Raymond Carver, Tuttolibri, La Stampa

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Tuttolibri SABATO 4 APRILE 2009 LA STAMPA III Inedito I racconti «Di cosa parliamo quando parliamo d’amore» nella versione originale, non tagliati da Lish MASOLINO D’AMICO Di cosa parliamo quando parliamo di Ray- mond Carver? Ora sappiamo che la raccolta che lo consa- crò nel 1981 come maestro della short story di un genere nuovo doveva moltissimo al lavoro di forbici di un editor chiamato Gordon Lish, suo amico e scrittore a sua volta, nonché all’epoca alle dipen- denze di Knopf, che pubblicò il libro. Lish ridusse drastica- mente tutti i racconti, alcuni addirittura del settanta per cento; cambiò anche molti ti- toli, a partire da quello del pe- nultimo racconto e dell’inte- ro volume. Carver accettò i tagli ma con molti patemi, e con una lettera torrenzia- le cercò all’ultimo mo- mento di distogliere l’amico dal praticarli, né consentì inter- venti sulla sua raccolta succes- siva, Cattedrale, per la quale infatti i critici parlarono di una sua manie- ra rinnovata. Oggi Einaudi pubblica i te- sti dei racconti così come Carver li aveva scritti, rico- struiti sul dattiloscritto sotto le cancellature di Lish e ritra- dotti da Riccardo Duranti che aveva curato anche la prima edizione italiana. Per noi lettori c’è l’imbarazzo su come comportarci. Dobbia- mo buttare via la prima edi- zione, intitolata Di cosa par- liamo quando parliamo d’amo- re, come spuria? Dobbiamo giudicare Carver in base a questa integrale e dimenti- carci l’effetto che ci fece allo- ra? O dobbiamo tenere en- trambi i libri, magari giocan- do a confrontarli? Questo gio- co può dare persino delle sor- prese. Prendiamo per esem- pio uno dei racconti più ric- chi di «fatti» anche nella ver- sione mutilata, quello che co- mincia col narratore che ha sorpreso la madre sessanta- cinquenne a sbaciucchiarsi con un estraneo. La versione Lish si intitola Il signor Aggiu- statutto e le macchinette del caffè, quella Einaudi Che fine hanno fatto tutti?: quattro pa- gine di piccolo formato nella vecchia edizione Minimum Fax, quattordici fitte in quel- la odierna. Ebbene, chi si sa- rebbe immaginato che tra i brani tagliati ci fosse addirit- tura una reminiscenza da Ita- lo Svevo? Parlando dell’av- versione per i propri figli, il protagonista si augura di po- ter avere in punto di morte l’energia di schiaffeggiarli proprio come fa il padre di Zeno Cosini in una scena fa- mosa del romanzo che costui ha letto da giovane, prima di diventare alcolizzato. Ma forse il punto non è se scegliere quale dei due libri sia migliore, e nemmeno qua- le Carver sia più Carver. En- trambi i testi hanno il loro in- teresse. Le parti omesse non appaiono affatto inferiori a quelle rimaste, Lish non fece una scelta mirante a lasciare solo il meglio, anche se spes- so i suoi finali sono più incisi- vi di quelli di Carver. I testi più diffusi si leggono con pia- cere perché sempre scritti da un autore di grande perso- nalità e nel pieno controllo del suo strumento espressi- vo; e saperne di più, adesso, su tanti suoi personaggi non ci dispiace affatto, anche se forse non rimpiangiamo di avereignoratofinoaoggiche l’uomo cornificato a suo tem- po dal padre del narratore di Sacchetti (ora si chiama L’av- ventura) dopo avere pianto ed essere entrato in depres- sione sentendosi tale si era addirittura suicidato pugna- landosi un’infinità di volte conuntemperino. D’altro canto i racconti al- l’osso della versione Lish han- no una forza innegabile, che nasce da quello che in teatro si chiama sottotesto: i perso- naggi sanno qualcosa che noi ignoriamo, hanno avuto espe- rienze che noi non conoscia- mo, ma che li hanno plasmati e che influenzano il loro com- portamento. Leggere il Car- ver restaurato dopo quello di Lish insomma è un po’ come apprendere finalmente che cosa aveva fatto Amleto a Vit- temberga, o come si era inna- moratodiOfelia. L’autore BENEDETTA CENTOVALLI La scorsa estate so- no stata in pellegrinaggio al- la Lilly Library, a Bloomin- gton nell'Indiana. Non pote- vo resistere alla curiosità di consultare e avere tra le ma- ni quelle carte così contro- verse di Carver violentemen- te editate da Gordon Lish, il Captain Fiction della narrati- va americana. Le ho viste, le ho lette e sono rimasta di sasso. Su quelle pagine era scritto non solo un momento importante della storia lette- raria americana ma c'era an- che tutto quello che serve a capire che cosa significa fa- re editing, riscrivere un te- sto. Re-writing or overwri- ting? C'era insomma la rispo- sta ad una domanda necessa- ria per chi fa come me il me- stiere di editor. Ieri come og- gi. In America come in Ita- lia. Scrive Carver a Lish, in una lettera accorata del 1982, che annuncia la conse- gna di Cathedral, la raccolta successiva all'incriminata What We Talk About When We Talk About Love: «Può darsi che alcuni di questi racconti non si adattino facil- mente a starsene allineati in filaconglialtri,èinevitabile. Però, Gordon, giuro su Dio e tanto vale che te lo dica subi- to, non posso subire l'ampu- tazione e il trapianto che in un modo o nell'altro servi- rebbero a farli entrare nella scatola, di modo che il coper- chio chiuda bene». E' detto tutto in queste ri- ghe: la scatola è l'etichetta di Minimalismo che sarà confe- zionata su misura sulla narra- tiva breve di Carver, ma quei racconti che daranno il via al- la nascita di una nuova gene- razione