RASSEGNA STAMPA CGIL FVG – martedì 24 marzo 2020 · stato preannunciato: di fatto il decreto...

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1 RASSEGNA STAMPA CGIL FVG – martedì 24 marzo 2020 (Gli articoli di questa rassegna, dedicata prevalentemente ad argomenti locali di carattere economico e sindacale, sono scaricati dal sito internet dei quotidiani indicati. La Cgil Fvg declina ogni responsabilità per i loro contenuti) ATTUALITÀ, REGIONE, ECONOMIA (pag. 2) Aziende del settore privato: in 150 mila restano a casa (M. Veneto) Nuova protesta alla Safilo: i sindacati chiedono di fermare la produzione (M. Veneto) Chi è davvero essenziale. Il compito difficile di scegliere le imprese (M. Veneto) Dal decreto "Chiudi Italia" «una inevitabile mazzata, ma insieme possiamo farcela» (M.Veneto) Niente dividendo. Electrolux ritira la proposta di riparto dell'utile (M. Veneto) Sostegno agli stagionali, Rosolen soddisfatta (M. Veneto) Crescono i contagi in casa di riposo. All'Itis di Trieste due ospiti positivi (Piccolo) Casi positivi in calo per il secondo giorno. Il Fvg è la regione meno colpita del Nordest (M. Veneto) Ma nelle case di riposo tra decessi e contagi la situazione è difficile (M. Veneto) Appello in corsia: dateci un alloggio per non infettare le nostre famiglie (M. Veneto) Terapia intensiva, altri 42 posti e 4,2 milioni di investimento (M. Veneto) Pronte le prime mascherine destinate alle famiglie friulane (M. Veneto) Il no della Regione allo sbarco di 1.400 persone dalla Victoria (Piccolo) Scatta la caccia alla deroga (Piccolo) A Trieste decine di migranti ammassati a Porto vecchio per ricevere pasti e abiti (Piccolo) Alla Sbe i primi due positivi in fabbrica. Uno è l'imprenditore Federico Vescovini (Piccolo) Da giovedì pensioni in pagamento. Ecco i nuovi orari degli uffici postali (Piccolo) Il mondo dell'automobile si ferma. La Miko sospende la produzione (Piccolo) In tutte le banche sportelli chiusi o orari ridotti: servizi online attivi (M. Veneto) Hera si rafforza a Nordest: vertici verso la riconferma (Piccolo) CRONACHE LOCALI (pag. 17) Boom del "lavoro agile". A casa 737 comunali e la produttività cresce (Piccolo Trieste) Cresce l'offerta di posti convenzionati nelle case di riposo (Piccolo Trieste) Esenzione ticket, arriva il rinnovo "easy" (Piccolo Trieste) Malattie infettive, il reparto del "miracolo". In un mese posti letto triplicati: da 14 a 43 (Mv Udine) L'Azienda sanitaria rassicura: l'ospedale non perderà servizi (M. Veneto Udine) Morti tre anziani della casa di riposo (M. Veneto Udine) Altre tre vittime all'ospizio di Lovaria (M. Veneto Udine) Altre due vittime, a Caneva e Cordovado. S'allarga il contagio nelle case di riposo (Mv Pordenone)

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RASSEGNA STAMPA CGIL FVG – martedì 24 marzo 2020 (Gli articoli di questa rassegna, dedicata prevalentemente ad argomenti locali di carattere economico e sindacale, sono

scaricati dal sito internet dei quotidiani indicati. La Cgil Fvg declina ogni responsabilità per i loro contenuti)

ATTUALITÀ, REGIONE, ECONOMIA (pag. 2)

Aziende del settore privato: in 150 mila restano a casa (M. Veneto)

Nuova protesta alla Safilo: i sindacati chiedono di fermare la produzione (M. Veneto)

Chi è davvero essenziale. Il compito difficile di scegliere le imprese (M. Veneto)

Dal decreto "Chiudi Italia" «una inevitabile mazzata, ma insieme possiamo farcela» (M.Veneto)

Niente dividendo. Electrolux ritira la proposta di riparto dell'utile (M. Veneto)

Sostegno agli stagionali, Rosolen soddisfatta (M. Veneto)

Crescono i contagi in casa di riposo. All'Itis di Trieste due ospiti positivi (Piccolo)

Casi positivi in calo per il secondo giorno. Il Fvg è la regione meno colpita del Nordest (M. Veneto)

Ma nelle case di riposo tra decessi e contagi la situazione è difficile (M. Veneto)

Appello in corsia: dateci un alloggio per non infettare le nostre famiglie (M. Veneto)

Terapia intensiva, altri 42 posti e 4,2 milioni di investimento (M. Veneto)

Pronte le prime mascherine destinate alle famiglie friulane (M. Veneto)

Il no della Regione allo sbarco di 1.400 persone dalla Victoria (Piccolo)

Scatta la caccia alla deroga (Piccolo)

A Trieste decine di migranti ammassati a Porto vecchio per ricevere pasti e abiti (Piccolo)

Alla Sbe i primi due positivi in fabbrica. Uno è l'imprenditore Federico Vescovini (Piccolo)

Da giovedì pensioni in pagamento. Ecco i nuovi orari degli uffici postali (Piccolo)

Il mondo dell'automobile si ferma. La Miko sospende la produzione (Piccolo)

In tutte le banche sportelli chiusi o orari ridotti: servizi online attivi (M. Veneto)

Hera si rafforza a Nordest: vertici verso la riconferma (Piccolo)

CRONACHE LOCALI (pag. 17)

Boom del "lavoro agile". A casa 737 comunali e la produttività cresce (Piccolo Trieste)

Cresce l'offerta di posti convenzionati nelle case di riposo (Piccolo Trieste)

Esenzione ticket, arriva il rinnovo "easy" (Piccolo Trieste)

Malattie infettive, il reparto del "miracolo". In un mese posti letto triplicati: da 14 a 43 (Mv Udine)

L'Azienda sanitaria rassicura: l'ospedale non perderà servizi (M. Veneto Udine)

Morti tre anziani della casa di riposo (M. Veneto Udine)

Altre tre vittime all'ospizio di Lovaria (M. Veneto Udine)

Altre due vittime, a Caneva e Cordovado. S'allarga il contagio nelle case di riposo (Mv Pordenone)

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ATTUALITÀ, REGIONE, ECONOMIA Aziende del settore privato: in 150 mila restano a casa (M. Veneto) Maurizio Cescon - Sono circa 150 mila, la metà del totale, i lavoratori del settore privato in Friuli Venezia Giulia che non andranno a lavorare, in conseguenza dell'ultimo decreto Conte. Come è noto restano in attività solo le fabbriche considerate strategiche. Ieri in tutta la regione, soprattutto al mattino, quando operai e impiegati si recano nelle aziende, è regnata sovrana la confusione, in particolare nei settori meccanica, chimica, tessile e plastica. Ma alla fine solo gli addetti della Safilo di Martignacco (che peraltro è già destinata alla chiusura nei prossimi mesi) hanno deciso di incrociare le braccia e scioperare. Dalle altre parti, bene o male, dopo l'intervento di mediazione dei sindacati, è stato sempre raggiunto un accordo e chi doveva entrare in fabbrica è entrato.Il segretario regionale della Cgil Villiam Pezzetta è perplesso riguardo i meccanismi di applicazione della normativa di legge. «Stiamo facendo ora per ora un monitoraggio in tutte le aziende - afferma - : dove l'attività deve essere sospesa i dipendenti devono essere collocati in cassa integrazione. A mio avviso il decreto ha delle parti da rivedere, è un po' pasticciato, sono state allargate troppo le maglie di chi può restare aperto. Ci sono anche degli aspetti da dirimere per quanto riguarda gli stessi codici Ateco. Per esempio i call center: quello del Cup dell'ospedale dovrà lavorare, è essenziale, ma quelli che operano per conto di imprese più voluttuarie stanno a casa o no? Le decisioni sulla strategicità delle fabbriche è stata demandata ai prefetti, cioè le responsabilità sono state scaricate sul territorio. Proprio per fare chiarezza su ogni dettaglio abbiamo chiesto, unitariamente con Cisl e Uil, un incontro urgente al commissario di governo Valenti. Noi comunque segnaleremo le aziende che non rispettano il protocollo. Le attività considerate non essenziali vanno sospese, in accordo con le stesse dirigenze delle aziende, altrimenti si va verso lo sciopero. Sappiamo che si tratta di un grande sacrificio per gli imprenditori, ma in questo momento la salvaguardia della salute dei cittadini è l'obiettivo primario e assoluto. Altrimenti rischiamo di trascinarci questa pandemia per mesi, ingigantendo problemi che sono già grandi. Operai e impiegati, del resto, sappiamo che sono molto impauriti».Anche il segretario regionale della Fim Cisl Gianpiero Turus pone l'accento sulla confusione di queste giornate. «I metalmeccanici in Friuli Venezia Giulia - osserva - sono 54 mila in 3.800 aziende. Contando la galassia degli artigiani che vivono di metalmeccanica, si arriva a 80 mila addetti. Tutte queste persone hanno bisogno di risposte, la prima lista Ateco aveva dei codici del tutto generici per i metalmeccanici. Certe aziende che dovevano essere chiuse, in realtà sono aperte, stiamo ancora cercando di capire se rientrano tra le strategiche o no. Abbiamo notato che il decreto lascia ampia discrezionalità ai prefetti sull'apertura delle fabbriche. Mi auguro che anche da parte loro vi sia maggiore chiarezza. Alcune aziende, dopo aver messo in sicurezza gli impianti e fatto partire gli ordini già pronti, chiudono lo stesso, ma è comunque una loro decisione». A livello nazionale la vigilanza dei sindacati resta elevata. «La nostra richiesta è limitarsi senza eccezione alcuna alle attività essenziali per ridurre la mobilità dei lavoratori» quindi «sosteniamo» la richiesta avanzata da Cgil, Cisl e Uil «per attuare tutte le modifiche necessarie. Il 29 marzo verificheremo come proseguire la nostra iniziativa». Così Fim, Fiom e Uilm sulle attività nel Dpcm anti coronavirus. «Per le aziende non ancora sicure e per quelle fuori delle reali attività essenziali», ricordano che «già venerdì 20 hanno prolungato la copertura dello sciopero nelle aziende metalmeccaniche fino al 29 marzo».

