno precedente) e hanno riguardato, a parte rare eccezioni, le imprese. Dal contatto con l’utenza si apprende che spesso le cambiali protestate vengono rinegoziate con scadenze più lunghe (e quindi non si può procedere alla cancellazione perché la legge richiede l’estinzione del debito) nel tentativo di dare “fiato” all’azienda. Quanto ai fallimenti, il Tribunale Civile di Belluno ha emesso finora 11 sentenze (l’ultima pervenuta alla Camera di Commercio è del 1° ottobre), di cui una riguardante un’impresa con sede legale a Treviso, ma operativa in Comelico. Si tratta di un numero contenuto che rimanda ai valori pre-crisi e ben lontano da quelli registrati negli ultimi anni (alla stessa data del 2013 si contavano già 17 decreti)20. Come di frequente accade ormai da tempo, a essere colpite dal provvedimento del Tribunale sono soprattutto le imprese del settore edile.

20 Nel primo semestre di quest’anno Cerved segnala un incremento del 10,5% dei fallimenti in Italia evidenziando che si tratta di un record dall’inizio della serie storica. I tassi di crescita sono a doppia cifra ovunque eccetto nel Nord-Est, dove si registra l’aumento più contenuto (+5,5%). La nuova fase recessiva ha spinto fuori dal mercato soprattutto le imprese più piccole che si sostenevano essenzialmente sulla domanda interna, da troppo tempo stagnante.

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- Lavoro e Ammortizzatori sociali Il tema più pressante dell’agenda politica nazionale e locale è la crescita economica e occupazionale. La dilagante disoccupazione e l’immobilità del mercato del lavoro stanno minando profondamente la società italiana ampliando gli squilibri generazionali, per livello di istruzione e per aree e dando avvio a una nuova fase di emigrazione oltrefrontiera. Il divario di genere, al contrario, sembra essersi attenuato, ma soltanto perché è peggiorata la condizione lavorativa maschile. Purtroppo l’indagine Istat sulle “Forze di lavoro” fornisce solo annualmente una sintesi dell’andamento provinciale e per l’anno in corso si possono solo formulare delle ipotesi valutando attentamente i segnali che provengono da diversi ambiti e di riflesso dalla situazione veneta e nazionale. I recenti comunicati in materia sono tutt’altro che confortanti. Secondo quanto riportato dall’Ocse nel recente Employment Outlook, la disoccupazione in Italia è destinata a sfiorare a fine anno il 13%, un dato dolorosamente in ascesa e notevolmente più elevato rispetto alla media Ocse stimata al 7,4%. Si tratta del quinto peggior riscontro tra i 34 Paesi aderenti all’Organizzazione (peggio di noi la Grecia al 27,1%, la Spagna al 25%, il Portogallo al 15% e la Repubblica Slovacca al 13,7%) e le previsioni per il prossimo anno non sono brillanti, indicando sì per l’Italia un’inversione di tendenza, ma con percentuali dei senza lavoro ancora alte (12,2%) e lontanissime dai confronti pre-crisi. Benché i livelli di disoccupazione siano preoccupanti per tutte le fasce di età, la situazione giovanile è quella che desta maggior allarme: in Italia i giovani con un lavoro precario sono quasi raddoppiati da inizio secolo. Lo studio dell’Ocse mette infatti in evidenza che il tasso dei giovani 15-24 anni con un lavoro temporaneo è balzato dal 26,2% del 2000 al 52,5% del 2013, con un aumento di dieci punti sul 2007. Tra i 28 Paesi industrializzati l'Italia ha la nona maggiore incidenza di giovani precari a fronte di una media Ocse che si ferma al 25%. Le stime Istat diffuse a fine settembre relazionano di un lievissimo miglioramento ad agosto del tasso di occupazione (55,7%) e di disoccupazione, attestato al 12,3% (in diminuzione di 0,3 punti percentuali in termini congiunturali e di 0,1 punti nei dodici mesi, con una media dell’Eurozona ferma all’11,5%), ma di un deciso peggioramento dei livelli occupazionali dei giovani (44,2%, pari a 710mila persone, in aumento del 3,6% su base annua). Nella nota mensile l’Istituto Nazionale di Statistica ha precisato che «il mercato del lavoro, nonostante qualche isolato segnale positivo, non sembra ancora presentare miglioramenti significativi» perché «al netto d’influenze stagionali, l’occupazione totale è rimasta stabile nei primi sei mesi del 2014, dopo una lunga fase di contrazione iniziata nel secondo trimestre del 2012». Una situazione complessa e al momento senza uscita, tanto più che l’indagine svolta presso le imprese con più di dieci dipendenti ha indicato che il tasso di posti vacanti permane su livelli molto bassi, il che significa che la prolungata scarsità di posti di lavoro a disposizione sta assumendo caratteristiche strutturali. Questo aspetto è accompagnato anche dall’andamento del tasso di disoccupazione di lunga durata (oltre un anno) che resta su livelli assai elevati (al 7,6% nel secondo trimestre). Per l’immediato futuro non ci si deve attendere nulla di positivo in quanto l’Istat ha previsto un peggioramento del quadro macroeconomico, con una nuova flessione del Pil anche nel terzo trimestre dell’anno per il deteriorarsi dei ritmi di attività in tutti i principali comparti produttivi, principalmente a causa della carenza di domanda interna e ciò si rifletterà ineluttabilmente sull’occupazione. Anche se la situazione in provincia non raggiunge livelli così critici, l’andamento del mercato del lavoro è comunque per molti aspetti preoccupante. I dati pubblicati da Veneto Lavoro, elaborati sulla base delle informazioni desunte dai CPI provinciali, hanno evidenziato nel primo semestre 2014 in provincia di Belluno un trend in ascesa rispetto al biennio precedente sia degli avviamenti, pari a 12.940 (12.065 nei primi sei mesi del 2013 e 11.580 nel 2012), sia delle cessazioni,

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quantificate a 13.695 (13.390 nel 2013 e 13.220 nel 2012). Benché il saldo che ne è risultato, -755, sia di gran lunga il migliore degli ultimi tempi (-1.330 nel 2013 e -1.640 nel 2012), va sottolineato che all’interno del panorama veneto, Belluno è l’unica provincia ad avere un riscontro negativo, mentre le altre aree hanno maturato dei significativi incrementi. Come noto, il numero di avviamenti e di cessazioni non corrisponde al numero di “teste”, infatti, una persona può essere avviata e cessata più volte in un anno, tuttavia la tendenza espressa è rivelatrice delle problematiche che stanno attanagliando il mercato del lavoro locale, criticità che le rappresentanze sindacali e datoriali non mancano di rimarcare pressoché quotidianamente. La situazione è, invero, molto fluida e benché in alcuni casi si sia scongiurata la chiusura di grandi e storici impianti industriali, la visione sul futuro è tutt’altro che rosea e si temono tuttora forti ridimensionamenti con gravi ricadute occupazionali. E a ricordarlo ci sono le aperture di crisi aziendali che in questi primi otto mesi hanno raggiunto quota 42 (in progressione rispetto alle 39 dell’analogo periodo 2013 e alle 19 conteggiate nel 2012) con un numero di lavoratori potenzialmente coinvolti che si avvicina al migliaio (erano 898 ad agosto 2013). I movimenti anagrafici del semestre hanno interessato maggiormente le donne21 con 6.550 avviamenti e 7.470 cessazioni (contro rispettivamente i 6.390 e i 6.225 degli uomini), tuttavia i saldi prodotti dimostrano che l’occupazione femminile è stata di gran lunga la più svantaggiata: le femmine, infatti, presentano un conto passivo di 920 unità, mentre i maschi si sono portati in terreno positivo (+165). Quanto alla nazionalità, nonostante i contratti coinvolgano principalmente gli italiani (l’85% del flusso), sono gli stranieri ad avere un bilancio, seppur di poco, positivo (+25 rispetto al -785 dei connazionali). Uno sguardo ai settori economici rivela che i servizi sono come sempre interessati da forti oscillazioni (per la loro stessa natura stagionale) e che su di essi si è concentrato il 61% degli avviamenti (7.895) e il 77% delle cessazioni (10.570). Nonostante questo dinamismo, è l’unico comparto che a fine semestre ha presentato un saldo negativo (-2.675 unità), tanto intenso da influire sull’andamento generale. L’industria infatti, a fronte di 4.315 assunzioni e 2.790 cessazioni ha promosso un bilancio positivo di 1.520 unità, al quale si è affiancato quello dell’agricoltura (+400). Come è logico attendersi nelle fasi di crisi, a prevalere sono i contratti a tempo determinato che costituiscono circa i due terzi degli avviamenti del periodo, una quota che risulta in espansione rispetto all’anno precedente a detrimento delle assunzioni a tempo indeterminato, scese a 1.395 dalle 1.800 dell’anno precedente. In lieve ascesa sono, invece, risultati i contratti di apprendistato e di somministrazione. Il periodico statistico della Provincia di Belluno pubblicato a luglio dà conto di uno stock di disoccupati e inoccupati a marzo 2014 di 10.967 persone22, in crescita dell’11% in ragione d’anno. Questo irrobustimento è dovuto anche al fatto che una parte degli ammortizzatori sociali ha esaurito la sua durata e quindi i lavoratori coinvolti sono emersi come disoccupati. Il fenomeno coinvolge quasi equamente i due sessi (5.450 femmine e 5.517 maschi), ma l’incremento più significativo ha interessato le donne, stante l’incapacità dei servizi di assorbire la manodopera stagionale, la cui domanda è risultata compressa a causa del perdurante maltempo. La scomposizione per classi d’età ha segnalato un incremento generalizzato in cui la fascia 18-29 anni è risultata la più capiente e anche quella che negli ultimi mesi ha registrato una maggiore espansione. Questo andamento è motivo di forte preoccupazione per le possibili conseguenze sulla struttura occupazionale della provincia che inevitabilmente registrerà una perdita di capitale umano in quanto i giovani sono sempre più attratti da prospettive lavorative all’estero.

