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Relazione “Greco” 23 aprile 2013 17 RELAZIONE “Greco” 23 aprile 2013 Commissione per lo studio sull’autoriciclaggio. COMMISSIONE “GRECOIndice 1. Il gruppo di studio autoriciclaggio. Composizione e mandato 2. Le attività svolte e i documenti raccolti 3. Le tematiche affrontate 3.1. La punibilità dell’autoriciclaggio 3.2. Segue: la discussione in seno al gruppo di studio 3.3. La fattispecie di abuso dei beni sociali 3.4. Il monitoraggio fiscale 3.5. Gli strumenti di premialità 3.6. Le sanzioni in materia antiriciclaggio 3.7. Il rafforzamento degli strumenti di prevenzione Proposte di modifica legislativa Elenco allegati 1. Il gruppo di studio autoriciclaggio. Composizione e mandato Il Gruppo di studio autoriciclaggio è stato costituito con decreto del Ministro della Giustizia dell’8 gennaio 2013 con l’incarico di procedere alla ricognizione, sistematizzazione e analisi critica e organica del complesso degli obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia alle convenzioni e trattati internazionali in materia di prevenzione e contrasto del riciclaggio, inclusa la previsione di fattispecie di illecito connesse alla violazione di adempimenti contabili e finanziari e al cosiddetto auto riciclaggio; di provvedere alla raccolta sistematica degli adempimenti internazionali in materia di

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RELAZIONE “Greco” 23 aprile 2013

Commissione per lo studio sull’autoriciclaggio.

COMMISSIONE “GRECO” 

Indice

1. Il gruppo di studio autoriciclaggio. Composizione e mandato 2. Le attività svolte e i documenti raccolti 3. Le tematiche affrontate 

3.1. La punibilità dell’autoriciclaggio 3.2. Segue: la discussione in seno al gruppo di studio 3.3. La fattispecie di abuso dei beni sociali 3.4. Il monitoraggio fiscale 3.5. Gli strumenti di premialità 3.6. Le sanzioni in materia antiriciclaggio 3.7. Il rafforzamento degli strumenti di prevenzione 

 Proposte di modifica legislativa  Elenco allegati 

1. Il gruppo di studio autoriciclaggio. Composizione e mandato

Il Gruppo di studio autoriciclaggio è stato costituito con decreto del Ministro  della Giustizia  dell’8  gennaio  2013  con  l’incarico  di procedere alla ricognizione, sistematizzazione e analisi critica e or‐ganica  del  complesso  degli  obblighi  derivanti  dall’appartenenza dell’Italia  alle  convenzioni  e  trattati  internazionali  in materia  di prevenzione e contrasto del riciclaggio, inclusa la previsione di fat‐tispecie di illecito connesse alla violazione di adempimenti contabi‐li  e  finanziari  e  al  cosiddetto  auto  riciclaggio; di provvedere  alla raccolta sistematica degli adempimenti internazionali in materia di 

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lotta alla corruzione e di repressione della criminalità organizzata nonché delle misure a carattere normativo e amministrativo adotta‐te  per  darvi  attuazione  e/o  esecuzione;  di  procedere,  altresì, all’esame  delle  principali  criticità  riscontrate  nell’assolvimento dell’Italia a detti obblighi e alla formulazione di proposte per ulte‐riori interventi da intraprendere. 

 Componenti del Gruppo di studio sono il cons. Francesco Greco 

della Procura di Milano,  il gen. Giuseppe Bottillo del Nucleo spe‐ciale di Polizia valutaria della Guardia di Finanza,  il prof. Angelo Carmona,  il dott. Claudio Clemente della UIF,  il cons. Gianfranco Donadio  della Direzione  investigativa  antimafia,  il  dott. Antonio Martino dell’Agenzia delle Entrate,  nonché,  in  qualità di  compo‐nenti della segreteria tecnica, la dott.ssa Maria Raffaella Falcone del Ministero della Giustizia e il dott. Marco Pacini della Banca d’Italia. Partecipano, altresì al Gruppo, con voto deliberativo, il cons. Filip‐po Grisolia, Capo di Gabinetto, il dott. Gabriele Iuzzolino, Vice Ca‐po dell’Ufficio  legislativo vicario,  il dott. Eugenio  Selvaggi, Capo Dipartimento per gli Affari di Giustizia, il cons. Luigi Birritteri o il dott.  Francesco Mele,  rispettivamente Capo  e Vice Capo Diparti‐mento dell’Organizzazione giudiziaria, del Personale e dei Servizi. Hanno preso parte ad alcune riunioni del Gruppo il prof. Antonino Gullo,  sottosegretario  alla Giustizia  e  la  dott.ssa Chiara Mancini, Capo della Segreteria tecnica del Ministro. 

 Con decreti del Ministro della Giustizia il termine per la conclu‐

sione dei lavori del Gruppo è stato prorogato al 30 aprile 2013. 

2. Le attività svolte e i documenti raccolti

Il Gruppo ha tenuto complessivamente sette incontri, con il se‐guente ordine del giorno: 

11 gennaio 2013 – Apertura dei lavori 24 gennaio 2013 – Audizione di esperti provenienti dagli opera‐

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tori, dalle associazioni di categoria, dall’accademia 6 febbraio 2013 – Definizione dei criteri generali per la redazio‐

ne della relazione finale dei lavori 20  febbraio  2013  – Discussione  dei  risultati  degli  approfondi‐

menti condotti dai compo‐nenti del Gruppo  sulla base delle  linee concordate nel corso della precedente riunione 

27 febbraio 2013 – Prosecuzione della discussione condotta nel corso della precedente riunione sulle fattispecie penali e sulle ulte‐riori proposte di modifica legislativa e di intervento amministrativo 

27  marzo  2013  –  Audizione  di  esperti  provenienti dall’accademia 

18  aprile  2013  – Discussione  dei  contenuti  della  versione  ag‐giornata della relazione finale del Gruppo e delle fattispecie penali di “autoriciclaggio” e “abuso dei beni sociali” 

 Nel  corso  dei  lavori  sono  stati  sentiti,  in  qualità  di  esperti, 

nell’ordine:  il  Prof. Guglielmo Maisto,  l’avv. Cosimo  Pacciolla  in rappresentanza  di  Confindustria,  l’avv.  Giuseppe  La  Sorda  e  il dott. Emmanuele Di Fenza di Intesa San Paolo, l’avv. Ugo Vitofran‐cesco e il dott. Luca Canestrelli di Unicredit Banca, il Prof. Alberto Lupoi;  il cons. Giuseppe Pignatone della Procura di Roma,  il dott. Fabio de Pasquale e il dott. Eugenio Fusco della Procura di Milano, il dott. Fabio di Vizio della Procura di Forlì, il dott. Nicola Bonucci dell’OCSE, l’avv. Giovanni Staiano dell’ABI, il dott. Giuseppe Ma‐resca del Ministero dell’Economia,  il Prof. Alberto Alessandri e  il Prof. Francesco Mucciarelli. È  stato,  infine, acquisita memoria del dott. Norberto Arquila, consulente del Ministero dell’Economia. 

 I  componenti del Gruppo di  studio hanno depositato agli atti 

del Ministero i seguenti documenti: Gen. Bottillo – Dati statistici sull’attività del Nucleo – 2009‐2012 Gen. Bottillo – Sull’incriminazione per autoriciclaggio Gen. Bottillo – Proposte di modifica del  sistema  sanzionatorio 

antiriciclaggio 

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Gen. Bottillo  –  Il  sistema di  segnalazione delle  operazioni  so‐spette – Analisi critica 

Prof. Carmona – Bozza per l’introduzione del reato di autorici‐claggio 

Dott. Clemente – Sistema sanzionatorio antiriciclaggio Dott. Clemente – Proposte di modifica del Decreto legislativo n. 

231 del 2007 Dott. Clemente – Fonti informative e analisi integrate Dott. Clemente – Fenomeni antiriciclaggio – allegato 1 Dott. Clemente – Fenomeni antiriciclaggio – allegato 2 Cons. Donadio – Articolato per la Commissione ministeriale in 

tema di autoriciclaggio Dott. Martino – Compliance program Dott. Martino – Attività svolta dall’U.C.I.F.I.  Nel corso delle audizioni sono stati altresì depositati i seguenti 

documenti:  Dott. Di Fenza – La rilevanza del reato presupposto nel proces‐

so di segnalazione di operazioni sospette di riciclaggio da parte de‐gli intermediari 

Dott. Di Vizio – Difficoltà della prova dell’elemento soggettivo del riciclaggio con specifico riferimento alla provenienza dei capita‐li illeciti da particolari tipologie di reati presupposto, inclusi quelli in materia  fiscale.  La  punizione  penale  dell’autoriciclaggio  quale possibile soluzione 

Avv. La Sorda – Promemoria audizione 24 febbraio Prof. Lupoi – Sui trust Prof. Maisto – Autoriciclaggio: profili fiscali e regolarizzazione Prof. Maisto – Slides Dott. Maresca – Lettera Presidente Greco   

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3. Le tematiche affrontate

Le convenzioni internazionali in tema di contrasto alla crimina‐lità economica e alla criminalità organizzata pongono come princi‐pi fondamentali la trasparenza contabile e la trasparenza dei flussi finanziari (in tema, artt. 13 e 14 Convenzione penale del Consiglio d’Europa sulla corruzione, artt. 12 e 14 Convenzione ONU sulla lot‐ta alla corruzione, artt. 7 e 8 della Convenzione OCSE contro la cor‐ruzione). Ciò  in ragione della acquisita consapevolezza che  la rea‐lizzazione di molti reati economici presuppone, ancor prima del ri‐ciclaggio dei proventi  illeciti, una rappresentazione contabile  falsa o  fittizia  idonea a dissimularne  il  compimento.  In quest’ottica as‐sumono, pertanto, centrale  rilevanza  le condotte  finalizzate a  ren‐dere tracciabili sia  i flussi che  la  loro rappresentazione contabile. I confini  sono normalmente presidiati, da un  lato, dai  reati di  rici‐claggio  ed  autoriciclaggio  (su  cui  v.  infra);  dall’altro,  dai  reati  di “falso in bilancio” e abuso fraudolento dei beni sociali (su cui v. in‐fra) nonché dai reati fiscali. 

A quanto osservato si aggiunga, altresì, che: — le attuali fattispecie di riciclaggio e reimpiego (artt 648 bis e 

ter,  c.p.)  sono  il  prodotto  del  dibattitto  internazionale  degli  anni ‘80, in cui il problema avvertito dalla comunità internazionale come prioritario era quello di contrastare  l’immissione nell’economia di capitali  delle  organizzazioni  criminali  considerati  destabilizzanti per gli assetti democratici ed economici dei diversi paesi; 

— non si è,  tuttavia,  tenuto conto che, a partire dagli anni  ‘90, un  ruolo  centrale  è  stato  assunto,  nelle  attività  finanziarie,  dalla “trasformazione” del denaro “pulito”, ovverosia di origine lecita, in denaro “clandestino”, sia per  la sempre maggiore  importanza, nei diversi paesi, dell’evasione fiscale sia per la necessità di accumulare giacimenti contabili clandestini per operazioni riservate  (corruzio‐ne, market abuse, etc); 

—  nel  sistema  italiano,  anche  in  controtendenza  rispetto  agli obblighi  internazionali,  si è proceduto a una  sorta di “privatizza‐

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zione” del diritto penale societario, per effetto della quale, alla so‐stanziale marginalizzazione delle  condotte di  false  comunicazioni sociali, non hanno  sempre  efficacemente  sopperito  le nuove  fatti‐specie di infedeltà patrimoniale e di corruzione privata; 

— i reati sinora utilizzati nella prassi giudiziaria per contrastare fenomeni di depauperamento o dissipazione sociale, come l’appro‐priazione  indebita o  la truffa, appaiono privi di sostanziale effetti‐vità. 