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Nuova protesta alla Safilo: i sindacati chiedono di fermare la produzione (M. Veneto) Maura Delle Case - Braccia incrociate ieri alla Safilo di Martignacco per spingere l'azienda a fermare la produzione nonostante, sulla base dell'ultimo Dpcm approvato dal governo per l'emergenza Covid-19, il gruppo padovano dell'occhiale sia tra quelli che possono continuare a lavorare. Il codice Ateco di Safilo è compreso tra gli "abilitati" all'attività, nondimeno le segreterie regionali del sindacato di categoria ritengono inopportuno il prosieguo della produzione e per questo ieri hanno dato voce alla protesta con una discreta adesione - fanno sapere - tra le file dei lavoratori e un primo risultato: «L'azienda ci ha comunicato l'intenzione di chiedere l'apertura di 9 settimane di cassa integrazione per Covid-19 - ha fatto sapere il segretario di Filctem Cgil, Andrea Modotto - così da gestire eventuali sospensioni o riduzioni della produzione che riteniamo quantomai auspicabili». È dello stesso avviso il collega di Femca Cisl, Pasquale Lombardo, alla luce di quello che a suo giudizio rappresenta un paradosso: «È davvero necessario continuare a produrre oggi in uno stabilimento come quello di Martignacco destinato a chiudere i battenti il prossimo mese di luglio?». La domanda è retorica e la risposta che si dà il sindacato è naturalmente negativa.Da qui la richiesta forte di fermare la produzione dell'occhialeria come ha già fatto un altro grande player del settore qual è Luxottica che ha chiuso temporaneamente i battenti e lasciato a casa i dipendenti in cassa integrazione. Soluzione, questa, che le parti sociali si augurano ora anche per Safilo e in particolare per i 216 dipendenti al lavoro nello stabilimento friulano. «È vero che l'azienda può restare aperta sulla base dell'ultimo Dpcm - conclude Modotto - ma se vogliamo essere onesti lo può fare solo perché realizza occhiali da vista che però rappresentano una percentuale minima della produzione».Libera da vincoli, l'azienda al momento ha facoltà di decidere. E se ieri non è arrivata una risposta positiva alla richiesta di chiusura tout court degli stabilimenti, quella di esame congiunto recapitata ai sindacati per l'attivazione dell'ammortizzatore sociale rappresenta comunque un primo passo in tal senso. L'indicazione che viene dal vertice confederale è che chiudano volontariamente i battenti tutte le imprese con produzioni non strettamente necessarie al di là delle classificazioni del Dpcm.«Le maglie del decreto - secondo il segretario generale di Cgil Fvg, Villiam Pezzetta - sono troppo larghe, chiediamo dunque alle imprese uno sforzo in più: chiudano tutte quelle che possono - conclude il numero uno di Cgil -, perché oggi la priorità è evitare la diffusione del virus». Chi è davvero essenziale. Il compito difficile di scegliere le imprese (M. Veneto) Paolo Ermano - Per quanto doloroso, difficile, faticoso, questo è un momento di riflessione da non sprecare.Si è deciso di chiudere le attività secondo un criterio specifico: l'essenzialità. O almeno, così era stato preannunciato: di fatto il decreto indica quali attività possono continuare a operare regolarmente e quali possono farlo solo in modalità smart working. Ma l'essenza non cambia: si è cercato di delimitare il raggio di ciò che è essenziale per la nostra quotidianità e cosa non lo è. Questa divisione può essere condivisa o meno, ma ora c'è una lista che ci permette di ragionare.Ci sono alcune considerazioni che credo siano importanti da fare per formare un giudizio sul senso di tale scelta.Il primo argomento è che questa lista non esisteva fino a pochi giorni fa. Nessuno si era mai interrogato su cosa fosse necessario preservare e cosa no...

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Dal decreto "Chiudi Italia" «una inevitabile mazzata, ma insieme possiamo farcela» (M.Veneto) Elena Del Giudice - Un'azienda è un microcosmo complesso: «Non basta girare una chiave per spegnerla e non sarà sufficiente rigirarla per farla ripartire». Detto ciò, misure più restrittive per cercare di arginare la diffusione del coronavirus erano necessarie, ma il conto da pagare sarà pesante. Per le singole aziende ma anche per il Paese «se si non troverà il modo di far arrivare le risorse all'economia reale per salvaguardarla e farla ripartire». Così Gianpietro Benedetti, presidente del Gruppo Danieli (oltre 3 miliardi di fatturato annui, 9.400 dipendenti nel mondo di cui circa 3 mila in Fvg e altrettanti indiretti, ndr), all'indomani dell'ultimo decreto del Presidente del Consiglio dei ministro che decreta il fermo di tutte le attività produttive non essenziali.Presidente, è arrivato il decreto "chiudi Italia" che impone lo stop ad un certo numero di attività produttive o ad alcuni settori. Acciaio compreso. Come valuta questo provvedimento?«Il tema è complesso. All'interno del Gruppo Danieli sono state prese da settimane e in anticipo tutte le misure preventive necessarie. Ci siamo avvalsi dell'esperienza fatta in Cina dove, con circa 1500 persone, non abbiamo avuto un solo contagiato. Le misure governative cinesi applicate con decisione e seguite con la massima disciplina hanno aiutato, ma il problema, pare di aver capito, nasce dagli asintomatici che essendo non identificabili possono contagiare anche all'interno delle fabbriche e ovunque. Ne consegue, se così è, che l'unico rimedio è limitare tutti contatti».Questo significa che "spegnerete" Abs? Ci sono attività che riusciranno a restare operative?«Nella sede di Buttrio operavamo già dalla scorsa settimana al 60% con il 32% del personale in smart working e meno del 30% negli uffici; in fabbrica personale al 60% e il resto in ferie. In Abs, vista la tipologia di attività, personale all'85%. Oggi abbiamo ridotto ulteriormente le presenze in Danieli Buttrio limitandoci a spedire quanto pronto e accelerare il service per i clienti che ne avevano la necessità. Come chiuderemo o ridimensioneremo dipenderà dai permessi prefettizi che otterremo in relazione alla qualificazione dell'attività entro il 25 marzo. Abs probabilmente chiuderà al 95%».Avete stimato quale sarà l'impatto di questa crisi sui conti del Gruppo? «L'attività a Buttrio e in Abs costa, in spese vive, circa 26 milioni di euro al mese, esclusi ammortamenti, tasse, ecc. A questo si sommano i costi per materiali ordinati e processati parzialmente che abbiamo pagato e che non potremo recuperare perché non siamo in grado di rispettare gli impegni. Auspicabilmente lo potremo fare a maggio, fatte salve le penalità imposte dai clienti che dovremo cercare di contenere. Ci saranno ordini che non riusciremo a evadere... Per usare una metafora, credo che patiremo una "mazzata" rilevante, ma la gestione finanziaria prudente che da sempre facciamo ci mette al riparo da perdere l'assetto di volo ideale. Quello che ci aiuterà davvero è lo spirito insito nel Dna del team Danieli determinato a combattere le fragilità e i cosiddetti "cigni neri". Non dimenticherei nemmeno l'incognita: non sappiamo come proseguirà, non solo in Italia ma nel resto del mondo, questa pandemia. Nella storia che conosciamo non è mai avvenuto un evento così disastroso a livello globale. Nemmeno la seconda Guerra mondiale aveva coinvolto il mondo intero nello stesso momento».Mondo coinvolto e sconvolto...«Un mondo spaventato anche dalle immagini che ci mostrano molti momenti dolorosi, come il trasporto delle salme sui mezzi dell'esercito, i numeri del contagio e dei decessi, gli ospedali in difficoltà con medici e infermieri allo stremo, gli ospedali da campo... E c'è un mondo intero che guarda con apprensione perché coinvolto nella stessa vicenda... C'è anche molta partecipazione, ci telefonano per sapere se da noi va tutto bene da Australia, Usa, Russia, India, Egitto, Romania... e tutti hanno le stesse domande e la medesima preoccupazione. Probabilmente le conseguenze di questo disastro cambieranno molte cose, come è accaduto negli Usa dopo l'11 settembre».In attesa che termini l'epidemia, che si fa?«Il team sta già progettando il recupero. Lavoreremo più ore alla settimana, anche in tempo di ferie, e contiamo di recuperare più del 70% del tempo perduto e anche delle risorse. Ovviamente non pensiamo di riuscire a fare tutto questo entro giugno, quando chiuderemo il bilancio, ma certamente nei sei mesi a seguire, sempre che l'emergenza si fermi in aprile e che quindi si possa lentamente ripartire, con le cautele del caso. Se lo scenario invece sarà peggiore, e così anche lo strascico dei mercati esteri, le cose si farebbero molto serie. Ma non credo andrà così».Intravede dei limiti a quest'ultimo decreto? Si poteva elaborare meglio? «Tutto si potrebbe fare meglio. Detto ciò si tratta di decisioni difficili e di scelte che non possono essere trascinate all'infinito. Ciò che poteva essere considerato, ma qui interviene l'esperienza sul campo nella gestione aziendale, è che non basta girare una chiare per fermare un'attività così come non basterà rigirarla per farla ripartire. Si è in parte rimediato con i 3 giorni prima dell'entrata in vigore delle nuove misure».Questo stop che impatto avrà sull'economia del Paese?«Il nostro Paese è fragile a causa dei 2.400 miliardi di debiti, ha una bassa credibilità essendo rimasto l'unico in Europa a non aver varato riforme significative e non aver riqualificato la spesa. E oltre a spendere senza investire, abbiamo accentuato

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l'assistenzialismo senza agire per far crescere il Pil. Ed è in questa situazione che dobbiamo contare gli Euro corona bond per racimolare i 130/160 miliardi di euro necessari per fronteggiare le spese, i mancati introiti dello Stato e rilanciare l'economia. Spero si stia mettendo a punto una visione e un piano di azione per definire in che modo far arrivare queste risorse all'economia reale del Paese, a quella che esporta e che crea valore aggiunto indispensabile per generare risorse da riversare nel sociale».Di cosa hanno bisogno le imprese?«Velocità, pianificazione dell'arrivo risorse all'economia reale, semplificazione, uno sforzo della burocrazia affinché condivida le azioni per il rilancio e la riqualificazione della spesa. Chi riuscirà a fare tutto questo dovrà essere considerato un eroe, visto che in 30 anni nessuno ha raggiunto l'obiettivo. Con l'arrivo di risorse ben calibrate, un rilancio degli investimenti pubblici e con la buona volontà di tutti il Team Italia ce la farà. Aggiungo che con le misure assunte dovremmo assistere ad un calo dei contagi che però dovrà continuare nelle settimane a venire, e perché questo avvenga sarà necessario mantenere le indicazioni operative, e qui entra in campo l'impegno e l'etica individuale che non devono venire meno».Infine?«Stiamo condividendo un'esperienza che mai avremmo voluto vivere. Questo crea un legame, unisce le persone pur nella distanza, e ci rende partecipi. Sentimenti che non smarriremo più». Niente dividendo. Electrolux ritira la proposta di riparto dell'utile (M. Veneto) Elena Del Giudice - Fabbriche chiuse in Italia, riallineamento della produzione alla luce della diminuita domanda di mercato e niente distribuzione degli utili realizzati nel 2019. Lo ha deciso Electrolux, la multinazionale svedese che in Italia conta 5 stabilimenti che producono elettrodomestici, oltre al quartier generale di Paese a Porcia con centro innovazione e ricerca e sviluppo, oltre 4.500 addetti, che già la scorsa settimana aveva informato il mercato circa il possibile impatto negativo dell'emergenza coronavirus sui conti del Gruppo. Ieri mattina l'informativa circa il ritiro della proposta di dividendo, poco più tardi, nel corso di diversi incontri nei siti produttivi, l'ufficializzazione del fermo delle fabbriche in ottemperanza al decreto emanato dal Governo, con conseguente ricorso alla cassa integrazione (quella varata in relazione all'emergenza Covid-19) per i lavoratori. «La rapida evoluzione della situazione correlata al coronavirus conferma la previsione di un impatto finanziario significativo nel 2020 - spiega la società -. E in previsione stiamo intraprendendo azioni di mitigazione per proteggere gli utili e il flusso di cassa». In quest'ottica, il Cda del Gruppo comunica di aver deciso di ritirare la proposta di dividendo deliberata per quest'anno, rinviando ad un'assemblea straordinaria da convocare prima di dicembre la valutazione su una eventuale distribuzione degli utili e il relativo ammontare. Il 15 marzo scorso Electrolux aveva fornito un aggiornamento sugli sviluppi relativi al coronavirus. La società aveva dichiarato che all'epoca vi era un considerevole rischio di un impatto finanziario significativo durante la prima metà del 2020, correlato a interruzioni della catena di approvvigionamento, contromisure governative e cambiamento del comportamento dei consumatori. Nei giorni successivi sono intervenuti provvedimenti finalizzati a contenere il contagio, tra cui «la chiusura di attività industriali, negozi al dettaglio e transito transfrontaliero». Queste decisioni hanno determinato un forte calo della domanda e della possibilità di produrre...

