RASSEGNA 26 ottobre

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di Vittorio MalaguttiMilano

I n un'intervista al settima-nale Pa n o ra m a del dicem-bre 2006, Sergio Marchion-ne spiegò che la sua missio-

ne si sarebbe compiuta nel2010 "quando faremo 5 miliar-di di utile operativo". L'ammini-stratore delegato della Fiat si èsbagliato di 3 miliardi. Que-st'anno il gruppo torinese chiu-derà il bilancio con 2 miliardicirca di utile operativo. Certo,nel frattempo il mondo ha vis-suto una catastrofica crisi indu-striale e due (General Motors eChrysler) delle tre big america-ne si sono risollevate dal cracsolo grazie agli aiuti del gover-no Usa. Da questa partedell’Atlantico, però, altri con-correnti hanno fatto decisa-mente meglio di Torino.

LA VOLKSWAGEN, peresempio, che nel 2006 avevarealizzato 2 miliardi di profittooperativo (quindi poco più diFiat), quest'anno supererà quasicertamente quota 6 miliardi: neiprimi 9 mesi è già arrivata a 4,8.E la francese Renault, reduce dauna gravissima crisi, tra gennaioe settembre del 2010 ha vistocrescere del 10 per cento le ven-dite di auto in Europa, mentreper Fiat il mercato continentalesegna un calo del 12,3 per cen-to. Il gruppo francese nei mesiscorsi ha ripreso a macinareprofitti a gran velocità, tantoche a settembre ha potuto rim-

borsare un miliardo dei tre rice-vuti in prestito dal governo diParigi ad aprile 2009.Marchionne quindi, a quasiquattro anni di distanza daquell’intervista in cui fissava gliobiettivi, è ancora costretto arincorrere. E allora non può farealtro che rilanciare. Il piano in-dustriale per i prossimi cinqueanni serve proprio a questo, adalzare l’asticella degli obiettivispostando più avanti nel tempo,almeno sul piano mediatico,l’inevitabile confronto con unmercato sempre più difficile.

NASCONO da qui i discorsisulla produttività, il confrontotra gli stabilimenti Fiat in Italia equelli negli altri Paesi, in primisin Polonia. Perchè Marchionneha fissato per il 2014 obiettivi adir poco ambiziosi di redditivi-tà. Per il solo settore auto il mar-gine operativo in percentualesul fatturato dovrebbe cresceredall’1,5 per cento previsto perquest’anno fino al 4,7 per centodel 2014. E per guadagnare dipiù Fiat deve utilizzare la capa-cità produttiva dei suoi stabili-menti molto più di quanto nonsia successo finora. Ma la pro-duttività non basta.Se Marchionne vuole davverocentrare il bersaglio deve peròriuscire a vendere di più, moltodi più rispetto a quanto stia fa-cendo oggi. In che modo? “Mo -delli ce ne sono finché volete”,ha risposto l’amministratore de-legato di Fiat a una domanda diFabio Fazio nell’intervista tra-

smessa domenica sera. In effet-ti, il piano industriale prevede illancio addirittura di 34 nuovimodelli, di cui 13 prodotti inNordamerica negli stabilimentiChrysler. Il gruppo torinesevuole innanzitutto aumentare lasua presenza nelle fasce medioalte di mercato, quelle dove imargini di guadagno sono me-diamente più elevati. Il fatto èche finora si è visto poco o nien-te di tutto questo. Secondo Mar-chionne “non ha senso lanciarenuovi modelli in un mercatostrutturalmente così debole”.Ma se il mercato è debole perFiat, che nel solo mese di set-tembre ha perso in Europa il 20per cento rispetto allo stessomese dell’anno scorso, lo è de-cisamente di meno per alcunigrandi gruppi come Volkswa-gen (-4,3 per cento, Peugeot-Ci-troën (-6,6), Renault (-8,7). Epensare che secondo il piano in-dustriale nel 2014 Fiat vorrebberiuscire a piazzare in Europa al-meno 2,15 milioni di veicoli, ad-dirittura l’80 per cento in più diquelle vendute nel 2009, pari1,23 milioni.

COME FARE allora per tocca-re il traguardo dei 6 milioni divetture prodotte e vendute intutto il mondo indicato da Mar-chionne come il traguardo del2014? Bisogna puntare sui Paesiemergenti. C’è il Brasile, forsel’unico mercato dove la casa to-rinese può sfoggiare risultaticommerciali in miglioramento.Ma il grosso della crescita po-

tenziale, quella su cui puntanotutti i grandi produttori, è attesaaltrove. E cioè in Cina e India.Nel 2009, un anno a dir poco dif-ficile per l’automobile, la pro-duzione è cresciuta del 48,3 percento in Cina e del 13 per centoin India. Sempre l’anno scorsoin Italia le auto prodotte sonocalate del 17,6 per cento e negliStati Uniti addirittura del 34,3per cento. Rotta verso est, allo-

ra, ma in Oriente Fiat è ancoramolto lontana dai suoi principa-li rivali. Volkswagen e Peu-geot-Citroën vantano già una so-lida presenza da quelle parti.Per non parlare della giappone-se Toyota. Insomma, la strada dafare è ancora tantissima. E la me-ta al momento sembra così lon-tana da sembrare un miraggio.Forse per questo a Marchionneconviene parlare di Melfi e dei10 minuti di pausa in meno. Perquel che valgono.