21 Va tenuto in debito conto che la maggiore flessibilità delle donne è legata ai lavori stagionali del settore dei servizi. 22 I numeri sulle persone in stato non lavorativo differiscono a seconda delle fonti. In questa relazione si è preferito citare le stime del Servizio Politiche del lavoro della Provincia di Belluno.

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Uno sguardo alla distribuzione geografica mette in luce che l’aumento del numero di disoccupati è stato generalizzato sul territorio con punte però più accentuate nell’area del CPI di Agordo per le note difficoltà incontrate dal settore turistico nel periodo invernale. Infine, il rendiconto della Cassa Integrazione Guadagni relaziona che da gennaio ad agosto in provincia di Belluno sono state autorizzate 3milioni 666mila ore di interventi, circa il 38% in meno rispetto all’analogo periodo 2013. La diminuzione è stata trasversale interessando tutti i tipi di intervento (-39,5% la Cassa ordinaria, -19,7% la straordinaria e -87,5% quella in deroga) ed è risultata nel complesso più incisiva rispetto al Veneto (-28,1%) e alla nazione (-8,5%). Quanto ai settori, la maggior parte delle ore è stata concessa come di consueto all’industria (77,1%) che ha registrato un calo sul 2013 del 34,4% e a seguire all’edilizia con una quota del 18,5%. Una visione d’insieme mostra che la contrazione di ore concesse è generale e in alcuni casi, vedi la Cassa in deroga, assai significativa, con l’unica eccezione della Cassa straordinaria per il commercio che ha conosciuto un vero e proprio exploit, passando dalle 10.528 ore del 2013 alle attuali 78.609, il che rimarca e conferma i dati negativi sullo stato occupazionale del settore pervenuti dall’indagine VenetoCongiuntura. - Banche e mercato creditizio Sul piano strutturale, si osserva una diffusione abbastanza capillare delle banche sul territorio provinciale, anche se è evidente una fase di ripiegamento: a giugno 2014 erano 50 i comuni serviti per un totale di 175 sportelli, due in meno rispetto a fine anno. Nel 2008 la situazione era ben diversa poiché gli allora 196 sportelli erano dislocati in ben 57 comuni che annoveravano 881 operatori. Si tratta di un’evoluzione che risente del progetto di riordino in atto nell’apparato creditizio italiano che punta a una razionalizzazione dei costi fissi e a una maggiore diffusione dei sistemi telematici a favore di imprese e famiglie. Nonostante questa modernizzazione, il rapporto diretto con la clientela rimane una peculiarità della provincia di Belluno che si distingue dalle consorelle venete per la densità di sportelli rispetto al numero di abitanti. Il coefficiente, calcolato al 31 dicembre 2013, indicava la presenza di 85 sportelli ogni 100mila abitanti, un valore più elevato rispetto alla media veneta (7) e italiana (5,3). Ciò è dovuto a una serie di fattori, quali l’estensione e la morfologia del territorio che non consentono agevoli comunicazioni intervallive, a una popolazione tendenzialmente vecchia che difficilmente può essere intercettata dalle nuove tecnologie e che per cultura e carattere è dedita al risparmio. Valutando, infatti, la consistenza dei depositi (bancari e risparmio postale) che a fine giugno ammontavano in provincia a 4.495 milioni di euro (-0,5% su giugno 2013), si nota che le rimesse da parte delle famiglie consumatrici in rapporto alla popolazione residente sono superiori al Veneto e all’Italia, confermando così la maggiore propensione al risparmio dei bellunesi (inoltre, la differenza tra depositi e impieghi dimostra che non tutto il denaro raccolto in provincia viene poi distribuito nel territorio). Quanto agli impieghi, al 31 luglio erano contabilizzati nell’intero sistema creditizio 4.056 milioni di euro, in flessione del 4,1% sull’analogo mese del 2013. Il deterioramento è apparso diffuso, ma nella sua forza più marcato a Belluno che altrove, sia in relazione al Veneto (-0,8%) che all’Italia (-2,4%). Analizzando gli impieghi vivi (al netto delle sofferenze rettificate) destinati ai settori produttivi, cioè le fonti di finanziamento delle piccole e medie imprese, si nota come la contrazione maggiore in ragione d’anno abbia interessato ancora una volta le imprese più piccole (con un numero di addetti inferiore a 20) rispetto alle aziende più strutturate (rispettivamente -10,9% e -4%).

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Il riscontro numerico è confermato anche dagli operatori bancari che indicano quali imprese con un buon rating, e dunque meritevoli di finanziamento, quelle più articolate che operano direttamente o tramite terzi con l’estero. Per queste aziende sembra delinearsi un momento particolarmente propizio per gli investimenti sia perché sussistono una serie di agevolazioni e contributi sia perché le condizioni di accesso al credito sono estremamente favorevoli in quanto le banche, soprattutto gli istituti maggiori, hanno necessità di investire i fondi concessi dalla Bce. Ma la tanto agognata mobilità di credito stenta a farsi vedere perché, se è pur vero che qualche movimentazione è intervenuta e il ripiegamento è inferiore rispetto al passato, è altrettanto vero che gli imprenditori non sono molto propensi a investire in quanto manca una visione aziendale a lungo termine per produzione e ordini. La maggior parte delle imprese, quelle più piccole e meno articolate, con un business indirizzato al consumo interno continua però a soffrire di liquidità e difficilmente ottiene l’accesso al credito (il finanziamento è sostanzialmente richiesto per diluire nel tempo i debiti accumulati) e se viene accordato il costo del denaro è per loro assai maggiore. Il circolo è vizioso e spesso si esaurisce nell’impossibilità di far fonte agli impegni, tanto che è da questo segmento economico che provengono fondamentalmente i crediti deteriorati: a fine giugno le banche bellunesi erano esposte per 306 milioni di euro a fronte di 2.249 affidati in sofferenza. La progressione dell’esposizione in un anno è stata significativa, arrivando a sfiorare il 17%. Nel privato si è notato un lieve aumento della concessione dei mutui, ma anche qui il mercato è piuttosto piatto in quanto le famiglie dubitano sulla loro capacità di reddito futura e tendono a non esporsi e a risparmiare. c) QUADRO ISTITUZIONALE E NORMATIVO DI RIFERIMENTO L’attuale assetto della Camera di Commercio è stato delineato dalla legge 580/93 che ne ha ridefinito competenze ed attribuzioni e le ha riconosciuto nel contempo piena autonomia statutaria, organizzativa e finanziaria. E’ quindi un’istituzione che si governa attraverso il Consiglio all’interno del quale sono rappresentate tutte le componenti dell’economia locale: le imprese, i consumatori, i lavoratori e i professionisti. Il collegamento con queste realtà è assicurato dalle associazioni di categoria che attualmente sono gli interlocutori diretti dell’ente nonché portavoce delle istanze degli attori dell’economia. L’operatività si ispira al principio di sussidiarietà, inteso come ricerca di soluzioni ottimali, non calate dall’alto ma elaborate e gestite in modo responsabile e appropriato coinvolgendo le associazioni di categoria che saranno chiamate ad intervenire con progettualità ed azioni concrete. La Camera è investita di specifiche funzioni attinenti al sistema delle imprese per le quali costituisce l’ente di riferimento con funzioni di promozione, supporto, tutela. Inquadrata dalla recente legislazione nella definizione di “ente pubblico dotato di autonomia funzionale”, rappresenta oggi uno degli strumenti fondamentali che consentono al sistema produttivo di elaborare in piena autonomia azioni di politica per le imprese e concorre con gli altri soggetti territoriali, in un’ottica di cooperazione ed integrazione allo svolgimento di funzioni di interesse generale per l’intero sistema economico. In questo modo la Camera di Commercio assume una veste “ibrida” di ente pubblico a tutti gli effetti, ma al tempo stesso ponte sulla società reale, luogo in cui le dimensioni del pubblico e del privato si integrano in modo naturale. In tale contesto normativo di carattere generale è peraltro utile tener conto della particolarità della Camera di Commercio di Belluno nell’ambito dell’evoluzione normativa che si prospetta per il sistema camerale italiano.