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Sostegno agli stagionali, Rosolen soddisfatta (M. Veneto) L'articolo 29 del decreto legge 18/2020 ha previsto che l'Inps eroghi un'indennità di sostegno anche a favore dei lavoratori stagionali dei settori del turismo e degli stabilimenti termali, che abbiano cessato il rapporto di lavoro nell'arco temporale compreso tra il primo gennaio 2019 e il 17 marzo 2020. «Si tratta - ha spiegato l'assessore regionale al Lavoro Alessia Rosolen - di indennità dell'importo pari a 600 euro, non soggette a imposizione fiscale. Nei giorni scorsi, l'Inps ha diffuso una prima e sintetica interpretazione del decreto-legge che ha introdotto diverse misure a favore dei lavoratori, delle famiglie e delle imprese, trattando anche il beneficio disposto per gli stagionali. La Regione esprime pieno appoggio alla linea e sostiene con convinzione la necessità di tutelare questi lavoratori». Per l'esponente dell'esecutivo Fedriga «sarebbe presuntuoso pensare di avere già a disposizione tutte le risposte a un'emergenza di questa portata. Tuttavia stiamo cercando di capire come garantire protezioni e tutele a ogni singola categoria lavorativa. Si spalancano nuovi scenari anche per la concessione di ammortizzatori sociali e siamo in costante contatto con le parti sociali e le categorie datoriali per definire misure e strumenti adeguati». «Nella nostra regione - ha concluso Rosolen - il lavoro stagionale è diffuso e radicato, pertanto riteniamo fondamentale che questa categoria rientri tra i beneficiari dell'indennità di sostegno». Crescono i contagi in casa di riposo. All'Itis di Trieste due ospiti positivi (Piccolo) Diego D'Amelio - Le case di riposo si confermano anello debole dell'emergenza coronavirus in Friuli Venezia Giulia. Molti casi positivi e buona parte delle morti da Covid-19 in regione riguardano le residenze per anziani pubbliche o private in convenzione. A Trieste, Azienda sanitaria e Comune sono sempre alle prese con il focolaio scoppiato per primo a casa Serena, ma è di ieri la notizia di due ospiti positivi all'Itis, residenza pubblica che assiste oltre quattrocento persone. Casi analoghi si stanno verificando in provincia di Udine, in una giornata che vede contagiati e morti arrivare rispettivamente a 930 e 54, mentre la giunta Fedriga si trova a gestire anche le pressioni di sindaci e rappresentanti dei medici. Le case di riposoL'Azienda sanitaria ha comunicato ieri all'Itis la positività di due ospiti della residenza Ciclamino, una delle nove in cui si suddivide la struttura triestina da 411 posti. «La notizia - recita una nota dell'ente - ha sconcertato tutta la comunità Itis, che fino all'ultimo ha cercato di resistere al nemico invisibile. Condividiamo l'angoscia della notizia che nessuno avrebbe mai voluto ricevere. Stiamo mettendo in atto tutte le prescrizioni che ci vengono indicate dalle autorità sanitarie». La direzione ha chiuso le visite da due settimane e da tempo i 500 operatori si misurano la temperatura all'ingresso, ma saranno i prossimi giorni a dire come evolverà la situazione. Per composizione demografica, Trieste è punteggiata di case per anziani con una forte osmosi tra ricoveri ospedalieri e ritorni nelle residenze. Si concentra qui il rischio maggiore, come hanno dimostrato casa Serena, Bartoli e Gregoretti, dove ci sono anche molti dipendenti ammalati. Il Comune ha appena provveduto all'assunzione straordinaria di 11 infermieri e oss, che si aggiungono al presidio sanitario specifico organizzato dall'Asugi per seguire i pazienti senza ricovero ospedaliero. Ci sono poi gli episodi in Friuli. Ieri sono morti tre ospiti della Asp Chiabà di San Giorgio di Nogaro, dove c'è una ventina di positivi tra anziani e dipendenti. Altre tre persone sono decedute nella casa di riposo Muner De Giudici di Lovaria. La giornataPer il vicepresidente Fvg con delega alla Salute, Riccardo Riccardi, «questa sarà una settimana decisiva: potremo capire se la dotazione delle nostre strutture reggerà. Non siamo in grado di predire il futuro e possiamo solo prepararci con il reperimento di personale e attrezzature nel caso la curva prendesse un'impennata». E il presidente Massimiliano Fedriga annuncia l'inizio della distribuzione delle prime migliaia di mascherine gratuite nei piccoli centri, mentre nelle città si comincerà a giorni. I tamponi positivi al coronavirus sono arrivati a 930: un incremento di 56, che conferma una lieve flessione della curva dei contagi. Sette i decessi in più, con i morti che arrivano a 54. I ricoverati sono 185 e i pazienti in terapia intensiva 49 (+2). Le persone guarite salgono a 105. La divisione territoriale vede 385 positivi a Udine, 320 a Trieste, 170 a Pordenone e 55 a Gorizia. Al momento la Protezione civile sta utilizzando la Terapia intensiva di Gorizia, ma il piano di ampliamento prosegue e Riccardi ha comunicato ieri alle organizzazioni dei medici l'arrivo di 7 nuovi ventilatori e la volontà di arrivare a un centinaio di posti in Fvg entro fine mese. Nel frattempo, per reperire personale da impiegare nell'emergenza, il Pronto soccorso del Maggiore verrà chiuso di notte e il Punto di primo soccorso dell'ospedale di Cividale del tutto. Le Aziende sperano poi che i bandi straordinari lanciati la settimana scorsa forniscano profili di ogni tipo, ma soprattutto figure con esperienza in rianimazione e medicina interna. richieste dei Medici di famigliaSono 35 i professionisti positivi soltanto nell'Azienda triestina e cinquemila in tutta Italia. Oltre all'emergenza

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sanitaria, la Regione deve così gestire le critiche di chi vuole tamponi per tutto il personale sanitario per isolare i positivi asintomatici che continuano a lavorare. Una lettera dell'Anci, sottoscritta da metà dei sindaci del Fvg, chiede supporto per medici di base e guardie mediche, che lavorano «senza il rispetto delle più elementari norme di sicurezza», a causa della mancanza dei famigerati dpi. Secondo i sindaci, «non solo rischiano di ammalarsi, ma potrebbero essere loro stessi vettori di infezione»: da qui la richiesta di sottoporre a tampone ogni medico di famiglia. La Federazione nazionale degli Ordini dei medici ha a sua volta chiesto ieri di fare «tamponi a tappeto» per i sanitari perché «gli ospedali non sono più solo luogo di cura ma si trasformano in luoghi di contagio». La tensione si riverbera nei rapporti tra Riccardi e i sindacati dei medici, che in una nota congiunta agli iscritti hanno chiesto che «la Protezione civile faccia la Protezione civile», lasciando spazio a un approccio sanitario all'emergenza. Nel confronto di ieri i rappresentanti di categoria hanno chiesto assunzioni, chiarezza sul numero di colleghi positivi, fornitura di dispositivi di protezione e protocolli di comportamento adeguati. Un aspetto di assoluto rilievo quest'ultimo, se la stessa unità di crisi dell'Asugi riconosce che la maggior parte di contagi al Maggiore di Trieste si sia verificata non da paziente a operatore ma da operatore a operatore. A Udine i sanitari chiedono a Regione e cittadinanza di fornire stanze sfitte, dove poter dormire senza essere costretti a tornare a casa mettendo a rischio i familiari. Riccardo Riccardi concorda con la richiesta di dpi da parte dei sindacati, ma aggiunge che «purtroppo l'Italia è ostaggio per scelte sbagliate di delocalizzazione della produzione fatte nel passato. Il reperimento di respiratori e dpi, la riorganizzazione ospedaliera e territoriale sono i problemi che stanno occupando tutte le ore di queste giornate». Casi positivi in calo per il secondo giorno. Il Fvg è la regione meno colpita del Nordest (M. Veneto) Mattia Pertoldi - Sarebbe un errore, grave, pensare di aver già vinto la battaglia, oppure allentare la presa, ma resta il fatto che per il secondo giorno consecutivo in Friuli Venezia Giulia si registra una diminuzione dell'aumento dei casi di positività al coronavirus con una crescita di "solo" il 6% rispetto a domenica. Non soltanto, però, perché paragonando i dati del Friuli Venezia Giulia, calcolati sulla popolazione, con quelli delle altre regioni del Nord, si scopre, come, fino a questo momento, il nostro territorio sia quello in cui l'impatto del virus è stato, in tutto il Settentrione, minore. E se è presto per dire se hanno funzionato, davvero, le limitazioni decise dalla Regione, anche prima e con più forza del Governo, e i comportamenti dei residenti, resta il fatto che, quantomeno, la prima giornata di quella che tutti giudicano come una settimana decisiva per la "curva" dei contagiati va in archivio con un pizzico di maggiore ottimismo rispetto al recente passato.i numero della giornataSeconda giornata di fila in fondo positiva, dunque, in Friuli Venezia Giulia dopo quella da bollino nero di sabato. Se domenica, infatti, erano stati 84 i nuovi casi di positività al coronavirus, ieri si è "scesi" a quota 56 con il totale, dunque, che parla di 930 cittadini del Friuli Venezia Giulia contagiati da inizio emergenza in regione, cioè dallo scorso 29 febbraio...

