Rapporto di ricerca “Il lavoro part-time. Italia e ... di ricerca... · diversi piani che...

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Progetto FSE Obiettivo 3 Misura E1 Rapporto di ricerca “Il lavoro part-time. Italia e Lombardia nel contesto europeo” Istituto per la Ricerca Sociale Unioncamere Lombardia Centro di Iniziativa Europea 30 Aprile 2003

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Progetto FSE Obiettivo 3 Misura E1

Rapporto di ricerca

“Il lavoro part-time. Italia e Lombardia

nel contesto europeo”

Istituto per la Ricerca Sociale

Unioncamere Lombardia

Centro di Iniziativa Europea

30 Aprile 2003

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Gruppo di lavoro

Coordinamento: Manuela Samek Lodovici e Renata Semenza (IRS)

Enzo Rodeschini (Unioncamere Lombardia)

Ricercatori: Simona Comi

Elena Ferrari

Manuela Galetto

Daniela Loi

Claudio Malpede

Sabrina Mazzucchelli

Daniela Oliva

Federica Origo

Nicola Orlando

Monica Patrizio

Flavia Pesce

Anna Ponzellini

Francesca Strada

Cristiana Zanzottera

Comitato Scientifico: Claudio Lucifora, Emilio Reyneri, Paola Villa

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INDICE

INTRODUZIONE E SINTESI DEI RISULTATI ..............................................................3

Continuità e nuove tendenze del lavoro part-time in Europa ..................... 5

Il modello italiano ............................................................................10

Il modello regionale ..........................................................................12

Alcune implicazioni di policy...............................................................14

1. L’OFFERTA DI LAVORO PART-TIME ......................................................... 19

1.1 Definizioni, classificazioni e misurazione dell'incidenza del part-time ...19

1.2 Le caratteristiche degli occupati part-time in Lombardia .....................22

BOX 1: Probabilità per un individuo di lavorare part-time ..................26

1.2.1. Il part-time involontario .....................................................29

BOX 2: Part-time e doppio lavoro .................................................31

1.2.2 La forza lavoro potenziale part-time.......................................33

1.3 Distribuzione degli orari di lavoro e delle giornate lavorative...............34

1.4 Dall'inoccupazione al lavoro part-time: un'analisi delle transizioni .......36

Approfondimento 1: Incidenza, evoluzione e diffusione dei contratti di

lavoro part-time in alcune Regioni Europee ..........................................38

Approfondimento 2: Analisi longitudinale dei percorsi lavorativi e dei

differenziali retributivi degli occupati part-time - Dati Inps 1993-1998 ......47

Approfondimento 3: I differenziali retributivi tra full-time e part-time -

Dati Inps 1993-1998 ........................................................................62

2. LA DOMANDA DI LAVORO PART-TIME: L'ORIENTAMENTO DELLE IMPRESE .......... 87

2.1 I motivi del ricorso al lavoro part-time ............................................87

2.2 L’indagine sull’utilizzo del lavoro part-time nelle imprese lombarde ......89

2.3 Un’analisi descrittiva dei dati ........................................................91

2.3.1 I dati di impresa.................................................................91

2.3.2 La struttura e la composizione dell’occupazione .......................92

2.3.3 La valutazione del part-time da parte delle imprese..................94

2.3.4 Le caratteristiche del part-time .............................................97

2.4 Caratteristiche d'impresa e probabilità di utilizzare contratti part-time 101

2.5 Conclusioni .............................................................................. 103

Approfondimento 4: Il lavoro part-time all'aeroporto di Malpensa ....... 105

3. LA LEGISLAZIONE SUL LAVORO PART-TIME IN ITALIA E IN EUROPA ............... 149

3.1 La normativa precedente alla riforma del 2000............................... 152

3.2 L'Interazione fra part-time e sistemi di protezione sociale ................ 154

3.3 Il contributo dell'Unione Europea alla riforma del part-time .............. 158

3.4 La nuova disciplina prende forma: quadro complessivo dell’attuale

legislazione sul part-time (versione consolidata) ............................ 162

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3.4.1 Nuovi elementi di flessibilità: le innovazioni introdotte dal D. Lgs.

61/2000 sul lavoro part-time e le ultime modifiche a seguito del D. Lgs.

100/2001................................................................................ 169

3.5 Il dibattito in corso e le prospettive di ulteriori modifiche ................. 177

3.6 Analisi comparativa europea ...................................................... 181

3.6.1 Il "lavoro a chiamata", come nuova tipologia contrattuale ....... 184

3.6.2 La normativa sul part-time nei diversi ordinamenti europei:

Francia, Paesi Bassi, Regno Unito , Svezia, Spagna ........................ 186

3.6.3 Conclusioni ..................................................................... 204

BOX 3: Tavola di comparazione europea delle leggi sul lavoro part-time . 209

4. GLI ACCORDI AZIENDALI SUL LAVORO PART-TIME .................................... 215

4.1 Introduzione ........................................................................... 215

4.1.1 La contrattazione aziendale del part-time in Italia .................. 217

4.1.2 I criteri di lettura dei contratti aziendali................................ 219

4.2 La classificazione dei tipi di accordi aziendali e le best practices .......220

4.2.1 Part-time per esigenze di organizzazione aziendale ................. 220

4.2.2 Part-time per esigenze di conciliazione dei dipendenti ............. 223

4.2.3 Part-time per fronteggiare esuberi e/o ridurre il costo del lavoro225

4.2.4 Part-time per inserimento di fasce deboli .............................. 226

4.3 Conclusioni .......................................................................... 227

BOX 4: Tavola degli accordi aziendali più significativi........................... 230

5. LE POLITICHE PER L’INCENTIVAZIONE DEL PART-TIME IN ITALIA E IN EUROPA. 233

5.1 L’accordo Quadro europeo sul lavoro a tempo parziale ..................... 234

5.2 I Piani Nazionali per l’Occupazione ............................................... 236

5.3 Best practices europee sulle politiche di part-time .......................... 247

5.3.1 L'Austria e il pensionamento progressivo .............................. 251

5.3.2 La Grecia ........................................................................ 252

5.3.3 La Francia ....................................................................... 252

5.3.4 La Germania e la legge sul part-time ................................... 253

5.3.5 La Spagna e la riforma del mercato del lavoro ....................... 254

5.3.6 La Gran Bretagna ............................................................. 255

5.3.7 L'Olanda e il part-time a tre quarti ...................................... 256

5.3.8 La Finlandia, diritti e pari opportunità................................... 257

5.3.9 La Danimarca .................................................................. 258

BIBLIOGRAFIA ................................................................................... 261 APPENDICI....................................................................................... 269

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INTRODUZIONE E SINTESI DEI RISULTATI♦♦♦♦

Uno dei principali obiettivi strategici di medio periodo dell’Unione Europea è quello

di accrescere il tasso di occupazione femminile al 60% entro il 2010. In Italia siamo

ancora molto lontani da questo obiettivo: il tasso di occupazione femminile (41,1%

nel 2001) è di circa 19 punti percentuali inferiore e anche il tasso di partecipazione

femminile è particolarmente basso (47,3% rispetto a 60,2% della media europea).

La diffusione di opportunità di lavoro part-time appare come uno degli strumenti

che potrebbero facilitare l’aumento sia dei tassi di partecipazione che di

occupazione femminile, in un contesto in cui ancora gran parte del lavoro di cura

all’interno delle famiglie è a carico delle donne.

Ma l’interesse per il lavoro part-time non si esaurisce qui. Il tema del lavoro part-

time offre parecchi spunti di riflessione teorica, che vanno oltre l'analisi descrittiva

della sua diffusione nei paesi europei e delle caratteristiche degli occupati. Vi sono

infatti delle implicazioni legate al ruolo del lavoro part-time non solo in relazione

all’aumento dell'occupazione totale e di quella femminile in particolare, ma anche in

relazione alla conseguente femminilizzazione del lavoro part-time ed ai possibili

effetti di segregazione occupazionale. Si considera in questo caso la qualità del

lavoro part-time, che può a seconda dei casi, dei paesi, dei settori essere una forma

di sottoccupazione, o essere sostitutivo del lavoro femminile full-time, o essere

diffuso nelle occupazioni meno qualificate e associato a peggiori condizioni di

lavoro. Un' ipotesi consolidatasi nel tempo è che la qualità del lavoro part-time

potrebbe dipendere dallo scopo prioritario per il quale viene utilizzato (Tilly 1992,

Reyneri 2002), vale a dire come il frutto di un orientamento pubblico finalizzato ad

aumentare la partecipazione femminile (come nel caso dei paesi scandinavi),

oppure come strumento di flessibilità a basso costo del lavoro (come nel caso

anglosassone). Viene rilevata una sorta di dualismo fra lavoro part-time primario,

associato a settori forti, a salari elevati, sostanzialmente qualificato e stabile e

lavoro part-time secondario, più diffuso, associato a bassi salari e qualifiche, che

offre poche prospettive di sviluppo professionale. La qualità dipende anche dalla

regolarità e dal numero di ore lavorate (meno sono le ore più marginale diviene la

condizione di part-timer). Si suppone inoltre che esistano delle potenziali diversità

all'interno della forza lavoro part-time (Walsh 1999) non solo nella qualità, ma

♦ Di Manuela Samek Lodovici e Renata Semenza.

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anche nelle preferenze e motivazioni che spingono il lavoratore verso il part-time:

ragioni finanziarie legate alla necessità di un secondo reddito famigliare, motivi di

conciliazione, forma transitoria di lavoro per il mercato. Non tutti poi scelgono il

part-time volontariamente, ma il lavoro part-time può essere frutto di una decisione

complessa per chi ha responsabilità famigliari di un tipo o di un altro, o del fatto che

non vi sono occasioni di lavoro full-time. Esistono quindi quote di part-timers

involontari che variano da paese a paese, con scarse probabilità di diventare

occupati full-time. Inoltre l'orientamento verso il lavoro part-time e full-time non è

statico, ma può variare nel tempo e può variare fra individui in relazione al contesto

di lavoro e al ciclo di vita.

Una lettura non semplicistica di questo tema richiede dunque di considerare i

diversi piani che influiscono su quelli che potremmo definire i modelli di lavoro part-

time in Europa: il piano politico-istituzionale e legislativo, quello economico legato

alla domanda e alle caratteristiche del mercato del lavoro e quello individuale,

legato alla volontarietà-involontarietà delle scelte lavorative, anche in relazione alle

strategie famigliari, all'investimento in istruzione, alla presenza di figli, all'esistenza

di servizi di cura (per bambini e anziani). Secondo un approccio individualista

(Hakim 1995, 1996) le donne occupate part-time rappresentano (e possono essere

usate come proxy negli studi cross-country) quelle debolmente orientate al lavoro,

che "scelgono" questa forma di occupazione. D'altro canto, secondo un approccio

strutturalista (Fagan, Rubery 1996), possono essere le caratteristiche istituzionali e

sociali del contesto (politiche di conciliazione delle responsabilità lavorative e

domestiche), le attitudini normative verso la tutela della maternità e

l'organizzazione del mercato del lavoro che condizionano tale "scelta".

Il rapporto che presentiamo sul lavoro part-time approfondisce l’analisi di questi

aspetti con particolare riferimento al caso regionale lombardo.

Il primo capitolo considera le caratteristiche dell’offerta di lavoro e dell’occupazione

part-time con attenzione in particolare alla volontarietà del part-time, all’ampiezza

dell’offerta di lavoro potenziale part-time, alla distribuzione degli orari di lavoro e

delle giornate lavorative, alle transizioni tra part-time e full- time e a quelle dalla

disoccupazione e dalla inattività verso il part-time. L’analisi è condotta sulla base

dei micro-dati Istat sulle Forze di lavoro e dei dati longitudinali INPS sui lavoratori

dipendenti. Il capitolo contiene anche una breve analisi comparativa della posizione

del part-time in Lombardia rispetto ad altre regioni europee con caratteristiche

simili a quelle lombarde.

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Nel secondo capitolo si riportano i risultati di un’indagine telefonica condotta presso

600 imprese lombarde al fine di indagare l’orientamento delle imprese in merito

all’utilizzo del part-time. Scopo dell’indagine è stato quello di indagare le ragioni

che, dal lato delle imprese, limitano il ricorso al part-time anche nei settori che nel

resto d’Europa sono caratterizzati da un elevato utilizzo di lavoro part-time, oltre

che di rilevare le modalità di utilizzo del part-time in questi settori e le valutazioni

delle imprese.

I due capitoli successivi indagano sul contesto istituzionale che regola l’utilizzo del

part-time: nel terzo capitolo si presenta un’analisi comparativa del sistema

normativo nei principali paesi europei, con attenzione in particolare al grado di

protezione sociale previsto dai diversi sistemi legislativi ed al grado di flessibilità

nell’utilizzo di questo strumento contrattuale; mentre nel quarto capitolo si analizza

il modo in cui la contrattazione aziendale in Italia ha regolato l’utilizzo di contratti

part-time in funzione delle esigenze di protezione dei lavoratori e/o delle esigenze

di riorganizzazione dei processi produttivi delle imprese.

Infine l’ultimo capitolo analizza, sempre in un’ottica comparata a livello europeo, le

politiche di incentivazione al part-time che sono previste nei Piani Nazionali d’Azione

per l’Occupazione e presenta casi di buone pratiche europee in questo campo.

L’analisi che presentiamo conferma alcuni dei principali aspetti di regolarità e di

continuità nel modo in cui si presenta il fenomeno e nella sua incidenza ed

evidenzia alcune caratteristiche peculiari del “modello” nazionale e regionale di

utilizzo del part-time rispetto al contesto europeo.

Continuità e nuove tendenze del lavoro part-time in Europa

La comparazione europea ha messo progressivamente in evidenza alcune

somiglianze tra Paesi: il part-time è un regime contrattuale che riguarda

prevalentemente le donne ed è associato all'espansione del settore dei servizi; nei

paesi dove è più diffuso presenta di norma condizioni peggiori e più segreganti

rispetto al full-time, ma l'incidenza dell'involontarietà è più bassa per effetto di una

maggiore legittimità sociale; vi è una forte relazione tra lavoro part-time e livelli di

istruzione medio-bassi: quanto più alto è il livello di istruzione tanto più basso è

l’utilizzo del part-time. I lavori part-time sono di norma associati a salari e livelli

formativi più bassi di quelli full-time (ma i differenziali salariali di genere sono più

attenuati fra gli occupati part-time) e i passaggi a full-time sono assai rari.

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Sebbene vi siano delle somiglianze, la letteratura internazionale concorda sul fatto

che non esiste un unico modello di part-time, ma che si riscontrano importanti

differenze fra paesi nelle caratteristiche di queste occupazioni e di questi occupati

(Rubery, Fagan 1996, Oecd 1999). Variano l'incidenza e la natura della divisione fra

lavori full-time e part-time; le condizioni associate al part-time, comprese le ore di

lavoro, i livelli salariali, l'accesso ai benefits e il grado di tutela; l'estensione del

part-time fra paesi e anche all'interno di simili settori o gruppi professionali.

Figura 1 Incidenza del lavoro part-time in Europa, 2001

(Occupati part-time/Occupati totali)

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Fonte: elaborazioni Irs su dati Eurostat, Labour Force Survey

totale donne

Considerando l'incidenza del lavoro part-time in Europa è possibile distinguere tre

gruppi di paesi:

a) un gruppo di paesi (Paesi Bassi, Belgio, Belgio,Danimarca, Regno Unito, Svezia,

Germania) dove il part-time rappresenta una significativa componente del

sistema occupazionale nazionale e riguarda percentuali superiori al 20%

dell'occupazione totale e più di un terzo dell'occupazione femminile

b) un gruppo di paesi (Francia, Austria, Irlanda) con un moderato sviluppo di part-

time, che coinvolge un quarto dell'occupazione femminile

c) un gruppo di paesi (Spagna, Italia, Grecia, Portogallo, Finlandia) a bassa

intensità di occupazione part-time, con percentuali che in alcuni casi arrivano a

superare di poco il 10% dell'occupazione femminile

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Significative differenze fra Paesi si riscontrano nel ruolo giocato dal part-time

nell'espansione dell'occupazione femminile. Ad alti livelli di utilizzo del part-time

non si associa comunque sempre un elevato livello di occupazione femminile. Ad

esempio i Paesi Bassi sono quelli che presentano la maggior diffusione del part-

time, ma il tasso di occupazione femminile non è superiore a quello della media

europea; viceversa in Francia l'uso moderato del part-time coincide con un tasso

elevato di occupazione femminile. Il lavoro part-time, nonostante sia ritenuto dalla

Commissione Europea uno degli strumenti più efficaci per la crescita

dell’occupazione e della partecipazione al mercato del lavoro delle donne, non

sembra potersi considerare come la causa prioritaria della mobilizzazione del lavoro

femminile. In alcuni Paesi, come l'Italia e la Spagna, l'occupazione femminile ha

avuto un trend di crescita molto accentuato senza che vi sia stata una parallela

crescita del lavoro part-time; in Danimarca, d’altro canto, decresce il part-time e

cresce l'occupazione femminile.

Anche sul fronte della regolazione del lavoro part-time, sebbene venga considerata

un esempio del processo di europeizzazione delle politiche nazionali del lavoro1, è

possibile rintracciare differenze sostanziali nei modelli adottati. Alcuni paesi sono

1 Tende ad esserci una convergenza nelle riforme nazionali della disciplina sul part-time, con un forte intento anti-discriminatorio e di rafforzamento delle tutele.

Figura 2 Incidenza del lavoro part-time e tasso di

occupazione, donne-Europa 2001

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occupate part-time/ totale occupate

Fonte: elaborazioni Irs su dati Eurostat, European Labour Force Survey, 2001. Per il tasso di occupazione italiano si

sono utilizzati i dati Istat, Forze di Lavoro, 2001

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regolati da modelli legislativi-contrattuali flessibili, ma fondati sul diritto individuale

al part-time e su forti garanzie sociali (come nel caso dei Paesi Bassi2 e in misura

minore anche della Svezia e della Francia); in altri paesi dei modelli legislativi

estremamente flessibili sono associati a scarse tutele sociali, come avviene nei

Paesi anglosassoni; nel caso dei paesi mediterranei vi sono invece modelli

legislativi-contrattuali assai vincolanti e differenziati, ma che offrono scarsissime

garanzie sociali.

Esistono dunque elementi di omogeneità e di regolarità nel modo in cui si presenta

il fenomeno del part-time in Europa, ma anche elementi di differenziazione fra

paesi, tali da far pensare a modelli in diverse fasi di maturazione nell'uso del part-

time, che avranno in prospettiva dei trend differenti e effetti nuovi.

Dal confronto internazionale emerge anche un problema legato ai criteri di

definizione del part-time, che possono cambiare notevolmente la quantificazione

della sua incidenza sull’occupazione totale. Il part-time può essere infatti misurato

in base alle ore di lavoro o all’ autodichiarazione dei lavoratori. Il primo metodo è

quello utilizzato dall’OCSE che classifica come part-timers gli occupati che svolgono

meno di 30 ore settimanali di lavoro, il secondo è quello utilizzato da Istat ed

Eurostat nell’Indagine sulle forze di lavoro. Ad esempio in Italia, se si classificassero

gli occupati part-time in base al numero di ore lavorate e non in base all’auto-

dichiarazione, la quota di part-timers (calcolata come coloro che lavorano meno di

30 ore) salirebbe dall'8,6% all'11,6% e arriverebbe al 15% includendo gli occupati

che lavorano fino 35 ore. La posizione relativa dell'Italia, che è insieme a Spagna e

Grecia il paese a minore incidenza di part-time in Europa, non verrebbe comunque

nella sostanza modificata.

Una distinzione importante è inoltre quella fra part-time corto e part-time lungo,

che rappresenta spesso il vero discrimine per avere diritto alle prestazioni sociali

garantite ai lavoratori full-time. L’evidenza empirica mostra significative differenze

nel numero medio di ore lavorate tra gli occupati part-time: si passa dalle 17,6 ore

medie settimanali in Spagna, alle 23,5 in Francia, con una variazione settimanale

media di 6 ore. In Italia l'orario medio del part-time (23,3) è più elevato di quello

medio europeo. Di norma l'orario di lavoro part-time maschile è più lungo di quello

femminile.

2 In Olanda la promozione del lavoro part-time è avvenuta attraverso la legge ed esiste un vero e proprio diritto al suo ottenimento da parte del lavoratore; esistono indennità per lavori prestati in determinati orari socialmente penalizzanti, premi per l'ottenimento di titoli di studio, benefici supplementari oltre a quelli previsti dalla legge.

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Un ulteriore aspetto riguarda la dinamica nell’utilizzo del part-time: dopo una forte

espansione vi sono segnali di stabilità ed in alcuni casi di flessione del part-time,

come ad esempio in Svezia e Danimarca. Le ragioni della sedimentazione del

fenomeno sono probabilmente legate a un serie di fattori: da un lato cresce la

necessità, nelle famiglie, di un secondo reddito full-time e dall'altro si è

verosimilmente consolidato il settore dei servizi; inoltre il part-time non

rappresenta più il solo e più consistente strumento di flessibilità del lavoro, poiché

si stanno sviluppando altre forme di flessibilità dell'orario di lavoro full-time e

modulazioni del tempo di lavoro, soprattutto nel settore dei servizi, e nuove

soluzioni lavorative (Oecd 2001).

L’analisi comparativa consente di individuare alcune variabili rilevanti che

influenzano l’utilizzo del part-time: il livello di istruzione, il sistema di welfare, le

condizioni famigliari, il grado di terziarizzazione del sistema economico.

Le condizioni famigliari, ed in particolare l’appartenere a famiglie con due occupati,

e la presenza di figli in età scolare (minori di 15 anni) sembrano influenzare la

composizione dei tempi di lavoro tra coniugi, ma le differenze tra paesi appaiono

più ampie di quelle tra coppie con figli a carico e coppie senza figli all’interno dei

diversi paesi considerati, ad indicare l’importanza relativamente maggiore dei

sistemi di welfare (soprattutto in termini di offerta di servizi di cura) e del livello di

istruzione nell’influenzare le ore lavorate dalle coppie (Franco e Winqvist, 2002). Se

nella maggior parte dei paesi europei la percentuale di coppie in cui entrambi i

partners lavorano full-time è inferiore tra le coppie con figli a carico, dove prevale la

combinazione di padre che lavora a tempo pieno e madre che lavora part-time,

emergono però importanti differenze tra paesi. Nei paesi dell’Europa meridionale

(Italia, Spagna, Grecia e Portogallo) e in Belgio le differenze tra coppie con o senza

figli a carico sono minime, mentre le differenze sono molto elevate nei Paesi Bassi

(dove il 53% delle coppie con bambini vede il padre lavorare full-time e la madre

part-time) e nel Regno Unito (dove tale percentuale raggiunge il 40%). Inoltre

risulta che, a prescindere dalla presenza di figli a carico, il pattern più diffuso tra le

coppie europee è quello in cui gli uomini lavorano con orari lunghi full time (40 ore

o più) e le donne lavorano lunghi part-time (20 ore o più alla settimana). Solo in

Francia, e in minor misura in Belgio, si riscontra una divisione delle ore di lavoro

più “bilanciata” all’interno delle famiglie, mentre le maggiori differenze nell’orario di

lavoro dei partners si ritrova nei paesi del Sud Europa e in Gran Bretagna.

Il livello di istruzione delle donne sembra d’altro canto avere un effetto significativo

sull’orario di lavoro, a prescindere dalle condizioni famigliari. In tutti i paesi

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europei, con l’eccezione del Portogallo e dell’Italia, a prescindere dalla presenza di

figli a carico, la percentuale di famiglie in cui entrambi i partners lavorano full-time

è più elevata dove le donne hanno maggiori livelli di istruzione.

Il grado di terziarizzazione del sistema economico sembra un’altra importante

variabile esplicativa della diffusione del part-time (come anche discusso nel Box 1).

Nei servizi il part-time è più facilmente utilizzabile che nel settore industriale;

inoltre, essendo i servizi settori ad elevata occupazione femminile, la domanda di

part-time da parte delle lavoratrici è più elevata; infine, la diffusione dei servizi,

soprattutto di quelli a sostegno della famiglia, consente una maggiore

partecipazione femminile ed un maggiore utilizzo del part-time.

Il modello italiano

All'interno del variegato quadro europeo, come si configura il modello italiano e in

quale direzione tenderà a svilupparsi?

I Piani Nazionali per l'occupazione 2001 e 2002 ribadiscono l'obiettivo di aumentare

il numero di posti di lavoro part-time come elemento importante in una strategia di

crescita complessiva dell'occupazione, soprattutto femminile. In questa prospettiva

rientrano le riduzioni dell’aliquota contributiva sulle assunzioni con contratti part-

time a tempo indeterminato previste dal DM 12/04/2000 (di attuazione dell’art.5

del D.Lgs. 61/2000. Per l’offerta di lavoro, il part-time può diventare uno strumento

flessibile di presenza nel mercato del lavoro che permette di mantenere un legame

professionale nei diversi periodi di transizione della vita (lavoro-formazione, lavoro-

responsabilità famigliari, lavoro-pensionamento) e di ridurre di conseguenza l'area

delle persone inattive. Il provvedimento più rilevante in questo senso è la legge

53/2000, che prevede disposizioni specifiche a favore della flessibilità dell’orario

volte a conciliare tempo di vita e di lavoro (art.9).

Nonostante le raccomandazioni comunitarie e le incentivazioni previste dalla

recente normativa nazionale, in Italia il lavoro a tempo parziale si attesta ancora su

valori sensibilmente più bassi rispetto a quelli presenti nella maggioranza degli altri

paesi europei, soprattutto nel caso delle donne (fig. 1). D’altro canto in Italia

esistono diverse forme di orario lavorativo ridotto sia contrattuali (si pensi, per

esempio, al comparto della scuola) che di fatto (il 9,3% degli occupati a tempo

pieno lavora meno di 35 ore alla settimana, a fronte del 4% in Francia e di una

quota statisticamente trascurabile in Olanda e negli USA). Oltre che poco diffuso, il

lavoro part-time in Italia presenta una serie di altre caratteristiche distintive:

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a) è in crescita come strumento flessibile (part-time orizzontale, verticale, a

settimane, a mesi, a tempo determinato, ecc.) del mercato del lavoro nei

servizi, soprattutto nei settori ad elevata occupazione femminile: si concentra

infatti in pochi settori (24% in commercio e ristoranti-alberghi, 26% in servizi

pubblici, 13% servizi alle imprese, 13% agricoltura);

b) si colloca come forma flessibile del lavoro dipendente all'interno di un forte

trend di crescita delle forme 'atipiche' del lavoro (collaborazioni coordinate e

continuative, partita IVA, lavoro interinale e a tempo determinato);

c) è molto più femminilizzato che negli altri paesi europei, con una quota di part-

time maschile fra le più basse in Europa, pari al 3,5%, anche se in crescita. Il

part-time maschile riguarda soprattutto i giovani, mentre quello femminile le

fasce centrali di età (30-39 anni);

d) è soprattutto diffuso e in crescita fra l'occupazione meno istruita (il 44% delle

occupate part-time non ha nessun titolo di studio o arriva alla scuola

dell'obbligo) e meno qualificata (il 33% è personale non qualificato, mentre nel

19993 la stessa quota era del 25%);

e) è soprattutto part-time lungo: il numero medio delle ore lavorate è superiore

alle 23 ore settimanali.

L’analisi delle caratteristiche del lavoro a tempo parziale in Italia mette in luce

anche una serie di aspetti critici:

Il part-time tende di fatto ad essere una condizione più instabile rispetto al full-

time, nonostante la normativa garantisca gli stessi diritti: all'interno del lavoro

dipendente la durata media del rapporto di lavoro è inferiore di 6 mesi su un

arco di 4 anni e mezzo

L’incidenza del part-time involontario3 è in Italia relativamente più elevata che

in altri paesi dell’UE, (nel 2001, 33,4%, a fronte di una media europea del

14,8%)4 anche se in diminuzione (nel 2002 la quota di occupati part-time

involontari scende al 31,4%), evidenziando l’esistenza di un’offerta “forzata” di

lavoro part-time accanto ad un’offerta potenziale di questa forma di lavoro; su

3 Gli occupati part-time involontari sono coloro che dichiarano di avere un’occupazione a tempo parziale solo perché non sono riusciti a trovare un’occupazione simile a tempo pieno. 4 L’incidenza del part-time involontario è relativamente elevata anche se si considerano solo le donne: nel 2001 il 29,7% delle donne italiane occupate part-time dichiarano di lavorare con questa forma di lavoro perché non sono riuscite a trovare un’occupazione a tempo pieno. La stessa quota è pari a 13,4% nella media europea.

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questo aspetto incide inoltre fortemente la differenziazione territoriale fra

Centro-Nord dove il part-time è più di natura volontaria e Mezzogiorno dove

prevale invece il part-time involontario;

Esistono pochissime informazioni sulle motivazioni e le caratteristiche

dell’utilizzo del lavoro a tempo parziale dal lato delle imprese. Inoltre,

nonostante sia chiaro il ruolo del lavoro a tempo parziale come fattore di

flessibilità nel comparto dei servizi, del commercio in particolare, non è

altrettanto scontato se esso possa rappresentare un’opportunità, piuttosto che

un vincolo, nei comparti più tradizionali dell’industria, soprattutto nei casi in cui

la tecnologia e le caratteristiche della produzione (si pensi alle produzioni a ciclo

continuo o a quelle ad alta intensità di capitale umano specifico) richiedono una

presenza/azione prolungata dello stesso lavoratore.

In Italia le modifiche di legge successive al 2000 rendono l'attuale legislazione sul

part-time molto strutturata, fortemente antidiscriminatoria, che introduce elementi

di ulteriore flessibilità, ma non impostata sul diritto individuale al lavoro part-time.

La recente riforma della disciplina sul part-time (Cap. 3) ha ulteriormente allargato i

margini della contrattazione collettiva nella regolazione del part-time. L'analisi dei

più significativi accordi aziendali in Italia (Cap.4) ha messo in luce come la

contrattazione stia divenendo più estesa e soprattutto qualitativamente più

articolata, in direzione di una sempre minore marginalizzazione dei lavoratori part-

time e di una migliore salvaguardia delle carriere e tutela di alcuni diritti (ad

esempio la precedenza nell'assunzione con contratto full-time). Dall'analisi degli

accordi sono emersi due principali tipi di part-time: il part-time da trasformazione

richiesto dalle lavoratrici, in particolari fasi della vita per esigenze di conciliazione,

che si caratterizza per una maggiore rigidità nell'organizzazione del tempo di

lavoro, anche se vi sono segnali di reciproco adattamento e moltiplicazioni di

occasioni di lavoro part-time; il part-time da ingresso, più spesso involontario,

richiesto dall'impresa per esigenze produttive e organizzative.

Il modello regionale

Il modello di part-time regionale sembra collocarsi a metà strada tra quelli europei

e quello nazionale, anche se le differenze rispetto ad altre regioni europee,

comparabili con quella lombarda, sono ancora molto ampie.

L’utilizzo del lavoro part-time è leggermente più elevato della media nazionale e

sembra rispondere più che a livello nazionale ad esigenze di conciliazione

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dell’offerta di lavoro femminile. Riguarda infatti in misura maggiore le donne tra i

30 ed i 39 anni, con carichi famigliari. Nell’ultimo decennio la quota di part-time

conciliativo (per le donne coniugate con carichi famigliari) aumenta in modo molto

consistente, passando dal 69% nel 1993 al 91% nel 2002.

Tuttavia il confronto con altre regioni europee evidenzia ampie differenze:

l’incidenza del part-time sull’occupazione femminile e maschile è ancora meno della

metà di quella riscontrabile nella media europea (rispettivamente 33,3% e 17,6%)

e il tasso di femminilizzazione del part-time è più elevato (81,8% rispetto ad una

media del 80%). E’ indicativo a questo proposito il caso olandese che presenta tassi

di diffusione del part-time tra i più elevati nei paesi occidentali sia tra gli uomini che

tra le donne (rispettivamente 37% e 67%).

Il part-time in Lombardia è tendenzialmente più diffuso fra il personale istruito (le

donne part-time laureate in Lombardia sono il 15%, mentre in Italia sono il 11,5%)

e qualificato (professioni tecniche e intermedie).

E’ minore l’incidenza del part-time involontario (21% rispetto al 35% nazionale). In

Lombardia i part-timers involontari sono soprattutto le giovani donne con bassi

titoli di studio.

In Lombardia è anche elevata la quota di offerta di lavoro part-time non

soddisfatta, soprattutto tra le donne: il 12,3% delle persone in cerca di lavoro

vorrebbe esclusivamente un lavoro part-time, un’incidenza doppia rispetto al dato

nazionale (6,1%). Anche tra gli inattivi, ben il 21% sarebbe disposto ad accettare

un lavoro part-time. Se queste persone trovassero un lavoro part-time, il tasso di

occupazione part-time in Lombardia crescerebbe di 2,4 punti percentuali ed il tasso

di occupazione femminile raggiungerebbe il 53,8%, avvicinandosi all’obiettivo di

Lisbona.

L’analisi delle transizioni, sulla base dei dati Inps relativi ai lavoratori dipendenti in

Lombardia, evidenzia che, mentre per gli uomini il part-time è tipicamente una

modalità di ingresso nell’occupazione, da cui si esce velocemente per entrare nel

lavoro full-time, per le donne, e soprattutto per le over 30, è una condizione più

stabile. Tuttavia in media i contratti part-time appaiono meno durevoli di quelli full-

time: solo il 16% dei contratti part-time durano per tutto il periodo di osservazione

( sei anni), meno della metà dei contratti a tempo pieno. L’analisi dei dati Inps

evidenzia inoltre che differenziali retributivi di genere sono presenti sia nel lavoro

full-time che in quello part-time, ma nel part-time le differenze sono minori (si

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passa da un differenziale lordo stimato tra uomini e donne dell’11% per i lavoratori

a tempo pieno ad uno del 5% per i part-time).

La bassa diffusione del part-time in Lombardia (e a maggior ragione in Italia)

rispetto alla media europea e l'alta quota di potenziale offerta di lavoro part-time

sembrano dunque in larga misura legate alla scarsa propensione delle imprese ad

utilizzare questa forma contrattuale. Anche nei servizi l’utilizzo del part-time è

molto inferiore rispetto alla media europea. L’indagine presso 600 imprese

lombarde operanti nei settori dei pubblici esercizi, commercio, intermediazione

finanziaria, industria del tessile, abbigliamento e calzature è particolarmente

interessante a questo proposito. Le imprese affermano di utilizzare il part-time

soprattutto per rispondere ad esigenze espresse dalle lavoratrici, come emergeva

da un'analoga ricerca sulla flessibilità del lavoro condotta qualche anno fa (Samek,

Semenza 2001). E’ indicativo che le imprese che utilizzano il part-time ne

sottolineano i vantaggi anche per l’impresa (soprattutto perché consente di avere

figure professionali non occupabili a tempo pieno e per la possibilità di far fronte a

picchi di lavoro giornalieri o settimanali), mentre un'alta quota di imprese che non

lo utilizzano sottolineano come non sia un contratto economicamente vantaggioso,

probabilmente per i maggiori costi di gestione del personale. Dall'indagine emerge

una forte resistenza culturale nei confronti del contratto part-time e inoltre una

scarsissima conoscenza degli incentivi a disposizione: solo nel 25% dei casi

l'imprenditore o il responsabile delle risorse umane conosce la legge sul part-time,

le sue recenti modificazioni. La tipologia di part-time più utilizzata è quella

orizzontale e le ore mediamente lavorate sono intorno alle 23 ore settimanali. Il

lavoro supplementare è poco utilizzato.

Alcune implicazioni di policy

Tradizionalmente, in particolare nel nostro paese, il part-time è stato visto

soprattutto come strumento di sostegno all’occupazione femminile, perché consente

di conciliare le responsabilità di cura con il lavoro per il mercato. In realtà, come

emerge sempre più chiaramente dall’esperienza sia nazionale che europea degli

ultimi anni, il part-time è uno strumento flessibile che può rispondere ad esigenze

diverse sia dell’offerta che della domanda di lavoro. Da un lato può rispondere alle

esigenze di conciliazione e di migliore qualità della vita dell’offerta di lavoro che

emergono nelle diverse fasi del ciclo di vita e che non riguardano solamente la

componente femminile (conciliazione tra studio e lavoro per i giovani, tra lavoro di

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cura e lavoro per il mercato per le donne e gli uomini con famigliari a carico, tra

partecipazione attiva e pensionamento per i lavoratori più anziani); dall’altro lato

può rispondere ad esigenze aziendali di (ri)organizzazione dei processi produttivi

per imprese industriali e di servizio ed anche alle esigenze collettive di difesa dei

posti di lavoro.

In Italia e in Lombardia per ora sembra essere prevalsa soprattutto la prima

esigenza, che ha peraltro trovato un modesto riscontro da parte delle imprese.

Tuttavia alcune recenti esperienze di contrattazione aziendale nel nostro paese ed

alcune esperienze europee di incentivazione del part-time come strumento di

sostegno all’invecchiamento attivo della popolazione anziana e alla partecipazione e

all’occupazione delle donne e dei soggetti svantaggiati consentono di sottolinearne

le potenzialità.

L’analisi degli accordi aziendali sul part-time presentata nel quarto capitolo

sottolinea appunto il ruolo crescente svolto dalla contrattazione aziendale nella

regolazione del part-time come strumento per: rispondere ad esigenze

organizzative aziendali legate alla variabilità (stagionale o meno) della domanda e

dei flussi di clientela, rispondere ai bisogni dei dipendenti, alleggerire situazioni di

crisi aziendali, offrire occasioni di occupazione per soggetti svantaggiati.

Negli ultimi anni, come già si accennava, la contrattazione aziendale sul part-time si

sta articolando maggiormente grazie anche alla crescente consapevolezza delle

parti (sindacati e imprese) sulle potenzialità di questo strumento contrattuale.

Emerge inoltre come il part-time concesso per rispondere alle esigenze di

conciliazione delle lavoratrici non sia così rigido come potrebbe apparire a prima

vista: le donne sembrano adattarsi anche al part-time in turni, nel week-end e a

improvvise sostituzioni di colleghe nel caso del job-sharing. Anche le imprese che

sperimentano il part-time per far fronte ad esigenze di flessibilità nell’erogazione

dei servizi o nel processo produttivo iniziano ad apprezzarne le potenzialità, come

emerge dai nuovi part-time articolati per nicchie di orario e dall’utilizzo del part-

time anche in imprese industriali per facilitare l’utilizzo degli impianti e il lavoro a

turni. In alcuni casi l’utilizzo del part-time al posto di altre forme di flessibilità

contrattuale ha comportato una maggiore tutela dei diritti dei lavoratori e della

stabilità del lavoro.

Se è vero dunque che l’utilizzo del part-time può comportare per le imprese

maggiori costi di gestione delle risorse umane, spesso tali costi sono amplificati

dalle imprese che non conoscono gli incentivi e le possibilità di flessibilità garantite

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dalla legge e sottostimano i vantaggi che l’introduzione del part-time può portare

soprattutto in quelle produzioni o servizi caratterizzati da stagionalità e/o da picchi

di produzione.

L’analisi dell’esperienza europea presentata nel quinto capitolo consente di

sottolineare anche il ruolo del part-time come strumento di politica attiva del

lavoro. La lettura dei Piani d’Azione Nazionali per l’Occupazione evidenzia l’utilizzo

del part-time come strumento: di sostegno all’invecchiamento attivo (Austria), di

prevenzione della disoccupazione di lunga durata (Francia), di sostegno

all’adattabilità delle imprese (Spagna e Gran Bretagna), oltre che di sostegno alle

pari opportunità. E’ interessante a quest’ultimo proposito notare come i paesi

scandinavi e i Paesi Bassi, soprattutto, accentuino gli aspetti di non discriminazione

di questo strumento incentivando la sua diffusione anche tra gli uomini e tra le

posizioni professionali più qualificate (posizioni manageriali e specialistiche) e

facilitando le possibilità di una effettiva “scelta” dell’orario attraverso l’offerta

diffusa di servizi per la famiglia.

In alcuni paesi dell’Europa centrale (come la Germania ed i Paesi Bassi) e in Gran

Bretagna, invece, il part- time viene utilizzato come strumento che consente livelli

elevati di occupazione per le madri e facilita il rientro nel mercato del lavoro per le

donne che escono durante la maternità, anche in assenza di politiche specifiche di

conciliazione tra lavoro per la famiglia e lavoro per il mercato. Come si è visto il

confronto internazionale evidenzia in effetti l’esistenza di una correlazione positiva

tra diffusione del part-time e partecipazione/occupazione femminile5 (O’Reilly

1996). Il problema è in questo caso quello di verificare se effettivamente il part-

time rappresenta un’opportunità di accesso al mercato del lavoro per le donne o

rappresenta invece una forma di segregazione e marginalizzazione. Secondo una

rassegna dell'OCSE (Oecd,1999), nella maggior parte dei paesi, chi lavora part-time

è più probabile che abbia lavori temporanei e le probabilità di passaggio dal lavoro

part-time al lavoro a tempo pieno sono molto scarse, soprattutto per le donne

meno istruite (mentre sono elevate per gli uomini). Solo in Svezia sono frequenti i

passaggi dal lavoro a tempo pieno al part-time e di nuovo al tempo pieno nel corso

della vita lavorativa delle donne. Come si è già accennato, nella maggioranza dei

paesi europei (esclusi i paesi scandinavi), chi lavora part-time ha anche peggiori

condizioni di lavoro rispetto ai full time: le retribuzioni, i fringe benefits, il livello di

5 Tale effetto vale anche per gli uomini: dove più elevata è la quota di uomini che lavorano part-time è anche più elevata la partecipazione maschile la mercato del lavoro

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protezione sociale (in riferimento anche ai sussidi di disoccupazione ed ai diritti

pensionistici), la durata dei rapporti di lavoro, le prospettive di formazione e di

carriera sono in genere inferiori a quelle dei lavoratori a tempo pieno6. Ciò è tanto

più vero quanto più esteso è il periodo di lavoro ad orario ridotto e quanto minori

sono le ore lavorate. Il livello di istruzione emerge come un elemento discriminante

nel delineare le condizioni di inserimento delle donne nel mercato del lavoro in tutti

i paesi. Sono soprattutto le donne con minori livelli di scolarizzazione che

presentano i percorsi lavorativi più precari.

Per concludere, dalla ricerca presentata in questo rapporto è emerso il molteplice

ruolo del part-time come strumento di politica attiva del lavoro per aumentare la

partecipazione e l’occupazione di fasce marginali dell’offerta di lavoro (donne,

giovani, anziani, soggetti svantaggiati), come strumento di conciliazione per chi

offre lavoro tra esigenze che emergono in diverse fasi del ciclo di vita e lavoro per il

mercato, come strumento di flessibilizzazione dell’organizzazione produttiva nelle

imprese, come strumento di attenuazione delle crisi aziendali.

L’evidenza empirica internazionale ha però mostrato alcuni rischi associati al part-

time. Soprattutto i rischi di peggiori condizioni di lavoro, di scarso investimento in

formazione e capitale umano che possono portare ad un circuito vizioso di

segregazione e marginalizzazione dell’occupazione femminile. E’ dunque necessario

che la normativa e le pratiche di contrattazione che accompagnano la diffusione del

part-time tengano conto di questi rischi evitando di finalizzarlo solo all’occupazione

femminile, accompagnando gli incentivi al part-time con misure di sostegno alla

formazione e alla progressione professionale, oltre che con misure di sostegno al

lavoro di cura che consentano una scelta nell’offerta di lavoro che sia

effettivamente “volontaria”.

6 In molti paesi è necessario un numero minimo di ore settimanali di lavoro per avere accesso al sistema di sicurezza sociale, in altri i contributi sociali sono fissi, indipendenti dal numero di ore lavorate e questo disincentiva le imprese dall’assumere lavoratori part-time.

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1. L’OFFERTA DI LAVORO PART-TIME♦♦♦♦

1.1 Definizioni, classificazioni e misurazione dell’incidenza del part-

time

Negli ultimi decenni nei paesi industrializzati hanno cominciato a diffondersi delle

forme “atipiche di lavoro”, nuove forme di lavoro diverse dal modello tradizionale di

impiego a tempo pieno e permanente. Tra le modalità di lavoro non standard più

diffuse, l’utilizzo del part-time si è fortemente intensificato in questi ultimi anni

specie nell’occupazione femminile.

Come mostra la seconda colonna della tabella 1.1, il lavoro a tempo parziale è stato

adottato in larga misura nei paesi dell’Europa centro-settentrionale (Olanda,

Islanda, Norvegia, Regno Unito, Svizzera) dove, secondo i dati del 2001

dell’Eurostat, rappresenta circa il 30% del totale dei contratti degli occupati. In

Italia, sebbene il fenomeno del part-time sia in forte crescita, la percentuale di

occupati part-time (9,1%) é molto bassa ed è di gran lunga inferiore alla media dei

paesi europei (18%).

La media delle ore di lavoro degli occupati part-time in Italia è una delle più alte in

Europa insieme alla Francia e alla Svezia: in Lombardia i part-timer lavorano

generalmente 22,7 ore, una media che è piuttosto elevata, anche se inferiore a

quella italiana (23,3), e che è rimasta sostanzialmente invariata nel corso degli

anni.

In realtà, l’incidenza del lavoro part-time cambia notevolmente a seconda della

definizione di lavoro a tempo parziale adottata. Con l’intento di quantificare tali

variazioni, si è calcolato il tasso di occupazione a tempo parziale utilizzando le

diverse denominazioni di lavoro part-time riportate in letteratura (Mangan J.,

2000):

1. in base alle ore di lavoro: con riferimento al limite massimo di ore lavorative

stabilite tramite un contratto, (che in genere variano tra le 35 e le 40 ore

settimanali) si definisce part-time l’occupato che abitualmente lavora meno di

♦ Di Federica Origo, Francesca Strada, Cristiana Zanzottera.

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tale orario. L’OCSE, avvalendosi di tale definizione, considera part-time il

lavoratore che svolge meno di 30 ore settimanali;

2. in base all’ orario normale di lavoro: si considera part-time il lavoratore che

ha un orario normale di lavoro inferiore a quello di un occupato a tempo

pieno, nello stesso settore lavorativo, in una posizione professionale simile.

Questa è la definizione generalmente adottata dall’ILO;

3. in base all’auto-dichiarazione degli intervistati: agli stessi intervistati viene

espressamente richiesto di definire la loro condizione di occupato in base alla

percezione personale che hanno del proprio orario di lavoro. L’Istat ed

Eurostat, nell’indagine sulle Forze di Lavoro, distinguono i lavoratori part-time

dai full-time in base a quanto dichiarato dallo stesso intervistato1.

Questa sarà la definizione che adotteremo nel seguito del lavoro.

Facendo riferimento alla colonna 3 della tabella 1.1, il lavoro a tempo parziale

risulta relativamente più diffuso in alcuni paesi, rispetto alla definizione soggettiva,

se si considerano part-time i lavoratori che lavorano meno di 30 ore. In particolare

il tasso di occupazione part-time dell’Italia aumenta di circa 3 punti percentuali se si

prendono come riferimento 30 ore lavorative (12,2%). Questa nuova definizione

non modifica comunque la graduatoria dei paesi analizzati, in quanto rimangono ai

primi posti per presenza di occupati a tempo parziale i Paesi Bassi, ma riduce il

divario esistente tra i tassi italiani e quelli degli altri paesi europei.

Data la difficoltà di identificare i lavoratori a tempo parziale, la tabella 1.2 riporta

sia la quota di lavoratori che si auto-dichiarano full-time ma che lavorano meno di

35 ore settimanali (short full-time), sia i lavoratori che si auto-dichiarano part-time

ma che lavorano più di 30 ore settimanali (long part-time). Tale tabella si riferisce

al 1995, ultimo anno per cui sono disponibili tutte le informazioni necessarie.

Particolarmente interessante sembra essere la percentuale di lavoratori che si

dichiarano full-time ma che lavorano meno di 35 ore (colonna a): il tasso italiano

risulta infatti al terzo posto, preceduto solo da Polonia e Grecia. Da ciò si può

dedurre che in alcuni paesi, tra cui appunto l’Italia, si sia diffusa una modalità di

lavoro di short full-time, ovvero esistono delle occupazioni, come ad esempio nel

settore pubblico (settore dell’istruzione) classificate contrattualmente come full-

1 Nelle elaborazioni effettuate qui di seguito per “lavoro part-time” si è fatto riferimento a quanto

precisato nei dati Istat sulle Forze di Lavoro. Ci si affida pertanto all’auto-dichiarazione rilasciata

dall’intervistato a cui viene chiesto se è un lavoratore a tempo pieno o parziale.

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time ma che richiedono effettivamente un impegno lavorativo settimanale inferiore

alle 35 ore.

D’altra parte, esiste in un gruppo consistente di paesi, quelli più propensi a nuove

forme flessibili di lavoro (come Svezia, Olanda, Islanda e Svizzera), il fenomeno del

long part-time, per cui si definiscono lavoratori part-time degli individui che in

realtà lavorano più di 30 ore settimanali (colonna b).

La tabella 1.3 evidenzia la disomogeneità tra i tassi di occupazione part-time

ottenuti per la Lombardia, oltre che per l’Italia, relativamente agli anni 2002 e 1993

utilizzando le diverse definizioni di occupazione a tempo parziale. Ciò che emerge é

che anche in Lombardia aumenta l’incidenza dell’occupazione part-time se si passa

dalla definizione soggettiva a quella basata invece sulle ore massime di lavoro

effettuato. Per le donne i tassi derivanti dalle diverse classificazioni sono molto

diversi, per cui il tasso di occupazione delle donne part-time é del 27,3% in

Lombardia (e del 28,6% in Italia) quindi più alto di circa 8 punti percentuali (e di 11

punti per l’Italia) rispetto alla definizione soggettiva. Tale consistente difformità é

imputabile alla forte femminilizzazione proprio di quei settori caratterizzati da short

full-time, come conferma anche la considerevole presenza di donne (il 9,8% contro

il 3,2% degli uomini in Lombardia) tra i lavoratori considerati full-time e lavorano

meno di 35 ore.

Le diverse definizioni di lavoro part-time esaminate finora e l’analisi svolta nei

paragrafi successivi, considerano l’insieme degli occupati a tempo parziale senza

suddividerli a seconda delle loro posizioni professionali. A tal proposito nella tabella

1.4 si sono separati i lavoratori autonomi dai dipendenti calcolandone i rispettivi

tassi di occupazione a tempo parziale. In Lombardia, nel 2002 i lavoratori

dipendenti erano il 78,3% del totale dei part-timer (il rimanente 21,8% era

costituito dagli autonomi) percentuale in netto aumento rispetto al 1993 (70%). I

tassi di occupazione part-time dei lavoratori dipendenti nel 2002 risultano sempre

leggermente superiori a quelli degli autonomi (il tasso part-time per i dipendenti è

del 9,7% contro il 8,2% per gli indipendenti). Negli ultimi 10 anni però è cresciuta

molto di più l’incidenza dell’occupazione a tempo parziale dipendente rispetto a

quella autonoma ed in particolare quella femminile che è cresciuta di 8 punti

percentuali (10,9% nel 1993 e 18,9% nel 2002), probabilmente anche in seguito

agli incentivi dell’utilizzo del part-time realizzati per i lavoratori dipendenti, negli

anni “90.

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1.2 Le caratteristiche degli occupati part-time in Lombardia

Considerando la definizione soggettiva usata dall’Istat, in Lombardia nel 2002

lavoravano part-time circa 375.000 individui, pari al 9,3% del totale degli occupati.

L’incidenza del lavoro part-time in Lombardia è inferiore alla media europea, ma più

alta in confronto al resto d’Italia (8,6%) ed in costante crescita: nell’arco di 10 anni

il tasso di occupazione part-time è cresciuto di 3,6 punti percentuali (di 3 punti in

Italia), corrispondente ad un incremento complessivo di 160.000 occupati a tempo

parziale. Il part-time femminile è cresciuto del 90,7% sul totale della crescita di

occupazione femminile realizzata negli ultimi 10 anni in Lombardia (tabella 1.5).

Da un’analisi della composizione del fenomeno del part-time si desume che in

Lombardia la maggior parte degli occupati a tempo parziale sono (tabella 1.6a e

tabella 1.6b)

• donne (l’82% del totale dei part-timer);

• appartenenti alla fascia di età compresa tra i 30-39 anni (36,5%);

• coniugati (69.2%) e con famiglie costituite da 3 o 4 componenti (68,9%)

• impiegati nel settore industriale della trasformazione (20%), nel commercio

(17,1%) e nei servizi sociali (15,5%);

• concentrati in professioni tecniche o intermedie (23,6%);

• in possesso di diploma di maturità o di qualifiche professionali (44,4% nel 2002,

30,4% nel 1993), anche se è in aumento la percentuale di part-timer in

possesso di laurea o di un dottorato.

Il lavoro a tempo parziale sopperisce all’esigenza di una larga componente della

forza lavoro che, pur desiderando un lavoro fisso non può, per svariati motivi (

perché frequenta corsi scolastici, ha problemi familiari, ha figli piccoli…), accettare

un’occupazione full-time e preferisce un impiego con orari ridotti. E’ possibile quindi

giustificare la netta prevalenza, nell’occupazione part-time, della componente

femminile (tabella 1.7), che generalmente ha più esigenze di flessibilità di orario di

lavoro, per motivi di conciliazione con l’attività domestica e/o la cura dei figli: in

Lombardia l’incidenza dell’occupazione part-time femminile sul totale

dell’occupazione è del 18,9%, percentuale più alta di quasi 2 punti rispetto alla

media italiana. Il tasso di occupazione part-time per gli uomini è invece del 2,8%:

non solo quindi è più basso di quello italiano (3,5%), ma è anche inferiore a quello

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femminile di 16 punti percentuali (mentre in Italia il differenziale uomini-donne è di

13 punti percentuali).

I tassi di occupazione part-time specifici per età risultano più elevati nella fascia di

età over-65, sintomo del fatto che spesso il part-time non costituisce una

condizione lavorativa permanente nella vita di un individuo ma è vissuta piuttosto

come prima tappa verso un prossimo abbandono dalla propria occupazione, ovvero

come una via di uscita dal lavoro. Disaggregando ulteriormente tali tassi per genere

si osserva che sussistono delle sostanziali differenze nelle scelte lavorative tra

uomini e donne. Per gli uomini la fasce di età che presentano un’incidenza

dell’occupazione part-time maggiore sono quelle estreme, cioè la classe giovanile

(15/29 anni) e quella più matura (over 65). Per le donne invece i tassi di

occupazione part-time sono distribuiti tendenzialmente in modo più equilibrato tra

le varie coorti ma le più propense a ricorrere alla forma di lavoro a tempo parziale

sono le trentenni, cioè le lavoratrici che hanno ragionevolmente maggiori problemi

nell’accettare un impiego full-time a causa dei probabili carichi familiari. La

concentrazione di lavoratori a tempo parziale in fasce di età diverse al variare del

genere è spiegabile attraverso la teoria economica della conciliazione: gli uomini

desiderano per lo più un’occupazione part-time per esigenze di conciliazione lavoro-

formazione, le donne per poter conciliare lavoro-famiglia. La tendenza in atto

comunque è quella di una diminuzione dell’incidenza dell’occupazione part-time

totale (uomini e donne insieme) fra gli anziani, e di un incremento della stessa per

la classe dei trentenni (rispetto al 1993 è aumentata di quasi il doppio).

Le figure 1.1a e 1.1b mostrano i tassi di occupazione part-time per età e titolo di

studio in Italia ed in Lombardia nel 2002. E’ possibile individuare due

comportamenti lavorativi nettamente distinti, uno maschile e uno femminile: il ciclo

di vita degli occupati maschi part-time ha un andamento a “U”, quello delle donne è

a “campana”. Per gli uomini si conferma quanto già rilevato analizzando i tassi part-

time specifici per età, in quanto sia nel panorama italiano che lombardo, è

maggiore l’incidenza degli occupati a tempo parziale tra i giovani e tra gli individui

over-65 anni, a prescindere dal livello di istruzione raggiunto: a differenza del resto

d’Italia, in Lombardia i tassi degli uomini che sono almeno in possesso del diploma

di maturità sono sempre più elevati di quelli meno istruiti. Le donne presentano

lungo tutta la loro vita lavorativa, dei tassi di occupazione part-time sempre

superiori a quelli maschili, con un picco più elevato nella fascia di età compresa tra i

30 ed i 39 anni, dove evidentemente sono maggiori le esigenze di conciliazione

lavoro-famiglia. Singolare è il comportamento delle donne over-65 anni: mentre i

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tassi delle donne meno istruite (con solo la scuola dell’obbligo o nessun titolo) si

riducono progressivamente, oltre questa soglia di età, quelli delle diplomate e

laureate crescono, in linea con l’andamento dei tassi maschili, ma con un tasso di

crescita molto elevato. Passando dalla classe di età 50-64 anni a quella delle over-

65, il tasso di occupazione part-time delle donne maggiormente istruite (diplomate

o laureate) più che raddoppia (è del 13,6% nella classe 50-64 anni) raggiungendo il

tasso massimo di occupazione part-time del 30,6%.

Disaggregando ulteriormente i tassi di occupazione dei lavoratori part-time per

stato civile e dimensione della famiglia (tabella 1.8) emergono delle differenze

nel comportamento delle donne rispetto a quello degli uomini: lo status familiare

non condiziona in modo considerevole i tassi maschili, che non si discostano di

molto dalla media maschile (2,8%) eccetto che per la condizione di vedovo per il

quale l’incidenza dell’occupazione a tempo parziale sul totale dell’occupazione è

piuttosto elevata (8,4%). Anche per le donne risultano simili i tassi, a prescindere

dallo stato civile cioè sia che esse siano coniugate, separate, divorziate o vedove (i

cui tassi sono rispettivamente del 23,6%, 20%, 16,4%, 17,2%). L’unica eccezione

è costituita dalle donne single, che hanno dei tassi di occupazione part-time più

bassi della media femminile di ben 8 punti percentuali (10,5% contro la media del

18,9%), in linea peraltro con ciò che già accadeva nel 1993. Andamento opposto

sembrano poi avere i tassi di occupazione part-time maschili e femminili specifici

per dimensione della famiglia: all’aumentare del numero dei componenti della

famiglia diminuiscono i tassi di occupazione part-time maschili (probabilmente per

un effetto di reddito), fatta eccezione per le famiglie medio-numerose (4-5

componenti) in cui prevale l’effetto di cura, mentre aumentano quelli femminili2.

E’ interessante inoltre osservare l’incidenza del part-time sul totale degli occupati

distinti per titolo di studio (tabella 1.9): i tassi risultano abbastanza simili, fatta

eccezione per gli individui senza titolo di studio. Per tale livello di istruzione sia le

donne che gli uomini presentano degli alti tassi di occupazione part-time, peraltro in

crescita rispetto al 1993: tale rilevazione è in linea con l’alta incidenza che si è

verificata per gli individui (che costituiscono personale) non qualificati (per le

aziende). Una situazione analoga si verifica in Italia dove però i tassi degli occupati

part-time sprovvisti di titolo di studio sono leggermente più alti di quelli della

Lombardia (13,5% in Italia e 12,1% in Lombardia). La relazione negativa tra

incremento di istruzione e tasso di occupazione part-time è in linea con la teoria del

2 Sono per lo più i giovani e gli over 65 che lavorano part-time nelle famiglie con 3 o 4 componenti.

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capitale umano (Becker 1993): un individuo, a fronte di un maggiore investimento

in istruzione, sarà più incentivato a lavorare un numero maggiore di ore (e quindi a

preferire occupazioni full-time) per riuscire ad avere un ritorno economico dal

proprio investimento. Le persone che proseguono più a lungo negli studi sono

inoltre generalmente meno disposte a lavorare part-time per la posizione

economica e lavorativa di cui godono all’interno della società: hanno, da un lato, un

livello di reddito mediamente elevato, che permette loro di pagare serv izi

all’infanzia spesso costosi; dall’altra, ricoprono posizioni di rilevanza all’interno

dell’azienda e di conseguenza sono meno incentivati a ridurre il proprio orario di

lavoro.

Disaggregando i tassi di occupazione part-time per settore (tabella 1.10) emerge

che in Lombardia l’incidenza dell’occupazione part-time è maggiore nei servizi

pubblici, sociali, nei servizi alle persone, negli alberghi e nei ristoranti, in linea con

quanto accade anche nel resto d’Italia. Nel corso del tempo è diminuito di 3,8 punti

percentuali il tasso di occupazione part-time nei settori dell’agricoltura, della caccia

e della pesca mentre il tasso medio italiano in tali settori, seppur anch’esso

diminuito rispetto al 1993 (0,7 punti percentuali), si è mantenuto fra i più elevati

nella specificazione dei tassi per settori. L’impiego dei lavoratori part-time è molto

elevato per gli uomini anche nei settori dell’istruzione, della sanità, e dei ristoranti.

Per le donne invece i tassi sono simili, oltre che più alti di quelli maschili, nei diversi

settori e particolarmente elevati nell’industria delle costruzioni. La concentrazione

maggiore di occupati part-time si verifica nel settore industriale della

trasformazione, ma con andamenti discordanti tra uomini e donne: negli ultimi 10

anni, pur mantenendosi alto in tale settore il ricorso tra le donne a tale forma di

prestazione lavorativa (18,8%), è diminuita la percentuale delle donne part-time ed

è aumentata quella maschile (25,9%). Le donne, rispetto al passato, sono presenti

a tempo parziale in misura maggiore nei servizi sociali (16,5%) e meno nel

commercio, mentre sono raddoppiati gli uomini occupati a tempo parziale nel

settore dei servizi alle imprese.

Infine il tasso di occupazione part-time risulta più alto della media italiana nelle

professioni relative alle vendite (ed ai servizi per le famiglie) e nel personale non

qualificato, nelle quali risulta rispettivamente del 14,5% e del 22,8%, superiore ai

tassi italiani di circa 3 punti percentuali. Nella distribuzione per professioni non

emergono sostanziali differenze di genere (tabella 1.11). Quasi la metà (il 48%)

delle donne occupate part-time svolgono professioni intermedie e medio basse

(professioni tecniche, vendite e servizi per le famiglie). Diminuisce sempre più il

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numero di uomini assunti a tempo parziale con la qualifica di artigiano, operaio,

agricoltore e a fronte di tale diminuzione è in crescita l’utilizzo di lavoratori part-

time maschi in qualità di impiegati di ufficio e per le professioni relative alla vendita

ed ai servizi alle famiglie.

Box 1 – Probabilità per un individuo di lavorare part-time

Fino a qualche anno fa la determinazione dell’orario di lavoro era una variabile esogena per un individuo,

che poteva solo decidere di non lavorare, e quindi offrire zero ore di lavoro, o di lavorare a tempo pieno,

accettando un orario lavorativo full-time generalmente di 40 ore alla settimana. Oggi invece esistono

nuove forme di lavoro rispetto alla formula tradizionale del tempo pieno, per cui ad esempio è possibile

lavorare part-time e ridurre così il proprio orario lungo la giornata o la settimana lavorativa. Si è cercato

pertanto di stimare, utilizzando un opportuno modello econometrico, la probabilità che ha un individuo di

non lavorare, lavorare part-time e lavorare full-time, tre decisioni di comportamento sul mercato del

lavoro che possono essere naturalmente ordinate in base alle ore lavorative previste (0, circa 20, circa

40). Le tre condizioni alternative possono essere rappresentate tramite una variabile dipendente discreta

che assume valore 0 se l’individuo non lavora, 1 se lavora part-time e 2 se è un occupato full-time. Data

la natura ordinale della variabile, la probabilità di trovarsi in uno dei tre stati delineati dipendenti, può

essere correttamente stimata tramite un ordered probit model. Le variabili esplicative del modello

catturano essenzialmente le caratteristiche personali degli individui (età, stato civile, numero dei

componenti della famiglia, titolo di studio, formazione). Si é preferito calcolare la probabilità di lavorare

part-time (tabella 1) stimando separatamente gli uomini e le donne, in ragione del fatto che in base

all’analisi dei dati effettuata è ragionevole ipotizzare due modelli diversi di partecipazione e di utilizzo del

lavoro a tempo parziale. Le stime sono state condotte sul campione dell’Indagine Istat sulle Forze di

Lavoro del 2002 (per un totale di 58.600 osservazioni), considerando come individuo rappresentativo, un

uomo o una donna, di 35 anni, coniugato/a, appartenente ad una famiglia con tre o quattro componenti,

in possesso di un diploma di maturità e senza corso di formazione. Una persona in Lombardia con tali

caratteristiche, se donna ha l’11,6% di probabilità di lavorare part-time (contro il più basso 9,6% dell’

Italia) e dello 0,8% se uomo ( in Italia è più alta la probabilità, è dell’1,4%).

I principali risultati ottenuti possono essere così sintetizzati:

• La probabilità di lavorare part-time diminuisce per le donne al crescere dell’età (eccetto per le 45-

enni, per le quali risulta maggiore la probabilità di essere impiegate a tempo parziale rispetto alle 35-

enni). Tale relazione negativa risulta più accentuata in Lombardia dove sono le donne di 65 anni

quelle che hanno la minore probabilità di lavorare con orario ridotto;

• Gli individui (sia di sesso maschile che femminile) hanno una probabilità maggiore di lavorare a

tempo parziale se sono in possesso di bassi titoli di studio (scuola dell’obbligo). Allo stesso modo la

frequentazione di un corso di formazione influisce negativamente sulla probabilità di lavorare part-

time, che per le donne si riduce in Lombardia di 4 punti percentuali (di 0,8 punti per gli uomini) e di

2,6 punti percentuali in Italia (di 1,3 per gli uomini). Tali risultati confermano quanto rivelato dai

tassi di occupazione part-time specifici per titolo di studio, dove emerge che le persone

maggiormente istruite sono più incentivate ad offrire un numero consistente di ore di lavoro per

recuperare quanto investito per la propria formazione;

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• Le donne single, divorziate o vedove hanno una minore probabilità di lavorare part-time rispetto alle

coniugate, probabilmente perché hanno maggiore necessità di trovare un impiego a tempo pieno non

potendo contare, o potendone contare solo in parte, sul contributo economico del marito;

• La dimensione della famiglia influisce positivamente sulla probabilità per la donna di lavorare a tempo

parziale: se la donna vive in Lombardia in una famiglia costituita da 2 componenti la probabilità di

lavorare part-time è del 10% e sale al 12,3% se la famiglia è molto numerosa, ovvero costituita da

più di 5 componenti. Ciò potrebbe testimoniare il fatto che specie in Lombardia, l’utilizzo del part-

time è una scelta volontaria dell’individuo, che coinvolge principalmente il lato dell’offerta lavorativa.

Nel caso specifico degli uomini:

• La probabilità di lavorare part-time è sempre più bassa in Lombardia rispetto all’Italia a prescindere

dall’età, dal titolo di studio, dallo stato civile e dalla numerosità della famiglia;

• La relazione tra la probabilità di lavorare a tempo parziale e l’età per gli uomini non è univocamente

definibile: il valore minimo si verifica in prossimità dei 35 anni età in cui risulta molto difficile che un

uomo venga assunto part-time (0,8% in Lombardia). E’ più alta la probabilità che sia part-timer un

ragazzo di 25 anni piuttosto che un individuo di 35 o 45 anni: il lavoro a tempo parziale infatti è

utilizzato dagli uomini principalmente per conciliare lo studio con le esigenze lavorative;

• Un’ulteriore prova della difformità di comportamento tra quello maschile e femminile è costituito

dall’impatto che hanno le variabili che meglio identificano il nucleo familiare dell’individuo, quali lo

stato civile ed il numero di componenti della famiglia. Innanzitutto l’uomo coniugato ha la probabilità

più bassa (0,8%) di essere un lavoratore part-time rispetto ai single, ai divorziati o ai vedovi

(rispettivamente del 1,6%, dell’ 1% e dell’1,4%). Inoltre al crescere delle dimensioni della famiglia

diminuisce, anche se di pochissimo ( se la famiglia è costituita da 2 persone è dello 0,8%, dello 0,9%

se è invece numerosa), la possibilità che l’uomo lavori a tempo parziale

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Tabella 1 - Probabilità per un individuo di lavorare part-time o full-time. Lombardia/Italia 2002

Lombardia Italia

Uomini Donne uomini Donne

Probabilità di lavorare part-time

Probabilità di lavorare full-time

Probabilità di lavorare part-time

Probabilità di lavorare full-time

Probabilità di lavorare part-time

Probabilità di lavorare full-time

Probabilità di lavorare part-time

Probabilità di lavorare full-time

Individuo, 35 anni, con diploma di maturità, coniugato, che vive in una famiglia con 3 o 4 componenti e che non ha frequentato nessun corso di formazione 0,8 95,6 11,6 59,3 1,4 92,6 9,2 52,0

di 25 anni 2,2 84,8 12,5 40,9 3,0 77,0 8,7 31,2

di 45 anni 1,0 94,4 12,1 54,7 1,4 92,3 9,1 53,6

di 55 anni 3,0 75,0 11,5 28,0 3,1 75,5 9,0 35,7

di 65 anni 2,4 15,2 2,9 3,1 3,2 22,1 4,5 9,3

laureato 0,3 98,5 9,3 73,1 0,7 96,7 7,4 71,1

con solo l'obbligo scolastico 1,2 92,9 12,5 42,5 1,7 90,3 8,7 31,6

cha ha frequentato un corso di formazione 0,0 99,9 7,6 80,0 0,1 99,7 6,6 76,2

single 1,6 89,9 9,2 73,8 2,5 82,5 8,2 64,5

divorziato 1,0 94,2 9,4 72,7 1,9 88,5 7,6 69,4

vedovo 1,4 91,3 11,2 62,8 1,9 88,7 9,1 54,5

che vive in famiglia con 2 componenti 0,9 95,2 10,0 69,9 1,5 91,6 8,6 60,5

che vive in famiglia con 5 componenti 0,8 96,1 12,3 52,1 1,3 93,2 9,3 47,3

Fonte: elaborazioni IRS su microdati Istat, Rilevazione Trimestrale sulle Forze di Lavoro, 1993-2002.

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1.2.1 Il part-time involontario

Da un’indagine condotta su 3.000 imprese lombarde (Samek Lodovici M.,Semenza

R., 2001) si è rilevato che la maggior parte di queste (70%) utilizza il contratto

part-time per rispondere alle esigenze dell’offerta di lavoro soprattutto femminile.

Rispetto ad altri contratti atipici, il lavoro a tempo parziale è quindi visto non tanto

come uno strumento flessibile e utile per potenziare la produttività dell’impresa,

quanto come mezzo per soddisfare i bisogni di alcuni lavoratori. Nonostante ciò,

non tutti gli occupati part-time dichiarano di aver accettato un lavoro a tempo

parziale perché lo desideravano e perché non volevano il tempo pieno.

In base alle motivazioni espresse dal campione intervistato dall’Istat Forza Lavoro

sulla scelta del lavoro a tempo parziale, si è distinta l’occupazione part-time in

volontaria ed involontaria. Sono considerati “volontari” gli individui che lavorano

part-time per libera scelta, includendo anche gli occupati che frequentano corsi

scolastici o di formazione professionale e coloro che preferiscono il part-time per

motivi personali, familiari, per malattia o invalidità.“Involontari” sono invece

coloro per i quali il tempo parziale è un ripiego per il fatto di non aver ricevuto

offerte di lavoro full-time.

Si distinguono inoltre gli occupati part-time che dichiarano di non poter lavorare

full-time per carichi familiari (figura 1.2).

Esiste un’offerta “forzata” di lavoro a tempo parziale (part-timer involontari e part-

timer che rifiutano il tempo pieno a causa di carichi familiari) piuttosto consistente

in quanto costituisce quasi la metà (il 42%) del totale degli occupati part-time. E’

utile pertanto analizzare le peculiarità di tali lavoratori: è infatti interessante

indagare, da un lato, le motivazioni per cui alcuni individui non riescano a trovare

un’occupazione full-time e dall’altra individuare chi siano gli occupati a tempo

parziale con carichi familiari (tabella 1.12).

L’incidenza del part-time involontario sul totale degli occupati a tempo parziale è

più elevata in Italia rispetto ad altri paesi dell’UE (nel 2000 era del 35%, contro una

media europea del 15,8%), anche se a partire dal 1998 è progressivamente

diminuita. In Lombardia nel 2002 lavoravano part-time non per propria scelta il

21% degli occupati a tempo parziale, l’80% dei quali era di sesso femminile. Il

profilo di chi lavora involontariamente part-time mostra rilevanti differenze di

genere e si discosta leggermente da quello del part-timer medio. I/le part-timer

involontari/e sono soprattutto giovani (15-39 anni) che vivono in famiglie costituite

dai 2 ai 4 componenti. La maggior parte di loro presenta un livello di istruzione

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molto basso (il 48,6% ha solo il titolo di studio dell’obbligo). Gli uomini

costituiscono una minoranza all’interno degli occupati part-time involontari e

mostrano caratteristiche differenti rispetto alla media: sono giovanissimi (il 47,4%

ha meno di 30 anni), spesso single (il 62%) e sono in possesso di un diploma di

maturità. Rispetto al passato le caratteristiche anagrafiche (età, stato civile,

numero di componenti della famiglia, titolo di studio) dei part-timer involontari sono

rimaste pressoché invariate, é invece mutata la loro collocazione settoriale: nel

1993 la concentrazione maggiore di occupati a tempo parziale involontari si aveva

nell’industria dell’energia e dell’estrazione (38,5%) mentre nel 2002 risulta

superiore la percentuale di individui impiegati nel settore del commercio (19,0%)

nei servizi alle imprese (16,3%) e nei settori dell’istruzione, sanità ed altri servizi

sociali (16,1%), probabilmente anche a seguito dello sviluppo sperimentato da

questi settori negli ultimi anni. Non è cambiata in modo significativo la

composizione percentuale per tipo di professione svolta: la metà degli individui in

esame risultano addetti alla vendita ed ai servizi alle famiglie o sono assunti dalle

imprese in qualità di personale non qualificato.

Dall’analisi svolta emerge che gli occupati più scontenti della propria condizione di

lavoratore a tempo parziale sono coloro che hanno solo la scuola dell’obbligo: chi

possiede basse qualifiche sono gli individui che hanno verosimilmente problemi

economici che li costringono da un lato a non investire in istruzione e dall’altro a

lavorare il più possibile, perciò a cercare un lavoro full-time (soprattutto se

percepiscono bassi salari orari). Avranno di conseguenza difficoltà a trovare

un’occupazione a tempo pieno perché essendo poco specializzati, potranno proporsi

per un numero limitato di professioni riducendo così la domanda di full-time tra cui

operare una scelta ed avranno minor potere contrattuale con l’azienda.

Un quarto degli occupati part-time afferma di lavorare a tempo parziale per poter

conciliare il lavoro con la cura della famiglia e non a caso il 97,2% dei part-timer

con carichi familiari è costituito da donne. E’ sembrato pertanto interessante

lasciare separata questa componente del part-time perché non è possibile

conoscere il grado di volontarietà propria dei part-timer per carichi familiari. E’

inoltre utile averla monitorata in prospettiva della definizione delle politiche di

conciliazione e ampliamento dei servizi di cura. Si può soltanto sapere, di tale

segmento di occupati part-time, che hanno a carico un familiare (figli, genitori) e

che potrebbero perciò avere dei vincoli nel numero delle ore di lavoro offerte, dati

dalla necessità di cura che devono prestare alla propria famiglia. La composizione

percentuale degli occupati part-time per carichi familiari risulta simile tra maschi e

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femmine: le percentuali maggiori si registrano per gli individui coniugati,

appartenenti a famiglie numerose (4 persone) che sono concentrati nei settori della

trasformazione, del commercio e che svolgono principalmente professioni esecutive

o sono addetti alla vendita. Si discosta invece il profilo maschile da quello femminile

per la variabili età e titolo di studio: è più facile che l’uomo occupato part-time per

carichi familiari sia un quarantenne mentre per le donne la fascia di età più

significativa è quella tra i 30-39 anni; gli uomini appaiono inoltre meno istruiti delle

donne. (il 60% degli uomini ha solo la scuola dell’obbligo, il 46% delle donne ha

invece il diploma di maturità).

Box 2 – Part-time e doppio lavoro

In Lombardia nel 2002 il 2,9% degli occupati part-time (tabella 2) ha dichiarato di aver svolto, nella

settimana antecedente l’intervista, un lavoro aggiuntivo rispetto a quello principale. Premesso che

probabilmente sono sfuggiti alla rilevazione statistica alcuni di quelli che hanno un’attività secondaria nel

mondo dell’economia sommersa, tale percentuale non è comunque molto elevata. E’ interessante però

inquadrare il fenomeno del “secondo lavoro” ed indagare innanzitutto chi sono i soggetti in questione,

qual è il lavoro che generalmente viene svolto come secondario e soprattutto analizzare quali possono

essere le motivazioni che spingono un individuo che ha già un’occupazione a tempo parziale ad offrire

nuovamente lavoro. Soltanto 10.738 persone in Lombardia (in confronto alle 374.490 unità del totale

degli occupati part-time distribuiti su tutto il territorio lombardo) svolgono un’altra occupazione rispetto

al lavoro principale a tempo parziale, e sono principalmente le donne (65%), in particolare le 30-enni. La

distribuzione percentuale invece degli uomini appare distribuita in modo equilibrato tra le varie classi di

età. Per quanto riguarda il livello di istruzione, più della metà (55,4%) degli uomini sono laureati o sono

in possesso del dottorato, in linea con la teoria del capitale umano, mentre il 46% delle donne ha il

diploma di maturità o una qualifica professionale. Per concludere l’analisi sulle caratteristiche personali di

tale sottocampione di part-timer, si può affermare che sono più gli individui coniugati quelli che svolgono

una duplice professione. La seconda attività è un’occupazione abituale (63%) ed è svolta in via

occasionale solo nel 33% dei casi. Coinvolge principalmente figure professionali medio-alte cioè quelle

intellettuali, scientifiche, di elevata specializzazione o intermedie (tecnici) e generalmente nel secondo

lavoro si ricopre la posizione professionale autonoma senza dipendenti (57,6%) o dipendente (33,8%).

La maggior parte dei part-timer (53,3%) svolge inoltre un lavoro aggiuntivo nei settori dei servizi sociali

(istruzione, sanità ed altri servizi sociali) o in altri servizi pubblici, sociali e alle persone. L’esistenza tra

gli occupati part-time di individui che svolgono un duplice lavoro offre lo spunto per ulteriori riflessioni:

sono dei part-timer che vorrebbero in realtà lavorare full-time? Per rispondere a tali interrogativi è

necessario analizzare quali sono le motivazioni per cui il lavoratore con doppio lavoro svolge come

occupazione principale un lavoro part-time. Rispetto al passato è diminuita la percentuale di individui,

impiegati involontariamente a tempo parziale, che hanno un secondo lavoro: nel 1993 il 35% dei part-

timer con doppio lavoro lavorava part-time perché non aveva trovato il full-time, nel 2002 tale

percentuale è scesa al 31,6%. La composizione percentuale risulta leggermente diversificata per genere:

per le donne che hanno un secondo lavoro il part-time è generalmente una scelta in quanto il 38,7% di

loro non desidera un full-time, per gli uomini è invece una decisione condizionata al non aver trovato un

lavoro a tempo pieno. Si potrebbe quindi affermare che circa un terzo dei part-timer che ricorrono al

secondo lavoro probabilmente cercano di far fronte alla difficoltà di trovare un lavoro full-time

assumendo due impieghi. In tal modo riescono ad intensificare il numero delle ore di lavoro e ad

incrementare i propri redditi

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Tabella 2 - Composizione % dei part-time con doppio lavoro, Lombardia 2002-1993

Occupati part-time che svolgono un doppio lavoro distinti per genere, età, stato civile, titolo di studio, stato professionale,tipo di settore, professione, occupazione secondaria 2002 1993

Uomo Donna Totale Uomo Donna Totale

Genere 5,6 2,3 2,9 6,3 1,6 2,7

Genere ed età 15/29 17,3 20,7 19,5 25,3 40,4 32,2

30/39 23,6 57,7 45,8 22,7 34,3 28,0

40/49 28,6 17,6 21,5 19,8 16,7 18,4

50/64 30,5 4,0 13,3 19,8 8,5 14,7

oltre 65 0,0 0,0 0,0 12,4 0,0 6,7Stato professionale (nel 2° lavoro) dipendente 24,9 38,6 33,8 21,5 30,5 25,6

autonomo, con dipendenti 2,8 0,0 1,0 3,3 4,3 3,8

autonomo, senza dipendenti 67,2 52,4 57,6 69,2 51,8 61,3

autonomo, coadiuvante 5,1 8,9 7,6 6,0 13,4 9,4

Titolo di studio Dottorato, laurea, diploma universitario 55,4 31,1 39,6 26,6 19,0 23,2

Maturità o qualifica professionale 37,2 45,9 42,9 52,9 31,2 43,0

Scuola dell'obbligo 7,4 20,1 15,6 20,5 49,8 33,8

Nessun titolo 0,0 2,8 1,9 0,0 0,0 0,0

Stato civile Nubile/celibe 42,2 30,2 34,4 33,2 48,5 40,1

Coniugato/a 56,5 48,5 51,3 66,8 43,4 56,2

Separato/a di fatto 0,0 0,0 0,0 0,0 3,7 1,7

Separato/a legalmente 0,0 10,7 7,0 0,0 0,0 0,0

Divorziato/a 1,3 2,2 1,9 0,0 4,4 2,0

Vedovo/e 0,0 8,3 5,4 0,0 0,0 0,0Tipo di settore (del 2°lavoro) agricoltura,caccia e pesca 2,9 2,5 2,6 6,1 4,5 5,4

industria della trasformazione 13,3 9,6 10,9 20,3 24,8 22,4

commercio 3,7 6,9 5,8 10,1 0,0 5,5

alberghi e ristoranti 6,3 5,3 5,6 0,0 18,1 8,3

trasporti e comunicazioni 0,0 1,3 0,8 3,7 0,0 2,0

intermediazione monetaria e finanziaria, attività immobiliari 3,2 3,4 3,3 1,7 0,0 0,9

servizi alle imprese e altre attività professionali ed imprenditoriali 16,9 15,4 15,9 12,8 14,5 13,6

pubblica amministrazione, difesa, assicurazioni sociali obbligatorie 0,0 2,7 1,8 3,3 4,2 3,7

istruzione, sanità ed altri servizi sociali 27,0 25,6 26,1 15,8 13,2 14,6

altri servizi pubblici, sociali e alle persone 26,8 27,5 27,2 26,0 20,6 23,6

Tipo di professione legislatori,dirigenti e imprenditori 0,0 3,0 1,9 0,0 4,2 1,9

professioni intellettuali, scientifiche e di elevata specializzazione 60,8 24,3 37,1 43,3 8,3 27,3

professioni intermedie (tecnici) 22,5 26,4 25,1 20,6 14,2 17,7

professioni esecutive relative all'amministrazione e gestione 0,0 0,0 0,0 9,0 10,1 9,5

professioni relative alle vendite ed ai servizi per le famiglie 8,8 24,0 18,7 11,5 21,8 16,2

artigiani, operai specializzati e agricoltori 2,9 0,8 1,5 6,2 26,5 15,4

conduttori di impianti, operatori di macchinari fissi e mobili 0,0 1,1 0,7 2,7 4,3 3,5

personale non qualificato 4,9 20,4 15,0 0,0 0,0 0,0Tipo di occupazione secondaria abituale 61,8 63,5 62,9 46,6 50,2 48,2

occasionale 31,2 34,4 33,3 45,2 39,7 42,7

stagionale 7,0 2,1 3,8 8,2 10,0 9,0

Totale 100,00 100,00 100,00 100,00 100,00 100,00

Fonte: elaborazioni IRS su microdati Istat, Rilevazione Trimestrale sulle Forze di Lavoro, 1993-2002.

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33

1.2.2 La forza lavoro potenziale part-time

. Il lavoro a tempo parziale è abbastanza sviluppato in Lombardia rispetto all’Italia e

verosimilmente si diffonderà in futuro osservando il suo trend di crescita degli ultimi

anni. Può peraltro diventare uno strumento importante per il mercato del lavoro dal

momento che permette di mantenere un legame professionale nei diversi periodi di

transizione della vita (lavoro-istruzione, lavoro-famiglia) e riduce l'area delle

persone inattive.

In un paragrafo precedente (parag. 1.2.1) sono stati presi in esame gli occupati

part-time che non vorrebbero lavorare a tempo parziale ma si sono accontentati del

part-time in vista di un lavoro futuro full-time. Accanto però agli occupati che non

vogliono il part-time esistono degli individui disposti ad accettare tale forma di

lavoro alternativa rispetto al modello tradizionale del tempo pieno. L’universo dei

lavoratori a tempo parziale potrebbe pertanto comprendere non solo gli occupati

ma anche i potenziali occupati part-time: i disoccupati che cercano esclusivamente

un’occupazione part-time e gli inattivi che potrebbero accettare un impiego solo se

venisse loro offerto un lavoro a tempo parziale3.

Il 12,3% delle persone in cerca di un’occupazione sono disposti ad accettare

esclusivamente un lavoro part-time (tabella 1.13 e tabella 1.14): i disoccupati

maschi che desiderano un impiego a tempo parziale sono quasi tutti giovani

(76,4%), mentre le donne appartengono per lo più alla fascia 30-39 anni (42,4%).

Tali percentuali piuttosto elevate sono un segnale dell’insufficiente offerta di lavoro

part-time operato dalle imprese ed in particolare delle imprese lombarde: in Italia

infatti la percentuale di disoccupati che vorrebbero un impiego a tempo parziale è

molto più bassa rispetto alla Lombardia (6,1%). L’incidenza elevata dei disoccupati

desiderosi di un lavoro part-time potrebbe anche indicare che circolano scarse

informazioni riguardo ai posti di lavoro disponibili a tempo parziale. Inoltre più della

metà delle donne disoccupate che vogliono il part-time hanno solo il titolo di studio

dell’obbligo, mentre gli uomini hanno livelli di istruzione leggermente superiori (il

54,4% ha il diploma di maturità contro il 40.9% delle donne).

