Relazione convivenze

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  • 1. MARCO KROGH NOTAIO LAUTONOMIA PRIVATA NELLA FAMIGLIA LEGITTIMA E NELLE CONVIVENZE di Marco Krogh oooOOOooo SOMMARIO : 1.1 INTRODUZIONE LE NORME INDEROGABILI - 1.2. LAUTONOMIA PRIVATA ED I VALORI COSTITUZIONALI - 1.3. IL DIRITTO DI SPOSARSI ED IL DIRITTO DI FORMARSI UNA FAMIGLIA - LA PLURALITA DI MODELLI DI CONVIVENZE DI TIPO FAMILIARE - 1.4. IL DISEGNO DI LEGGE SUI DI.CO. - 1.5. IL REGIME PRIMARIO ED IL REGIME SECONDARIO DELLA FAMIGLIA GLI ACCORDI IN VISTA DELLA CRISI DEL MATRIMONIO - 1.6. LAUTONOMIA NEGOZIALE NELLE UNIONI DI FATTO - 1.7. LAUTONOMIA PRIVATA NEL REGIME SECONDARIO DELLA FAMIGLIA - RIFIUTO DEL COACQUISTO CONVENZIONI DI SEPARAZIONE COMPLESSA. oooOOOooo 1.1 INTRODUZIONE LE NORME INDEROGABILI Larea tematica che ho scelto per la mia relazione particolarmente estesa andando a coprire aspetti che, allinterno del diritto di famiglia coinvolgono, i rapporti personali e patrimoniali allinterno della famiglia, gli accordi prematrimoniali, gli accordi in vista di eventuali crisi matrimoniali, la rilevanza giuridica delle unioni di fatto, i multiformi modelli di famiglia di fatto (famiglia ricomposte, convivenze omosessuali, famiglia naturale, etc), la possibilit per i coniugi di dotarsi di regimi convenzionali alternativi a quelli tipici previsti nel codice civile, la possibilit per i conviventi di autoregolamentare i rapporti personali e patrimoniali che nascono da una convivenza e la possibilit di creare degli ammortizzatori in caso di rottura di convivenze che hanno avuto una certa durata. E evidente che un esame approfondito di tutti gli aspetti sopra riportati richiederebbe un approfondimento che mal si concilia con i tempi e lo spazio della presente relazione. Mi limiter, quindi, ad offrire qualche spunto di riflessione ed una messa a fuoco su una materia in cui il quadro normativo, salvo lievi modifiche fermo alla riforma del 1975 mentre le fattispecie disciplinate sono in rapida e continua evoluzione. Le relazioni familiari e parafamiliari sono vicende condizionate dallevoluzione dei costumi e dalle pressioni culturali presenti in determinati momenti storici, in cui il diritto pu intervenire ed imporre modelli comportamentali nei limiti in cui tali modelli non sono avulsi dal comune sentire sociale. Come notaio e come operatore del diritto non posso non notare che sebbene questi temi, in dottrina ed in giurisprudenza, non possono pi definirsi abbastanza inesplorati (Franzoni, I contratti tra conviventi more uxorio, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1994, p. 737 ss.; ID., Le convenzioni patrimoniali tra conviventi more uxorio, in Il diritto di famiglia, Trattato diretto da G. Bonilini e G. Cattaneo, II, Il regime patrimoniale della famiglia, Torino, 1997, p. 461 ss) essendosi, ormai acquisite certezze su pi di un aspetto, sussiste, invece, un raro ricorso, da un punto di vista pratico, agli strumenti offerti dalla pi attenta dottrina per 1

2. MARCO KROGH NOTAIO offrire soluzioni alle problematiche neoemergenti sia dal nuovo atteggiarsi delle relazioni allinterno della famiglia legittima e sia dalle nuove relazioni riconducibili a nuovi modelli di convivenza familiare. Nella pratica notarile veramente raro trovarsi di fronte convenzioni matrimoniali atipiche o ad accordi patrimoniali tra conviventi; pi frequentemente ci si trova di fronte a richieste dirette ad escludere un singolo bene dalla comunione legale dei beni, al di fuori delle ipotesi previste dallart. 179 c.c., ovvero a risolvere problematiche emergenti da conflitti dinteressi emergenti nelle crisi matrimoniali o in vista di crisi matrimoniali. Ci probabilmente dovuto, almeno per i notai, al timore di incorrere in una violazione dellart. 28 della legge notarile che spesso dilata eccessivamente la portata ed il significato delle norme inderogabili sacrificando lettura ed interpretazione delle norme pi adeguate allevoluzione dei costumi e della societ. Aspetto questultimo costantemente presente nelle relazioni familiari e parafamiliari particolarmente sensibili ai mutamenti sociali e culturali. Con espressione efficace, il diritto di famiglia stato definito come unisola che pu essere solo lambita dal mare del diritto. Attualmente, tuttavia, linterprete si trova di fronte non pi ad unisola ma ad un arcipelago in cui coesistono una pluralit di modelli familiari e parafamiliari che si riflettono nello specchio del diritto per essere riconosciuti ed assumere rilevanza giuridica (G.Frezza, Premessa, in Trenta anni dalla riforma del diritto di famiglia, a cura di Giampaolo Frezza, collana di studi diretta da Vincenzo lojacono, Giuffr editore, 2005, pag VII e segg,). La famiglia e, pi in generale, le relazioni familiari e parafamiliari, non pu che essere un prius rispetto alla norma giuridica. Il dato sociale e culturale preesiste rispetto al dato giuridico e ne condizionala, a monte, la formazione ed, a valle, linterpretazione e lapplicazione in un processo di costante evoluzione della norma giuridica. Cos, mentre nel diritto privato, assistiamo ad un vigoroso sforzo volto alla realizzazione di un diritto europeo dei contratti, sollecitato dalle esigenze di un mercato unico sempre pi globalizzato, ci non avviene nel diritto di famiglia e nelle successioni, aree meno sensibili alle pressioni emergenti dalla progressiva globalizzazione. Il concetto di famiglia radicato nella cultura di ogni popolo e rappresenta il punto di approdo della storia sociale e culturale di un popolo. Non immaginabile trasferire tout court istituti familiari di altre culture nel nostro ordinamento (si pensi, ai casi estremi della poligamia o del ripudio che sono espressione di frammenti di cultura estremamente distanti dai nostri valori fondamentali). Tuttavia, non pu negarsi che la progressiva integrazione con altre culture, favorita dalla forte immigrazione, possa portare, in una prospettiva futura, ad uniformare istituti appartenenti al diritto di famiglia, quanto meno nei principi ispiratori delleguaglianza, della pari dignit e della solidariet, da assumere come principi di ordine pubblico internazionale ed espressione di valori irrinunciabili e di portata universale (M.C. Andrini, Lautonomia privata dei coniugi tra status e contratto Le convenzioni coniugali, G. Giappichelli editore Torino, 2006, pag. 15 e segg.). 2 3. MARCO KROGH NOTAIO Abbandono queste tematiche per non allargare eccessivamente il discorso che, da un lato, si propone di mettere a fuoco gli aspetti che riguardano lautonomia privata allinterno della famiglia legittima e delle convivenze e, da altro lato, si propone di indagare sui valori espressi dalle norme inderogabili allinterno di un micro-sistema e, quindi, verificare se detti valori, presidiati da norme inderogabili, siano patrimonio esclusivo della famiglia legittima o rispondano a pi generali istanze di solidariet e di tutela che possono emergere da altre tipologie di convivenze di tipo familiare o parafamiliare. Innanzitutto, va precisato che per autonomia privata intendiamo la facolt, riconosciuta dallart. 1322 c.c. ai privati, di regolamentare in piena libert i propri rapporti, con il limite della meritevolezza degli interessi perseguiti e del rispetto delle norme inderogabili. Lart. 1322 c.c. espressamente dispone: Le parti possono liberamente determinare il contenuto del contratto nei limiti imposti dalla legge. Le parti possono anche concludere contratti che non appartengono ai tipi aventi una disciplina particolare, purch siano diretti a realizzare interessi meritevoli di tutela secondo lordinamento giuridico. Per quanto riguarda lanalisi della meritevolezza degli interessi perseguiti, lapprofondimento esorbita dagli ambiti della presente relazione, coinvolgendo il significato di causa negoziale in costante revisione anche da parte della giurisprudenza (cfr. Cass. 8 maggio 2006 n. 10490). Pu osservarsi, tuttavia, che eventuali accordi di natura patrimoniale tra conviventi sembrano non trovare ostacoli sotto questaspetto sulla base della considerazione che degna di protezione appare ogni pattuizione la quale si prefigga di evitare liti future e di fornire un minimo di sicurezza economica al partner debole (G. Oberto, Gli accordi preventivi sulla crisi coniugale, in http://www.geocities.com/CollegePark/Classroom/6218/famiglia.htm (5 maggio 2008). Per quanto riguarda, invece, la compatibilit dellautonomia contrattuale con i limiti imposti dalla legge, va osservato che le norme inderogabili perimetrano aree inaccessibili alla libera autodeterminazione perch poste a presidio di interessi generali e di valori fondamentali che non consentono intrusioni da parte dei privati. Il notaio, nello svolgimento della sua funzione di adeguamento della volont delle parti, svolge il ruolo comunemente denominato di gatekeeper, ossia di guardiano del cancello della legalit; in buona sostanza, il notaio deve presidiare proprio queste aree sottratte allautonomia privata. Nel diritto di famiglia le norme inderogabili si pongono poi in una prospettiva del tutto particolare, proprio per la presenza di valutazioni sociali e culturali che possono influenzare e condizionare la lettura e linterpretazione di una norma giuridica. Invero, i rapporti personali e patrimoniali allinterno della famiglia sono disciplinati da un gruppo di norme che rappresenta lo statuto del coniuge e che attribuisce a ciascun componente la famiglia una serie di diritti, doveri, obblighi poteri, il cui contenuto , per lo pi, soggetto a limiti inderogabili dalle parti. 