I timori dei concessionari

Dove sono finiti i nuovi modelli

Non è la crisiil problema della Fiat

MENTRE AVANZANO I CONCORRENTI EUROPEIIL LINGOTTO SI AFFIDA AL MERCATO AMERICANO

A Torinogli obiettivicambianosempre, cosìda rinviareil bilanciodefinitivo

di Ferruccio Sansa

S alone dell’Automobile di Parigi.Quaranta nuovi modelli. Dalla

Fiat: zero. Ecco l’altra faccia del casoLingotto: le automobili. Si parla di de-localizzazione, di Pomigliano, deisindacati. Poi, però, come dice lostesso Sergio Marchionne, lui è “unmetalmeccanico” e fa auto.Qui sta la prima anomalia: i conti mi-gliorano, però le vendite sul mercatoitaliano sono calate del 27 per centorispetto al 2009. Ormai Fiat in Italiaproduce 650 mila auto su 2,8 mi-lioni (in Brasile sono 720 mila) com-plessive. Ad aprile, Marchionne ave-va annunciato l’arrivo in Europa di35 nuovi modelli nei prossimi cinqueanni. Ma, a leggere il “product plan”della fabbrica torinese, il 2010 saràarchiviato con pochissime novità(essenzialmente l’Alfa Romeo Giu-lietta e la nuova Fiat Doblò). E per il2011 l’unico modello di richiamo èla nuova Lancia Y, pronta già da tem-po. Slitterà al 2012 la nuova Panda,ufficialmente per le tensioni con i sin-dacati sul piano Fabbrica Italia. Pre-visti anche un crossover Fiat, più una

berlina e un monovolume Lancia,ma si tratta di auto Dodge (Journey)e Chrysler (300 C e Grand Voyager)ribattezzate con marchio italiano.Una strategia rivendicata da Mar-chionne: tenersi le cartucce miglioriper il dopo-crisi. “Altri costruttorihanno preso la strada opposta. Persuperare il momento difficile hannosfornato decine di nuove auto”, rac-contano gli esperti di Quattroruote.Aggiungono: “È il caso della Volkswa-gen, che negli ultimi mesi ha presen-tato Passat e Sharan e rivisto la Tou-ran. La Polo, lanciata nel momentopeggiore, è un grandissimo succes-so”. Di fatto il colosso tedesco ha vi-sto aumentare del 17,94 per centole vendite in Italia fino ad agosto.Ora i concessionari Fiat dispongonodi una gamma vecchia concentratasu pochi modelli. Basta scorrere i li-stini. L’Alfa Romeo può contare sullanuova Giulietta che tallona la Golfnelle vendite. E poi? La Mito non èall’altezza delle aspettative. La 159,in un settore un tempo dominatocon auto come l’Alfetta, a detta dellostesso Marchionne “non si è rivelataadeguata”. Difficile vendere un’auto

se lo stesso produttore la denigra. Ebasta leggere le prove di Quattroruo-te per capire: è pesante e consumamolto. Neanche i prezzi, una voltacavallo di battaglia italiano, sonocontenuti. Le sportive, orgogliodell’Alfa, sono modelli ormai vecchicome la Gt oppure la Brera che aluglio ha raccolto 80 immatricola-zioni (contro 144 della Porsche 911che costa il triplo). La Lancia, che do-minava con capolavori come la The-ma, non ha grandi modelli nel seg-mento. Restano auto di medie e pic-

cole dimensioni: Y, Musa e Delta. Ela Fiat? Punta sul successo indiscu-tibile della 500, su modelli riusciti,ma non più recenti come la Panda esulla Grande Punto. Nel segmentomedio la Bravo (basata sulla Stilo, unflop) non tira: è quinta nella classi-fica una volta dominata da auto co-me la Tipo. Insomma, Volkwagen,Opel e Ford superano Fiat in casasua. Tra le berline resta la Croma, alsettimo posto. Altri modelli, come laMultipla e l’Ulysse, restano in listinoper onore di firma, superate da de-cine di straniere.I concessionari temono di non far-cela: “L'attendismo può servire allaFiat, ma mette in ginocchio i vendi-tori. Non possiamo aspettare il2012 per la Panda e il 2013 perl’erede della Punto. Se perdiamo iclienti rischiamo di non riconquistar-li”, si sfoga un venditore. Nelle ve-trine dei rivali intanto arrivano le no-vità. La Ford ha presentato i restylingdi Mondeo, S-Max e Galaxy ed è im-minente la nuova C-Max. Nel 2011arriveranno tre novità tra cui il bestseller Focus. Gli esperti di Quattro-ruote dubitano: “Vedremo se l' at-