Il 21,2% delle persone inattive dichiara che potrebbe accettare un impiego solo se

gli venisse proposto un lavoro part-time. La composizione percentuale degli inattivi

potenziali part-timer per fasce di età presenta delle differenze tra uomini e donne:

gli uomini che non partecipano al mercato del lavoro, ma potrebbero accettare un

3 Per “inattivi” si sono considerati solo gli individui di età compresa tra i 15 ed i 64 anni.

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part-time, sono più concentrati nelle fasce estreme di età, sono in prevalenza

giovani (15-29) ed individui tra i 50-64 anni; le donne invece sono presenti in

misura maggiore nelle classi centrali, e sono in larga parte le trentenni e le

quarantenni. La composizione percentuale degli inattivi che vorrebbero lavorare

part-time è simile a quella dei disoccupati con preferenze per il tempo parziale: tutti

gli inattivi che desiderano un impiego part-time sono in possesso almeno del titolo

di studio dell’obbligo o del diploma di maturità con una prevalenza tra le donne di

persone in cerca di lavoro con bassi livelli di istruzione.

Risulta interessante verificare quale potrebbe essere la diffusione del part-time

qualora l’intera offerta di lavoro part-time (disoccupati e inattivi con preferenze per

un’occupazione a tempo parziale) fosse soddisfatta. Infatti non tutti gli individui

interessati a tale forma di occupazione vengono poi realmente assorbiti dalla

domanda di part-time, ma può essere utile quantificare e sommare la forza lavoro

potenziale con gli occupati part-time per stimare il tasso di occupazione qualora

fosse soddisfatta l’offerta di lavoro part-time. Nella figura 1.3a si rappresenta come

potrebbe variare la percentuale di occupazione part-time se venissero aggiunti in

un primo tempo i disoccupati e successivamente gli inattivi potenziali part-time. Per

gli uomini la situazione rimane pressoché invariata mentre aumenta del 2 percento

la quota delle donne dedite al part-time: sono in numero piuttosto consistente le

donne disoccupate o inattive che aspirano a trovare un impiego a tempo parziale.

Estendendo l’analisi e considerando non solo gli individui che lavorano part-time ma

anche quelli impiegati a tempo pieno (figura 1.3b), si può osservare che il tasso di

occupazione complessivo (uomini e donne insieme) in Lombardia aumenterebbe di

quasi 1 punto percentuale e di oltre 1,5 punti percentuali (1,6) se l’offerta

potenziale di lavoro part-time fosse interamente soddisfatta.

1.3 Distribuzione degli orari di lavoro e delle giornate lavorative

Il part-time prevede un orario lavorativo ridotto rispetto al limite legale delle 40 ore

settimanali previste nei contratti collettivi nazionali. Ma l’orario ridotto può essere

concordato e quindi distribuito in vari modi durante il giorno, la settimana o l’anno

lavorativo.

Esistono pertanto tre differenti tipologie di lavoro a tempo parziale a seconda del

tipo di contratto stipulato:

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35

1. Lavoro part-time orizzontale: il lavoratore presta la propria attività durante

tutta la settimana lavorativa ma con orario giornaliero ridotto (ad esempio 4

ore anziché 8, tutti i giorni);

2. Lavoro part-time verticale: l’individuo lavora solo in alcuni giorni

prestabiliti, con orario pieno o ridotto (ad esempio concorda di lavorare solo

3 giorni pieni a settimana). Una sua variante è il lavoro part-time ciclico,

dove si impiega il lavoratore solo in concomitanza con cicli lavorativi

predeterminati e riguarda principalmente settori caratterizzati da elevate

punte di stagionalità come il settore alberghiero. Nel part-time ciclico l’orario

varia a seconda del periodo dell’anno, per cui un individuo può lavorare a

tempo pieno nei periodi dove è richiesta una sua maggiore partecipazione e

ridurre invece il proprio orario lavorativo nelle settimane o nei mesi che lo

permettono (ad esempio si lavora 4 mesi all’anno);

3. Lavoro part-time misto: è una forma di impiego dato dalla combinazione

delle prime due. Il lavoratore in questo caso riduce la propria attività

lavorativa sia su base giornaliera che settimanale.

L’analisi della distribuzione dei lavoratori part-time per numero di giornate

abitualmente lavorate nel corso della settimana evidenzia che in Lombardia è

diffuso prevalentemente il lavoro part-time orizzontale (figura 1.4). La maggior

parte degli occupati part-time (il 70,8% degli uomini e l’83,8% delle donne) lavora

infatti generalmente 5 o 6 giorni a settimana. La distribuzione delle giornate

lavorative risulta più distribuita nell’arco della settimana per gli uomini in quanto

una percentuale, seppur piccola di loro, lavora anche 7 giorni su 7 (il 3,2%, contro

lo 0,7% delle donne). Il part-time verticale viene utilizzato in misura maggiore

dagli uomini: il 19,1% degli uomini contro il 12,6% delle donne lavorano 3 o 4

giorni (rispettivamente 9,6% e 9,5%) a settimana, decidendo così di concentrare il

lavoro in pochi giorni settimanali.

La relativa predominanza del part-time orizzontale è confermata dalla figura 1.5 (a-

b-c) che illustra la distribuzione delle ore di lavoro degli occupati a tempo parziale

per genere, per classi di età e per livello di istruzione. La distribuzione degli

occupati a seconda dell’orario abituale di lavoro evidenzia tuttavia l’esistenza di

situazioni molto eterogenee. Innanzitutto si rilevano delle importanti differenze di

genere, per cui, mentre il grafico per gli uomini risulta piuttosto regolare (figura

1.5a), la distribuzione delle ore medie delle donne part-time presenta dei picchi in

prossimità delle 20, 25 e 30 ore. Gli occupati appartenenti alla classe di età

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36

compresa tra i 20-29 anni mostrano una distribuzione simile a quella dei 40-enni e

risultano concentrate anch’esse intorno ai tre picchi precedenti (20-25-30) (figura

1.5b). Tali linee hanno un andamento simile a quello della curva femminile del

grafico precedente, perché sono soprattutto le donne gli individui occupati a tempo

parziale appartenenti a questa fascia di età. Infine i part-timer diplomati hanno un

comportamento simile a coloro che sono in possesso solo dell’obbligo scolastico o

non hanno titoli di studio (figura 1.5c). Lavorano anch’essi soprattutto 20, 25 o 30

ore settimanali, a differenza dei laureati che non presentano una distribuzione di

orario di lavoro così netta e concentrata.

1.4 Dall’inoccupazione al lavoro part-time: un’ analisi delle

transizioni

Negli ultimi anni si è cercato di incentivare l’utilizzo del lavoro part-time quale

strumento contrattuale efficace nel favorire lo sviluppo dell’occupazione,

incoraggiando soprattutto la partecipazione della popolazione inattiva. La

disponibilità di lavoro a tempo parziale dovrebbe infatti incoraggiare nuove persone

ad offrire lavoro sul mercato, dal momento che permette di conciliare esigenze

differenti quali quelle del lavoro, della famiglia e della formazione. Si è cercato

pertanto di studiare le transizioni degli individui sul mercato del lavoro, con il

proposito di verificare se effettivamente si possano rilevare dei considerevoli flussi

dalle situazioni di disoccupazione o inattività a quelle di occupato part-time.

Nella matrice di transizione riportata nella tabella 1.15, sono stati posti in relazione

gli stati di partenza della popolazione in età lavorativa (15-64 anni) ad aprile 2001

(per riga) con gli stati di arrivo ad aprile 2002 (per colonna)4. In Lombardia, oltre

l’85% degli individui che risultano occupati a tempo parziale nel 2002, hanno

dichiarato di essere occupati anche nello stesso periodo nell’anno precedente, ma

dai dati disponibili non è possibile sapere quale tipo di contratto avessero in atto in

passato, se part-time o full-time. L’analisi evidenzia anche in questo caso

l’esistenza di comportamenti diversi tra uomini e donne: ben il 17,4% degli uomini

che risultano occupati nel 2002 a tempo parziale non offrivano lavoro l’anno

precedente, una percentuale più alta rispetto al 7,3% delle donne lombarde ed al

4 Nella rilevazione di aprile di ogni anno è prevista una domanda retrospettiva in cui viene chiesto agli

individui la loro condizione lavorativa nello stesso periodo dell’anno precedente. Le matrice di transizione

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15,3% degli uomini italiani. Gli uomini che passano dall’inattività ad un’occupazione

part-time sono per lo più gli studenti: il 9,3% degli uomini occupati part-time ad

aprile 2002 dichiara di esser stato studente nello stesso periodo nell’anno

precedente. Nel caso delle donne invece, la quota più rilevante di passaggi

dall’inattività all’occupazione part-time interessa le casalinghe: quasi il 4% delle

occupate part-time in Lombardia nel 2002 era infatti casalinga nello stesso periodo

nel 2001. L’analisi delle transizioni per genere verso il lavoro part-time conferma

che questa forma contrattuale costituisce probabilmente una forma di passaggio

dalla formazione al lavoro per gli uomini; dalla famiglia al lavoro per la donne. Si

noti tuttavia come in Lombardia una quota non esigua (3,4%) di uomini

attualmente occupati part-time si auto-dichiarasse “casalingo” l’anno precedente,

rispetto al 2% dell’Italia. In termini dinamici, in Lombardia sembrerebbe quindi

emergere anche un modello maschile di occupazione part-time volto alla

conciliazione tra famiglia e carriera.

L’analisi delle matrici di transizione per livello di istruzione (tabella 1.16) evidenza

che la disponibilità di contratti part-time aumenta la probabilità di transizione dallo

stato di inattività all’occupazione soprattutto per i bassi titoli di studio. Se si esclude

la categoria degli studenti, la quota di inattivi ad aprile 2001 che sono occupati a

tempo parziale ad aprile 2002, è infatti pari al 7,5% per gli individui che hanno al

massimo finito la scuola dell’obbligo, mentre è pari al 5% per gli individui con titolo

di studio superiore. La stessa evidenza emerge per l’Italia.

I dati a disposizione non consentono tuttavia di rilevare se il lavoro a tempo

parziale accresca effettivamente la probabilità di occupazione degli individui con

bassi livelli di istruzione, o se piuttosto, come già suggeriva l’analisi effettuata nei

paragrafi precedenti5, costituisca una forma di discriminazione verso i lavoratori

poco qualificati e quindi meno competitivi sul mercato del lavoro a tempo pieno.

discusse in questo paragrafo, sono state ricavate incrociando le risposte a questa domanda con la

condizione attuale degli intervistati.

5 Vedere pagina 11 paragrafo 1.2.1

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38

APPROFONDIMENTO 1: INCIDENZA, EVOLUZIONE E DIFFUSIONE DEI CONTRATTI DI LAVORO

PART-TIME IN ALCUNE REGIONI EUROPEE

di Simona Comi

Introduzione

I paesi industrializzati presentano quote di lavoro part-time molto diverse tra di loro e, secondo la

letteratura economica, le differenze esistenti dipendono in larga misura da differenze nella struttura del

mercato del lavoro, dalle condizioni macroeconomiche, dalle regole di assicurazione sociale, dalle

preferenze dei sindacati, dalle politiche pubbliche relative al lavoro part-time e dalle caratteristiche

socio-culturali (Bardasi e Gormick, 2000). Una caratteristica comune a tutti i paesi, è che il part-time era

e rimane tuttora un fenomeno prevalentemente femminile. Da un lato molte donne, specialmente quelle

con figli piccoli, desiderano lavorare part-time per conciliare il bisogno di lavoro con la cura dei figli, ma

dall’altro lavorando part-time esse sopportano dei costi in termini di salari orari inferiori.

Nel corso della seconda metà del secolo scorso la quota di lavoratori part-timers è cresciuta in modo

stabile in tutte le regioni europee. All’inizio degli anni 80 il part-time è stato utilizzato in acluni paesi

europei come strumento per incoraggiare le donne sposate a lavorare in un periodo di scarsità della

forza lavoro. Ovviamente queste donne combinavano la loro attività domestica (responsabilità primaria)

con l’attività sul mercato del lavoro e il loro era il secondo reddito (per importanza ) della famiglia. Più

recentemente, il lavoro part-time è stato considerato anche uno strumento utile per la riduzione della

disoccupazione di massa Europea e per aumentare il tasso di occupazione, ma l’evidenza empirica ha

mostrato che ha avuto effetti principalmente sulla partecipazione e sull’occupazione mentre ha avuto un

minor effetto rispetto alle attese sulla disoccupazione (Rubery ed altri, 1997)

L’uso dello strumento part-time ai fini delle politiche di espansione della partecipazione consiste in

incentivi alle imprese (sgravi fiscali) che ricorrono al lavoro part-time, ma in Italia questo tipo di

rapporto di lavoro è stato favorito e sviluppato solo in tempi recenti e siamo ancora indietro rispetto agli

altri paesi europei (Dell’Aringa, 2003).

In questo approfondimento si confronta la Lombardia con alcune regioni europee, tra cui le altre “regioni

motore” d’Europa, che sono tra le maggiori regioni europee per ampiezza territoriale, demografica ed

economica, hanno un elevato grado di sviluppo economico ed un elevato grado di apertura ai mercati

esteri.

Le quattro regioni sono la Lombardia, la Catalunia, il Rhone Alpes e il Baden-Wurttemberg. Nessuna di

queste regioni è sede di una capitale nazionale e quindi esse hanno un carattere meno amministrativo e

più rivolto al mercato delle attività economiche. Vengono inserite nell’analisi anche tre regioni del nord

Europa, area identificata dalla letteratura economica come tipicamente caratterizzata da elevate quote di

lavoro part-time femminile, la Danimarca, che come vedremo rappresenta una sorta di best practice in

termini del mercato del lavoro femminile facendo registrare elevatissimi tassi di partecipazione; l’Olanda,

che è un paese in cui il la partecipazione femminile al mercato è stata incoraggiata nel corso degli ultimi

decenni attraverso massicce agevolazioni al lavoro part-time, e l’area di Londra, caratterizzata da una

società multi-etnica e con una struttura economica prevalentemente di tipo terziario e commerciale e

che quindi costituisce un interessante termine di paragone rispetto ai quattro motori d’Europa. Infine la

Lombardia verrà confrontata anche con alcune regioni Italiane per meglio comprendere il fenomeno del

part-time in presenza delle stesse caratteristiche istituzionali.

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39

Incidenza del lavoro part-time

E’ possibile vedere dalla tabella 1 che le regioni oggetto di studio presentano tassi di lavoro part-time

diversi tra loro. La Lombardia presenta una quota di lavoro part-time globale molto modesta se

paragonata alle altre regioni e alla media europea. Il part-time in Lombardia ha una bassissima incidenza

sul lavoro maschile e femminile, solo il 2,55% degli uomini che lavorano in Lombardia hanno un lavoro a

tempo ridotto, contro il 6% dell’Europa e solo il 18% delle occupate in Lombardia lavora a tempo ridotto,

una bassissima quota se paragonata alle altre regioni e quasi la metà della media europea.

Dall’osservazione della tabella 1 possiamo concludere senza dubbio che, indipendentemente dalla

diffusione, il part-time rimane quasi esclusivamente un fenomeno femminile: infatti in media in Europa

l’80% dei lavoratori part-time sono donne. La forte caratterizzazione di genere del part-time è legata al

progressivo aumento della partecipazione femminile al mercato del lavoro in tutti i paesi OECD a partire

dagli anni 60 del secolo scorso, trend che è stato guidato dalla flessibilizzazione dell’orario di lavoro, che

ha permesso alle donne di avere un’alternativa in più rispetto alla scelta tra il lavoro full-time o il non

lavoro. Per questo motivo il part-time è un fenomeno tipicamente femminile, e l’esigua quota di uomini

che lavorano part-time lo fanno all’inizio della loro vita lavorativa o durante gli studi e alla fine, magari

mentre aspettano o già percepiscono la pensione d anzianità (Samek e Semenza, 2000). Per questo

motivo nei paragrafi seguenti concentreremo la nostra analisi sul part-time femminile.

Tabella 1 - Quota di lavoro part-time sull’occupazione totale e caratterizzazione per genere,

1999 (valori percentuali)

Quota di lavoro

part-time (uomini e donne)

Incidenza part-time maschile(1)

Incidenza part-time femminile

(2)

Donne part-time su part-time

totale (3)

Lombardia 8,54 2,55 17,98 81,82

Danimarca 20,75 9,55 33,89 75,18

Baden W 21,09 5,22 41,69 86,04

Catalunia 9,44 3,55 18,52 77,17

Rhone Alpes 19,76 5,98 37,07 83,17

Olanda 37,31 16,09 66,9 74,88

Londra 20,95 10,29 34,04 72,94

Europa 15 17,6 6,11 33,32 80,01

Note (1): uomini lavoratori part-time su occupazione maschile. (2) Donne che lavorano part-time su occupazione femminile. (3) Donne part-time su occupati part-time.

Come è stato già discusso nell’introduzione di questo rapporto, nel corso della seconda metà del secolo

scorso diverse teorie economiche e sociologiche hanno cercato di spiegare come mai siano

principalmente le donne a lavorare part-time e come mai nelle diverse aree geografiche il part-time sia

utilizzato in quantità così diverse. Le differenze esistenti nella struttura sociale svolgono un ruolo

centrale per spiegare le differenze esistenti nelle diverse aree geografiche oggetto di studio. Il dibattito

su questi temi si è sviluppato in seguito alla classificazione dei Welfare states attuata da Esping-

Andersen (1990). Egli ricolloca la decisione di partecipazione femminile studiandola come l’effetto delle

preferenze individuali ma soprattutto degli incentivi creati dalle istituzioni e dalle politiche sociali attuate

dai governi. Così per esempio, i paesi socio-democratici (es. Danimarca) hanno un maggiore sensibilità

nel fornire servizi di cura per i bambini piccoli pubblici dei paesi liberisti (UK, USA) ed in questo modo

riescono anche ad aumentare la domanda di lavoro femminile nel settore dei servizi. Infine è molto

importante per la comprensione delle differenze esistenti nel comportamento femminile nelle regioni

oggetto di studio la teoria della cosidetta “leva dell’istruzione” (Crompton e Sanderson, 1990) che ritiene

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il livello di istruzione della donna capace di determinare completamente il grado di attaccamento al

mercato del lavoro. Le donne più istruite mantengono maggiori legami con il mercato del lavoro, anche

in presenza di maternità, delle donne con livelli di studio medio bassi. E ciò avviene perchè l’istruzione

più elevata da accesso a lavori migliori e meglio retribuiti e riduce i vincoli della maternità. Ma

nonostante il benefico effetto dell’istruzione si faccia sentire in tutti i paesi, si osservano anche all’interno

delle donne più istruite comportamenti che differiscono da paese a paese e che dipendono dalle

istituzioni e dal welfare state della regione in questione.

L’occupazione femminile e il lavoro part-time: fatti e trend

Come abbiamo già visto, il part-time è stato lo strumento utilizzato dai governi per aumentare la

partecipazione femminile al mercato del lavoro poichè offre alle donne una possibilità in più rispetto alla

classica scelta duale del lavorare a tempo pieno o del non lavorare. Ci aspettiamo quindi che in quelle

regioni dove il tasso di occupazione femminile è maggiore sia anche maggiore il ricorso al lavoro a tempo

ridotto. Ed infatti in tabella 2 è possibile vedere che le regioni che hanno un tasso di occupazione

femminile vicino al 50% hanno quote di lavoro part-time più elevate, dove invece il tasso di occupazione

è intorno o inferiore al 40% il part-time rappresenta una quota inferiore del lavoro femminile. L’Olanda

con una partecipazione del 44% e una quota di part-time superiore al 60% è un’eccezione a questa

regola a causa delle politiche del lavoro attuate a partire dalla metà degli anni 80.

Tabella 2 - Indicatori sulla situazione occupazionale femminile per area geografica. 1999.

Tasso di

occupazione femminile(1)

Donne occupate su totale occupati

Donne occupate full time su totale occupati full-time

Quota di donne che lavorano

part-time

Lombardia 40,21 38,87 34,86 17,98

Danimarca 55,81 46,04 38,41 33,89

Baden W 48,23 43,53 32,17 41,69

Catalunia 37,39 39,31 35,37 18,52

Rhone Alpes 51,63 44,34 34,78 37,07

Nl 44,91 41,75 22,04 66,91

Londra 47,34 44,89 37,45 34,04

Italia 38,1 (2) 36,37 33,28 15,72

Europa 15 52,50(2) 42,34 34,27 33,51

Note (1) calcolato come occupazione femminile su popolazione di età compresa tra i 15 e i 64 anni. (2) Fonte OECD Employment Outlook 2001

La Lombardia ha un tasso di occupazione femminile modesto, inferiore alla media Europea ma superiore

alla media italiana. Il consiglio di Lisbona ha previsto un target di occupazione generale del 70 percento

per il 2010, siccome il tasso di occupazione generale e quello maschile erano nel 1999 rispettivamente il

52,5 e il 67,1 è quindi chiaro che le politiche di incremento della partecipazione dovranno rivolgersi

prevalentemente alle donne. La composizione dell’occupazione totale per genere della Lombardia è solo

leggermente inferiore a quella europea ma può essere considerata molto inferiore se paragonata a quella

di regioni come la Danimarca,il Baden Wuttemberg o il Rhone Alpes. La composizione dell’occupazione

full-time lombarda invece è molto simile a quella delle altre aree geografiche (ad eccezione della

Danimarca). Questo fatto è meglio compreso se si considera che relativamente poche delle donne che

lavorano svolgono un lavoro a tempo ridotto rispetto alle altre regioni. In Lombardia infatti solo il 18%

delle donne occupate lavorano part-time. Questa evidenza è confermata anche applicando le definizioni

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standard OECD del part-time basate sul numero di ore lavorate (meno di 30 ore settimanali6. Questa

percentuale è però superiore alla media italiana. In Italia il processo di flessibilizzazione dell’orario di

lavoro, è cominciato in ritardo rispetto agli altri paesi europei ed è stato molto più lento. Da un lato i

sindacati hanno osteggiato la riduzione dell’orario di lavoro che a loro avviso avrebbe potuto ridurre la

coesione dei lavoratori creando due gruppi di lavoratori diversi (Del Boca, 2002). Dall’altro lato si deve

segnalare anche una mancanza di incentivi all’utilizzo del part-time nelle legislazioni che si sono

susseguite nel corso del tempo7.

Dalla figura 1 possiamo vedere l’evoluzione temporale dall’inizio degli anni novanta ad oggi della

partecipazione femminile e della percentuale di lavoratrici part-time. In generale si nota che la

partecipazione femminile al mercato del lavoro è aumentata costantemente a partire dagli anni 80 in

tutte le regioni, mentre la quota di lavoratrici part-time è cresciuta prevalentemente a partire dagli anni

90 in quasi tutte le regioni, ma con velocità di crescita diverse da regione a regione. Fagan, Rubery e

Smith (1998) mostrano che in generale una quota significativa della crescita dell’occupazione è dovuta

all’espansione del lavoro part-time. Più di quattro quinti (4/5) della creazione netta di nuovi posti di

lavoro nell’Unione Europea (E10) dal 1983 al 1994 erano posti di lavoro a tempo ridotto.

Figura 1: Evoluzione della partecipazione femminile e del part-time

6 Si veda il capitolo 1 del presente rapporto

7 Si veda il capitolo 3 del presente rapporto

Evoluzione della partecipazione femminile e del partimeanno

tasso di attivita' quota di partimeLombardia

0

.2

.4

.6

.8

Danimarca BadenW

Catalunia

0

.2

.4

.6

.8

Rhone A

1980 1985 1990 1995 2000

Olanda

1980 1985 1990 1995 2000Area Londra

1980 1985 1990 1995 20000

.2

.4

.6

.8

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La Lombardia mostra una crescita della percentuale di donne part-timers dall’inizio degli anni 90, periodo

in cui si è cominciato a ricorrere maggiormente al lavoro part-time, ma la crescita è stata lenta e il livello

raggiunto è ancora molto basso se confrontato con gli altri paesi. L’Olanda è il paese in cui la quota di

lavoratrici part-time è cresciuta di più, studi compiuti sul fenomeno Olandese mostrano che quasi il 60%

dei lavoratori low paid che percepiscono quindi salari orari appartenenti alle fasce più basse della

distribuzione del reddito, lavorano tempo ridotto (Salverda, 2003). Lo stesso fenomeno è stato osservato

in altri paesi OECD, quali per esempio la Germania e il Regno Unito, dove il 50 % dei lavoratori low paid

sono part-timers. La dimensione di questo fenomeno però non impensierisce molto gli organismi di

politica economica poichè la stragrande maggioranza di queste donne sono second-earners, quindi i loro

redditi si aggiungono a quelli di altri componenti, ma non sono i redditi principali della famiglia

(Salverda, 2003). In Catalunia la quota di lavoratrici part-time, dopo una lieve flessione a cavallo del

1990, è rimasta costante intorno al 18%. Un altro fenomeno degno di nota è la diminuzione delle donne

Danesi che lavorano part-time. Questa è un’inversione di tendenza molto studiata e imputata sia al costo

in termini di salari orari ridotti e alla necessità di redditi mensili più elevati che stanno lentamente

spostando le donne dal lavoro part-time a quello full-time, sia all’aumento del livello di istruzione della

popolazione femminile che genera un maggior attaccamento al mercato del lavoro.

Possiamo comunque concludere che il part-time è cresciuto in quasi tutte le regioni e, le cause di questa

crescita sono varie e strettamente interrelate tra di loro. Una migliore comprensione permetterebbe di

comprendere perchè la Lombardia presenta un modesto tasso di lavoro part-time. Esistono molteplici

fattori, sia dal lato della domanda che da quello dell’offerta si sono evoluti in modo diverso da regione a

regione. Prima di tutto i mercati del lavoro nelle regioni oggetto di studio hanno subito profonde

modifiche strutturali, la più evidente di tutti è la crescita del settore dei servizi. Il settore dei servizi

impiega di gran lunga una quota maggiore di lavoro part-time rispetto agli altri settori, infatti nel 1996

l’86% dei lavoratori part-time in Europa lavorava nel settore dei servizi. Nei dati a nostra disposizione

possiamo suddividere i lavoratori in tre settori: agricoltura, industria e servizi.

Tabella 3 - struttura dell’occupazione maschile e femminile per settore e area geografica-

1999 (valori percentuali)

Occupazione maschile Occupazione femminile Regione

Agricoltura Industria Servizi Agricoltura Industria Servizi

Lombardia 2,72 48,86 48,42 1,09 28,94 69,97 Danimarca 4,91 36,74 58,35 1,46 15,42 83,12 Baden W 2, 53,22 43,97 2,07 26,14 71,79 Catalunia 4,40 48,79 46,80 1,97 19,06 78,98

Rhone Alpes 4,33 40,94 54,72 2,59 16,17 81,24 Nl 3,89 31,42 64,69 2,26 9,64 88,10 Londra 0,40 21,65 77,96 0,08 9,15 90,77 Europa 15 5,14 39,21 55,42 3,49 15,61 80,52

In tabella 3 possiamo vedere come gli occupati e le occupate si distribuiscono nei tre settori. Le donne in

ogni regione sono più concentrate nel settore dei servizi che in quello dell’industria, mentre questo non è

sempre vero per gli uomini, infatti in Lombardia, Baden W e Catalunia la quota maggiore di occupati è

impiegata nell’industria. La Lombardia si distingue dalle altre regioni per la maggiore quota di donne

nell’industria e di conseguenza ,a parità dell’esigua quota di donne impiegata nell’agricoltura, la minore

quota nei servizi. Essendo il settore dei servizi il settore a più alta intensità di lavoro part-time ed

essendo esso di dimensioni inferiori in Lombardia che nelle altre regioni, questa potrebbe essere una

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delle cause del modesto livello di part-time. In quasi tutti i paesi industrializzati si è assistito al

progressivo accrescimento del settore dei servizi nel corso dell’ultimo trentennio del secolo scorso a

scapito prevalentemente dell’industria, come possiamo vedere in figura 2. In tutte le regioni oggetto di

studio la quota di occupazione totale (maschile e femminile) nei servizi è cresciuta, mentre è diminuita

nell’industria.

Figura 2: Composizione dell’occupazione totale

Mentre tutte le altre regioni all’inizio degli anni 80 avevano già subito il processo di terziarizzazione che

ha caratterizzato la seconda metà del secolo scorso, la Lombardia, il Baden Wuttemberg e la Catalunia

all’inizio degli anni ottanta avevano una struttura produttiva che era equamente suddivisa tra industria e

servizi. In seguito il settore dei servizi ha preso il sopravvento sull’industria in modo netto in Catalunia e

molto meno in Lombardia e in Baden Wuttemberg.

In Lombardia la riduzione del settore dell’industria e la crescita dei servizi è cominciata a metà degli anni

80 quando però il part-time era ancora relativamente poco diffuso come contratto di lavoro e quindi

probabilmente è avvenuta senza un eccessivo impiego di lavoro part-time, mentre nel Baden

Wuttembreg la contrazione dell’industria e l’espansione dei servizi è cominciata a cavallo del 1990,

quando il lavoro part-time era già relativamente più diffuso e probabilmente alcuni dei nuovi posti di

lavoro creati nei servizi erano part-time. A conferma di ciò è possibile vedere in figura 1 che in

corrispondenza degli anni 1990 in Baden W il part-time è cresciuto dal 31% al 37% dell’occupazione

femminile in un paio di anni (1989-1991).

E’ indubbio comunque che in Lombardia più che altrove l’occupazione femminile nel corso del tempo si

sia spostata verso i servizi come è possibile vedere dalla figura A1 in appendice, ma nonostante questo

lento e continuo spostamento, dato il basso livello di occupazione femminile, il settore dei servizi rimane

in Lombardia a prevalenza maschile, poichè le donne nel 1999 era solo il 47% dell’occupazione totale del

settore, contro il 52% della media Europea e il 56% del Baden Wuttemberg.

Figura2: Composizione dell'occupazione totaleanno

Industria Agricoltura Servizi

Lombardia

.1

.2

.3

.4

.5

.6

.7

.8

Danimarca BadenW

Catalunia

.1

.2

.3

.4

.5

.6

.7

.8

Rhone A Olanda

1980 1985 1990 1995 2000Area Londra

1980 1985 1990 1995 2000

.1

.2

.3

.4

.5

.6

.7

.8

Euro15

1980 1985 1990 1995 2000

Anno

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Tabella 4 - Quota di lavoratrici part-time per settore: 1983 e 2001(valori percentuali)

Quota di part-time per settore 1983 (1) Quota di part-time per settore 2001 Regione Agricoltura Industria Servizi Agricoltura Industria Servizi

Lombardia 23,1 4,7 9,7 40,5 15,8 20,7

Danimarca 20,6 32,7 47,0 25,6 13,8 34,8

Baden W 28,8 26,5 31,7 44,0 36,9 47,3

Catalunia 25,6 9,1 17,8 19,1 5,2 18,2

Rhone Alpes 32,0 15,8 23,5 38,3 16,5 38,2

Nl 65,7 38,8 50,9 69,4 58,7 71,9

Londra - - - 55,6 22,5 35,4

Europa 15 - - - 31,4 21,6 35,8

(1)1987 per la Catalunia e 1984 per il Baden W.

Infine, possiamo vedere dalla tabella 4 la quota di lavoratrici part-time per settore e la sua evoluzione

dall’inizio degli anni 80 al 2001. L’agricoltura presenta elevatissime quote di lavoratrici part-time ma

bisogna ricordare che meno del 10% delle donne occupate lavorano in questo settore.

La quota di lavoratrici a tempo ridotto si è evoluta in modo diverso nelle diverse regioni. In Lombardia, il

ricorso al lavoro part-time è aumentato dell’11% sia nell’industria che nei servizi, mentre nel Baden W.

l’aumento è stato più considerevole nel settore dei servizi (16%) a parziale conferma del trend evolutivo

descritto in precedenza.

In Olanda l’enorme crescita osservata nel lavoro a tempo ridotto si è distribuita equamente tra industria

e servizi (20%). Nel Rhone-Alpes invece la crescita del lavoro part-time è avvenuta quasi

esclusivamente nel settore dei servizi.

Un confronto con le regioni italiane

Il confronto della Lombardia con le altre regioni Italiane mette in luce differenze consistenti e quindi

tende ad attenuare gli effetti legati alle caratteristiche del sistema di welfare nazionale.

Possiamo vedere in tabella 5 che le varie regioni italiane presentano una realtà molto eterogenea

nell’utilizzo del lavoro a tempo ridotto: la regione con la maggior quota di lavoro temporaneo è il

Trentino Alto Adige con il 27 percento e quella con la minor quota è la Campania, con l’11%.

In generale si osserva che le regione del Nord, l’Umbria e le Marche hanno tassi di part-time superiori al

15%, mentre le regioni del Centro e del Sud ad esclusione di Sicilia e Sardegna hanno tassi di part-time

inferiori al 15%.

In tabella è riportato il tasso di partecipazione femminile ed è possibile vedere una relazione stretta tra i

due tassi: tassi di partecipazione superiori al 50 % si accompagnano a incidenze del lavoro a tempo

ridotto intorno al 20% mentre tassi di partecipazione inferiore al 45% sono osservati dove l’incidenza del

part-time è inferiore al 15%.

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Tabella 5 - Struttura settoriale, incidenza del part-time e partecipazione femminile per

regione 2001(valori percentuali)

Regione Incidenza del part-

time femminile Tasso di

partecipazione

Quota di occupati (M+F) nel settore

servizi

Piemonte 16,0% 55,2 58,4

Liguria 20,1 51,2 73,2

Lombardia 18,9 53,7 57,5

Trentino Alto Adige 27,4 56,8 65,4

Veneto 21,0 53,2 55,9

Emilia Romagna 15,4 61,0 58,2

Friuli Venezia Giulia 20,5 54,3 66,5

Toscana 19,4 54,7 61,7

Umbria - Marche 18,0 54,2 56,7

Lazio 13,8 46,4 77,8

Campania 11,7 34,9 68,5

Abruzzo-molise 15,4 45,1 61,7

Puglia-Basilicata-Calabria

13,8 38,0 63,6

Sicilia- Sardegna 18,2 38,1 70,0

Italia 17,4 47,5 63,1

Nella terza colonna riportiamo la quota di occupati nel settore servizi (sull’occupazione totale), per dare

una misura della struttura produttiva della regione (predominanza o meno di servizi). Mentre nel

confronto internazionale la composizione settoriale dell’occupazione risultava essere strettamente

connessa al livello di impiego del part-time, nel confronto regionale italiano lo stretto legame che

avevamo evidenziato non è più così evidente, ad eccezione di Trentino e Sicilia e Sardegna, esso appare

inoltre a tratti invertito come nel Lazio, dove i lavoratori sono prevalentemente occupati nella pubblica

amministrazione, ma il part-time rimane uno strumento scarsamente utilizzato.

Conclusioni

Dal confronto con altre regioni d’Europa emerge fortemente come la Lombardia il part-time rimanga una

tipologia contrattuale scarsamente utilizzata. In tutte le regioni considerate il part-time è un fenomeno

quasi esclusivamente femminile e la contenuta, se confrontata con quella delle altre regioni europee,

partecipazione delle donne Lombarde al mercato del lavoro può essere una prima caratteristica

peculiare. L’uso del part-time ai fini delle politiche di espansione della partecipazione consiste in incentivi

alle imprese (sgravi fiscali) che ricorrono al lavoro part-time, ma in Italia questo tipo di rapporto di

lavoro è stato favorito e sviluppato solo in tempi recenti e siamo ancora indietro rispetto agli altri paesi

europei. Di conseguenza si osserva che in Lombardia il part-time è cresciuto a partire dagli anni 90 ,

come in tutte le altre regioni, ma più lentamente. Unica eccezione rimane la Danimarca, dove la quota di

lavoratrici part-time sta diminuendo, poichè il part-time ha perso la sua importanza come strumento di

flessibilità non essendo più l’unico strumento disponibile per poter conciliare la cura della famiglia e la

partecipazione al mercato del lavoro.

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Esistono molteplici fattori, sia dal lato della domanda che da quello dell’offerta ,che si sono evoluti in

modo diverso da regione a regione. I mercati del lavoro nelle regioni oggetto di studio hanno subito

profonde modifiche strutturali, la più evidente di tutti è la crescita del settore dei servizi. Il settore dei

servizi impiega di gran lunga una quota maggiore di lavoro part-time rispetto agli altri settori, infatti nel

1996 l’86% dei lavoratori part-time in Europa lavorava nel settore dei servizi. Mentre tutte le altre

regioni all’inizio degli anni 80 avevano già subito il processo di terziarizzazione che ha caratterizzato la

seconda metà del secolo scorso, la Lombardia, il Baden Wuttemberg e la Catalunia all’inizio degli anni

ottanta avevano una struttura produttiva che era equamente suddivisa tra industria e servizi. In seguito

il settore dei servizi ha preso il sopravvento sull’industria in modo netto in Catalunia e molto meno in

Lombardia e in Baden Wuttemberg. In Lombardia la riduzione occupazionale nell’industria e la crescita

dei servizi è cominciata a metà degli anni 80 quando però il part-time era ancora relativamente poco

diffuso come contratto di lavoro e quindi probabilmente è avvenuta senza un eccessivo impiego di lavoro

part-time. Inoltre, in Lombardia il settore dei servizi non è un settore a prevalenza di donne come

accade nelle altre regioni, ma rimane un settore ad alto contenuto di lavoro maschile.

Se confrontata con le altre regioni italiane la Lombardia presenta una quota di lavoratrici part-time

intermedia e mentre nel confronto internazionale la composizione settoriale dell’occupazione risultava

essere strettamente connessa al livello di impiego del part-time, nel confronto regionale italiano lo

stretto legame che avevamo evidenziato non è più così evidente, ad eccezione di Trentino e Sicilia e

Sardegna.

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APPROFONDIMENTO 2: ANALISI LONGITUDINALE DEI PERCORSI LAVORATIVI E DEI

DIFFERENZIALI RETRIBUTIVI DEGLI OCCUPATI PART-TIME - DATI INPS. 1993-1998.

di Claudio Malpede

Lavoro part-time e carriere individuali nel settore privato

I dati Inps utilizzati per le analisi seguenti permettono sia l'identificazione delle persone occupate a

tempo parziale sia l'analisi delle loro carriere come dipendenti di imprese del settore privato. In questo

senso, rispetto ad altre fonti statistiche, ci si riferisce riferendosi all'universo più limitato (lavoro

dipendente nel settore privato), dei dati INPS.

Più specificamente i dati utilizzati in questa parte provengono dal panel di lavoratori e imprese, costruito

sulla base degli archivi INPS; se ne sfrutta la natura longitudinale per studiare le carriere lavorative di

chi lavora a tempo parziale, lungo un periodo di sei anni consecutivi (1993-1998).

I dati panel consentono di analizzare e di far luce su diversi aspetti che non è possibile cogliere con una

rilevazione di tipo cross-section:

Il grado di "fedeltà" a questo tipo di contratto: quante (e quali) persone appaiono lavorare solo con

contratti a tempo parziale? chi invece lavora anche a tempo pieno ma prevalentemente a part-time?

o al contrario, per quanti il part-time rappresenta un episodio occasionale, all'interno di una carriera

in cui prevale il tempo pieno?

La condizione occupazionale precedente e quella successiva ad un rapporto di lavoro part-time.

La stabilità del lavoro part-time: quanto durano i rapporti di lavoro part-time? I lavoratori part-time

sono più o meno mobili dei lavoratori full-time?

La probabilità di passare da una situazione lavorativa a tempo parziale a una a tempo pieno.

Il part-time nel lavoro dipendente del settore privato

La quota di lavoratori dipendenti part-time in Italia è passata da meno dell'1% dei primi anni '80 ad oltre

l'8% di questi ultimi anni. Anche in Lombardia il lavoro part-time è cresciuto costantemente, a partire da

livelli appena superiori, e seguendo gli andamenti nazionali.

La tabella A1 in Appendice mostra la distribuzione dei lavoratori occupati a tempo parziale e a tempo

pieno in Lombardia per alcune caratteristiche individuali e di impresa nel 1993 e nel 1998 (gli estremi del

periodo a disposizione).

Il lavoro a tempo parziale si trova in prevalenza tra le donne, gli impiegati, nella fascia di età 30-40, tra i

lavoratori del settore dei servizi e in particolare nel comparto del commercio e dei servizi alle imprese, e

nelle imprese di medio-grandi dimensioni.

Il confronto tra il primo e l'ultimo anno disponibili permette di rilevare eventuali cambiamenti nelle

tipologie di lavoratori o di imprese che fanno ricorso al lavoro part-time. In linea di massima non

sembrano emergere sostanziali variazioni nel tempo per quel che riguarda le principali caratteristiche

personali degli occupati a tempo parziale; quanto invece alla dimensione di impresa, si nota come la

concentrazione di part-time si sia andata spostando da imprese di medie dimensioni verso imprese di

dimensioni maggiori.

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Metodologia dell'analisi longitudinale e descrizione del campione

La serie temporale di 6 anni a disposizione consente di costruire un campione di individui part-time per i

quali ricostruire le informazioni sulla carriera tra 1993 e 1998. La metodologia utilizzata prevede due

fasi. Inizialmente si selezionano tutti coloro che nel 1996 hanno un rapporto di lavoro a tempo parziale

in Lombardia8; successivamente si recupera tuta la loro storia lavorativa tra 1993 e 1998.

La scelta del 1996 come 'anno base' dipende dalla necessità di avere il maggior numero di anni possibile,

in relazione alla storia retrospettiva e a quella prospettiva. In tal modo i dati coprono due anni successivi

all'osservazione base, e tre anni precedenti. Il campione così costruito conta 2275 individui. Le sue

caratteristiche rispecchiano le caratteristiche medie degli occupati dipendenti part-time già illustrate. In

particolare è costituito per l'80% da donne; tra gli uomini prevalgono le qualifiche operaie, tra le donne

quelle impiegatizie. Infine, come già evidenziato, c'è una netta differenziazione tra i sessi per quel che

riguarda le età: mentre gli uomini sono in prevalenze giovani sotto i 30 anni (56%), i 2/3 delle donne ha

più di trent'anni.

Da dove arriva chi lavora a tempo parziale? Dove va?

Il primo aspetto della carriera dei lavoratori part-time che viene studiato riguarda la provenienza e l'esito

da un punto di vista occupazionale di un contratto part-time. È questo il punto di partenza per poter

trarre delle conclusioni sulla natura temporanea o ricorrente di un contratto a tempo parziale nella

carriera dei lavoratori. I dati panel consentono di individuare cinque "stati" possibili precedenti al

rapporto di lavoro part-time osservato nel 1996, definiti in questo modo:

ORIGINE

1. da non occupazione dipendente (n.o.d.) 9

2. presenti dall'inizio del panel (gennaio '93) nella stessa impresa, a part-time

3. da un'altra impresa, a part-time

4. da una trasformazione da full a part-time nella stessa impresa

5. da un'altra impresa, a full-time

8 Per rapporto di lavoro si intende il periodo continuativo durante il quale si instaura una relazione univoca lavoratore -

impresa, in ogni mese del periodo di osservazione.

9 Lo stato "non occupazione dipendente" può corrispondere:

- ad un'uscita dalle forze di lavoro

- ad un periodo di disoccupazione

- a lavoro autonomo

- a impiego nella pubblica amministrazione, o in settori non coperti dall'archivio INPS.

È importante tenere presente l'effetto troncamento: in prossimità della fine del periodo d'osservazione (nel nostro caso

il dicembre 1998) si osservano delle uscite dall'occupazione dipendente che non sono tali, bensì passaggi da un'impresa

all'altra, in quanto è possibile che la persona in questione, ad esempio all'inizio del 1999, risulti assunta da un'altra

impresa.

Analoga cautela vale, in modo del tutto simmetrico, per l'inizio del periodo di osservazione (gennaio 1993).

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In modo del tutto simmetrico si sono definiti cinque stati di destinazione ("esiti") dello stesso rapporto di

lavoro part-time:

ESITI

1. a non occupazione dipendente (n.o.d.)

2. presenti sino alla fine del panel (dic. '98) nella stessa impresa, a part-time

3. trasformazione da part a full-time nella stessa impresa

4. a un'altra impresa, a full-time

5. a un'altra impresa, a part-time

Si precisa che gli stati di origine (esito) si riferiscono soltanto all'ultimo (primo) rapporto di lavoro

precedente (successivo) il part-time del 1996.

I lavoratori part-time sono distinti per sesso ed età. Il discrimine scelto è quello dei 30 anni, sotto

l'ipotesi che, in specie per le donne, possa essere una buona approssimazione del "confine" tra eventuali

"modelli" differenti di lavoro part-time: tra la fase dell'ingresso nel lavoro (per qualunque livello di titolo

di studio, anche elevato) e quella dell'esigenza di maggior tempo libero (ad esempio per la cura dei

familiari); e forse tra la natura episodica, transitoria dell'occupazione a tempo parziale e il

consolidamento di tale stato (per scelta o per "condanna").

Osservando la tabella A2 in Appendice, non può stupire che la quota di chi arriva dalla non occupazione

dipendente sia maggiore tra gli under-30 (cioè nella fascia in cui è più plausibile che si osservi il primo

ingresso sul mercato del lavoro); tuttavia forti differenze si riscontrano tra uomini e donne,

rappresentando tale origine la modalità prevalente per il 55% degli uomini sotto i 30 anni, mentre lo è

solo per il 41% delle donne.

La quota di chi arriva da un precedente lavoro part-time è maggiore per le donne, e, all'interno di

entrambi i sessi, per i meno giovani. All'interno di questo gruppo, la percentuale di chi è presente

continuativamente nella stessa posizione (già part-time nella stessa impresa) è più bassa tra i giovani: si

tratta di un risultato atteso, dovuto da un lato alla già citata alta probabilità di primi ingressi, dall'altro

alla maggiore mobilità tipica dei giovani. Si passa dall'8% tra i giovani maschi, al 43% tra le donne over-

30. Quest'ultimo risultato dato va interpretato con cautela: si può soltanto affermare che il 43% delle

donne con più di 30 anni dal 1993 al 1996 è dipendente part-time della stessa impresa. Con tutta

probabilità, poter disporre di uno sguardo retrospettivo più ampio avrebbe abbassato di molto tale

quota.

La provenienza dal lavoro a tempo pieno, infine, considerata nel complesso, ha la massima frequenza tra

gli uomini over-30 e la minima tra le donne over-30; ma in entrambi i gruppi di età la trasformazione del

rapporto di lavoro all'interno della stessa impresa è più rara che per le donne (coerentemente con l'idea

che per molte lavoratrici il tempo parziale costituisca una scelta volontaria).

La tabella A3 presenta gli esiti del part-time '96 per varie caratteristiche. Al rapporto part-time osservato

segue un periodo di non occupazione dipendente più frequentemente per gli uomini che per le donne,

mentre appare trascurabile la differenza tra classi di età. Nell'interpretare questo dato, è da tenere

presente che questo esito potrebbe essere condizionato dall'effetto di troncamento del panel: nei due

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anni successivi al part-time 1996 non ritroviamo nel lavoro dipendente il 27% delle donne e il 31% degli

uomini10, ma non esistono tuttora informazioni sull'eventuale rientro nel lavoro dipendente dopo il 1998.

Rimangono invece nel part-time ben il 58,7% delle donne sopra i trent'anni, e il 45,2% delle giovani. Di

queste un'ampia maggioranza (rispettivamente il 48,2 e il 31,3 del totale) resta nella stessa impresa.Tra

gli uomini le percentuali di permanenza nel part-time sono ridotte, solo 35 uomini su 100 rimangono

part-time, 24 su 100 non cambiano impresa.

Il dato sembra rilevare un diverso 'approccio' al tempo parziale tra donne ed uomini. Per le prime si

tratta di un'occupazione stabile, probabilmente gradita e quindi scelta, per i secondi il part-time si

manifesta come occupazione di passaggio.

L'esito "lavoro a tempo pieno" è infatti molto più frequente per i maschi. Ma la differenza prende forma,

più che nelle trasformazioni del contratto all'interno della stessa impresa, nella diversa probabilità di

cambiare impresa e contratto: il 30% degli uomini under 30, contro il 21% per le donne della stessa

fascia di età cambia impresa e tipo di contratto; sopra i 30 anni le analoghe percentuali sono il 10,8%

per gli uomini, contro l' 8,6% delle donne.

La mobilità da un'impresa all'altra appare qui maggiore per i giovani di entrambi i sessi, a differenza di

quanto emerge nei passaggi ad un nuovo rapporto di lavoro part-time: ammesso che vi siano margini di

scelta, i giovani all'inizio della carriera preferiscono lavorare a tempo pieno?

Una considerazione particolare meritano le trasformazioni dei rapporti lavoro da tempo pieno a tempo

parziale e viceversa. Confrontando i dati si osserva come il numero complessivo di provenienze da un full

time nella stessa impresa (346) sia più che doppio del numero di passaggi a un full time nella stessa

impresa (167), ciò suggerisce una pratica da parte dell'imprese, di utilizzo del contratto part-time come

riserva di flessibilità nella gestione della manodopera. Chi viene assunto con un contratto a tempo

parziale ha maggior difficoltà a incrementare la quantità di lavoro prestata, mentre coloro che intendono

ridurre le ore di lavoro sembrano relativamente più agevolati.

Se però introduciamo dei vincoli nella durata del rapporto di lavoro analizzato i risultati cambiano. La

tabella A4 sintetizza la carriera di lavoratori che nel 1993 sono assunti da un’impresa e almeno sino al

1998, sono ancora alle sue dipendenze.

Su 1.404 casi, il 91,3% inizia con un full-time, l’8,7% con un part-time. Quasi il 96% dei casi non

cambia il tipo di lavoro nel periodo considerato (88,96% inizia full-time e finisce full-time, 6,98% inizia e

finisce con un part-time).

Sono solo 33 su 1.282 i full-time che riducono la quantità di lavoro prestata, mentre è

proporzionalmente molto maggiore il numero di part-timers che passano al tempo pieno (24 su 122).

Nonostante questi risultati non si possano confrontare direttamente con i precedenti, trattandosi di un

sub-campione di individui presenti nel panel, selezionati in base alla fedeltà all’azienda, si evidenzia

come - per questi - sia più consueto il passaggio dal part-time al full-time che non il contrario.

Si può ipotizzare che la permanenza per un lungo periodo nella stessa impresa aumenti il 'valore' del

lavoratore e favorisca lo sviluppo di politiche di gestione del personale volte alla conservazione del

10 Gli elementi a nostra disposizione ci consentono solo di definire gli estremi del periodo di n.o.d. osservabile dopo il

part-time, ovvero 1mese<= nod <= 35 mesi (per individui sempre nello stesso part-time sino a novembre 1998 - 1

mese, nod minimo - e individui che osserviamo nel 1996 solo a gennaio - 35 mesi, nod massimo).

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'capitale umano' formatosi all'interno dell'azienda. In questo senso dvnta più conveniente la

trasformazione di un contratto part-time in contratto a tempo pieno, piuttosto che l'assunzione (e il

conseguente investimento in formazione) di una nuova persona.

Contratto iniziale %

Full-time 1.282 91,3

Part-time 122 8,7

contratto dopo 5 anni %

Full-time 1.273 90,67

Part-time 131 9,33

Iniziale e finale %

Full --- Full 1.249 88,96

Full --- Part 33 2,35

Part --- Full 24 1,71

Part --- Part 98 6,98

Timing

Per coloro che cambiano impresa (sia rispetto alla provenienza che all'esito) si calcola il tempo

intercorrente tra la fine del rapporto di lavoro precedente e l'inizio del successivo (tabella A5).

Il 30,5 di coloro che provengono da imprese full-time sperimentano un passaggio diretto (job-to-job),

ovvero con attesa inferiore o uguale ad un mese, verso il rapporto part-time del 1996. Per coloro che

provengono da un part-time (sempre con un'altra impresa) la frequenza di job-to-job è molto elevata, il

62,2%.

Tralasciando i timing intermedi si nota come il 24,7% dei provenienti da full-time attende più di 13 mesi

prima di lavorare a tempo parziale, la percentuiale scende al 12,2% per chi già lavorava a tempo

parziale. Chi ha un lavoro full-time impiega più tempo ad accettare un part-time, che normalmente

comporta una riduzione drastica del monte salari annuo percepito.

La distribuzione degli esiti rispetto al timing (tabella A6) mostra una simmetria - soprattutto per chi

prosegue al lavorare part-time - con quella delle provenienze. Il 62% dei passaggi pt-pt avviene a meno

di un mese dalla conclusione del rapporto di lavoro.

Il passaggio a un lavoro full-time avviene senza attesa per il 49% degli individui coinvolti, ed è

comunque pari al 70% la percentuale di coloro che lavorano a tempo pieno entro sei mesi dalla

conclusione del part-time. Il 15,3% attende più di un anno prima di occuparsi a tempo pieno, contro il

16,2% di chi sperimenta la stessa attesa prima di iniziare un nuovo part-time.

Incrociando le provenienze con le origini (tabella A7) si possono ricercare delle eventuali particolarità nei

periodi di carriera lavorativa analizzati, centrati sul rapporto 1996. Intanto si osserva subito come la

carriera più frequente è quella di chi è impiegato con part-time prima e dopo il 1996 (23,7% degli

individui).

Fatto pari a 100 il numero di lavoratori, 15 circa passano da full-time a part-time e vi rimangono, poco

più di 9 non erano occupati e dopo il part-time tornano alla condizione di prima, poco più di 8 vivono il

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part-time come periodo di transizione tra due tempi pieni. Il 12% dei lavoratori passa dalla non

occupazione dipendente al part-time per rimanervi, mentre l'11,2% compie il percorso inverso.

Part-Time contratto di inserimento nel mondo del lavoro?

L'ingresso nel mercato del lavoro dipendente avviene generalmente tra i 15 e i 30 anni, al termine della

scuola dell'obbligo, delle scuole superiori, in concomitanza con gli studi universitari o al termine di

questi. Si parla in questo caso di (primo) ingresso. I dati a nostra disposizione non ci consentono di

attribuire con certezza ad un rapporto di lavoro la qualifica di ingresso, nonostante ciò è possibile

effettuare delle ipotesi a proposito. Così si danno delle condizioni necessarie perché il rapporto del lavoro

sia un ingresso e non una semplice assunzione:

deve trattarsi di assunzione

il lavoratore non deve mai essere presente nel panel in anni precedenti

il lavoratore deve avere un'età compresa tra 15 e 30 anni

Mentre la prima e la terza condizione sono facilmente verificabili, la terza richiede un 'atto di fede'.

Volendo identificare gli ingressi dell'anno t si tratta infatti di cercare i lavoratori 'sospetti' di inserimento

nel lavoro negli anni t-1, t-2, ..., t-n. Se non vi è traccia di loro allora la condizione è rispettata. Il

problema del panel è di avere un troncamento iniziale, per alcuni anni (t) lo sguardo retrospettivo può

essere breve (al limite n=0, quindi t-n=t) al punto da invalidare la condizione.

Convenzionalmente si pone n=4, ovvero, dato un anno t compreso nel periodo coperto dal panel, si

ricercano i lavoratori sospetti a ritroso, sino a t-4. Nel caso in cui t-4 fosse un anno non coperto dal

panel nulla si può dire circa gli ingressi in t.

Nel nostro caso, il panel usato per le elaborazioni va dal 1993 al 1998, quindi si possono fare ipotesi

sugli ingressi solo relativamente a due anni (1997,1998). Per costruire un trend di ingressi di almeno 5

anni (1994-1998), si fa ricorso anche alla versione precedente del panel, 1986-1996, che consente di

recuperare informazioni sugli ingressi relativamente al periodo 1994-199611.

Tralasciando la condizione dell'età (avere non più di 30 anni), i part-time in Lombardia nel periodo 1994-

1998 si distribuiscono come segue:

Ingressi Trasformazioni Altri Totale

1994 225 171 1.954 2.350

1995 279 145 2.177 2.601

1996 393 248 2.094 2.735

1997 309 113 2.302 2.724

1998 375 161 2.134 2.670

11 Si noti che in questo caso, non dovendo condurre analisi longitudinali, è possibile utilizzare

contemporaneamente i due panel. Il problema si pone quando si vuole seguire un individuo 'attraverso' i

due panel, essendo ancora in corso le procedure informatiche di omogeneizzazione dei codici individuali.

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Gli ingressi sono individui assunti con contratto part-time nell’anno di riferimento e che non si trovano

nel panel nei quattro anni precedenti.

Le trasformazioni si riferiscono a rapporti di lavoro nei quali si ha continuità: il lavoratore resta nella

stessa impresa, ma riduce le ore di lavoro, passando da contratto full-time a part time. Gli 'altri' sono

una categoria residuale e costituiscono la maggior parte dei part-time in essere.

Adottando invece la definizione restrittiva (lavoratori <= 30 anni che si trovano per la prima volta nel

panel) si osserva come atteso una diminuzione negli ingressi. La differenza tra ingressi e primi ingressi è

costituita da individui ‘non giovani’ che vengono assunti con part-time dopo (almeno) 4 anni trascorsi

fuori dal lavoro dipendente.

Ingressi complessivi di cui Primi ingressi

1994 225 132

1995 279 187

1996 393 268

1997 309 207

1998 375 213

Gli inserimenti nel mercato del lavoro costituiscono il 5,6% dei contratti part-time nel 1994, la

percentuale cresce negli anni successivi, nel 1998 8 part-time su 100 coincidono con il primo lavoro

dell’individuo. Le trasformazioni non presentano una particolare tendenza alla crescita, mentre è

interessante il dato degli ingressi di persone over 30: nel 1998, 6 part-time su 100 sono rappresentati

da persone che rientrano nel mercato del lavoro dopo una lunga assenza, a definire una probabile

funzione del part-time come politica di reinserimento soft.

Ingr<=30/totale part-time

Ingressi>30/totale part-time

Trasformazioni/totale part-time

1994 5,6 4,0 7,3

1995 7,2 3,5 5,6

1996 9,8 5,4 9,1

1997 7,6 3,7 4,1

1998 8,0 6,0 6,0

Tipologia: fedeli, abituali e occasionali

La disponibilità di dati che descrivono i percorsi individuali (benché limitati all'occupazione dipendente

privata) incoraggia il tentativo di delineare una tipologia del lavoro a tempo parziale, in base al ruolo che

l'evento "lavoro part-time" esercita nelle carriere individuali. Si tratta in altri termini di distinguere chi

lavora prevalentemente, o esclusivamente a tempo parziale da chi lavora perlopiù a tempo pieno, e solo

occasionalmente a part-time.

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Si utilizzano due variabili nella definizione di un criterio di discriminazione:

il tempo (numero di mesi) lavorato a part-time nel totale del periodo osservato;

la quota di tempo lavorato a part-time sul totale del tempo lavorato nel periodo.

Gli individui vengono distinti in tre gruppi:

fedeli al pt se nel periodo osservato lavorano esclusivamente a tempo parziale;

abituali se i mesi part-time sono più di 12 e la quota di part-time è superiore al 50%;

occasionali se i mesi part-time sono meno di 12 o se la quota part-time è inferiore al 50%.

Caratteristiche individuali dei tre tipi definiti

La suddivisione in tipologie permette di evidenziare con chiarezza (tabelle A8 e A9) come il ricorso al

part-time sia per l'80% dei lavoratori un evento non sporadico. Infatti oltre la metà dei lavoratori

osservati è occupato, nei 6 anni presi in considerazione, esclusivamente part-time (i "fedeli"); per un

quarto degli individui il periodo lavorato a tempo parziale supera quello lavorato a tempo pieno (gli

"abituali"); solo per il 20% dei lavoratori prevale, nell'arco di tempo osservato, l'occupazione full-time

(gli "occasionali").

Passiamo in rassegna le principali caratteristiche dei gruppi costruiti:

Occasionali: il gruppo dei part-time occasionali è quello in cui prevalgono - relativamente - gli

uomini: sono infatti occasionali il 32,4% del totale, contro il 16,8% delle donne. Inoltre, gli

occasionali sono nel complesso più giovani (età media 29,6 anni) degli abituali e dei fedeli. Tra le

qualifiche prevalgono - sempre in termini relativi - quelle operaie.

Abituali: tra i part-time abituali prevalgono lievemente le donne (26% contro il 23,7% degli

uomini) e le qualifiche impiegatizie (26,2% contro 25%); l'età è nell'insieme più elevata (33,3%)

che tra gli occasionali.

Fedeli: nel gruppo con il maggior grado di fedeltà al part-time (coloro che non lavorano mai a full-

time nel periodo) si rafforzano le differenze già emerse tra occasionali ed abituali: prevalgono

nettamente le donne (57,2% contro 43,8% degli uomini) e le età sono ulteriormente spostate verso

classi più anziane (età media 36,4 anni). Quanto alle qualifiche, non si nota una particolare

prevalenza.

Durate

Affrontiamo ora la questione della stabilità del lavoro part-time. Si intende qui chiarire se i rapporti di

lavoro part-time sono più o meno stabili di quelli full-time analizzandone le durate. Si guarda prima alla

durata dei singoli rapporti di lavoro osservati; poi a quella dell'intero periodo complessivo di

occupazione, soffermandosi per un confronto interno all'universo del part-time tra le tre tipologie

individuate.

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Durata del rapporto di lavoro

La durata dei rapporti di lavoro del campione di occupati part-time al 1996 vengono poste a confronto

con quelle di coloro che nel 1996 lavorano a tempo pieno. Poiché il periodo di osservazione va dal 1993-

1998, si possono osservare durate massime di 6 anni12. In media i rapporti di lavoro che sono part-time

nel 1996 durano circa 6 mesi in meno di quelli full-time: la durata media dei part-time è di 3 anni e 3

mesi, per i full-time, invece, di 4 anni. La differenza tra i due tipi di rapporti è ancora maggiore se si

osserva la mediana: 3 anni e 2 mesi per i part-time, 4 anni e 4 mesi per i full-time.

Durata dei rapporti lavoro: confronto part-time e full-time

N di osservazioni nel campione

Durata media (in mesi)

Deviazione standard Mediana

Full-time 23.344 48 22,6 52

Part-time 2.275 39 23,2 38

Questo significa che vi è una maggior frequenza di rapporti part-time nelle classi di durata breve e una

minor frequenza in quelle lunghe. In particolare circa il 17% dei rapporti di lavoro part-time dura meno

di un anno, rispetto al 10% dei rapporti di lavoro a tempo pieno; invece, mentre quasi un terzo dei

rapporti di lavoro a tempo pieno in essere nel 1996 durano per tutto il periodo di osservazione, ciò capita

solo per il 16% dei rapporti a tempo parziale.

Durate brevi e lunghe dei rapporti lavoro: confronto part-time e full-time

Full-time Part-time

Meno di un anno 10,21 17,05

tutto il periodo di osservazione (6 anni) 32,67 15,91

Poiché l'insieme di chi lavora a part-time ha caratteristiche assai diverse da quello di chi lavora a tempo

pieno (una per tutte: la forte prevalenza femminile), i risultati che si ottengono potrebbero essere dovuti

a un effetto di composizione più che al diverso regime di orario di lavoro. Per tenere sotto controllo tale

diversità l'analisi viene replicata separatamente in base alle caratteristiche individuali osservate (figura

1: sesso, età e qualifica). All'interno del comparto part-time , si notano sensibili differenze tra i gruppi:

gli uomini e gli operai hanno rapporti di più breve durata rispetto alle donne e agli impiegati.Inoltre, nel

confronto con il full-time - a parità di caratteristiche individuali - persistono le differenze tra durata dei

rapporti a tempo pieno e parziale. Queste sono inoltre particolarmente significative tra gli uomini e gli

operai.

Guardando ai gruppi di età, come atteso, i giovani hanno rapporti di durate inferiori ai lavoratori più

anziani, ma i rapporti di lavoro a tempo parziale sono più brevi di quelli a tempo pieno all'interno di

ciascuna classe di età. In questa analisi sono stati presi in considerazione tutti i rapporti di lavoro attivi

nel 1996. Poiché il campo di osservazione è limitato al periodo '93-'98, si osservano tra questi durate

troncate a destra e a sinistra (rapporti di lavoro iniziati prima del 1993 risultano iniziare nel 1993,

analogamente i rapporti di lavoro che finiscono dopo il 1998 risultano terminare nel 1998). Le durate

complete - per le quali è possibile individuare con esattezza l'inizio e la fine - costituiscono il 38,6% dei

rapporti di lavoro part-time e il 26,7% dei full time.

12 Nella presente analisi vengono presi in considerazione tutti i rapporti di lavoro attivi nel 1996, sia quelli di cui si

osserva esattamente l'inizio e il termine, sia quelli troncati.

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Figura 1-Le caratteristiche dei lavoratori part-time e dei lavoratori full-time

0

10

20

30

40

50

60

tutti operai impiegati uomini donne

full-timepart-time

0

10

20

30

40

50

60

<20 21-30 31-40 41+

full-timepart-time

0

10

20

30

40

50

60

F, <30 F, >=30 M, <30 M, >=30

full-timepart-time

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Se i rapporti di lavoro a tempo parziale e a tempo pieno hanno diverse durate attese, allora il

troncamento può non incidere su di essi nella stessa misura.

Per controllare questa possibile distorsione è stata condotta l'analisi anche sui soli rapporti di lavoro con

durate complete. In questo modo però si incorre in altri tipi di problemi: innanzitutto - per costruzione -

si sovrastima la frequenza di rapporti di lavoro di breve durata. In secondo luogo, la selezione può

determinare una serie di altre possibili distorsioni legate ai diversi profili di mobilità tra i due gruppi,

ovvero si ottengono probabili distorsioni nelle distribuzioni dei rapporti di lavoro per caratteristiche

individuali e di impresa. L'analisi condotta solamente sulle durate complete conferma sostanzialmente i

risultati ottenuti considerando tutti i rapporti di lavoro: si osserva, come atteso, una maggiore

concentrazione di rapporti part time nelle durate brevi e una sensibile riduzione di quelli con durate

superiori a 6 anni, ma rimangono invece immutati i risultati relativi al confronto tra part time e full time

per diversi gruppi di lavoratori (donne/uomini, operai/impiegati, giovani/anziani).

Periodo complessivo di occupazione

L'analisi appena presentata risponde solo parzialmente alla domanda formulata in partenza sulla stabilità

del lavoro part-time: infatti essa mostra che il singolo rapporto di lavoro part-time dura meno di un

analogo full-time. Questo però potrebbe semplicemente indicare, per chi lavora a part-time, una

maggiore tendenza a cambiare impresa e una conseguente minore durata media di ciascun rapporto.

È quindi importante analizzare la durata dell'intero periodo di occupazione per poter comprendere se,

prescindendo dallo specifico rapporto di lavoro in essere, i lavoratori part-time hanno, nell'insieme del

periodo, una minore presenza sul mercato del lavoro.

Per ciascun lavoratore analizzato in precedenza sono stati quindi sommati tutti i rapporti di lavoro avuti

nel periodo di osservazione. I risultati appaiono sostanzialmente analoghi a quelli emersi in relazione alla

durata dei singoli rapporti di lavoro: il tempo trascorso nell'occupazione dipendente risulta inferiore per

chi nel 1996 era occupato a tempo parziale, in tutti i sottogruppi osservati.

Il confronto delle durate sembra indicare per i part-time un minor attaccamento al mercato del lavoro.

Sebbene tale differenza possa essere in parte dovuta alla diversa composizione, essa continua ad

emergere con una certa regolarità anche ripetendo l'analisi per sottogruppi.

Durata dell'occupazione complessiva: confronto tra i diversi gruppi di part-time

Passiamo ora ad analizzare la durata del periodo totale di occupazione all'interno del solo comparto part-

time, confrontando i tre gruppi di occasionali, abituali e fedeli (tabella A10).

Il gruppo dei part-time abituali mostra una distribuzione per durata sempre crescente: il 16% è presente

per meno di tre anni, quasi la metà per oltre cinque anni.

Gli individui con una bassa partecipazione al lavoro (meno di un anno) rappresentano il 7% del totale,

percentuale che sale al 9% tra i fedeli e al 10,4% tra gli occasionali. Per definizione gli abituali non

possono avere durate inferiori ai 12 mesi.

I part-time occasionali, rispetto agli abituali, si distribuiscono maggiormente su durate dell'occupazione

totale più brevi, ma questo può essere in parte spiegabile con il fatto che questo gruppo è nell'insieme

più giovane degli altri due, quindi può comprendere un maggior numero di persone entrate da poco nel

mercato del lavoro.

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L'elemento di maggiore interesse sta quindi forse nella differenza tra gli abituali e i fedeli: questi ultimi,

infatti, pur costituendo il gruppo più anziano, si concentrano meno dei primi su durate superiori ai cinque

anni (43,4%). A ridimensionare in parte il risultato interviene il 'problema definitorio', che stabilisce il

vincolo, per gli abituali di non poter avere durate inferiori ai 12 mesi: escludendo i lavoratori che

complessivamente restano nell'occupazione meno di un anno, la differenza nelle due distribuzioni non è

particolarmente significativa.

Mobilità tra imprese

I dati longitudinali consentono, unendo le informazioni sulla mobilità che precede il rapporto di lavoro

osservato e su quella che lo segue, di contare il numero di imprese in cui ciascuna persona ha lavorato

nell'arco del periodo considerato.

I risultati (tabella A11) evidenziano una forte differenziazione tra i gruppi: quanto più i soggetti sono

"affezionati" al tempo parziale, tanto più appaiono stabili anche in relazione alla mobilità inter-impresa.

Sembra quindi evidenziarsi una significativa sovrapposizione tra la fedeltà al lavoro a tempo parziale e la

fedeltà all'impresa. È però possibile che tale legame si spieghi con la correlazione di entrambe con l'età,

caratteristica che come si è visto in precedenza varia sensibilmente tra i tre gruppi.

Transizioni tra regimi di orario

Un altro elemento di confronto tra gruppi riguarda i passaggi tra tempo pieno e parziale e viceversa.

Tali passaggi possono avvenire o con la trasformazione del contratto all'interno della stessa impresa o

con il passaggio da un contratto full-time (part-time) presso un'impresa a un contratto part-time (full-

time) presso un'altra. Nell'analisi che segue le due modalità con cui si determinano i passaggi tra regimi

di orario sono state assimilate tra loro.

Si adottano due approcci distinti:

1. viene preso in considerazione il rapporto part-time osservato nel 1996 per analizzare la

situazione immediatamente precedente e immediatamente successiva. Se il rapporto di lavoro

successivo al part-time 1996 è a tempo pieno allora si ha una transizione in senso stretto verso

il tempo pieno.

2. si osserva nel triennio 1996-1998 la condizione di chi era part-time nel 1996; se gli individui, in

un qualche momento della loro carriera, sperimentano un lavoro a tempo pieno allora, si ha

transizione in senso lato verso il tempo pieno.

Il motivo che induce a considerare nell'analisi anche le transizioni in senso lato è dato dal tentativo di

affiancare agli esiti 'istantanei' dei part-time anche gli status dei lavoratori nel breve-medio periodo.

Prima si descrivono le sole transizioni sub 1. distinguendo per tipologia di part-time.

Poi viene invece stimata, per l'insieme del campione, la probabilità di effettuare una transizione al tempo

pieno separatamente per le definizioni sub 1. e sub 2.

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Passaggi tra tempo pieno e parziale

La tabella che segue illustra i passaggi tra regimi di orario: vengono presentati solo le statistiche per i

gruppi "abituali" e "occasionali", poiché per costruzione chi è "fedele al part-time" non lavora mai a

tempo pieno13.

Passaggi tra regimi di orario (prima e dopo il rapporto di lavoro part-time nel 1991) ABITUALI OCCASIONALI num % num %

nessun FT né prima né dopo 52 9,0 14 3,1

da full a part 230 39,6 90 19,9

da part a full 98 16,9 10 2,2

da full a part, e di nuovo a full 47 8,1 142 31,4

Le differenze tra i due gruppi appaiono forti, sebbene in parte tautologiche. In particolare è consistente

la differenza nella percentuale di chi passa da tempo pieno a parziale, restandovi per il restante periodo

di osservazione: circa la metà sia tra gli abituali, che tra gli occasionali. D'altro canto, l'incidenza dei

"doppi passaggi" (prima da tempo pieno a parziale, poi viceversa) è trascurabile per i primi, mentre per i

secondi riguarda ben il 31,4% dei casi.

Sembra quindi che anche questi dati possano essere presi a conferma dell'idea che per certi soggetti il

passaggio al part-time sia un evento "accidentale", per altri uno stato stabile.

Transizioni da part-time a full-time

I lavoratori che passano da un contratto part-time ad uno full-time rappresentano un quarto del

campione.

Per meglio analizzare quali caratteristiche influenzino la probabilità di effettuare tale transizione si

stimano due modelli logit, per le due definizioni di transizioni.

La variabile dipendente del modello stimato assume, per ciascun lavoratore i valori:

1. Transizioni in senso stretto

Transiz=1 se il rapporto di lavoro successivo al part-time del 1996 è full-time

Transiz=0 negli altri casi

2. Transizioni in senso lato

Transall=1 se in qualche momento tra il 1996 e il 1998 il lavoratore ha un rapporto di

lavoro a tempo pieno

Transall=0 altrove.

13 Naturalmente i fedeli sono comunque compresi nell'analisi che calcola la probabilità di transizione verso il full-time,

onde evitare una sovrastima dei passaggi part-time---full-time.

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Le variabili esplicative sono le stesse per le due specificazioni e riguardano:

caratteristiche personali: sesso, età (separatamente per donne e uomini), qualifica;

caratteristiche dell'impresa presso cui il lavoratore è occupato a tempo parziale: macro settore di

attività, dimensione di impresa (dummy del numero di dipendenti);

caratteristiche di eventuali rapporti di lavoro precedenti: full-time o part-time.

I risultati della regressione logistica sono sintetizzati nella tabella seguente che indica i valori della

probabilità di transizione per diverse caratteristiche di chi lavora a part-time. In corsivo le probabilità

ricavate da coefficienti non statisticamente significativi ad un livello di confidenza del 95%.

Probabilità di passare dal part-time al full-time per diverse tipologie di lavoratori

transiz transall Donna Impiegata part-time nel 1996 non proveniente da part-time età compresa tra i 26 e 35 anni, dipendente di impresa piccola (<20dip.) del commercio 19,6 21,4

impresa con più di 200 dipendenti 20,3 22,8

impresa da 20 a 200 dipendenti 21,8 22,1

25 anni e meno 35,2 36,4

36-45 anni 16,3 16,4

46 anni e oltre 14,1 15,9

industria pesante 15,3 19,3

industria manifatturiera 16,4 20,1

edilizia 19,0 23,3

servizi 17,9 20,9

qualifica operaia 22,8 25,0

uomo 30,9 31,6

provenienza=part-time 11,3 9,8

La prima riga della tabella mostra la probabilità di passare da un contratto part-time a uno full-time per

una tipologia rappresentativa: donna impiegata di 25 anni nel commercio, dipendente di una piccola

impresa, non proveniente (prima del 1996) da un part-time. Le righe successive della tabella indicano i

valori delle probabilità al variare di una caratteristica alla volta rispetto al caso rappresentativo (ad

esempio la seconda riga indica la probabilità di passare ad un contratto full-time per una lavoratrice che

rispetto al caso rappresentativo differisce per il fatto di lavorare in una grande impresa).

Per una lavoratrice "rappresentativa" la probabilità di passare da un contratto part-time ad uno full-time

è del 19,6%, per la stessa lavoratrice, più giovane (meno di 25 anni) la probabilità sale al 35,2%.

Gli altri risultati possono essere così sintetizzati. In primo luogo la probabilità di passare da una

occupazione part-time ad una full-time è maggiore per gli uomini rispetto alle donne. Inoltre vi sono

significative differenze tra donne e uomini in relazione all'età: mentre infatti il divario tra i due è forte

per età giovani tale differenza si riduce con l'età.

La probabilità di passare ad una occupazione a tempo pieno cala di 8 punti percentuali se in passato si è

avuta un'occupazione part-time. Questo risultato in qualche modo conferma le analisi precedenti a

proposito della "fedeltà" al rapporto part-time.

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I risultati del secondo modello (transall) confermano le stesse conclusioni del primo, si nota comunque

nel complesso un incremento nella probabilità di transizione, in virtù del modo meno restrittivo usato per

definirla.

Transizioni da part-time a full-time

Un modello simile è stato stimato per verificare le determinanti della probabilità di transizione da un

regime full-time ad un part-time. Simmetricamente rispetto al modello precedente si avrà:

Transiz=1 se il rapporto di lavoro precedente al part-time del 1996 è full-time

Transiz=0 negli altri casi

Transiz

Donna Impiegata part-time nel 1996 proveniente da rapporto full-time età compresa tra i 26 e 35 anni, dipendente di impresa piccola (<20 dip.) del commercio. 16,5

impresa con più di 200 dipendenti 16,2

impresa da 20 a 200 dipendenti 18,0

25 anni e meno 33,2

36-45 anni 12,5

46 anni e oltre 10,1

industria pesante 12,7

industria manifatturiera 13,7

Edilizia 15,6

Servizi 14,8

qualifica operaia 19,5

Uomo 28,5

Per i part-time del 1996, la probabilità di provenire da un full-time, quindi di ridurre l’orario di lavoro è

pari al 16,5% per la tipologia rappresentativa (donna, impiegata, 26-35 anni, ...). Anche in questo caso

essere più giovani determina un incremento nella probabilità di cambiare regime d’orario, rispetto ad

avere più di 36 anni. La probabilità è di tre punti percentuale più alta per la qualiica operaia, mentre è

pari al 28,5% per gli uomini. Questo dato è da interpretarsi anche in relazione ai modelli precedenti. In

quel caso si poteva pensare alla probabilità più alta per gli uomini di passare da full-time a part-time

come conseguenza di una – ancora – maggiore competitività nel mercato del lavoro, assegnando dunque

al part-time una ruolo di secondo piano rispetto al lavoro a tempo pieno; nel commentare la maggior

probabilità per gli uomini di trasformare il contratto full-time in part-time si deve fors cambiare

prospettiva, ritornando al concetto di ‘fedeltà’. Forse, anche a causa di maggiori difficoltà di accesso ai

percorsi di mobilità, le donne sono meno soggette a cambiamenti nella modalità di svolgimento del

lavoro14.

14 Per i dettagli delle stime si vedano in Appendice le Tabelle da 12 a 14.

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In breve

I risultati ottenuti forniscono elementi di interesse, che convergono nel delineare "modelli" diversi di

lavoro part-time in Lombardia.

Innanzitutto si conferma il carattere duale del lavoro part-time in relazione al genere del lavoratore. Per

gli uomini il lavoro a tempo parziale sembra costituire un passaggio: in alcuni casi un'esperienza

occasionale nell'occupazione dipendente privata, in altri una tappa verso il lavoro a tempo pieno; spesso,

probabilmente, un tappa di ingresso. Per le donne, e in specie per le over-30, il part-time invece ha

connotati di assai maggiore stabilità; per quanto ovviamente a questo livello di informazione non si

possa determinare se tale stabilità rifletta una scelta individuale, l'esistenza di una "nicchia fortunata", o

al contrario una "condanna" da parte del mercato del lavoro.

Rispetto alla stabilità del lavoro si ha l'impressione che il tempo parziale si ponga a metà strada tra il

lavoro tipico e i contratti dotati di maggiore flessibilità. A differenza dei contratti a termine i contratti

part-time non prevedono sin dall'inizio del rapporto una scadenza, l'evidenza dimostra invece una

prevalenza di rapporti di breve durata rispetto ai contratti tipici. Solo 16 part-time su 100 durano per

tutto il periodo osservato (6 anni), meno della metà di un contratto tipico a tempo pieno. Vedremo che

anche dal lato retributivo non si ha una compensazione, determinando dunque una sorta di

segmentazione del mercato del lavoro, con i part-time a interpretare il ruolo dei penalizzati.

APPROFONDIMENTO 3: I DIFFERENZIALI RETRIBUTIVI TRA FULL-TIME E PART-TIME - DATI

INPS 1993-1998

di Claudio Malpede

Alcune questioni metodologiche

L'analisi delle retribuzioni dei lavoratori part-time e il confronto di queste con i lavoratori a tempo pieno,

sulla base dei dati di fonte INPS, è resa difficoltosa da diversi elementi.

Il principale è che non è possibile individuare con precisione il numero di ore lavorate al giorno, vale a

dire la misura di quale "porzione" di un lavoro a tempo pieno rappresenti un lavoro part-time. Tale

indicazione nei dati INPS è disponibile solo a livello di settimane, cioè è possibile solamente avere

indicazione dell'ammontare di lavoro prestato nell'anno in termini di "settimane full-time equivalenti".

Poiché però questa misura è ottenuta con degli arrotondamenti, tale misura è sistematicamente

sovrastimata. Ne deriva una sottostima sistematica del salario giornaliero per i lavoratori part-time. È

inoltre probabile che ulteriori elementi di possibili distorsioni nell'analisi delle retribuzioni possano

provenire da una distribuzione delle ore lavorate molto irregolare nel tempo (il caso, ad esempio, del

part-time verticale). Questi problemi rendono senz'altro arduo il confronto tra le retribuzioni di chi lavora

a part-time con quelle di chi lavora a tempo pieno. Per ciò che riguarda invece l'insieme dei rapporti di

lavoro part-time, nell'ipotesi che la distorsione sopra illustrata sia omogeneamente distribuita tra i

lavoratori a tempo parziale, è possibile effettuare alcuni confronti tra i vari gruppi15.

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Differenziale salariale tra gruppi di lavoratori per full e part-time

Sulla base delle precedenti considerazioni, date le difficoltà ad effettuare un confronto diretto tra

lavoratori full e part-time, si è proceduto ad un'analisi del differenziale salariale tra sottogruppi di

lavoratori, separatamente per full e part-time.

L'obiettivo è di evidenziare se tra categorie di lavoratori (ad esempio donne e uomini) vi sia maggiore

dispersione nel lavoro a tempo pieno o in quello a tempo parziale. Il differenziale salariale per diversi

sottogruppi all'interno dell'insieme dei lavoratori a part-time nel 1996 viene confrontato con il

differenziale calcolato tra chi che nel 1996 lavorava a full-time16.

La misura di salario utilizzata è il salario giornaliero calcolato come rapporto tra salario totale percepito

nell'anno e il numero di giornate lavorate. Per i part-time si è proceduto all'equiparazione delle giornate

lavorate effettive in "giornate lavorate full-time equivalenti".

Si fornisce comunque anche una statistica sui differenziali part-time/full-time.

Differenziale salariale per sottogruppi di lavoratori full e part-time

Uomini Donne Donne Imp / Ope Uomini Imp / Ope

Media FT 1,11 1,45 1,56

Media PT 1,05 1,17 1,23

Mediana FT 1,17 1,36 1,49

Mediana PT 0,98 1,20 1,21

Qi Ft 1,14 1,25 1,36

Qi Pt 0,95 1,16 1,15

Qiii Ft 1,19 1,49 1,58

Qiii Pt 1,02 1,33 1,35

La tabella precedente riporta i differenziali salariali per diversi sottogruppi. Ad esempio il differenziale di

1,11 che si registra tra uomini e donne occupati a tempo pieno indica che gli uomini guadagnano

mediamente l'11% in più delle donne. Nell'occupazione part-time tale differenziale è minore e pari a

1,05, vale a dire che anche nell'occupazione a tempo parziale gli uomini guadagnano più delle donne, ma

tale differenza è minore rispetto al full-time.

Le altre misure riportate riguardano la mediana, e i valori corrispondenti al 1° e al 3° quartile17 che

indicano rispettivamente il differenziale nella parte bassa e alta della distribuzione salariale. Ad esempio

il differenziale tra uomini e donne che lavorano a tempo parziale è 0,95 per il 1° quartile e 1,02 per il 3°.

Questo significa che nella parte bassa della distribuzione salariale, cioè fra coloro che percepiscono bassi

salari le donne guadagnano il 5% in più degli uomini (questo valore può essere confrontato con il 5% in

meno che si trova considerando il complesso dei lavoratori), mentre se si guarda al differenziale tra

16 Per omogeneità con i part-time, per i lavoratori full-time sono stati presi in considerazione solamente gli operai e gli

impiegati e sono stati esclusi dall'analisi gli apprendisti e i dirigenti.

17 I quartili dividono la distribuzione in 4 parti: il 1° quartile è il valore maggiore del 25% dei valori più bassi della

distribuzione, il 3° decile invece è il valore maggiore del 75% dei valori della distribuzione. Il 2° quartile coincide con la

mediana.

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coloro che ricevono alti salari, gli uomini guadagnano il 2% più delle donne18. Il primo risultato ad

emergere è il minor differenziale, per tutte le categorie e le misure analizzate, che si riscontra tra i

lavoratori part-time rispetto a quelli full-time. Vale a dire che la dispersione fra le categorie è più ridotta

tra i lavoratori a tempo parziale. Naturalmente si tratta di risultati derivanti da statistiche aggregate, alla

determinazione dei quali concorrono diversi fattori che non è in questa sede possibile analizzare in

dettaglio: in primo luogo vi incidono effetti di composizione dovute alle differenze che si osservano nelle

caratteristiche dei due gruppi di lavoratori. Inoltre nella determinazione delle retribuzioni influiscono, in

misura e intensità diverse tra i due gruppi dei lavoratori full e part-time, fattori di natura contrattuale e

istituzionale.

Pur con le precauzioni del caso con cui vanno letti questi dati, è possibile notare nelle diverse categorie

comportamenti analoghi tra full e part-time: il differenziale tra donne e uomini è minore di quello tra

operai e impiegati, sia nel comparto del lavoro a tempo parziale che in quello a tempo pieno. Incrociando

qualifica e sesso notiamo che il differenziale per qualifica è maggiore tra gli uomini che tra le donne.