3 4. MARCO KROGH NOTAIO Come vedremo, alle parti lasciata la libert di integrare e specificare il contenuto dei rispettivi doveri ed obblighi, allinterno di limiti inderogabili costituiti dalleguaglianza, dalla pari dignit e dalla solidariet reciproca. Il riferimento normativo, ai principi inderogabili, che costituiscono le fondamenta dello statuto del coniuge, offerto, da un lato, dagli artt. 143, 144 e 147 del c.c. e, da altro lato, dagli artt. 159 e 160 del c.c.. dalla lettura combinata delle citate disposizioni prende origine la distinzione tra regime primario e regime secondario della famiglia. Il regime primario linsieme delle norme inderogabili che mirano ad assicurare i pi volte ripetuti principi di eguaglianza, reciprocit dei doveri, pari dignit, solidariet allinterno della famiglia, ponendo una serie di doveri, obblighi, poteri, diritti e facolt nei confronti non solo dei coniugi, ma della generalit dei componenti la famiglia. A presidio del cd. regime primario della famiglia posto lart. 160 del c.c. che espressamente dispone: Gli sposi non possono derogare n ai diritti n ai doveri previsti dalla legge per effetto del matrimonio. La peculiarit data dal fatto che i medesimi rapporti che nascono dal regime primario della famiglia se collocati al di fuori della famiglia, possono o perdere il loro carattere di inderogabilit o entrare in conflitto e recedere rispetto ad altre norme inderogabili che rispondono a valori di grado superiore rispetto ad altri valorizzati esclusivamente allinterno della famiglia. In altri termini, determinati rapporti regolati da norme ritenute essenziali allinterno di un menage familiare legittimo e, quindi inderogabili dai coniugi, se collocati e regolamentati al di fuori della famiglia legittima, possono costituire violazione di norme inderogabili di diritto comune e pertanto rientrare in aree sottratte alla libera autoregolamentazione privata. Un determinato obbligo, dovere o potere pu costituire un valore se collocato allinterno della famiglia legittima ed un disvalore se collocato al di fuori della famiglia legittima ovvero entrare in un area di indifferenza giuridica. Si pensi ad esempio allobbligo di fedelt reciproco sancito dallart. 143 del c.c.: allinterno della famiglia legittima la sua violazione pu essere causa di addebito della separazione. In una convivenza, al contrario, un vincolo giuridico alla fedelt non configurabile, anzi un eventuale accordo diretto ad obbligare un partner alla fedelt ritenuto nullo perch contrario allordine pubblico, limitando una libert fondamentale dellindividuo. Si pensi, ancora, alla comunione legale, come regime diretto a regolamentare unequa distribuzione della ricchezza acquisita dai coniugi nel corso della vita matrimoniale in funzione perequativa, mediante leffetto di acquisizione automatica prodotto dallart. 177 lett. a). Questo istituto assicurando la realizzazione di quei valori ritenuti fondamentali allinterno della famiglia legittima si colloca su un piano di specialit rispetto al divieto espresso dallart. 771 del c.c. di donazione di beni futuri che risponde a principi condivisibili nel diritto comune, ma non allinterno dei rapporti tra coniugi . 4 5. MARCO KROGH NOTAIO In una convivenza, di conseguenza, se due soggetti non legati da vincolo matrimoniale volessero regolare i loro rapporti in analogia alla comunione legale si troverebbero di fronte allostacolo posto dallart. 771 c.c. essendo soggetti alle norme di diritto comune. E evidente che a fronte di determinati trattamenti privilegiati concessi a coloro che acquisiscono un determinato status la legge prevede come rovescio della medaglia anche oneri, doveri e responsabilit. Da questultimo angolo prospettico, lesame del modo e delle possibili esplicazioni in negativo dellautonomia privata, verificando in che misura data la possibilit alle parti, in un rapporto duraturo di convivenza di tipo familiare, di sottrarsi ad ogni regolamentazione giuridica, lasciando sfornito di ogni tutela il soggetto pi debole del rapporto in omaggio ad unindiscriminata libert di autodeterminazione a tutela della famiglia legittima. 1.2. LAUTONOMIA PRIVATA ED I VALORI COSTITUZIONALI Probabilmente da qui partono i temi che meritano specifiche riflessioni: In che misura le norme che troviamo allinterno del diritto di famiglia sono espressione unica di valori riconducibili alla sola famiglia legittima non estensibili anche ad altre forme di convivenza familiare ? In che misura, gli obblighi, i doveri, i rapporti allinterno della famiglia legittima possono volontariamente essere modificati, senza violare le norme inderogabili poste a presidio dei caratteri fondamentali della famiglia stessa ? In che misura possibile tutelare posizioni che appaiono meritevoli di tutela in una convivenza di tipo familiare non sorretta dal matrimonio, allinterno di un concetto di solidariet che esiste anche al di fuori della famiglia legittima ? In che misura i conviventi possono regolamentare i reciproci rapporti, dotandosi volontariamente di norme che possono pi o meno ricalcare quelle che disciplinano la famiglia legittima? Un dato certo: le risposte a questi ed altri interrogativi non potranno mai avere un carattere di assolutezza, essendo condizionati, dai valori sociali emergenti in un determinato momento storico in grado di condizionare e piegare il dato giuridico. Ripercorrendo la giurisprudenza degli ultimi trentanni facile rilevare il modo in cui levoluzione dei costumi ed una maggiore sensibilit alle tematiche inerenti la solidariet e la tutela dei soggetti pi deboli abbiano abbia influenzato e fatto emergere nuove letture delle norme su questi temi (sullinterpretazione creativa della giurisprudenza, cfr. cass. S.U. 1136 del 19 gennaio 2007). Per prendere, comunque, una posizione corretta sulle tematiche proposte opportuno partire da una lettura delle norme costituzionali (artt. 2 e 29) che fissano i principi regolatori della famiglia e pi in generale delle formazioni sociali. 5 6. MARCO KROGH NOTAIO Come premessa generale, va ricordato, che al centro dellattenzione del Legislatore costituente lindividuo e lo sviluppo della personalit dellindividuo, talch sia la famiglia che pi in generale le formazioni sociali sono sovrastrutture a servizio dellindividuo; la solidariet va affermata in funzione della persona e non il contrario. La concezione della famiglia di tipo istituzionale, volta a realizzare interessi superindividuali sotto la guida autoritaria del capo famiglia, costituisce un modello di famiglia assolutamente superato dallattuale modello di famiglia costituzionale che rappresenta, al contrario, un mezzo al servizio dellindividuo, un strumento di protezione, di crescita e di formazione dei singoli componenti. Lart. 2 espressamente enuncia: La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili delluomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalit e richiede ladempimento dei doveri inderogabili di solidariet politica, economica e sociale. Lart. 29, a sua volta, dispone: La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come societ naturale fondata sul matrimonio. Il matrimonio ordinato sulleguaglianza morale e giuridica dei coniugi, con i limiti stabiliti dalla legge a garanzia dellunit familiare. Il dato che emerge da una prima lettura dellart. 