In  quest’ottica,  il Gruppo di  studio,  anche prendendo  spunto dalle  indicazioni  formulate nel corso delle audizioni degli esperti, ha  ritenuto di  suggerire  l’introduzione nell’ordinamento dei  reati di autoriclaggio e di una fattispecie che “sanzioni” l’abuso dei beni sociali, nonché di valorizzare il reato di false comunicazioni sociali (sul quale peraltro non ha avuto il tempo di soffermarsi). 

Si è poi ritenuto che, a fronte di un irrigidimento della risposta repressiva a condotte indubbiamente gravi e pericolose, anche per la portata dannosa per l’economia del paese, fosse anche necessario introdurre norme che  incentivassero  la collaborazione con  lo Stato da parte degli autori di certi reati, a condizione di poter recuperare integralmente, a seconda dei casi, l’importo evaso ovvero il profit‐to/prezzo del  reato. Anche su questo aspetto,  il Gruppo di studio ha  fomulato  indicazioni  puntuali,  benché  meritevoli  di  ulteriori approfondimenti per  escludere  (come unanimemente  ritenuto)  o‐gni apparenza di “condono” alla collaborazione prevista. 

3.1. La punibilità dell’autoriciclaggio

“Autoriciclaggio”  è  la  condotta  di  riciclaggio  posta  in  essere dall’autore, anche in concorso, del reato presupposto. Essa rappre‐senta, quindi, la condotta tipica non solo di chi, dopo aver compiu‐to autonomamente il reato presupposto, provvede a sostituire, tra‐sferire od occultarne i proventi per investirli e/o immetterli in atti‐vità produttive o finanziarie, senza avvalersi dei servizi di riciclag‐gio prestati da un soggetto terzo “riciclatore”; ma anche la condotta 

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dello stesso soggetto “riciclatore” il quale, prima di prestare i “ser‐vizi” di riciclaggio, apporta un contributo rilevante al compimento del  reato  presupposto,  concorrendo  quindi  in  quest’ultimo  con l’autore principale. Quest’ultima  condotta appare diffusa  in  feno‐meni di appropriazione di beni sociali, evasione fiscale e corruzio‐ne, per  cui  l’esponente  o  il proprietario di un’azienda  si  accorda con  un  terzo  “riciclatore”  nel  senso  di  utilizzare  mezzi  di quest’ultimo, ad esempio società fittizie che emettono fatture false, per  sottrarre all’azienda e a  tassazione, e  in  seguito  riciclare, beni sociali da destinare a proprio uso personale, per finalità corruttive o altro. 

Nella vigente disciplina, la fattispecie di riciclaggio non include alcuna delle due condotte richiamate. Ai sensi dell’art. 648bis c.p., infatti,  il riciclaggio è punibile soltanto «fuori dei casi di concorso nel reato» presupposto. Esso non colpisce, quindi, né  il riciclaggio compiuto  autonomamente  dall’autore  del  reato  presupposto,  né quello  compiuto  dal  “riciclatore”  che  concorra  anche  nel  compi‐mento del reato presupposto. L’esclusione della punibilità per rici‐claggio degli autori  in  concorso del  reato presupposto ha, nondi‐meno, prodotto, anche in ragione degli esiti della riflessione giuri‐sprudenziale, alcune conseguenze sul piano applicativo. Essa non è,  infatti,  in grado di colpire, per un verso,  la condotta dell’autore del  reato presupposto  (meno grave)  che proceda  a una  catena di operazioni di riciclaggio, utilizzo e reimpiego, anche a distanza di tempo, degli originari proventi; per altro verso, la condotta del “ri‐ciclatore” professionale che proceda a una complessa serie di ope‐razioni di riciclaggio dei proventi di un reato (meno grave) cui ha concorso. 

Anche per effetto della non punibilità dell’autore anche in con‐corso del  reato presupposto,  la  fattispecie di  riciclaggio ha  sinora trovato molto  limitata  applicazione  sul piano  giudiziario,  soprat‐tutto con riguardo all’ultroneo fenomeno del “taroccamento” delle auto. Alla  luce di quanto osservato  sarebbe, pertanto,  auspicabile introdurre, de jure condendo, la punibilità di simile reato. In tal sen‐

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so appaiono, del resto, orientati anche i principali organismi inter‐nazionali a diverso titolo  investiti della materia. In proposito, seb‐bene la punibilità dell’autoriciclaggio non sia espressamente richie‐sta dalle  convenzioni  internazionali, essa è nondimeno  insistente‐mente sollecitata tanto dall’OCSE – che, nel Rapporto sull’Italia del 2011 ha rilevato come una simile lacuna normativa rischi di indebo‐lire  la  legislazione  anticorruzione  e  non  appaia  giustificata  dai principi generali del diritto – che dal Fondo monetario  internazio‐nale – che, nel Rapporto sull’Italia del 2006, pur rilevando come la punibilità  dell’autoriciclaggio  non  fosse  prevista  come  necessario nelle 40 Raccomandazioni del GAFI, ne raccomandava nondimeno l’introduzione, anche alla  luce delle esigenze  investigative rappre‐sentate dalle stesse autorità italiane. 

La  previsione  della  punibilità  dell’autoriciclaggio  incontra, nondimeno, alcune difficoltà di tipo oggettivo e/o dogmatico. Una prima difficoltà discende dalla constatazione che le ulteriori opera‐zioni poste in essere dall’autore del reato presupposto per ostacola‐re  l’identificazione della provenienza delittuosa dei beni e del de‐naro rappresenterebbero la naturale prosecuzione degli stessi reati presupposto. In quanto tali, esse darebbero, pertanto, luogo soltan‐to  a  un mero  post  factum,  non  avente  un  autonomo  disvalore  e quindi assorbito nella fattispecie del reato presupposto. Oppure sa‐rebbero  configurabili  come parti della  condotta dello  stesso  reato presupposto, quindi non punibili in ossequio al principio del ne bis in  idem  sostanziale, per  cui nessuno può essere punito due volte per lo stesso fatto. 

Una  seconda difficoltà,  legata alla prima, deriva,  invece, dalla constatazione  che  la  punibilità  dell’autoriciclaggio  costringerebbe l’autore del reato presupposto ad astenersi dal compiere operazioni volte a ostacolare l’identificazione della provenienza delittuosa dei beni,  esponendolo  per  questa  via  a  un maggior  rischio  di  essere scoperto. La fattispecie di autoriciclaggio risulterebbe, pertanto,  in contrasto con il principio generale per cui nemo tenetur se detegere, in virtù del quale nessuno può essere tenuto ad autoincriminarsi. Una 

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terza difficoltà, legata alle precedenti, discende, poi, dalla constata‐zione  che  la  punibilità  dell’autoriciclaggio  potrebbe  assoggettare l’autore del reato presupposto all’irrogazione di una pena non cor‐relata alla gravità di quest’ultimo; e ciò, sia perché la pena per il ri‐ciclaggio può essere molto più grave di quella per il reato presup‐posto, sia perché, per effetto della continuazione, la pena per il rici‐claggio  potrebbe  essere  aumentata  fino  al  triplo. Dalla  punibilità dell’autoriciclaggio potrebbe, pertanto, discendere una  lesione del principio generale di proporzionalità della pena. 

A quanto sopra si aggiunga, poi, che il riferimento alle condotte di “sostituzione” e “trasferimento” di cui all’art. 648bis c.p., se è di più agevole percezione nel caso di riciclaggio, in ragione della “ter‐zietà” del riciclatore rispetto all’autore del reato presupposto, può apparire  fuorviante nel  caso dell’autoriciclaggio, a motivo del  ca‐rattere  non  adeguatamente  qualificato  sul  piano  funzionale  delle stesse. La sostituzione e il trasferimento di beni o denaro potrebbe‐ro, infatti, avvenire non solo per ostacolarne l’identificazione della provenienza delittuosa, ma anche per rispondere a  immediate esi‐genze di  consumo,  come nel  caso di  chi  “sostituisca” del denaro con il bene acquistato o “trasferisca” un bene all’estero. Da ultimo, l’effettiva punibilità dell’autoriciclaggio potrebbe  incontrare un  li‐mite in termini di prescrizione non adeguatamente lunghi, mentre trarrebbe sicuro giovamento dall’utilizzabilità delle intercettazioni, dall’applicabilità della pena su richiesta delle parti, dall’inclusione nel novero dei reati per i quali è prevista la responsabilità degli enti ai sensi della legge n. 231 del 2001. 

A giudizio del Gruppo di studio,  le difficoltà sopra richiamate appaiono, nondimeno,  superabili attraverso una corretta  formula‐zione della norma  incriminatrice.  In  termini generali,  il  fenomeno del riciclaggio,  incluso quindi  l’autoriciclaggio, rappresenta,  in ra‐gione delle sue crescenti dimensioni e del grave impatto sul tessuto imprenditoriale e sociale, una minaccia non solo e non tanto per il bene patrimonio quanto piuttosto per il corretto e ordinato svolgi‐mento delle attività economiche e finanziarie, nonché per l’ammini‐

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strazione della giustizia. In quest’ottica, pertanto, la condotta di au‐toriciclaggio,  lungi  dal  configurarsi  come  frazione  del  reato  pre‐supposto ovvero come un mero post factum avente il solo effetto di ostacolare il disvelamento del reato presupposto, si configura piut‐tosto  come una nuova  e diversa  condotta,  connotata da un  auto‐nomo  e  grave  disvalore,  in  quanto  tale meritevole  di  autonoma sanzione. 

Al fine di conseguire un adeguato contemperamento con le esi‐genze di rispetto dei richiamati principi generali, il Gruppo di stu‐dio ha, pertanto, maturato la convinzione che la punibilità dell’au‐toriciclaggio  possa  efficacemente  conseguire  alla  previsione  di un’autonoma fattispecie di reato:  

i) da includere, unitamente alla fattispecie di riciclaggio, in ap‐posito capo dedicato ai delitti contro l’ordine economico e finanzia‐rio ovvero contro l’amministrazione della giustizia;  

ii) che valorizzi, sotto  il profilo materiale della condotta,  la na‐tura essenzialmente  finanziaria e  la  connotazione  intrinsecamente fraudolenta delle operazioni,  se del  caso  anche  attraverso  l’inclu‐sione di apposite norme definitorie all’interno della stessa fattispe‐cie;  

iii)  che  attribuisca  centralità,  sotto  il  profilo  teleologico  della condotta, non  tanto e non solo alla  finalità di ostacolare  l’identifi‐cazione della provenienza delittuosa dei beni quanto soprattutto a quella del  loro  investimento  in  attività  economiche  o  finanziarie, essendo  il vero disvalore della condotta rappresentato dalla “con‐correnza sleale” derivante dall’impiego di capitali illeciti;  

iv) che escluda, conseguentemente, la punibilità degli autori del reato presupposto per  i comportamenti diretti a consentire  loro  il godimento dei relativi proventi riducendo entro  limiti ragionevoli il rischio di essere scoperto;  

v)  che  conduca  all’applicazione  nei  confronti  degli  autori dell’autoriciclaggio di pene proporzionate alla gravità delle condot‐te. 