tendismo della Fiat è azzeccato.Certo, la scelta è stata dettata an-che dalla necessità: sviluppare unnuovo modello costa da 250 a 500milioni. Ma le novità sono utili, trai-nano la gamma, portano gente aiconcessionar i”. Giuseppe Volpato,ordinario di Economia all’Univer sitàCa’ Foscari, suona il campanellod'allarme: “Rispetto a Peugeot, Re-nault e Volkswagen, i concorrenti,Fiat ha presentato una quantità de-cisamente inferiore di modelli”. Nonsolo: “Gli altri gruppi hanno un’of -ferta più ampia e più equilibrata.Fiat punta tutto sulle utilitarie pic-cole e piccolissime che hanno mar-gini di redditività cinque volte infe-riori. Devono recuperare e presto,perché tra poco arriveranno i cinesie prenderanno di mira i costruttorispecializzati in quel settore, cioèFiat”.Ecco, il bilancio dell’era Marchionne

sta anche qui. I modelli con la suafirma non sono molti: la 500 – già inlavorazione prima del suo arrivo,con il lancio curato dal’ex capo delmarketing Luca De Meo –e la nuovaGiulietta. Pochi, ma il discorso è com-plesso: “È vero, la Fiat deve scontareun ritardo di due anni”, spiega Mau-ro Tedeschini, ex direttore di Quat-troruote. Le ragioni? “Primo, si èaspettato di individuare il partnercommerciale per progettare nuoveauto, per non gettare alle orticheenormi risorse come in passato. Se-condo, Marchionne voleva centraregli obiettivi finanziari e l’unico modoper farlo era risparmiare anche nel-la ricerca”. Poi c’è la nuova Pandache arriverà, sostengono alla Fiat,quando saranno sciolti i nodi di Po-migliano. Insomma, la verità sullagestione Marchionne si capirà tradue, tre anni. Allora, oltre ai conti, sipotranno giudicare le automobili.

ITALIA ADDIO?

Nel tondo una delle500 che verranno

vendute in America.Sotto, Sergio

Marchionne durantel’intervista di

domenica sera a“Che tempo che fa”

con Fabio Fazio(FOTO GUARDARCHIVIO)

“Qui produciamo

in perdita e non può

durare per sempre”

F iat potrebbe fare di più se potessetagliare l’Italia”, ha spiegato il numerouno della Fiat, Sergio Marchionne,

ospite domenica sera a Che tempo che fa, latrasmissione di Fabio Fazio su Rai3. Ha spiegatol’amministratore delegato: “Nemmeno un eurodei 2 miliardi dell’utile operativo previsto per il2010 arriva dall’Italia” e dunque “Fiat non può

continuare a gestire in perdita le proprie fabbricheper sempre”. Parole che sono state lette come unultimatum. Marchionne afferma che il Lingotto hasaldato “qualsiasi debito verso lo Stato in Italia”,quindi “non accetto che mi si dica che chiedoassistenza finanziaria”. “Negli ultimi 10 anni - hasentenziato - l’Italia non ha saputo reggere il passocon gli altri Paesi, ma non è colpa dei lavoratori”.

Una posizione mondiale, quella del nostro paese,che “non possiamo ignorare”, perché “non c'ènessuno straniero che investe qui”. Se laproduttività degli operai italiani aumenterà comerichiesto dal piano Fabbrica Italia, anche glistipendi aumenteranno di conseguenza, spiegaMarchionne. Ma il destino degli investimentiancora non è definito.

IL CANTONE d ovele tasse son le più basseH o il doppio passaporto, italiano e canadese e sono

residente in Svizzera”, ha detto Sergio Marchionnedomenica sera nella sua intervista a Fabio Fazio. Quelloche Marchionne non ha detto (e che Fazio non gli hachiesto) è il luogo esatto dove l’amministratore dele-gato di Fiat ha deciso di prendere domicilio a fini fiscali.A specifica domanda Marchionne avrebbe spiegato dirisiedere a Walchwil, un minuscolo paesino (circa 4mila abitanti) del canton Zug, Svizzera interna. Il postonon è granché, poche case affacciate sul lago. Ma com-prar casa da quelle parti e trasformarla nella propriaresidenza presenta l’indubbio vantaggio di dare un ta-glio netto alle tasse. L’aliquota è la più bassa di tutta laSvizzera. Per un contribuente come Marchionne non siva oltre il 25 per cento. Curiosità: a Walchwil, tra glialtri super ricchi, ha preso la residenza anche SebastianVettel, il pilota della Red Bull grande rivale della Ferrari(gruppo Fiat) nel Mondiale di Formula Uno.

L’ultimo verosuccesso è la500 poi l’alleanzacon la Chryslere la recessionehanno bloccatotutto