Degno di nota è il risultato relativo al differenziale, per sesso, tra giovani e meno giovani. Mentre

all'interno del lavoro full-time il differenziale adulti/giovani tra gli uomini è sensibilmente maggiore di

quello riscontrato tra le donne, tra i lavoratori a tempo parziale si verifica la situazione opposta: i

lavoratori uomini part-time sopra i 30 anni guadagnano meno dei loro colleghi con meno di 30 anni,

mentre tra le donne, le più anziane percepiscono salari superiori delle colleghe più giovani. Analogie tra

full-time e part-time emergono anche dal confronto tra il primo e il terzo quartile: il differenziale tra le

categorie è maggiore nella parte alta della distribuzione, con l'unica eccezione del differenziale tra

giovani e adulti uomini part-time. Nella tabella che segue si riporta il differenziale salariale, per diverse

caratteristiche, tra full-time e part-time. Nel leggere i dati si devono tener presenti i problemi nella

misurazione del salario giornaliero part-time, nello stesso tempo però si può ancora ipotizzare che le

stesse siano distribuite uniformemente tra le caratteristiche dei lavoratori19. Questa seconda

osservazione consente di confrontare i differenziali full-time/part-time diametralmente, individuando

quali caratteristiche penalizzano maggiormente i lavoratori a tempo parziale.

Differenziali salariali tra full-time e prime-time

Media Mediana Qi Qiii

Uomini 1,09 1,24 1,20 1,24

Donne 1,04 1,04 1,00 1,06

Imp 1,25 1,28 1,01 1,30

Ope 1,00 1,14 1,14 1,16

Uom imp 1,25 1,48 1,39 1,38

Donne imp 1,11 1,09 1,06 1,07

Uom ope 0,99 1,20 1,17 1,18

Donne ope 0,90 0,97 0,98 0,96

Gli uomini sono maggiormente penalizzati dal full-time rispetto alle donne, soprattutto confrontando le

misure interquartile (la media risente di valori estremi molto bassi o molto alti): gli uomini full-time

18 È probabile che questo risultato risenta dell'esiguità nel numero di lavoratori uomini part-time.

19 D'altra parte, se così non fosse, non avrebbe senso nemmeno l'analisi dei differenziali salariali 'interna' al mondo

part-time. Infatti, una distorsione maggiore ad es. nella misurazione del salario giornaliero degli impiegati rispetto alla

stessa per gli operai, determinerebbe un differenziale salariale impiegati/operai distorto nella stessa misura.

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'mediani' guadagnano il 24% in più degli analoghi part-time, la stessa statistica per le donne presenta

un gap favorevole al full-time ridotto al 4%. Nello stesso modo gli impiegati part-time (soprattutto se

uomini) sono penalizzati rispetto agli operai. Dai risultati sembra invece che le donne operaie part-time

guadagnino in media il 10% in più delle corrispettive full-time.

Differenze salariali a seconda dell'origine dei lavoratori part-time

Analizzando ora solamente il comparto dei lavoratori a tempo parziale, è di interesse l'analisi delle

retribuzioni con riferimento alla diversa provenienza ed esito del part-time, così come definita nelle

pagine precedenti di questa analisi. Rispetto alla provenienza ed analogamente all'esito, l'obiettivo è

quello di evidenziare se ci sono differenze, dal punto di vista del salario percepito, tra lavoratori che

provengono da un precedente rapporto part-time, oppure da un precedente lavoro full-time, rispetto a

coloro per i quali quello che osserviamo è il primo rapporto di lavoro dipendente nel periodo.

A questo proposito si riportano i valori del salario giornaliero medio, mediano e dei quartili 1 e 3,

"equivalente al full-time"20 per le diverse origini dei lavoratori part-time.

Salario giornaliero dei lavoratori part-time per origine (in migliaia di lire, valori nominali 1996)

Provenienza Media Mediana Q1 Q3

Da non occupazione dipendente 104,9 86,0 76,6 103,1

Full-time 'da sempre' presso la stessa impresa 131,5 102,3 86,4 141,7

Full-Time presso la stessa impresa da dopo 1/1993 129,0 100,7 83,8 155,7

Full-Time presso altra impresa 107,6 86,3 76,3 105,6

Part-Time presso altra impresa 122,6 92,5 79,4 109,5

Part-time 'da sempre' presso la stessa impresa 117,9 97,9 85,2 120,0

I lavoratori da sempre nella stessa impresa presentano il salario più elevato, maggiore per chi ha subito

una trasformazione da full-time a part-time; è maggiore il salario di chi - pur restando part-time - ha

cambiato impresa rispetto a chi è da sempre part time presso lo stesso datore di lavoro. I salari più

bnassi toccano a chi proviene da lavoro non dipendente e da chi lavorava full-time presso un'altra

impresa.

Bisogna tenere conto che i valori medi mostrati possono risentire di effetti di composizione, cioè della

diversa composizione per altre caratteristiche (sesso, età, ad esempio) dei vari gruppi. Ad esempio ci si

attende che nella categoria "primo rapporto di lavoro osservato" siano compresi lavoratori mediamente

più giovani dei lavoratori appartenenti alle altre categorie

.

20 Sui valori di salario riportati valgono le considerazioni effettuate all'inizio del paragrafo. Per tale motivo, più che sui

valori in sé è bene soffermarsi sul confronto tra le diverse categorie.

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Determinanti del salario part-time: analisi multivariata

Per tenere sotto controllo contemporaneamente tutte le possibili differenze tra i gruppi che possono dare

origine a differenze nel salario, si è effettuata una regressione sul livello del salario giornaliero in

funzione delle principali caratteristiche, dei lavoratori e dell'impresa di appartenenza, osservate.

I risultati della regressione (tabella A15 in Appendice) ribadiscono molti dei risultati già emersi in

precedenza, ma consentono di qualificare meglio alcuni aspetti. Si commentano solo i valori dei

coefficienti stimati significativi ad un livello di confidenza del 95%.

In primo luogo - a parità di condizioni - il salario risulta sensibilmente più basso per le donne rispetto

agli uomini. In secondo luogo il profilo per età, inserito tra le variabili di controllo anche con il termine

quadratico, mostra la presenza di una crescita salariale significativa in funzione dell'età.

Per gli impiegati il salario risulta più elevato che per gli operai, mentre non ci sono significative

differenze tra i diversi settori di attività economica.

È significativo e positivo il coefficiente associato alla dimensione di impresa: il salario percepito cresce al

crescere del numero di addetti.

I coefficienti stimati relativi alla provenienza ed esito dei rapporti di lavoro part-time sono significativi,

tranne che per l'esito 'verso la non occupazione': transitare dal part-time tra due full-time (esito e

provenienza) paga decisamente rispetto al salario percepito. Chi proviene dalla non occupazione,

indipendentemente dalle altre caratteristiche, percepisce salari decisamente più bassi rispetto a chi

sperimenta altri percorsi.

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Tabella 1.1 - Incidenza del part-time e numero medio delle ore lavorate nei diversi paesi europei, 2001.

N.ore medie di lavoro degli occupati part-time*

Tasso di occupazione part-time in base all'autodichiarazione **

Tasso di occupazione part-time in base alle ore lavorate (meno di 30 ore)

***

(1a) (1b) (1c) (2a) (2b) (2c) (3a) (3b) (3c)

uomini donne totale uomini donne totale uomini donne totale

Belgio 20,4 21,1 21,0 5,2 36,8 18,5 5,6 33,4 17,6 Danimarca 16,1 21,8 20,2 10,2 31,6 20,1 9,1 20,8 14,5 Germania 16,3 18,5 18,3 5,3 39,3 20,3 . . . Grecia 22,8 20,5 21,2 2,2 7,2 4,1 2,6 8,5 4,8 Spagna 18,6 17,3 17,6 2,7 17,3 8,1 2,7 16,6 7,9 Francia 23,4 23,5 23,5 5,0 30,4 16,4 5,1 23,8 13,8 Irlanda 18,6 18,6 18,6 6,5 31,1 16,6 7,1 33,0 18,4 Italia 26,8 22,3 23,3 3,8 17,8 9,1 5,4 23,7 12,2 Lussemburgo 25,6 20,3 20,8 1,8 25,6 11,3 1,8 29,9 13,1 Olanda 19,2 18,4 18,6 20,0 71,3 42,2 13,8 58,1 33,0 Austria 24,8 22,6 22,8 4,3 33,6 17,2 2,7 24,8 12,4 Portogallo 21,5 19,2 19,6 6,6 16,5 11,1 5,1 14,3 9,2 Finlandia 19,8 20,7 20,4 7,6 16,7 12,0 7,3 14,0 10,5 Svezia 20,5 24,1 23,4 10,7 36,3 22,8 7,1 29,3 17,8 Regno Unito 17,7 18,5 18,4 8,9 44,4 24,8 . . . Europa a 12 20,2 20,0 20,0 5,5 31,2 16,3 . . . Europa a 15 19,5 19,8 19,7 6,3 33,8 18,0 5,6 25,2 13,8 Islanda 18,7 23,7 22,7 11,0 45,4 26,9 9,7 32,6 20,4 Norvegia 21,9 23,1 22,9 11,3 42,7 26,0 9,0 32,6 20,1 Svizzera 23,3 21,2 21,5 11,5 57,2 31,8 8,9 44,7 24,8 *: media delle ore settimanali di lavoro effettivamente svolte nella settimana di riferimento dagli occupati part-time (dove l'identificazione degli occupati part-time si basa sulla spontanea dichiarazione degli stessi). **: incidenza dell'occupazione part-time sul totale degli occupati, dove l'identificazione degli occupati part-time si basa sulla spontanea dichiarazione degli stessi. ***: incidenza dell'occupazione part-time sul totale degli occupati, dove per occupati part-time si intendono gli individui che lavorano abitualmente meno di 30 ore alla settimana.

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Tabella 1.2 – Confronto tra la definizione nazionale di “part-time” e la classificazione basata sulle ore di lavoro settimanali

Occupati full-time che lavorano meno di 35 ore (a)

Occupati part-time che lavorano più di 30 ore (b)

Olanda 0,0 8,7 Islanda 0,9 8,6 Svizzera 1,2 6,5 Svezia 0,9 11,4 Norvegia 0,0 5,5 Regno Unito 2,8 2,7 Danimarca 2,1 5,6 Francia 4,3 4,7 Germania 1,1 2,4 Belgio 5,3 2,7 Austria 1,8 4,1 Irlanda 8,0 1,3 Finlandia 4,3 3,0 Polonia 9,3 2,1 Lussemburgo 6,3 1,3 Spagna 2,8 0,3 Italia 9,3 1,7 Repubblica Ceca 1,4 1,7 Ungheria 0,0 1,7 Portogallo 5,6 1,0 Grecia 8,8 0,9 a: incidenza degli occupati full-time che lavorano più di 30 ore settimanali sul totale degli occupati a tempo pieno. B: incidenza degli occupati part-time che lavorano più di 30 ore settimanali sul totale degli occupati a tempo parziale. Fonte: Tabella 1 a pag. 21 del paper dell’OECD “The definition of part-time work for the purpose of international comparisons” 1995.

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Tabella 1.3 – Confronto tra la definizione nazionale di “part-time” e la classificazione basata sulle ore di lavoro settimanali – Lombardia, Italia (1993 e 2002)

Definizione dell’occupazione part-time

Definizione nazionale

(a)

Occupati che lavorano meno di

30 ore (b)

Variazione nei tassi di occ. part-time

(a-b)

Occupati che lavorano meno di

35 ore ©

Variazione nei tassi di occ. part-time

(a-c)

Part-timers che lavorano più di

30 ore (d)

Full-timers che lavorano meno di

35 ore (e)

Lombardia

2002 Totale 9,3 11,1 -1,8 14,2 -4,9 2,1 5,9

Uomini 2,8 3,8 -1,0 5,3 -2,5 1,1 3,2

Donne 18,9 21,9 -3,0 27,3 -8,4 3,7 9,8 1993 Totale 5,7 9,0 -3,3 12,2 -6,5 1,5 6,4

Uomini 2,1 3,4 -1,2 5,2 -3,1 1,0 3,0 Donne 11,7 18,4 -6,7 23,9 -12,2 2,4 12,0 Italia

2002 Totale 8,6 11,6 -3,0 15,0 -6,5 2,4 7,8 Uomini 3,5 4,9 -1,4 6,8 -3,3 1,5 4,5

Donne 17,0 22,8 -5,8 28,6 -11,7 3,8 13,4 1993 Totale 5,5 9,8 -4,3 12,6 -7,1 1,9 8,4

Uomini 2,5 4,3 -1,8 6,0 -3,5 1,4 4,6 Donne 11,2 20,1 -8,9 25,1 -13,9 3,0 15,6 Fonte: elaborazioni IRS su microdati Istat, Rilevazione Trimestrale sulle Forze di Lavoro, 1993-2002.

Tabella 1.4 - Tassi di occupazione part-time, per posizione nelle professioni - Lombardia e Italia, 1993 e 2002 Lombardia Italia 1993 2002 1993 2002 Dipendenti

Totale 5,3 9,7 5,2 9,1 Uomini 1,6 2,4 2,1 3,4 Donne 11,0 18,9 10,6 17,4 Autonomi

Totale 6,8 8,2 6,3 7,1 Uomini 3,6 3,9 3,5 3,8 Donne 14,6 18,8 13,0 15,2 Fonte: elaborazioni IRS su microdati Istat, Rilevazione Trimestrale sulle Forze di Lavoro, 1993-2002.

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Tabella 1.5 - Incidenza dell'occupazione part-time, Lombardia 1993-2002

Occupati 2002

(occupati in valore assoluto)

1993 (occupati in valore

assoluto)

Variazione (in unità) 2002-1993

Tasso di variazione percentuale

uomini e donne full-time 3647500 3487500 160000 4,6 part-time 374490 210908 163582 77,6 Totale 4022500 3697500 325000 8,8 uomini full-time 2331399 2271776 59623 2,6 part-time 67478 49885 17592 35,3 Totale 2398877 2321661 77215 3,3 donne full-time 1317120 1215816 101303 8,3 part-time 307012 161023 145989 90,7 Totale 1624132 1376839 247293 18,0 Fonte: elaborazioni IRS su microdati Istat, Rilevazione Trimestrale sulle Forze di Lavoro, 1993-2002.

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Tabella 1.6a - Composizione percentuale dell'occupazione part-time per genere, età, settore, professione e titolo di studio - Lombardia-Italia 2002 2002 Lombardia Italia uomini donne totale uomini donne totale

per classi di età:

15/29 anni 31,8 17,0 19,7 27,6 19,3 21,4

30/39 anni 16,9 40,8 36,5 24,8 38,7 35,2

40/49 anni 20,3 27,9 26,5 17,9 26,7 24,5

50/64 anni 21,5 13,3 14,8 22,0 14,1 16,1

oltre 65 anni 9,4 1,0 2,5 7,8 1,2 2,9

per settore:

agricoltura,caccia e pesca 3,6 1,2 1,6 13,8 5,3 7,5

industria dell'energia ed estrattiva 0,0 0,4 0,3 0,3 0,2 0,2

industria della trasformazione 25,9 18,8 20,0 13,6 14,0 13,9

industria delle costruzioni 7,5 2,3 3,2 8,8 1,9 3,6

commercio 12,4 18,2 17,1 12,7 18,0 16,7

alberghi e ristoranti 6,0 6,9 6,8 6,8 7,3 7,2

trasporti e comunicazioni 3,7 2,3 2,6 4,3 2,4 2,8

intermediazione monetaria e finanziaria, attività immobiliari 2,4 3,4 3,2 1,7 2,8 2,5

servizi alle imprese e altre attività professionali ed imprenditoriali 13,1 14,0 13,9 8,7 13,1 12,0

pubblica amministrazione, difesa, assicurazioni sociali obbligatorie 4,4 3,8 3,9 10,5 6,0 7,2

istruzione, sanità ed altri servizi sociali 11,4 16,5 15,6 9,5 15,5 14,0

altri servizi pubblici, sociali e alle persone 9,8 12,2 11,8 9,3 13,4 12,3

per professione:

legislatori,dirigenti e imprenditori 3,9 1,7 2,1 2,5 1,5 1,5

professioni intellettuali, scientifiche e di elevata specializzazione 12,3 5,8 7,0 9,0 6,3 6,3

professioni intermedie (tecnici) 18,6 24,7 23,6 14,6 20,3 20,3

professioni esecutive relative all'amministrazione e gestione 10,5 18,3 16,9 9,4 14,1 14,1

professioni relative alle vendite ed ai servizi per le famiglie 16,6 23,5 22,3 17,3 23,2 23,2

artigiani, operai specializzati e agricoltori 17,5 5,2 7,5 20,8 10,9 10,9

conduttori di impianti, operatori di macchinari fissi e mobili 9,0 4,7 5,4 6,8 4,2 4,2

personale non qualificato 11,6 16,1 15,3 19,5 19,4 19,4

per titolo di studio:

Dottorato, laurea, diploma universitario 19,1 11,6 12,9 12,8 10,5 11,1

Maturità o qualifica professionale 43,4 44,6 44,4 34,3 43,3 41,0

Scuola dell'obbligo 35,7 43,2 41,8 50,3 44,8 46,2

Nessun titolo 1,9 0,6 0,9 2,5 1,3 1,6

totale 100 100 100 100 100 100

Fonte: elaborazioni IRS su microdati Istat, Rilevazione Trimestrale sulle Forze di Lavoro, 1993-2002.

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Tabella 1.6b - Composizione percentuale dell'occupazione part-time per genere, età, settore, professione e titolo di studio - Lombardia-Italia 1993

1993

Lombardia Italia

uomini donne totale uomini donne totale

per classi di età: 15/29 anni 33,6 27,5 29,0 30,7 27,6 28,530/39 anni 16,3 33,0 29,0 20,5 31,2 28,040/49 anni 13,8 24,3 21,8 14,2 23,1 20,450/64 anni 23,3 14,2 16,4 24,3 15,8 18,4oltre 65 anni 12,9 1,0 3,8 10,2 2,3 4,7per settore: agricoltura,caccia e pesca 9,6 3,4 4,9 23,4 15,3 17,7industria dell'energia ed estrattiva 0,1 0,3 0,2 0,4 0,4 0,4industria della trasformazione 24,8 20,8 21,7 13,9 15,2 14,8industria delle costruzioni 9,0 1,6 3,4 14,1 1,4 5,2commercio 16,5 18,4 17,9 14,3 18,1 17,0alberghi e ristoranti 3,3 4,7 4,4 3,7 5,5 5,0trasporti e comunicazioni 4,2 1,5 2,1 4,1 1,4 2,2intermediazione monetaria e finanziaria, attività immobiliari 3,2 3,4 3,3 2,4 3,2 2,9servizi alle imprese e altre attività professionali ed imprenditoriali 6,5 13,1 11,6 5,6 8,2 7,4pubblica amministrazione, difesa, assicurazioni sociali obbligatorie 2,3 2,5 2,5 3,1 2,6 2,8istruzione, sanità ed altri servizi sociali 10,6 13,2 12,6 7,5 11,6 10,4altri servizi pubblici, sociali e alle persone 10,1 17,1 15,4 7,5 17,1 14,2per professione: legislatori,dirigenti e imprenditori 2,0 1,6 1,7 1,7 0,9 1,2

professioni intellettuali, scientifiche e di elevata specializzazione 12,3 6,2 7,7 7,9 4,8 5,7

professioni intermedie (tecnici) 19,8 16,6 17,4 12,1 14,7 13,9

professioni esecutive relative all'amministrazione e gestione 8,0 13,7 12,3 4,6 12,2 10,0

professioni relative alle vendite ed ai servizi per le famiglie 14,0 23,9 21,6 13,1 22,9 19,9

artigiani, operai specializzati e agricoltori 27,9 11,7 15,5 33,6 15,5 20,9

conduttori di impianti, operatori di macchinari fissi e mobili 7,5 3,2 4,2 6,5 2,7 3,8

personale non qualificato 8,4 23,0 19,6 20,4 26,3 24,6

per titolo di studio: Dottorato, laurea, diploma universitario 12,6 6,1 7,6 8,6 5,8 6,6Maturità o qualifica professionale 31,8 30,0 30,4 23,1 27,6 26,3Scuola dell'obbligo 54,0 62,3 60,3 62,7 63,6 63,3Nessun titolo 1,6 1,6 1,6 5,6 3,0 3,8totale 100 100 100 100 100 100

Fonte: elaborazioni IRS su microdati Istat, Rilevazione Trimestrale sulle Forze di Lavoro, 1993-2002.

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Tabella 1.7 - Tasso di occupazione part-time* per genere, età e posizione professionale Lombardia Italia

1993 2002 1993 2002

totale 5,7 9,3 5,5 8,6sesso: uomini 2,1 2,8 2,5 3,5donne 11,7 18,9 11,2 16,9per classi di età: Totale 15/29 anni 5,7 8,2 6,3 9,230/39 anni 5,8 10,2 5,5 9,540/49 anni 5,0 9,6 4,5 7,850/64 anni 5,6 8,0 5,1 6,8oltre 65 anni 16,4 16,0 15,6 15,2Totale 5,7 9,3 5,5 8,6uomini 15/29 anni 2,8 4,4 3,4 5,230/39 anni 1,3 1,5 1,9 2,840/49 anni 1,2 2,2 1,4 2,350/64 anni 2,5 3,2 2,8 3,5oltre 65 anni 17,5 14,2 14,3 14,1Totale 2,1 2,8 2,5 3,5donne 15/29 anni 9,4 12,8 10,8 15,030/39 anni 12,7 22,2 11,9 20,240/49 anni 12,4 20,8 10,5 16,950/64 anni 14,2 18,0 11,3 13,5oltre 65 anni 13,1 21,6 18,9 18,3Totale 11,7 18,9 11,2 16,9posizione nella professione: autonomo 6,8 8,2 6,3 7,1dipendente 5,3 9,7 5,2 9,1Totale 5,7 9,3 5,5 8,6* I tassi di occupazione part-time sono calcolati dividendo il numero degli occupati a tempo parziale per il totale dei lavoratori.

Fonte: elaborazioni IRS su microdati Istat, Rilevazione Trimestrale sulle Forze di Lavoro, 1993-2002.

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Tabella 1.8 - Tasso di occupazione part-time* per stato civile e dimensione della famiglia Lombardia Italia 1993 2002 1993 2002 totale 5,7 9,3 5,5 8,6per stato civile: Nubile/celibe 5,1 6,4 5,3 7,6Coniugato/a 5,8 10,7 5,5 8,9Separ. fatto 6,9 10,7 6,3 10,1Separ. leg. 8,2 13,4 6,8 10,7Divorziato/a 8,8 11,3 6,3 9,2vedovo/e 9,3 14,9 8,9 12,9Totale 5,7 9,3 5,5 8,6uomini Nubile/celibe 3,2 3,9 3,6 4,8Coniugato/a 1,5 2,1 2,0 2,8Separ. fatto 1,8 2,2 2,3 3,9Separ. leg. 3,2 4,3 2,8 4,1Divorziato/a 6,6 4,0 4,7 3,3vedovo/e 5,8 8,4 4,6 6,8Totale 2,1 2,8 2,5 3,5donne Nubile/celibe 8,2 10,5 8,4 12,4Coniugato/a 13,5 23,6 12,6 19,4Separ. fatto 12,3 20,1 11,1 16,7Separ. leg. 13,4 20,0 10,7 16,5Divorziato/a 10,5 16,4 7,5 13,5vedovo/e 11,9 17,2 11,2 15,5Totale 11,7 18,9 11,2 17,0per numero componenti della famiglia: Un componente 6,0 5,7 4,9 5,8Due componenti 5,2 8,3 5,8 8,6Tre componenti 5,7 9,6 5,6 9,2Quattro componenti 1,8 10,8 5,5 8,9Cinque o più componenti 5,2 8,6 5,4 8,1Totale 5,7 9,3 5,5 8,6uomini Un componente 4,5 4,7 3,6 3,9Due componenti 2,9 3,4 3,5 4,5Tre componenti 2,0 2,2 2,3 3,3Quattro componenti 0,6 2,6 2,1 3,1Cinque o più componenti 1,7 2,7 2,7 3,4Totale 2,1 2,8 2,5 3,5donne Un componente 8,7 7,2 7,2 9,2Due componenti 8,6 14,1 9,2 13,7Tre componenti 11,4 20,3 11,7 18,3Quattro componenti 4,0 24,2 12,3 19,4Cinque o più componenti 12,3 19,8 11,5 17,6Totale 11,7 18,9 11,2 17,0* I tassi di occupazione part-time sono calcolati dividendo il numero degli occupati a tempo parziale per il totale dei lavoratori.

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Tabella 1.9 - Tasso di occupazione part-time* per genere e titolo di studio Lombardia Italia

1993 2002 1993 2002

per titolo di studio: Dottorato, laurea, diploma universitario 5,2 9,1 4,1 7,5Maturità o qualifica professionale 5,6 9,7 4,8 8,7Scuola dell'obbligo 5,8 8,9 5,9 8,7Nessun titolo 10,0 12,1 11,7 13,5Totale 5,7 9,3 5,5 8,6uomini Dottorato, laurea, diploma universitario 3,2 4,4 2,7 4,1Maturità o qualifica professionale 2,4 3,1 2,1 3,2Scuola dell'obbligo 1,9 2,1 2,5 3,5Nessun titolo 3,7 6,8 8,0 8,1Totale 2,1 2,8 2,5 3,5donne Dottorato, laurea, diploma universitario 8,5 14,9 6,4 11,5Maturità o qualifica professionale 9,7 17,7 8,4 16,0Scuola dell'obbligo 13,4 21,9 13,9 20,2Nessun titolo 21,0 23,8 18,5 23,9Totale 11,7 18,9 11,2 17,0

* I tassi di occupazione part-time sono calcolati dividendo il numero degli occupati a tempo parziale per il totale dei lavoratori. Fonte: elaborazioni IRS su microdati Istat, Rilevazione Trimestrale sulle Forze di Lavoro, 1993-2002.

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Tabella 1.10 - Tasso di occupazione part-time* per genere e settore

Lombardia Italia

1993 2002 1993 2002

totale 5,7 9,3 5,5 8,6 Per settore:

agricoltura,caccia e pesca 11,7 7,9 13,5 12,8

industria dell'energia ed estrattiva 1,0 3,3 1,7 2,5

industria della trasformazione 3,3 5,8 3,3 5,2

industria delle costruzioni 2,9 4,1 3,5 3,9

commercio 6,8 10,8 5,8 9,0

alberghi e ristoranti 9,0 17,8 8,6 14,8

trasporti e comunicazioni 2,6 4,9 2,2 4,5intermediazione monetaria e finanziaria, attività immobiliari 4,4 7,7 4,8 7,1servizi alle imprese e altre attività professionali ed imprenditoriali 11,7 14,0 9,4 13,4pubblica amministrazione, difesa, assicurazioni sociali obbligatorie 3,2 7,5 1,8 7,0

istruzione, sanità ed altri servizi sociali 7,0 12,8 4,5 9,2

altri servizi pubblici, sociali e alle persone 17,8 20,0 16,3 19,8

Totale 5,7 9,3 5,5 8,6Uomini

agricoltura,caccia e pesca 7,1 3,9 8,3 8,8

industria dell'energia ed estrattiva 0,2 0,0 0,6 0,8

industria della trasformazione 1,3 2,0 1,3 1,9

industria delle costruzioni 1,9 1,9 3,0 2,5

commercio 2,5 2,4 2,3 2,9

alberghi e ristoranti 3,0 5,6 3,4 6,7

trasporti e comunicazioni 1,5 1,7 1,4 2,2intermediazione monetaria e finanziaria, attività immobiliari 1,5 1,6 1,7 2,0servizi alle imprese e altre attività professionali ed imprenditoriali 2,9 4,4 3,5 4,4pubblica amministrazione, difesa, assicurazioni sociali obbligatorie 1,3 2,9 0,9 4,0

istruzione, sanità ed altri servizi sociali 4,5 6,2 2,6 4,8

altri servizi pubblici, sociali e alle persone 6,4 7,6 5,3 8,4

Totale 2,1 2,8 2,5 3,5Donne

agricoltura,caccia e pesca 27,3 24,7 22,5 21,3

industria dell'energia ed estrattiva 5,0 16,9 9,9 12,5

industria della trasformazione 7,6 13,9 8,1 12,9

industria delle costruzioni 15,8 27,2 13,3 23,0

commercio 13,3 22,1 12,0 18,8

alberghi e ristoranti 16,0 30,1 15,0 24,0

trasporti e comunicazioni 7,7 13,8 6,2 13,2intermediazione monetaria e finanziaria, attività immobiliari 10,1 17,7 11,1 15,2servizi alle imprese e altre attività professionali ed imprenditoriali 21,8 25,1 18,4 25,0pubblica amministrazione, difesa, assicurazioni sociali obbligatorie 5,5 12,5 3,7 12,5

istruzione, sanità ed altri servizi sociali 8,1 15,3 5,7 11,3

altri servizi pubblici, sociali e alle persone 26,4 28,2 26,5 29,1

Totale 11,7 18,9 11,2 17,0* I tassi di occupazione part-time sono calcolati dividendo il numero degli occupati a tempo parziale per il totale dei lavoratori.

Fonte: elaborazioni IRS su microdati Istat, Rilevazione Trimestrale sulle Forze di Lavoro, 1993-2002.

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Tabella 1.11 - Tasso di occupazione part-time* per genere e professione Lombardia Italia

1993 2002 1993 2002

totale 5,7 9,3 5,5 8,6 Per professione: legislatori,dirigenti e imprenditori 3,0 4,8 2,3 3,9professioni intellettuali, scientifiche e di elevata specializzazione 7,3 8,3 4,8 6,7professioni intermedie (tecnici) 5,1 9,3 4,4 8,1professioni esecutive relative all'amministrazione e gestione 5,5 12,1 5,0 10,8professioni relative alle vendite ed ai servizi per le famiglie 8,7 14,5 6,8 11,7artigiani, operai specializzati e agricoltori 3,6 3,6 4,4 4,6conduttori di impianti, operatori di macchinari fissi e mobili 2,1 4,4 2,3 4,0personale non qualificato 14,3 22,8 13,5 19,8Totale 5,7 9,3 5,5 8,6Uomini legislatori,dirigenti e imprenditori 1,0 2,0 1,2 2,1professioni intellettuali, scientifiche e di elevata specializzazione 4,7 4,7 3,4 4,3professioni intermedie (tecnici) 2,5 2,6 2,1 2,9professioni esecutive relative all'amministrazione e gestione 1,8 3,2 1,4 3,8professioni relative alle vendite ed ai servizi per le famiglie 2,7 4,3 2,4 4,4artigiani, operai specializzati e agricoltori 1,9 1,8 2,6 2,6conduttori di impianti, operatori di macchinari fissi e mobili 1,2 1,8 1,4 2,0personale non qualificato 2,8 6,8 5,7 9,0Totale 2,1 2,8 2,5 3,5Donne legislatori,dirigenti e imprenditori 13,9 15,4 8,7 10,5professioni intellettuali, scientifiche e di elevata specializzazione 10,9 12,8 7,0 9,9professioni intermedie (tecnici) 8,1 16,4 7,3 13,7professioni esecutive relative all'amministrazione e gestione 8,7 18,6 8,6 17,1professioni relative alle vendite ed ai servizi per le famiglie 14,8 22,8 12,2 19,3artigiani, operai specializzati e agricoltori 11,3 14,2 12,0 14,2conduttori di impianti, operatori di macchinari fissi e mobili 4,5 11,9 5,9 11,5personale non qualificato 26,4 36,2 24,9 33,7Totale 11,7 18,9 11,2 17,0

* I tassi di occupazione part-time sono calcolati dividendo il numero degli occupati a tempo parziale per il totale dei lavoratori.

Fonte: elaborazioni IRS su microdati Istat, Rilevazione Trimestrale sulle Forze di Lavoro, 1993-2002.

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Tabella 12 - Composizione percentuale degli occupati part-time volontari*, involontari** e del part-time conciliativo per classi di età, titolo di studio, stato civile, numero di componenti della famiglia - Lombardia 1993 e 2002

Uomini Donne totale Uomini Donne totale Uomini Donne totale Uomini Donne totale Uomini Donne totale Uomini Donne totaletotale 100 100 100 100 100 100 100 100 100 100 100 100 100 100 100 100 100 100

Per classi di età

15/29 29,7 20,4 22,4 26,4 15,9 18,2 48,9 44,6 45,6 47,4 32,1 35,8 18,5 31,9 25,7 13,4 7,5 7,7

30/39 13,4 34,9 30,2 14,4 38,0 32,9 20,8 26,4 25,1 22,1 35,3 32,2 20,5 44,7 33,5 25,6 51,4 50,7

40/49 12,6 27,8 24,5 20,4 28,8 27,0 13,6 17,8 16,8 17,8 21,4 20,6 21,0 9,3 14,7 38,5 31,0 31,250/64 27,3 15,6 18,1 25,7 15,8 17,9 15,9 10,9 12,0 12,1 10,5 10,9 20,1 13,4 16,5 14,2 9,8 9,9oltre 65 17,0 1,3 4,7 13,1 1,5 4,0 0,8 0,4 0,5 0,6 0,6 0,6 19,9 0,6 9,5 8,4 0,3 0,6

Per titolo di studio:

Titolo universitario e post universitario 14,3 5,5 7,4 21,1 12,7 14,5 8,6 7,1 7,5 13,7 10,0 10,9 13,1 9,2 11,0 23,7 10,4 10,7Maturità 35,2 30,2 31,3 42,5 46,9 46,0 27,0 26,6 26,7 48,5 36,3 39,2 25,4 48,8 37,9 16,3 46,0 45,2Scuola dell'obbligo 48,7 63,5 60,3 34,9 40,1 39,0 63,6 62,5 62,7 34,8 53,0 48,6 59,5 42,1 50,1 60,0 42,5 42,9Nessun titolo 1,8 0,8 1,0 1,5 0,3 0,6 0,8 3,8 3,1 3,0 0,8 1,3 2,0 0,0 0,9 0,0 1,2 1,2Per stato civile:

Nubile/celibe 40,9 13,9 19,8 44,6 17,5 23,3 62,5 45,2 49,2 62,1 38,3 44,0 37,0 23,8 29,9 30,6 3,9 4,7Coniugato/a 50,4 81,6 74,8 49,3 75,3 69,7 32,9 43,3 40,8 34,7 50,5 46,7 58,6 69,0 64,2 56,4 91,1 90,2Separato/a di fatto 0,7 0,3 0,4 0,7 1,1 1,0 0,0 2,4 1,8 0,0 1,2 0,9 0,0 0,0 0,0 0,0 0,1 0,1Separato/a legalmente 1,1 0,8 0,9 1,7 1,6 1,6 2,3 3,7 3,4 2,1 5,8 4,9 0,0 1,8 1,0 0,0 1,9 1,8Divorziato/a 2,9 0,7 1,2 1,3 2,5 2,3 1,5 3,0 2,7 1,0 1,2 1,1 0,0 0,0 0,0 13,0 1,5 1,9Vedovo/e 4,0 2,6 2,9 2,5 2,0 2,1 0,8 2,4 2,0 0,0 3,1 2,3 4,5 5,4 5,0 0,0 1,5 1,4

Per numero componenti della famiglia:

Un componente 13,6 2,4 4,9 15,6 3,9 6,4 13,4 8,4 9,5 12,1 4,8 6,5 10,0 5,2 7,4 13,0 0,4 0,8Due componenti 20,1 12,4 14,0 22,2 19,1 19,8 16,9 15,0 15,4 20,1 23,7 22,8 28,3 12,6 19,9 27,2 6,2 6,8Tre componenti 30,8 35,2 34,3 28,7 36,5 34,8 29,5 26,5 27,2 20,3 34,8 31,3 24,7 40,8 33,4 12,5 36,1 35,4Quattro componenti 25,9 39,3 36,4 26,7 34,8 33,0 28,5 35,8 34,1 32,4 28,6 29,6 31,7 32,4 32,1 41,0 44,5 44,4Cinque o più componenti 9,6 10,0 9,9 6,8 5,7 5,9 11,7 13,2 12,9 15,1 8,1 9,8 5,3 9,0 7,3 6,4 12,7 12,6

Per settore:

agricoltura,caccia e pesca 11,6 4,3 5,9 5,0 1,6 2,3 17,0 13,3 14,1 0,5 0,3 0,3 18,2 1,4 9,2 0,0 1,0 1,0industria dell'energia ed estrattiva 0,2 0,4 0,3 0,0 0,4 0,3 23,3 43,1 38,5 0,0 0,3 0,2 0,0 0,0 0,0 0,0 0,3 0,3industria della trasformazione 24,4 24,1 24,2 29,6 19,8 21,9 24,6 12,0 15,0 15,5 8,2 9,9 27,1 23,6 25,2 37,4 24,7 25,0industria delle costruzioni 6,2 1,9 2,8 7,1 2,6 3,6 15,5 0,8 4,2 9,0 1,6 3,4 8,9 2,6 5,5 4,3 1,9 2,0commercio 18,8 21,2 20,7 10,9 17,8 16,3 0,0 0,0 0,0 15,3 20,3 19,1 5,3 14,7 10,4 17,6 17,4 17,4alberghi e ristoranti 0,9 2,8 2,4 3,8 6,3 5,7 7,3 9,8 9,2 10,6 10,3 10,3 6,3 1,4 3,7 11,7 5,8 6,0trasporti e comunicazioni 4,4 1,2 1,9 2,7 2,3 2,4 5,3 1,8 2,6 6,4 2,3 3,3 0,0 3,5 1,9 0,0 2,5 2,5intermediazione monetaria e finanziaria, attività immobiliari 4,2 3,8 3,9 2,1 3,0 2,8 2,3 3,0 2,8 2,7 1,6 1,9 0,0 0,0 0,0 4,0 5,8 5,7servizi alle imprese e altre attività professionali ed imprenditoriali 7,3 12,4 11,3 13,5 13,9 13,8 4,6 16,3 13,5 12,9 17,4 16,3 6,7 5,2 5,9 6,0 11,7 11,5pubblica amministrazione, difesa, assicurazioni sociali obbligatorie 1,5 1,7 1,7 4,0 4,0 4,0 0,0 0,0 0,0 5,7 2,6 3,3 0,0 3,8 2,1 0,0 4,2 4,1istruzione, sanità ed altri servizi sociali 11,3 10,9 11,0 10,4 16,6 15,3 0,0 0,0 0,0 14,2 16,7 16,1 11,2 36,4 24,7 10,1 16,1 15,9altri servizi pubblici, sociali e alle persone 9,0 15,2 13,9 10,9 11,6 11,5 0,0 0,0 0,0 7,2 18,5 15,8 16,3 7,4 11,5 9,0 8,5 8,5

Per professione:

legislatori,dirigenti e imprenditori 2,5 2,2 2,2 4,8 2,1 2,7 0,9 0,0 0,2 1,6 0,4 0,6 1,8 2,6 2,2 4,0 1,7 1,8professioni intellettuali, scientifiche e di elevata specializzazione 13,9 5,7 7,5 14,3 7,2 8,7 10,0 6,3 7,2 8,0 3,9 4,9 9,7 14,7 12,4 6,0 4,4 4,5professioni intermedie (tecnici) 24,1 17,4 18,8 19,7 26,2 24,8 13,1 12,9 12,9 17,0 15,8 16,1 13,0 29,5 21,8 11,4 28,2 27,8professioni esecutive relative all'amministrazione e gestione 9,5 15,0 13,8 9,9 19,6 17,5 7,3 10,3 9,6 10,6 9,4 9,7 1,7 13,1 7,8 23,1 22,3 22,3professioni relative alle vendite ed ai servizi per le famiglie 14,0 22,4 20,6 14,6 21,9 20,4 14,9 28,6 25,4 20,8 32,4 29,6 12,4 18,6 15,7 23,4 20,1 20,2artigiani, operai specializzati e agricoltori 25,0 13,7 16,2 18,6 5,6 8,4 29,5 6,0 11,5 15,1 3,4 6,2 39,9 16,1 27,1 15,7 5,9 6,1conduttori di impianti, operatori di macchinari fissi e mobili 4,9 3,5 3,8 9,2 4,9 5,8 11,8 2,5 4,7 9,4 1,6 3,5 11,7 1,7 6,3 0,0 6,6 6,4personale non qualificato 6,2 20,1 17,1 8,9 12,5 11,7 12,6 33,4 28,5 17,6 33,1 29,4 9,9 3,7 6,6 16,4 10,8 10,9

Fonte: elaborazioni IRS su microdati Istat, Rilevazione Trimestrale sulle Forze di Lavoro, 1993-2002.

*: Gli occupati part-time volontari sono gli individui che lavorano a tempo parziale per proria scelta, perché non vogliono un'occupazione full-time.

**: Gli occupati part-time involontari sono gli individui che lavorano a tempo parziale solo perché non hanno trovato il full-time.

Part-time conciliativo (chi ha carichi familiari)

1993 2002

Part-time volontario (chi non vuole full-time, per corsi, motivi personali, malattie, altro)

Part-time involontario (chi non trova full-time)

1993 2002 1993 2002

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79

Tabella 1.13 - Incidenza della forza lavoro potenziale part-time, 2002 Lombardia Italia Disoccupati*

uomini 2,3 1,6donne 18,6 10,1Totali 12,3 6,1

Inattivi**

uomini 9,5 3,4donne 27,3 15,1Totali 21,2 10,6

*: Quota dei disoccupati disposti a lavorare solo part-time sul totale dei disoccupati **: Quota degli inattivi che accetterebbero un impiego solo se a tempo parziale sul totale degli inattivi Fonte: elaborazioni IRS su microdati Istat, Rilevazione Trimestrale sulle Forze di Lavoro, 1993-2002.

Tabella 1.14 - Composizione percentuale della forza lavoro potenziale, 2002 Lombardia Italia Totale Disoccupati* 15/29 30/39 40/49 50/64 oltre 65 15/29 30/39 40/49 50/64 oltre 65

uomini 76,4 0,0 8,1 0,0 15,5 58,7 12,9 8,5 16,3 3,5 100%donne 22,8 42,4 21,4 12,1 1,3 28,4 37,2 24,0 9,8 0,7 100%Totali 26,7 39,3 20,5 11,2 2,3 32,0 34,2 22,1 10,6 1,0 100%

Inattivi**

uomini 39,9 4,2 8,6 44,2 3,0 44,2 15,9 8,9 26,2 4,8 100%donne 18,0 35,7 28,3 17,7 0,3 27,3 36,1 24,1 11,8 0,6 100%Totali 21,5 30,7 25,2 21,9 0,7 29,4 33,5 22,2 13,7 1,2 100%

*: Quota dei disoccupati disposti a lavorare solo part-time sul totale dei disoccupati **: Quota degli inattivi che accetterebbero un impiego solo se a tempo parziale sul totale degli inattivi Fonte: elaborazioni IRS su microdati Istat, Rilevazione Trimestrale sulle Forze di Lavoro, 1993-2002.

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80

Tabella 1.15 - Composizione % -Matrice delle transizioni degli stati lavorativi e non nel tempo, Lombardia/ Italia, aprile 2002 LOMBARDIA 2002 ITALIA 2002

Condizione Ad Aprile 2001 Full-Time Part-Time Full-Time Part-Time

uomini e donne:

occupato 93,0 85,8 89,8 79,5 disoccupato 2,7 5,0 5,1 9,3 casalingo/a 1,2 3,6 1,7 4,1 studente 1,7 3,1 1,3 3,0 altri inattivi* 1,5 2,5 2,0 4,0 uomini: occupato 93,9 78,4 90,6 72,0 disoccupato 2,1 4,2 5,0 12,7 casalingo/a 0,6 3,4 1,1 2,0 studente 1,9 9,3 1,3 5,2 altri inattivi* 1,6 4,8 2,1 8,1 donne: occupato 91,3 87,5 88,5 82,3 disoccupato 3,8 5,2 5,3 8,1 casalingo/a 2,1 3,7 2,8 4,8 studente 1,3 1,7 1,4 2,3 altri inattivi* 1,4 2,0 2,0 2,5

Totale 100,0 100,0 100,0 100,0

* Per "altri inattivi" si sono considerati tutti gli individui di età compresa tra i 15-64 anni, che non appartengono alla forze lavoro e che non si sono dichiarati studenti o casalinghi. Fonte: elaborazioni IRS su microdati Istat, Rilevazione Trimestrale sulle Forze di Lavoro, 1993-2002.

Tabella 1.16 - Composizione % -Matrice delle transizioni degli stati lavorativi e non nel tempo,

Lombardia/ Italia, aprile 2002

Condizione ad aprile

2001 Per titolo di studio Alto livello istruzione Basso livello

istruzione

Full-time Part-time Full-time Part-time

Lombardia 2002 occupato 92,8 85,9 93,2 85,7

disoccupato 2,7 4,8 2,8 5,3

casalingo/a 1,0 3,1 1,3 4,2

studente 2,0 4,3 1,3 1,4

altri inattivi* 1,6 1,9 1,4 3,3

Italia 2002 occupato 90,1 80,0 89,7 79,0

disoccupato 4,8 9,4 5,4 9,2

casalingo/a 1,5 2,8 1,9 5,4

studente 1,6 4,5 1,0 1,4

altri inattivi* 2,0 3,3 2,1 4,9

Totale 100,0 100,0 100,0 100,0

* Per "altri inattivi" si sono considerati tutti gli individui di età compresa tra i 15-64 anni, che non appartengono

alla forze lavoro e che non si sono dichiarati studenti o casalinghi.

Fonte: elaborazioni IRS su microdati Istat, Rilevazione Trimestrale sulle Forze di Lavoro, 1993-2002.

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81

Fonte: elaborazioni IRS su microdati Istat, Rilevazione Trimestrale sulle Forze di Lavoro, 1993-2002.

Figura 1.1a - Tassi di occupazione part-time per età e livelli di istruzione, Lombardia 2002

5,7

16,8

20,1

13,6

30,6

26,8

21,1

3,6

2,5 2,8

11,913,1

17,8

0

5

10

15

20

25

30

35

15/29 30/39 40/49 50/64 oltre 65classi di età

percentuale

uomo almenodiploma

uomo fino all'obbligo

donna almenodiplomadonna fino all'obbligo

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82

Fonte: elaborazioni IRS su microdati Istat, Rilevazione Trimestrale sulle Forze di Lavoro, 1993-2002.

Figura 1.1b - Tassi di occupazione part-time per età e livelli di istruzione, Italia 2002

5,7

18,2

7,6

24,2

18,2

2,1

13,5

4,5

14,5

15,3 18,3

14,2

18,3

0

5

10

15

20

25

30

15/29 30/39 40/49 50/64 oltre 65

classi di età

percentuale

uomo almenodiplomauomo fino all'obbligodonna almenodiplomadonna fino all'obbligo

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83

Fonte: elaborazioni IRS su microdati Istat, Rilevazione Trimestrale sulle Forze di Lavoro, 1993-2002.

Figura 1.2b - Uomini occupati in Lombardia, 2002

97,2%

0,8%

0,1%

1,9%

2,8%

full time part time involontario

part-time per carichi familiari part time volontario

Figura 1.2c - Donne occupate in Lombardia, 2002

81,1%

3,7%

4,7%

10,5%

18,9%

full time part time involontario

part-time per carichi familiari part time volontario

Figura 1.2a - Occupati totale, Lombardia 2002

91%

2%

2%

5%

9%

full time part time involontario

part-time per carichi familiari part time volontario

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84

Fonte: elaborazioni IRS su microdati Istat, Rilevazione Trimestrale sulle Forze di Lavoro, 1993-2002.

Figura 1.3a - Panorama del part-time potenziale in Lombardia, 2002

2,9

19,8

9,3

2,8

18,9

9,710,5

3,0

21,3

0

2

4

6

8

10

12

14

16

18

20

22

24

uomini-donne uomini donne

Genere

Percentuale

occupati part-timeoccupati part-time+ DISOCCUPATI occupati part-time+ DISOCCUPATI+INATTIVI

Figura 1.3b - Variazione nei tassi di occupazione totale ipotizzando l'assorbimento nel mercato, della forza lavoro potenziale

75,9

53,8

64,964,0

52,2

75,6

0

10

20

30

40

50

60

70

80

uomini donne totale

Genere

Percentualeprima dopo

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85

Fonte: elaborazioni IRS su microdati Istat, Rilevazione Trimestrale sulle Forze di Lavoro, 1993-2002.

Figura 1.4 - Distribuzione dei giorni di lavoro degli occupati part-time, Lombardia 2002

0

10

20

30

40

50

60

70

1 2 3 4 5 6 7Giorni abituali settimanali

Percentuale uomini donne

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Fonte: elaborazioni IRS su microdati Istat, Rilevazione Trimestrale sulle Forze di Lavoro, 1993-2002.

Figura 1.5a - Percentuale delle ore di lavoro effettuate abitualmente dagli occupati part-time: confronto uomini-donne,

Lombardia 2002

0%

5%

10%

15%

20%

25%

0 4 9 13 17 22 26 30 35 39 43 48 52 56 61 65 69

Ore di lavoro settimanali abituali

Percentuale

uomini donne

Figura 1.5b - Distribuzione delle ore di lavoro settimanali per classi di età

0%

5%

10%

15%

20%

0 4 9 13 17 22 26 30 35 39 43 48 52 56 61 65 69

Ore di lavoro settimanali abituali

Percentuale

30-enni 40-enni 50-enni

Figura 1.5c - Distribuzione delle ore di lavoro per livello di istruzione, Lombardia 2002

0%

2%4%

6%8%

10%

12%14%

16%

0 4 9 13 17 22 26 30 35 39 43 48 52 56 61 65 69

Ore di lavoro

Percentuale

laureati diplomati nessun titolo

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2. LA DOMANDA DI LAVORO PART–TIME: L’ORIENTAMENTO

DELLE IMPRESE♦♦♦♦

2.1 I motivi del ricorso al lavoro part-time

I dati sul lavoro part-time mostrano come esso, anche se attualmente in aumento,

sia poco diffuso in Italia rispetto ad altri paesi europei. Nel 2002, infatti, l’incidenza

del lavoro a tempo parziale nel nostro paese si è attestata all’8,5%, ben al di sotto

della media dei paesi appartenenti all’Unione Europea (18,0%), tra i quali spicca

l’Olanda (42,2%)1 che, grazie non solo alla cooperazione tra datori di lavoro,

lavoratori e governo, ma anche ad una migliore utilizzazione delle risorse umane in

questo paese2, viene generalmente riconosciuta dalla letteratura internazionale sul

mercato del lavoro, come il primo mercato di lavoro part-time del mondo (Freeman,

1998). Contestualmente, è opportuno sottolineare che nei paesi in cui c’è un

maggior ricorso al lavoro a tempo parziale, esso ha funzionato come uno strumento

di politica attiva del lavoro, in quanto ha agito sia sulla creazione di unità di lavoro

aggiuntive sia sull’inclusione nel mercato del lavoro di nuove categorie di lavoratori,

quali le donne e gli studenti.

Un altro dato rilevabile, a livello nazionale, riguarda l’incidenza dell’occupazione

part-time sul totale dell’occupazione, per settori di attività economica. Nel 2002, i

settori in cui tale incidenza è risultata essere più elevata sono stati,

rispettivamente, “altri servizi pubblici, sociali e alle persone” (19,8%), “alberghi e

ristoranti” (14,8%) e “servizi alle imprese e altre attività professionali ed

imprenditoriali” (13,4%); “l’industria dell’energia ed estrattiva”, invece, è quello in

♦ Di Nicola Orlando. Elaborazione dati Monica Patrizio

1 Il dato sull’incidenza del part-time in Italia è desunto da elaborazioni IRS su microdati ISTAT

(Rilevazione Trimestrale Forze di Lavoro) del 2002, mentre quelli riportati per Unione Europea ed Olanda

sono ricavati da elaborazioni IRS su dati Eurostat e si riferiscono al 2001 (European Labour Force Survey

2001).

2 In Olanda, il part-time costituisce uno strumento importante per sostenere gli elevati livelli di

occupazione complessiva. Infatti, il mercato del lavoro nei Paesi Bassi, negli ultimi anni, è stato

caratterizzato da una forte crescita dell’occupazione e da un simultaneo incremento dell’incidenza del

lavoro part-time (Salverda, 1998).

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88

cui l’incidenza dell’occupazione part-time sull’occupazione totale è stata più bassa

(2,5%)3.

L’ipotesi di partenza è che, in Italia, vi sia una debole propensione all’uso di

contratti di lavoro a tempo parziale da parte delle imprese, a fronte, invece, di una

sempre più ampia offerta di lavoro part-time, principalmente da parte delle donne,

che preferirebbero orari di lavoro tali da consentire di conciliare l’attività lavorativa

con i carichi di lavoro domestici e familiari. E’, dunque, interessante cercare di

comprendere i motivi dello scarso ricorso da parte delle imprese al lavoro part-time

nel nostro paese, ovvero indagare le ragioni che, dal lato della domanda, limitano,

in Italia, l’uso del lavoro part-time.

Il fatto che la maggior pressione per l’introduzione del part-time provenga

principalmente dai lavoratori potrebbe costituire una prima spiegazione sia del

perché esso sia poco utilizzato dalle aziende, che di solito cercano di limitarne

l’estensione, sia del perché molto spesso le condizioni di lavoro part-time finiscano

per essere peggiori di quelle a tempo pieno (Piazza et al., 1999). Inoltre, la

piuttosto recente terziarizzazione dell’economia italiana, ancora molto legata ai

servizi alle imprese e alle persone, non ha favorito l’uso del part-time. Le aziende

potrebbero però ottenere alcuni vantaggi dall’impiego di lavoro part-time, in modo

particolare nelle attività lavorative che presentano rilevanti picchi di intensità in

corrispondenza di determinate ore della giornata o di specifici giorni della

settimana.

Un settore nel quale i vantaggi dell’uso di impieghi a tempo parziale sono

particolarmente significativi è quello della grande distribuzione, poiché il lavoro

part-time permette di adeguare le esigenze d’organico a quelli che sono gli

andamenti dei flussi della clientela, con stimolanti effetti sulla produttività

(Salverda, 1998). Il lavoro part-time, infatti, riducendo l’inefficienza allocativa,

incrementa la produttività del lavoro. Negli ultimi anni, la necessità di ridurre i costi

del lavoro mediante il lavoro part-time è aumentata, in particolar modo, per tutte le

aziende nel settore dei servizi. Poiché i servizi non possono essere prodotti in stock

e sono difficilmente automatizzabili, le aziende di questo settore, dovendosi

confrontare con la produttività crescente ed i salari del settore manifatturiero,

manifestano l’esigenza di tagliare i costi del lavoro. Ed i rapporti di lavoro part-time

offrono tale opportunità (Wielers e van der Meer, 2000). Inoltre, il settore dei

3 Dati desunti da elaborazioni IRS su microdati ISTAT, Rilevazione Trimestrale sulle Forze di Lavoro,

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89

servizi è quello in cui, con il ricorso a contratti di lavoro a tempo parziale, si ottiene

una flessibilità dell’organizzazione tale da poter offrire il servizio coprendo fasce

orarie più lunghe e/o il fine settimana: le aziende domandano lavoro part-time per

quelle ore o per quei determinati giorni. In questo caso, essendo l’impresa a

richiedere il lavoro a tempo parziale, non ci sono limiti alla sua utilizzazione e i

dipendenti otterrebbero condizioni di lavoro non diverse da quelle dei lavoratori a

tempo pieno.

L’offerta di lavoro part-time da parte di alcune categorie di lavoratori (in modo

particolare, le donne), non si muove solo nella direzione di una riduzione dell’orario

di lavoro, ma anche in quella di una collocazione dell’attività lavorativa in

determinate fasce orarie (ad esempio, il mattino per le donne con figli piccoli). In

tal caso, l’uso di lavoro a tempo parziale implicherebbe un impatto

sull’organizzazione delle aziende, non solo in termini di copertura delle fasce orarie

che risultano maggiormente scoperte, ma anche di funzionamento organizzativo.

Questo impatto sull’organizzazione aziendale rappresenta uno dei motivi più

frequenti del rifiuto del lavoro part-time da parte delle aziende, le quali però con un

maggior sforzo di analisi della struttura organizzativa potrebbero trovare soluzioni,

non solo a basso costo, ma anche più funzionali rispetto agli obiettivi produttivi

(Piazza et al., 1999).

2.2 L’indagine sull’utilizzo del lavoro part-time nelle imprese

lombarde

Per indagare le ragioni che, dal lato delle domanda, limitano in Italia il ricorso al

lavoro part-time è stata definito un campione di 600 imprese lombarde private,

presso le quali è stata realizzata un’indagine, rivolta ad imprenditori o responsabili

delle risorse umane, incentrata essenzialmente sulle motivazioni che inducono ad

utilizzare (per rispondere alle esigenze dei dipendenti, per esigenze organizzative) o

a non utilizzare (motivi legati ai costi, a difficoltà organizzative e/o burocratiche) il

lavoro a tempo parziale.

L’indagine è stata condotta su un campione di 600 imprese, composto,

rispettivamente, da 500 imprese che utilizzano il lavoro part-time e 100 che non lo

utilizzano. Tale campione è stato estratto dall’universo di imprese lombarde del

Sistema Informativo Excelsior: i settori di appartenenza delle imprese sono stati

2002. Settori di attività economica da classificazione ISTAT.

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scelti in modo da rispecchiarne il loro peso sul tessuto produttivo dell’economia

lombarda4.

A ciascun gruppo di imprese il questionario somministrato è stato strutturato in

maniera diversa proprio per tener conto del fatto che utilizzassero o meno il lavoro

part-time5. Il questionario rivolto alle imprese che utilizzano contratti di lavoro a

tempo part-time prevedeva le seguenti sezioni:

dati di impresa (settore, dimensione d’azienda in termini di numero totale di

addetti, area territoriale, anni di attività, mercato di riferimento, operazioni di

riorganizzazione aziendale negli ultimi 5 anni, assunzioni effettuate begli ultimi

5 anni, contratto collettivo di lavoro);

struttura e composizione dell’occupazione (posizione professionale dei

lavoratori, utilizzo di contratti flessibili diversi dal part-time e di forme di

flessibilità dell’orario di lavoro);

caratteristiche del part-time (numero lavoratori con contratto part-time, tipo di

part-time, ore lavorate dai lavoratori part-time, opinione sul part-time, vantaggi

del part-time, svantaggi del part-time, conoscenza della legge sul contratto di

lavoro part-time6, necessità di modificarla, utilizzo di incentivi previsti dal lavoro

part-time, utilizzo di lavoro supplementare abbinato al part-time, passaggi da

part-time a full-time, motivi per cui i lavoratori lavorano part-time, presenza di

contrattazione aziendale sul part-time).

Il questionario relativo alle imprese che non utilizzano contratti di lavoro part-time

si differenzia, invece, per l’assenza della sezione sulle caratteristiche del lavoro

part-time, mantenendo comunque le domande sui vantaggi di cui godono le

imprese che utilizzano il part-time, sugli svantaggi del part-time, sulla conoscenza

della legge sul contratto di lavoro part-time, sulla necessità di modificarla, sui

motivi per cui farlo, sulla presenza o meno di contrattazione aziendale (in generale,

però, e non specificamente sul part-time), alle quali è stata aggiunta una domanda

sulle motivazioni del mancato utilizzo del part-time.

4 Campione per quote. Quattro settori: Pubblici esercizi (alberghi, ristoranti), Commercio,

Intermediazione finanziaria e monetaria, Industria tessile e pelle calzature.

5 I questionari sono riportati in Appendice.

6 D. lgs. N. 61 del 25 febbraio 2000, che sostituisce la legge del 1984.

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2.3 Un’analisi descrittiva dei dati

Le informazioni raccolte tramite l’indagine ci permettono di analizzare le principali

caratteristiche sia delle imprese che utilizzano contratti part-time, sia delle imprese

che non utilizzano il lavoro a tempo parziale e di osservarne le principali differenze.

2.3.1 I dati di impresa

Le 500 imprese che impiegano lavoro part-time e le 100 che non lo utilizzano sono

ripartite tra i seguenti settori: Pubblici esercizi (alberghi, ristoranti), Commercio,

Intermediazione finanziaria e monetaria, Industria tessile e pelle calzature, in modo

tale da rappresentare, come già detto in precedenza, la composizione per settore di

attività economica delle imprese lombarde e che il campione sia, quindi,

rappresentativo della struttura produttiva lombarda (tabella 2.1).

Per ciò che concerne la dimensione aziendale emerge che le aziende che impiegano

il lavoro part-time sono mediamente più grandi di quelle che non ricorrono a

contratti a tempo parziale: complessivamente il 20,8% delle aziende che utilizzano

il part-time hanno più di 50 addetti contro il 3,0% di quelle che non lo utilizzano;

da notare che il 97,0% delle aziende che non utilizzano contratti a tempo parziale

hanno al massimo fino a 49 addetti e che nessuna di esse ha oltre 200 addetti

(tabella 2.2).

Non si riscontra una netta differenziazione nella localizzazione delle aziende che

usano il part-time rispetto a quelle che non lo usano: il 15,4% di quelle che

ricorrono al lavoro a tempo parziale sono localizzate in provincia di Milano contro il

12,0% di quelle che non vi ricorrono. Osservando nello specifico in quali altre

province sono maggiormente presenti le aziende che utilizzano contratti di lavoro

part-time, emerge che il 17,4% ed il 12,8% sono localizzate rispettivamente nella

provincia di Bergamo ed in quella di Como (tabella 2.3).

Le aziende che utilizzano il part-time non risultano essere diverse da quelle che non

lo utilizzano per quanto riguarda il tempo da cui l’impresa è in attività; tuttavia,

l’8,8% delle prime sono in attività da meno di 6 anni contro il 5% delle seconde

(tabella 2.4).

L’informazione relativa al mercato di riferimento prevalente non sembra evidenziare

particolari differenze tra le aziende che ricorrono a contratti di lavoro part-time e

quelle che invece non li utilizzano: in entrambi i casi esso è principalmente locale-

regionale (tabella 2.5).

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Altre informazioni interessanti sono quelle desumibili dalla presenza, o meno, negli

ultimi 5 anni, di rilevanti operazioni di riorganizzazione aziendale e di nuove

assunzioni (tabelle 2.6 e 2.7). Ciò che emerge è che il 26,8% delle aziende che

utilizzano il lavoro part-time, in confronto al 23,0% di quelle che non lo utilizzano,

negli ultimi 5 anni, hanno effettuato una consistente riorganizzazione aziendale.

Inoltre, la percentuale di aziende con contratti di lavoro part-time che hanno

assunto negli ultimi 5 anni (l’80,4%) è mediamente più elevata di quella delle

aziende senza contratti a tempo parziale (il 72,0%).

Negli ultimi cinque anni, non solo le aziende che ricorrono a contratti di lavoro a

tempo parziale hanno assunto di più rispetto a quelle che non vi ricorrono, ma

significativa è anche la differenza nella quantità di assunzioni. Infatti, le assunzioni

effettuate nell’ultimo quinquennio dalle aziende che adottano contratti di lavoro a

tempo parziale ammontano complessivamente a 9972 unità, rispetto alle 339 delle

aziende che non impiegano lavoro part-time. La media delle assunzioni fatte negli

ultimi 5 anni da ciascuna azienda che utilizza il part-time è di 20 unità contro le 3

mediamente effettuate da ciascuna azienda che non utilizza contratti a tempo

parziale.

Le informazioni sulla presenza di riorganizzazione aziendale e di nuove assunzioni

negli ultimi cinque anni possono essere interpretate come il segnale di una

maggiore, anche se in misura contenuta, propensione delle imprese che utilizzano il

part-time, rispetto a quelle che non lo utilizzano, ad adeguare struttura

organizzativa e numero di addetti alle esigenze della produzione.

L’analisi, per settore, delle assunzioni effettuate negli ultimi 5 anni, evidenzia che

esse sono avvenute principalmente nel commercio, sia per le aziende che ricorrono

al lavoro part-time (il 67,4%) sia per quelle che non utilizzano contratti di lavoro a

tempo parziale (il 49,3%) (tabella 2.8a). Se consideriamo, invece, le assunzioni

effettuate, negli ultimi 5 anni, dalle aziende che usano il lavoro part-time, per classi

di dimensione aziendale, emerge che il 64,4% di esse è avvenuto in imprese di

grandi dimensioni (oltre 200 addetti); mentre quelle effettuate dalle aziende che

non ricorrono al lavoro part-time, sono avvenute principalmente nelle imprese con

un numero di addetti compreso tra 10 e 49 unità (il 50,1%) (tabella 2.8b).

2.3.2 La struttura e la composizione dell’occupazione

L’indagine realizzata ci permette di analizzare anche la struttura e la composizione

dell’occupazione sia per le aziende con contratti di lavoro a tempo parziale sia per

quelle che non li utilizzano. Per ciò che concerne la posizione professionale dei

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lavoratori (tabella 2.9), la principale differenza che si nota è che, in media, ci sono

più “commessi” nelle aziende che impiegano lavoro part-time piuttosto che in quelle

che non usano il lavoro a tempo parziale (il 13,7% del totale degli addetti contro il

6,6%), ma d’altra parte le prime hanno mediamente meno dirigenti delle seconde

(il 2% in confronto al 6,8%).

Un altro aspetto interessante è verificare se le aziende prese in considerazione

utilizzino altri tipi di contratto flessibili. La tabella 2.10a mostra che,

complessivamente, il 66,0% (330 su 500) delle aziende che impiegano lavoro a

tempo parziale utilizzano anche altri tipi di contratti di lavoro flessibili, rispetto al

55,0% (55 su 100) di quelle che, invece, non usano il lavoro part-time. Inoltre, si

evidenzia, in modo chiaro, come le aziende che impiegano lavoro a tempo parziale

utilizzino in media più contratti a tempo determinato, più lavoro interinale, più

contratti di collaborazione coordinata continuativa, più collaborazioni occasionali,

più contratti di formazione lavoro di quelle che non ricorrono al lavoro part-time;

d’altra parte, queste ultime utilizzano in media un numero maggiore di contratti di

apprendistato rispetto alle prime.

I contratti di lavoro flessibili adottati sia dalle aziende che utilizzano il part-time sia

da quelle che non lo utilizzano possono essere analizzati per settore, classe

dimensionale e mercato di riferimento prevalente. Innanzitutto si osserva che, sia

tra le aziende che impiegano lavoro part-time sia tra quelle che non lo impiegano, i

contratti flessibili (diversi dal part-time) sono prevalentemente utilizzati nel settore

del commercio (tabella 2.10b). Per classe dimensionale, si evidenzia invece che i

contratti flessibili, diversi dal part-time, sono utilizzati principalmente nelle aziende

con un numero di addetti compresi tra 10 e 49 sia in quelle che utilizzano contratti

di lavoro a tempo parziale sia in quelle che non li utilizzano; tuttavia, mentre per le

aziende che ricorrono al part-time l’altra classe dimensionale in cui tali contratti

sono più utilizzati è quella 50-200 addetti, per quelle che non utilizzano il part-time

è la classe fino a 9 addetti (tabella 2.10c). Infine, il mercato di riferimento

prevalente in cui si utilizzano maggiormente altri tipi di contratto flessibili è quello

locale-regionale oltre che per le aziende con contratti di lavoro a tempo parziale,

anche per quelle senza contratti di lavoro a tempo parziale (tabella 10d).

Le aziende che impiegano lavoro part-time, tra gli altri tipi di contratto flessibile,

utilizzano maggiormente i contratti a tempo determinato e i contratti di formazione

lavoro (rispettivamente il 30.2% ed il 30% del numero totale di contratti flessibili

nelle aziende che usano il lavoro a tempo parziale) (tabella 2.11a). Fra le imprese

che impiegano lavoro a tempo parziale, il maggior numero (in media) di altri tipi di

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contratto flessibili è utilizzato nel settore del commercio, tranne quelli di formazione

lavoro il cui numero è maggiore nei pubblici esercizi (tabella 2.11b). Per quanto

riguarda la classe di dimensione aziendale, tra le imprese che impiegano il lavoro

part-time, mediamente, in quelle con oltre 200 addetti si registra il maggior numero

di contratti a tempo determinato, di formazione lavoro e di apprendistato, in quelle

da 50 a 200 addetti il numero più elevato di contratti di lavoro interinale e, infine,

in quelle da 10 a 49 addetti il maggior numero di contratti di collaborazione

coordinata continuativa e di collaborazione occasionale (tabella 2.11c). Infine, il

maggior numero di contratti di lavoro a tempo determinato e i contratti di

collaborazione coordinata continuativa sono utilizzati soprattutto dalle aziende con

contratti a tempo parziale, il cui mercato di riferimento prevalente è quello locale-

regionale; mentre il numero più elevato di contratti di lavoro interinale, di

collaborazione occasionale, di formazione lavoro e di apprendistato è impiegato

nelle aziende (che usano il part-time) il cui mercato di riferimento prevalente è

quello nazionale (tabella 2.11d).

Le aziende che utilizzano contratti part-time risultano essere maggiormente

propense di quelle che non vi ricorrono ad impiegare altre forme di flessibilità

dell’orario di lavoro, sia abitualmente sia saltuariamente (tabella 2.12a).

Particolarmente rilevante è l’utilizzo del lavoro al sabato (utilizzato abitualmente dal

40% delle aziende che ricorrono, oltre che al part-time, anche ad altre forme di

flessibilità dell’orario lavorativo). Il fatto che le aziende che già impiegano lavoro

part-time, adoperino anche altre forme di flessibilità dell’orario, conferma l’ipotesi

che la maggiore flessibilità si concilia in modo particolare con quelle attività

lavorative che presentano rilevanti picchi di intensità in corrispondenza di

determinate ore della giornata o di specifici giorni della settimana come nel settore

del commercio. In effetti, le aziende che, oltre ai contratti di lavoro part-time,

utilizzano sia abitualmente sia saltuariamente altre forme di flessibilità dell’orario di

lavoro appartengono soprattutto al settore del commercio (tabella 2.12b). Per

quanto riguarda la classe dimensionale, altre forme di flessibilità dell’orario di

lavoro sono utilizzate prevalentemente dalle imprese che usano il lavoro part-time e

che appartengono alla classe da 10 a 49 addetti (tabella 2.12c).

2.3.3 La valutazione del part-time da parte delle imprese

L’indagine condotta con due questionari strutturati in maniera diversa per le

aziende in base al ricorso o meno al lavoro part-time prevedeva alcune domande

comuni ad entrambi i “tipi di aziende”, che consentono di precisare alcuni aspetti

relativi alla valutazione espresse dalle imprese in merito all’utilizzo di contratti di

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lavoro part-time. In particolare, se il part-time è vantaggioso o meno, le

motivazioni dei vantaggi/svantaggi legati all’uso del part-time, la conoscenza della

legge sul contratto di lavoro part-time, la necessità di modificare tale legge, i motivi

per cui modificarla.

Innanzitutto emerge che il 98,6% delle aziende che utilizzano il part-time lo ritiene

vantaggioso contro il 44,0% di quelle che, invece, non lo utilizzano. D’altra parte, il

lavoro a tempo parziale viene ritenuto svantaggioso dall’86,0% delle aziende che

non lo impiegano in confronto al 50% di quelle che lo adoperano (tabella 2.13a).

Vantaggi

Qual è il principale vantaggio riconosciuto all’uso del part-time? La tabella 2.13b

mostra che il 72,6% delle aziende che ricorrono a contratti di lavoro a tempo

parziale ritiene che il part-time serva per rispondere alle esigenze dei lavoratori che

lo richiedono ed un altro 20% che esso risponda bene alle esigenze di

organizzazione dell’attività produttiva, mentre per l’1,4% non ha alcun vantaggio.

Per quanto riguarda le aziende che non utilizzano contratti a tempo parziale, il

22,0% di esse ritiene che il principale vantaggio sia che il part-time serve per

rispondere alle esigenze dei lavoratori che lo richiedono mentre per il 56,0% non ha

vantaggi. Da quanto detto, si trae conferma che le aziende non riescono a

considerare il part-time nell’ottica di uno strumento contrattuale che consenta loro

di adeguare il fattore lavoro alle esigenze organizzative aziendali, ma piuttosto lo

vedono come più vicino a quelle che sono le necessità dei lavoratori.

Svantaggi

Per quanto riguarda il principale svantaggio del part-time (tabella 2.13c), il 50%

delle imprese che lo adoperano ritiene che non sia svantaggioso, con un altro

16,4% che, invece, lo considera non economicamente conveniente; fra le aziende

che non ricorrono al lavoro part-time, le motivazioni su perché sia svantaggioso si

diversificano maggiormente: il 31,0% ritiene che non convenga economicamente, il

14,0% che il lavoratore part-time sia meno motivato e renda meno, solo il 14,0%

considera il part-time privo di svantaggi. Tuttavia, nonostante il diverso peso

percentuale delle motivazioni addotte sugli svantaggi dell’uso del part-time tra le

aziende che utilizzano contratti di lavoro a tempo parziale e quelli che non li

utilizzano, emerge complessivamente una certa resistenza culturale delle aziende

nel domandare lavoro a tempo parziale.

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Conoscenza della legge sul contratto di lavoro part-time (d. lgs. 61/2000)

E’ opportuno a questo punto cercare di comprendere quanto le risposte sui vantaggi

e gli svantaggi nell’uso del lavoro part-time siano supportate dalla conoscenza della

legge sul contratto di lavoro part-time (tabella 2.14). L’85,2% delle aziende che

impiegano lavoro a tempo parziale conosce poco (il 29,6%) o nulla (il 55,6%) il d.

lgs. n. 61 del 2000. Per quanto concerne le aziende che, invece, non utilizzano

lavoro part-time, il 90% ha una conoscenza scarsa (il 17%) o nulla (il 73,0%) di

tale provvedimento legislativo. Si comprende, quindi, come i giudizi sui vantaggi e

gli svantaggi nell’uso dei contratti a tempo parziale siano formulati a priori, senza

una reale conoscenza dei meccanismi normativi che stanno alle base del lavoro

part-time. Tuttavia, occorre registrare che il 32,4% ed il 29,6%, rispettivamente,

delle aziende che utilizzano e di quelle che non utilizzano il part-time, e che

conoscono la legge, ritengono che la legge sul contratto di lavoro part-time debba

essere modificata (tabella 2.15a). La principale motivazione addotta per giustificare

questa considerazione è, sia per le aziende che ricorrono al lavoro part-time sia per

quelle che non vi ricorrono, che la legge rende difficilmente modificabile la fascia

oraria (tabella 2.15b).

I motivi del mancato ricorso a contratti part-time

Il questionario per le imprese che non utilizzano contratti part-time prevedeva

anche una domanda sui motivi per cui non impiegano lavoro a tempo parziale

(tabella 2.16a).

I motivi principalmente addotti come prima risposta sono:

“non vi è stata alcuna richiesta da parte dei lavoratori (il 56,0% delle imprese);

“non è compatibile con il tipo di organizzazione della produzione o del servizio”

(27,0%).

Mentre i motivi maggiormente indicati come seconda risposta sono:

“non è compatibile con il tipo di organizzazione della produzione o del servizio”

(35,8% di chi ha fornito anche una seconda motivazione);

“non conviene economicamente per i maggiori costi di gestione del personale”

(17,0% del totale delle aziende che hanno indicato anche un secondo motivo).

I vantaggi del part-time secondo le imprese che non lo utilizzano

Il part-time ha dei vantaggi per le imprese che lo utilizzano secondo il 44,0% delle

aziende che, invece, non lo usano: il 50% ritiene che il vantaggio principale sia che

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risponda alle esigenze dei lavoratori, il 15,9% che risponda alle esigenze

organizzative dell’attività produttiva e l’11,4% che riduca il tempo di lavoro nei

momenti di crisi aziendale. Interessante rilevare che il secondo motivo

maggiormente citato è “serve per ridurre i tempi di lavoro nei momenti di crisi

aziendale” (il 36,4% delle aziende senza contratti part-time che hanno citato anche

un secondo motivo) (tabella 2.16b). Per l’86,0% delle aziende che non usano

contratti part-time, invece, esso ha degli svantaggi per le aziende che lo utilizzano.

Motivi dello svantaggio sarebbero la mancanza di convenienza economica e la

scarsa motivazione ed efficienza del lavoratore part-time (rispettivamente, il 36,0%

ed il 16,3% delle aziende che non impiegano lavoro part-time e che lo ritengono

svantaggioso). Il motivo maggiormente indicato nella seconda risposta è la

“difficoltà a prevedere un percorso di carriera del lavoratore part-time” (il 39,5%

delle aziende che hanno citato anche una seconda motivazione) (tabella 2.16c).

2.3.4 Le caratteristiche del part-time

L’indagine ci consente di approfondire alcune caratteristiche del part-time. Prima di

tutto possiamo osservare che il campione di aziende che utilizzano contratti part-

time impiega, con tale tipologia contrattuale, l’11,6% del totale degli addetti da

esse complessivamente assunti (4.687 su 40.522).

Qualifica professionale

Per quanto riguarda la posizione professionale dei lavoratori a tempo parziale, il

40,3% sono operai generici, il 38,0% sono impiegati amministrativi e il 20,8 %

sono commessi; mentre, le altre posizioni professionali non raggiungono nemmeno

l’1%. Osservando la posizione professionale dei lavoratori part-time per settore,

emerge che mediamente ci sono più operai generici e specializzati nei pubblici

esercizi e nell’industria tessile e pelle calzature, più commessi nel commercio e,

infine, più impiegati amministrativi nell’intermediazione finanziaria e monetaria

(tabella 2.17a). Per classe dimensionale delle aziende si nota che ci sono

mediamente più operai generici e specializzati che lavorano part-time nelle imprese

con un numero di addetti compreso tra 10 e 49, più commessi in quelle con da 50 a

200 addetti e più impiegati amministrativi rispettivamente in quelle fino 9 addetti e

oltre 200 addetti (tabella 2.17b). Infine, per ciascuna posizione professionale è

possibile calcolare l’incidenza sul totale degli addetti: si nota che il peso percentuale

più elevato dei lavoratori part-time sul totale degli addetti per posizione

professionale si registra tra i commessi (16,9%) (tabella 2.18° e 2.18b).

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Genere e tipo di contratto dei lavoratori part-time

Le donne costituiscono l’85,6% dei lavoratori complessivamente inseriti con

contratto part-time nelle aziende che utilizzano tale tipologia contrattuale. Il 46%

dei lavoratori a tempo parziale è stato assunto direttamente con un contratto di

lavoro part-time. Un’annotazione interessante è che, pur essendo il numero delle

donne assunte con contratti a tempo parziale nettamente superiore a quello degli

uomini, ci sono, in media, più uomini sia con contratto part-time a tempo

determinato sia assunti direttamente con contratto part-time, mentre

(mediamente) ci sono più donne con contratti trasformati da full time a part-time

(tabella 2.19a). Per gli uomini, dunque, il part-time funziona da contratto di primo

inserimento, mentre per le donne diviene invece strumento conciliativo.

Analizzando i lavoratori con contratto part-time per settore d’appartenenza, si

osserva che il numero di lavoratori a tempo parziale con contratto part-time a

tempo determinato è (mediamente) più elevato nei pubblici esercizi (come era

naturale attendersi), quello dei lavoratori part-time assunti direttamente con

contratto a tempo parziale è maggiore (sempre in media) nel settore del commercio

e, infine, quello dei lavoratori part-time trasformati da contratti full time a part-time

è (in media) più alto nell’Intermediazione finanziaria e monetaria (tabella 2.19b).

Relativamente alla classe dimensionale, emerge che il numero di lavoratori a tempo

parziale con contratto part-time a tempo determinato è mediamente più elevato

nelle aziende con oltre 200 addetti, così come quello dei lavoratori a tempo parziale

assunti direttamente e quello dei lavoratori part-time trasformati da contratti full-

time a part-time lo sono, rispettivamente, nelle aziende fino a 9 addetti e da 50 a

200 addetti (tabella 2.19c).

Tipologia di part-time

Le tipologie di part-time utilizzate nelle aziende si possono articolare principalmente

in orizzontale (con riduzione dell’orario su base giornaliera), verticale (con riduzione

dell’orario su base settimanale), misto o ciclico (riduzione giornaliera con punte

verticali, concentrate in alcuni periodi o mesi dell’anno). Le aziende possono

utilizzare più di una tipologia di part-time: quella più utilizzata risulta essere il part-

time orizzontale (il 94,2% del totale delle aziende che utilizzano un contratto di

lavoro part-time). Si nota, quindi, una maggior preferenza per riduzioni dell’orario

su base giornaliera, con un minor ricorso a riduzioni dell’orario su base settimanale

e/o giornaliera solo in certi periodi o mesi dell’anno (tabella 2.20a). Tutte le

tipologie di part-time sono in media maggiormente utilizzate nel settore del

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commercio e nelle aziende con un numero di addetti compreso tra 10 e 49 unità

(tranne il part-time misto o ciclico che risulta essere maggiormente utilizzato nelle

aziende con un numero di addetti compreso tra 50 e 200) (tabelle 2.20b e 2.20c).

Ore settimanali lavorate mediamente dai lavoratori part-time

Le ore settimanali lavorate mediamente dai lavoratori part-time mostrano come

tale media sia leggermente più alta nel settore commercio (con più di 23 ore alla

settimana), nelle aziende con oltre 200 addetti (poco più di 25 ore settimanali), e

per la tipologia di part-time orizzontale (poco più di 23 ore alla settimana).

Complessivamente il numero di ore medie settimanali lavorate da tutti i lavoratori a

tempo parziale nelle aziende che utilizzano contratti part-time è di 22,98 ore

(tabella 2.21).

I vantaggi del part-time secondo le imprese che lo utilizzano

Alle aziende che utilizzano contratti part-time nel questionario veniva chiesto,

qualora ritenessero vantaggioso l’uso del part-time, quale fosse la principale

motivazione di tale convinzione: dalle risposte emerge che il 71,8% delle aziende,

che ricorrono a contratti a tempo parziale, pensa che il part-time sia vantaggioso

per l’impresa. Di queste il 44,0% ritiene che sia vantaggioso perché consente di

avere figure professionali diverse, non occupabili a tempo pieno, ed il 35,4% perché

permette di fare fronte a picchi di lavoro giornalieri/settimanali (tabella 2.22).

Incentivi

Le aziende che impiegano lavoro part-time non sembrano ricorrere in maniera

rilevante alle forme di incentivo previste dalla legge sul contratto di lavoro part-

time (forse, anche e soprattutto a causa della scarsa conoscenza di essa7).

Tuttavia, il 27,8% ha utilizzato almeno una forma di incentivo: quella più utilizzata

è quella relativa alla trasformazione da full-time a part-time dei lavoratori anziani (il

43,9% delle aziende che sono ricorse ad almeno una forma di incentivo di quelle

previste dalla legge). Tra le imprese che non utilizzano alcuna forma di incentivo (il

72,2% delle imprese che usano il lavoro a tempo parziale), il 12,7% afferma di non

ricorrervi perché per accedere agli incentivi era necessario un aumento della base

occupazionale (tabella 2.23a). Le imprese che utilizzano contratti di lavoro part-

time e che utilizzano almeno una forma di incentivo prevista dal d. lgs. N. 61/2000

7 Si veda il precedente sottoparagrafo 3.3.

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100

si concentrano prevalentemente nel settore del commercio e hanno una dimensione

da 10 a 49 addetti (tabelle 23b e 23c).

Lavoro supplementare

Non sembra che le aziende che impiegano lavoro part-time utilizzino lavoro

supplementare abbinato ad esso: il 95,6% dichiara di non farvi mai ricorso (il

74,2%) o di ricorrervi raramente (il 21,4%) (tabella 2.24). Si ricordi che il lavoro

supplementare non è il lavoro straordinario, ma equivale al numero di ore che si

aggiungono al lavoro part-time, ma che non superano quello full-time: è pagato

senza maggiorazioni e sostituisce il lavoro straordinario, che prima del d.lgs.

61/2000 era vietato.

Passaggi da contratto part-time a contratto a tempo pieno

Un altro aspetto interessante da indagare, per verificare se il part-time viene inteso

dalle aziende come un metodo di assunzione che successivamente prelude ad un

impiego a full-time, è se vi sono stati passaggi da contratto a tempo parziale a

contratto a tempo pieno. Solo nel 20,0% delle imprese (100 su 500) vi sono state

trasformazioni di contratti da part-time a full-time. Trascurabile la percentuale di

passaggi da part-time a full-time richiesti, ma non concessi dall’azienda (0,2%). Il

settore in cui si colloca il maggior numero di aziende in cui si sono verificati

passaggi da contratto a tempo parziale a contratto a tempo pieno è quello del

commercio (57%) (tabella 2.25a), mentre le aziende in cui ci sono state

trasformazioni di contratti da tempo parziale a tempo pieno sono soprattutto quelle

con da 10 a 49 addetti (39%) (tabella 2.25b). Complessivamente si sono avuti 320

passaggi da tempo parziale a tempo pieno: il maggior numero di passaggi si è

concentrato nel settore del commercio (il 65.9%) e nelle aziende con oltre 200

addetti (il 52.2%) (tabella 2.25c).

Motivi del ricorso al part-time da parte dei dipendenti

Tra i motivi per cui i dipendenti lavorano a tempo parziale nelle imprese che

utilizzano contratti part-time quelli familiari o personali vengono indicati come il

primo citato nell’ 81,8% dei casi; la maternità o congedo temporale è il motivo

prevalente come secondo citato (48,1%) (tabella 2.26).

Contrattazione aziendale

Solo il 5,8% delle aziende che utilizzano contratti di lavoro a tempo parziale

effettuano contrattazione aziendale sul part-time. Esse appartengono soprattutto al

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101

settore del commercio (il 41,4%) e buona parte ha da 10 a 49 addetti (il 37,9%)

(tabella 2.27). Il dato sulla contrattazione aziendale sul part-time nelle aziende che

utilizzano tale tipologia contrattuale può in qualche modo essere confrontato con

quello sulla presenza di contrattazione aziendale (in generale) nelle aziende che

non utilizzano contratti part-time: il 7,0% di queste ultime svolge contrattazione a

livello locale. Le aziende che non impiegano lavoro a tempo parziale appartengono

prevalentemente al settore dell’intermediazione finanziaria e dell’industria tessile e

pelle calzature (l’85,8%), differenziandosi in questo senso da quelle che ricorrono a

contratti part-time (pur con la dovuta cautela dettata dal fatto che in quel caso ci si

riferiva a contrattazione aziendale sul part-time). Infine, il 71,4% delle aziende che

non ricorrono al lavoro a tempo parziale appartiene alla classe dimensionale da 10 a

49 addetti (tabella 2.28)8.