29 riguarda lapparente contraddizione, definita ossimoro (R. Bin, Rivista Lavori e Diritto, Famiglia, lavoro, diritto: Combinazioni possibili La famiglia: alla radice di un ossimoro, Le edizioni del Mulino, n. 1 anno 2001), presente nella norma: ci si chiede se la famiglia come modello di relazioni umane appartenga al diritto naturale o se sia creazione dellordinamento giuridico. In realt, entrambi i dati coesistono e sono conciliabili, nella misura in cui gli elementi che caratterizzano listituto familiare sono espressione di valori condivisi in un determinato contesto sociale e costituiscono un prius rispetto alla norma giuridica che pu aggiungere, a questo dato preesistente, una regolamentazione diretta a rafforzare ed a proteggere quei valori essenziali gi presenti allinterno della societ, ma non sostituirli o crearne dei nuovi avulsi dalla coscienza sociale. La norma giuridica si pone, quindi, come un posterius , rispetto al dato naturale, sia nella sua formazione e sia nella sua interpretazione ed applicazione. 1.3. IL DIRITTO DI SPOSARSI ED IL DIRITTO DI FORMARSI UNA FAMIGLIA - LA PLURALITA DI MODELLI DI CONVIVENZE DI TIPO FAMILIARE Probabilmente quando la Costituzione fu scritta si dava per scontata una coessenzialit tra matrimonio, inteso come atto e famiglia, intesa come rapporto che discendeva dallatto di matrimonio (N.Lipari, riflessioni sul matrimonio a trentanni dalla riforma del diritto di famiglia, in Trenta anni dalla riforma del diritto di famiglia, a cura di Giampaolo Frezza, collana di studi diretta da Vincenzo lojacono, Giuffr editore, 2005, pag 17 e segg.). Attualmente i due aspetti sono logicamente e concettualmente distinti: il diritto di sposarsi ed il diritto di formarsi una famiglia meritano considerazioni e tutela di intensit diversa. Il secondo invoca una tutela dellordinamento anche al di fuori dellatto di 6 7. MARCO KROGH NOTAIO matrimonio, laddove sono in gioco posizioni che invocano protezione in ragione del dovere fondamentale di solidariet Larticolo II -69 della Costituzione europea sul punto espressamente dispone: Diritto di sposarsi e di costituire una famiglia - Il diritto di sposarsi e il diritto di costituire una famiglia sono garantiti secondo le leggi nazionali che ne disciplinano l'esercizio. A questo punto, per, pu essere interessante indagare su quale sia larch tipologico preso in considerazione dal Legislatore e quali siano gli altri modelli di convivenza di tipo familiare che comunque riscontriamo in modo pi o meno diffuso allinterno della nostra societ. Ancora pi a monte pu essere interessante indagare su cosa si debba intendere per famiglia e per convivenza di tipo familiare. Il termine famiglia emblematico della forte relativit e storicit delle espressioni giuridiche. Il concetto di famiglia intuitivamente diverso a seconda del momento storico in cui collocato, a seconda dellarea culturale in cui considerato (L.Rossi e E. Bellisario, La Famiglia, in Famiglia e sucessioni, Le forme di circolazione della ricchezza familiare, G. Giappichelli editore, 2005, pag. 11 e segg.). Si pensi, ad esempio, alla famiglia di fine ottocento che richiama contenuti ben diversi rispetto alla famiglia cos come la intendiamo oggi o alla famiglia nella cultura araba al cui interno le relazioni ed il ruolo dei partecipanti sono assolutamente diversi da quelli disciplinati nel nostro ordinamento e presenti nella cultura occidentale. Nonostante queste marcate diversit il termine famiglia appartiene, quasi in modo innato, al precompreso (Cfr. Michele Ainis, La Legge Oscura, ed. Laterza, 2002, pag. 142 e ss., che cita Hans Georg Gadamer, maestro di ermeneutica) di ciascuno di noi, tant che indicare un qualcosa a noi ben noto e che gi conosciamo diciamo che familiare. Tuttavia, allinterno di una societ ben possibile la coesistenza di diversi modelli di famiglia, in concorrenza tra loro, con una gradazione di privilegi e di tutela giuridica; alcuni riconosciuti e tutelati, altri tollerati, altri addirittura avversati. Pu essere utile, quindi, definire la famiglia, nel suo significato di formazione sociale naturale, partendo da quelli che possono essere ritenuti gli elementi minimi distintivi che consentano di cogliere con immediatezza la differenza tra una convivenza di tipo familiare da una mera convivenza. Uno o pi elementi minimi riconoscibili in tutti i modelli di famiglia, ai quali di volta in volta aggiungere altri elementi o requisiti al fine di distinguere un modello di famiglia rispetto ad unaltra. Quali sono le caratteristiche peculiari che distinguono ci che noi istintivamente riteniamo che sia una famiglia rispetto, ad esempio, ad una convivenza in una caserma, in una casa di cura o in unassociazione di volontariato (F. Bocchini, Le vite convissute more uxorio, una disciplina possibile, in Le convivenze familiari, diritto vivente e proposte di riforma, a cura di f. Bocchini, G. Giapppichelli editore, 2005, pag. 3e segg. ). E condivisibile la definizione di chi (F. Bocchini, cit.), ritiene la convivenza familiare una qualificata comunit di vita, caratterizzata da comunione spirituale e materiale tra i partecipanti alla stessa: luogo degli affetti e della solidariet, dove si realizza la sintesi delle aspirazioni 7 8. MARCO KROGH NOTAIO e dei diritti individuali e dove ladempimento dei doveri avvertito come esplicazione della propria personalit e dunque della tensione realizzare una comunit di affetti. Il tratto distintivo, a mio giudizio, dato dalla reciproca volont di creare una comunione materiale e spirituale non occasionale, un progetto di vita in comune con una apprezzabile stabilit. La comunione materiale e spirituale che fa da collante ad una convivenza di tipo familiare, si arricchisce di volta in volta di ulteriori requisiti che consentono di distinguere un modello da un altro. Il modello di convivenza familiare preso in considerazione dal legislatore italiano, tuttavia, si arricchisce di ulteriori elementi quali la diversit di sesso e la finalit, almeno tendenziale, alla procreazione naturale. Accanto a questo modello familiare oggi troviamo ulteriori modelli nei quali scompare del tutto la finalit diretta alla procreazione, almeno naturale, ma che si caratterizzano per lidentit di sesso dei partners ovvero convivenze che hanno quale finalit prioritaria lassistenza reciproca. Spesso ad alcuni di questi modelli familiari precluso il diritto di matrimonializzare la convivenza, cos come avviene per le coppie omosessuali; altre volte il mancato matrimonio corrisponde ad una libera scelta dei partners . Nel primo caso, dunque, i conviventi potrebbero aver interesse o la volont di accedere al matrimonio, ma ci gli precluso; per i secondi, al contrario, la convivenza al di fuori del matrimonio frutto di una scelta volontaria: i conviventi non intendono assumere i doveri e gli obblighi che nascono dallatto di matrimonio. Per entrambi i modelli di convivenze, tuttavia, si presentano i medesimi interrogativi, probabilmente con unintensit diversa dovuta al rispetto delle libere scelte dei conviventi: - il mancato riconoscimento giuridico per lassenza dellatto di matrimonio pone queste relazioni in unarea di indifferenza giuridica o possibile immaginare automatismi normativi a tutela dei soggetti pi deboli, soprattutto nel momento di crisi della convivenza, invocando un superiore principio di solidariet, espresso nellart. 