di scrittori non sono i racconti di Carver. I suoi era- no «più pieni», non avevano a che fare con nessuna «piccola visione o piccola esecuzione», non erano scritti tagliando tut- to fino al midollo, privandoli del contatto «con i piccoli nes- si umani» e il loro mistero, non avallavano una voce nar- rante insensibile alle cose e ai personaggi che raccontano. Gordon Lish aveva fatto saltare più della metà del te- sto e modificato molti finali. Una vera ossessione per i fina- liquelladiLish. Il caso Carver-Lish ci dà l'opportunità di riflettere su alcune questioni fondamenta- li che riguardano la pratica dell'editing. Ho sempre pensa- to che ogni riscrittura coinvol- ga le nostre strutture di giudi- zio e che sia tutt'altro che una «pratica». Piuttosto una for- ma non confessa di ideologia letteraria. Quante volte sentia- mo ripetere che un editor è una specie di super-lettore che si pone all'ascolto del te- sto per poi calarsi dentro la sa- la macchine? Già ma con quali attrezzature e quali obiettivi ci mettiamo al lavoro? Anche quando parliamo di editing parliamo di letteratura e dun- que dovremmo parlare di re- sponsabilità, di posizionamen- to, di orientamento dello sguardo. Torniamo alla scatola in cui Lish ha costretto i raccon- ti di Carver, operando secon- do modalità che sono più vici- ne alle regole strette della nar- rativa di genere che alla lette- ratura d'autore, insomma va- rando una nuova «etichetta» e non rispettando il Dna dello scrittore. La maieutica di Lish è violenta e mira alla costru- zione di un modello letterario e di un canone. E la storia ha dato ragione a questo padre- padrone. Anche se per il resto dellavitaCarverhacercatodi affrancarsi da quelle ragioni di successo. Anche se il vero Carver è forse migliore di quello contraffatto. L'editor è uno specialista di parole e di trame, può lavo- rare in modo normativo, atte- nendosi a modelli, affidandosi all'autonomia del testo e all'in- gegneria delle storie, o esalta- re l'unicità, la singolarità di un autore, portando a nitore qualcosa che già c'è (bioedi- ting). Deve in ogni caso essere versatile e mimetico, sapere riconoscere e valutare che ti- po di testo e di lavoro lo aspet- ta, e non dimenticare che il cammino che un testo compie per diventare libro è fatto pri- ma di tutto dal dialogo tra chi scrive e chi legge, tra chi scri- ve e chi decide leggendo e ri- scrivendo di pubblicare. Nella mia esperienza ogni testo ha una chiave d'ingresso che permette di entrare senza forzare la serratura. Quello è il varco necessario per la ri- scrittura e per fare emergere laveritàel'identitàdiuntesto letterario o dichiaratamente commerciale. La narrativa italiana degli ultimi quindici anni ha subito un autentico terremoto nelle sue strutture profonde, ha ri- lanciato i generi irrobustendo trame e storie e rafforzando il contesto culturale attuale. Ma la letteratura di genere è co- me un elastico che si muove dalla piena convenzione alla li- bera interpretazione del gene- re stesso, maggiore è l'esten- sione dell'elastico maggiore è iltassoartisticodiuntesto. Occorre allora essere con- sapevoli che una narrativa so- lo di consumo, forgiata sulla prevedibilità dei modelli, o una narrativa letteraria confe- zionata alla Lish indebolisco- no una delle motivazioni prin- cipali di chi i libri li fa e li leg- ge: la possibilità di mantenere intatta la capacità di creare, di sorprendere, di innovare, di scegliere e di sognare. Non so- no solo in discussione la singo- la qualità dei testi e la messa a punto del loro funzionamento ma qualcosa che ha a che fare con le ragioni stesse della no- stra biologia: la libertà di pen- sare e di credere ancora nella forza rivoluzionaria della pa- rola letteraria. Carver ritrova il suo temperino Testimonianza Cosa facciamo quando facciamo editing? Come far emergere la verità e l’identità di un autore, senza stravolgerlo? Due opere diverse ma di pari interesse: ibrani omessi, a parte i finali meno incisivi, nonsono affattoinferiori Raymond Carver visto daLevine. Copyright NewYork Reviewof Books-Ilpa Ogni testo ha unachiaved’ingresso: entrare senzaforzare laserratura,rispettare il Dna dello scrittore Quelle carte violentate RaymondCarverconTessGallagher,suasecondamoglie Raymond Carver scompariva nel 1988, cinquantenne. Debuttònellanarrativacon«Vuoistarzittaperfavore?» (1976).InItaliailprimoatradurlofuGarzanti.Tuttiisuoi raccontisonostatiripropostidaminimumfax.Ora torneranno da Einaudi, in edizione «originale»: primo titolo «Principianti»,conunaselezionediletteredelloscrittoreal suoeditorGordonLish. p Raymond Carver PRINCIPIANTI p trad. di Riccardo Duranti, Einaudi, pp.294, e 19 Viaggionell’Indiana, peresaminarequelle paginechesarebbero diventate il manifesto delMinimalismo LISH SCRITTORE Fantagiallo con Capote Non solo ombra e giudice di scritture altrui. Gordon Lish ha firmato in proprio diversi ro- manzi tra cui, Caro signor Ca- pote, tradotto l’anno scorso in Italia da Nutrimenti (pp. 191, e 16): nella New York An- ni 80 un presunto serial killer si propone a Truman Capote per una «biografia autorizzata», gli chiede di scrivere la sua sto- ria di assassino, 23 vittime, tut- te donne e tutte uccise con un colpo di coltello nell’occhio si- nistro. Un fantagiallo, ma è sempre «il lavoro dello scritto- re» il tema sullo sfondo: qui in particolare il rapporto dello scrittore con la violenza, come descriverla, come esserne «re- sponsabile». R