2.4 Caratteristiche d’impresa e probabilità di utilizzare contratti

part-time

Abbiamo già visto a livello descrittivo quali caratteristiche d’impresa9 sono

prevalenti nelle aziende che utilizzano contratti di lavoro part-time, ma l’analisi

econometrica condotta in questo paragrafo ci consente di stimare l’impatto delle

singole caratteristiche d’impresa sulla probabilità di ricorrere a contratti part-time, a

parità di altre caratteristiche.

Il modello econometrico utilizzato per l’analisi è un modello probit, che permette di

studiare l’influenza che le diverse variabili (settore di attività, numero di addetti,

localizzazione, tempo di attività dell’azienda, mercato prevalente di riferimento, la

presenza o meno di riorganizzazione aziendale negli ultimi cinque anni, l’incidenza

di assunzioni negli ultimi 5 anni sul totale degli addetti, la presenza di

contrattazione aziendale o sul part-time o in generale) esercitano sulla scelta di

utilizzare contratti di lavoro a tempo parziale. La variabile dipendente è una

variabile discreta che assume valore 1 se l’impresa utilizza contratti part-time e

valore 0 se, invece, l’impresa non li utilizza (tabella 2.29).

8 Occorre comunque ulteriore cautela nell’interpretazione di queste percentuali poiché il numero totale di

aziende che non utilizzano contratti di lavoro part-time e che svolgono contrattazione aziendale è

piuttosto esiguo (7 su 100).

9 Si veda il precedente sottoparagrafo 3.1.

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102

I principali risultati evidenziano che:

Il settore di appartenenza dell’azienda non sembra avere alcun impatto sulla

probabilità di utilizzare contratti part-time. Infatti, i coefficienti delle dummy

settoriali non sono mai statisticamente significativi.

La dimensione aziendale (in termini di numero di addetti) influenza in maniera

positiva e statisticamente significativa la probabilità di utilizzare il lavoro part-

time; in altri termini, la probabilità cresce al crescere della dimensione di

impresa (colonna 1, tabella 2.29). Essa è massima nelle imprese con più di 49

addetti (colonna 2, tabella 2.29).

La localizzazione dell’impresa, distinta tra Milano e altre province lombarde, non

è significativa: la probabilità di ricorrere al lavoro part-time non è, quindi,

influenzata dall’area territoriale in cui si colloca l’attività d’impresa.

Il tempo di attività dell’impresa (in numero di anni) non ha un impatto

significativo sulle scelta di utilizzare contratti di lavoro a tempo parziale.

Anche il mercato di riferimento prevalente non influenza in maniera

statisticamente significativa la probabilità di ricorrere a contratti part-time.

La presenza di rilevanti riorganizzazioni aziendali negli ultimi cinque anni non

provoca effetti significativi sulla probabilità di utilizzo di lavoro part-time.

L’incidenza delle assunzioni avvenute negli ultimi cinque anni sul totale di

addetti in azienda, tenendo sotto controllo l’effetto della dimensione d’impresa,

non influenza in modo significativo la scelta di usare il lavoro a tempo parziale.

La presenza di forme di contrattazione aziendale sembra invece ridurre la

probabilità che l’impresa ricorra al lavoro a tempo parziale (il coefficiente della

variabile contrattazione aziendale è statisticamente significativo al livello del

5%, colonna 1, tabella 2.29).

In sintesi, il risultato che emerge in maniera particolarmente rilevante è che la

probabilità di utilizzare contratti part-time da parte dell’impresa è influenzata

positivamente dalla dimensione di impresa.

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103

2.5 Conclusioni

L’indagine realizzata su un campione di 600 imprese, composto, rispettivamente,

da 500 imprese che utilizzano il lavoro part-time e 100 che non lo utilizzano, per

indagare le ragioni che, dal lato delle domanda, limitano in Italia il ricorso al lavoro

part-time conferma alcuni risultati già emersi in una precedente ricerca del 1999

condotta dall’IRS (Samek Lodovici M. e Semenza R., 2001)10.

Le aziende che utilizzano contratti part-time non sembrano differire particolarmente

da quelle che invece non li utilizzano per quanto riguarda il settore di attività

economica, la localizzazione (o area territoriale), il tempo da cui l’impresa è in

attività, il mercato di riferimento prevalente. Mentre, presentano alcune differenze

per quanto riguarda sia la dimensione aziendale (numero di addetti) sia il numero

di assunzioni effettuate negli ultimi 5 anni: le aziende che utilizzano contratti part-

time sono mediamente più grandi e, negli ultimi 5 anni, hanno effettuato un

numero di assunzioni più elevato di quelle che non li utilizzano. Infine, la

percentuale di aziende che hanno effettuato rilevanti operazioni di riorganizzazione

aziendale negli ultimi 5 anni è leggermente più elevata tra le imprese che

impiegano lavoro part-time piuttosto che tra quelle che non ricorrono a contratti di

lavoro a tempo parziale.

Per quanto riguarda la struttura dell’occupazione, nelle aziende che utilizzano

contratti part-time ci sono in media più commessi e meno dirigenti di quelle che

non li utilizzano. Inoltre, le aziende che utilizzano contratti part-time ricorrono, più

di quelle che non li utilizzano, ad altri tipi di contratti flessibili e a forme di

flessibilità dell’orario di lavoro.

Le imprese ritengono vantaggioso l’uso del part-time soprattutto perché risponde

alle esigenze dei lavoratori, mentre lo considerano svantaggioso perché non

conviene economicamente. Un altro dato rilevante, emerso dall’indagine, è che la

maggior parte degli imprenditori ha una conoscenza scarsa o nulla della legge sul

contratto di lavoro part-time (d. lgs. N. 61/2000) e, tuttavia, ritiene che tale

provvedimento legislativo debba essere modificato.

10 Samek Lodovici M. e Semenza R.(2001), Le forme del lavoro. L’occupazione non standard:

Italia e Lombardia nel contesto europeo.

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I lavoratori a tempo parziale risultano essere prevalentemente di sesso femminile e

hanno quasi esclusivamente qualifica professionale di operai generici, impiegati e

commessi. Per gli uomini il contratto part-time rappresenta soprattutto un contratto

di primo inserimento, mentre per le donne costituisce uno strumento conciliativo.

La tipologia di part-time maggiormente utilizzato è quello orizzontale e le ore

settimanali lavorate mediamente dai lavoratori part-time risultano essere 23,31. Le

aziende che utilizzano contratti part-time non sembrano ricorrere in maniera

rilevante alle forme di incentivo previste dalla legge sul contratto di lavoro part-

time. Inoltre, esse non sembrano utilizzare lavoro supplementare abbinato a quello

part-time. Il numero dei passaggi da contratto part-time a contratto full-time non

risulta essere particolarmente elevato. Infine, la contrattazione aziendale sul part-

time risulta essere scarsamente presente nelle imprese.

L’analisi econometrica, condotta a conclusione di questo capitolo, consente di

stimare l’impatto delle singole caratteristiche d’impresa sulla probabilità di ricorrere

a contratti part-time, a parità di altre caratteristiche. A tal fine si è utilizzato un

modello probit, i cui risultati confermano il ruolo principale della dimensione

aziendale (in numero di addetti) nell’influenzare la probabilità di utilizzare contratti

part-time da parte delle imprese: essa cresce al crescere della dimensione

d’azienda.

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APPROFONDIMENTO 4: IL LAVORO PART-TIME ALL’AEREOPORTO DI MALPENSA

di Sabrina Mazzucchelli

L’aeroporto di Malpensa è un complesso in cui lavorano circa 15.000 addetti, con differenti tipologie

contrattuali e mansioni; vi operano circa 300 aziende con classi dimensionali molto differenti tra loro;

sono presenti oltre 30 normative contrattuali nazionali di riferimento e decine di contratti integrativi

aziendali.

La gestione aeroportuale degli scali di Malpensa e Linate è gestita dalla società SEA la quale è

responsabile dei servizi centralizzati degli aeroporti quali, il coordinamento di scalo, i sistemi informativi

e di informativa al pubblico (nel rispetto delle segnalazioni date dalle compagnie aeree), la sicurezza e

vigilanza e la fornitura di servizi commerciali attraverso concessioni a terzi.

Sono inoltre di competenza della SEA: la progettazione, costruzione e manutenzione delle infrastrutture

e degli edifici aeroportuali di Linate e Malpensa e la realizzazione di opere infrastrutturali di altri scali

aeroportuali in Italia e all’estero.

In data 1° giugno 2002, in seguito alla liberalizzazione del mercato dei servizi a terra, la SEA ha reso

operativa la società “SEA Handling S.p.A.”. Questa società è attiva nella fornitura dei servizi di handling

alle compagnie aeree che ne fanno richiesta: biglietteria, check-in, imbarco e sbarco dei passeggeri,

carico e scarico dei bagagli, delle merci e della posta, assistenza agli aeromobili per la pulizia e per le

attività necessarie durante la loro sosta (www.sea/aeroportimilano.it).

La “SEA Handling S.p.A.” gestisce un numero di dipendenti pari a 4.572, inseriti nell’organico di questi

due aeroporti italiani, di cui 3.430 nella sola Malpensa e 1.142 a Linate. Molti di questi lavoratori sono

occupati con contratto part-time, più precisamente 1.267, di cui 1.139 a Malpensa e 128 a Linate

(tabella 1).

Il lavoro part-time è ritenuto dai responsabili del personale, lo strumento migliore di flessibilità al quale

raramente si affianca l’uso di altri tipi di contratti atipici.

Inoltre, la sottoscrizione in data 11/04/1974 di un accordo aziendale integrativo, pone l’azienda nella

condizione di dover consentire alle lavoratrici madri, che lo richiedano, la riduzione dell’orario durante i

primi 5 anni di età del figlio; l’orario di lavoro viene così ridimensionato a cinque ore al giorno, la cui

distribuzione temporale è da concordare11.

11 Questa riduzione attualmente interessa 43 lavoratrici a Malpensa, le cui ore di lavoro effettivamente

svolte e retribuite al giorno divengono cinque, ma il rapporto di lavoro viene comunque considerato un

full-time e dunque l’apporto contributivo a carico dell’azienda continua a far riferimento al tempo pieno e

non all’orario di lavoro concretamente realizzato.

Si viene dunque a delineare un notevole svantaggio per la parte aziendale, che auspica pertanto, dei

cambiamenti sostanziali di questo accordo.

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Tabella 1 - Numero addetti della Malpensa per tipo di contratto (dati aggiornati al 05/12/2002)

TOTALE LAVORATORI: FULL-TIME 2.248 (66,8%)

Part-time verticale 203 (17,8%)

Part-time orizzontale. a 4 ore 149 (13,1%)

Part-time orizontale. a 6 ore 694 (60,9%)

Part-time misto 93 (8,2%)

TOTALE LAVORATORI: PART-TIME 1.139 (33,2%)

Riduzione orario a 5 ore 43 (1,9 su full-time)

TOTALE LAVORATORI 3.430

Addentrandoci su quelle che sono le caratteristiche del lavoro part-time presso l’aeroporto di Malpensa,

emerge che questa tipologia di lavoro è presente per lo più nei contratti a tempo indeterminato, infatti

sono occupati a tempo determinato solo 221 lavoratori. Non sono invece presenti lavoratori full-time a

tempo determinato.

Questo quadro occupazionale è spiegabile considerando che, fino a tempi recenti, la prassi di

reclutamento del personale seguita in questa azienda prevedeva per il 95% dei casi un’assunzione con

contratto part-time, inizialmente a tempo determinato (per la durata di sei mesi, se effettuata per la

stagione estiva – aprile/ottobre - e di due mesi se effettuata nella stagione invernale –

dicembre/gennaio); e successivamente, trascorso un periodo non superiore alla terza contrattualità

sottoscritta (terza stagione di lavoro), trasformato in contratto a tempo indeterminato. Allorché richiesto

dall’azienda per eventuali ragioni organizzative e in aderenza al consenso del lavoratore, tale rapporto

subiva un’ulteriore trasformazione, divenendo un rapporto di lavoro full-time.

In seguito ai fatti dell’11 settembre 2001, i lavoratori assunti da allora con contratto part-time a tempo

determinato allo scadere del termine del contratto non sono stati riconfermati.

Attualmente si effettuano assunzioni perlopiù stagionali, che permettono di far fronte alla flessione della

domanda e destinate ad accrescere l’organico delle due aree, impiegatizia e operaia, che hanno

maggiore necessità dal punto di vista occupazionale.

Si realizza, pertanto, un elevato tasso di turnover dei lavoratori e si evidenzia una politica di forte

precarizzazione dell’occupazione.

Il contratto a tempo parziale è presente in tutte le sue tipologie (tabella 1):

orizzontale – riduzione oraria su base giornaliera - (a 6 ore e a 4 ore di lavoro al giorno), verticale –

riduzione oraria su base settimanale - (3 giorni a 8 ore di lavoro al giorno) e misto – combinazione delle

due tipologie precedenti - (3 giorni a 8 ore di lavoro al giorno e 2 giorni a 4 ore); l’orario di lavoro per i

part-timers si colloca nella fascia oraria che comincia alle ore sei del mattino fino all’una della notte.

In merito alla collocazione temporale dell’attività lavorativa, l’azienda presenta al lavoratore, in fase di

assunzione, un ventaglio di possibilità d’orario, rigide e correlate alle esigenze operative.

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Anche la domanda dei lavoratori in tema di fascia oraria desiderata appare rigida e orientata,

preferibilmente alla mattina, indipendentemente dal sesso. Non esistono infatti differenze significative

tra donne e uomini, anzi sono soprattutto gli uomini a prediligere un orario di lavoro che rientri nel corso

della mattina. Questo elemento smentirebbe l’ipotesi di base che vedeva l’opzione per il part-time e in

particolar modo nella mattina, una scelta esclusiva delle donne con figli e carichi familiari.

I lavoratori inizialmente si adattano alle richieste aziendali, per poi richiedere in un momento successivo

e allorché sia possibile, una variazione dell’orario pattuito, che riesca a conciliare meglio le loro esigenze

lavorative e non lavorative (Doglioli S., 2002).

Considerando una distinzione in base al genere si nota che, è prevalentemente la forza lavoro maschile a

ricoprire ruoli lavorativi part-time; dato questo, facilmente spiegabile considerando l’alta percentuale di

part-timers occupati come operai nell’area di smistamento bagagli e carico e scarico, e dunque adibiti a

lavori pesanti, poco consoni alle donne; mentre per quanto riguarda i compiti legati alla pulizia

dell’aeromobile è preponderante l’occupazione femminile. Un’altra area, definita operativa o impiegatizia

che concerne i compiti di check in, hostess found (ufficio bagagli smarriti) e ufficio informazioni,

comprende un alto numero di part-timers, prevalentemente donne.

In quest’ultima area il titolo di studio è decisamente più elevato, infatti si tratta solitamente di personale

in possesso del diploma di scuola media superiore e risulta in crescita il numero dei laureati,

preferibilmente in lingue; sono numerosi anche gli studenti universitari i quali colgono in un impiego

part-time l’opportunità di conciliare studio e lavoro; mentre nell’area che occupa in prevalenza operai, il

livello di studio è solitamente medio/basso.

Raramente sono inseriti lavoratori part-time nell’area amministrativa, dove si preferisce l’impiego di

personale full-time.

L’aeroporto di Malpensa può inoltre essere definito “un’azienda giovane”, considerando il livello di età

degli occupati indipendentemente dal tipo di contratto.

Osservando questo aspetto relativamente ai part-timers, risalta infatti che l’età media oscilla tra i 20 e i

30 anni o al più tra i 30 e i 40 anni, ed inoltre prevalgono gli occupati celibi o nubili su quelli sposati

(tabella 2).

Tabella 2 - Incidenza dei lavoratori part-time a Malpensa, distinti per sesso, qualifica, titolo di studio, stato civile e età (dati aggiornati al 05/12/2002)

MALPENSA TOTALE LAVORATORI PART-TIME 1.139

Valore assoluto

% Stato civile Valore assoluto

%

Sesso M 645 56,6 Cel./n 810 71,1F 494 43,3 Coniu 310 27,2 Qualifica Separ 15 1,3Operaio/a 728 63,9 Vedov 4 0,4Impiegato/a 411 36,1 Titolo studio Età M.inf. 452 39,7 20/30 551 48,4D.qualif. 35 3,1 30/40 523 45,9M.sup. 572 50,2 40/52 65 5,7Laurea 80 7

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In merito alla formazione professionale, che si sottolinea essere legata alla mansione che si andrà a

svolgere, l’azienda dichiara che questa avviene con la stessa intensità e periodicità sia per i lavoratori

part-time che per quelli full-time: una formazione iniziale, in fase di assunzione, della durata di quattro

settimane per gli impiegati e della durata di otto giorni per gli operai; segue una formazione aggiuntiva,

allorché necessaria, per eventuali aggiornamenti e sempre in relazione alla mansione a cui si è adibiti.

Non sono dunque presenti discriminazioni di alcun tipo tra i lavoratori full-time e quelli part-time:

entrambi affrontano lo stesso percorso formativo e non sono presenti distinzioni di compiti tra lavoratori

nella stessa area, in base al loro diverso contratto lavorativo.

L’unica eccezione appare presente nell’area amministrativa dove come già accennato sono scarsamente

inseriti lavoratori part-time e svolgono un ruolo di affiancamento a quelli full-time.

Le possibilità di carriera sono le medesime dei lavoratori full-time, ma salendo nella piramide aziendale

la presenza dei part-timers risulta alquanto marginale, e al più la condizione di lavoratore a tempo

parziale è solo temporanea e tipica della fase di assunzione, destinata a mutare in full-time.

L’utilizzo del lavoro supplementare12 si realizza nel rispetto degli accordi collettivi, nei momenti in cui le

esigenze operative lo richiedono.

Pur essendo previsto un numero sufficientemente alto di ore di lavoro supplementare, a cui l’azienda può

far ricorso, non si nega che un loro aumento sarebbe gradito, al fine di rendere il part-time un strumento

di flessibilità, ancor più valido di quanto già lo sia.

Il lavoro part-time risponde pertanto ad una precisa strategia aziendale che sembra conciliarsi con le

esigenze dei lavoratori e delle lavoratrici, che vedono con interesse un impiego a tempo ridotto, in una

sede aeroportuale come questa, che sembra esercitare un certo fascino nei lavoratori.

Difficoltà nel reperire personale part-time si hanno per le figure maschili operaie, da inserire nell’area di

carico e scarico e smistamento bagagli. La forza di lavoro maschile infatti, a meno che non abbia

esigenze di conciliazione studio-lavoro, preferirebbe un impiego a tempo pieno.

Un altro aspetto fondamentale da analizzare è quello a cui si è già accennato, delle trasformazioni che

avvengono in azienda da rapporti di lavoro full-time a part-time e viceversa.

Il primo tipo di trasformazione non viene mai richiesto dall’azienda al lavoratore, ma è sollecitato dal

personale e prevalentemente dalle donne; l’azienda si limita a considerare le richieste, e a tener conto,

nel rispetto degli accordi sindacali, di alcuni criteri quali i carichi familiari e l’anzianità, prima di

soddisfarle.

Il secondo tipo di trasformazione, da part-time a full-time, è invece l’azienda a proporlo ai lavoratori in

seguito alla verifica dell’organico e allorché è necessario per esigenze organizzative; i lavoratori possono

comunque, così come stabilisce la legge, rifiutarsi senza che questo costituisca giusta causa per il

licenziamento.

Solitamente sono le donne che preferiscono restare fedeli al loro rapporto lavorativo part-time, in

ragione della possibilità di conciliare impegni professionali e familiari, che questa tipologia di lavoro

12 Si ricorda che il lavoro supplementare viene così definito: prestazioni lavorative svolte oltre l’orario di

lavoro concordato tra le parti ed entro il limite del tempo pieno.

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offre; situazione differente è quella della forza lavoro maschile che accetta di buon grado il cambiamento

verso un impiego full-time, prevalentemente per ragioni economiche.

Questo tipo di trasformazione, da part-time a full-time, solitamente interessa più lavoratori

contemporaneamente, mentre la trasformazione in senso contrario, quando avviene, coinvolge soltanto

il lavoratore interessato.

Recentemente infatti, 50 impiegati e 100 operai dipendenti della Malpensa, hanno visto trasformare il

loro rapporto di lavoro da part-time a full-time.

Appare opportuno sottolineare inoltre che, nonostante questo tipo di trasformazione non avvenga con

frequenza elevata, difficilmente i lavoratori part-time non vedendo mutare il loro rapporto in full-time,

decidono di abbandonare l’azienda per una ricerca altrove di un impiego a tempo pieno, ma restano nella

maggiore parte dei casi fedeli all’azienda e al loro contratto di lavoro. Dunque il part-time pur essendo

una tipologia contrattuale che permette in questo caso l’ingresso nel mercato del lavoro, visto che

funziona come contratto di prima assunzione, diviene poi una forma di lavoro che il dipendente stesso

vuole mantenere.

In conclusione l’utilizzo del lavoro part-time è indispensabile per questa azienda di servizi, in ragione

delle sue esigenze di tipo operativo e organizzativo; con questo strumento, riesce infatti a far fronte ai

picchi di lavoro quotidiani, che si presentano nella mattina e nel tardo pomeriggio, nelle giornate di

sabato, domenica e lunedì, e nel periodo annuale, coincidente con le vacanze estive e con quelle

natalizie.

Questo risulta essere il vantaggio più rilevante per l’ azienda dal ricorso a questa tipologia contrattuale,

che permettere di impiegare forza lavoro dove e quando è effettivamente necessario; poter gestire in

modo efficiente e flessibile il personale rende l’azienda più competitiva, infatti il part-time viene visto

come uno strumento occupazionale, che permettendole di investire economicamente in modo migliore,

crea un riscontro positivo anche in termini di costi.

L’apporto lavorativo dato dai part-timers risulta essere, inoltre, più che proporzionale alle ore di lavoro

svolte, rendendo così ancor più vantaggioso per l’azienda l’uso di questo strumento occupazionale.

Inoltre nel caso del part-time orizzontale e in parte di quello misto, l’azienda non deve far fronte ai costi

dati dalle pause retribuite (quali la pausa mensa), che invece sono presenti nei rapporti di lavoro full-

time.

Il sindacato dal canto suo non apprezza molto la diffusione del lavoro part-time in azienda, individuando

nel full-time un rapporto di lavoro più continuativo, che permette una maggiore presenza del lavoratore

e del sindacato stesso, in azienda. Ciononostante, in ragione della tipologia dell’attività lavorativa in

questione e delle esigenze operative dell’azienda, attualmente il sindacato riconosce la necessità del

ricorso al part-time.

Dal punto di vista della domanda emerge dunque un’immagine alquanto positiva in tema di lavoro part-

time, che spiega perché si ricorre fortemente a questo tipo di contratto, ma viene segnalato anche un

aspetto di svantaggio connesso a questa tipologia di lavoro; l’impossibilità di variare, senza l’accordo del

lavoratore, la distribuzione. Questo fattore temporale dell’orario di lavoro concordata in fase di

assunzione, costituisce infatti un problema per l’azienda, soprattutto quando si presenta la necessità di

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110

un trasferimento verso l’aeroporto di Linate (più che nel caso inverso) o nel caso di cambiamento dei

momenti di concentrazione del traffico aereo e dunque del lavoro.13

L’azienda che, tramite le associazioni datoriali, si tiene aggiornata dal punto di vista dell’evoluzione

legislativa riguardante le tematiche del lavoro, riferendosi ai Decreti n° 61 del 2000 e n° 100 del 2001

sottolinea come le clausole elastiche in essi previste, concorrano a migliorare questo aspetto, pur

permanendo dei forti vincoli, che impediscono al part-time di divenire flessibile nella misura auspicata

dall’azienda.

La necessaria presenza del consenso del lavoratore al cambiamento della distribuzione temporale delle

ore di lavoro e il diritto di ripensamento del lavoratore costituiscono infatti per il management dei forti

limiti, che frenano un utilizzo maggiore del part-time.

L’azienda pur non individuando come unica soluzione possibile l’unilateralità aziendale, auspicherebbe un

ulteriore aggiustamento della legislazione che disciplina il lavoro part-time, in direzione di una maggiore

coerenza con le esigenze aziendali.

Tuttavia la richiesta di una reale e concreta flessibilità nell’utilizzo del part-time, significherebbe una

disponibilità da parte del lavoratore, con delle conseguenze dirette sulla non programmabilità del suo

tempo di non lavoro. Tale disponibilità da parte del lavoratore che potrebbe essere compensata secondo

il management ad esempio da una riduzione dell’orario complessivo nella settimana o nel mese, dalla

concessione di permessi, da maggiorazioni economiche.

Secondo l’azienda, si tratterebbe, dunque una sorta di scambi interessanti per entrambe le parti che

metterebbero in discussione gli schemi esistenti.

La flessibilità è infatti vista come la risposta necessaria a una situazione di forte evoluzione e la sua

mancanza, traducendosi in costi che l’azienda non può sopportare, se vuole essere competitiva, potrebbe

secondo il management generare altri tipi di incertezza a spese del lavoratore, ben più gravi di quelli che

si otterrebbero dal crescere della flessibilità stessa

Occorre un sistema di regole che non sia punitivo per la parte datoriale, ma gli ammortizzatori che

possono consentire a tale sistema di funzionare, non debbano essere dati solo dalla singola azienda, ma

dall’intero sistema.

Infatti, secondo il management il sistema nel suo complesso andrebbe rivisto, per poter favorire la

flessibilità e soprattutto per farla meglio accettare ai lavoratori: finche la flessibilità riguarderà solo una

parte marginale della forza lavoro questa verrà vista come subita.

13 Se ad esempio un lavoratore con contratto part-time, originariamente strutturato sul modello

organizzativo di Malpensa, viene trasferito presso lo scalo di Linate dove esiste un diverso modello

organizzativo e operativo, tale contratto, così com’è costruito, potrebbe creare problematiche non

indifferenti all’azienda, non essendo coerente con la nuova realtà aziendale, che potrebbe infatti

necessitare di coperture orarie diverse

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111

Tabella 2.1 – Imprese intervistate per settore di attività economica Utilizzano Non utilizzano Totale

v.a. % v.a. % v.a. % Pubblici esercizi 56 11,2 12 12,0 68 11,3Commercio 281 56,2 55 55,0 336 56,0Intermediazione finanziaria-monetaria 64 12,8 13 13,0 77 12,8Industria tessile, della pelle e calzature 99 19,8 20 20,0 119 19,8Totale 500 100,0 100 100,0 600 100,0Fonte: Indagine IRS - Unioncamere - CdIE, 2003

Tabella 2.2 – Imprese intervistate per dimensione aziendale Utilizzano Non utilizzano Totale

v.a. % v.a. % v.a. % Fino a 9 addetti 169 33,8 46 46,0 215 35,8Da 10 a 49 addetti 227 45,4 51 51,0 278 46,3Da 50 a 200 addetti 80 16,0 3 3,0 83 13,8Oltre 200 addetti 24 4,8 0 0,0 24 4,0Totale 500 100,0 100 100,0 600 100,0Fonte: Indagine IRS - Unioncamere - CdIE, 2003

Tabella 2.3 - Imprese intervistate per area territoriale Utilizzano Non utilizzano Totale

v.a. % v.a. % v.a. % Milano 77 15,4 12 12,0 89 14,8Altra Provincia 423 84,6 88 88,0 511 85,2

Bergamo 87 17,4 26 26,0 113 18,8Brescia 54 10,8 10 10,0 64 10,7Como 64 12,8 16 16,0 80 13,3Cremona 36 7,2 5 5,0 41 6,8Lecco 29 5,8 4 4,0 33 5,5Lodi 21 4,2 1 1,0 22 3,7Milano 3 0,6 0 0,0 3 0,5Mantova 34 6,8 9 9,0 43 7,2Pavia 24 4,8 8 8,0 32 5,3Sondrio 37 7,4 2 2,0 39 6,5Varese 34 6,8 7 7,0 41 6,8

Altro 0 0,0 0 0,0 0 0,0Totale 500 100 100 100,0 600 100,0Fonte: Indagine IRS - Unioncamere - CdIE, 2003

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Tabella 2.4 - Imprese intervistate per anni di attività Utilizzano Non utilizzano Totale v.a. % v.a. % v.a. % Fino a un anno di attività 6 1,2 1 1,0 7 1,2da 2 a 5 anni di attività 38 7,6 4 4,0 42 7,0Da 6 a 15 anni di attività 115 23 26 26,0 141 23,5Oltre 15 anni di attività 341 68,2 69 69,0 410 68,3Totale 500 100 100 100,0 600 100,0Fonte: Indagine IRS - Unioncamere - CdIE, 2003

Tabella 2.5 – Imprese intervistate per mercato di riferimento prevalente Utilizzano Non utilizzano Totale

v.a. % v.a. % v.a. % Locale-Regionale 298 59,6 60 60,0 358 59,7Nazionale 112 22,4 21 21,0 133 22,2Internazionale 88 17,6 18 18,0 106 17,7Altro 2 0,4 1 1,0 3 0,5Totale 500 100,0 100 100,0 600 100,0Fonte: Indagine IRS - Unioncamere - CdIE, 2003

Tabella 2.6 – Presenza di riorganizzazioni aziendali negli ultimi 5 anni

Utilizzano Non utilizzano Totale v.a. % v.a. % v.a. %

Si 134 26,8 23 23,0 157 26,2No 366 73,2 77 77,0 443 73,8Totale 500 100,0 100 100,0 600 100,0Fonte: Indagine IRS - Unioncamere - CdIE, 2003

Tabella 2.7 – Presenza di assunzioni negli ultimi 5 anni Utilizzano Non utilizzano Totale

v.a. % v.a. % v.a. % Si 402 80,4 72 72,0 474 79,0No 98 19,6 28 28,0 126 21,0Totale 500 100,0 100 100,0 600 100,0Fonte: Indagine IRS - Unioncamere - CdIE, 2003

Tabella 2.8a - Numero di assunzioni effettuate dalle imprese negli ultimi 5 anni per settore di attività economica Utilizzano Non utilizzano

v.a. % v.a. % Pubblici esercizi 963 9,7 16 4,7Commercio 6724 67,4 167 49,3Intermediazione finanziaria, monetaria 1710 17,1 117 34,5Industria tessile, pelle e calzature 575 5,8 39 11,5Totale 9972 100,0 339 100,0Fonte: Indagine IRS - Unioncamere - CdIE, 2003

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Tabella 2.8b - Numero di assunzioni effettuate dalle imprese negli ultimi 5 anni per dimensione aziendale Utilizzano Non utilizzano

v.a. % v.a. % Fino a 9 addetti 287 2,9 67 19,8Da 10 a 49 addetti 1319 13,2 170 50,1Da 50 a 200 addetti 1943 19,5 102 30,1Oltre 200 addetti 6423 64,4 0 0,0Totale 9972 100,0 339 100,0Fonte: Indagine IRS - Unioncamere - CdIE, 2003

Tabella 2.9 - Posizione professionale dei lavoratori nelle imprese intervistate Utilizzano Non utilizzano Totale v.a. % v.a. % v.a. % Operaio generico e specializzato 16888 41,5 591 40,0 17479 41,4Commesso 5572 13,7 97 6,6 5669 13,4Impegato amministrativo 13972 34,3 503 34,0 14475 34,3Quadro-tecnico 3000 7,4 100 6,8 3100 7,4Dirigente 798 2,0 100 6,8 889 2,1Altro 466 1,1 88 5,9 554 1,3Totale 40696 100,0 1479 100,0 42175 100,0Fonte: Indagine IRS - Unioncamere - CdIE, 2003

Tabella 2.10a - Utilizzo di contratti flessibili da parte delle imprese Utilizzano Non utilizzano Totale v.a. % v.a. % v.a. % Contratti a tempo determinato 176 53,3 20 36,4 196 50,9Contratti di lavoro interinale 78 23,6 6 10,9 84 21,8Contratti Co.Co.Co 151 45,8 19 34,5 170 44,2Contratti di collaborazione occasionale 43 13,0 6 10,9 49 12,7Contratti di formazione-lavoro 84 25,5 9 16,4 93 24,2Contratti di apprendistato 117 35,5 21 38,2 138 35,8Altro 2 0,6 0 0,0 2 0,5Totale 330 100,0 55 100,0 385 100,0Delle imprese che utilizzano il part-time il 66% utilizza forme di contratto di flessibile Delle imprese che non utilizzano il part-time il 55% utilizza forme di contratto di flessibile Fonte: Indagine IRS - Unioncamere - CdIE, 2003

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Tabella 2.10b - Relazione tra il contratto part-time e le altre forme di flessibilità per settore di attività economica Numero di imprese

Pubblici esercizi Commercio

Intermediazione finanziaria

Industria e tessile

Totale

v.a. % v.a. % v.a. % v.a. % v.a. %

Utilizza

Contratti a tempo determinato 33 18,8 86 48,9 20 11,4 37 21,0 176 100,0

Contratti di lavoro interinale 6 7,7 42 53,8 9 11,5 21 26,9 78 100,0

Contratti Co.Co.Co 11 7,3 90 59,6 20 13,2 30 19,9 151 100,0

Contratti di collaborazione occasionale 4 9,3 23 53,5 4 9,3 12 27,9 43 100,0

Contratti di formazione-lavoro 11 13,1 46 54,8 14 16,7 13 15,5 84 100,0

Contratti di apprendistato 16 13,7 61 52,1 7 6,0 33 28,2 117 100,0

Altro 0 0,0 1 50,0 1 50,0 0 0,0 2 100,0

Totale 44 13,3 176 53,3 37 11,2 73 22,1 330 100,0

Non utilizza

Contratti a tempo determinato 3 15,0 13 65,0 2 10,0 2 10,0 20 100,0

Contratti di lavoro interinale 1 16,7 3 50,0 0 0,0 2 33,3 6 100,0

Contratti Co.Co.Co 0 0,0 8 42,1 6 31,6 5 26,3 19 100,0

Contratti di collaborazione occasionale 1 16,7 3 50,0 0 0,0 2 33,3 6 100,0

Contratti di formazione-lavoro 1 11,1 4 44,4 1 11,1 3 33,3 9 100,0

Contratti di apprendistato 0 0,0 13 61,9 1 4,8 7 33,3 21 100,0

Altro 0 - 0 - 0 - 0 - 0 -

Totale 6 10,9 30 54,5 7 12,7 12 21,8 55 100,0

Fonte: Indagine IRS - Unioncamere - CdIE, 2003

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Tabella 2.10c - Relazione tra il contratto part-time e le altre forme di flessibilità per dimensione aziendale Numero di imprese

Fino a 9 addetti

Da 10 a 49 addetti

Da 50 a 200 addetti

Oltre 200 addetti

Totale

v.a. % v.a. % v.a. % v.a. % v.a. %

Utilizza Contratti a tempo determinato 23 13,1 80 45,5 54 30,7 19 10,8 176 100,0 Contratti di lavoro interinale 7 9,0 26 33,3 32 41,0 12 15,4 78 98,7 Contratti Co.Co.Co 32 21,2 65 43,0 40 26,5 14 9,3 151 100,0 Contratti di collaborazione occasionale 9 18,4 18 36,7 14 28,6 2 4,1 49 87,8 Contratti di formazione-lavoro 12 14,3 36 42,9 21 25,0 15 17,9 84 100,0 Contratti di apprendistato 21 17,9 67 57,3 25 21,4 4 3,4 117 100,0 Altro 2 100,0 0 0,0 0 0,0 0 0,0 2 100,0 Totale 78 23,6 158 47,9 72 21,8 22 6,7 330 100,0 Non utilizza Contratti a tempo determinato 6 30,0 13 65,0 1 5,0 0 0,0 20 100,0 Contratti di lavoro interinale 1 16,7 5 83,3 0 0,0 0 0,0 6 100,0 Contratti Co.Co.Co 6 31,6 11 57,9 2 10,5 0 0,0 19 100,0 Contratti di collaborazione occasionale 3 50,0 3 50,0 0 0,0 0 0,0 6 100,0 Contratti di formazione-lavoro 1 11,1 7 77,8 1 11,1 0 0,0 9 100,0 Contratti di apprendistato 8 38,1 13 61,9 0 0,0 0 0,0 21 100,0 Altro 0 - 0 - 0 - 0 - 0 - Totale 20 36,4 33 60,0 2 3,6 0 0,0 55 100,0 Fonte: Indagine IRS - Unioncamere - CdIE, 2003

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Tabella 2.10d - Relazione tra il contratto part-time e le altre forme di flessibilità e il mercato di riferimento prevalente delle imprese intervistate Numero di imprese

Locale-Regionale Nazionale Internazionale Altro Totale

v.a. % v.a. % v.a. % v.a. % v.a. %

Utilizza

Contratti a tempo determinato 92 52,3 42 23,9 40 22,7 2 1,1 176 100,0

Contratti di lavoro interinale 27 34,6 25 32,1 24 30,8 2 2,6 78 100,0

Contratti Co.Co.Co 72 47,7 44 29,1 33 21,9 2 1,3 151 100,0

Contratti di collaborazione occasionale 20 46,5 11 25,6 12 27,9 0 0,0 43 100,0

Contratti di formazione-lavoro 44 52,4 24 28,6 16 19,0 0 0,0 84 100,0

Contratti di apprendistato 63 53,8 29 24,8 24 20,5 1 0,9 117 100,0

Altro 1 50,0 1 50,0 0 0,0 0 0,0 2 100,0

Totale 180 54,8 82 24,8 66 19,7 2 0,6 330 100,0

Non utilizza

Contratti a tempo determinato 13 65,0 2 10,0 5 25,0 0 0,0 20 100,0

Contratti di lavoro interinale 2 33,3 2 33,3 2 33,3 0 0,0 6 100,0

Contratti Co.Co.Co 10 52,6 9 47,4 0 0,0 0 0,0 19 100,0

Contratti di collaborazione occasionale 4 66,7 2 33,3 0 0,0 0 0,0 6 100,0

Contratti di formazione-lavoro 5 55,6 3 33,3 1 11,1 0 0,0 9 100,0

Contratti di apprendistato 12 57,1 6 28,6 3 14,3 0 0,0 21 100,0

Altro 0 - 0 - 0 - 0 - 0 -

Totale 31 56,4 15 27,3 9 16,4 0 0,0 55 100,0

Fonte: Indagine IRS - Unioncamere - CdIE, 2003

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Tabella 2.11a -Numero di contratti flessibili utilizzati dalle imprese Utilizzano Non utilizzano Totale v.a. % v.a. % v.a. % Contratti a tempo determinato 1034 30,2 39 18,9 1073 29,6 Contratti di lavoro interinale 314 9,2 12 5,8 326 9,0 Contratti Co.Co.Co 402 11,8 59 28,6 461 12,7 Contratti di collaborazione occasionale 81 2,4 13 6,3 94 2,6 Contratti di formazione-lavoro 1026 30,0 46 22,3 1072 29,6 Contratti di apprendistato 560 16,4 37 18,0 597 16,5 Altro 3 0,1 0 0,0 3 0,1 Totale 3420 100,0 206 100,0 3626 100,0 Fonte: Indagine IRS - Unioncamere - CdIE, 2003

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Tabella 2.11b - Relazione tra il contratto part-time e le altre forme di flessibilità per settore di attività economica Numero di contratti

Pubblici esercizi Commercio

Intermediazione finanziaria

Industria e tessile

Totale

v.a. % v.a. % v.a. % v.a. % v.a. %

Utilizza

Contratti a tempo determinato 300 29,0 526 50,9 89 8,6 119 11,5 1034 100,0

Contratti di lavoro interinale 30 9,6 198 63,1 33 10,5 53 16,9 314 100,0

Contratti Co.Co.Co 32 8,0 240 59,7 78 19,4 52 12,9 402 100,0

Contratti di collaborazione occasionale 8 9,9 43 53,1 5 6,2 25 30,9 81 100,0

Contratti di formazione-lavoro 497 48,4 196 19,1 273 26,6 60 5,8 1026 100,0

Contratti di apprendistato 251 44,8 241 43,0 11 2,0 57 10,2 560 100,0

Altro 0 0,0 1 33,3 2 66,7 0 0,0 3 100,0

Totale 1118 32,7 1445 42,3 491 14,4 366 10,7 3420 100,0

Non utilizza

Contratti a tempo determinato 10 25,6 18 46,2 4 10,3 7 17,9 39 100,0

Contratti di lavoro interinale 1 8,3 4 33,3 0 0,0 7 58,3 12 100,0

Contratti Co.Co.Co 0 0,0 21 35,6 30 50,8 8 13,6 59 100,0

Contratti di collaborazione occasionale 4 30,8 7 53,8 0 0,0 2 15,4 13 100,0

Contratti di formazione-lavoro 3 6,5 6 13,0 30 65,2 7 15,2 46 100,0

Contratti di apprendistato 0 0,0 23 62,2 1 2,7 13 35,1 37 100,0

Altro 0 - 0 - 0 - 0 - 0 -

Totale 18 8,7 79 38,3 65 31,6 44 21,4 206 100,0

Fonte: Indagine IRS - Unioncamere - CdIE, 2003

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Tabella 2.11c - Relazione tra il contratto part-time e le altre forme di flessibilità per classe dimensionale aziendale Numero di contratti

Fino a 9 addetti Da 10 a 49 addetti Da 50 a 200 addetti Oltre 200 addetti

Totale

v.a. % v.a. % v.a. % v.a. % v.a. %

Utilizza

Contratti a tempo determinato 38 3,7 193 18,7 373 36,1 430 41,6 1034 100,0

Contratti di lavoro interinale 8 2,5 46 14,6 151 48,1 109 34,7 314 100,0

Contratti Co.Co.Co 59 14,7 159 39,6 127 31,6 57 14,2 402 100,0

Contratti di collaborazione occasionale 12 14,8 31 38,3 22 27,2 16 19,8 81 100,0

Contratti di formazione-lavoro 14 1,4 83 8,1 79 7,7 850 82,8 1026 100,0

Contratti di apprendistato 32 5,7 131 23,4 139 24,8 258 46,1 560 100,0

Altro 3 100,0 0 0,0 0 0,0 0 0,0 3 100,0

Totale 166 4,9 643 18,8 891 26,1 1720 50,3 3420 100,0

Non utilizza

Contratti a tempo determinato 8 20,5 28 71,8 3 7,7 0 0,0 39 100,0

Contratti di lavoro interinale 1 8,3 11 91,7 0 0,0 0 0,0 12 100,0

Contratti Co.Co.Co 15 25,4 22 37,3 22 37,3 0 0,0 59 100,0

Contratti di collaborazione occasionale 6 46,2 7 53,8 0 0,0 0 0,0 13 100,0

Contratti di formazione-lavoro 3 6,5 13 28,3 30 65,2 0 0,0 46 100,0

Contratti di apprendistato 13 35,1 24 64,9 0 0,0 0 0,0 37 100,0

Altro 0 - 0 - 0 - 0 - 0 -

Totale 46 22,3 105 51,0 55 26,7 0 0,0 206 100,0

Fonte: Indagine IRS - Unioncamere - CdIE, 2003

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120

Tabella 2.11d - Relazione tra il contratto part-time e le altre forme di flessibilità e il mercato di riferimento prevalente delle imprese intervistate Numero di contratti

Locale-Regionale Nazionale Internazionale Altro Totale

v.a. % v.a. % v.a. % v.a. % v.a. %

Utilizza

Contratti a tempo determinato 445 43,0 432 41,8 146 14,1 11 1,1 1034 100,0

Contratti di lavoro interinale 91 29,0 128 40,8 73 23,2 22 7,0 314 100,0

Contratti Co.Co.Co 178 44,3 136 33,8 85 21,1 3 0,7 402 100,0

Contratti di collaborazione occasionale 27 33,3 28 34,6 26 32,1 0 0,0 81 100,0

Contratti di formazione-lavoro 344 33,5 608 59,3 74 7,2 0 0,0 1026 100,0

Contratti di apprendistato 188 33,6 302 53,9 68 12,1 2 0,4 560 100,0

Altro 2 66,7 1 33,3 0 0,0 0 0,0 3 100,0

Totale 1275 37,3 1635 47,8 472 13,8 38 1,1 3420 100,0

Non utilizza

Contratti a tempo determinato 23 59,0 3 7,7 13 33,3 0 0,0 39 100,0

Contratti di lavoro interinale 3 25,0 6 50,0 3 25,0 0 0,0 12 100,0

Contratti Co.Co.Co 24 40,7 35 59,3 0 0,0 0 0,0 59 100,0

Contratti di collaborazione occasionale 10 76,9 3 23,1 0 0,0 0 0,0 13 100,0

Contratti di formazione-lavoro 39 84,8 6 13,0 1 2,2 0 0,0 46 100,0

Contratti di apprendistato 21 56,8 12 32,4 4 10,8 0 0,0 37 100,0

Altro 0 - 0 - 0 - 0 - 0 -

Totale 120 58,3 65 31,6 21 10,2 0 0,0 206 100,0

Fonte: Indagine IRS - Unioncamere - CdIE, 2003

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121

Tab 2.12a - Utilizzo delle altre forme di flessibilità dell'orario di lavoro nelle imprese intervistate

,

Abitualmente Saltuariamente Mai Totale

v.a. % v.a. % v.a. % v.a. %

Utilizza

Lavoro straodinario 64 12,8 218 43,6 218 43,6 500 100

Lavoro serale 65 13 50 10 385 77 500 100

Lavoro a turni 112 22,4 20 4 368 73,6 500 100

Lavoro di sabato 200 40 84 16,8 216 43,2 500 100

Lavoro di domenica e/o festivi 74 14,8 72 14,4 354 70,8 500 100

Lavoro notturno 43 8,6 15 3 442 88,4 500 100

Lavoro stagionale 17 3,4 21 4,2 462 92,4 500 100

Altro 2 0,4 0 0 498 99,6 500 100

Non utilizza

Lavoro straodinario 7 7,0 30 30,0 63 63,0 100 100

Lavoro serale 9 9,0 6 6,0 85 85,0 100 100

Lavoro a turni 10 10,0 1 1,0 89 89,0 100 100

Lavoro di sabato 30 30,0 15 15,0 55 55,0 100 100

Lavoro di domenica e/o festivi 9 9,0 12 12,0 79 79,0 100 100

Lavoro notturno 7 7,0 2 2,0 91 91,0 100 100

Lavoro stagionale 2 2,0 4 4,0 94 94,0 100 100

Altro 0 0,0 1 1,0 99 99,0 100 100

Fonte: Indagine IRS - Unioncamere - CdIE, 2003

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122

Tabella 2.12b - Utilizzo di altre forme di flessibilità dell'orario di lavoro nelle imprese intervistate per settore di attività economica Pubblici

esercizi

Commercio Intermediazione finanziaria

Industria tessile, pelle e calzature

Totale

v.a. % v.a. % v.a. % v.a. %

Utilizzano Abitualmente Lavoro straordinario 7 10,9 35 54,7 12 18,8 10 15,6 64 100,0 Lavoro serale 27 41,5 20 30,8 3 4,6 15 23,1 65 100,0 Lavoro a turni 33 29,5 37 33,0 4 3,6 38 33,9 112 100,0 Lavoro di sabato 44 22,0 145 72,5 1 0,5 10 5,0 200 100,0 Lavoro di domenica e/o festivi 36 48,6 34 45,9 0 0,0 4 5,4 74 100,0 Lavoro notturno 17 39,5 7 16,3 0 0,0 19 44,2 43 100,0 Lavoro stagionale 7 41,2 7 41,2 0 0,0 3 17,6 17 100,0 Altro 1 50,0 0 0,0 1 50,0 0 0,0 2 100,0 Saltuariamente Lavoro straordinario 26 11,9 117 53,7 24 11,0 51 23,4 218 100,0 Lavoro serale 16 32,0 22 44,0 3 6,0 9 18,0 50 100,0 Lavoro a turni 4 20,0 6 30,0 1 5,0 9 45,0 20 100,0 Lavoro di sabato 4 4,8 46 54,8 7 8,3 27 32,1 84 100,0 Lavoro di domenica e/o festivi 8 11,1 61 84,7 2 2,8 1 1,4 72 100,0 Lavoro notturno 6 40,0 7 46,7 1 6,7 1 6,7 15 100,0 Lavoro stagionale 7 33,3 12 57,1 0 0,0 2 9,5 21 100,0 Altro 0 - 0 - 0 - 0 - 0 - Mai Lavoro straordinario 23 10,6 129 59,2 28 12,8 38 17,4 218 100,0 Lavoro serale 13 3,4 239 62,1 58 15,1 75 19,5 385 100,0 Lavoro a turni 19 5,2 238 64,7 59 16,0 52 14,1 368 100,0 Lavoro di sabato 8 3,7 90 41,7 56 25,9 62 28,7 216 100,0 Lavoro di domenica e/o festivi 12 3,4 186 52,5 62 17,5 94 26,6 354 100,0 Lavoro notturno 33 7,5 267 60,4 63 14,3 79 17,9 442 100,0 Lavoro stagionale 42 9,1 262 56,7 64 13,9 94 20,3 462 100,0 Altro 55 11,0 281 56,4 63 12,7 99 19,9 498 100,0 segue

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123

Pubblici

esercizi Commercio Intermediazione

finanziaria Industria tessile,

pelle e calzature Totale

v.a. % v.a. % v.a. % v.a. % Non utilizzano

Abitualmente Lavoro straordinario 2 28,6 3 42,9 2 28,6 0 0,0 7 100,0 Lavoro serale 6 66,7 3 33,3 0 0,0 0 0,0 9 100,0 Lavoro a turni 5 50,0 3 30,0 0 0,0 2 20,0 10 100,0 Lavoro di sabato 8 26,7 22 73,3 0 0,0 0 0,0 30 100,0 Lavoro di domenica e/o festivi 7 77,8 2 22,2 0 0,0 0 0,0 9 100,0 Lavoro notturno 5 71,4 2 28,6 0 0,0 0 0,0 7 100,0 Lavoro stagionale 2 100,0 0 0,0 0 0,0 0 0,0 2 100,0 Altro 0 - 0 - 0 - 0 - 0 - Saltuariamente Lavoro straordinario 1 3,3 21 70,0 3 10,0 5 16,7 30 100,0 Lavoro serale 1 16,7 3 50,0 0 0,0 2 33,3 6 100,0 Lavoro a turni 0 0,0 0 0,0 0 0,0 1 100,0 1 100,0 Lavoro di sabato 0 0,0 12 80,0 0 0,0 3 20,0 15 100,0 Lavoro di domenica e/o festivi 1 8,3 11 91,7 0 0,0 0 0,0 12 100,0 Lavoro notturno 0 0,0 2 100,0 0 0,0 0 0,0 2 100,0 Lavoro stagionale 0 0,0 3 75,0 0 0,0 1 25,0 4 100,0 Altro 0 0,0 0 0,0 0 0,0 1 100,0 1 100,0 Mai Lavoro straordinario 9 14,3 31 49,2 8 12,7 15 23,8 63 100,0 Lavoro serale 5 5,9 49 57,6 13 15,3 18 21,2 85 100,0 Lavoro a turni 7 7,9 52 58,4 13 14,6 17 19,1 89 100,0 Lavoro di sabato 4 7,3 21 38,2 13 23,6 17 30,9 55 100,0 Lavoro di domenica e/o festivi 4 5,1 42 53,2 13 16,5 20 25,3 79 100,0 Lavoro notturno 7 7,7 51 56,0 13 14,3 20 22,0 91 100,0 Lavoro stagionale 10 10,6 52 55,3 13 13,8 19 20,2 94 100,0 Altro 12 12,1 55 55,6 13 13,1 19 19,2 99 100,0 Fonte: Indagine IRS - Unioncamere - CdIE, 2003

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124

Tabella 2.12c - Utilizzo di altre forme di flessibilità dell'orario di lavoro nelle imprese intervistate per dimensione aziendale Fino a

9 addetti Da 10 a

49 addetti Da 50 a

200 addetti Oltre 200

addetti Totale

v.a. % v.a. % v.a. % v.a. % Utilizzano

Abitualmente Lavoro straordinario 10 15,6 28 43,8 18 28,1 8 12,5 64 100,0 Lavoro serale 11 16,9 30 46,2 16 24,6 8 12,3 65 100,0 Lavoro a turni 12 10,7 54 48,2 32 28,6 14 12,5 112 100,0 Lavoro di sabato 61 30,5 92 46,0 33 16,5 14 7,0 200 100,0 Lavoro di domenica e/o festivi 16 21,6 34 45,9 19 25,7 5 6,8 74 100,0 Lavoro notturno 4 9,3 23 53,5 13 30,2 3 7,0 43 100,0 Lavoro stagionale 1 5,9 9 52,9 4 23,5 3 17,6 17 100,0 Altro 1 100,0 0 0,0 0 0,0 0 0,0 1 100,0 Saltuariamente Lavoro straordinario 57 26,1 101 46,3 46 21,1 14 6,4 218 100,0 Lavoro serale 13 26,0 24 48,0 8 16,0 5 10,0 50 100,0 Lavoro a turni 7 35,0 8 40,0 2 10,0 3 15,0 20 100,0 Lavoro di sabato 22 26,2 33 39,3 23 27,4 6 7,1 84 100,0 Lavoro di domenica e/o festivi 22 30,6 29 40,3 13 18,1 8 11,1 72 100,0 Lavoro notturno 2 13,3 3 20,0 6 40,0 4 26,7 15 100,0 Lavoro stagionale 6 28,6 12 57,1 3 14,3 0 0,0 21 100,0 Altro 0 - 0 - 0 - 0 - 0 - Mai Lavoro straordinario 102 46,8 98 45,0 16 7,3 2 0,9 218 100,0 Lavoro serale 145 37,7 173 44,9 56 14,5 11 2,9 385 100,0 Lavoro a turni 150 40,8 165 44,8 46 12,5 7 1,9 368 100,0 Lavoro di sabato 86 39,8 102 47,2 24 11,1 4 1,9 216 100,0 Lavoro di domenica e/o festivi 131 37,0 164 46,3 48 13,6 11 3,1 354 100,0 Lavoro notturno 163 36,9 201 45,5 61 13,8 17 3,8 442 100,0 Lavoro stagionale 162 35,1 206 44,6 73 15,8 21 4,5 462 100,0 Altro 168 33,7 227 45,5 80 16,0 24 4,8 499 100,0 segue

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125

Fino a

9 addetti Da 10 a

49 addetti Da 50 a

200 addetti Oltre 200

addetti Totale

v.a. % v.a. % v.a. % v.a. % Non utilizzano

Abitualmente Lavoro straordinario 1 14,3 4 57,1 2 28,6 0 0,0 7 100,0 Lavoro serale 3 33,3 6 66,7 0 0,0 0 0,0 9 100,0 Lavoro a turni 4 40,0 6 60,0 0 0,0 0 0,0 10 100,0 Lavoro di sabato 14 46,7 16 53,3 0 0,0 0 0,0 30 100,0 Lavoro di domenica e/o festivi 4 44,4 5 55,6 0 0,0 0 0,0 9 100,0 Lavoro notturno 1 14,3 6 85,7 0 0,0 0 0,0 7 100,0 Lavoro stagionale 0 0,0 2 100,0 0 0,0 0 0,0 2 100,0 Altro 0 - 0 - 0 - 0 - 0 - Saltuariamente Lavoro straordinario 10 33,3 19 63,3 1 3,3 0 0,0 30 100,0 Lavoro serale 3 50,0 3 50,0 0 0,0 0 0,0 6 100,0 Lavoro a turni 0 0,0 1 100,0 0 0,0 0 0,0 1 100,0 Lavoro di sabato 6 40,0 9 60,0 0 0,0 0 0,0 15 100,0 Lavoro di domenica e/o festivi 4 33,3 8 66,7 0 0,0 0 0,0 12 100,0 Lavoro notturno 1 50,0 1 50,0 0 0,0 0 0,0 2 100,0 Lavoro stagionale 2 50,0 2 50,0 0 0,0 0 0,0 4 100,0 Altro 0 0,0 1 100,0 0 0,0 0 0,0 1 100,0 Mai Lavoro straordinario 35 55,6 28 44,4 0 0,0 0 0,0 63 100,0 Lavoro serale 40 47,1 42 49,4 3 3,5 0 0,0 85 100,0 Lavoro a turni 42 47,2 44 49,4 3 3,4 0 0,0 89 100,0 Lavoro di sabato 26 47,3 26 47,3 3 5,5 0 0,0 55 100,0 Lavoro di domenica e/o festivi 38 48,1 38 48,1 3 3,8 0 0,0 79 100,0 Lavoro notturno 44 48,4 44 48,4 3 3,3 0 0,0 91 100,0 Lavoro stagionale 44 46,8 47 50,0 3 3,2 0 0,0 94 100,0 Altro 46 46,5 50 50,5 3 3,0 0 0,0 99 100,0 Fonte: Indagine IRS - Unioncamere - CdIE, 2003

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Tabella 2.13a - Vantaggi e svantaggi del part-time secondo le imprese che utilizzano e non utilizzano il PT Utilizzano Non Utilizzano v.a. % v.a. %

L'utilizzo del part-time è vantaggioso 493 98,6 44 44,0

L'utilizzo del part-time non è vantaggioso 7 1,4 56 56,0

Totale 500 100 100 100,0

L'utilizzo del part-time è svantaggioso 250 50 86 86,0

L'utilizzo del part-time non è svantaggioso 250 50 14 14,0

Totale 500 100 100 100,0Fonte: Indagine IRS - Unioncamere - CdIE, 2003

Tabella 2.13b – Vantaggi d’ uso del part-time Utilizzano Non Utilizzano v.a. % v.a. %

Serve per rispondere alle esigenze dei lavoratori/trici che lo richiedono 363 72,6 22 22,0

Permette di risparmiare sul costo del lavoro 0 0,0 2 2,0

Serve per ridurre il tempo di lavoro nei momenti di crisi aziendale 16 3,2 5 5,0

Permette di usufruire di benefici fiscali e contributivi 4 0,8 2 2,0

Aumenta la produttività oraria 5 1,0 2 2,0

Risponde bene alle esigenze di organizzazione dall’attività produttiva 100 20,0 7 7,0

Altro 5 1,0 4 4,0

Non ha vantaggi 7 1,4 56 56,0

Totale 500 14,4 100 100,0

Fonte: Indagine IRS - Unioncamere - CdIE, 2003

Tabella 2.13c – Svantaggi d'uso del part-time Utilizzano Non Utilizzano v.a. % v.a. % Non conviene economicamente 82 16,4 31 31,0

Il costo è uguale, ma è costoso organizzarlo 35 7,0 11 11,0

Difficoltà a prevedere un percorso di carriera del lavoratore part-time 45 9,0 9 9,0

Di norma il lavoratore part-time è poco motivato e rende meno 30 6,0 14 14,0

Altro 58 11,6 21 21,0

Non ha svantaggi 250 50,0 14 14,0

Totale 500 100,0 100 100,0Fonte: Indagine IRS - Unioncamere - CdIE, 2003

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Tabella 2.15a - Necessità di modificare la legge da parte degli imprenditori che la conoscono Utilizzano Non Utilizzano Totale v.a. % v.a. % v.a. %Si 72 32,4 8 29,6 80 32,1No 150 67,6 19 70,4 169 67,9Totale 222 100,0 27 100,0 249 100,0Fonte: Indagine IRS - Unioncamere - CdIE, 2003

Tabella 2.14 –Conoscenza della legge sul contratto part-time da parte degli imprenditori intervistati Utilizzano Non Utilizzano Totale v.a. % v.a. % v.a. % Si, bene 74 14,8 10 10,0 84 14,0Conosco solo alcuni aspetti 148 29,6 17 17,0 165 27,5Non la conosco 278 55,6 73 73,0 351 58,5Totale 500 100,0 100 100,0 600 100,0Fonte: Indagine IRS - Unioncamere - CdIE, 2003

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Tabella 2.15b - Motivi per cui modificare la legge Primo citato Secondo citato Terzo citato Quarto citato v.a. % v.a. % v.a. % v.a. % Utilizza Fascia oraria difficilmente modificabile 40 55,6 10 29,4 3 30,0 0 0,0 Obbligo di comunicazione all'ispettorato del lavoro 11 15,3 9 26,5 3 30,0 1 100,0 Ancora troppo vincolante la previsione di un tetto massimo alle ore di lavoro supplementare 10 13,9 14 41,2 4 40,0 0 0,0 Altro 11 15,3 1 2,9 0 0,0 0 0,0 Totale 72 100,0 34 100,0 10 100,0 1 100,0 Non utilizza Fascia oraria difficilmente modificabile 5 62,5 2 33,3 1 100,0 0 0 Obbligo di comunicazione all'ispettorato del lavoro 0 0,0 2 33,3 0 0,0 0 0 Ancora troppo vincolante la previsione di un tetto massimo alle ore di lavoro supplementare 1 12,5 2 33,3 0 0,0 1 100,0 Altro 2 25,0 0 0,0 0,0 0 0 Totale 8 100,0 6 100,0 1 100,0 1 100,0 Fonte: Indagine IRS - Unioncamere - CdIE, 2003

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Tabella 2.16b - Vantaggi del part-time secondo le imprese che non lo utilizzano Primo citato Secondo citato v.a. % v.a. %

Serve per rispondere alle esigenze dei lavoratori/trici che lo richiedono 22 50,0 6 27,3

Permette di risparmiare sul costo del lavoro 2 4,5 2 9,1

Serve per ridurre il tempo di lavoro nei momenti di crisi aziendale 5 11,4 8 36,4

Permette di usufruire di benefici fiscali e contributivi 2 4,5 1 4,5

Aumenta la produttività oraria 2 4,5 2 9,1

Risponde bene alle esigenze di organizzazione dall’attività produttiva 7 15,9 3 13,6

Altro 4 9,1 0 0,0

Totale 44 100,0 22 100,0

Imprese che dichiarano che il PT NON ha vantaggi 56

Fonte: Indagine IRS - Unioncamere - CdIE, 2003

Tabella 2.16a – Motivi per cui le imprese intervistate non utilizzano contratti di lavoro part-time? I° risposta II° risposta v.a. % v.a. %

Non vi è stata nessuna richiesta da parte dei lavoratori 56 56,0 6 11,3

È stato chiesto ma non è stato concesso 5 5,0 4 7,5

Non è compatibile con il tipo di organizzazione della produzione o del servizio 27 27,0 19 35,8

Non conviene economicamente per i maggiori costi contributivi 3 3,0 1 1,9

Non conviene economicamente per i maggiori costi fiscali 0 0,0 2 3,8

Non conviene economicamente per i maggiori costi di gestione del personale 0 0,0 9 17,0

La legge è troppo rigida e vincolante 1 1,0 3 5,7

Il sindacato non ha mai favorito il part-time 0 0,0 1 1,9

Non so 1 1,0 3 5,7

Altro 7 7,0 5 9,4

Totale 100 100,0 53 100,0

Fonte: Indagine IRS - Unioncamere - CdIE, 2003

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130

Tabella 2.17a -Posizione professionale dei lavoratori Part-time per settore di attività economica

Pubblici esercizi

Commercio Intermediazionefinanziaria

Industria, tessile e calzature

Totale

v.a. % v.a. % v.a. % v.a. % v.a. % Operaio generico e specializzato 1306 79,5 154 8,1 1 0,2 363 78,1 1824 40,3 Commesso 1 0,1 941 49,3 0 0,0 0 0,0 942 20,8 Impegato amministrativo 324 19,7 809 42,4 485 95,7 100 21,5 1718 38,0 Quadr-tecnico 6 0,4 1 0,1 21 4,1 2 0,4 30 0,7 Dirigente 1 0,1 0 0,0 0 0,0 0 0,0 1 0,0 Altro 4 0,2 3 0,2 0 0,0 0 0,0 7 0,2 Totale 1642 100,0 1908 100,0 507 100,0 465 100,0 4522 100,0 Fonte: Indagine IRS - Unioncamere - CdIE, 2003

Tabella 2.16c - Svantaggi del part-time secondo le imprese che non lo utilizzano Primo citato Secondo citato v.a. % v.a. % Non conviene economicamente 31 36,0 4 9,3 Il costo è uguale, ma è costoso organizzarlo 11 12,8 7 16,3 Difficoltà a prevedere un percorso di carriera del lavoratore part-time 9 10,5 17 39,5

Di norma il lavoratore part-time è poco motivato e rende meno 14 16,3 11 25,6 Altro 21 24,4 4 9,3 Totale 86 100,0 43 100,0 Imprese che dichiarano che il PT NON ha svantaggi 14 Fonte: Indagine IRS - Unioncamere - CdIE, 2003

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131

Tabella 2.17b - Posizione professionale dei lavoratori Part-time per dimensione aziendale

Fino a 9 addetti Da 10 a 49

addetti Da 50 a 200

addetti Oltre 200

addetti

Totale

v.a. % v.a. % v.a. % v.a. % v.a. % Operaio generico e specializzato 97 36,2 295 45,9 292 37,2 1140 40,3 1824 40,3

Commesso 54 20,1 136 21,2 296 37,7 456 16,1 942 20,8

Impegato amministrativo 114 42,5 204 31,7 194 24,7 1206 42,7 1718 38,0

Quadr-tecnico 1 0,4 3 0,5 2 0,3 24 0,8 30 0,7

Dirigente 0 0,0 0 0,0 1 0,1 0 0,0 1 0,0

Altro 2 0,7 5 0,8 0 0,0 0 0,0 7 0,2

Totale 268 100,0 643 100,0 785 100,0 2826 100,0 4522 100,0

Fonte: Indagine IRS - Unioncamere - CdIE, 2003

Tabella 2.18a -aIncidenza dei lavoratori Part-time sul totale degli addetti per settore

Pubblici esercizi Commercio Intermediazione

finanziaria Industria, tessile e

calzature

Totale

PT Totale % PT Totale % PT Totale % PT Totale % PT Totale % Operaio generico e specializzato 1306 10987 11,9 154 2380 6,5 1 1 100,0 363 3520 10,3 1824 16888 10,8 Commesso 1 5 20,0 941 5541 17,0 0 15 0,0 0 11 0,0 942 5572 16,9 Impegato amministrativo 324 2476 13,1 809 6070 13,3 485 4478 10,8 100 948 10,5 1718 13972 12,3 Quadr-tecnico 6 139 4,3 1 419 0,2 21 2329 0,9 2 113 1,8 30 3000 1,0 Dirigente 1 84 1,2 0 298 0,0 0 293 0,0 0 114 0,0 1 789 0,1 Altro 4 17 23,5 3 348 0,9 0 57 0,0 0 44 0,0 7 466 1,5 Totale 1642 13708 12,0 1908 15056 12,7 507 7173 7,1 465 4750 9,8 4522 40687 11,1 Fonte: Indagine IRS - Unioncamere - CdIE, 2003

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132

Tabella 2.18b - Incidenza dei lavoratori Part-time sul totale degli addetti per dimensione aziendale

Fino a 9 addetti Da 10 a 49 addetti Da 50 a 200 addetti Oltre 200

addetti

Totale

PT Totale % PT Totale % PT Totale % PT Totale % PT Totale % Operaio generico e specializzato 97 319 30,4 295 2137 13,8 292 2994 9,8 1140 11438 10,0 1824 16888 10,8 Commesso 54 142 38,0 136 696 19,5 296 1141 25,9 456 3593 12,7 942 5572 16,9 Impegato amministrativo 114 369 30,9 204 1297 15,7 194 2543 7,6 1206 9763 12,4 1718 13972 12,3 Quadr-tecnico 1 11 9,1 3 157 1,9 2 377 0,5 24 2455 1,0 30 3000 1,0 Dirigente 0 84 0,0 0 191 0,0 1 186 0,5 0 328 0,0 1 791 0,1 Altro 2 159 1,3 5 206 2,4 0 100 0,0 0 1 0,0 7 466 1,5 Totale 268 1084 24,7 643 4684 13,7 785 7341 10,7 2826 27578 10,2 4522 40689 11,1 Fonte: Indagine IRS - Unioncamere - CdIE, 2003

Tabella 2.19a - Lavoratori inseriti con contratto PT Uomini Donne Totale v.a. % v.a. % v.a. % Numero di lavoratori part-time a tempo determinato 238 36,6 837 21,6 1075 23,8Numero di lavoratori assunti direttamente con contratto Part-time 363 55,8 1715 44,3 2078 46,0Numero di lavoratori assunti da contratti full-time a part-time 50 7,7 1319 34,1 1369 30,3Numero di lavoratori part-time 651 100,0 3871 100,0 4522 100,0Fonte: Indagine IRS - Unioncamere - CdIE, 2003

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133

Tabella 2.19b - Lavoratori inseriti con contratto PT per settore di attività economica

Pubblici esercizi Commercio

Intermediazionefinanziaria

Industria, tessile e calzature

Totale

v.a. % v.a. % v.a. % v.a. % v.a. % Uomini Numero di lavoratori part-time a tempo determinato 208 60,6 24 9,0 1 3,7 5 38,5 238 36,6 Numero di lavoratori assunti direttamente con contratto Part-time 130 37,9 226 84,3 5 18,5 2 15,4 363 55,8 Numero di lavoratori assunti da contratti full-time a part-time 5 1,5 18 6,7 21 77,8 6 46,2 50 7,7 Numero di lavoratori part-time 343 100,0 268 100,0 27 100,0 13 100,0 651 100,0 Donne Numero di lavoratori part-time a tempo determinato 731 56,3 84 5,1 4 0,8 18 4,0 837 21,6 Numero di lavoratori assunti direttamente con contratto Part-time 548 42,2 972 59,3 32 6,7 163 36,1 1715 44,3 Numero di lavoratori assunti da contratti full-time a part-time 20 1,5 584 35,6 444 92,5 271 60,0 1319 34,1 Numero di lavoratori part-time 1299 100,0 1640 100,0 480 100,0 452 100,0 3871 100,0 Totale Numero di lavoratori part-time a tempo determinato 939 57,2 108 5,7 5 1,0 23 4,9 1075 23,8 Numero di lavoratori assunti direttamente con contratto Part-time 678 41,3 1198 62,8 37 7,3 165 35,5 2078 46,0 Numero di lavoratori assunti da contratti full-time a part-time 25 1,5 602 31,6 465 91,7 277 59,6 1369 30,3 Numero di lavoratori part-time 1642 100,0 1908 100,0 507 100,0 465 100,0 4522 100,0 Fonte: Indagine IRS - Unioncamere - CdIE, 2003

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134

Tabella 2.19c - Lavoratori inseriti con contratto PT per dimensione aziendale

Fino a 9 addetti

Da 10 a 49 addetti

Da 50 a 200 addetti

Oltre 200 addetti

Totale

v.a. % v.a. % v.a. % v.a. % v.a. % Uomini Numero di lavoratori part-time a tempo determinato 5 23,8 6 15,4 23 29,5 204 39,8 238 36,6 Numero di lavoratori assunti direttamente con contratto Part-time 13 61,9 26 66,7 46 59,0 278 54,2 363 55,8 Numero di lavoratori assunti da contratti full-time a part-time 3 14,3 7 17,9 9 11,5 31 6,0 50 7,7 Numero di lavoratori part-time 21 100,0 39 100,0 78 100,0 513 100,0 651 100,0 Donne Numero di lavoratori part-time a tempo determinato 13 5,3 48 7,9 90 12,7 686 29,7 837 21,6 Numero di lavoratori assunti direttamente con contratto Part-time 157 63,6 360 59,6 327 46,3 871 37,7 1715 44,3 Numero di lavoratori assunti da contratti full-time a part-time 77 31,2 196 32,5 290 41,0 756 32,7 1319 34,1 Numero di lavoratori part-time 247 100,0 604 100,0 707 100,0 2313 100,0 3871 100,0 Donne Numero di lavoratori part-time a tempo determinato 18 6,7 54 8,4 113 14,4 890 31,5 1075 23,8 Numero di lavoratori assunti direttamente con contratto Part-time 170 63,4 386 60,0 373 47,5 1149 40,7 2078 46,0 Numero di lavoratori assunti da contratti full-time a part-time 80 29,9 203 31,6 299 38,1 787 27,8 1369 30,3 Numero di lavoratori part-time 268 100,0 643 100,0 785 100,0 2826 100,0 4522 100,0 Fonte: Indagine IRS - Unioncamere - CdIE, 2003

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135

Tabella 2.20a - Tipologie di part-time utilizzate nelle aziende v.a. % Orizzontale 471 94,2Solo mattino per 5 gg alla settimana 288 61,1Solo mattino per 6 gg alla settimana 52 11,0Solo pomeriggio per 5 gg alla settimana 95 20,2Mattino e pomeriggio per 5 giorni alla settimana 76 16,1A turni alternati 58 12,3Altro 7 1,5 Verticale 54 10,8Usato solo nei fine settimana 7 13,0Usato solo in alcuni giorni della settimana 36 66,7Usato in qualche giorno della settimana e nei fine settimana 12 22,2Usato solo in alcuni periodi dell'anno 3 5,6Altro 2 3,7 Misto o ciclico 6 1,2 Altro 3 0,6

Le percentuali delle tipologie sono state calcolate sulle 500 imprese appartenenti al campione Le percentuali relative alle specifiche per ognuna delle tipologie sono calcolate rispettivamente su 471 per il PT orizzonate e 54 per il PT verticale Fonte: Indagine IRS - Unioncamere - CdIE, 2003

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136

Tabella 2.20b - Tipologie di part-time utilizzate nelle aziende per settore di attività economica

Pubblici esercizi Commercio

Intermediazionefinanziaria

Industria, tessile e calzature

Totale

v.a. % v.a. % v.a. % v.a. % v.a. % Orizzontale 48 10,2 263 55,8 63 13,4 97 20,6 471 100,0

Solo mattino per 5 gg alla settimana 18 6,3 145 50,3 59 20,5 66 22,9 288 100,0

Solo mattino per 6 gg alla settimana 18 34,6 30 57,7 2 3,8 2 3,8 52 100,0

Solo pomeriggio per 5 gg alla settimana 3 0,0 63 0,7 8 0,1 21 0,2 9576 100,0

Mattino e pomeriggio per 5 giorni alla settimana 8 10,5 53 69,7 1 1,3 14 18,4 76 100,0

A turni alternati 7 12,1 32 55,2 2 3,4 17 29,3 58 100,0

Altro 1 14,3 4 57,1 1 14,3 1 14,3 7 100,0

Verticale 12 22,2 33 61,1 5 9,3 4 7,4 54 100,0

Usato solo nei fine settimana 1 14,3 6 85,7 0 0,0 0 0,0 7 100,0

Usato solo in alcuni giorni della settimana 5 13,9 22 61,1 5 13,9 4 11,1 36 100,0

Usato in qualche giorno e nei fine settimana 6 50,0 5 41,7 0 0,0 1 8,3 12 100,0

Usato solo in alcuni periodi dell'anno 0 0,0 3 100,0 0 0,0 0 0,0 3 100,0

Altro 0 0,0 2 100,0 0 0,0 0 0,0 2 100,0 Misto o ciclico 1 16,7 5 83,3 0 0,0 0 0,0 6 100,0 Altro 0 0,0 1 33,3 1 33,3 1 33,3 3 100,0 Fonte: Indagine IRS - Unioncamere - CdIE, 2003

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137

Tabella 2.20c - Tipologie di part-time utilizzate nelle aziende per dimensione aziendale

Fino a 9 addetti Da 10 a 49

addetti Da 50 a 200

addetti Oltre 200

addetti Totale

v.a. % v.a. % v.a. % v.a. % v.a. % Orizzontale 162 34,4 213 45,2 73 15,5 23 4,9 471 100,0

Solo mattino per 5 gg alla settimana 92 31,9 133 46,2 47 16,3 16 5,6 288 100,0

Solo mattino per 6 gg alla settimana 20 38,5 19 36,5 7 13,5 6 11,5 52 100,0

Solo pomeriggio per 5 gg alla settimana 36 37,9 38 40,0 14 14,7 7 7,4 95 100,0

Mattino e pomeriggio per 5 giorni alla settimana 26 34,2 33 43,4 12 15,8 5 6,6 76 100,0

A turni alternati 10 17,2 28 48,3 14 24,1 6 10,3 58 100,0

Altro 3 42,9 4 57,1 0 0,0 0 0,0 7 100,0

Verticale 9 16,7 22 40,7 13 24,1 10 18,5 54 100,0

Usato solo nei fine settimana 1 14,3 2 28,6 1 14,3 3 42,9 7 100,0

Usato solo in alcuni giorni della settimana 7 19,4 16 44,4 7 19,4 6 16,7 36 100,0

Usato in qualche giorno e nei fine settimana 2 16,7 3 25,0 5 41,7 2 16,7 12 100,0

Usato solo in alcuni periodi dell'anno 0 0,0 0 0,0 0 0,0 3 100,0 3 100,0

Altro 0 0,0 2 100,0 0 0,0 0 0,0 2 100,0

Misto o ciclico 0 0,0 1 16,7 5 83,3 0 0,0 6 100,0

Altro 1 33,3 1 33,3 0 0,0 1 33,3 3 100,0

Fonte: Indagine IRS - Unioncamere - CdIE, 2003

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138

Tabella 2.21 - Ore settimanali mediamente lavorate dai lavoratori PT e scarto quadratico medio Media SQM Per settore 22,96 4,072Pubblici esercizi 23,30 4,547Commercio 22,98 4,326Intermediazione finanziaria, monetaria 22,06 4,090Industria tessile, pelle e calzature Per Classe dimensionale Fino a 9 addetti 22,91 4,351Da 10 a 49 addetti 22,51 4,507Da 50 a 200 addetti 23,79 4,043Oltre 200 addetti 25,17 3,908 Per tipologia di Part-time utilizzato Orizzontale 23,11 4,323Verticale 23,37 5,152Misto o Ciclico 22,67 2,160Altro 22,33 4,041 Totale 22,98 4,393Fonte: Indagine IRS - Unioncamere - CdIE, 2003

Tabella 2.22 - Vantaggi del part-time per l’imprese che l’utilizzano

Totale

v.a. %

Consente di avere figure professionali diverse, che non sarebbero occupabili a tempo pieno 158 44,0

Permette di fare fronte a picchi di lavoro giornalieri-settimanali ( corrisponde a specifici orari di aperura del servizio, è meglio avere più persone ocupate nei momenti di punta) 127 35,4

Permette di fare fronte a picchi di lavoro stagionali (es periodo estivo, periodo natalizio) 18 5,0

Consente un migliore utilizzo degli impianti, attraverso i turni part-time 32 8,9

Altro 24 6,7

Totali 359 100,0

Fonte: Indagine IRS - Unioncamere - CdIE, 2003

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139

Tabella 2.23a - Utilizzo di forme di incentivo previste dalla Legge sul lavoro part-time Possibili più risposte v.a. % Utilizzano almeno una di queste forme di incentivo 139 27,8

di cui

Assunzione di giovani disoccupati gra 18 e 25 anni 17 12,2

Assunzione di donne che rientrano dopo due anni dalla maternità 36 25,9

Trasformazione da full-time a part-time di lavoratori anziani 61 43,9

Per avere incrementato l'organico con assunzioni part-time entro il 2000 27 19,4

Abbiamo usufruito della riduzione delle aliquote contributive 12 8,6

Altro 10 7,2

Non utilizzano nessuna di queste forme 361 72,2

di cui

Perché per accedere a incentivi era necessario un aumento della base occupazionale 46 12,7

Le percentuali totali sono calcolate su 500. Le altre percentuali sono state calcolate rispettivamente su 139 e 361. Fonte: Indagine IRS - Unioncamere - CdIE, 2003

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140

Tabella 2.23b - Utilizzo di forme di incentivo previste dalla Legge sul lavoro part-time per settore di attività economica Possibili più risposte

Pubblici esercizi Commercio

Intermediazionefinanziaria

Industria, tessile e calzature

Totale

v.a. % v.a. % v.a. % v.a. % v.a. % Utilizzano almeno una di queste forme di incentivo 10 7,2 82 59,0 15 10,8 32 23,0 139 100,0

di cui

Assunzione di giovani disoccupati gra 18 e 25 anni 1 5,6 12 66,7 2 11,1 2 11,1 18 100,0

Assunzione di donne che rientrano dopo due anni dalla maternità 2 5,6 17 47,2 3 8,3 14 38,9 36 100,0

Trasformazione da full-time a part-time di lavoratori anziani 1 1,6 40 65,6 6 9,8 14 23,0 61 100,0

Per avere incrementato l'organico con assunzioni part-time entro il 2000 1 3,7 19 70,4 1 3,7 6 22,2 27 100,0

Abbiamo usufruito della riduzione delle aliquote contributive 5 41,7 6 50,0 1 8,3 0 0,0 12 100,0

Altro 1 10,0 3 30,0 3 30,0 3 30,0 10 100,0

Non utilizzano nessuna di queste forme 46 12,7 199 55,1 49 13,6 67 18,6 361 100,0

di cui

Per accedere a incentivi era necessario un aumento della base occupazionale 1 2,2 14 30,4 11 23,9 20 43,5 46 100,0

per le % vedi logica del totale

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141

Tabella 2.23c - Utilizzo di forme di incentivo previste dalla Legge sul lavoro part-time per dimensione aziendale Possibili più risposte

Fino a 9 addetti Da 10 a 49

addetti Da 50 a 200

addetti Oltre 200

addetti Totale

v.a. % v.a. % v.a. % v.a. % v.a. %

Utilizzano almeno una di queste forme di incentivo 33 23,7 68 48,9 28 20,1 10 7,2 139 100,0

di cui

Assunzione di giovani disoccupati gra 18 e 25 anni 5 29,4 5 29,4 5 29,4 2 11,8 17 100,0

Assunzione di donne che rientrano dopo due anni dalla maternità 5 13,9 19 52,8 9 25,0 3 8,3 36 100,0

Trasformazione da full-time a part-time di lavoratori anziani 9 14,8 31 50,8 16 26,2 5 8,2 61 100,0

Per avere incrementato l'organico con assunzioni part-time entro il 2000 6 22,2 12 44,4 6 22,2 3 11,1 27 100,0

Abbiamo usufruito della riduzione delle aliquote contributive 3 25,0 7 58,3 1 8,3 1 8,3 12 100,0

Altro 5 50,0 4 40,0 1 10,0 0 0,0 10 100,0

Non utilizzano nessuna di queste forme 136 37,7 159 44,0 52 14,4 14 3,9 361 100,0

di cui

Per accedere a incentivi era necessario un aumento della base occupazionale 18 39,1 22 47,8 6 13,0 0 0,0 46 100,0

per le % vedi logica del totale

Fonte: Indagine IRS - Unioncamere - CdIE, 2003

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142

Tabella 2.24 – Utilizzo di lavoro supplementare abbinato al part-time, per dimensione aziendale e per settore di attività economica

Fino a 9 addetti

Da 10 a 49 addetti

Da 50 a 200 addetti

Oltre 200 addetti

Totale

v.a. % v.a. % v.a. % v.a. % Molto 0 0 0 0 0 0 2 8,3 2 0,4 Abbastanza spesso 3 1,8 8 3,5 7 8,8 2 8,3 20 4,0 Raramente 29 17,2 38 16,7 27 33,8 13 54,2 107 21,4 Mai 137 81,1 181 79,7 46 57,5 7 29,2 371 74,2 Totale 169 100,0 227 100,0 80 100,0 24 100,0 500 100,0

Pubblici esercizi Commercio Intermediazione

finanziaria Industria, tessile e

calzature

Totale

v.a. % v.a. % v.a. % v.a. % v.a. % Molto 0 0 2 0,7 0 0 0 0,0 2 0,4 Abbastanza spesso 4 7,1 11 3,9 1 1,6 4 4,0 20 4,0 Raramente 12 21,4 65 23,1 11 17,2 19 19,2 107 21,4 Mai 40 71,4 203 72,2 52 81,3 76 76,8 371 74,2 Totale 56 100,0 281 100,0 64 100,0 99 100,0 500 100,0 Fonte: Indagine IRS - Unioncamere - CdIE, 2003

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143

Tabella 2.25a - Passaggi da Part-time a contratto a tempo pieno, per settore di attività economica

Pubblici esercizi Commercio Intermediazione

finanziaria Industria, tessile e

calzature

Totale

v.a. % v.a. % v.a. % v.a. % v.a. % Si 12 12,0 57 57,0 18 18,0 13 13,0 100 100,0 No 44 11,1 222 56,1 46 11,6 84 21,2 396 100,0 E' stato richiesto ma non è stato concesso dall'azienda 0,0 2 66,7 0,0 1 33,3 3 100,0 Altro 0,0 0,0 0,0 1 100,0 1 100,0 Totale 56 11,2 281 56,2 64 12,8 0 99 19,8 500 100,0 Fonte: Indagine IRS - Unioncamere - CdIE, 2003

Tabella 2.25b - Passaggi da part-time a contratto a tempo pieno

Fino a 9 addetti

Da 10 a 49 addetti

Da 50 a 200 addetti

Oltre 200 addetti

Totale

v.a. % v.a. % v.a. % v.a. % Si 17 17,0 39 39,0 27 27,0 17 17,0 100 100,0 No 151 38,1 187 47,2 52 13,1 6 1,5 396 100,0

E' stato richiesto ma non è stato concesso dall'azienda 1 33,3 1 33,3 0,0 1 33,3 3 100,0 Altro 0,0 0,0 1 100,0 0,0 1 100,0 Totale 169 33,8 227 45,4 80 16,0 24 4,8 500 100,0 Fonte: Indagine IRS - Unioncamere - CdIE, 2003

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144

Tabella 2.25c - Numero di passaggi da contratto part-time a contratto a tempo pieno per settore di attività economica e dimensione aziendale Numero contratti Numero imprese v.a. % v.a. %Settore Pubblici esercizi 46 14,4 12 12,1Commercio 211 65,9 56 56,6Intermediazione finanziaria e monetaria 44 13,8 18 18,2Industria, tessile e calzature 19 5,9 13 13,1 Classe dimensionale Fino a 9 addetti 19 5,9 17 17,2Da 10 a 49 addetti 64 20,0 38 38,4Da 50 a 200 addetti 70 21,9 27 27,3Oltre 200 addetti 167 52,2 17 17,2 Totale 320 100,0 99 100,01 missing Fonte: Indagine IRS - Unioncamere - CdIE, 2003

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145

Tabella 2.26 – Motivi per cui i dipendenti lavorano part-time

Primo citato Secondo citato Terzo citato Quarto citato Quinto citato Totale v.a. % v.a. % v.a. % v.a. % v.a. % v.a. %

Motivi si studio 28 25,7 33 30,3 23 21,1 24 22,0 1 0,9 109 100,0

Malattia/infortunio o inabilità temp. 4 5,7 21 30,0 29 41,4 15 21,4 1 1,4 70 100,0

Motivi familiari (di cura) o personali 354 81,8 66 15,2 12 2,8 1 0,2 0 0,0 433 100,0

Maternità o congedo temporale 80 38,8 99 48,1 21 10,2 6 2,9 0 0,0 206 100,0

Altro 34 81,0 8 19,0 0 0,0 0 0,0 0 0,0 42 100,0

Totale 500 58,0 228 26,5 86 10,0 46 5,3 2 0,2 862 100,0

Fonte: Indagine IRS - Unioncamere - CdIE, 2003

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146

Tabella 2.27 - Contrattazione aziendale sul part-time per settore di attività economica Percentuali di colonna

Pubblici esercizi

Commercio Intermediazione finanziaria

Industria, tessile e calzature

Totale

v.a. % v.a. % v.a. % v.a. % v.a. % Esiste contrattazione 0 0,0 12 4,3 8 12,5 9 9,1 29 5,8 Non esiste contrattazione 56 100,0 269 95,7 56 87,5 90 90,9 471 94,2 Totale 56 100,0 281 100,0 64 100,0 99 100,0 500 100,0 Percentuali di riga

Pubblici esercizi

Commercio Intermediazione finanziaria

Industria, tessile e calzature

Totale

v.a. % v.a. % v.a. % v.a. % v.a. % Esiste contrattazione 0 0,0 12 41,4 8 27,6 9 31,0 29 100,0 Non esiste contrattazione 56 11,9 269 57,1 56 11,9 90 19,1 471 100,0 Totale 56 11,2 281 56,2 64 12,8 99 19,8 500 100,0

Contrattazione aziendale sul part-time per dimensione aziendale Percentuali di colonna

Fino a 9 addetti Da 10 a 49 addetti Da 50 a 200 addetti Oltre 200addetti

Totale

v.a. % v.a. % v.a. % v.a. % v.a. % Esiste contrattazione 6 3,6 11 4,8 4 5,0 8 33,3 29 5,8 Non esiste contrattazione 163 96,4 216 95,2 76 95,0 16 66,7 471 94,2 Totale 169 100,0 227 100,0 80 100,0 24 100,0 500 100,0 Percentuali di riga

Fino a 9 addetti Da 10 a 49 addetti Da 50 a 200 addetti Oltre 200

addetti Totale

v.a. % v.a. % v.a. % v.a. % v.a. % Esiste contrattazione 6 20,7 11 37,9 4 13,8 8 27,6 29 100,0 Non esiste contrattazione 163 34,6 216 45,9 76 16,1 16 3,4 471 100,0 Totale 169 33,8 227 45,4 80 16,0 24 4,8 500 100,0 Fonte: Indagine IRS - Unioncamere - CdIE, 2003

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Tabella 2.28 - La contrattazione aziendale delle imprese intervistate che non utilizzano il part-time per settore Percentuali di colonna

Pubblici esercizi Commercio Intermediazione

finanziaria Industria, tessile

e calzature Totale

v.a. % v.a. % v.a. % v.a. % v.a. % Esiste contrattazione 1 8,3 0 0,0 3 23,1 3 15,0 7 7,0 Non esiste contrattazione 11 91,7 55 100,0 10 76,9 17 85,0 93 93,0 Totale 12 100,0 55 100,0 13 100,0 20 100,0 100 100,0 Percentuali di riga

Pubblici esercizi Commercio

Intermediazionefinanziaria

Industria, tessile e calzature

Totale

v.a. % v.a. % v.a. % v.a. % v.a. % Esiste contrattazione 1 14,3 0 0,0 3 42,9 3 42,9 7 100,0 Non esiste contrattazione 11 11,8 55 59,1 10 10,8 17 18,3 93 100,0 Totale 12 26,1 55 59,1 13 53,6 20 61,1 100 100,0 La contrattazione aziendale delle imprese intervistate che non utilizzano il part-time per classe dimensionale Percentuali di colonna

Fino a 9 addetti Da 10 a 49

addetti Da 50 a 200

addetti Oltre 200

addetti Totale

v.a. % v.a. % v.a. % v.a. % v.a. % Esiste contrattazione 0 0,0 5 9,8 2 66,7 0 - 7 7,0 Non esiste contrattazione 46 100,0 46 90,2 1 33,3 0 - 93 93,0 Totale 46 100,0 51 100,0 3 100,0 0 - 100 100 Percentuali di riga

Fino a 9 addetti

Da 10 a 49 addetti

Da 50 a 200 addetti

Oltre 200 addetti

Totale

v.a. % v.a. % v.a. % v.a. % v.a. % Esiste contrattazione 0 0,0 5 71,4 2 28,6 0 - 7 100,0 Non esiste contrattazione 46 49,5 46 49,5 1 1,1 0 - 93 100,0 Totale 46 46,0 51 51,0 3 3,0 0 - 100 100,0 Fonte: Indagine IRS - Unioncamere - CdIE, 2003

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Tabella 2.29 – Modello probit. Stima della probabilità di utilizzare contratti di lavoro part-time

(1) (2)

Commercio

-0,017 (0,203)

-0,010 (0,200)

Intermediazione monetaria e finanziaria

-0,024 (0,253)

-0,020 (0,253)

Industria tessile

0,061 (0,239)

0,067 (0,237)

Dimensione aziendale (n.° addetti)

0,015* (0,004)

Fino a 9 addetti -1,286* (0,271)

Da 10 a 50 addetti -1,124* (0,256)

Milano

0,002 (0,194)

0,047 (0,193)

Anni di attività

-0,002 (0,003)

-0,001 (0,003)

Mercato locale/regionale

1,012 (0,709)

0,886 (0,792)

Nazionale

(0,868) 0,712

0,787 (0,794)

Internazionale

(0,712) 0,709

0,609 (0,794)

Riorganizzazione aziendale

(0,049) 0,152

0,057 (0,150)

Incidenza nuove assunzioni

(0,354) 0,257

0,302 (0,231)

Contrattazione aziendale -0,550** (0,284)

(-0,408) 0,268

Costante

-0,286 (0,728)

1,185 (0,828)

Wald Chi2 29,92 36,02

Pseudo R2 0,0682 0,0606

Numero osservazioni 600 600

Note: * statisticamente significativo al livello dell’1% **statisticamente significativo al livello del 5% In parentesi i robust standard errors. Variabili dummy escluse: “Pubblici Esercizi”, “oltre 50 addetti”, “Altre province”, “Altro mercato”

Fonte: Indagine IRS - Unioncamere - CdIE, 2003

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3. LA LEGISLAZIONE SUL LAVORO PART-TIME IN ITALIA E IN

EUROPA♦♦♦♦

Il sistema di regolazione del mercato del lavoro italiano, così come affermatosi dal

secondo dopoguerra, rappresenta una commistione tra un modello di regolazione

macrosociale basato sull’intervento pubblico di tipo garantista, che si realizza

attraverso norme inderogabili universalistiche e prassi di intervento fortemente

burocratizzate, e un modello di regolazione microsociale che affonda le sue radici

nei sistemi familiari o comunitari caratteristici dello sviluppo della società italiana e

che consente il superamento delle norme giuridiche più restrittive (Reyneri, 1998).