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Già nel D.Lgs. 25 febbraio 2010, n.23, nel confermare l’autonomia degli enti camerali, è stato introdotto l’obbligo in termini di funzioni associate per le Camere di Commercio di piccole dimensioni (meno di 40.000 imprese iscritte al Registro delle Imprese), il tutto in un’ottica di ottimizzazione delle risorse. E’ da ricordare che la Camera di Belluno ha ora circa 15.000 imprese iscritte al Registro e purtroppo l’incertezza applicativa della sopra citata norma non ha permesso di fare molto in tal senso. I ricordati tagli sui proventi da diritto annuale introdotti dalla normativa illustrata nella premessa rendono quanto più evidenti le difficoltà evidenziate. Ancora una volta è dovere di questa amministrazione quello di salvaguardare l’ente camerale collegandolo in particolare alla specificità montana del territorio e perseguendo al tempo stesso ineludibili obiettivi di razionalizzazione degli uffici e ottimizzazione dell’impiego delle risorse. Ciò con l’indispensabile collaborazione delle altre Camere e più in generale con il sistema camerale. Sarà questo uno degli obiettivi primari dell’amministrazione, essendo questa l’unica via per salvaguardare la continuità dell’ente. d) IL SISTEMA CAMERALE E I RAPPORTI DI COOPERAZIONE CON LE ISTITUZIONI LOCALI La Camera di Commercio di Belluno, in attuazione della Legge 580/93 articoli 1 e 2, ha nel tempo consolidato e potenziato il suo ruolo di promozione e di gestione dei servizi sul territorio, attraverso accordi e partecipazioni societarie e soprattutto attraverso iniziative gestite direttamente dalla propria struttura. Risorse legate ad iniziative comunitarie cui la Camera di Commercio ha potuto accedere grazie ad una articolata progettualità nonché risorse interne destinate a progetti innovativi per tutti i settori economici provinciali hanno permesso all’Ente di instaurate con le imprese un dialogo sempre più costruttivo in termini promozionali e di consolidare al contempo i rapporti con i soggetti, istituzionali e non, che a vario titolo operano sul territorio, diventando così interlocutore di primo livello in merito alle politiche di sviluppo economico provinciale. Particolarmente proficuo in tal senso è stato il lavoro svolto ancor più negli ultimi anni che ha visto la Camera di Belluno interlocutore privilegiato della Regione, in primis. In quest’ottica la Camera di Commercio continuerà nella sua azione propositiva di impulso a sostegno del sistema produttivo locale, attuando interventi coordinati con il territorio nella consapevolezza che soltanto mediante un’azione sinergica di tutti i soggetti sia possibile massimizzare i risultati ottenuti. In particolare nei rapporti con gli altri interlocutori verrà posta particolare cura affinchè sindacati ed associazioni siano considerati interlocutori di riferimento. In tale ambito è doveroso ricordare l’importante azione svolta dalla Camera quale punto di coordinamento tra tutte le forze sociali ed economiche della provincia. Tale ruolo concretizzatosi nei periodici incontri del “Tavolo dell’economia” va a surrogare l’assenza di una voce unica ed autorevole per tutto il territorio che una volta era della Provincia ora commissariata e la cui sopravvivenza stessa è messa in discussione. Non vi è dubbio che l’impegno della Camera sarà quello di adoperarsi per rilanciare la collaborazione con la Provincia di Belluno, riformata nei suoi organi a seguito della prima applicazione della legge c.d. “Del Rio” e il riconoscimento dell’art.15 dello statuto della Regione Veneto che ne riconosce la specificità in quanto provincia interamente montana. Pertanto da un confronto con i Comuni, le Comunità Montane e le Unioni Montane, i GAL e le forze politiche, la Camera dovrà avere un ruolo attivo di coordinamento tra di loro per cercare prioritariamente che la provincia di Belluno abbia una voce che ne difenda la propria specificità. Come più volte confermato, prioritario nel determinare l’azione strategica della Camera è il rapporto con le Associazioni di categoria, da riconoscere come prime interlocutrici con cui confrontarsi al fine di cogliere i bisogni delle imprese e organizzare le relative risposte. Tematiche fondamentali per la crescita del sistema quali

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la valorizzazione del territorio, l’innovazione, l’internazionalizzazione, verranno affrontate con risorse interne nonché mediante strette collaborazioni con le altre realtà economiche specializzate nei vari settori. La Camera vuole essere in tale contesto il punto di aggregazione di tutti i vari interessi rappresentati in Consiglio camerale, al fine di potersi confrontare, quale voce unica e autorevole del sistema delle imprese, con le altre istituzioni presenti nel territorio provinciale. La Camera di Commercio continuerà inoltre nella sua azione di impulso e sostegno al ruolo di Unioncamere Veneto quale organismo indispensabile per le politiche e le strategie di sistema e di intermediario con la Regione del Veneto. Ugualmente saranno mantenute e consolidate partnership con gli altri Enti territoriali per la gestione delle iniziative economiche a favore del territorio, soprattutto in relazione alla gestione di progetti comunitari. L’internazionalizzazione verrà curata direttamente dalla struttura camerale anche tramite l’Unioncamere nazionale nonché attraverso Veneto Promozione scarl, partecipata paritariamente dalla Regione Veneto e dall’Unioncamere Veneto. L’attenzione per il mondo delle Piccole e Medie imprese che caratterizzano nei vari comparti la nostra economia sarà quindi sempre il centro di riflessione dell’Ente, che in questa missione potrà confrontarsi sia con le politiche nazionali - grazie ad Unioncamere - sia con le Associazioni e Fondazioni presenti sul territorio regionale e provinciale. A tal proposito è opportuno anche ricordare la promozione locale delle PMI attuata attraverso Longarone Fiere s.r.l., realtà consolidata sul territorio che va sempre più ampliando la propria offerta a beneficio di tutti i settori economici. 2. Analisi del contesto tecnico ed organizzativo della Camera a) LA STRUTTURA ORGANIZZATIVA E LE RISORSE UMANE Nel corso del quinquennio 2007-2012 la già ridotta dotazione di personale ha subito ulteriori tre cessazioni ed un solo inserimento in servizio per mobilità. Nonostante ciò la struttura ha mantenuto buoni livelli di efficienza delle prestazioni dei servizi finalizzati al raggiungimento degli obiettivi strategici predefiniti. Si ritiene peraltro che non possano avvenire ulteriori diminuzioni di personale senza che ciò vada a compromettere seriamente la funzionalità dell’ente. Nel 2013 si sono verificate una cessazione dal servizio con decorrenza 1.12.2013 ed una con decorrenza 1.1.2014 di personale di cat.C in possesso di una esperienza più che trentennale maturata in ambito dell’ente. Si è pertanto provveduto a programmare la sostituzione delle due unità mediante attivazione di procedura di trasferimento per mobilità, unica possibilità consentita all’ente per il reperimento di risorse umane. Infatti ai sensi dell’art.14 comma 5 del DL. 95/2012 le Camere di Commercio possono procedere ad assunzioni di personale a tempo indeterminato nel limite del 20% della spesa corrispondente alle cessazioni dell’anno precedente fino all’anno 2014. Nel corso del 2014 si è proceduto quindi all’acquisizione di due unità di personale di cat.C, per la copertura dei due posti resisi vacanti a seguito di cessazioni dal servizio, mediante il ricorso al trasferimento per mobilità volontaria ai sensi dell’art.30 del D.Lgs.165/2001, previo apposito avviso. Le acquisizioni hanno avuto decorrenza dal 1° giugno 2014 e dal 10.6.2014.

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Con deliberazione n.112 del 23.9.2013 “Programmazione fabbisogno di personale - triennio 2012-2014: adeguamento” la Giunta ha confermato i contenuti e il deliberato di cui al provvedimento n.46 del 30.4.2012 adeguandolo con la previsione di procedere alla copertura dei due posti di cat.C suddetti. Con il 30 giugno è cessato dal servizio l’unico dirigente camerale con incarico di Segretario Generale e di conservatore e con decorrenza 1° luglio 2014 tali funzioni sono svolte ad interim dal Segretario Generale della Camera di Commercio di Treviso, a seguito di stipula di apposita convenzione e giusto decreto ministeriale 3.7.2014. Si è quindi verificata una situazione di ulteriore carenza di personale in quanto il nuovo dirigente può assicurare la presenza in sede di regola per un giorno alla settimana a fronte di un presidio costante e continuo. Si riporta di seguito la dotazione dell’ente approvata con la deliberazione n.46 del 30.4.2012 e la relativa copertura al 30 settembre 2014: QQuuaalliiffiiccaa//ccaatteeggoorriiaa PPoossttii PPrrooffiilloo PPoossttii ccooppeerrttii QQuuaalliiffiiccaa ddiirriiggeennzziiaallee nn..22 DDiirriiggeennzzaa nn..00

nn..33 ggeessttoorree iinntteeggrraattoo sseerrvviizzii ddii rreettee,, aammmmiinniissttrraattiivvii ee ddii ssuuppppoorrttoo

nn..33 CCaatt..DD..33

nn..22 ggeessttoorree iinntteeggrraattoo sseerrvviizzii ssppeecciiaalliissttiiccii ddii ssttuuddiioo ee pprroommoozziioonnee

nn..22

CCaatt..DD..11 nn..88 GGeessttoorree sseerrvviizzii ddii rreettee,, aammmmiinniissttrraattiivvii ee ddii ssuuppppoorrttoo

nn..77

CCaatt..CC nn..2266 AAssssiisstteennttee sseerrvviizzii aammmmiinniissttrraattiivvii,, ssppeecciiaalliissttiiccii ee ddii rreettee..

nn..2244

CCaatt..BB..33 ------ -------------- ---- CCaatt..BB..11 nn..22 aaggeennttee sseerrvviizzii tteeccnniiccoo--aammmmiinniissttrraattiivvii nn..22 CCaatt..AA nn..33 AAddddeettttoo sseerrvviizzii aauussiilliiaarrii nn..33 TToottaallee nn..4466 nn..4411

Quindi rispetto ai posti previsti ne risultano vacanti n.5 e dei suddetti n.41 dipendenti, n.10 sono di sesso maschile e n.31 di sesso femminile, n.11 beneficiano di orario a tempo parziale (tale articolazione comporta complessivamente una riduzione corrispondente ad ulteriori n.3,20 unità). Per quanto attiene le assunzioni di personale a tempo determinato nel periodo pregresso si fa presente che le stesse sono state reclutate con riferimento alla cat.C prioritariamente per far fronte ad assenze dal servizio del personale a tempo indeterminato e per portare a compimento progetti specifici. Dal 2012 le stesse sono contingentate nel limite del 50% della spesa sostenuta per analoga finalità nell’anno 2009 come previsto dall’art.9, comma 28, del D.L.78/2010 e corrispondente a circa 7 mesi di una unità di cat.C. Nel 2014 sono state prorogate, nel limite sopraindicato, n.2 assunzioni all’80% di categoria C effettuate nel 2013 esaurendo così le risorse disponibili. b) LA STRUTTURA TECNOLOGICA A SUPPORTO DELL'ATTIVITA' L’infrastruttura tecnologica ICT della Camera di Commercio di Belluno è complessivamente adeguata e rispondente alle più avanzate esigenze sia dell'utenza esterna che interna. Infatti, il sistema informatico della