Martedì 26 ottobre 2010

CHI MI OFFRE DI PIÙ?Marchionne ragiona da manager di una multinazionale

Contano solo la produttività e il sostegno pubblico

MAURIZIO LANDINI, SEGRETARIO FIOM

“L’AZIENDA SPIEGHI IL PIANO INDUSTRIALE INVECE DI DIRE BUGIE”

di Salvatore Cannavò

S egretario Landini, Mar-chionne sostiene che la

Fiom rappresenta solo il 12per cento in Fiat eppure bloc-ca tutto.Se fossimo solo il 12 per centoperché si preoccuparsi? Mar-chionne valuti i voti che si rac-colgono nelle elezioni delleRsu: la Fiom è tornata quest’an -no il primo sindacato a Melficon il 26 per cento. A Pomiglia-no siamo al 22, ma i “No” al re-ferendum hanno sfiorato il 40per cento. Marchionne ha di-chiarato che tra il 2004 e il 2009,per far uscire la Fiat dalla crisipiù grave, c’è stato aiuto con-

creto da parte sindacale: chi hacambiato linea dal 2009 è la stes-sa Fiat.A parte questo, che pensadell’intervista di Marchion-ne?Mi ha infastidito sentire tanteballe: sulle pause, ad esempio.Non è vero che a Mirafiori sonodi 30 minuti. Lì se ne fanno tre,due da 15 minuti e una da 10, iltotale fa 40. Ma la cosa piùpreoccupante è che ancora og-gi non è possibile conoscere ilvero piano industriale Fiat. Qua-li sono i nuovi modelli in produ-zione, dove verranno fatti, conquali obiettivi? Intanto si conti-nua con la cassa integrazione.Chi si ricorda che Fiat ha giàchiuso Termini Imerese?Quanto pesa la cassa integra-zione nel gruppo Fiat?I dati ce li ha forniti propriol’azienda lo scorso 5 ottobre. Laquantità di ore di cig corrispon-de secondo Fiat a circa 20 milalavoratori, su un totale di 50 mi-la complessivi, che nell’arco diun anno sono rimasti a casa: il 40

per cento della forza lavoro.Non è vero neanche che in Italiaè impossibile produrre utili:Ferrari e Maserati ne hanno fatti(208 milioni in nove mesi), l’Ive -co anche (133), così come la Se-vel. Nell’auto c’è un livello dicassa integrazione molto pesan-te e una caduta di mercato in Eu-ropa, lo sappiamo. Ma allora ilproblema principale è il ritardosull’innovazione del prodotto.La Fiat però sostiene di nonricevere più aiuti pubblici.Ser virebbero?Il Lingotto li chiede in Serbia,Polonia, Usa. In tutto il mondogli altri produttori di auto utiliz-zano l’intervento pubblico perricerca, innovazione, auto elet-trica, e per conquistare quote dimercato. Quando Marchionnedice che grazie agli incentivi su10 auto vendute in Italia 7 sonostraniere, si chieda dove ha sba-gliato. Perché quelle vinconocon nuovi modelli, innovativi,ecologici. E invece qui da noimanca la ricerca, manca una po-litica industriale, manca un in-

di Stefano Feltri

D alla Fiat spiegano che leparole di Sergio Mar-chionne non sono da in-tendersi come la premes-

sa di un addio all’Italia. Ma sol-tanto come la diagnosi di una si-tuazione, con la proposta di al-cuni interventi sui punti, comele relazioni industriali, su cui ilLingotto può agire.

I dettagli dellabassa classifica

I NUMERI che misurano il disa-stro italiano delineato da Mar-chionne, però, sono un po’ piùcomplessi della sintesi che ne hafatto il manager italo-canadese.“L’Italia è al 118esimo posto su139 per efficienza del lavoro e al48esimo per la competitività delsistema industriale”, affermaMarchionne. Si riferisce alla clas-sifica che ogni anno viene com-pilata dal World Economic Fo-rum, il club internazionale cheorganizza il summit della classedirigente mondiale a Davos, in

Svizzera. Ogni Paese viene ana-lizzato su decine di parametri, aciascuno viene assegnato unpunteggio che contribuisce adeterminare il posizionamentocomplessivo nella classifica del-la competitività. Consultando lascheda relativa all’Italia, si capi-sce che la posizione 118 a cui siriferisce Marchionne è la voce“Business impact of rules onFDI”, cioè l’impatto delle regolesugli investimenti stranieri in Ita-lia. Un po’ una sintesi drastica,un po’ un lapsus, che lascia in-tendere come Marchionne or-mai ragioni più da “MisterChr ysler”che da Signor Fiat. Sot-tinteso: il Lingotto è una multina-zionale attiva in tanti Paesi, tracui l’Italia. E come tutte le mul-tinazionali valuta costi e beneficiprima di investire a Pomigliano oa Tichy, in Polonia. Come se nonfosse (più) un’impresa italiana.Proprio la classifica del WorldEconomic Forum racconta unalista dei problemi italiani un po’diversa da quella compilata daMarchionne. Le posizioni piùbasse in classifica sono dal latodelle istituzioni, siamo quasi ul-timi (130) sul parametro “crimi -ne organizzato”, al 129esimo po-sto per l’efficienza della giustizianelle controversie commerciali,al 133esimo per il peso dei rego-lamenti governativi. Questo perquanto riguarda i parametri “og -ge t t i v i ”.Se si leggono i risultati del son-daggio tra i membri della classedirigente di Davos, la scala deiguai italiani risulta questa: ineffi-cienza della pubblica ammini-strazione, accesso al credito(cioè le banche), pressione ecomplessità del fisco, scarsità di

infrastrutture. Soltanto il 9,1 percento degli intervistati indica tra iprimi cinque problemi dell’Italiala “rigidità del mercato dellavo-ro ”e solo il due per cento la “scar -sa etica della forza lavoro” (eti -chetta sotto cui Marchionne met-terebbe gli operai insubordinatidi Melfi o Pomigliano).