Detto ciò, si può tranquillamente affermare che il sistema di regolazione del

mercato del lavoro italiano individua lo Stato come agente mediatore/regolatore del

conflitto sociale, e ritiene ancora oggi il lavoro subordinato a tempo pieno e

indeterminato la forma occupazionale maggiormente in grado di tutelare il

lavoratore.

Nella realtà italiana è prevalsa infatti per molti decenni una netta diffidenza nei

confronti del lavoro atipico in generale e del lavoro part-time in particolare, ad

opera soprattutto dei sindacati, timorosi che esso potesse dare luogo all’interno

della stessa azienda a “ghetti” di lavoratori, o meglio di lavoratrici, marginali,

precarie, dequalificate e ad alto rischio di discriminazione. Conseguentemente,

anche gli accordi – per lo più aziendali - siglati in materia di part-time hanno avuto

un approccio fondamentalmente difensivo1 e non certamente estensivo.

Anche la dottrina ha fornito negli anni ulteriori motivi di ostilità nei confronti del

lavoro ad orario e retribuzione ridotta, qualificandolo come un rapporto di lavoro di

tipo “speciale” a cui andava applicata pertanto una tutela del lavoratore inferiore

allo standard.

A ciò si è aggiunto un filone giurisprudenziale che è arrivato addirittura a censurare

il part-time verticale-ciclico, considerandolo uno strumento di elusione delle norme

sul lavoro a tempo determinato.

♦ Di Daniela Loi. 1 Prevedevano ad es. una maggiorazione retributiva come disincentivo al part-time, oppure richiedevano un limite minimo di durata della prestazione per garantire una certa quota di retribuzione.

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Detto ciò, nel corso degli anni successivi è stato comunque inevitabile un

cambiamento dell’assetto del mercato del lavoro italiano a seguito del consolidarsi

di nuove esigenze di elasticità collegabili al funzionamento dell’impresa, alle

emergenze occupazionali richiedenti politiche di promozione e di ridistribuzione del

lavoro esistente, ed infine al nascere di una nuova domanda di tempo sociale ad

opera di segmenti specifici dell’offerta di lavoro (donne, studenti, disabili). A

frammentarsi di conseguenza è stato anche il modello classico di lavoro subordinato

nella direzione sia di nuove definizioni del tempo lavorativo giornaliero e della

durata temporale del rapporto2, sia del moltiplicarsi di figure intermedie tra i due

“idealtipi” giuslavoristici - lavoro subordinato3 e lavoro autonomo4.

In ogni caso, se in Italia mercato e organizzazione del lavoro tendono ad evolversi

con sempre crescente velocità, non altrettanto può dirsi del loro sistema

regolatorio, non sempre in grado di governare prontamente le trasformazioni in

atto.

Il mercato del lavoro italiano ha mostrato in questi ultimi anni di necessitare di

modifiche al suo apparato normativo, di una modernizzazione dell’organizzazione e

dei rapporti di lavoro, da realizzarsi auspicabilmente d’intesa con le parti sociali. In

particolare sono apparsi urgenti gli interventi correttivi volti ad eliminare gli ostacoli

legislativi che rendono complicato l’utilizzo delle tipologie contrattuali flessibili, di

cui si avvalgono, al contrario, ed in larga misura molti Paesi Europei, senza che

questo abbia comportato necessariamente situazioni di esclusione sociale o di bassa

qualità del lavoro. In linea generale infatti, a fronte dei casi in cui il ricorso al part-

time ha significato un utilizzo di manodopera a basso costo (Regno Unito), esistono

altri contesti in cui il suo utilizzo si è tradotto invece in buone condizioni di lavoro

(Olanda).

E’ stato dimostrato infatti che il grado di rigidità dei sistemi di protezione del lavoro

non ha avuto finora effetti significativi sulla disoccupazione, se non nel senso di una

2 Sulla crescente richiesta di flessibilità nei contratti di lavoro subordinato, specie sotto il profilo della gestione dei tempi di lavoro, si v. ICHINO, Il tempo della prestazione nel rapporto di lavoro, vol. I, Milano, 1984; Id, Il tempo della prestazione nel rapporto di lavoro, vol. II, Milano, 1985; Aa. Vv., Il tempo di lavoro, Atti delle giornate AIDLaSS di Genova, Milano, 1987. 3 L'art. 2092 del c.c. definisce prestatore di lavoro subordinato “chi si obbliga, mediante retribuzione, a collaborare nell'impresa, prestando il proprio lavoro intellettuale o manuale alle dipendenze e sotto la direzione dell'imprenditore”. 4 L'art. 2222 del c.c. definisce il lavoratore autonomo come “colui che si obbliga a compiere verso un corrispettivo, un'opera o un servizio, con lavoro prevalentemente proprio e senza vincolo di subordinazione nei confronti del committente”.

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sua diversa composizione interna5. In particolare sistemi di protezione più rigidi

sostengono l’occupazione stabile e per contro favoriscono la disoccupazione di lungo

periodo, ovvero configurano mercati del lavoro in cui il rischio disoccupazionale è

più basso, ma dove una volta disoccupati la probabilità di trovare un impiego è più

contenuta6.

E' stato per la verità dimostrato anche il contrario, vale a dire che non vi è una

relazione stretta fra diffusione dei contratti atipici, deregolazione del mercato del

lavoro e migliore performance dello stesso.

Anche il part-time è stato collocato all'interno del forte trend di crescita dei lavori

atipici. Nella fattispecie, la sua incentivazione ha sollecitato in passato e sollecita

tuttora correzioni rispetto ad alcuni effetti particolarmente negativi derivanti dal suo

impiego, quali la dequalificazione professionale, le minori possibilità di carriera,

nonché la necessità di adeguate modifiche rispetto ad un quadro di tutele né

completo, né effettivo in termini di definizione dell'orario, di diritto alla reversibilità,

di professionalità etc. Vanno inoltre contenuti i rischi di segregazione occupazionale

ed i fenomeni di discriminazione di genere che spesso hanno accompagnato la sua

diffusione. Ovviamente da parte delle organizzazioni imprenditoriali si è invece

richiesta una riforma dei vincoli apposti dalla l. n. 863/1984, (la legge a cui si deve

in Italia la sua prima regolamentazione).

In ogni caso sembra ormai auspicabile, nel quadro di una strategia complessiva che

punta alla crescita dell'occupazione7, l'introduzione di forme di flessibilità lavorative

atte ad incrementare il numero dei posti di lavoro, badando però a che queste non

solo non si traducano nell’inosservanza dei vincoli e delle garanzie predisposte dal

legislatore a tutela del lavoratore, ma che al contrario contribuiscano alla

valorizzazione delle risorse umane in generale, e di quelle femminili in particolare.

La nostra analisi si limiterà comunque al lavoro a tempo parziale, ritenuto dalla

Commissione Europea8 uno tra gli strumenti più efficaci d'incremento

dell'occupazione.

5 Si vedano in tal senso i recenti contributi Oecd (1999) che hanno misurato attraverso indicatori sintetici il grado di rigidità dei sistemi a tutela del lavoro nel corso degli anni 90' nei diversi Paesi Europei, giungendo a tale conclusione. 6 Tale tesi è sostenuta da I. FELLINI, Il sistema di regolazione e la diffusione dei contratti atipici, in Le forme di lavoro – L'occupazione non standard: Italia e Lombardia nel contesto europeo, SAMEK LODOVICI M., SEMENZA R. (a cura di), Angeli, Milano, 2001, pp. 31-118. 7 In tal senso il Piano Nazionale per l'Occupazione 2001. Per una sua consultazione si v. il sito della Commissione Europea http://europa.eu.int/comm/employment_social/index_fr.htm 8 Cfr. Commissione delle Comunità Europee, Raccomandazione del Consiglio riguardante l'attuazione delle politiche in materia di occupazione degli Stati membri, 12 settembre 2001.

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152

Nelle pagine che seguiranno, dopo un breve excursus sulla sua precedente

disciplina, al fine di capire meglio i successivi cambiamenti intervenuti, si tenterà di

delineare il quadro normativo attuale, evidenziandone i nodi cruciali, ma soprattutto

non mancando di individuare i punti di maggiore attrito. Ci si soffermerà dunque

sulla legge del 2000, che ha modificato la precedente normativa, per comprendere

quanto essa abbia corrisposto effettivamente alle istanze di cambiamento

provenienti da più parti e ormai ritenute imprescindibili anche per l’ordinamento

giuridico italiano.

Il presente lavoro conterrà dunque: 1. una verifica relativa alla ricezione nel nostro

ordinamento della normativa comunitaria; 2. le principali innovazioni legislative

introdotte in Italia in termini di flessibilità (opportune considerazioni circa i loro

contenuti e i possibili effetti sulle dinamiche dell’organizzazione del lavoro); 3.

un’analisi comparativa della normativa italiana rispetto alle normative di altri Paesi

Europei.

In particolare, le nuove forme di flessibilità introdotte dalla recente disciplina del

part-time, verranno analizzate sotto il profilo della loro capacità d’incremento del

lavoro femminile. Nell’esaminare ogni singolo istituto del part-time, si baderà cioè

all’impatto che esso può avere sulla scelta delle donne di partecipare al mercato del

lavoro. In tal modo intento fondamentale diviene non la verifica dell'astratta

idoneità della riforma del part-time all’aumento dell’occupazione in generale e al

miglioramento qualitativo delle condizioni del rapporto di lavoro, quanto piuttosto

verificare se il part-time si conferma essere una delle tipologie lavorative

maggiormente in grado oggi di attirare le donne, condizionandone in positivo la

scelta di partecipare al mercato del lavoro9.

3.1 La normativa precedente alla riforma del 2000

Il ricorso al contratto di lavoro a tempo parziale, quale strumento di flessibilità del

lavoro, ha preso avvio in Italia già a partire dalla prima metà degli anni 80’. La sua

prima regolamentazione risale al 1984; la sua introduzione dunque, è stata

anteriore alla disciplina normativa dell’istituto. Questo fatto, sommato al ritardo del

legislatore nel regolamentare la materia, ha costituito indubbiamente il freno

maggiore alla sua diffusione.

9 Tale dato trova conferma nei risultati di ricerche condotte a livello regionale, che mostrano l'esistenza di una scelta attiva delle donne, soprattutto nelle fasce d'età tra i 18 e i 40 anni, quando si fanno più

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153

Il part-time nasce con la finalità in primo luogo di incentivare e sostenere

l'occupazione, come dimostrato dal fatto che il Decreto Legge n. 726, convertito poi

nella legge 863/1984, si intitolava : "Misure urgenti a sostegno ed incremento dei

livelli occupazionali", nonché per favorire un utilizzo meno rigido della forza lavoro,

così da conciliare al meglio i tempi di vita e i tempi lavorativi.

Si può dunque affermare che nel corso degli anni 70’, il lavoro a tempo parziale è

stato oggetto di regolamentazione soltanto sul piano negoziale, collettivo o

individuale, spesso addirittura arrivando ad ingrossare le fila del mercato del lavoro

sommerso10.

In base alla legge istitutiva 863/1984, il contratto doveva essere stipulato per

iscritto, contenere l’indicazione della mansione e la specificazione della distribuzione

dell’orario con riferimento al giorno, alla settimana, al mese e all’anno. La

distribuzione temporale della prestazione lavorativa non poteva essere modificata

rispetto a quanto pattuito ed il datore di lavoro non poteva richiedere prestazioni di

lavoro supplementare, salvo specifici casi previsti dalla contrattazione collettiva.

Erano previste inoltre garanzie procedurali in caso di trasformazione del contratto di

lavoro da tempo pieno a tempo parziale, nonché il diritto di precedenza dei part-

timers sulle eventuali assunzioni di personale full-time ed il computo pro-quota dei

dipendenti, ma solo a certi fini. La legge inoltre, assegnando all’autonomia collettiva

la facoltà di introdurre limiti quantitativi (c.d. clausole di contingentamento che

stabilivano la quota massima consentita dei part-timers) e qualitativi (specifiche

mansioni e modalità temporali), mostrava chiaramente di attribuire ai contratti

collettivi la funzione non solo di controllare, ma anche di contenere la diffusione del

part-time.

In conclusione, la legge del 1984 ha offerto una regolamentazione delle condizioni

di lavoro a tempo parziale che, se nelle intenzioni voleva favorire la diffusione del

part-time (si pensi soprattutto all’attenuazione di alcuni gravi ostacoli di natura

previdenziale, come la riduzione degli oneri contributivi determinati secondo un

pressanti i compiti di cura. Così A. ALLAMPRESE, Giornale di diritto del lavoro e delle relazioni industriali, n. 89, 2001, 1. 10 In quegli anni l’ostilità nei confronti del lavoro a tempo ridotto trova una qualche giustificazione sia nella politica dell’orario di lavoro imperniata sulla mera tutela della salute del lavoratore, sia soprattutto nella rigida struttura organizzativo-produttiva taylor-fordista dell’epoca, la quale prevedeva un tempo di lavoro standard rigorosamente prestabilito ed orari di lavoro tendenzialmente uguali per tutti i dipendenti e per tutti i settori. Così M. BROLLO, Il Lavoro a tempo parziale, in Leggi e Lavoro, Milano, 2001, p. 4.

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parametro minimale orario e non più giornaliero)11, tuttavia manteneva viva una

certa diffidenza nei confronti di tale tipologia lavorativa, evidente nella presenza di

rigidità normative poste alla gestione dei tempi di lavoro, tra le quali spiccano

l’implicita messa al bando delle clausole elastiche, nonché l’esplicito divieto di

lavoro supplementare.

Questa prima regolamentazione del lavoro part-time è rimasta in vigore fino

all’emanazione del recentissimo D. Lgs 61/2000 che ha operato una totale riforma

della materia.

3.2 L’interazione fra lavoro part-time e sistemi di protezione

sociale

E' opportuno sottolineare che nella regolazione normativa del lavoro a tempo

parziale, la disciplina previdenziale12 ha giocato un ruolo fondamentale in quanto

manifestazione della volontà di incentivazione del legislatore, mediante una

riduzione del costo del lavoro con la tecnica della modulazione dell'aliquota

contributiva o dello sgravio13.

Se si osservano le tecniche di incentivazione per il contratto a tempo parziale

utilizzate dal legislatore italiano, si evince che si è trattato sempre di incentivi a

carattere economico. E' il caso questo degli incentivi riconosciuti per i contratti a

tempo parziale "stipulati ad incremento degli organici esistenti", consistenti in

11 Fino a quel momento il legislatore aveva modellato la disciplina previdenziale del part-time sul prototipo di quella a tempo pieno: la prestazione ad orario ridotto di tipo orizzontale finiva dunque per costare, dal punto di vista contributivo, come quella ad orario pieno. 12 Così BACCHIEGA, Previdenza, flessibilità e << nuovi lavori >> in Diritto delle relazioni industriali, n. 4/2000 pp. 456-462. <<Anche alcune disposizioni, contenute ai commi 17 e 19 dell'art. 5 della legge 863/1984, seppur non rientranti fra le disposizioni di diretta incentivazione alla diffusione della tipologia contrattuale, differenziavano la disciplina previdenziale applicabile al lavoratore a tempo parziale in alcuni particolari settori, caratterizzati o dallo svolgimento di attività ad orario ridotto o dalla previsione di salari medi convenzionali, evidentemente ritenuti dal legislatore potenziale terreno di diffusione per il part-time. (…) Più precisamente il comma 16 dell'art. 5 prevedeva l'applicazione di un'aliquota del 5 % all'importo del trattamento minimo mensile di pensione a carico del Fondo lavoratori dipendenti per i settori indicati al comma 17 (istruzione scolare e prescolare non statale, assistenza sociale svolta anche da associazioni pubbliche di assistenza e beneficenza, attività di culto, assistenza domiciliare etc.). Il comma 19 prevedeva, invece, lo stesso trattamento per quei dipendenti nei cui confronti sono stabiliti salari medi convenzionali (…). Oggi il D. Lgs. 61 /2000 abrogando l'art. 5 ha reso le assunzioni particolari ad orario ridotto (non più di 4 ore giornaliere ex comma 16 dell'art. 5) non più realizzabili a meno di non formalizzare in questi casi vere e proprie assunzioni part-time. Ovviamente anche il minimale contributivo in base al quale versare i contributi non sarà più il c.d. "minimo dei minimi", ma verrà calcolato con le stesse regole previste per gli altri lavoratori a tempo parziale. 13 Per una sintetica esemplificazione di come il sistema previdenziale dovrebbe operare, per non creare contrasti con le dinamiche del mercato del lavoro relativamente all'obiettivo della riduzione di alti tassi di disoccupazione, si v. Com (97) 102 del 12 marzo 1997, "Modernizzare e migliorare la protezione sociale nell'Unione Europea".

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riduzioni delle aliquote contributive, previsti sia dall'art. 7 della legge 451/199414

che dall'art. 13 della legge 196/1997, seppure attraverso percorsi incentivanti

parzialmente differenti e dal recente Decreto interministeriale del 12 aprile 2000,

emanato in conformità a quanto previsto dal D. Lgs n. 61/2000, che sceglie

dunque, innegabilmente, di proseguire sulla linea degli incentivi economici a favore

dei datori di lavoro, quali strumenti fondamentali d’incremento del lavoro a tempo

parziale. Il Decreto interministeriale stabilisce la misura dei benefici economici

ottenibili dai datori di lavoro (si v. infra, par. 3.4.) ed i requisiti per la relativa

concessione. Esattamente richiede che i contratti part-time debbano essere

stipulati: 1. a tempo indeterminato, 2. ad incremento degli organici esistenti, 3. da

un datore di lavoro che osservi i contratti collettivi nazionali, 4. nel periodo

intercorrente tra la data di entrata in vigore del presente decreto (3 giugno 2000)

ed il 31 dicembre 2000. Il Provvedimento prevede inoltre il variare (in crescendo)

dei punti percentuale di sgravio in relazione al numero di ore settimanali lavorate

dal singolo lavoratore a tempo parziale15. Esso prende cioè atto dell'esistenza di

una doppia fenomenologia dell'istituto: il "<<part-time lungo>> (più vicino alle 30

che alle 20 ore settimanali) e il <<part-time breve>>, premiando maggiormente le

imprese che stipulano contratti di lavoro part-time "lunghi", in quanto nettamente

preferiti (così almeno sembrerebbe) dalle donne disoccupate e dalle stesse

occupate a tempo parziale.

Tale politica se contribuisce certamente a favorire la stabilità e la qualificazione

professionale del lavoro a tempo parziale, nonché a ridurne la marginalità e

precarietà, pone anche degli interrogativi. Si tratta di veri incentivi al part-time o

piuttosto al full-time dissimulato da part-time? (il limite delle 32 ore è infatti

piuttosto vicino a quello stabilito da molti contratti collettivi relativamente al lavoro

full-time in settori specifici). Ci si potrebbe chiedere pertanto se una tale normativa

sia utile all'incremento di una reale flessibilità occupazionale, agevoli cioè la

creazione di prospettive lavorative "diverse" da quelle attuali e soprattutto se

risponda alle esigenze della conciliazione agevolare i part-time più lunghi. Se da un

14 Gli incentivi di carattere economico previsti dalla legge 451/1994 non sono, in realtà, mai stati messi in atto a causa della mancata emanazione del relativo decreto ministeriale. Il percorso di incentivazione delineato da questa legge è stato poi abbandonato proprio in seguito all'emanazione dell'art. 13 della legge 196/1997, in primo luogo a causa di una discordanza rispetto alle norme comunitarie in materia di concorrenza e di aiuti di stato. 15 Esattamente si può rilevare che la percentuale di sgravio aumenta all'aumentare delle ore lavorate, si parte infatti dal 7% di sgravio con un orario di lavoro settimanale pari o superiore a 20 ore e non superiore a 24, al 10%, con un orario di lavoro settimanale superiore a 24 ore e non superiore a 28, fino a giungere al 13% nel caso ultimo in cui l'orario sia superiore alle 28 ore ma non superiore comunque a 32.

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lato una scelta di questo tipo viene incontro alle esigenze di quelle donne che

aspirerebbero a lavorare full-time e scelgono il part-time involontariamente, perché

unico lavoro disponibile, (ed in quest'ottica potrebbe aumentare la partecipazione

femminile in termini di ore lavorate), dall'altro non contribuisce ad aumentare

l'offerta di lavoro femminile in termini di unità/lavoratrici, in quanto non offre

condizioni lavorative così innovativamente "conciliative" da attrarre quelle tipologie

di donne finora escluse dal mercato del lavoro. In pratica potrebbe trattarsi di una

normativa che finisce per riflettersi positivamente su donne che avrebbero scelto di

lavorare in ogni caso.

A questo punto è bene sottolineare che le misure legislative, finora emanate con lo

scopo di incentivare il ricorso al lavoro a tempo parziale, sotto l’aspetto

previdenziale, si sono dimostrate poco efficaci. In particolare, l’elemento che ha

inciso negativamente sulle finalità incentivanti potrebbe essere l’aver collegato i

benefici contributivi alla sola stipulazione di part-time ad incremento della base

occupazionale16. Un reale impulso sarebbe invece potuto derivare dall'adozione di

altre soluzioni flessibili, come la stipulazione di contratti a tempo parziale, in favore

di particolari categorie di lavoratori, considerate "svantaggiate" ai fini

dell’inserimento o reinserimento nel mercato del lavoro, come i giovani disoccupati,

i lavoratori nel ciclo conclusivo della propria vita lavorativa, o che riprendono il

lavoro dopo un periodo di inattività (soprattutto donne) (Libro Bianco, 2001).

L'interazione fra il lavoro part-time ed i sistemi di protezione sociale si configura

anche negli schemi incentivanti che associano la trasformazione di un contratto di

un lavoratore a tempo pieno, avente i requisiti per una pensione di anzianità17, in

uno a tempo parziale, alla contestuale assunzione di un giovane in sostituzione

delle ore "liberate" dal lavoratore anziano (c.d. staffetta giovani-anziani )18.

16 Una conferma della inadeguatezza della scelta legislativa è data dallo scarsissimo impiego delle risorse finanziarie stanziate dalle legge e già esigue di per se stesse. 17 Sui requisiti necessari per il pensionamento, si v. la legge 335/1995. 18 Tale schema incentivante ha subito un'evoluzione attraverso le previsioni di vari provvedimenti legislativi: per prima la legge 662/1996 (Legge Finanziaria del 1997,), successivamente l'art. 13 della legge 196/1997 (c.d. pacchetto Treu), ed infine la recente legge 144/1999 il cui art. 45 delega al Governo, nell'ambito della riforma degli incentivi all'occupazione: << l'adozione di norme, anche di natura previdenziale, che agevolino l'utilizzo di contratti a tempo parziale da parte dei lavoratori anziani, al fine di contribuire alla crescita dell'occupazione giovanile anche attraverso il ricorso a tale tipologia contrattuale >>.

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Particolarmente degna di nota è pure la L. n. 53/200019 "Disposizioni per il

sostegno della maternità e della paternità, per il diritto alla cura e alla formazione e

per il coordinamento dei tempi delle città". Essa infatti, pur non riguardando nello

specifico il part-time, prevede all'art. 9 delle misure a sostegno della flessibilità di

orario, consistenti nell'erogazione di contributi20 a favore di aziende fino a

cinquanta dipendenti, che applichino accordi contrattuali sindacali che prevedano

azioni positive per la flessibilità e tra queste, progetti che consentano alla

lavoratrice-madre o al lavoratore-padre di usufruire di forme particolari di

flessibilità degli orari o dell'organizzazione del lavoro, tra cui anche il part-time

reversibile. A tal proposito anticipiamo già che la normativa attuale sul part-time

non prevede la concessione del part-time reversibile su richiesta del lavoratore, al

contrario della contrattazione collettiva nazionale che spesso presenta specifiche

clausole in tal senso.

La sintetica descrizione qui effettuata degli interventi di politica del lavoro in

materia di part-time, mostra quale loro comune denominatore il fatto di essere stati

indirizzati prevalentemente al lato della domanda, essi hanno cioè incentivato e

continuano ad incentivare la domanda di lavoro a tempo parziale da parte delle

imprese21.

Se tali provvedimenti hanno concretizzato un'incentivazione "in positivo" a carattere

previdenziale del lavoro a tempo parziale, così anche i tentativi del legislatore di

ridurre le norme causa di ostacolo alla diffusione di esso, hanno toccato in modo

decisivo l'ambito previdenziale. Un esempio sono state le leggi 389/1989 e

608/1996, i cui articoli rispettivamente 14co e 210co, hanno decretato l'eliminazione

del fortissimo disincentivo economico dato dal maggiore costo di due contratti a

tempo parziale rispetto ad uno a tempo pieno22. Le modifiche, tenendo finalmente

19Emanata l'8 marzo del 2000, è stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 60 del 13 marzo 2000. All'origine di questa legge vi è sicuramente l'esigenza di recepire la direttiva n. 96/34/CE sui congedi parentali, ma anche l'esistenza di una cultura delle donne, sviluppatasi nel corso degli anni 80' e 90' sulla tematica del tempo e della particolare percezione ed esperienza femminile sulla temporalità nella vita quotidiana. Sul concetto di << doppia presenza >> si v. L. BALBO, La doppia presenza, Inchiesta, 2, 1978; Id, Time to care, F. Angeli, Milano, 1987; Id, Politiche del tempo e diritti quotidiani, F. Angeli, Milano, 1987; Id, Tempi di vita. Sudi e proposte per cambiarli, Feltrinelli, Milano, 1991. 20 Secondo quanto previsto dal D. Ministeriale 15-5-2001 (DPL, 2001, 2270). 21 Per un riepilogo si rinvia a GAROFALO D. Lavoro a tempo ridotto ed incentivi, in CARINCI F. (a cura di ) Orario di lavoro, Legge e contrattazione collettiva, Ipsoa, Milano, 2001, pp. 201 ss, nonché BAVARO V., DE CRISTOFARO M.L., Lavoro part-time, Digesto, aggiornamento, Utet, Torino, 2000, pp. 471 ss. 22 Così MASSI, Part-time: le agevolazioni contributive, in Dir. prat. Lav., 2000, p. 1815. L’art. 1, comma 4 della l. 389/1989 esattamente, riduce il disincentivo economico rappresentato dall’utilizzo di un contratto part-time rispetto ad un contratto full-time, riscrivendo il comma 5 della l. 863/1984 sulla frazionabilità del minimale orario, da misura fissa (l'art. 5 aveva individuato la retribuzione minima oraria su cui calcolare i contributi previdenziali dovuti per i lavoratori part-time nella percentuale di un

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conto della durata effettiva della prestazione, hanno eliminato sia la accennata

distorsione del costo superiore di due contratti part-time, sia gli effetti di irrazionale

disparità tra tipologia orizzontale e verticale del contratto a tempo parziale.

Detto ciò, è opportuno ribadire che, se nonostante gli incentivi economici previsti

dalla legislazione, si è potuta riscontrare una così scarsa e deludente diffusione del

part-time in Italia, evidentemente non solo continuano a permanere dei costi per il

suo utilizzo (per es. i costi di formazione), ma soprattutto si avverte la necessità di

una disciplina sostanziale del rapporto che si riveli effettivamente incentivante,

meno vincolistica in relazione all'autonomia delle parti e che soprattutto al di là del

sistema di incentivi economici indirizzati alle imprese, intervenga sulla

regolamentazione giuridica della gestione dei tempi individuali.

3.3 Il contributo dell'Unione Europea alla riforma del part-time

A sollecitare l’intervento riformatore del legislatore italiano, è intervenuto nel

giugno 1997 l’accordo collettivo stipulato dai sindacati europei23 in materia di

lavoro a tempo parziale e attuato dalla direttiva24 97/81/Ce. L'accordo-quadro oltre

a fornire una definizione di "lavoratore a tempo parziale" e di "lavoratore a tempo

pieno" si prefiggeva, quali principali obiettivi di politica sociale, di prevenire

qualsiasi forma di discriminazione nei confronti dei lavoratori part-time, sotto il

profilo dell'accesso al lavoro e del trattamento economico-normativo, di migliorare

la qualità delle loro condizioni lavoro e di agevolare lo sviluppo di tale tipologia

lavorativa su base volontaria. L'accordo invitava gli Stati membri e le parti sociali

ad identificare ed esaminare gli ostacoli di natura giuridica ed amministrativa

suscettibili di limitare le opportunità di lavoro part-time e, se del caso, ad eliminarli.

Esso inoltre, mirando ad impedire che i lavoratori a tempo parziale fossero trattati

in modo meno favorevole rispetto ai lavoratori a tempo pieno, ha contribuito nel

contempo a difendere le pari opportunità tra uomini e donne, trattandosi il part-

sesto del minimale giornaliero) a misura variabile, norma rivelatasi decisamente penalizzante per il contratto part-time verticale. L’art. 2, comma 10 della l. 608/1996 invece, aggiunge all’art. 5 della l. 863/1984 i commi 9 bis e 9 ter, che estendono il sistema di calcolo del minimale orario anche ai contributi ai fini dell’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali. 23 L'accordo quadro sul lavoro a tempo parziale è stato concluso dall'Unione delle confederazioni europee dell'industria e dei datori di lavoro (UNICE), dal Consiglio europeo delle imprese pubbliche (CEEP) e dalla Confederazione europea dei sindacati (ETUC), ha rappresentato una tappa fondamentale in materia. 24 Adottata dal Consiglio Ce il 15 dicembre 1997, è stata pubblicata in GUCE L 14 del 20-1-1998. La direttiva è stata poi modificata dalla direttiva 7-4-1998 n. 98/23/CE (GUCE L 131 del 5-5-1998), per estenderne l'applicazione anche al Regno Unito. Sui benefici ed i rischi associati al part-time si veda anche la Relazione della Commissione sulle pari opportunità tra uomini e donne nell'UE, 1996.

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time di una tipologia lavorativa altamente femminilizzata. Interessante sarà

verificare come alcuni Stati abbiano recepito, ciascuno nel proprio ordinamento, la

direttiva in esame, e soprattutto quali aspetti del suo contenuto essi abbiano

privilegiato e quali disatteso25. Per consentire infra26 tale verifica, riportiamo qui di

seguito i contenuti maggiormente rilevanti previsti dalle clausole dell'accordo

allegato alla direttiva 97/81/CE (tavola 3.1).

Tavola 3.1 - Linee-guida della direttiva comunitaria 97/81/CE sul lavoro part-time

Clausola n.1 L'accordo mira alla soppressione delle discriminazioni nei confronti dei lavoratori a tempo parziale, a migliorare la qualità del lavoro part-time, a favorirne lo sviluppo su base volontaria a contribuire all'organizzazione flessibile del tempo di lavoro, in modo da tener conto delle esigenze sia dei datori di lavoro che dei lavoratori.

Clausola n.2 L'accordo si applica ai lavoratori part-time che abbiano un contratto o un rapporto di lavoro definito dalla legge, dai contratti collettivi o dalle prassi in vigore in ciascuno Stato membro. Gli Stati, dopo aver consultato le parti sociali, possono non applicare l'accordo ai lavoratori part-time "occasionali", le esclusioni dovrebbero però essere riesaminate periodicamente per verificare se le "ragioni obiettive" che le hanno determinate siano ancora da ritenersi valide.

Clausola n.3 L'accordo definisce testualmente il lavoratore part-time come " il lavoratore il cui orario di lavoro normale, calcolato su base settimanale o in media su un periodo di impiego che può andare fino ad un anno, è inferiore a quello di un lavoratore a tempo pieno comparabile ". Per lavoratore a tempo pieno comparabile s'intende "il lavoratore dipendente a tempo pieno dello stesso stabilimento che abbia lo stesso tipo di contratto o rapporto di lavoro e un lavoro/occupazione identico o simile, tenendo conto di altre considerazioni quali l'anzianità, le qualifiche, le competenze". L'accordo precisa inoltre che se non esiste nello stesso stabilimento nessun lavoratore a tempo pieno comparabile, il paragone verrà effettuato in riferimento al contratto collettivo applicabile o, in assenza, in conformità alla legge, ai contratti collettivi o alle prassi nazionali.

Clausola n.4 L'accordo sancisce il divieto di discriminazioni per quanto riguarda le condizioni di occupazione tra i lavoratori a tempo parziale ed i lavoratori a tempo pieno comparabili dovute esclusivamente all'appartenenza a tale specifica categoria lavorativa, mentre ammette un trattamento particolare soltanto in presenza di "giustificati motivi". Il principio di non discriminazione viene integrato da un altro principio avente carattere autonomo: il principio di proporzionalità o (pro rata temporis) che "ove opportuno si applica". E' permesso inoltre alle parti sociali e/o gli Stati membri di subordinare l'accesso a condizioni di lavoro "particolari" in presenza di un periodo di anzianità, una durata determinata del lavoro o a certe condizioni retributive. Le modalità di applicazione della presente clausola saranno definite dagli Stati e /o dalle parti sociali, tenuto conto della legislazione europea, delle leggi, dei contratti collettivi e delle prassi nazionali.

Clausola n.5 L'accordo prevede che gli Stati membri individuino gli ostacoli che limitano le possibilità di lavoro part-time e, se del caso, gli eliminino. Viene stabilito il principio del libero consenso per cui il rifiuto del lavoratore a tempo pieno di essere trasferito ad un lavoro part-time, e viceversa, non dovrebbe costituire valido motivo di licenziamento. I datori di lavoro inoltre dovrebbero "per quanto possibile" prendere in considerazione:

25 Il "14 considerando" della direttiva precisa che essa vincola gli Stati membri per quanto riguarda il risultato da raggiungere, ma lascia alle autorità nazionali la scelta della forma e dei mezzi. 26 Si veda il par. 3.6.2 per l’analisi delle normative di alcuni Stati membri.

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- le domande di trasferimento dei lavoratori a tempo pieno ad un lavoro a tempo parziale e viceversa, qualora tali opportunità sussistano,

- la diffusione di informazioni circa i posti di lavoro a tempo pieno e a tempo parziale che si rendano disponibili nell'azienda.

- le misure finalizzate a facilitare l'accesso al lavoro part-time a tutti i livelli dell'impresa, comprese posizioni qualificate e con responsabilità direzionali.

- le misure atte a facilitare l'accesso ai lavoratori part-time alla formazione professionale per favorire carriera e mobilità professionale.

Clausola n.6 Gli Stati membri possono mantenere o introdurre disposizioni più favorevoli di quelle previste nell'accordo. L'attuazione delle disposizioni dell'accordo non costituisce una giustificazione valida per ridurre il livello generale di protezione dei lavoratori e ciò senza pregiudizio per gli Stati membri e/o le parti sociali di sviluppare, tenuto conto dell'evoluzione della situazione, disposizioni legislative, normative o contrattuali differenti, purché non venga in ogni caso pregiudicato il principio di non discriminazione e l'applicazione della clausola 5.1.

Per quanto riguarda il primo obiettivo sancito dalla direttiva, si può constatare che il

principio di non discriminazione – a cui peraltro sono state ammesse eccezioni di

fonte legislativa e/o contrattuale (cfr. clausola n. 4) – costituisce l'unico vincolo al

potere legislativo e all'autonomia collettiva degli Stati membri, altrimenti liberi di

cercare le soluzioni più adeguate a realizzare gli scopi indicati dalla direttiva stessa.

Mentre per ciò che attiene il secondo obiettivo e cioè la promozione del modello

"volontario" del contratto part-time, quanto affermato prima circa l'ampia

discrezionalità degli Stati membri di conformarsi o meno ai precetti della direttiva, è

reso ancora più evidente dal tenore linguistico dell'atto (a cui contribuisce l'uso dei

verbi nella forma del condizionale), come dimostra il fatto che gli Stati membri e le

parti sociali sono solo invitati a "prendere in considerazione" la possibilità di

mettere in atto determinati comportamenti incentivanti il part-time.

La forte spinta riformista dell'Unione Europea si è indubbiamente rivelata attraverso

l'adozione della direttiva, ma non solo in questo. Non può e non deve infatti passare

inosservata, in quanto chiaro segnale di apertura nei confronti del lavoro part-time,

la risoluzione adottata dal Parlamento Europeo il 6 dicembre 2001, con la quale si

raccomanda alla Commissione di porre fine al divieto di lavoro a tempo parziale per

gli esperti nazionali distaccati presso la Commissione Europea. Il divieto in

questione è stato ritenuto essere un caso di cattiva amministrazione, visto e

considerato che una norma può comportare una discriminazione indiretta

qualora, pur essendo formulata in modo imparziale, svantaggi di fatto le

donne rispetto agli uomini (notoriamente più impegnate dal lavoro di cura). E'

stato proprio attraverso la nozione di discriminazione indiretta che negli anni si è

potuta stabilire a livello comunitario una fortissima correlazione tra tutela del lavoro

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femminile e tutela del lavoro atipico. A questo proposito è sufficiente esaminare la

folta giurisprudenza della Corte di Giustizia in tema di discriminazioni indirette per

ragioni di sesso praticate nei confronti di lavoratori par-time27. L'Unione Europea,

seppur ancora lontana dal considerare la scelta di lavorare part-time un diritto del

prestatore di lavoro, contribuisce inequivocabilmente con la risoluzione su-

menzionata, al formarsi di un orientamento favorevole all'incremento dei livelli

occupazionali femminili mediante l'utilizzazione del lavoro a tempo parziale quale

strumento fondamentale di conciliazione. Il legame riscontrabile tra lavoro atipico e

lavoro femminile non deve però in alcun modo portare a negare la “totale

autonomia concettuale ed ordinamentale” del principio di non discriminazione

sancito in riferimento al part-time, rispetto al principio di parità di trattamento fra

uomini e donne e alla disciplina riguardante le discriminazioni indirette per motivi di

sesso (Scarponi, 1999; Ciucciovino, 2000). E’ importante scindere la tutela del

lavoro femminile in quanto tale da quella rientrante nella protezione del lavoro part-

time. In questo modo si può infatti operare un confronto fra le due differenti

discipline normative e così constatare come a livello comunitario sia più forte la

tutela offerta alle donne contro le discriminazioni in generale (i parametri richiesti

per escludere l’illegittimità di trattamenti diversi fra i due sessi sono più restrittivi di

quelli che legittimano differenze di trattamento tra lavoratori part-time e lavoratori

a tempo pieno28) rispetto a quella che può essere loro offerta in quanto lavoratrici

part-time. E’ opportuno evidenziare quest’aspetto, in quanto come avremo modo di

vedere a seguito dell’analisi della normativa italiana sul part-time, nel nostro

ordinamento la situazione apparirà totalmente capovolta.

Precedentemente alla direttiva europea, anche l'OIL ha avuto modo di pronunciarsi

a favore della “parità di trattamento” tra lavoratori a tempo parziale e lavoratori a

tempo pieno, nella Convenzione n. 175/199429. Rispetto a tale atto però, la

direttiva si è rivelata ben più decisa ed incisiva nel sancire il principio di non

27 Si v. le sentenze della Corte di Giustizia CE, Lewark/Kuratorium, causa 457/93 del 6 febbraio 1996; Nimz/Freie e Hansestad Hamburg, causa 184/1989 del 7 febbraio 1991; Bilka/Kaufhaus GmbH, causa 170/84 del 13 maggio 1986; Jenkins/Kinsgate Ltd., causa 96/80, del 31 marzo 1981; 28 Per escludere l’illegittimità del trattamento sfavorevole nei confronti dei lavoratori a tempo parziale, si richiede la presenza di “ragioni obiettive”, mentre per escludere l’illegittimità di trattamenti differenti per l’uno e per l’altro sesso, si richiede che essi oltre ad essere giustificati da ragioni obiettive, siano anche “adeguati” e “necessari”.(si v. la Direttiva 97/80/CE, sull’onere della prova nei casi di discriminazione per motivi di sesso, in GUCE L, 20 gennaio, 1998, 14) 29 Già nelle prime disposizioni a carattere internazionale sul lavoro a tempo parziale infatti sono presenti norme volte a tutelare il lavoratore a tempo parziale sotto il profilo della non discriminazione. Nella Convenzione OIL si afferma che ai lavoratori part-time debba essere assicurata la<<stessa protezione di cui godono i lavoratori a tempo pieno >> (art. 4) e che debbano essere riservati loro << trattamenti equivalenti >> a quelli dei lavoratori full-time (art. 6 e 7).

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discriminazione30. Essa infatti, presenta minori (quantunque possibili, in presenza di

“ragioni obiettive”) possibilità di deroga al principio in questione, in ciò dimostrando

sicuramente una volontà di parificazione in nessun modo fittizia tra le due tipologie

lavorative e dunque anche un effettivo proposito di miglioramento delle condizioni

lavorative femminili.

Possiamo a questo punto concludere affermando che, seppur nel quadro della

legislazione comunitaria la disciplina fornita dalla direttiva 81/97/Ce sul part-time si

possa a ragione inserire "nell’alveo della tutela del lavoro femminile ed in

particolare nell’ambito della lotta contro la discriminazione indiretta" (Martinucci

1999; Scarponi, 1999), essa in ogni modo si innesta in un sistema di tutele già

presente ed operativo, contribuendo in questa prospettiva più che ad un loro

ampliamento, ad una loro ulteriore puntualizzazione. Ovviamente, la direttiva

mantiene la sua fondamentale importanza per quanto riguarda le potenzialità di

rinnovamento che rappresenta per ciascuno degli Stati membri tenuti a recepirla,

così contribuendo al diffondersi in essi di tipologie lavorative più flessibili, ed in ciò

incrementando quantitativamente i livelli dell’occupazione femminile.

3.4 La nuova disciplina prende forma: quadro complessivo

dell'attuale legislazione sul part-time (versione consolidata).

Prima di delineare un quadro globale e nei limiti del possibile sintetico, della

normativa vigente sul lavoro a tempo parziale è opportuno effettuare, ai fini di una

maggiore sistematicità, una ricapitolazione dei principali riferimenti normativi finora

citati (tavola 3.2).

Tavola 3.2 - Principali riferimenti della normativa italiana sul lavoro part-time

Riferimenti normativi

- Legge n. 863/84 (Misure urgenti a sostegno e incremento dei livelli occupazionali), istituzionalizza il part-time

- Legge n. 554/88 (disciplina il part-time nel pubblico impiego) - Legge n. 451/94 (art. 7 sperimentazione degli incentivi ) - Legge n. 196/97 ( art. 13 incentivi per la riduzione dell’orario e per il part-time ) - Legge n. 53/2000 (art. 9 misure a sostegno della flessibilità di orario) - D. Lgs. n. 61/2000 (riforma sostanziale della disciplina del part-time) - Decreto Interministeriale 12 aprile 2000∗– incentivi per i nuovi contratti a tempo

parziale e indeterminato - - D. Lgs. n. 100/2001 (integrazione e correzione del D. Lgs. n. 61/2000) - Ddl 848/2003 (legge delega sulla riforma del mdl, disciplina il part-time all’art. 3)

30Non si può infatti far a meno di notare come la parità di trattamento prevista dalla Convenzione risulti alquanto indebolita dalla previsione che i singoli Stati possano escludere dal campo di applicazione della stessa determinate categorie di lavoratori o di stabilimenti, nel caso in cui la sua applicazione possa far sorgere problemi di natura sostanziale.

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∗Pubblicato sulla G.U. del 3 giugno 2000, n. 128, è stato emanato al fine di determinare le misure, i criteri, le modalità e le condizioni dei benefici previste dall'art. 7 della L. 451/1994 e sue successive modificazioni ad opera dell'art.133 co della legge 196/1997 e degli artt. 54co e 111co lett. b) del D. Lgs. 61/2000, in attesa di un intervento di ridefinizione organica dell'assetto degli orari di lavoro. Si è prevista la riduzione, in via sperimentale, degli oneri contributivi per incentivare il ricorso al lavoro a tempo parziale e a forme di utilizzo flessibile dell'orario di lavoro in funzione di promozione dei livelli occupazionali. La concessione dei predetti benefici avviene nei limiti delle risorse preordinate allo scopo nell'ambito del Fondo per l'occupazione di cui all'art. 1131 della L. 537/1993, risorse incrementate ad opera dell'art. 133co della L. 196, già più volte citato. Per l'attuazione delle misure sono state preordinate, rispettivamente, nell'ambito del Fondo, la somma di lire 200 miliardi per ciascuno degli anni 2000, 2001 e 2002, definendo così di fatto una corsia preferenziale per le piccole e medie imprese ma anche per datori non imprenditori ed enti pubblici economici.

A dare attuazione in Italia alle istanze riformatrici comunitarie è stato il decreto

legislativo del 25 febbraio del 2000 n. 6131, il quale ha abbandonato per molti

aspetti le rigidità della precedente disciplina innovandola quasi interamente grazie

all'abrogazione espressa dell'art. 5 della legge n. 863/84 (che sino ad allora aveva

disciplinato il lavoro a tempo parziale nel nostro ordinamento), dell'art. 137co della

legge n. 196/97 e dell'art. 71co, lett. a) della legge n. 451/94.

L’art. 1 del D. Lgs. 61/2000, definisce il contratto a tempo parziale in

contrapposizione al contratto a tempo pieno.

Per "tempo pieno" si intende l’effettuazione dell’orario normale di lavoro così come

stabilito dalla L. 196/1997 in 40 ore settimanali, oppure del minor orario stabilito

dal contratto collettivo di lavoro applicato dall’azienda.

Per "tempo parziale", secondo il D. Lgs n. 61/2000, si intende invece l’orario,

fissato dal contratto individuale di lavoro, che risulti inferiore a quello normale. La

normativa distingue attualmente tre tipologie di contratto di lavoro part-time e cioè

l’orizzontale (la forma più classica e diffusa), il verticale (di cui una variante è il

part-time in forma ciclica) ed il misto (combinazione di part-time orizzontale e

verticale). Per una loro puntuale definizione si v. qui di seguito (tavola 3.3).

I contratti collettivi nazionali, territoriali ed aziendali, possono determinare

condizioni e modalità della prestazione lavorativa. I contratti collettivi nazionali

possono, altresì, prevedere per specifiche figure o livelli professionali modalità

particolari di attuazione della disciplina rimessa alla contrattazione collettiva.

31 Pubblicato nella G.U. n. 66 del 20 marzo 2000, è stato fatto oggetto di ampie analisi da parte della dottrina. PAPALEONI, La riforma del part-time, RIDL, I, 2000, p. 207 ss; CENTOFANTI, S., Il nuovo contratto a tempo parziale: tipo generale e tipo a collocazione temporale elastica, LG, p. 505 ss, 2000 ; PINTO, Disciplina del lavoro a tempo parziale ed autonomia collettiva, Lav. Inf., 19, p. 5 ss; 2000, ROCCELLA,Contrattazione collettiva, azione sindacale, problemi di regolazione del mercato del lavoro, LD, 3, 2000 a, p. 351 ss.,; Id, La nuova disciplina del rapporto di lavoro a tempo parziale: le ragioni delle scelte del legislatore, in Il rapporto di lavoro, nuove flessibilità e diritti, Atti del Convegno della rivista Toscana Giurisprudenza, Firenze, 11-02-2000, 2000b.

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Nella circolare n. 102 del 26 agosto 1986, il Ministero del lavoro ha affermato che,

in via di principio non sussistono incompatibilità tra contratti part-time e rapporti di

lavoro speciali, contribuendo in questo modo ad eliminare un primo ostacolo alla

loro diffusione. Per una quadro dettagliato circa l’ammissibilità del part-time nei

singoli rapporti di lavoro, si v. infra, tavola 3.4). A questa seguiranno ulteriori

schede esemplificative della disciplina in esame, inerenti la forma, i contenuti, le

modalità, del rapporto di lavoro a tempo parziale.

Tavola 3.3 - Tipologia del contratto di lavoro part-time

Part-time orizzontale* La prestazione si estende a tutte le giornate lavorative, ma si articola sulla base di un orario di lavoro ridotto rispetto a quello contrattuale pieno.

Part-time verticale** L'attività lavorativa è svolta a tempo pieno per periodi determinati e riguarda soltanto alcuni giorni della settimana, del mese o dell'anno. L'orario giornaliero può anche essere quello previsto dal CCNL di settore per i contratti a tempo pieno.

Part-time ciclico*** Si tratta di una variante del part-time verticale, per il fatto che la prestazione lavorativa è prevista in concomitanza di cicli lavorativi predeterminati.

Part-time misto**** Vi è riduzione della prestazione lavorativa sia su base giornaliera che su base settimanale o mensile.

* Di fatto il part-time orizzontale più diffuso è quello che prevede una prestazione ridotta del 50% rispetto a quella piena. Ciò è generalmente dovuto ad esigenze di organizzazione aziendale o del lavoratore a non veder ridotta eccessivamente la propria prestazione giornaliera, non essendo in alcun modo impedita una diversa organizzazione dell’orario lavorativo. ** Non va considerata prestazione di lavoro a tempo parziale di tipo verticale il job sharing. Esso si distingue dal contratto a tempo parziale poiché si tratta di una prestazione unica e condivisa da più lavoratori che stabiliscono autonomamente gli orari di lavoro ripartiti e che possono essere flessibilmente modificati, dandone avviso all’azienda. Si tratta di una tipologia contrattuale solo recentemente prevista dalla legislazione (ddl n. 848/2003) e tuttavia già legittima (Circ. Min. lav. 43/98) potendo la sua disciplina essere rimessa alla contrattazione collettiva e all'autonomia negoziale delle parti. *** Prima ancora che il legislatore provvedesse a disciplinare il lavoro a tempo parziale e, quindi, ancora prima dell'entrata in vigore della legge n. 863/1984, buona parte della giurisprudenza e della dottrina erano orientate nel senso dell'inammissibilità del part-time ciclico. Si osservava infatti che il ricorso a tale tipologia contrattuale poteva configurare un vero e proprio negozio in frode alla legge, posto in essere al fine di eludere i divieti stabiliti dalla legge n. 230/1962 in materia di contratti a termine. Tale tesi era peraltro condivisa dagli organi del collocamento che arrivavano a negare il << nullaosta >> relativamente ai rapporti di lavoro stipulati in base alle suddette modalità. Con l'entrata in vigore della legge n. 863/1984, e ancor più con l'emanazione del D. Lgs. n. 61/2000, è stato definitivamente fugato ogni dubbio circa la legittimità di questa tipologia contrattuale **** Il part-time misto configura una quarta ipotesi di part-time consistente nella riduzione della prestazione lavorativa sia su base giornaliera che su base settimanale, mensile o annuale. A seguito del D.Lgs. n. 100 del 23 febbraio 2001 da tipologia definibile solo in sede contrattuale, esso diviene una tipologia legislativa con conseguente liberalizzazione del suo utilizzo.

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Tavola 3.4 - La compatibilita’ del part-time

Contratto a termine* Si (vd. Art. 1, comma 4, D. Lgs. n. 61/2000)

Apprendistato Si Purché non in contrasto con le finalità formative (circ. Min. lav. n. 102/1986)

Cfl Si Purché l'orario consenta l'adempimento degli obblighi formativi (circ. Min. lav. n. 121/1993)

Dirigenti Si In via di principio ammissibile, pur suscitando qualche perplessità l'esclusione dalle limitazioni dell'orario di lavoro ex R.D. 15-03-1923, n. 662 previste per i dirigenti,a fronte della forma contrattuale del part-time richiedente a predeterminazione della prestazione lavorativa.

Lavoro a domicilio no

Lavoro domestico no (vd. Circ. Min. lav. N. 5/25017/70 del 10-1-1990)

Operaio agricolo Si (vd. Art. 7, comma 1, D. Ls. N. 61/2000)

Viaggiatori e piazzisti no (vd. Lettera Min. lav. n. 5/25017/70 del 19-01-1990)

Il D. Lgs. 61 (art. 1, comma 4) prevede espressamente che le assunzioni a termine possano essere effettuate anche nel rapporto di lavoro a tempo parziale. La circ. Min. lav. n. 102/1986 precisa che nel caso in cui il termine sia stato apposto al di fuori delle ipotesi previste, l’eventuale automatica trasformazione del contratto a termine in contratto a tempo indeterminato non comporta la trasformazione del rapporto part-time in full- time. Le prestazioni di lavoro supplementare e la possibilità di spostare la collocazione temporale della prestazione grazie alle clausole elastiche introdotte dai contratti collettivi è possibile soltanto nell’ipotesi di assunzione a termine per la sostituzione di lavoratori assenti con diritto alla conservazione del posto (art. 3, comma 13).

Tavola 3.5 - Forma e contenuti del contratto di lavoro part-time ( cfr. Art. 2)

1. Necessaria stipulazione del contratto per iscritto**

2. Precisa indicazione nel contratto della durata della prestazione lavorativa e della collocazione temporale dell’orario, con riferimento al giorno, alla settimana, al mese e all’anno.

3. Obbligo di comunicazione in capo al datore delle assunzioni a tempo parziale alla Direzione provinciale del lavoro e obbligo di informazione, con cadenza annuale, alle rappresentanze sindacali aziendali circa l’andamento delle assunzioni part-time e le relative tipologie.

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* La denuncia in presenza delle causali a) e b) potrà essere effettuata quando siano decorsi almeno 5 mesi dalla stipulazione del patto. In ordine alla causale c) i contratti collettivi possono anche stabilire un periodo superiore ai 5 mesi, prevedendo la corresponsione di un’indennità. I contratti collettivi possono individuare ulteriori ragioni obiettive di denuncia del patto. Il datore ha diritto al preavviso di un mese.

Tavola 3.6 - Modalità del rapporto di lavoro part-time (cfr.art.3)

Lavoro straordinario E’ consentito nel rapporto di lavoro a tempo parziale di tipo verticale relativamente alle giornate di attività lavorativa. Gli si applica la disciplina legale e contrattuale prevista per i rapporti a tempo pieno.

Clausole elastiche I contratti collettivi possono prevedere clausole elastiche che stabiliscano le condizioni e le modalità a fronte delle quali è consentito al datore di modificare la collocazione temporale della prestazione inizialmente pattuita, dando al lavoratore un preavviso di almeno 10 gg e conferendogli il diritto ad una maggiorazione della retribuzione oraria. I contratti collettivi possono anche prevedere una riduzione del preavviso fino a 48 ore, stabilendo anche in questo caso una maggiorazione retributiva. E’ necessario in ogni caso uno specifico patto scritto di consenso da parte del lavoratore, che potrà in ogni momento esercitare il suo diritto di ripensamento denunciando il patto in presenza di una delle seguenti documentate ragioni: a) esigenze familiari, b) esigenze di tutela della salute, c) necessità di attendere ad altra attività lavorativa subordinata o autonoma*.

Lavoro supplementare

Il datore di lavoro può richiedere lo svolgimento di prestazioni supplementari rispetto a quelle concordate nel contratto. La determinazione del numero massimo di ore supplementari effettuabili in un anno e nella singola giornata lavorativa e delle causali di richiesta è rinviata alla contrattazione collettiva.

E’ necessario in ogni caso il consenso del lavoratore, il suo rifiuto non costituisce infrazione disciplinare, né giustificato motivo di licenziamento.

In attesa della contrattazione collettiva, il lavoro supplementare è ammesso nella misura del 10% della durata dell’orario di lavoro a tempo parziale riferita a periodi non superiori al mese e da utilizzare nell’arco di più di una settimana.

I contratti collettivi possono prevedere una maggiorazione sulla retribuzione oraria dovuta per il lavoro supplementare. In attesa della contrattazione collettiva, le ore di lavoro supplementare sono retribuite come ordinarie. Alle ore supplementari svolte in misura eccedente quella consentita, è applicata una maggiorazione sull’importo della retribuzione oraria per esse dovuta, la cui misura è stabilita dai contratti collettivi. In mancanza dei contratti collettivi si applica una maggiorazione del 50%.

I contratti collettivi hanno la facoltà di stabilire i criteri perché il lavoratore a tempo parziale possa consolidare nel proprio orario di lavoro il lavoro supplementare svolto in maniera non occasionale.

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Tavola 3.7 - Divieto di discriminazione ( cfr. Art. 4)

Il lavoratore a tempo parziale non deve ricevere un trattamento meno favorevole rispetto al lavoratore a tempo pieno comparabile (ossia inquadrato nello stesso livello in forza di criteri di classificazione stabiliti dai contratti collettivi).

L’applicazione del principio di non discriminazione comporta che:

il lavoratore a tempo parziale benefici dei medesimi diritti di un lavoratore a tempo pieno per quanto riguarda: la retribuzione oraria, il diritto alle ferie e al periodo di prova, la durata del periodo di astensione per maternità e conservazione del posto di lavoro per malattia, la tutela per infortunio e malattie professionali, la tutela della salute e della sicurezza, le iniziative datoriali di formazione professionale, i diritti sindacali, l’accesso ai servizi sociali aziendali e al collocamento, se la prestazione è inferiore a 20 ore settimanali (c.d. trattamenti normativi). I contratti collettivi possono modulare la durata del periodo di prova e del periodo di conservazione del posto, quando l’assunzione avvenga con contratto a tempo parziale verticale*.

il trattamento del lavoratore a tempo parziale sia riproporzionato in ragione della ridotta entità della prestazione lavorativa per quanto riguarda l’importo della retribuzione (anche feriale), il tfr e gli emolumenti dovuti per malattia, infortunio, malattia professionale, maternità, Cigo, Cigs, mobilità ed indennità di disoccupazione ordinaria** (c.d. trattamenti economici).

* Mentre nell’ipotesi di part-time orizzontale, pare dunque di poter ragionevolmente escludere che il periodo di prova si prolunghi proporzionalmente alla riduzione della prestazione lavorativa (se ad es. il contratto collettivo prevede un periodo di prova di 15 gg., tale sarà la durata sia nel caso di orario giornaliero pieno, sia nel caso di part-time), più problematica appare invece l’applicazione della disposizione ai casi di part-time verticale. In tale ipotesi saranno da computare solo i gg. <<effettivamente lavorati>> (v.d. circ. Min. lav. n. 102 del 26-08-1986, ciò non esclude però il crearsi di una disparità di trattamento tra lavoratori che, pur lavorando per lo stesso numero di ore settimanali, soggetti a periodi di prova di eguale durata, fossero assunti l’uno con un contratto part-time orizzontale e l’altro con contratto part-time verticale. Il lavoratore part-time orizzontale ultimerebbe infatti il suo periodo di prova notevolmente prima rispetto al lavoratore part-time verticale. Come si è potuto constatare il D. Lgs non si è pronunciato su quest’ultimo aspetto, limitandosi a prevedere genericamente un divieto di discriminazione e la possibilità che i contratti collettivi possano modulare il periodo di prova.

** Secondo l'INPS il diritto al trattamento di disoccupazione è condizionato alla risoluzione del rapporto di lavoro. Pertanto non può sorgere in costanza di rapporto part-time verticale-ciclico in quanto i periodi di sospensione si collocherebbero all'interno di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato ed inoltre essi, poiché contrattualmente previsti, rientrerebbero tra le clausole del rapporto volute dalle Parti e quindi non equiparabili ad uno stato di volontaria disoccupazione (si v. circ. INPS nn. 157 e 157 bis del 27 luglio 1999). Oggi, da una lettura sistematica della normativa e della giurisprudenza, si evince un'estensione del trattamento di disoccupazione a sempre più ampie categorie di lavoratori (si v. le l. nn. 160/1988 e 169/1991, che hanno esteso l'indennità di disoccupazione con i requisiti contributivi ridotti, ai lavoratori occasionali e a coloro che risultano occupati in determinati periodi dell'anno (c.d. lavoratori stagionali), con durata inferiore ai 6 mesi). La Corte di Cass., nell'affrontare la questione specifica del part-time verticale/ciclico, ha fatto rientrare tale fattispecie nella disciplina dei lavori stagionali inferiori ai 6 mesi, estendendo loro in tal modo il diritto all'indennità di disoccupazione, ma escludendo così implicitamente dal godimento di tale diritto i lavoratori con part-time verticale/ciclico di durata superiore ai 6 mesi (Cass. 28 marzo 2000, n. 3746). Questa decisione è tuttora oggetto di un irrisolto dibattito, se si considera soprattutto che la Corte Costituzionale ha, al contrario, annoverato il part-time tra i "lavori soggetti a normali periodi di sospensione", che non escludono il diritto all'indennità di disoccupazione in presenza di iscrizione alle liste di collocamento (Sent. n. 160/1974). In conclusione, anche il lavoratore con contratto part-time verticale/ciclico di durata superiore a 6 mesi avrebbe diritto al trattamento di disoccupazione, per di più ordinario, considerato che i 6 mesi annui sono di per sé sufficienti a perfezionare nell'arco di due anni il requisito contributivo ordinario (BOER, 2001).

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Tavola 3.9 - Criteri di computo dei lavoratori ( cfr. Art. 6)

Ogni qualvolta sia necessario accertare la consistenza dell’organico aziendale, per l’applicazione di norme di legge o di contratti collettivi, i lavoratori a tempo parziale devono essere computati in relazione all’orario svolto (rapportato al tempo pieno). Ai soli fini delle relazioni e delle attività sindacali (costituzione delle rappresentanze sindacali aziendali, partecipazione all’assemblea ed ai referendum etc…), vengono computati come unità intere, quale che sia la durata della loro prestazione lavorativa.

Sanzioni (cfr.art. 8) Nel contratto di lavoro a tempo parziale la forma scritta è richiesta a fini di prova ( non comporta dunque nullità del contratto). In mancanza di stipulazione del contratto o in caso di omissione della durata della prestazione lavorativa, su richiesta del lavoratore potrà essere dichiarata (giudizialmente) la sussistenza fra le parti di un rapporto di lavoro a tempo pieno. Se invece l’omissione riguarda la sola collocazione temporale dell’orario, spetterà al giudice determinare le modalità della prestazione.

Il lavoratore ha diritto al risarcimento del danno in caso di violazione da parte del datore del diritto di precedenza, su richiesta di trasformazione del rapporto di lavoro da part-time in full-time.

E’ prevista una sanzione amministrativa in capo al datore per mancata comunicazione alla Direzione prov. del lavoro, entro 30 gg. dalla stipulazione del contratto, delle assunzioni effettuate a tempo parziale.

Concludiamo il quadro generale della disciplina sottolineando che quasi tutte le

disposizioni del decreto finora esaminate, se si eccettua la parte riguardante il

principio di non discriminazione ed il criterio pro rata temporis, hanno ripreso, pur

ovviamente modificandoli, profili già regolati dalla precedente disciplina. A ciò si

deve però aggiungere un’ultima eccezione costituita dall’art. 10 che, riferendosi al

part-time nelle pubbliche amministrazioni, rappresenta una significativa evoluzione

del diritto del lavoro nazionale, in quanto estende le regole del lavoro privato

all’impiego pubblico.

Tavola 3.8 - Tutela ed incentivi al lavoro part-time ( cfr. Art. 5)

Il rifiuto del lavoratore di trasformare il proprio rapporto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale o viceversa non costituisce giustificato motivo di licenziamento. La trasformazione del rapporto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale è ammessa solo con accordo delle parti risultante da atto scritto.

Sussiste un diritto di precedenza nell’assunzione di lavoratori a tempo pieno per i lavoratori assunti a tempo parziale presso unità produttive site entro 50 km.

Il datore ha l’obbligo di informare delle nuove assunzioni part-time il personale già dipendente full-time e di prendere in considerazione le eventuali domande di trasformazione a tempo parziale del rapporto provenienti da questi ultimi, motivando il rifiuto di trasformazione se il lavoratore lo richieda.

Ai fini di incentivazione del part-time, è stabilita la possibilità di concessione di benefici contributivi in favore dei datori di lavoro privati imprenditori e non, ed enti pubblici economici che provvedano ad effettuare assunzioni con contratto a tempo indeterminato e parziale ad incremento degli organici esistenti. (art. 54co)

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3.4.1 Nuovi elementi di flessibilità: le innovazioni introdotte dal D. Lgs. n.

61/2000 sul lavoro part-time e le ultime modifiche a seguito del D.

Lgs n. 100/2001

Qui di seguito si cercherà di analizzare più approfonditamente le maggiori

innovazioni introdotte dal Decreto 61/2000 e separatamente le ulteriori modifiche

intervenute ad opera dell’ancor più recente D. Lgs. 100/2001. In tal modo sarà

possibile focalizzare meglio gli aspetti sui quali il legislatore ha deciso di

reintervenire a così breve distanza di tempo, in ciò evidenziando il percorso

legislativo attualmente in atto in Italia, i nodi cruciali della disciplina, tuttora

oggetto di accesi dibattiti dottrinali, e i conseguenti probabili orientamenti normativi

futuri.

Prima di entrare nello specifico delle singole innovazioni è opportuno effettuare una

significativa considerazione di ordine generale. Il Decreto stabilendo che "nel

rapporto di lavoro subordinato l’assunzione può avvenire a tempo pieno o a tempo

parziale", non si limita a riconoscere giuridicamente il rapporto di lavoro part-time

(se così fosse il pleonasmo sarebbe evidente), bensì mira a qualificare i due tipi di

rapporto come due diversi modi di svolgimento della prestazione lavorativa sotto il

profilo dell’orario. "In altre parole, la norma sembrerebbe suggellare il part-time

non più come contratto atipico quanto come modo di organizzazione dell’orario

nel contratto di lavoro subordinato" (Bavaro, 2001), contribuendo in tal modo a

dissipare qualsivoglia perplessità in merito alla normalità del suo utilizzo.

A) Principio di non discriminazione e regola del “pro rata temporis”

Prima novità della disciplina è l’espressa previsione di un principio generale di non

discriminazione tra lavoratore a tempo parziale e lavoratore a tempo pieno

comparabile. La nuova normativa recepisce dunque quello che è stato

l'orientamento di fondo della direttiva comunitaria e cioè il divieto di discriminazione

indiretta nei confronti delle lavoratrici, in ciò constatando che in tutta l'area europea

l'occupazione part-time riguarda principalmente la componente femminile del

mercato del lavoro32.

32 Oltre il 70% dell’occupazione aggiuntiva creata per la donne dal 1994 al 1999 è stata part-time. Perciò, la proporzione di occupate a tempo parziale dal 26,7% nel 1991, cresce sino al 33,5% nel 1999. Questa tendenza è comune a tutti i Paesi europei con l’eccezione di Danimarca e Svezia, ove l’elevata quota di part-timers declina leggermente. In Italia, l’unico paese in cui la forte crescita dell’occupazione femminile negli anni settanta ed ottanta era avvenuta senza una parallela crescita del part-time, la situazione cambia dal 1993. Dal 1993 al 2001 la percentuale di part-timers alle dipendenze cresce

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Si tratta della previsione più significativa sotto il profilo dell’interdipendenza

esistente tra i processi di regolazione normativa che si svolgono nei singoli

ordinamenti nazionali e comunitario (Brollo, 2000). L’art. 4 del decreto infatti,

sancendo il principio di non discriminazione, costituisce un “derivato” tipico di

norme internazionali e offre un esempio emblematico della europeizzazione del

nostro diritto del lavoro (la dimostrazione è data dalla mancanza nella normativa

precedente di una disposizione di questo tipo, evidentemente mancando allora una

corrispondente disciplina comunitaria33). Raffrontando dunque la clausola 4 della

direttiva comunitaria e l’art. 4 del Decreto, si possono riscontrare sia elementi

comuni, che alcune fondamentali differenze. Il disposto italiano, nella parte in cui

afferma che "il lavoratore a tempo parziale non deve essere trattato in modo meno

favorevole rispetto al lavoratore a tempo pieno comparabile" 34 ripropone

fedelmente la prima parte della clausola 4 della Direttiva UE. L’affermazione del

principio di non discriminazione risponde all’esigenza di "evitare il proliferare di

statuti giuridici differenziati nei confronti dei lavoratori atipici", privilegiando al

contrario, la riconduzione delle pur diverse tipologie contrattuali ad un unico

paradigma regolativo (Scarponi, 1999, 410) ed evitando l’esclusione di alcune fasce

deboli di lavoratori (i lavoratori a tempo parziale) "da una serie di benefici

normalmente accordati ai dipendenti" (Martinucci, 1999, 2001). Detto ciò, anche

nella normativa italiana, come si è già avuto modo di constatare per quella

comunitaria, il principio di non discriminazione dei lavoratori part-time, << non

esprime solo la volontà di garantire uno “zoccolo minimo” di diritti ai lavoratori

atipici, ma anche quella di tutelare la posizione del lavoro femminile nel mercato del

lavoro, per la prevalente coincidenza fra part-timers e donne >> (Alaimo, 2000).

Nonostante l’esistenza di questa forte interdipendenza tra i due piani di tutela, va

però rilevata l’autonomia delle loro discipline. In Italia le differenze di trattamento

nei confronti dei lavoratori dell’uno o dell’altro sesso non sono illegittime se

giustificate da “requisiti essenziali” necessari allo svolgimento dell’attività lavorativa

(l. 125/1991, art. 4, 1 comma), mentre il principio di non discriminazione nei

confronti dei lavoratori part-time non ammette al contrario alcuna deroga

dall’11% al 18%. Dapprima l’occupazione part-time cresce debolmente, poi in soli sei anni aumenta di oltre il 75%, costituendo più del 40% della crescita occupazionale dal 1995 al 2001. (Ministero del lavoro 2001b). Così REYNERI, Sociologia del mercato del lavoro, Bologna, 2000. 33 Sui primi tentativi di regolazione, risalenti ai primi anni 90’, si v. ROMEI, Rapporti di lavoro atipici, in BAYLOS, CARUSO, D’ANTONA, SCIARRA (cura di), Dizionario di diritto del lavoro comunitario, Bologna, 1996, pp. 455. 34 L’espressione << lavoro identico o simile >> usata nella clausola 4 della direttiva 81/97/Ce per definire il lavoratore a tempo pieno comparabile, viene puntualizzata all’art. 4 del decreto 61/2000,

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(neanche da parte della contrattazione collettiva). Il nostro legislatore non ha

mutuato dalla Direttiva comunitaria la derogabilità del principio di non

discriminazione per “ragioni obiettive”, diversamente dalle legislazioni nazionali di

altri Paesi (per esempio quella inglese). Esattamente ha previsto soltanto la

possibilità di una deroga in melius del principio (in tema di riproporzionamento),

escludendo qualsivoglia possibilità di una deroga in peius (“per ragioni obiettive”),

ponendo così dei vistosi limiti alla contrattazione collettiva, che non potrà dunque

operare trattamenti differenziati tra lavoratori part-time per “ragioni di mercato”,

“costi d’impresa” etc35.

Ne discende che una lavoratrice in Italia è maggiormente protetta contro le

differenze di trattamento se lavora a part-time, - potendo sommare alla tutela

contro le discriminazioni prevista per il lavoro femminile, quella ora introdotta dal

Decreto – di quanto invece non lo sarebbe se lavorasse full-time.

Ne consegue una valutazione estremamente positiva della normativa italiana sul

part-time, quantomeno sotto il profilo dell’inderogabilità della tutela per quei

soggetti (normalmente le donne part-timers) che possono essere considerate

“doppiamente deboli ” sul mercato del lavoro (Alaimo, 2000). La norma italiana,

rispetto a quella comunitaria, si rivela inoltre più decisa, in quanto anche

maggiormente specifica. Vengono infatti elencati compiutamente gli istituti del

rapporto di lavoro in relazione ai quali il principio in esame deve necessariamente

trovare applicazione36, al contrario della Direttiva, la cui genericità fa propendere

per un suo inquadramento nell’ambito della "soft law" (Jeffery, 1998).

Derivato logico del principio di non discriminazione è la regola del

riproporzionamento (o pro rata temporis), anch’essa contenuta all’art. 4 del

decreto. Essa richiede che alcuni istituti del rapporto di lavoro a tempo pieno

debbano essere adeguati ai lavoratori part-time in ragione del minor tempo

lavorato. La norma prevede il riproporzionamento dei soli istituti economici e

l’applicazione ai lavoratori part-time dei medesimi trattamenti normativi. E’

facendo riferimento ai sistemi di classificazione previsti dai contratti collettivi nazionali ed aziendali di cui all’art. 1, comma 3. 35 Il problema se consentire alla Contrattazione collettiva di derogare al principio di non discriminazione, attuando trattamenti differenziati, è sempre stato oggetto di dibattito in dottrina, rilevando la problematicità di operare un controllo di razionalità sulle differenziazioni di trattamento da essa operate. In tal senso si v. MAZZOTTA, Parità di trattamento ed autonomia collettiva: dal mercato economico al mercato giudiziario, in Foro it., I, 1990, 2887; CASTELVETRI, Fonti collettive e differenziazioni normative tra lavoratori, in Dir. rel. ind., 81, 1992. Inoltre non va dimenticata l’esistenza di una sentenza della Corte Costituzionale del 9 marzo 1989, in cui è affermata l’applicabilità del principio della parità di trattamento anche nei confronti della contrattazione collettiva.

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comunque sempre possibile la deroga in melius, a vantaggio dei lavoratori part-

time, della regola dell’adeguamento proporzionale dei trattamenti economici, che

possono dunque anche essere stabiliti in misura più che proporzionale dal

contratto individuale o dalla contrattazione collettiva.

B) Modello volontario di part-time: lavoro supplementare e clausole

elastiche

Il Decreto ampliando le ipotesi di ricorso al lavoro a tempo parziale nell'ottica di una

politica legislativa volta a promuovere l'occupazione, ha tentato di contemperare

gli interessi dei lavoratori con le esigenze di competitività delle imprese. Esso difatti

ha recepito le esigenze di flessibilizzazione dei tempi individuali di lavoro

prospettate dai datori, riconoscendo la legittimità di strumenti di flessibilità prima

considerati inammissibili dal nostro ordinamento, come la possibilità per il datore di

richiedere al prestatore di lavoro lo svolgimento di prestazioni supplementari o

di variare i turni di lavoro (c.d. ius variandi) precedentemente stabiliti nel contratto

individuale, grazie all'introduzione di clausole elastiche ad opera della

contrattazione collettiva e bilanciando ciò con la previsione di alcune disposizioni

particolarmente significative a tutela della libertà dei lavoratori, quali la necessità

del consenso all'effettuazione di lavoro supplementare e il diritto di

ripensamento (c.d. ius penitendi) usufruibile dal lavoratore che voglia denunciare

il patto, precedentemente stipulato, in cui acconsentiva a che l'imprenditore

potesse mutare a sua discrezione la collocazione temporale della prestazione

lavorativa.

Il legislatore ha optato per un modello volontario di part-time ritenendo

evidentemente che la richiesta di prestazione di lavoro supplementare o l'esercizio

dello “ius variandi” non possa concretarsi in un'imposizione da parte del datore,

laddove a monte del contratto a tempo parziale, possano esservi da parte del

lavoratore necessità inderogabili di vario genere oppure sussistere altro impegno

lavorativo ugualmente a tempo parziale che copra le restanti ore della giornata

lavorativa. A confermare ulteriormente l’accoglimento del principio della

volontarietà, la nuova disciplina ha previsto che il rifiuto da parte del lavoratore

di trasformare il proprio rapporto di lavoro da tempo pieno in tempo

36 In attuazione della clausola 4.3 della Direttiva, che lascia gli Stati liberi di stabilire le modalità di applicazione del principio di non discriminazione.

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parziale, non possa in alcun modo costituire una giusta causa di

licenziamento.

L’immodificabilità (in mancanza di consenso del lavoratore) della durata del

rapporto di lavoro o della collocazione temporale della prestazione, s’inserisce in un

nuovo profilo di tutela della programmabilità dell’orario di lavoro, in un’ottica di

valorizzazione della dimensione individuale dei tempi di lavoro e di vita.37

Le garanzie previste dal Decreto a favore del lavoratore part-time, nonché la

posizione preminente attribuita al principio di non discriminazione rispetto ad altre

disposizioni (….), risponde alla finalità di fondo di raggiungere quel mix, auspicato

dalla maggior parte della dottrina, denominato “flexicurity” (Ferrera, Hemerijck,

Rhodes, 2000) o anche flessibilità mite (Caruso, 2000).

Relativamente al lavoro supplementare è evidente che le limitazioni poste dal

Decreto alla sua effettuazione, prima fra tutte la necessità del consenso del

lavoratore e poi la previsione di maggiorazioni retributive, sono finalizzate ad

impedire che esso dilaghi a livelli incontrollati. Le modalità di retribuzione nella

fattispecie rappresentano, secondo autorevole dottrina, una sorta di penalità

introdotta dal legislatore, così come un ulteriore deterrente può essere considerata

la norma che attribuisce ai contratti collettivi la facoltà di stabilire criteri e modalità

per assicurare al lavoratore part-time, dietro sua richiesta, il consolidamento del

lavoro supplementare, non meramente occasionale, nel suo orario di lavoro. In

quest'ultimo caso si assiste ad una trasformazione del rapporto di lavoro derivante

non dall'esplicazione della volontà delle parti, ma dal comportamento concludente

delle stesse. Il diritto all’aumento stabile del proprio orario di lavoro, non modifica

tuttavia la natura del contratto, che continuerà ad essere considerato a tempo

parziale38. Ribadiamo comunque che si tratta pur sempre di una facoltà concessa ai

contratti collettivi, per cui essi potrebbero perfettamente non prevedere alcunché in

materia (Roccella, 2000).

37 Di quest’opinione SCARPONI, Riduzione e gestione flessibile dell’orario di lavoro, Milano, 1988; CESTER, Lavoro e tempo libero nell’esperienza giuridica, in Quad. dir. lav. rel. ind., n. 17, p. 9; 1995; A livello giurisprudenziale, si v. la sentenza della Cassazione n. 8721, del 17 luglio 1992, in Riv. giur. lav., 1992, II, 996. 38 Il Decreto pone fine alle discussioni sulla possibilità che la sistematica effettuazione di lavoro supplementare possa portare alla trasformazione del contratto di lavoro part-time in full-time, questione che aveva ricevuto in giurisprudenza una risposta negativa nella maggioranza dei casi (si v. Cass. 1-08-1986, n. 4959 in Dir. prat. lav., 1986, 3142)

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C) Diritto di prelazione e sistema sanzionatorio.

Nel quadro delle misure disposte dal Decreto al fine di eliminare i preconcetti che

circondano il lavoro a tempo parziale, va annoverato il diritto di prelazione a

favore di quei lavoratori che richiedano la trasformazione del proprio rapporto di

lavoro da part-time in full-time. Una norma di questo tipo infatti, se per alcuni versi

può essere vista come l’ennesima conferma dell’immagine positiva di cui nel nostro

ordinamento gode il lavoro full-time (tant’è vero che la norma agevola la

trasformazione del lavoro a tempo parziale), allo stesso tempo però concorre ad

eliminare il preconcetto dell’irreversibilità del part-time, opinione che certamente

contribuendo nel tempo a renderlo meno “appetibile”, è stata di ostacolo alla

diffusione di forme di flessibilità nuove nel nostro mercato del lavoro.