 

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Nell’ambito di un intervento de jure condendo sulla materia, po‐trebbe, infine, essere opportuno rivedere i rapporti tra le fattispecie di riciclaggio e quello di reimpiego. All’esito di una riflessione cri‐minologica, in effetti, le condotte di sostituzione e trasferimento di cui all’art. 648‐bis c.p. e quella di investimento di cui all’art. 648ter c.p.,  lungi  dall’essere  concettualmente  e  funzionalmente  distinte, sembrano piuttosto essere riconducibili a un’unica più ampia con‐dotta,  consistente  nel  compiere  operazioni  volte  a  ostacolare l’identificazione della provenienza delittuosa di beni o denaro o al‐tre utilità allo scopo di consentirne, alternativamente, il consumo o l’investimento.  In  questi  termini, pertanto,  le due  fattispecie  rap‐presenterebbero due aspetti dello stesso fenomeno e potrebber op‐portunamente  essere  ricondotte  nell’alveo di un’unica  fattispecie. Così come sarebbe opportuno rivedere i rapporti con altre fattispe‐cie connesse, come quella di  ricettazione –  il cui campo di azione potrebbe  essere  limitato  ai beni diversi da denaro  e  strumenti  fi‐nanziari – e il favoreggiamento reale. 

3.2. (…segue): la discussione in seno al gruppo di studio

Nel corso dei lavori del Gruppo, sono state elaborate due distin‐te  proposte  di  riformulazione  della  fattispecie  di  riciclaggio,  che hanno  costituito  oggetto  di  ampia  discussione  all’interno  del Gruppo, anche  in relazione a ulteriori  ipotesi alternative  (vd. alle‐gato 6). 

Una prima proposta è stata la seguente: «1. È punito con la reclusione da quattro a dodici anni e con la 

multa da 5.000 a 50.000 euro chiunque impiega in attività economi‐che e  finanziarie denaro, beni o altre utilità provenienti da delitto non colposo. 

2. Alla stessa pena soggiace chiunque sostituisce, trasferisce, at‐tribuisce fittiziamente ad altri la titolarità o la disponibilità di dena‐ro, beni o altre utilità provenienti da delitto non colposo, ovvero o‐stacola l’identificazione della loro provenienza delittuosa. 

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3. La pena è diminuita se il denaro, i beni o le altre utilità pro‐vengono da delitto per  il quale è stabilita  le pena della reclusione inferiore  nel massimo  a  cinque  anni.  Si  applica  l’ultimo  comma dell’articolo 648. 

4.  La  pena  è  aumentata  quando  il  fatto  è  commesso nell’esercizio di una attività professionale. 

5. La pena è diminuita fino a due terzi per chi si adopera per e‐vitare  che  l’attività delittuosa  sia portata  a  conseguenze ulteriori, anche  aiutando  concretamente  l’autorità  giudiziaria  e  di  polizia nella sottrazione di risorse rilevanti per la commissione dei reati e nell’individuazione di denaro, beni e altre utilità provento di reato. 

6. Nel caso di condanna o di applicazione della pena su richie‐sta delle parti a norma dell’art. 444 del codice di proceduta penale, è sempre ordinata la confisca delle cose che servirono o furono de‐stinate alla commissione del reato e delle cose che ne costituiscono il prezzo, il prodotto e il profitto salvo che non appartengano a per‐sona estranea al reato, ovvero quando essa non è possibile, la confi‐sca dei beni, di cui  il  reo ha  la disponibilità, anche per  interposta persona,  per  un  valore  corrispondente  a  tale  prezzo,  prodotto  e profitto 

7. Nei casi previsti dal presente articolo non è punibile l’autore del reato presupposto che impiega il denaro, i beni e le altre utilità provento del medesimo  per  finalità di  godimento  personale  e  se non ha compiuto il fatto su incarico o nell’interesse altrui». 

Rispetto  a questa  ipotesi,  è  stato, nondimeno, osservato  come l’inclusione,  tra  gli  elementi  oggettivi della  fattispecie, della  con‐dotta di chi «ostacola l’identificazione» della provenienza delittuo‐sa dei beni o del denaro possa generare il pericolo che siano, in o‐gni caso, chiamati a rispondere di riciclaggio,  in  forza dell’art. 40, capoverso, c.p., anche i dipendenti bancari che si astengano o ritar‐dino  la  segnalazione di operazioni  sospette  ai  sensi del D.Lgs. n. 231 del 2007; il che potrebbe alimentare l’ulteriore rischio di un in‐cremento  eccessivo del  numero di  segnalazioni di  operazioni  so‐spette, già significativamente elevato. Si è, pertanto, giunti alla con‐

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clusione di mantenere il richiamo alla condotta di chi «compie altre operazioni  in modo  da  ostacolare  l’identificazione»  della  prove‐nienza delittuosa. 

Sempre rispetto alla richiamata ipotesi, è stato, inoltre, rilevato come  la prevista clausola di esclusione della responsabilità, secon‐do cui «non è punibile l’autore del reato presupposto che impiega il denaro,  i beni e  le altre utilità provento del medesimo per  finalità di godimento personale e se non ha compiuto il fatto su incarico o nell’interesse altrui», si limita a identificare fatti già implicitamente esclusi dall’ambito di  operatività  oggettiva della  fattispecie  incri‐minatrice,  i  cui  contorni  costituiranno approfonditamente oggetto di esegesi giurisprudenziale. Si è, pertanto, concordato sull’oppor‐tunità di espungere simile clausola dalla fattispecie. 

Infine, è stata sottoposta alle valutazioni del Gruppo di studio l’opportunità di  introdurre un meccanismo di ponderazione com‐parativa delle circostanze aggravanti e attenuati concorrenti, nella formulazione che segue, di cui il Gruppo prende atto: 

«Le circostanze attenuanti, diverse da quella prevista nel com‐ma che precede e dagli art. 61 n.6, 98 e 114 del codice penale, con‐correnti con l’aggravante di cui al comma 3 non possono essere ri‐tenute equivalenti o prevalenti  rispetto a questa e  la diminuzione di pena  si operano  sulla quantità di pena  risultante dall’aumento conseguente alla predetta aggravante» 

La discussione  su questi ulteriori  aspetti ha  condotto  alla  for‐mulazione di una fattispecie su cui vd. infra, “Proposte di modifica legislativa”. 

Una diversa proposta prevedeva, invece, il mantenimento della clausola  di  riserva  per  il  reato  di  riciclaggio  e  l’introduzione  di un’autonoma  fattispecie di autoriciclaggio, soggetta alla stessa pe‐na prevista per il riciclaggio, unitamente all’inserimento, tra l’altro, di una clausola di esclusione della punibilità per il caso in cui il fat‐to consiste nel mero godimento dei beni, o nell’utilizzo del denaro o delle altre utilità provento del reato, con finalità non speculative, economiche o finanziarie. La formulazione è la seguente: 

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“1. Fuori dai casi di concorso nel reato, chiunque sostituisce o trasferisce denaro, beni o altre utilità provenienti da  reato doloso ovvero compie, in relazione ad essi e fuori dai casi previsti dall’art. 648, altre operazioni  in modo da ostacolare  l’identificazione della loro provenienza criminosa, ovvero li impiega in attività economi‐che o finanziarie è punito con la reclusione da quattro a dodici anni e con la multa da euro 10.000 a euro 100.000. 

2. Si applica l’ultimo comma dell’art. 648. 3. La stessa pena prevista dal primo comma si applica nei con‐

fronti di  chi ha  commesso o ha  concorso nel  reatopresupposto,  il quale sostituisce o trasferisce denaro, beni o altre utilità, provenien‐ti da reato doloso, per  finalità speculative, economiche o finanzia‐rie, ovvero li impiega nelle medesime attività. 

4. La disposizione di cui al comma precedente non si applica se il fatto consiste nel mero godimento dei beni, o nell’utilizzo del de‐naro o delle altre utilità provento del reato, con finalità non specu‐lative, economiche o finanziarie. 

5. La pena  è aumentata quando  il  fatto  è  commesso nell’eser‐cizio di una attività professionale. 

6. La pena della reclusione è diminuita fino a due terzi per chi si adopera  per  evitare  che  l’attività  delittuosa  sia  portata  a  conse‐guenze ulteriori, anche aiutando concretamente l’autorità di polizia e giudiziaria nella sottrazione di risorse rilevanti per la commissio‐ne dei reati e nell’individuazione di denaro, beni e altre utilità pro‐vento di reato. 

7. Nel caso di condanna o di applicazione della pena su richie‐sta delle parti a norma dell’art. 444 del codice di proceduta penale, è sempre ordinata la confisca delle cose che servirono o furono de‐stinate alla commissione del reato e delle cose che ne costituiscono il prezzo, il prodotto e il profitto salvo che non appartengano a per‐sona estranea al reato, ovvero quando essa non è possibile, la confi‐sca dei beni, di cui  il  reo ha  la disponibilità, anche per  interposta persona,  per  un  valore  corrispondente  a  tale  prezzo,  prodotto  e profitto». 

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3.3. La fattispecie di abuso dei beni sociali

Tra gli ostacoli all’effettiva repressione del riciclaggio, e in pro‐spettiva dell’autoriciclaggio, vi è, altresì, la carenza di un adeguato apparato di  sanzioni penali  avverso  le  condotte di  illecita  appro‐priazione a diverso titolo di beni o utilità di pertinenza di soggetti giuridici collettivi privati (società, associazioni, fondazioni, ecc.). La repressione di tali condotte sconta, oggi,  l’attenuazione delle pene per false comunicazioni sociali derivante dalla riforma del “falso in bilancio”, ed è, pertanto, affidata soprattutto alle fattispecie di ap‐propriazione indebita e truffa (le quali, tuttavia, oltre a essere pro‐cedibili a querela, sono soggette a un breve termine di prescrizione e non permettono di utilizzare le intercettazioni e le misure cautela‐ri), di bancarotta (la quale, però, presuppone la dichiarazione dello stato di  insolvenza), di  infedeltà patrimoniale (la quale, tuttavia, è perseguibile solo a querela di parte). Inoltre, nessuna di queste fat‐tispecie consente di sanzionare  la costituzione di disponibilità     e‐xtrabilancio (cd. “fondi neri”) laddove funzionali al compimento di altri reati, come  la corruzione o  l’illecito  finanziamento. Al  fine di sopperire a siffatta carenza, si è, quindi, fatto sovente ricorso, nella prassi giudiziaria, all’utilizzo di  reati associativi o alla bancarotta fraudolenta,  con  il  correlato  rischio,  tra  l’altro,  di  snaturare l’originaria  funzione di  tali  reati, di  aggravare  la  condizione  eco‐nomica delle  imprese coinvolte, di non pervenire comunque al re‐cupero dei beni o utilità illecitamente sottratti. 

