Recenti tendenze del parlamentarismo*

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ALESSANDRO PIZZORUSSO Recenti tendenze del parlamentarismo* SOMMARIO: 1. Nozione di parlamentarismo. — 2. Le difficoltà della rappresentanza politica. — 3. Il Parlamento e gli altri poteri dello Stato. — 4. I problemi attuali del parlamentarismo: a) la composizione delle assemblee parlamentari; b) la soluzio- ne delle crisi; e) l'esercizio della funzione legislativa. 1. Con l'espressione « parlamentarismo » si indica la particolare evolu- zione della forma di governo di molti paesi, i cui ordinamenti politici si ispirano al principio democratico, per effetto della quale una o più assem- blee elettive hanno progressivamente assunto un ruolo preminente nell'am- bito dell'organizzazione costituzionale dei paesi stessi 1 . * Relazione generale sul tema IV.A.3 del XIV° Congresso Internazionale di diritto com- parato organizzato dall' Académie internationale de droit compare, in programma ad Atene e Delfi nei giorni 31 Luglio-6 Agosto 1994. 1 Per la preparazione della presente relazione generale ci si è avvalsi delle relazioni nazionali pervenute entro i termini all'uopo fìssati, ma dato che solo pochi dei relatori previ- sti hanno potuto rispettare tali termini, si è proceduto anche indipendentemente da esse, sulla base della letteratura esistente nel campo del diritto parlamentare e costituzionale e della scienza politica. Si è ritenuto d'altronde opportuno dedicare la relazione generale, più che ad un'opera di micro-comparazione tendente a catalogare le diverse soluzioni adottate nei diversi paesi, all'individuazione di una serie di problemi di fondo che stanno alla base dei dibattiti attualmente in corso, sul piano scientifico e sul piano politico, lasciando alle relazioni nazionali la funzione di informare sulle normazioni vigenti nei rispettivi stati. Come guida alla lettura di tali relazioni nazionali, si riporta il questionario che fu a suo tempo inviato ai loro autori. Si riporta altresì l'elenco dei relatori nazionali previsti, contrassegnando con un asterisco le relazioni nazionali effettivamente pervenute fino a que- sto momento: Note of the General Reporter to National Reporters-. A. From the point of view of compara- tive law, the institution of Parliament presents even in the variety of constitutional govemments, very strong characteristics in common, deriving from the important influence of its systematic arrange- ment: an intermediate politicai college between the electoral body and the organs of government.

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ALESSANDRO PIZZORUSSO

Recenti tendenze del parlamentarismo*

SOMMARIO: 1. Nozione di parlamentarismo. — 2. Le difficoltà della rappresentanza politica. — 3. Il Parlamento e gli altri poteri dello Stato. — 4. I problemi attuali del parlamentarismo: a) la composizione delle assemblee parlamentari; b) la soluzio­ne delle crisi; e) l'esercizio della funzione legislativa.

1. Con l'espressione « parlamentarismo » si indica la particolare evolu­zione della forma di governo di molti paesi, i cui ordinamenti politici si ispirano al principio democratico, per effetto della quale una o più assem­blee elettive hanno progressivamente assunto un ruolo preminente nell'am­bito dell'organizzazione costituzionale dei paesi stessi1.

* Relazione generale sul tema IV.A.3 del XIV° Congresso Internazionale di diritto com­parato organizzato dall'Académie internationale de droit compare, in programma ad Atene e Delfi nei giorni 31 Luglio-6 Agosto 1994.

1 Per la preparazione della presente relazione generale ci si è avvalsi delle relazioni nazionali pervenute entro i termini all'uopo fìssati, ma dato che solo pochi dei relatori previ­sti hanno potuto rispettare tali termini, si è proceduto anche indipendentemente da esse, sulla base della letteratura esistente nel campo del diritto parlamentare e costituzionale e della scienza politica. Si è ritenuto d'altronde opportuno dedicare la relazione generale, più che ad un'opera di micro-comparazione tendente a catalogare le diverse soluzioni adottate nei diversi paesi, all'individuazione di una serie di problemi di fondo che stanno alla base dei dibattiti attualmente in corso, sul piano scientifico e sul piano politico, lasciando alle relazioni nazionali la funzione di informare sulle normazioni vigenti nei rispettivi stati.

Come guida alla lettura di tali relazioni nazionali, si riporta il questionario che fu a suo tempo inviato ai loro autori. Si riporta altresì l'elenco dei relatori nazionali previsti, contrassegnando con un asterisco le relazioni nazionali effettivamente pervenute fino a que­sto momento:

Note of the General Reporter to National Reporters-. A. From the point of view of compara­tive law, the institution of Parliament presents even in the variety of constitutional govemments, very strong characteristics in common, deriving from the important influence of its systematic arrange­ment: an intermediate politicai college between the electoral body and the organs of government.

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La nascita del parlamentarismo viene generalmente fatta risalire al mo­mento in cui gli Stati generali francesi, convocati da Luigi XVI nel 1789,

To make come to light convergences and differences between different parliamentary models, it therefore seems opportune to make use of functional approach rather than a structural comparison or one angled from the different forms of state and government.

Some problems of transversai comparison can be singled out:

a) What is the role (formal/and in substance) of Parliament in the choice of those governing?

b) What is the incidence of parliamentary initiative (for a project, for amendments, for control of delegated legislation) over the whole of state legislation?

e) What is the incidence of parliamentary control procedures on the activitity of the government?

d) More specifically, is a parliamentary vote of confidence foreseen and what is its real function?

B. As can be seen in part one, with the problems proposed (and others that could be formulated from other profìles of parliamentary activity) one asks to take account of the effective politicai importance of parliament in the system, over and above its formai authority, even evaluated in its entirety. In part two, analysis from the politicai science point of view will have to be made clearly juridical-institutional in singling out the functional mechanism of parliament, of which the following are illustrations of the most important examples.

However here too the method will not have to be descriptive but problematic in relation to a series of questions:

a) What is the degree of autonomy of Parliament in the evaluation of admission qualifi-cations of its components and in the control of its prerogatives?

b) What is the relationship between parliamentary legislative powers and the different normative powers of government?

e) What is the relationship between the legislative function of Parliament and the norma­tive powers of supranational subjects, as for example, for European countries, the normative functions of the European Community?

d) What is the relationship between the legislative function of Parliament and the nor­mative powers of the regions and autonomous communities?

e) Are there cases where certain parliamentary functions can be delegated to parliamen­tary committees?

f) What is the role of the chairman of parliamentary assemblies?

g) What is the role of parliamentary groups?

h) Is there a status of the Opposition assumed in Parliament?

i) Has Parliament the power of control over government nominations to public positions?

1) What are the powers of Parliament to make enquiries and if they have them what powers can they use?

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adottarono la regola del divieto di mandato imperativo, trasformando così il vincolo che legava i loro componenti ai rispettivi elettori, da un rapporto di rappresentanza assai simile a quello elaborato nell'ambito del diritto pri­vato (Vertretung), in un rapporto di rappresentanza politica in senso mo­derno (Ràpresentatiorì).

Questa evoluzione ebbe un ruolo fondamentale per la formazione della moderna concezione della democrazia, in virtù della quale le decisioni es­senziali per la vita di una collettività nazionale devono essere adottate me­diante procedure rispettose del principio della sovranità popolare: dato infatti che ovvie ragioni pratiche rendono difficile il ricorso alle tecniche proprie della democrazia diretta, almeno per le decisioni ordinarie, le tecniche pro­prie della rappresentanza politica, applicate in attuazione combinata del principio della sovranità popolare e del principio di maggioranza, permi­sero che la democrazia rappresentativa divenisse la forma più diffusa ed apprezzata di organizzazione dei pubblici poteri nelle società statali contem­poranee.