Il fatto che chi voglia invece trasformare il proprio rapporto di lavoro da full-time in

part-time, possa contare solo sulla tempestiva informazione da parte del datore

relativamente alle imminenti assunzioni a part-time significa che il suo diritto di

richiedere la trasformazione del rapporto, non è in alcun modo efficace.

Ciononostante questo secondo aspetto della norma (seppur debole nei contenuti

precettivi), pare però rivelare una consapevolezza nuova da parte del legislatore e

cioè che il part-time non è sempre potenzialmente pregiudizievole per il lavoratore,

ma può addirittura corrispondere ad un suo preciso interesse. Nelle pieghe della

riforma emerge dunque un nuovo profilo di tutela che attiene all’utilizzazione del

lavoro a tempo parziale quale strumento di conciliazione e conseguentemente

d’incremento della partecipazione femminile al mercato del lavoro, riducendo i casi,

purtroppo ancora troppo frequenti, di abbandono femminile del posto di lavoro in

concomitanza all’aumento del carico familiare (desta in ogni caso qualche

perplessità il fatto che il legislatore non abbia previsto sanzione alcuna per la

violazione dell’obbligo di informazione).

Va notato infine che la trasformazione del contratto di lavoro da part-time a full-

time è soggetta (come anche nella normativa precedente, art. 510 co) a minori

formalità, in quanto considerata un caso di espansione dei diritti del lavoratore,

rispetto alla trasformazione da full-time a part-time, quest’ultima ritenuta

evidentemente dal legislatore più a rischio di imposizioni datoriali, senza contare

che essa spesso è stata percepita come "un atto dismissivo o comunque di

riduzione di un diritto" (Atanasio, 2000, 12). In ogni caso, la differenza negli

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adempimenti39 richiesti, contribuisce ulteriormente ad evidenziare le preoccupazioni

di ordine garantistico (per molti addirittura lo sfavore) che nel nostro ordinamento

circondano ancora, anche se in misura nettamente minore rispetto al passato,

l'istituto del part-time.40. Resta però il fatto che il legislatore, concependo in capo

alle parti diritti e obblighi diversi, a seconda della direzione della trasformazione, ha

finito, anche se in modo non diretto, per preoccuparsi ancora una volta soprattutto

degli interessi del lavoratore che si sente “ imprigionato” nel lavoro part-time, che

non lo vive dunque come scelta, in pratica di un lavoratore di sesso maschile.

Anche il sistema sanzionatorio previsto dal Decreto, in caso di violazione delle

norme stabilite in materia di part-time, presenta degli aspetti innovativi rispetto alla

legislazione precedente su cui pare opportuno pertanto soffermarsi. Il Ministero del

lavoro41 precisa che sotto il profilo della punibilità, la tendenza alla liberalizzazione

si traduce nella quasi totale eliminazione delle fattispecie sanzionatorie, giacché le

nuove norme prevedono esclusivamente l'applicazione di una sanzione

amministrativa in caso di mancata comunicazione alla Direzione Provinciale del

Lavoro delle avvenute assunzioni a tempo parziale. A questo riguardo, vale la pena

sottolineare che a fronte della rilevata mancanza di altre forme sanzionatorie, fatto

questo che potrebbe far propendere per una visione per certi versi poco garantistica

della legislazione in esame, si riscontra anche un ampliamento della tutela offerta,

nella parte in cui la norma stabilisce, in caso di violazione da parte del datore di

lavoro del diritto di precedenza previsto per il lavoratore part-time relativamente a

nuove assunzioni a tempo pieno, il diritto al risarcimento del danno in misura

corrispondente alla differenza fra l'importo della retribuzione percepita e quella che

gli sarebbe stata corrisposta a seguito del passaggio a tempo pieno nei mesi

successivi alla trasformazione.

39 L'art. 5, comma 1 del D. LgS. 61/2000 stabilisce infatti che è ammessa la trasformazione del rapporto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale solo su accordo delle parti scaturente da atto scritto, redatto su richiesta del lavoratore con l’assistenza di un componente della rappresentanza sindacale aziendale indicato dal lavoratore medesimo o in mancanza convalidato dalla Direzione provinciale del lavoro competente per territorio. La mancata convalida dell'accordo determina la nullità dello stesso, con la conseguenza che il rapporto di lavoro proseguirà, ad ogni effetto, a tempo pieno. La trasformazione è regolata in base alle medesime disposizioni previste per la stipulazione ab initio del contratto part-time. Nel caso invece della trasformazione da part-time a full-time gli unici adempimenti richiesti di fatto sono: l'obbligo di comunicazione al Centro per l'impiego e alla Direzione provinciale del lavoro-servizio ispettivo. 40 "A conti fatti, la tutela del lavoratore risulta in ogni modo rafforzata (…), in sintonia con il principio generale della volontarietà nella scelta della tipologia di rapporto di lavoro e con la regola tradizionale della inesistenza di uno jus variandi del datore, concepito come potere unilaterale di modifica" (Brollo, 2001) 41 Nella circolare 86/2000 emanata dal Ministero del lavoro si forniscono infatti chiarimenti sulle modifiche apportate dalla nuova legislazione (D. Lgs. 61/2000 art. 8) al sistema sanzionatorio.

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Detto ciò, concludiamo l’analisi delle più significative novità introdotte dalla riforma

del 2000, per esaminare nello specifico quali siano state le integrazioni apportatele

successivamente dal D. Lgs n. 100/200142.

Tra le integrazioni più rilevanti si annovera anzitutto l'introduzione del part-time

"misto" (combinazione di part-time orizzontale e verticale) ammesso ora in via

legislativa e non più subordinatamente alla contrattazione collettiva.

Il controllo sindacale del part-time misto, non era mai stato d’altra parte - come

altre prescrizioni legislative - oggetto di richiesta da parte della direttiva

comunitaria, ciò a dimostrazione degli eccessi di regolazione normativa spesso

attuati dal legislatore.

Per ciò che riguarda l’utilizzo delle clausole elastiche, è prevista la possibilità che il

datore di lavoro possa concedere al lavoratore un preavviso per la variazione

dell’orario di lavoro anche solo di quarantotto ore (se disposto dai contratti

collettivi), mentre il Decreto n. 61/2000 richiedeva necessariamente un preavviso di

10gg. La contrattazione, nelle ipotesi in cui concede tale prerogativa, potrà però

prevedere una corrispondente contropartita retributiva, stabilendone forme, criteri

e modalità.

Viene inoltre consentito alla contrattazione di stabilire per l'esercizio del diritto di

denuncia del patto (c.d. diritto di ripensamento) da parte del lavoratore, un periodo

più lungo dei cinque mesi dalla stipulazione del contratto (come era invece stabilito

dal D. Lgs 61/2000), ovviamente anche in questo caso in cambio di un'indennità a

favore del dipendente.

Sono poi introdotte ulteriori modifiche per quanto riguarda il lavoro supplementare:

qualora il limite annuo per le ore lavorate in via supplementare sia definito infatti in

sede territoriale od aziendale, non vale più il limite stabilito in sede di

contrattazione nazionale. Si permette in pratica alla contrattazione decentrata di

operare in deroga a quella nazionale.

Cade la disposizione che prevedeva che le ore supplementari fossero normalmente

(a parte diversa pattuizione contrattuale) retribuite come ordinarie mentre viene

definita come normale la maggiorazione da definire contrattualmente. Viene meno

anche la disposizione che stabiliva la maggiorazione del 50% per il superamento del

42 Emanato il 26 febbraio 2001 sulla base dello stesso D.Lgs n. 61/2000 (l’art. 12 prevedeva infatti una verifica entro il 31 dicembre 2000), è stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 80 del 5 aprile 2001

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limite massimo di ore supplementari consentite e la sua definizione viene

demandata alla contrattazione collettiva.

L’esercizio del diritto di precedenza, in caso di nuove assunzioni a tempo pieno,

viene limitato ai dipendenti part-time collocati in unità produttive site non più entro

100 km, ma 50 km dall'unità produttiva interessata.

Queste in sintesi le maggiori innovazioni apportate dal Decreto n. 100, mentre si

rinvia al paragrafo successivo per alcune riflessioni, in termini di aumento/riduzione

della flessibilità e della tutela a seguito delle modifiche.

3.5 Il dibattito in corso e le prospettive di ulteriori modifiche

Il part-time è una forma di lavoro da incentivare e promuovere " di per sé ", sia in

un’ottica di job- creation che di generalizzata riduzione dell'orario di lavoro

(Giubboni 2000, 582 ). E' nell'ottica di creazione di nuovi posti di lavoro che vanno

dunque collocate le recenti modifiche alla legislazione sul part-time.

Ciononostante, la loro introduzione ha comunque dato luogo ad un acceso dibattito

circa la persistenza di alcuni fattori di rigidità che ne disincentiverebbero il ricorso

da parte delle imprese. Gli imprenditori ritengono infatti troppo vincolante la

previsione di un tetto massimo alle ore di lavoro supplementare richiedibili ed

eccessivamente onerose le maggiorazioni retributive previste per il loro

svolgimento. Le Organizzazioni sindacali hanno espresso al contrario un giudizio

sostanzialmente positivo sul Decreto 61/2000, pur sottolineando (CISL) l'esistenza

di un'ulteriore spazio di modifica per l'introduzione di norme più flessibili.

I contrasti in tema di lavoro a tempo parziale si concentrano fondamentalmente sul

nodo cruciale della programmabilità da parte del datore di lavoro dell’orario, in

relazione alle variabili e dinamiche esigenze aziendali (clausole elastiche e lavoro

supplementare), e da parte del lavoratore, del restante tempo di non lavoro. E’

evidente che le richieste di flessibilità da parte di entrambi finiscono per costituire

vicendevoli rigidità.

La Suprema Corte ha avuto modo di pronunciarsi sull'argomento stabilendo, per

quanto riguarda il lavoro a tempo parziale, che << (…) la programmabilità del

tempo libero assume carattere essenziale>> in quanto l'immodificabilità dell'orario

da parte del datore garantisce al lavoratore l'esplicitazione di ulteriore attività

lavorativa o un diverso impiego del tempo.

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Decisamente favorevole all'immodificabilità della durata o della collocazione

temporale della prestazione è anche una parte consistente della dottrina. Si

sottolinea infatti, che in un contesto socio-economico come quello attuale, in cui il

tempo libero non ha soltanto, né prevalentemente, la funzione di consentire il

ristoro delle energie psico-fisiche del lavoratore, bensì soprattutto quello di

consentirgli il pieno sviluppo della propria personalità nella vita di relazione, è logico

e doveroso assicurare non solo al lavoratore part-time, ma addirittura anche al

lavoratore a tempo pieno la possibilità di fare affidamento sulla distribuzione

dell'orario originariamente concordata con il datore di lavoro (Scarponi, 1998).

Alcune posizioni dottrinarie sono addirittura più estreme.

C'è infatti chi sostiene che l'aver stabilito un tetto legale al lavoro supplementare e

la necessità del consenso del lavoratore per il suo svolgimento, o per meglio dire

<< per la vendita del tempo di non-lavoro >>, comporti una <<gerarchizzazione di

valore >> (Bavaro, 2000) tra la salute ed il reintegro delle energie fisiche del

lavoratore (in funzione della cui tutela il legislatore è intervenuto a limitare la

durata giornaliera lavorativa) ed il tempo di non-lavoro (per la cui tutela è in vece

sufficiente il consenso). Chi sostiene tale tesi, ritiene che non si possa lasciare

all'autonomia individuale la tutela di un interesse (come è quello al tempo di non-

lavoro) che, essendo costituzionalmente fondamentale in sé, a maggior

ragione diventerebbe fondamentale nel part-time.

secondo la prima posizione dottrinale dunque, la riforma non sarebbe

eccessivamente vincolistica, in quanto abbraccia pienamente il principio della

volontarietà, e così facendo si schiera a favore della pressoché totale

programmabilità di tutti gli aspetti del rapporto di lavoro.

Per la seconda addirittura, il problema dell'eccessiva vincolatività delle modifiche

neanche si pone, ritenendole al contrario eccessivamente permissive.

A mancare però non sono neanche le critiche alla riforma, stavolta da parte di chi la

considera ancora oltremodo rigida, nonostante gli intervenuti cambiamenti. In tal

senso si pronuncia l'attuale Governo, notoriamente favorevole a forme più intense

di flessibilità (Libro Bianco, 2001).

Secondo il Governo, in Italia l’attuazione della Direttiva Europea 97/81/CE ad

opera dei decreti legislativi 61/2000 e 100/2001 ha costituito << un esempio di

trasposizione non rispettosa della volontà delle parti sociali a livello comunitario

>>. I decreti emanati avrebbero introdotto nuovi vincoli all'utilizzo del part-

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time, anziché eliminarne gli ostacoli, così tradendo l’intento comunitario di

promozione dell'occupazione.

Il D. Lgs. 100/2001 nello specifico, rappresenterebbe << un’ulteriore occasione

mancata per rimuovere le incongruenze scaturite dal D. Lgs. 61/2000 >>. Con

particolare riferimento al tema delle “clausole elastiche”, esso avrebbe mantenuto

sostanzialmente inalterata la struttura di base del D. lgs. 61/2000, che pure

dichiarava di voler modificare. I vincoli imposti alle “clausole elastiche” (che il

Governo preferisce definire “clausole flessibili”, in quanto relative alla collocazione

temporale della prestazione lavorativa ad orario ridotto e non alla sua estensione)

sono considerati dal Governo << inutili appesantimenti burocratici >>43. Per tutti

questi motivi, esso ritiene indispensabile un'ulteriore correzione della disciplina,

volta a restituire all'autonomia individuale piena operatività. Il Governo in

particolare ritiene che limitare l'utilizzo delle "clausole elastiche" alla variazione

della sola collocazione temporale della prestazione lavorativa, le renda ben poco

"flessibili" e dunque neanche efficaci, mentre se << intese con la necessaria

flessibilità, avrebbero potuto contribuire a regolarizzare numerose forme di lavoro

prestato con intermittenza e non suscettibile di esatta predeterminazione dalle parti

>>. Fortemente oggetto di critica è anche la possibilità concessa al lavoratore di

esercitare il c.d. diritto di ripensamento all’interno di un accordo contrattuale

liberamente sottoscritto44. A questo riguardo il Governo ritiene che l’istituto della

“denuncia” debba senz’altro essere superato, così da rispettare pienamente la

libertà contrattuale delle parti. Ultimo aspetto in relazione al quale, sempre secondo

il Libro Bianco 2001, il legislatore nazionale avrebbe disatteso le prescrizioni della

direttiva, é la disciplina del diritto di precedenza per i lavoratori che abbiano

trasformato il rapporto da full-time a part-time in caso di nuove assunzioni a tempo

pieno da parte del datore di lavoro, ben più temperata nella direttiva (“per quanto

possibile, i datori di lavoro dovrebbero prendere in considerazione…”) che nel testo

legislativo italiano, la cui assolutezza rischia peraltro di innescare ampi spazi di

contenzioso.

Un'ulteriore obiezione mossa alla recente normativa sul part-time, attiene invece

alla prospettiva di genere e riguarda il presupposto della "femminilizzazione" del

43 Il Governo ritiene che possa essere richiesto al datore di lavoro di specificare nel contratto le ragioni di natura tecnica, organizzativa o produttiva che rendono necessaria la natura elastica della prestazione, senza dar luogo ad ulteriori limiti od impedimenti ad opera della legge, così da non comprimere inutilmente l’autonomia contrattuale delle parti. 44 Per il Governo, il lavoratore in tal modo contravviene ai principi che governano il diritto delle obbligazioni.

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lavoro a tempo parziale da cui muove il legislatore nel decreto 61/2000. Per non

voler ignorare una realtà (che è quella della sistematica presenza femminile nel

part-time), il legislatore rischierebbe infatti di fare di questa tipologia di lavoro un

istituto statico rivolto alle donne, laddove invece dovrebbe costituire un'opzione

dinamica, rivolta ad entrambi i sessi. Un'opzione cioè che, per un verso, tenga

conto dei bisogni generali della vita (tempo dello studio, tempo per sé) seppur al

prezzo di una minore retribuzione, e per altro verso sia in grado di facilitare la

redistribuzione del lavoro di cura tra i due sessi. A partire dai bisogni di un genere

si può infatti creare un istituto che apra prospettive per entrambi i generi,

contribuendo a smuovere una rigida separazione tra ruoli femminili e ruoli maschili

nella famiglia, nella società e quindi anche nel lavoro (Bercusson, 2000; Veneziani,

1993).

Sempre nell'ottica della prospettiva di genere si deve rilevare la mancata menzione

esplicita del divieto di non discriminazione tra lavoratori part-time e full-time per

quanto riguarda la progressione della carriera. In questo caso sarebbe stata meglio

una menzione esplicita, soprattutto se si considera che la lentezza nella carriera

costituisce una delle ipotesi di discriminazione indiretta più diffuse.

Al fine di realizzare gli obiettivi indicati nel disegno riformatore contenuto nel “Libro

Bianco” sul mercato del lavoro italiano, il Governo nel 2001 ha proposto al

Parlamento il Disegno di Legge-delega n. 848 approvato il 5 febbraio 2003, con

il quale chiede l’autorizzazione ad emanare uno o più decreti-legislativi di

attuazione, comprendenti norme per promuovere il ricorso al part-time, quale

tipologia idonea ad incrementare l’occupazione e, in particolare, il tasso di

partecipazione delle donne. Il disegno di legge-delega prevede esattamente quali

criteri direttivi:

1. L’agevolazione del ricorso al lavoro supplementare nelle ipotesi di part-time

orizzontale, nei casi e secondo le modalità previste dai contratti collettivi, e in

loro assenza con il consenso del lavoratore.

2. L’agevolazione del ricorso a forme elastiche di lavoro part-time nelle ipotesi di

part-time verticale e misto, anche sulla base del consenso del lavoratore, in

mancanza di contrattazione collettiva, e comunque a fronte di una

maggiorazione retributiva a favore del lavoratore.

3. L’estensione delle forme flessibili ed elastiche ai lavori part-time a tempo

determinato.

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4. L’abrogazione o l’integrazione di ogni disposizione che ostacola l’incentivazione

del part-time, nel rispetto dei principi sanciti dalla Direttiva 97/81/CE.

5. La computabilità pro rata temporis dei part-timers (in proporzione cioè all’orario

svolto dal lavoratore part-time), relativamente all’applicazione di tutte le norme

legislative e contrattuali collegate al numero dei dipendenti occupati in azienda.

6. La previsione di norme, anche di natura previdenziale, che agevolino l’utilizzo di

contratti a tempo parziale da parte dei lavoratori anziani, al fine di contribuire

alla crescita dell’occupazione giovanile.

7. L’integrale estensione al settore agricolo del lavoro a tempo parziale.

Le possibilità di ulteriori modifiche in Italia alla disciplina del part-time, a seguito

dell’emanazione dei decreti attuativi, pare dunque più che concreta. Resta

comunque il fatto che l’attuale normativa sul lavoro a tempo parziale, anche se non

ritenuta abbastanza flessibile dall’attuale Governo, dimostra di essere,

inequivocabilmente, una buona legge sotto il profilo della tutela dei part-timers e

del lavoro femminile. Essa - è vero - non arriva a sancire il diritto al part-time,come

accade in altre normative europee, ma si mostra decisa nel difendere i lavoratori

part-time da eventuali abusi da parte del datore, in occasione dell’effettuazione di

lavoro supplementare o dell’applicazione di clausole elastiche. Al quesito se si tratti

di una normativa ancora troppa rigida e vincolante, non è facile dare una risposta

(non per altro il dibattito in merito è ancora accesissimo). Le valutazioni divergono,

in quanto diverse ed inconciliabili sono le prospettive di chi ritiene più importante

l’aumento del tasso occupazionale e di chi invece non rinuncia a garantire un

statuto decisamente protettivo ai lavoratori.

“E’ questa dunque la sfida dell’Europa: cercare un equilibrio tra il diritto al lavoro e i

diritti del lavoro”( Marleau, 2001).

3.6 Analisi comparativa Europea

Come si è già avuto modo di anticipare nelle considerazioni introduttive generali,

questa seconda parte del lavoro verterà sull'analisi delle normative di alcuni Paesi

Europei relativamente al lavoro a tempo parziale, al fine di operare un confronto,

anzitutto in termini di flessibilità, con la normativa italiana.

Ciò che preme soprattutto, è constatare come negli altri ordinamenti sia stata

recepita la direttiva comunitaria 97/81/CE e quali dei suoi aspetti siano stati

privilegiati, così da rilevare se l'atteggiamento assunto dalle diverse normative sia

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stato più o meno favorevole all’incremento della tipologia contrattuale in esame,

grazie all’introduzione di nuovi elementi di flessibilità ed incentivi, e/o al

miglioramento delle condizioni del rapporto di lavoro.

A seguito del confronto, potranno anche essere individuate le principali motivazioni

alla base dell'utilizzo del part-time in ciascun Stato, elemento questo, oltre al già

citato livello di elasticità, in grado di dar luogo ad ulteriori distinzioni fra i Paesi,

soprattutto tra quelli che tendono ad incentivare il part-time come strumento per

reperire manodopera a basso costo (esempio ne è stato il Regno Unito in passato

con la sua deregolazione del part-time ed oggi in ogni caso con la scarsa tutela

offerta al lavoratore), e chi invece lo promuove al fine di aumentare l’occupazione

in generale e la partecipazione in particolare di determinati segmenti della forza-

lavoro (un esempio è dato dai paesi scandinavi, nei quali i lavori part-time

corrispondono ad attività relativamente ben pagate e stabili).

Le disposizioni contenute nel capitolo sull’occupazione del Trattato di Amsterdam

hanno ribadito l’importanza di perseguire una politica europea di promozione

dell’occupazione. Ora la domanda cruciale è se ciò porterà ad un reale

cambiamento nelle politiche occupazionali degli Stati Membri, nel senso di stabilire

un maggiore equilibrio tra l’istanza di protezione del lavoro e quella di maggiore

flessibilità nella gestione della forza-lavoro, tale da garantire nuove opportunità

occupazionali45.

Anticipiamo che per ora, la concezione dominante in Europa (con alcune eccezioni,

come il Regno Unito, ove sino a qualche anno fa, gran parte dei part-timers era

esclusa da alcune prestazioni previdenziali, poiché il loro orario mensile non

raggiungeva una certa soglia), sembra essere quella di negare il conflitto tra

flessibilità e tutela: “La flessibilità è cioè vista come un concetto che deve essere

realizzato nell’ambito di un contesto caratterizzato da una base di partenza, in

termini lavoristici, piuttosto solida” (Marleau, 2001).

Le strategie di “adattabilità” scelte dalla maggioranza degli Stati si concentrano

principalmente in politiche distributive (ridistribuire al meglio il lavoro esistente,

attraverso politiche di riduzione dell’orario di lavoro), di miglioramento del livello di

45 “La tensione tra la necessità di allentare le garanzie del diritto del lavoro e le istanze dirette a preservarle è evidenziata dall’interferenza reciproca tra il concetto di “Strategia per l’Occupazione” e quello di politica del lavoro (Marleau, 2001)”. Se la “Strategia per l’Occupazione” infatti, delinea un processo dinamico finalizzato ad introdurre maggiore flessibilità nel mercato del lavoro, la politica del lavoro, al contrario, definisce i limiti tra la tutela e la flessibilità, nel contesto delle disposizioni che regolamentano il rapporto di lavoro.

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protezione del lavoro part-time, (distribuzione più equa delle tutele di modo che

tutti ne possano beneficiare), ed infine di introduzione di nuove tipologie lavorative.

Per non dimenticare il conflitto in atto, è opportuno ribadire che l’implementazione

di politiche basate sulla necessità di un eguale trattamento tra i lavoratori c.d. tipici

ed atipici è osteggiata da parte della dottrina che ritiene tale politica non solo non

compatibile con le riforme, ma anche non giustificata dal principio di uguaglianza, il

quale non osta a che gruppi di lavoratori diversi possano essere trattati in modo

differente.

Anche al di fuori del nostro paese dunque, la regolamentazione del lavoro a tempo

parziale è fonte di polemiche, quantunque a livello europeo, per molti, il dibattito

appaia meno ideologizzato di quanto non sia in Italia (Biagi, 2000).

Prima di procedere al confronto normativo, è opportuno effettuare alcune ultime

considerazioni. L'Italia, nel confronto europeo, continua (nonostante gli importanti

passi avanti compiuti dal nostro paese negli anni più recenti) ad essere

caratterizzata da un tasso di occupazione complessivo molto basso. Esiste in realtà

una questione femminile, dietro alla quale si cela un grave problema di risorse

potenziali inutilizzate. E' evidente che in un tale contesto la diffusione del part-time

viene ad assumere un'importanza fondamentale. A questo proposito si rileva che

una delle critiche rivolte all'Italia dalla Commissione europea nella recente

Raccomandazione 2001 è stata proprio l'utilizzo ancora insufficiente delle forme

contrattuali flessibili. Ciononostante, anche in Italia si è potuto riscontrare

parallelamente all'aumento della partecipazione femminile, anche un aumento della

proporzione di donne che svolge un lavoro a tempo parziale. Questa correlazione,

valida per quasi tutti gli Stati, presenta però due eccezioni: la Finlandia ed il

Portogallo, dove una forte integrazione femminile nel mercato del lavoro è avvenuta

indipendentemente dal part-time46. Tener conto del part-time nei confronti

internazionali, finisce comunque per esaltare il livello e la crescita della

partecipazione femminile nei Paesi, proprio come l’Italia, in cui esso è poco diffuso.

E’ sufficiente infatti confrontare i tassi di occupazione dei diversi Paesi europei

considerando l’occupazione equivalente a tempo pieno47, per riscontrare che in

46 In attesa di analisi specifiche, è possibile avanzare due ipotesi ad hoc: “la posizione anomala del Portogallo si può attribuire all’ancor elevata presenza dell’impresa familiare in agricoltura, ai bassi livelli di reddito, che impongono d’integrare quello del capo famiglia, e alla sopravvivenza della famiglia allargata, che consente di liberare le giovani donne da parte dei compiti domestici" (Andrè e Feio 1999), mentre per la Finlandia alla concentrazione femminile nel settore pubblico che, diversamente dagli altri Paesi nordici, è poco organizzato con lavori a tempo parziale. 47 “L’occupazione equivalente a tempo pieno” si ottiene calcolando il volume complessivo delle ore settimanali prestate da tutti i lavoratori e dividendolo per l’orario standard di un posto di lavoro a tempo pieno.

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termini di “volume di occupazione” il distacco dell’Italia dai Paesi dell’Europa centro-

settentrionale risulta di gran lunga minore (Reyneri, 2000).

3.6.1 Il lavoro "a chiamata" come nuova tipologia contrattuale.

Nell'effettuare un confronto fra i diversi ordinamenti, è opportuno dedicare uno

spazio autonomo alla tipologia del lavoro c.d. "a chiamata" (call on job), previsto

dalle normative di alcuni Paesi europei, in quanto di per sé indicativo del

raggiungimento di un altissimo grado di flessibilità ed inoltre per i suoi notevoli

punti di contatto con la disciplina del lavoro part-time. Basti pensare al requisito

della programmabilità della prestazione lavorativa che, se nella riforma italiana del

2000 è riuscito a condizionare l’intera disciplina del part-time, nella tipologia del

lavoro “a chiamata”, al contrario, viene totalmente messo da parte a favore di una

maggiore dinamicità del rapporto lavorativo. Il lavoro a “chiamata” acquisisce

dunque importanza ai fini del presente lavoro, in quanto rappresenta un ottimo

esempio di quello che potrebbe essere il “punto d’arrivo” dell’attuale percorso verso

la flessibilità. Esso ci fornisce un’idea, quanto mai concreta, di quelle che

potrebbero essere in un prossimo futuro, anche in Italia, le prospettive di tutela dei

lavoratori assunti con tipologie lavorative caratterizzate da una “forte” flessibilità.

In ambito comparato, il modello più noto di lavoro cd. “a chiamata” è quello

presente nei Paesi Bassi48. La sua disciplina invero risulta alquanto deregolamentata

e può così essere riassunta:

a) non esistono limiti al ricorso al lavoro a “chiamata”

b) non si tratta di un vero contratto di lavoro subordinato, si presume tale solo

laddove la prestazione superi le 20 ore mensili, ovvero abbia luogo per almeno

tre gg. alla settimana (in ogni caso è fatta salva la prova contraria)

c) se il contratto ha una durata di almeno tre mesi, l’orario di lavoro mensile si

presume essere quello medio dei tre mesi precedenti (ma è fatta salva la prova

contraria)

d) sebbene non esista un numero minimo di ore di lavoro, il lavoratore non può

ricevere un compenso inferiore alle tre ore per ogni chiamata.

Il lavoro a “chiamata” è anche ammissibile per la legge tedesca, la quale non

richiede l’indicazione precisa della collocazione della prestazione, ma soltanto la sua

48 Circa il 6% della forza-lavoro nei Paesi Bassi è occupata secondo questa forma contrattuale.

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durata complessiva. A tutela del lavoratore è previsto esclusivamente un preavviso

di 4 gg.

Nel Regno Unito pure, non esistono limiti di sorta al lavoro " a chiamata".

La normativa spagnola infine, offre un esempio interessante di tale tipologia

contrattuale nella previsione del cd. trabajo fijo discontinuo. In questo caso la legge

dispone che il contratto debba essere a tempo indeterminato e la chiamata

effettuata nella forma richiesta dal contratto e subordinata ad un preavviso dai 3 ai

15 gg, a seconda dei casi. Dalla chiamata nasce l’obbligo per il lavoratore di

adempiere alla prestazione, potendosi rifiutare solo in alcuni casi previsti dai

contratti collettivi.

Per la legislazione spagnola, fino alla riforma del 2001, il lavoro a “chiamata" si

configurava alla stregua di una modalità del lavoro a tempo parziale a

carattere indeterminato, oggi invece si precisa che a essere considerato part-time è

il solo lavoro fisso discontinuo con certezza nelle date di chiamata (part-time

ciclico).

La legislazione olandese, al contrario, non ha mai accostato il lavoro a chiamata al

lavoro part-time, considerando il primo un rapporto totalmente “sui generis”.

Le caratteristiche del lavoro a chiamata evidenziano la sua totale incompatibilità

con l’attuale diritto del lavoro italiano che tende in generale a tipizzare il più

possibile il rapporto di lavoro. Il lavoro “a chiamata”, fino a pochissimo tempo fa

vietato dal nostro ordinamento49, rientra però tra quelle tipologie contrattuali

“innovative” la cui introduzione è prevista dal ddl n. 848/2003, al fine di realizzare

un aumento dell’adattabilità del mercato del lavoro italiano. Il Governo è delegato

ad adottare uno o più decreti legislativi di attuazione, nel rispetto di alcuni criteri

direttivi stabiliti dalla legge delega. Al lavoratore a chiamata dovrà essere garantita

dal datore un’indennità di disponibilità, a cui non avrà invece titolo in caso di non

obbligatorietà di rispondere alla chiamata. In quest’ultima ipotesi il lavoratore avrà

comunque il diritto di godere di una retribuzione proporzionale al lavoro

49 Nel nostro ordinamento in passato si rinviene un riferimento de jure condendo al lavoro a chiamata nel progetto di legge n. 1938 (progetto Mussi), contenente “norme per modulare i tempi della vita, ridurre la durata del lavoro, affermare il diritto al tempo scelto”. L’articolo 20 di questo progetto legittima il lavoro “a chiamata” purché la modificazione dell’orario di lavoro risulti da accordi scritti di variazione temporanea non superiore a 20 gg. Durante tale periodo al lavoratore spetta una maggiorazione retributiva oraria non inferiore al 30%. Ne consegue che le modificazioni unilaterali della distribuzione dell’orario danno luogo all’applicazione dell’indennità prevista per la mancanza di forma scritta. Tale disciplina può ritenersi assorbita dal D. Lgs 61/2000 in tema di lavoro a tempo parziale e segnatamente dall’art. 37co, in materia di clausole elastiche del part-time. Nel progetto Mussi dunque, la figura del lavoro “a chiamata” è stata regolamentata come variante del lavoro a tempo parziale.

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effettivamente svolto. Le prestazioni a carattere discontinuo saranno oggetto di

individuazione da parte dei contratti collettivi stipulati dalle associazioni di categoria

più rappresentative, mentre per ciò che riguarda la sperimentazione di detta

tipologia contrattuale, la possibilità è prevista anche per prestazioni rese da

disoccupati con meno di 25 anni di età ovvero da lavoratori con più di 45 anni di età

che siano stati espulsi dal ciclo produttivo ed iscritti alle liste di mobilità o di

collocamento.

3.6.2 La normativa sul part-time nei diversi ordinamenti europei: Francia,

Paesi Bassi, Regno Unito, Svezia, Spagna

a) La Francia

In Francia il part-time si concentra essenzialmente nel settore terziario (esso

rappresenta per l'esattezza l’87% della popolazione assunta part-time).

Tale tipologia lavorativa riguarda principalmente la componente femminile, le donne

infatti rappresentano ben l’83% dell’insieme dei lavoratori part-time. Per ciò che

riguarda invece la sua diffusione, essa appare evidentemente scarsa tanto fra i

dirigenti, quanto fra le professioni meno qualificate. Anche per lo Stato francese,

l’incentivazione del lavoro part-time risponde ad una politica occupazionale che si

prefigge una maggiore ripartizione delle occasioni di lavoro ed una riduzione della

disoccupazione. Dopo una prima regolamentazione avvenuta negli anni 70’, che ne

ha permesso il ricorso solo a certe condizioni e limitatamente al settore pubblico, si

deve all’ordonnance del 26 febbraio 1982 la prima regolamentazione organica del

lavoro a tempo parziale (forma, durata, contenuto etc.) e l’affermazione del

principio di uguaglianza fra lavoratori part-time e full-time. Le riforme seguenti50

hanno successivamente migliorato le condizioni lavorative del lavoratore part-time

e contribuito alla sua diffusione, introducendo sistematicamente incentivi economici

pubblici51 a favore delle imprese che ne avessero fatto uso. Il risultato degli

interventi pubblici è oggi difficile da valutare, anche se non sembra che il part-time

si sia sviluppato in Francia più che in altri Paesi europei che non hanno fatto ricorso

50 Ordonnance dell’11 agosto 1986; legge del 3 gennaio 1991; legge del 3 dicembre 1992; legge del 20 dicembre 1993; legge Aubry I, del 13 giugno 1998 ed infine legge Aubry II del 19 gennaio 2000. 51 Nel 1992 lo Stato francese ha stabilito un sistema di esenzioni parziali dalla contribuzione sociale (riduzione pari al 30%) per i datori di lavoro che assumano lavoratori con contratto a tempo parziale indeterminato o che intendano trasformare contratti a tempo pieno in part-time. Per fruire della riduzione, i contratti stipulati dovevano essere a tempo indeterminato ed il numero di ore lavorative doveva essere compreso fra le 16 ore (supplementari escluse) e le 32 ore (supplementari incluse).

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ad incentivi economici. Dal 1992 il part-time ha conosciuto in Francia un forte

incremento, ma non è facile capire quali effetti derivino da queste misure e quali

invece dipendano da altre cause. Sono state numerose e diverse infatti le azioni

pubbliche che hanno contribuito ad incentivare il part-time. Si pensi al congedo

parentale che indica il part-time per quei lavoratori che hanno almeno 2 figli di cui il

più giovane non abbia più di tre anni, o il c.d.“contratto di solidarietà” che, ideato

contro la disoccupazione, mira all’inserimento professionale dei giovani attraverso

la stipulazione di un contratto part-time che consenta anche una parallela attività di

formazione.

La legge Aubry II del 2000 sopprime la tendenza agli incentivi economici nel quadro

di un nuovo impegno del Governo verso la riduzione collettiva dell’orario legale di

lavoro. Tale legge elimina gli aiuti pubblici a favore del part-time, fornendo però un

sostegno importante alla regolamentazione collettiva dello stesso. La conclusione di

un accordo collettivo sulla riduzione del tempo da lavoro da diritto infatti ad

un'esenzione dei contributi previdenziali, ma perché questo avvenga gli accordi

devono contenere obbligatoriamente delle clausole di flessibilità, fra cui anche

specifiche clausole sul lavoro part-time. La contrattazione collettiva viene dunque

utilizzata per assicurare una maggiore flessibilità delle regole applicate al part-time,

per regolare i diritti dei lavoratori e contribuire allo sviluppo di un part-time

volontario.

Anche in Francia, lo sviluppo del part-time è dipeso dall’evoluzione del quadro

normativo. La normativa francese definisce il lavoratore a tempo parziale come

“colui il cui tempo di lavoro è inferiore al tempo pieno”52. Si tratta di una nuova

definizione53 introdotta a seguito della l. Aubry II (2000), al fine di adeguare la

legislazione francese ai parametri della direttiva comunitaria. Il riferimento al tempo

pieno rende comunque il concetto di lavoro part-time inevitabilmente relativo. La

nuova definizione non contempera infatti un minimo di ore lavorative al di sotto

delle quali un lavoratore non deve essere considerato part-timer. Va comunque

considerato che dei minimi di durata vengono in ogni caso stabiliti per il godimento

Queste agevolazioni sono state soppresse a partire dal dicembre 2000 . In casi particolari però la riduzione è stata mantenuta. 52 Il lavoro a tempo pieno corrisponde alla durata legale di lavoro che è di 35 ore alla settimana, per tutte le aziende (dal 1 gennaio 2000 anche per quelle con meno di 20 dipendenti). 53 Secondo la vecchia definizione in vigore fino al 2000 erano considerati orari a tempo parziale quelli inferiori di almeno 1/5 alla durata legale o convenzionale della settimana di lavoro, nonché quelli la cui durata mensile è inferiore di almeno 1/5 alla durata mensile legale o convenzionale. La legge del 1993 aveva poi introdotto il part-time su scala annuale, considerando lavoratore a tempo parziale quelli occupati secondo un'alternanza di periodi di lavoro e di non lavoro la cui durata di lavoro annuale fosse inferiore di almeno 1/5 alla durata legale o convenzionale nello stesso periodo.

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di determinati diritti sociali. Indipendentemente dal numero delle ore lavorate, il

part-time da diritto all’iscrizione ad un regime di sicurezza sociale, mentre il diritto

di ricevere talune prestazioni in denaro, sempre afferenti ai regimi di sicurezza

sociale, sono soggette ad alcuni condizioni minime relative alle ore di lavoro o

all’ammontare dei contributi.

Secondo la normativa attuale il contratto a tempo parziale deve essere stipulato per

iscritto, avere durata determinata o indeterminata, contenere indicazioni relative

alla qualifica, al trattamento retributivo, al numero di ore lavorative, alla loro

ripartizione giornaliera, settimanale o mensile, alle condizioni di modifica di tale

ripartizione (vanno specificati i casi), nonché indicare i limiti entro i quali possono

essere effettuate le ore di lavoro supplementare.

Il contratto può anche non indicare l'orario, ma deve quantomeno indicare il modo

in cui esso verrà determinato e comunicato per iscritto al dipendente. Se il datore

non rispetta tali obblighi o se il contratto non è stipulato per iscritto potrà aversi la

riqualificazione del contratto come a tempo pieno. In quest'ultimo caso (a

differenza che nel contratto a tempo determinato) il datore di lavoro può comunque

sempre dimostrare la durata contrattuale delle ore di lavoro, la distribuzione

giornaliera, settimanale e mensile, al fine di evitare la riqualificazione del contratto.

Per ciò che riguarda le tipologie di part-time ammesse, oltre alla forma orizzontale

e verticale si ravvisa anche il cd. part-time modulato che, in applicazione di un

accordo di categoria esteso o di un accordo di impresa, consente che la durata del

lavoro settimanale/mensile possa essere variamente modulata, purché nell’arco di

un anno il numero delle ore non superi quello menzionato in contratto).

La legislazione francese consente al datore di variare gli orari dei part-timers e di

richiedere l’effettuazione di prestazioni di lavoro supplementari54. Per ore

supplementari s’intendono le ore lavorative che eccedono il numero regolare

pattuito in contratto. Fino alla legge del 2000, il datore poteva liberamente

richiederle senza che il lavoratore potesse opporre alcun rifiuto. Ora il numero delle

ore supplementari richiedibili deve assolutamente essere stato determinato in

contratto. Il lavoratore potrà rifiutarsi in ogni caso quando le ore superino il limite

convenuto, senza che ciò costituisca giustificato motivo di licenziamento, e nel caso

in cui, pur non superando il limite convenuto, non gli sia stato dato il preavviso di

tre gg. stabilito dalla legge. Le ore saranno retribuite ad un tasso normale,

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ciononostante, quando un contratto collettivo di categoria preveda ore

supplementari oltre il limite fissato dalla legge (cioè al di là del decimo della durata

inizialmente stabilita dal contratto di lavoro), per queste ore sarà prevista una

maggiorazione della retribuzione del 25%. La regolarità nell'uso delle ore

supplementari può inoltre portare ad una modifica del contratto (cd. diritto di

consolidamento), ovviamente la modifica deve essere accettata dal lavoratore.

In Francia si assiste dunque al percorso opposto rispetto all'Italia, si passa infatti

da una flessibilità ampia ad una flessibilità più limitata, al fine di garantire ai

lavoratori una maggiore prevedibilità degli orari e della durata.

Per ciò che riguarda la facoltà del datore di esercitare lo jus variandi relativamente

alla collocazione temporale della prestazione, è prevista la possibilità di inserire

apposite clausole elastiche nel contratto individuale. In mancanza di una specifica

clausola contrattuale il lavoratore potrà rifiutare ogni nuova ripartizione delle ore

lavorative. La clausola per essere considerata valida deve indicare puntualmente i

casi in cui può verificarsi la modifica, nonché la natura della stessa. Il datore è

tenuto ad informare il lavoratore, almeno 7 gg55. prima, delle modifiche che

interverranno. Ad ulteriore protezione del lavoratore, il legislatore ha consentito che

egli possa rifiutare la modifica, anche se prevista da una clausola valida, per

motivi familiari urgenti, per svolgimento di altra attività professionale, per la

frequentazione di corsi d'istruzione primaria o superiore. Per il Governo rientra tra i

motivi familiari urgenti, il bisogno di accudire un figlio per un genitore single o la

necessità di prendersi cura di un membro della famiglia. La l. Aubry II abbraccia

dunque l’ottica della conciliazione, permettendo al lavoratore part-time di

organizzare la propria vita privata, senza dover esser soggetto a variazioni

imprevedibili.

La normativa prevede anche il diritto di precedenza per i lavoratori full-time sui

lavori part-time offerti in azienda e viceversa.

In casi specifici la legge francese stabilisce l’obbligo del datore di organizzare un

lavoro part-time quando gliene venga fatta richiesta. Si tratta di un vero e proprio

diritto al part-time in caso di grave malattia del figlio ( per un periodo di 6 mesi )

o dopo la nascita o l’adozione di un bambino quando il lavoratore abbia un’anzianità

54 La legge francese distingue ore straordinarie (heures suppleméntaires) che si riferiscono al lavoro a tempo pieno e sono pagate di più, e ore supplementari (heures complémentaires), relative al lavoro part-time e pagate informalmente. 55 Un accordo collettivo può ridurre i gg. di preavviso fino a tre.

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di almeno un anno56. Spetta comunque alla contrattazione collettiva stabilire la

procedura relativa all'esercizio di tale diritto. In mancanza di accordo collettivo, la

legge dispone che il lavoratore sia tenuto ad informare per iscritto il datore della

sua volontà di accedere ad un lavoro part-time specificandone la durata, mentre il

datore dovrà fornire una risposta entro 3 mesi e potrà rifiutare la richiesta solo per

due motivi: se non esiste alcun impiego part-time equivalente nell'azienda o

dimostrando che il cambiamento potrebbe pregiudicarne il buon funzionamento.

Nel resto dei casi il datore ha solo l’obbligo d’informare le rappresentanze aziendali

delle sue decisioni in merito all’organizzazione del lavoro part-time57 e ogni anno

sulla situazione del part-time in azienda. Conseguenza di questa libertà è un livello

molto alto di part-time "imposto", anche se vale la pena precisare che anche per la

legge francese il rifiuto del lavoratore di svolgere lavoro a tempo parziale non

costituisce motivo di licenziamento.

Altra innovazione introdotta dalla legge è la possibilità riconosciuta ai lavoratori di

richiedere, anche in assenza di una previsione del contratto collettivo, per motivi

familiari, di beneficiare di un lavoro part-time su base annuale (trattasi di una

riduzione della durata dell'orario di lavoro fissata nell'arco dell'anno, attraverso la

concessione di una o più settimane libere). Il contratto individuale conterrà

un'apposita clausola addizionale nella quale verranno precisati i periodi non lavorati

durante l'anno, al fine di assicurare la programmabilità dell'orario di lavoro. Non è

chiaro invece se il lavoratore benefici di un diritto automatico a seguito della

richiesta o se il datore possa invece rifiutarsi. In ogni caso la mancanza di una

previsione collettiva accresce la difficoltà per il lavoratore di avvalersi di tale diritto

(Laulon).

I diritti riconosciuti ai lavoratori possono essere di origine legale o contrattuale. Il

Codice del lavoro prevede che i contratti collettivi possano stabilire specifiche

modalità applicative riguardo ai diritti. Il contratto collettivo può infatti

adattare i contenuti di un diritto, applicando ad es. il principio del pro rata

56 Il lavoratore può richiedere la riduzione del suo orario di lavoro di almeno 1/5, ma non deve effettuare meno di 16 ore settimanali. 57 Quando l'impresa non è vincolata ad alcun contratto collettivo relativo al tempo parziale, il datore di

lavoro può stabilire degli orari previo avviso al Consiglio di Fabbrica o, in mancanza ai delegati del

personale. L'avviso deve essere trasmesso entro 15 gg. all'Ispettorato del Lavoro. Se non esistono

rappresentanti del personale nell'impresa, il datore deve solo informare della sua decisione l'Ispettorato

del Lavoro.

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temporis. Viene cioè delegato alle parti sociali adattare l’applicazione del principio

di uguaglianza.

La legge francese ha favorito l’equiparazione dei diritti tra lavoratori part-time e

full-time, riducendo la precarietà di questa forma d’impiego. Un trattamento non

equiparato, potrebbe essere considerato discriminatorio. Non si riscontra pertanto

differenza alcuna riguardo al calcolo dei diritti legati all’anzianità (ciò che viene

preso in considerazione è la durata del rapporto contrattuale e non le ore lavorate),

i congedi retribuiti sono identici a prescindere dalla durata del rapporto di lavoro, è

uguale il periodo di prova, il periodo di preavviso e i diritti alla promozione e alla

formazione. La regola del pro rata temporis si applica ai trattamenti economici e per

calcolare il numero di lavoratori dell’azienda. L’indennità di maternità o di malattia

dipende dal versamento di una contribuzione minima.

La legge Aubry II introduce anche una distinzione fra part-time << modulato >> e

<< lavoro intermittente >>. Il primo consente al datore, a determinate condizioni,

di modificare il numero di ore settimanali o mensili fissate nel contratto, a patto che

nell’arco di un anno il numero di ore lavorative non ecceda la media stipulata nel

contratto di lavoro, mentre il secondo è caratterizzato dall’alternanza di periodi da

lavoro e da non lavoro (considerato una forma di lavoro part-time annuale -

secondo una normativa del 1993 - a cui si poteva far ricorso per tutte le attività e

con la sola stipulazione del contratto, è stato spesso fonte di abusi, per aver fornito

alle aziende un notevole strumento di flessibilità, senza garantire un’adeguata

protezione ai lavoratori). Con la nuova legge la contrattazione collettiva diventa

necessaria per ricorrere anche al lavoro intermittente.

Per quel che riguarda l’esistenza di una connessione della disciplina normativa alle

problematiche lavorative femminili, si può rilevare che il fatto che il Codice francese

abbia riconosciuto esplicitamente il principio di uguaglianza fra lavoratori part-time

e full-time ha fatto sì che in Francia non sia mai stata presa in considerazione

l’implicazione in termini di genere del part-time e conseguentemente anche l'utilizzo

da parte dei giudici francesi della categoria di discriminazione indiretta.

Per quanto riguarda in generale gli effetti degli accordi sul part-time (non c'è dubbio

che la l. Aubry I e II abbiano fatto sviluppare in modo significativo l'attività

negoziale), ci si deve chiedere se le clausole in essi contenute non siano puramente

formali e soprattutto se sapranno contribuire effettivamente allo sviluppo di un

part-time volontario. La moltiplicazione degli accordi collettivi (…) solleva infatti un

problema di controllo sulla loro applicazione. L'effettività del diritto al part-time

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riconosciuto dalla l. Aubry resta pertanto piuttosto incerta e se a conti fatti il lavoro

a tempo parziale continua ad essere spesso un orario di lavoro imposto, le leggi

Aubry I e II dovrebbero quantomeno contribuire a renderlo più prevedibile e

controllabile per il lavoratore ( Laulom, 2000).

b) I Paesi Bassi

Il caso olandese deve la sua peculiarità all’elevata percentuale58 – di gran lunga la

più alta d’Europa – di utilizzo del part-time e al fatto che l’orario ridotto appare

maggiormente utilizzato sia dagli uomini che dalle donne59. Nei Paesi Bassi la scelta

di lavorare part-time non risulta in alcun modo imposta e alla sua diffusione si deve

l’incremento della popolazione attiva. Per questo motivo i Paesi Bassi sono stati

spesso definiti come un Paese “ad economia part-time”. Essi testimoniano il

cambiamento in atto dal modello tradizionale della famiglia monoreddito

(breadwinner) al modello di divisione dei compiti (breadwinner/dual carer).

In Olanda la più comune definizione di lavoro part-time è quella di “lavoro

effettuato ad un orario settimanale inferiore rispetto a quello normale”, fornita dalla

maggior parte dei contratti collettivi. In alcuni accordi si individuano due tipologie di

part-time: “corto” e “lungo”, il cui confine si colloca tra la 12-13° ora lavorativa.

Alcuni contratti definiscono tale linea di demarcazione al fine di escludere dalle loro

previsioni i lavoratori impegnati per un numero inferiore di ore. I “piccoli” part-

timers”, soprattutto nel settore del commercio, sono difatti esclusi dal godimento di

specifici istituti quali l’indennità per il lavoro prestato in determinati orari, premi per

i titoli di studio, benefici supplementari rispetto a quelli attribuiti dalla legge,

riduzioni dell’orario lavorativo etc.

La legge che vieta la discriminazione sulla base dell’orario di lavoro (entrata in

vigore nel 1996) ha aggiunto al Codice civile olandese l’art. 7:648, in base al quale,

salvo giustificazioni oggettive, la diversità dell’orario di lavoro non può in

alcun modo giustificare da parte del datore trattamenti differenziati tra i

lavoratori. Per le lavoratrici part-time la tutela finisce dunque per raddoppiarsi, in

quanto le disparità di trattamento possono essere considerate sia lesive del divieto

di discriminazione per ragioni di sesso (artt. 7:646 e 7:647 del codice civile), che

costituire un’illecita discriminazione sulla base dell’orario di lavoro.

58 Nei Paesi Bassi il part-time è utilizzato il doppio che in qualunque altro Paese membro. L’incidenza è del 38% sul totale dei rapporti di lavoro, a fronte di una media europea pari al 16%.

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Nei Paesi Bassi la promozione del part-time è avvenuta essenzialmente sul piano

normativo e cioè attraverso l’introduzione di un vero e proprio diritto al suo

ottenimento. Strumento indiretto di riconoscimento del diritto al part-time, è la

previsione da parte dell’art. 7:611 del codice civile di un obbligo di correttezza in

capo al datore (good employership), utilizzato per valutare la legittimità del rifiuto

del datore ad autorizzare il part-time, sia quando il lavoratore richieda la parziale

risoluzione del contratto di lavoro (art. 7:685), che quando chieda la trasformazione

del rapporto da tempo pieno a tempo parziale per motivi sopravvenuti (art. 6:258).

Tale disposizione è stata però lungamente temperata dalla norma contenuta nella

legge sull’orario di lavoro (1996) che stabiliva in capo al datore esclusivamente

l’obbligo di tenere in adeguata considerazione gli impegni di cura dei suoi

dipendenti.

A conti fatti, è stato piuttosto difficile nel corso degli anni far valere le richieste di

modifica dell’orario sulla base della legge del 1996 o del principio di correttezza.

Necessitava indubbiamente una legge che affermasse esplicitamente il diritto al

part-time. Nel luglio del 2000 è così entrata in vigore la legge “sulla modifica

dell’orario di lavoro”60 facente parte di un elaborato pacchetto di norme

denominato “Legge quadro sul lavoro e sugli obblighi di cura”. La norma sulla

modifica dell’orario di lavoro ha in realtà una portata più vasta del semplice diritto

al part-time, riguarda infatti sia l’incremento che la riduzione dell’orario di lavoro e

si applica sia ai lavoratori assunti con contratto di lavoro privato, che con contratto

di pubblico impiego.

La legge conferisce ai lavoratori il diritto di modificare liberamente il proprio

orario di lavoro, tranne nel caso in cui debbano essere ritenuti prevalenti

gli interessi dell’azienda o dell’unità produttiva (art. 2, waa). Il lavoratore,

dando preavviso di 4 mesi, dovrà effettuare la richiesta per iscritto e non potrà

rinnovarla prima che siano decorsi due anni. Il datore è tenuto ad ascoltare il

dipendente e a fornirgli una risposta scritta e adeguatamente motivata.

Sono escluse dall’ambito di applicazione della legge le imprese con meno di 19

dipendenti, nelle quali spetta al datore di lavoro decidere ogni tipo di modifica

dell’orario. La contrattazione collettiva ha maggiori possibilità di derogare la

59 Gli uomini erano il 16,8% nel 1995, mentre la media europea si attesta al 5,1%; per le donne invece la percentuale era nel 1995 del 67,2% rispetto ad una media europea del 31%. 60 Per il testo si v. la Gazzetta delle leggi, delle ordinanze e dei decreti, 2000, 115. La relazione di accompagnamento alla legge sottolinea come una tale disciplina sia di grande utilità all’aumento dell’offerta di lavoro.

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disciplina legale in caso di incremento dell’orario di lavoro, piuttosto che di

riduzione dello stesso. In assenza di contratti collettivi che dettino previsioni in

tema di incremento dell’orario, il datore potrà anche accordarsi con le

rappresentanze aziendali, sia per l’esclusione che per la modificazione di tale diritto.

La disciplina legale del part-time è simile a quella prevista per il lavoro a tempo

pieno. La retribuzione è corrisposta proporzionalmente all’orario svolto, così anche

le ferie spettanti, mentre il periodo di prova e la disciplina del licenziamento sono

invece identiche. I diritti pensionistici maturano in misura proporzionale al numero

delle ore di lavoro prestate, mentre per quanto riguarda la sfera della sicurezza

sociale (indennità di disoccupazione, per invalidità o per malattia), esse

costituiscono diritti assicurati a tutti i dipendenti indipendentemente dal tipo di

rapporto con il quale siano stati assunti, senza alcuna distinzione in base all’orario o

alla retribuzione percepita. Il datore in tutti e tre i casi è obbligato a corrispondere il

70% della retribuzione per un anno. Per quanto riguarda il lavoro straordinario, la

gran parte dei contratti collettivi lo definiscono come il lavoro che eccede l’orario

normale a tempo pieno (per cui esso sarà retribuito in modo corrispondente solo

ove superi questo limite). Solo il 6% dei contratti collettivi riconosce ai lavoratori

part-time la stessa retribuzione dello straordinario prevista per il lavoratore a

tempo pieno, mentre ben il 25% riconosce una maggiorazione retributiva calcolata

ad un tasso inferiore rispetto a quello corrispondente previsto per il tempo pieno.

c) Il Regno Unito

La normativa britannica sul part-time è stata recentemente oggetto di riforma a

seguito dell'emanazione delle Part-time Workers Regulations 2000 (Ptwr), in

attuazione dei principi contenuti nella Direttiva 97/81/CE che sancisce la necessità

di un equo trattamento tra lavoratori part-time e full-time. Il processo di

“europeizzazione” del diritto del lavoro non pare dunque avere escluso neanche il

Regno Unito.

Nella realtà inglese attualmente si riscontra un alto livello di diffusione e di

femminilizzazione del part-time, nonostante nel passato siano mancate specifiche

politiche incentivanti tale tipologia lavorativa.

Le politiche familiari si sono infatti basate sul cd. strong male breadwinner/female

part-time carer model, modello caratterizzato dall’assenza di politiche di

conciliazione e di servizi di assistenza e dalla presenza di modalità di organizzazione

del lavoro basate su parametri comportamentali maschili. A peggiorare le condizioni

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dei lavoratori part-time (anche se sarebbe più appropriato a questo punto parlare di

lavoratrici), è stata anche l’istituzione di un sistema di soglie orarie e reddituali

poste negli anni dalla legislazione britannica come condizioni per l’attribuzione dei

diritti relativi al rapporto di lavoro e per la concessione di determinate tutele di

sicurezza sociale61. Il sistema delle soglie orarie è stato abolito a partire dal 1995,

mentre per quello delle soglie reddituali si è dovuto attendere il 2000.

Ciò che immediatamente emerge a seguito della loro abolizione e della modifica

della disciplina generale del part-time è il mantenimento dei suoi precedenti livelli di

diffusione, fatto questo che dimostra la totale autonomia del suo andamento dalla

sua regolamentazione normativa.

Analizziamo ora gli aspetti salienti della normativa in vigore, anticipando che se le

Ptwr hanno costituito un rilevante cambiamento rispetto alla precedente disciplina,

tuttavia hanno anche mantenuto per certi versi alcuni vecchi aspetti a carattere

discriminatorio.

E' la nuova disciplina a fornire per la prima volta una definizione legale di lavoratore

part-time che però, in quanto derivata da quella di lavoratore full-time, non risulta

concretamente individuabile. E' part-time worker " il lavoratore che, avuto riguardo

agli stessi requisiti necessari per individuare un lavoratore full-time, non è tuttavia

qualificabile come tale"62.

Le Ptwr basano la tutela offerta al lavoratore part-time sul cd. comparable full-time

worker, che viene a costituire il parametro fondamentale del processo di

comparazione volto a qualificare il trattamento riservato al lavoratore a tempo

parziale come discriminatorio. Per lavoratore comparabile s'intende "colui che,

impiegato presso lo stesso datore di lavoro con contratto di lavoro subordinato,

svolga le stesse mansioni, nello stesso stabilimento del lavoratore part-time,

oppure in altra eventuale destinazione di lavoro, nel caso in cui mancasse un

lavoratore a tempo pieno avente i requisiti richiesti. E' evidente dunque che

l'individuazione del lavoratore comparabile avviene in termini così rigorosi da

61 Il Contracts of Employment Act (1963), il Radundancy Payments Act (1965), l'Industrial Relations Act (1971) subordinavano l'accesso ai diritti in essi previsti al raggiungimento di una soglia di 21 ore lavorative settimanali. Successivamente l'Employment Protection Act (in vigore a partire dal 1975 fino al 1995) ha invece previsto quale soglia settimanale il raggiungimento delle 16 ore lavorative, oppure, ma solo per i lavoratori che avessero prestato per 5 anni lavoro in via continuativa, un totale di ore lavorative settimanali compreso fra le 8 e le 16 ore, lasciando in pratica sprovvisti di qualsiasi forma di tutela coloro che avessero lavorato per meno di otto ore. Le Regulations del 1995 aboliscono definitivamente il sistema delle soglie orarie come base per l'attribuzione dei diritti ai lavoratori part-time. 62 Così il punto 2 (2) delle Ptwr.

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rendere a volte addirittura impossibile la comparazione63. I requisiti del lavoratore

comparabile full-time attengono inoltre ad un lavoratore dipendente, limitando

conseguentemente la portata soggettiva delle Ptwr che, pur affermando di

estendersi a tutti i lavoratori dipendenti (employees) e non (agency works e fixed-

term contracts) con esclusione dei soli lavoratori autonomi ed occasionali, finiscono

in pratica per lasciare sprovvisti di tutela, o meglio soggetti a condizioni contrattuali

più sfavorevoli i lavoratori part-time non a carattere subordinato. A ciò si aggiunga

che le Ptwr sono decisamente più precise della direttiva europea nel definire il

concetto di “stesso tipo di contratto”, requisito imprescindibile per la comparazione.

Esse frammentano la categoria di “lavoratore” in molteplici sottocategorie sulla

base del contratto, tra le quali risulterà pertanto impossibile la comparazione (art.

2.3).

Punto cruciale della nuova disciplina, al di là delle difficoltà della sua concreta

attuazione, resta l’affermazione del principio di non discriminazione che per la

normativa britannica consiste nel divieto di trattamenti più sfavorevoli per i

lavoratori part-time, a meno che non giustificati oggettivamente64. In ciò le Ptwr

mostrano di recepire perfettamente la direttiva UE, diversamente ad esempio

dall’Italia che non ammette eccezione alcuna al principio di non discriminazione. Al

lavoratore resta in ogni caso la possibilità di adire le vie giudiziali in propria difesa

nel caso in cui ritenga di essere stato di discriminato o di aver subito pregiudizi per

avere esercitato i diritti conferiti dalle Ptwr. Il tribunale, pur riconoscendo

l’esistenza di una discriminazione, non potrà comunque obbligare il datore ad

astenersi dalla condotta incriminata, ma solo ordinargli di limitarne gli effetti ed

eventualmente pagare un risarcimento. Corollario del principio di non

discriminazione è il principio di proporzionalità. In base a questo i trattamenti

corrisposti al part-timer, quali la retribuzione, le indennità di turno, di trasferta, i

benefits, le maggiorazioni per lavoro notturno e festivo, i compensi per malattia e

maternità, la durata dei periodi di assenza dal lavoro (congedi di maternità e

63 La normativa inglese si discosta infatti dalla direttiva 97/81/Ce, la cui clausola 3 prevedeva come correttivo al rigido sistema di comparazione che “qualora non esistesse nessun lavoratore a tempo pieno comparabile nello stesso stabilimento, il paragone si dovesse effettuare con riferimento al contratto collettivo applicabile o, in assenza di contratto collettivo applicabile, in conformità della legge, dei contratti collettivi o delle prassi nazionali”. Esistono solo due casi in cui il soggetto della comparazione viene individuato con più facilità: 1. Quando si tratti di un lavoratore precedentemente full-time che a seguito del raggiungimento del termine del contratto di lavoro o della modifica dello stesso contratto diventi un part-timer. 2. un lavoratore full-time che si sia assentato dal lavoro e che torni ad essere impiegato presso lo stesso datore entro 12 mesi, ma come part-timer (cd. returning worker) . In entrambe le ipotesi la comparazione avrà luogo con riferimento al periodo di lavoro precedente del medesimo soggetto. 64 Il part-timer può comunque chiedere motivazione scritta del trattamento discriminatorio, utilizzabile come prova in un eventuale procedimento giudiziario.

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parentali), ferie e festività civili dovranno essere proporzionati all’orario

effettivamente svolto.

Un’eccezione rilevante al principio di non discriminazione si rinviene relativamente

al lavoro supplementare che, consentito al part-timer, è però retribuibile in misura

inferiore alla retribuzione oraria spettante al lavoratore full-time comparabile che

svolga lavoro straordinario, se la somma fra il normale orario di lavoro part-time e

le ore di lavoro supplementare, non supera l'orario di lavoro ordinario svolto dal

lavoratore full-time comparabile (in questo caso, non si richiede dunque sussistano

giustificate ragioni per il trattamento differenziato). Solo nel caso in cui tale soglia

venga superata, il lavoratore avrà diritto ad una retribuzione oraria pari a quella

corrisposta al lavoratore full-time per lo svolgimento di lavoro straordinario.

Per ciò che riguarda l’orario di lavoro, esso è liberamente negoziabile tra imprese e

lavoratori all’insegna della più ampia flessibilità.

Non sussiste invece alcun diritto al part-time o al full-time in capo al lavoratore né

nessun obbligo da parte del datore di incrementare numericamente gli impieghi a

tempo parziale in azienda o informare i lavoratori sull’esistenza di posti vacanti sia

part-time che full-time, salvo i casi in cui la sua decisione costituisca una

discriminazione indiretta, in quanto la maggioranza dei part-timers sono

comunque donne.

Il licenziamento intimato a seguito del rifiuto di essere assegnato ad un lavoro full-

time o part-time non è indicato tra le ipotesi specifiche, individuate dalle Ptwr, di

licenziamento illegittimo del lavoratore. Per questo motivo solo il licenziamento

dovuto al rifiuto di trasformazione del lavoro da part-time in full-time e non

viceversa potrà essere considerato illegittimo sempre che intimato per il solo fatto

che il lavoratore è part-time e costituisca un trattamento di minor favore rispetto al

lavoratore full-time.

Per ciò che riguarda gli incentivi alla promozione del part-time, attualmente i Nap li

individuano nel miglioramento della legislazione esistente finalizzata ad assicurare

trattamenti più equi per i lavoratori part-time (il riferimento è alla normativa in

tema di parità uomo-donna) e la Compliance Guidance65 auspica la realizzazione di

corsi di formazione e l’eliminazione degli ostacoli all’avanzamento di carriera dei

part-timers.

65 Redatta dal D.T.I., offre chiarificazioni ed interpretazioni dei diritti sanciti dalle Ptwr.

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d) La Svezia

Il contratto di lavoro part-time non è oggetto in Svezia di una normativa generale66.

Esistono soltanto singole disposizioni in materia contenute in alcune leggi quali: la

legge sull’orario di lavoro (1982) e la legge sulla protezione del lavoratore67

riformata nel 1996. Clausole relative al part-time si rinvengono anche nella

contrattazione collettiva, per la cui applicabilità nei confronti del lavoratore è spesso

richiesto un livello minimo di ore lavorative settimanali. Da un’analisi delle

disposizioni ivi contenute sia nel settore pubblico, che in quello privato, si evince

una particolare attenzione nei confronti dei lavoratori esclusi dal godimento dei

benefici sociali. Alcune disposizioni infatti auspicano un impegno del datore ad

aumentare l’orario di lavoro su richiesta del lavoratore, o nel caso debba procedere

a nuove assunzioni, così da consentire l’applicazione dei contratti collettivi anche ai

lavoratori originariamente esclusi.

La mancanza di una normativa specifica comporta anche l’assenza di una

definizione legale del part-time. Da un punto di vista essenzialmente pratico,

tuttavia, viene inteso come un rapporto di lavoro svolto per un orario inferiore a

quello a tempo pieno, così come fissato dalla legge o dal relativo contratto

collettivo. Nelle indagini statistiche invece, si tende a distinguere tra part-time corto

(non superiore a 19 ore settimanali) e part-time lungo (20-34 ore settimanali),

mentre non sono in alcun modo considerati i contratti di lavoro la cui durata superi

le 34 ore, la tendenza è comunque verso la crescita del part-time lungo68. Il part-

time è ammesso nelle forme orizzontale e verticale, nell’ambito della più ampia

libertà delle parti di decidere della distribuzione dell’orario di lavoro. Solo in

mancanza di accordo spetterà al datore disporne liberamente. E’ consentito lo

svolgimento di lavoro supplementare, retribuito in misura inferiore a quello

straordinario69, e cioè sulla base del salario ordinario. Per ciò che riguarda il lavoro

straordinario, sono stati stabiliti a tutela del lavoratore part-time dei limiti al suo

svolgimento sia di natura quantitativa (non sarà possibile effettuare più di duecento

66 Unica eccezione è rappresentata da alcune leggi che in passato hanno disciplinato il part-time nel settore del pubblico impiego. Attualmente però è disciplinato fondamentalmente dalla contrattazione collettiva. 67 Si vedano nello specifico le sez. 25 a, 26. 68 Per maggiori dettagli relativamente alla situazione del part-time in Svezia, si veda Ronnie Eklund, Svezia, in Giornale di diritto del lavoro e relazioni industriali n. 88, 2000, 4, pp. 719-740. Secondo i dati del 1999, l’83% delle lavoratrice part-time lavorano tra le 20 e le 34 ore, il 17% non supera invece le 19 ore settimanali. In SOU, 1999, n. 27, p.156 si rileva che la maggior parte dei lavoratori part-time, in particolare quelli con contratto part-time cd. lungo, vorrebbero trasformare il loro rapporto lavoro a tempo pieno. 69 La minore retribuzione del lavoro supplementare rispetto al lavoro straordinario, rende l'utilizzo del part-time meno costoso per l'imprenditore. Così SOU,1999, n. 27, p. 127.

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ore aggiuntive all’anno), che qualitativa (il lavoro straordinario è ammesso solo in

presenza di “particolari esigenze”). Il datore che superi il limite sancito, potrà

essere chiamato a rispondere della violazione della legge sulla protezione del

lavoratore.

I diritti del lavoratore part-time sono equiparati a quelli del lavoratore full-time

comparabile, salvo che non sia diversamente stabilito, ovviamente con applicazione

della regola del riproporzionamento relativamente all'entità dei trattamenti

economici.

Per ciò che riguarda nello specifico la retribuzione, è necessario sottolineare che la

determinazione del salario base dei lavoratori part-time è oggetto di accordo

individuale tra le parti, non riuscendo la contrattazione collettiva a regolamentare

tutti i settori del mercato del lavoro.

La normativa svedese non prevede un diritto individuale al part-time, ma solo

un’ipotesi specificatamente stabilita dalla legge e cioè la cura dei figli fino agli otto

anni, in presenza della quale il lavoratore è legittimato a chiedere la riduzione ad un

quarto del proprio orario di lavoro. Va immediatamente precisato che tale riduzione

non comporta alcuna modifica del contratto di lavoro originariamente stipulato, non

crea dunque un rapporto di lavoro part-time. Allo stesso modo non è ravvisabile

alcuna trasformazione del rapporto di lavoro in part-time nel caso di riduzione del

normale orario di lavoro durante la fruizione del congedo parentale o di un congedo

per formazione.

Spetta dunque alle parti decidere congiuntamente la trasformazione del rapporto,

non vige alcun obbligo in capo al datore, se non quello di innalzare l'orario sino al

tetto massimo del tempo pieno, in caso di assunzione di nuova manodopera, al

lavoratore a tempo parziale che ne abbia fatto esplicita richiesta70. Il diritto di

precedenza si estende solo all'unità produttiva presso la quale il lavoratore è

impiegato, egli dovrà in ogni caso essere qualificato per il nuovo impiego. Nel caso

in cui siano più le richieste di innalzamento dell'orario, la precedenza sarà data ai

lavoratori con maggiore anzianità di servizio. Il maggior favore del legislatore

svedese nei confronti del lavoro full-time rispetto a quello part-time, si evince

anche dalla frequenza con cui ricorrono nei contratti collettivi clausole richiedenti al

datore di informare all'interno dell'azienda i dipendenti sull'esistenza di posti di

lavoro full-time vacanti.

70 Il diritto di precedenza per i lavoratori part-time che vogliano trasformare il loro rapporto di lavoro in full-time, è stato introdotto nel 1997, a seguito della riforma della legge sulla protezione del lavoratore.

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Mettendo ora da parte gli aspetti legislativi, concludiamo con alcune brevi

considerazioni di ordine generale necessarie a fornire una visione più dettagliata

della situazione del part-time in Svezia. Qualunque sia il settore considerato, si

riscontra anzitutto un minor numero di lavoratrici part-time in professioni

richiedenti un elevato livello di scolarità e qualificazione professionale, l’area della

sanità e dei servizi sociali resta quella con una percentuale più alta di lavoro part-

time femminile, pari al 46% sul totale delle dipendenti, mentre per ciò che riguarda

la sua diffusione, essa appare abbastanza omogenea tra le varie fasce di età (32%

per le donne tra i 25-35 anni, 36% per quelle tra i 35-44, mentre scende al 30%

per le donne tra i 45-64)71. Anche nella realtà svedese il lavoro part-time

costituisce per le donne una delle primarie modalità di accesso al lavoro,

contribuendo al mantenimento delle differenze di salario tra i sessi e alla

marginalizzazione lavorativa femminile, dovuta peraltro anche alla difficile

compatibilità dei contratti part-time e dei corsi di formazione. Ancora più che in

altre realtà, è possibile in Svezia parlare del part-time come della cd. “trappola

delle donne” a seguito dell’utilizzo di incentivi quale l’indennità di disoccupazione

che, se da un lato bilancia lo svantaggio economico derivante dal percepire una

retribuzione proporzionale al minor numero di ore lavorate, dall’altro portando ad

un buon livello il reddito delle lavoratrici, produce un “effetto di chiusura” e

conseguentemente un indebolimento della loro posizione72. Se si esclude l’indennità

di disoccupazione, non sono mai state adottate dal Governo svedese politiche del

lavoro atte ad incentivare il part-time come strumento di incremento

dell’occupazione, come è accaduto al contrario nella maggior parte degli altri Paesi

europei. In Svezia il percorso prescelto è stato piuttosto quello dell’incentivo

all’emancipazione femminile, attraverso anzitutto una presa di coscienza

generalizzata sulle tematiche inerenti la parità fra i sessi, seguita dalla riforma

71 Si veda il Rapporto sul mercato del lavoro, 1999, redatto dall'Istituto nazionale (svedese) di statistica. 72 Di questa opinione è SOU, 1999, n. 27, p. 283. A questo proposito si possono effettuare considerazioni simili per ciò che riguarda l’istituto del congedo parentale. Anche in questo caso infatti, il sistema di sicurezza sociale può rivelarsi controproducente per la parità fra i sessi, nonostante esso sia stato ideato in modo da non provocare alcuna discriminazione di genere fra i genitori (ad entrambi infatti è garantita la possibilità di astenersi dal lavoro con retribuzione per 450 gg. a seguito della nascita del bambino). La retribuzione corrisposta non può superare un tetto massimo, per cui i lavoratori che percepiscono salari molto elevati (normalmente nella coppia sono i padri) non avranno incentivi economici ad usufruire del congedo, e trasferiranno il loro diritto alla madre. In Svezia per cercare di limitare, anche se in minima parte, tali conseguenze, è stato introdotto il cd. "mese di paternità", ossia un mese di astensione dal lavoro retribuita, attribuibile in via esclusiva al padre. Risponde allo stesso fine, la previsione da parte di vari contratti collettivi o di singole aziende di un'indennità supplementare a carico del datore di lavoro a favore del lavoratore che si assenti per usufruire del congedo parentale. Si tratta di programmi che costituiscono una parte fondamentale della politica svedese del cd. "luogo di lavoro a misura di famiglia".

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fiscale attuata negli anni 70’73 e dalla diffusione di servizi statali di assistenza

all'infanzia che hanno portato, a partire da allora, ad un notevole incremento della

partecipazione lavorativa delle donne e per questa via anche ad un aumento

consistente del part-time.

e) La Spagna

Il Real Decreto Ley n. 5/200174 ha recentemente rinnovato la disciplina del part-

time, nell’ambito di una riforma generale del mercato del lavoro. Il Governo

spagnolo con la nuova normativa sembra prendere atto dell’insuccesso degli

incentivi economici ai fini della promozione del part-time e preferire a questi

incentivi a carattere normativo. La riforma esattamente tende ad una maggiore

flessibilità del part-time, in ciò incontrando il favore delle associazioni datoriali, nel

rispetto in ogni caso delle garanzie poste a tutela dei lavoratori, in applicazione

della Direttiva europea 97/81/CE. Questi i punti salienti della riforma:

1. eliminazione del limite massimo alla giornata di lavoro part-time (in precedenza

pari al 77% della normale giornata lavorativa)

2. abolizione della possibilità di consolidare nel normale orario di lavoro le ore

supplementari svolte con regolarità.

3. ampia flessibilità nella distribuzione temporale della prestazione (il computo

della giornata si effettua ora sul totale delle ore effettivamente lavorate,

indipendentemente dalla loro collocazione)

Le modalità di part-time ammesse sono dunque le forme orizzontale, verticale e

ciclico. Relativamente al part-time ciclico, noto in Spagna con la denominazione di

“lavoro fisso discontinuo periodico”, va precisato che esso è annoverato fra le

tipologie di part-time, in quanto certo nelle date di chiamata. La riforma del 2001

ha infatti provveduto a distinguere tale tipologia dal lavoro fisso discontinuo senza

certezza nelle date di chiamata75, che non può essere per questo motivo ricondotto

73 La riforma fiscale del 1971 ha introdotto la tassazione separata per i coniugi, rendendo in tal modo più remunerativa la partecipazione lavorativa femminile. 74 La normativa del 2001 segue ad una serie di altri atti normativi, quali la Legge 63/1997, e il Real Decreto Ley 15/1998 che hanno dato inizio alla riforma. Diversamente da questi atti, frutto di accordi con le parti sociali, il Real Decreto Ley 5/2001, costituisce un atto a carattere unilaterale, promanante cioè dal solo Governo spagnolo. 75I lavoratori fissi discontinui vengono "chiamati" a svolgere la prestazione secondo l'ordine di precedenza e le modalità previste dai rispettivi contratti collettivi. Il contratto di lavoro richiede necessariamente la forma scritta, l'indicazione della durata dell'attività, la forma e l'ordine di chiamata stabilita dal contratto collettivo applicabile. La contrattazione collettiva viene ad assumere in quest’ambito una funzione normativa autonoma rispetto alla legge.

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al part-time né pertanto essere oggetto della medesima disciplina. Sottotipo di

part-time è considerato anche il cd. contrato de relevo (contratto staffetta)

applicato ai lavoratori disoccupati o con contratto a tempo determinato presso la

stessa impresa, per sostituire parzialmente un lavoratore dell’impresa che

usufruisce della pensione di vecchiaia in forma parziale (ossia percepisce la

pensione parziale simultaneamente allo svolgimento del lavoro part-time).

Il contratto part-time richiede la forma scritta76, la cui mancanza (salvo prova

contraria) comporta automatica conversione del rapporto in full-time.

E’ vietato lo svolgimento di lavoro straordinario, se non per evenienze urgenti. Il

lavoro supplementare è invece largamente consentito77, ma solo nei contratti a

tempo parziale a carattere indeterminato e dietro accordo scritto (specifico rispetto

al contratto di lavoro) tra lavoratore e datore, nel quale viene determinato il

numero di ore richiedibili. La legge stabilisce in ogni caso un limite massimo pari al

15 % delle ore ordinarie di lavoro pattuite in contratto, salva la possibilità della

contrattazione collettiva di elevarlo ulteriormente nel limite massimo del 60% (la

precedente normativa prevedeva un limite massimo del 30%). Le ore di lavoro

supplementare sommate alle ore di lavoro ordinario non potranno eccedere l’orario

di lavoro normale del lavoratore full-time comparabile. Le modalità di esecuzione

delle ore supplementari si atterranno a quanto stabilito dal contratto collettivo

applicabile e dal patto specifico. Il lavoratore potrà rifiutarsi di svolgere le ore di

lavoro supplementare concordate, senza che ciò costituisca comportamento

sanzionabile, qualora il patto non rispetti i requisiti richiesti dalla legge o le modalità

di esecuzione quanto previsto dai contratti collettivi.

Salvo che il contratto disponga diversamente, il lavoratore dovrà venire a

conoscenza della richiesta da parte del datore di lavoro supplementare con un

preavviso di 7 gg, inoltre, trascorso un anno dalla stipulazione del patto, gli è

consentito rinunciarvi, dando preavviso di 15 gg., ma solo in presenza di specifiche

cause (responsabilità familiari, necessità formative, incompatibilità con altro

contratto a tempo parziale).

Le ore di lavoro supplementare effettivamente realizzate sono retribuite come

ordinarie e computate ai fini delle prestazioni di sicurezza sociale.

76 Il contratto deve inoltre essere registrato all’ufficio di collocamento ed una sua copia consegnata alle rappresentanze sindacali. 77 La possibilità di svolgere lavoro supplementare per il lavoratore part-time è stata prevista dal Real Decreto Ley 15/1998.

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Il contratto part-time può essere sia a tempo indeterminato che determinato,

mentre non è assolutamente compatibile con il contratto di formazione e lavoro.

Per ciò che riguarda la possibilità di trasformare il rapporto di lavoro da full-time in

part-time e viceversa, si tratta di una scelta che non può essere in alcun modo

imposta al lavoratore, per cui il suo eventuale rifiuto non costituisce legittima causa

di licenziamento. Il datore ha l’obbligo di tenere informati i dipendenti dei posti di

lavoro vacanti, così da consentire una maggiore mobilità. E’ inoltre garantito il

diritto di precedenza nell’accesso a posti di lavoro vacanti ai lavoratori, sia part-

time che full-time, che abbiano trasformato volontariamente il proprio rapporto di

lavoro e successivamente desiderino ritornare alla situazione precedente. Il diritto

di precedenza è accordato anche al lavoratore part-time che abbia lavorato per

almeno tre anni con questo tipo di contratto, in relazione a posti di lavoro full-time.

In quest’ultima ipotesi, nonostante l’intento dichiarato dalla riforma spagnola sia

quello di incentivare e promuovere il part-time, è evidente il maggior favore

mostrato per il lavoro full-time, evidentemente ritenuto maggiormente auspicabile

per il lavoratore.

Per ciò che riguarda il godimento dei diritti, sussiste una totale equiparazione fra

lavoratori part-time e full-time comparabili. Per la normativa spagnola è considerato

“lavoratore full-time comparabile” il lavoratore a tempo pieno facente parte della

stessa impresa ed unità produttiva, con il medesimo tipo di contratto e svolgente

un lavoro identico o simile78.

In merito alle tutele di sicurezza sociale e nello specifico all’indennità di

disoccupazione, si deve segnalare che la normativa spagnola richiede che al per il

suo ottenimento il lavoratore abbia al suo attivo un minimo di ore lavorative,

consentendogli in caso di non superamento della soglia richiesta, di poter

sottoscrivere una contribuzione volontaria (cd. Convenio Especial).

La nuova disciplina ha mostrato di perseguire come obiettivo l’incremento della

stabilità e della qualità dell’occupazione, attraverso modifiche al regime giuridico del

part-time tali da renderlo più flessibile e dunque anche più appetibile alle imprese e

ai lavoratori79.

78 Se nell’impresa manca un lavoratore a tempo pieno comparabile, si farà riferimento alla giornata a tempo pieno prevista dal contratto collettivo applicabile o, in sua mancanza, alla durata giornaliera massima prevista dalla legge. 79 In tal senso C. Agut Garcìa e M. Tiraboschi, La disciplina del lavoro a tempo parziale e del lavoro a termine in Spagna, in Diritto delle relazioni industriali, n. 2-2001, pp. 231-236

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Tavola 3.10 - Modelli di part-time in Europa: flessibilità e tutela

Modello anglosassone (UK): Ampia flessibilità nelle tipologie di prestazione/orario di lavoro, che

non si traduce in un diritto individuale del lavoratore al part-

time. Scarsissima protezione sociale, nonostante la dichiarata

equiparazione tra lavoratori full-time e part-time.

Modello scandinavo (Svezia): Ampia flessibilità nelle tipologie di prestazione/orario di lavoro, con

preponderanza della scelta datoriale (in estrema ratio).

Flessibilità che si traduce nell’esistenza del diritto del lavoratore

alla riduzione dell’orario lavorativo per la cura dei figli. Peculiare

il godimento di cospicue indennità di disoccupazione e di forti

garanzie sociali.

Modello continentale (Francia): Buono il grado di flessibilità sia nelle tipologie di prestazione che per

quanto riguarda l’esistenza del diritto alla riduzione dell’orario di

lavoro ed al part-time annuale. Ampia tutela della funzione

programmatoria del contratto, fatto che si traduce in elevata

protezione del lavoratore.

Paesi Bassi**: Ampia flessibilità a favore del lavoratore data dall’esistenza di un

vero e proprio diritto individuale al part-time e forti garanzie

sociali (statali).

Paesi mediterranei (IT e Sp): Flessibilità buona nelle tipologie di prestazione con assenza però di un

diritto individuale al part-time. Elevata tutela della funzione

programmatoria del contratto, fatto che aumenta il livello di

protezione del lavoratore.

3.6.3 Conclusioni.

Da quanto si è detto nelle pagine che precedono, è chiaro che gli argomenti a

favore e contro il part-time sembrerebbero dunque bilanciarsi.

Il rapporto di lavoro a tempo parziale può infatti rappresentare per entrambi le parti

del rapporto di lavoro una opportunità oppure una fonte di rischi.

Vista la complessità delle problematiche sollevate dall'uso di questa tipologia

lavorativa, si dovrebbe capire che << un giudizio concreto sul lavoro part-time

(rischio od opportunità?) non possa che derivare, caso per caso, dal tipo e dal

grado di regolamentazione della fattispecie presente in ciascun ordinamento, in

funzione della peculiarità dei diversi mercati del lavoro. Giudizi formulati in astratto

non possono che essere frutto di preconcetti e prese di posizione ideologiche >>

(Tiraboschi, 2000).

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Bilanciare rischi ed opportunità non può dunque essere lasciato alle sole logiche del

mercato. L'impatto di tale fattispecie contrattuale sul mercato del lavoro e

naturalmente le sue prospettive di sviluppo varieranno quindi notevolmente a

seconda del tipo di disciplina applicatagli.