A giudizio del Gruppo di  studio,  le  carenze  sopra  richiamate potrebbero essere colmate nel contesto di un intervento legislativo volto, tra l’altro, a:  

i) ricondurre i fenomeni illeciti legati alla falsificazione contabi‐le, che rappresentano  il principale strumento di  illecita appropria‐zione  in danno dei soggetti collettivi, nell’alveo del codice penale, come  fattispecie  distinta  dalla  frode  fiscale,  per  questa  via  supe‐rando anche  i  limiti operativi derivanti dalla riforma del “falso  in bilancio”;  

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ii) colpire, più in particolare, i fenomeni illeciti di utilizzo frau‐dolento di strumenti finanziari finalizzati a sottrarre denaro o utili‐tà e/o creare disponibilità extracontabili, attualmente aggredibili so‐lo attraverso i reati di truffa, appropriazione indebita, furto con de‐strezza e la fattispecie prevista dall’art. 3, D.Lgs. n. 74 del 2000;  

iii) prevede un’autonoma punibilità, anche al di fuori della di‐chiarazione di fallimento, alle condotte previste dall’art. 216, com‐ma 1, n. 1, della Legge Fallimentare, così da  intervenire  tempesti‐vamente sui fenomeni di distrazione in danno di soggetti collettivi;  

iv) anche in alternativa a quanto sopra, introdurre un’autonoma fattispecie di abuso di beni sociali, volta a colpire i fenomeni di ap‐propriazione  in danno dei  soggetti  collettivi,  soprattutto delle  so‐cietà. 

Su questi aspetti, una serie di  indicazioni altamente qualificate sono  pervenute  dagli  esperti  sentiti  nel  corso  delle  audizioni.  In particolare,  quanto  alla  connotazione  della  condotta,  sarebbe  op‐portuno  tralasciare  il  riferimento, già contenuto nel citato art. 216 della Legge fallimentare, agli atti di distruzione e dissipazione, che si attagliano quasi esclusivamente ai  casi di provocata  insolvenza delle società; così come agli atti di dissimulazione, i quali, potendo essere  identificati,  in  via  interpretativa,  sostanzialmente  in  atti di intestazione  fittizia,  appaiono  più  confacenti  ai  tradizionali  reati fallimentari. In ogni caso, sarebbe sicuramente auspicabile omettere ogni riferimento al cd. “interesse sociale”; e ciò, sia perché trattasi di una clausola dal contenuto vago e incerto, sia perché la correlata nozione di “conflitto di  interessi” è ormai oggetto di una sorta di disallineamento  regolamentare  nella  disciplina  civile  e  in  quella penale. Il fulcro della condotta potrebbe, allora, essere  identificato negli atti di distrazione, la cui sfera semantica varrebbe, per un ver‐so, a  includere  tutte  le  forme di appropriazione, per altro verso a rendere  superfluo qualsivoglia  riferimento ad atti di disposizione dei beni sociali. Se, poi, si ritenesse che il riferimento alla distrazio‐ne richiami indirettamente a una condizione di conflitto di interes‐si, analogamente a quanto avvenuto, ad esempio, per il reato di pe‐

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culato, la fattispecie potrebbe essere costruita anche intorno all’atto di “sottrarre al controllo” del soggetto collettivo. 

Di grande utilità al fine di conseguire una migliore connotazio‐ne della  fattispecie potrebbe poi  rivelarsi  l’inclusione di un  riferi‐mento  al  ricorso  ad  alterazioni o  falsità  contabili. Quanto, poi,  ai soggetti collettivi di riferimento, se  la fattispecie di abuso dei beni sociali appare più strettamente ritagliata sulle società, in particolare sulle  società  di  capitali,  essa  potrebbe  nondimeno  essere  agevol‐mente  estesa,  con  gli  opportuni  adattamenti,  anche  altri  soggetti, come associazioni e fondazioni, connotate da un diverso regime di segregazione del patrimonio sociale. Una simile estensione consen‐tirebbe, perdipiù, di includere nel campo di azione della norma an‐che i partiti politici, per i quali si pongono pressanti esigenze di in‐tervento  a  garanzia dell’integrità del patrimonio  e dei  suoi  espo‐nenti. In una logica di progressività nella punibilità penale sarebbe, allora,  possibile,  alternativamente,  prevedere  un’unica  fattispecie applicabile anche ad associazioni e  fondazioni; oppure, prevedere una più articolata fattispecie che tenga conto delle specificità di as‐sociazioni  e  fondazioni  rispetto  alle  società. Da ultimo,  l’introdu‐zione della fattispecie di abuso di beni sociali richiederebbe un op‐portuno  coordinamento  con  altri  reati  in materia  societaria,  tra  i quali  soprattutto  quelli di  omessa  comunicazione del  conflitto di interessi  (art.  2629‐bis,  c.c.)  e di  infedeltà patrimoniale  (art.  2634, c.c.), in modo da limitare al minimo i rischi di sovrapposizione og‐gettiva delle fattispecie e la conseguente necessità di risolvere con‐flitti apparenti di norme. 

Alla  luce di quanto osservato,  il Gruppo di  lavoro ha, quindi, convenuto sull’opportunità di avviare una più approfondita rifles‐sione sulla configurazione di una  fattispecie di abuso dei beni so‐ciali,  che  potrebbe  prendere  come  punto di  partenza  la  seguente formulazione: Abuso fraudolento di beni sociali Chiunque sottrae ovvero occulta al controllo degli organi sociali 

o dei revisori legali i beni di enti forniti di personalità giuridica, di 

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società ed associazioni anche prive di personalità giuridica è punito con la reclusione da uno a sei anni. 

Chiunque, avvalendosi di mezzi  in tutto o  in parte fraudolenti ovvero annotando o comunque utilizzando  in contabilità fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, sottrae ovvero occulta al controllo degli organi  sociali e dei  revisori contabili  i beni di enti forniti di personalità giuridica, di società ed associazioni anche pri‐ve di personalità giuridica è punito con la reclusione da due a otto anni. La  stessa pena  si  applica  se  ricorre  taluna delle  circostanze indicate nel n. 2 dell’art. 61. 

Rimangono, peraltro, aperti una  serie di profili  inerenti  la  co‐struzione della fattispecie come reato proprio, la sua delimitazione al  solo  ambito  societario,  la  previsione  di  cui  al  secondo  comma come circostanza aggravante e non come ipotesi autonoma di reato. 

3.4. Il monitoraggio fiscale

Un’efficace  azione  di  contrasto  al  riciclaggio  richiede,  poi,  la predisposizione di adeguati strumenti di controllo sui flussi finan‐ziari da e verso  l’estero, allo scopo di  intercettare  trasferimenti di denaro o strumenti finanziari illeciti in quanto diretti alla commis‐sione di  reati  (quali  appropriazione  indebita  in danno di  società, evasione  fiscale, ecc.) o provento di reati già commessi. Allo stato attuale,  il controllo sui  flussi  finanziari è affidato al sistema cd. di monitoraggio  fiscale,  che  si  compone principalmente di  tre parti: l’obbligo per i residenti di dichiarare annualmente all’Agenzia del‐le Entrate l’ammontare degli investimenti e delle attività finanziarie detenuti all’estero e  i relativi trasferimenti;  l’obbligo per chiunque di dichiarare volta per volta all’ex Agenzia delle Dogane l’ammon‐tare di denaro o titolo trasportato al seguito da e verso l’estero per importi superiori a un certa soglia; l’obbligo per gli intermediari fi‐nanziari di tenere evidenza per cinque anni di tutti  i trasferimenti effettuati per  conto della  clientela da  e verso  l’estero per  importi superiori alla stessa soglia.  I dati  in  tal modo raccolti sono quindi 

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resi disponibili all’Agenzia delle Entrate e alla Guardia di Finanza per lo svolgimento dei controlli di competenza e per essere messi a disposizione  delle  altre  Autorità  a  cui  è  consentito  per  legge l’accesso al sistema informativo dell’Anagrafe Tributaria. 

Così  configurato,  il  sistema del monitoraggio  fiscale presenta, nondimeno, alcuni  limiti: non  include  i trasferimenti effettuati per tramite di rapporti formalmente intestati a società commerciali; non include  i  trasferimenti  effettuati per mezzo di  talune  categorie di intermediari; non è in grado di intercettare tutti i trasferimenti da o verso l’estero per importi inferiori alla soglia prestabilita, se frazio‐nati  in più operazioni di  importo “sotto soglia” o eseguite da sog‐getti diversi ma riconducibili a un unico centro di interessi; impone agli  intermediari di duplicare gli adempimenti  relativi a detti  tra‐sferimenti, che devono essere registrati in Archivio unico informa‐tico per fini antiriciclaggio e resi disponibili all’Agenzia delle Entra‐te per fini fiscali; si avvale di categorie di “causali” (le causali valu‐tarie  statistiche)  scarsamente  rappresentative;  non  permette  uno sfruttamento massivo  e  strategico  dei  dati  da  parte  dell’Agenzia delle Entrate e della Guardia di Finanza che deve limitarsi a consul‐tare i dati riferibili a specifici contesti senza potersi spingere a con‐durre analisi per settore, tipologia o arco temporale; non permette di avere evidenza di quelle attività detenute all’estero il cui valore è solo formalmente sotto soglia. A questo si aggiunga che, l’Agenzia delle Entrate e la Guardia di Finanza per non hanno strumenti ade‐guati per richiedere agli  intermediari dati per  il necessario appro‐fondimento né possono richiedere dati su scala massiva. 

Al  fine di superare questi  limiti, sarebbe, pertanto, auspicabile procedere a una rivisitazione del sistema del monitoraggio, anche attraverso:  i)  l’estensione dell’obbligo di  conservazione  e  trasmis‐sione all’Agenzia delle Entrate a  tutte  le categorie di  intermediari finanziari per i quali è prevista l’istituzione dell’Archivio unico in‐formatico; ii) l’estensione del suddetto obbligo a tutte le operazioni poste in essere da soggetti che, pur non essendovi sottoposti, hanno quale beneficiario effettivo un soggetto sottoposto a monitoraggio 

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fiscale;  iii)  l’integrazione dei dati  relativi alle dichiarazioni di  tra‐sporto al seguito, detenuti dall’ex Agenzia delle Dogane, nel siste‐ma  informativo dell’Anagrafe Tributaria;  iv)  la facoltà per  l’Agen‐zia delle Entrate e  la Guardia di Finanza di accedere alle  informa‐zioni registrate massivamente dagli intermediari in AUI; v) la facol‐tà per l’Agenzia delle Entrate, per la Guardia di Finanza e per le al‐tre  autorità  eventualmente  interessate  di  integrare  e  di  sfruttare strategicamente  le  diverse  basi  informative  già  a  disposizione  di ciascuna di esse; vi)  la possibilità per  l’Agenzia delle Entrate, op‐portunamente  raccordandosi  con  le  altre  autorità  competenti,  in‐clusa  la UIF, di  utilizzare  le  informazioni  raccolte  per  fini  fiscali trasmettendo gli esiti dell’attività  svolta alle autorità  investigative per eventuali seguiti di competenza. 

