Registro delle lezioni di Analisi Matematica 1 - a.a. 2005 ... · proprieta’ della somma: S1) ......

25
Registro delle lezioni di Analisi Matematica 1 - a.a. 2005/06 Corso di Laurea in Ingegneria Informatica Aggiornamento degli appunti: 28/10/05 Chiunque trovi errori in questi appunti e’ pregato di segnalarmelo; fa un favore a me e soprattutto ai suoi compagni. Martedi 20 settembre 2005 - tre ore Il sistema numerico sul quale si basa l’analisi matematica oggetto del corso e’ l’insieme R dei numeri reali. Ricordiamo che insiemi numerici che storicamente precedono l’introduzione dei numeri reali sono i numeri naturali, gli interi relativi e i razionali. L’insieme dei numeri naturali e’ N = {0, 1, 2...} cioe’ l’insieme dei numeri interi positivi e dello zero 1 . I numeri naturali sono i primi numeri costruiti nell’antichita’ (a dire il vero senza lo zero che viene capito solo molto dopo). Per esigenze di calcolo e di misurazione di grandezze e’ necessario considerare anche numeri interi negativi. Abbiamo quindi l’insieme Z = {0, +1, -1, +2, -2, ...} detto insieme dei numeri relativi. In Z e’ sempre possibile effettuare la sottrazione di due numeri, cosa non sempre possibile in N, ma non sempre la divisione di due numeri interi e’ un numero intero, cioe’ non e’ ben definita una divisione in Z. Introduciamo allora un ulteriore ampliamento e cioe’ l’insieme dei numeri razionali Q = m n : m, n Z, m, n primi tra loro,n =0 . L’utilita’ dei numeri razionali e’ chiaramente visibile. La divisione tra due numeri razionali e’ infatti sempre possibile, purche’ il divisore non sia zero e inoltre e’ evidente la necessita’ di poter misurare grandezze con quantita’ frazionarie rispetto a unita’ di misura fissate. Q potrebbe costituire un insieme numerico su cui fondare un’analisi matematica. Ha notevoli proprieta’, ma anche un limite, un ”difetto” sul quale torneremo tra poco. In Q sono ben definite due operazioni: addizione (o somma )e moltiplicazione (o prodotto ) che godono delle seguenti proprieta’: proprieta’ della somma: S1) Proprieta’ commutativa : a, b Q, a + b = b + a; S2) Proprieta’ associativa : a, b, c Q,(a + b)+ c = a +(b + c); S3) Esistenza dell’elemento neutro : a Q, a +0= a e 0 e’ detto elemento neutro della somma; S4) Esistenza dell’opposto : a Q esiste un elemento di Q, -a, detto opposto di a, tale che a +(-a)=0 (a +(-a) = 0 si puo’ scrivere piu’ semplicemente a - a = 0). Analogamente abbiamo alcune proprieta’ del prodotto: P1) Proprieta’ commutativa : a, b Q, ab = ba; P2) Proprieta’ associativa : a, b, c Q,(ab)c = a(bc); P3) Esistenza dell’elemento neutro : a Q, a · 1= a e 1 e’ detto elemento neutro del prodotto 2 ; P4) Esistenza del reciproco : a Q, a = 0, esiste un elemento di Q,1/a tale che a · 1/a = 1. Esiste anche una importante proprieta’ che collega le due operazioni ed e’ la proprieta’ distributiva del prodotto rispetto alla somma: a, b, c Q, (a + b)c = ac + bc. Le proprieta’ precedenti sono ben note (o almeno dovrebbero esserlo!) e le incontriamo progressivamente fin dalle scuole elementari. Di esse, cosi’ come di ogni affermazione matematica che non sia un assioma o una definizione, si puo’ e si deve dare una dimostrazione rigorosa, in questo caso basata su come i numeri razionali sono costruiti. Per mancanza di tempo non lo faremo e accettiamo per buone le proprieta’. I numeri razionali hanno anche un ordinamento, cioe’ un criterio che ci permette di dire, dati a, b Q, se a e’ maggiore o uguale a b o viceversa. L’ordinamento e’ legato alle operazioni di somma e prodotto da alcune proprieta. Vediamo le due principali: 1 Alcuni testi non inseriscono lo zero fra i numeri naturali. 2 Il prodotto puo’ essere o meno indicato con il simbolo ”·”. 1

Transcript of Registro delle lezioni di Analisi Matematica 1 - a.a. 2005 ... · proprieta’ della somma: S1) ......

Page 1: Registro delle lezioni di Analisi Matematica 1 - a.a. 2005 ... · proprieta’ della somma: S1) ... Dati due numeri reali a e b, ... Infatti se E e’ l’insieme dei razionali il

Registro delle lezioni di Analisi Matematica 1 - a.a. 2005/06Corso di Laurea in Ingegneria Informatica

Aggiornamento degli appunti: 28/10/05Chiunque trovi errori in questi appunti e’ pregato di segnalarmelo; fa un favore a me e soprattuttoai suoi compagni.

Martedi 20 settembre 2005 - tre ore

Il sistema numerico sul quale si basa l’analisi matematica oggetto del corso e’ l’insieme R dei numeri reali.Ricordiamo che insiemi numerici che storicamente precedono l’introduzione dei numeri reali sono i numeri

naturali, gli interi relativi e i razionali. L’insieme dei numeri naturali e’ N = {0, 1, 2...} cioe’ l’insieme dei numeriinteri positivi e dello zero1. I numeri naturali sono i primi numeri costruiti nell’antichita’ (a dire il vero senzalo zero che viene capito solo molto dopo). Per esigenze di calcolo e di misurazione di grandezze e’ necessarioconsiderare anche numeri interi negativi. Abbiamo quindi l’insieme Z = {0,+1,−1,+2,−2, ...} detto insieme deinumeri relativi. In Z e’ sempre possibile effettuare la sottrazione di due numeri, cosa non sempre possibile in N,ma non sempre la divisione di due numeri interi e’ un numero intero, cioe’ non e’ ben definita una divisione in Z.

Introduciamo allora un ulteriore ampliamento e cioe’ l’insieme dei numeri razionali

Q ={m

n: m,n ∈ Z,m, n primi tra loro, n 6= 0

}.

L’utilita’ dei numeri razionali e’ chiaramente visibile. La divisione tra due numeri razionali e’ infatti semprepossibile, purche’ il divisore non sia zero e inoltre e’ evidente la necessita’ di poter misurare grandezze con quantita’frazionarie rispetto a unita’ di misura fissate.

Q potrebbe costituire un insieme numerico su cui fondare un’analisi matematica. Ha notevoli proprieta’, maanche un limite, un ”difetto” sul quale torneremo tra poco. In Q sono ben definite due operazioni: addizione (osomma) e moltiplicazione (o prodotto) che godono delle seguenti proprieta’:proprieta’ della somma:

S1) Proprieta’ commutativa: ∀a, b ∈ Q, a + b = b + a;

S2) Proprieta’ associativa: ∀a, b, c ∈ Q, (a + b) + c = a + (b + c);

S3) Esistenza dell’elemento neutro: ∀a ∈ Q, a + 0 = a e 0 e’ detto elemento neutro della somma;

S4) Esistenza dell’opposto: ∀a ∈ Q esiste un elemento di Q, −a, detto opposto di a, tale che a + (−a) = 0(a + (−a) = 0 si puo’ scrivere piu’ semplicemente a− a = 0).

Analogamente abbiamo alcune proprieta’ del prodotto:

P1) Proprieta’ commutativa: ∀a, b ∈ Q, ab = ba;

P2) Proprieta’ associativa: ∀a, b, c ∈ Q, (ab)c = a(bc);

P3) Esistenza dell’elemento neutro: ∀a ∈ Q, a · 1 = a e 1 e’ detto elemento neutro del prodotto2;

P4) Esistenza del reciproco: ∀a ∈ Q, a 6= 0, esiste un elemento di Q, 1/a tale che a · 1/a = 1.

Esiste anche una importante proprieta’ che collega le due operazioni ed e’ la proprieta’ distributiva del prodottorispetto alla somma:∀a, b, c ∈ Q, (a + b)c = ac + bc.

Le proprieta’ precedenti sono ben note (o almeno dovrebbero esserlo!) e le incontriamo progressivamente fin dallescuole elementari. Di esse, cosi’ come di ogni affermazione matematica che non sia un assioma o una definizione,si puo’ e si deve dare una dimostrazione rigorosa, in questo caso basata su come i numeri razionali sono costruiti.Per mancanza di tempo non lo faremo e accettiamo per buone le proprieta’.

I numeri razionali hanno anche un ordinamento, cioe’ un criterio che ci permette di dire, dati a, b ∈ Q, se a e’maggiore o uguale a b o viceversa. L’ordinamento e’ legato alle operazioni di somma e prodotto da alcune proprieta.Vediamo le due principali:

1Alcuni testi non inseriscono lo zero fra i numeri naturali.2Il prodotto puo’ essere o meno indicato con il simbolo ”·”.

1

Page 2: Registro delle lezioni di Analisi Matematica 1 - a.a. 2005 ... · proprieta’ della somma: S1) ... Dati due numeri reali a e b, ... Infatti se E e’ l’insieme dei razionali il

O1) ∀a, b, c ∈ Q, se a ≤ b, allora a + c ≤ b + c;

O2) ∀a, b, c ∈ Q, con c > 0, se a ≤ b, allora ac ≤ bc.

Torniamo a quel ”difetto” dei numeri razionali, gia’ scoperto dalla scuola pitagorica (IV sec. a.C.) che poneva ilnumero e non la geometria (come invece la successiva scuola euclidea) a fondamento della conoscenza metematica.Il problema e’ il seguente: se abbiamo un quadrato di lato 1, la sua diagonale d non e’ un numero razionale. Inaltre parole, con i numeri razionali non siamo in grado di misurare la diagonale dl quadrato di lato 1. Vediamoperche’. Se applichiamo il teorema di Pitagora al quadrato abbiamo d2 = 2. Dimostriamo che:

– non esiste nessun numero razionale il cui quadrato e’ uguale a 2.

Dimostriamolo per assurdo. Supponiamo che esista un numero d = m/n, con m ed n interi e primi fra loro, taleche d2 = 2. Abbiamo d2 = m2/n2 = 2, cioe’ m2 = 2n2. Questo ci dice che m2 e’ un numero pari, perche’ e’divisibile per 2, e quindi anche m e’ pari. Allora esiste un altro intero k tale che m = 2k, per cui m2 = 4k2. Alloraabbiamo 2n2 = 4k2, cioe’, semplificando, n2 = 2k2. Dunque anche n2 ed n sono pari. Allora otteniamo che m edn sono entrambi divisibili per 2 e questo contraddice l’ipotesi che siano primi fra loro. E’ quindi dimostrato che dnon puo’ essere razionale provocando altrimenti una contraddizione.

Il sistema numerico che ovvia al problema precedente e’ l’insieme dei numeri reali, indicato con il simbolo R.Definiamo numero reale un qualsiasi allineamento decimale, limitato o illimitato, periodico o non periodico, consegno. L’insieme dei numeri reali e’ quindi un ampliamento dei numeri razionali e ovviamente contiene anche inumeri interi. In R sono definite le operazioni di somma e prodotto che hanno le stesse proprieta’ (che non stiamoquindi a riscrivere) viste per i razionali. Anche l’ordinamento e’ ben definito, con le due proprieta’, gia’ viste, dicollegamento con somma e prodotto.

Esercizio. Provare, a partire dalle proprieta’ della somma, del prodotto e dell’ordinamento, le seguenti ulterioriproprieta’ dei numeri reali:

1) ∀a ∈ R, a · 0 = 0;

2) ∀a ∈ R, a > 0 ⇒ −a < 0;

3) ∀a, b ∈ R, con a > 0 e b < 0, si ha ab < 0;

4) ∀a, b, c ∈ Q, con c < 0, se a ≤ b, allora ac ≥ bc.

Dato un numero reale a, si definisce valore assoluto di a il numero non negativo

|a| ={

a se a ≥ 0−a se a < 0.

Il valore assoluto di un numero gode di due proprieta’ dette disuguaglianze triangolari che enunciamo senzadimostrare: per ogni x, y ∈ R, risulta

|x + y| ≤ |x|+ |y|, |x− y| ≥ |x| − |y|.

Dati due numeri reali a e b, si chiama intervallo di estremi a e b uno dei seguenti quattro insiemi

[a, b] = {x ∈ R : a ≤ x ≤ b},

[a, b) = {x ∈ R : a ≤ x < b},

(a, b] = {x ∈ R : a < x ≤ b},

(a, b) = {x ∈ R : a < x < b}.