L'attuazione di tali tecniche, tuttavia, non avvenne quasi mai in circo­stanze tali da consentire uno stacco netto rispetto alle istituzioni preesisten­ti (le quali generalmente erano ispirate ai principi propri della forma di governo denominata « monarchia assoluta ») e le nuove regole dovettero perciò combinarsi in vario modo con quelle preesistenti, operandone una graduale trasformazione. Nella maggior parte dei paesi europei ciò fece sì che dal regime monarchico, nell'ambito del quale unica fonte di legitti-

m) Can it be said that Parliament has power of guarantee opposite other constitutional powers?

n) What are the relationships between Parliament, the Constitutional Court and other judges? Could the « interna corporis acta » be controlied?

o) Has Parliament the possibility to institute independent authorities to exercise its pow­ers of inspection and guarantee?

p) What are the relationships between Parliament and the politicai assemblies of regional and locai communities?

Elenco dei relatori nazionali: Argentina: prof. Carlos M. Bidegain e prof. N. Guillermo Molinelli, Buenos Aires*; Australia: Professor Cheryl Saunders, Melbourne*; Belgio: prof. Louis-Paul Suetens, Leuven; Canada:.prof. Errol Mendes, London (Ontario) e prof. José Woehr-ling, Montreal (Quebec)*; Francia: prof. Philippe Ardant, Paris*; Germania: prof. dr. Hans-Peter Schneider, Hannover; Giappone: prof. Hideru Nakamura, Tohoku-Gakuin; Gran Breta­gna: prof. Patricia M. Leopold, Reading*; Grecia: prof. Antoine Pantelis, Athènes; Italia: prof. Andrea Manzella, Roma; Jugoslavia: prof. Pavle Nikolic, Beograd*; Olanda: prof. D. J. Elzinga, Groningen*; Portogallo: non designato; Romania: prof. Florin Vasilescu, Bucuresti*; Russia: prof. Vadim A. Pertcik e prof. Maria R. Sarfarova, Moscou; Stati uniti: prof. Pedro Silva-Ruiz, Puerto Rico*; Unione europea: prof. Paolo Carrozza, Firenze; Uzbekistan: prof. Z. Islamov, Tashkent.

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mazione del potere era costituita dall'investitura divina della monarchia e dal titolo ereditario del soggetto che la impersonava, si passasse ad un regime misto, nell'ambito del quale le due fonti di legittimazione coesiste­vano, l'una con riferimento al potere esecutivo, l'altra con riferimento al potere legislativo.

Questo tipo di soluzioni dettero vita a forme di governo « parlamentare dualista » le quali si rivelarono però assai poco stabili e per lo più subirono ulteriori trasformazioni verso forme di parlamentarismo « monista » (spesso a carattere repubblicano, o comunque tali da comportare una forte riduzio­ne del ruolo politico del re e dell'eventuale camera non elettiva). Nella loro forma più pura, queste soluzioni comportarono la tendenziale concen­trazione nel Parlamento della funzione di formazione dell'indirizzo politico (in adempimento delle indicazioni — spesso peraltro assai vaghe — che sono desumibili dall'elezione popolare dei suoi componenti) e nell'assegna­zione agli organi della Pubblica amministrazione, per certi versi, e alla Magi­stratura, per altri, di un ruolo essenzialmente esecutivo della legge parla­mentare2.

Raramente tuttavia l'opera di riduzione della funzione di governo a semplice esecuzione delle leggi e degli atti d'indirizzo emanati dal Parla­mento giunse a compimento: nella maggior parte dei casi, infatti, il Potere esecutivo conservò almeno in parte quelle prerogative che erano sue pro­prie in regime di parlamentarismo dualista (a cominciare dalla funzione d'indirizzo politico), e talvolta giunse anzi ad appropriarsi anche di una parte non trascurabile della funzione normativa. Questa evoluzione, pertan­to, comportò quasi sempre l'abbandono del principio della separazione dei poteri, che pure era stato enunciato come un altro dei cardini della moderna democrazia, o quanto meno la sua riduzione ad una formula dota­ta di effetti molto limitati3.

Nelle prospettazioni che si mantengono fedeli al parlamentarismo clas­sico, ciò viene ricondotto al rapporto maggioranza parlamentare-governo ; nelle prospettazioni che propendono verso soluzioni autoritarie o verso il ridimensionamento della democrazia dei partiti, invece, la legittimazione dell'esecutivo tende ad essere giustificata col richiamo a scelte autocratiche

2 Si~pensi alla nozione di « Parliamentary Sovereignty » illustrata nella celebre opera di A. V. DICEY, An Introduction to the Study of the Law of the Constitution, 10a ediz., London, Macmillan, 1967, pag. 39 e segg. Sul sistema costituzionale inglese si veda la relazio­ne della professoressa Patricia Leopold. Per talune varianti del sistema parlamentare britanni­co principalmente caratterizzate dalla struttura federale dello Stato, si veda l'analisi del sistema costituzionale australiano, contenuta nella relazione del professor Cheryl Saunders, e quella del sistema costituzionale canadese, contenuta nella relazione del professor José Woehrling.

3 G. MARSHALL, Constitutional Theory, Oxford, Clarendon, 1971, pag. 97 e segg.

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ovvero ai principi della democrazia plebiscitaria e si hanno allora soluzioni come il « bonapartismo » o altre analoghe (nei risultati, se non nelle premes­se storico-culturali).

Una diversa evoluzione si ebbe quasi soltanto negli Stati uniti d'Ameri­ca, dove non si dovette fare i conti con un sistema costituzionale preceden­temente in opera e dove il regime democratico assunse caratteri particolari derivanti dalla struttura federale del nuovo stato. Qui il principio della sepa­razione dei poteri assunse, invece, un ruolo centrale per la configurazione della nuova organizzazione costituzionale, la quale risultò dalla contrapposi­zione di un Esecutivo e di un Legislativo dotati di funzioni rigorosamente separate, ma ambedue parimenti legittimati dall'elezione popolare, e di un Giudiziario rigorosamente indipendente, legittimato invece soprattutto dalla sua funzione di interprete del diritto e di garante della Costituzione, que­st'ultima considerata come la massima espressione della volontà del popolo americano4.

Governo « presidenziale » e governo « parlamentare » divennero così i due poli di un'alternativa pressoché obbligata per i regimi che assumevano il principio della sovranità popolare — ossia il principio democratico — a fondamento delle proprie istituzioni costituzionali, ma nell'esperienza pratica la distinzione dei due modelli non risultò mai così netta come sarebbe stato giustificato dalle loro premesse teoriche5. Pertanto, non solo si so­no avute forme miste, collocate quasi a metà strada, con riferimento alle quali si parla di « governo semi-presidenziale » (Repubblica di Weimar, 5a

Repubblica francese)6, ma anche nei casi di paesi nei quali la scelta a fa­vore di una delle due forme di governo appare univoca, non mancano situazioni nelle quali si fa ricorso a soluzioni spurie, determinate da situa­zioni contingenti o dalla almeno parziale sopravvivenza di tradizioni origi­nate in epoche precedenti.

Ciò consente di trattare unitariamente dell'istituzione « parlamento », considerando di volta in volta come sue varietà le molte forme in cui que-

4 Sul sistema costituzionale degli Stati uniti, si veda la relazione nazionale curata dal professor Pedro F. Silva-Ruiz. Per una variante sud-americana di tale sistema, si veda l'analisi del sistema costituzionale argentino contenuta nella relazione dei professori Carlos M. Bide-gain e N. Guillermo Molinelli.