3.5. Gli strumenti di premialità

Un  ulteriore  strumento di  grande  utilità  per  la  rilevazione di capitali  illecitamente esportati e  il conseguente  incremento dei  re‐cuperi a tassazione potrebbe rivelarsi l’introduzione di meccanismi di premialità in favore dei contribuenti che si autodenuncino. Allo stato  attuale,  il  contribuente  che  si  autodenunci  è  soggetto  al pa‐gamento di tutte le imposte evase e all’irrogazione di pesanti non‐ché di pesanti sanzioni per  la violazione degli obblighi di monito‐raggio fiscale commisurate all’entità del capitale estero (dal 10% al 50%). Per di più,  lo stesso potrebbe essere sottoposto, a seguito di autodenuncia, a procedimento penale.  

Non esistono, invero, nell’attuale ordinamento, particolari mec‐canismi di premialità, peraltro già molto diffusi all’estero soprattut‐to nei paesi anglosassoni, che  favoriscano comportamenti collabo‐rativi. In questo contesto, i meccanismi di premialità non dovrebbe‐ro, certo, configurarsi come forme di condono fiscale, anche parzia‐le, né rappresentare un incentivo a nuovi episodi di evasione fisca‐le. Al contrario, dovrebbero costituire una sorta di “strada maestra” per rientrare nella  legalità, attraverso una collaborazione attiva ed 

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effettiva  da  parte  del  contribuente  su  tutti  gli  aspetti  relativi all’origine, al trasferimento e all’occultamento dei capitali sottratti a tassazione. 

Anche  su questo  tema,  lo  svolgimento delle audizioni ha con‐sentito di far emergere alcune questioni centrali meritevoli di parti‐colare attenzione.  In  termini generali, non può nascondersi  come, comunque costruiti, simili meccanismi di premialità rappresentano una “via di fuga” per gli autori dei reati, con il rischio di poter ap‐parire,  anche  impropriamente,  come  forme  velate di  amnistia.  In secondo  luogo,  la  premialità  dovrebbe  operare  solo  subordinata‐mente a un comportamento spontaneo da parte degli autori dei re‐ati fiscali; ciò che pone il problema di definire quando un compor‐tamento possa essere considerato  tale.  In  terzo  luogo, meccanismi del genere sarebbero effettivi solo ove gli autori dei reati fiscali po‐tessero  godere  di  un  trattamento  effettivamente  conveniente.  In questo senso, potrebbe non essere sufficiente garantire l’esclusione delle  sanzioni penali  – peraltro già non particolarmente  severe,  e quindi non tali da disincentivare in ogni caso il rientro dei capitali illecitamente esportati – dovendo piuttosto assicurare la certezza su quando e sul quantum delle sanzioni amministrative. Infine, al pari tutti gli strumenti premiali, anche il presente. 

Alla  luce di quanto osservato,  il Gruppo di  lavoro ha espresso l’orientamento  che  i meccanismi  in  parola  dovrebbero  prevedere l’obbligo per  il contribuente che si autodenuncia di provvedere al pagamento per  intero delle  imposte evase, senza alcuno “sconto”; un’attenuazione, anche molto sensibile, delle relative sanzioni am‐ministrative in relazione all’effettività e alla esaustività della colla‐borazione offerta; una differenziazione del trattamento sanzionato‐rio a seconda del momento  in cui  l’autodenuncia avviene.  In pro‐posito, qualora l’autodenuncia avvenga prima dell’avvio di attività amministrative  o  di  indagine,  si  dovrebbe  escludere  la  sanzione penale e applicare solo quelle amministrative, calibrandone oppor‐tunamente l’importo per tener conto del comportamento collabora‐tivo; qualora essa avvenga in corso di svolgimento di simili attività, 

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la sanzione penale dovrebbe,  invece,  trovare applicazione, magari unitamente  a  una  attenuante  a  effetto  speciale.  Dovrebbe  essere comunque assicurata parità di  trattamento  trai contribuenti che si autodenuncino,  in  particolare  tra  chi  abbia  esportato  i  capitali all’estero e chi li abbia mantenuti in Italia. 

3.6. Le sanzioni in materia antiriciclaggio

Come  in più occasioni osservato  in  seno ai principali  consessi internazionali  (Nazioni  unite,  Fondo  monetario  internazionale, Consiglio d’Europa, OCSE),  in particolare dal Groupe  d’Action  Fi‐nancière International – GAFI, la lotta al riciclaggio, nonché, indiret‐tamente,  ai  reati  che  ne  costituiscono  più  frequentemente  il  pre‐supposto, passa anche attraverso un efficace sistema di prevenzio‐ne dell’utilizzo del sistema finanziario per finalità, appunto, di rici‐claggio. Un  simile  sistema dovrebbe prevedere, pertanto,  in  capo agli  intermediari e a  talune categorie di professionisti, obblighi di adeguata verifica della clientela, di registrazione dei rapporti e del‐le operazioni, di  segnalazione delle operazioni  sospette, di predi‐sporre  adeguati presidi  organizzativi  e  strumenti di  controllo  in‐terno, di formazione del personale, ecc. 

L’efficacia di un simile sistema postula l’adozione di un appara‐to di sanzioni proporzionate, effettive e dissuasive, commisurate in natura ed entità alla gravità delle violazioni e  idonee a  reprimere queste ultime, disincentivandone la commissione.  

La disciplina italiana commina sanzioni penali per la violazione degli obblighi di  identificazione e per  l’omessa o  tardiva  registra‐zione;  sanzioni  amministrative  per  le  altre  violazioni,  inclusa l’omessa istituzione dell’Archivio unico informatico. Tra queste ul‐time, sono imputabili ai soggetti giuridici le violazioni riguardanti l’organizzazione amministrativa e i controlli interni; alle persone fi‐siche, seppur in solido con il soggetto giuridico, le altre violazioni, inclusa l’omessa segnalazione di operazioni sospette. 

 

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Così configurato,  l’apparato sanzionatorio presenta alcune  im‐portanti criticità. Con riguardo alle fattispecie penali, il reato di vio‐lazione degli obblighi di identificazione è individuato in modo ge‐nerico  e  non  include  gli  altri  obblighi di  adeguata  verifica,  per  i quali non è prevista, dunque, alcuna sanzione. Inoltre, la pena sta‐bilita per l’esecutore dell’operazione che omette o fornisce false in‐dicazioni sul soggetto per conto del quale opera non punisce tutti i casi di omessa o falsa identificazione del “titolare effettivo”; la san‐zione per omessa o tardiva registrazione appare sproporzionata ri‐spetto alla gravità della violazione e incoerente con la previsione di una sanzione amministrativa per la più grave violazione dell’obbli‐go  di  istituire  l’archivio  unico  informatico.  Anche  in  ragione  di questi aspetti,  le  sanzioni penali hanno  sinora  trovato  scarsissima applicazione. 

Con  riferimento,  invece,  alle violazioni punite  in via  ammini‐strativa, la fattispecie di omessa segnalazione di operazioni sospet‐te  può  risultare  di  difficile  applicazione,  non  essendo  prestabiliti con certezza i criteri in base ai quali verificare se un’operazione sia “sospetta” e se una segnalazione effettuata a distanza di tempo, so‐prattutto se a seguito dell’avvio di indagini penali o in esito a veri‐fiche  ispettive, sia da considerarsi “omessa”. Difficoltà applicative possono verificarsi anche riguardo all’individuazione del soggetto responsabile e alla quantificazione della sanzione. Poiché quest’ul‐tima deve  essere  compresa  tra  l’1  e  il  40% del  valore dell’opera‐zione,  l’importo  comminato  potrebbe  risultare  grossolanamente sproporzionato  rispetto  alla  gravità della  violazione  e  alla  condi‐zione  patrimoniale  della  persona  fisica  sanzionata.  Con  l’effetto, peraltro verificato, di favorire un significativo incremento delle se‐gnalazioni di operazioni sospette cd. “cautelative”. 

Sul piano procedimentale, le sanzioni per omessa segnalazione sono irrogate con decreto del Ministero dell’Economia, previa con‐testazione delle autorità competenti – UIF, autorità di vigilanza di settore, Guardia di Finanza e DIA, in relazione e nei limiti delle ri‐spettive funzioni – udito il parere della Commissione consultiva. Il 

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decreto è ricorribile nei tre gradi di giudizio. Secondo dati elaborati dalla Guardia di Finanza, tra il giugno 2009 e il giugno 2012 le con‐testazioni da quest’ultima elevate per omessa segnalazione di ope‐razioni sospette sono state 233, di cui 113 sono state  in seguito ar‐chiviate dal Ministero, spesso per «mancata valutazione del profilo soggettivo del cliente e/o la mancata ponderazione dell’iter valuta‐tivo seguito dal destinatario della normativa antiriciclaggio».  

Secondo dati dell’UIF,  invece, quest’ultima ha contestato, tra  il 2009 e il 2012, 146 ipotesi di omesse segnalazioni di operazioni so‐spette. Secondo dati elaborati dal Ministero,  infine,  i procedimenti sanzionatori hanno condotto all’irrogazione di sanzioni per importi complessivi non particolarmente elevati, pari a circa euro 6.000 nel 2009, euro 373.000 nel 2010, euro 2.500.000 nel 2011, euro 1.500.000 nel 2012. Degli  importi di queste  sanzioni  sono  stati  riscossi euro 5.000 nel 2009, euro 1.200 nel 2010, euro 590.000 nel 2011 (Cfr. Ver‐bale del Gruppo di studio del 20 febbraio 2013). 

Alla  luce di quanto osservato, sarebbe auspicabile una rivisita‐zione dell’apparato  sanzionatorio  in materia  antiriciclaggio  lungo alcune linee direttrici:  

i) limitare la previsione di sanzioni penali a talune rilevanti vio‐lazioni  degli  obblighi  di  adeguata  verifica  e  di  registrazione  in quanto connotate, sul piano oggettivo, dall’utilizzo di dati o docu‐menti falsi o di altri mezzi fraudolenti;  

ii) prevedere sanzioni amministrative per le altre violazioni de‐gli obblighi oggetto di depenalizzazione;  

iii) prevedere  sanzioni di  importo proporzionato  e dissuasivo per le violazioni amministrative;  

iv) rivedere e snellire il procedimento sanzionatorio;  v)  stabilire  che  le  omesse  segnalazioni  di  operazioni  sospette 

siano contestate alla persona giuridica, con diritto di regresso verso il responsabile effettivo, e che il massimo e il minimo edittale della sanzione siano determinati in misura fissa e non in relazione al va‐lore delle operazioni non segnalate. 

 

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3.7. Il rafforzamento degli strumenti di prevenzione

L’efficace contrasto al  riciclaggio, compreso  l’autoriciclaggio, e ai relativi reati presupposto richiede la raccolta e lo sfruttamento di tutti gli elementi informativi utili a individuare anomalie finanzia‐rie e altri comportamenti sintomatici del compimento di  tali reati. A questo scopo, l’ordinamento italiano ha predisposto un articolato sistema di  segnalazione di operazioni  sospette,  in  forza del quale intermediari finanziari, professionisti e altri operatori non finanzia‐ri segnalano alla UIF le operazioni sospette di riciclaggio.  