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Camera di Commercio di Belluno è basato su rete locale (LAN) che permette la distribuzione e condivisione documentale e di messaggistica tra tutte le postazioni informatiche dell’Ente. Questa LAN è collegata alla sede di Padova di InfoCamere S.c.p.A (Società consortile delle Camere di Commercio) tramite apparati forniti dalla società stessa in comodato gratuito mediante connessione CDN; mediante la struttura InfoCamere e possibile anche l’interconnessione alla rete del sistema camerate (tutte le Camere italiane e loro associazioni), nonchè alla rete pubblica internet. Tutte le postazioni sono abilitate all'accesso Internet e all'utilizzo della posta elettronica. L’accesso ad Internet avviene utilizzando la rete privata InfoCamere mediante proxy e il nodo di interconnessione alla rete pubblica è gestito dalla società stessa, con tutte le garanzie derivanti dal rispetto di un' adeguata politica della sicurezza, che prevede l'uso di firewall, di antivirus e il divieto di installare modem sui p.c. camerali in rete. La Camera di Commercio di Belluno dispone attualmente di n. 2 server con S.O. windows 2003: il primario contiene i principali archivi interni della Camera di Commercio (compreso il sistema Lotus Domino utilizzato per il flusso documentale della Segreteria Generale e per altre applicazioni quali il protocollo dell’Albo Artigiani e una banca dati dell’uff. spedizioni) mentre il secondario – che contiene attualmente la banca dati WebCo Mix per la gestione dei certificati d’origine - provvede allo scambio di informazioni e replica l' Active Directory(AD) in simultanea con il principale: in questo modo, in caso di disaster recovery, il recupero di informazioni di fondamentale importanza, relative all' AD è totale. Inoltre, nel corso dell’anno 2014 è stato acquistato un terzo server con sistema operativo Windows Server 2012 per supportare in maniera più adeguata, tenendo conto dell’obsolescenza del server secondario summenzionato, il file system per i dati interni dei vari uffici. L 'utilizzo dei server aziendali permette un interscambio completo di informazioni e risorse da parte dei dipendenti camerali; ogni dipendente, autenticandosi tramite user-id e password, accede alle risorse condivise autorizzate con i profili definiti dall’amministratore. Ciascun dipendente, come già evidenziato in precedenza, è dotato di almeno un computer e una stampante nonché di una casella di posta elettronica e accesso internet. Lo scambio di informazioni nella rete locale è garantito soprattutto dall’ambiente di lavoro Lotus, mentre per l’accesso alle banche dati ufficiali dell’Ente e per altre applicazioni sviluppate dalla società Infocamere è disponibile una intranet accessibile, per motivi di sicurezza, solo da postazioni interne alla Camera di Commercio Il collegamento da remoto alle applicazioni InfoCamere e agli applicativi della intranet locale oltre che alle risorse condivise sui Server locali è possibile solo attraverso collegamenti VPN (Virtual Private Network) o dial-up, gestiti tramite apposita abilitazione e autorizzazione da InfoCamere. La politica dell’Ente per la gestione dell'infrastruttura ICT e delle periferiche connesse è quella di pianificare l'aggiornamento e la sostituzione ciclica sulla base di criteri di obsolescenza tecnologica e di ammortamento economico, avuto riguardo comunque al contenimento della spesa con riferimento a parametri biennali di raffronto: per l’anno in corso, a prescindere dall’acquisizione di nuovo hardware e software su finanziamento ministeriale per il potenziamento degli uffici Breveti e Marchi, si è provveduto unicamente all’acquisto di una stampante b/n per il servizio Regolazione del Mercato e di un nuovo storage di rete in sostituzione di analogo recentemente guastatosi.

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3. Stato di attuazione delle precedenti linee programmatiche Le priorità strategiche individuate da questa amministrazione all’inizio del suo mandato con deliberazione di Consiglio n.2 del 11.02.2013 con il Programma pluriennale 2013-2017 e Relazione previsionale e programmatica 2014, sono state le seguenti: 1. Favorire la competitività delle imprese esistenti e supportare l’avvio di nuove attività nei settori in

crescita anche come presidio del territorio montano 2. Facilitazione dell’accesso al credito da parte delle imprese 3. Supportare la penetrazione degli operatori locali sui mercati esteri 4. Ambiente e territorio montano come risorsa per il turismo e per le imprese 5. Favorire l’innovazione e lo sviluppo di energie rinnovabili 6. Promozione dell’alta cultura e formazione del capitale umano 7. Attività istituzionale dell’ente

1. Favorire la competitività delle imprese esistenti e supportare l’avvio di nuova imprenditorialità nel territorio montano.

Il 2013 si era chiuso con la pubblicazione di due bandi, uno per il commercio all’ingrosso e al dettaglio, per il turismo e per la ristorazione finalizzato a piccoli interventi di natura strutturale, l’altro per imprese artigiane per attrezzature, macchinari, postazioni informatiche, hardware e software. Entrambe le iniziative avevano riscosso un tale successo da superare di gran lunga i rispettivi stanziamenti previsti dalla Giunta camerale. Fin dalla chiusura dell’esercizio 2013 l’amministrazione ha pertanto valutato la possibilità di un rifinanziamento dei bandi perché la troppa discrepanza tra stanziamenti e fondi richiesti rischiava di generare negli operatori un forte malcontento e del resto questa risposta così significativa dimostrava invece la bontà della scelta di bandire le due iniziative, stimolando investimenti, e acquisti sul territorio. Il 2014 si è aperto con un ulteriore rifinanziamento ritenuto congruo rispetto alle risorse a disposizione, con la motivazione di sostenere le piccole imprese dei settori commercio, turismo e artigianato in questa programmazione di ammodernamento delle strutture, in una situazione di forte stagnazione e incertezza economica, diventata, con il trascorrere di questi anni di crisi, davvero pesante. La giunta ha ritenuto quindi non strategico procedere nel 2014 con l’approvazione di altri bandi per questi settori, disponendo già di una numerosità di domande di contributo ammissibili, ma non finanziate, molto significativa, per interventi, tra l’altro, da attuare e rendicontare nel 2014. Il rifinanziamento è stato di € 100.000,00 per commercio e turismo e di € 200.000,00 per artigianato. Per il settore industria, invece, la giunta ha valutato di sostenere le imprese stimolandole ad affrontare nuovi mercati e a risolvere delle criticità organizzative e gestionali interne, così da aiutarle nella ricerca di una maggiore competitività. E’ stato quindi deliberato un bando per l’internazionalizzazione con una disponibilità di fondi pari ad € 127.000,00. Si tratta di contributi a Fondo perduto per il 50% rivolto alle PMI industriali per spese relative a fiere (area, allestimento elettricità) e missioni ( viaggio, ricerche buyers B2B, aree). Le domande pervenute

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sono state 55, per un totale di fondi richiesti pari ad € 187.000,00. Questo risultato dimostra comunque ancora un buon dinamismo delle piccole e medie imprese nella ricerca dei mercati esteri. Il secondo bando ha riguardato invece le consulenze in materia di finanza aziendale, organizzazione aziendale, sistemi di gestione, sostenibilità ambientale, servizi alla gestione e recupero crediti, tutela delle proprietà industriali e intellettuali, assicurativa, comunicazione e marketing sul web, sviluppo sistemi informativi. Anche in questo caso la formula di incentivazione utilizzata in regime di aiuto De Minimis è stata il fondo perduto per il 50% per spese di consulenza nelle aree di intervento sopra citate. La risposta è stata molto positiva perché a fronte di uno stanziamento di € 62.500,00 sono pervenute domande per oltre € 200.000,00. Purtroppo, a differenza degli anni passati ove la giunta poteva programmare un rifinanziamento delle iniziative, la pubblicazione del decreto 90/2014 impone alla giunta un comportamento prudenziale a favore dei prossimi esercizi finanziari che preclude la possibilità di sostenere le domande ammissibili ma non finanziate di questi bandi. Sul fronte degli incentivi per favorire lo sviluppo del sistema economico locale, la Camera ha adottato un nuovo regolamento proseguendo con un percorso di revisione avviato già nel 2013 in linea con gli orientamenti del sistema camerale veneto in merito all'attuale quadro normativo nazionale e comunitario in materia di trasparenza, anticorruzione, selettività, rispetto degli aiuti di Stato. I contributi sono quindi stati assegnati a bando nell’ambito delle competenze previste dall’art.2 della legge 580/93 e in applicazione dell’art.12 della legge 241/1990, sostenendo progetti di varia natura e contenuto, tutti comunque rilevanti ai fini della promozione dell’economia locale, per un importo di € 350.000. In tutto le iniziative finanziate sono state 11 ed hanno interessato il settore artigiano, con un progetto di informazione e formazione del comparto, con particolare attenzione per l’accompagnamento all’internazionalizzazione, nonché con una azione di potenziamento della sezione turistica; l’industria con interventi di marketing territoriale per un nuovo modello di sviluppo sostenibile che vede la provincia non più come luogo di abbandono ma come nuovi spazi di opportunità economica e sociale, innovazione, anche grazie ad un viaggio studio nella Silicon Valley da parte di imprenditori locali, diversificazione produttiva. Il commercio/turismo è stato rappresentato da due progetti di incoming turistico e promozione del territorio, uno per la stagione estiva nel circuito Dolomitistars, area molto frequentata e nota nella stagione invernale sciistica, ed uno molto importante per il suo impatto su tutto il territorio provinciale ovvero la rappresentazione del territorio in relazione alla Grande Guerra, in occasione del centenario del tragico evento che ha segnato anche morfologicamente le Dolomiti. Le potenzialità legate a tale evento sono molto significative anche in virtù dei numerosi itinerari che negli anni sono stati segnati e ripristinati anche con siti museali, e che possono trovare con l’occasione della ricorrenza una promozione unica nel contesto delle Dolomiti UNESCO. A tali contributi si aggiungono i patrocini a titolo oneroso con i quali l’Ente camerale ha sostenuto con poche risorse numerose iniziative di carattere socio-culturale sul territorio (7). In termini di avvio di nuova imprenditorialità l’ente camerale ha fornito tutte le consulenze sugli strumenti agevolativi in essere e sulle procedure amministrative grazie all’attività dello Sportello Nuova Impresa. Per giovani e donne tuttavia l’attività è stata molto più dettagliata e articolata grazie al programma regionale di promozione dell’imprenditoria femminile e giovanile realizzato dalla Regione del Veneto in collaborazione con le 7 camere di commercio Venete ed il Centro Produttività Veneto (CPV) Fondazione Rumor di Vicenza. Da 6 anni la collaborazione tra gli enti citati sta sortendo dei risultati molto importanti sul tema, tant’è che lo scorso anno la Regione e le Camere hanno testato una nuova iniziativa promozionale preceduta da un’attività mediatica