2 della Costituzione ?; - possibile ai conviventi autoregolamentare la propria relazione in funzione della reciproca solidariet ? Va rammentato che la Corte Costituzionale con la sentenza n.352 del 2000 ha confermato la ragionevolezza della diversit di trattamento tra i rapporti che nascono dalla famiglia e da una convivenza more uxorio: venendo in rilievo, con riferimento alla prima, a differenza che rispetto alla seconda, non soltanto esigenze di tutela delle relazioni affettive individuali, ma anche quella della protezione dellistituzione familiare, basata sulla stabilit dei rapporti (Corte Cost. sentenza n. 8 del 1996): la convivenza more uxorio diversa dal vincolo coniugale, e a questo non meccanicamente assimilabile al fine di desumerne lesigenza costituzionale di una parificazione di trattamento: essa, infatti, manca dei caratteri di stabilit e certezza propri del vincolo coniugale, essendo basata 8 9. MARCO KROGH NOTAIO sullaffectio quotidiana, liberamente ed in ogni istante revocabile (Corte Cost. sentenza n. 8 del 1996; sentenza n. 423 del 1988; ordinanza n. 1122 del 1988). Ci non significa, tuttavia, che la convivenza, priva del matrimonio sia degradabile a mero fatto al di fuori di ogni rilevanza giuridica (N. Lipari,. ..cit.). Nel nostro ordinamento sono previste forme dintervento ogni qual volta sono in gioco interessi costituzionalmente protetti, al di l della volont delle parti di regolamentare o di contrattualizzare il rapporto (si pensi, ad esempio, al rapporto di lavoro). Invero, ci che si lamenta non una assenza totale di ogni considerazione dei rapporti e delle situazioni che possono nascere da una unione di fatto, ma la mancanza di una disciplina generale. Ci sono stati numerosi interventi della corte costituzionale diretti a colmare vuoti normativi, soprattutto nei casi in cui era necessario valorizzare correttamente interessi costituzionalmente protetti, si pensi allintervento della corte costituzionale che ha esteso il subentro del contratto di locazione al convivente, riconoscendo la prevalenza del diritto di abitazione come valore di rango costituzionale. Altri interventi sono riscontrabili nel codice di procedura penale, sul diritto di astensione del convivente dalla testimonianza in funzione di una prevalente considerazione della lealt dei rapporti, cos come in materia di assistenza sanitaria, in tema di assegnazione della casa familiare in presenza di figli naturali, in tema di ricusazione di un arbitro, in tema di amministrazione di sostegno (art. 408 c.c.), in tema di istanza d'interdizione o di inabilitazione (art. 407 c.c., come novellato dalla Legge n. 6/2004 istitutiva dell'amministrazione di sostegno ed art. 424 c.c. che, come novellato, rinvia al predetto art. 408 c.c. per l'individuazione della persona pi idonea all'incarico di tutore dell'interdetto e di curatore dell'inabilitato) e, da ultimo, nella disciplina degli obblighi antiriciclaggio riferiti al convivente della persona politicamente esposta. 1.4. IL DISEGNO DI LEGGE SUI DI.CO. Quale paradigma astratto che pu essere preso in considerazione, anche se in modo critico, quale risposta allesigenza di una regolamentazione generale delle unioni di fatto, abbiamo il disegno di legge sui DI.CO., approvato dal Consiglio dei ministri allinizio del 2007, che ha dettato una regolamentazione estesa ad una pluralit di convivenze anche non propriamente di tipo familiare. E questo un disegno di legge che, probabilmente, per le numerose critiche che ha suscitato e per il cambio di Governo, difficilmente diventer legge. Tuttavia, interessante farne cenno per gli spunti di riflessione che offre. Innanzitutto, il disegno di legge ci offre una definizione generale di convivenza giuridicamente rilevante, puntualizzandone, allarticolo 1, i requisiti positivi e negativi. I primi due requisiti riguardano la limitazione numerica della convivenza a due persone e la possibilit che le stesse siano dello stesso sesso. Questultimo lelemento di rottura pi rilevante rispetto al concetto tradizionale di famiglia offrendo riconoscimento giuridico ad un tipo di convivenza diffusa e socialmente accettata nella generalit dei casi e giustificata dallevoluzione dei costumi e della morale, sebbene lontana dallimmagine della famiglia il cui fine essenziale la procreazione. 9 10. MARCO KROGH NOTAIO Ulteriori requisiti sono la maggiore et e la capacit delle persone conviventi. Dunque, rispetto alla famiglia fondata sul matrimonio non previsto un istituto analogo allemancipazione. Accanto a questi requisiti che riguardano i soggetti, il disegno di legge prevede poi, determinati requisiti relativi alla relazione e, precisamente: la coabitazione stabile, la reciprocit dei vincoli affettivi ed il dovere di reciproca assistenza e solidariet materiale e morale. Questultimo un riferimento a quella comunione di vita materiale e spirituale (communio omnis vitae) che costituisce un connotato essenziale di qualunque famiglia, concetti pi percepibili che definibili, soprattutto giuridicamente. Ci che, invece, va evidenziato, rispetto alla famiglia fondata sul matrimonio la maggior libert consentita allinterno di questa tipologia unione di fatto: non prevista lassunzione di un obbligo reciproco di fedelt, inteso nel suo significato pi generale, non riferito alla sola sfera sessuale, ma comprendente un pi generico dovere di reciproca lealt, non previsto un obbligo di collaborazione reciproca nellinteresse della famiglia, nulla previsto in ordine allindirizzo comune della vita familiare, nulla previsto sul dovere di contribuzione per fronteggiare i bisogni della famiglia. Allinterno di questo modello improntato alla massima libert, i ruoli dei conviventi potranno continuare ad essere caratterizzati da sostanziali squilibri nei confronti del soggetto pi debole, temperati dal mero impegno reciproco alla solidariet materiale e morale. Quali requisiti di carattere negativo la cui esistenza pone leventuale convivenza al di fuori dellarea disciplinata dal disegno di legge abbiamo: 1. lesistenza di un vincolo matrimoniale tra un convivente ed un terzo; 2. un rapporto di parentela in linea retta entro il secondo grado (genitori e figli, nonni e nipoti); 3. un rapporto di affinit in linea retta entro il secondo grado (coniuge e figli dellaltro coniuge, genitore di un coniuge con figli dellaltro coniuge); 4. un rapporto di adozione o di affiliazione; 5. una relazione di tutela, curatela o di amministratore di sostegno. In questi ultimi casi, tuttavia, il requisito negativo sembra ripetitivo rispetto allenunciazione iniziale che prevede la capacit come requisito positivo per rientrare nellambito di applicazione disciplinato dalle nuove norme. La durata della convivenza - sebbene elemento funzionale alla stabilit della convivenza stessa -, presa in considerazione solo per il sorgere di specifici diritti. La mera convivenza assunta quale elemento sufficiente per esercitare i diritti in materia di assistenza per malattia e ricovero, per designare laltro convivente quale soggetto incaricato a prendere decisioni in materia di salute ed in caso di morte, per consentire il rilascio del permesso di soggiorno per convivenza ad un cittadino extracomunitario, per ottenere il diritto di iscrizione anagrafica per il cittadino 10 11. MARCO KROGH NOTAIO dellUnione europea, ai sensi dellart. 9 del d.lgs. di attuazione della direttiva 2004/38/CE, per acquisire un requisito positivo ai fini dellassegnazione di alloggi di edilizia pubblica, per aver diritto a partecipare agli utili dimpresa dellazienda del partner, in caso di prestazione di attivit lavorativa. Sar necessario un periodo di convivenza perdurante almeno tre anni, per far sorgere il diritto alla successione nel contratto di locazione, a far sorgere obblighi alimentari, per ottenere le agevolazioni nei trasferimenti e nelle assegnazioni di sede, nellambito del rapporto di lavoro pubblico e privato. Per maturare i diritti successori invece disposto che dallinizio della convivenza siano trascorsi almeno nove anni. Non prevista alcuna forma specifica di iscrizione se non quella nei registri anagrafici, in conformit agli artt. 4, 13 comma 1 lett. b) del d.p.r. 30 maggio 1989 n.223. Nulla dispone la legge per il caso di interruzione e ripresa della convivenza, se, in altri termini, possibile ricongiungere per i suddetti fini pi periodi di convivenza. Sembra che non sia previsto, quindi, un istituto analogo a quello della riconciliazione adattato alle unioni di fatto. 