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Ma nelle case di riposo tra decessi e contagi la situazione è difficile (M. Veneto) Giacomina Pellizzari - Quella di ieri, nelle case di riposo è stata l'ennesima giornata nera. In poche ore sono stati registrati altre sei decessi di persone con covid-19: si tratta di tre donne ospiti della "Muner de Giudici" di Lovaria e di altrettanti anziani (due uomini e una donna) accolti nell'Asp Chiabai di San Giorgio di Nogaro. Numeri che vanno ad aggiungersi al già pesante bilancio della casa di riposo di Mortegliano e di Trieste. Le aziende corrono ai ripari: isolano i pazienti infetti e seguono i protocolli ricevuti dal Dipartimento di prevenzione e dall'Azienda sanitaria universitaria Friuli centrale, mentre gli operatori continuano a segnalare alle organizzazioni sindacali la carenza dei dispositivi di protezione individuali, soprattutto di mascherine.Nelle case di riposo della regione, nella sola provincia di Udine se ne contano 45, l'attenzione è massima. Ovunque sono state allestite zone di isolamento anche per i casi di sospetto contagio e ingressi dedicati per i fornitori. I visitatori non possono accedere da settimane e gli esterni passano solo dopo aver lavato le mani ed essersi sottoposti alla misurazione della febbre. Alla Quiete di Udine, per fronteggiare eventuali emergenze, hanno preferito ridurre momentaneamente gli ingressi. Qui vengono isolati anche gli anziani dimessi dall'ospedale in ingresso nella Rsa.«Siamo preoccupati perché, accanto agli anziani, si stanno ammalando medici, infermieri e Oss che, essendo spesso dipendenti di cooperative, lavorano in più strutture. Appare quindi paradossale che, nonostante gli annunci, non siano ancora garantiti i presidi di sicurezza a chi opera e risiede nelle case di riposo» afferma il segretario generale della Cgil Fnp, Andrea Trausero, nel ricordare che da settimane la Cgil segnala all'Azienda sanitaria, alle stesse case di riposo pubbliche e private, all'assessore regionale alla sanità, ai Comuni e al prefetto la mancanza di rispetto delle distanze di sicurezza e dei dispositivi di protezione individuale. Senza contare, continua il sindacalista, che «in assenza di sintomi non è prevista l'interruzione dal lavoro, anche se il rischio per gli operatori sanitari è molto elevato». Trausero chiede che tutti i lavoratori a rischio vengano sottoposti al test e il rigoroso rispetto dei protocolli di sicurezza nelle Asp della regione.La situazione preoccupa pure il responsabile del dipartimento welfare della Cgil Fvg, Gino Dorigo, secondo il quale «l'esplosione dei casi di contagio nelle case di riposo è anche il risultato di una progressiva riduzione degli standard assistenziali in rapporto alle caratteristiche degli ospiti, che sono ormai nell'80 per cento dei casi non autosufficienti». Appello in corsia: dateci un alloggio per non infettare le nostre famiglie (M. Veneto) Alessandra Ceschia - «Dateci una stanza o un posto letto vicino alle strutture sanitarie per poter assistere i malati senza infettare i nostri familiari». Il grido di allarme viene dai dipendenti dell'Azienda sanitaria universitaria Friuli centrale, in particolare da quelli che sono nei reparti di Terapia intensiva già esistenti e quelli in fase di allestimento, Pronto soccorso, Medicina d'urgenza e Malattie infettive. A indirizzarlo alla direzione aziendale con una voce unanime sono le Rsu e le rappresentanze sindacali. «Come gesto di solidarietà nei loro confronti l'Azienda potrebbe allestire posti letto in spazi aziendali nella palazzina formazione o in un altro luogo con bagno e doccia dedicati» evidenzia il segretario Rsu Asu Fc Massimo Vidotto, che si rivolge direttamente ai friulani con un invito: «In questo momento di grande difficoltà chiediamo ai cittadini che ne hanno la possibilità, di mettere a disposizione gratuitamente stanze o appartamenti nei paraggi dei luoghi di lavoro, in primis l'ospedale di Udine, ma anche nei luoghi periferici ove sono in fase di allestimento posti letto per la gestione di pazienti Covid-19 per aiutare il personale impegnato in prima linea in questa battaglia a svolgere il proprio lavoro».Fra le richieste inoltrate da Rsu Asu "Friuli Centrale" assieme alle sigle sindacali Cgil Fp, Cisl Fp, Uil Fpl, Fials, Fsi Usae e Nursind c'è quella di un incontro in videoconferenza per discutere le criticità sulla gestione dell'emergenza...

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Terapia intensiva, altri 42 posti e 4,2 milioni di investimento (M. Veneto) Giacomina Pellizzari - Il costo di un posto letto nelle terapie intensive dedicate ai pazienti affetti da Covid-19, oscilla tra gli 80 e i 100 mila euro. Questo significa che finora la Regione ha investito circa 4,2 milioni per potenziare i reparti di Udine, Pordenone, Trieste, Gorizia e Palmanova. Prima della pandemia si pensava bastassero 29 posti, ma poi di fronte all'aumento dei contagi e alle richieste che stanno arrivando dalle zone più colpite, in primis dalla Lombardia, la Regione ha previsto un piano di ampliamento in tre fasi: la prima ha consentito di passare da 29 a 47 posti, la seconda a 71. A mancare all'appello sono però i ventilatori ordinati al commissario, Domenico Arcuri, e non ancora consegnati.Il pianoGli ultimi 24 posti, fa sapere la Regione, sono stati allestiti a Trieste (4), 14 nell'ospedale di Gorizia e sei nel nosocomio di Palmanova. Se come sembra sarà attuata anche la terza fase, si potrà arrivare a sfiorare il centinaio. La situazione è in continua evoluzione: «Parecchie regioni stanno chiedendo posti per trasferire i pazienti» conferma il segretario generale della CislFp, Massimo Bevilacqua, nell'apprezzare l'aumento dei letti che complessivamente, compresi quelli bollati Covid-19, in Friuli Venezia Giulia arrivano a 94. Nella terapia intensiva di Gorizia, a esempio, gli otto posti letto sono quasi raddoppiati e tutti sono stati riservati ai pazienti infettati dal coronavirus. «A questo punto - sottolinea la segretaria generale di Cgil sanità, Orietta Olivo - gli altri pazienti che hanno bisogno della terapia intensiva vengono trasferiti a Monfalcone». Negli ospedali della nostra regione si continuano ad accogliere anche i pazienti provenienti dalle zone più colpite dal coronavirus. In questo momento, solo al Santa Maria di Udine, sono ricoverati 5 pazienti Covid-19 trasferiti dalla Lombardia. Alcuni, nelle scorse settimane, sono stati accolti pure nelle strutture triestine.L'investimentoL'aumento dei posti letto nelle terapie intensive del Friuli Venezia Giulia richiede investimenti importanti di cui si potrà beneficiare anche dopo l'emergenza. Secondo alcune stime, servono circa 100 mila euro per dotare un posto letto di tutta la strumentazione necessaria. Vale a dire monitor, pompe di infusione, ventilatori e materasso antidecubito. A tutto ciò vanno aggiunti gli ecografi, i defibrillatori e i carrelli per l'emergenza da condividere nel reparto. Al momento, come detto, il Friuli Venezia Giulia può contare su 71 posti letto Covid-19.I problemi L'unico neo del piano di investimento per l'ampliamento di posti di terapia intensiva è quello dei ritardi accumulati nella consegna dei ventilatori. A segnalarlo è l'assessore regionale alla Salute, Riccardo Riccardi, che già domenica scorsa aveva fatto notare: «I ventilatori ordinati alla gestione commissariale non sono ancora pervenuti. Ieri Riccardi è tornato sul tema scusandosi con le rappresentanze sindacali dei medici ospedalieri collegate in videoconferenza, perché il giorno prima era stato costretto a lasciare la sala in anticipo. «Ho dovuto farlo - ha chiarito l'assessore - per rispondere a una chiamata giunta dall'estero per una fornitura urgente di respiratori, che resta uno dei nostri limiti per ampliare le terapie intensive». La soluzione del problema deve arrivare da lontano perché, come ha sottolineato Riccardi, «l'Italia oggi è ostaggio per scelte sbagliate di delocalizzazione della produzione fatte nel passato. Il reperimento di respiratori, indispensabili per poter ampliare il numero di posti in terapia intensiva, oltre all'acquisto di dispositivi di protezione individuale da consegnare in primis agli operatori sanitari, la riorganizzazione ospedaliera e quella territoriale, la logistica per dare alloggio ai nuovi infermieri e operatori, sono i problemi cogenti che stiamo affrontando in queste giornate».Sempre ieri, nel corso dell'incontro Riccardi ha chiarito che «quella appena iniziata sarà una settimana decisiva, durante la quale sarà confrontato l'andamento reale della curva dei casi con il modello predisposto dall'équipe del professor Fabio Barbone. Dal risultato potremo capire se la dotazione delle nostre strutture continuerà a reggere». E anche se a oggi il modello resta in linea con l'andamento, l'assessore usa prudenza: «Non siamo in grado di predire il futuro, possiamo solo prepararci attraverso il reperimento di medici e attrezzature nel caso la curva prendesse un'impennata». Anche i bandi del Friuli Venezia Giulia sono aperti agli specializzandi in Medicina.

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Pronte le prime mascherine destinate alle famiglie friulane (M. Veneto) Christian Seu - Il loro nome industriale è "Dpi per droplets lavabile" e sono fabbricate con cotone jersey ed elastomero. Sono le mascherine che la Ttk di Pasian di Prato, azienda specializzata nel confezionamento di abbigliamento sportivo per il tennis e già in passato impegnata nella produzione di indumenti per il settore ospedaliero, ha iniziato a produrre sabato dopo aver ottenuto l'incarico dalla Protezione civile regionale.I dispositivi saranno distribuiti, con modalità che con tutta probabilità verranno illustrati nella giornata di oggi, alle famiglie della regione Friuli Venezia Giulia, con l'obiettivo di ridurre la diffusione del coronavirus. Ne saranno prodotti, secondo il decreto firmato dal direttore della Pc regionale Amedeo Aristei, 46 mila esemplari, per una spesa di poco superiore ai 160 mila euro: le prime 1.300 mascherine sono state consegnate già ieri sera alla Protezione civile, altre forniture saranno completate già nelle prossime ore e messe a disposizione dei volontari che saranno chiamati a distribuirle.«Ci siamo messi all'opera sabato, non appena pubblicato il decreto con l'affidamento alla nostra azienda dell'incarico di produrre i dispositivi - spiega il titolare della Ttk, Marco Sartorello -. Stiamo lavorando a ciclo continuo, su due turni giornalieri, per rispettare i tempi: al momento abbiamo impegnato quaranta addetti, ma la nostra intenzione è quella di coinvolgere anche artigiani e altri imprenditori disponibili». Il dispositivo di protezione individuale ha anzitutto l'obiettivo, più che di proteggere dal contagio, di limitare l'emissione delle ormai famigerate goccioline, i droplets, attraverso cui il Sars-Cov-2 viene veicolato: è realizzato con cotone jersey (92 per cento) ed elastomero (8 per cento) e nei test effettuati prima dell'avvio della produzione ha dimostrato «di filtrare anche buona parte le goccioline che giungono contro», spiega Alessandro Conte, consulente tecnico della Ttk. «Le mascherine sono lavabili "con una soluzione a base di ipoclorito di sodio diluito - aggiunge Conte -. Bastano cinque minuti in ammollo in candeggina o acqua ossigenata diluita». Il no della Regione allo sbarco di 1.400 persone dalla Victoria (Piccolo) Benedetta Moro - «Non fatela attraccare». È il messaggio che la Regione, d'intesa con l'Autorità portuale, ha dato a Costa Crociere, che sta cercando un porto per lo sbarco di 726 turisti, quasi tutti non europei, e 700 membri d'equipaggio attualmente a bordo della Costa Victoria, proveniente dall'India, mentre si trovano in isolamento precauzionale dopo che una turista argentina è stata sbarcata e ricoverata a Creta perché risultata positiva domenica al coronavirus. Il governatore del Veneto Luca Zaia aveva già negato negli scorsi giorni l'approdo a Venezia, previsto il 28 marzo. A quel punto la compagnia di navigazione ha informalmente chiesto ospitalità a Trieste. Ieri il presidente del Fvg Massimiliano Fedriga ha altrettanto rifiutato l'attracco. «In questo momento d'emergenza la sicurezza di cittadini e lavoratori hanno la priorità assoluta - così Fedriga - e proprio per questo l'Autorità portuale, attenendosi alle disposizioni della Regione, ha espresso la propria contrarietà all'attracco a Trieste della Victoria. Quel tipo di nave ospita a bordo migliaia di persone tra passeggeri e membri dell'equipaggio. Pur capendo la situazione di difficoltà delle persone a bordo, oggi non possiamo permettere l'attracco e la discesa nel capoluogo regionale di soggetti che nel corso della crociera hanno visitato numerose nazioni e che potrebbero essere inconsapevoli vettori del coronavirus»...