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molto interessante denominata Open Week Veneta, ovvero settimana dedicata all’imprenditoria femminile e giovanile, con una giornata evento per ogni Camera, il tutto nell’arco di una settimana appunto. Il risultato è stato molto significativo e per la Camera di Commercio di Belluno, la partecipazione è stata di oltre 200 persone, con un feedback molto positivo sia da parte dei relatori, presenti in tutte le giornate venete, sia degli utenti. I dati hanno consentito alla Regione di riproporre l’evento anche nel 2014 e la data per Belluno è stata fissata nel 2 ottobre con un programma esaustivo in termini di informazioni e consulenze offerte agli aspiranti e neo imprenditori. Nell’ambito della collaborazione con la Regione si sono organizzati: - 3 luglio - corso breve per aspiranti imprenditori e successive consulenze da parte degli esperti e dei docenti - 2 ottobre 2013 - Open Day in Camera di commercio con nutrito programma di attività: Seminario mettersi in proprio, Testimonianze di neo imprenditrici che hanno aperto l’attività, Seminario tenuto dalla Veneto Sviluppo sui finanziamenti per donne e giovani, attività di consulenza con professionisti su business plan, associazioni di categoria e Sportello Nuova impresa su appuntamento, svoltisi in tutto l’arco della giornata, test Delfi su auto imprenditorialità organizzato sempre su appuntamento presso gli uffici del servizio promozionale, seminario “L’e-commerce abilita il commercio” , convegno finale organizzato con il Comitato per l’imprenditoria femminile dal tema “Fare impresa, che impresa – da spettatori a protagonisti del proprio futuro”.

2. Facilitazione dell’accesso ai finanziamenti e al credito da parte delle imprese

Sul tema del credito il Presidente della Camera è stato nominato coordinatore dello specifico gruppo di lavoro a livello Unioncamere Veneto che nel corso dell’anno ha prodotto un nuovo schema di convenzione con i Confidi sempre nell’ambito del finanziamento del Fondo rischi. A causa della situazione di incertezza prodotta dal D.L. 24 giugno 2014, n. 90 citato, si sono invece momentaneamente arrestate le valutazioni in merito agli strumenti del Fondo Centrale di Garanzia per le PMI e Operazioni Tranched Cover, non essendo chiare le disponibilità a bilancio delle Camere per il 2015, ed essendo queste operazioni che richiedono capitali e stanziamenti significativi. Sul fronte dell’informazione agli imprenditori, invece, la Camera ha partecipato all’organizzazione del convegno “ Impresa, economia credito…perché dobbiamo pensare positivo” realizzato il 31 marzo. Nell’ambito dell’Open day del 2 ottobre, ampio spazio verrà dato ai confidi che esercitano sul territorio bellunese per presentare competenze e operatività e la Veneto Sviluppo terrà un seminario sugli strumenti agevolativi gestiti dalla finanziaria regionale. Tra ottobre e dicembre sono inoltre previsti tre incontri formativi: - FELTRE : “ IL SISTEMA DELLE GARANZIE “ dove vengono affrontati i temi di che cos’è un confidi, qual’è il suo ruolo nella catena del valore della concessione del credito, il sistema dei confidi in Italia, gli attori del mercato delle garanzie nel Veneto e l’evoluzione del processo di razionalizzazione, le dimensioni del mercato delle garanzie nel Veneto e in provincia di Belluno, la valorizzazione delle garanzie da parte delle banche, la solvibilità dei confidi e l’andamento delle sofferenze, gli incentivi a favore del patrimonio di vigilanza e gli incentivi che riducono il rischio di credito e il loro effetto moltiplicatore . - CORTINA - “ IL SISTEMA DELLE AGEVOLAZIONI “ con i seguenti temi:

- Il Fondo Unico per lo sviluppo del sistema produttivo del Veneto. - L’imprenditoria femminile e giovanile. - La LR 18/94 “ Aree di confine”.

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- La LR 33/2002 Finanziamenti agevolati per il settore del turismo. - Horizon 2020 lo SME instrument e le opportunità per le PMI – analisi di un bando. - POR FESR - FSE 2014-2020: opportunità per la competitività ed il miglioramento delle competenze

delle imprese. - BELLUNO - “ LA VALUTAZIONE DEL RISCHIO D’IMPRESA “ con lo sviluppo dei temi riguardanti il rating e la sua predittività, il calcolo della probabilità di insolvenza, le valutazioni sull’impresa richiedente le garanzie, il costo dell’accesso al credito.

Infine la collaborazione con l’Amministrazione provinciale e la Veneto Sviluppo per la revisione della L.R. 18 sulle aree di confine è continuata nei primi mesi del 2014 arrivando ad una proposta approvata dalla Regione Veneto nel mese di agosto.

3. Favorire e supportare i processi di internazionalizzazione delle PMI

Il potenziamento del servizio di prima assistenza alle imprese intenzionate a intraprendere un percorso di internazionalizzazione oppure a consolidare la propria presenza sui mercati esteri rientra fra le attività di primaria importanza dell’ Ufficio Estero. Soprattutto i piccoli imprenditori si trovano impreparati ad affrontare mercati nei quali anche le recenti vicende di carattere politico hanno creato situazione di instabilità economica spesso imprevedibili. L’attività camerale viene svolta con la collaborazione del sistema camerale veneto e nazionale. La rete informativa Worldpass gioca in questo contesto un importante ruolo di supporto. Con il progetto del Fondo di perequazione 2013 “Veneto per l’internazionalizzazione delle PMI”, realizzato in collaborazione con le Camere di Commercio di Venezia, Treviso e Vicenza e Verona con il coordinamento di Unioncamere Veneto, si punta al coinvolgimento delle imprese che, pur avendo i numeri, in termini di capacità produttiva e qualità dei prodotti, affrontano i mercati esteri solamente in modo sporadico e non organizzato. Il percorso di formazione sulle novità inerenti alle problematiche di commercio estero rappresenta lo strumento più efficace per diffondere le informazioni. Alla data attuale sono state realizzate le seguenti iniziative: Seminario “Export Controls” - 21/04/2014 e Incontro informativo “Erasmus per neoimprenditori” – 30/01/2014, realizzati in collaborazione con Eurosportello Veneto. L’incontro informativo sulla “certificazione doganale AEO” ha visto la partecipazione dell’Agenzia delle Dogane il 06/03/2014, mentre un seminario sulle opportunità offerte dagli strumenti di promozione online dal titolo “Opportunità del Web per l’impresa che vuole operare sui mercati esteri” si è tenuto il 26/06/2014. La partecipazione complessiva a tali iniziative è stata di 111 persone. Buona è stata anche la partecipazione di imprese bellunesi agli incontri che, in considerazione della specificità degli argomenti trattati, vengono organizzati a livello regionale presso Unioncamere Veneto. E’ in fase di organizzazione un ciclo di incontri dal titolo ”Commercio con l’estero – capire in quali paesi andare e riuscire a rimanerci” che inizierà con un incontro previsto per il 21 ottobre 2014 con il Direttore Pianificazione strategica dell’ICE per parlare dell’evoluzione del commercio con l’estero, mentre Veneto Promozione interverrà per la presentazione dei programmi regionali. Il ciclo proseguirà con tre seminari su “aspetti giuridici”, “aspetti doganali” e aspetti fiscali” collegati al commercio estero. L’accompagnamento delle imprese sui mercati esteri viene garantita attraverso le iniziative promozionali inserite nel Programma Regionale e realizzate da Veneto Promozione. Lo sviluppo e l’accompagnamento all’internazionalizzazione quest’anno è stato attuato anche con un bando di incentivazione a fiere e mercati approvato a marzo dalla Giunta camerale, potenziando ulteriormente l’azione

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che era già stata bandita a settembre del 2013 e che aveva avuto un notevole successo. Si tratta di contributi a Fondo perduto per il 50% rivolto alle PMI industriali per spese relative a fiere (area, allestimento elettricità) e missioni ( viaggio, ricerche buyers B2B, aree). Lo stanziamento è stato di € 127.000,00, ma le domande pervenute sono state per il doppio di tale importo, a testimonianza del forte incentivo e stimolo che l’azione camerale genera nelle imprese per investimenti anche di ricerca di nuovi mercati. Tale azione si è aggiunta a quella destinata esclusivamente alle occhialerie relativa alla partecipazione al SILMO di Parigi, la seconda per importanza al mondo per questo settore dopo il Mido di Milano. L’ente ha cofinanziato con € 50.000,00 l’iniziativa proposta da Confindustria con un progetto presentato ai sensi del bando per le iniziative economico/territoriali aperto dalla CCIAA a marzo, di cui ai capitoli precedenti.