5 Per la descrizione di un esempio di regime parlamentare continentale fortemente in­fluenzato dall'assetto multipartitico, si veda la relazione del professor D. J. Elzinga, che analiz­za il sistema costituzionale olandese. Per i problemi sorti nei casi di adozione del regime parlamentare da parte di paesi dell'Est europeo dopo la fine dell'egemonia dei partiti marxisti-leninisti, si veda, con riferimento all'esperienza romena, la relazione del professor Florin B. Vasilescu e, con riferimento all'esperienza jugoslava, quella del professor Pavle Nikolic.

6 Sul sistema costituzionale della 5 a Repubblica francese, si veda la relazione nazionale curata dal professor Philippe Ardant.

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sta istituzione si presenta nell'ambito dei regimi democratici contemporanei in opera nei vari paesi, siano essi da qualificare come presidenziali, come semi-presidenziali o come parlamentari (monisti, dualisti, o altrimenti diffe­renziati). A queste varietà proprie dei regimi costituzionali, alla cui analisi sono dedicate le ricerche degli studiosi di diritto costituzionale comparato, dovrà tuttavia aversi riguardo di volta in volta per mettere in luce le ragioni delle particolarità che incontriamo nello studio degli ordinamenti dei singo­li paesi.

2. Oltre alle difficoltà che nella maggior parte dei paesi dovettero esse­re affrontate per introdurre i principi della democrazia rappresentativa e che spesso costrinsero ad accettare compromessi con i difensori deìl'ancien regime, del quale troviamo tuttora residui più o meno visibili, l'attuazione di tali principi incontrò ed incontra una serie di ostacoli intrinseci all'idea stessa della rappresentanza politica.

Secondo le idee di coloro che nell'ambito del pensiero illuminista for­nirono le basi teoriche dell'azione politica tendente alla sua pratica instaura­zione, la rappresentanza nella sua forma più pura presupponeva l'esistenza di una società composta di individui perfettamente fungibili, quanto meno a questo fine, ed escludeva per contro qualunque articolazione della società stessa in gruppi o società variamente « intermedi » fra lo stato ed il citta­dino, come anche qualunque collegamento fra gruppi di cittadini di sta­ti diversi che non fosse autorizzato e rigidamente controllato dagli stati stessi.

La ripartizione del mondo in « stati » era d'altronde giustificata in base al principio di nazionalità e alla corrispondente dottrina, secondo la quale gli uomini appartengono ad una pluralità di « nazioni », ossia di grup­pi umani distinti per lingua, cultura ed altre analoghe caratteristiche, ciascu­no dei quali ha il diritto di darsi una struttura statale distinta da quelle degli altri.

Questa impostazione consentì di instaurare, da un lato, una rigorosa separazione fra i singoli stati nazionali (i cui rapporti sono regolati dal dirit­to internazionale, il quale, avendo come soggetti non le persone fisiche, ma esclusivamente gli stati, si sviluppa su un piano essenzialmente diverso) e, dall'altro lato, una omogeneizzazione dei soggetti operanti all'interno degli ordinamenti statali e destinati ad assumere individualmente il ruolo degli « elettori » e collettivamente quello del « popolo » (che, come è noto, costituisce uno degli « elementi » costitutivi dello stato), la quale, almeno tendenzialmente, avrebbe dovuto essere altrettanto rigida.

La separazione fra gli stati determinò altresì la distinzione fra i cittadini e gli stranieri, la quale ebbe un ruolo decisivo ai fini della sistemazione

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dei rapporti giuridici e politici nelle aree in cui popoli diversi si trovarono in conflitto tra loro. Con specifico riferimento ai problemi della rappresen­tanza politica, in particolare, tale distinzione comportò talora l'esclusione di ampie collettività di persone dal diritto elettorale, in quanto prive della « cittadinanza » dello stato nel cui territorio operavano, con conseguente almeno parziale svuotamento del principio della sovranità popolare.

Tali inconvenienti non poterono d'altronde essere ovviati sul piano dei rapporti di diritto internazionale, i quali furono normalmente informati al principio di unanimità piuttosto che al principio di maggioranza, e con riferimento ai quali la soggettività era comunque riservata agli stati. Sul piano dell'organizzazione interna d'altronde, analoga funzione svolsero le limitazioni dell'elettorato fondate sul censo o su altre qualificazioni: solo nel corso del XX secolo tali limitazioni sono state generalmente eliminate e si è pervenuti alla realizzazione del « suffragio universale ».

Ma proprio a mano a mano che questo tipo di difficoltà venivano superate o almeno attenuate, appariva chiaro come fosse diffìcile eliminare, anche soltanto a questo fine, l'articolazione della società statale in una plu­ralità di comunità, i cui componenti erano avvicinati fra loro (e contempo­raneamente separati dagli altri cittadini) da fattori sociologici di ordine religioso, linguistico, culturale, ideologico, professionale, ovvero dall'ap­partenenza alle diverse classi sociali.

Sotto altro profilo appariva diffìcilmente realizzabile un'organizzazione politica ed amministrativa a carattere rigorosamente unitario (e quindi cen­tralizzata nella « capitale » dello stato): contro l'impostazione centralista si affermavano così spesso soluzioni federalistiche o comunque tali da com­portare l'adozione di forme organizzative fondate sul decentramento ammi­nistrativo o sul riconoscimento di autonomie (territoriali o di altro tipo) e ciò determinò in vario modo alterazioni degli schemi della democrazia rappresentativa.

Le anomalie della rappresentanza politica applicata agli stati federali, regionali o altrimenti articolati sulla base di diversi livelli di autonomia, non risultarono tuttavia tali da comprometterne la funzionalità, anche se esse comportarono l'introduzione di una serie di adattamenti del modello in cui questo istituto trovava la sua attuazione più semplice e coerente. Fra questi adattamenti si possono ricordare il contemporaneo funzionamen­to di una pluralità di assemblee rappresentative operanti, una o più con riferimento all'intera collettività nazionale ed altre con riferimento a collet­tività corrispondenti a parti di essa, delimitate con riguardo alla circoscri­zione territoriale di un ente autonomo (stato membro di stato federale, regione, provincia, comune, ecc.) e composte dei cittadini legati a tale cir-

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coscrizione attraverso il vincolo della residenza (configurata come una spe­cie di cittadinanza minore).

Gli effetti perturbatori che la moltiplicazione delle assemblee rappre­sentative arreca rispetto al nucleo essenziale della concezione della rappre­sentanza politica, tuttavia, furono per lo più grandemente attenuati mediante la differenziazione delle funzioni proprie delle diverse assemblee rappresen­tative, delle quali solo quella o quelle operanti a livello centrale e rispetto all'intera collettività nazionale furono configurate come dotate di funzioni qualificabili come politiche nel senso più pieno del termine, laddove le competenze proprie delle assemblee locali furono talora limitate all'eserci­zio di funzioni amministrative, o comunque con riferimento ad una riparti­zione di competenza fra stato ed enti territoriali in virtù della quale solo le funzioni proprie del primo, quale che fosse la qualificazione di quelle proprie degli altri (e quindi anche quando si trattasse di funzioni legislative o d'indirizzo politico), potevano esprimere una valenza illimitata.

Altra soluzione spesso adottata per conciliare le esigenze proprie del federalismo, del regionalismo, ecc., con i principi della democrazia rappre­sentativa fu quella che consiste nell'affiancare ad una camera eletta da tutto quanto il popolo dello stato avente struttura federale o regionale una came­ra composta di rappresentanti degli stati membri, delle regioni, ecc., desi­gnati dagli organi costituzionali di questi oppure eletti in sede locale con questa specifica funzione rappresentativa.