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Scatta la caccia alla deroga (Piccolo) La Wärtsilä e la Flex, ieri, hanno chiuso. Ma, a sentire il sindacato, potrebbero fare richiesta di prosecuzione dell'attività. E non solo loro. «Ci sarà una caccia alle deroghe», avverte Antonio Rodà, segretario della Uilm-Uil triestina, al termine della videoconferenza con il prefetto di Trieste Valerio Valenti, le altre categorie, Regione, Camera di commercio Venezia Giulia, Confindustria Alto Adriatico e Confapi. «La prima impressione è che vedremo vari furbetti», aggiunge Michele Piga, segretario generale della Cgil triestina. La posizione delle diverse sigle è chiara: a restare aperte, fermo restando che tra oggi e domani vanno messi in sicurezza gli impianti, dovranno essere solo le fabbriche realmente indispensabili nelle settimane di emergenza da coronavirus. E invece, in un decreto «a maglie troppo larghe», c'è spazio anche per l'inserimento delle attività funzionali ad assicurare la continuità di quelle ammesse. Tra queste c'è la Ferriera, aperta perché rientra nell'allegato al Dpcm tra quelle che fabbricano coke. «Lo stabilimento, del resto, non si può chiudere da un giorno all'altro - osserva Piga -. Ciò che ci preoccupa sono altri casi, quelli di chi cercherà di ottenere una deroga attraverso forzature interpretative». Anche secondo Rodà, «assisteremo perfino al tentativo di cambiare il codice Ateco. Magari dopo averlo modificato in precedenza per poter rientrare in una contrattualistica diversa». Di qui la richiesta, accettata dal prefetto, di uno stretto coordinamento per verificare la regolarità delle istanze di alcune fabbriche di restare aperte. Tra queste dovrebbero esserci anche Pittway e Orion che, contrariamente a Wärtsilä e Flex, non hanno al momento interrotto il lavoro. La stessa Ferriera chiederà di blindare la propria posizione. «Ma a cercare di continuare saranno un po' tutte le aziende del territorio», sostengono Piga e Rodà. E toccherà al prefetto vagliare le domande. «Il mio è un ruolo sostanzialmente notarile - precisa Valenti -. Non potrò fare valutazioni di merito, dovrò semplicemente controllare che le dichiarazioni corrispondano alla realtà dei fatti. La Ferriera? È tra le attività autorizzate». Sindacati e prefetto si ritroveranno giovedì in videoconferenza per fare il punto della situazione. Visto il confronto di ieri, considerato positivo dalle categorie, di sciopero, a Trieste, non si parla per ora, mentre in Friuli ce n'è già stato uno, alla Safilo. Nello stabilimento di Martignacco dell'azienda di occhiali, che peraltro chiuderà in estate, la protesta è stata indetta in maniera unitaria da Filctem Cgil, Femca Cisl e Uiltec Uil a seguito della decisione della proprietà di continuare la produzione in un contesto di emergenza sanitaria. A tenere aperto tra gli altri, anche lo stabilimento Leonardo di Ronchi (progettazione e realizzazione di velivoli senza pilota e simulatori di volo), come concordato con il sindacato giorni fa. In provincia di Udine, al contrario, sono chiuse la Danieli e l'intera filiera del legno-arredo, così come la Electrolux a Porcia. Confartigianato Fvg, con il presidente Graziano Tilatti, informa che, delle 27.720 imprese artigiane in regione, sono autorizzate a proseguire l'attività 11.633, il 42%. M.B.

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A Trieste decine di migranti ammassati a Porto vecchio per ricevere pasti e abiti (Piccolo) Giovanni Tomasin - Stanno in fila a decine, all'ingresso del Porto vecchio, in attesa di un pasto, cure mediche, qualche vestito dato loro dai volontari. Ogni tanto la pattuglia dei vigili passa a controllare che le distanze di sicurezza contro il contagio siano rispettate.È la situazione che dallo scorso fine settimana si ripete ogni giorno, prima in piazza Libertà, ora dietro la stazione dei bus. Molte delle persone in fila sono i migranti che, prima del coronavirus, arrivavano a Trieste dalla rotta balcanica e partivano senza fermarsi verso la Germania o la Francia. Ora però, l'emergenza li ferma qui. Esterni ancora al sistema dell'accoglienza così come a ogni altra rete sociale, non hanno un luogo in cui accodarsi alla quarantena. Una ventina di volontari dell'associazione Linea d'ombra, assieme a due medici dell'associazione Don Chisciotte, fornisce loro un pasto, cure mediche primarie, qualche capo di vestiario. Secondo le loro stime sono circa un centinaio.«Oggi ho curato le ferite terribili dei piedi di ragazzi che hanno camminato venti giorni nei boschi. Come si possono lasciare in strada esseri umani in queste condizioni?». È la domanda della presidente di Linea d'ombra Lorena Fornasir. Incalza il vicepresidente Gian Andrea Franchi: «È un lavoro massacrante. Non è possibile che un piccolo gruppo di volontari gestisca da solo una situazione di estrema emergenza in una fase epidemica. Svolgiamo a nostre spese una funzione che spetterebbe alle istituzioni. Incontriamo siriani, iracheni, afghani. Persone che spesso non vogliono stare qui ma non possono andarsene. Il problema c'è e non si può fingere che non esista».Ma le istituzioni dove sono? Tecnicamente si tratta di persone che non sono ancora entrate nel sistema di accoglienza, di pertinenza della prefettura. Spiega il prefetto Valerio Valenti: «La questione migratoria è gestita dalla prefettura attraverso il sistema di accoglienza. Queste persone però devono fare richiesta di asilo per accedervi. I senza fissa dimora sono pertinenza comunale, come in tutta Italia. Siamo in contatto con il Comune e abbiamo sollecitato l'apertura di un centro diurno. Questo consentirebbe a noi di identificare queste persone e avviare le procedure di richiesta di asilo o, in caso contrario, di espulsione. Noi siamo pronti a collaborare». Nei giorni scorsi, in effetti, il sindaco Roberto Dipiazza aveva annunciato l'imminente riapertura del centro di via Udine. Dice ora però il vicesindaco Paolo Polidori: «Intanto li abbiamo spostati da piazza Libertà. Tanti sono persone già incluse nell'accoglienza diffusa, che hanno un tetto. I gestori di quegli appalti dovrebbero assumersene la responsabilità. Per gli altri la soluzione sarebbe una struttura di quarantena, spazi e risorse ci sono, manca però il personale sanitario, indispensabile altrove ora». Interviene la capogruppo Pd Fabiana Martini, che nei giorni scorsi aveva invitato il sindaco a intervenire: «Non è che serva per forza il personale sanitario: sono in sostanza persone senza fissa dimora che hanno bisogno di un posto dove stare e il Comune ha il dovere di trovare una soluzione per il bene pubblico. Se il centro di via Udine non è adatto, spazi alternativi ci sono».

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Alla Sbe i primi due positivi in fabbrica. Uno è l'imprenditore Federico Vescovini (Piccolo) Tiziana Carpinelli - «Per fortuna ci fermiamo, avrebbero dovuto imporcelo molto prima». Lui, Alessandro Vescovini, a taccuini chiusi lo andava dicendo da giorni che la serrata doveva coinvolgere anche le grandi fabbriche, la sua compresa. In assenza dei decreti (poi arrivati) stabilimenti come quello di Monfalcone - 430 persone occupate, 650 in totale nel gruppo - avrebbero infatti rischiato fino alla scorsa settimana «cause milionarie» se fossero risultate inadempienti verso i clienti per le mancate consegne, nel caso specifico di viti, dadi e prodotti stampati a freddo. Adesso c'è una causa di forza maggiore che regge anche davanti a un giudice. La Sbe può chiudere e proteggersi da terzi: lo farà completamente entro domani sera. Ma il «ritardo» nei provvedimenti governativi - attesi e sollecitati attraverso Confindustria - non è stato privo di conseguenze alla bulloneria di via Bagni: Federico Vescovini, fratello di Alessandro, e un'addetta al reparto confezione, sono risultati positivi al tampone del Covid-19. È il primo caso, noto, di contagio avvenuto in una fabbrica. Oltre ai familiari dei due coinvolti, poco meno di una ventina di persone impiegate alla Sbe è finita in quarantena. Tutte sane, al momento. La chiusura avverrà in modalità diverse per ogni sede del gruppo e si concluderà definitivamente domani sera, come previsto dal decreto, per consentire la messa in sicurezza degli impianti (manutentori, vigilantes e addetti alla portineria resteranno in servizio) e le ultime spedizioni. Interrotti già dal 3 marzo, invece, i rapporti con i fornitori. Quanto ai dipendenti, da ieri sono in cassa integrazione, che si protrarrà intanto fino al 4-5 aprile. «Dopo un lunghissimo periodo di lavoro in condizioni difficili, assolutamente disumane, finalmente è arrivato il decreto che ci obbliga a chiudere», sostiene Vescovini. Stando al quale «l'azienda ha da subito adottato misure ferree per mettere in sicurezza i lavoratori: mascherine obbligatorie dal 2 marzo, mensa e area caffè chiuse, spogliatoi sanificati ogni mattina, test delle temperature agli ingressi, smart working». Insomma, tutto ciò che è stato possibile «attuare per ridurre al minimo ogni rischio si è fatto». «Ma - prosegue - tenere aperto in queste condizioni non aveva senso, non ha mai avuto senso». «Noi - spiega l'imprenditore - non avremmo potuto chiudere autonomamente perché avendo clienti in tutto il mondo sarebbe diventato impossibile invocare la causa di forza maggiore senza un'imposizione governativa e senza correre il rischio di cause milionarie. Imposizione che in queste settimane, nonostante i solleciti dei governatori del nord, non è mai arrivata». Ci sono volute, secondo Vescovini, le «pressioni di Confindustria» e gli annunci di scioperi dei sindacati dei metalmeccanici. «Domani - annuncia - partiranno le lettere ai nostri 5000 clienti dove invocheremo la forza maggiore e grazie al decreto non ci aspettiamo richieste di risarcimento e se arriveranno avremo ottime armi per impugnarle. Ma è stato un gioco pericoloso e sul campo di battaglia, perché di questo si è trattato, si sono verificati due punti a favore del virus: due casi positivi nello stabilimento di Monfalcone, un'addetta e mio fratello».