Basta infatti guardare alla Francia, Paese che come nessun altro ha destinato negli

anni risorse finanziare all'incentivo del part-time, per ottenere percentuali di

stipulazione di contratti a tempo parziale piuttosto modeste, per ribadire

l'importanza degli incentivi di natura normativa per lo sviluppo della tipologia

contrattuale in esame. L'esperienza comparata conferma dunque un dato

sostanzialmente valido anche per l'Italia: l'adozione di specifici programmi di

incentivazione economica non sembrano di per sé idonei a promuovere un'effettiva

diffusione della fattispecie. L'incentivo economico non rappresenta un elemento tale

da incidere sulle assunzioni a tempo parziale << in presenza di disincentivi di

natura normativa che aumentano indirettamente i costi e gli oneri amministrativi

connessi al lavoro a tempo parziale >> (Tiraboschi, 2000). In una prospettiva di

cambiamento dell'attuale sistema di incentivi, decisamente degna di nota, parrebbe

la proposta elaborata ad opera del Conseil d'analyse économique di assegnare gli

incentivi non più alle imprese, ma direttamente ai lavoratori, soluzione questa che

potrebbe non solo concretizzarsi in un reale incentivo, ma anche garantire una

maggiore libertà di scelta al lavoratore. In questa stessa ottica, è stato collocato

anche l'incentivo, questa volta a carattere normativo, adottato già da alcuni Paesi

Europei (Olanda e Francia e Svezia ma limitatamente a specifici casi) consistente

nell'attribuzione al lavoratore di un vero e proprio diritto di scelta circa l'orario di

lavoro (Ferigo, 1999; Cette, 1999).

Lo sviluppo del part-time passa dunque attraverso la normative, a cui spetta il

compito, evidentemente irrinunciabile, di incentivarne la diffusione, mantenendone

nel contempo le garanzie. A questo punto, osservando le legislazioni dei singoli

Paesi, si può indubbiamente affermare che il processo di europeizzazione delle

politiche nazionali del lavoro nell'ambito dell'Unione Europea, "difficilmente

potrebbe reperire un esempio più paradigmatico di quello fornito dalla regolazione

del part-time" (Giubboni, Sciarra, 2000). I fattori che maggiormente hanno

determinato questo processo sono stati naturalmente la direttiva 81/97/CE,

esempio tra i più autorevoli di politica sociale sovranazionale, la Strategia Europea

dell'occupazione ed infine l'operato della Corte di Giustizia. Relativamente a

quest'ultima, si è infatti riscontrato un largo uso da parte dei giudici nazionali del

c.d. rinvio pregiudiziale, con il quale essi demandano al Giudice comunitario la

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decisione circa la legittimità di determinate norme nazionali, non ritenute conformi

ai principi comunitari. Attraverso questa via, il principio di parità di trattamento

(retributivo) tra lavoratori full-time e part-time ha trovato spazio nelle diverse

discipline nazionali. In Paesi come il Regno Unito, i dettami della Corte di Giustizia

hanno costituito addirittura fino a poco tempo fa, la fonte principale di regolazione

del part-time. Specifichiamo subito, che non si tratta comunque di una vera e

propria forma di sostituzione del diritto nazionale ad opera di quello comunitario.

"Anche nei contesti - quale per eccellenza, quello britannico - in cui l'applicazione

dei principi comunitari in tema di eguaglianza di genere ha avuto l'impatto più

marcato e, per certi versi, determinante sulle sorti della regolazione nazionale del

part-time, non si è mai trattato di un processo di trasmissione diretta (…), ma di

mediazione e rielaborazione degli inputs sovranazionali, alla luce dei codici

interpretativi nazionali" (Giubboni, Sciarra, 2000). Del resto lo stesso testo della

direttiva si presenta come una normazione per principi generali, il che fa

propendere per una mancata volontà di standardizzazione da parte del legislatore

sovranazionale, e dunque per la concessione di ampio spazio al processo di

implementazione nazionale, senza che ciò però si traduca in assenza di

regolamentazione.

La flessibilità combinata alla sicurezza (c.d. flex-security) dovrebbe essere

considerato il punto di arrivo ottimale per tutti i Paesi Europei, così da

ridimensionare da un lato gli eccessi di garantismo legislativo (di cui a torto o a

ragione è stata tacciata l'Italia), e dall'altro ri-regolare gli eccessi opposti, ossia le

punte di flessibilità non normata (un es. fra tutti, il caso inglese).

Le normative nazionali, pur considerando la discrezionalità che la Direttiva ha

concesso agli Stati, dovrebbero comunque tendere, per quanto possibile, ad

un'uniformità della regolamentazione, quantomeno per gli aspetti di maggior rilievo.

Non si può infatti sorvolare sulla necessità che il lavoro a tempo parziale diventi

un'occupazione liberamente scelta, né dimenticare che la sua valorizzazione

nell'ambito delle politiche occupazionali è necessaria alla creazione di ulteriori

opportunità d'impiego, anche se le correlazioni tra lavoro a tempo parziale e le

performance occupazionali non sono sempre molto chiare e soprattutto uguali per

tutti i Paesi. Ad esempio la risposta alla domanda se nuovi lavori possano essere

creati dalla suddivisione di quelli esistenti, non può essere formulata in astratto,

posto che "il part-time significa cose completamente differenti a seconda dei Paesi e

dei diversi corrispondenti mercati del lavoro" (Ferigo, 1999). Nessuna normativa

può infine sottovalutare l'importanza che assume il miglioramento delle condizioni

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lavorative, in quanto funzionale sia all'incremento del part-time (esso diventa

decisamente più appetibile), ma anche e soprattutto alla tutela della forza-lavoro

femminile, altrimenti relegata in occupazioni marginali, di basso livello professionale

ed inferiori per salario rispetto alla popolazione lavorativa di sesso maschile.

Per ribadire ancora una volta come il processo di "europeizzazione" non ostacoli le

dinamiche di differenziazione normativa nei singoli Stati, è sufficiente confrontare il

sistema regolativo dei Paesi Bassi o della Scandinavia, che optano per una

combinazione di flessibilità occupazionale e di forti garanzie sociali (statali) e quello

tipico dei sistemi continentali, nei quali prevale invece la tendenza a concentrare le

tutele sul piano del rapporto di lavoro, tutelando soprattutto la funzione

programmatoria del contratto individuale. L'obiettivo è il medesimo, ma gli

strumenti utilizzati sono sensibilmente diversi.

C'è da augurarsi che il cammino verso la flessibilità, nella sua accezione mite, riesca

da un lato a cambiare l'atteggiamento delle imprese nei confronti del part-time,

incrementando così la domanda di lavoro a tempo parziale e conseguentemente

anche il livello di partecipazione femminile al mercato del lavoro, e dall'altro riesca

a tutelare l'essenziale diritto dei lavoratori a tenere sottocontrollo determinati

aspetti della loro vita lavorativa, e l'utilizzo del loro tempo sociale.

Nella c.d. "epoca della fine del lavoro"80, espressione con la quale si allude al

tramonto di un determinato modo di organizzare i rapporti di produzione e

soprattutto di un determinato modo di regolarli, le dinamiche lavorative non

possono non cambiare se vogliono far fronte alle nuove esigenze occupazionali, ma

anche in una nuova ottica di tutela dell'individuo, come dimostrano taluni progetti

di progressiva riduzione dell'orario lavorativo in atto in alcuni Paesi (in particolare la

Francia). Ciò vuol dire che anche le recenti riforme del part-time così in Italia, come

in altri Stati (Francia, Paesi Bassi etc.) devono avere un'ulteriore chiave di lettura,

che è quella del << recupero dell'autonomia individuale >> e della valorizzazione

delle esigenze di << conciliazione >>, necessità quest'ultima, sicuramente

prioritaria per le donne, ma ormai neanche più del tutto estranea agli uomini, se

consideriamo ad es. la nuova legge italiana sul congedo parentale. Le opportunità

offerte ai datori di lavoro da tale tipologia contrattuale possono essere riconosciute

80 La teorizzazione della << fine del lavoro >> ha costituito << una delle più fragorose fughe in avanti registratasi nella dottrina degli anni novanta >>. Così Lo Faro, in Giornale delle relazioni industriali, n.4; sul tema si v. J. Rifkin, La fine del lavoro, Baldini & Castoldi, Milano, 1995; Beck, Il lavoro nell'epoca della fine del lavoro, Einaudi, Torino, 2000.

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nella misura in cui si traducono in altrettante opportunità per i lavoratori (part-time

volontario), e in un miglioramento della qualità della loro vita.

"La flessibilità deve dunque rimanere un metodo e non diventare un obiettivo"

(Biagi, 2000), da questo punto di vista è abbastanza evidente che essa non può

tradursi, (come in alcuni Paesi è invece accaduto) in assenza di qualsiasi forma di

regolamentazione. Per "flessibilità si deve intendere infatti la necessità di

predisporre "norme intelligenti e cioè norme che siano in grado di adattarsi in

funzione del cambiamento del contesto economico e sociale di riferimento" (Treu,

1997).

Concludiamo, ribadendo che fino ad alcuni decenni fa, il numero di ore di lavoro

rappresentava una variabile su cui le donne non potevano avere alcun controllo.

Esse dovevano accettare l'orario imposto oppure optare per la scelta di non

lavorare. A conti fatti, la promozione del lavoro part-time, seppur con le sue zone

d'ombra a livello legislativo (diverse a seconda degli ordinamenti), offre loro una

scelta in più, rappresentando una soluzione adeguata a garantire un reddito,

soluzione in ogni caso preferibile ad alternative quali la disoccupazione, forme

fittizie di lavoro autonomo e lavoro "nero".

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Box 3 - Tavola di comparazione europea delle leggi sul lavoro part-time

Definizione di contratto part-time e riferimenti normativi principali

Condizioni di ammissibilità, Proroghe e modifiche orario di lavoro - diritto al part-time

Diritti relativi al rapporto di lavoro, - tutele di sicurezza sociale – incentivi –note

Regno

Unito

Lavoratore part-time: il lavoratore che, avuto riguardo agli stessi requisiti necessari per individuare un lavoratore full-time, non è qualificabile come tale (Ptwr 2, 2). Si tratta di una definizione non concretamente individuabile, in quanto derivazione da quella di lavoratore full-time.

Riferimenti normativi:

- Contracts of Employment Act (1963), Radundancy Payments Act (1965), Industrial Relations Act (1971)

applicabili al raggiungimento di una soglia di 21 ore /settimanali.

- Employment Protection Act (1975-1995)

applicabili al raggiungimento della soglia settimanale delle 16 ore, o alla durata di 5 anni continuativi del rapporto di lavoro in caso di orario settimanale fra le 8 e le 16 ore, ( in tal modo negando qualsiasi diritto ai lavoratori al di sotto delle 8 ore).

-Regulations del 1995, aboliscono le soglie orarie di attribuzione dei diritti.

-Part-time Workers Regulations 2000 (Ptwr), costituisce la normativa attualmente in vigore, applicabile a tutti i lavoratori part-time dipendenti (employees) e non (agency works e fixed-term contracts), ad esclusione dei soli lavoratori autonomi ed occasionali. Recepisce la direttiva 97/81 UE, offrendo un sistema di norme a tutela del lavoratore part-time incentrato sulla comparazione con il lavoratore full-time comparabile, impiegato con contratto di lavoro subordinato.

- Compliance Guidance (redatta dal D.T.I.), offre chiarificazioni interpretative sui diritti riconosciuti dalle Ptwr ai lavoratori part-time.

Ampia estensione soggettiva dei diritti previsti dalle Ptwr, ma di fatto limitata dal riferimento in via esclusiva al lavoratore full-time dipendente, fatto che lascia i lavoratori part-time non dipendenti assoggettati a condizioni contrattuali più sfavorevoli

-Tipologie di part-time: è ammessa la più ampia flessibilità e dunque varietà di tipologie.

-Orario di lavoro: liberamente negoziabile tra imprese e lavoratori, senza incorrere in alcun divieto legale.

- Lavoro supplementare: consentito, retribuibile anche in misura inferiore alla retribuzione oraria spettante al lavoratore full-time comparabile che svolga lavoro straordinario (eccezione alla regola generale che richiede che il trattamento più sfavorevole del lavoratore part-time sia giustificato da ragioni obiettive), se la somma fra il normale orario di lavoro part-time e le ore di lavoro supplementare, non supera l'orario di lavoro ordinario svolto dal lavoratore full-time comparabile.

- Variazione turni: ammissibile senza limiti.

- Diritto al part-time: non sussiste alcun diritto al part-time o al full-time, né obblighi in capo al datore, salvo i casi in cui la sua decisione concretizzi una discriminazione indiretta (la maggioranza dei part-timers sono infatti donne). Fornire minori informazioni al lavoratore part-time, relativamente al numero di posti full-time vacanti può costituire atto discriminatorio (Compliance Guidance). Il licenziamento intimato a seguito del rifiuto di essere assegnato ad un lavoro full-time o part-time non è indicato tra le ipotesi specifiche di licenziamento illegittimo del lavoratore part-time. Perciò solo il licenziamento dovuto al rifiuto di trasformazione del lavoro da part-time in full-time e non viceversa potrà essere considerato illegittimo sempre che intimato per il solo fatto che il lavoratore sia part-time e se costituisce un trattamento di minor favore rispetto al lavoratore full-time.

-Abolizione del sistema delle soglie orarie per l'attribuzione dei diritti relativi al rapporto di lavoro (1995).

-Abolizione del limite reddituale per la concessione delle tutele di sicurezza sociale (2000).

-Ampia estensione soggettiva dei diritti previsti dalle Ptwr, ma di fatto limitata dal riferimento in via esclusiva al lavoratore full-time dipendente, fatto che lascia i lavoratori part-time non dipendenti assoggettati a condizioni contrattuali più sfavorevoli

-Equiparazione dei lavoratori part-time e full-time sotto il profilo del trattamento normativo.

-Definizione di lavoratore full-time comparabile: lavoratore che svolge le stesse mansioni, nello stesso stabilimento e con lo stesso "tipo di contratto". Le Ptwr frammentano la categoria di <<lavoratore>> in numerose sottocategorie, limitando a priori la comparazione e così l'individuazione di condizioni di lavoro più sfavorevoli per molti lavoratori part-time. Non è da ritenersi discriminatorio il trattamento più sfavorevole riservato al lavoratore part-time, se giustificato oggettivamente. Resta fermo il diritto del lavoratore di richiedere in forma scritta al datore la motivazione di tale trattamento.

Principio di proporzionalità: applicato alla retribuzione, alle indennità di turno, di trasferta, benefits, maggiorazioni per lavoro notturno e festivo, compensi per malattia e maternità, durata dei periodi di assenza dal lavoro (congedi di maternità e parentali), ferie e festività civili.

-Diritto del lavoratore di adire le vie giudiziali in caso di discriminazione o di pregiudizi subiti per il solo fatto di avere esercitato i diritti conferiti dalle Ptwr. Il tribunale non può obbligare il datore ad astenersi dalla condotta ritenuta discriminatoria/pregiudizievole, ma solo a limitarne gli effetti e a pagare un risarcimento.

-Incentivi: miglioramento della normativa uomo-donna (previsto dai NAP), corsi di formazione ed eliminazione degli ostacoli all'avanzamento di carriera (auspicati dalla Compliance Guidance)

Note: I datori di lavoro fanno uso del rapporto di lavoro part-time così da avere costi di manodopera inferiori, rispetto all'utilizzo del lavoro full-time.

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Definizione di contratto part-time e riferimenti normativi principali

Condizioni di ammissibilità, Proroghe e modifiche orario di lavoro - diritto al part-time

Diritti relativi al rapporto di lavoro, - tutele di sicurezza sociale – incentivi –note

Svezia

- Contratto di lavoro part-time: non esiste alcuna definizione legale, ma da un punto di vista strettamente pratico, si intende il rapporto di lavoro svolto per un orario inferiore a quello a tempo pieno.

- Riferimenti normativi: non esistono attualmente normative di carattere generale sul part-time, solo alcune leggi contenenti varie disposizioni al riguardo:

-L. sull'orario di lavoro (1982)

-L. sulla protezione del lavoratore (sez. 25 a, 26) e sua riforma (1996).

- Contrattazione collettiva: si rinvengono clausole relative al part-time, per la cui applicabilità è richiesto un livello minimo di ore lavorative settimanali. Sia nel settore pubblico, che in quello privato, si sottolinea la necessità che il lavoratore part-time fruisca dei benefici sociali, per cui su richiesta del lavoratore ove sia possibile, o in caso di assunzione di nuova manodopera, la regola sarà l'estensione del suo orario di lavoro, così da consentirgli la fruizione dei suddetti benefici.

-Tipologie di part-time: orizzontale e verticale. Nelle indagini statistiche, si distingue anche tra part-time "corto" (non superiore a 19 ore/sett.) e part-time. "lungo" (orario compreso tra le 20 e 34 ore/sett.). La tendenza è alla crescita del part-time lungo.

-Orario di lavoro: spetta alle parti decidere la distribuzione dell'orario, ma in mancanza di accordo, in ultima analisi è il datore di lavoro a disporne liberamente.

-Lavoro supplementare: consentito, remunerato come salario normale, inferiore a quello corrisposto per il lavoro straordinario.

-Lavoro straordinario: non più di 200 ore aggiuntive all'anno e sempre che sussista una "particolare esigenza". Se il datore supera tale limite, potrà essere chiamato a rispondere della violazione della legge sulla protezione del lavoratore.

- Diritto al part-time: Il lavoratore full-time non ha alcun diritto individuale alla trasformazione del rapporto in part-time, esiste solo la possibilità ex legge di riduzione ad un quarto del proprio orario di lavoro, per la cura dei figli (fino ad 8 anni di età). Tale riduzione dell'orario non comporta alcuna modifica del contratto di lavoro originariamente stipulato, non crea cioè un rapporto di lavoro part-time.

-Equiparazione dei diritti del lavoratore part-time al lavoratore full-time comparabile, salvo che non sia diversamente stabilito.

-Principio di proporzionalità: applicato ai trattamenti economici.

-Retribuzione: la sua entità in molti settori è determinata in via pattizia, senza alcun intervento della contrattazione collettiva.

-Sistemi di sicurezza sociale: cospicua indennità di disoccupazione che bilancia lo svantaggio economico derivante dal minor numero di ore lavorate.

-Diritto di precedenza: i part-timers hanno diritto all'innalzamento del proprio orario di lavoro, in caso di assunzione di nuova manodopera, ma solo nell'unità produttiva presso la quale sono impiegati. A parità di richieste, verrà data priorità al lavoratore con maggiore anzianità di servizio.

-Incentivi: nessun investimento in formazione, mentre ha rappresentato un incentivo all'occupazione femminile, anche part-time, il fervente dibattito sviluppatosi nel corso degli anni sull'emancipazione femminile, l'introduzione del sistema di tassazione separata nel 1971, la diffusione di servizi per l'infanzia.

Note: I datori di lavoro pagano contributi sociali in misura fissa per ciascun lavoratore, indipendentemente dal numero di ore lavorate

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Definizione di contratto part-time e riferimenti normativi principali

Condizioni di ammissibilità, Proroghe e modifiche orario di lavoro - diritto al part-time -

Diritti relativi al rapporto di lavoro, - tutele di sicurezza sociale - incentivi - note

Spagna

-Contratto di lavoro part-time: prestazione giornaliera, settimanale, mensile, annuale inferiore a quella di un lavoratore a tempo pieno comparabile.

Riferimenti normativi:

- L. 63/1997

-Real Decreto Ley n. 15/1998

-Real Decreto Ley n. 5/2001, introduce la nuova disciplina del lavoro a tempo parziale, nell'ambito della recente riforma del mercato del lavoro spagnolo.

- La contrattazione collettiva regolamenta il part-time cd. “fisso discontinuo” (ciclico). Rispetto al passato assume un ruolo maggiore. Alla tipica funzione suppletiva della legge, si somma oggi anche una funzione normativa autonoma.

-Tipologie di part-time: orizzontale, verticale e ciclico (lavoro fisso discontinuo periodico, con certezza nelle date di chiamata). A seguito della riforma, non è più considerato part-time il lavoro fisso discontinuo, senza certezza nelle date di chiamata. Sottotipo di part-time è anche il contrato de relevo (contratto staffetta).

-Condizioni di ammissibilità: forma scritta del contratto, con indicazione precisa del numero di ore di lavoro pattuite, la mancanza dell’indicazione, salvo prova contraria, comporta trasformazione automatica ex tunc del contratto part-time in full-time. Inammissibilità del part-time nel cfl.

-Orario di lavoro: eliminato il limite massimo (pari al 77% della giornata di lavoro normale) della giornata lavorativa part-time.

-Lavoro straordinario: vietato salvo per evenienze straordinarie e urgenti.

-Lavoro supplementare: ammesso solo per il part-time a tempo indeterminato. Con la stipulazione di un patto scritto, specifico rispetto al contratto, il lavoratore ed il datore convengono il numero di ore supplementari da svolgere in aggiunta all'orario di lavoro ordinario. Il lavoratore ha diritto ad un preavviso di 7 gg., salvo che il contratto disponga diversamente. Può, dando preavviso di 15 gg, rinunciare al patto, dopo che sia trascorso un anno dalla sua stipulazione ed in presenza di causali specifiche81. Le ore di lavoro supplementare non possono eccedere il 15% delle ore ordinarie pattuite in contratto, salva la possibilità per la contrattazione collettiva di fissare percentuali maggiori non superiori in ogni caso al 60%. La somma delle ore ordinarie e supplementari lavorate dal part-timer non può eccedere la giornata ordinaria del lavoratore full-time comparabile. Le ore di lavoro supplementare sono retribuito come ordinarie, salvo maggiorazioni ad opera della contrattazione collettiva.. Le modalità di esecuzione dovranno attenersi a quanto stabilito dall'accordo e dal contratto collettivo applicato. E' fatto divieto di consolidare le ore di lavoro supplementare.

Diritto al part-time: non esiste. La trasformazione del contratto da full-time a part-time e viceversa non costituisce una decisione unilaterale. Il rifiuto del lavoratore non può comportare sanzioni o licenziamento. Il datore ha l'obbligo di informare i lavoratori sull'esistenza di posti di lavoro vacanti sia full-time che part-time, così da favorire la mobilità volontaria.

-Equiparazione dei lavoratori part-time e full-time sul piano dei diritti, con applicazione del principio di proporzionalità.

-Definizione lavoratore full-time comparabile: lavoratore a tempo pieno della stessa impresa, con il medesimo tipo di contratto di lavoro, svolgente un lavoro identico o simile. Se nell'impresa manca un lavoratore comparabile, si farà riferimento alla giornata a tempo pieno prevista dal contratto collettivo applicabile o, in sua mancanza, alla durata giornaliera massima prevista dalla legge.

-Le ore di lavoro supplementare sono computate ai fini delle prestazioni di sicurezza sociale da corrispondere al lavoratore.

-I part-timers che non hanno diritto al sussidio di disoccupazione possono sottoscrivere con l'autorità competente una contribuzione volontaria ("Convenio Especial").

Diritto di precedenza: per i part-timers da più di tre anni per posti full-time vacanti e per i lavoratori pt o ft che abbiano convertito il loro contratto e vogliano ritornare alla situazione precedente.

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Definizione di contratto part-time e riferimenti normativi principali

Condizioni di ammissibilità, Proroghe e modifiche orario di lavoro - diritto al part-time -

Diritti relativi al rapporto di lavoro, - tutele di sicurezza sociale - incentivi - note

Francia

- Lavoratore part-time: colui il cui tempo di lavoro è inferiore a quello a tempo pieno (dal 2000, 35 ore per tutte le aziende).

- Riferimenti normativi:

- Prima regolamentazione del part-time negli anni 70’ limitatamente al settore pubblico.

-Ordonnance 1982, offre la prima disciplina organica del part-time.

-Ordonnance 1986, L. 1991, L. 1992, L. 1993, introducono sistematicamente introdotto incentivi economici pubblici.

- L. Aubry I (1998)

- L. Aubry II (2000), elimina la pratica degli incentivi economici, fornisce sostegno alla contrattazione collettiva, nel quadro di un impegno generale alla riduzione dell’orario di lavoro, segnando il passaggio, per ciò che riguarda il part-time, da una flessibilità più ampia ad una flessibilità più limitata.

- La contrattazione collettiva: stabilisce specifiche modalità applicative dei diritti ed è inoltre necessaria per il ricorso al cd. lavoro intermittente (caratterizzato dall’alternanza di periodi da lavoro e da non lavoro), tipologia lavorativa che la L. Aubry distingue dal part-time modulato.

Tipologie di part-time: orizzontale, verticale, modulato (in applicazione di un accordo di categoria o di impresa, la durata dell'orario settimanale/mensile può essere variamente articolato, purché nell’arco di un anno il numero delle ore non superi quello menzionato in contratto).

-Condizioni di ammissibilità: forma scritta del contratto, con indicazione precisa della qualifica del lavoratore, della retribuzione, della distribuzione oraria giornaliera, settimanale e mensile della prestazione, dei casi specifici della sua modifica e dei limiti allo svolgimento del lavoro supplementare. La mancanza di una di queste indicazioni o della forma scritta (salva in quest’ultimo caso la possibilità per il datore di dimostrare la durata contrattuale delle ore di lavoro ), causerà la riqualificazione del contratto come full-time. E' ammissibile sia il part-time a tempo indeterminato che a termine.

-Orario di lavoro: è ammissibile il lavoro supplementare, il numero di ore richiedibile è determinato in contratto, il lavoratore può rifiutarsi quando tale limite venga superato e nel caso in cui non gli sia stato dato un preavviso di 3 gg. La retribuzione è quella ordinaria, con una maggiorazione del 25% nel caso in cui il contratto collettivo preveda la possibilità per il datore di richiedere ore suppl. oltre il limite legale di 1/10 della durata dell’orario pattuita nel contratto individuale di lavoro. Il lavoratore ha il diritto di consolidare le ore suppl. svolte con regolarità.

-Variazione dei turni: ammissibile (con preavviso di 7 gg., riducibile fino a 3, per il lavoratore) in presenza nel contratto individuale di clausole elastiche di modifica della distribuzione temporale della prestazione. La clausola deve contenere i casi specifici di modifica, resta ferma la possibilità per il lavoratore di rifiutare per ragioni familiari urgenti, per svolgimento di altra professione, per motivi di studio.

Diritto al part-time: il lavoratore può richiedere la riduzione dell' orario di almeno 1/5 (senza scendere al di sotto delle 16 ore sett.), in caso di grave malattia del figlio (per 6 mesi), o nascita/adozione di figlio, se dotato di anzianità superiore ad un anno. L’esercizio di tale diritto è regolamentato dalla contrattazione collettiva, in mancanza della quale la legge dispone che il lavoratore debba informare per iscritto il datore della sua necessità, il quale dovrà rispondere entro 3 mesi e potrà rifiutare solo motivando che non esiste alcun impiego part-time equivalente in azienda o se il cambiamento potrebbe pregiudicare il buon funzionamento della stessa.

Diritto al part-time su base annuale:concessione di una o più settimane libere all’anno per motivi familiari, con specifica modifica del contratto individuale, anche in assenza di contratto collettivo. Non è chiaro se il datore possa rifiutarsi.

- I diritti dei part-timers possono essere sia di natura legale che contrattuale. Per il godimento di taluni diritti sociali (ad es. per il diritto a ricevere determinate prestazioni in danaro) è stabilito un minimo di ore lavorative., mentre il versamento di una contribuzione minima è richiesto per fruire dell'indennità di maternità o di malattia.

Indipendentemente dal numero di ore lavorate, si ha invece diritto all’iscrizione ad un regime di sicurezza sociale.

Equiparazione dei lavoratori part-time e full-time per ciò che riguarda il calcolo dei diritti legati all’anzianità, i congedi retribuiti, il periodo di prova, il periodo di preavviso, il diritto alla promozione e alla formazione.

-Principio di proporzionalità: applicato ai trattamenti economici ed al computo dei lavoratori

-Diritto di precedenza: per i lavoratori full-time sui lavori part-time offerti in azienda e viceversa.

-Incentivi: esenzione dal versamento dei contributi previdenziali in caso di stipulazione di contratti collettivi per la riduzione dell’orario di lavoro contenenti clausole sul part-time

81 1. responsabilità familiari per ragioni di tutela legale, 2. necessità formative in caso di incompatibilità oraria 3. incompatibilità con altro contratto a tempo parziale.

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Definizione di contatto part-time e riferimenti normativi principali

Condizioni di ammissibilità, Proroghe e modifiche orario di lavoro - diritto al part-time

Diritti relativi al rapporto di lavoro, - tutele di sicurezza sociale - incentivi – note

Paesi Bassi

- Contratto di lavoro part-time: prestazione effettuata ad un orario settimanale inferiore rispetto a quello normale.

Riferimenti normativi:

-Art. 7: 648 c.c. olandese, introdotto a seguito dell’entrata in vigore della legge che vieta la discriminazione sulla base dell’orario di lavoro (1996).

- Art. 7: 611 c.c. olandese, introduce l’obbligo di correttezza in capo al datore (good employership), strumento indiretto di riconoscimento del diritto al part-time.

- Art. 6:258 c.c. olandese, consente al lavoratore di richiedere la trasformazione del rapporto di lavoro da full-time a part-time per motivi sopravvenuti..

- L. sulla modifica dell’orario di lavoro (2000), stabilisce il diritto del lavoratore di incrementare o di ridurre il proprio orario di lavoro.

-Contrattazione collettiva: ha il potere di derogare i diritti ex lege ma più in merito all'ipotesi di incremento piuttosto che di riduzione dell’orario.

Tipologie di part-time: I contratti collettivi individuano due tipi di part-time, corto (la durata della prestazione non supera le 12/13 ore ) e lungo (quando la prestazione supera la soglia delle 12/13 ore).

- Orario di lavoro: è ammesso il lavoro supplementare. Nella maggior parte dei contratti collettivi (72%) ad esser definito è solo il lavoro straordinario (cioè quello che eccede l'orario a tempo pieno) fatto che comporta l'mpossibilità di una retribuzione corrispondente per il part-timer che svolga semplicemente lavoro supplementare. Ben il 25% ritiene che sia necessaria una maggiorazione retributiva, da calcolarsi però ad un tasso inferiore rispetto a quello previsto per il tempo pieno. Solo il 3% dei contratti prevede una retribuzione del lavoro supplementare pari allo straordinario previsto per il lavoratore full-time,

-Diritto al part-time: per i lavoratori assunti sia con contratto di lavoro di diritto privato che di pubblico impiego, impiegati in imprese con più di 19 dipendenti, tranne nel caso in cui debbano essere ritenuti prevalenti gli interessi dell’azienda (cfr. art. 2, waa) . Al di sotto dei 19 dipendenti, spetta al datore decidere ogni tipo di modifica dell’orario.

La richiesta deve pervenire per iscritto, con un preavviso di 4 mesi e non potrà essere rinnovata prima che siano decorsi due anni. Il datore è tenuto a fornire al dipendente una risposta scritta ed adeguatamente motivata, il suo rifiuto di concedere il part-time è valutato alla luce dell’obbligo di correttezza.

In mancanza di contrattazione collettiva che detti previsioni in tema di incremento dell’orario, il datore potrà accordarsi con le rappresentanze aziendali per la modificazione o per l’esclusione di tale diritto.

-Equiparazione dei lavoratori part-time ai lavoratori full-time, salvo giustificazioni oggettive che legittimino trattamenti differenziati per ciò che riguarda il periodo di prova, la disciplina del licenziamento, il godimento dei diritti attinenti alla sfera della sicurezza sociale (indennità di disoccupazione, per invalidità o per malattia).

-I part-time corti non danno diritto al godimento di premi per titoli di studio, benefici supplementari rispetto a quelli stabiliti dalla legge, riduzioni dell’orario lavorativo, indennità per lavoro prestato in orari specifici.

- Principio di proporzionalità: applicato ai trattamenti economici di natura retributiva, pensionistica e feriale.

- Incentivi: più che economici, a carattere normativo.

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Definizione di contatto part-time e riferimenti normativi principali

Condizioni di ammissibilità, Proroghe e modifiche orario di lavoro - diritto al part-time

Diritti relativi al rapporto di lavoro, - tutele di sicurezza sociale - incentivi – note

Italia

Contratto di lavoro part-time:

Definito in contrapposizione al contratto di lavoro a tempo pieno, è inteso come l’orario, fissato dal contratto individuale di lavoro, che risulti inferiore a quello normale.

Per "tempo pieno" invece si intende l’effettuazione dell’orario normale di lavoro stabilito dalla legge in 40 ore settimanali, oppure del minor orario stabilito dal contratto collettivo di lavoro applicato dall’azienda.

Riferimenti normativi:

-Legge n. 863/84 (istituzionalizza il part-time)

-Legge n. 554/88 (disciplina il part-time nel pubblico impiego)

-Legge n. 451/94 (art. 7 sperimentazione degli incentivi )

-Legge n. 196/97 (art: 13 incentivi per la riduzione dell’orario e per il part-time )

-Legge n. 53/2000 (art. 9 misure a sostegno della flessibilità di orario)

-D. Lgs. n. 61/2000 (riforma sostanziale della disciplina del part-time)

-Decreto Interministeriale 12 - 4-2000 – incentivi per i nuovi contratti part-time e a termine.

-D. Lgs. n. 100/2001 (integrazione e correzione del D.Lgs. n.61/2000)

-Ddl 848/2003 (riforma del mdl) disciplina il part-time all'art. 3.

I contratti collettivi nazionali, territoriali, aziendali, possono determinare condizioni e modalità della prestazione lavorativa

-Tipologie di part-time: orizzontale, verticale, ciclico (variante del part-time verticale) e misto (combinazione delle due modalità orizzontale e verticale).

-Condizioni di ammissibilità: il part-time è compatibile con il contratto a terminel'apprendistato, il cfl, l'agricolo ed il ruolo dirigenziale, mentre non è ammissibile nelavoro a domicilio, domestico e nel contratto dei piazzisti-viaggiatori.. Necessariastipulazione scritta del contratto, precisa indicazione della durata della prestazionelavorativa e della sua collocazione temporale, riferita al giorno/ settimana/ mese/ eanno. La forma scritta è richiesta come prova, per cui in sua mancanza, a richiesta delavoratore, potrà essere dichiarata la sussistenza di un rapporto di lavoro full-time.

Obbligo di comunicazione del datore alla Direzione Prov. del Lav. delle assunzioni part-time (sanzione amministrativa in caso di inadempimento) e di informazione annuale, alle rsa sull’andamento delle assunzioni part-time e sue modalità.

-Orario di lavoro: lavoro straordinario ammissibile solo nel part-time verticale relativamente alle giornate di attività lavorativa. Lavoro supplementare consentito, dietro consenso del lavoratore (il suo rifiuto non costituisce giustificato motivo di licenziamento) con determinazione da parte della contrattazione collettiva del numero massimo di ore suppl. effettuabili nell'anno e nel giorno e delle causali di richiesta. In attesa della contrattazione collettiva, è ammesso nella misura del 10% della durata dell’orario di lavoro a tempo parziale riferita a periodi non superiori al mese e da utilizzare nell’arco di più di una settimana. I contratti collettivi prevedono una maggiorazione sulla retribuzione oraria, in loro mancanza, le ore saranno retribuite come ordinarie. La maggiorazione per le ore suppl. svolte in misura eccedente quella consentita è stabilita dai contratti collettivi, ed in loro assenza sarà pari al 50%. E' ammesso il consolidamento del lavoro suppl. svolto in maniera non occasionale, se previsto e secondo i criteri stabiliti dai contratti coll.

Variazione turni: I contratti coll. possono prevedere clausole elastiche che stabiliscano le condizioni e le modalità a fronte delle quali è consentito al datore di modificare la collocazione temporale della prestazione inizialmente pattuita, dietro maggiorazione della retribuzione oraria, con preavviso per il lavoratore di almeno 10 gg (riducibile fino a 48 ore ad opera dei contratti coll., dietro ulteriore maggiorazione retributiva). Il lavoratore deve aver acconsentito con patto scritto, ferma restando la possibilità di esercitare il diritto di ripensamento (con preavviso di 1 mese al datore per esigenze familiari e di salute (dopo 5 mesi dalla stipulazione del patto) o per altra attività lavorativa (in questo caso i contratti coll. possono stabilire un periodo superiore ai 5 mesi, dietro indennità per il lavoratore).

-Diritto al part-time: non esiste. Il rifiuto del lavoratore di trasformare il proprio rapporto di lavoro da full-time in part-time o viceversa non costituisce giustificato motivo di licenziamento. Per la trasformazione da full-time a part-time è richiesto l'accordo scritto delle parti. Il datore ha l’obbligo di informare delle nuove assunzioni part-time i dipendenti full-time e di prendere in considerazione le domande di trasformazione a tempo parziale del rapporto, motivando, ove richiesto, il suo rifiuto.

-Equiparazione dei lavoratori part-time ai lavoratori full-time comparabili nei trattamenti normativi (godimento del diritto alla stessa retribuzione oraria, allo stesso periodo di prova e di ferie -tranne che nel part-time verticale-, alla tutela per infortunio, malattia, malattia professionale, diritti sindacali, Cigo, Cigs, mobilità e stessa durata dei periodi di astensione per maternità e di conservazione del posto di lavoro per malattia)

Riproporzionamento dei trattamenti economici (entità retribuzione, retribuzione feriale, tfr, compenso per malattia, infortunio malattia professionale, indennità di maternità e disoccupazione) in base al ridotto orario lavorativo.

-Lavoratore full-time comparabile: inquadrato allo stesso livello in forza di criteri di classificazione stabiliti dai contratti collettivi.

Computo dei part-timers: in proporzione all'orario svolto per l'applicazione di norme legali o collettive legate alle dimensioni aziendali.. Sono computati come unità intere ai soli fini sindacali.

Diritto di precedenza: solo per i part-timers relativamente ad impieghi full-time vacanti in unità produttive site entro 50 km, con risarcimento del danno in caso di non ottemperanza del datore.

Incentivi: benefici contributivi ai datori di lavoro che provvedano ad effettuare assunzioni part-time a tempo indeterminato ad incremento degli organici esistenti

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4. GLI ACCORDI AZIENDALI SUL LAVORO PART-TIME♦♦♦♦

4.1 Introduzione

Nell'approfondire il tema della contrattazione collettiva aziendale sul lavoro part-

time, siamo partiti da un'attenta analisi dei più significativi recenti accordi aziendali.

Uno degli scopi della ricerca era infatti quello di individuare quali principali

circostanze economiche e sociali generino nelle aziende posti di lavoro part-time.

Come è noto, il part-time risulta ancora sotto-utilizzato in Italia rispetto agli altri

paesi industrializzati. Si discute se sia a ragione dei comportamenti delle imprese,

della qualità delle politiche del lavoro o delle scelte personali dei lavoratori e delle

lavoratrici, che sono poi quelle principalmente coinvolte in questa modalità di

impiego o, più probabilmente, di un mix di questi fattori. Qualunque sia la ragione

della sua scarsa presenza nel nostro paese, resta evidente che sarebbe utile che il

part-time fosse più diffuso, vista la relazione positiva tra la sua incidenza

nell’occupazione e il tasso di partecipazione delle donne al lavoro1 in molti dei paesi

europei.

Per quanto riguarda le politiche del lavoro, è probabilmente dovuto ai recenti

provvedimenti quel processo di aumento dell’occupazione a tempo parziale che

negli ultimi anni ha portato il nostro tasso di part -ime ormai vicino al dieci per

cento. Accanto a ciò vi è il peso rilevante che occupano le strategie occupazionali

degli individui (anche in relazione alle strategie di cura delle famiglie) nel generare

questa forma d’impiego, che appare tra le poche soluzioni disponibili per chi voglia

conciliare il lavoro con le responsabilità di cura in un paese dove l’offerta di servizi

alle famiglie è particolarmente modesta. Non a caso, la dimensione elevata del

part-time nell’occupazione europea (il 18% nel 2001) e il fatto che in tutti i paesi

l’occupazione part-time abbia continuato a crescere per quasi tutti gli anni novanta,

ha fatto interpretare questo fenomeno da parte di alcuni osservatori come uno

“slittamento dalla strategia collettiva a strategie individuali di riduzione dell’orario di

lavoro” (Lehndorff 1999).

♦ Di Manuela Galetto e Anna Ponzellini 1 Una rassegna degli studi su questo problema è presentata in Reyneri (2002), p. 98 e segg.

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Quanto ai comportamenti delle imprese, questi si collocano contemporaneamente

su due piani diversi. Da un lato, sono la risposta – a volte subita – alle pressioni

delle lavoratrici a cambiare il regime d’orario in coincidenza con sopravvenuti

impegni familiari. Dall’altro – almeno in alcuni aziende e settori – corrispondono ad

una strategia organizzativa finalizzata ad un miglior utilizzo delle risorse umane,

come si vede dalla diffusione “settorialmente specifica” del part-time nella grande

distribuzione, nel settore alberghiero, nei servizi alle persone, nei call center, in

alcuni settori manifatturieri (elettrodomestici).

Tutti questi aspetti – applicazione delle norme di legge, strategie dei

lavoratori/delle lavoratrici, esigenze tecnico-produttive delle imprese – trovano uno

specchio discretamente fedele nello sviluppo e nelle caratteristiche qualitative della

contrattazione collettiva in materia di part-time. Soprattutto nella contrattazione

aziendale, che sembra costituire l’arena dove il part-time, rispondendo a domande

di varia natura, assume diverse modalità di applicazione.

Per questa ragione, la nostra indagine prende le mosse dall’analisi degli accordi

aziendali. A partire dalla selezione di alcuni accordi significativi, abbiamo

innanzitutto ricostruito una casistica sufficientemente rappresentativa delle diverse

situazioni e ci siamo successivamente proposti di dimostrare come il part-time

possa costituire un utile strumento organizzativo per le aziende e una buona

soluzione occupazionale per alcune lavoratrici (e anche per alcuni gruppi di

lavoratori).

L’analisi della contrattazione aziendale rende infatti possibile far emergere (e

rendere trasferibili) quegli schemi organizzativi, quelle misure di incentivazione,

quelle norme applicative che hanno dimostrato nei fatti di essere in grado di

soddisfare vuoi le esigenze dei dipendenti, vuoi quelle dei datori di lavoro, vuoi

entrambe le esigenze.

L’idea di questo lavoro nasce infatti dalla convinzione che ragionare su alcune

esperienze di successo - dimostrando la compatibilità economica ed organizzativa di

talune soluzioni positive, per una migliore conciliazione tra vita e lavoro – possa

riuscire a promuovere la diffusione del part-time in quelle aziende o in quei settori

che presentano caratteristiche organizzative e produttive simili oppure che debbono

fare fronte ad analoghe situazioni di contesto. Senza contare che la diffusione di

queste buone prassi potrebbe incentivare la loro introduzione - magari in via

sperimentale - anche in ambiti aziendali diversi.

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4.1.1 La contrattazione aziendale del part-time in Italia

La recente “riscrittura” dell’intera disciplina del lavoro part-time attraverso i dodici

articoli del D.Lgs. 25 febbraio 2001, n. 61 (successivamente modificato dal decreto

correttivo D.Lgs. n. 100/2001) ha, se possibile, ulteriormente allargato il ruolo della

contrattazione collettiva nella regolazione del lavoro part-time.

Nel disciplinare l'applicazione del contratto di lavoro a tempo parziale infatti, il

decreto abbonda di rinvii ai contratti collettivi, ai patti territoriali, e " .. ai contratti

aziendali stipulati dalle R.s.a. con l'assistenza dei sindacati che hanno negoziato e

sottoscritto il CCNL applicato". Secondo alcuni autori, l'obiettivo dei rinvii – presenti

già nella legge precedente, la 726 del 1984 - sembra essere proprio quello di

responsabilizzare le parti nell'attuazione e gestione di questa modalità di

regolazione dell'orario di lavoro (Lo Faro, 2000). Addirittura, la loro ratio esplicativa

sarebbe individuabile proprio nell'intento di istituire un controllo sindacale sulle

dinamiche del mercato del lavoro attraverso la contrattazione collettiva

(D'Antona2). Comunque, i rinvii sarebbero interpretabili come una sorta di

sollecitazione alle organizzazioni sindacali (Pinto 2000). Secondo altri, invece, il

rinvio sarebbe funzionale alla possibilità "di tenere conto della situazione concreta

esistente in ciascun settore della produzione, se non addirittura in ciascuna unità

produttiva, e, soprattutto, anche della sua evoluzione" (Persiani2). Qualunque fosse

l’obiettivo del legislatore, nei fatti, come vedremo anche negli accordi qui analizzati,

l’aspetto della promozione del confronto tra le parti sociali e quello dell’adattamento

flessibile alle condizioni organizzative - sono spesso presenti contemporaneamente

nella contrattazione (specie in quella aziendale).

Alla contrattazione collettiva – esplicitamente intesa nelle sue varie forme (contratti

collettivi nazionali di categoria, contrattazione territoriale e contrattazione

aziendale) - viene richiesto infatti di specificare ulteriormente le modalità

applicative del part-time su una serie di aspetti innovativi introdotti dalla nuova

disciplina. Dal D.Lgs. 61, l’autonomia negoziale, con esplicito riferimento ai Ccnl,

viene richiamata in merito agli obblighi di informazione, alla definizione del

cosiddetto part-time misto e soprattutto - perché è qui che stanno le principali

innovazioni proposte dal D.Lgs 61 - alle condizioni applicative del lavoro

supplementare e delle c.d “clausole elastiche” (che si riferiscono alla possibilità di

variare la collocazione temporale del part-time precedentemente definita).

2 D’Antona e Persiani citati in Pinto 2000.

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Ma è prevalentemente la contrattazione aziendale che si è presa l’onere, fin dalla

prima introduzione per via legislativa di questo istituto, di definire specifici schemi

di part-time collegati alle diverse esigenze tecniche, produttive e di mercato delle

aziende. Attraverso questo strumento negoziale sono state “inventate” le diverse

formule di part-time che ormai conosciamo (dal “part-time week-end” al “job

sharing”, etc.). E’ tramite la contrattazione aziendale che sono state introdotte

alcune forme di incentivazione (come le maggiorazioni consentite per prestazioni

supplementari o per particolari collocazioni del lavoro part-time). E’ dentro la

contrattazione aziendale, inoltre, che trovano specificazione le condizioni sociali

necessarie per la trasformazione del rapporto di lavoro da tempo pieno a tempo

parziale, le relative quote massime, le clausole di reversibilità, etc. Possiamo dire

che negli ultimi venti anni (quasi), la contrattazione aziendale ha adattato

flessibilmente alle specifiche esigenze aziendali l’applicazione del part-time.

Poche, tuttavia, almeno finora, le indagini sul part-time come tema negoziale.

Scarni riferimenti nell’ultima indagine sulla contrattazione aziendale (Cesos 2002):

su un campione di accordi aziendali nel settore industriale, tratto dall’archivio del

Cnel (151 accordi aziendali stipulati a livello nazionale nell’anno 2000) - le norme

relative al part-time risultano essere state negoziate in 18 accordi (12%).

Maggiori informazioni si ricavano da ricerche di taglio maggiormente qualitativo.

Due recenti indagini sulle misure aziendali per la conciliazione tra lavoro e vita

familiare hanno rilevato che una quota consistente della flessibilità degli orari

“potenzialmente favorevole ad una migliore conciliazione vita-lavoro” riguarda

proprio il lavoro part-time. Una prima ricerca (Piazza, Ponzellini, Provenzano,

Tempia 1999), effettuata nel 1997, che analizzava 121 misure aziendali di

flessibilità “positiva” contrattate nel quinquennio 1992-92, ha evidenziato che 26 di

tali misure (il 21%) riguardano la definizione di part-time di vario tipo3. Una

seconda ricerca (Ponzellini, Tempia 2003), effettuata a cinque anni di distanza,

rileva apparentemente una crescita della propensione a contrattare sul lavoro part-

time: in questo caso, infatti, nelle 214 “misure di conciliazione tramite flessibilità

d’orario” analizzate, il part-time ricorre 67 volte (pari al 31%)4. Entrambe queste

3 Da questo lavoro. emerge una casistica delle diverse forme di flessibilità “potenzialmente favorevoli alla conciliazione” che, per il part-time, considera dieci diversi casi ricorrenti: part-time tradizionale a metà giornata, part-time verticale settimanale, part-time in orario atipico, part-time per maternità e cure parentali, part-time elastico (con elasticità in entrata e uscita), part-time in coppia (o job sharing), part-time week-end, part-time di difesa occupazionale, part-time cortissimo (d’emergenza), part-time lungo (30 ore settimanali ed oltre). 4 Questa seconda indagine, prende in esame un insieme più vasto di misure aziendali “potenzialmente conciliative” che comprende, oltre alla flessibilità degli orari, i servizi aziendali, le indennità e benefit e i

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indagini – cui obiettivi erano per altro di tipo prevalentemente qualitativo - rilevano

soprattutto la ormai consistente articolazione degli schemi di orario, in termini sia di

durata che di collocazione nella giornata, nella settimana e nell’anno, che

caratterizza le esperienze applicative del part-time. Questo istituto appare infatti di

volta in volta sottintendere obiettivi sia organizzativi (risposte alla stagionalità della

produzione, all’aumento dei volumi produttivi, al prolungamento delle aperture dei

servizi, etc.), sia sociali (scelte definitive o trasformazioni temporanee del rapporto

per problemi familiari, tentativi di far coincidere l’orario di lavoro col calendario

scolastico, ampliamento dell’autonomia di scelta nella durata del tempo di lavoro,

etc.) di natura anche molto differente.

4.1.2 I criteri di lettura dei contratti aziendali

Essendo la raccolta degli accordi finalizzata a fornire utili esempi di soluzioni

applicative da diffondere presso altre aziende, i 26 accordi che vengono qui

presentati5 sono il risultato di una accurata selezione operata in ragione della loro

diversa specificità. Si tratta, per altro, di accordi recenti: tutti sono stati firmati dal

1998 ad oggi.

Come si vede dal box 4, i criteri usati per la classificazione degli accordi sono:

nome dell’azienda, settore, documento contrattuale di riferimento, descrizione

dettagliata della norma introdotta, tipo di part-time (secondo una tipologia che

contempla 4 principali tipi di part-time), fonte, anno di introduzione, note.

Merita qualche approfondimento la tipologia che è stata costruita per classificare gli

accordi di part-time. Dato che esistono norme di legge che valgono per tutti e

normative più articolate ma ancora di tipo generale nei Contratti Collettivi Nazionali

di Lavoro, ci è sembrato interessante far emergere a quali specifiche esigenze

aziendali e sociali rispondessero le norme specifiche introdotte a livello aziendale.

Come osserva anche Cappellini (1999) le potenzialità del part-time si possono

supporti alle carriere. Benché entrambe queste ricerche si siano poste un obiettivo più “promozionale” – evidenziare prassi “intelligenti” con cui le imprese possono favorire la conciliazione tra lavoro e vita dei propri dipendenti – che statistico, tuttavia, le fonti consultate sono assai ampie (in particolare in questo secondo caso sono stati esaminati oltre 800 accordi aziendali in cui ricorrono i temi: orario, indennità e benefit, pari opportunità), quindi i loro risultati possono essere considerati di qualche rilievo anche dal punto di vista statistico. 5 Le fonti principali di reperimento dei contratti sono state l'Archivio CNEL sulla Contrattazione Aziendale (ora anche in versione on line) e la rivista Lavoro Informazione o, come recentemente rinominata per la versione elettronica , il Diario del Lavoro. Sono stati utilizzati anche altri archivi gestiti dalle categorie sindacali (come, ad esempio, quello della Filcams, relativo al settore commercio, turismo, servizi e grande distribuzione).

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riscontrare sia nelle politiche del lavoro sia nelle politiche dell'occupazione6, in

particolare rispondono sia ad esigenze di flessibilizzazione della domanda di lavoro -

in termini di ore piuttosto che di numero di persone occupate - sia ad esigenze di

qualità della vita.

Dopo una prima analisi degli integrativi aziendali raccolti si è visto che è possibile

raggruppare in quattro grandi tipi gli obiettivi che le organizzazioni sindacali e le

rappresentanze dei datori di lavoro si proponevano con la specifica normativa di

part-time concordata. Essi sono:

dare risposta ad esigenze organizzative aziendali: sono quelle connesse con gli

specifici vincoli tecnici degli impianti di produzione, con la domanda variabile di

volumi produttivi oppure, nel caso dei servizi, con gli specifici orari di apertura

del servizio, le esigenze dell’utenza/clientela, etc.

dare risposta a bisogni dei dipendenti: si tratta in genere di preferenze legate

alla necessità di trovare equilibrio tra lavoro e vita familiare, oppure tra lavoro e

formazione.

risolvere o alleggerire situazioni di crisi aziendale, con esubero di dipendenti: in

questi casi, il part-time è un modo per redistribuire su tutti o su una parte di

dipendenti la riduzione dei volumi produttivi (e quindi delle ore di lavoro) che si

è verificata.

offrire occasioni di occupazione adatte a lavoratori appartenenti a fasce deboli

(donne con famiglia, giovani, etc.): in questo caso l’obiettivo sociale è prioritario

e le norme introdotte regolamentano in termini quantitativi e di collocazione.

Come si può vedere, mentre il primo tipo risponde ad una domanda di natura

squisitamente aziendale, gli altri tipi hanno una motivazione prevalentemente

sociale.

4.2 La classificazione dei tipi di accordi aziendali e le best practices

4.2.1 Part-time per esigenze di organizzazione aziendale

In tutti i settori industriali, le veloci fluttuazioni dei mercati costringono le aziende

ad adeguare l'offerta e, quindi, la produzione ad una domanda discontinua. Ma non

6 Le politiche del lavoro sono caratterizzate da obiettivi più "microeconomici" (intervento in una problematica occupazionale che riguarda una categoria specifica di lavoratori) rispetto alle politiche dell’occupazione che hanno valenza più macroeconomica, il cui obiettivo è aumentare lo stock occupazionale.

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è solo il riflesso sempre più pressante dell'instabilità dei mercati finanziari a

pretendere un'organizzazione della produzione il più snella e flessibile possibile, è

anche la stagionalità di certi prodotti, così come periodi più o meno intensi di

domanda di determinati prodotti, si pensi ad esempio alla vendita dei panettoni nel

periodo natalizio oppure al rallentamento del consumo di altri beni o servizi nel

periodo estivo. Nei servizi, inoltre, è la variabilità dei flussi di clientela durante la

giornata e durante la settimana a richiedere orari di apertura prolungati e presenza

numericamente variabile di risorse.

Abbiamo così individuato quel tipo di part-time introdotto da molti contratti

aziendali in relazione, appunto, ad esigenze aziendali di organizzazione della

produzione o del servizio.

Nell'ipotesi di accordo del 2 febbraio 2000 della Piaggio (settore metalmeccanico),

data l'accentuata stagionalità delle produzioni e verificati i volumi produttivi per

l'anno successivo, si propone l'inserimento di 80 operai a tempo indeterminato a

part-time verticale per affrontare i picchi stagionali di lavoro. Il periodo va dal 1

marzo al 30 settembre, con la possibilità da parte dell'azienda di variare inizio e fine

del periodo di 30 giorni. Il part-time ciclico viene qui considerato uno strumento che

ben risponde all'esigenza di adeguare, in modo flessibile, gli organici ai programmi

produttivi ed è da sottolineare il tempo indeterminato dei nuovi inserimenti, che

supera così il precariato dei lavoratori stagionali.

Nel paragrafo dedicato alla flessibilità nel contratto integrativo del 27 settembre

2000 di Whirpool, anch'essa del settore metalmeccanico, il contratto di lavoro part-

time è inserito in una gamma più vasta di possibilità di ricorso a modelli o

articolazioni nuove di regimi di orario, così "da poter raggiungere la massima

competitività e perseguire gli obiettivi assunti" nell'accordo. E qui il part-time si

interseca con altre tipologie di contratto - a tempo determinato, interinale, part-

time a tempo determinato – secondo il principio della ricerca della massima

competitività.

Contesti simili si trovano anche in altri due contratti aziendali oggetto di analisi

appartenenti allo stesso settore industriale: la Comau Val di Sangro e la FIAMM.

Nel primo caso, alla Comau Service di Val di Sangro la FIM e la UILM hanno

sottoscritto l'accordo separato per le assunzioni (9 aprile 2002) che prevede la

trasformazione di 40 contratti part-time week-end in normali contratti a tempo

pieno e indeterminato. Nel caso invece della FIAMM (Avvisatori acustici di

Montecchio Maggiore), i contratti part-time, nella fattispecie contratti week-end,

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222

sono a tempo determinato. L'accordo per i contratti week-end del 5 marzo 1998,

dopo aver esaminato e riconosciuto la necessità, per aumentata richiesta di

produzione, si propone di istituire un turno week-end che interesserà 18 nuove

assunzioni inquadrate al 2° livello. Si tratta, in particolare, di un part-time verticale

su 20 ore settimanali (sabato e domenica dalle 6 alle 16) attuato per 8 mesi

(rinnovabile per altri 4).

Sfumature diverse assumono invece le motivazioni del ricorso al part-time per due

aziende del commercio e della grande distribuzione: Coin e Auchan. Il part-time è

qui adottato per gestire flussi di clientela accentuati in particolari momenti dell'anno

e della settimana. Nel primo caso, infatti, l'unica forma di part-time descritta

dall'ipotesi di accordo del 19 settembre 2002 è quella che prevede l'assunzione di

"lavoratori part-time per prestazioni pari a 8 ore settimanali da effettuarsi nella

giornata di domenica". Nel caso di Auchan (ipotesi di accordo integrativo aziendale

del 16 dicembre 1997), l'assunzione (o trasformazione del contratto) a tempo

parziale avviene secondo una scala di criteri che comprende gli assunti con

contratto a termine, l'appartenenza al servizio, la data della domanda per il part-

time e l'anzianità. Nell'accordo viene sottolineata la duplice validità dell'istituto, che

oltre a consentire una maggiore flessibilità è anche "caratterizzato da adeguatezza

alle esigenze individuali dei lavoratori". I periodi ritenuti caratterizzati da maggiore

intensità di lavoro sono il periodo natalizio e pasquale, l'estate da giugno a

settembre e vengono poi inserite manifestazioni "programmabili e ricorrenti". Non è

un caso che venga sottolineato con una certa importanza anche la possibilità di

prestazioni straordinarie per i part-timer, in un limite massimo di 72 ore all'anno, in

occasione, ad esempio, di ristrutturazioni aziendali o iniziative promozionali e

deroghe alla chiusura settimanale.

Anche Nestlè (accordo integrativo 30 giugno 1998), Galbani (Accordo aziendale 25

giugno 1998) e Coca Cola (accordo integrativo 1 luglio 2002), appartenenti al

settore alimentare, hanno produzioni legate a picchi stagionali. Le prime due

aziende fanno riferimento al part-time come ad uno dei possibili strumenti insieme

a job-sharing, telelavoro, contratti week-end e part-time plurimodulati, in modo da

gestire l'organizzazione del lavoro con la maggiore flessibilità possibile. Nel caso di

Coca Cola Italia, invece, il ricorso a part-time e ad altre forme di lavoro flessibile è

dettato oltre che dalla stagionalità, anche dalla recentemente aumentata

competizione degli stabilimenti dell'Europa dell'est .

Vi sono poi casi in cui il contratto di lavoro part-time è contemplato solo per

specifiche mansioni ed esigenze di organizzazione del servizio. Ne offre un esempio

Page 225: Rapporto di ricerca “Il lavoro part-time. Italia e ... di ricerca... · diversi piani che influiscono su quelli che potremmo definire i modelli di lavoro part-time in Europa: il

223

il Monte dei Paschi di Siena (accordo integrativo aziendale 11 maggio 2001),

settore del credito, in cui le assunzioni part-time riguardano solo gli operatori dei

call center.

Non è facile parlare di buone pratiche in un contesto di studio di accordi che hanno

come obiettivo fondamentale quello di rendere la produzione (o il servizio) il più

adeguata possibile alle esigenze di mercato. Tuttavia, nell'accordo Piaggio è

importante il fatto che sia superato il binomio "stagionalità - precariato" attraverso

assunzioni sì stagionali, ma a tempo indeterminato. E, nell'intento di individuare

delle buone prassi, il caso Piaggio può ben inserirsi per il fatto di garantire

comunque un lavoro a tempo indeterminato ad un ampio numero di lavoratori

entranti.

4.2.2 Part-time per esigenze di conciliazione dei dipendenti

L'ambito individuale e personale del lavoratore è stato invaso in misura crescente

dall'attività lavorativa e l'orario di lavoro rappresenta una variabile chiave che,

quando opportunamente gestito, può permettere una giusta conciliazione anche, ed

è il caso più trattato e riconosciuto, con il tempo da dedicare alla famiglia.

Alcuni dei contratti aziendali studiati prevedono part-time esplicitamente per i

genitori o modularizzazioni degli orari di lavoro che ben si prestino a soddisfare

particolari esigenze dei suoi lavoratori e, soprattutto, lavoratrici.

Nel settore alimentare si distingue l'accordo sul lavoro a coppia della Biscotti Crich

(accordo 23 aprile 1999). Nell'introdurre l'istituto contrattuale del lavoro a coppia si

tiene conto sia della situazione in cui opera l'azienda e delle esigenze produttive dal

punto di vista delle diverse aree produttive, sia delle necessità familiari di molte

lavoratrici. Nel '99 alla Biscotti Crich sono stati introdotti 12 contratti di lavoro a

coppia.

Il contratto job sharing prevede che due dipendenti concordino tra loro la divisione

di un orario full-time su una base che può essere giornaliera, settimanale, mensile

o annuale). In caso di assenza di uno, l'altro deve garantire la copertura totale e la

retribuzione viene calcolata sulla quantità di lavoro svolto. Interessanti risultano i

criteri definiti per l'applicazione del lavoro a coppia: 1) gravi e provati motivi

familiari; 2) copertura delle 8 ore giornaliere di lavoro secondo turni ed orari in atto

nelle aree produttive; 3) fungibilità della mansione tenuto conto delle esigenze

tecnico produttive. Su 118 dipendenti, una decina di lavoratrici hanno deciso di

dividere con una seconda persona il loro posto di lavoro. Si tratterà ora di vedere

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gli effetti che questa sperimentazione ha avuto per poi eventualmente estendere

l'accesso ad una quota maggiore di dipendenti.

L'applicazione del contratto di lavoro a coppia in Biscotti Crich si distingue quindi

come buona pratica. La sperimentazione del lavoro condiviso in produzione

dimostra la possibilità di estendere il part-time anche fuori dall’ambito impiegatizio

dove è stato finora prevalentemente utilizzato. Infatti, attraverso il vincolo della

“presenza garantita” previsto dal job sharing si compensano i costi organizzativi

generati dall’introduzione del part-time nei lavori vincolati alle squadre di

produzione (che sono più sensibili all’assenteismo e alle necessità di sostituzioni).

Nell'accordo aziendale del 26 ottobre 1998 della Danone si ribadisce la disponibilità

ad accogliere le richieste di passaggi da contratti a tempo pieno a contratti a tempo

parziale (e viceversa) avanzate dai dipendenti, specificando tuttavia che tali

richieste dovranno essere compatibili con le esigenze di produzione dell'azienda. In

particolare, inoltre, saranno preferite le richieste di part-time verticale su base

annua e di part-time orizzontale a 4 ore purché le richieste siano complementari fra

loro e garantiscano, quindi, la copertura di un intero turno di lavoro anche nei

periodi di assenze pianificate. Questo rappresenta una forma di organizzazione del

lavoro che si avvicina al più specifico job sharing.

In quest'ultimo accordo sembra essere colta l'importanza che il part-time assume

anche per le esigenze dei lavoratori, si legge infatti: "Al fine di agevolare le

esigenze dei lavoratori …." Anche se poi sembra essere un po' severo nel

concederlo "..l'azienda conferma la disponibilità a prendere in esame le richieste

individuali di passaggio dal tempo pieno al part-time e viceversa".

Anche nel contratto Telecom, del settore delle telecomunicazioni, (27 maggio 2002)

sono ben accolte le varie forme di flessibilizzazione (telelavoro, remotizzazione,

part-time, job sharing) che " … possono contribuire a conciliare l'efficienza

aziendale con le esigenze personali e sociali dei dipendenti".

Nel caso di Vodafone-Omnitel (piattaforma aziendale da sottoporre a referendum,

giugno 2002) l'accesso al part-time, inizialmente destinato solo agli operatori dei

call center, viene allargato anche ad altre mansioni. In particolare le varie forme di

flessibilizzazione degli orari di lavoro sono volte a conciliare i tempi di vita e di

lavoro, con attenzione specifica ai genitori di figli sotto gli 8 anni di età (12 in caso

di adozione o affidamento). Viene trasposta la consuetudine precedentemente in

atto in Omnitel chiamata "progetto mamma".

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Anche alla Rinascente (ipotesi di accordo integrativo, 11 ottobre 2002) è previsto il

part-time, ma limitatamente a motivi di cura dei figli e secondo quote sulla forza

lavoro totale abbastanza rigide (ad esempio, nelle unità produttive tra 16 e 49

dipendenti, un solo lavoratore all'anno).

Di questi ultimi due accordi il primo, Vodafone-Omnitel, sembra più accessibile,

soprattutto per le lavoratrici, e per i lavoratori, ed ora non più solo per quelli

appartenenti ai call center.

4.2.3 Part-time per fronteggiare esuberi e/o ridurre il costo del lavoro

La riduzione dell'orario di lavoro si inserisce qui nel contesto degli esuberi di

personale. Un certo numero di accordi, infatti, stabilisce il ricorso al part-time come

forma di riduzione dei costi legati al lavoro.

Nel caso della SBE (Società Bulloneria Europea, accordo sull'orario del 1 marzo

1999) in realtà si ha l'introduzione non proprio del part-time ma di una riduzione

generale di un'ora dell'orario di lavoro, in un'ottica di "prevenzione", per continuare

a garantire competitività attraverso il contenimento dei costi di produzione,

Nel caso della ABB, del settore elettromeccanico (bozza di intesa quadro per gli

esuberi) il part-time si inserisce in una serie più vasta di strumenti che sono mirati

ad evitare licenziamenti.

Sempre in un'ottica di riorganizzazione (e ridimensionamento) del lavoro è anche il

contratto aziendale della Banca Popolare di Novara (accordo sul rapporto di lavoro a

tempo parziale, 4 dicembre 1996). L'accordo descrive in maniera esaustiva ambiti

di applicazione e modalità di passaggio al part-time, specificando elementi che non

sono scontati quali il fatto che il part-time non esclude mansioni che comportino un

grado, né la riduzione dell'orario di lavoro avrebbe ricadute sul piano di formazione

o sulla retribuzione (si parla anzi di incentivi per i part-timer).

La modalità con cui è regolato il part-time alla Banca Popolare di Novara può essere

considerata tra le buone prassi. All'interno dell'istituto di credito, infatti, il contratto

di lavoro part-time sembra essere molto incoraggiato, anche per figure di buon

livello professionale, come riscontrato nella maggior parte dei casi precedenti. Viene

tutelato il percorso formativo aziendale previsto, e, in generale, sembra essere

molto attento a non creare discriminazioni tra i lavoratori a tempo pieno e a tempo

parziale.

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226

4.2.4 Part-time per inserimento di fasce deboli

Nella tipologia di part-time volto all'inserimento delle fasce deboli possiamo

considerare il caso Electrolux Zanussi, in particolare l'accordo dell'8 luglio 2002 per

lo stabilimento di Mel, che può, a buon titolo, essere considerato una best practice.

L'accordo è ricco di proposte di individuazione di schemi di orario da implementare

con particolare attenzione ai tempi di vita familiari e personali dei lavoratori (che

saranno preventivamente oggetto di indagini sociologiche mirate). I nuovi schemi

d’orario sono in relazione ai picchi di produzione stagionali, ma con sensibile

attenzione alle esigenze dei dipendenti e, in particolare, delle dipendenti. Nella fase

di individuazione delle proposte per l'attivazione di strumenti di flessibilità d'orario e

combinazione di carriera e tempi di vita familiare, è coinvolto il centro di

coordinamento per le pari opportunità Ipazia. E' sottolineata poi l'attenzione alle

istituzioni e alle componenti locali del mondo del lavoro (servizi per l'impiego,

commissione Ipazia di Mel, Regione Veneto, Provincia di Belluno).

Come si legge nell'accordo: "Il nuovo regime strutturale dell'orario dovrà essere

sperimentato nel corso del 2003 ed essere adottato e messo a regime nel 2004.

L'azienda ha quindi affidato ad un pool di sociologi l'indagine sull'individuazione dei

tempi di vita personale e familiare dei lavoratori. Su questa base le parti si

impegnano a portare a compimento il negoziato sulla riforma strutturale degli orari

di lavoro. Nell'accordo viene inoltre ricordata la scadenza del 30 settembre 2002,

entro la quale le parti si impegnano, assistite dal centro di coordinamento Ipazia

per le Pari Opportunità, a presentare uno schema di accordo per la promozione

della flessibilità che dovrà prevedere schemi di flessibilità di orario (job sharing,

part-time, banca ore, ecc.) e percorsi formativi volti a permettere, in un'ottica di

integrazione dei tempi di lavoro e di cura e di valorizzazione della famiglia, una più

adeguata e articolata presenza dei genitori dopo la nascita dei figli e una positiva

continuità/progressione delle loro esperienze professionali e di carriera. Lo schema

sarà poi recepito con l'atto contrattuale anche ai fini di accesso ai finanziamenti

previsti".

Come già trattato nella parte relativa alla legislazione sul part-time tale istituto è

incentivato anche economicamente attraverso fondi e sgravi fiscali, ma nei casi

analizzati solo in Electrolux Zanussi troviamo riferimento all'accesso a tali

finanziamenti.

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227

4.3 Conclusioni

Come si vede da questa raccolta di casi, il part-time si presenta come un istituto

“proteiforme”, in grado di rispondere a domande diverse che spaziano dalle

esigenze aziendali di organizzazione/riorganizzazione di alcune attività, alle

esigenze individuali (prevalentemente riferite ad una migliore conciliazione tra

lavoro e vita familiare), alle esigenze collettive di difesa dei posti di lavoro.

Nel tentativo di individuare alcune discriminanti che ci aiutino a commentare meglio

i vari casi di utilizzo del part-time sembra che una prima differenza importante sia

quella tra rapporti di lavoro part-time che sono originati da trasformazioni dei

precedenti contratti a tempo pieno e rapporti part-time che risultano da assunzioni

specifiche. Nel primo caso – part-time da trasformazione – si tratta quasi sempre di

un part-time “volontario”, femminile e richiesto per problemi di cura dei figli (o altre

ragioni legate all’organizzazione della vita familiare). Fanno eccezione a questa

casistica, le occasioni - che l’esperienza ci dice essere decisamente più rare – in cui

le trasformazioni in part-time sono prodotte dalle crisi aziendali: in questi casi, è

evidente che il part-time è quasi sempre involontario e accettato solo come sistema

per evitare licenziamenti7.

Invece nel secondo caso, quello dei part-time in ingresso, si tratta evidentemente di

domanda di lavoro originata da specifiche esigenze aziendali: pensiamo al lavoro

degli addetti alle vendite nella grande distribuzione o a quello nei call centre –

attività che si prestano al part-time perché coprono fasce orarie prolungate durante

la giornata e la settimana e comportano presenze modulate sui flussi di clientela -

ma anche al lavoro manifatturiero durante i week-end, che corrisponde ad un

aumento della domanda di produzione in alcuni periodi dell’anno e a cui non si può

dare risposta con posti di lavoro a tempo pieno. In questi casi, succede molto più

frequentemente che il rapporto di lavoro part-time sia “involontario”, vada cioè a

pescare anche su un’offerta di lavoro giovanile, maschile (parzialmente anche

femminile), che accetta un posto a part-time solo perché non ne trova uno a tempo

pieno.

7 Qui la trasformazione di rapporti a tempo pieno in rapporti part-time viene applicata in caso di crisi e sostituisce la cassa integrazione (o anche i contratti di solidarietà) in aziende/settori dove non è prevista o sarebbe troppo complicato ottenerla. In qualche altro caso, la trasformazione può essere considerata “abbastanza volontaria”, come nelle strategie di promozione del passaggio a part-time adottate da alcune grandi aziende di servizi pubblici per alleggerire il costo del lavoro in occasione delle ristrutturazioni.

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Nei due casi cambia significativamente il tipo di contrattazione. Nel caso del part-

time richiesto dai dipendenti, quindi da trasformazione del rapporto, come si vede

anche dai casi esaminati, la contrattazione aziendale si concentra da parte

sindacale su questioni di garanzie per la carriera e, da parte datoriale, su questioni

di salvaguardia dell’efficienza organizzativa. Da un lato, infatti, l’azienda tende a

tutelarsi rispetto ad una organizzazione del lavoro più complicata (che è disposta a

tollerare solo entro certi limiti), stabilendo quote massime di lavoro part-time o

anche cercando di compensare i costi organizzativi attraverso una disponibilità

dei/delle part-timer a sostituirsi a vicenda in caso di assenza, come succede col job-

sharing (part-time a coppia). Dall’altro, le buone prassi applicative vanno cercate

tra le clausole che intervengono a facilitare la conciliazione tra lavoro e vita

familiare e tra quelle che intervengono nella tutela di questa forma di lavoro, che

tende ad essere più debole del lavoro a tempo pieno. Sono norme che prevedono

priorità per chi ha problemi di famiglia, modulazione dell’orario in modo da offrire

maggiori possibilità di scelta dell’orario sia in termini di durata che di collocazione,

modalità per il controllo del lavoro straordinario, garanzia di reversibilità8, impegno

dell’azienda a contrastare fenomeni di “ghettizzazione” nella carriera e, in qualche

caso, apertura anche alle professioni più qualificate.

Nel caso dei part-time “involontari” – come sono più spesso quelli in ingresso - le

buone prassi vanno ricercate in quegli accordi che si concentrano sulla graduale

trasformazione in full time, che prevedono diritti di precedenza in caso di assunzioni

a tempo pieno, che stabiliscono incentivi particolari, che utilizzano il part-time -

nella forma del part-time “ciclico” - come modo per superare la precarietà del

lavoro stagionale.

A fronte delle nostra carrellata di casi, possiamo concludere che in questi ultimi anni

la contrattazione aziendale del part-time si sta facendo relativamente più estesa ma

soprattutto qualitativamente più articolata. Anche a seguito dei nuovi

provvedimenti legislativi, si è probabilmente verificato un progressivo sblocco delle

incertezze sia del sindacato che delle imprese rispetto a questa forma di lavoro.

Da un lato il sindacato, sotto la pressione delle richieste delle lavoratrici, sembra

aver abbandonato la rigidità della sua posizione originaria (è noto che da sempre il

sindacato italiano teme, in parte giustificatamente, che la diffusione del part-time

finisca per creare una marginalizzazione dell’occupazione femminile). Dall’altro, pur

8 L’esperienza applicativa del part-time femminile “volontario” ci dice però che la trasformazione del rapporto da full time a part-time tende a stabilizzarsi.

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ancora in un quadro di domanda bassa, le aziende cominciano a vedere ed

apprezzare le convenienze offerte da questa forma di lavoro per l’organizzazione di

molte attività, sia pure in specifiche produzioni e servizi – grande distribuzione,

servizi alle persone, call center, pulizie – già diventati o in via di diventare a rischio

di segregazione femminile.

I casi raccolti ci consentono, comunque, oltre che a promuovere la diffusione di

modalità soddisfacenti di applicazione di tale istituto, di avanzare qualche riflessione

sulle problematiche che restano aperte. Sul fronte delle esigenze delle lavoratrici,

possiamo dire che il part-time richiesto per esigenze di conciliazione tende ad

essere rigido (nel senso che il tempo di lavoro offerto tende spesso ad identificarsi

con quello in cui figli sono a scuola: la mattina, i mesi invernali), ma non tanto

come sembra: molte donne sembrano adattarsi anche al part-time in turni (come

nella grande distribuzione e nei call centre), al part-time nei week-end, anche ad

improvvise sostituzioni delle colleghe (come nel job sharing), etc. E anche

l’innovazione organizzativa delle imprese tende a moltiplicare le occasioni di part-

time, come si vede dai nuovi part-time articolati (“nicchie di orario” collocate nel

pomeriggio o nella sera) richieste nella produzione degli elettrodomestici e non

sgraditi anche ad alcune lavoratrici con famiglia. Qualche maggiore possibilità di

incontro tra domanda ed offerta di part-time appare dunque percorribile.

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Box 4 - Tavola degli accordi aziendali più significativin. Azienda Sigle sindacali e

datoriali coinvolte, Categoria

Contratto/Piattaforma/Bozza rinnovo

Tema del lavoro part time Descrizione Tipo di part time ( esigenze di organizzazione della produzione o del servizio)

Fonte del Documento

Data documento

1 Piaggio MetalmeccanicoIpotesi di accordo, 2 febbraio 2000

Proposta/impegno di inserimento di 80 operai a tempo indeterminato a part time verticale per affrontare i picchi stagionali di lavoro (7 mesi dal 1° marzo al 30 settembre). Nell'ipotesi di accordo il part time ciclico è descritto come uno strumento che consente di adeguare, in modo flessibile, gli organici ai programmi produttivi.

part time ciclico in produzione per esigenze di organizzazione della produzione (stagionalità)

CNEL (gcedrone)

2 Coca Cola AlimentareAccordo integrativo, 3 luglio 2002

Si parla di orario di lavoro nell'ottica strumentale di soddisfare le diverse esigenze di carattere tecnico e produttivo , anche alla luce di eventuali evoluzioni organizzative, prevedendo strumenti quali: a) Diversa articolazione settimanale dell'orario di lavoro; b) Turni anche a ciclo continuo; c) Flessibilità di orario; d) Prestazioni di lavoro straordinario. Si tiene conto delle condizioni dei lavoratori nel paragrafo successivo, per le quali faranno da intermediari e rappresentanti i delegati sindacali nell'applicazione degli istituti elencati part time come strumento di flessibilizzazione

dell'orario per esigenze tecniche, organizzative e produttive

Diario del Lavoro (web)

3 Coin

Commercio, grande distribuzione

Ipotesi di accordo, 19 settembre 2002

L'unica forma variabile di part time descritta nel contratto è quella che prevede l'assunzione di "lavoratori a part-time per prestazioni pari a n.8 ore settimanali da effettuarsi nella giornata di Domenica"

Non si parla di stagionali, come potrebbe essere invece il caso dati i picchi di attività, ad esempio, nei periodi festivi

part time domenicale per specifiche esigenze di organizzazione del servizio (flussi clientela)

CNEL (gcedrone)

4Monte dei Paschi di Siena Credito

Accordo integrativo aziendale 11 maggio 2001 Le assunzioni a part time sono previste unicamente per i call center

Nell'accordo ampio spazio è lasciato piuttosto agli assetti di inquadramento del personale e alla parte salariale. Non si parla molto di part time, fatta eccezione per l'unico caso in cui è contemplata, e cioè per i call center

part time per specifiche esigenze di organizzazione del servizio

Sito: Il Diario del Lavoro (Giugni) LCC 22 maggio 2002

5 Auchan

Commercio, grande distribuzione

Ipotesi di accordo integrativo aziendale, 16 dicembre 1997

da parte dell'azienda per far fronte ai flussi di attività con maggiore flessibilità, istituto caratterizzato da adeguatezza alle esigenze individuali dei lavoratori. E' ammesso un massimo di 72 ore di straordinario per i lavoratori part time, con consenso del lavoratore, e in riferimento a specifiche ulteriori esigenze organizzative quali ristrutturazioni aziendali, iniziative promozionali, deroghe alle chiusure settimanali, esigenze legate alla stagionalità ed all'attività natalizia e festiva. Viene poi individuata una scala di criteri nell'individuare la priorità di assegnazione del part time (assunti con contratto a termine, appartenenza al settore o servizio, data della domanda, anzianità).

part time per specifiche esigenze di organizzazione del servizio (flussi clientela)

CNEL (gcedrone)

6 Whirpool MetalmeccanicoContratto integrativo del 27 settembre 2000

Confermata l utilità (in riferimento alla ricerca di flessibilità per poter raggiungere la massima competitività) del rapporto di lavoro a tempo determinato, del lavoro temporaneo, dell'utilizzo del tempo parziale, le parti concordano che strumenti quali la flessibilità, gli orari multiperiodali, il ricorso a modelli o articolazioni di nuovi ( rispetto agli esistenti) regimi di orario, potranno essere oggetto di confronto fra le parti, anche alla luce della necessità di perseguire gli obiettivi assunti nel presente accordo. Le parti si impegnano poi a esaminare periodicamente le modalità dell'istituto della banca ore

Il tema del lavoro a tempo parziale rientra, in questo accordo, nella sezione dedicata alla flessibilità. L'unico motivo del ricorso, oltre che al part time, anche alle altre forme di contratto ( a tempo determinato e lavoro temporaneo) è la ricerca di competitività.

part time per specifiche esigenze di organizzazione della produzione e risposta al mercato /stagionalità della produzione)

Lavoro Informazione, n. 17, 2000

7 Nestlè AlimentareAccordo integrativo 30 giugno 1998

Ai fini di gestire al meglio i flussi di produzione, nel periodo di vigenza dell'accordo, vengono sperimentati nuovi modelli di lavoro, quali: lavoro compresso, mobilità della prestazione durante la settimana lavorativa, superamento dell'orario settimanale contrattuale con conguaglio mensile e/o annuale; lavoro a tempo parziale plurimodulato, prestazione di lavoro condiviso, telelavoro, week end job

part time plurimodulato per specifiche esigenze di organizzazione della produzione e risposta al mercato

CNEL (gcedrone)

8 Galbani AlimentareAccordo aziendale 25 giugno 1998

Nella sessione dell'accordo dedicata a "Organizzazione e orari di lavoro" l'esigenza di flessibilità, tra le cui forme si trova anche il part time, viene così introdotta: "Le esigenze economiche e organizzative di competitività e di flessibilità del sistema industriale aziendale comportano l'interesse ad esaminare tipologie di rapporto di lavoro o di orari di lavoro, con le connesse implicazioni di salario, non rientranti nelle abituali pratiche aziendali". In tale logica sarà favorito: il lavoroweek end, part time verticale su più stabilimenti, job sharing, telelavoro.

Successivamente all'introduzione circa la necessità di ricorrere a forme diverse di lavoro, nell'accordo si precisa che i cambiamenti introdotti non saranno "cumulabili" ad eventuali ulteriori disposizioni altre in materia di orari di lavoro, e che sarà monitorato l'andamento del lavoro in relazione ai cambiamenti introdotti nell'orario e l'impatto sull'organizzazione aziendale. Citando testualmente l'accordo: "I lavori della predetta Commissione (di monitoraggio) saranno consegnati alle Parti stipulanti per le successive autonome valutazioni, anche congiunte. fermo restando che ove dovessero intervenire eventuali disposizioni di legge o di contratto in materia , non potrà determinarsi sommatoria rispetto alle condizioni eventualmente previste a livello aziendale".

part time verticale, part time week-end e job sharing per specifiche esigenze della produzione e risposta al mercato (produzioni stagionali)

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Fiamm (Avvisatori acustici di Montecchio Maggiore) Metalmeccanico

L'accordo per i contratti week end (5 Marzo 1998)

Esaminata e riconosciuta la necessità (per esigenze di aumentata richiesta di produzione) di istituire un turno week end che interesserà 18 nuovi dipendenti. Con decorrenza 14/03/98 sono stati attivati contratti di 8 mesi rinnovabili per altri 4 mesi a tempo parziale limitatamente ai giorni di sabato e domenica. Si tratta di un part time verticale regolato su 20 ore settimanali (sab. e dom. dalle 6 alle 16), con inquadramento 2° liv., categoria operai. E' prevista una formazione iniziale con 6 ore di teoria e 18 di pratica. Le festività non sono retribuite se cadono fuori dai giorni lavorativi previsti per il part time r.

part time week-end a tempo determinato per specifiche esigenze di organizzazione della produzione e risposta al mercato

Lavoro Informazione, n. 9, 1998

10Comau val di Sangro Metalmeccanico

Accordo separato per le assunzioni

Alla Comau Service di Val di Sangro la Fim e la Uilm hanno sottoscritto un accordo che trasforma 40 contratti part time e week end in normali contratti a tempo pieno e indeterminato.

In questo caso contestualmente alle esigenze di nuove assunzioni si trasformano i contratti part time vigenti in contratti a tempo pieno e indeterminato

part time week-end, per esigenze produttive, con transizione al tempo pieno e indeterminato

Sito: Il Diario del Lavoro (Giugni) LCC 9 aprile 2002

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n. Azienda Sigle sindacali e datoriali

coinvolte, Categoria

Contratto/Piattaforma/Bozza rinnovo

Tema del lavoro part time Descrizione Tipo di part time ( per esigenze dei dipendenti) Fonte del Documento

Data documento

1 Biscotti Crich AlimentareL'accordo sul lavoro a coppia (23 Aprile '99)

Nell'introdurre l'istituto contrattuale del lavoro a coppia, si tiene conto sia della situazione in cui opera l'azienda e delle esigenze produttive dal punto di vista delle diverse aree produttive, sia delle necessità familiari di molte lavoratrici. Per l'anno '99 nell'accordo sull'orario si prevedono non più di 12 rapporti di lavoro a coppia contemporaneamente. Le due persone concordano senza alcun vincolo la divisione dell'orario (su base che può essere giornaliera, settimanale, mensile o annuale). In caso di assenza di uno, l'altro deve garantire la copertura totale. La retribuzione è calcolata in base alla quantità di lavoro svolto. In caso di dimissioni olicenziamento di uno, l'altro torna automaticamnete a tempo pieno. I criteri definiti per l'applicazione del lavoro a coppia sono: 1) gravi e provati motivi familiari 2) copertura delle 8 ore giornaliere di lavoro secondo turni ed orari in atto nelle aree produttive 3) fungibilità della mansione tenuto conto delle esigenze tecnico produttive. Su 118 dipendenti, una decina di lavoratrici hanno deciso di dividere con una seconda persona il loro posto di lavoro.