1.5. IL REGIME PRIMARIO ED IL REGIME SECONDARIO DELLA FAMIGLIA I FIGLI NATURALI - GLI ACCORDI IN VISTA DELLA CRISI DEL MATRIMONIO Accennate, in via di prima approssimazione, le problematiche inerenti i rapporti di convivenze, nel loro modo multiforme di porsi, non possibile andare oltre senza accennare al contenuto degli art. 143, 144 e 147 del c.c. che rappresentano la spina dorsale della famiglia legittima e che presidiano quei valori fondamentali che possono sintetizzarsi nelleguaglianza, nella solidariet, nella reciprocit dei doveri, nellequiparazione del lavoro domestico rispetto al lavoro svolto allesterno della famiglia che assicura la pari dignit dei coniugi. Gli articoli menzionati costituiscono quello che comunemente definito il regime primario della famiglia costituito: dallobbligo reciproco di fedelt, dallobbligo reciproco allassistenza morale e materiale, dal dovere di collaborazione nellinteresse della famiglia, dallobbligo di coabitazione, dal dovere, a carico di ciascun coniuge in relazione alle proprie sostanze e alla propria capacit di lavoro, professionale o casalingo, a contribuire ai bisogni della famiglia (art. 143 c.c.). I coniugi concordano, altres, tra loro lindirizzo della vita familiare e ciascun coniuge ha il potere di attuare lindirizzo concordato (art. 144 c.c.). Lart. 147 c.c. riguarda i doveri di mantenere, istruire ed educare i figli, tenendo conto delle loro capacit, inclinazioni naturali ed aspirazioni. Tralascerei i doveri nei confronti dei figli perch, sotto questaspetto, abbiamo una perfetta equiparazione tra genitori legittimi e genitori naturali. I doveri dei genitori nei confronti dei figli non possono essere messi in discussione dallesistenza o meno di un atto di matrimonio. La Corte costituzionale e la 11 12. MARCO KROGH NOTAIO giurisprudenza hanno compiuto costantemente unopera demolitoria di quasi tutte le norme che, in qualche modo, discriminavano i figli naturali rispetto ai figli legittimi. Vale la pena ricordare un emendamento proposto dallonorevole Rosi Bindi non ancora formalizzato in un provvedimento normativo, diretto ad eliminare le ultime norme discriminatorie tra figli legittimi e naturali. Mi riferisco al mancato legame dei figli nati fuori dal matrimonio - 80mila ogni anno, il 15% dei nati - con le famiglie dei genitori: niente nonni n zii, n cugini, per loro.. Si tratta di una discriminazione di carattere sostanziale e che pu avere effetti pregiudizievoli per i figli naturali, al di fuori di ogni ragionevolezza. Si pensi, ad esempio, allipotesi in cui i genitori del bambino muoiono, il bimbo non avendo nessun legame con il resto della famiglia, in casi estremi, potrebbe addirittura essere dato in adozione a estranei ed, in ogni caso escluso dall'asse ereditario, per cui non erediter nulla dai nonni; nonostante l'articolo 30 della Costituzione dica che "la legge assicura ai figli nati fuori dal matrimonio ogni tutela giuridica e sociale". Lonorevole Bindi lo scorso anno chiese al Parlamento di poter agire sul tema mediante un ddl che si articolava in tre punti: 1. modifica l'articolo 315 del Codice Civile: "le disposizioni in tema di filiazioni si applicano a tutti i figli senza distinzioni". 2. delega di un anno al governo per eliminare ogni residua discriminazione ed espressa previsione che "il riconoscimento produce effetti anche nei confronti dei parenti del genitore che lo effettua". 3. disposizioni di adeguamento del Regolamento dello Stato civile. In questa medesima linea di tendenza, va ricordata, da ultimo, la riconosciuta possibilit, in caso di filiazione naturale e di cessazione della convivenza di assegnare la casa familiare al convivente al quale affidato il minore (o il maggiorenne sprovvisto di mezzi) e di trascrivere il relativo atto. Chiusa la parentesi relativa agli obblighi nei confronti dei figli, va, innanzitutto, evidenziato che mentre il regime patrimoniale primario impegna tutti i componenti la famiglia nel dovere di reciproca contribuzione, il regime patrimoniale secondario diretto a disciplinare i soli rapporti tra i coniugi. In secondo luogo, pu osservarsi che sebbene lart. 160 c.c. afferma linderogabilit degli obblighi sopra enunciati, gli sposi possono determinare un contenuto specifico agli obblighi stessi, senza violare il principio dellinderogabilit. Tant che riguardo al dovere di concordare lindirizzo comune, il prof. Bocchini, in modo molto efficace, afferma che trattasi di clausola generale che pu contenere modelli familiari diversi, pur nel rispetto della reciprocit dei doveri e delleguaglianza tra i coniugi. Anche gli altri obblighi, a ben vedere, possono avere un contenuto flessibile rimesso alla diversa determinazioni degli sposi. 12 13. MARCO KROGH NOTAIO E interessante lanalisi condotta da un autore (R.Tommasini, I rapporti personali nella famiglia, in Trenta anni dalla riforma del diritto di famiglia, a cura di Giampaolo Frezza, collana di studi diretta da Vincenzo lojacono, Giuffr editore, 2005, pag 31 e segg) su questi aspetti e sul possibile diverso modo di atteggiarsi, ad esempio del dovere di fedelt (attualmente inteso nella pi ampia accezione di reciproca lealt e non pi ridotto alla mera sfera sessuale) ed al dovere di coabitazione. Questo per quanto riguarda i rapporti di tipo personale. Per i rapporti di tipo patrimoniale i reciproci doveri di contribuzione e mantenimento, emergono sotto due aspetti: 1. sul piano della valenza di eventuali accordi determinativi del contenuto dei doveri di reciproca contribuzione; 2. sulla possibilit, per i coniugi, di perfezionare accordi vincolanti in previsione di una crisi matrimoniale. Sul primo aspetto, va detto che eventuali accordi tra coniugi di natura negoziale sono leciti e possibili, ma come affermato da un autorevole studioso (E. Russo, il regime patrimoniale convenzionale. Le convenzioni di separazione dei beni, in Trenta anni dalla riforma del diritto di famiglia, a cura di Giampaolo Frezza, collana di studi diretta da Vincenzo lojacono, Giuffr editore, 2005, pag 65 e segg,) hanno una forza vincolante debole, perch sono soggetti al clausola implicita del rebus sic stantibus e perch comunque, possono essere messi in discussione qualora travalichino la soglia dellinderogabilit posta dallart. 160 c.c. Questi accordi, comunque, possono avere una loro valenza soprattutto, da un punto di vista fattuale, perch idonei a far emergere la volont reciproca dei coniugi in un determinato momento della loro vita coniugale. Per i secondi, gli accordi in previsione di una crisi matrimoniale, nonostante parte della dottrina (G. Oberto, Gli accordi preventivi sulla crisi coniugale, in http://www.geocities.com/CollegePark/Classroom/6218/famiglia.htm (5 maggio 2008) G. Oberto, i contratti di convivenza tra autonomia privata e modelli legislativi, in http://www.geocities.com/CollegePark/Classroom/6218/famiglia.htm (5 maggio 2008) abbia messo a nudo pi di unincongruenza dellattuale posizione della giurisprudenza, sono generalmente ritenuti nulli perch contrari allordine pubblico che non consente di disporre dello status di coniuge. Si ritiene, da parte della Suprema Corte, che un accordo al di fuori del giudizio di divorzio, rischierebbe di condizionare la libert di difesa di uno o dellaltro coniuge in sede di divorzio. Su questa linea, tuttavia, un indirizzo giurisprudenziale, con qualche forzatura concettuale ha ritenuto che i suddetti accordi possono essere impugnati dal solo coniuge debole (una sorta di nullit relativa di protezione) e non sono pi impugnabili dopo il giudizio di divorzio (una sorta di prescrizione dellazione di nullit). Fortemente critico su questo punto G. Oberto (op. cit.), studioso molto attento a queste problematiche, il quale non esita a qualificare la giurisprudenza dominante come altamente diseducativa, posto che questa finisce con il promuovere il principio secondo cui proprio tra coniugi, cio tra soggetti il cui rapporto dovrebbe essere caratterizzato dal massimo livello di affidamento 13 14. MARCO KROGH NOTAIO nel rispetto della parola data, in realt, pacta non sunt servanda. E dunque laccordo di separazione, faticosamente raggiunto dopo mesi (o anni) di trattative e obiettivamente inteso come solutorio dellintero complesso dei rapporti nati da ununione sbagliata, potr essere accettato da una delle parti con la riserva mentale di porre tutto nuovamente in discussione al momento del divorzio, cos spingendo, tra laltro, la prassi a rinvenire soluzioni al limite del lecito e comunque inutili o facilmente frustrabili, quali, ad esempio, il rilascio di garanzie, o la stipula di simulati contratti di mutuo, risolubili solo allatto della conclusione en souplesse della futura procedura di scioglimento del vicolo, e cos via. Unultima notazione, allinterno del regime patrimoniale primario, va fatta per ricondurre a giusta causa le dazioni a titolo gratuito che i coniugi nelle crisi matrimoniali effettuano a favore delluno o dellaltro ed a favore dei figli. Si tratta di negozi a titolo gratuito che trovano la loro ragione giustificatrice nelle finalit assistenzali, contributive e risarcitorie in stretta dipendenza con gli accordi presi dai coniugi nel concordare lindirizzo familiare. Sono dazioni che tendono a compensare laffidamento riposto da un coniuge sulla stabilit di un rapporto poi entrato in crisi. Sotto questaspetto, pu essere interessante indagare e chiedersi fin dove unelargizione, anche cospicua coperta dalla cd. causa familiare sopra menzionata e dove invece prospettabile un contenuto donativo (sia pure indiretto) soggetto alla norma di cui allart. 