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I racconti di Carver senza tagli

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Pagina Fisica: LASTAMPA - NAZIONALE - III - 04/04/09 - Pag. Logica: LASTAMPA/TUTTOLIBRI/02 - Autore: SAMPOZ - Ora di stampa: 03/04/09 20.29

Scrittori stranieriIITuttolibri

SABATO 4 APRILE 2009LA STAMPA III

Strano antisemita, conamici e fidanzate ebree, pe-raltro difeso ancora nel1944 dal mensile del Movi-mento Nazionale Ebraico:«Il suo individualismo, lasua solitudine intellettualelo fanno fratello degliebrei». Nei tre libri «male-detti», che pochi hanno let-to (per le sue stesse disposi-zioni testamentarie che lavedova fa rispettare rigoro-samente) ne ha per tutti: icomunisti, gli stessi france-si, gli ariani, i giornali, il Ca-pitale, la Chiesa, la borghe-sia crapulona, i colleghi im-bolsiti. Chiama Pétain«Bédain», cioè trippa, e Hit-ler Dudule, famoso clowndell’epoca. Finché si sentel’unico a denunciare le co-spirazioni degli ebrei guer-rafondai, si sfrena in un deli-rio accusatorio che finisceper risultare comico-grotte-sco, la caricatura di se stes-so: «essenzialmente metafo-rico e violentemente iperbo-lico», come diceva Raboni,per cui il lettore si ritrovascisso tra consenso esteticoe dissenso etico.

Ma quando i tedeschi ar-rivano a Parigi e la persecu-zione diventa una pratica ef-

fettiva, Céline si tiene in di-sparte, rifiuta le offerte dicollaborazioni giornalisti-che e radiofoniche, non en-tra in associazioni filo-tede-sche. Il grande anarchico siritira sull’Aventino di Mont-martre aspettando il peggioche s’è costruito con le suemani. Al piano di sotto si riu-niscono degli esponenti del-la Resistenza che lui non de-nuncia, anzi. Quando ascol-tano Radio Londra, li pregadi aumentare il volume, per-ché lui da sopra non sentebene. Amava così poco i «fri-tzi» che, a 50 anni e invalidoal 75 per cento, scoppiata laguerra si era perfino arruo-lato volontario.

In Germania il Viaggioera stato bollato come artedegenerata, e l’autore comeun personaggio imbarazzan-te. Lui ricambiava, profetan-do sin dal 1933 che là si sta-vano preparando «immon-de intraprese sadiche e mo-struose», e che l’Europa in-tera sarebbe stata fascistaper parecchio. L’invasatosapeva anche veder bene.Al giovane Arbasino che vaa trovarlo nel 1959 prediceche gli Stati comunisti si sa-rebbero aperti prima o poial capitalismo.