Il primo e il quarto dei precedenti intervalli si dicono rispettivamente chiuso e aperto.Esistono anche gli intervalli

[a,+∞) = {x ∈ R : a ≤ x},

(a,+∞) = {x ∈ R : a < x},

2

Page 3: Registro delle lezioni di Analisi Matematica 1 - a.a. 2005 ... · proprieta’ della somma: S1) ... Dati due numeri reali a e b, ... Infatti se E e’ l’insieme dei razionali il

(−∞, b] = {x ∈ R : x ≤ b},(−∞, b) = {x ∈ R : x < b}.

Si faccia attenzione al fatto che = ∞ e −∞ non sono due numeri reali, ma due simboli che indicano di voltain volta il comportamento dei punti di un insieme oppure dei valori di una funzione o una successione, comevedremo poi. In altre parole indicano un ”qualcosa” a cui tendono i numeri reali, sia nel verso positivo che inquello negativo. E’ anche vero che, in altri problemi della matematica, l’infinito e’ spesso considerato una quantita’concreta con la quale si eseguono operazioni di tipo algebrico, in un certo senso come un numero, perdendo quindila sua connotazione astratta. Non e’ pero’ il caso di questo corso, nel quale l’infinito va considerato come unsimbolo che riassume il comportamento di un insieme di numeri.

Consideriamo un sottoinsieme E di R (un sottoinsieme qualsiasi, non si pensi automaticamente a un intervallo).Un numero reale M e’ detto maggiorante di E se x ≤ M per ogni x ∈ E. Un numero reale m e’ detto minorantedi E se x ≥ m per ogni x ∈ E.

L’insieme E e’ detto limitato superiormente se ammette almeno un maggiorante mentre e’ detto limitato infe-riormente se ammette almeno un minorante. Si dice infine limitato se e’ limitato superiormente e inferiormente.

Se E e’ limitato superiormente definiamo estremo superiore di E il piu’ piccolo dei suoi maggioranti; se Ee’ limitato inferiormente definiamo estremo inferiore di E il piu’ grande dei suoi minoranti. In simboli supE,inf E. Se E e’ illimitato superiormente scriveremo supE = +∞, mentre se E e’ illimitato inferiormente scriveremoinf E = −∞.

Il massimo di un insieme E e’ il suo piu’ grande elemento, se esiste, mentre il minimo e’ il suo piu’ piccoloelemento, se esiste.

Come e’ facile verificare, se E ammette un maggiorante ne ammette infiniti, e analogamente per i minoranti.Inoltre se l’insieme E ammette massimo e minimo e’ limitato, ma il viceversa non vale, cioe’ esistono insiemi chesono limitati superiormente (o inferiormente), ma non ammettono massimo (minimo).

Esercizio. Provare le precedenti affermazioni.

Torniamo a quello che prima avevamo chiamato difetto dei numeri razionali. La proprieta’ fondamentale chedistingue i reali dai razionali e’ la seguente, che diamo senza dimostrazione.

Teorema 1 (Proprieta’ di completezza (o di continuita’).) Ogni sottoinsieme di R, limitato superiormente(inferiormente) ammette estremo superiore (inferiore).

La dimostrazione non e’ banale e non la diamo.L’insieme Q non verifica la proprieta’ precedente. Infatti se E e’ l’insieme dei razionali il cui quadrato e’ minore

di 2, E e’ ovviamente limitato superiormente e ha come maggioranti (in Q non in R!) tutti i numeri razionali il cuiquadrato e’ maggiore di 2. Tale insieme di maggioranti non ha minimo.

Con una immagine, potremmo dire che, se visualizziamo i reali su una retta, la cosiddetta retta dei numerireali, immagine che ci e’ ormai familiare (o almeno dovrebbe esserlo), i razionali sono una parte di questa retta condei ”buchi”. Il numero

√2 e’ uno di questi.

Vediamo ora, per concludere questo riassunto sui numeri, altre operazioni che si aggiungono a somma e prodotto:la potenza e il logaritmo.

Teorema 2 (Esistenza e unicita’ della radice n-esima.) Sia y un numero reale positivo e n un numero in-tero, n ≥ 1. Esiste un unico numero reale positivo x tale che xn = y.

Il valore x e’ detto radice n-esima di y. Il teorema precedente vale anche nel caso in cui y < 0 se e solo se ne’ dispari. Tornando al caso y > 0, non si commetta l’errore di dire che, per esempio,

√4 = ±2. E’ vero che le

soluzioni dell’equazione x2 = 4 sono 2 e −2, ma per ragioni pratiche3 si e’ preferito definire come radice soltanto ilvalore positivo. Allora possiamo dire che 2 =

√4, mentre −2 = −

√4.

La radice n-esima di y si indica con il simbolo n√

y oppure y1/n.

Se a ∈ R, a 6= 0, e n ∈ Z, definiamo a−n = 1/an. In questo modo possiamo definire anche le potenze a esponentenegativo.

Per definire le potenze a esponente razionale prendiamo a > 0. Se r = m/n, con m, n, interi, n 6= 0, definiamoar = n

√am.

Le potenze a esponente razionale godono delle seguenti proprieta’ (che enunciamo senza dimostrazione):3Principalmente per il fatto che e’ utile che la radice sia una funzione (vedremo poi che cosa vuol dire funzione), cioe’ che dia in

uscita un solo valore.

3

Page 4: Registro delle lezioni di Analisi Matematica 1 - a.a. 2005 ... · proprieta’ della somma: S1) ... Dati due numeri reali a e b, ... Infatti se E e’ l’insieme dei razionali il

E0) ∀a ∈ R, a > 0, a0 = 1, ∀r ∈ Q, 1r = 1;

E1) ∀a ∈ R, a > 0, ∀r ∈ Q, ar > 0;

E2) ∀a ∈ R, a > 0, ∀r1, r2 ∈ Q, ar1+r2 = ar1ar2 ;

E3) ∀a, b ∈ R, a > 0, b > 0 ∀r ∈ Q, (ab)r = arbr;

E4) ∀a ∈ R, a > 0, ∀r1, r2 ∈ Q, (ar1)r2 = ar1r2 ;

E5) ∀a ∈ R, a > 0, ∀r1, r2 ∈ Q, tali che r1 < r2: se a > 1 allora ar1 < ar2 , mentre se a < 1 allora ar1 > ar2 .

E6) ∀a, b ∈ R, a > 0, b > 0, ∀r ∈ Q, r > 0, se a < b allora ar < br.

Le potenze a esponente razionale si estendono poi alle potenze a esponente reale mediante la seguente definizione.Sia a ∈ R, a > 0 e sia b ∈ R. Prendiamo per esempio il caso a > 1. Il numero reale b si puo’ scrivere in notazionedecimale come b = b0, b1b2... (eventualmente le cifre decimali possono essere finite, non e’ detto infatti che b debbaessere per forza irrazionale). Allora definiamo l’insieme E = {ab0 , ab0,b1ab0,b1b2 ...}. Al crescere delle cifre decimalicresce anche la potenza (come conseguenza della E5). Tale insieme e’ anche limitato superiormente e definiamoab = sup E. La definizione e’ analoga nel caso in cui a < 1, mentre e’ banale definire 1b = 1.

La potenza a esponente reale gode delle precedenti proprieta’ E1-E6, che possono essere riscritte parola perparola con l’esponente reale.

Mercoledi 21 settembre 2005 - due ore

L’ultima operazione che rivediamo in questa introduzione e’ il logaritmo. Partiamo dal seguente teorema.

Teorema 3 Dati due numeri reali a e y, entrambi positivi, con a 6= 1, esiste ed e’ unico il numero reale x (chenon e’ detto sia positivo) tale che ax = y.

Il numero x e’ detto logaritmo in base a di y. Il logaritmo gode delle seguenti proprieta’ che possono es-sere ricavate direttamente dalle precedenti proprieta’ delle potenze. Anch’esse vengono riassunte di seguito senzadimostrazione.

L1) ∀a, x, y ∈ R, a > 0, x > 0, y > 0, loga(xy) = loga x + loga y;

L2) ∀a, x, y ∈ R, a > 0, x > 0, y > 0, loga(x/y) = loga x− loga y;

L3) ∀a, x, α ∈ R, a > 0, x > 0, loga(xα) = α loga x;

L4) ∀a, b, x ∈ R, a > 0, b > 0 x > 0, loga x = loga b · logb x.

Esercizio. Dimostrare la L1.

Parte sul libro corrispondente all’argomento appena svolto: capitolo 1, paragrafi 1, 2.2, 3,4, 5, 6.

SUCCESSIONI E SERIE NUMERICHE. Una successione numerica e’ una legge che associa a ogninumero naturale n un numero reale che indichiamo come an (e si legge ”a con enne”). Una successione si puo’scrivere in vari modi (non c’e’ unanimita’ di notazione tra i vari libri). In genere si scrive {an}, oppure n 7→ an.Per esempio {1/n} e’ la successione che associa a ogni naturale n, dobbiamo aggiungere qui che n > 0, il valore1/n.

Come esempi di successioni possiamo scrivere:

n 7→ n2, n 7→ n!,

n 7→ log n (n ≥ 2), n 7→ 3, n 7→ (−1)nn.

Ricordiamo che n! si chiama fattoriale di n ed e’ definito come il prodotto di tutti i numeri interi da 1 a n.Inoltre, definiamo astrattamente 0! = 1.

Esercizio. Cercate di osservare ciascuna delle successioni precedenti e ricavate informazioni sull’insieme deivalori assunti (se tali insiemi sono limitati, sono fatti da numeri positivi, negativi, a segni alterni, quali sono gliestremi superiore e inferiore).

4

Page 5: Registro delle lezioni di Analisi Matematica 1 - a.a. 2005 ... · proprieta’ della somma: S1) ... Dati due numeri reali a e b, ... Infatti se E e’ l’insieme dei razionali il

Definizione 4 Una successione {an} e’ detta convergente a un numero l ∈ R se ∀ε > 0 esiste N ∈ R tale che∀n > N risulta |an − l| < ε.

Il numero l si chiama limite della successione, si scrive

limn→+∞

an = l oppure an → l

e si legge ”limite per n che tende a piu’ infinito di a con n uguale a l”.

Definizione 5 Una successione {an} e’ detta divergente a +∞ se ∀M ∈ R esiste N ∈ R tale che ∀n > N risultaan > M , mentre si dice divergente a −∞ se ∀M ∈ R esiste N ∈ R tale che ∀n > N risulta an < M .

Facciamo un esempio considerando la successione 1/n. Si intuisce che, al crescere di n, il valore assunto1/n diminuisce via via, sempre rimanendo positivo, ma avvicinandosi a zero. Potremmo dire, con un linguaggiointuitivo, che ”tende a zero”. Il limite cerca proprio di capire, in modo rigoroso e cercando di evitare ambiguita’,se c’e’ un valore a cui si avvicina una successione an (cioe’ l’insieme dei valori assunti e non l’insieme degli n sulquale abbiamo poco da dire) al crescere di n. Dimostriamo rigorosamente che 1/n → 0.

Fissiamo un numero ε > 0 e consideriamo la disequazione |1/n| < ε. La disequazione e’ equivalente a

−ε < 1/n < ε.

Dato che 1/n e’ positivo per ogni n, la prima disequazione e’ sempre verificata. Vediamo la seconda: 1/n < ε. Confacili calcoli si vede che e’ vera se e soltanto se n > 1/ε. Che vuol dire cio’? Vuol dire che se scegliamo il numeroN = 1/ε, allora, per ogni n > N risulta −ε < 1/n < ε.

La definizione di successione convergente mi chiede di verificare che: per ogni ε > 0 esiste N tale che ... ecc.E noi abbiamo fatto proprio questa cosa. Abbiamo individuato un criterio generale. Se prendo un qualsiasi

ε > 0 e poi scelgo N = ε (cioe’ N e’ in funzione di ε!!!) allora ∀n > N risulta |1/n| < ε.

Esercizio. Provate a dimostrare che i seguenti limiti sono corretti:

limn→+∞

1/n2 = 0, limn→+∞

n + 1n− 1

= 1.

limn→+∞

n2 = +∞, limn→+∞

−n = −∞.

Teorema 6 (Unicita’ del limite.) Una successione puo’ ammettere al massimo un solo limite.