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Da giovedì pensioni in pagamento. Ecco i nuovi orari degli uffici postali (Piccolo) Luigi Murciano - Tutto pronto anche in Friuli Venezia Giulia per la prima "finestra" aperta da Poste Italiane per il pagamento scaglionato delle pensioni in tempi di emergenza Covid-19. Sono 850 mila in tutta Italia i pensionati che potranno beneficiare dell'anticipo e dello scaglionamento su più giorni - in base all'iniziale del proprio cognome - del pagamento delle pensioni per i mesi di aprile, maggio e giugno: nello specifico, tutti quei cittadini che riscuotono la pensione direttamente in contanti alle poste e di quelli che hanno il libretto ma non il postamat. La misura punta a evitare in ogni modo assembramenti, in particolare di persone - quelle di età più avanzata - che più di altre corrono gravi rischi se contagiati dal virus. Poste italiane in queste ore ha così ulteriormente rivisto, rispetto a quanto comunicato nei giorni scorsi, e in qualche caso esteso alcuni orari degli uffici che restano aperti: in regione, da dopodomani fino a mercoledì 1 aprile e cioè appunto nei giorni di erogazione delle pensioni, quelli in cui si prevede dunque un afflusso più forte, saranno operativi sei giorni su sei 122 uffici postali, e in modo alternato altri 120. Va segnalato che nel capoluogo regionale l'ufficio Trieste Centrale di piazza Vittorio Veneto, l'unico in regione a lavorare su doppio turno e dunque anche al pomeriggio, ha visto prolungare di un'ora l'attività: chiuderà alle 19. 05. Le pensioni di aprile verranno accreditate giovedì 26 marzo per i titolari di un Libretto di Risparmio, di un Conto BancoPosta o di una Postepay Evolution, che potranno prelevare i contanti da oltre 7. 000 ATM Postamat senza bisogno di recarsi in Posta. Coloro che non possono evitare di ritirare la pensione in contanti dovranno presentarsi agli sportelli rispettando la turnazione alfabetica prevista. Ogni comune regionale avrà almeno un ufficio postale operativo (e i comuni più grandi anche più di uno). Per rispettare le indicazioni del Governo in tema di contenimento della diffusione del virus Covid-19, Poste italiane ha deciso di anticipare la data di riscossione delle pensioni (26 marzo) e ha adottato ora ulteriori misure precauzionali per l'accesso dei pensionati agli sportelli, con l'obiettivo di garantire la tutela della salute a lavoratori e clienti. Questo il calendario relativo alle pensioni di aprile. Per gli uffici che restano aperti tutti i giorni, il turno dei cognomi dalla A alla B è giovedì 26 marzo; dalla C alla D venerdì 27 marzo; dalla E alla K, la mattina di sabato 28 marzo; dalla L alla O lunedì 30 marzo; dalla P alla R martedì 31 marzo; dalla S alla Z mercoledì 1 aprile. Turnazioni diverse invece per gli uffici postali aperti a giorni alterni: negli uffici che sono aperti il lunedì, il mercoledì e il venerdì si dovrà presentare venerdì 27 marzo chi ha cognomi dalla A alla D; dalla E alla O lunedì 30 marzo; dalla P alla Z mercoledì 1 aprile. Per gli Uffici aperti invece al martedì, giovedì e sabato: il turno dei cognomi dalla A alla D è giovedì 26 marzo; dalla E alla O la mattina di sabato 28 marzo; dalla P alla Z martedì 31 marzo. Per gli uffici postali aperti eccezionalmente da giovedì 26 marzo a sabato 28, il turno dei cognomi dalla A alla D è giovedì 26 marzo; dalla E alla O venerdì 27 marzo; dalla P alla Z la mattina di sabato 28 marzo. Per tutti gli uffici postali aperti in un'unica giornata su tutta la settimana, il pagamento sarà effettuato a tutte le lettere nella stessa giornata. Per i mesi di maggio e giugno, Poste Italiane ha previsto questa calendarizzazione: dal 27 al 30 aprile per la mensilità di maggio; dal 26 al 30 maggio per la mensilità di giugno. In ogni caso, l'invito ancora una volta ribadito - soprattutto nei giorni di erogazione delle pensioni - è di fruire degli uffici postali solo per il compimento di operazioni essenziali e indifferibili.

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Il mondo dell'automobile si ferma. La Miko sospende la produzione (Piccolo) Stefano Bizzi - Ci sono attività produttive e industriali, che hanno lavoro e ordini ma non rientrano nell'Allegato 1 dell'ultimo decreto del presidente del Consiglio dei ministri e che, per questo, devono fermare la produzione; e ce ne sono altre, come la Miko di Gorizia, che potrebbero tenere aperto ma non lo faranno perché la loro filiera di riferimento si sta progressivamente prosciugando. Sono situazioni opposte, ma, al tempo del coronavirus, sono anche le due facce della stessa medaglia e dimostrano che a bloccare l'economia più delle restrizioni decise dai singoli governi nazionali o locali, è proprio la situazione contingente generale.Miko è presente sul mercato globale in diversi settori, dall'aerospace al fashion, passando da furnishing, contract e marine, ma ha come principale mercato di riferimento quello dell'automobile. Con il suo "tessuto non tessuto" Dinamica, l'azienda goriziana nata nel 1997 riveste gli interni di marchi come Mercedes, Porsche, Jaguar e Alfa Romeo, ma grazie al suo approccio sempre più green la lista dei clienti è molto lunga. La produzione della microfibra Dinamica permette alla Miko di rientrare tra le realtà del codice Ateco 13.95, quello che nell'ormai famoso e famigerato Allegato 1 dell'ultimo Dpcm firmato dal premier Giuseppe Conte è descritto come "Fabbricazione di tessuti non tessuti e di articoli in tali materie (esclusi gli articoli di abbigliamento)". In sostanza, al momento, l'azienda è considerata di importanza strategica e potrebbe restare aperta.Il problema però è che all'estero la produzione di veicoli si è quasi fermata. Di conseguenza, a caduta, rallenta anche la produzione della microfibra Made in Gorizia.«Eravamo consapevoli del fatto che la filiera dell'auto si sarebbe bloccata - spiega Benedetta Terraneo, marketing manager della Miko - e avevamo già preventivato di chiudere. Per noi però non è un dramma perché non cancelliamo il lavoro, lo posticipiamo. Non è come può accadere a un ristorante o a un centro estetico che se chiude ha perso la giornata».Se la chiusura porterà a cassa integrazione o a ferie forzate ieri era ancora da stabilire. In ogni caso, la situazione appare sotto controllo. «Nell'ultimo periodo - prosegue Terraneo - ci siamo portati avanti con il lavoro per alcuni clienti e già la scorsa settimana avevamo invitato al ritiro della merce già pronta. Lavoreremo ancora questa settimana, ma piano piano sia i nostri fornitori, sia i nostri clienti stanno chiudendo. Ne approfitteremo per fare una settimana di stop alla produzione, anche se gli uffici proseguiranno il lavoro con lo smart-working. Abbiamo ridotto all'osso le presenze in azienda, portando da 40 a 2 quelle negli uffici. In produzione, con i turni, non c'erano invece problemi. Avevamo dotato tutti di protezioni individuali e le distanze di sicurezza venivano rispettate».Un pensiero alla riconversione dell'impianto di Sant'Andrea c'è stato ma, al momento non è un passo ritenuto necessario. «Venerdì ci hanno chiesto del materiale per le mascherine. Abbiamo delle scorte con tessuto medicale e per il momento regaleremo quello».

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In tutte le banche sportelli chiusi o orari ridotti: servizi online attivi (M. Veneto) Maurizio Cescon - L'emergenza coronavirus ha stravolto anche l'operatività degli sportelli bancari. Tutti, senza eccezioni di sorta, hanno dovuto adeguarsi: chiusure di filiali, orari ridotti, appuntamenti per consulenze urgenti, accessi contingentati. E ovviamente potenziamento del cosiddetto home banking, cioè servizi attraverso i siti Internet dedicati. Ogni istituto si è dato regole interne ed è stato molto incentivato il lavoro da casa da parte degli impiegati.Le 95 filiali di Intesa SanPaolo (che ha inglobato anche quelle della ex Cassa di Risparmio del Friuli Venezia Giulia) sono sostanzialmente chiuse, ma operativamente aperte. Si riceve su appuntamento e quasi tutte le operazioni si possono fare online sia via web sia tramite la filiale online. Le filiali più grandi saranno sempre aperte al pubblico, dal lunedì al venerdì, con orario 9-13, quelle di media dimensione osserveranno orario di apertura al pubblico 9-13, a giorni alterni (lunedì, mercoledì e venerdì). Resteranno chiuse solo le filiali più piccole e situate in Comuni in cui vi siano altre filiali di maggiore dimensione. Sono 34 gli sportelli Unicredit a Udine e provincia, dei quali 17 chiusi, 16 a scacchiera (giorni alterni), uno (sede di via Vittori Veneto a Udine) aperto. A Pordenone 2 aperti, 8 a scacchiera e 8 chiusi. È possibile accedere ai servizi bancari in qualsiasi filiale Unicredit presente sul territorio. Con il servizio di banca multicanale è possibile consultare i propri rapporti ed effettuare operazioni attraverso i seguenti canali: Banca via Internet, App mobile banking, Banca via telefono. Credit Agricole Friuladria, con una forte presenza nel Pordenonese, mantiene le aperture con gli orari previsti, ma solamente per il servizio di cassa e di consulenza per il quale è comunque necessario prendere appuntamento con il gestore. Per quanto riguarda Primacassa, a partire da venerdì scorso e fino a data da destinarsi, l'accesso in una delle 49 filiali sarà consentito solo su appuntamento, da richiedere via telefono alla propria filiale per le operazioni urgenti non realizzabili attraverso InBank e sportelli Bancomat. Le 64 filiali Civibank in Friuli Venezia Giulia e Veneto restano aperte per assistere anche in questa fase critica la clientela, seppur con orario ridotto e previo appuntamento. Sul sito internet dell'istituto disponibili gli aggiornamenti circa le modalità operative. Hera si rafforza a Nordest: vertici verso la riconferma (Piccolo) Luigi dell'Olio - I risultati di questi anni mettono al sicuro i vertici di Hera, in vista dell'assemblea dei soci in calendario il prossimo 29 aprile. È la convinzione diffusa tra gli analisti di Borsa, che ricordano come il presidente esecutivo Tomaso Tommasi di Vignano e l'amministratore delegato Stefano Venier costituiscano un mix ben bilanciato in grado di guidare ancora l'espansione della multiutility emiliana, che nel tempo ha saputo estendere il suo raggio d'azione in buona parte del Centro e del Nord-Est della Penisola, in quest'ultimo caso soprattutto tramite AcegasApsAmga, società nata dalla fusione tra le municipalizzate di Udine, Padova e Trieste. Del resto anche il patto di sindacato, che raggruppa circa il 46% del capitale capitanato dal Comune di Bologna con l'8,9%, avrebbe espresso il proprio gradimento per il lavoro fin qui compiuto dai due manager, tanto che ormai appare scontata la loro conferma per il prossimo triennio.Più difficile è invece sapere quando si riuniranno i soci, considerato a statuto le liste per il cda andrebbero depositate almeno 25 giorni prima dell'assemblea. Il tempo stringe e l'emergenza coronavirus non ha permesso finora di compiere questo passaggio, tanto che si fa sempre più viva la possibilità di un rinvio dell'assemblea di primavera.In linea con un orientamento che va emergendo anche tra numerose altre società quotate a Piazza Affari. Dunque Venier e Tommasi di Vignano saranno i timonieri del nuovo documento strategico al 2023, che punta su tre filoni: crescita industriale facendo leva su business sempre più sostenibili in modo da approfittare delle opportunità offerte dall'evoluzione digitale; gestione del rischio, con tre-quarti degli investimenti destinati ad attività regolate, che presentano un profilo di maggiore visibilità sui ritorni nel medio-lungo termine; circolarità, per concretizzare gli obiettivi di riduzione, riuso, riciclo, recupero e rigenerazione.Il Nord-Est è l'area sulla quale Hera sta puntando maggiormente. A fine 2019 è stato completato lo scambio di asset con Ascopiave (da una parte le attività commerciali nell'energia e dall'altra nella distribuzione di gas), che ha dato vita a EstEnergy, il principale operatore energetico del Nord-Est, con oltre un milione di clienti e sede a Trieste. In attesa dei dati del bilancio 2019, che saranno comunicati domani, Hera ha archiviato i primi nove mesi del passato esercizio con il margine operativo lordo in crescita del 5,0% e il risultato netto in progresso del 12,1%, mentre la posizione finanziaria netta rimasta sostanzialmente stabile, grazie a una generazione di cassa che ha integralmente finanziato il pagamento dei dividendi annuali e gli investimenti sostenuti, anche per lo sviluppo...