Aveva ragione Gidequando spiegava che non èla realtà che Céline dipinge,ma l’allucinazione che la re-altà gli provoca. Chi lo fre-quentò ricorda che nonguardava negli occhi l’inter-locutore, come se obbedissesoltanto alle visioni oltranzi-ste che lo agitavano dentro.L’uomo dall’insostenibile pe-santezza dell’essere sapevache il delirio può arrivaredove fallisce la ragione.

Inedito I racconti «Di cosa parliamo quando parliamod’amore» nella versione originale, non tagliati da Lish

MASSIMORAFFAELI

Non avrebbe guasta-to, per quello che si annunciacome un «nuovo» romanzodi Amos Oz, che comparissealmeno nel risvolto di coper-tina il fatto che Una pace per-fetta sia stato concepito nel1970, redatto fra il '76 e l'81 epubblicato in patria nel 1982,come si legge nelle date incalce all'ultima pagina.

Si tratta di un'opera che ri-sale alla prima maturità dell'autore e dunque agli anni im-mediatamente successivi allaguerra dei Sei Giorni: la scris-se un kibbutzim poco più chetrentenne a nome Amos Klau-sner, in arte Oz, militante la-burista in fuga da una cupa vi-cenda familiare che i lettoriscopriranno solo vent'annidopo nel celebratissimo Unastoria d'amore e di tenebra. MaUna pace perfetta, che ne anti-cipa la materia autobiografi-ca, appare se possibile un li-bro ancora più compiuto, nelsenso della compattezza e diuna intensità di ispirazioneche non scende dal suo apicenonostante la struttura pre-

veda continui cambi della pro-spettiva e sbalzi nel tratta-mento linguistico-stilistico.

Protagonisti non sono sin-goli individui ma un'interacomunità, il kibbutz, la cui di-namica procede nei modi diun romanzo di formazionecollettivo, mentre il contra-sto fra ideale e reale, tipicodella forma-romanzo, si tra-duce nel dissidio via via piùevidente fra la generazionedei pionieri (la stessa di Ben

Gurion e Golda Meir) e quelladei figli inquieti e perplessi, o,in altri termini, fra gli anzianiebrei immigrati nella Palesti-na del Mandamento inglese e igiovani cittadini israeliani.

Il clima da catastrofe immi-nente, un inverno così freddoe piovoso da sembrare fatale,stringono il perimetro del kib-butz alla sua necessità origina-ria, l'ideale laico, pauperista esocialista, dell'uguaglianza nellavoro: qui, dove sorgono radu-re strappate al deserto, vivonogiovani operai e contadini, siutilizzano macchine rudimen-tali, non mancano una piccolabiblioteca e un quintetto musi-cale, ma non c'è una sinagogané un rabbino, nonostante tut-ti sappiano citare la Bibbia.

Le figure che emergonodal coro testimoniano di unanuda, elementare, umanità,non ancora di un credo identi-tario: la stessa memoria dellaShoah è una nera ipoteca cherimane per costoro sullo sfon-do, è il finale apocalittico diun'antica e dolorosa vicenda,non l'evento fondativo di unastoria trionfale quale invecesarà per la generazione suc-cessiva alla guerra dei SeiGiorni, come rilevano peral-tro i nuovi storici israeliani,da Idith Zertal a Tom Segev,l'autore di Il settimo milione.

Oz ne accompagna il decor-so nei modi di una struggente,mai nostalgica, elegia dove siaffacciano gli anonimi eroi diquel sogno comunitario: Yo-

lek il pioniere sionista, suamoglie Hava l'irascibile, suofiglio Yoni variante postdata-ta dell'ebreo errante, ma an-che, aggettanti nel coro, ladolcissima Rimona, femminareclusa nel suo istinto mater-no, Shrulik lo scrittore, e Aza-riah, spiritello messianico, illettore di Spinoza e il tenerogiullare di dio.

Oz li guarda e dà loro voltaa volta la parola quasi con sgo-mento, ne scandisce le fisiono-mie come da un tempo irrime-diabilmente postumo: diver-samente dai suoi dirimpettai(David Grossman e AvrahamYehoshua, che spesso ricorro-no al mito e ai tempi lunghidella storia), egli si appagadella loro integrità al presen-te, dell'utopia egualitaria cheli vuole dei semplici esseriumani, presi nel ciclo di vive-re, lavorare e imparare inqualche modo a morire.

Elena Loewenthal, che fir-ma la splendida versione, fede-le alla ricchezza polifonica deltesto originale, aveva già nota-to a proposito di Amos Oz, inScrivere di sé. Identità ebraicheallo specchio (Einaudi, 2007),«un incrocio inestricabile diesperienza personale e colletti-va» o meglio una «immedesi-

mazione fra i destini individua-li e destino collettivo che trac-ciò in quegli anni la nascita del-la coscienza nazionale».