4. Ambiente e territorio montano come risorsa per il turismo per le imprese

La Camera di Commercio nel 2014 ha proseguito nel suo ruolo di coordinatore, in assenza di una azione di regia da parte della commissariata Amministrazione provinciale, delle strategie economiche sul territorio, in particolare del turismo, convocando periodicamente il Tavolo dell’Economia. Nel rispetto della nuova legge regionale n.11 del 2013 e del suo disposto in materia di autonomia per la provincia di Belluno (art. 21) la Camera ha espresso la sua disponibilità ad innescare il tavolo di confronto e di strategia, prodromico alla costituzione ed attivazione della organizzazione di gestione della Destinazione (DMO), ricevendo anche l’assenso da parte dell’Assessore al turismo Marino Finozzi, così da accelerare i tempi per non rischiare di perdere le risorse stanziate dalla Regione nell’ambito del citato articolo. La successiva approvazione della Legge regionale n.25 dell’8 agosto 2014 che riconosce l’autonomia della provincia di Belluno, ha tuttavia cambiato il quadro normativo abolendo l’art.21. La questione quindi non è più apparsa così urgente e, a fronte anche della rielezione degli organi provinciali prevista a metà ottobre, l’attenzione è stata rispostata verso la Provincia ed i Consorzi, con la Camera interlocutore di primo livello nell’ambito di tale operazione. Negli ultimi mesi dell’anno l’Ente parteciperà quindi alla creazione dell’DMO in quanto ente pubblico portavoce di tutte le categorie economiche, mantenendo la sua piena disponibilità con la Regione per analizzare e valutare le più opportune prospettive operative per la ristrutturazione , l’ammodernamento e l’innovazione delle strutture ricettive di montagna, processo indispensabile per una maggiore competitività delle imprese in vista della costituzione del nuovo organismo di gestione e promozione delle destinazioni. Nell’ambito delle proprie competenze, invece, la Camera ha continuato a svolgere la sua azione di animatore del territorio e di certificatore della qualità. Grazie alla fonte di risorse rappresentata per la Camera di Commercio di Belluno dal Fondo di perequazione Unioncamere nazionale con l’approvazione del progetto “Sportello turismo” si è potuto procedere con la certificazione “Ospitalità Italiana” che ogni anno conferisce agli albergatori che volontariamente si sottopongono all’istruttoria per la verifica del disciplinare, il Marchio Q. La cerimonia di assegnazione del titolo si è svolta il 7 maggio 2014 con una numerosa presenza degli operatori che hanno rinnovato apertamente il loro plauso per l’iniziativa. Durante la stessa è stato anche presentato il progetto Ospitalità italiana in tour, sempre finanziato con i fondi Unioncamere, con il quale si sono organizzate in collaborazione con la Camera di Commercio e dell’Industria Italo Ceca, tre giornate di promozione a Praga dei prodotti Dop, Igp e tradizionali, tutti legati alla Strada dei

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formaggi e dei sapori, presso tre ristoranti italiani dove sono stati serviti dei menù utilizzando esclusivamente il prodotto bellunese fornito dalla CCIAA. Le serate sono state il 14, 15 e 16 maggio e gli ospiti sono stati produttori, tour operators cechi, interessati sia al prodotto culinario sia alle Dolomiti UNESCO, essendo il mercato ceco notoriamente appassionato di trekking estivo e di sci invernale. L’occasione è stata senz’altro importante e innovativa nella sua forma, il personale della Camera in missione a Praga ha illustrato prodotti e territorio con immagini, filmati e depliant informativi, mentre due cuochi del “Gruppo ristoratori” di Confcommercio Belluno, hanno collaborato con gli chef italo/cechi per la migliore resa dei prodotti locali in cucina, anche se in piatti e ricette diversi da quelli tradizionali. I feed back ricevuti dai nostri operatori in termini di accordi e contatti commerciali sono stati molto interessanti determinando quindi un ulteriore bilancio estremamente positivo dell’iniziativa. Per il settore agroalimentare/turistico la CCIAA partecipa anche al progetto Ecce Veneto, nell’ambito di una ulteriore progettualità del Fondo di Perequazione, e questa volta con Unioncamere del Veneto. Obiettivo è individuare i prodotti che meglio fotografano le eccellenze regionali e provinciali, inserirli nella Piattaforma Unioncamere nazionale dei prodotti che fanno parte della dieta mediterranea assieme alle ricette tipiche che caratterizzano la realtà territoriale. I risultati saranno spesi anche in occasione di Expo 2015 con “Exponiamo il Veneto” che la Regione con la Direzione Turismo sta programmando con il fine di intercettare nel Veneto flussi turistici presenti in Italia per Expo. Tutte le Camere sono coinvolte per vagliare gli itinerari e individuare le aziende disposte ad aprire i loro stabilimenti ai turisti. A livello locale, invece, il territorio è stato promosso in Camera di Commercio attraverso il suo prodotto più rappresentativo, il formaggio. A novembre, in occasione di San Martino, si tiene l’ormai tradizionale concorso dei formaggi di latteria che quest’anno, oltre alla competizione sempre molto partecipata dei produttori, prevede l’apertura della Camera ai cittadini durante la fiera di san Martino, con due tipologie di degustazioni, una dei formaggi del concorso, ed una a numero chiuso denominata “San Martino Schiz e Vino” dove verrà presentato lo studio realizzato dalla Camera in collaborazione con Veneto Agricoltura sulle proprietà organolettiche dello Schiz, e spiegato agli interessati in abbinata con il vino locale, promosso anche a Praga. Infine si cita il convegno organizzato il 18 settembre dal tema “etichettatura pianesiana” con il quale si è dato valore ai prodotti locali, alla loro tracciabilità, all’importanza del loro uso nella dieta mediterranea – in linea con il progetto del fondo di perequazione sopra citato - e ai rischi che i consumatori corrono alimentandosi con prodotti di cui non si conosce la provenienza. Tale iniziativa ha avuto un riscontro estremamente positivo da parte degli operatori.

5. Favorire l’innovazione e lo sviluppo delle energie rinnovabili

A seguito del bando sull’innovazione pubblicato a fine 2013, la CCIAA parallelamente allo svolgimento di tali consulenze che sono state rendicontate negli ultimi mesi del 2014, ha finanziato tre importanti iniziative con il bando pubblicato a marzo rivolto agli organismi collettivi e in questo caso specifico a Confindustria, così da diffondere ulteriormente il tema dell’innovazione ad una maggiore platea di operatori. Primo obiettivo è stato quello di fornire alle imprese strumenti utili per stimolare gli imprenditori a diversificare la propria attività e trasformare le idee in un nuovo business, supportati da una validazione sul campo della fattibilità tecnologica, commerciale ed economica. Le consulenze sono state rese in collaborazione

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con l’AREA Science Park di Trieste, integrati e specializzati nell’accompagnare e supportare le imprese in tutte le fasi di sviluppo del nuovo business. La seconda iniziativa si è avvalsa di partners quali Toyota Accademy e Fraunhofer Innovation Engeneering Center, per aiutare, con strumenti innovativi e consulenze strategiche, le imprese bellunesi che sentono l’esigenza di capire come si evolverà il proprio settore. Da ultimo la CCIAA ha finanziato un viaggio studio di giovani imprenditori locali nella Silicon Valley, una delle aree più innovative al mondo, gruppo dinamico di poli di innovazione, città con una solida base di capitale umano e un’economia fondata su creatività e ricerca, che attraggono un numero sempre maggiore di imprese di successo. Tale viaggio è stato finalizzato per cercare potenziali partner con cui sviluppare la propria idea di business, aprirsi ai mercati internazionali e rafforzare la competitività della propria impresa con conoscenza, esperienza e professionalità nuove, ispirandosi ai nuovi strumenti organizzativi e nuovi strumenti di lavoro. Nell’ambito dell’energia e dell’ambiente la CCIAA ha finanziato un progetto di marketing territoriale sempre presentato da Confindustria finalizzato a: Promuovere il territorio bellunese nel suo insieme, attraverso una maggiore e più costante visibilità mediatica; Stimolare maggiore attenzione alla responsabilità sociale e ambientale; Incentivare la “green economy” stimolando lo sviluppo di attività nel settore delle energie rinnovabili. Il progetto è intersettoriale e riguarderà pertanto Turismo, Manifatturiero (benefici alle aziende che possono valorizzare la propria responsabilità sociale e ambientale), Edilizia (sensibilizzazione al risparmio energetico, al recupero edilizio e dei centri storici, sinergie delle pubbliche amministrazioni con “esco energy service company” per educare e incentivare azioni pubbliche virtuose, ammodernamento rete elettrica/idrica contro gli sprechi); Legno (valorizzazioni delle eccellenze locali); Terziario innovativo/ingegneria; Alimentari; Energia. I risultati saranno disponibili all’inizio del 2015 e verranno presentati presso la sede camerale. Sul tema dell’ambiente la Camera ha proseguito, con la collaborazione dello sportello ambiente veneto , con la sua puntale azione di informazione degli operatori sugli adempimenti normativi in particolare legati ai rifiuti, organizzando nel corso dell’anno 6 giornate formative, di cui una sul MUD, una sul SISTRI, e 4 sull’Albo gestori rifiuti. 6 - Attività istituzionale dell’ente

Particolare cura è stata posta dagli uffici camerali nello svolgimento dell’attività istituzionale dell’ente che, anche se meno appariscente e probabilmente poco conosciuta, contribuisce a mantenere alta la considerazione che la Camera di Commercio gode tra le imprese anche come organo burocratico. Si ricordano in proposito gli ottimi risultati in tema di customer satisfaction e il primeggiare nelle classifiche nazionali in tema di Registro Imprese, Pec, Suap e Trasparenza. A tal proposito si ricorda il particolare impegno posto dagli uffici nel dare attuazione alle importanti novità normative in tema di trasparenza. Non minore è stato l’impegno posto nel mantenimento del decoro dell’ufficio camerale che come è noto è per metà un edificio storico sottoposto a vincolo da parte della Sovrintendenza con tutte le conseguenze del caso. Ciò pone infatti evidenti problemi aggiuntivi a quelli che già normalmente ci sono. In tema di lavori all’immobile si segnalano i lavori di adeguamento e messa a norma dell’impianto di ascensore effettuati nel 2014.