Mentre quindi può dirsi che l'articolazione dello stato a base federale, regionale o altrimenti autonomistica normalmente non determinò difficoltà insuperabili per un corretto funzionamento degli istituti propri della demo­crazia rappresentativa, molto più gravi furono gli inconvenienti che si mani­festarono a mano a mano che il progetto di eliminare qualunque forma di aggregazione dell'elemento personale dello stato si rivelò irrealizzabile o quasi e soprattutto quando, in certi paesi soprattutto, le organizzazioni politiche o sindacali vennero assumendo un ruolo talmente importante da prevalere talora sulla stessa organizzazione dei poteri statali.

La difficoltà nasceva soprattutto dal fatto che la presenza dei partiti e dei sindacati divenne essenziale, rispettivamente, per lo sviluppo in senso democratico delle istituzioni politiche e per un più equilibrato assetto dei rapporti economici. La concezione del popolo come un complesso di sog­getti omogenei considerati come meri individui privi di collegamenti fra loro determinava infatti forti rischi di ingovernabilità o di deviazioni verso forme di autoritarismo. Non è pensabile infatti che milioni di elettori possa­no esprimere dei rappresentanti capaci di svolgere adeguatamente le loro funzioni se essi non si aggregano preliminarmente in gruppi i quali possano presentare delle candidature, elaborare dei programmi di governo, ecc. Donde

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il ruolo essenziale dei partiti politici e dei gruppi parlamentari7. E analo­ghe considerazioni possono farsi con riferimento al ruolo dei sindacati nel­l'ambito dei rapporti fra datori di lavoro e lavoratori dipendenti, ed a quello di altre organizzazioni di carattere religioso, culturale, ecc., con riferimento ai particolari interessi da esse rispettivamente curati.

Ma è soprattutto la funzione dei partiti politici quella che è apparsa come necessaria per una positiva evoluzione delle istituzioni democratiche ed al tempo stessa contraddittoria rispetto a taluni presupposti da cui erano partiti i teorici della rappresentanza politica8. Donde le ben note discus­sioni sulla compatibilità del divieto di mandato imperativo con l'organizza­zione del parlamento in gruppi collegati ai partiti, sull'ammissibilità di una « disciplina » di gruppo cui i singoli parlamentari siano tenuti, ecc.

Senza passare in rassegna i dibattiti cui tali problemi hanno dato luogo nei diversi paesi e le soluzioni che sono state proposte per risolverli, baste­rà qui segnalare come la regola che stabilisce il divieto di mandato imperati­vo trovi ancora collocazione in molti testi costituzionali contemporanei e come essa sia comunque riconosciuta tuttora come caratteristica dei siste­mi politici che si ispirano ai principi del parlamentarismo, anche se la sua portata concreta è per lo più attenuata dalla necessità di conciliare tali principi col ruolo che le stesse costituzioni assegnano, sempre più spesso in modo esplicito, ai partiti ed alle altre formazioni sociali in cui gli indivi­dui esprimono la personalità che li distingue gli uni dagli altri9.

Ciò ha portato ad una progressiva evoluzione della concezione origina­ria del parlamentarismo, ma ciò non deve indurre a credere che il nucleo originario di essa abbia conseguentemente perduto la sua forza: al contra­rio, mai come oggi si deve riaffermare che la democrazia parlamentare co­stituisce la miglior soluzione che sia stata inventata per dare un'organizzazione politica alla società umana. Il fatto che essa incontri difficoltà, in parte conseguenti allo stesso sviluppo tecnologico che ha reso non più adeguata la dimensione statale come criterio privilegiato da utilizzare per l'organizza­zione delle strutture politiche e giuridiche ed in parte inerenti al crescente rilievo assunto dalle aggregazioni degli individui in organizzazioni politiche diverse dallo stato, ha determinato però un'evoluzione degli istituti che

7 Cfr. A. PIZZORNO, I soggetti del pluralismo. Classi Partiti Sindacati, Bologna, Il Muli­no, 1980; K. VON BEYME, Parteien in westlichen Demokratien, Munchen, Piper, 1984 (tra-duz. ital.: / partiti nelle democrazie occidentali, Bologna, Zanichelli, 1984.

8 E, pertanto, il ruolo dei partiti politici è stato riconosciuto anche di recente con l'ap­provazione dell'art. 138 A del Trattato CEE, introdotto con l'art. G 41 del Trattato di Maastricht.

9 Cfr., da ultimo, N. ZANON, // libero mandato parlamentare. Saggio critico sull'arti­colo 67 della Costituzione, Milano, Giuffrè, 1991.

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furono originariamente concepiti come strumenti idonei alla realizzazione della democrazia parlamentare: allo studio di tale evoluzione sono dedicate appunto queste osservazioni.

3. Alle difficoltà che si incontrano nella ricerca di un assetto coerente per gli istituti della democrazia rappresentativa corrispondono non minori difficoltà ove ci si sforzi di delineare un assetto coerente per i rapporti fra i tradizionali « poteri » dello stato.

Assumendo come tali, per semplicità, soltanto i tre poteri delineati nella classica opera di Montesquieu, ci troviamo di fronte, in primo luogo, alla difficoltà di conciliare l'esigenza di realizzare l'equilibrio fra i poteri stessi con l'esigenza di assicurare la sovranità popolare. Ove infatti solo gli organi di uno dei tre poteri siano eletti direttamente dal popolo, questo potere dovrebbe assumere un ruolo preminente rispetto agli altri, come è tendenzialmente avvenuto nei paesi la cui forma di governo si ispira ai principi del governo parlamentare monista. Ma se si adotta rigidamente questa soluzione, può pervenirsi al più completo svuotamento del principio di separazione, come è avvenuto nei paesi in cui sono stati applicati i prin­cipi costituzionali affermatisi in Russia in seguito alla rivoluzione del 1917, con la conseguente soppressione della funzione di garanzia che dovrebbe essere propria del potere giudiziario e con grave pregiudizio dell'efficienza della Pubblica amministrazione. Ove poi si rifletta sul ruolo che i partiti esercitano nell'elezione delle assemblee rappresentative ed all'interno di esse attraverso i gruppi parlamentari, è facile comprendere come sia facile scivolare da un sistema che dichiara di voler attuare, nel modo più rigoro­so, il principio della sovranità popolare, verso un sistema in cui un piccolo gruppo di uomini politici si impadroniscono di tutte le leve del potere, fino eventualmente a realizzare un regime autoritario del tutto analogo a quelli che in linea teorica si ispirano a principi del tutto opposti a quelli propri della democrazia.

Nei paesi dell'Europa occidentale queste conseguenze estreme sono state per lo più evitate, ma le soluzioni compromissorie adottate non hanno impedito che si avesse talora anche qui una forte attenuazione del ruolo di garanzia del potere giudiziario (cui si è addirittura spesso negata la digni­tà di « potere », come tradizionalmente avviene in Francia) ed un'eccessiva subordinazione dell'attività della Pubblica amministrazione alle esigenze della politica intesa nel suo significato deteriore (come è avvenuto soprattutto in Italia in questi ultimi anni). La pluralità dei partiti politici presenti in questi paesi attenua i rischi di degenerazione dei sistemi fondati sulla sovra­nità del parlamento, ma non li elimina del tutto, come è dimostrato dalle

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vicende che hanno portato all'avvento di alcuni dei regimi autoritari che si sono imposti in alcuni di questi paesi nel corso del secolo XX, oltre che da quelle che hanno portato alla recente crisi italiana (anche se que­st'ultima presenta caratteristiche assai diverse da quelle che hanno portato all'instaurazione di regimi autoritari).