La UIF effettua un approfondimento finanziario di tali segnala‐zioni e le trasmette, corredate dei risultati di tali approfondimenti, al Nucleo  speciale di polizia valutaria della Guardia di Finanza e alla DIA; questi ultimi effettuano un ulteriore approfondimento in‐vestigativo delle operazioni sospette e, qualora rinvengano  ipotesi di reato, inoltrano rapporto all’autorità giudiziaria competente. 

Il  sistema di  segnalazione di operazioni  sospette ha prodotto, nel tempo, risultati significativi. Il numero delle segnalazioni invia‐te alla UIF è cresciuto costantemente, passando da oltre 21.000 nel 2009 a oltre 64.000 nel 2012. Negli stessi anni, secondo i dati forniti dalla Guardia di Finanza,  le persone arrestate nell’ambito di  inda‐gini per riciclaggio sono state 413 per un importo riciclato di oltre 7 miliardi di euro; le persone arrestate nell’ambito di indagini per re‐impiego di  capitali  illeciti  sono  state,  invece,  133 per un  importo reimpiegato di oltre 7 miliardi di euro.  

Tra i reati presupposto più diffusi vi sono stati frodi fiscali, furti e appropriazioni indebite, traffico di stupefacenti.  

Per  il riciclaggio e  il reimpiego dei proventi delle sole  frodi  fi‐scali,  in particolare,  le persone arrestate sono state 110 per un  im‐porto  riciclato o  reimpiegato di oltre  4 miliardi di  euro. Nel  solo 2012,  inoltre,  l’approfondimento  delle  segnalazioni  di  operazioni sospette ha consentito l’apertura di 1.004 «nuovi contesti investiga‐tivi di natura penale», di cui la maggior parte per reati contro il pa‐trimonio, antiriclaggio e tributari. 

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Il sistema della segnalazione di operazioni sospette incontra an‐cora rilevanti limiti. In primo luogo, i professionisti e gli operatori non finanziari inviano un numero modesto di segnalazioni. 

In proposito, dai dati elaborati dalla UIF risulta che, dal 2009 al 2012, le segnalazioni sono passate da 136 a circa 2.300. In particola‐re, nell’ultimo anno, 1.876 segnalazioni sono state inviate dai notai, 88 dai dottori commercialisti ed esperti contabili, 2 da revisori con‐tabili e società di revisione, 4 dagli avvocati.  

Tali  risultati,  senz’altro  insoddisfacenti per  talune  categorie di segnalanti, possono essere dovuti alla previsione di ampie esenzio‐ni per le funzioni di patrocinio (probabilmente in parte abusata), al‐la natura non esclusivamente  finanziaria degli  incarichi professio‐nali, alla presenza di minori economie di scala per l’impianto di ef‐ficaci sistemi  interni antiriciclaggio, al carattere meno “convenzio‐nale”  di  determinati  incarichi  professionali,  alla  relativamente maggiore incidenza della perdita di clienti conseguente alla segna‐lazione nonché alla sostanziale inefficacia dei procedimenti di con‐testazione  per  omessa  segnalazione  a  carico  di  questi  soggetti  (a sua  volta  derivante  dalla  carenza  e  frammentazione  dei  controlli sugli stessi). 

In secondo  luogo, un numero significativo di segnalazioni non contiene elementi di sospetto tali da consentire immediati e specifi‐ci approfondimenti  finanziari o  investigativi. A dispetto di  ciò,  le segnalazioni  contengono  un  importante  patrimonio  informativo che, oltre a poter consentire  l’avvio di un numero  significativo di procedimenti penali, merita di essere valorizzato in modo adegua‐to, evitando anche  inutili adempimenti burocratici. In tal senso, di grande utilità potrebbero  rivelarsi  interventi volti a  snellire gli a‐dempimenti procedurali a carico della UIF e a rafforzare la circola‐zione  di  informazioni  rilevanti,  quali:  la  rivisitazione  dello  stru‐mento di archiviazione da parte della UIF delle segnalazioni di o‐perazioni sospette, nel senso di ridurne la matrice processualistica; la  semplificazione della procedura di  trasmissione da parte della UIF  delle  segnalazioni  agli  organi  investigativi,  escludendo  l’ob‐

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bligo di corredare della prescritta relazione tecnica  le segnalazioni meno  rilevanti;  rafforzare  il  feedback  informativo  sul  seguito dell’approfondimento  finanziario e  investigativo delle  segnalazio‐ni. In tal modo risulterebbero anche soddisfatti i rilievi sul sistema italiano antiriciclaggio e gli  indirizzi  formulati dagli organismi  in‐ternazionali con riguardo, in particolare, all’esigenza di privilegiare l’analisi  strategica delle  segnalazioni  e di  consentire un  adeguato flusso di ritorno a beneficio dei segnalanti. 

Inoltre,  la  limitata  disponibilità  di  fonti  informative  potrebbe ostacolare  un  approfondimento  compiuto  e  tempestivo di  opera‐zioni solo apparentemente meno rischiose. Al riguardo – ferma re‐stando la distinzione tra analisi finanziaria e strategica e analisi in‐vestigativa  delle  operazioni  sospette,  di  competenza,  rispettiva‐mente, della UIF e della Guardia di Finanza – sono in corso di spe‐rimentazione apprezzabili  forme di  integrazione delle  informazio‐ni, nonché di collaborazione tra la UIF e la Guardia di Finanza, vol‐te a consentire all’Unità di conoscere il “livello di pregiudizio inve‐stigativo” dei soggetti segnalati prima l’approfondimento finanzia‐rio.  Infine,  la  previsione  degli  strumenti  della  “denuncia”  e  del “rapporto” per autorizzare  la UIF e  la Guardia di Finanza a  infor‐mare l’Autorità Giudiziaria delle operazioni sospette oggetto di se‐gnalazione e dei relativi approfondimenti finanziari e investigativi potrebbe  indurre,  in  ragione  della matrice  processualistica  degli stessi, alla massima cautela nella decisione di ricorrervi, riducendo sensibilmente la trasmissione di informazioni su operazioni sospet‐te all’autorità giudiziaria. In proposito,  le denunce effettuate dalla UIF sono state 21 nel 2008, 77 nel 2009, 188 nel 2010, 101 nel 2011 e 158  nel  2012, mentre,  secondo dati  elaborati dalla Guardia di  Fi‐nanza, le segnalazioni ritenute “positive” al reato di riciclaggio, tra il 2009 e il 2012, sono state 374. 

Alla  luce  di  quanto  osservato,  sarebbe,  pertanto,  auspicabile una rivisitazione del sistema di segnalazione di operazioni sospet‐te, lungo alcune linee direttrici: i) arricchire il novero delle fonti in‐formative a disposizione della UIF (anche mediante l’accesso, a de‐

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terminate  condizioni volte  a  salvaguardare  la  cennata distinzione tra analisi  finanziaria e strategica e analisi  investigativa delle ope‐razioni sospette, al Sistema Di Indagine SDI, al casellario giudizia‐le,  all’Anagrafe Tributaria  e  alle nuove  funzionalità dell’Archivio dei conti e depositi, ai registri  immobiliari presso  l’ex Agenzia del Territorio); ii) rafforzare lo scambio di informazioni e la collabora‐zione tra la UIF e la Guardia di Finanza e la DIA, anche attraverso il  consolidamento  di  protocolli  sperimentali  già  esistenti  o l’instaurazione di nuovi protocolli volti a consentire l’integrazione, per quanto possibile, dei  rispettivi patrimoni  informativi ed espe‐rienziali nell’approfondimento delle  segnalazioni;  iii)  rafforzare  il coordinamento  con  l’autorità giudiziaria, anche allo  scopo di  rea‐lizzare,  nei  limiti  imposti  dalla  legislazione,  approfondimenti  fi‐nanziari  o  investigativi  su  settori  o  fenomeni  oggetto di  segnala‐zione e di comune interesse istituzionale (come l’esportazione ille‐cita di capitali, l’uso illecito di carte di pagamento); iv) rafforzare il controllo  sul  rispetto della  normativa  antiriciclaggio da parte dei professionisti e degli operatori non finanziari. 

  

PROPOSTE DI MODIFICA LEGISLATIVA

Articolo 1 – Modifiche al codice penale

1. Dopo  l’articolo  517quinquies del  codice penale  è  inserito  il seguente: 

«Capo IIbis (Dei delitti contro l’ordine economico e finanziario)» 2. Sotto il Libro II, Titolo VIII, Capo IIbis del codice penale è in‐

serito il seguente articolo: «Articolo 517‐sexies (Riciclaggio)   

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Ipotesi 1

«1. È punito con la reclusione da quattro a dodici anni e con la multa da 5.000 a 50.000 euro chiunque impiega in attività economi‐che e  finanziarie denaro, beni o altre utilità provenienti da delitto non colposo. 

2. Alla stessa pena soggiace chiunque sostituisce, trasferisce, at‐tribuisce fittiziamente ad altri la titolarità o la disponibilità di dena‐ro, beni o  altre utilità provenienti da delitto non  colposo, ovvero compie altre operazioni  in modo ostacolare  l’identificazione della loro provenienza delittuosa. 

3. La pena è diminuita se il denaro, i beni o le altre utilità pro‐vengono da delitto per  il quale è stabilita  le pena della reclusione inferiore  nel massimo  a  cinque  anni.  Si  applica  l’ultimo  comma dell’articolo 648. 

4. La pena  è aumentata quando  il  fatto  è  commesso nell’eser‐cizio di una attività professionale. 

5. La pena è diminuita fino a due terzi per chi si adopera per e‐vitare  che  l’attività delittuosa  sia portata  a  conseguenze ulteriori, anche  aiutando  concretamente  l’autorità  giudiziaria  e  di  polizia nella sottrazione di risorse rilevanti per la commissione dei reati e nell’individuazione di denaro, beni e altre utilità provento di reato. 

6. Nel caso di condanna o di applicazione della pena su richie‐sta delle parti a norma dell’art. 444 del codice di proceduta penale, è sempre ordinata la confisca delle cose che servirono o furono de‐stinate alla commissione del reato e delle cose che ne costituiscono il prezzo, il prodotto e il profitto salvo che non appartengano a per‐sona estranea al reato, ovvero quando essa non è possibile, la confi‐sca dei beni, di cui  il  reo ha  la disponibilità, anche per  interposta persona,  per  un  valore  corrispondente  a  tale  prezzo,  prodotto  e profitto». 

   

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Ipotesi 2

«1. Fuori dai casi di concorso nel reato, chiunque sostituisce o trasferisce denaro, beni o altre utilità provenienti da  reato doloso ovvero compie, in relazione ad essi e fuori dai casi previsti dall’art. 648, altre operazioni  in modo da ostacolare  l’identificazione della loro provenienza criminosa, ovvero li impiega in attività economi‐che o finanziarie è punito con la reclusione da quattro a dodici anni e con la multa da euro 10.000 a euro 100.000. 

2. Si applica l’ultimo comma dell’art. 648. 3. La stessa pena prevista dal primo comma si applica nei con‐

fronti di  chi ha  commesso o ha  concorso nel  reatopresupposto,  il quale sostituisce o trasferisce denaro, beni o altre utilità, provenien‐ti da reato doloso, per  finalità speculative, economiche o finanzia‐rie, ovvero li impiega nelle medesime attività. 

