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ASSOCIAZIONE GIAN FRANCO CAMPOBASSO per lo studio del Diritto Commerciale e Bancario www.associazionegfcampobasso.it 1 Recenti pronunzie della Corte di Cassazione in materia di Diritto Commerciale e Bancario Rassegna (II – 2009) SOMMARIO Diritto societario pag. 1 Titoli di credito pag. 28 Contratti bancari e finanziari pag. 32 Diritto fallimentare pag. 36 I. DIRITTO SOCIETARIO CORTE DI CASSAZIONE, Sezione I, 17 gennaio 2007, n. 1034 (Pres. DE MUSIS Est. SCIRÒ), in Società, 2008, 199, con nota di L.M. CAPUANO. Società di capitali – Società a responsabilità limitata – Assemblea – Convocazione al di fuori del Comune della sede sociale – Delibera – Annullabilità - Sussistenza. (codice civile previgente, artt. 2363, 2377). Società di capitali – Società a responsabilità limitata – Assemblea – Convocazione fatta dal solo presidente del collegio sindacale – Delibera – Annullabilità - Sussistenza. (codice civile previgente, artt. 2377, 2406). È annullabile la deliberazione di un'assemblea di S.r.l. che, in difetto di previsione in tal senso dell'atto costitutivo, sia stata convocata in un comune diverso da quello in cui è ubicata la sede sociale. E' annullabile la deliberazione di un'assemblea di S.r.l. che, nell'inerzia dell'organo amministrativo, sia stata convocata per iniziativa del solo presidente del collegio sindacale in mancanza di una delibera assunta da detto collegio. CORTE DI CASSAZIONE, Sezione I, 17 gennaio 2007, n. 1045 (Pres. DE MUSIS Est. RORDORF), in Riv. dir. soc., 2009, 80, con nota di R. CRISCUOLO (*). Società di capitali - Amministratori - Responsabilità: in genere - Azione del socio e del terzo danneggiato - Danni arrecati ai soci dall'amministratore - Responsabilità personale dell'amministratore - Sussistenza - Principio estensibile alle società di persone.

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Recenti pronunzie della Corte di Cassazione in materia di Diritto Commerciale e Bancario

Rassegna (II – 2009)

SOMMARIO

Diritto societario pag. 1 Titoli di credito pag. 28 Contratti bancari e finanziari pag. 32 Diritto fallimentare pag. 36

I. DIRITTO SOCIETARIO CORTE DI CASSAZIONE, Sezione I, 17 gennaio 2007, n. 1034 (Pres. DE

MUSIS – Est. SCIRÒ), in Società, 2008, 199, con nota di L.M. CAPUANO. Società di capitali – Società a responsabilità limitata – Assemblea – Convocazione al di fuori del Comune della sede sociale – Delibera – Annullabilità - Sussistenza. (codice civile previgente, artt. 2363, 2377). Società di capitali – Società a responsabilità limitata – Assemblea – Convocazione fatta dal solo presidente del collegio sindacale – Delibera – Annullabilità - Sussistenza. (codice civile previgente, artt. 2377, 2406). È annullabile la deliberazione di un'assemblea di S.r.l. che, in difetto

di previsione in tal senso dell'atto costitutivo, sia stata convocata in un comune diverso da quello in cui è ubicata la sede sociale.

E' annullabile la deliberazione di un'assemblea di S.r.l. che, nell'inerzia dell'organo amministrativo, sia stata convocata per iniziativa del solo presidente del collegio sindacale in mancanza di una delibera assunta da detto collegio. CORTE DI CASSAZIONE, Sezione I, 17 gennaio 2007, n. 1045 (Pres. DE

MUSIS – Est. RORDORF), in Riv. dir. soc., 2009, 80, con nota di R.

CRISCUOLO (*). Società di capitali - Amministratori - Responsabilità: in genere - Azione del socio e del terzo danneggiato - Danni arrecati ai soci dall'amministratore - Responsabilità personale dell'amministratore - Sussistenza - Principio estensibile alle società di persone.

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(codice civile, artt. 2281, 2393, 2395). Società di capitali - Amministratori - Responsabilità: in genere - Comportamenti illeciti degli amministratori - Onere della prova dell'attore - Contenuto. (codice civile, artt. 2392, 2697).

Costituendo la società di persone un centro di imputazione di

situazioni giuridiche distinte da quelle dei soci, ancorché dette società non siano dotate di autonoma personalità giuridica, è configurabile con riguardo ad esse una responsabilità degli amministratori nei confronti dei singoli soci, oltre che verso la società, in termini sostanzialmente analoghi a quanto prevedono, in materia di società per azioni, gli art. 2393 e 2395 c.c.. In tema di azione di responsabilità verso gli amministratori sociali, sull'attore incombe la prova dell'illiceità dei comportamenti degli amministratori medesimi. Allorquando tali comportamenti non siano in sé vietati dalla legge o dallo statuto e l'obbligo di astenersi dal porli in essere discenda dal dovere di lealtà, coincidente col precetto di non agire in conflitto di interessi con la società amministrata, o dal dovere di diligenza, consistente nell'adottare tutte le misure necessarie alla cura degli interessi sociali a lui affidati, l'illecito è integrato dal compimento dell'atto in violazione di uno dei menzionati doveri. In tal caso l'onere della prova dell'attore non si esaurisce nella prova dell'atto compiuto dall'amministratore ma investe anche quegli elementi di contesto dai quali è possibile dedurre che lo stesso implica violazione del dovere di lealtà o di diligenza. CORTE DI CASSAZIONE, Sezione I, 23 gennaio 2007, n. 1476 (Pres. LOSAVIO – Est. RORDORF), in Riv. dir. soc., 2009, 96, con nota di L. OTTIERI

(*). Associazioni e fondazioni - Norme sulle società - Applicazione analogica - Ammissibilità - Unificazione di associazioni non riconosciute - Norme sulla fusione - Applicabilità - Ricorso per cassazione proposto da una delle associazioni unificate - Ammissibilità - Fondamento. (codice civile, artt. 14, 2501, 2504 bis; c.p.c., artt. 110, 299, 300).

L'associazione non riconosciuta, ancorché sfornita di personalità giuridica, è considerata dall'ordinamento come centro di imputazione di situazioni giuridiche distinto dagli associati, cui sono analogicamente applicabili, in

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mancanza di diversa previsione di legge o degli accordi associativi, le norme stabilite in materia di associazioni riconosciute o di società. Pertanto, in caso di unificazione di due associazioni non riconosciute può farsi riferimento alle norme sulla fusione, con la conseguenza che la sopravvenuta unificazione non incide sull'ammissibilità del ricorso per cassazione proposto a nome di una delle associazioni unificate in quanto parte del giudizio di merito; infatti, a seguito della nuova formulazione dell'art. 2504 bis c.c., in base al cui comma 1 la società che risulta dalla fusione o quella incorporante assumono i diritti e gli obblighi delle società partecipanti alla fusione, proseguendo in tutti i loro rapporti, anche processuali, anteriori alla fusione, la fusione configura una vicenda meramente evolutivo-modificativa del medesimo soggetto giuridico, senza la produzione di alcun effetto successorio ed estintivo. CORTE DI CASSAZIONE, 2 aprile 2007, n. 8221 (Pres. PROTO – Est. SALVATO ), in Giur. comm., 2008, II, 963, con nota di N. DE LUCA.

Società – Riduzione obbligatoria del capitale per perdite – Situazione patrimoniale aggiornata – Necessità – Nullità della delibera assembleare. (codice civile, artt. 2377, 2379, 2446, 2447). In tema di società, le regole dettate dagli art. 2446 e 2447 c.c.,

prevedenti, ai fini della riduzione del capitale sociale, le modalità con cui le disponibilità della società possono essere intaccate e la necessità del previo deposito della situazione patrimoniale aggiornata, sono strumentali alla tutela, non solo dell'interesse dei soci, ma anche dei terzi; è pertanto nulla la delibera di azzeramento e di reintegrazione del capitale sociale che sia stata adottata in base ad una situazione patrimoniale della società non aggiornata, e assunta sulla base di una determinazione delle perdite al lordo delle riserve. (Enunciando il principio di cui in massima, in un caso nel quale la delibera era stata adottata in base all'ultimo bilancio, redatto un anno prima, senza che risultasse se fosse stata o meno depositata la relazione sulla situazione patrimoniale, la Corte, cassando con rinvio la sentenza impugnata, ha precisato che il grado di aggiornamento della situazione va valutato in relazione a ciascun caso concreto, e che detta situazione patrimoniale può, eventualmente, essere anche surrogata dall'ultimo bilancio di esercizio, purché questo sia riferibile ad una data recente rispetto a quella di convocazione dell'assemblea, sempre che "medio tempore" non siano sopravvenuti fatti significativi).

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CORTE DI CASSAZIONE, Sezione I, 2 aprile 2007, n. 8222 (Pres. PROTO

– Est. SALVATO ), in Società, 2008, 462, con nota di M. CUPIDO-L. SCIPIONI, ed in Giur. comm., 2008, II, 1212, con nota di M. SPIOTTA.

Società di capitali – Società a responsabilità limitata - Assemblea - Deliberazioni - Invalidità – Nullità, annullabili tà ed inesistenza - Esclusione. (codice civile, artt. 2364, 2365, 2375, 2446). Società di capitali – Società a responsabilità limitata – Deliberazioni assembleari – Riduzione e ripristino del capitale – Impugnazione – Nullità. (codice civile, art. 2446). In tema di azzeramento del capitale sociale e di ricostituzione del

medesimo, la mancata redazione del verbale della delibera da parte di un notaio, come prescritto dall'art. 2375, comma 2, c.c. per le delibere riservate alla competenza dell'assemblea straordinaria, non comporta inesistenza dell'atto, né impossibilità od illiceità dell'oggetto della delibera (che sono le sole ipotesi nelle quali la stessa è inficiata da nullità), ma dà luogo ad un vizio del procedimento integrante un'ipotesi di annullabilità della deliberazione. (Fattispecie anteriore all'operatività della riforma delle società di capitali, di cui al d.lg. n. 6 del 2003). È nulla la deliberazione con cui l'assemblea di una società a responsabilità limitata, sul presupposto che il capitale sociale sia stato perduto in misura superiore al terzo, proceda alla riduzione ed alla ricostituzione di detto capitale senza il preventivo deposito di una situazione patrimoniale aggiornata CORTE DI CASSAZIONE, Sezione I, 24 aprile 2007, n. 9901 (Pres. LOSAVIO – Est. PANZANI ), in Società, 2008, 184, con nota di F. VALENZA , ed in Giur. comm., 2008, II, 997, con nota di O. CAGNASSO.

Mala gestio per conflitto di interessi – Azione sociale di responsabilità – Transazione – Condizioni di validità. (codice civile, artt. 1394, 2391, 2393, 2475 ter; d.lgs. 24 febbraio 1998, n. 58, art. 150). Transazione con un coobbligato solidale – Clausola preclusiva della facoltà di profittare degli altri condebitori estranei – Validità. (codice civile, art. 1304).

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Azione sociale di responsabilità – Transazione con coobbligati non amministratori – Mancanza della previa autorizzazione assembleare – Improduttività di effetti rispetto all’amministratore coobbligato. (codice civile, artt. 1304, 2393). La rinuncia o la transazione relative all'esercizio dell'azione sociale

di responsabilità contro gli amministratori di società per azioni senza la preventiva deliberazione assembleare sono affette da nullità assoluta e insanabile, deducibile da chiunque vi abbia interesse e rilevabile d'ufficio.

È legittimo nella transazione tra il creditore e uno o più coobbligati l'inserimento di una clausola che escluda la possibilità per gli altri condebitori estranei, che non abbiano partecipato alla transazione, di profittare della stessa. Infatti, per il principio dell'autonomia negoziale, è consentito alle parti di stabilire liberamente il contenuto del negozio, anche eventualmente alterandone gli effetti tipici.