Inutile ricordare che una si-mile epopea è attualmente ri-mossa, in Israele: i rabbini e igenerali cui ora è delegata lamanutenzione dell'identità spi-rituale del Paese ritengono ov-viamente l'epica del kibbutz ilprodotto di un'epoca sepolta,anzi un anacronismo imbaraz-zante e persino temerario.

MASOLINOD’AMICO

Di cosa parliamoquando parliamo di Ray-mond Carver? Ora sappiamoche la raccolta che lo consa-crò nel 1981 come maestrodella short story di un generenuovo doveva moltissimo allavoro di forbici di un editorchiamato Gordon Lish, suoamico e scrittore a sua volta,nonché all’epoca alle dipen-denze di Knopf, che pubblicòil libro. Lish ridusse drastica-mente tutti i racconti, alcuniaddirittura del settanta percento; cambiò anche molti ti-toli, a partire da quello del pe-nultimo racconto e dell’inte-ro volume. Carver accettò i

tagli ma con molti patemi, econ una lettera torrenzia-

le cercò all’ultimo mo-mento di distogliere

l’amico dal praticarli,né consentì inter-

venti sulla suaraccolta succes-siva, Cattedrale,

per la quale infatti i criticiparlarono di una sua manie-ra rinnovata.

Oggi Einaudi pubblica i te-sti dei racconti così comeCarver li aveva scritti, rico-struiti sul dattiloscritto sottole cancellature di Lish e ritra-dotti da Riccardo Durantiche aveva curato anche laprima edizione italiana. Pernoi lettori c’è l’imbarazzo sucome comportarci. Dobbia-mo buttare via la prima edi-

zione, intitolata Di cosa par-liamo quando parliamo d’amo-re, come spuria? Dobbiamogiudicare Carver in base aquesta integrale e dimenti-carci l’effetto che ci fece allo-ra? O dobbiamo tenere en-trambi i libri, magari giocan-do a confrontarli? Questo gio-co può dare persino delle sor-prese. Prendiamo per esem-pio uno dei racconti più ric-chi di «fatti» anche nella ver-sione mutilata, quello che co-mincia col narratore che hasorpreso la madre sessanta-cinquenne a sbaciucchiarsi

con un estraneo. La versioneLish si intitola Il signor Aggiu-statutto e le macchinette delcaffè, quella Einaudi Che finehanno fatto tutti?: quattro pa-gine di piccolo formato nellavecchia edizione MinimumFax, quattordici fitte in quel-la odierna. Ebbene, chi si sa-rebbe immaginato che tra ibrani tagliati ci fosse addirit-tura una reminiscenza da Ita-lo Svevo? Parlando dell’av-versione per i propri figli, ilprotagonista si augura di po-ter avere in punto di mortel’energia di schiaffeggiarli

proprio come fa il padre diZeno Cosini in una scena fa-mosa del romanzo che costuiha letto da giovane, prima didiventare alcolizzato.

Ma forse il punto non è sescegliere quale dei due librisia migliore, e nemmeno qua-le Carver sia più Carver. En-trambi i testi hanno il loro in-teresse. Le parti omesse nonappaiono affatto inferiori aquelle rimaste, Lish non feceuna scelta mirante a lasciaresolo il meglio, anche se spes-so i suoi finali sono più incisi-vi di quelli di Carver. I testipiù diffusi si leggono con pia-cere perché sempre scrittida un autore di grande perso-nalità e nel pieno controllodel suo strumento espressi-vo; e saperne di più, adesso,su tanti suoi personaggi non

ci dispiace affatto, anche seforse non rimpiangiamo diavere ignorato fino a oggi chel’uomo cornificato a suo tem-po dal padre del narratore diSacchetti (ora si chiama L’av-ventura) dopo avere piantoed essere entrato in depres-sione sentendosi tale si eraaddirittura suicidato pugna-landosi un’infinità di voltecon un temperino.

D’altro canto i racconti al-l’osso della versione Lish han-no una forza innegabile, chenasce da quello che in teatrosi chiama sottotesto: i perso-naggi sanno qualcosa che noiignoriamo, hanno avuto espe-rienze che noi non conoscia-mo, ma che li hanno plasmatie che influenzano il loro com-portamento. Leggere il Car-ver restaurato dopo quello diLish insomma è un po’ comeapprendere finalmente checosa aveva fatto Amleto a Vit-temberga, o come si era inna-morato di Ofelia.

