Regolamento (UE)N. 330/2010 della commissione del 20 Aprile 2010

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REGOLAMENTO (UE) N. 330/2010 DELLA COMMISSIONEDEL 20 APRILE 2010

RELATIVO ALL’APPLICAZIONE DELL’ARTICOLO 101, PARAGRAFO 3, DEL TRATTATO SUL FUNZIONAMENTO DELL’UNIONE EUROPEA A CATEGORIE

DI ACCORDI VERTICALI E PRATICHE CONCORDATE

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A seguito dell’emanazione del nuovo regolamento di esenzione per categoria adottato dalla Commissione Europea (Reg. 330/2010 in Gazzetta Ufficiale L142 del 23 aprile 2010) relativo agli accordi verticali, affrontiamo il tema del divieto di rivendita online imposto da un produttore/fornitore ai propri distributori -grossisti/rivenditori al dettaglio e della sua validità.

In primis è importante definire l’ambito di applicazione del Regolamento.

Infatti, con “accordi verticali” si devono intendere quegli accordi conclusi tra due o più imprese operanti ciascuna – ai fini dell’accordo - ad un livello differente della catena di produzione o distribuzione e che si riferiscono alle condizioni in base alle quali le parti possono acquistare, vendere o rivendere determinati beni o servizi.

Rientrano, quindi, nella definizione di “accordi verticali” gli accordi di fornitura e di distribuzione quali, ad esempio, quelli tra produttori e venditori all’ingrosso o al dettaglio (wholesaler o retailer).

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Le disposizioni del nuovo Regolamento, che è entrato in vigore il 1° giugno 2010 e sarà valido fino al 2022, devono essere lette in con le linee direttrici pubblicate in data 20 aprile 2010 sul sito della Direzione Generale della Concorrenza.

E’ importante evidenziare che, già nella conferenza del 20 aprile 2010, il Vice Presidente della Commissione Europea ha definito questo regolamento come “internet friendly” posto che viene limitata la possibilità per i produttori di restringere le vendite online e posto che nel Regolamento sono stati inseriti particolari e particolareggiati esempi di restrizioni gravemente anticoncorrenziali che comporterebbero la non applicazione del regolamento generale di esenzione.

Durante la conferenza, infatti, si è dichiarato come la revisione del Regolamento sia stata dettata dall’aumento delle vendite online e dalla necessità di consentire la promozione delle vendite transfrontaliere, che consentono ai consumatori di trovare il miglior prodotto possibile al prezzo più concorrenziale.

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In particolare, l’articolo 4 del Regolamento 330/2010 prevede che l’esenzione di cui all’articolo 2 del Regolamento medesimo non si applichi – inter alia - agli accordi verticali che, direttamente o indirettamente, abbiano per oggetto la restrizione relativa al territorio in cui, o ai clienti ai quali, l’acquirente che è parte contraente dell’accordo può vendere i beni o i servizi oggetto del contratto.

Vengono però evidenziate quattro eccezioni a detta regola, espressamente indicate nelle linee direttrici. Tra queste rileva – nel caso di specie - quella indicata nella lettera b) punto i),secondo la quale è possibile, per un fornitore/produttore, imporre delle restrizione delle vendite attive nel territorio esclusivo o alla clientela esclusiva riservati al fornitore o da questo attribuiti ad un altro acquirente, laddove tale restrizione non limiti le vendite da parte dei clienti dell’acquirente.

Questa protezione, in un sistema di distribuzione esclusiva, deve in ogni caso consentire le vendite passive nei territori e/o a quei clienti che sono stati concessi in esclusiva a soggetti terzi.