In tema di società, l'amministratore convenuto in giudizio, unitamente ad altri soggetti, con l'azione sociale di responsabilità, non può giovarsi, ai sensi dell'art. 1304 c.c., della transazione intervenuta tra la società ed i coobbligati solidali, qualora la transazione non sia stata autorizzata dall'assemblea con deliberazione adottata senza il voto contrario della minoranza qualificata prevista dall'art. 2393 c.c.: tale delibera costituisce infatti una forma tipica ed inderogabile di espressione della volontà sociale, il cui difetto è causa di nullità assoluta ed insanabile della transazione stipulata con l'amministratore, trattandosi di un requisito prescritto a garanzia dei soci di minoranza, la cui tutela risulterebbe pertanto svuotata di ogni contenuto qualora, essendo convenuti anche soggetti che non rivestono la predetta qualità, l'atto in questione potesse perfezionarsi senza l'espressa autorizzazione richiesta da tale disposizione. CORTE DI CASSAZIONE, Sezione I, 24 aprile 2007, n. 9909 (Pres. PROTO

– Est. RORDORF), in Giur. comm., 2008, II, 1231, con nota di C. BOLOGNESI

. Società - Società cooperativa - Esclusione di un socio - Delibera assembleare - Proclamazione del risultato - Errato conteggio dei voti - Seconda votazione - Indizione immediata da parte del presidente - Illegittimità. (codice civile, artt. 2371, 2375, 2377, 2533).

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In tema di società, la proclamazione del risultato segna il momento conclusivo del procedimento di votazione in ordine ad ogni singola proposta sulla quale l'assemblea dei soci è stata chiamata ad esprimersi, onde non è consentito, nella medesima riunione, procedere ad una seconda votazione sulla stessa proposta, salvo che in presenza di specifici ed accertati vizi della precedente votazione, i quali ne legittimano la rinnovazione, purché nel verbale ne sia dato puntualmente atto. (Nella specie, la sentenza impugnata aveva ritenuto legittimo l'operato del presidente dell'assemblea, il quale, dopo aver proclamato il risultato di una prima votazione, in cui la proposta non era stata approvata perché non aveva raccolto la maggioranza dei voti espressi, aveva indetto una seconda votazione, in virtù del rilievo che la prima, svoltasi per alzata di mano, non aveva consentito di verificare il numero di deleghe di cui era portatore ciascuno dei votanti: in applicazione dell'enunciato principio, la S.C. ha cassato la predetta sentenza, osservando che il mero dubbio sulla legittimità del procedimento di votazione avrebbe potuto giustificare un nuovo conteggio dei voti, e non anche l'immediata indizione di una nuova votazione, la quale postulava l'instaurazione di un nuovo e diverso procedimento assembleare).

CORTE DI CASSAZIONE, Sezione I, 2 maggio 2007, n. 10121 (Pres. LOSAVIO – Est. PANZANI ), in Società, 2008, 855, con nota di F. PLATANIA .

Società di capitali - Società a responsabilità limitata - Conferimenti - Quota - Trasferimento - Acquisto o pegno delle proprie quote - Diritto di prelazione - Intestazione fiduciaria - Retrocessione - Prelazione - Diritto - Esclusione - Fondamento. (codice civile, art. 2355 bis). La clausola di prelazione prevista dallo statuto di una società a

responsabilità limitata è dettata nell'interesse dei soci che intendono garantirsi contro il rischio di mutamento della compagine sociale; peraltro, in caso di retrocessione di quote oggetto di intestazione fiduciaria non vi è, dal punto di vista sostanziale, mutamento nelle persone dei soci, operando il fiduciante nell'interesse e secondo le istruzioni del mandante; pertanto, il fiduciante, che sia titolare di proprie quote, non può invocare il diritto di prelazione, in quanto il trasferimento delle quote al mandante fa parte del pactum fiduciae.

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CORTE DI CASSAZIONE, Sezione I, 11 maggio 2007, n. 10879 (Pres. PROTO – Est. PANZANI ), in Società, 2008, 579, con nota di G. ZAGRA, ed in in Giur. comm., 2008, II, 1194, con nota di A. CAPRIOLI .

Revocatoria ordinaria (azione) - Diritto di opzione relativo all'aumento di capitale di una società - Rinuncia - Assoggettabilità a revocatoria - Limiti. (codice civile, artt. 2441, 2469, 2481 bis, 2901).

La rinuncia o il mancato esercizio del diritto di opzione relativo all'aumento di capitale di una società non è suscettibile di revoca, ai sensi dell'art. 2901 c.c., al fine di consentire al creditore di sostituirsi al debitore nell'esercizio dell'opzione stessa, perché effetto della revoca è la declaratoria di inefficacia dell'atto revocato e il conseguente assoggettamento del bene oggetto della rinuncia all'azione esecutiva. La revoca è tuttavia consentita quando l'opzione costituisce un bene in sé, dotato di autonomo valore di mercato, e in questo caso l'azione esecutiva dovrà svolgersi nel rispetto della disciplina dettata dall'art. 2480 c.c. (ora art. 2471, a seguito della riforma del diritto societario introdotta dal d.lgs. n. 6 del 2003). Di conseguenza, nell'ambito della disciplina della società a responsabilità limitatala la revoca è subordinata alla dimostrazione che il diritto di opzione sia suscettibile di alienazione secondo la legge di circolazione delle quote stabilita dallo statuto sociale. CORTE DI CASSAZIONE, Sezione I, 12 giugno 2007, n. 13767, in Società, 2008, 1100, con nota di M. FUMAGALLI .

Società di capitali - Società a responsabilità limitata - Denuncia di gravi irregolarità - Provvedimenti assunti ai sensi dell’art. 2409 c.c. - Ricorso straordinario per cassazione ex art. 111 Cost. – Inammissibilità. (codice civile, artt. 2477, 2409; costituzione, art. 111). I provvedimenti resi sulla denuncia di irregolarità nella gestione di

una società ex art. 2409 c.c., in quanto privi di decisorietà anche quando incidano su posizioni soggettive o definiscano questioni inerenti la regolarità del relativo procedimento, non sono suscettibili di ricorso straordinario per Cassazione (massima non ufficiale). CORTE DI CASSAZIONE, Sezione I, 21 giugno 2007, in Società, 2008, 1233, con nota di E. DISETTI.

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Società di capitali - Società a responsabilità limitata - Delibera di aumento del capitale sociale - Disconoscimento del diritto di voto al socio iscritto nel libro soci - Esclusione - Diritto di opzione - Esercizio - Obbligo di previa iscrizione nel registro delle imprese - Esclusione - Quote non optate - Obbligo di indicare il sovrapprezzo – Esclusione. (codice civile prev., artt. 2436, 2411, 2441, 2495). L’iscrizione nel libro soci costituisce, nella società a responsabilità

limitata, il presupposto indispensabile per l’esercizio dei diritti sociali, i diritti di intervento in assemblea e di voto, e per l’adempimento degli obblighi derivanti dalla partecipazione alla società (massima non ufficiale).

In sede di aumento del capitale sociale in una società a responsabilità limitata i modi e i termini dell’esercizio del diritto di opzione sono determinati liberamente dall’assemblea dei soci ed in ogni caso non sono soggetti al previo deposito dell’offerta dell’opzione presso il competente ufficio del registro delle imprese (massima non ufficiale).

In sede di aumento di capitale sociale di una società a responsabilità limitata, non si rinviene nella legge alcun obbligo di prevedere la corresponsione di un sovrapprezzo in caso di esercizio del diritto di prelazione sulle quote non optate (massima non ufficiale). CORTE DI CASSAZIONE, Sezione I, 6 luglio 2007, n. 15304 (Pres. CARNEVALE – Est. SALVATO ), in Società, 2008, 848, con nota di M.M.

GAETA. Società di capitali - Società a responsabilità limitata - Bilancio (pubblicazione, redazione, ripartizione degli utili) - Utili societari - Prova - Bilancio fiscale - Utilizzabilità - Diversità dal bilancio civilistico - Mancata specificazione delle divergenze - Irrilevanza. (codice civile, artt. 2261, 2262, 2320, 2423).

Al fine di accertare la produzione di utili di una società commerciale

possono essere utilizzate le risultanze del solo bilancio redatto a fini fiscali e non può esserne genericamente eccepita l'inutilizzabilità senza svolgere specifiche e pertinenti deduzioni in ordine ai concreti effetti che le divergenze tra normativa fiscale e civilistica possano produrre. (La fattispecie aveva ad oggetto l'azione di responsabilità di un amministratore di s.r.l. per cattiva gestione riguardante tra l'altro la mancata percezione di utili provenienti da società partecipate, documentati mediante i bilanci redatti a fini fiscali soprattutto a causa della condotta omissiva ed

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inadempiente dell'amministratore stesso in ordine agli obblighi di corretta redazione e deposito dei bilanci societari). CORTE DI CASSAZIONE, Sezione I, 12 luglio 2007, n. 15613 (Pres. LOSAVIO – Est. SALVATO ), in Società, 2008, 724, con nota di R. BERNABAI.

Società di capitali - Società a responsabilità limitata - Assemblea (convocazione, deliberazione, diritto di voto) - Deliberazioni - Socio in conflitto di interessi - Calcolo della quota nel "quorum" costitutivo - Inclusione - Calcolo della quota nel "quorum" deliberativo - Esclusione. (codice civile previgente, artt. 2373, 2377, 2486).

In tema di computo del quorum deliberativo dell'assemblea di una

società a responsabilità limitata nel caso in cui uno dei soci versi in conflitto d'interessi, per la disciplina di cui all'art. 2373, comma 1, c.c. (per il richiamo all'art. 2486, comma 2, c.c.) nel regime anteriore alla riforma societaria di cui al d.lgs. n. 6 del 2003, la nozione di capitale sociale di riferimento rimanda alla sola parte di esso coincidente con quella dei soci aventi diritto di votare, con esclusione della quota facente capo al socio che versi in conflitto d'interessi, rilevante invece ai soli fini del quorum costitutivo, ai sensi dell'art. 2373, comma 4, c.c. CORTE DI CASSAZIONE, Sezione I, 12 luglio 2007, n. 15614 (Pres. LOSAVIO - Est. GIUSTI), in Società, 2009, 46, con nota di G. MUSCOLO.

Società di capitali - Modificazioni - Riduzioni del capitale - Per perdite - Riduzione al di sotto del limite legale - Delibera assembleare di ricostituzione del capitale sociale - Contestuale immediata sottoscrizione del capitale ricostituito senza fissazione di un termine di opzione - Necessità - Esclusione - Previsione del termine di trenta giorni ex art. 2441 c.c. previgente per esercizio su diritto di opzione dei soci aventi diritto - Validità della delibera. (codice civile, artt. 2441, 2446, 2447; codice di procedura civile, art.

360). È valida la delibera, che a seguito di riduzione integrale del capitale

sociale per perdite, decida l'azzeramento ed il contemporaneo aumento, anche ad una cifra superiore al minimo, del capitale sociale, mediante la sottoscrizione immediata e per intero del socio presente, purché sia

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consentito, ai soci assenti o impossibilitati alla sottoscrizione immediata, l'esercizio del diritto di opzione nel termine di trenta giorni stabilito nell'art. 2441, comma 2, c.c. previgente per l'acquisto delle partecipazioni sottoscritte in misura eccedente la quota di spettanza dell'originario sottoscrittore, dal momento che l'esercizio postumo del diritto di opzione opera come condizione risolutiva e rimuove "pro quota" e retroattivamente gli effetti dell'originaria sottoscrizione. CORTE DI CASSAZIONE, Sezione I, 13 luglio 2007, n. 15672 (Pres. LOSAVIO – Est. RORDORF), in Società, 2008, 47, con nota di M.M. GAETA, ed in Riv. dir. comm., 2008, II, 67, con nota di F. IENCA.

Società di capitali – Società a responsabilità limitata – Assemblea- Avviso di convocazione al socio. (codice civile previgente, art. 2484, codice civile, art. 2479, comma 3). Ai fini della validità ed efficacia dell'avviso di convocazione

dell'assemblea di una società a responsabilità limitata, l'art. 2484 c.c. previgente richiedeva due condizioni, rimaste invariate, una temporale, costituita dalla spedizione almeno otto giorni prima della data stabilita per l'assemblea, ed una spaziale relativa all'invio presso il domicilio indicato nel libro soci. La duplicità dei requisiti è destinata a contemperare l'esigenza di informare il socio in uno spazio temporale adeguato con l'esigenza, di pari rilievo, di una convocazione rapida. Risulta pertanto irrilevante che l'avviso non sia pervenuto al socio, se siano state rispettate entrambe le condizioni, dovendosi imputare esclusivamente alla sua negligenza la mancata comunicazione della modifica del domicilio. CORTE DI CASSAZIONE, 17 luglio 2007, n. 14963, in Società, 2008, 1368, con nota di N. SPAGNOLO.