Anche il pluralismo territoriale che consegue all'organizzazione dei pub­blici poteri in forme federali o regionali, raramente rappresenta una garan­zia efficace contro questo genere di pericoli, come è dimostrato ad esempio dall'insuccesso della resistenza che fu opposta dalla Prussia all'avvento al potere dei nazisti in Germania e da quella delle regioni spagnole autonome contro la presa del potere da parte del generale Franco.

Fu proprio in reazione ai casi di troppo facile conquista del potere da parte di movimenti autoritari i quali si avvalevano degli strumenti della democrazia per rovesciarla che si manifestarono in Europa le tendenze alla « razionalizzazione del potere » mediante l'introduzione di più forti garanzie di difesa delle istituzioni democratiche, cui fecero seguito l'introduzione in molti paesi del controllo di costituzionalità delle leggi e di altri correttivi del principio della sovranità parlamentare.

Ciò nondimeno, le soluzioni cui si è pervenuti sono pur sempre, sul piano dei principi, delle soluzioni compromissorie, in quanto esse non si fondano sull'individuazione di un preciso limite al potere dei soggetti poli­tici che traggono la loro legittimazione dall'investitura democratica. In par­ticolare, sono generalmente falliti i tentativi di organizzare l'accertamento dei casi in cui l'investitura democratica derivante dall'esito elettorale sia in realtà inquinata dal ricorso alla demagogia, alla corruzione, alla violenza o ad altri fattori perversi, onde pronunciare la perdita dei diritti fondamen­tali da parte di coloro che ne abbiano abusato.

Ed anche quando gli abusi delle assemblee parlamentari non si traduco­no nell'instaurazione di forme di governo autoritario, non lievi sono gli inconvenienti che possono derivare dall'assunzione da parte di esse di fun­zioni che dovrebbero essere riservate agli altri poteri, come si verifica nei casi di eccesso di legificazione o in quelli di uso della legge come strumento di gestione amministrativa o come correttivo dei giudicati, che hanno dato luogo a ricorrenti quanto inefficaci proteste.

Nei rapporti fra potere legislativo e potere giudiziario, qualche valida difesa può essere realizzata soprattutto quando il sistema delle garanzie d'in­dipendenza del potere giudiziario tiene conto della necessità di assicurare il carattere « diffuso » di questo potere (e quindi di garantire l'indipendenza dei magistrati anche nei confronti dei loro colleghi, ossia la loro indipen­denza « interna »). In tal modo, come l'esperienza italiana dimostra, anche se il potere politico riesce a tenere sotto controllo una parte dei magistrati,

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è sufficiente che un certo numero di essi sfuggano al controllo stesso per­ché venga assicurata la funzione di valvola di sicurezza che è proprio di questo potere.

Nei rapporti fra potere legislativo e potere esecutivo, il problema prin­cipale risulta dalla necessità di conciliare l'esercizio delle funzioni essenzial­mente tecniche, quali sono gran parte di quelle affidate alla Pubblica amministrazione, con l'esercizio delle funzioni d'indirizzo che, secondo il principio della sovranità popolare, deve essere assicurato ai soggetti politici titolari dell'investitura democratica.

In alcuni paesi, i cui ordinamenti costituzionali attuano forme di gover­no parlamentare di tipo più o meno accentuatamente monista, si è realizza­to un certo equilibrio, nel senso che il personale politico che opera in parlamento e nelle posizioni di vertice del potere esecutivo attua una sorta di self-restraint che lo induce a rispettare le competenze dei funzionari amministrativi, e il raggiungimento di questo equilibrio è risultato relativa­mente agevole soprattutto nei paesi in cui la burocrazia ha conseguito un elevato livello di professionalità e di rendimento. In altri casi, invece, il personale politico si è indotto a supplire alle inefficienze reali o presunte della Pubblica amministrazione e ciò ha comportato l'inopportuna assun­zione di funzioni amministrative da parte di persone prive della necessaria qualificazione, sia che essi operino in veste di ministri o di titolari di altre cariche analoghe, sia che essi agiscano come parlamentari.

Alle esperienze compiute nell'ambito dei paesi che applicano forme di governo parlamentare o semi-presidenziale, si contrappone il sistema presidenziale americano, che attua il principio della separazione dei poteri anche nei rapporti fra esecutivo e legislativo. Di tale sistema appare partico­larmente apprezzabile la capacità di valorizzare l'opera di persone tecnica­mente competenti che risulta, per quanto riguarda l'attività legislativa e parlamentare in genere, dall'esistenza di un'imponente organizzazione di supporto all'opera dei parlamentari e, per quanto riguarda l'attività dell'ese­cutivo, dal regime di investitura diretta del solo organo di vertice, il quale (grazie anche alla struttura dei partiti americani) ha la possibilità di dotarsi di collaboratori competenti nei vari settori.

Nonostante questi vantaggi, nemmeno il sistema presidenziale america­no sembra fare applicazione di uno schema capace di soddisfare qualunque esigenza. Ciò è evidente innanzi tutto per quanto concerne i rapporti con il potere giudiziario considerato nel suo complesso, la cui organizzazione non potrebbe essere più irrazionale ed il cui funzionamento (per contro nel complesso piuttosto soddisfacente) sembra dipendere più dalla forza di certe tradizioni tipicamente anglosassoni che dall'esistenza di efficienti garanzie giuridiche, cosicché la giustificazione del ruolo anche politico da

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esso esercitato finisce per determinare interrogativi analoghi a quelli che fanno discutere gli europei10.

Ma anche l'equilibrio fra esecutivo e legislativo, derivante dalla doppia investitura democratica che li pone su un piano di parità, non sembra del tutto razionale se si riflette sulla circostanza che si tratta di un equilibrio reso necessariamente instabile dalla mancanza di una reale possibilità di arbitrato (che solo in talune circostanze può essere svolto dalla Corte suprema).

Si può quindi cercare una conclusione a questa rassegna di problemi » relativi ai rapporti del Parlamento con gli altri poteri dello stato affermando

che in nessun caso i principi costituzionali offrono regole del tutto sicure mediante le quali risolverli. Anche nei sistemi politici che si ispirano al principio della sovranità del parlamento, infatti, debbono essere riservati spazi per l'azione indipendente dei giudici e per l'attività tecnica della Pub­blica amministrazione, a pena di rischi di scivolamento verso forme di auto­ritarismo o quanto meno di degradazione dovuta ad inefficienza o corruzione. Ma anche nei sistemi che si ispirano al principio della separazione dei pote­ri, l'attribuzione di funzioni quanto più è possibile diversificate ai diversi complessi di organi pubblici non impedisce il sorgere di problemi la cui soluzione è eminentemente rimessa all'equilibrio delle parti ed alla loro capacità di superare i dissensi attraverso l'azione politica.

4. Abbiamo visto così, sia pure in estrema sintesi, come sia difficile giustificare logicamente l'attuale assetto delle istituzioni parlamentari e co­me sia altrettanto difficile immaginare innovazioni le quali rendano più solide le basi razionali della democrazia rappresentativa che vediamo in funzione nelle aree del pianeta che presentano un più alto livello di svilup­po economico e culturale. E d'altronde è innegabile che il sistema democra­tico, nelle sue varietà corrispondenti alle forme di governo parlamentari o presidenziali, è universalmente considerato come il meno inadeguato per la realizzazione di un corretto assetto delle relazioni umane e per un miglio­re sviluppo economico e culturale della società.

Ciò comporta che il grado di approvazione o di disapprovazione delle regole in base alle quali i parlamenti funzionano sia dovuto, assai più che alla loro intrinseca coerenza, alla capacità di cui esse sono accreditate di

10 Cfr., in particolare, J. H. ELY, Democracy and Distrust. A Theory ofjudicial Review, Cambridge Mass., Harvard Univ. Press, 1980; L. H. TRIBE, Constitutional Choices, Cambrod-ge Mass., Harvard Univ. Press, 1985, pag. 3 e segg.