L’autore

BENEDETTACENTOVALLI

La scorsa estate so-no stata in pellegrinaggio al-la Lilly Library, a Bloomin-gton nell'Indiana. Non pote-vo resistere alla curiosità diconsultare e avere tra le ma-ni quelle carte così contro-verse di Carver violentemen-te editate da Gordon Lish, ilCaptain Fiction della narrati-va americana. Le ho viste, leho lette e sono rimasta disasso. Su quelle pagine erascritto non solo un momentoimportante della storia lette-raria americana ma c'era an-che tutto quello che serve acapire che cosa significa fa-re editing, riscrivere un te-sto. Re-writing or overwri-ting? C'era insomma la rispo-sta ad una domanda necessa-ria per chi fa come me il me-stiere di editor. Ieri come og-gi. In America come in Ita-lia. Scrive Carver a Lish, inuna lettera accorata del1982, che annuncia la conse-gna di Cathedral, la raccoltasuccessiva all'incriminataWhat We Talk About WhenWe Talk About Love: «Puòdarsi che alcuni di questiracconti non si adattino facil-mente a starsene allineati infila con gli altri, è inevitabile.Però, Gordon, giuro su Dio etanto vale che te lo dica subi-to, non posso subire l'ampu-tazione e il trapianto che inun modo o nell'altro servi-

rebbero a farli entrare nellascatola, di modo che il coper-chio chiuda bene».

E' detto tutto in queste ri-ghe: la scatola è l'etichetta diMinimalismo che sarà confe-zionata su misura sulla narra-tiva breve di Carver, ma queiracconti che daranno il via al-la nascita di una nuova gene-razione di scrittori non sono i

racconti di Carver. I suoi era-no «più pieni», non avevano ache fare con nessuna «piccolavisione o piccola esecuzione»,non erano scritti tagliando tut-to fino al midollo, privandolidel contatto «con i piccoli nes-si umani» e il loro mistero,non avallavano una voce nar-rante insensibile alle cose e aipersonaggi che raccontano.

Gordon Lish aveva fattosaltare più della metà del te-sto e modificato molti finali.Una vera ossessione per i fina-

li quella di Lish.Il caso Carver-Lish ci dà

l'opportunità di riflettere sualcune questioni fondamenta-li che riguardano la praticadell'editing. Ho sempre pensa-to che ogni riscrittura coinvol-ga le nostre strutture di giudi-zio e che sia tutt'altro che una«pratica». Piuttosto una for-ma non confessa di ideologialetteraria. Quante volte sentia-mo ripetere che un editor èuna specie di super-lettoreche si pone all'ascolto del te-sto per poi calarsi dentro la sa-la macchine? Già ma con qualiattrezzature e quali obiettivici mettiamo al lavoro? Anchequando parliamo di editingparliamo di letteratura e dun-que dovremmo parlare di re-sponsabilità, di posizionamen-to, di orientamento dellosguardo.

Torniamo alla scatola incui Lish ha costretto i raccon-ti di Carver, operando secon-do modalità che sono più vici-ne alle regole strette della nar-rativa di genere che alla lette-ratura d'autore, insomma va-rando una nuova «etichetta» enon rispettando il Dna delloscrittore. La maieutica di Lish

è violenta e mira alla costru-zione di un modello letterarioe di un canone. E la storia hadato ragione a questo padre-padrone. Anche se per il restodella vita Carver ha cercato diaffrancarsi da quelle ragionidi successo. Anche se il veroCarver è forse migliore diquello contraffatto.

L'editor è uno specialista

di parole e di trame, può lavo-rare in modo normativo, atte-nendosi a modelli, affidandosiall'autonomia del testo e all'in-gegneria delle storie, o esalta-re l'unicità, la singolarità diun autore, portando a nitorequalcosa che già c'è (bioedi-ting). Deve in ogni caso essereversatile e mimetico, saperericonoscere e valutare che ti-po di testo e di lavoro lo aspet-ta, e non dimenticare che ilcammino che un testo compieper diventare libro è fatto pri-

ma di tutto dal dialogo tra chiscrive e chi legge, tra chi scri-ve e chi decide leggendo e ri-scrivendo di pubblicare.

Nella mia esperienza ognitesto ha una chiave d'ingressoche permette di entrare senzaforzare la serratura. Quello èil varco necessario per la ri-scrittura e per fare emergerela verità e l'identità di un testoletterario o dichiaratamentecommerciale.

La narrativa italiana degliultimi quindici anni ha subitoun autentico terremoto nellesue strutture profonde, ha ri-lanciato i generi irrobustendotrame e storie e rafforzando ilcontesto culturale attuale. Mala letteratura di genere è co-me un elastico che si muovedalla piena convenzione alla li-bera interpretazione del gene-re stesso, maggiore è l'esten-sione dell'elastico maggiore èil tasso artistico di un testo.