Dimostrazione. Supponiamo che una successione {an} ammetta due limiti a e b, distinti. Trattiamo il casoparticolare in cui a e b sono entrambi finiti. Il caso in cui almeno uno dei due e’ ±∞ si svolge in modo simile.

Sia ε un numero positivo minore di |a − b|/2. Supponiamo, senza perdere di generalita’, b > a. Allora risultaa − ε < a + ε < b − ε < b + ε. Per la definizione di limite, in corrispondenza di tale ε esistono due numeri, N1 eN2, tali che, per ogni n > N1 si ha a− ε < an < a + ε, e, per ogni n > N2, si ha < b− ε < an < b + ε. Preso N ilpiu’ grande fra N1 e N2, si ha che, per ogni n > N , < b− ε < an e an < a + ε. Cio’ e’ tuttavia impossibile perche’a + ε < b− ε.

Definizione 7 Una successione {an} e’ detta crescente se an ≤ an+1 per ogni n. E’ detta strettamente crescentese an < an+1 per ogni n. E’ detta decrescente se an ≥ an+1 per ogni n. E’ detta strettamente decrescente sean > an+1 per ogni n.

Le precedenti successioni sono dette anche monotone (si faccia attenzione a dove va l’accento, non si tratta disuccessioni ”noiose”!).

Martedi 27 settembre 2005 - tre ore

Teorema 8 (Esistenza del limite di successioni monotone.) Una successione monotona crescente {an} am-mette limite e tale limite coincide con sup{an}, mentre una successione monotona decrescente {an} ammette limitee tale limite coincide con inf{an}.

5

Page 6: Registro delle lezioni di Analisi Matematica 1 - a.a. 2005 ... · proprieta’ della somma: S1) ... Dati due numeri reali a e b, ... Infatti se E e’ l’insieme dei razionali il

Una successione ammette limite anche se e’ definitivamente monotona, cioe’ se esiste N ∈ N tale che an ≤an+1 per ogni n ≥ N (definitivamente crescente) oppure se esiste N ∈ N tale che an ≥ an+1 per ogni n ≥ N(definitivamente decrescente). In tal caso pero’ non e’ detto che il limite sia il sup o l’inf come si vede bene dalseguente esempio:

an ={

2 n = 11− 1

n n > 1.

Definizione 9 Una successione {an} si dice limitata se l’insieme dei valori assunti {an, n ∈ N} e’ limitato.

Si faccia attenzione a non confondere il precedente concetto con quello di limite. Il limite tiene conto dell’insiemedei valori assunti della successione in relazione alla loro dipendenza dall’indice n cioe’ il limite tiene conto delcomportamento dei termini an al crescere di n. La limitatezza di una successione e’ un concetto insiemistico, piu’povero, e da’ informazioni sull’insieme dei valori assunti indipendentemente dalla loro corrispondenza con n.

Teorema 10 Ogni successione convergente e’ limitata.

Dimostrazione. Sia {an} una successione convergente a l ∈ R. Applicando la definizione di limite possiamodire che, preso ε = 1, esiste N ∈ R (scegliamo un N per comodita’) tale che, per ogni n > N , l − 1 < an < l + 1.I termini della successione che non necessariamente rispettano le due disuguaglianze sono in numero finito (quellicorrispondenti a n = 1, ..., N), per cui si puo’ dire che, per ogni n,

an ≤ max{a1, ...aN , l + 1} e an ≥ min{a1, ...aN , l − 1},

cioe’ l’insieme dei valori assunti dalla successione e’ limitato. CVD

Vediamo ora alcune regole pratiche per il calcolo dei limiti.

Proposizione 11 (Algebra dei limiti.) Consideriamo due successioni {an} e {bn} convergenti rispettivamentea due numeri reali a e b. Allora valgono i seguenti risultati:

1. an + bn → a + b;

2. an − bn → a− b;

3. an · bn → a · b;

4. an/bn → a/b, purche’ bn 6= 0 definitivamente e b 6= 0;

5. abnn → ab, purche’ an > 0 definitivamente e a > 0.

La dimostrazione e’ piuttosto intuitiva e non la diamo. Provate per esercizio a dimostrare la 1.

Se uno dei due limiti precedenti (o anche entrambi) vale +∞ o −∞ si riesce a stabilire, in alcuni casi, ilcomportamento di somme, prodotti o potenze di successioni. A tal fine ci aiutiamo introducendo nuove operazionialgebriche astratte, ma intuitive, che ci servono per sintetizzare il comportamento delle successioni in questi nuovicasi.

Introduciamo l’insieme R∗, detto insieme dei numeri reali estesi, definito come R∪ {+∞}∪ {−∞}, cioe’ R conl’aggiunta di {+∞} e {−∞}, che, nel nostro corso, non consideriamo come numeri, ma che in questo caso facciamofinta che lo siano. R∗ e’ un ampliamento di R e come tale conserva tutte le sue operazioni e in piu’ ne vede aggiuntealcune nuove:

1. a +∞ = +∞, per ogni a reale;

2. a−∞ = −∞, per ogni a reale;;

3. +∞+∞ = +∞;

4. −∞−∞ = −∞;

5. a · (+∞) = +∞, per ogni a reale positivo;

6. a · (+∞) = −∞, per ogni a reale negativo;

7. a · (−∞) = −∞, per ogni a reale positivo;

6

Page 7: Registro delle lezioni di Analisi Matematica 1 - a.a. 2005 ... · proprieta’ della somma: S1) ... Dati due numeri reali a e b, ... Infatti se E e’ l’insieme dei razionali il

8. a · (−∞) = +∞, per ogni a reale negativo;

9. a/(±∞) = 0, per ogni a reale.

Le precedenti operazioni sono del tutto astratte, ma si possono accettare come intuitive. A che cosa ci servono?Servono a estendere le operazioni sui limiti a questi nuovi casi riscrivendo gli enunciati precedenti parola per parola.

Alcune operazioni non sono definibili tra i reali estesi: non si puo’ infatti calcolare

+∞−∞, 0 · (±∞), ±∞/±∞,

in modo da ottenere risultati in acordo con le proprieta’ di somma e prodotto. Sono queste le cosiddette formeindeterminate e non c’e’ una regola generale per le operazioni sui limiti per successioni che rientrano in questi casi.Tali successioni vanno trattate caso per caso.

Per esempio: se an = n2 e bn = −n, allora an +bn → +∞, mentre se an = n2 e bn = −n3, allora an +bn → −∞.Nel caso del rapporto tra successioni an/bn, quando bn → 0, bisogna fare molta attenzione ai segni. Supponendo

che bn sia definitivamente diversa da zero (altrimenti il rapporto non si puo’ nemmeno fare), abbiamo vari casi:

1. an/bn → +∞, se a e bn sono definitivamente dello stesso segno;

2. an/bn → −∞, se a e bn sono definitivamente di segno opposto.

Quando si studia una potenza, in cui sia la base che l’esponente sono variabili, come nel caso abnn , conviene

scrivere:abn

n = clogc abnn = cbn logc an ,

dove c e’ un qualsiasi numero reale che per comodita’ scegliamo4 maggiore di 1. Il vantaggio di tale scrittura e’ che,avendo la base costante (uguale al numero scelto c), per capire se abn

n ammette limite, si studia bn logc an per dellaquale e’ generalmente piu’ facile capire se c’e’ limite e qual e’. Alcune forme indeterminate si presentano anche perle potenze di successioni e precisamente sono indeterminate, in R∗, le operazioni 00, 1±∞, +∞0.

Esempio. Facciamo vedere che limn+∞n4+2n+1

n3+3 = +∞. A una prima osservazione il limite si presenta nellaforma indeterminata +∞/ +∞. Se pero’ mettiamo in evidenza n3, abbiamo

n4 + 2n + 1n3 + 3

=n3(n + 2/n2 + 1/n3)

n3(1 + 3/n3)=

n + 2/n2 + 1/n3

1 + 3/n3.

All’ultima successione si possono applicare le precedenti operazioni definite per i limiti dei reali estesi e non abbiamopiu’ una forma indeterminata.

Esercizio. Calcolare gli eventuali limiti delle seguenti successioni:

n3 + 6n

3n3 + 2n + 3,

n− n2

n + 2,

n−√

n

n +√

n.

Vediamo altri due risultati che forniscono tecniche di individuazione di limiti di successioni.

Teorema 12 (Primo teorema di confronto per i limiti di successioni.) Consideriamo due successioni {an}e {bn} convergenti rispettivamente a due numeri reali a e b. Se an ≤ bn per ogni n, allora risulta a ≤ b.

Non diamo la dimostrazione che risulta piuttosto intuitiva. Come caso particolare discende il seguente risultato.

Teorema 13 (Teorema della permanenza del segno.) Se an → a e an ≥ 0 per ogni n allora a ≥ 0.

Dimostrazione del Teorema della permanenza del segno. Per assurdo. Supponiamo che a < 0.Scegliamo un numero positivo ε tale che a + ε < 0. Per la definizione di limite abbiamo che esiste N tale che∀n > N risulta an < a + ε < 0 e questo e’ assurdo dato che, per ipotesi, la successione e’ a termini non negativi.CVD

Teorema 14 (Secondo teorema di confronto per i limiti di successioni.) Consideriamo tre successioni {an},{bn} e {cn}. Se {an} e {bn} convergono a uno stesso l e vale la relazione an ≤ cn ≤ bn per ogni n, allora anchecn → l.

4L’uguaglianza e’ vera anche se scegliamo 0 < c < 1.

7

Page 8: Registro delle lezioni di Analisi Matematica 1 - a.a. 2005 ... · proprieta’ della somma: S1) ... Dati due numeri reali a e b, ... Infatti se E e’ l’insieme dei razionali il

Omettiamo la dimostrazione.

Esempio. Applicando i teoremi di confronto si dimostra che

limn→+∞

n√

2n + 3n = 3.

Altri esempi possono essere visti a pag. 131 del testo.

Consideriamo la successione

an =(

1 +1n

)n

.

La successione e’ a termini positivi. Si puo’ dimostrare (noi non lo faremo) che {an} e’ crescente ed e’ limitatainferiormente da 2 e superiormente da 3. Applicando quindi il Teorema 8 si ottiene che la successione ammettelimite. Tale limite sara’ ovviamente un numero compreso tra 2 e 3 (con maggiore precisione si potrebbe dimostrareche e’ compreso tra 2, 7 e 2, 8). Si puo’ dimostrare infine che tale limite e’ un numero irrazionale. Chiameremo etale numero. Il numero e gioca un ruolo importante nell’analisi, come vedremo in seguito.

Da ora in poi la base dei logaritmi sara’ sempre il numero e, a meno che in qualche caso non si specificatodiversamente.

Parte sul libro corrispondente all’argomento appena svolto: capitolo 3, tutto il paragrafo 1con l’eccezione dei sottoparagrafi 1.5 e 1.6. Nel sottoparagrafo 1.4 date un’occhiata all’esempioriguardante il numero e.

Mercoledi 28 settembre 2005 - due ore

Introduzione alle serie numeriche.

Definizione 15 Data una successione {an} chiamiamo serie la scrittura formale

∞∑n=1

an

e si legge ”somma per n che va da 1 a ∞ di an”.

La definizione puo’ apparire non del tutto chiara. Che significa infatti ”scrittura formale”? Per capirlo si pensial fatto che l’introduzione del concetto di serie nasce dal tentativo di sommare infiniti numeri o, piu’ precisamente,tutti i termini di una successione {an}, cioe’ a1 +a2 +a3... e cosi’ via fino all’infinito5. E’ ovvio che tale operazionenon e’ materialmente possibile. Tuttavia si puo’ osservare che se per esempio consideriamo una successione costante,an = 2 per ogni n, a mano a mano che si sommano i termini della successione, la somma cresce sempre di piu’ etende all’infinito. Diversamente, se prendiamo la successione an = 1/n2 e sommiamo i termini, con l’aiuto di unasemplice calcolatrice osserviamo che la somma via via aumenta ma tende a stabilizzarsi verso un numero finito.

In altre parole: sommare infiniti termini non e’ possibile, pero’ e’ possibile fare un’operazione che in qualchemodo gli somiglia e che spieghiamo con le prossime due definizioni.

Definizione 16 Data una successione {an}, e dato N ∈ N, chiamiamo somma parziale N -esima SN , relativa allasuccessione {an}, la somma dei termini della successione da 1 a N , cioe’ SN = a1 + a2 + ... + aN . In simboliscriviamo:

SN =N∑

n=1

an.