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soddisfare le aspirazioni dei cittadini e quindi alla loro idoneità ad assicura­re la pace internazionale, l'ordine interno, lo sviluppo economico, il pro­gresso culturale, ecc.

In questa prospettiva, i problemi reali del parlamentarismo contempo­raneo non sono tanto quelli che derivano dalla maggiore o minore raziona­lità delle regole osservate nei vari paesi, quanto quelli che derivano dalle inefficienze cui esse eventualmente danno luogo sul piano politico, econo­mico, culturale, ecc. Sotto questo punto di vista i problemi che maggior­mente interessano l'umanità riguardano la struttura dei parlamenti (ed in particolare i sistemi elettorali mediante i quali si provvede alla formazione delle camere elettive), il modo in cui sono regolati i rapporti fra parlamento e governo (ed in particolare i metodi seguiti per la risoluzione delle crisi) e la delimitazione delle funzioni proprie del parlamento ai fini dell'esercizio ottimale della sua funzione di orientamento dell'attività dei cittadini me­diante il permanente aggiornamento della legislazione vigente.

a) Il problema della composizione delle assemblee parlamentari riguar­da principalmente i casi in cui esse sono formate a seguito di una competi­zione elettorale che riguarda l'intero paese e che pertanto assume anche il significato di una scelta politica fondamentale capace di indicare quale sia l'indirizzo politico più gradito al più gran numero degli elettori e quindi — in applicazione del principio di maggioranza — al popolo considerato nella sua veste di titolare della sovranità.

Minor rilievo presentano sotto questo profilo i casi nei quali, nell'ambi­to di un sistema bicamerale, una delle camere abbia carattere ereditario o comunque non elettivo (come avviene in ipotesi ormai rare), oppure sia eletta in modo indiretto al fine di realizzare la rappresentanza delle varie entità territoriali che compongono lo stato (come avviene soprattutto negli stati federali o regionali, con modalità peraltro assai diverse da un caso all'altro). Le camere di questo tipo esercitano normalmente un ruolo differenziato da quello della camera eletta direttamente dal popolo, nel quadro di un bicameralismo non paritario: esse pertanto possono rallentare le decisioni della camera elettiva, ma di regola non possono impedire defi­nitivamente che una determinata decisione divenga operativa.

Le elezioni generali della camera elettiva (o di ambedue le camere ope­ranti in regime di bicameralismo paritario, ipotesi questa anch'essa piutto­sto rara) hanno invece una funzione che va ben al di là di quella inerente all'assegnazione dei seggi di componente del parlamento e questa funzione consiste principalmente nella determinazione del ruolo che, ai fini della guida del paese, deve essere svolto dai partiti politici che presentano i

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candidati all'elezione stessa. È mediante le elezioni generali che, in alcuni paesi, si assegnano ai partiti ruoli relativamente fìssi, destinati a durare per tutta la legislatura, di partito di maggioranza o di partito di opposizione, mentre in altre situazioni il giudizio degli elettori, pur non conseguendo sempre effetti così netti, vale comunque a delimitare le prospettive dei vari partiti, decretando quanto meno un incremento o una riduzione del­la capacità d'influenza di ciascuno di essi che risulterà molto importante ai fini della formazione degli schieramenti sul piano parlamentare e/o di go­verno.

Questa funzione, che è propria delle elezioni generali, è condivisa solo in parte da altre forme di consultazione elettorale cui i partiti partecipano (quali le elezioni amministrative o regionali, le elezioni suppletive o, negli stati aderenti all'Unione europea, quelle del Parlamento di Strasburgo), giac­ché queste ultime sono influenzate anche da fattori diversi da quelli legati alla competizione fra i partiti e generalmente non determinano un impegno altrettanto totale, per cui consentono in minor misura di tastare il polso all'intero paese.

L'importanza assolutamente preminente che le elezioni generali assu­mono per gli sviluppi della vita politica di un paese comporta quindi che grande rilievo assumano le regole in base alle quali tali elezioni si svolgono, a cominciare da quelle riguardanti il momento in cui esse debbono svolger­si. Tale momento è determinato di regola dalla scadenza della camera che deve essere rinnovata, ma varie ragioni inducono spesso a prevedere la possibilità di anticipare o ritardare tale data in presenza di taluni presuppo­sti. Le cause di posticipazione sono generalmente circoscritte a casi di forza maggiore, quali l'esistenza di una guerra in corso o simili; quelle di anticipa­zione sono invece disciplinate diversamente a seconda della forma di go­verno impiegata nel paese, della quale la disciplina dell'eventuale scioglimento anticipato delle assemblee parlamentari costituisce talora un elemento carat­teristico.

Fra le principali soluzioni adottate, a parte quelle che escludono la possibilità stessa di scioglimento onde evitare ogni attentato alla sovranità del voto elettorale (o quelle che consentono soltanto scioglimenti « tecni­ci », ovvero forme di « autoscioglimento » concertate fra tutte le forze poli­tiche), sono da distinguere soprattutto i casi in cui lo scioglimento può essere disposto soltanto sulla base di presupposti oggettivamente accertati da parte di un'autorità almeno tendenzialmente neutrale, dai casi in cui lo scioglimento è invece concepito come una sorta di vantaggio accordato al governo (e quindi al partito o ai partiti che lo compongono o lo sosten­gono ed alla corrispondente parte dello schieramento parlamentare).

I casi di quest'ultimo tipo hanno il loro modello nella tradizione ingle-

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se, dove il leader del partito al governo può scegliere discrezionalmente il momento in cui far indire le nuove elezioni a seguito, appunto, dello scioglimento della Camera dei comuni disposto con un provvedimento del monarca, il quale però in pratica non ha alcun potere di opporsi alla richie­sta del suo premier. Ad essi si contrappongono le soluzioni previste da alcuni ordinamenti costituzionali che applicano la forma di governo parla­mentare, nei quali l'esercizio del potere di scioglimento presuppone la sus­sistenza di cause obiettive, quali l'impossibilità di formare un governo che abbia una maggioranza in parlamento o l'intervento di profonde modifica­zioni negli orientamenti o nella consistenza stessa del corpo elettorale, ed è attribuito — in via esclusiva o previa concertazione con il capo dell'esecu­tivo — ad un capo dello stato configurato come un organo al di sopra delle parti (e che quindi non è, né il capo dell'esecutivo, né il leader della maggioranza parlamentare o di un partito politico).

Secondo la concezione classica del governo parlamentare, invero, il potere governativo di scioglimento dovrebbe servire a bilanciare il potere parlamentare di « sfiduciare » il governo, onde fare del corpo elettorale l'arbitro della contesa, ma raramente questo schema trova applicazioni pra­tiche pienamente conformi alla sua logica. Casi variamente intermedi si hanno poi quando il potere di scioglimento comporta anche elementi di discrezionalità non soltanto tecnica ma anche politica che variamente si intrecciano con le esigenze di uso non arbitrario del potere stesso, come avviene in particolare negli ordinamenti che applicano forme di governo a carattere semi-presidenziale; lo scioglimento è invece nettamente escluso negli ordinamenti retti secondo la forma di governo presidenziale ove non esiste alcun soggetto cui possa essere riconosciuto un potere d'intervento nei rapporti fra governo e parlamento.

Accanto ai problemi relativi alla scelta del momento in cui effettuare le elezioni generali sono da considerare quelli relativi alla determinazione delle regole in base alle quali tali elezioni debbono svolgersi ed in base alle quali i relativi risultati debbono essere determinati. È questo il proble­ma della scelta del sistema elettorale da impiegare, la cui importanza è ancora maggiore di quello della fissazione del momento delle elezioni, dato che tali regole non sono affatto neutrali e la loro modificazione può influen­zare in modo ragguardevole i risultati.