Società di capitali - Società per azioni - Atto istitutivo - Modifica della clausola sull’oggetto sociale - Cambiamento significativo dell’attività societaria - Diritto di recesso - Titolarità del suo esercizio. (codice civile, artt. 2437, 2437 bis, 1362, 1363). L’assunzione in una società per azioni di un’attività

economicamente collegata a quella prevista nell’atto costitutivo non integra il «cambiamento significativo» dell’oggetto sociale richiesto dall’art. 2437,

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comma 1, lett. a), c.c. quale presupposto all’esercizio del diritto di recesso da parte del socio dissenziente, intervenente o meno alla delibera modificativa della clausola societaria (massima non ufficiale). CORTE DI CASSAZIONE, Sezione I, 17 luglio 2007, n. 15942 (Pres. LOSAVIO – Est. GIUSTI), in Società, 2008, 306, con nota di M.P. FERRARI.

Società di capitali – Società a responsabilità limitata – Delibera assembleare – Invalidità – Vizi di convocazione – Eccesso di potere – Condizioni. (codice civile, artt. 2373, 2377, 2378, 2379, 2479 ter). A fronte dell'attribuzione all'amministratore di compensi

sproporzionati o in misura eccedente i limiti della discrezionalità imprenditoriale, è possibile impugnare la delibera dell'assemblea della società di capitali per abuso o eccesso di potere, sotto il profilo della violazione del dovere di buona fede in senso oggettivo o di correttezza, giacché una tale deliberazione si dimostra intesa al perseguimento della prevalenza di interessi personali estranei al rapporto sociale, con ciò danneggiando gli altri partecipi al rapporto stesso. In tal caso al giudice è affidata una valutazione che è diretta non ad accertare, in sostituzione delle scelte istituzionalmente spettanti all'assemblea dei soci, la convenienza o l'opportunità della delibera per l'interesse della società, bensì ad identificare, nell'ambito di un giudizio di carattere relazionale, teso a verificare la pertinenza, la proporzionalità e la congruenza della scelta, un vizio di illegittimità desumibile dalla irragionevolezza della misura del compenso stabilita in favore dell'amministratore, occorrendo a tal fine avere riguardo, in primo luogo, alla natura e alla ampiezza dei compiti dell'amministratore ed al compenso corrente nel mercato per analoghe prestazioni, in relazione a società di analoghe dimensioni, e, ma in funzione complementare, alla situazione patrimoniale e all'andamento economico della società. CORTE DI CASSAZIONE, Sezione I, 18 luglio 2007, n. 15957 (Pres. DE

MUSIS – Est. SCHIRÒ), in Società, 2008, 980, con nota di D. CARMINATI . Società di capitali – Società per azioni - Azioni – Diritti sociali – Recesso – Legittimazione. (codice civile prev., art. 2437).

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A norma dell’art. 2437, comma 1, c.c., presupposto del diritto di recesso del socio è il dissenso di questo rispetto alla delibera che riguardi le «cd. basi essenziali della società», con la conseguenza che è il momento dell’assemblea quello in cui nasce il diritto di recesso, in quanto non sia stato espresso in tale sede un voto conforme alla delibera della maggioranza e in tale senso il diritto di recesso può ritenersi collegato al diritto di voto (massima non ufficiale).

Nel caso di vendita a termine di titoli azionari, il diritto di recesso contemplato dall’art. 2437 c.c. (nel testo anteriore alle modifiche introdotte dal D.Lgs. 17 gennaio 2003, n. 6, applicabile alla specie «ratione temporis») - a differenza del diritto di opzione e degli altri diritti presi in considerazione dagli artt. 1531 ss. c.c. - non passa immediatamente in capo al compratore, ma resta di spettanza del venditore sino al momento in cui, con il maturare del termine, questi non abbia perso la titolarità delle azioni. Dai citati artt. 1531 ss. c.c. destinati a risolvere specifiche situazioni di contrapposizione d’interesse tra controparte e venditore in ipotesi di vendita a termine di titoli di credito - non può infatti dedursi l’esistenza di una regola generale, in forza della quale in caso di vendita a termine di titoli azionari, tutti i diritti sociali si trasmettono al compratore, con la sola eccezione del diritto di voto menzionato dal secondo comma dell’art. 1531. Né, d’altra parte, è ipotizzabile l’applicazione analogica al diritto di recesso della disciplina prevista per il diritto di opzione - che in pendenza del termine compete al compratore, ai sensi dell’art. 1532 c.c. - trattandosi di istituti di fondamento logico ben diverso: giacché l’uno - il diritto di opzione - è destinato ad assicurare a ciascun socio la possibilità di mantenere la preesistente percentuale di partecipazione in caso di aumento del capitale, e dunque esprime una esigenza di stabilità nel rapporto reciproco tra soci; mentre l’altro - il diritto di recesso - è finalizzato a porre termine alla partecipazione sociale, consentendo al socio che dissente da determinate decisioni della maggioranza, modificative dell’assetto della società, di fuoriuscire dalla compagine societaria (massima non ufficiale). CORTE DI CASSAZIONE, Sezione I, 18 luglio 2007, n. 15963 (Pres. LOSAVIO – Est. RORDORF), in Società, 2009, 197, con nota di D. PISELLI .

Società di capitali - Società a responsabilità limitata - Aumento di capitale - Trasformazione in società per azioni - Patto parasociale destinato all'aumento di capitale - Validità - Delibera assembleare di aumento di capitale e trasformazione società censurabile - Irrilevanza.

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(codice civile, artt. 2341 bis, 2341 ter; d.lgs. 24 febbraio 1998, n. 58, artt. 122, 123). È valido l'accordo negoziale stipulato tra soci e terzi avente ad

oggetto la ricapitalizzazione di una società a responsabilità limitata e la sua trasformazione in società per azioni anche se la delibera societaria possa astrattamente ritenersi viziata perché assunta sulla base di una situazione patrimoniale non corrispondente a quella reale. I patti parasociali, in quanto destinati a disciplinare convenzionalmente l'esercizio di diritti e facoltà dei soci, non sono vietati e possono essere stipulati non solo tra soci ma anche tra soci e terzi. Pur essendo vincolanti esclusivamente tra le parti contraenti e non potendo incidere direttamente sull'attività sociale, i patti parasociali devono ritenersi illegittimi solo quando il contenuto dell'accordo si ponga in contrasto con norme imperative o sia idoneo a consentire l'elusione di norme o principi generali dell'ordinamento inderogabili ma non quando sia destinato a realizzare un risultato pienamente consentito dall'ordinamento. CORTE DI CASSAZIONE, Sezione III, 19 luglio 2007, n. 16031 (Pres. DI NANNI – Est. VIVALDI ), in Giur. comm., 2008, II, 1176, con nota di F.

PARMEGGIANI . Vendita - Oggetto della vendita - Vendita di azioni di società - Oggetto immediato - Partecipazione sociale - Conseguenze ai fini dell’annullamento del contratto per errore e della risoluzione ex art. 1497 c.c. - Mancanza di qualità inerenti al patrimonio sociale - Rilevanza - Esclusione - Eccezione - Revisione di specifiche garanzie contrattuali. (codice civile, artt. 1428, 1429, 1439, 1497) In tema di compravendita di azioni di una società, che si assume

stipulata a un prezzo non corrispondente al loro effettivo valore, senza che il venditore abbia prestato alcuna garanzia in ordine alla situazione patrimoniale della società stessa, il valore economico dell’azione non rientra tra le qualità di cui all'art. 1429 n. 2 c.c., relativo all'errore essenziale. CORTE DI CASSAZIONE, Sezione I, 20 luglio 2007, n. 16159 (Pres. LOSAVIO - Est. GILARDI ), in Società, 2008, 1483, con nota di A. CALVO .

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Società di capitali - Assemblea dei soci - Deliberazioni - Invalide - Impugnazione - Interesse ad agire - Nozione - Fattispecie in tema di nullità della delibera di approvazione del bilancio di liquidazione del Fondo di previdenza integrativa dell'Isveimer. (codice civile, artt. 2379, 2395, 2423, 2423-bis, 2426; codice di procedura civile art. 100). Il principio secondo cui l'interesse ad agire comporta la verifica, da

compiersi d'ufficio da parte del giudice, in ordine all'idoneità della pronuncia richiesta a spiegare un effetto utile alla parte che ha proposto la domanda, trova applicazione anche in riferimento all'azione di accertamento della nullità delle deliberazioni adottate dall'assemblea di una società, il cui esercizio postula un interesse che, oltre a dover essere concreto ed attuale, si riferisca specificamente all'azione di nullità, non potendo identificarsi con l'interesse ad una diversa azione, il cui esercizio soltanto potrebbe soddisfare la pretesa dell'attore. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha confermato la sentenza impugnata, la quale aveva dichiarato inammissibile, per difetto d'interesse, l'azione di nullità della delibera di approvazione del bilancio di liquidazione del Fondo di previdenza integrativa dell'Isveimer, proposta dagli iscritti al medesimo Fondo, rilevando che la dichiarazione di nullità non avrebbe comportato la rimozione del limite di spesa imposto dall'art. 4 d.l. 24 settembre 1996 n. 497, conv. con modificazioni dalla l. 19 novembre 1996 n. 588, ai fini dell'estinzione delle obbligazioni della società nei confronti degli attori). CORTE DI CASSAZIONE, Sezione I, 23 luglio 2007, n. 16211 (Pres. CARNEVALE - Est. PLENTEDA), in Società, 2008, 1364, con nota di D.

FINARDI . Società di capitali - Amministratori - Responsabilità: in genere - Riduzione del capitale al di sotto del limite legale - Scioglimento della società - Divieto di compiere nuove operazioni - Violazione - Danni - Liquidazione - Criteri. (Codice civile artt. 2393, 2394, 2446, 2447). Nel caso in cui l'azione di responsabilità nei confronti degli

amministratori di una società trovi fondamento nella violazione del divieto di intraprendere nuove operazioni, a seguito dello scioglimento della società derivante dalla riduzione del capitale sociale al di sotto dei limiti previsti dall'art. 2447 c.c., non è giustificata la liquidazione del danno in misura pari alla differenza tra l'attivo ed il passivo accertati in sede

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fallimentare, non essendo configurabile l'intero passivo come frutto delle nuove operazioni intraprese dagli amministratori, ma dovendosi ascrivere lo stesso, almeno in parte, alle perdite pregresse che avevano logorato il capitale.

CORTE DI CASSAZIONE, Sezione I, 24 luglio 2007, n. 16390 (Pres. LOSAVIO – Est. SALVATO ), in Società, 2008, 572, con nota di R. GENCO.

Società di capitali - Società cooperative - Assemblea - Deliberazioni - Delibera inesistente - Impugnazione - Condizioni - Atto materialmente inesistente - Proposta del socio non discussa in assemblea - Inesistenza materiale della delibera - Impugnabilità - Esclusione. (codice civile, art. 2379).

Può essere impugnata e conseguentemente dichiarata invalida la

delibera societaria inesistente quando vi sia un atto scrutinabile, ovvero quando possa valutarsi la palese difformità dal modello legale o l'assenza di requisiti essenziali; diversamente, non può configurarsi alcun atto impugnabile nell'ipotesi in cui una richiesta del socio (nella specie, di proporre azione di responsabilità nei confronti degli amministratori) non venga presa in considerazione dal presidente dell'assemblea e conseguentemente né discussa né approvata. CORTE DI CASSAZIONE, Sezione I, 24 luglio 2007, n. 16393 (Pres. CARNEVALE – Est. DEL CORE), in Giur. comm., 2009, II, 42, con nota di F.

NIEDDU ARRICA (pubblicata anche in Società, 2009, 453, con nota di T.