Occorre allora essere con-sapevoli che una narrativa so-lo di consumo, forgiata sullaprevedibilità dei modelli, ouna narrativa letteraria confe-zionata alla Lish indebolisco-no una delle motivazioni prin-cipali di chi i libri li fa e li leg-ge: la possibilità di mantenereintatta la capacità di creare,di sorprendere, di innovare, discegliere e di sognare. Non so-no solo in discussione la singo-la qualità dei testi e la messa apunto del loro funzionamentoma qualcosa che ha a che farecon le ragioni stesse della no-stra biologia: la libertà di pen-sare e di credere ancora nellaforza rivoluzionaria della pa-rola letteraria.

RACHAEL KING

Una rara farfalladi giallo in noir= Il romanzo La Musica dellefarfalle (trad. di Isabella Vaj , Piemme,pp. 417, € 19) è singolare, fra l'altro,perché giocato tutto sugli spostamenti.Il primo spostamento è quellodell'autrice, Rachael King, che, nata nel1970 in Nuova Zelanda, ha scelto dilocalizzare la vicenda lontano neltempo, nell'Inghilterra del 1904 el'Amazzonia dello stesso periodo.Giornalista e scrittrice, avendoottenuto in questo modo un grandesuccesso internazionale, ha confessatodi essere stata costretta, per il suo libro,a grandi ricerche.Non ne dubitiamo, perché il fascinodella vicenda sta proprionell'accuratissima ricostruzione dellacittadina di Richmond dove abita lagiovane coppia di Thomas e SophieEdgar e, all'altro capo del mondo,l'Amazzonia, dove Thomas, naturalistaper passione, si inoltra in undifficilissimo e drammatico viaggio.Richmond è uno scenario vittoriano,perfino enfatizzato nella suaaristocratica separatezza (non possiedeneppure l'elettricità) che è materiale eanche spirituale. Il Brasile, d'altro canto,risulta quanto di più drammatico,

avulso dal mondo civile, carico di pericoliche non sono soltanto materiali e animali(praticamente tutto popolato da bestiedi tutti i generi dalle falene alle zanzarealle formiche alle scimmie fino aigiaguari) si possa immaginare.In effetti, che cosa realmente significhivivere per mesi navigando sul Rio delleAmazzoni oppure pernottando nellagiungla oppure, già meglio, risiederenella città di Manaus, a Richmond non losa nessuno. E, meno che mai, Thomas,naturalista di ventisette anni, che per lasua passione di ricercatore di farfalle e inparticolare, di una farfalla speciale,perché gigante e bicolore, si unisce a unaspedizione, organizzata e finanziata daun inglese coltivatore di caucciù.Da questa spedizione, durata alcunimesi, il giovane Thomas ritorna distrutto:ammutolito, incapace di spiegarequalunque cosa abbia visto, chiuso in unsilenzio che rifiuta tutto, a cominciaredalla giovane moglie.«Nella lettera nulla lascia supporre che alsuo ritorno a casa Thomas sarà un uomodiverso»: comincia così questoastutissimo mix di avventure, dipsicologia, perfino di giallo che amomenti costeggia il noir, e diperbenismo molto anglosassone.Non spiegheremo che cosa il giovanenaturalista abbia visto e quasi toccatocon mano negli interminabili giorni esoprattutto notti dell'Amazzonia.Certamente alla fine si dovrà concludereche ha trovato se stesso.Per quanto altamente documentato, illibro della Rachael King, si raccomandaper il suo brio romanzesco e per unastraordinaria fede, così ci sembra, nelpotere del narrare. Infatti, a distanza diquasi due secoli, ricorda stranamentel'abilità di certi scrittori inglesi che puretrattavano materiali così diversi: peresempio, Elizabeth Gaskell oppure iTrollope. Angela Bianchini

ANNEMARIE SELINKO

Napoleone, l’amoretra siepi e aiuole= Scritto in tedesco nel 1951 daAnnemarie Selinko, austriaca di nascitae vissuta a lungo in Danimarca e inSvezia, Désirée di Annemarie Selinko(trad. Carlo Picchio,Neri Pozza, pp. 765,€ 15) è un'amabile epopea sull'ascesa e iltramonto dell'era napoleonica, scrutatadagli occhi di una borghese vispa eimpertinente. Ai tempi ottenne unostraordinario successo, venne tradottoin ogni angolo del globo e fu portatosullo schermo da un regista di cassettacome Henry Koster, che diede allaprotagonista, amata da Marlon Brandonei panni di Napoleone, il volto delicatodi Jean Simmons. Ma la Eugénie DésiréeClary, tipica creatura dei mitici AnniCinquanta, potrebbe racchiudere in séanche i tratti maliziosi da monella diLeslie Caron e il candore e la verve diDoris Day. Piccolina, graziosa, con unnasino all'insù sempre un poco arrossatoin contrasto con l'eburneo rigore deiprofili neoclassici, abborda a Marsiglia ilgiovane Joseph Buonaparte agli alboridella carriera e, per suo tramite, il