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Con vendite passive devono intendersi – secondo le linee direttrici – “la risposta ad ordini non sollecitati di singoli clienti, incluse la consegna di beni o la prestazione di servizi a tali clienti. Sono vendite passive le azioni pubblicitarie o promozioni di portata generale che raggiungano clienti all’interno dei territori (esclusivi) o dei gruppi di clienti (esclusivi) di altri distributori, ma che costituiscano un modo ragionevole per raggiungere clienti al di fuori di tali territori o gruppi di clienti, ad esempio per raggiungere clienti all’interno del proprio territorio. Le azioni pubblicitarie o promozioni di portata generale sono considerate un modo ragionevole per raggiungere tali clienti se è interessante per l’acquirente attuare tali investimenti anche se non raggiungono clienti all’interno del territorio (esclusivo) o del gruppo di clienti (esclusivo) di altri distributori.”

Generalmente, quindi, l’esistenza di un sito internet deve considerarsi una forma di vendita passiva e come tale non se ne potrebbe – in linea generale - limitare l’utilizzo.

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Tra gli esempi delle restrizioni che non trovano esenzione e che possono – in linea di massima - essere considerate come lesive della concorrenza evidenziamo le intese tra produttore (o fornitore) e distributore (o rivenditore al dettaglio) che comportano

1. un accordo per il quale il distributore (esclusivo) non può far visualizzare il proprio sito a clienti/consumatori di altro territorio concesso in esclusiva a terzi e per il quale sia previsto re indirizzamento automatico dei clienti/consumatori verso il sito Internet del produttore o di altri distributori (esclusivi);

2. un accordo con cui il distributore (esclusivo) interrompa le transazioni via Internet una volta accertato che l’indirizzo del consumatore non si trova nel territorio (esclusivo) del distributore;

3. un accordo con cui il distributore limiti la proporzione delle vendite complessive fatte via Internet;

4. un accordo con cui il distributore paghi un prezzo più elevato per i prodotti destinati ad essere rivenduti on-line.

Si rileva comunque che, nonostante tale apertura al canale online e al generico divieto di imporre restrizioni alle vendite tramite detto canale, vi sono degli strumenti utilizzabili dal produttore/fornitore per mantenere una sorta di controllo sulle rivendite dei propri prodotti.

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Per quanto riguarda, invece, i sistemi di distribuzione selettiva, il Regolamento prevede che le esenzioni non si applichino non solo alle vendite passive – nelle quali a buon titolo si possono ritenere ricomprese le vendite online – ma altresì alle vendite attive “verso i consumatori finali da parte di membri di detto sistema di distribuzione selettiva operanti nel commercio al dettaglio, fatta salva la possibilità di proibire ad un membro di tale sistema di svolgere la propria attività in un luogo di stabilimento non autorizzato”.

Ciò significa che ai rivenditori operanti in un sistema di distribuzione selettiva non possono essere imposte restrizioni riguardo agli utenti o agli agenti incaricati di tali acquisti per conto degli utenti, ai quali essi possono vendere, tranne per proteggere un sistema di distribuzione esclusiva gestito altrove.

All’interno di un sistema di distribuzione selettiva il rivenditore dovrebbe essere libero di vendere, in modo sia attivo che passivo a tutti gli utenti finali, anche mediante Internet.

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In conclusione, nonostante questa apertura verso il mondo internet sembri impedire un controllo da parte del produttore/fornitore sulla distribuzione dei propri prodotti; non di meno sono consentite forme di tutela al produttore, affinché le vendite online possano essere limitate, non rappresentando il Regolamento uno strumento che consenta vendite online tout court.

La Commissione, proprio nelle linee direttrici, considera restrizione fondamentale qualsiasi obbligo che impedisce ai rivenditori designati l’utilizzo di Internet per raggiungere clienti più numerosi e differenziati imponendo criteri per le vendite on-line che non sono nel complesso equivalenti a quelli imposti presso un punto vendita «non virtuale».

In ogni caso, anche nell’ipotesi di distribuzione selettiva, il produttore/fornitore può richiedere determinati livelli di distribuzione e caratteristiche di vendita che preservino il prestigio del proprio prodotto. Tra questi, ad esempio, si evidenzia la possibilità, per impedire le vendite a distributori non autorizzati, di richiedere ai propri distributori selezionati di non vendere ad un singolo utente finale più di un determinato quantitativo di prodotti.