LEONE) (*). Società di capitali - Assemblea dei soci - Deliberazioni - Invalide - Impugnazione - Delibera adottata con intervento di soci non in regola con il deposito dei certificati azionari - Rilevabilità del vizio - Prova - Onere a carico della parte impugnante - Contenuto. (codice civile, artt. 2377, 2379; l. 29 dicembre 1962, n. 1745, art. 4). Società di capitali - Società a responsabilità limitata - Conferimenti - Art. 2467 c.c. - Finanziamenti del socio in favore della società - Nozione - Impugnazione della delibera di rimborso dei finanziamenti in questione - Prova a carico della parte impugnante - Contenuto.

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Società di capitali - Conferimenti - Versamenti in conto capitale - Natura giuridica - Conferimenti atti a incrementare il patrimonio netto - Destinazione - Costituzione di riserva "di capitale" soggetta alla stessa disciplina della riserva da soprapprezzo - Diritto alla restituzione - Condizioni. (codice civile, artt. 2431, 2432). Società di capitali - Assemblea dei soci - Costituzione - Verbale di deliberazione assembleare - Identificazione dei soci partecipanti - Assenza - Difetto di costituzione dell'assemblea - Prova concreta - Necessità - Onus probandi - A carico del socio impugnante - Fattispecie anteriore al d.lgs. n. 6 del 2003. (codice civile, artt. 1421, 2366, 2375, 2379, 2697). In caso di impugnazione di delibera adottata con intervento di soci

iscritti nel relativo libro ma non in regola con il deposito dei certificati azionari prescritto dall'art. 4 l. n. 1745 del 1962, il relativo vizio può essere rilevato solo in conseguenza della prova, il cui onere incombe sulla parte impugnante, della concreta mancanza della qualità di socio in capo al soggetto che vi ha preso parte, poiché è solo quella qualità, e non il previo deposito delle azioni, che legittima ad intervenire all'assemblea.

La proposizione normativa contenuta nell'art. 2467 c.c. - secondo cui il rimborso dei finanziamenti dei soci a favore della società è postergato rispetto alla soddisfazione degli altri creditori e, se avvenuto nell'anno precedente la dichiarazione di fallimento della società, deve essere restituito - è applicabile, come reso evidente dal comma 2 della disposizione, non a ogni forma di finanziamento da parte dei soci, ma, esclusivamente, alla figura dei cosiddetti prestiti anomali o "sostitutivi del capitale" al fine di porre rimedio alle ipotesi di sottocapitalizzazione cosiddetta nominale. Pertanto, in caso di impugnazione della delibera assembleare di rimborso di finanziamenti ritenuti anomali nel senso appena chiarito, la parte impugnante deve provare che la deliberazione medesima sia stata adottata in presenza di un eccesso di indebitamento rispetto al patrimonio netto della società, o di una situazione finanziaria in cui sarebbe stato ragionevole un conferimento, ovvero, in una fase in cui la società, in reazione all'attività in concreto esercitata, aveva la necessità delle risorse messe a disposizione dai socie finanziatori e non sarebbe stata in grado di rimborsarli .

I versamenti in conto capitale costituiscono conferimenti volti a incrementare il patrimonio netto della società e non sono imputabili a capitale, salvo che, con apposita delibera assembleare di modifica dell'atto costitutivo, non ne venga disposto successivamente l'utilizzo per un aumento

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del capitale sociale; una volta eseguiti, i versamenti vanno a costituire una riserva, non di utili, ma "di capitale", soggetta alla stessa disciplina della riserva da soprapprezzo (art. 2431 c.c.), seppure "personalizzata" o "targata" in quanto di esclusiva pertinenza dei soci che li hanno effettuati. Ne consegue che i soci eroganti possono chiedere la restituzione delle somme versate solo per effetto dello scioglimento della società e nei limiti dell'eventuale residuo attivo del bilancio di liquidazione e che, d'altra parte, i ridetti versamenti, in caso di saturazione della riserva legale, possono con delibera dell'assemblea ordinaria essere distribuiti durante societate tra i soci in misura corrispondente a quanto da ognuno versato.

L'omessa verbalizzazione dell'identificazione dei soci partecipanti ad un'assemblea di società per azioni non determina automaticamente la nullità assoluta della deliberazione, essendo necessario dimostrare e non soltanto supporre il difetto di costituzione dell'organo deliberante, in quanto l'identificazione può avvenire anche in modo informale ed implicito mediante l'attestazione presidenziale della valida costituzione dell'assemblea. (Fattispecie anteriore al d.lg. n. 6 del 2003). CORTE DI CASSAZIONE, Sezione I, 25 luglio 2007, n. 16416 (Pres. LOSAVIO – Est. SCHIRÒ), in Riv. dir. soc., 2009, 82, con nota di R.

CRISCUOLO (pubblicata anche in Società, 2009, 607, con nota di E.L. NTUK) (*).

Società di persone - Società in nome collettivo - amministrazione - Doveri degli amministratori - Violazione - Azione individuale di responsabilità promossa dal socio - Lesione del patrimonio sociale - Non sufficienza - Lesione del valore della quota - Necessità - Fattispecie. (codice civile, artt. 2043, 2260, 2301, 2395).

L' azione diretta del socio contro gli amministratori di società di

persone, coesiste con l'azione concessa all'ente per ottenere il ristoro dei danni subiti a causa dell'inadempimento dei doveri statutari o legali; tuttavia, la natura extracontrattuale ed individuale dell'azione del socio, fondata sull'art. 2043 c.c. ed in applicazione analogica dell'art. 2395 c.c., esige che il pregiudizio non sia il mero riflesso dei danni eventualmente recati al patrimonio sociale, ma si tratti di danni direttamente causati al socio come conseguenza immediata del comportamento degli amministratori. (Nella fattispecie, la S.C. ha ritenuto che le illegittime sottrazioni di somme di pertinenza della società in nome collettivo operate dall'amministratore avessero provocato una lesione dell'integrità del

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patrimonio sociale e solo indirettamente del valore della quota del singolo socio, essendo dunque infondata l'azione di responsabilità individuale).

CORTE DI CASSAZIONE, Sezione I, 6 settembre 2007, n. 18724 (Pres. DE

MUSIS – Est. RORDORF), in Società, 2009, 190, con nota di M.M. GAETA . Società di capitali - Società cooperative - Amministratori - Responsabilità per le nuove operazioni compiute - Disciplina previgente al d.lgs. n. 6 del 2003 - Cooperativa esercente il credito - Fattispecie di versamento di denaro in deposito da parte del socio - Natura giuridica - Qualità di terzo creditore danneggiato - Sussistenza. (codice civile, artt. 2393, 2394, 2449, 2516). Il socio di una cooperativa, beneficiario del servizio reso da

quest'ultima, è parte di due distinti rapporti, l'uno di carattere associativo, che discende dall'adesione al contratto sociale, l'altro che deriva dal contratto bilaterale di scambio, per effetto del quale egli si appropria del servizio resogli dall'ente. In materia di cooperative esercenti il credito, il versamento su libretto di risparmio di denaro da parte di chi sia anche socio determina un rapporto che sorge dal contratto di deposito bancario e non dal vincolo sociale, sicché l'accettazione del deposito operato dagli amministratori della cooperativa, in spregio al divieto di compiere nuove operazioni sociali in presenza di una causa di scioglimento, può integrare la responsabilità nei confronti del socio in quanto terzo creditore. CORTE DI CASSAZIONE, Sezione I, 13 settembre 2007, n. 19160 (Pres. CARNEVALE – Est. PANEBIANCO), in Giur. comm., 2009, II, 54, con nota di A.V. GUCCIONE (*).

Società di capitali - collegio sindacale - Nomina, revoca, rinunzia, sostituzione - Nomina - Presentazione di una lista da parte del consiglio di amministrazione - Possibile elezione integrale dei sindaci - Violazione del diritto dei soci di minoranza alla nomina di un componente effettivo - Sussistenza. (codice civile, art. 2377; d. lgs. 24 febbraio 1998, n. 58, art. 148). Società di capitali - Assemblea dei soci - Presidenza - Spettanza - Al presidente del consiglio di amministrazione - Ad altro componente designato dall'organo amministrativo - Legittimità - Esclusione. (codice civile, artt. 2371, 2377).

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Procedimento civile - Cessazione della materia del contendere - Presupposti - Integrale soddisfazione dell'interesse dedotto in giudizio - Necessità - Condizioni - Fattispecie in materia di impugnativa di delibere assembleari di società per azioni - Pronuncia di cassazione con rinvio - Decisione sulle spese - Valutazione sulla soccombenza virtuale - Necessità. (codice civile, artt. 2371, 2377; codice procedura civile, artt. 372, 382; d. lgs. 24 febbraio 1998, n. 58, art. 148).

In tema di nomina del collegio sindacale nelle società per azioni, è

illegittima la modifica statutaria che attribuisca al consiglio di amministrazione il diritto di presentare una propria lista di candidati, con possibile integrale copertura dei posti disponibili, ciò implicando la violazione del diritto dei soci di minoranza, ai sensi dell'art. 148, comma 2, d.lgs. n. 58 del 1998, di ottenere l'elezione di un loro candidato quale componente effettivo.

In tema di presidenza dell'assemblea della società per azioni, è illegittima, per contrarietà alla norma inderogabile di cui all'art. 2371 c.c., la delibera che, attribuendo la funzione al presidente del consiglio di amministrazione, preveda che, in caso di assenza o impedimento, essa spetti ad un consigliere scelto dallo stesso collegio, poiché per tale ipotesi subordinata la norma espressamente deferisce la scelta alla maggioranza degli intervenuti.

La cessazione della materia del contendere postula che sopravvengano nel corso del giudizio fatti tali da determinare il venir meno delle ragioni di contrasto tra le parti e, con ciò, dell'interesse al ricorso; la composizione in tal modo della controversia giustifica non già l'inammissibilità del ricorso in cassazione bensì, da un lato, la rimozione, con cassazione senza rinvio, delle sentenze già emesse, prive di attualità e, dall'altro, una pronuncia finale sulle spese, secondo una valutazione di soccombenza virtuale. (Nella fattispecie di impugnativa di delibera assembleare la S.C. ha preso atto che, anche dai documenti prodotti ex art. 372 c.p.c., una società per azioni aveva revocato le delibere - con gli effetti di cui all'art. 2377, comma ultimo, c.c., nel testo anteriore al d.lg. n. 6 del 2003 - in conformità alle censure del socio che nel frattempo erano state accolte dalle sentenze di merito, ed ha accertato, ai fini di stabilire la soccombenza, l'illegittimità delle clausole modificative dello statuto oggetto di impugnativa).

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CORTE DI CASSAZIONE, Sezione I, 10 ottobre 2007, n. 21130 (Pres. DE

MUSIS – Est. PANZANI ), in Giur. comm., 2008, II, 784, con nota di G.

GOBBO, ed in Società, 2009, 183, con nota di F. PLATANIA . Società – Azione di responsabilità degli amministratori di società ex art. 2389 c.c. – Revoca per giusta causa – Prelievo di somme dalle casse sociali in assenza di formali deliberazioni dell’assemblea dei soci – Possibilità di ammettere l’esistenza di autorizzazioni implicite o del potere di ratifica di fatti concludenti –Sussistenza di indirizzi giurisprudenziali di legittimità contrastati – Rimessione degli atti al primo presidente per l’eventuale assegnazione del ricorso alle Sezioni Unite della Cassazione. (codice civile, art. 2389). Deve essere rimessa al primo presidente della Corte di cassazione,

per l’eventuale assegnazione alle Sezioni Unite del Supremo Collegio, la questione relativa alla possibilità di ammettere autorizzazioni implicite o ratifiche all’operato degli amministratori sociali i quali, prelevando denaro contante dalle casse sociali, abbiano agito senza essere stati formalmente autorizzati dall’assemblea dei soci, ancorché sussista una specifica delibera di approvazione del bilancio della società in cui risultino appostati i compensi prelevati, sulla base dei quali, giusta l’art. 2389 c.c., gli amministratori rei del prelievo siano stati rimossi dall’incarico sociale per giusta causa revocatoria. CORTE DI CASSAZIONE, Sezione I, 16 ottobre 2007, n. 21730 (Pres. PROTO – Est. RORDORF), in Società, 2009, 175, con nota di A. FUSI .