4. La disposizione di cui al comma precedente non si applica se il fatto consiste nel mero godimento dei beni, o nell’utilizzo del de‐naro o delle altre utilità provento del reato, con finalità non specu‐lative, economiche o finanziarie. 

5. La pena  è aumentata quando  il  fatto  è  commesso nell’eser‐cizio di una attività professionale. 

6. La pena della reclusione è diminuita fino a due terzi per chi si adopera  per  evitare  che  l’attività  delittuosa  sia  portata  a  conse‐guenze ulteriori, anche aiutando concretamente l’autorità di polizia e giudiziaria nella sottrazione di risorse rilevanti per la commissio‐ne dei reati e nell’individuazione di denaro, beni e altre utilità pro‐vento di reato. 

7. Nel caso di condanna o di applicazione della pena su richie‐sta delle parti a norma dell’art. 444 del codice di proceduta penale, è sempre ordinata la confisca delle cose che servirono o furono de‐stinate alla commissione del reato e delle cose che ne costituiscono il prezzo, il prodotto e il profitto salvo che non appartengano a per‐sona estranea al reato, ovvero quando essa non è possibile, la confi‐sca dei beni, di cui  il  reo ha  la disponibilità, anche per  interposta 

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persona,  per  un  valore  corrispondente  a  tale  prezzo,  prodotto  e profitto». 

3. Gli articoli 648‐bis e 648‐ter del codice penale sono abrogati. 

Articolo 2 – Modifiche al Decreto Legislativo 21 novembre 2007, n. 231 1. L’articolo 55 è sostituito dal seguente: «Articolo 55 (Sanzioni penali) Chiunque,  essendovi  obbligato  ai  sensi  del  presente  decreto, 

fornisce informazioni o dati falsi circa il cliente, il titolare effettivo, l’esecutore dell’operazione, lo scopo e la natura del rapporto conti‐nuativo o della prestazione professionale, è punito con la reclusio‐ne da sei mesi a tre anni e con la multa da 5.000 a 50.000 euro. La stessa pena si applica a chiunque si avvale di mezzi fraudolenti al fine di ostacolare l’individuazione delle informazioni o dati mede‐simi ovvero omette di  fornirli  sistematicamente o per operazioni, rapporti o prestazioni d’importo rilevante. 

Chiunque  esegue  l’adeguata verifica prevista dal presente de‐creto  acquisendo  o  utilizzando  consapevolmente  informazioni  o dati  falsi circa  il cliente,  il  titolare effettivo,  l’esecutore dell’opera‐zione, lo scopo e la natura del rapporto continuativo o della presta‐zione professionale, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con  la multa da 5.000 a 50.000 euro. La stessa pena si applica a chiunque  si  avvale  di  mezzi  fraudolenti  al  fine  di  ostacolare l’individuazione delle informazioni o dati medesimi. 

Chiunque effettua le registrazioni previste dal presente decreto indicando dati  falsi  circa  il  cliente,  il  titolare  effettivo,  l’esecutore dell’operazione o l’operazione è punito con la reclusione da sei me‐si a tre anni e con la multa da 5.000 a 50.000 euro. La stessa pena si applica a chiunque si avvale di mezzi fraudolenti al fine di alterare la registrazione dei dati ovvero omette  la registrazione dei dati si‐stematicamente o per operazioni di importo rilevante. 

Chiunque viola i divieti di comunicazione previsti dagli articoli 46, commi 1 e 3, e 48, comma 4, del presente decreto è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da 5.000 a 50.000 eu‐

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ro. Chiunque, al fine di trarne profitto per sé o per altri,  indebita‐

mente utilizza, non essendone  titolare, carte di credito o di paga‐mento, ovvero qualsiasi altro documento analogo che abiliti al pre‐lievo di denaro contante o all’acquisto di beni o alla prestazione di servizi,  è punito  con  la  reclusione da uno  a  cinque  anni  e  con  la multa da 5.000 a 50.000 euro. Alla stessa pena soggiace chi, al fine di trarne profitto per sé o per altri, falsifica o altera carte di credito o di pagamento o qualsiasi altro documento analogo che abiliti al prelievo di denaro contante o all’acquisto di beni o alla prestazione di servizi, ovvero possiede, cede o acquisisce tali carte o documenti di provenienza illecita o comunque falsificati o alterati, nonché or‐dini di pagamento prodotti con essi.». 

2. L’articolo 57 è sostituito dal seguente: «Articolo  57  (Violazione  degli  obblighi  di  adeguata  verifica  e  regi‐

strazione) La violazione delle disposizioni in materia di adeguata verifica 

di cui agli articoli 15, 16, 17, 18, 19, 22, 23, 24, 25, 28, 30 e 34 del pre‐sente decreto è punita con una sanzione amministrativa pecuniaria da 5.000 a 50.000 euro. 

Il cliente che non fornisce  le  informazioni previste dall’articolo 21 del presente decreto ai fini dell’esecuzione dell’adeguata verifica è  punito  con  una  sanzione  amministrativa  pecuniaria  da  5.000  a 50.000 euro. 

L’omessa  istituzione  dell’archivio  unico  informatico  di  cui all’art. 37 del presente decreto è punita con una sanzione ammini‐strativa pecuniaria da 50.000 a 500.000 euro. 

L’omessa istituzione del registro della clientela di cui all’art. 38 ovvero  la mancata adozione delle modalità di registrazione di cui all’art. 39 del presente decreto è punita con una sanzione ammini‐strativa pecuniaria da 10.000 a 100.000 euro. 

L’inosservanza delle disposizioni di cui agli articoli 36, 37, 38 e 39 del presente decreto, in materia di tenuta degli archivi, registri o sistemi  informatici, di modalità e termini di registrazione delle  in‐

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formazioni  e dei dati  e di  conservazione dei documenti  è punita con  una  sanzione  amministrativa  pecuniaria  da  10.000  a  100.000 euro. 

Ai soggetti di cui all’articolo 11, comma 3, che omettono di ese‐guire la comunicazione prevista dall’articolo 36, comma 4, o la ese‐guono tardivamente o in maniera errata o incompleta, si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da 5.000 a 50.000 euro. 

Nei casi più gravi, tenuto conto della rilevanza della violazione e del comportamento del soggetto, la sanzione di cui ai commi pre‐cedenti può essere  triplicata nell’importo minimo e massimo. Con il provvedimento di  irrogazione della sanzione è ordinata  la pub‐blicazione  per  estratto  del  decreto  sanzionatorio  su  almeno  due quotidiani  a diffusione nazionale di  cui uno  economico,  a  cura  e spese del sanzionato.». 

3. Dopo l’articolo 57, sono inseriti i seguenti articoli: « Art. 57‐bis (Violazione dell’obbligo di segnalazione di operazioni so‐

spette da parte di persone fisiche) L’omessa segnalazione di operazioni sospette da parte dei sog‐

getti destinatari del relativo obbligo non aventi natura di persona giuridica, è punita con una sanzione amministrativa pecuniaria da 10.000 a 100.000 euro. 

I soggetti indicati all’articolo 11, comma 3, che non adempiono all’obbligo previsto dall’art. 42, comma 3, del presente decreto sono puniti  con  una  sanzione  amministrativa  pecuniaria  da  5.000  a 50.000 euro. 

Nei casi più gravi, tenuto conto della rilevanza della violazione e  del  comportamento  tenuto  dal  soggetto,  la  sanzione  di  cui  ai commi 1 e 2 può essere triplicata nell’importo minimo e massimo. Con  il provvedimento di  irrogazione della  sanzione è ordinata  la pubblicazione per estratto del decreto sanzionatorio su almeno due quotidiani  a diffusione nazionale di  cui uno  economico,  a  cura  e spese del sanzionato. 

Art. 57‐ter  (Violazione dell’obbligo di segnalazione di operazioni so‐spette da parte di persone giuridiche) 

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L’omessa segnalazione di operazioni sospette da parte dei sog‐getti destinatari del relativo obbligo aventi natura di persona giuri‐dica  è  punita  con  una  sanzione  amministrativa  pecuniaria  da 20.000 a 200.000 di euro. 

In deroga al comma 1,  l’omessa segnalazione di operazioni so‐spette da parte dei soggetti indicati dagli articoli 10, comma 2, lett. e) e 14, comma 1, lett. a), b), c) ed f) aventi natura di persona giuri‐dica,  è  punita  con  una  sanzione  amministrativa  pecuniaria  da 10.000 a 100.000 euro. 

Nei casi più gravi, tenuto conto della rilevanza dell’operazione non segnalata e del comportamento tenuto dal soggetto, la sanzio‐ne di cui ai commi 1 e 2 può essere triplicata nell’importo minimo e massimo. Con il provvedimento di irrogazione delle sanzioni di cui ai commi 1 e 2 è ordinata la pubblicazione per estratto del decreto sanzionatorio  su almeno due quotidiani a diffusione nazionale di cui uno economico, a cura e spese del soggetto sanzionato. 

Art. 57‐quater (Violazione di altri obblighi informativi) La violazione degli obblighi di comunicazione di cui all’articolo 

52, comma 2, del presente decreto è punita con la sanzione ammi‐nistrativa pecuniaria da 10.000 a 100.000 euro. 

Il mancato  rispetto  del  provvedimento  di  sospensione  di  cui all’articolo 6, comma 7,  lettera c) e  la violazione degli obblighi  in‐formativi previsti dall’art. 45, comma 3, del presente decreto sono puniti  con  la  sanzione  amministrativa  pecuniaria  da  10.000  a 100.000 euro. 

La violazione delle disposizioni  contenute nell’art. 40 del pre‐sente decreto  è punita  con  la  sanzione  amministrativa pecuniaria da 20.000 a 200.000 euro. 

Nei casi più gravi, tenuto conto della rilevanza della violazione e  del  comportamento  tenuto  dal  soggetto,  la  sanzione  di  cui  ai commi 1, 2, e 3 del presente decreto può essere  triplicata nell’im‐porto minimo e massimo. 

La violazione della prescrizione di cui all’articolo 28, comma 6, del presente decreto è punita con la sanzione amministrativa pecu‐

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niaria da 10.000 a 200.000 euro. Alla violazione della disposizione di cui all’articolo 28, comma 

7ter, di importo fino ad euro 50.000 si applica una sanzione ammi‐nistrativa pecuniaria pari a 5.000 euro, mentre per quelle di impor‐to superiore a 50.000 euro si applica una sanzione amministrativa pecuniaria  dal  10  per  cento  al  40  per  cento  dell’importo dell’operazione. Nel  caso  in  cui  l’importo dell’operazione non  sia determinato o determinabile si applica  la sanzione amministrativa pecuniaria da 25.000 a 250.000 euro» 

4. Il comma 2 dell’articolo 42 è sostituito dal seguente: «2. I soggetti di cui al comma 1 trasmettono senza ritardo la se‐

gnalazione di operazione sospetta alla UIF. A tal fine,  in linea con le proprie dimensioni organizzative e caratteristiche operative, de‐finiscono una procedura interna in grado di assicurare la tempesti‐vità e la riservatezza della segnalazione» 

5. Il comma 4 dell’articolo 42 è abrogato. 6. Il comma 1 dell’articolo 44 è sostituito dal seguente: ««1. Le società di revisione di cui all’articolo 13, comma 1, lette‐

ra a),  trasmettono  senza  ritardo  la  segnalazione di operazione  so‐spetta alla UIF. A tal fine, in linea con le proprie dimensioni orga‐nizzative e caratteristiche operative, definiscono una procedura in‐terna  in grado di assicurare  la  tempestività e  la  riservatezza della segnalazione». 