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4. Analisi risorse economiche, finanziarie e patrimoniali della Camera La Camera di Commercio adotta il sistema di contabilità economico-patrimoniale secondo le disposizioni del “Regolamento per la disciplina della gestione patrimoniale e finanziaria delle Camere di Commercio” emanato con il D.P.R. 2 novembre 2005, n. 254. La Camera di Commercio applica le prescrizioni del Decreto Legislativo 31 maggio 2011, n. 91 che ha disciplinato l’armonizzazione dei sistemi e degli schemi contabili delle pubbliche amministrazioni al fine di “assicurare il coordinamento della finanza pubblica attraverso una disciplina omogenea dei procedimenti di programmazione, gestione, rendicontazione e controllo” e del Decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze 27 marzo 2013 recante “criteri e modalità di predisposizione del budget economico delle Amministrazioni pubbliche in contabilità civilistica”. La realizzazione delle varie attività dell’Ente camerale avverrà con risorse proprie dell’Ente. A fronte quindi di proventi derivanti dalla riscossione del diritto annuale, da diritti di segreteria e da tariffe, saranno sostenuti gli oneri correnti relativi alle spese per il personale, spese generali di funzionamento e oneri per interventi economici a favore del sistema economico provinciale. E’ da sottolineare innanzitutto che recenti disposizioni contenute nel citato D.L. 24/06/2014, n. 90 convertito in Legge 24/06/2014 n. 114 comportano per il prossimo esercizio una riduzione dei proventi da diritto annuale del 35 per cento rispetto all’anno 2014, percentuale che salirà al 40 per cento nel 2016 e al 50 per cento nel 2017. Anche i diritti di segreteria si presumono in flessione rispetto allo scorso esercizio in conseguenza alle disposizioni in materia di “decertificazione” che impone a tutte le Pubbliche amministrazioni ed ai concessionari di pubblici servizi di acquisire direttamente tra loro le informazioni riguardanti cittadini ed imprese contenute in pubblici registri, senza oneri. Con queste risorse economiche sempre più in flessione l’Ente deve sostenere oneri correnti relativi alle spese per il personale (che si iscrivono per un valore determinato in base al personale attualmente in servizio) e oneri generali di funzionamento (che devono necessariamente tener conto dei diversi vincoli che le Leggi finanziarie impongono all’Ente) e che, nonostante stimati in diminuzione per economie e contenimenti ai diversi livelli, necessitano di quasi la totalità delle risorse disponibili all’ente camerale. Alla luce dei progressivi minori proventi a disposizione dell’Ente, l’esigenza primaria di definire un bilancio improntato all’equilibrio delle poste contabili comporta necessariamente che le risorse destinate alla realizzazione di specifici interventi a sostegno del sistema economico saranno alquanto esigue se non subordinate dall’utilizzo di risorse provenienti da utili patrimonializzati degli esercizi precedenti. La gestione finanziaria è caratterizzata dal lato dei proventi finanziari dagli interessi attivi che maturano nel conto corrente bancario di tesoreria (previsti in diminuzione stante la diminuzione dell’introito del diritto annuale) e dal lato degli oneri finanziari dagli interessi passivi su mutui. Si ricorda che nel 2005 l’Ente ha provveduto ad estinguere il mutuo contratto con l’Istituto di Credito Fondiario delle Venezie di Verona nel 1991 e rinegoziato nel 1996 per l’importo di euro 709.834,13 e ha assunto un nuovo mutuo di euro 720.000,00 per la durata di 15 anni con l’UniCredit Banca d’Impresa s.p.a. Ha assunto inoltre un ulteriore mutuo chirografario di euro 550.000,00 con l'UniCredit Banca s.p.a. della durata di 15 anni per la ristrutturazione dell’impianto termico della sede camerale. Il debito complessivo dei mutui passivi al 31.12.2013 è determinato in euro 613.080,78 I fattori che influiscono sul risultato della gestione finanziaria sono quindi:

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- l’andamento del tasso di interesse applicato sui mutui concessi in quanto è un tasso variabile pari all’Euribor a 6 mesi, rilevato due giorni lavorativi antecedenti la data di decorrenza di ciascun semestre e maggiorato di uno spread dello 0,50 e 0,60 per cento;

- gli interessi attivi che maturano sulle giacenze del conto corrente di tesoreria sulle quali viene applicato un interesse annuo determinato sulla base dell’Euribor a tre mesi (base 360) riferito alla media del mese precedente aumentato dello spread dello 0,51.

Sul fronte della gestione straordinaria, riferibile a costi e ricavi che hanno la manifestazione numeraria in anni successivi a quelli della competenza economica, sono stati prudenzialmente considerati gli incassi riferibili alla gestione dei ruoli per diritto annuale. 5. Programma delle iniziative per l’anno 2015 Si riportano preliminarmente gli obiettivi strategici di intervento adottati da questa amministrazione con il Programma Pluriennale 2013-2017 ritenendoli anche per il 2015 fondamentali riferimenti per l’attività della Camera. Rispetto agli anni precedenti, tuttavia, non si può non evidenziare come gli stessi potranno trovare un ridimensionamento sia nello stanziamento di risorse, sia nell’attuazione vera e propria a causa dell’entrata in vigore del più volte citato D.L. 24 giugno 2014, n. 90, convertito con modificazioni dalla L. 11 agosto 2014, n. 114 che, come noto, riduce con progressività decisa e crescente il diritto annuo versato dalle imprese già per l'anno 2015 del 35 per cento, per l'anno 2016 del 40 per cento e, a decorrere dall'anno 2017, del 50 per cento. E’ quindi probabile che alcuni interventi, una volta definita con completezza la capacità economica dell’Ente, non possano trovare realizzazione, mentre altri abbiano un impatto sull’economia locale decisamente più modesto rispetto agli anni precedenti. STRATEGIE OBIETTIVI STRUMENTI PREVISTI Favorire la competitività delle imprese esistenti e supportare l’avvio di nuova imprenditorialità nel territorio montano

- azioni integrate territoriali per favorire l’imprenditorialità e l’occupazione di giovani e donne, in sintonia con la programmazione comunitaria 2014 – 2020; - favorire le forme di rete e aggregazioni di impresa nel rispetto delle esigenze del sistema montano; - incentivare il miglioramento e l’efficienza di impresa; - favorire la parità di genere nel rispetto delle politiche comunitarie per l’equilibrio vita lavorativa/vita privata

- incentivi a bando per nuovi investimenti per il consolidamento o la creazione di impresa; - azioni di consulenza a sportello per finanziamenti e procedure di avvio nuova imprenditorialità; - formazione e consulenza nell’ambito di progetti regionali, camerali, locali per imprese femminili e giovanili; - partecipazione a Fondi comunitari 2014-2020 con partnership locali e regionali per progetti di sviluppo del territorio montano; - azioni di sensibilizzazione sul

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territorio in collaborazione con categorie, enti e Comitato per l’imprenditoria femminile.

Facilitazione dell’accesso ai finanziamenti e al credito da parte delle imprese

- investire nella creazione di impresa con il conferimento di risorse ai fondi rischi confidi; - sostenere azioni per l’elaborazione dei piani finanziari d’impresa.

- azioni di informazione sui finanziamenti comunitari, nazionali, regionali e locali; - possibili interventi a sostegno dei confidi; - consulenze alle PMI sulla redazione di piani finanziari.

Favorire e supportare i processi di internazionalizzazione delle PMI

- consolidare i rapporti con sistema camerale, regione ed associazioni di categoria per una ottimizzazione nella gestione dei processi di internazionalizzazione delle PMI; - supportare le imprese nella organizzazione e gestione di nuovi modelli commerciali; - favorire una evoluzione del sistema delle PMI verso assetti più compatibili con i nuovi scenari competitivi

- servizi di consulenza alle PMI per accesso a nuovi mercati; - azioni a bando per incentivare la penetrazione di nuovi mercati attraverso la partecipazione a missioni e/o fiere di settore; - partecipazioni ad eventi di incoming in collaborazione con il sistema camerale e regionale; - azioni di formazione in materia fiscale, doganale, contrattuale.