Società cooperativa - Assemblea - Deliberazione - Impugnazione - Mancata convocazione dei soci - Nullità annullabilità - Legittimazione ad agire. (codice civile, artt. 2377, 2378, 2379) Il socio di una società cooperativa a responsabilità limitata è

legittimato a impugnare la delibera con la quale l'assemblea abbia approvato il bilancio di esercizio qualora la delibera sia viziata per difetto di convocazione di alcuni soci la cui precedente dichiarazione di voler recedere dalla società sia da considerarsi nulla in quanto non conforme alle previsioni dettate in proposito dalla legge e dallo statuto [Massima non ufficiale].

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CORTE DI CASSAZIONE, Sezione I, 16 novembre 2007, n. 23824 (Pres. DE MUSIS – Est. PLENTEDA), in Giur. comm., 2008, II, 626, con nota di M. MUSCHIO.

Contratto di pegno – Terzo debitore titolare del capitale della società costituente – Legittimazione alla risoluzione per inadempimento – Esclusione. (codice civile, art. 1453). Contratto di pegno – Estinzione dell’oggetto – Azione di nullità – Interesse ad agire – Sussistenza. (codice civile, artt. 1418, 2037, 2447; codice di procedura civile, art. 100). Contratto di pegno – Estinzione dell’oggetto – Azione di risoluzione per inadempimento – Interesse ad agire – Sussistenza. (codice civile, artt. 1453, 1458, 2037, 2447; codice di procedura civile, art. 100). Pegno di azioni – Giudizio di invalidità della delibera assunta con il voto del creditore pignoratizio – Incidenza sull’interesse dell’azionista alla domanda di risarcimento – Esclusione. (codice civile, artt. 1418, 1453, 2352, 2377, 2379; codice di procedura civile, art. 100). La legittimazione all’azione di risoluzione per inadempimento di un

contratto di pegno di azioni spetta solo alle parti contrattuali e non al terzo estraneo, quand’anche esso sia titolare del capitale della società che ha costituito il pegno ovvero sia parte di altro contratto il cui adempimento è garantito dal pegno. L’interesse concreto e attuale ad agire con l’azione di nullità di un contratto di pegno sussiste anche in relazione alla conseguente azione di reintegrazione per equivalente pecuniario, ove l’oggetto del contratto sia venuto meno o comunque ne sia impossibile la restituzione e la relativa azione di ripetizione non sia prescritta.

Sussiste in capo alla parte che chieda l’accertamento dell’inadempimento e la risoluzione di un contratto di pegno l’interesse concreto e attuale ad agire, in relazione all’azione di risoluzione e a quella di reintegrazione per equivalente pecuniario, ove l’oggetto del contratto sia venuto meno, nonché in relazione alla connessa azione risarcitoria, una volta che le azioni di ripetizione e di risarcimento non risultino prescritte.

Sussiste in capo al socio titolare di azioni oggetto di pegno l’interesse ad agire nei confronti del creditore pignoratizio per il

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risarcimento del danno derivato da condotte illegittime ed abusive da lui poste in essere in violazione della disciplina che regola il pegno, indipendentemente dal giudizio di validità delle deliberazioni assembleari assunte "medio tempore" col voto del creditore medesimo. CORTE DI CASSAZIONE, Sezione I, 12 dicembre 2007, n. 26012 (Pres. PROTO – Est. GILARDI ), in Banca e borsa, 2008, II, 409, con nota di G.B.

BARILLÀ . Società di persone – Fideiussione rilasciata da socio illimitatamente responsabile - Ammissibilità. (codice civile, artt. 1936, 2251, 2291, 2304). La società di persone, anche se sprovvista di personalità giuridica,

costituisce un distinto centro di interessi e di imputazione di situazioni sostanziali e processuali, dotato di una propria autonomia e capacità processuale. In forza di tale autonomia, così come legittimato ad agire in giudizio per gli interessi della società e far valere diritti, ovvero per contestare eventuali obblighi a essa ascritti, è esclusivamente il soggetto che rivesta la qualità di legale rappresentante, e così come riguardo a esse è configurabile una responsabilità degli amministratori nei confronti dei singoli soci, oltre che verso la società, allo stesso modo deve ritenersi che la fideiussione prestata dal socio a favore della società, proprio per effetto della rilevata autonomia patrimoniale e della distinzione di sfere giuridiche rientra tra le garanzie prestate per le obbligazioni altrui, secondo lo schema delineato dall’art. 1936 c.c. CORTE DI CASSAZIONE, Sezione I, 12 dicembre 2007, n. 26012 (Pres. PROTO - Est. GILARDI ), in Società, 2009, 38, con nota di F. FUNARI.

Società in nome collettivo - Socio - Illimitatamente responsabile - Debiti della società - Fideiussione del socio in favore della società - Validità (codice civile, artt. 2267, 2291, 2304, 1936). La fideiussione rilasciata da un socio illimitatamente responsabile di

una società di persone in favore dei creditori della società deve ritenersi valida. Preliminarmente, risulta soddisfatto il requisito richiesto dall'art. 1936 c.c. secondo il quale la garanzia deve riguardare l'adempimento di un'obbligazione altrui. Infatti, benché le società di persone non siano dotate di personalità giuridica, tuttavia, a esse deve riconoscersi una forma di

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soggettività giuridica (sia pure attenuata) distinta da quella dei singoli soci, per effetto dalla loro autonomia patrimoniale (anche se imperfetta), che consente la configurazione di un'alterità tra società, da una parte, e soci, dall'altra. Né può sostenersi che l'obbligazione fideiussoria assunta dal socio illimitatamente responsabile sia nulla per mancanza di causa. Al contrario, vi è un concreto interesse dei terzi creditori alla sua stipulazione, poiché si tratta di uno strumento di garanzia operativo anche oltre la durata del vincolo societario e non condizionato dal "beneficium excussionis", invece opponibile dai soci ai creditori sociali ai sensi dell'art. 2304 c.c.

CORTE DI CASSAZIONE, Sezione I, 20 dicembre 2007, n. 26821 (Pres. DE MUSIS – Est. PLENTEDA), in Società, 2009, 287, con nota di F. CASADEI .

Società cooperativa - Socio - Esclusione - Intrasmissibilità mortis causa - Clausole di continuazione - Deliberazione del consiglio di amministrazione - Requisiti di ammissione - Rigetto della domanda - Tutela dell’aspirante socio - Riesame della decisione. (codice civile prev., artt. 2521, 2525, 2528; codice civile, artt. 2527, 2528, 2534, comma 2) Non è qualificabile in termini di esclusione una deliberazione

consiliare che escluda la qualità di soci di società cooperativa in capo agli eredi di un socio deceduto [Massima non ufficiale]. CORTE DI CASSAZIONE, Sezione I, 29 gennaio 2008, n. 2020 (Pres. CRISCUOLO – Est. PICCININNI), in Società, 2008, 974, con nota di M. DI

SARLI. Società di capitali – Società a responsabilità limitata – Bilancio d’esercizio – Mancata distribuzione degli utili - Legittimità. (codice civile, artt. 2350, 2423, 2433). Società di capitali – Società a responsabilità limitata – Bilancio d’esercizio – Mancata evidenziazione nello stato patrimoniale di un prelievo e di un versamento – Mancanza di chiarezza del bilancio - Insussistenza. (codice civile, artt. 2350, 2423, 2433). Società di capitali – Società a responsabilità limitata – Bilancio d’esercizio – Natura – Documento di sintesi. (codice civile, artt. 2350, 2423, 2433).

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Anche nelle società a responsabilità limitata (nel vigore della disciplina dettata dal codice civile del 1942, anteriormente alla riforma di cui al d.lg. 17 gennaio 2003 n. 6) non è configurabile un diritto del socio agli utili senza una preventiva deliberazione assembleare in tal senso, rientrando nei poteri dell’assemblea - in sede approvativa del bilancio - la facoltà di disporne l’accantonamento o il reimpiego nell’interesse della stessa società, sulla base di una decisione censurabile solo se propria di iniziative della maggioranza volte ad acquisire posizioni di indebito vantaggio a danno degli altri soci cui sia resa più onerosa la partecipazione. CORTE DI CASSAZIONE, Sezione I, 12 marzo 2008, n. 6719 (Pres. CARNEVALE), in Giur. comm., 2009, II, 309, con nota di E. RICCIARDIELLO

(*). Società di capitali - Società a responsabilità limitata - Amministratori (necessità della qualità di socio) - Amministratore di fatto - Presupposti - Investitura della società - Necessità - Esclusione - Ingerenza nella gestione sociale - Sufficienza - Fattispecie. (codice civile, artt. 2383, 2941; r.d. 16 marzo 1942, n. 267, art. 146).

In tema di responsabilità degli amministratori delle società di

capitali la relativa disciplina è applicabile anche a coloro i quali si siano ingeriti nella gestione sociale in assenza di una qualsivoglia investitura, ancorché irregolare o implicita, da parte della società, così individuandosi il cosiddetto amministratore di fatto; ne consegue che, accertato il predetto inserimento dalle direttive impartite e dal condizionamento delle scelte operative dell'ente, si ha sospensione della decorrenza dei termini di prescrizione dell'azione di responsabilità prevista per gli amministratori finché sono in carica, ai sensi dell'art. 2941, n. 7, c.c. (Nella fattispecie la S.C. ha considerato come sintomi utilizzabili per il riconoscimento della figura del cosiddetto amministratore di fatto, il ruolo attivo svolto nella gestione sociale dopo la formale cessazione della carica ed il consistente apporto economico prestato in favore dei dipendenti).

CORTE DI CASSAZIONE, Sezione I, 15 aprile 2008, n. 9905 (Pres. CRISCUOLO – Est. SCHIRÒ), in Banca e borsa, 2009, II, 269, con nota di M.

MIOLA (*). Società - Società di capitali - Amministratori - Poteri di rappresentanza - Deliberazione assembleare di autorizzazione o

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ratifica dell’atto compiuto oltre i limiti dei pote ri conferiti - Estraneità all’oggetto sociale - Irrilevanza.

(codice civile, art. 1399; testo previgente, art. 2384-bis).

In tema di società di capitali, l'eccedenza dell'atto rispetto ai limiti dell'oggetto sociale, ovvero il suo compimento al di fuori dei poteri conferiti, non integra un'ipotesi di nullità dell'atto, ma, al più, di inefficacia e di opponibilità nei rapporti con i terzi; e posto che è rimesso alla società, e solo ad essa, di respingere gli effetti dell'atto, deve correlativamente essere riconosciuto alla società il potere di assumere "ex tunc" quegli effetti, attraverso la ratifica, ovvero di farli preventivamente propri, attraverso una delibera autorizzativa, capace di rimuovere i limiti del potere rappresentativo dell'amministratore. Ne deriva che ogni questione relativa alla estraneità dell'atto compiuto dall'amministratore rispetto all'oggetto sociale è da ritenersi irrilevante a seguito e per effetto dell'adozione di una delibera di autorizzazione preventiva adottata dalla società, posto che tale delibera impegna la società medesima alla condotta di essa esecutiva e ad essa conforme posta in essere dall'organo di gestione, idonea o meno che sia rispetto al perseguimento dell'oggetto sociale. CORTE DI CASSAZIONE, Sezione I, 23 maggio 2008, n. 13413 (Pres. DE

MUSIS - Est. SCHIRÒ), in Società, 2009, 599, con nota di P. BALZARINI (*). Società di capitali - Bilancio - Contenuto e criteri di redazione - Criteri di valutazione - Disciplina dell'art. 2425 c.c. nel testo antecedente alle modifiche apportate dal d.lg. n. 127 del 1991 - Deroga prevista dall'ultimo comma - Presupposti - Speciali ragioni - Nozione - Fattispecie in tema di ammortamento dei beni aziendali. (codice civile, artt. 2423, 2425; d. lgs. 9 aprile 1991, n. 127).