Due vie perla produttività

SU UN PUNTO M a rch i o n n epuò contare su dati chiari: la pro-duttività, cioè quanto produco-no i lavoratori italiani rispetto agliomologhi stranieri a parità ditempo. Nel rapporto “Italia2015”, presentato a maggio daConfindustria, si legge che “nelperiodo dal 1997 al 2007 la pro-duttività del lavoro, misurata co-me Pil su ore lavorate, è cresciutacumulativamente del 3,6 percento”. Nello stesso periodo, cre-sceva di oltre il 25 per cento nelRegno Unito, in Francia del 19, inGermania di oltre il 15. E anchenegli stabilimenti Fiat italiani sinota uno squilibrio verso l’este -ro. Pur considerando che le sta-tistiche non sono del tutto omo-genee, a Mirafiori si fabbricano29,4 auto per addetto in un anno,a Tychy, in Polonia, dove si lavoraal 130 per cento della capacitàproduttiva, se ne fabbricano77,6. Tutta colpa dei lavoratorisfaticati? O dipende da come è or-ganizzata la produzione e dagli in-ve s t i m e n t i ?Per aumentare la produttività peraddetto, comunque, ci sono solodue strade: o si aumenta la produ-zione a parità di addetti, o si ridu-ce il numero degli addetti a parità

S e Marchionne ha scelto di farsi intervi-stare da Fabio Fazio, non è per mancan-

za di alternative. La sua prima scelta era stata“Porta a Porta”: un altro comodo salotto dove ilrischio di ricevere domande insidiose non sus-siste. Ma optare per il talk show di Rai 1 volevadire ammettere la paura di farsi intervistare perdavvero, meglio una giusta via di mezzo. Fazio,soddisfatto in partenza per lo scoop e lo shareda record, glissa su un paio di questioni: parlan-do dei licenziati di Melfi, rimuove il particolare

che un tribunale ha dato loro ragione. Si stu-pisce poi per ogni dato fornito da Marchion-ne: “Neanche un euro prodotto in Italia? In-cr edibile!”, ma non indaga su perché un ter-zo dei ricavi si trasformino in perdite. PoiFazio si fa zittire quando, timidamente,chiede conto dei modelli nuovi che al Lin-gotto latitano: “Di questo parliamo dopo”.Stiamo ancora aspettando.

TIMIDEZZA DA SCOOP

Da Fazio fasempre sereno

tervento pubblico che sia utile:la competizione si affronta solocon con la riduzione dei diritti.Temete che Fiat voglia dav-vero lasciare l’Italia?La scomposizione in due setto-ri, il cosiddetto spin off tra FiatAutomobile Group e Fiat Indu-strial, porta con sé la logica dellavendita di pezzi separati e alludea un disimpegno della famigliaAgnelli dall’auto. Credo chel’obiettivo, nemmeno più tantonascosto, sia che la Chrysler di-

venti la vera proprietaria delgruppo. E Torino una provin-cia.C’è un problema di scarse ef-ficienza lavorativa e capacitàcompetitiva?Si continua a far credere che laproduttività corrisponda all'au-mento dello sfruttamento. Equesto non è accettabile. Ma lepause alle catene di montaggioservono per non usurare i lavo-ratori. E l’accordo di Pomiglia-no viola eccome i diritti: si guar-di la “clausola integrativa delcontratto nazionale” che preve-de perfino il licenziamento perchi non rispetta quanto previstodall’intesa. Così come la disdet-ta degli accordi del 1971 che da-vano il diritto di negoziare suitempi e ritmi in fabbrica, men-tre oggi non si può nemmenocontestare la nuova metrica dell avo ro .Marchionne dice: se tre ope-rai di Melfi bloccano gli stabi-limenti, questa è anarchia.Parla di una situazione che nonesiste. C’è una sentenza di un

tribunale secondo cui quantoimputato ai tre operai in realtànon è avvenuto. Gli scioperi esi-stono da sempre per bloccare laproduzione. Ma non c’è stato al-cun boicottaggio. E comunqueMelfi è uno dei dieci stabilimen-ti al mondo con la produttivitàpiù elevata.La Cisl di Bonanni rilancia,proponendo a Marchionne didividere gli utili anche con il avo r a t o r i .Il problema vero è aumentaregli stipendi e garantire l’occupa -zione negli stabilimenti. A pre-stazione certa deve corrispon-dere un salario certo che rico-nosca la fatica e il contributo deilavorator i.Chiedete ancora lo scioperoge n e r a l e ?Riuniremo il Comitato centralel’8 novembre per dare continui-tà alla manifestazione del 16 ot-tobre. Ci impegniamo a realizza-re al meglio la manifestazionedella Cgil del 27 novembre malo sciopero generale va convo-cato entro l’anno.

di produzione. Con il piano Fabbri-ca Italia, 20 miliardi di investimentiin cinque anni con capacità pro-duttiva più che raddoppiata, si sce-glie la prima strada. Ma se non cisono le condizioni – cioè se Mar-chionne non si fida dei sindacati e,nello specifico della Fiom – si puòsempre scegliere la seconda, ridur-re il numero di dipendenti chiu-dendo o ridimensionando qualchestabilimento e facendo lavorare apieno ritmo quelli rimasti.C’è però un’altra variabile da con-siderare, che ha poco a che farecon l’efficienza: i soldi pubblici.