Si nota facilmente che, al variare di N , si ottiene una nuova successione {SN}, con N ∈ N, detta successionedell somme parziali relativa alla successione {an}.

Quindi se, come detto prima, sommare tutti i termini di {an} non e’ possibile, e’ pero’ possibile studiareil comportamento di {SN}, quando N tende a infinito. Ed e’ questo il concetto che meglio sostituisce quellointuitivo, ma logicamente impraticabile, di sommare infiniti elementi.

5Tale problema nasce gia’ nella Grecia antica e veniva considerato insolubile, dando luogo infatti a famosi paradossi come quello diAchille e la tartaruga.

8

Page 9: Registro delle lezioni di Analisi Matematica 1 - a.a. 2005 ... · proprieta’ della somma: S1) ... Dati due numeri reali a e b, ... Infatti se E e’ l’insieme dei razionali il

Definizione 17 Data una successione {an}, diremo che la serie

∞∑n=1

an

e’ convergente (divergente, irregolare) se la successione delle somme parziali SN e’ convergente (divergente, irrego-lare).

In altri termini, la serie∞∑

n=1

an

e’ convergente se {SN} tende a un limite finito.

Vediamo alcuni esempi.

La serie geometrica di ragione q ∈ R:∞∑

n=0

qn.

Per studiare tale serie osserviamo che, per ogni n, la somma parziale n-esima,

n∑k=0

qk,

verifica l’uguaglianzaSn(1− q) = 1− qn+1.

Quindi, se q 6= 1, si puo’ dividere e ottenere

Sn =1− qn+1

1− q.

Grazie alla formula precedente e’ immediato capire qual e’ il limite della successione delle somme parziali Sn. Talelimite dipendera’ da q. Si ricava che:

1. se |q| < 1 la serie converge e Sn → 1/(1− q);

2. se q ≥ 1 la serie diverge e Sn → +∞;

3. se q ≤ −1 la serie e’ irregolare.

Si noti che nel precedente punto 2, la serie diverge per q = 1. Questo risultato si ricava direttamente dal fattoche Sn = n + 1, ma non dalla formula Sn = 1−qn+1

1−q che richiede, come gia’ detto, che q sia diverso da 1.

Osservazione. Nell’esempio precedente abbiamo le due sommatorie∑∞

n=0 qn e∑n

k=0 qk. C’e’ effettivamenteil rischio di fare confusione con i simboli. La sommatoria

∑∞n=0 qn e’, almeno per ora, una scrittura formale; la

sommatoria∑n

k=0 qk, fissato un intero n, e’ una somma vera e propria e abbiamo bisogno di indicare con unalettera diversa da n i vari addendi che si susseguono. Non avrebbe avuto senso scrivere Sn =

∑nn=0 qn.

La serie armonica:∞∑

n=1

1n

e’ divergente. E’ una serie a termini positivi, quindi Sn e’ ovviamente strettamente crescente e ammette limite.Tale limite e’ +∞. La dimostrazione non la diamo ora, ma successivamente. Sara’ molto piu’ semplice dopol’introduzione del calcolo integrale.

La serie armonica generalizzata:∞∑

n=1

1nα

, α ∈ R,

ha un comportamento dipendente da α. Converge se α > 1 e diverge se α ≤ 1. Anche in questo caso abbiamo, perogni α, serie a termini positivi. E anche per questo tipo di serie rimandiamo la dimostrazione della convergenza adopo l’introduzione degli integrali.

9

Page 10: Registro delle lezioni di Analisi Matematica 1 - a.a. 2005 ... · proprieta’ della somma: S1) ... Dati due numeri reali a e b, ... Infatti se E e’ l’insieme dei razionali il

La serie di Mengoli :∞∑

n=1

1n(n + 1)

e’ convergente. Infatti si verifica facilmente che, per ogni n, Sn = 1− 1n+1 che ovviamente tende a 1.

Teorema 18 (Condizione necessaria per la convergenza di una serie) Sia

∞∑n=0

an

una serie convergente. Allora la successione {an} e’ convergente a zero.

Omettiamo la dimostrazione. La precedente condizione non e’ sufficiente, cioe’ non e’ vero che, data una serie∑∞n=0 an tale che an → 0, allora possiamo dire che la serie e’ convergente. Un controesempio6 e’ dato dalla serie

armonica.Il risultato precedente e’ un utile strumento quando si vuole dimostrare che una serie non converge.

Vediamo ora un teorema che fornisce un criterio di convergenza per serie a termini non negativi.

Teorema 19 (Criterio del confronto per serie a termini non negativi) . Consideriamo due successioni {an}e {bn}, entrambe non negative, per ogni n, e tali che an ≤ bn per ogni n. Allora:

i) se la serie∑∞

n=0 bn e’ convergente, allora anche la serie∑∞

n=0 an e’ convergente;

ii) se la serie∑∞

n=0 an e’ divergente, allora anche la serie∑∞

n=0 bn e’ divergente.

Dimostrazione. Dimostriamo solo il caso i). Chiamiamo {Sn} e {Tn} le successioni delle somme parziali di{an} e {bn} rispettivamente. Dato che {an} e {bn} sono non negative allora {Sn} e {Tn} sono crescenti e pertantoammettono limite. Chiamiamo S e T i due limiti. Per il teorema 12 si ha S ≤ T . Dal momento che

∑∞n=0 bn

converge, allora T ∈ R (cioe’ non e’ +∞); quindi anche S ∈ R e cio’ significa che∑∞

n=0 an converge. CVD

Il lettore attento avra’ probabilmente notato che l’applicazione del teorema 12 puo’ non essere corretta, perche’in tale teorema si suppone che le due successioni siano convergenti e quindi che i due limiti siano gia’ due numerifiniti, mentre nel nostro caso non sappiamo a priori che S e’ finito, ma e’ proprio quello che vogliamo dimostrare.

In realta’ si vede facilmente, rileggendo l’enunciato del teorema 12, che esso rimane valido anche nell’ipotesi incui b = +∞ (e in tal caso non sappiamo a priori che a < +∞).

Esercizio. 1) Dimostrare il caso ii). 2) Enunciare e dimostrare un teorema analogo al precedente per serie atermini non positivi.

Osservazione. Attenzione a non applicare mai il criterio precedente in presenza di due serie di segno discorde.Si rischiano errori grossolani!

Teorema 20 (Criterio del confronto asintotico per serie a termini non negativi) . Consideriamo due suc-cessioni {an} e {bn}, entrambe non negative, per ogni n, e tali che

limn→+∞

an

bn= l,

dove l e’ un numero finito diverso da zero. Allora∑∞

n=0 an e’ convergente se e solo se∑∞

n=0 bn e’ convergente.

Grazie al risultato precedente si mostra che∞∑

n=1

1n2

6Il termine ”controesempio” si usa proprio in questi casi: cioe’ quando si trova un esempio che fa cadere una possibile proprieta’,che quindi risulta falsa.

10

Page 11: Registro delle lezioni di Analisi Matematica 1 - a.a. 2005 ... · proprieta’ della somma: S1) ... Dati due numeri reali a e b, ... Infatti se E e’ l’insieme dei razionali il

e’ convergente. Infatti dal confronto asintotico con la serie di Mengoli si vede che

limn→+∞

1n2

1n(n+1)

= 1.

Sapendo che la serie di Mengoli converge, si conclude che anche∑∞

n=11

n2 converge.

Esercizio. Dimostrare il seguente risultato che e’ una semplice applicazione della definizione di serie conver-gente. Data una serie convergente

∞∑n=1

an,

e dato un numero reale λ, allora converge anche la serie

∞∑n=1

bn,

dove bn = λan.

Teorema 21 Date due serie convergenti∞∑

n=1

an e∞∑

n=1

bn,

allora converge anche la serie∞∑

n=1

cn,

dove cn = an + bn.

La dimostrazione e’ una facile conseguenza della definizione di serie convergente ed e’ lasciata per esercizio.Osservazione. Su alcuni testi si trova scritto, in relazione al teorema precedente,

∞∑n=1

an + bn =∞∑

n=1

an +∞∑

n=1

bn.

E’ un modo piuttosto naturale di scrivere in formule il risultato precedente. Tale semplificazione si puo’ ancheaccettare, avendo chiaro che mentre il primo membro dell’uguaglianza ha senso, il secondo invece non ha moltosenso. Si tratta infatti della somma di due scritture formali e si potrebbe obiettare che le scritture formali nonsono numeri che si sommano.

Vediamo ora, senza darne la dimostrazione, un criterio di convergenza per serie a termini non negativi.

Teorema 22 (Criterio della radice per serie a termini non negativi.) Sia

∞∑n=1

an,

una serie a termini non negativi. Supponiamo che esista il limite

limn→+∞

n√

an = l,

con l ∈ R oppure l = +∞. Allora, se l < 1 la serie converge, se l > 1 la serie diverge, se l = 1 non possiamo direnulla.

Martedi 4 ottobre 2005 - tre ore

Il criterio della radice puo’ essere utile, generalmente, se incontriamo serie in cui ci sono esponenziali.

11

Page 12: Registro delle lezioni di Analisi Matematica 1 - a.a. 2005 ... · proprieta’ della somma: S1) ... Dati due numeri reali a e b, ... Infatti se E e’ l’insieme dei razionali il

Esempio. Studiamo la serie∞∑

n=0

an, α > 0, a > 0.

La serie e’ a termini non negativi, per cui proviamo ad applicare il criterio della radice. Osserviamo che

n

√nα

an=

n√

a.

Il numeratore si puo’ scrivere comen√

nα = (nα)1/n =(n1/n

.

A questo punto sfruttiamo la validita’ del seguente limite, che e’ appunto valido, ma non ne diamo una di-mostrazione:

limn→+∞

log n

n= 0. (1)

Si scriven1/n = elog(n1/n) = e

log nn .

Dalla formula (1) e dalla proprieta’ 5 della proposizione 11 (applicabile perche’ non siamo in una forma indetermi-nata), segue che e

log nn → 1.

Quindi n

√nα

an → 1/a. Applicando il criterio della radice, si ottiene che la serie di partenza converge se a > 1e diverge se a < 1. D’altronde, indipendentemente dal criterio della radice, si vede subito che, se a < 1, alloranα

an → +∞ e quindi la serie non puo’ convergere (teorema 18). La stessa cosa accade se a = 1 (in questo casopotete osservare che il criterio della radice non fornisce una risposta al problema della convergenza della serie).

Nel caso in cui a > 1, si ricava, grazie al teorema 18, che

an→ 0.

Vediamo il significato del fatto che, nel criterio della radice, ”quando l = 1 non si puo’ dire nulla”.

Abbiamo detto che la serie armonica∑∞

n=1 1/n diverge. Essa e’ una serie a termini positivi. Se le applichiamoil criterio della radice, abbiamo che (come visto in precedenza) n

√1/n → 1.

Anche se consideriamo una serie armonica generalizzata,∑∞

n=1 1/nα, abbiamo n√

1/nα → 1. Tale serie e’ pero’convergente se α > 1.

In altri termini abbiamo due serie dal comportamento opposto rispetto alla convergenza, ma che hanno lo stessocomportamento rispetto al criterio della radice, che risulta quindi inefficace.

Vediamo, senza dimostrazione, un altro criterio di convergenza per serie a termini non negativi.

Teorema 23 (Criterio del rapporto per serie a termini non negativi.) Sia

∞∑n=1

an,

una serie a termini non negativi. Supponiamo che an sia definitivamente positivo e che esista il limite

limn→+∞

an+1

an= l,

con l ∈ R oppure l = +∞. Allora, se l < 1 la serie converge, se l > 1 la serie diverge, se l = 1 non possiamo direnulla.

Il criterio del rapporto puo’ essere utile, generalmente, se incontriamo serie in cui ci sono fattoriali.Esempio. Studiamo la serie

∞∑n=0

1n!

12

Page 13: Registro delle lezioni di Analisi Matematica 1 - a.a. 2005 ... · proprieta’ della somma: S1) ... Dati due numeri reali a e b, ... Infatti se E e’ l’insieme dei razionali il

La serie e’ a termini non negativi. Applicando il criterio del rapporto, si ottiene

limn→+∞

1(n+1)!

1n!

= 0

(basta osservare che 1/(n+1)!1/n! = 1/(n + 1)).

Cosi’ come per il criterio della radice, anche il criterio del rapporto si rivela inefficace per lo studio delle seriearmonica e armoniche genralizzate.

Esercizio. Scrivere i dettagli dell’affermazione precedente (cosi’ come si e’ fatto per il criterio della radice).