In tema di valutazione degli elementi dell'attivo del bilancio di una

società per azioni, le «speciali ragioni» di cui all'art. 2425, ultimo comma, c.c. (nel testo antecedente alle modifiche introdotte dal d.lgs. n. 127 del 1991), permettono la deroga agli ordinari criteri di cui ai commi precedenti della citata disposizione e non solo ai criteri massimi di valutazione e trovano giustificazione in peculiari esigenze del caso concreto, tali da rendere inadeguato il valore legale del bene; è pertanto corretta la riduzione delle quote di ammortamento dei beni aziendali operata in ragione della contribuzione degli stessi alla gestione dell'imprese (nella specie, limitata a soli tre mesi l'anno, in considerazione del carattere

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stagionale dell'attività imprenditoriale), al fine di tener conto del consumo e del deperimento effettivamente verificatisi a causa di tale limitata utilizzazione.

CORTE DI CASSAZIONE, Sezione I, 1° luglio 2008, n. 17960 (Pres. CRISCUOLO – Est. SALVATO ), in Società, 2009, 162, con nota di R. AMBROSINI .

Società a responsabilità limitata - Atto costitutivo e Statuto - Clausole statutarie - Trasferimento della partecipazione sociale - Clausola di gradimento - Accertamento della sua operatività - Consenso di tutti i soci - Manifestazione extrasociale - Sufficienza. (codice civile prev., artt. 2355, 2479) Nonostante il suo inserimento in uno statuto societario, la

circostanza che la clausola di gradimento acquisisca una coloritura sociale piuttosto che mantenga la sua natura parasociale, con la conseguenza della non necessaria manifestazione dell'espressione del consenso dei soci in ambito assembleare, come da espressa previsione statutaria, costituisce oggetto di un accertamento interpretativo di fatto riservato al giudice di merito, come tale incensurabile in sede di legittimità se logicamente ed adeguatamente motivato [Massima non ufficiale]. CORTE DI CASSAZIONE, Sezioni Unite, 29 agosto 2008, n. 21933 (Pres. CARBONE - Est. SALME), in Società, 2009, 28, con nota di G. BEI.

Società di capitali - Bilancio - Approvazione - Compenso degli amministratori - Determinazione - Mancanza nell'atto costitutivo - Specifica delibera assembleare - Necessità - Fondamento - Deliberazione implicita in quella di approvazione del bilancio - Esclusione - Bilancio con posta relativa ai compensi - Idoneità – Condizioni. (codice civile, artt. 2364, 2389, 2393, 2423, 2434). Con riferimento alla determinazione della misura del compenso

degli amministratori di società di capitali, ai sensi dell'art. 2389, comma 1 c.c., (nel testo vigente prima delle modifiche, non decisive sul punto, di cui al d.lg. n. 6 del 2003), qualora non sia stabilita nello statuto, è necessaria una esplicita delibera assembleare, che non può considerarsi implicita in quella di approvazione del bilancio, attesa: la natura imperativa e

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inderogabile della previsione normativa, discendente dall'essere la disciplina del funzionamento delle società dettata, anche, nell'interesse pubblico al regolare svolgimento dell'attività economica, oltre che dalla previsione come delitto della percezione di compensi non previamente deliberati dall'assemblea (art. 2630, comma 2, c.c., abrogato dall'art. 1 del d.lg. n. 61 del 2002); la distinta previsione delle delibera di approvazione del bilancio e di quella di determinazione dei compensi (art. 2364, n. 1 e 3, c.c.); la mancata liberazione degli amministratori dalla responsabilità di gestione, nel caso di approvazione del bilancio (art. 2434 c.c.); il diretto contrasto delle delibere tacite ed implicite con le regole di formazione della volontà della società (art. 2393, comma 2, c.c.). Conseguentemente, l'approvazione del bilancio contenente la posta relativa ai compensi degli amministratori non è idonea a configurare la specifica delibera richiesta dall'art. 2389 cit., salvo che un'assemblea convocata solo per l'approvazione del bilancio, essendo totalitaria, non abbia espressamente discusso e approvato la proposta di determinazione dei compensi degli amministratori. CORTE DI CASSAZIONE, Sezione II, 15 ottobre 2008, n. 25192 (Pres. ODDO), in Società, 2009, 877, con nota di S. RONCO (*).

Società di capitali - Liquidazione - Cancellazione della società: estinzione - Cancellazione dal registro delle imprese di società in nome collettivo - Applicazione dell'art. 2495 c.c. modificato ex art. 4 d.lgs. n. 6 del 2003 - Effetti - Fattispecie. (codice civile, artt. 2291, 2312, 2495). In tema d'interpretazione del nuovo diritto societario, la modifica

dell'art. 2495 c.c., ex art. 4 d.lgs. n. 6 del 2003, secondo la quale la cancellazione dal registro delle imprese determina, contrariamente al passato, l'estinzione della società, si applica anche alle società di persone, nonostante la prescrizione normativa indichi esclusivamente quelle di capitali e quelle cooperative ed, inoltre la norma, per la su funzione ricognitiva, è retroattiva e trova applicazione anche in ordine alle cancellazioni intervenute anteriormente al 1 gennaio 2004, data di entrata in vigore delle modifiche introdotte dal citato d.lgs. n. 6 del 2003, con la sola esclusione dei rapporti esauriti e degli effetti già irreversibilmente verificatisi. (Nella fattispecie la Corte ha ritenuto inammissibile la proposizione del ricorso per cassazione per inesistenza del soggetto proponente e conseguente difetto di rappresentanza processuale, trattandosi

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di società in nome collettivo cancellata dal registro delle imprese il giorno 8 gennaio del 2003). II. TITOLI DI CREDITO CORTE DI CASSAZIONE, Sezione I, 1° marzo 2007, n. 4855 (Pres. DE

MUSIS – Est. CECCHERINI), in Banca e borsa, 2009, II, 162, con nota di G.

TERZINI (*). Titoli di credito - Cambiale - Insolvenza dell’obbligato principale - Avallo - Decadenza dal termine - Applicabilità. (codice civile, art. 1186; r.d. 14 dicembre 1933, n. 1669, artt. 37 e 50). La decadenza dal beneficio del termine per insolvenza del debitore,

verificatasi, a norma dell'art. 1186 c.c., a carico dell'obbligato cambiario principale, comporta analoga decadenza rispetto all'obbligazione del di lui avallante, anche se questi non sia divenuto insolvente: ciò trova conferma nel disposto dell'art. 50 legge c., che espressamente prevede che il portatore della cambiale possa esercitare il regresso contro il girante, il traente e gli altri obbligati, fra i quali rientrano gli avallanti, anche prima della scadenza in diverse ipotesi, tra cui quella del fallimento del trattario che abbia o meno accettato, nonché del fallimento del traente di una cambiale non accettabile. CORTE DI CASSAZIONE, Sezioni Unite, 26 giugno 2007, n. 14712 (Pres. CARBONE – Est. RORDORF), in Banca e borsa, 2008, II, 567, con nota di N.

CIOCCA. Titoli di credito - Assegno bancario - Assegno c.d. di traenza - Clausola «non trasferibile» - Pagamento a persona diversa dal prenditore - Responsabilità della banca negoziatrice - Natura contrattuale - Prescrizione decennale. (r.d. 21 dicembre 1933, n. 1736, artt. 43, 86; codice civile, art. 2946). La responsabilità della banca negoziatrice per avere consentito, in

violazione delle specifiche regole poste dall'art. 43 legge assegni (r.d. 21 dicembre 1933 n. 1736), l'incasso di un assegno bancario, di traenza o circolare, munito di clausola di non trasferibilità, a persona diversa dal beneficiario del titolo, ha - nei confronti di tutti i soggetti nel cui interesse

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quelle regole sono dettate e che, per la violazione di esse, abbiano sofferto un danno - natura contrattuale, avendo la banca un obbligo professionale di protezione (obbligo preesistente, specifico e volontariamente assunto), operante nei confronti di tutti i soggetti interessati al buon fine della sottostante operazione, di far sì che il titolo stesso sia introdotto nel circuito di pagamento bancario in conformità alle regole che ne presidiano la circolazione e l'incasso. Ne deriva che l'azione di risarcimento proposta dal danneggiato è soggetta all'ordinario termine di prescrizione decennale, stabilito dall'art. 2946 c.c. CORTE DI CASSAZIONE, Sezione I, 30 agosto 2007, n. 18316 (Pres. PROTO – Est. GILARDI ), in Banca e borsa, 2008, II, 687, con nota di F.

ACCETTELLA. Titoli di credito - Protesto - Levata illegittima - Colpa concorrente della banca - Contributo causale - Omissione di controllo della firma di traenza - Fattispecie. (codice civile, artt. 1226, 2043; legge cambiaria, art. 68; legge assegno, art. 60). In tema di levata illegittima del protesto, parte convenuta nell'azione

risarcitoria può essere anche la sola banca, ove le informazioni da essa fornite al pubblico ufficiale che procede alla levata ovvero le omissioni informative abbiano inciso casualmente sulla determinazione dell'evento. (Nella fattispecie la S.C. ha ritenuto ex art. 2043 c.c. la responsabilità della banca che, pur in possesso dello specimen del cliente, aveva omesso di confrontare lo stesso con la firma (diversa) apposta sui titoli (assegni bancari), spiccati sul conto corrente del protestato e ha affermato il diritto di quest'ultimo al risarcimento dei danni cagionati dal protesto per la pubblicità "ipso facto" conferita all'insolvenza del debitore e conseguente discredito tanto personale quanto patrimoniale (anche sotto il profilo della lesione dell'onore e della reputazione al protestato come persona, a prescindere dai suoi interessi commerciali), senza che al danneggiato incombesse l'onere di provare la esistenza del pregiudizio, poiché il protesto illegittimo e non seguito da una efficace rettifica è risultato lesivo di diritti della persona).

CORTE DI CASSAZIONE, Sezione I, 26 ottobre 2007, n. 22538 (Pres. DE

MUSIS – Est. CECCHERINI), in Giur. comm., 2009, II, 63, con nota di A.

SOMMARIVA (*).

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Azienda - Cessione - Successione nei contratti - Successione nei contratti ex art. 2558 c.c. - Applicazione della norma anche al conferimento dell'azienda in società - Contratto bancario - Opposizione della banca - Subentro del cessionario - Sussistenza - Recesso dall'apertura di credito - Estinzione del conto corrente di corrispondenza - Condizioni. (codice civile, art. 2558).

Il principio sancito dall'art. 2558 c.c., per cui, nel caso di cessione

di azienda (ipotesi nella quale va incluso il conferimento della stessa società), l'acquirente subentra nei contratti stipulati per l'esercizio dell'azienda, salva la facoltà di recesso del terzo contraente, vale anche per i contratti bancari, nonostante l'opposizione della banca alla loro cessione; detta opposizione, se esercitata mediante il recesso dall'apertura di credito, neppure comporta l'estinzione del conto corrente di corrispondenza, se non vi si accompagni la chiusura del conto e la cessazione del servizio di cassa.

CORTE DI CASSAZIONE, Sezioni unite, 18 dicembre 2007, n. 26617 (Pres. CARBONE – Est. DURANTE), in Banca e borsa, 2008, II, 553, con nota di G. LEMME.

Obbligazioni pecuniarie - Moneta legale - Pagamento a mezzo di assegno circolare - Idoneità solutoria - Rifiuto da parte del creditore - Ammissibilità solo quando conforme a buona fede e correttezza - Effetto liberatorio. (codice civile, artt. 1175, 1182, 1277, 1375). Dando una lettura innovativa e costituzionalmente orientata sia

dell'art. 1277 c.c. che dell'art. 1182, comma 3, c.c. (e della nozione di domicilio del creditore ivi richiamata), le Sezioni Unite risolvono il contrasto in atto sull'idoneità solutoria del pagamento fatto a mezzo di assegno circolare affermando che nelle obbligazioni pecuniarie, il cui importo sia inferiore a 12.500 euro e per le quali non sia imposta per legge una diversa modalità di pagamento, il debitore ha facoltà di pagare, a sua scelta, in moneta avente corso legale nello Stato o mediante consegna di assegno circolare; nel primo caso il creditore non può rifiutare il pagamento mentre nel secondo può farlo solo per giustificato motivo da valutare secondo la regola della correttezza e della buona fede oggettiva; l'estinzione della obbligazione con l'effetto liberatorio del debitore si verifica nel primo caso con la consegna della moneta e nel secondo quando il creditore acquista concretamente la disponibilità giuridica della somma

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di denaro, ricadendo sul debitore il rischio dell'inconvertibilità dell'assegno.