809 c.c. Norma questultima posta a presidio anche di interessi sottratti alla libera disponibilit dei coniugi. 1.6. LAUTONOMIA NEGOZIALE NELLE UNIONI DI FATTO Diverso il discorso per le unioni di fatto. Vanno, innanzitutto, distinti i rapporti personali dai rapporti patrimoniali, al fine di valutare la possibilit e la liceit per i conviventi di dettare norme dirette a regolamentare le proprie relazioni. Eventuali intese dirette a vincolare i conviventi ad un reciproco obbligo di fedelt, di coabitazione etc. sono ritenute, in genere, contrarie allordine pubblico in quanto limitative delle libert fondamentali costituzionalmente protette. Quando si discorre di contratto di convivenza non si designa laccordo con cui due persone si impegnano a convivere more uxorio Un Autore (G. Oberto, cit.) ritiene possibile una contrattualizzazione di questi doveri sotto forma di elargizioni premiali condizionate al rispetto del dovere imposto: Ti dar 100 se mi sarai fedele, ti dar 100 se tra tre anni coabiterai ancora con me. Sarebbe invece illecita una penale prevista dalle parti in caso di violazione dei medesimi doveri: Mi darai 100 se violerai il dovere di fedelt. In buona sostanza, secondo tale Autore, un evento - illecito se assunto come oggetto di un obbligo patrimonializzato mediante una penale -, pu, invece, rientrare nellarea della liceit, se dedotto in una condizione. Sul piano dei rapporti patrimoniali, i reciproci obblighi e doveri di contribuzione, mantenimento, collaborazione, assistenza materiale, trovano, allinterno dellordinamento giuridico, una tutela limitata, marginalizzata nellambito delle obbligazioni naturali che, come noto, da un lato, si limitano ad assicurare lirripetibilit della prestazione 14 15. MARCO KROGH NOTAIO effettuata e, da altro lato, limitano leffetto della soluti retentio a ci che rientra nei limiti di una funzione indennitaria e/o contributiva, non assicurando il medesimo effetto, ad esempio, a donazioni (nulle per difetto di forma) aventi ad oggetto immobili o somme considerevoli. La possibilit di trasformare lobbligo morale di contribuzione in un vero e proprio vincolo giuridico impedito dallimpossibilit di compiere un atto di ricognizione o di novazione partendo da unobbligazione naturale. Entrambi gli atti presuppongono lesistenza di una valida e vincolante obbligazione (G. Oberto, cit.). Una soluzione proposta da un Autore (G. Oberto, cit.) data dalla possibilit di dedurre in contratto secondo uno schema di prestazioni sinallagmatiche le reciproche pretese e doveri di contribuzione, superando, in tal modo il limite posto dallimpossibilit di novare unobbligazione naturale. Il contratto, infatti, ben pu avere una sua causa autonoma rispetto allobbligazione naturale sussistente tra le parti, anche se tramite esso i contraenti raggiungano ugualmente lo scopo di dare esecuzione al dovere morale o sociale. Il risultato pu essere ottenuto ponendo la prestazione oggetto dellobbligazione naturale in corrispondenza biunivoca con unaltra prestazione, di natura reale o obbligatoria, la quale a sua volta pu costituire oggetto di unaltra obbligazione naturale (per esempio, Tizio promette a Caio di adempiere nei suoi confronti unobbligazione prescritta, in cambio dellimpegno di Caio di saldare a Tizio la residua parte di un debito facente parte di un concordato fallimentare) (G. Oberto, cit.). Se il dovere di contribuzione avr un solo convivente obbligato, dovr, ovviamente utilizzarsi lo schema della donazione. Non essendo i conviventi non matrimonializzati vincolati dallart. 160 c.c. potranno eventualmente stabilire gli obblighi di contribuzione senza rispettare il dovere di proporzionalit stabilito nellart. 143 c.c. In altri termini sar possibile per i conviventi fissare misure fisse ed eventualmente uguali per entrambi i partners. LAutore citato (G. Oberto, cit.) tra le forme contrattuali utilizzabili per disciplinare queste ipotesi propone il mantenimento vitalizio, contratto con causa atipica che si distingue dalla rendita vitalizia per avere ad oggetto non una prestazione di danaro, ma una prestazione in natura, vitto, alloggio, assistenza materiale. Il mantenimento vitalizio, potr avere come controprestazione limpegno a svolgere lavoro domestico ovvero altra lecita controprestazione (sicuramente non lo scambio di favori sessuali) ovvero potr essere privo di controprestazione ed in questultimo caso dovr assumere la forma della donazione. Al mantenimento vitalizio potr essere apposta anche una clausola di durata coincidente con quella della convivenza. 1.7. LAUTONOMIA PRIVATA NEL REGIME SECONDARIO DELLA FAMIGLIA RIFIUTO DEL COACQUISTO CONVENZIONI DI SEPARAZIONE COMPLESSA 15 16. MARCO KROGH NOTAIO Abbandonando di nuovo il terreno delle unioni di fatto, per passare alla famiglia legittima interessante verificare come pu esplicarsi lautonomia privata dei coniugi allinterno del regime patrimoniale secondario. Come noto, il Legislatore ha previsto come regime che meglio di altri in grado di realizzare gli obiettivi di eguaglianza, pari dignit dei coniugi ed equiparazione del lavoro domestico rispetto a quello svolto allesterno della famiglia, il regime della comunione legale dei beni. In base al quale la ricchezza acquisita durante il matrimonio redistribuita in base alleffetto automatico previsto dallart. 177 lett. a) c.c. Va ricordato che, sebbene in via tendenziale, il suddetto regime sia considerato lo strumento pi diretto per la realizzazione delle finalit evidenziate, altrettanto vero che ladempimento dei doveri familiari reciproci, anche di natura patrimoniale, pu avvenire anche al di fuori del paradigma della comunione legale dei beni. Una redistribuzione perequativa ella ricchezza acquistata durante il matrimonio comunque assicurata dalle norme che regolano gli aspetti patrimoniali in caso di crisi del matrimonio e le norme successorie. Un Autore (A. Fusaro relazione dal titolo "Systems of community property and separation of ownership", tenuto a Brisbane nei giorni 9-13.7.2000, riportata su Rivista di diritto civile, CEDAM, II,99) ha notato che tra i sistemi in cui vige come regola il regime della separazione dei beni ed i sistemi in cui vige il sistema della comunione dei beni il punto di convergenza nella equa distribuzione della ricchezza acquistata dai coniugi durante il matrimonio si pu ravvisare nel diverso momento in cui avviene la perequazione dei beni tra i coniugi stessi. Al momento dellacquisto dei beni, nei regimi in cui sussiste la comunione legale, al momento della cessazione del matrimonio, negli ordinamenti che privilegiano il regime della separazione dei beni, risolvendosi, sotto certi aspetti, la differenza tra luno e laltro sistema nelle norme di amministrazione dei beni stessi. Peraltro, negli ordinamenti in cui prevale il regime della comunione difficilmente essa ha carattere universale. Nel nostro ordinamento, come noto, la comunione legale riguarda solo i beni acquistati in costanza di matrimonio ed esclude, tutta una serie di beni elencati nellart. 179 del codice civile, in ragione del titolo dacquisto (successione, donazione) ovvero in ragione della finalit del bene diretta a soddisfare necessit strettamente personali di un coniuge, ovvero perch diretti a compensare la perdita della capacit lavorativa di un coniuge, ovvero perch destinati alla professione del coniuge, ovvero perch acquistati con il provento o lo scambio di beni personali. Per i beni destinati allesercizio dellimpresa di uno dei coniugi lart. 178 c.c. prevede una disciplina speciale (la cd. comunione de residuo) che tende ad armonizzare lesigenze dellimpresa con le aspettative del coniuge non imprenditore. Linsieme delle regole che disciplinano la comunione legale appare estremamente rigoroso e poco flessibile, soprattutto per le vicende che riguardano la circolazione dei beni immobili. 