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CRONACHE LOCALI Boom del "lavoro agile". A casa 737 comunali e la produttività cresce (Piccolo Trieste) Boom del "lavoro agile in emergenza" tra i dipendenti comunali. L'emergenza coronavirus ha portato a un'ulteriore diffusione dello smart working tanto che attualmente sono ben 737 quelli che stanno lavorando a casa. Quasi il 100 % degli amministrativi. Uno sforzo organizzativo e tecnico importante, profuso in un contesto d'emergenza, ma che potrà rivelarsi utile anche in prospettiva, quando sarà superata la fase critica dell'epidemia: «I risultati sono davvero apprezzabili e da queste prime giornate possiamo dire che la produttività è addirittura aumentata - spiega l'assessore Michele Lobianco, titolare delle deleghe ai Servizi demografici e alle Risorse umane -. Stiamo accumulando un patrimonio di esperienza che continuerà a essere prezioso per il futuro. Ringrazio, oltre a tutti i dipendenti, la nostra task force di informatici, in particolare la cooperativa 888, che ha reso possibile mettere in rete quasi 750 dipendenti, consentendoci di dare continuità a tutta l'attività amministrativa». «In pratica in ufficio sono rimasto solo io, ma del resto è ormai da più di vent'anni - aggiunge con ironia l'assessore - che considero il Comune la mia "casa"». Degli uffici comunali resta aperto (dalle 9 alle 13) al piano terra di passo Costanzi solo il "punto di contatto", dedicato alla ricezione delle denunce di decessi e delle dichiarazioni di nascita (previa prenotazione di appuntamento al 345-7197132). Per emergenze di Stato civile va inviato un messaggio di posta, indicando il proprio recapito telefonico, scrivendo all'indirizzo [email protected] arrivano buone notizie per quanto riguarda la diffusione dell'epidemia negli uffici comunali. Restano tre i contagiati, tutti amministrativi dell'ufficio anagrafe. Per gli altri dipendenti, una cinquantina, è stata conclusa la trafila dei tamponi e l'esito è confortante: tutti negativi. Ieri è arrivato a conclusione anche il periodo di isolamento per tutti gli impiegati comunali per i quali era stata decisa questa misura di precauzione. Sia i tre dipendenti risultati positivi, sia i colleghi che hanno completato la fase di isolamento, sono adesso operativi in "smart working". «È stato un sospiro di sollievo poter avere la conferma dell'assenza di altri contagiati dopo i primi tre casi - sottolinea Lobianco -. Il fatto di averli rapidamente isolati e di aver ricostruito subito la filiera dei contatti ha permesso di affrontare al meglio il problema. Ad oggi restano in isolamento, in via precauzionale, solo 7 dipendenti della Polizia locale».P.T. Cresce l'offerta di posti convenzionati nelle case di riposo (Piccolo Trieste) Sono stati riassegnati ad altre tredici residenze per anziani i 41 posti letto inizialmente attribuiti dalla Regione a quattro strutture che non hanno però completato il percorso di adeguamento richiesto dell'Azienda sanitaria universitaria Giuliano Isontina. Complessivamente erano 290 gli ultetiori posti letto per anziani non autosufficienti (categoria N3) convenzionati che la Regione aveva deciso di assegnare per ampliare l'offerta alla fine del 2018. Nel corso del 2019 l'ex AsuiTs aveva aperto il bando al quale avevano aderito 19 realtà per un totale di 504 posti. Era stata quindi avviata una prima assegnazione in via temporanea visto che alcune strutture dovevano completare il percorso di adeguamento previsto dalla legge risalente ancora alla giunta Serracchiani che aveva creato dei criteri più rigidi per l'accreditamento. Non erano stati assegnati posti all'Itis e a "Fiori del Carso" che hanno già una copertura del 100% dei posti convenzionati. Al termine del percorso di selezione da parte della commissione era stato possibile sottoscrivere entro il 2019 gli accordi con "Hotel Fernetti" per 35 posti letto, per "Villa Iris" con 25 posti, "Arcobaleno" con 21, "Futura - Anni d'Oro" per 22, "Senilità" 15 posti e "La Meridiana" per 18. Ad altre sei residenze erano stati richiesti degli interventi di adeguamento delle strutture, al termine delle verifiche sono stati quindi sottoscritti gli accordi con "La Primula" per 30 posti, 8 per "Le Magnolie" (unica che ne aveva già 20 convenzionati), 14 posti per "Antonella 2", 15 per "Relax", 15 a "Nonna Adriana" e 41 a "Villa Sissi".In questi giorni i vertici dell'Asugi hanno confermato l'esclusione definitiva delle residenze polifunzionali Flora, Flora 1, Flora 2 e Flora 3, tutte facenti capo alla ditta individuale di Saliasi Flora. I quarantuno posti sono stati così riassegnati: 2 "Ad maiores", 4 "Hotel Fernetti", 3 "Villa Iris", 3 "Arcobaleno", 3 "Futura - Anni d'Oro", 3 "Senilità", 4 "La primula", 4 "Le magnolie", 2 "La meridiana", 5 "Villa Sissi", 2 "Antonella 2", 3 "Relax", 3 "Nonna Adriana". Il tasso medio di copertura dei posti convenzionati sale quindi al 70% del totale. Rispetto al primo elenco si aggiunge quindi la "Ad maiores" che aveva già 48 posti convenzionati. A.P

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Esenzione ticket, arriva il rinnovo "easy" (Piccolo Trieste) Andrea Pierini - Il 2020 potrebbe essere l'ultimo anno nel quale circa sei mila anziani della provincia di Trieste dovranno rinnovare l'esenzione ticket per questioni economiche, esenzione che per inciso, per via dell'emergenza coronavirus, è stata prorogata al 30 giugno con la relativa chiusura temporanea degli sportelli. Il vicepresidente della Regione con delega alla Salute Riccardo Riccardi ha infatti anticipato che «è allo studio l'attivazione di un sistema automatico di bilanciamento delle banche dati presenti sul sistema del ministero dell'Economia e delle finanze, il Mef, e in quello dell'Anagrafe regionale». L'esenzione in oggetto, quella chiamata "E01", è rivolta agli over 65 con un reddito non superiore a 36.151,98 euro o agli under 6. Il Mef dovrebbe emettere un certificato che confermerà il diritto all'esenzione. Il precedente porta al 2017, quando 5.907 persone, non avendo avuto il documento dal parte dello stesso Mef, erano state costrette a presentare un'autocertificazione. L'esenzione attualmente ha durata annuale e scade al 31 marzo, ed è stato prorogato quest'anno, come detto, al 30 giugno. In realtà la richiesta finora può essere rifatta in qualsiasi momento, anche ad agosto. In molti però si recano agli sportelli in prossimità della fine di marzo. Con l'emergenza coronavirus il Cup è stato sostituito da un servizio telefonico, dedicato soprattutto a chi sta entrando nella categoria "E02", quindi i disoccupati e i loro familiari a carico, attraverso i numeri 040.399.2498 e 040.399. 2575. Resta operativo il fax allo 040.399.2647 ed è stata attivata anche la casella mail dedicata sportellocup@ asugi.sanita.fvg.it. Riccardi ha confermato anche in Consiglio regionale, rispondendo all'interrogazione dell'ex sindaco Roberto Cosolini del Pd, che «il cittadino potrebbe non presentarsi agli sportelli del Cup per chiedere l'esenzione dal ticket sanitario in quanto il sistema regionale già contiene in automatico queste informazioni. Per migliorare la situazione attuale su questo argomento è allo studio l'attivazione di un sistema automatico di bilanciamento delle banche dati presenti sul sistema del Mef e in quello dell'Anagrafe regionale. Ciò permetterebbe di eliminare la scadenza annuale di rinnovo per coloro ai quali gli uffici ministeriali hanno riconosciuto la stessa esenzione negli ultimi anni. Resterà invece a carico dei cittadini l'onere di dichiarare eventuali variazioni di reddito che non li rendano più esenti». La Regione provvederà anche a sensibilizzare i medici di medicina generale a recuperare l'esenzione sull'anagrafica della cartella, senza necessità dell'attestazione cartacea, che dovrà essere richiesta solamente nel caso in cui essa non risulti presente sul sistema del medico. Federconsumatori, con il suo presidente regionale Angelo D'Adamo, esprime soddisfazione per la proroga a fine giugno ma auspica una risoluzione definitiva del problema: «Ci attendiamo un provvedimento concreto e una soluzione chiara che al momento non riesco a vedere nelle parole del vicepresidente. Le soluzioni ci sono e ribadisco la massima disponibilità a collaborare fornendo anche modelli già adottati in altre regioni. In ogni caso comprendiamo anche che oggi c'è un quadro complesso legato all'emergenza Covid- 19 che necessariamente ha la priorità».

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Malattie infettive, il reparto del "miracolo". In un mese posti letto triplicati: da 14 a 43 (Mv Udine) Cristian Rigo - Nel reparto di Malattie infettive non si è tirato indietro nessuno. Anzi. Non soltanto non ci sono state assenze strategiche come purtroppo accaduto in altri ospedali della Penisola, ma tutti hanno dato la massima disponibilità per far fronte all'emergenza Coronavirus rimandando ferie e permessi e dedicandosi anima e corpo al lavoro. Che oggi significa poter curare e salvare una persona in più.Per precisione, nell'arco di un mese, da quando cioè si sono moltiplicati i casi di positività al Covid-19, il numero di posti letto al secondo piano del padiglione 9 dell'ospedale Santa Maria della Misericordia è passato da 14 a 43 e sono state attrezzate anche delle stanze per l'osservazione e un tendone esterno dove fare i tamponi.Un piccolo miracolo per il quale il primario e responsabile della clinica, Carlo Tascini, vuole ringraziare tutti i medici e il personale infermieristico «che - racconta - stanno lavorando con grande impegno e dedizione, ma non solo loro». L'elenco di chi ha contribuito e sta contribuendo ogni giorno a fronteggiare il nemico invisibile nella clinica di malattie infettive è lungo. «L'ospedale ha risposto subito e questo ci ha consentito di aumentare il numero di medici strutturati da 7 a 11, ai quali poi si sono aggiunti altri due dottori dalle strutture ospedaliere periferiche inoltre ci aiutano 3 specializzandi e due medici in pensione». A rimettere il camice sono stati l'ex direttore del Pronto soccorso, Rodolfo Sbrojavacca e Paolo Rossi. «Per la vigilanza dei malati - continua Tascini, toscano di 56 anni che ha preso servizio a Udine a dicembre dello scorso anno dopo un'esperienza al Cotugno di Napoli- ci aiutano anche gli specializzandi della clinica medica e alcuni chirurghi senza contare l'ottimo lavoro di Medicina d'urgenza e Pneumologia a sostegno dei quali sono arrivati internisti da San Daniele e Tolmezzo». Insomma chiunque ha potuto, ha dato il suo sostegno. Anche perché i letti disponibili sono quasi sempre vicini al tutto esaurito. «Su 43, 40 sono praticamente sempre occupati - continua Tascini -. Abbiamo avuto complessivamente una settantina di pazienti affetti da Covid-19 e ognuno di loro resta ricoverato una media di 4-5 giorni. Molti sono stati dimessi e hanno potuto fare ritorno a casa, altri invece hanno visto peggiorare le loro condizioni e sono stati trasferiti in Terapia intensiva». Nella clinica di malattie infettive vengono ricoverate le persone che non necessitano di una ventilazione invasiva. «Utilizziamo i caschi che ormai tutti abbiamo visto in televisione (i Cpap che sono collegati a una macchina per la ventilazione: aria e ossigeno vengono pompati con una pressione positiva che aiuta gli alveoli polmonari ad aprirsi e a respirare meglio, ndr) e poi dobbiamo garantire assistenza ai malati, operazioni che diventano molto impegnative perché ovviamente le dobbiamo fare indossando tutte le protezioni necessarie e lavorare tante ore con guanti, tuta anti-contagio e visiera che lascia dei solchi sul viso, è molto impegnativo».Nonostante tutte le precauzioni, i casi di positività nel personale sanitario in Italia sono stati tanti. «Il rischio c'è, lo sappiamo, ma siamo preparati. Abbiamo fatto corsi di vestizione e svestizione e dobbiamo essere sempre concentrati. Facendo attenzione i rischi sono minimi. Io continuo a vivere in famiglia però so che se ho lavorato bene il rischio è minimo». Per i pazienti invece l'isolamento è totale. «I parenti non possono entrare, abbiamo attrezzato un ballatoio nel corridoio esterno del secondo piano e stiamo cercando di migliorare le cose ma al momento gli accessi sono molto limitati. Cerchiamo di informare i parenti il più possibile utilizzando i telefoni all'interno del reparto perché ci rendiamo conto che avere vicini in qualche modo i propri cari è importante. Anche noi abbiamo sentito l'affetto della città: abbiamo ricevuto tante donazioni di aziende e privati. Ci è stato regalato anche un congelatore per tenere i gelati (nelle tute che dobbiamo indossare fa molto caldo) e una macchina per il caffè. Voglio ringraziare tutti e agli udinesi dico: state a casa più possibile. Se avete sintomi, non solo tosse e febbre, ma anche debolezza o diarrea, chiamate il 112 e auto-isolatevi: è la cosa più importante per tutelare se stessi e i propri cari».