7. All’art. 47, comma 1, lett. c), le parole «archivia le segnalazio‐ni che ritiene infondate, mantenendone evidenza per dieci anni, se‐condo», sono sostituite con le parole «mantiene comunque eviden‐za per dieci  anni delle  segnalazioni  che  sono  ritenute  a  basso  ri‐schio di riciclaggio o di finanziamento del terrorismo, mediante». 

8. All’articolo  47,  comma  1,  lettera d),  le parole  «e  corredate» sono sostituite con le parole «ed eventualmente corredate». 

9. L’art. 48, comma 1, è sostituito dal seguente: «1. La UIF disciplina con apposite istruzioni le comunicazioni al 

segnalante direttamente, ovvero  tramite gli ordini professionali di cui all’articolo 43, comma 2 – relative agli esiti delle segnalazioni, 

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anche alla luce delle informative ricevute dagli organi investigativi di cui all’articolo 8, comma 3». 

10. L’art. 48 comma 2 è abrogato. 11. Il comma 1 dell’articolo 59 è sostituito dal seguente: «1. Per le violazioni indicate agli articoli 57, 57quater e 58, la re‐

sponsabilità solidale dei soggetti di cui all’articolo 6 della legge 24 novembre 1981, n. 689, sussiste anche quando  l’autore della viola‐zione non  è  stato  identificato ovvero quando  lo  stesso non  è più perseguibile ai sensi della legge medesima» 

12. I commi 1, 2 e 2bis dell’articolo 60 sono sostituiti dal seguen‐te: 

«Articolo 60 (Procedure) 1. La UIF, le autorità di vigilanza di settore, le amministrazioni 

interessate, la Guardia di finanza e la DIA accertano, in relazione ai loro compiti e nei limiti delle loro attribuzioni, le violazioni indica‐te agli articoli 57, 57bis, 57ter, 57quater e 58 e provvedono alla con‐testazione ai sensi della  legge 24 novembre 1981, n. 689. La conte‐stazione per  la violazione dell’art.  57ter  è  effettuata nei  confronti della persona giuridica responsabile. 

2. All’irrogazione delle sanzioni previste dagli articoli 57, 57bis, 57quater e 58, provvede, con proprio decreto, il Ministero dell’eco‐nomia  e  delle  finanze,  valutate  le  deduzioni  presentate  e  tenuto conto del complesso delle informazioni raccolte. Si applicano le di‐sposizioni della legge 24 novembre 1981, n. 689. L’articolo 16 della legge  24  novembre  1981,  n.  689,  si  applica  solo  per  le  violazioni dell’articolo 49, commi 1, 5 e 7,  il cui  importo non sia superiore a 250.000 euro.  Il pagamento  in misura ridotta non è esercitabile da chi  si  è  già  avvalso  della medesima  facoltà  per  altra  violazione dell’articolo 49, commi 1, 5 e 7, il cui atto di contestazione sia stato ricevuto  dall’interessato  nei  365  giorni  precedenti  la  ricezione dell’atto di contestazione concernente l’illecito per cui si procede 

2‐bis.  All’irrogazione  delle  sanzioni  previste  dall’art.  57ter, provvede,  con proprio decreto,  il Ministero dell’economia  e delle finanze valutate le deduzioni presentate, tenuto conto del comples‐

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so  delle  informazioni  raccolte.  Si  applicano  le  disposizioni  della legge 24 novembre 1981, n. 689, ad eccezione degli articoli 6 e 16. La persona giuridica ha diritto di regresso nei confronti dell’autore della violazione » 

Articolo 3 – Modifiche al Decreto Legge 28 giugno 1990, n. 167 1. Dopo  l’articolo 4 del decreto  legge 28 giugno 1990, n. 167 è 

inserito il seguente: «Articolo 4‐bis (Dichiarazioni tardive del contribuente) Nel calcolo dell’imposta evasa di cui agli art. 4 e 5 del D.Lgs. n. 

74/2000, non  si  tiene  conto dell’ammontare delle attività detenute all’estero  in violazione degli obblighi di  cui all’art. 4 del presente decreto  e  di  quello  dei  relativi  redditi  se  il  contribuente  fornisce spontaneamente agli Uffici finanziari tutte le informazioni in ordi‐ne all’origine, al  trasferimento all’estero, all’eventuale  rimpatrio e alla detenzione delle predette attività  e dei  relativi  redditi, prima che sia stata constatata la violazione ai suddetti obblighi o siano già iniziati accessi, ispezioni, verifiche o, comunque, altre attività di ac‐certamento tributario e contributivo di cui questi o le altre persone solidalmente  responsabili  della  violazione  hanno  avuto  formale conoscenza o sia stato già avviato un procedimento penale per i de‐litti previsti dal D.Lgs. n. 74/2000. In tale caso, le sanzioni ammini‐strative previste dal presente decreto possono essere diminuite sino alla metà e non si applica il disposto di cui all’art. 16 comma 3° del D.Lgs. n. 472/1997. 

Qualora  non  ricorra  una  delle  circostanze  previste  dal  prece‐dente comma, per il contribuente che comunque fornisce spontane‐amente  all’amministrazione  finanziaria  o  all’autorità  giudiziaria procedente tutte le informazioni di cui al precedente comma, rela‐tivamente alle attività detenute all’estero in violazione degli obbli‐ghi di cui al presente decreto ed ai  relativi  redditi,  le pene di cui all’art. 4 e 5 del D.Lgs. n. 74/2000 sono diminuite fino alla metà e le sanzioni amministrative previste dal presente decreto possono es‐sere diminuite  fino a un quarto e non si applica  il disposto di cui 

Voluntary disclosure

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all’art. 16, comma 3 del D.Lgs. n. 472/1997. Nei casi previsti dai commi precedenti,  la pena per  il  reato di 

cui all’art. 2 del D.Lgs. 74/2000 viene ridotta fino alla metà». 

Articolo 4 – Modifiche al Decreto Legislativo 10 marzo 2000, n. 74 1. Dopo  l’articolo 16 del Decreto Legislativo 10 marzo 2000, n. 

74 è inserito il seguente: «Art 16‐bis (Collaborazione attiva) Non è punibile ai sensi dell’art. 4 e dell’art. 5 del presente De‐

creto, colui che, prima che siano già iniziati accessi, ispezioni, veri‐fiche o, comunque, altre attività di accertamento tributario e contri‐butivo di cui ha avuto  formale conoscenza o  sia  stato già avviato un procedimento penale per uno delitti previsti dal presente Decre‐to,  fornisce  spontaneamente  agli  Uffici  finanziari  o  all’Autorità giudiziaria  tutte  le  informazioni  in ordine agli elementi attivi sot‐tratti all’imposizione, anche mediante indicazione di elementi pas‐sivi fittizi, all’impiego dell’imposta evasa e al suo occultamento. 

La pena per i suddetti delitti è diminuita sino alla metà qualora le informazioni siano spontaneamente fornite nel corso delle inda‐gini preliminari» 

ELENCO ALLEGATI  1. Decreto di costituzione del Gruppo Autoriciclaggio 2. Decreti di proroga 1 2 3 3. Verbali delle riunioni 3.1 – 11 gennaio 2013 – Apertura dei lavori 3.2 – 24 gennaio 2013 – Audizione di esperti provenienti dagli 

operatori, dalle associazioni di categoria, dall’accademia 3.3 – 6 febbraio 2013 – Definizione dei criteri generali per la re‐

dazione della relazione finale dei lavori 3.4  –  20  febbraio  2013  – Discussione dei  risultati degli  appro‐

fondimenti condotti dai componenti del Gruppo sulla base delle li‐nee concordate nel corso della precedente riunione 

Relazione “Greco” 23 aprile 2013

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3.5 – 27 febbraio 2013 – Prosecuzione della discussione condotta nel  corso della precedente  riunione  sulle  fattispecie penali e  sulle ulteriori proposte di modifica  legislativa  e di  intervento  ammini‐strativo 

3.6 – 27 marzo 2013 – Discussione  finale e approvazione della Relazione conclusiva 

3.7 – 18 aprile 2013 – Discussione dei contenuti della versione aggiornata della relazione finale del Gruppo e delle fattispecie pe‐nali di “autoriciclaggio” e “abuso dei beni sociali” 

4. Documenti depositati dai componenti 4.1  –  Gen.  Bottillo  –  Dati  statistici  sull’attività  del  Nucleo  – 

20092012 4.2 – Gen. Bottillo – Sull’incriminazione per autoriciclaggio 4.3 – Gen. Bottillo – Proposte di modifica del sistema sanziona‐

torio antiriciclaggio 4.4 – Gen. Bottillo – Il sistema di segnalazione delle operazioni 

sospette – Analisi critica 2 4.5 – Prof. Carmona – Bozza per l’introduzione del reato di au‐

toriciclaggio 4.6 – Dott. Clemente – Sistema sanzionatorio antiriciclaggio 4.7 – Dott. Clemente – Proposte di modifica del Decreto legisla‐

tivo n. 231 del 2007 4.8 – Dott. Clemente – Fonti informative e analisi integrate 4.9 – Dott. Clemente – Fenomeni antiriciclaggio – allegato 1 4.10 – Dott. Clemente – Fenomeni antiriciclaggio – allegato 2 4.11 – Cons. Donadio – Articolato per la Commissione ministe‐

riale in tema di autoriciclaggio 4.12 – Dott. Martino – Compliance program 4.13 – Dott. Martino – Attività svolta dall’U.C.I.F.I. 5. Documenti pervenuti dagli esperti sentiti durante le audizio‐

ni e altri documenti 5.1 Dott. Di Fenza – La rilevanza del reato presupposto nel pro‐

cesso di segnalazione di operazioni sospette di riciclaggio da parte degli intermediari 

Voluntary disclosure

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5.2 Dott. Di Vizio – Difficoltà della prova dell’elemento sogget‐tivo del  riciclaggio  con  specifico  riferimento  alla provenienza dei capitali  illeciti da particolari tipologie di reati presupposto,  inclusi quelli  in materia  fiscale.  La  punizione  penale  dell’autoriciclaggio quale possibile soluzione 

5.3 Avv. La Sorda – Promemoria audizione 24 febbraio 5.4 Prof. Lupoi – Sui trust 5.5 Prof. Maisto  – Autoriciclaggio: profili  fiscali  e  regolarizza‐

zione 5.6 Prof. Maisto – Slides 5.7 Dott. Maresca – Lettera Presidente Greco 5.8. Dott. Arquila –  I  rapporti  tra  riciclaggio e  trasferimenti di 

capitale all’estero 6. Proposte di fattispecie di riciclaggio discusse nel corso dei la‐

vori del Gruppo