16 17. MARCO KROGH NOTAIO Ci dovuto, come evidenziato nelle pi recenti sentenze della Suprema Corte, (la n. 2954 del 27 febbraio 2003, la n. 19250 del 2004, la n. 18619 del 2003) allesigenza di tutelare laffidamento dei terzi in un sistema dominato dalla pubblicit legale. Come ulteriore argomento, tendente a limitare lautonomia privata dei coniugi, nellambito del regime della comunione legale si affermato che i regimi tra i coniugi hanno essenzialmente contenuto programmatico e non dispositivo, essendo diretti a regolamentare i futuri acquisti che saranno compiuti dai coniugi, insieme o separatamente (E. Russo, cit, e cass. n.2954/2003). Detto argomento stato utilizzato dalla Suprema Corte per disconoscere validit al rifiuto del coacquisto di un coniuge in regime di comunione legale dei beni. Sul rifiuto del coacquisto interessante tracciare, brevemente, gli indirizzi giurisprudenziali che si sono avvicendati nel tempo. Con la sentenza n.2688 del 2 giugno 1989, la Cassazione afferma la validit del rifiuto del coacquisto da parte del coniuge non acquirente al fine di evitare la caduta del bene in comunione. Consente, in altri termini, una deroga al disposto dellart. 177 lett. a) c.c., secondo cui tutti gli acquisti compiuti dai due coniugi insieme o separatamente durante il matrimonio sono oggetto della comunione (salvo i beni personali). Una norma questa che sembra attribuire una forza gravitazionale fortissima al regime della comunione legale dei beni, tale da attrarre allinterno di essa tutti i beni che in qualche modo accrescono il valore del patrimonio familiare, con le sole eccezioni dei beni personali. La Cassazione, al contrario con questa sentenza attribuisce al coniuge non interessato alla caduta in comunione legale di un bene, la facolt di rendere una dichiarazione negoziale dismissiva (una rinunzia allacquisto). Vengono espressamente ritenuti prevalenti dalla Suprema Corte i seguenti principi: 1. Nessuno, neppure un coniuge in comunione legale dei beni, pu essere costretto contro la sua volont ad acquistare un diritto, ci in omaggio al principio generalmente osservato dallordinamento secondo cui nemo locupletari potest invito; 2. Esso sarebbe pienamente lecito, in quanto lart.2647 c.c. prevede che i coniugi deroghino, con apposita convenzione in forma pubblica, parzialmente alla disciplina della comunione legale. Non vi alcuna ragione, quindi, per escludere che un coniuge possa consentire allaltro di procedere ad un determinato acquisto a titolo personale, sempre che tale consenso sia espresso nel medesimo atto con il quale si opera lacquisto e che, per questo atto venga adottata la forma dellatto pubblico. In effetti queste ultime considerazioni, per quanto possano essere condivisibili sul piano sostanziale degli effetti, non risolvono un problema altrettanto fondamentale relativo alla circolazione dei beni immobili, ossia quello della pubblicit legale. 17 18. MARCO KROGH NOTAIO Infatti, come noto, lopponibilit ai terzi di un regime patrimoniale diverso dalla comunione legale possibile solo se annotato a margine dellatto di matrimonio. Ci sarebbe da domandarsi, seguendo questo indirizzo giurisprudenziale, se, in queste ipotesi di deviazione una tantum dalla disciplina della comunione legale, ci troviamo di fronte ad una nuova convenzione matrimoniale regolamentata in tutto dalle norme della comunione legale con leccezione del singolo bene dedotto in contratto che non si vuol far rientrare in comunione legale ovvero ad uninterpretazione di tipo sistematico delle norme della comunione legale. Nel primo caso, mi sembra coerente concludere che la relativa convenzione, ai fini dellopponibilit ai terzi, debba essere annotata a margine dellatto di matrimonio, nel secondo caso, invece, mi sembra che non sia necessaria n la presenza dei testimoni, n latto pubblico trovandoci al di fuori di una modifica al regime patrimoniale dei coniugi. Questo aspetto evidenzia una problematica di carattere pi generale legata alla pubblicit legale delle convenzioni matrimoniali che viene ad incidere in modo marcato con la circolazione dei beni immobili: in tutte le ipotesi in cui non ci sia un allineamento tra le risultanze dellatto di matrimonio e leffettivo regime patrimoniale, il bene circola con efficacia diversa nei rapporti tra i coniugi e rispetto ai terzi, rispetto ai primi vale leffettivo regime patrimoniale, per i terzi vale invece il regime patrimoniale che appare allesterno sulla base delle risultanze dellatto di matrimonio. Tornando alla panoramica degli indirizzi giurisprudenziali, la Cassazione spingendo ulteriormente in avanti il ragionamento contenuto nella sentenza di riconoscimento del rifiuto del coacquisto, con la sentenza n.7437 del 18 agosto 1994, aggiunge un ulteriore elemento a tale indirizzo, affermando che lacquisto di un immobile pu essere escluso dalla comunione legale, anche al di fuori delle ipotesi previste dallart. 179 c.c. purch lacquisto avvenga mediante utilizzo di denaro proveniente dal proprio lavoro o, pi genericamente, personale. Unaltra deroga, dunque, al disposto dellart. 177 lett. a) , questa volta fondata non sullinteresse del coniuge che rifiuta larricchimento, ma su unestensione della tutela dellinteresse del coniuge che intende procedere allacquisto escludendo laltro coniuge. Nella suindicata sentenza viene espressamente affermato che il disposto dellart.179 lett.f) c.c., che prevede lesclusione dei beni dalla comunione legale nel caso in cui sia utilizzato quale prezzo di acquisto danaro proveniente dalla vendita di beni personali, pu essere applicato analogicamente, ai sensi dellart. 12 comma 2 delle preleggi, ricorrendo identit di ratio, anche nellipotesi in cui il danaro utilizzato sia stato acquisito per donazione, per successione o anche perch frutto del proprio lavoro La portata di queste due sentenze effettivamente dirompente nel sistema della comunione legale. Ancor pi dirompente se accompagnata da tutta una serie di pronunciati che, qualificano come meramente facoltativa e surrogabile la dichiarazione prevista dallultimo comma dellart. 179 c.c. da parte del coniuge escluso. In questi pronunciati si pu cogliere il momento di massima espansione del rilievo dato allautonomia negoziale dei coniugi allinterno del regime della comunione legale. In 18 19. MARCO KROGH NOTAIO altri termini, allinterno della comunione legale, il meccanismo previsto dallart. 177 lett. a) non avrebbe un ruolo fondamentale, ma solo programmatico e derogabile dalla volont dei coniugi, sia in modo diretto che indiretto. Portando alle estreme conseguenze questo indirizzo, un coniuge potrebbe acquistare un immobile, utilizzando danaro proveniente dalla propria attivit lavorativa ovvero da un finanziamento personale, escludendo il bene stesso dalla comunione legale, anche allinsaputa del coniuge escluso. Effettivamente la portata di queste sentenze riduceva ai minimi termini il significato della comunione legale, trasformandola da regime patrimoniale con regole tassative in regime patrimoniale contenente un programma di massima, estremamente flessibile e suscettibile di continui adattamenti in progress. Le soluzioni per quanto coerenti con i principi sistematici rischiavano di sgretolare il significato stesso di regime patrimoniale programmatico tra coniugi e creare non pochi problemi legati al regime di pubblicit legale nella circolazione dei beni immobili. In buona sostanza, lassoggettamento o meno di un singolo bene al regime della comunione legale sarebbe legato non ad indici sicuri (annotazione a margine dellatto di matrimonio e ricorrenza o non ricorrenza delle fattispecie previste dallart. 