Marchionne, spiegano dalla Fiat,non ha chiesto aiuti pubblici du-rante l’intervista di domenica sera,nonostante i riferimenti al soste-gno ricevuto in America dall’Am -ministrazione Obama e in Serbiada un governo che paga al Lingotto10 mila euro per ogni assunto più250 milioni per il 33 per cento diFiat Automobili Serbija, e promet-te un’autostrada. Il messaggio diMarchionne è che la politica è at-tiva ovunque tranne in Italia. E al-meno su questo è d’accordo con illeader della Fiom Maurizio Landi-ni.

ITALIA ADDIO?S e Fiat “è ancora il grande colosso che è, agarantirlo è stato il contribuente italiano”, èstata la critica del presidente della Camera,

Gianfranco Fini. Dopo le parole dell’a m m i n i s t r a t o redelegato della Fiat Sergio Marchionne sul fatto che alLingotto converrebbe tagliare la produzione in l’Italia,arriva anche il “vaffa” di Beppe Grillo: “È l’Italia cheavrebbe potuto fare di più – sostiene il leader del

Movimento 5 Stelle – se avesse tagliato da tempo laFiat, che ha succhiato per decenni contributi statali ecasse integrazioni. Mavaffanfiat!”. Più ambiguo ilPartito democratico. Il segretario Pier Luigi Bersanisi chiede: “Quale modello per fare le auto abbiamo intesta, la Cina e la Serbia o la Germania e la Francia? Civogliono regole universali sul lavoro altrimentidiventiamo cinesi anche noi. Dobbiamo avere in testa

l’E u ro p a ”. Diversa è invece l’opinione del sindaco diTorino, Sergio Chiamparino, secondo cui “i datiche dice Marchionne sono incontestabili”. Mentresecondo il responsabile economia e lavoro del Pd,Stefano Fassina, Marchionne dimentica “le carenzedella Fiat nelle politiche per gli investimenti, nellaprogettazione e produzione di modelli enell’organizzazione produttiva”.

“Mancaun interventopubblicoche sia utile,si pensa soltantoa ridurre i dirittidei lavoratori”

48LA POSIZIONE

D E L L’ITALIA NELLACLASSIFICA DELLACOMPETITIVITÀ

118QUASI ULTIMI NELLA

CAPACITÀ DIAT T I R A R E

INVESTIMENTI

Le critiche di Fini,

il vaffa di Grillo,

l’ambiguità del Pd

Maurizio Landini (FOTO ANSA)

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LA NAZIONE Pagina 2 – Livorno Idv I giovani Romano e Del Lucchese nel Coordinamento I DUE CONSIGLIERI comunali dell’Italia dei Valori sono stati inseriti nel coordinamento regionale consacrato al recente congresso. Il capogruppo in Consiglio Comunale Andrea Romano (qui a fianco) è stato eletto nel nuovo Coordinamento Regionale dell’Italia dei Valori, nel corso del 4° Congresso del partito che si è svolto domenica a Pisa. Andrea Romano figurava al quarto posto nella lista del neo Coordinatore Regionale Fabio Evangelisti, vice-capogruppo alla Camera. Nel nuovo organismo entra a far parte anche l’altro consigliere comunale livornese dell’Italia dei Valori, Lorenzo Del Lucchese (qui sopra) candidatosi nella lista dell’altro candidato Coordinatore Regionale, Alessandro Cresci, leader della minoranza congressuale del partito in Toscana.

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LA NAZIONE Pagina 19 – Lucca Il pietrasantino Simonini ai vertici regionali di Idv SI E’ TENUTO nei giorni scorsi a Pisa il 4° congresso regionale di Italia dei Valori, congresso partecipato con grande passione politica. E’ stato eletto alla guida del partito toscano Fabio Evangelisti con la mozione “E’ tempo di una nuova semina”. Tra i membri della squadra vincente di Evangelisti si trova Fabio Simonini il giovane capogruppo consiliare idv di Pietrasanta voluto fortemente da Evangelisti in rappresentanza della Provincia di Lucca. «Questo — come sottolinea una nota della segreteria provinciale Idv — ad evidenziare la forte spinta meritocratica e di apertura ai giovani come criterio principe nelle scelte del partito di Antonio di Pietro».

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IL TIRRENO Pagina 4 - Grosseto Idv. Segreteria toscana. Tre maremmani nel direttivo di Evangelisti GROSSETO. Fabio Evangelisti, ex commissario dell’Idv grossetano, è il nuovo segretario dell’Idv Toscana. E Grosseto - sottolinea il partito di Di Pietro, ha contribuito in modo determinante all’elezione, portando a Pisa, all’hotel Galilei, due autobus pieni di iscritti, quasi cento persone. Nel direttivo, inoltre, sono state elette l’assessore provinciale Tiziana Tenuzzo e la consigliera provinciale Annamaria Carbone. Inoltre è entrato (membro di diritto) anche il coordinatore Mauro Pasquali. Durante l’intervento di illustrazione della sua mozione, Fabio Evangelisti ha sottolineato come la sua proposta di direttivo sia espressione di tutte le realtà territoriali e dia impulso all’esigenza di rinnovamento del partito: «Dieci donne e dieci uomini, dieci under 35 e dieci personalità di grande esperienza. Un giusto mix di innovazione e tradizione. Questa è la partecipazione, dei fatti».