CORTE DI CASSAZIONE, Sezione III, 10 marzo 2008, n. 6291 (Pres. VARRONE – Est. AMATUCCI), in Banca e borsa, 2008, II, 553, con nota di G.

LEMME. Mezzi di pagamento - Assegno di traenza - Rifiuto da parte del creditore – Non conformità al principio di buona fede e correttezza. (codice civile, artt. 1175, 1277, 1375). Nelle obbligazioni pecuniarie, il pagamento effettuato con assegno

di traenza, che è connotato dalla precostituzione della provvista presso la banca e che, pertanto, assicura la disponibilità della somma dovuta, può essere rifiutato dal creditore solo per giustificato motivo; in caso di pagamento effettuato con il predetto mezzo, l'estinzione dell'obbligazione con l'effetto liberatorio per il debitore si verifica quando il creditore acquista concretamente la disponibilità giuridica della somma di denaro, ricadendo sul debitore il rischio dell'inconvertibilità dell'assegno. CORTE DI CASSAZIONE, Sezione I, 24 giugno 2008, n. 17088 (Pres. PROTO – Est. DEL CORE), (pubblicata con data 24 aprile 2008) in Banca e borsa, 2009, II, 1, con nota di L. DELLI PRISCOLI .

Titoli di credito - Titoli nominativi - Trasferimen to - Azioni di società - Trasferimento - Forma - Adempimenti di cui all'art. 2022, comma 1°, c.c. (c.d. transfert) - Efficacia costitutiva - Esclusione - Funzione di legittimazione - Sussistenza - Redazione del c.d. fissato bollato - Funzione sostitutiva del transfert - Esclusione - Funzione di documentazione - Sussistenza. (codice civile, artt. 2022 e 2023). Nel trasferimento di titoli azionari, l'adempimento delle formalità

prescritte dall'art. 2022, comma 1, c.c. (c.d. transfert) non costituisce condizione di perfezionamento dell'acquisto o di produzione dell'effetto reale traslativo della proprietà del titolo, ma attiene alla fase esecutiva, certificativa e pubblicitaria del trasferimento, incidendo soltanto sulla legittimazione del nuovo socio; quest'ultimo, peraltro, pur non potendo esercitare alcun diritto sino a quando non si sia provveduto alle predette formalità (salvo quello di partecipare alle assemblee con le modalità

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previste dall'art. 4 l. 29 dicembre 1962 n. 1745), è pur sempre titolare del diritto di proprietà sul titolo, per il cui trasferimento non è quindi necessaria la redazione del c.d. fissato bollato, imposta per ragioni fiscali inerenti alla conclusione dei contratti di borsa, e non avente neppure una funzione surrogatoria o complementare rispetto all'esecuzione del transfert, ma solo di ulteriore documentazione di una cessione meramente consensuale. III. CONTRATTI BANCARI E FINANZIARI

CORTE DI CASSAZIONE, Sezione I, 10 maggio 2007, n. 10692 (Pres. PROTO – Est. DI AMATO), in Banca e borsa, 2008, II, 707, con nota di F.

FIUME. Contratti bancari - Operazioni bancarie in conto corrente - Nullità della pattuizione di interessi ultralegali - Conseguenze - Prova del credito della banca - Estratto notarile delle scritture contabili indicante il mero saldo - Sufficienza - Esclusione - Produzione degli estratti integrali dall'apertura del conto - Necessità. (codice civile, artt. 2710, 1832). Nei rapporti bancari in conto corrente, una volta che sia stata

esclusa la validità, per mancanza dei requisiti di legge, della pattuizione di interessi ultralegali a carico del correntista, la banca non può dimostrare l'entità del proprio credito mediante la produzione, ai sensi dell'art. 2710 c.c., di estratto notarile delle sue scritture contabili dalle quali risulti il mero saldo del conto, atteso che soltanto la produzione degli estratti a partire dall'apertura del conto stesso consente, attraverso l'integrale ricostruzione del dare e dell'avere con applicazione del tasso legale, di determinare il credito della banca, sempreché la stessa non risulti addirittura debitrice, una volta depurato il conto dagli interessi non dovuti. CORTE DI CASSAZIONE, Sezione I, 12 giugno 2007, n. 13777 (Pres. MORELLI – Est. DEL CORE), in Banca e borsa, 2009, II, 21, con nota di F.

CIRAOLO . Carta bancomat trattenuta dall’apparecchio - Prelievi abusivi - Mancato rispetto dell’obbligo del titolare di chiedere immediatamente il blocco della carta nei casi di sottrazione e

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smarrimento - Non esime da responsabilità il banchiere allorquando la carta viene “catturata” dall’apparecchio a causa di una manomissione - Il secondo comma dell’art. 1176 c.c. impone una diligenza qualificata nell’adempimento delle obbligazioni inerenti all’esercizio di un’attività professionale (espletamento, da parte della banca, del servizio bancomat). (codice civile, art. 1176) Ai fini della valutazione della responsabilità contrattuale della

banca per il in caso di utilizzazione illecita da parte di terzi di carta bancomat trattenuta dallo sportello automatico, non può essere omessa, a fronte di un'esplicita richiesta della parte, la verifica dell'adozione da parte dell'istituto bancario delle misure idonee a garantire la sicurezza del servizio da eventuali manomissioni, nonostante l'intempestività della denuncia dell'avvenuta sottrazione da parte del cliente e le contrarie previsioni regolamentari; infatti, la diligenza posta a carico del professionista ha natura tecnica e deve essere valutata tenendo conto dei rischi tipici della sfera professionale di riferimento ed assumendo quindi come parametro la figura dell'accorto banchiere. CORTE DI CASSAZIONE, Sezioni Unite, 19 dicembre 2007, n. 26724 (Pres. CARBONE – Est. RORDORF), in Riv. dir. comm., 2008, II, 155, con nota di F. CALISAI (pubblicata anche in Dir. banca e merc. fin., 2008, I, 691, con nota di F. MAZZINI ) (*).

Obbligazioni e contratti - Nullità del contratto ed azione relativa - Cause - Contrarietà a norme imperative - Presupposti - Contrarietà a norme sulla validità del contratto - Necessità - Violazione di norme concernenti il comportamento dei contraenti - Conseguenze - Nullità - Esclusione - Risarcimento del danno e risoluzione del contratto - Configurabilità - Condizioni e limiti - Contratto di intermediazione finanziaria - Violazione dei doveri di condotta imposti dall'art. 6 l. n. 1 del 1991 - Conseguenze - Nullità - Esclusione - Responsabilità civile - Configurabilità - Condizioni e limiti. (codice civile, artt. 1218, 1325, 1327, 1337, 1338, 1418). Contratti di borsa - Attività di intermediazione mobiliare - Art. 6, comma 1, lett. g, l. n. 1 del 1991 (applicabile " ratione temporis") - Divieto di procedere ad operazioni in conflitto di interessi con il cliente - Violazione - Conseguenze - Risarcimento del danno - Configurabilità - Condizioni e limiti.

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(legge 2 gennaio 1991, n. 1, art. 6; decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, art. 21).

In relazione alla nullità del contratto per contrarietà a norme

imperative in difetto di espressa previsione in tal senso (cd. "nullità virtuale"), deve trovare conferma la tradizionale impostazione secondo la quale, ove non altrimenti stabilito dalla legge, unicamente la violazione di norme inderogabili concernenti la validità del contratto è suscettibile di determinarne la nullità e non già la violazione di norme, anch'esse imperative, riguardanti il comportamento dei contraenti la quale può essere fonte di responsabilità. Ne consegue che, in tema di intermediazione finanziaria, la violazione dei doveri di informazione del cliente e di corretta esecuzione delle operazioni che la legge pone a carico dei soggetti autorizzati alla prestazione dei servizi di investimento finanziario (nella specie, in base all'art. 6 l. n. 1 del 1991) può dar luogo a responsabilità precontrattuale, con conseguenze risarcitorie, ove dette violazioni avvengano nella fase antecedente o coincidente con la stipulazione del contratto di intermediazione destinato a regolare i successivi rapporti tra le parti (cd. "contratto quadro", il quale, per taluni aspetti, può essere accostato alla figura del mandato); può dar luogo, invece, a responsabilità contrattuale, ed eventualmente condurre alla risoluzione del contratto suddetto, ove si tratti di violazioni riguardanti le operazioni di investimento o disinvestimento compiute in esecuzione del "contratto quadro"; in ogni caso, deve escludersi che, mancando una esplicita previsione normativa, la violazione dei menzionati doveri di comportamento possa determinare, a norma dell'art. 1418, comma 1, c.c., la nullità del cosiddetto "contratto quadro" o dei singoli atti negoziali posti in essere in base ad esso.

In tema di intermediazione finanziaria, la disposizione contenuta nella lett. g dell'art. 6 l. n. 1 del 1991 (applicabile nella specie "ratione temporis") faceva espresso ed assoluto divieto all'intermediario (diversamente da quanto ora stabilisce l'art. 21, comma 1 bis, lett. a) e b), d.lgs. n. 58 del 1998) di dar corso all'operazione in presenza di una situazione di conflitto di interessi non rivelata al cliente o, comunque, in difetto di autorizzazione espressa del cliente medesimo. Sicché, in riferimento a domanda di risarcimento del danno per operazioni compiute dall'intermediario in situazione di asserito conflitto di interessi (come nella specie), doveva attribuirsi rilievo, per individuare l'esistenza di un danno risarcibile ed il nesso causale tra detto danno e l'illegittimo comportamento imputabile all'intermediario, alle sole conseguenze della mancata astensione dell'intermediario medesimo dal compiere un'operazione non consentita nelle condizioni di cui alla citata disposizione e non già alle

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conseguenze derivanti dalle modalità con cui l'operazione era stata in concreto realizzata o avrebbe potuto esserlo ipoteticamente da altro intermediario.

CORTE DI CASSAZIONE, Sezioni Unite, 19 dicembre 2007, n. 26725 (Pres. CARBONE – Est. RORDORF), in Banca e borsa, 2009, II, 133, con nota di A. BOVE (*).

Intermediari finanziari - Prestazione di servizi di investimento - Nullità del contratto per violazione di regole di comportamento - Annullabilità - Responsabilità contrattuale e precontrattuale. (codice civile, artt. 1325, 1418, 1427, 1455; legge 9 gennaio 1991, n. 1, artt. 6, 13; decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, artt. 21, 23). La violazione dei doveri di informazione del cliente che la legge

pone a carico dei soggetti autorizzati alla prestazione dei servizi di investimento finanziario può dar luogo a responsabilità precontrattuale, con conseguente obbligo di risarcimento dei danni, ove avvenga nella fase precedente o coincidente con la stipulazione del contratto d'intermediazione destinato a regolare i successivi rapporti tra le parti; può invece dar luogo a responsabilità contrattuale, ed eventualmente condurre alla risoluzione del predetto contratto, ove si tratti di violazione riguardante le operazioni d'investimento o disinvestimento compiute in esecuzione del contratto d'intermediazione finanziaria.

CORTE DI CASSAZIONE, Sezione III, 12 marzo 2008, n. 6632 (Pres. DI NANNI – Est. FEDERICO), in Banca e borsa, 2009, II, 321, con nota di G.

DIPACE (*). Responsabilità civile - Padroni e committenti - Esercizio incombenze - Sussistenza. (codice civile, art. 2049). La responsabilità indiretta del committente di cui all'art 2049 c.c.

per il fatto dannoso commesso da un dipendente postula l'esistenza di un nesso di «occasionalità necessaria» tra l'illecito e il rapporto di lavoro che vincola i due soggetti, nel senso che le mansioni affidate al dipendente abbiano reso possibile o comunque agevolato il comportamento produttivo del danno al terzo. (Nella specie, la S.C., cassando con rinvio la sentenza impugnata, ha ravvisato la responsabilità indiretta della banca per la condotta illecita del suo funzionario, consistita nel prelevare indebitamente

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somme di denaro da conti correnti di terzi estranei e accreditandole sul conto corrente di clienti per i quali lo stesso funzionario aveva gestito una fruttuosa operazione finanziaria rientrante nelle attività proprie di quell'istituto di credito e nell'ambito delle mansioni affidategli).