Ambiente e territorio montano come risorsa per il turismo e per le imprese

- promuovere iniziative comuni a livello territoriale per una programmazione di sviluppo della montagna sostenibile unitaria e coordinata in sintonia con gli obiettivi di “Europa 2020” - tutelare l’ambiente e promuovere l’uso efficiente delle risorse; - sviluppare attività di impresa per il presidio del territorio montano in settori emergenti come nuove forme di turismo sostenibile, servizi innovativi anche collegati all’invecchiamento, eco innovazione, creatività e cultura; - investire sulla diversificazione delle economie locali, proteggendo e sviluppando il patrimonio agroalimentare culturale e paesaggistico

- Partecipazione ad eventi nazionali e internazionali per la valorizzazione dei prodotti locali ed incentivazione del truismo; - sviluppo e promozione degli itinerari tematici che rendono riconoscibile la montagna bellunese; - organizzazione di eventi sul territorio per favorire l’incoming e la promozione turistica; - Azioni a bando per le PMI per miglioramento strutture ricettive e ristorazione; - interventi sulla qualità e sulla certificazione dell’ospitalità; - partecipazione ad azioni intercamerali con Fondo di perequazione per armonizzazione delle funzioni in ambito turistico a livello nazionale; -promozione di analisi e

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ricerche sul territorio montano e sul suo presidio.

Favorire l’innovazione e lo sviluppo di energie rinnovabili

- migliorare l’accesso e la qualità di utilizzo delle tecnologie di informazione e comunicazione; - promuovere azioni di innovazione e diversificazione aziendali; - promuovere sistemi di trasporto sostenibili e a bassa emissione; - promuovere una cultura imprenditoriale sempre più attenta nella gestione dei rifiuti; - interventi nell’ambito della Green economy - incentivare le nuove idee, la loro tutela brevettuale, il loro sfruttamento commerciale.

-azioni a bando per consulenze alle imprese per il trasferimento tecnologico e l’innovazione; -incentivi a bando per promuovere l’efficienza energetica e l’uso delle energie rinnovabili; -formazione in materia di riduzione, riciclaggio, trattamento e recupero dei rifiuti; -azioni di sistema con partner camerali e locali sulla Green economy.

Promuovere l’alta cultura e la formazione del capitale umano

-supportare l’intervento della Fondazione per l’Università e l’alta cultura della provincia di Belluno per lo sviluppo del territorio; - sostenere gli interventi socio culturali organizzati localmente nell’ottica di opportunità economico/turistica per il territorio; - favorire interventi formativi per la riqualificazione del personale interno ed esterno dell’ente

-organizzazione/contributi per corsi indirizzati al personale delle PMI; -organizzazione/corsi per il personale camerale; -concessione patrocini e piccoli contributi; -condivisione di percorsi che portino il capoluogo e l’intero territorio provinciale ad essere luogo di richiamo riconosciuto per la qualità dell’offerta culturale.

Attività istituzionale dell’ente

svolgimento delle funzioni assegnate alla Camera per disposizione di legge; esse dovranno essere svolte al meglio per garantire la massima efficienza nell’interesse primo del sistema economico provinciale

-mantenimento degli standard di eccellenza nella evasione delle pratiche e nella qualità del lavoro che da anni contraddistinguono gli uffici camerali; -perseguimento di obiettivi di semplificazione nei procedimenti amministrativi e loro smaterializzazione; -mantenimento della funzionalità dell’edificio camerale, dell’archivio di deposito e delle loro pertinenze;

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-attuazione del D.Lgs.150/2009 in tema di ottimizzazione della produttività del lavoro pubblico e di efficienza e trasparenza della P.A.; - azioni a sostegno della regolazione del mercato e per il ricordo a forme alternative alla giustizia ordinaria per la risoluzione delle controversie commerciali.

Tali obiettivi risultano tuttora attuali e l’operare della Camera per il prossimo anno sarà quello di darne la maggiore attuazione possibile nei limiti delle risorse e delle energie disponibili, come sopra premesso. La programmazione 2015 rispetto agli anni precedenti dovrà prevedere interventi sia diretti per le imprese, sia rivolti agli organismi collettivi, che presentino un elevato livello di trasversalità così da utilizzare le risorse nel modo più efficace ed efficiente possibile. In applicazione delle linee strategiche e in sintonia con gli orientamenti comunitari agenda 2020 i temi dell’internazionalizzazione e dello start up di nuove imprese giovanili e femminili restano per la Camera di Commercio obiettivi di primo livello e verranno soddisfatti, compatibilmente con le risorse a disposizione, sia attraverso finanziamenti per fiere e missioni, soprattutto collettive incentivando così la nascita e il consolidamento di reti d’impresa, sia attraverso programmi di formazione e informazione in collaborazione con il sistema camerale veneto e con la Regione del Veneto. Se la CCIAA non disporrà di sufficienti risorse per bandire direttamente agevolazioni alle PMI locali, accompagnerà le imprese alla partecipazione a bandi con risorse regionali o nazionali. A tal proposito, tuttavia, non si può non segnalare il comportamento virtuoso dell’Ente che ha sempre bandito risorse con procedure snelle e veloci dal punto di vista amministrativo, nel pieno rispetto della normativa dei contributi e degli appalti, producendo interventi agevolativi alternativi rispetto a quelli più complessi e con importi superiori banditi dagli altri enti, rendendo così complementare la propria offerta di incentivo rispetto ad altri canali. Tale scelta, va menzionato, è sempre stata apprezzata dall’imprenditoria locale che continua ad auspicarne, nonostante le difficoltà finanziarie dell’Ente, l’attuazione proprio perché estremamente valida per avviare anche piccoli investimenti o per ricerche di nuovi mercati o per innescare innovazione di prodotti/processi pur in una situazione di crisi conclamata. Ciò stante anche le linee strategiche 2015 mantengono questo orientamento, con una maggiore attenzione alla trasversalità appunto degli interventi diretti per le imprese, sia in termini di contributi a bando, sia di formazione. La Camera continuerà a svolgere tutte quelle azioni di supporto alle imprese per l’avvio di nuove attività, per consulenze in campo ambientale, per l’ internazionalizzazione dove i costi risultano estremamente abbattuti per l’utilizzo di risorse umane interne all’ente, oppure perché finanziate da progetti a cui la stessa Camera da anni presenta e partecipa attivamente con un rientro finanziario. Sul tema del turismo nel 2014 si è lavorato per ricostruire gli organismi che detteranno le regole e la competitività del settore nei prossimi anni, nel rispetto della L.R.11/2013, e la Camera ha svolto un ruolo da

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protagonista, tenendo le fila di categorie, sindacati e organismi pubblici con il tavolo dell’economia promosso e gestito dal Presidente della CCIAA. Nel 2015 l’Ente continuerà a collaborare per la definizione della programmazione del nuovo costituendo Destinations Management Organisation (DMO) confermando alla Regione del Veneto la piena disponibilità a lavorare sul tema dei finanziamenti in termini di indirizzo e di operatività sul territorio, come già fatto nel passato con i fondi alberghi e i fondi UNESCO per i rifugi alpini. La Camera quindi proseguirà operativamente nel ruolo di interfaccia con le imprese in termini di contributi continuando ad investire nel miglioramento delle strutture ricettive, ma anche come garante della qualità alberghiera e ristorativa, nonché come promotore della formazione degli operatori, sempre compatibilmente con le risorse a disposizione che non è più certo proverranno dal sistema camerale Unioncamere come negli anni passati. Non si può non evidenziare come tali risorse nell’ambito di una perequazione nazionale abbiano consentito negli anni ad una Camera piccola come quella di Belluno di realizzare numerose azioni promozionali proprio nell’ambito della valorizzazione del territorio, delle sue produzioni locali, della sua specificità e della sua cultura. Bisognerà quindi valutare con quali risorse continuare a raggiungere questi risultati sui temi dello Sviluppo sostenibile della tutela del Made in Italy, della valorizzazione dei sistemi di qualità e di tracciabilità, fondamentali per il presidio del territorio montano. Proseguirà la linea di intervento sul tema del credito ovvero il rapporto tra mondo delle imprese ed i confidi intervenendo in modo più sostanzioso in ambito formativo piuttosto che di incentivazione diretta, data la consistente disponibilità finanziaria che questi interventi richiedono per un valido impatto economico. Sul tema si valuteranno anche le proposte che il sistema UNIONCAMERE nazionale e veneto metteranno in campo con le disponibilità finanziarie ridotte. Anche nell’ambito delle iniziative di sistema finalizzate alla crescita del tessuto economico e dei vari comparti produttivi, dove il beneficio dei progetti ricadrà sugli operatori in modo indiretto attraverso una funzione collettiva di intervento, studio e analisi che non può prescindere dal ruolo camerale, verrà fatta una importante riflessione sulla trasversalità dei benefici, così da ottimizzare l’utilizzo delle risorse con una ricaduta quanto più ampia sul sistema economico nella sua interezza, rappresentato proprio dalla Camera di Commercio. Tali azioni saranno comunque gestite attraverso una procedura a bando che garantirà la trasparenza e l’accesso alle risorse camerali a tutti i potenziali soggetti portatori di interessi collettivi senza scopo di lucro. Ugualmente rimarranno all’attenzione dell’amministrazione e in particolare del Presidente i piccoli interventi in progetti culturali e sportivi, valorizzando ulteriormente con il patrocinio camerale il significato di questi eventi che, oltre al loro intrinseco significato, presentano anche una imprescindibile valenza economica e promozionale del territorio provinciale. Non saranno trascurate infine, compatibilmente alle risorse economiche, le azioni di supporto alle imprese in materia di regolazione dei mercati, lotta alla concorrenza sleale, risoluzione alternativa delle controversie tra imprese e tra imprese e consumatori.

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