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IL TIRRENO Pagina 3 - Viareggio Verso la manifestazione di sabato Movida in piazza insieme ai fornitori VIAREGGIO. È la settimana della manifestazione indetta dai locali. Si sfila sabato al grido di “Viareggio Viva” «a sostegno della movida notturna sulle Marine», con l’adesione delle Marine di Viareggio e Torre del Lago, del Comitato Passeggiata, della Regione (assessore alla cultura, Cristina Scaletti), della Provincia (il presidente Stefano Baccelli), di Arci Gay nazionale e pisano, dei fornitori che lavorano solo se il sistema del divertimento estivo funziona senza trovare intoppi. Si sfila nel silenzio della politica locale. L’amministrazione (assessore Cima e sindaco in testa) ha sospeso i contatti con il comitato organizzatore della protesta mentre le forze politiche, da quelle di maggioranza a quelle di opposizione, sembrano aver scelto di stare a guardare. Sabato pomeriggio, l’appuntamento è per le 16 in piazza Mazzini. Musica, colori, carri è la promessa degli organizzatori. Per chi volesse aderire l’indirizzo è [email protected].

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IL TIRRENO Pagina 1 - Lucca VANNI (IDV) «Il progetto per lo stadio è sproporzionato» LUCCA. «In merito alla ristrutturazione dello stadio a Lucca, al di là dei vincoli di natura architettonica e paesaggistica sulla struttura che la collocano in un contesto irripetibile a ridosso delle mura, risaltano in modo evidente la sproporzione tra quello che si propone nel progetto e quello di cui la città ha realmente bisogno, ovvero uno stadio ristrutturato, efficiente e aggiornato in termini di sicurezza e capienza». Lo afferma Antonio Vanni, responsabile urbanistica dell’Italia dei Valori. «Il metodo seguito da questa amministrazione - spiega Vanni - è quello di far leva sulle emozioni dei tifosi per stravolgere lo stadio con un progetto che non prevede solo una ristrutturazione per migliorare la fruibilità della struttura, ma sarà in massima parte strumento per costruire volumi nuovi per attività commerciali e un nuovo grosso albergo. «Il modo di trattare argomenti così importanti, focalizzando la discussione su una piccola parte del territorio non favorisce, ma anzi penalizza, una riflessione complessiva sull’urbanistica di Lucca. La città sarà così inevitabilmente svuotata di funzioni e persone, mentre alla periferia rischiano di essere negati spazi e attività che ne consentano un rilancio a vantaggio della vivibilità di tutti i lucchesi. «L’area dello stadio, in questo scenario, deve fare necessariamente parte di un puzzle più organico e vasto, in mancanza del quale è sufficiente che il complesso sportivo sia soltanto recuperato e migliorato rispettando le destinazioni d’uso funzionali allo sport e alla creazione di aree riservate ai tifosi e ai cittadini. Solo così si eviteranno stravolgimenti non guidati del territorio, i cui costi li pagheranno tutti i cittadini, in termini soprattutto di vivibilità».

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LA NAZIONE Pagina 9 – Prato Salute Il «caso» inceneritore finisce in parlamento FINISCE in parlamento il caso dell’inceneritore di Montale. L’onorevole Scilipoti dell’Italia dei Valori ha presentato un’interrogazione per informare il parlamento della mancata osservanza dell’ordinanza di divieto di consumo e commercializzazione dei cibi prodotti in area di ricaduta dell’inceneritore, risultati pesantemente contaminati da diossine e Pcb. Inoltre l’onorevole dell’Idv ha segnalato anche il mancato rispetto dei provvedimenti per la bonifica dell’acqua potabile, risultata anche questa contaminata da diossine. Il caso è nato nel 2007 quando, dopo una verifica effettuata dall’Arpat sull’inceneritore di Montale, è stato accertato per oltre settantacinque giorni il superamento dei limiti di emissione di diossine previsti dalla legge.La segnalazione riguarda anche la provincia pratese, con l’indagine sanitaria effettuata su campioni di origine animale, svolta nel febbraio del 2009 dalle Asl di Pistoia e Prato, che ha infatti rilevato la presenza nel comune di Montemurlo di un livello di diossine e Pcb superiore fino a circa 40 volte il limite previsto dalla legge. S.D.B.