178 e 179 c.c.) ma alla volont dei singoli coniugi di volta in volta riscontrabile, in modo pi o meno evidente allinterno dellatto di acquisto. Al contrario le obiezioni mosse a tale impostazione si muovono allinterno di una visione della famiglia e del regime patrimoniale della comunione legale, caratterizzati da una importanza sociale che determina vincoli di indisponibilit sottratti allautonomia contrattuale dei coniugi; questi possono operare le loro scelte entro i limiti tracciati dal Legislatore, non trovando tutela gli interessi del singolo coniuge se non nella misura in cui corrispondono a valori espressamente considerati meritevoli di tutela allinterno degli schemi precostituiti. Superando questo originario indirizzo la Cassazione, nelle pi recenti sentenze, riconoscendo un ruolo fondamentale alla comunione legale negli obiettivi della riforma, ha affermato: 1. in primo luogo, con la sentenza n.9355 del 23 settembre 1997 , che i beni acquistati con i proventi dell'attivit separata di uno dei coniugi entrano immediatamente e di pieno diritto a far parte della comunione, senza che sia possibile escluderli mediante la dichiarazione prevista dall'art. 179, lett. f) c.c., applicabile soltanto all'acquisto effettuato mediante utilizzo dei proventi della vendita di beni personali (sentenza che per faceva riferimento allacquisto di azioni). Questo indirizzo riaffermato anche nella recentissima sentenza emessa dalla Cassazione sul punto (la 1197 del 20 gennaio 2006) la quale ha ribadito due principi: innanzitutto che lacquisto di un bene (nel caso di specie dei fondi patrimoniali) escluso dalla comunione legale qualora ci sia certezza che il danaro utilizzato sia provento della vendita di beni personali, pur in assenza di una espressa dichiarazione in tal senso nellatto, operandosi, quindi una surrogazione 19 20. MARCO KROGH NOTAIO reale tra i due beni; inoltre, che il danaro ricavato dalla vendita di beni personali non perde tale sua connotazione anche nel caso in cui sia depositato sul conto corrente appartenente ad entrambi i coniugi, non operandosi alcuna trasformazione del diritto esclusivo di un coniuge su una determinata somma di danaro, che pu definirsi targata, in diritto di credito rispetto al saldo di conto corrente che, ipoteticamente e con le precisazioni gi esposte, potrebbe farsi rientrare nella vis attractiva della comunione legale. 2. In secondo luogo, con la sentenza n.2954 del 27 febbraio 2003 (emessa nello stesso solco tracciato dalle precedenti sentenze n.1917 del 2000 e n.1556 del 1993) si afferma, da parte della Cassazione che, nellambito della comunione legale, lart.179 c.c. si pone come norma eccezionale, che consente lesclusione dalla comunione legale, di alcuni beni tassativamente indicati, nel solo caso in cui ricorrano tutti i presupposti oggettivi previsti dalla norma stessa. Una deroga consentita ai coniugi esclusivamente attraverso la stipulazione di una convenzione matrimoniale, nel rispetto dei requisiti di forma e di sostanza previsti dagli artt. 161 e 210 del codice civile (atto pubblico, irrinunciabilit ai testimoni, presenza personale dei coniugi, indicazione specifica e concreta dei patti con i quali intendono regolare i loro rapporti). Peraltro, la convenzione matrimoniale potr avere un contenuto cd. programmatico, cio riferito a categorie di beni, non essendo possibile, secondo questo indirizzo, la stipulazione di convenzioni matrimoniali che abbiano ad oggetto singoli beni, le cd. convenzioni matrimoniali dispositive (inclusive o esclusive). Questultimo orientamento stato oggetto di critiche, anche condivisibili, da parte della dottrina che ha ritenuto eccessivamente restrittiva la posizione della Cassazione ed in parte contraddittoria. Come gi accennato in precedenza, non pu trascurarsi che le norme che regolano il regime patrimoniale secondario sono norme derogabili.. I limiti richiesti dalle norme in materia (artt.159, 161 e 210 del c.c.) attengono al rispetto delle forma e di alcuni principi ritenuti inderogabili, tra questi nulla previsto relativamente allimpossibilit di stipulare convenzioni matrimoniali cd. dispositive, riguardanti cio il regime giuridico di singoli beni. Tra laltro, i coniugi potrebbero, comunque, pervenire allo stesso risultato non in modo diretto ma attraverso un percorso segmentato, formato da pi atti giuridici. Non sembra, dunque, che ci siano validi motivi ostativi a ritenere meritevole di tutela linteresse dei coniugi a dare una regolamentazione diversa a singoli beni, allinterno dello schema pi generale della comunione legale, il problema sembra pi legato al regime di pubblicit cui assoggettare questo tipo di regolamentazione speciale di singoli beni, deviante rispetto al regime ordinario (F. Bocchini, cit.). In realt lanomalia della comunione legale da ricercarsi proprio in questa rigidit di sistema che tuttavia le parti possono nella sua totalit disattendere scegliendo il regime 20 21. MARCO KROGH NOTAIO della separazione dei beni che, a ben vedere, non un vero e proprio regime patrimoniale, ma la scelta di avvalersi delle norme di diritto comune nelle vicende acquisitive della ricchezza da parte dei coniugi nel corso della vita matrimoniale. Accanto a queste due scelte estreme, il codice civile consente alcune deroghe al regime della comunione legale, secondo la disciplina prevista dallart. 210 del c.c. che tuttavia non sembra, almeno nella pratica, abbia riscosso particolare successo, soprattutto per la marginalit delle opportunit offerte ai coniugi. Invero, il regime previsto dallart. 210 del c.c. non consente di superare lautomatismo previsto dallart. 177, in quanto non sono derogabili le norme della comunione legale relative allamministrazione dei beni ed alluguaglianza delle quote limitatamente ai beni che formerebbero oggetto della comunione. Inoltre, non possibile includere tra i beni della comunione, quelli che sono considerati personali ai sensi dellart. 179 lett. c), d) ed e): si tratta di beni che attengono intimamente alla sfera personale dellindividuo ed alla sua dignit e, sotto questaspetto, non possono essere oggetto di condivisione nemmeno con il proprio coniuge. La comunione convenzionale, esclusa anche la possibilit di includere i beni che possono provenire da future successioni ereditarie a favore di uno dei coniugi, perch in contrasto con il divieto dei patti successori, resta limitata allinclusione, nella comunione convenzionale, dei beni di provenienza donativa e dei beni di cui uno dei coniugi era titolare i epoca antecedente al matrimonio. Altra possibilit di deroga al regime della comunione legale (o convenzionale) ed al regime della separazione dei beni costituita dalla possibilit, offerta dallart. 161 c.c. agli sposi, di regolare i propri rapporti patrimoniali in base a leggi straniere o agli usi. In questo caso le relative norme devono essere riportate in modo specifico per esigenze dinformazione dei coniugi e dei terzi. Le disposizioni della legge straniera o gli usi dovranno, inoltre, non essere contrarie allordine pubblico interno e, segnatamente, ai doveri inderogabili disposti negli artt. 143, 144 e 147 del c.c. Discussa la possibilit da parte dei coniugi di regolamentare liberamente i propri rapporti al di fuori di queste ipotesi tipizzate. La dottrina pi attenta allevoluzione dei costumi ed alle problematiche nascenti da unapplicazione eccessivamente rigida delle norme sulla comunione legale orientata a ritenere che i coniugi possano esplicare in modo pi esteso la propria autonomia privata (S. Patti, Diritto Privato e codificazioni europee, Giuffr editore, Milano 2004, pag.133 e segg. e E. Russo, cit.). In particolare un Autore (E. Russo, cit.) ha approfondito la possibilit per i coniugi di adottare convenzioni matrimoniali di separazione complesse allinterno delle quali sia, in modo espresso dichiarato lintento delle parti di non accettare il regime della comunione (n legale, n convenzionale per evitare gli automatismi di cui allart. 177 richiamato dallart. 210) ed i cui acquisti durante il matrimonio siano disciplinati secondo norme diverse da quelle previste nel regime della comunione legale quali, ad esempio, la 21 22. MARCO KROGH NOTAIO possibilit di prevedere acquisti con quote determinate nella immediata titolarit di ciascun coniuge e non secondo lo schema della comunione senza quote ovvero acquisti di diritti diversi a favore di ciascun coniuge (nuda propriet per uno ed usufrutto per laltro) etc.. Non sembra che sussistano seri ostacoli allautonomia privata, laddove non sono in discussione principi inderogabili sui quali si fonda la famiglia legittima e sempre che siano salvaguardato laffidamento dei terzi, soprattutto nella circolazione dei beni immobili. Come gi accennato in precedenza, ben diversa la soluzione da dare in ordine alla astratta possibilit per una coppia di conviventi di regolamentare con una convenzione di tipo programmatico la distribuzione della ricchezza acquisita da un partner durante la convivenza, tenuto conto del divieto generale posto dallart. 771 c.c. relativamente alle donazioni di beni futuri ed allimpossibilit di ricondurre gli automatismi di un regime analogo a quello della comunione legale allinterno della logica delle obbligazioni naturali, tenuto conto che lunico effetto che discende da queste la soluti retentio, mentre nel nostro caso si avrebbe una promessa di prestazione sicuramente non rientrante nel regime delle obbligazioni naturali. Maggio 2008 22