Per quanto riguarda le serie a segno variabile, enunciamo due criteri di convergenza, entrambi presentati senzadimostrazione.

Teorema 24 (Criterio di convergenza assoluta.) Consideriamo una serie

∞∑n=1

an.

Se la serie dei valori assoluti∞∑

n=1

|an|

converge, allora converge anche la serie di partenza.

Il teorema appena enunciato fornisce una condizione sufficiente, ma non necessaria per la convergenza di∑∞n=1 an. In altre parole si possono trovare esempi in cui

∑∞n=1 an converge, ma

∑∞n=1 |an| diverge.

Il prossimo risultato vale per cosiddette serie a segno alterno, che sono, per definizione, della forma

∞∑n=1

(−1)nan

con an > 0. Il fatto che an abbia segno positivo garantisce un’alternanza rigorosa e non casuale del segno dellasuccessione bn = (−1)nan.

Teorema 25 (Criterio di Leibniz.) Sia∞∑

n=1

(−1)nan

una serie a segno alterno. Supponiamo che:

1. an e’ decrescente,

2. an → 0.

Allora la serie di partenza converge.

Esempio. Il criterio di Leibniz si applica alla serie

∞∑n=1

(−1)n

n.

Tale serie converge in quanto an e’ decrescente e convergente a zero. Osserviamo che la serie dei suoi valori assolutidiverge.

Nel teorema precedente la condizione 2 e’ ovvia a causa del teorema 18, mentre lo e’ un po’ meno la condizione1. In realta’ se tale ipotesi manca, la serie a segno alterno puo’ non convergere.

Esercizio. Consideriamo la serie∞∑

n=1

(−1)nan,

13

Page 14: Registro delle lezioni di Analisi Matematica 1 - a.a. 2005 ... · proprieta’ della somma: S1) ... Dati due numeri reali a e b, ... Infatti se E e’ l’insieme dei razionali il

dove

an =

{1n n dispari1n! n pari.

Tale serie e’ non convergente. Cercate di darne almeno una spiegazione intuitiva (ricorrendo anche all’uso di unacalcolatrice). Dimostrate poi che an tende a zero e che non e’ decrescente.

Parte sul libro corrispondente all’argomento appena svolto: capitolo 3, tutto il paragrafo 2senza le dimostrazioni dei criteri: radice, rapporto, convergenza assoluta, Leibniz. Riprenderedal capitolo 1, sottoparagrafo 2.2, la definizione di fattoriale.

FUNZIONI NUMERICHE, LIMITI, CONTINUITA’.

Definizione 26 Dato un sottoinsieme D di R, una funzione

f : D → R

(la precedente scrittura si legge ”f da D in R”) e’ una legge che a ogni elemento dell’insieme di partenza D associauno e un solo elemento dell’insieme di arrivo R.

L’insieme di partenza D si chiama dominio, l’insieme di arrivo codominio. L’insieme dei valori assunti dallafunzione si chiama immagine di f , in simboli Im (f). Cioe’:

Im (f) = {y ∈ R : esiste x ∈ D tale che f(x) = y}.

L’immagine di f e’ un sottoinsieme del codominio, ma non necessariamente coincide con esso.

Esempi. 1) Una successione e’ anche una funzione.2) f : R → R, definita come f(x) =

√x non e’ una funzione perche’ non e’ vero che a ogni elemento del dominio

corriponde un punto del codominio. Infatti per ogni x < 0, f(x) non esiste nel campo reale.3) E’ invece ben definita la funzione f : [0,+∞) → R, f(x) =

√x.

4) f : R → R, f(x) = x2. L’immagine di tale funzione e’ l’intervallo [0,+∞). Se prendiamo due numeri opposti,osserviamo che f(a) = f(−a) = a2. Il fatto che, data una qualsiasi funzione, due o piu’ elementi (eventualmentetutti!) abbiano la stessa immagine e’ una particolarita’ della funzione che stiamo considerando e non e’ in alcuncontrasto con la definizione 26.

5) f : [0, 1] → R, f(x) = x2. Il dominio e l’immagine di questa funzione sono diversi rispetto a quelli dell’esempioprecedente. Quando due funzioni hanno domini diversi, anche se hanno la stessa legge, sono da considerarsi duefunzioni diverse.

Data una funzione f : D → R, definiamo grafico di f il sottoinsieme del piano cartesiano G(f) = {(x, y) ∈R2 tali che x ∈ D, y = f(x)}.

Vediamo altre definizioni.

Definizione 27 (Funzione limitata.) Una funzione f : D → R e’ detta limitata se la sua immagine e’ un insiemelimitato.

Le funzioni degli esempi 3) e 4) non sono limitate, mentre lo e’ la funzione dell’esempio 5).

Definizione 28 (Funzioni simmetriche.) Sia D un dominio simmetrico rispetto all’origine di R, cioe’ tale chea ∈ D se e solo se −a ∈ D. Una funzione f : D → R e’ detta pari se f(x) = f(−x), per ogni x ∈ D; mentre f e’detta dispari se se f(x) = −f(−x), per ogni x ∈ D.

Si vede facilmente che, per esempio, le funzioni f : R → R, f(x) = xn, con n esponente intero positivo, sonopari se n e’ pari, mentre sono dispari se n e’ dipari.

Definizione 29 (Funzioni monotone.) Una funzione f : D → R e’ detta crescente (strettamente crescente) se,per ogni coppia di punti x1, x2 di D, con x1 < x2, risulta f(x1) ≤ f(x2) (f(x1) < f(x2)).

Una funzione f : D → R e’ detta decrescente (strettamente decrescente) se, per ogni coppia di punti x1, x2 diD, con x1 < x2, risulta f(x1) ≥ f(x2) (f(x1) > f(x2)).

14

Page 15: Registro delle lezioni di Analisi Matematica 1 - a.a. 2005 ... · proprieta’ della somma: S1) ... Dati due numeri reali a e b, ... Infatti se E e’ l’insieme dei razionali il

Diamo ora la definizione di limite.

Definizione 30 Sia I un intervallo di R e c ∈ R∗ verificante almeno una delle seguenti condizioni:

a) c ∈ I,

b) c e’ estremo di I7,

c) c = ±∞8.

Data una funzione f : I → R e dato l ∈ R∗, si dice che l e’ limite di f(x) per x tendente a c, in formule si scrive

limx→c

f(x) = l,

se, per ogni successione {xn} tale che

i) xn ∈ I, per ogni n,

ii) xn 6= c, per ogni n,

iii) xn → c,

risultalim

n→+∞f(xn) = l.

Si osservi che il precedente e’ il limite di una successione.

La precedente condizione ii) ci dice che noi dobbiamo studiare il comportamento della successione f(xn) quando{xn} e’ una qualsiasi successione tendente a c, senza tener conto del valore della funzione in c.

Se per esempio consideriamo f : R → R, definita come

f(x) =

{x + 3 x 6= 00 x = 0,

applicando la definizione si vede che limx→0 f(x) = 3. Tale valore non coincide con il valore della funzione nelpunto zero (f(0) = 0), ma questo non e’ importante.

Teorema 31 Data una funzione f : I → R, se

limx→c

f(x) = l,

allora f(x) non puo’ ammettere altri limiti per x tendente a c.

La dimostrazione non e’ difficile (segue dal teorema 6), ma la omettiamo.

Definizione 32 Sia f : I → R e sia c verificante uno dei casi a), b), c) della definizione 30. Supponiamo inoltreche c non sia estremo destro (sinistro) di I. Data una funzione f : I → R e dato l ∈ R∗, si dice che l e’ limitedestro (limite sinistro) di f(x) per x tendente a c, in formule si scrive

limx→c+

f(x) = l

(lim

x→c−f(x) = l

),

se, per ogni successione {xn} tale che

i) xn ∈ I, per ogni n,

ii) xn > c, per ogni n (xn < c, per ogni n),

iii) xn → c,

7Le condizioni a) e b) non sono per forza alternative; si pensi a un intervallo del tipo [a, c].8In questo caso l’intervallo e’ illimitato.

15

Page 16: Registro delle lezioni di Analisi Matematica 1 - a.a. 2005 ... · proprieta’ della somma: S1) ... Dati due numeri reali a e b, ... Infatti se E e’ l’insieme dei razionali il

risultalim

n→+∞f(xn) = l.

Definizione 33 Dato un intervallo I, un punto c ∈ I e’ detto punto interno di I se non e’ un estremo di I. Piu’in generale, se D e’ un sottoinsieme qualsiasi di R, un punto c ∈ D e’ detto punto interno di D se esiste un numeroδ > 0 tale che (c− δ, c + δ) ⊆ D.

Teorema 34 Dato un intervallo I, una funzione f : I → R e un punto c interno a I, risulta

limx→c

f(x) = l se e solo se limx→c+

f(x) = l = limx→c−

f(x).

Esercizio. Dare una dimostrazione del teorema (che segue direttamente dalla definizione di limite).

Un punto interno di un insieme non e’ banalmente un punto appartenente all’insieme. Per esempio, datoI = [0, 1], tutti i punti c ∈ (0, 1) sono interni a I, mentre non lo sono 0 e 1. Se consideriamo N, nessuno dei suoipunti e’ interno.

Esercizio. Dimostrare le precedenti affermazioni sfruttando la definizione piu’ generale di punto interno, cioe’quella relativa a un insieme qualsiasi D.

Vediamo ora alcuni esempi di funzioni elementari.

Funzioni potenza. Sono le funzioni della forma

f(x) = kxα, α 6= 0,

definite in [0,+∞) se α > 0 e in (0,+∞) se α < 0. La potenza e’ definita su tutto R nel caso particolare in cuil’esponente e’ intero (o anche razionale purche’ non si vada incontro a radici non eseguibili).

Vediamo il caso particolare k = 1. La funzione e’ sempre ovviamente positiva. Dalla proprieta’ E6 delle potenze(pag. 4), si vede che xα e’ crescente strettamente se α > 0 decrescente strettamente se α < 0.

Inoltre, limx→+∞ xα = +∞ se α > 0, mentre limx→+∞ xα = 0 se α < 0.

Mercoledi 12 ottobre 2005 - due ore

Un altro tipo di funzione elementare e’ la funzione esponenziale f(x) = ax, dove a e’ un numero fissato, positivoe diverso da 1. Tali funzioni sono definite su tutto R e hanno immagine (0,+∞). Il comportamento di questefunzioni varia a seconda che a sia maggiore o minore di 1.

Se a > 1 allora ax e’ strettamente crescente, cosa che segue facilmente dalla proprieta’ E5 di pag 4 (taleproprieta’ e’ scritta per esponenti razionali, ma non dimenticate che, quando abbiamo introdotto le potenze aesponente reale, abbiamo detto che le proprieta’ si conservano). Inoltre

limx→+∞

ax = +∞, limx→−∞

ax = 0.

Pur non dimostrando con precisione le due precedenti, osserviamo che la prima e’ piuttosto intuitiva pensando chela funzione e’ crescente e considerando il comportamento di an con n ∈ N; mentre la seconda e’ conseguenza dellaprima ricordando che ax = 1/a−x.

Se invece a < 1 allora ax e’ strettamente decrescente (ancora a causa della E5). Inoltre

limx→+∞

ax = 0, limx→−∞

ax = +∞.

La concavita’-convessita’ dei grafici di queste funzioni (che molti di voi gia’ conoscono), cosi’ come di moltealtre, si ricavano grazie alle derivate seconde che ancora non abbiamo introdotto.

La funzione logaritmo f(x) = loga x, con a positivo e diverso da 1, e’ definita su (0,+∞) e ha immagine R.Non casualmente il dominio e l’immagine sono scambiati rispetto all’esponenziale.

Se a > 1 allora loga x e’ strettamente crescente, sempre per la gia’ citata E5 e valgono

limx→+∞

loga x = +∞, limx→0

loga x = −∞.

16

Page 17: Registro delle lezioni di Analisi Matematica 1 - a.a. 2005 ... · proprieta’ della somma: S1) ... Dati due numeri reali a e b, ... Infatti se E e’ l’insieme dei razionali il

Se invece a < 1 allora loga x e’ strettamente decrescente e

limx→+∞

loga x = −∞, limx→0

loga x = +∞.

La scrittura log x va intesa come loge x.

Diamo ora un’occhiata alle cosiddette funzioni trigonometriche. Per definirle si parte dalla circonferenza C delpiano cartesiano, centrata nell’origine e con raggio 1, detta circonferenza goniometrica.