Se infatti è indubbio che esistono un complesso di principi generali che non possono essere disattesi senza far violenza alle libertà fondamentali relative a questa materia ed all'idea stessa di democrazia (eguaglianza, perso­nalità e segretezza del voto, rispetto del principio di maggioranza, quanto meno nel suo contenuto essenziale, ecc.), è indubbio che le soluzioni prati­che che possono essere adottate, sia per organizzare la manifestazione del

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voto da parte degli elettori, sia per disciplinare l'attribuzione dei seggi, possono determinare risultati elettorali del tutto diversi e poiché la scelta fra queste soluzioni (entro i limiti derivanti dalla garanzia costituzionale dei diritti fondamentali) rientra nella discrezionalità del legislatore, vi è un ampio margine entro il quale le forze politiche che hanno la maggioranza in parlamento possono adoperarsi per favorire la loro perpetuazione in tale ruolo.

Senza affrontare qui un'analisi comparativa dei sistemi elettorali con­cretamente impiegati nei diversi paesi, basterà ricordare come essi si distin­guano soprattutto a seconda che si cerchi di privilegiare la corrispondenza fra le preferenze degli elettori e la composizione della camera, come avvie­ne nei sistemi « proporzionali », ovvero ci si preoccupi soprattutto di assi­curare una composizione della camera che renda possibile la formazione all'interno di essa di una maggioranza organica e quindi la costituzione di un governo stabile (naturalmente, abbiamo qui riguardo soprattutto ai paesi i cui ordinamenti costituzionali si ispirano ai principi del governo parlamentare, poiché nei casi di governo presidenziale generalmente queste ultime preoccupazioni non hanno ragion d'essere). Fra queste due indica­zioni estreme, molti altri fattori possono indurre ad adottare soluzioni che si collocano in una posizione variamente intermedia.

b) Il problema della soluzione delle crisi di governo si pone soprattut­to negli ordinamenti costituzionali ispirati ai principi del governo parlamen­tare, giacché nei casi di governo presidenziale il capo dell'esecutivo è eletto con un mandato a termine che gli assicura la possibilità di governare fino alla scadenza del termine stesso.

Con riferimento ai primi, nei quali il capo del governo è generalmente designato dal capo dello stato, è possibile far ricorso a regole relativamente rigide, in base alle quali l'esito elettorale determina automaticamente l'attri­buzione del compito di formare il governo al leader del partito di maggio­ranza, ovvero a regole che rimettono alla discrezionalità del capo dello stato (concepito come organo tendenzialmente neutrale) il compito di desi­gnare — previe opportune consultazioni e, se del caso, trattative fra le forze politiche — la persona più adatta ad assolvere a tale compito.

Le regole del primo tipo funzionano egregiamente soprattutto nei casi in cui, per effetto della legislazione elettorale adottata o spontaneamente, si abbia una situazione di bipartitismo; esse risultano invece meno funziona­li quando non si abbia una chiara maggioranza parlamentare e sia egualmen­te prevista una serie di soluzioni da adottare in via successiva, evitandosi per quanto possibile ogni scelta discrezionale (come, ad esempio, dispone l'art. 37 della Costituzione della Grecia).

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Le regole del secondo tipo determinano invece notevoli difficoltà, sia a causa dei tempi lunghi che la. loro applicazione richiede, sia a causa degli equilibri instabili che esse spesso determinano. Esistono accorgimenti tecni­ci utilizzabili per attenuare questi inconvenienti, il più noto dei quali è il konstruktives Misstrauensvotum di cui all'art. 67 della Costituzione della Germania, il quale può contribuire a conferire un certo grado di stabilità ai governi in carica, ma che non può valere ovviamente per la formazione del primo governo successivo ad un'elezione generale e che, in ogni caso, non può impedire che si abbiano eventuali crisi « extraparlamentari ».

Sembra perciò corretto concludere che le regole costituzionali che pos­sono essere adottate per la soluzione delle crisi di governo — in regime di governo parlamentare — possono in qualche misura favorire la stabilità governativa, ma non possono mai assicurarla del tutto, né possono evitare le lentezze e le inefficienze che sono spesso la conseguenza inevitabile del ricorso ad accordi di coalizione fra forze politiche diverse. Ove si riten­ga che la stabilità governativa sia un obiettivo da perseguire anche a costo di una certa riduzione del grado di rappresentatività delle istituzioni parla­mentari, le soluzioni da adottare per supplire alla mancata formazione spon­tanea di una maggioranza assoluta consistono dunque nella scelta di un sistema elettorale maggioritario.

e) Tra le funzioni proprie dei parlamenti contemporanei, quella che consiste nell'approvazione di nuove norme giuridiche destinate a regolare la vita sociale nell'ambito dello stato di cui trattasi ha assunto un ruolo nettamente preminente sulle altre. Ciò è più vero per alcuni paesi che per altri (a seconda del grado di legifìcazione in essi ricontrabile), ma l'accre­sciuto ruolo del « diritto legislativo » è ormai ammesso anche con riferimen­to ai paesi di common law, rispetto ai quali si può ancora affermare, almeno dal punto di vista teorico, che i precedenti giudiziari, e non gli statutes, costituiscono la principale fonte del diritto11.

La funzione di controllo della spesa pubblica, che in passato ha svolto un ruolo preminente, ha perduto gran parte della sua importanza in presen­za di sistemi fiscali fondati sul pagamento obbligatorio delle imposte da parte della generalità dei cittadini, tanto che oggi è più spesso sul governo che grava il compito di opporsi alle spese proposte in sede parlamentare che non viceversa.

La funzione di indirizzo politico, che nei paesi a governo parlamentare è tuttora fondamentale, si manifesta però soprattutto al momento della for-

11 G. CALABRESI, A Common Law for the Age of Statutes, Cambridge Mass., Harvard Univ. Press, 1982.

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mazione del governo, giacché questo, una volta in carica, è indotto a ri­spondere più ai partiti che compongono la sua maggioranza e che lo sosten­gono anche fuori del parlamento, che non al parlamento in quanto tale. Casi di esercizio del potere d'indirizzo politico che non mettono in discus­sione la sua permanenza in carica sono ovviamente possibili, ma non hanno per lo più un peso consistente se non determinano il venir meno della fiducia parlamentare e quindi la caduta del governo.

Le funzioni di controllo dell'amministrazione, in particolare mediante le inchieste parlamentari, e le funzioni para-giudiziarie di cui le camere sono normalmente investite (in relazione ai reati del capo dello stato, dei ministri o dei propri componenti) hanno anch'esse un ruolo che può risul­tare talora molto importante, ma che si manifesta di solito solamente in circostanze eccezionali.

È invece la funzione legislativa quella che si sviluppa in modo costante nell'arco della legislatura e che assume sempre più spesso il carattere di uno strumento di governo, dato che è mediante la legge che si perseguono per lo più obiettivi politici, non solo nei campi più tradizionalmente propri del diritto, ma anche per quanto attiene alla politica economica, alla salva­guardia dell'ordine pubblico ed a una miriade di problemi concernenti i settori più diversi della vita sociale del paese. Dall'attività legislativa « ordi­naria » deve essere distinta l'attività costituente e di revisione costituziona­le, che spesso rientra altresì nei compiti dei parlamenti, ma ha un carattere di almeno tendenziale eccezionalità, e l'attività regolamentare « interna », che assolve ad una funzione molto più circoscritta.