fratello Napoleone, allettato dallacospicua dote delle sorelle Clary. Tra loscalcagnato generale dalle brachesdrucite e l'intraprendente Eugénienasce un amore tenero fatto di sguardi,di corse tra le siepi e le aiuole e di timidibaci bagnati dalla pioggia. Eugénie eNapoleone sono fidanzati, ma non cisono le nozze nel loro futuro. Spintodalla sete di potere e di gloria, ilgenerale s'insinua nel mondo salottieroparigino, dove incontrerà JosephineBeauharnais. Scattano così i destiniseparati, ma inseparabilmenteintrecciati e prodigiosi, dei due giovani:lui verso un'ascesa così grande daottenebrare il mondo; lei verso la coronadi Svezia e di Norvegia, sposa delgenerale Bernadotte, che giganteggianel romanzo, prima compagno d'armi,poi grande avversario di Napoleone.Gli splendori della corte, le astuzie delpotere, la cupa tragedia della disfatta, laraffinata bellezza delle dame, le armi egli amori, le cortesie e le audaci impresescorrono agli occhi di Eugénie, divenutaper scelta Désirée per dolcementeinvecchiare come Desideria regina, conla delicatezza e la grazia del walzer da leiinsegnato al suo primo amore. Mia Peluso

L’autore

Carver ritrovail suo temperino

Testimonianza Cosa facciamo quando facciamo editing? Comefar emergere la verità e l’identità di un autore, senza stravolgerlo?

Amos Oz:il romanzo«Una pace

perfetta»risale

alla primamaturità

dell’autore,lo scrisse

un kibbutzimpoco più che

trentenne,a nome Amos

Klausner

Amos Oz Gli anonimi eroi di quel sogno comunitarionell’Israele dei pionieri: elegia struggente, mai nostalgica

Due opere diversema di pari interesse:i brani omessi, a partei finali meno incisivi,non sono affatto inferiori

Segue da pagina I

«Una pace perfetta»:una storia scrittadopo i Sei Giorni,quando l’autore eraun militante laburista

Un’epoca sepolta, anziun anacronismoimbarazzante, persinotemerario, per i rabbinie i generali di oggi

C’era una voltal’ideale kibbutz

RaymondCarver visto

da Levine.CopyrightNew YorkReview of

Books-Ilpa

Ogni testo hauna chiave d’ingresso:entrare senza forzarela serratura, rispettareil Dna dello scrittore

Amos Oz è nato a

Gerusalemme nel 1939.

A 15 anni andò a vivere in un

kibbutz. Ha studiato

filosofia e letteratura

nell’Università ebraica

di Gerusalemme. Vive ad

Arad, insegna all’Università

Ben Gourion.

p Amos Ozp UNA PACE PERFETTAp trad. di Elena Loewenthalp Feltrinelli, pp. 350, € 17,50

Quelle carte violentate

Raymond Carver con Tess Gallagher, sua seconda moglie

p

Raymond Carver scompariva nel 1988, cinquantenne.Debuttò nella narrativa con «Vuoi star zitta per favore?»(1976). In Italia il primo a tradurlo fu Garzanti. Tutti i suoiracconti sono stati riproposti da minimum fax. Oratorneranno da Einaudi, in edizione «originale»: primo titolo«Principianti», con una selezione di lettere dello scrittore alsuo editor Gordon Lish.

p Raymond Carver PRINCIPIANTIp trad. di Riccardo Duranti, Einaudi, pp.294, € 19

Dalla partedi Célineideale caproespiatorio ERNESTO FERRERO

MarlonBrando

e JeanSimmons

nellalocandinadel film di

Henry Koster«Désirée»tratto dal

romanzo diAnnemarie

Selinko

Viaggio nell’Indiana,per esaminare quellepagine che sarebberodiventate il manifestodel Minimalismo

LISH SCRITTORE

Fantagiallo con Capote

Non solo ombra e giudice discritturealtrui. Gordon Lishhafirmato in proprio diversi ro-manzi tra cui,Caro signorCa-pote, tradotto l’anno scorsoin Italia da Nutrimenti (pp.191, € 16): nella New York An-ni80unpresuntoserial killersipropone aTruman Capote peruna «biografia autorizzata»,gli chiede di scrivere la sua sto-riadi assassino,23vittime, tut-te donne e tutte uccise con uncolpo di coltello nell’occhio si-nistro. Un fantagiallo, ma èsempre «il lavoro dello scritto-re» il tema sullo sfondo: qui inparticolare il rapporto delloscrittore con la violenza, comedescriverla, come esserne «re-sponsabile».

Strano antisemita,con amici e fidanzateebree: sapeva cheil delirio può arrivaredove finisce la ragione

AVVENTURE

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