Usando la stessa notazione della figura 21 a pag. 168 del libro, se chiamo A il punto di coordinate (1, 0) e Pun altro punto su C, chiamo x la misura dell’arco AP . Il piu’ piccolo arco, al variare di P avra’ misura zero, ilpiu’ grande, dopo un giro completo, 2π. Sui libri di analisi matematica, si dice che l’arco e’ misurato in radianti.Con questa espressione si vuol dire semplicemente che l’arco e’ ovviamente misurato con una misura di lunghezzae l’unita’ di misura e’ il raggio. In altre parole, se prendo una circonferenza di raggio 2 (per esempio 2 centimetri)il perimetro misura 4π cm, ma 2π radianti.

Se O indica l’origine di R2, osserviamo che l’angolo definito dalle semirette OA e OP cresce proporzionalmenteal crescere dell’arco. Quindi possiamo misurare anche l’angolo in radianti. Per esempio l’angolo corrispondenteall’arco che misura 1/4 di circonferenza, cioe’ l’angolo di 90 gradi, misurera’ ora π/2.

E’ bene che si abbandoni la misurazione degli angoli in gradi per un banalissimo motivo: i radianti sono di fattonumeri reali e quindi ci possiamo fare le operazioni che conosciamo, mentre voi capite bene che la somma di unnumero reale e di una quantita’ espressa in gradi ha ben poco senso!

Possiamo ora definire le funzioni trigonometriche e cominciamo dal seno e dal coseno. Dato un numero x ∈ [0, 2π]sia P il punto (l’unico) su C tale che l’arco da A verso P , in senso antiorario, misura x. Definiamo senx =l’ordinata di P , cos x = l’ascissa di P . Il dominio di entrambe, che per ora e’ [0, 2π] puo’ essere facilmente esteso.Se immaginiamo che P , dopo aver percorso l’intera circonferenza, prosegua il suo cammino e compia un secondogiro, abbiamo che x scorre tra 2π e 4π e possiamo definire senx e cos x anche per x ∈ (2π, 4π]. Ma a questo puntonon c’e’ motivo di fermare la corsa di P , cioe’ la crescita di x, e possiamo definire seno e coseno su tutto l’intervallo[0,+∞).

Possiamo anche andare oltre. Se P percorre la circonferenza in senso orario possiamo misurare l’arco con valorinegativi9. Cioe’ possiamo dare un verso di percorrenza a P : positivo in senso antiorario e negativo in senso orario.

Questa operazione ci permette in definitiva di definire seno e coseno su tutto R.Le funzioni senx e cos x sono definite su R e hanno entrambe immagine uguale all’intervallo [−1, 1]. Sono

periodiche di periodo 2π cioe’:

∀x ∈ R, senx = sen (x + 2π) e cos x = cos(x + 2π).

Il seno e’ una funzione dispari il coseno pari.Da una semplice applicazione del teorema di Pitagora si vede che sen 2x + cos2 x = 1 per ogni x ∈ R.

Un’altra funzione trigonometrica e’ la tangente:

tg x =senx

cos x.

E’ definita quando il coseno non si annulla per cui il suo dominio e’ l’insieme {x ∈ R : x 6= π/2 + kπ, k ∈ Z}.Esercizio. Provate che seno e coseno sono rispettivamente dispari e pari e che la tangente e’ periodica di

periodo π.

Esercizio. Sulla base della definizione di limite di funzione, dimostrate che limx→+∞ senx non esiste.

Esercizio non facile. Sulla base della definizione di limite di funzione e usando l’esercizio precedente, di-mostrate che limx→0 sen (1/x) non esiste.

Vediamo ora i due concetti di funzione composta e inversa.

Definizione 35 Date due funzioni f : A → R e g : B → R, supponiamo che Im (f) ⊆ B. Definiamo funzionecomposta g ◦ f : A → R, la funzione definita come

(g ◦ f)(x) = g(f(x)).9Dal punto di vista geometrico le misure di insiemi (aree, perimetri, volumi ecc.) sono tutte maggiori o al piu’ uguali a zero. Questo

perche’ esiste un piu’ piccolo insieme, che e’ l’insieme vuoto, e che in ogni teoria della misura ha misura zero. Il fatto di attribuiremisura negativa agli archi percorsi in senso orario e’ solo un artificio per poter estendere le funzioni trigonometriche anche a variabilinegative.

17

Page 18: Registro delle lezioni di Analisi Matematica 1 - a.a. 2005 ... · proprieta’ della somma: S1) ... Dati due numeri reali a e b, ... Infatti se E e’ l’insieme dei razionali il

Si osservi che per la validita’ della formula precedente e’ fondamentale che valga la condizione Im (f) ⊆ B.Si studino gli esempi di funzioni composte sul libro a pag. 177.Esercizio. Provate a fare l’esercizio 24 a pag. 8 del mio file in rete di esercizi. Tra gli esercizi del libro a pag.

183 provate a fare qualcuno tra i numeri: 1, 7, 8, 10, 11, 12, 14, 15, 16, 17, 18, 19, 20.

Esercizio. Scrivete f ◦ g e g ◦ f dove f : R → R e g : R → R sono definite come

f(x) = x2 + 3x + 4, g(x) = x2 − 2x + 1.

Definizione 36 Una funzione f : A → R si dice iniettiva se per ogni coppia di punti x e y del suo dominio A, conx 6= y, risulta f(x) 6= f(y).

Per esempio: f(x) = x2 definita in R non e’ inietiva, mentre lo e’ g(x) = x2 definita in [0,+∞) (non si dimentichiche, come gia’ detto in precedenza, si tratta di due funzioni diverse).

Se una funzione f : A → R e’ iniettiva, detta B l’immagine di f , risulta ben definita la funzione g : B → R,tale che

(f ◦ g)(x) = x e (g ◦ f)(x) = x.

Si osservi che la prima delle due precedenti composizioni e’ definita in B e la seconda in A.Domanda. E’ corretto quanto fatto nella formula precedente, cioe’ aver indicato con lo stesso simbolo x due

variabili appartenenti a due insiemi diversi? Sarebbe stato forse piu’ corretto, per esempio scrivere (f ◦ g)(y) = ye (g ◦ f)(x) = x?

La funzione f e’ detta invertibile e g e’ la sua funzione inversa (spesso indicata con il simbolo f−1).Osservazione. In alcuni testi di analisi matematica le funzioni invertibili sono quelle iniettive e suriettive, dove

una funzione e’ suriettiva se l’immagine coincide con il codominio. A me pare questa una inutile complicazionesul tema dell’invertibilita’. Se f e’ iniettiva si definisce tranquillamente l’inversa, avendo ovviamente cura dideterminarne correttamente il dominio.

Per esempio l’esponenziale e il logaritmo sono una l’inversa dell’altra.Le funzioni trigonometriche non sono invertibili. Pero’ osserviamo che sen x e’ strettamente crescente se ristretta

a [−π/2, π/2]. Quindi la funzione senx, ristretta all’intervallo [−π/2, π/2] e’ invertibile. La sua inversa si chiamaarcoseno, in simboli arcsen : [−1, 1] → R con immagine l’intervallo [−π/2, π/2].

Analogamente cos x e’ invertibile se ristretta all’intervallo [0, π]. La sua inversa si dice arcocoseno, arccos :[−1, 1] → R, e ha come immagine [0, π].

La tangente e’ invertibile nell’intervallo (−π/2, π/2). La sua inversa e’ detta arcotangente, arctg : R → R, e hacome immagine (−π/2, π/2).

Veniamo ora ad alcuni risultati pratici che si usano nel calcolo dei limiti.

Teorema 37 (Confronto) Dato un intervallo I e tre funzioni f, g, h definite in I a valori in R, supponiamo chef(x) ≤ g(x) ≤ h(x), per ogni x ∈ I. Supponiamo inoltre che

limx→x0

f(x) = limx→x0

h(x) = l ∈ R∗ (x0 ∈ R∗).

Alloralim

x→x0g(x) = l.

Teorema 38 (Permanenza del segno) Sia f : I → R e sia limx→x0 f(x) = l > 0 (eventualmente l puo’ essere+∞). Allora esiste un intorno U del punto x0, cioe’ un intervallo U = (x0− δ, x0 + δ)10 tale che f(x) > 0 per ognix ∈ U ∩ I e x 6= x0.

I due precedenti teoremi sono dati senza dimostrazione.

Un altro strumento importante per il calcolo pratico dei limiti e’ dato dal’algebra dei limiti in completa analogiacon il caso delle successioni.

10Il raggio δ dipende dalle condizioni del problema, non e’ a piacere!

18

Page 19: Registro delle lezioni di Analisi Matematica 1 - a.a. 2005 ... · proprieta’ della somma: S1) ... Dati due numeri reali a e b, ... Infatti se E e’ l’insieme dei razionali il

Proposizione 39 (Algebra dei limiti di funzioni.) Siano f, g : I → R e sia, per x → x0, f(x) → l e g(x) →m, dove l e m si suppongono reali (mentre x0 ∈ R∗). Allora valgono i seguenti risultati:

1. f(x) + g(x) → l + m;

2. f(x)− g(x) → l −m;

3. f(x)g(x) → lm;

4. f(x)/g(x) → l/m, purche’ m 6= 0;

5. f(x)g(x) → lm, purche’ l > 0.

La dimostrazione e’ immediata se partiamo dall’analoga proposizione per le successioni.

Se uno dei due limiti precedenti (o anche entrambi) vale +∞ o −∞, valgono le stesse regole e permangono lestesse forme indeterminate delle successioni.

Esercizio Provate a fare gli esercizi 22, 23, 24 a pag. 200 del libro.Esercizio Dal mio file di esercizi, pag. 6, provate a fare alcuni tra gli esercizi 2, 3, 4, 6, 7, 8, 9, 17, 22, 24, 26,

29.

Martedi 18 ottobre 2005 - tre ore

Introduciamo il concetto di funzione continua.

Definizione 40 (Funzione continua) Dato un intervallo I (che puo’ essere limitato o illimitato, contenente omeno i suoi estremi), una funzione f : I → R e’ detta continua in un punto x0 ∈ I se vale la formula

limx→x0

f(x) = f(x0).

La funzione e’ detta continua se e’ continua in ogni punto del suo dominio.

La definizione precedente presenta un concetto che e’ sia puntuale che globale, mentre si faccia attenzioneal fatto che altre definizioni che abbiamo incontrato, come per esempio quelle di funzione invertibile, iniettiva,limitata, monotona, sono solo globali. Non ha senso, per esempio, parlare di funzione limitata in un punto.

La definizione di funzione continua ha senso anche per funzioni definite in insiemi piu’ complicati degli intervalli.Non parleremo tuttavia di tale concetto per non appesantire la materia.

La nozione di continuita’ e strettamente collegata a quella di limite, come si vede dalla definizione precedente.Tuttavia si tratta di due cose distinte.

Per esempio, data la funzione f(x) = 1/x2, definita in R\{0}, si vede bene che limx→0 f(x) = +∞, ma lafunzione non e’ definita in x = 0 e quindi non puo’ essere continua in x = 0.

La funzione

g(x) =

{1/x2 x 6= 00 x = 0,

definita in tutto R non e’ chiaramente continua in 0 e vale limx→0 1/x2 = +∞.In questo caso si dice che 0 e’ un punto di discontinuita’.In generale un punto di discontinuita’ di una funzione f : I → R e’ un punto x0 ∈ I in cui f non e’ continua.

Si dice anche che f e’ discontinua in x0.Attenzione: un punto, per essere considerato di discontinuita’, deve stare nel dominio (come d’altronde dice la

definizione di cui sopra). Quindi x = 0 non e’ punto di discontinuita’ per f(x) = 1/x2.Dall’algebra dei limiti (Proposizione 39) segue subito la seguente proposizione.

Proposizione 41 (Algebra delle funzioni continue.) Date due funzioni f, g : I → R, continue in un puntox0 ∈ I, allora sono continue in x0 le seguenti funzioni: f ± g, f · g e f/g (quest’ultima se g(x0) 6= 0).

Vale anche la seguente proposizione

Proposizione 42 (Composizione di funzioni continue.) Date due funzioni f : I → R e g : J → R, supponi-amo che Im(f) ⊆ J . Sia inoltre f continua in un punto x0 ∈ I e g continua in f(x0). Allora g ◦ f e’ continua inx0.