IV. DIRITTO FALLIMENTARE CORTE DI CASSAZIONE, Sezione I, 28 febbraio 2007, n. 4762 (Pres. ADAMO – Est. RAGONESI), in Banca e borsa, 2008, II, 420, con nota di E.

SABATELLI . Fallimento ed altre procedure concorsuali – Azione revocatoria – Conoscenza dello stato di insolvenza – Prova –Presunzioni – Ammissibilità – Percezione diretta dei fatti sintomatici - Necessità. (codice civile, artt. 2727, 2729; legge fallimentare, art. 67). In tema di azione revocatoria fallimentare, la conoscenza dello stato

d’insolvenza dell’imprenditore da parte del terzo contraente deve essere effettiva e non meramente potenziale, assumendo rilievo non già la semplice conoscibilità oggettiva ed astratta delle condizioni economiche dell’imprenditore, bensì la concreta situazione psicologica del terzo al momento della stipula dell’atto impugnato, la quale può essere desunta anche da semplici indizi, aventi l’efficacia probatoria delle presunzioni semplici ed in quanto tali soggetti a concreta valutazione da parte del giudice di merito, da compiersi in applicazione degli art. 2727 e 2729 c.c. A tal fine, dovendosi conferire rilievo ai presupposti ed alle condizioni in cui il terzo si è trovato ad operare nella specifica situazione, la circostanza che esso rivesta la qualità di istituto bancario non è di per sé determinante, neppure se correlata al parametro (del tutto teorico) del creditore avveduto, ma viene in considerazione solo in presenza di concreti collegamenti con i sintomi conoscibili dello stato d’insolvenza, quali notizie di stampa, risultanze di bilancio, protesti, procedure esecutive, etc.; è soltanto in quest’ambito, infatti, che può attribuirsi rilevanza anche all’attività professionale esercitata dal terzo, nonché alle regole di prudenza ed avvedutezza che, indipendentemente da ogni doverosità, caratterizzano concretamente l’operare della categoria di appartenenza. (In applicazione di tale principio, la s.C. ha ritenuto adeguatamente motivata la sentenza impugnata, che aveva desunto la conoscenza dello stato d’insolvenza, oltre

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che dall’esistenza di ingiunzioni, precetti ed istanze di fallimento, dai rapporti di conto corrente intercorsi direttamente tra la banca ed il fallito).

CORTE DI CASSAZIONE, Sezione I, 12 giugno 2007, n. 13765 (Pres. LOSAVIO – Est. RORDORF), in Giur. comm., 2008, II, 849, con nota di S.

MILANESI. Società di capitali – Banche – Amministrazione straordinaria – Liquidazione coatta amministrativa – Azione di responsabilità promossa dai commissari straordinari – Autorizzazione della Banca d’Italia – Efficacia – Successione dei commissari liquidatori nell’azione esercitata dai commissari straordinari. (d. lgs. 1° settembre 1993, n. 385, artt. previgenti 72, 5° comma, 84, 5° comma; codice civile, artt. previgenti 2392, 2393, 2394). Società di capitali – Banche – Liquidazione coatta amministrativa – Azione di responsabilità promossa dai commissari liquidatori – Legittimazione processuale – Poteri. (d. lgs. 1° settembre 1993, n. 385, art. previgente 84, 5° comma; codice civile, artt. previgenti 2392, 2393, 2394). Società di capitali – Banche – Liquidazione coatta amministrativa – Azione di responsabilità promossa dai commissari liquidatori – Poteri. (d. lgs. 1° settembre 1993, n. 385, art. previgente 84, 5° comma; codice civile, artt. previgenti 2392, 2393, 2394, 2396). Società di capitali – Banche – Amministrazione straordinaria – Liquidazione coatta amministrativa – Azione sociale di responsabilità – Responsabilità verso i creditori sociali – Natura dell’azione in ambito concorsuale – Proponibilità – Decadenza. (codice civile, artt. previgenti 2392, 2393, 2394; codice di procedura civile, artt. 163, 180, 183). In caso di sottoposizione di istituto di credito ad amministrazione

straordinaria, l’esercizio dell’azione sociale di responsabilità promossa ai sensi dell’art. 72, comma 5, d.lg. n. 385 del 1993, contro i membri dei "disciolti" organi amministrativi e di controllo nonché dei direttori generali, dal commissario straordinario, previa autorizzazione della Banca d’Italia, può essere rivolta anche nei confronti di amministratori, sindaci e direttori generali già cessati dalle funzioni, non riferendosi il termine "disciolti" esclusivamente alle persone in carica al momento della sottoposizione ad amministrazione straordinaria, ma agli organi sociali nel loro complesso, analogamente a quanto accade nell’azione sociale di

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responsabilità regolata dal codice civile, indubitabilmente esercitabile anche nei confronti di chi non era più in carica al tempo della citazione in giudizio.

In caso di sottoposizione di istituto di credito ad amministrazione straordinaria, l’autorizzazione rilasciata dalla Banca d’Italia ai sensi dell’art. 72, comma 5, d.lg. n. 385 del 1993, al commissario straordinario per l’esercizio dell’azione di responsabilità nei confronti dei disciolti organi sociali deve ritenersi comprensiva anche dei direttori generali, in considerazione della vicinanza di tale figura a quella dell’organo amministrativo nell’organizzazione dell’impresa com’è testimoniato dall’applicazione, ex art. 2396 c.c., ai direttori generali della disciplina della responsabilità propria degli amministratori.

Il commissario liquidatore di un istituto bancario sottoposto a liquidazione coatta amministrativa che subentra all’amministrazione straordinaria del medesimo ente nel giudizio relativo all’azione di responsabilità nei confronti dei disciolti organi sociali promossa ex art. 2393 c.c., non può, in prima udienza di trattazione, richiedere che venga accertata la responsabilità degli amministratori anche ai sensi dell’art. 2394 c.c. a tutela dei creditori sociali, integrando tale domanda una "mutatio libelli" inammissibile, in considerazione della diversità delle due azioni di responsabilità, l’una regolata dall’art. 2393 c.c. di natura contrattuale, fondata sull’inadempimento dei doveri imposti agli organi sociali dalla legge o dall’atto costitutivo, l’altra, disciplinata dall’art. 2394 c.c. di natura extracontrattuale, priva di carattere surrogatorio e dotata di un autonomo regime giuridico dell’onere della prova e della prescrizione.

CORTE DI CASSAZIONE, Sezione I, 23 luglio 2007, n. 16213 (Pres. CARNEVALE – Est. CECCHERINI), in Banca e borsa, 2009, II, 328, con nota di F. MARZIALE (*).

Fallimento - Azione revocatoria fallimentare - Pagamenti - Pagamento di cambiali - Anno anteriore alla dichiarazione di fallimento - Computo - Riferimento all’emissione o alla girata del titolo - Esclusione - Riferimento alla data del pagamento - Necessità - Fondamento. (legge fallimentare, art. 67, comma 2°; l. camb., artt. 1, 15). In tema di azione revocatoria fallimentare, il requisito temporale del

compimento dell'anno anteriore alla dichiarazione di fallimento, previsto dall'art. 67, comma 2, l. fall., va accertato, nel caso di pagamento eseguito in adempimento di cambiali, in riferimento non già all'emissione o alla

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girata del titolo, che in quanto promessa di pagamento non ha l'effetto di soddisfare immediatamente il prenditore, ma alla riscossione del credito, che comporta la lesione della "par condicio creditorum".

CORTE DI CASSAZIONE, Sezioni Unite, 24 luglio 2007, n. 16300 (Pres. CARBONE – Est. MORELLI), in Giur. comm., 2009, II, 330, con nota di F.

SIGNORELLI (*). Fallimento - Opposizione - Alla sentenza dichiarativa - Opposizione alla sentenza dichiarativa di fallimento - Diritti ed onorari avvocato - Determinazione - Criteri - Ammontare del passivo - Insussistenza - Valore indeterminabile - Applicabilità. (r.d. 16 marzo 1942, n. 267, artt. 5 e 18; c.p.c., art. 10 e 17).

Ai fini della liquidazione dei diritti e degli onorari spettanti al

difensore in sede di opposizione alla sentenza dichiarativa di fallimento, il valore della causa, da determinarsi sulla base della domanda ex art. 10 c.p.c., non va desunto dall'entità del passivo, non essendo applicabile in via analogica l'art. 17 c.p.c. riguardante esclusivamente i giudizi di opposizione ad esecuzione forzata, ma deve considerarsi indeterminabile, atteso che la pronuncia richiesta è di revoca del fallimento e l'oggetto del giudizio, relativo all'accertamento dell'insolvenza, si fonda sulla comparazione tra i debiti dell'imprenditore e i mezzi finanziari a sua disposizione senza investire la delimitazione quantitativa del dissesto, riservata al subprocedimento di verificazione.

CORTE DI CASSAZIONE, Sezione I, 31 marzo 2008, n. 8271 (Pres. CARBONE – Est. MORELLI), in Giur. comm., 2009, II, 27, con nota di A.

TINA (*). Fallimento - Dichiarazione di fallimento - Effetti - Beni del fallito - Beni non compresi - Assicurazione sulla vita - Sopravvenuto fallimento del beneficiario - Scioglimento del contratto - Esclusione - Fondamento - Conseguenze - Esercizio del diritto di riscatto da parte del curatore - Configurabilità - Esclusione - Conseguenze - Estraneità delle somme dovute all'attivo fallimentare. (codice civile, art. 1923; r.d. 16 marzo 1942, n. 267, artt. 46, 82). In tema di contratto di assicurazione sulla vita, alla dichiarazione di

fallimento del beneficiario non consegue lo scioglimento del contratto, né il

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curatore - al pari di quanto previsto per le "somme dovute", di regola già impignorabili secondo l'art. 1923 c.c. - può agire contro il terzo assicuratore per ottenere il valore di riscatto della relativa polizza stipulata dal fallito quand'era "in bonis", non rientrando tale cespite tra i beni compresi nell'attivo fallimentare ai sensi dell'art. 46, comma 1 n. 5, l. fall., considerata la funzione previdenziale riconoscibile al predetto contratto, non circoscritta alle sole somme corrisposte a titolo di indennizzo o risarcimento.

CORTE DI CASSAZIONE, Sezione I, 12 novembre 2008, n. 27013 (Pres. PROTO – Est. PLENTEDA), in Giur. comm., 2009, II, 301, con nota di V.

BUONOCORE (*). Fallimento - Società - Società con soci a responsabilità illimitata - Fallimento della società e dei soci - Art. 147 l. fall. - Applicabilità - Condizioni - Riferibilità alle società di capitali - Esclusione - Fondamento (codice civile, artt. 2362, 2497; legge fallimentare, art. 147). In tema di fallimento delle società, l'applicabilità dell'art. 147 l. fall.,

che consente l'estensione del fallimento ai soci illimitatamente responsabili, è subordinata alla duplice condizione che il socio sia illimitatamente responsabile e che l'ente sia costituito nelle forme e con i caratteri della società con soci a responsabilità illimitata; esso si riferisce esclusivamente alle società di persone, nelle quali la responsabilità illimitata del socio è conseguenza della natura del modello societario, è non è pertanto applicabile alle società di capitali, in cui la responsabilità illimitata rappresenta un'eventualità collegata all'assunzione da parte del socio, nel corso della vita sociale e con riferimento ad uno specifico periodo, di una responsabilità personale e solidale, in conseguenza della concentrazione nelle sue mani della totalità delle azioni o delle quote (art. 2362 e 2497 c.c.), e quale riflesso del suo potere di determinare in via assoluta la volontà dell'ente.

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A cura di

FEDERICO BRIOLINI

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Associato nell’Università «G. d’Annunzio» di Chieti-Pescara

FRANCESCO ACCETTELLA

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Ricercatore nell’Università di Roma «Tor Vergata»