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L'Azienda sanitaria rassicura: l'ospedale non perderà servizi (M. Veneto Udine) «Dobbiamo assicurare tutte le cure ai nostri cittadini, aprendo ulteriori posti di terapia intensiva: per fare questo servono nuove risorse umane. Chi volesse aiutarci comunichi la propria disponibilità per un incarico libero professionale all'Agenzia regionale di coordinamento (si può consultare il sito Webarcs) o alla Gestione risorse umane dell'Asufc». È l'appello con cui il direttore generale dell'Azienda sanitaria universitaria Friuli Centrale, Massimo Braganti, chiude una nota diramata per precisare che il trasferimento del personale del punto di primo intervento cividalese, temporaneamente chiuso, non è preludio ad alcun depotenziamento della struttura.La scelta, ribadisce il direttore, è stata imposta dalla «necessità di rispondere prontamente all'emergenza coronavirus», dirottando medici e infermieri verso i presidi di riferimento per il Covid-19.Ma l'iniziativa ha anche un fine precauzionale, quello cioè di preservare il Ppi e dunque tutto il nosocomio da possibili rischi di contagio, stante la difficoltà di articolare percorsi distinti.I processi di riorganizzazione attivati al Distretto di Cividale per far fronte all'emergenza, ricorda quindi, sono la chiusura, dall'11 marzo al 3 aprile, delle sale operatorie della chirurgia ambulatoriale complessa (i pazienti sono stati avvisati e gli interventi necessari a giudizio del clinico sono stati riprogrammati su Udine), la sospensione del pronto soccorso (Ppi appunto), l'attivazione contestuale della guardia attiva da parte dei medici della medicina di Cividale e lo spostamento nella cittadina ducale del servizio di continuità assistenziale di San Pietro al Natisone.Le prime due azioni sono finalizzate a reperire personale per le ambulanze del Cividalese, per le degenze nonché per i servizi di emergenza-infettivi e per la struttura di accoglienza di Campoformido. Provvisoriamente a disposizione del presidio di Udine, inoltre, la frigoemoteca e tre aspiratori.«La rimodulazione delle attività - conclude Braganti - ci permetterà di fronteggiare l'epidemia. Ringrazio tutti i professionisti che con sacrificio e abnegazione stanno combattendo questa battaglia e i cittadini del Friuli, per il loro sostegno».

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Morti tre anziani della casa di riposo (M. Veneto Udine) Francesca Artico - Tre morti a seguito del contagio da Covid-19 alla casa di riposo Azienda per i servizi alla persona "Giovanni Chiabà" di San Giorgio di Nogaro. Antonio Tecovich, 81enne del posto, Giovanni (Nino) Bigollo, 82enne di Fiumicello, entrambi mancati all'Ospedale di Udine dove erano stati ricoverati, e Annamaria Brach di 94enne di Gorizia, morta in casa di riposo. Per tutti i funerali verranno celebrati in forma strettamente privata in ottemperanza a quanto disposto dall'ordinanza ministeriale 646/20. Attualmente ci sono 8 ospiti positivi al Covid-19 in Asp e di 9 operatori positivi al tampone, di cui uno guarito.Il contagioL'allerta all'Asp Chiabà scatta a l'11 marzo, quando un'operatrice sanitaria di San Giorgio dipendente della cooperativa sociale Consorzio Blu, in malattia dal 4 marzo, risulta positiva al tampone del coronavirus. Tre giorni dopo anche una collega in malattia da qualche giorno, è positiva. La casa di riposo attiva i protocolli bloccando tutti gli accessi all'Asp. Fornitori e addetti alla manutenzione entrano dal retro senza venire a contatto con gli ospiti. Chi deve entrare lo fa adottando tutte le precauzioni: mascherina, guanti, occhiali e tute. In contemporanea, viene chiuso il Centro diurno e il Centro Alzheimer agli ospiti esterni. La direzione blinda la struttura: sospeso il numero dedicato alle comunicazioni esterne e stop alle telefonate dei parenti.TamponiA seguito del focolaio di Covid-19 innescatosi alla Chiabà, il Dipartimento di prevenzione dell'Azienda sanitaria, avvia la tamponatura degli ospiti (151 in residenza), degli operatori sanitari e del personale diretto o della cooperativa (un centinaio) in forza nella struttura. Il 17 marzo a seguito dei risultati dei campioni, viene scoperta la positività di altri 5 ospiti. Ogni giorno si procede con l'esecuzione dei tamponi agli ospiti e operatori grazie all'assistenza di due medici del Dipartimento che li eseguono anche sul personale... Altre tre vittime all'ospizio di Lovaria (M. Veneto Udine) Gianpiero Bellucci - Tre anziane ospiti della casa di riposo di Lovaria sono decedute a causa del coronavirus. E così anche a villa Muner De Giudici di Lovaria, sede dell'omonima azienda di servizi alla persona, si fa la triste conta dei decessi. Delle 12 anziane ospiti, risultate positivi al Covid-19, tre sono dunque decedute. Due erano state portate, nei giorni scorsi, all'ospedale Santa Maria della Misericordia di Udine, Carla Tamagnini del 1937 e Ilse Reiter del 1943. Entrambe risultano residenti a Udine. La terza vittima, invece, era rimasta nella casa di riposo di Lovaria: si tratta di Maria Castenetto, classe 1924, detta Anna. A villa Muner De Giudici si contano oggi 13 persone infette, nove anziane e quattro operatori, lavoratori le cui condizioni di salute non sono al momento preoccupanti. Fuori in paese la situazione è di tutt'altro tipo, senza casi di positività tra i cittadini.NELLA CASA DI RIPOSOSolo una settimana fa, lunedì 16 marzo, il sindaco Enrico Mossenta rendeva nota la positività al Covid-19 di dieci anziane ospiti. Un intero nucleo di 23 persone fu dunque messo in isolamento e scattarono ulteriori verifiche per l'eventuale diffusione del Covid-19. E una delle ipotesi fu che il contagio fosse partito dalla casa di riposo di Mortegliano dove lavorano degli operatori di una delle società che gestiscono anche parte dei servizi sociosanitari a Lovaria. Un interrogativo rimasto tale. Nella casa di riposo di Lovaria ci sono complessivamente 85 ospiti e a tutti è stato fatto il tampone, operatori compresi. Gli esiti hanno poi confermato altri casi di positività. E così, oltre a registrare altri contagi tra il nucleo di anziani, tutte donne, anche quattro operatori sociosanitari sono risultati positivi, ma senza destare al momento, particolari preoccupazioni...

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Altre due vittime, a Caneva e Cordovado. S'allarga il contagio nelle case di riposo (Mv Pordenone) Sale il conto delle vittime legate al coronavirus, in provincia. Dopo il decesso Giovanni Facca, 82 anni, di Pordenone, nel giro di 24 ore sono venuti a mancare, sempre al Santa Maria degli Angeli, Giuseppe Benedet, 72 anni, di Stevenà di Caneva e Bruno Pippo, 90 anni, di Cordovado. Pippo. Quest'ultimo lascia tre figli e tre fratelli, abitava in via dei Comunali. Soffriva di patologie pregresse, che ne avevano determinato il ricovero, giovedì scorso. Poi il peggioramento e il decesso. È stato mezzadro nell'azienda agricola Variola di Cordovado e operaio alle Ceramiche Scala di Pordenone. Era conosciuto per la sua capacità di manovrare il muletto nelle operazioni di carico e scarico.Le cifreSulla scorta dei dati forniti alla Prefettura, a ieri risultavano 203 persone positive, di cui 59 ricoverate (50 a Pordenone, 7 a Udine, 1 a Gorizia e 1 a Trieste), 540 persone in isolamento domiciliare, di cui 144 positive e 396 per contatti con persone positive. Le persone coinvolte sono 599, i comuni scendono da 33 a 27, per effetto delle guarigioni. Quaranta le positività a Pordenone città, 17 a Sacile, 25 a Porcia.case di riposoTerzo caso di positività nella casa di riposo di Castions di Zoppola, dove, dopo il contagio di due ospiti, sono stati disposti tamponi per i pazienti e il personale entrato a contatto con tali persone. Infettata una operatrice socio sanitaria della struttura. Giornata nera, ieri in Fvg, nelle case di riposo. In 24 ore ben sei vittime tra San Giorgio di Nogaro e Lovaria di Pradamano.L'appello dei mediciLo lancia Guido Lucchini, presidente dell'Ordine dei medici della provincia: «Bisogna eseguire i tamponi a tutti gli operatori sanitari e alle persone sintomatiche». In Veneto, ricorda Lucchini, a tale misura sono sottoposti tutti i medici di medicina generale e «lo sostiene anche la Fondazione Gimbe. che ha lo scopo di diffondere le evidenze scientifiche». Il 10 per cento dei contagiati in Italia appartiene ai camici bianchi. «L'auspico - prosegue Lucchini - è che chi è preposto alla programmazione in sanità disponga di effettuare i tamponi a tutti gli operatori sanitari che lavorano in prima linea e che la fornitura dei dispositivi di protezione venga fornita agli stessi operatori in maniera adeguata. Occorre andare a eseguire i tamponi a tutte le persone con cui i nuovi malati sintomatici e positivi al test sono stati in contatto negli ultimi giorni. Se qualcuno di loro risultasse positivo bisognerebbe tenerli in stretta osservazione a domicilio evitando che abbiano ulteriori contatti con altre persone, inclusi i familiari». Tali misure, sottolinea, in Cina e in Corea del Sud hanno portato risultati positivi. Gli infermieri«L'Ordine di Pordenone - afferma il presidente Luciano Clarizia - chiede uno sforzo alla Regione per procurare il materiale essenziale a garantire la sicurezza degli operatori che sono in primis esposti al possibile contagio. Se si ammala il personale i problemi sono doppi perché oltre ad avere un infetto in più si ha anche un operatore in meno».