19

Page 20: Registro delle lezioni di Analisi Matematica 1 - a.a. 2005 ... · proprieta’ della somma: S1) ... Dati due numeri reali a e b, ... Infatti se E e’ l’insieme dei razionali il

Dimostrazione. Dobbiamo far vedere che limx→x0(g ◦ f)(x) = g(f(x0)), cioe’ dobbiamo far vedere che perogni successione {xn} a valori in I, diversa da x0 e convergente a x0, risulta (g ◦ f)(xn) → (g ◦ f)(x0).

Sia dunque {xn} a valori in I, diversa da x0 e convergente a x0. Dalla continuita’ di f in x0 segue che {f(xn)}converge a f(x0). D’altra parte la successione {f(xn)} puo’ essere pensata sia come successione nell’immagine dif che come successione nel dominio di g. In questo secondo caso, per la continuita’ di g nel punto f(x0), risulta{g(f(xn))} convergente a g(f(x0)). CVD

La funzione f(x) = x e’ continua su tutto R come si vede da una immediata applicazione della definizione. Perl’algebra delle funzioni continue si ha come conseguenza che tutte le potenze a esponente intero e i polinomi sonofunzioni continue in tutto il loro dominio, che e’ R.

Sono funzioni continue anche le potenze a esponente reale f(x) = xα, definite in [0,+∞) o (0,+∞) rispettiva-mente se α > 0 o α < 0, ma la dimostrazione e’ un po’ piu’ complicata e la omettiamo.

Sono continue anche le funzioni esponenziali e logaritmiche, ciascuna di esse in tutto il suo dominio di definizione.La dimostrazione della continuita’ dell’esponenziale segue dalla definizione di continuita’ (Definizione 40) e dalla

definizione di esponenziale (pag. 4). Per maggiori dettagli si veda la lezione della Prof.sa Bardelli del 19 ottobre(anche in formato elettronico). Ci limitiamo a dire che la definizione di potenza a esponente reale potrebbe esseredata in modo equivalente al metodo di troncamento dell’esponente (come fatto in questi appunti a pag. 4) tramitela formula seguente:

aα = limn→+∞

aαn ,

dove a > 0 e {αn} e’ una qualsiasi successione razionale convergente ad α. Per far si’ che la precedente sia unabuona definizione si deve far vedere (e’ questo e’ possibile anche se non lo facciamo) che per ogni successionerazionale {βn} convergente ad α, la successione {aβn} converge sempre allo stesso limite, indipendentemente cioe’dalla successione degli esponenti. In tal modo tale limite e’ un numero reale che chiameremo aα. Si osservi che apag. 4 abbiamo scelto una particolare successione convergente ad aα.

Esercizio. Cercare di capire il significato del procedimento precedente.Vedremo successivamente in questa lezione la dimostrazione della continuita’ del logaritmo.Il seguente risultato e’ enunciato senza dimostrazione.

Teorema 43 (Esistenza dei limiti di funzioni monotone) E’ data una funzione f : I → R e sia x0 un el-emento di I oppure l’estremo destro, ma certamente supponiamo che x0 non sia l’estremo sinistro di I. Se lafunzione e’ monotona, allora esiste il limite limx→x−0

f(x) e vale

limx→x−0

f(x) = supx<x0

f(x) se f e’ crescente,

limx→x−0

f(x) = infx<x0

f(x) se f e’ decrescente.

Si noti che, avendo scritto un risultato che coinvolge il limite sinistro, si capisce come mai nell’enunciato x0

deve essere diverso dall’estremo sinistro di I.Esercizio Enunciare l’analogo teorema che coinvolge il limite destro. E’ possibile scrivere un analogo teorema

se x0 = +∞ oppure x0 = −∞?

Teorema 44 (degli zeri.) Sia f : [a, b] → R continua e supponiamo che f(a) ·f(b) < 0. Allora esiste un c ∈ (a, b)tale che f(c) = 0.

Dimostrazione Consideriamo il caso in cui f(a) < 0 (l’altro e’ analogo). Definiamo il sottoinsieme di [a, b]E = {x ∈ [a, b] : f(t) < 0 ∀t ∈ [a, x]}. L’insieme E e’ chiaramente non vuoto perche’ la f e’ negativa nell’intervallo(un po’ particolare) [a, a]; inoltre dato che f e’ continua, si ha limx→a f(x) = f(a) < 0 e quindi si puo’ applicare ilteorema della permanenza del segno (teorema 38) e concludere che esiste un numero δ > 0 tale che f e’ negativain [a, a + δ). Quindi, non solo E non e’ vuoto, ma contiene anche l’intervallo [a, a + δ).

Definiamo c = supE e dimostriamo che c e’ proprio il numero che stiamo cercando, cioe’ che f(c) = 0. Per farquesto dimostriamo che non e’ possibile f(c) < 0, ne’ f(c) > 0. Supponiamo che f(c) sia negativo. Si ha che c > aper quanto detto in precedenza e c < b perche’ f(b) > 0. Per il teorema della permanenza del segno, esiste δ > 0tale che f(x) < 0 per ogni x ∈ (c− δ, c + δ). E’ anche vero che, essendo c = sup E, cioe’ il minimo dei maggioranti,esiste un elemento d che appartiene a E e anche all’intervallo (c − δ, c]. Quindi in [a, d] la f e’ negativa e allora

20

Page 21: Registro delle lezioni di Analisi Matematica 1 - a.a. 2005 ... · proprieta’ della somma: S1) ... Dati due numeri reali a e b, ... Infatti se E e’ l’insieme dei razionali il

e’ negativa in [a, c + δ) e questo contraddice il fatto che c sia un maggiorante di E (perche’ tutti gli elementi di(c, c + δ) risulterebbero in E).

Facciamo ora vedere che non e’ possibile f(c) > 0. Supponiamo per assurdo che f(c) sia positivo. Per ilteorema della permanenza del segno, esiste δ > 0 tale che f(x) > 0 per ogni x ∈ (c− δ, c] (non scriviamo per ognix ∈ (c− δ, c+ δ) perche’ c potrebbe essere b). Ma cio’ contraddice il fatto che c = supE perche’ se c e’ maggiorantedi E tutti i numeri in (c − δ, c) sono ugualmente maggioranti di E per cui c non puo’ essere il piu’ piccolo deimaggioranti. Cioe’ si arriva a una contraddizione rendendo assurda la tesi che f(c) > 0 e questo conclude ladimostrazione. CVD

Il seguente teorema e’ di importanza fondamentale nell’analisi. Ne daremo l’enunciato senza dimostrazione (unpo’ troppo difficile).

Teorema 45 (Weierstrass.) Una funzione continua f : [a, b] → R e’ limitata e l’immagine ammette massimo eminimo.

Esercizio La comprensione del precedente teorema puo’ essere aiutata se provate a scrivere cinque esempi difunzioni che fanno capire come le ipotesi su f siano non modificabili: 1) scrivete una funzione definita e continuain un intervallo aperto e limitato (a, b) che non sia limitata; 2) scrivete una funzione definita e continua in unintervallo aperto e limitato (a, b) che sia limitata, ma che non abbia massimo e/o minimo; 3)4) fate lo stesso condominio R; 5) scrivete una funzione definita in un intervallo chiuso e limitato [a, b] che non sia limitata (e quindinon potra’ essere continua).

Dai due precedenti teoremi si dimostra facilmente il seguente risultato.

Teorema 46 (dei valori intermedi) Una funzione continua f : [a, b] → R assume tutti i valori compresi tra ilmassimo M e il minimo m, cioe’ l’immagine e’ l’intervallo [m,M ].

Dimostrazione Sia l ∈ (m,M); dobbiamo far vedere che esiste x0 ∈ [a, b] tale che f(x0) = l. Siano x1

x2 tali che f(x1) = m e f(x2) = M . Senza perdere in generalita’ supponiamo x1 < x2 (se fosse x2 < x1 ladimostrazione sarebbe del tutto analoga). Consideriamo g : [a, b] → R, definita come g(x) = f(x)− l. Osserviamoche g e’ ovviamente continua. Consideriamo la restrizione di g all’intervallo [x1, x2]. Si vede subito che g(x1) < 0e g(x2) > 0. Per il teorema degli zeri esiste x0 ∈ (x1, x2) tale che g(x0) = 0 il che implica che f(x0) = l e questoconclude la dimostrazione.CVD

Se f e’ una funzione definita in un intervallo qualsiasi, per esempio aperto del tipo (a, b) oppure ne’ aperto ne’chiuso del tipo (a, b] oppure illimitato del tipo (a,+∞) il teorema dei valori intermedi non vale piu’, pero’ restavero il fatto che l’immagine di f e’ un intervallo.

Esercizio difficile. Provate a dimostrare l’osservazione precedente.

Vediamo ora alcuni risultati che collegano l’invertibilita’, la monotonia e la continuita’ di una funzione.Data f : A → R, dove A e’ un insieme qualsiasi non necessariamente un intervallo, se f e’ strettamente

monotona allora e’ anche invertibile, ma il viceversa non e’ vero come si vede studiando la funzione f : [0, 2] → R,definita come f(x) = x se x ∈ [0, 1] e f(x) = 4− x se x ∈ (1, 2].

Esercizio Dimostrate che la precedente funzione e’: 1) invertibile, 2) non monotona. E’ continua? La seguentefunzione f : [0, 1) ∪ (1, 2] → R, definita come f(x) = x se x ∈ [0, 1) e f(x) = 4− x se x ∈ (1, 2] e’ continua?

In generale non ci sono collegamenti fra i concetti di invertibilita’ e di continuita’, ma ci sono nel caso particolareche il dominio sia un intervallo. Valgono le due proposizioni che diamo senza dimostrazione.

Proposizione 47 Dato un intervallo I e una funzione f : I → R, se f e’ continua e invertibile, allora e’ anchestrettamente monotona.

Proposizione 48 Dato un intervallo I e una funzione f : I → R, se f e’ continua e invertibile, allora l’inversadi f e’ continua nel suo dominio.

Grazie al secondo dei due precedenti risultati possiamo ora dire che il logaritmo e’ una funzione continua nelsuo dominio.

Esercizio Provate a fare alcuni tra gli esercizi 26, 27, 28, 29, 30, 31, dal 33 al 55 a pagg. 200-201 del libro.Esercizio Dal mio file di esercizi, pag. 6, provate a fare alcuni tra gli esercizi 11, 13 (non facile), 14, 15, 18

(non facile), 19, 20, 21, 23, 31, 32.

21

Page 22: Registro delle lezioni di Analisi Matematica 1 - a.a. 2005 ... · proprieta’ della somma: S1) ... Dati due numeri reali a e b, ... Infatti se E e’ l’insieme dei razionali il

Parte sul libro corrispondente all’argomento appena svolto: capitolo 4, paragrafi 1, 2 (esclusiper ora gli asintoti che vedremo tra un po’), 3 (3.2, 3.5, 3.6, 3.7 sono facoltativi), 4 (4.4 facoltativo),5, 6 (saltare pagg. 195-199).

Martedi 25 ottobre 2005 - tre ore

CALCOLO DIFFERENZIALE

Introduciamo la nozione di funzione derivabile e di derivata di una funzione.Sia I un intervallo di R, f : I → R una funzione e consideriamo un punto x0 ∈ I. Al variare di m ∈ R,

l’equazione y = f(x0) + m(x− x0) descrive tutte le rette secanti il grafico di f nel punto (x0, f(x0)) (ad eccezionedella retta verticale che ha equazione x = x0).

Prendiamo ora un generico punto x ∈ I e il corrispondente punto sul grafico di f , (x, f(x)). Il valore

f(x)− f(x0)x− x0

si chiama rapporto incrementale della funzione f , relativo a x0 e x ed e’ il coefficiente della secante passanteper i punti (x0, f(x0)) e (x, f(x)). Proviamo a vedere se esiste il limite di tale rapporto quando x → x0, cioe’,intuitivamente, proviamo a vedere se esiste una retta limite delle rette secanti quando x → x0.

Definizione 49 Se esiste ed e’ finito il limite

limx→x0

f(x)− f(x0)x− x0

= l,

allora diremo che f e’ derivabile in x0 chiameremo il numero l derivata di f in x0.

La derivata di una funzione f in un punto x0 (se esiste) si indica normalmente con uno dei seguenti simboli:

f ′(x0),df

dx(x0), Df(x0).

Il primo dei precedenti e’ di solito quello piu’ usato.La nozione di derivata e’ puntuale, (come per la continuita’), cioe’ si parla di derivata di una funzione in un

punto. Data f : I → R, se f e’ derivabile in tutti i punti di I diremo che f e’ derivabile e sara’ definita una nuovafunzione, la derivata di f , x 7→ f ′(x), definita in x.