Questa tendenza ha determinato nuove difficoltà che possono indicarsi tiassuntivamente facendo riferimento alle denunce che vengono proposte ormai da ogni parte contro l'eccesso di norme e contro la cattiva qualità tecnica di esse per segnalare le difficoltà che ne derivano per i cittadini, per le pubbliche amministrazioni e per i giudici che debbono applicare tali norme.

Queste difficoltà possono indicarsi sinteticamente segnalando l'incer­tezza del diritto che deriva dalla disagevole conoscibilità della legislazione così inflazionata e dalle difficoltà di dare un significato coerente e sicuro a regole dettate per la risoluzione di problemi particolari, senza preoccupar­si del quadro generale, ovvero redatte in modo affrettato o farraginoso senza un'adeguata opera di drafting12.

Accanto a questi inconvenienti di carattere generale che si sono mani

12 Cfr. il celebre « Renton Report »: The Preparation of Legislation. Report of a Com-mittee Appointed by the Lord President of the Council, presented to Parliament on May 1975, London, Sweet & Maxwell, 1975.

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festati, in modo più o meno accentuato, in quasi tutti i paesi, vanno messe in evidenza le ulteriori difficoltà che derivano dalla moltiplicazione dei tipi di fonti del diritto: accanto alla legge ordinaria statale, che ancora qualche decennio fa era considerata, sostanzialmente, come l'unica fonte del diritto, si deve oggi tenere conto di molte altre forme di produzione normativa che si sviluppano spesso anche a livello internazionale. All'interno di molti stati, poi, sono divenuti più frequenti i casi di attività normativa di enti locali (nell'ambito di stati federali, regionali, o semplicemente decentrati) o di istituzioni autonome, variamente riconosciute dallo stato. Infine, im­portanza sempre maggiore ha assunto l'attività normativa dell'esecutivo, quale che sia la sua collocazione nel sistema delle fonti, e crescente rilievo hanno conseguito anche nei paesi di civil law varie forme di diritto giuri­sprudenziale (specialmente a seguito dell'introduzione di sistemi di control­lo giudiziario di costituzionalità delle leggi)13.

A fronte di tale evoluzione, le esigenze che avevano indotto, soprattut­to nei paesi dell'Europa continentale, ad adottare in modo rigido la regola che subordina la vigenza normativa della legge alla realizzazione di un'ido­nea attività di pubblicazione della stessa hanno costretto i giuristi contem­poranei ad attenuare la portata del principio ignorantta iuris non excusat e così ad allargare quella rilevabilità dell'errore di diritto che i loro prede­cessori avevano cercato di limitare ad ipotesi del tutto marginali14.

Del pari rimessa in discussione è risultata la funzione dei codici, che erano stati i protagonisti della grande stagione dominata dalla dottrina giuri­dica tedesca del XIX secolo e che riescono a sopravvivere con difficoltà a fronte dell'alluvione delle « leggine », delle leggi interpretative, delle leggi di sanatoria, ecc.

Contro questo andazzo si sono manifestate importanti reazioni: in vari paesi sono sorte associazioni di giuristi impegnati a studiare quali siano i modi migliori per razionalizzare il sistema delle fonti, per ricondurre la legge alla sua funzione di regola normalmente generale ed astratta, per riva­lutare la funzione dei codici o almeno quella dei testi unificati, per raziona­lizzare i sistemi di pubblicazione degli atti normativi e pervenire possibilmente alla realizzazione di raccolte dell'intero diritto legislativo in vigore (accom­pagnate magari da una clausola di abrogazione di tutto il diritto anteriore al momento della ripubblicazione)15. Importanti istituzioni sono state crea-

13 M. CAPPELLETTI (ed.), New Perspectives for a Common Law of Europe, Leyden, Sij-thoff, 1978; G. GORLA, Diritto comparato e diritto comune europeo, Milano, 1981.

14 F. PALAZZO, Culpability and « Ignorantia Legis » in the Italian Legai System.- A Dual Concept in Evolution, in Italian Studies in Law, II (1994).

15 Cfr. A. VIANDIER, Recberche de légistique comparée, Berlin, Springer, 1988.

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te a questo fine in alcuni paesi, come ad esempio la Law Commission inglese, mentre in altri questo obiettivo è stato assunto come proprio da istituzioni già esistenti, come ad esempio il Conseil d'Etat francese, ma nonostante tutto questo, soprattutto in taluni paesi, si è ancora lontani dal conseguire risultati soddisfacenti.

Ed in effetti si deve constatare che raramente le esigenze di cui si deve tenere conto per realizzare un miglioramento della tecnica della legi­slazione sono state tenute presenti in sede di revisione delle regole che disciplinano l'organizzazione dei parlamenti e che, al contrario, la necessità di assicurare il rispetto dei principi della democrazia rappresentativa è spes­so opposta come un tabù contro qualunque proposta di razionalizzazione che possa risultare funzionale rispetto a questo tipo di esigenze.

Ora, nessuno dei teorici della « scienza della legislazione » pensa che per rispettare le esigenze di funzionalità sopra menzionate si debbano tra­sformare le assemblee parlamentari in organi tecnici, senza tener conto alcuno della loro idoneità o meno a rappresentare la volontà popolare, ma non si vede per contro perché non ci si debba sforzare di conciliare le opposte esigenze una volta constatato che l'attuale assetto determina inconvenienti sempre più vistosi. Su questa via si sono avviati, del resto, taluni paesi e non si vede perché altri debbano restare per contro totalmen­te refrattari a questa forma di progresso scientifico.

I problemi specifici che potrebbero essere impostati ove si volesse fare qualche passo in questa direzione non riguardano soltanto una più razionale disciplina del sistema delle fonti del diritto16 e, in particolare, del regime della pubblicazione degli atti normativi, ma riguardano altresì taluni aspetti della struttura stessa delle camere cui spetta l'approvazione delle leggi e dei loro poteri.

Per quanto riguarda la composizione intesa in senso stretto è indubbio, ad esempio, che l'approvazione di leggi settoriali e disorganiche è agevolata dalla composizione pletorica delle camere stesse, molti dei cui componenti non hanno alcuna prospettiva di esercitare un ruolo politico importante e sono indotti perciò a dedicarsi alla cura degli interessi dei loro elettori in modi che risultano inopportuni dal punto di vista dell'interesse generale del paese. Altro problema importante è quello dei servizi parlamentari, i quali dovrebbero essere in grado di fornire quell'assistenza che è necessaria perché si abbiano leggi tecnicamente ben fatte, ma le cui prestazioni do-

16 Cfr. Ch. KOURILSKY, A. RACZ, H. SCHAFFER, The Sources of Law. A Comparative Em-pirical Study, Budapest. Akadémiai Kiadò, 1982; A. PIZZORUSSO (ed.), Law in the Making, Berlin, Springer, 1988.

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vrebbero altresì essere imposte anche a quei membri del parlamento che preferiscano ricorrere a soluzioni meramente artigianali.

Per ottenere miglioramenti di rilievo sarebbe tuttavia necessario intro­durre altresì regole le quali introducano limitazioni di ordine procedurale all'attività legislativa del parlamento, quali quelle che sottraggono certe ma­terie all'abrogazione non esplicita, o che prescrivono la codificazione di altre (come ad esempio dovrebbe dirsi per la materia penale, in alcuni paesi dissestata dalle innumerevoli « leggi penali speciali » che rendono del tutto incerta l'efficienza di questo importante settore del diritto).

Per non dire, ovviamente, dell'opportunità di disciplinare in modo chiaro e sicuro l'ambito di operatività del diritto statale, quello del diritto interna­zionale (e, in Europa, quello del diritto comunitario), quello del diritto locale e quello del diritto delle istituzioni autonome (ad esempio, delle istituzioni sportive).