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IL TIRRENO Pagina 7 - Prato INCENERITORE Chiesta al Governo un’indagine sui rischi Interrogazione del deputato Idv Domenico Scilipoti MONTEMURLO. La storia dell’inceneritore di Montale sbarca in Parlamento. A sottoporla all’attenzione del Ministro dell’Ambiente e al Ministro della Salute è stato l’onorevole Domenico Scilipoti, in carica all’Italia dei Valori, con un’interrogazione presentata durante la seduta del 21 ottobre scorso. Cardine dell’interrogazione la richiesta di promuovere un’indagine epidemiologica al fine di tutelare le popolazioni locali. Scilipoti ripercorre la storia dell’inceneritore fino al 2007, anno in cui l’Arpat riferì il superamento delle emissioni per ben 6 volte il consentito. Vi viene anche indicato l’esito positivo dell’indagine su campioni animali svolta dall’Istituto zooprofilattico sperimentale di Lazio e Toscana in cui si accertava la presenza di PCB diossina in percentuali superiori ai limiti consentiti. «I risultati di tutte queste analisi - si legge nell’interrogazione di Scilipoti - convergono nel far ritenere la sussistenza di una situazione ambientale e sanitaria a rischio concreto per la salute delle popolazioni della zona, legato anche al consumo di prodotti alimentari locali».

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LA NAZIONE Pagina 8 – Prato Provincia. Contributo di solidarietà a venti famiglie Calice: 1500 euro agli alluvionati VENTI FAMIGLIE vittime dell’alluvione del Natale scorso del Calice in questi giorni hanno ricevuto dalla Provincia il contributo di solidarietà, fino a 1.500 euro per le spese sostenute in seguito ai danno subiti. «La Provincia aveva inserito nel bilancio 2010 risorse per 33mila euro destinate proprio alle famiglie che avevano avuto danni alle abitazioni a causa della rottura dell’argine del torrente Calice nella notte di Natale del 2009 — spiega l’assessore alla difesa del suolo, Stefano Arrighini — Il contributo si aggiunge a quelli del Comune e del Comitato Pro Emergenze, che ammontano complessivamente a 3mila euro, nel caso che la famiglia in questione abbia sostenuto spese che superano questa cifra». Il contributo di solidarietà è stato assegnato dall’assessorato di Loredana Ferrara e ha riguardato quelle famiglie che hanno speso una somma superiore a 3mila euro e fino a un massimo di 4.500 euro. Alle venti famiglie già rimborsate si sono aggiunte altre 9 richieste di contributo che saranno liquidate non appena approvata la variazione di bilancio necessaria prevista per novembre. I danni vennero causati da un cedimento dell’argine del torrente Calice all’altezza del Ponte dei Bini con l’allagamento di un’area delimitata a nord da via del Calice, a est dall’arginatura del torrente Bardena, a sud dall’argine della cassa di espansione detta ‘Le Vanne’ ed a ovest, appunto, dall’argine danneggiato del Calice.

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LA NAZIONE Pagina 15 – Prato Sport, lettura, tecniche artistiche «L’altro spazio» per associazioni RIPARTE la programmazione de ‘L’altro spazio’, il centro dedicato ai ragazzi in cui ritrovarsi e passare momenti tra studio, sport, arte, e creatività: il tutto direttamente curato da associazioni diverse per spirito e per attività. Promosso lo scorso anno dalla Provincia di Prato, che mise a disposizione i locali (quelli dell’Istituto Gramsci Keynes in via Reggiana 106) e un cospicuo finanziamento (26 mila euro, a cui si aggiunsero altri 125 mila euro di un bando regionale), L’altro spazio venne dato in gestione a diverse associazioni, che dettero gambe al progetto curando diverse attività. Quest’anno la Provincia conferma i locali ma non il finanziamento che giunge solo dalla Regione (per ora) con 30mila euro. Ma le associazioni scommettono lo stesso e presentano le nuove attività. Il Csi, che quest’anno è capofila del progetto, sfrutterà gli spazi esterni del centro (un campo di calcio a 5, pista di atletica, etc) per organizzare tornei e corsi sportivi, tra cui, evidenzia Daniele Paoletti, un corso per arbitri di rugby e di pallamano. Massimo Bonechi, responsabile del mensile ‘L’altra città’, ribadisce la volontà di portarla avanti puntando i riflettori su Prato e cercando “corrispondenti” non solo da tutte le scuole ma anche dalla Chinatown. Leonardo Caponi del Ceis ripropone attività di educazione sulle strade: gli operatori saranno attivi a Vergaio e San Giusto per intercettare i più giovani e prevenire comportamenti a rischio. C’è poi la novità dell’entrata di ‘Nonsololibri’, la onlus che quest’anno ha organizzato il mercatino dei libri usati a Officina Giovani: a loro spetterà organizzare attività di studio guidati da studenti più adulti. Infine Arteriosa, che oltre a curare la comunicazione con un depliant che verrà a breve distribuito soprattutto nelle scuole, organizzerà anche laboratori di tecniche artistiche, di video col cellulare per realizzare inchieste, e di tecniche di dj. «Altro spazio — sottolinea l’assessore provinciale alle Politiche sociali Loredana Ferrara — rappresenta un’occasione per stare insieme e partecipare e magari trovare sostegno e risposta per le proprie difficoltà. Un segnale di ascolto e vicinanza da cui possono scaturire idee e progetti da sviluppare insieme». Info: www.altro-spazio.net. Lucia Pecorario

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