Se f e’ derivabile in x0, la retta di equazione y = f(x0) + f ′(x0)(x− x0) e’ detta retta tangente al grafico di fnel punto (x0, f(x0)).

Attenzione: la precedente e’ la definizione di retta tangente e non altre come per esempio “la retta che tocca ilgrafico in punto solo”, o altri enunciati piu’ o meno intuitivi, ma adatti solo a casi particolari, come per esempiola circonferenza.

Intuitivamente la retta tangente al grafico di f nel punto (x0, f(x0)) puo’ essere pensata come retta limite dellerette secanti per (x0, f(x0)) al grafico di f .

Un altro significato della retta tangente e’ quello di migliore approssimazione del grafico di f in (x0, f(x0))(correttamente bisognerebbe dire migliore approssimazione lineare o del primo ordine). Che cosa vuol dire? Primadi spiegarlo vediamo un utile teorema.

Teorema 50 Se f e’ derivabile in x0 ∈ I allora e’ anche continua in tale punto.

Dimostrazione. Dall’ipotesi sappiamo che

limx→x0

f(x)− f(x0)x− x0

= f ′(x0).

Quindi f(x)− f(x0) = (x− x0)g(x), dove g e’ il rapporto incrementale che tende a f ′(x0). Segue immediatamenteche limx→x0 f(x)− f(x0) = 0, cioe’ f e’ continua in x0. CVD

Il precedente teorema fornisce una condizione necessaria alla derivabilita’ di una funzione in un punto. Talecondizione non e’ sufficiente, come si vede considerando come esempio f(x) = |x|, x ∈ R. Si osserva che

limx→0+

f(x)− f(0)x

= 1 detta derivata destra

22

Page 23: Registro delle lezioni di Analisi Matematica 1 - a.a. 2005 ... · proprieta’ della somma: S1) ... Dati due numeri reali a e b, ... Infatti se E e’ l’insieme dei razionali il

limx→0−

f(x)− f(0)x

= −1 detta derivata sinistra

Quindi la funzione non e’ derivabile in x = 0. In generale, data una funzione f , i due limiti seguenti

limx→x+

0

f(x)− f(x0)x− x0

,

limx→x−0

f(x)− f(x0)x− x0

,

se esistono e sono finiti, si chiamano rispettivamente derivata destra e derivata sinistra della funzione in x0.

Esercizio. Provate che f(x) =√|x|, x ∈ R, e’ continua, ma non derivabile in 0.

Esercizio. Provate che f(x) = |x|3, x ∈ R, e’ derivabile in tutto il suo dominio, e quindi anche in 0. Taleesempio fa capire che, se incontriamo una funzione in cui c’e’ un valore assoluto, non dobbiamo automaticamentepensare che non sia derivabile.

Torniamo al problema della migliore approssimazione lineare. Consideriamo una qualsiasi secante al grafico dif in (x0, f(x0)) la cui e’ equazione e’ y = f(x0) + m(x− x0), con m fissato. Tale secante e’ grafico della funzionesm(x) = f(x0) + m(x− x0). La funzione sm e’ un’approssimante di f nel senso che

limx→x0

f(x)− sm(x) = 0.

Il limite precedente vale perche’ f e’ continua in x0 (essendo derivabile).Sia t : R → R, t(x) = f(x0) + f ′(x0)(x− x0), cioe’ la funzione il cui grafico e’ la retta tangente al grafico di f

in (x0, f(x0)). Anch’essa e’ un’approssimante di f (essendo anch’essa una secante, dove f ′(x0) = m). Osserviamotuttavia che c’e’ una differenza fra t e le varie sm:

limx→x0

f(x)− sm(x)x− x0

= limx→x0

f(x)− f(x0)−m(x− x0)x− x0

= f ′(x0)−m 6= 0, se f ′(x0) 6= m

limx→x0

f(x)− t(x)x− x0

= limx→x0

f(x)− f(x0)− f ′(x0)(x− x0)x− x0

= 0.

La funzione t fornisce una migliore approsimazione di f , in un intorno di x0, rispetto alle varie sm, perche’ ladifferenza t(x) − f(x) tende a zero “piu’ velocemente” di x − x0 mentre, al variare di m 6= f ′(x0), sm(x) − f(x),tende a zero “con la stessa velocita’ ” di x− x0.

In altre parole, se f e’ derivabile in x0, abbiamo:

f(x) = f(x0) + f ′(x0)(x− x0) + h(x),

dove limx→x0 h(x)/(x− x0) = 0.

Vediamo ora la derivabilita’ di alcune funzioni elementari.1) La funzione costante f(x) = c e’ derivabile in R e la derivata, per ogni x0 ∈ R, vale

limx→x0

f(x)− f(x0)x− x0

= limx→x0

c− c

x− x0= 0.

2) La funzione f(x) = x e’ derivabile in R e la derivata, per ogni x0 ∈ R, vale

limx→x0

f(x)− f(x0)x− x0

= limx→x0

x− x0

x− x0= 1.

3) La funzione f(x) = x2 e’ derivabile in R e la derivata, per ogni x0 ∈ R, vale

limx→x0

f(x)− f(x0)x− x0

= limx→x0

x2 − x20

x− x0= lim

x→x0

(x− x0)(x + x0)x− x0

= 2x0.

Esercizio Far vedere che la derivata di f(x) = x3 vale, in ogni x0 ∈ R, 3x20.

4) La funzione f(x) = xα, con α ∈ R, e’ derivabile per ogni x0 > 0 e la derivata vale f ′(x0) = αxα−1.

23

Page 24: Registro delle lezioni di Analisi Matematica 1 - a.a. 2005 ... · proprieta’ della somma: S1) ... Dati due numeri reali a e b, ... Infatti se E e’ l’insieme dei razionali il

5) Le funzioni f(x) = senx e g(x) = cos x sono derivabili in R e le derivate, per ogni x0 ∈ R, valgonorispettivamente f ′(x0) = cos x0 e g′(x0) = − senx0 (per la dimostrazione vedere la lezione della Prof.sa Bardellidel 26 ottobre).

6) La funzione f(x) = ex e’ derivabile in R e la derivata, per ogni x0 ∈ R, vale

limx→x0

f(x)− f(x0)x− x0

= limx→x0

ex − ex0

x− x0= lim

x→x0ex0

ex−x0 − 1x− x0

= ex0 .

Si e’ sfruttato il limite notevole limh→0eh − 1

h= 1 (che avete visto nella lezione della Prof.sa Bardelli del 19

ottobre).

Si nota una particolarita’ del numero e. La funzione ex e’ uguale in ogni punto del dominio alla sua derivata.Vedrete nel corso di Analisi II che le funzioni f(x) = a ex, dove a e’ una costante moltiplicativa, sono le unichefunzioni che verificano la condizione f ′(x) = f(x) per ogni x.

Cominciamo ora a vedere alcuni risultati che forniscono regole pratiche di calcolo delle derivate.

Proposizione 51 (Algebra delle derivate.) Date due funzioni f, g : I → R, derivabili in un punto x0 ∈ I,allora sono derivabili in x0 le seguenti funzioni: f ± g, f · g e f/g (quest’ultima se g(x0) 6= 0) e valgono le formule:

1. (f + g)′(x0) = f ′(x0) + g′(x0),

2. (f − g)′(x0) = f ′(x0)− g′(x0),

3. (fg)′(x0) = f ′(x0)g(x0) + f(x0)g′(x0),

4. (f/g)′(x0) =f ′(x0)g(x0)− f(x0)g′(x0)

[g(x0)]2

Esercizio Dimostrate la 1 e la 2.

Dimostrazione della 3. Scriviamo il rapporto incrementale di fg nel modo seguente:

f(x)g(x)− f(x0)g(x0)x− x0

=

f(x)g(x)− f(x)g(x0) + f(x)g(x0)− f(x0)g(x0)x− x0

=

f(x)g(x)− g(x0)

x− x0+ g(x0)

f(x)− f(x0)x− x0

.

Facendo tendere x → x0, segue subito la formula 3. CVD

Non diamo la dimostrazione della 4.

Esercizio. Utilizzando la formula di derivazione del rapporto, calcolare la derivata di tgx.

Proposizione 52 (Composizione di funzioni) Date due funzioni f : I → R e g : J → R, supponiamo cheIm(f) ⊆ J . Sia inoltre f derivabile in un punto x0 ∈ I e g derivabile in y0 = f(x0). Allora g ◦ f e’ derivabile inx0 e la sua derivata vale (g ◦ f)′(x0) = g′(y0)f ′(x0).

Dimostrazione. Consideriamo il rapporto incrementale

(g ◦ f)(x)− (g ◦ f)(x0)x− x0

e cerchiamo di vedere se ha limite per x → x0. Ricordando la definizione di limite delle funzioni, prendiamo unaqualsiasi successione {xn} in I, convergente a x0 e con xn 6= x0, per ogni n e vediamo se esiste finito il limite

limn→+∞

(g ◦ f)(xn)− (g ◦ f)(x0)xn − x0

24

Page 25: Registro delle lezioni di Analisi Matematica 1 - a.a. 2005 ... · proprieta’ della somma: S1) ... Dati due numeri reali a e b, ... Infatti se E e’ l’insieme dei razionali il

Per la derivabilita’ di f in x0 si ha

limn→+∞

f(xn)− f(x0)xn − x0

= f ′(x0).

Supponiamo che f ′(x0) 6= 0. Per il teorema della permanenza del segno (teorema 38) risulta definitivamentef(xn) 6= f(x0). Quindi possiamo scrivere

(g ◦ f)(xn)− (g ◦ f)(x0)xn − x0

=(g(f(xn))− (g(f(x0))

f(xn)− f(x0)· f(xn)− f(x0)

xn − x0.

Portando a limite separatamente i due fattori del secondo membro per n → +∞ si ottiene

limn→+∞

(g ◦ f)(xn)− (g ◦ f)(x0)xn − x0

= g′(y0)f ′(x0).

Se invece, a partire da {xn}, non e’ vero che risulta definitivamente f(xn) 6= f(x0), vuol dire che abbiamo chef(xn) = f(x0) per infiniti n (il che impedisce di dividere per f(xn)− f(x0) nelle formule precedenti). Allora segueche f ′(x0) = 0. In questo caso si puo’ dimostrare direttamente che

limn→+∞

(g ◦ f)(xn)− (g ◦ f)(x0)xn − x0

= 0

cioe’ (g ◦ f)′(x0) = 011. Non svolgiamo tale seconda parte dela dimostrazione perche’ presenta alcuni dettaglitecnici complicati. CVD

Proposizione 53 (Funzione inversa.) Sia I un intervallo e f : I → R invertibile. Siano J = Im (f) e chiami-amo g : J → R l’inversa di f . Se f e’ derivabile in un punto x0 e f ′(x0) 6= 0 allora g e’ invertibile in y0 = f(x0)e risulta g′(y0) = 1/f ′(x0).

Dimostrazione. Sia {yn} una successione in J , fatta di elementi diversi da y0 e convergente a y0. Dato chec’e corrispondenza biunivoca fra I e J chiamiamo {xn} la successione in I definita come xn = g(yn). Dato che g ef sono entrambe iniettive, xn 6= x0 per ogni n. Allora possiamo scrivere.

g(yn)− g(y0)yn − y0

=xn − x0

f(xn)− f(x0).

Dato che f ′(x0) 6= 0 risulta che il limite

limn→+∞

f(xn)− f(x0)xn − x0

si puo’ invertire e si ottiene il limite finito

limn→+∞

xn − x0

f(xn)− f(x0)=

1f ′(x0)

= limn→+∞

g(yn)− g(y0)yn − y0

.

CVDGrazie a questo teorema possiamo dire che la funzione logaritmo e’ derivabile in ogni punto in quanto e’ inversa

della funzione esponenziale ex che e’ derivabile in ogni punto con derivata diversa da zero.Fissato x0 ∈ (0,+∞) denotiamo y0 = log x0. Allora

d

dxlog x|x=x0 =

1d

dyey|y=y0

=1

ey0.

D’altra parte osserviamo che1

ey0= 1/x0. Quindi, per ogni x, si ha che la derivata di log x vale 1/x.

Esercizio. Fate gli esercizi 2, 3 a pag. 216 del libro. Fate anche alcuni degli esercizi alle pagg. 224/5/6 dellibro.

11Osservate che anche in questo caso vale la formula (g ◦ f)′(x0) = g′(y0)f ′(x0), dove entrambi i membri sono nulli.

25