L'esame sugli effetti dell'introduzione e applicazione di questo nuovo istituto contrattuale sono stati analizzati, come previsto dall'accordo, a Marzo 2000

part time di coppia (job-sharing) per esigenze familiari dei dipendenti

Lavoro Informazione, n. 10, 1999 23 aprile 1999

2 Danone AlimentareAccordo Aziendale 26 Ottobre 1998

Al fine di agevolare le effettive esigenze dei lavoratori, l'azienda conferma la disponibilità a prendere in esame le richieste individuali di passaggio dal tempo pieno al part time e viceversa. L'accoglimento delle richieste sarà valutato in ragione delle esigenze organizzative aziendali.In particolare saranno preferite le richieste di part-time verticale su base annua e di part-time orizzontale a 4 ore purché le richieste siano complementari fra loro e garantiscano, quindi, la copertura di un intero turno di lavoro anche nei periodi di assenze pianificate.L'azienda fornirà periodica informazione alle R.S.U. circa le richieste e l'evoluzione dei rapporti part-time. part time orizzontale e verticale, con preferenza per

job-sharing, per esigenze familiari dei dipendenti

CNEL - Archivio contratti aziendali 26 ott. 1998

3Omnitel-Vodafone

Fim Cisl, Fiom CGIL, Uilm UIL TELECOMUNICAZIONI (Gruppo olivetti - Metalmeccanici)

La piattaforma sindacale per il contratto aziendale: ipotesi da sottoporre a Referendum

Tra i temi del confronto "Turnistica e Orari di lavoro".Maternità/paternità:- Rientro alla propria mansione dopo il congedo per maternità;- Introduzione di orari flessibili, volte a conciliare tempi di vita e di lavoro, con particolare riferimento ai genitori di figli sotto gli 8 anni di età (12 anni in caso di affidamento o adozione) attraverso flessibilità in entrata e uscita, part-time reversibile, telelavoro, banca delle ore, lavoro concentrato, flessibilità sui turni (analoga alla consuetudine in atto in Omnitel detta "progetto mamma")- REGOLAMENTAZIONE cambi di turno per Full time e Part time.- Nei casi di stabili e costanti prolungamenti di orario per il personale part-time si richiede la verifica per il consolidamento dell’orario in essere- Maggiore alternanza, regolarità e visibilità delle griglie di turno e dei riposi; - Accesso al part-time reversibile anche al personale non operante in call center; - Nel frattempo incremento delle pause per i part-time a 6 ore come segue: una pa- Garanzia effettuazione dei recuperi compensativi e di attuazione della banca ore; part time per dipendenti genitori

Sito: Il Diario del Lavoro (Giugni) LCC Mart. 25 giugno 2002

, in ciascun anno, di almeno metà delle festività lavorate

4 Telecom Telecomunicazioni

CCNL Telecomunicazioni 27 maggio 2002 Roma

Le parti convengono, anche sulla base di esperienze realizzate nell’ambito del Gruppo, sulle opportunità offerte da telelavoro, remotizzazione, part-time, job-sharing. Tali tipologie di lavoro, grazie alla particolarità della collocazione della prestazione, dal punto di vista del luogo (telelavoro, remotizzazione) o del tempo (part-time, job-sharing), possono contribuire a conciliare l’efficienza aziendale con le esigenze personali e sociali dei dipendenti. Nelle singole aziende/B.U. potranno pertanto essere previsti momenti di confronto per avviare, consolidare o sviluppare il ricorso a tali forme di lavoro. In particolare le Parti ritengono che, previo confronto in sede aziendale, si possano individuare occasioni di mobilità professionale che consentano la trasformazione di rapporti di lavoro part-time in rapporti full-time, tenuto anche conto della maggiore anzianità di servizio, fermi restando gli obiettivi del corretto dimensionamento occupazionale e del remix professionale del Gruppo

Si parla molti di formazione. Meno trattato il tema dell'orario di lavoro, il part time è piuttosto correlato alle nuove forme di lavoro eventulmente da implementare

part time e job-sharing per esigenz familiari dei dipendenti

Sito: Il Diario del Lavoro (Giugni) LCC 27 maggio '02

5 Filodoro Tessile

Accordo integrativo aziendale, 1999 (valido fino a 30/06/02)

In questo contratto il part time è trattato soprattutto dal punto di vista della compatibilità con una corretta organizzazione del lavoro dei singoli reparti e stabilimenti (si individuano solo due reparti in cui è possibile godere del part time, dove la persona non è legata ad una macchina). Anche il resto dello schema dell'orario di lavoro è organizzato per reparti.

part time in produzione per esigenze dei dipendenti (solo posizioni di lavoro non vincolate agli impianti)

CNEL (gcedrone)

6 Rinascente

Commercio, grande distribuzione

Ipotesi di accordo integrativo aziendale (11 ottobre 2002)

Un paragrafo a parte è dedicato al Part time post maternità : "Al fine di consentire ai lavoratori assunti a tempo pieno e indeterminato l'assistenza al bambino fino al compimento del terzo anno di età, l'azienda accoglierà, nell'ambito del 2% della forza occupata nelle unità produttive con più di 15 dipendenti, in funzione della fungibilità dei lavoratori interessati, la richiesta di trasformazione temporanea del rapporto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale da parte del genitore. Nelle unità produttive che occupano da 16 a 49 dipendenti tale richiesta spetta ad un solo lavoratore nel corso dell'anno. La richiesta di passaggio a part-time dovrà essere presentata con un preavviso di 60 giorni e dovrà indicare il periodo per il quale viene ridotta la prestazione lavorativa"

part time per esigenze familiari dei dipendenti - limitatamente ad esigenze di cura dei figli-

Archivio sito web di Filcams CGIL

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n. Azienda Sigle sindacali e datoriali

coinvolte, Categoria

Contratto/Piattaforma/Bozza rinnovo

Tema del lavoro part time Descrizione Tipo di part time ( per fronteggiare esuberi e/o ridurre il costo del lavoro)

Fonte del Documento

Data documento

1

Sbe (Società bulloneria Europea) Metalmeccanico

L'accordo sull'orario (1 Marzo 1999)

Per contenere i costi di produzione, e continuare a garantire competitività, l'orario di lavoro giornaliero sarà ridotto di un'ora con una conseguente ricaduta retributiva su tutti gli istituti contrattuali. La riduzione non riguarda tutti i lavoratori, l'orario settimanale scende a 35 ore.

Part time non è previsto, ma l'orario di lavoro viene ridotto in modo più esteso. Interessa infatti una buona parte dei lavoratori, anche se riguarda una riduzione di una sola ora di lavoro part time per fronteggiare gli esuberi di personale

Lavoro Informazione, n. 8, 1999

2 Abb Italia Elettromeccanico

Intesa quadro per gli esuberi in via di perfezionamento

Non ci saranno licenziamenti, ma si farà ricorso ad una serie di strumenti che variano dalla cassa integrazione all'outplacement, dagli esodi volontari alla mobilitàlunga in vista della pensione, dal part time alla riqualificazione per la ricollocazione all'interno del gruppo.

In questo caso il part time è contemplato come strumento ausiliario in un momento di emergenza del gruppo aziendale in piano di ristrutturazione. part time per fronteggiare gli esuberi di personale

Sito: Il Diario del Lavoro (Giugni) LCC 10 genn.2002

3

Banca Popolare di Novara Credito

Accordo sul rapporto di lavoro a tempo parziale, 4 dicembre 1996

Accordo teso a favorire un maggior ricorso al part time. Rapporti di lavoro a tempo parziale potranno essere stabiliti con scadenza non inferiore ai 36 mesi. Analoga durata potrà essere prevista per le richieste di proroga dei contratti in corso. Orario pt non superiore alle 25 ore settimanali (nelle giornate semifestive i lavoratori part time non potranno superare le 3 ore e 30. Adibizione a tempo parziale anche per le posizioni di lavoro comportanti un grado. L'adibizione a part time, assicura l'azienda, non comporterà cadute limitative per quanto attiene sia alla retribuzione di un grado, sia alla fruizione dei corsi di formazione professionale. Previsti contributi finanziari per i part timers.

part time, anche in qualifiche alte, per ridurre il costo del lavoro (verificare)

CNEL - Archivio contratti aziendali

4 CARIME CreditoAccordo integrativo, 1 luglio 2002

Questione della reperibilità (poco chiara nell'accordo, vedere accordi precedenti). Econtemplato il lavoro a tempo parziale "9) in tema di lavoro a tempo parziale, l'azienda favorirà, ai sensi dell'art. 26 del ccnl, l'ulteriore utilizzo di tale istituto;

part time, anche in qualifiche alte, per ridurre il costo del lavoro (verificare)

Diario del Lavoro (web)

n. Azienda Sigle sindacali e datoriali

coinvolte, Categoria

Contratto/Piattaforma/Bozza rinnovo

Tema del lavoro part time Descrizione Tipo di part time ( per inserimento al lavoro di fasce deboli)

Fonte del Documento

Data documento

1Electrolux-Zanussi Metalmeccanico

L'accordo per lo stabilimento di Mel - 8 Luglio 2002

l'accordo per lo stabilimento di Mel favorisce la combinazione delle diverse esigenze: picchi di produttività dell'azienda e part time verticali destinati ad una tipologia particolare di lavoratori "del mercato del lavoro locale connotati da precarietà o da discontinuità nel passaggio scuola-lavoro", guidati poi dai servizi per l'impiego nel trovare impieghi presso altre aziende. L'azienda ha poi avviato un'indagine, affidata ad esperti, sui lavoratori di Mel ai fini dell'individuazione dei loro bisogni, aspettative e disponibilità con particolare riguardo ai temi degli orari di lavoro, delle flessibilità prestative e dei relativi sistemi di incentivazione. Il nuovo orario dovrà garantire adeguatamente sia l'organizzazione dei tempi professionali, personali, familiari e sociali delle maestranze, sia la modulazione produttiva all'effettiva domanda commerciale. Il nuovo regime strutturale dell'orario dovrà essere sperimentato nel corso del 2003 ed essere adottato e messo a regime nel 2004. L'azienda ha quindi affidato ad un pool di sociologi l'indagine sull'individuazione dei tempi di vita personale e familiare dei lavoratori. Su questa base le parti

L'accordo è ricco di proposte di individuazione di schemi di orario da implementare con particolare attenzione ai tempi di vita, familiari e personali dei lavoratori, che sono diventati oggetto di indagini sociologiche mirate. Questo in relazione ai picchi di produzione stagionali, ma con sensibile attenzione alle esigenze dei dipendenti e, in particolare, delle dipendenti. Nella fase di individuazione delle proposte per l'attivazione di strumenti di flessibilità d'orario e combinazione di carriera e tempi di vita familiare, è coinvolto il centro di coordinamento Ipazia per le pari oppurtunità. E' sottolineata poi l'attenzione alle istituzioni e componenti locali del mondo del lavoro (servizi per l'impiego, commissione Ipazia di Mel, Regione Veneto, Provincia di Belluno) part time per inserimento al lavoro di fasce deboli

Sito: Il Diario del Lavoro (Giugni) LCC 4 settembre 2002

si impegnano a portare a compimento il negoziato sulla riforma strutturale degli orari di lavoro. Nell'accordo viene inoltre ricordata la scedenza del 30 settembre 2002, entro la quale le parti si impegnano, assistite dal centro di coordinamento Ipazie per le Pari Opportunità, a presentare uno schema di accordo per la promozione della flessibilità che dovrà prevedere schemi di flessibilità di orario (jobsharing, part time, banca ore, ecc.) e percorsi formativi volti a permettere, in un'ottica di integrazione dei tempi di lavoro e di cura e di valorizzazione della famiglia, una più adeguata e articolata presenza dei genitori dopo la nascita dei figli e una positiva continuità/progressione delle loro esperienze professionali e di carriera. Lo schema sarà poi recepito con l'atto contrattuale anche ai fini di accessoai finanziamenti previsti.

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233

5. LE POLITICHE PER L’INCENTIVAZIONE DEL PART-TIME IN

ITALIA E IN EUROPA♦♦♦♦

A seguito dell’evoluzione della legislazione italiana ed europea in materia di part-

time, obiettivo di questo capitolo finale è quello di capire ed analizzare quali

politiche sono state messe in atto dai diversi Paesi al fine di stimolare e/o

incentivare l’utilizzo del part-time.

L’orario di lavoro è stato oggetto di grande interesse nel corso degli anni ’90,

principalmente a causa dei tassi di disoccupazione relativamente alti nell’Unione

Europea. La creazione di programmi di intervento sulla riduzione dell’orario di

lavoro e sull’introduzione in maniera più diffusa ed efficace di forme lavorative e a

tempo parziale è stata una delle questioni più importanti esaminate nelle politiche

di molti Paesi europei, in cui è stata, spesso, espressa l’ipotesi che se i lavoratori

attualmente attivi riducessero il loro orario di lavoro, le restanti ore

permetterebbero di incrementare la partecipazione al mercato del lavoro sotto

forma di nuove attività per chi attualmente non ha una occupazione retribuita.

A partire dalla consapevolezza che diverse possono essere le finalità con cui il tema

del part-time viene concettualizzato (ad esempio, da strumento per favorire la

partecipazione femminile al mercato del lavoro1, a strumento a supporto

dell’invecchiamento attivo) e che diversi sono, di conseguenza, i modelli di

intervento a cui dare applicazione, il lavoro che segue è volto a presentare tali

diverse concettualizzazioni evidenziando, di volta in volta, punti di contatto e/o

differenziazione tra i Paesi che le propugnano.

Tale disamina permette non solo di avere un quadro chiaro e completo di come si

stanno muovendo a livello di politiche i diversi Stati europei sul tema in questione,

♦ Di Elena Ferrari, Daniela Oliva e Flavia Pesce.

1 Nella maggior parte dei Paesi europei, circa tre lavoratori part-time su quattro sono donne. L’aumento

del part-time viene, quindi, in molti casi considerato un fattore che, indirettamente, può contribuire ad

aumentare l’occupazione femminile. Molte ricerche europee degli ultimi anni sottolineano l’importanza

crescente che il lavoro part-time ha assunto, oggi, soprattutto per le donne dando evidenza alle diverse

funzioni che tale forma di lavoro assolve nei confronti di uomini e donne. Per le donne, opera, infatti,

spesso, come un importante strumento per conciliare il lavoro retribuito con i doveri familiari; per gli

uomini, invece, questa modalità di lavoro diventa lo strumento privilegiato che consente loro di conciliare

studio e lavoro e di avere più tempo per sé e per le proprie attività di svago.

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ma si caratterizza anche come base di riflessione comune sulle possibili “piste” da

intraprendere evidenziando implicazioni di policy a cui attenersi nell’ottica di

incrementare l’utilizzo del part-time contrastando, contemporaneamente, gli

stereotipi negativi che lo accompagnano (lavoro dequalificato in quanto spesso

associato alla componente femminile del mercato del lavoro)2. E’ in questa ottica

che il capitolo si conclude con la presentazione di alcuni box esemplificativi in cui

vengono presentate alcuni esempi di caso a livello europeo sul tema che possono

essere letti anche in un’ottica di trasferibilità.

5.1 L’Accordo Quadro europeo sul lavoro a tempo parziale

Prima di entrare nel dettaglio dell’analisi dei diversi modelli di intervento presenti in

Italia e negli altri Paesi europei appare opportuno soffermarci sull’Accordo Quadro

europeo sul lavoro a tempo parziale (presentato in allegato alla Direttiva 97/81/CE

del Consiglio europeo) che, enunciando principi generali e prescrizioni minime

relative al part-time che gli Stati membri sono stati chiamati a mettere in vigore già

dai primi mesi del 2000, si caratterizza come un elemento di riferimento comune su

cui basare le successive analisi.

Tale accordo prende le mosse dalle conclusioni del Consiglio Europeo di Essen, che

hanno sottolineato la necessità di provvedimenti per promuovere l’occupazione e la

parità di opportunità tra donne e uomini e hanno richiamato l’esigenza di adottare

misure volte ad incrementare l’intensità occupazionale della crescita, in particolare

mediante un’organizzazione più flessibile del lavoro. Sono state, dunque, consultate

le parti sociali sul possibile orientamento di un’azione comunitaria relativa alla

flessibilità dell’orario di lavoro. È stata, quindi, emanata la Direttiva di cui sopra,

intesa ad attuare l’accordo quadro sul lavoro a tempo parziale concluso tra le

organizzazioni intercategoriali a carattere generale (UNICE, CEEP, CES).

L’Accordo Quadro rappresenta un importante contributo alla Strategia Globale

Europea per l’Occupazione e prende le mosse dal fatto che il lavoro a tempo

parziale ha avuto importanti effetti sull’occupazione.

Pur riconoscendo la diversità delle situazioni nei diversi Stati membri e

riconoscendo che il lavoro a tempo parziale è caratteristico dell’occupazione in certi

2 Nonostante questi stereotipi negativi, i lavoratori che vorrebbero ridurre l’orario di lavoro, sono la

maggioranza preferendo forme di part-time verticale in cui alcuni giorni a settimana a tempo pieno sono

alternati a giorni liberi.

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settori ed attività, l’Accordo Quadro ha, come sottolineato precedentemente, mirato

ad enunciare principi generali e prescrizioni minime relative al part-time che gli

Stati membri sono stati chiamati a mettere in vigore già dai primi mesi del 2000.

Risulta chiaro, da quanto appena delineato, come l’Accordo Quadro rappresenti un

punto di partenza di cruciale importanza nell’ambito dell’obiettivo perseguito

all’interno di questo capitolo: questo direttiva, infatti, “pone i paletti” entro i quali

potranno/dovranno essere definite le politiche dei Paesi europei relativamente al

lavoro part-time.

Innanzitutto alcune definizioni. Nell’ambito dell’Accordo Quadro è definito

“lavoratore a tempo parziale” il lavoratore il cui orario di lavoro normale, calcolato

su base settimanale o in media su un periodo di impiego che può andare fino ad un

anno, è inferiore a quello di un lavoratore a tempo pieno comparabile; quest’ultima

categoria indica il lavoratore a tempo pieno dello stesso stabilimento, che ha lo

stesso tipo di contratto o di rapporto di lavoro e un lavoro/occupazione identico o

simile, tenendo conto di altre considerazioni che possono includere l’anzianità e le

qualifiche/competenze.

Successivamente a queste prime definizioni, nell’Accordo Quadro viene

sostanzialmente affermato e declinato il principio della non-discriminazione3,

secondo il quale i lavoratori a tempo parziale non devono essere trattati, per quanto

attiene alle condizioni di impiego, in modo meno favorevole rispetto ai lavoratori a

tempo pieno comparabile. Gli Stati membri dovrebbero identificare ed eliminare gli

ostacoli che possono limitare la possibilità di lavoro a tempo parziale.

In questo senso, vengono evidenziate anche le questioni relative ai regimi legali di

sicurezza sociale sottolineando la necessità di rendere i sistemi di sicurezza sociale

più favorevoli all’occupazione sviluppando “sistemi di protezione sociale capaci di

adattarsi ai nuovi modelli di lavoro e di offrire una tutela sociale appropriata alle

persone assunte nel quadro di queste nuove forme di lavoro”.

L’Accordo si concentra, quindi, essenzialmente su come:

(a) assicurare la soppressione delle discriminazioni nei confronti dei lavoratori a

tempo parziale e di migliorare la qualità del lavoro a tempo parziale;

3 Questo aspetto si caratterizza come di particolare importanza proprio nei confronti dell’incentivazione

del part-time. Sono in molti, infatti, a pensare che il lavoro part-time danneggerebbe le prospettive di

carriera e che i lavoratori part-time siano trattati peggio dal punto di vista della protezione offerta dalla

legislazione del lavoro e della previdenza sociale.

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(b) facilitare lo sviluppo del lavoro a tempo parziale su base volontaria e

contribuire all’organizzazione flessibile dell’orario di lavoro in modo da

tenere conto dei bisogni degli imprenditori e dei lavoratori.

Nessun riferimento viene esplicitamente rivolto a questioni di genere se non che

viene sottolineato, nelle disposizioni per l’attuazione, che l’Accordo “non reca

pregiudizio alle disposizioni comunitarie più specifiche, in particolare a quelle

relative alla parità di trattamento o alle pari opportunità uomo/donna”.

Tale compito viene, quindi, di fatto lasciato alle legislazioni nazionali e ai diversi

modelli di concettualizzazione del lavoro part-time. Come vedremo più nello

specifico nel prosieguo della ricerca, le diverse concettualizzazioni e modalità di

intervento messe in atto dai singoli Paesi europei sono direttamente connesse con i

modelli di partecipazione femminile nei diversi mercati del lavoro locali.

5.2 I Piani Nazionali per l’Occupazione

La ricognizione ed analisi che segue prende in considerazione i Piani Nazionali per

l’Occupazione (NAP) dei Paesi Europei che, come noto, rappresentano i documenti

programmatici nei quali gli Stati dell’Unione Europea danno conto dell’attuazione

delle politiche del lavoro, dei progressi realizzati, delle risorse, anche comunitarie,

impegnate, ed espongono gli impegni futuri.

La caratteristica dei Piani è di avere una doppia valenza: offrire un quadro della

situazione del mercato del lavoro e delle tendenze in atto e, contemporaneamente,

dare conto dell’implementazione della Strategia Europea per l’Occupazione (SEO)

anche argomentando in ordine alle raccomandazioni ricevute ed evidenziando gli

impegni programmatici del Governo e le riforme in corso.

I NAP vengono definiti in coerenza con gli orientamenti della Strategia Europea per

l’Occupazione (SEO) che fissa gli indirizzi in materia di politica dell’occupazione e li

articola per pilastri e linee guida.

Se, quindi, apparentemente ogni NAP si struttura in maniera similare, il dosaggio

delle politiche (policy mix) può cambiare in modo significativo da un Paese all’altro

per ragioni di tipo istituzionale e legate ai mercati del lavoro locali.

I pilastri e le linee-guida rappresentano di fatto gli obiettivi e i risultati attesi delle

politiche, mentre gli strumenti di policy indicati dagli Stati Membri nei diversi Piani

d’Azione Nazionali possono essere considerati come modalità di intervento.

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Il Pilastro 1 (Occupabilità e inclusione sociale- sette Linee Guida) pone l’accento

sulla prevenzione e sugli adeguamenti strutturali che possono favorire

l’inserimento/reinserimento al lavoro e l’inclusione sociale. Secondo la prima linea

guida gli Stati debbono impegnarsi per offrire a tutti i disoccupati, giovani e adulti,

un nuovo punto di partenza sotto forma di un lavoro, di una formazione, di un

orientamento in modo da favorirne l’inserimento professionale ed evitare che la

disoccupazione diventi una condizione permanente. Ad essere chiamati in causa

sono principalmente i servizi pubblici dell’impiego che dovranno essere modernizzati

quanto prima secondo un calendario preciso. La seconda linea guida si sofferma

sull’assetto e sull’esigenza di adeguamenti strutturali dei sistemi previdenziali e

fiscali e sulla capacità del sistema di offrire opportunità di formazione o similari

adeguate in modo da coinvolgere almeno il 20% dei disoccupati. Su questi aspetti

di struttura tornano la terza e la quarta linea guida. La terza sottolinea l’esigenza di

un equilibrio dei sistemi di sicurezza sociale e segnala la necessità di una politica

che promuova l’invecchiamento attivo anche attraverso la riduzione dei disincentivi

a restare al lavoro puntando sullo sviluppo delle competenze con riferimento

all’intero ciclo di vita degli individui. La quarta riguarda il miglioramento della

qualità dei sistemi e dei programmi di istruzione e formazione, la riduzione dei

dropouts ed il miglioramento delle possibilità di accesso alla formazione degli adulti.

La quinta linea guida riguarda l’alfabetizzazione digitale e la diffusione delle nuove

tecnologie in ambito educativo (utilizzo di Internet da parte delle scuole, formazione

degli insegnanti). La sesta linea guida tratta del tema della carenza di competenze,

della capacità dei servizi dell’impiego di farvi fronte, anche potenziando le loro

banche dati, del ricorso alla mobilità professionale e geografica per limitare la

formazione di bottlenecks. La settima riguarda il tema dell’inclusione sociale e

richiama l’esigenza di percorsi, misure, anche precisando obiettivi quantitativi

nazionali, per favorire l’inserimento nel mercato del lavoro di gruppi e soggetti

svantaggiati.

Il Pilastro 2 (Imprenditorialità – cinque Linee Guida) riguarda le condizioni che

possono favorire lo sviluppo della base produttiva e la creazione di posti di lavoro.

L’ottava linea guida sottolinea l’esigenza della semplificazione e della riduzione dei

carichi amministrativi delle nuove imprese e di quelle che assumono personale. La

nona linea si sofferma sull’imprenditorialità e sulla necessità di sostenerla

adeguatamente anche con riferimento all’emersione di attività sommerse. In tale

quadro – è il contenuto della decima linea guida – vi è un notevole potenziale di

sviluppo e di occupazione nei servizi (società della conoscenza, settore ambientale).

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L’undicesima linea guida sottolinea che l’implementazione della SEO deve avvenire

coinvolgendo gli attori a livello regionale e locale e la parti sociali e richiama

l’attenzione sul ruolo dei servizi per l’impiego e sul contributo per l’occupazione che

può venire dallo sviluppo dell’economia sociale. La dodicesima linea guida ritorna

sul fisco e sugli oneri contributivi, sull’opportunità di fissare obiettivi di riduzione del

carico sia in generale che con riferimento all’area del lavoro poco qualificato e a

bassa remunerazione, di introdurre sull’esempio di alcuni Stati dell’Unione ecotasse

in alternativa al carico fiscale, di incentivare gli investimenti in formazione.

Il Pilastro 3 (Adattabilità – tre Linee Guida) richiama l’attenzione sugli adeguamenti

per migliorare l’organizzazione del lavoro e promuovere l’apprendimento lungo tutto

l’arco della vita. Essenziale è lo sviluppo del partenariato a tutti i livelli (nazionale,

regionale, locale e aziendale). In questo senso si spiega l’invito alle parti sociali

contenuto nella tredicesima linea guida a negoziare e a concludere accordi che

contribuiscano ad accrescere la competitività delle imprese, a trovare un mix

equilibrato di flessibilità di utilizzo del fattore lavoro e sicurezza d’impiego, a

promuovere l’accesso alla formazione e ai congedi ma anche ad avere un ruolo

attivo nel processo di Lussemburgo. La quattordicesima linea e la quindicesima

linea guida sottolineano rispettivamente l’esigenza di un quadro normativo che

promuova l’occupazione e sostenga e accompagni i mutamenti in atto e l’attenzione

che chiama in causa le parti sociali a concludere accordi in materia di lifelong

learning. Entro il 2003 dovrebbe essere offerta ad ogni lavoratore l’opportunità di

apprendere le tecniche della società dell’informazione.

Il Pilastro 4 (Pari Opportunità – 3 Linee Guida) sottolinea l’obiettivo contenuto nelle

conclusioni di Lisbona e della rimozione degli ostacoli alla partecipazione femminile,

al loro avanzamento professionale, alla conciliazione della vita familiare con quella

professionale. La sedicesima linea guida richiama il principio del mainstreaming e

l’esigenza che gli Stati allestiscano un sistema di monitoraggio dei progressi

realizzati in tema di parità. La diciassettesima linea guida richiama l’obiettivo

dell’accrescimento del tasso di occupazione femminile anche al fine di ridurre il

divario tra i sessi in termini di tasso di disoccupazione, del riequilibrio

dell’occupazione maschile e femminile a livello di settore e di professioni,

dell’uguaglianza di trattamento retributivo tra i sessi a parità di lavoro. L’ultima

linea guida sottolinea l’importanza della flessibilità in modo che si possa conciliare

lavoro e vita familiare: disponibilità di strutture per l’infanzia, di assistenza per i

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non autosufficienti ma anche opportunità di formazione per coloro che rientrano sul

mercato del lavoro dopo un periodo di assenza.

A partire dalla struttura dei NAP europei, le pagine che seguono prendono le mosse

dall’analisi di tali documenti programmatici, all’interno dei quali è stata individuata

la collocazione delle politiche che riguardano il part-time così come viene

presentato nella tavola che segue: in essa sono state riprese, in riga, le linee guida

che compongono i contenuti dei diversi pilastri sui quali vengono strutturati i Piani

per l’Occupazione e, in colonna, i Paesi europei, così da rendere immediatamente

visibile la struttura dei modelli di intervento proposti.

Lo scopo è, come abbiamo visto, duplice: da una parte la tavola sinottica che

presentiamo fornisce una chiara ed immediata ricognizione4 di come il tema del

part-time sia stato internalizzato all’interno dei NAP di ciascun Paese europeo,

dall’altra, proprio a partire da ciò permette di identificare i diversi modelli di

intervento e le diverse concettualizzazioni che vengono date al tema stesso del

part-time. La collocazione del part-time in una linea guida piuttosto che in un’altra,

infatti, mette in evidenza le intenzioni del policy maker, su come si debba intendere

lo strumento del part-time.

4 Le celle sfondate in grigio evidenziano quelle politiche e quei Paesi che, di seguito (vedi paragrafo

successivo) verranno utilizzate per la descrizione delle best-practice.

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Tavola 5.1 - Ler politiche di part-time nei NAP Europei

AUSTRIA BELGIO DANIMARCA FINLANDIA FRANCIA GERMANIA GRECIAGRAN

BRETAGNAIRLANDA ITALIA LUSSEMBURGO OLANDA PORTOGALLO SPAGNA SVEZIA

1Prevenzione disoccupazione di lunga durata attraverso misure attive a favore di ogni giovane e adulto disoccupato

X

2aIncentivare ricerca e accettazione posti di lavoro e creazione di posti di lavoro attraverso misure fiscali e incentivi

X

2b

Attivazione dei disoccupati e coinvolgimento di disoccupati in azioni formative e di istruzione fino a raggiungere la media dei paesi migliori

3 Sostenere l'invecchiamento attivo X X X X X X X X X

4Migliorare la qualità dei sistemi di istruzione e formazione

5 Sviluppare l'e-learning

6Riduzione degli skill gaps e dei mismatch tra domanda e offerta di lavoro

7Riduzione della disciminazione e promozione dell'inserimento lavorativo dei soggetti svantaggiati

X

8Riduzione dei costi e semplificazione amministrativa

9 Promozione dell'imprenditorialità

10Facilitazione della creazione di posti di lavoro nei servizi e in nuovi bacini di impiego

11Promozione di azioni locali per l'occupazione

12Riforma fiscale per favorire l'occupazione e la formazione

X

13Modernizzazione dell'organizzazione del lavoro: iniziative delle parti sociali

X X X X X X

14Modernizzazione dell'organizzazione del lavoro: la regolazione del lavoro

X X X X X X X X X X

15Sostegno all'adattabilità delle imprese anche attraverso lifelong learning

X

16Adozione di un approccio di mainstreaming di genere

X

17Riduzione dei divari di genere nel mercato del lavoro

X

18 Riconciliazione tra lavoro e vita familiare X X X X X X X X X

PILASTRO 4

PARI

OPPORTUNITA'

PAESE

PILASTRO LINEA GUIDA

PILASTRO 3

ADATTABILITA'

OCCUPABILITA' E INCLUSIONE SOCIALE

PILASTRO 1

PILASTRO 2

IMPRENDITORIALITA'

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241

Già da una prima analisi appare evidente come:

ü non tutti i quattro Pilastri che compongono la SEO vengono considerati nel

momento in cui si definiscono politiche di part-time: rimane, infatti, escluso il

Pilastro 2 Imprenditorialità;

ü tutti gli altri tre Pilastri (Occupabilità e inclusione sociale, Adattabilità, Pari

Opportunità), invece, vengono generalmente presi in considerazione in maniera

similare da quasi tutti i NAP analizzati.

Analogamente, non tutte le Linee Guida vedono l’inserimento di politiche che

riguardano il part-time e, anche in questo caso, i diversi NAP europei seguono i

medesimi intendimenti con poche eccezioni.

Il part-time viene, infatti, considerato generalmente secondo tre principali

accezioni:

1. come strumento per sostenere l’invecchiamento attivo;

2. come strumento per la modernizzazione e la regolazione dell’organizzazione

del lavoro;

3. come strumento di riconciliazione tra lavoro e vita familiare 5.

Nello specifico:

ü All’interno del pilastro 1 (occupabilità e inclusione sociale):

è la Linea Guida 3 (Sostenere l’invecchiamento attivo) ad essere quella

maggiormente utilizzata da tutti i NAP Europei.

Come vedremo anche più avanti in dettaglio, si tratta della definizione di politiche

che vedono nell’utilizzo del part-time una possibilità per ridurre le uscite drastiche

5 E’ in questo senso che, in maniera più o meno indiretta, il part-time diventa, in alcuni Paesi europei

una vera e propria politica per favorire la partecipazione femminile al mercato del lavoro in particolare

nei confronti di quelle donne che, per problematiche inerenti alla presenza e alla necessità di cura nei

confronti di bambini e anziani, spesso, svolgono attività lavorative che si caratterizzano come più

“flessibili” magari soltanto nell’economia sommersa. Va, comunque, detto che il legamene del lavoro

part-time con il sommerso è ancora incerto e presenta esiti negativi e positivi contemporaneamente: “da

una parte questi nuovi contratti di lavoro possono agire negativamente sul sommerso interessando, ad

esempio, chi prima era ufficialmente disoccupato, ma in realtà, era impiegato in attività sommerse;

dall’altra, invece, hanno un effetto positivo perché possono interessare chi prima era occupato a tempo

pieno, ed ora è potenzialmente nelle condizioni, avendo maggiore tempo libero, di svolgere una seconda

attività nel settore sommerso. Cfr. Lucifora (a cura di) (2002), Economia sommersa e lavoro nero in

Lombardia.

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242

dal mercato del lavoro di quei lavoratori/trici che raggiungono l’età pensionabile

attraverso “uscite più dolci” che non gravano eccessivamente sui tassi di

occupazione. L’obiettivo è quello di adottare provvedimenti concreti per conservare

la capacità di lavoro e le competenze dei lavoratori più anziani, introducendo,

magari, modalità di lavoro flessibili, come il part-time. L’innalzamento del tasso di

occupazione dei lavoratori più anziani, infatti, riveste una grande importanza,

soprattutto per il suo evidente legame con gli equilibri del sistema previdenziale.

Fa eccezione in questa interpretazione soltanto la Grecia (vedi tavola 5.1) che

utilizza la linea Guida 7 – Riduzione della discriminazione e promozione

dell’inserimento lavorativo per l’introduzione delle politiche di part-time all’interno

del Pilastro 1.

All’interno del pilastro 3 (adattabilità):

due sono le Linee Guida maggiormente utilizzate: la Linea Guida 13 –

Modernizzazione dell’organizzazione del lavoro: iniziative delle parti sociali – e la

Linea guida 14 – Modernizzazione dell’organizzazione del lavoro: la regolazione del

lavoro. Le due Linee Guida vanno di pari passo, nel senso che, in molti Paesi le

politiche di part-time sono collocate in entrambe. In questo contesto, le parti sociali

sono invitate a negoziare e attuare accordi, già previsti a livello normativo e

politico, volti a modernizzare l’organizzazione del lavoro attraverso lo sviluppo del

part-time (è in questo ambito, ad esempio, che possono essere collocati i vari

accordi su orari e nuova occupazione sui quali torneremo in maniera più

approfondita nel corso della descrizione delle best practice).

Fanno eccezione (vedi tavola 5.1) soltanto il NAP spagnolo e il NAP inglese che,

rispettivamente, introducono il part-time nella Linea Guida 12 – Riforma fiscale per

favorire l’occupazione e la formazione – e nella Linea Guida 15 – Sostegno

all’adattabilità delle imprese anche attraverso il lifelong learning.

All’interno del pilastro 4 (pari opportunità):

la Linea Guida maggiormente utilizzata è la 18 – Riconciliazione tra lavoro e vita

familiare.

Fanno eccezione soltanto i NAP della Danimarca e della Grecia (vedi tavola 5.1)

che, rispettivamente, introducono il part-time nella Linea Guida 16 – Adozione di un

approccio di mainstreaming di genere – e nella Linea Guida 17 – Riduzione dei

divari di genere nel mercato del lavoro.

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243

Nonostante l’utilizzo da quasi tutti i Paesi europei delle medesime Linee Guida

all’interno dei medesimi Pilastri, vanno, comunque evidenziate alcune

differenziazioni, soprattutto, nel modo di intendere il part-time come uno strumento

utile a supportare diverse situazione e strategie legate ai mercati del lavoro locali.

La tavola che segue mostra, a partire dalla distribuzione della tavola precedente, i

legami6 tra le diverse Linee Guida all’interno dei NAP di ciascun Paese evidenziando

come tali legami siano sostanzialmente determinati dai diversi obiettivi che si

attribuiscono alle politiche messe in atto. Ad esempio, come vedremo più nel

dettaglio nelle pagine che seguono, le politiche di modernizzazone

dell’organizzazione del lavoro possono avere sia l’obiettivo di sostenere, attraverso

politiche regolative forti, l’introduzione e l’incentivazione del part-time come

strumento in grado di favorire l’occupazione femminile tramite la conciliazione tra

spazi e tempi pubblici e privati (in tal caso le frecce che evidenziano i legami

saranno tra le Linee Guida 13 e 14 – Modernizzazione dell’organizzazione del lavoro

– e la Linea Guida 18 – Riconciliazione tra lavoro e vita familiare)sia l’obiettivo di

sostenere, attraverso una diversa caratterizzazione del mercato del lavoro,

l’invecchiamento attivo della popolazione(in questo caso le frecce che evidenziano i

legami saranno tra le Linee Guida 13 e 14 – Modernizzazione dell’organizzazione del

lavoro – e la Linea Guida 3 – Sostenere l’invecchiamento attivo).

6 I legami sono espressi graficamente sotto forma di frecce.

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Tavola 5.2 - Gli obiettivi delle politiche nei NAP Europei

AUSTRIA BELGIO DANIMARCA FINLANDIA FRANCIA GERMANIA GRECIA GRAN BRETAGNA IRLANDA ITALIA LUSSEMBURGO OLANDA PORTOGALLO SPAGNA SVEZIA

1

Prevenzione disoccupazione di lunga durata attraverso misure attive a favore di ogni giovane e adulto disoccupato

X

2a

Incentivare ricerca e accettazione posti di lavoro e creazione di posti di lavoro attraverso misure fiscali e incentivi

X

2b

Attivazione dei disoccupati e coinvolgimento di disoccupati in azioni formative e di istruzione fino a raggiungere la media dei paesi migliori

3 Sostenere l'invecchiamento attivo X X X X X X X X X

4Migliorare la qualità dei sistemi di istruzione e formazione

5 Sviluppare l'e-learning

6Riduzione degli skill gaps e dei mismatch tra domanda e offerta di lavoro

7Riduzione della disciminazione e promozione dell'inserimento lavorativo dei soggetti svantaggiati

X

8Riduzione dei costi e semplificazione amministrativa

9 Promozione dell'imprenditorialità

10Facilitazione della creazione di posti di lavoro nei servizi e in nuovi bacini di impiego

11Promozione di azioni locali per l'occupazione

12Riforma fiscale per favorire l'occupazione e la formazione X

13Modernizzazione dell'organizzazione del lavoro: iniziative delle parti sociali

X X X X X X

14Modernizzazione dell'organizzazione del lavoro: la regolazione del lavoro

X X X X X X X X X X

15Sostegno all'adattabilità delle imprese anche attraverso lifelong learning

X

16Adozione di un approccio di mainstreaming di genere X

17Riduzione dei divari di genere nel mercato del lavoro X

18Riconciliazione tra lavoro e vita familiare X X X X X X X X X

PILASTRO 4

PARI

OPPORTUNITA'

PAESE

PILASTRO LINEA GUIDA

PILASTRO 3

ADATTABILITA'

OCCUPABILITA' E INCLUSIONE SOCIALE

PILASTRO 1

PILASTRO 2

IMPRENDITO-RIALITA'

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245

Se per quanto riguarda il sostegno all’invecchiamento attivo non è possibile

riscontrare obiettivi ed intendimenti diversi da Paese a Paese (tutti i Paesi Europei,

infatti, vedono nelle politiche di part-time inserite nella Linea Guida 3 del Pilastro 1

una possibilità per mantenere più a lungo i lavoratori all’interno del mercato del

lavoro attraverso forme “più dolci” di pensionamento che fanno riferimento

all’Accordo Quadro Europeo sul lavoro a tempo parziale), diversi appaiono essere,

invece, gli obiettivi che i diversi NAP attribuiscono al part-time come strumento di

modernizzazione dell’organizzazione del lavoro e, ancora di più, come strumento di

riconciliazione tra lavoro e vita familiare.

Tali differenziazioni si delineano sostanzialmente tra Paesi che presentano diversi

modelli di partecipazione femminile al mercato del lavoro: ovvero, tra Paesi in cui la

partecipazione femminile è ancora su livelli ampiamente lontani dalla media

europea (soprattutto i Paesi del sud Europa come Italia, Spagna e Grecia, ma anche

Paesi come l’Irlanda che, per diverse motivazioni, non seguono lo stesso trend dei

Paesi vicini del Nord Europa) e Paesi in cui, invece, la partecipazione femminile al

mercato del lavoro si assesta già su livelli più che soddisfacenti.

In questi due diversi casi, il part-time tende ad assumere obiettivi e modelli di

intervento diversificati7:

nel primo caso, infatti, dove il problema di policy principale rispetto alle Pari

opportunità è quello di innalzare i tassi di partecipazione femminile, il part-time

viene ritenuto lo strumento principe per sostenere e favorire l’occupazione

femminile e mantenere e garantire i trend positivi dell’innalzamento della

partecipazione femminile al mercato del lavoro. Pur se non sempre

esplicitamente detto, le politiche di part-time vengono intese come politiche

dirette soprattutto alle donne.

Tale modello trova origine nella raccomandazione europea di sostenere un

aumento del tasso di occupazione, in particolare per le donne. In risposta a tale

raccomandazione molti governi hanno presentato una serie di provvedimenti in

materia di mercato del lavoro, di riforma dei servizi per l’impiego e in favore

degli asili nido. In particolare, si è teso all’innalzamento del tasso di occupazione

delle donne introducendo tipologie lavorative ad orario modulato (con

7 Ovviamente tali modelli sono connessi sia con i sistemi culturali vigenti nei diversi paesi che con la

presenza/assenza di servizi destinati ad azioni9 di caring.

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246

particolare riferimento al part-time), in modo da consentire la conciliazione tra

esigenze familiari e professionali.

In questi casi, (come si può notare dalla tavola 5.2), le politiche di part-time

presentate all’interno della Linea Guida 18 – Riconciliazione tra lavoro e vita

familiare – sono strettamente collegate con le politiche espresse nelle Linee

Guida 13 e 14 – Modernizzazione dell’organizzazione del lavoro – in quanto

necessitano di un supporto regolativo forte.

Nel secondo caso, invece, dove il problema di policy principale rispetto alle Pari

Opportunità non è l’innalzamento dei tassi di partecipazione femminili (che si

assestano già su livelli elevati) quanto il contrasto di segregazioni, soprattutto di

tipo verticale, o di discriminazioni, il part-time viene ritenuto uno strumento per

migliorare la qualità del lavoro sia in termini quantitativi (meno ore lavorative)

che qualitativi (migliore utilizzo e compresenza di tempo per il lavoro e per

attività di apprendimento). In questo caso le politiche di part-time si

caratterizzano maggiormente come politiche indirette i cui beneficiari possono

essere ugualmente sia uomini che donne.

Tale modello trova origine nella raccomandazione europea al miglioramento

della qualità della vita e del lavoro e ad una maggiore integrazione dei tempi tra

spazi privati e spazi pubblici sia per uomini che per donne. In risposta a tale

raccomandazione molti Governi hanno presentato una serie di provvedimenti

per caratterizzare il part-time come una scelta volontaria e positiva rompendo il

binomio tra part-time ed occupazione esclusivamente femminile e di scarsa

caratterizzazione professionale. In particolare sono state promosse politiche

volte ad identificare “occupazioni part-time altamente qualificate” che trovano

collocazione anche in livelli manageriali.

In questi casi (come si può notare dalla tavola 5.2), le politiche di part-time

presentate all’interno della Linea Guida 18 – Riconciliazione tra lavoro e vita

familiare – raramente si collegano con le Linee Guida 13 e 14 – Modernizzazione

dell’organizzazione del lavoro – in quanto non necessitano di un supporto

regolativo forte (il part-time, infatti, nei Paesi che seguono tale modello di

intervento, è già ampiamente diffuso). Il supporto regolativo e le politiche a

favore della modernizzazione dell’organizzazione del lavoro vengono, invece,

facilmente associate alle politiche di part-time volte a sostenere

l’invecchiamento attivo che necessitano, per essere introdotte modificazioni

anche in relazione alle caratteristiche intrinseche dei mercati del lavoro locali.

Page 249: Rapporto di ricerca “Il lavoro part-time. Italia e ... di ricerca... · diversi piani che influiscono su quelli che potremmo definire i modelli di lavoro part-time in Europa: il

247

5.3 Best practices europee sulle politiche di part-time

A partire dalla analisi appena condotta, l’intento di questo paragrafo è quello di

presentare alcuni esempi di caso che si caratterizzano come innovativi e

interessanti in grado di caratterizzarsi anche come buone pratiche in termini di

replicabilità e di implicazioni di policy.

Il termine buone pratiche è variamente utilizzato con diversi significati: un

approccio particolare, una tipologia di progetto, un’operazione realizzata in una

particolare area di intervento, una scelta metodologica, una modalità di soluzione di

un problema, un modello di relazione con i partners, una determinata procedura,

che siano comunque dimostrati particolarmente vantaggiosi nell’ambito dello

svolgimento di una data attività.

L’individuare e il diffondere buone prassi consente, quindi, l’accumulazione di

conoscenza, la riduzione dei tempi e/o dei costi inerenti all’attività alla quale ci si

riferisce, per effetto della riproduzione di esperienze già sperimentate e dà luogo ad

uno sviluppo continuo dell’approfondimento della tematica in riferimento alla quale

la buona pratica è diffusa e utilizzata. Ed è in questo senso che viene utilizzato in

questo capitolo.

Occuparsi dell’individuazione delle buone pratiche e della loro diffusione significa,

sostanzialmente, progettare un sistema di benchmarking e cioè individuare variabili

e indicatori capaci di misurare l’eccellenza. Questo approccio è stato inizialmente

sviluppato nelle imprese come strumento di sostegno ad un processo di

apprendimento che portasse all’eccellenza. Il trasferimento di questo strumento

nell’ambito molto più complesso delle politiche pubbliche, richiede una maggiore

attenzione all’individuazione dei fattori che possono determinare il successo o

l’insuccesso di una politica.

In ogni caso, per descrivere in maniera esaustiva una buona pratica, è importante

fare riferimento a tre gruppi di variabili:

di contesto, che servono a delineare in maniera dettagliata lo scenario (sociale,

economico, culturale) in cui situare le singole esperienze:

- grado di sviluppo socio-economico nazionale/locale;

- esistenza e qualità infrastrutture e servizi;

- caratteristiche del sistema produttivo;

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248

- caratteristiche della popolazione (struttura per età/livello istruzione/trend

demografici);

- comportamenti culturali e sociali.

Relative al policy design e che ci permettono di evidenziare le diverse modalità

di intervento e le loro motivazioni:

- approccio adottato (generale o per target di popolazione);

- target di utenza (differenziato o meno/solo rivolto alle donne/rivolto a donne e

uomini);

- modalità di intervento;

- intervento rivolto alla domanda o all’offerta di lavoro;

- natura dell’intervento (diretto/indiretto; sperimentale o ordinario);

- strumenti di intervento (automatici/discrezionali; obbligatori o incentivanti;

offerta di servizi o sostegno finanziario o sostegno normativo).

Relative al processo di gestione e di implementazione a tutti i livelli delle misure

adottate:

- numero e natura delle istituzioni coinvolte nel disegno dell’intervento, nella

gestione, nel monitoraggio e controllo, nella valutazione;

- benefici attesi e risultati;

- risorse finanziarie complessive e chi le sostiene;

- risorse organizzative (umane e materiali);

- sistema di intervento (accentrato o decentrato; coinvolgimento del settore

privato o meno, ecc..);

- cronologia dell’intervento;

- vincoli.

Nell’ambito di questi tre gruppi di variabili importanti per la descrizione delle buone

pratiche si possono individuare, inoltre, alcuni criteri comuni:

1. innovatività: individuazione degli elementi di novità che hanno agevolato il

raggiungimento degli obiettivi sottesi alla pratica stessa rappresentando così

un valore aggiunto; l’innovatività può essere relativa la processo, al contesto

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249

o al prodotto, ossia in termini di maggiore efficacia ed efficienza del prodotto

finale;

2. riproducibilità: questo descrittore esprime la capacità della buona pratica di

essere riprodotta in situazioni analoghe, perché compatibile con i vincoli e i

condizionamenti di natura normativa, finanziaria, organizzativa che

caratterizzano il contesto di riferimento e perché contribuisce efficacemente

a raggiungere l’obiettivo al quale essa fa riferimento; in tal caso la

riproducibilità è data dal fatto che quella specifica prassi è riproducibile in

contesti caratterizzati da analoghe problematiche;

3. trasferibilità: questo descrittore è forse quello di più difficile rilevazione; si

tratta, infatti, di capire se la prassi individuata contiene in sé la capacità di

essere trasferibile in contesti diversi dal contesto di riferimento;

4. mainstreaming: questo descrittore indica la capacità della buona pratica

sperimentata di avere indotto cambiamenti osservabili anche su altri livelli

della politica pubblica.

I primi tre criteri possono essere intesi come quelle condizioni che devono

coesistere affinché si possa valutare l’esistenza o meno di una buona pratica; il

quarto criterio, non necessariamente riscontrabile in tutte le buone pratiche,

costituisce un ulteriore valore aggiunto che, laddove sia presente, vale la pena di

valorizzare.

Come anticipato, le buone pratiche che di seguito presentiamo si caratterizzano

essenzialmente come esemplificazioni di caso relative a quei modelli di intervento e

di quelle concettualizzazioni del part-time che vengono delineate nel paragrafo

precedente. Lo scopo è quello di mettere in evidenza diverse pratiche che nei loro

specifici contesti si sono rivelati funzionali ai fabbisogni del sistema di riferimento e

alle caratteristiche socio-economiche.

La metodologia seguita è stata, quindi, quella di individuare, all’interno di ciascun

Pilastro della SEO considerato – Pilastri 1, 3 e 4 – e, in ciascuno, all’interno della

Linea Guida maggiormente utilizzata – Linea Guida 3/Pilastro 1, Linee Guida 13-

14/Pilastro 3, Linea Guida 18/Pilastro 4 - una politica che, per livelli di innovatività,

riproducibilità, trasferibilità e mainstreaming, si caratterizza come pratica da

segnalare. Accanto a queste politiche individuate come esempi di caso, vengono

segnalate anche le politiche collocate in Linee Guida diverse dalla media dei NAP

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Europei che si caratterizzano, quindi, come eccezioni. Anche il criterio della

presenza del maggior numero di Paesi Europei è stata tenuto in considerazione.

Su questa base sono state scelte le seguenti politiche8:

Per il Pilastro 1:

- NAP AUSTRIA: Il part-time come strumento di pensionamento progressivo

(Linea Guida 3);

- NAP FRANCIA: Un esperienza innovativa di part-time verticale (Linea Guida 1);

- NAP GRECIA: Il part-time per i soggetti svantaggiati (Linea Guida 7);

Per il Pilastro 3:

- NAP GERMANIA: Il part-time nella regolazione del mercato del lavoro (Linea

Guida 14);

- NAP SPAGNA: Part-time ed agevolazioni fiscali nella riforma del mercato del

lavoro (Linea Guida 14);

- NAP REGNO UNITO: La guida delle best-practice nell’ambito del part-time

(linea Guida 15);

Per il Pilastro 4:

- NAP OLANDA: Una iniziativa per migliorare la qualità del lavoro: il part-time

“a tre quarti” (Linea Guida 18);

- NAP FINLANDIA: Piu’ diritti ai lavoratori part-time in termini di pari

opportunita’ (Linea Guida 18);

- NAP DANIMARCA: Il part-time come strumento di diffusione del principio del

mainstreaming tra uomini e donne (Linea Guida 16).

8 Ricordiamo che le politiche scelte sono evidenziate in grigio nelle due Tavole presentinel testo.

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5.3.1 L’Austria e il pensionamento progressivo

PILASTRO OCCUPABILITA’ E INCLUSIONE SOCIALE – LINEA GUIDA 3 – SOSTENERE

L’INVECCHIAMENTO ATTIVO

In Austria le politiche per l’incentivazione del part-time vengono inserite nel NAP nell’ambito del Pilastro

relativo all’invecchiamento attivo. Uno degli obiettivi perseguiti dal governo austriaco, infatti, è quello di

puntare ad un trend positivo relativamente alla situazione dei lavoratori anziani, ossia quello di

prolungare attraverso incentivi di varia natura la permanenza dei lavoratori anziani nella popolazione

attiva.

La motivazione all’incentivazione di questo trend può facilmente essere individuata: innanzitutto l’utilità

è riscontrabile nel sostegno alla riduzione dell’esclusione sociale delle persone anziane; in secondo luogo

un percorso di questo tipo può rappresentare una modalità importante per favorire il mantenimento

all’interno delle aziende delle competenze e delle conoscenze e la trasmissione di queste ultime ai

lavoratori più giovani; infine non è da sottovalutare la possibile riduzione del carico del sistema

pensionistico derivabile dal proseguimento dell’attività lavorativa da parte di persone che diversamente

sarebbero già fuori dal mercato del lavoro.

Al fine di agevolare la permanenza dei lavoratori anziani all’interno del mercato del lavoro il governo

austriaco ha messo in atto una serie di misure che possono essere definite di “pensionamento

progressivo”. Lo scopo è, ovviamente, quello di mantenere il più possibile le persone anziane all’interno

della popolazione attiva, diminuendo gradatamente le ore lavorative conducendole a forme di part-time

lavorativo.

Nel corso degli ultimi anni, infatti, in Austria i lavoratori anziani hanno attraversato, nell’ambito del

mercato del lavoro, una situazione particolarmente difficile arrivando spesso a dover scegliere di ritirarsi

precocemente dal mercato del lavoro in seguito a processi di ristrutturazione aziendale o di tagli al

personale. In questo modo il crescente numero di pensionati ha iniziato a pesare in maniera

preoccupante sulle capacità finanziarie del sistema pensionistico austriaco.

Per questo motivo il governo ha introdotto questa opzione per tutelare la posizione dei lavoratori anziani,

opzione che articola la seguente modalità di “pensionamento progressivo”: nell’ipotesi di permanenza

all’interno del mercato del lavoro, la retribuzione delle persone con più di 55 anni potrebbe essere

articolata nel modo seguente: una parte di stipendio proveniente dal tempo parziale lavorato, calcolato

in base alle tradizionali modalità di calcolo della retribuzione del lavoro ad orario ridotto, con l’aggiunta

di una pensione o di una qualche altra forma di compensazione finanziaria per le rimanenti ore.

Per favorire ed incentivare l’utilizzo di tali forme di part-time, oltre alle compensazioni finanziarie, sono

state attivate analisi e ricerche volte ad individuare forme di part-time altamente qualificate eliminando il

binomio part-time=lavoro dequalificato.

Questo piano per il pensionamento progressivo può essere visto come un adempimento della direttiva

europea relativa per lo sviluppo di politiche per l’invecchiamento attivo il cui obiettivo è quello di

aumentare la capacità di e gli incentivi per i lavoratori anziani al fine di rimanere all’interno del mercato

del lavoro al più lungo possibile.

L’incentivazione di questo tipo di politica va nella direzione di offrire una valida risposta coniugata e

complessiva ad una serie di problematiche che emergono dal mercato del lavoro:

l’adozione di una serie di misure per mantenere la capacità lavorativa e le competenze dei lavoratori

adulti all’interno del mercato del lavoro;

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252

l’introduzione di una serie di provvedimenti per aumentare la flessibilità del mercato del lavoro e per

aumentare la consapevolezza dei datori di lavoro relativamente al potenziale rivestito dai lavoratori

anziani;

una alternativa ai piani di pre-pensionamento che permette di coniugare le esigenze dei lavoratori

con quelle dei datori di lavoro.

5.3.2 La Grecia

PILASTRO OCCUPABILITA’ E INCLUSIONE SOCIALE

LINEA GUIDA 7 – RIDUZIONE DELLA DISCRIMINAZIONE E PROMOZIONE DELL’INSERIMENTO

LAVORATIVO DEI SOGGETTI SVANTAGGIATI

In Grecia il lavoro part-time è leggermente cresciuto negli ultimi anni anche se, paragonata agli altri

Paesi dell’Unione Europea, la Grecia rimane tra quei Paesi che hanno la più bassa percentuale di

lavoratori part-time e ciò è quasi interamente una conseguenza della scarsa attrattività che tale tipologia

contrattuale riveste sia per i datori di lavoro che per i lavoratori.

Tuttavia, un forte impulso nella direzione della promozione del lavoro part-time è rappresentato dalla

legge 2874/2000, nella quale si è cercato di raccogliere provvedimenti atti a rendere il part-time uno

strumento in grado di garantire lavoro qualificato a diversi target vulnerabili della popolazione.

Tra i soggetti che vengono considerati socialmente vulnerabili,vengono considerate anche le donne per le

quali sono previsti speciali incentivi; in questo modo il part-time viene inteso, in questo contesto, come

un modo per promuovere l’occupazione femminile. I congedi parentali vengono, di fatto, estesi anche

alle donne che lavorano part-time e il lavoro part-time viene ad assumere caratteristiche di flessibilità

(sia in termini di orari di lavoro che in termini di ore effettivamente lavorate in un settimana) che si

dimostrano particolarmente funzionali alle forze lavoro femminili.

Conseguentemente non stupisce la collocazione di un riferimento esplicito alle politiche per

l’incentivazione del part-time anche all’interno del Pilastro Pari Opportunità, nell’ambito della linea guida

relativa alla riduzione dei divari di genere nel mercato del lavoro.

5.3.3 La Francia

PILASTRO OCCUPABILITA’ E INCLUSIONE SOCIALE

LINEA GUIDA 1 – PREVENZIONE DELLA DISOCCUPAZIONE DI LUNGA DURATA ATTRAVERSO

MISURE ATTIVE A FAVORE DI OGNI GIOVANE E ADULTO DISOCCUPATO

Questo Box fa riferimento ad un’esperienza condotta in Francia relativamente al lavoro part-time. Il

Piano Nazionale per l’Occupazione francese colloca le politiche per l’incentivazione del part-time anche

nell’ambito della linea guida relativa alla prevenzione della disoccupazione di lunga durata (Linea guida

1).

Il caso che andiamo a presentare riguarda un’esperienza che può essere definita di “accumulo di

esperienze di part-time”. Tale esperienza va considerata innovativa nella coniugazione della ricerca di

stabilità lavorativa, da parte dei lavoratori, e di necessità di una gestione flessibile dei lavoratori da parte

dei datori di lavoro, soprattutto in determinati ambiti quali quelli legati al lavoro stagionale.

L’esperienza prende le mosse dalla constatazione che i diplomati degli istituti di orticoltura lamentavano

l’incapacità di trovare un lavoro stabile adatto al proprio livello di qualifica e coerente con il proprio livello

di studi. A questo proposito, il dipartimento di Saone-et-Loire della Federazione dei sindacati degli

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agricoltori ha notato come alcune aziende orticole facevano fatica a trovare un sufficiente numero di

lavoratori stagionali, mentre, allo stesso tempo, altre aziende legate all’allevamento del pollame erano in

grado di trovarne anche più di 300 nei periodi di intenso lavoro stagionale, trattandosi, in questo caso, di

un periodo lavorativo differente rispetto a quello del lavoro stagionale in orticoltura.

L’idea è stata, dunque, quella di offrire ai giovani diplomati in orticoltura la possibilità di accettare due

contratti di lavoro intermittenti, come specificato in un articolo del codice del lavoro e in linea con

l’accordo nazionale relativo ai tempi di lavoro nel settore dell’agricoltura.

Questa iniziativa ha indubbiamente contribuito alla prevenzione della disoccupazione giovanile di lunga

durata, soprattutto in settori nell’ambito dei quali è il lavoro stagionale a rappresentare la modalità

principale di impiego: ai giovani lavoratori è stata, infatti, offerta la possibilità di cumulare due differenti

contratti part-time in modo non solo di non rimanere nella situazione di disoccupato, ma anche di

arrivare ad avere una condizione lavorativa durante tutto il tempo dell’anno, nonostante, appunto la

caratterizzazione stagionale del settore lavorativo.

5.3.4 La Germania e la legge sul part-time

PILASTRO ADATTABILITA’ –

LINEA GUIDA 14 - MODERNIZZAZIONE DELL’ORGANIZZAZIONE DEL LAVORO: LA

REGOLAZIONE DEL LAVORO

Nel novembre del 2000 il Parlamento tedesco ha approvato una nuova legge sul part-time e sui contratti

a tempo determinato. Si tratta di una legge che intende creare uguali opportunità per uomini e per

donne (conformemente alla direttiva europea).

In questa legge viene sancito il diritto per tutti i dipendenti (che abbiano più di sei mesi di appartenenza

ad un’azienda con più di 15 lavoratori) ad un orario di lavoro ridotto.

La questione interessante e degna di rilievo è che tale legge tocca esplicitamente i numerosi aspetti di

diritto volti alla regolamentazione del lavoro part-time (in linea con quanto richiesto dalla direttiva

europea), soprattutto nell’intento di garantire il rispetto del principio delle pari opportunità in un

contesto, quello tedesco, in cui nel 1999 il 19% degli occupati è rappresentato da lavoratori part-time e,

di questi, l’87% è rappresentato da donne.

Il diritto ad un orario di lavoro ridotto è esteso, con questa legge, anche a coloro che svolgono attività

qualificate o occupano posizioni manageriali. La richiesta di riduzione di orario potrà variare da una a

quattro ore in meno al giorno e dovrà essere inoltrata tre mesi prima dell’inizio desiderato, affinché

l’eventuale comunicazione dell’accoglimento della richiesta possa essere data almeno quattro settimane

prima. Salario e altre prestazioni, come ad esempio, la tredicesima, saranno decurtate in proporzione,

sempre nel rispetto del principio di non discriminazione dei lavoratori part-time sancito dalla direttiva

europea.

La richiesta di orario di lavoro ridotto non potrà essere respinta dall’imprenditore se non per motivi

oggettivamente dimostrabili (ad esempio, nel caso in cui l’accoglimento provochi un effetto negativo

sull’organizzazione o sulla sicurezza o comporti costi eccessivi), che devono comunque essere specificati

nei contratti collettivi.

Da parte sua il dipendente con orario ridotto potrà chiedere di tornare a lavorare a tempo pieno; in

questo caso il datore di lavoro dovrà dargli la precedenza. E’ previsto inoltre che il datore di lavoro

informi si ai dipendenti che desiderano cambiare il proprio orario di lavoro, sia i rappresentanti dei

lavoratori relativamente all’esistenza di posti di lavoro a tempo pieno o parziale e circa la possibilità di

partecipare a corsi di perfezionamento professionale.

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254

Risulta chiaro da questa breve presentazione della legge, come tra gli obiettivi da essa perseguiti trovi

una collocazione significativa proprio il rispetto del principio delle pari opportunità: il tentativo è

indubbiamente quello di sviluppare l’adattabilità del mercato del lavoro anche attraverso la

regolamentazione di forme di lavoro flessibili come il part-time, anche e soprattutto in considerazione del

fatto che la quasi totalità dei lavoratori che utilizzano tale tipologia contrattuale in Germania, come già

detto, è rappresentata da donne.

Peraltro, quanto riportato nella legge a proposito della precedenza che un datore di lavoro deve

assegnare ad un dipendente con orario ridotto nel caso in cui questo desiderasse ritornare a tempo

pieno, rappresenta un chiaro segno dell’intenzione del legislatore anche di andare incontro alle necessità

delle donne relative all’entrata/uscita dal mercato del lavoro in maniera assolutamente legata alla

necessità di conciliare vita professionale e lavoro di cura.

5.3.5 La Spagna e la riforma del mercato del lavoro

PILASTRO ADATTABILITA’

LINEA GUIDA 14 - MODERNIZZAZIONE DELL’ORGANIZZAZIONE DEL LAVORO: LA

REGOLAZIONE DEL LAVORO

Nell’ambito della riforma del mercato del lavoro spagnolo possono essere rilevati alcuni importanti spunti

per approfondire il tema delle politiche per l’incentivazione del part-time.

La riforma spagnola del mercato del lavoro, messa in atto dal Governo nel 2001 mediante il Regio

Decreto Legge 5/2001, poi tramutato in Legge nel Giugno 2001, ha perseguito principalmente l’obiettivo

di migliorare i livelli di occupazione. Tale Legge è la conseguenza di una serie di misure che mettevano

in relazione la promozione di nuovi contratti di lavoro a tempo indeterminato con minori costi di

licenziamento e la flessibilizzazione dei contratti part-time attraverso l’utilizzo del meccanismo delle ore

complementari.

In particolare le caratteristiche principali di questa riforma del mercato del lavoro spagnolo sono le

agevolazioni fiscali per i contratti a tempo indeterminato e le nuove disposizioni in materia di contratti

part-time.

Nel nostro contesto di indagine appare interessante prendere in considerazione, nello specifico, queste

ultime, al fine di offrire spunti di riflessione mirati per il tema oggetto di indagine.

Quella che può essere individuata come la maggiore novità dei contratti part-time nell’ambito della

riforma del mercato del lavoro spagnolo è legata al fatto che gli straordinari non sono concessi, se non in

situazioni particolari.

Come già anticipato, infatti, è stato introdotto con la sopraccitata Legge, il meccanismo delle ore

complementari (assimilabile alle ore di straordinario per i lavoratori a tempo pieno): gli occupati con

contratti part-time a tempo indeterminato possono concordare con il datore di lavoro una quota di ore di

lavoro complementari, pari al massimo al 15% delle tradizionali ore complessive di un contratto a tempo

pieno, a meno che non sia diversamente deciso nell’ambito della contrattazione collettiva (in ogni caso

all’interno di una massimo consentito del 60%). Oltre a ciò, gli occupati con contratti part-time a tempo

indeterminato sono soggetti, al pari dei lavoratori a tempo pieno, ad una serie di agevolazioni fiscali che

hanno l’obiettivo di promuovere l’utilizzo dei contratti di lavoro a tempo indeterminato; mediante la

riforma, le agevolazioni fiscali legate all’utilizzo dei contratti a tempo indeterminato vengono, infatti,

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255

estese ad un numero elevato di categorie di persone che hanno particolari difficoltà di inserimento

lavorativo.

Nello specifico:

per l’assunzione a tempo indeterminato delle donne con un’età compresa tra i 16 e i 45 anni è

prevista per i datori di lavoro un’agevolazione fiscale del 25% per 24 mesi;

per l’assunzione a tempo indeterminato di donne con meno di 45 anni disoccupate da meno di 6

mesi, l’agevolazione fiscale sale al 35% per 24 mesi;

per l’assunzione a tempo indeterminato di donne con più di 45 anni disoccupate da meno di sei

mesi, l’agevolazione fiscale è del 70% per il primi 12 mesi e del 60% per i restanti 12;

l’agevolazione fiscale si applica anche per l’assunzione a tempo indeterminato di donne in settori

all’interno dei quali sono sottorappresentate;

per l’assunzione a tempo indeterminato di donne disoccupate di lunga durata, con figli di più di due

anni, l’agevolazione fiscale arriva la 100%, così come nei casi in cui una lavoratrice si trovi sospesa

dal contratto di lavoro per maternità, adozione o affidamento: in questi casi, se il datore di lavoro

assume un/una disoccupato/a per sostituirla, i contributi di entrambi i lavoratori sono coperti dallo

Stato al 100%.

5.3.6 La Gran Bretagna

PILASTRO ADATTABILITA’ –

LINEA GUIDA 15 – SOSTEGNO ALL’ADATTABILITA’ DELLE IMPRESE

La normativa inglese specificatamente dedicata alla regolazione del lavoro part-time risulta essere un

significativo rinforzo della politica governativa, volta a mettere in campo adeguati standard minimi per i

diritti dei lavoratori part-time nell’ambito della promozione della flessibilità e della competitività della

forza lavoro.

In particolare, il Part-time Workers (Prevention of Less Favourable Treatment) Regulation 2000

(Amendment) e Regulation 2002 hanno introdotto una serie di nuovi diritti per i lavoratori part-time,

riguardanti, ad esempio:

la tariffa oraria;

l’accesso agli sistemi pensionistici aziendali;

le autorizzazioni per i congedi annuali e per i permessi di maternità;

la retribuzione in caso di malattia contrattuale;

i trattamenti per l’accesso alla formazione.

A questo proposito, il caso che andiamo a presentare riguarda una particolare iniziativa messa in atto dal

governo inglese: il Dipartimento per il Commercio e l’Industria ha predisposto (in accordo con un Gruppo

di lavoro comprendente rappresentanti dei datori di lavoro e dei lavoratori) un documento contenente un

insieme di informazioni-linee guida utili sia per i datori di lavoro che per i lavoratori, relativamente ai

contenuti della normativa in materia di lavoro part-time.

Nello specifico, si tratta di una serie di raccomandazioni e di suggerimenti, sia, per i datori di lavoro, che

per i lavoratori, non solo su come conformarsi alla normativa vigente, ma anche, e soprattutto, sulle

modalità possibili per adottare un comportamento che possa essere caratterizzato come best practice in

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tema di part-time. Tali suggerimenti fanno riferimento soprattutto alla diffusione del lavoro part-time e

al miglioramento dell’accesso al lavoro part-time, in termini di facilitazioni.

Nello specifico, al fine da un lato di indicare la migliore modalità per rispettare la normativa e dall’altro

per rendere noti ai lavoratori part-time i loro diritti, la guida prende in considerazione i seguenti aspetti:

la riorganizzazione dell’orario di lavoro e la distribuzione dei carichi di lavoro;

gli avanzamenti di carriera per i lavoratori part-time;

gli stipendi;

gli straordinari;

la suddivisione degli utili;

la retribuzione in caso di malattia o maternità;

il trattamento pensionistico;

la possibilità di avere accesso alla formazione;

altri benefit come l’assicurazione sulla salute, la macchina aziendale, ecc;

i congedi (per maternità, parentali, ecc);

le ferie.

5.3.7 L’Olanda e il part-time “a tre quarti”

PILASTRO PARI OPPORTUNITA’’ – LINEA GUIDA 18 – RICONCILIAZIONE TRA LAVORO E VITA FAMILIARE Nel Febbraio del 2000, il Parlamento olandese ha approvato una normativa specificatamente dedicata

alla regolazione del lavoro part-time (Part-time Employment Act).

L’elemento innovativo è che tale legislazione è parte di un atto normativo più allargato che si riferisce ai

legami tra lavoro e cura (Work and Care Act) attribuendo, di fatto, al part-time una valenza altamente

significativa al tentativo di facilitare la riconciliazione tra impiego e responsabilità legate alla cura

familiare.

Punto di partenza delle considerazioni che stanno alla base di questo Atto è che circa il 30% delle coppi

olandesi vorrebbe cambiare l’organizzazione temporale della propria settimana lavorativa; questa

percentuale di coppie viene considerata dal Governo olandese un importante target per il nuovo Work

and Care Act e, in particolare, per il Part-time Employment Act affinché una stessa proporzione di uomini

e donne lavorino part-time e, di conseguenza, si dividano le responsabilità di cura. Nelle intenzioni del

legislatore la nuova normativa dovrebbe fare sì che i lavoratori e le lavoratrici che hanno responsabilità

di cura diventino il punto di riferimento standard delle politiche che le imprese sono tenute a impostare

in merito agli orari e ai carichi di lavoro.

Il Part-time Employment Act, parallelamente con la proposta di revisione dei congedi parentali in senso

maggiorativo, non solo si inserisce a pieno titolo nel quadro del Work and Care Act (di cui costituisce

esplicitamente una parte), ma si collega, inoltre, a tutta una serie di proposte - tra cui i servizi di cura

per l’infanzia intesi come provvedimenti generali e l’incremento di servizi di cura pomeridiani per i

bambini e le bambine già in età scolare – definite con l’intento di offrire alle donne maggiori opportunità

lavorative e agli uomini di recuperare il ritardo (o meglio, come viene inteso dalla deliberazione, di

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colmare lo “svantaggio” nei confronti delle donne che lo hanno sempre fatto) nel provvedere ad attività

di cura familiari.

A questo proposito e, partendo dalla constatazione che in Olanda il 60% delle forze di lavoro femminili e

il 15% delle forze lavoro maschili lavora già part-time – tra le percentuali più alte in Europa sa per le

donne che per gli uomini -, il governo vuole dare vita ad uno “scenario combinato” caratterizzato,

contemporaneamente, da una doppia entrata in termini di stipendio, ma anche dalla condivisione dei

lavori di cura familiari. Tale scenario viene reso possibile attraverso la proposta di un “part-time a tre

quarti” in cui entrambi i partner di una coppia lavorano per tre quarti della giornata e dedicano,

entrambi, il restante quarto alla condivisione delle responsabilità di cura.

In questa maniera si viene a definire un nuovo e preciso modello dei tempi di lavoro che possa essere

coniugato in maniera ottimale con la responsabilizzazione di uomini e donne nei confronti dei doveri

familiari puntando ad un nuovo bilancio fra tempi di lavoro e tempi di cura. Il provvedimento, infatti,

specifica al suo interno

che ogni considerazione in tema di orario di lavoro debba partire dalla constatazione che ogni lavoratore

e lavoratrice ha funzioni di cura oltre che responsabilità relative all’impiego, funzioni di cura che

diventano, in base agli obiettivi della nuova Legge, imprescindibili.

Per rendere maggiormente appetibile il lavoro part-time anche nei confronti degli uomini è stata, inoltre,

istituita una specifica campagna di informazione volta a promuovere e a migliorare l’immagine del lavoro

part-time in relazione a percorsi laorativi che richiedono skills di tipo superiore. Lo scopo è quello di

contrastare gli stereotipi esistenti circa il lavoro part-time, laddove essi esistono sia tra i lavoratori che

le imprese enfatizzando, invece, il concetto che:

il lavoro part-time è una opzione sia per gli uomini che per le donne;

il lavoro part-time è praticabile anche in posti di responsabilità che richiedono skills di tipo

superiore;

il lavoro part-time è una opzione che può attrarre quei lavoratori che hanno un titolo di studio

medio-alto e che hanno necessità/desiderio di combinare una carriera con le responsabilità familiari.

5.3.8 La Finlandia, diritti e pari opportunità

PILASTRO PARI OPPORTUNITA’’ – LINEA GUIDA 18 – RICONCILIAZIONE TRA LAVORO E VITA FAMILIARE

Il lavoro part-time non risulta essere particolarmente diffuso in Finlandia anche se, negli ultimi anni, il

numero dei lavoratori che scelgono volontariamente questo tipo di contratto lavorativo sta crescendo sia

fra le donne (che risultano, comunque, in maggioranza) e gli uomini.

Sostanzialmente né le imprese, né i sindacati lo considerano un importante strumento contro la

disoccupazione: le imprese giudicano sproporzionato il costo di formazione dei lavoratori in part-time; i

sindacati giudicano basse le retribuzioni e né temono le implicazioni negative sull’obiettivo di pari

opportunità delle donne per gli stereotipi che ad esso sono legati in termini di caratteristiche di skills

necessari.

Sostanzialmente i lavoratori e le lavoratrici non vedono la necessità di lavorare part-time in quanto la

legislazione finlandese prevede un sistema di tassazione che incoraggia ugualmente sia gli uomini che le

donne a partecipare in maniera attiva al mercato del lavoro indipendentemente dal fatto di avere o meno

carichi familiari. L’attuale sistema di congedi parentali garantisce tutta una serie di diritti a chi lavora a

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258

tempo pieno e indeterminato in maniera tale che le cure familiari vengano automaticamente considerate

un diritto piuttosto che un dovere da dovere supplire nei “ritagli di tempo” dal lavoro. Tutti i bambini in

età pre-scolare sono presi in carico dalle autorità municipali durante tutto l’arco della giornata; per i

bambini sotto i tre anni vi è anche la possibilità di scegliere per un supporto, in termini di cura,

direttamente presso l’abitazione.

In questo contesto il lavoro part-time non si caratterizza, quindi, né per la necessità di fare fronte agli

obblighi di cura familiare, né come una opportunità in termini di migliore qualità del lavoro per gli

stereotipi di lavoro dequalificato che ad esso sono connessi.

L’intento del governo è, quindi, quello di mettere in atto tutta una serie di politiche che possano

promuovere il part-time - inteso come forma di regolarizzazione flessibile del mercato del lavoro che,

anche in Finlandia, si rende ormai necessaria – estendendo a tale forma di lavoro tutti i diritti acquisiti

dai lavoratori full-time e ovviando agli stereotipi ampiamente diffusi sulla sua dequalificazione.

In tal senso vanno letti:

i provvedimenti volti ad estendere i diritti sui congedi parentali anche nel caso in cui entrambi i

genitori lavorino part-time;

l’introduzione di forme di part-time verticale basato su tre turni giornalieri di sei ore;

l’introduzione di forme di congedi formativi con conservazione del posto di lavoro e finanziamento

statale se associati a forme di part-time verticale in maniera tale da innalzare la qualificazione dei

lavoratori e incrementare la forma di lavoro part-time nel senso di strumento per aumentare le

proprie conoscenze e contribuire all’apprendimento lungo tutto l’arco della vita.

5.3.9 La Danimarca

PILASTRO PARI OPPORTUNITA’ – LINEA GUIDA 16 – ADOZIONE DI UN APPROCCIO DI MAINSTREAMING DI GENERE La Danimarca come si può notare dalla tabella presentata nelle pagine precedenti, è l’unico Paese

europeo che colloca la politica del part-time all’interno della Linea Guida 16 – Adozione di un approccio di

mainstreaming di genere, nell’ambito del Pilastro relativo alle Pari Opportunità.

La strategia relativa al rispetto del principio del mainstreaming trova collocazione in Danimarca, sia

all’interno delle politiche ministeriali, che nell’ambito delle politiche messe in campo dalle

Amministrazioni locali. A dimostrazione dell’impegno del governo danese in questa direzione è stato

costituito un gruppo di lavoro del quale fanno parte i dirigenti dei diversi ministeri: tale gruppo di lavoro

ha progettato un piano d’azione quinquennale per la graduale implementazione del principio del

mainstreaming.

In questa maniera, le attività volte a fare rispettare il principio delle Pari Opportunità di genere hanno

iniziato ad essere integrate con l’intera azione ministeriale, contribuendo in maniera sostanziale al

miglioramento della qualità dei servizi offerti ai cittadini.

Il perseguimento dell’internalizzazione del mainstreaming di genere in tutte le politiche che il governo

danese mette in campo, ha coinvolto anche la legislazione in tema di part-time, tant’è che il Part-time

Act, normativa che, come accade per gli altri Paesi Europei, regolamenta il lavoro a orario ridotto nel

rispetto di quanto sancito dalla direttiva europea in materia, viene annoverato tra quei documenti che si

caratterizzano come il risultato dell’impegno del governo di internalizzare il principio del mainstreaming

anche nell’ambito della legislazione.

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In tale atto legislativo, il principio del mainstreaming viene recepito in collegamento alle politiche di part-

time inteso come strumento indirizzato in uguale misura a uomini e donne che vogliono migliorare la

qualità della vita e del lavoro sperimentando forme di flessibilità rispetto all’orario di lavoro.

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APPENDICE - Approfondimento 1 Figura A1: Composizione dell’occupazione femminile

FiguraA1: Composizione dell'occupazione femminileanno

Industria Agricoltura Servizi

Lombardia

.1

.2

.3

.4

.5

.6

.7

.8

Danimarca BadenW

Catalunia

.1

.2

.3

.4

.5

.6

.7

.8

Rhone A Olanda

1980 1985 1990 1995 2000Area Londra

1980 1985 1990 1995 2000

.1

.2

.3

.4

.5

.6

.7

.8

Euro15

1980 1985 1990 1995 2000

Anno

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270

Appendice - Approfondimento 2

Tabella A1 Distribuzione del lavoro part-time per caratteristiche dei lavoratori e dell'impresa in Lombardia. 1993 1998 Full-Time Part-Time Full-Time Part-Time Sesso

Donna 67,3 13,5 66,7 16,4

Uomo 32,7 86,5 33,3 83,6

Qualifica

Impiegatizia 56,8 53,0 58,4 49,9

Operaia 43,2 47,0 41,6 50,1

Classi Di Età

14-20 2,3 3,4 1.2 0.83

21-25 15,5 15,4 13.0 14.2

26-35 35,1 37,5 39.9 36.7

36-45 24,8 27,4 25.8 30.8

46-55 18,4 13,2 17.3 13.5

56-75 4,0 3,1 3.0 4.0

Dipendenti

<10 33,6 44,0 36,2 45,1

10-49 13,9 9,8 14,9 8,9

50-199 18,8 15,3 17,8 12,9

200-999 10,0 8,1 10,2 8,6

1000+ 23,7 22,8 21,0 24,5

Settore

Siderurgia 3,7 0,7 3,4 0,8

Minerali Non Met. 2,0 0,6 1,7 0,2

Chimica, Farmaceutica 4,5 1,5 3,9 0,9

Metallurgia 21,1 8,0 21,7 9,1

Elettronica 1,8 0,8 2,1 2,0

Auto 2,0 0,3 2,1 0,4

Alimentari 2,8 2,0 2,7 2,1

Tessile 9,4 7,8 8,9 6,6

Legno 2,2 1,4 2,2 0,7

Carta, Stampa, Gomma 6,3 2,3 6,5 2,8

Altri Prod. Industriali 1,3 1,0 1,3 0,6

Costruzioni 7,3 2,3 6,7 3,0

Commercio 16,7 32,9 16,9 31,7

Trasporti 4,2 2,5 4,8 3,1

Credito, Assicurazioni 5,3 3,1 5,0 3,7

Servizi Alle Imprese 9,4 32,9 10,0 32,2 Fonte: INPS nb: solo impiegati ed operai, stock nel maggio di ogni anno per evitare problemi dovuti a stagionalità.

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Tabella A2 Origine del rapporto di lavoro part-time per sesso ed età

Donne Uomini

Orig Meno di 30 anni

Più di 30 anni

Totale donne Meno di 30 anni

Più di 30 anni

Totale uomini

Tot orig

Da Nod 41,0 17,8 25,5 55,0 38,8 47,9 680

Da Fulltime 35,9 26,4 29,5 31,5 36,2 33,6 690

Altra Impresa 20,7 10,1 13,6 22,3 19,9 21,3 344

Stessa Impresa 15.1 16.3 15.9 9.2 16.3 12.3 346

Da Parttime 23,2 55,8 45,0 13,5 25,0 18,6 905

Da Altra Impresa 9,2 12,9 11,7 5,6 5,6 5,6 238

Dalla Stessa Impresa 14,0 43,0 33,3 8,0 19,4 13,0 667

N 608 1220 1828 251 196 447 2275 Fonte: ns. eleaborazioni su dati INPS

Tabella A3 Esito del rapporto di lavoro part-time per sesso ed età

Donne Uomini

Esit Meno di 30 anni

Più di 30 anni Totale donne Meno di 30 anni

Più di 30 anni

Totale uomini Tot

A nod 25,2 28,3 27,2 27,9 34,7 30,9 636

A fulltime 29,6 13,0 18,5 41,0 26,0 34,5 493

Altra impresa 21,1 7,0 11,7 30,3 18,9 25,3 326

Stessa impresa 8.6 6.0 6.9 10.8 7.2 9.2 167

A parttime 45,2 58,7 54,2 31,1 39,3 34,7 1146

Altra impresa 14,0 10,5 11,7 12,7 7,7 10,5 260

Stessa impresa (stayers) 31,3 48,2 42,6 18,3 31,6 24,2 886

Totale complessivo 608 1220 1828 251 196 447 2275 Fonte: ns. eleaborazioni su dati INPS Tabella A4 Evoluzione contrattuale di lavoratori 'fedeli' alla stessa impresa per almeno 5 anni consecutivi.

Contratto iniziale N %

Full-time 1282 91.3

Part-time 122 8.7

Contratto dopo 5 anni N %

Full-time 1273 90.67

Part-time 131 9.33

Iniziale e finale N %

Full --- full 1249 88.96

Full --- part 33 2.35

Part --- full 24 1.71

Part --- part 98 6.98 Fonte: ns. elaborazioni su dati INPS

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272

Tabella A5 Timing (provenienza)

Da full time Da part time

Jtj 30,5 62,2

2-6mesi 25,9 13,4

7-12mesi 18,9 12,2

13+ 24,7 12,2

Totale 344 238 Fonte: ns. eleaborazioni su dati INPS Tabella A6 Timing (esito)

A full time A part-time

Jtj 49,1 61,9

2-6 20,9 10,8

7-12 14,7 11,2

13+ 15,3 16,2

Totale 326 260 Fonte: ns. eleaborazioni su dati INPS Tabella A7 Esiti e origini Carriere viziate all'origine?

Nod Ftime Ptime

Nod 9,4 8,4 12,0

Ftime 7,3 8,4 14,6

Ptime 11,2 4,8 23,7

Stessa 7,6 3,4 18,3 Fonte: ns. eleaborazioni su dati INPS

Tabella A8 Composizione delle tipologie di part-time gruppi per sesso e qualifica

Donne Uomini Operai Impiegati Totale

Abituali 475 26.0 106 23.7 305 25.0 276 26.2 581 25.5

Fedeli 1046 57.2 196 43.8 660 54.1 582 55.2 1242 54.6

Occasionali 307 16.8 145 32.4 255 20.9 197 18.7 452 19.9

Totale 1828 100.0 447 100.0 1220 100.0 1055 100.0 2275 100.0 Fonte: ns. eleaborazioni su dati INPS

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Tabella A9 Età media e per gruppi e caratteristiche individuali (sesso e qualifica) Sesso Qua Età media

Abituali Donne Operai 34.5

Impiegati 32.6

Uomini Operai 32.9

Impiegati 30.3

Totale abituali 33.3

Fedeli Donne Operai 38.2

Impiegati 35.7

Uomini Operai 34.4

Impiegati 30.8

Totale fedeli 36.4

Occasionali Donne Operai 31.0

Impiegati 29.5

Uomini Operai 28.9

Impiegati 27.1

Totale occasionali 29.6

Totale complessivo 34.2 Tabella A10 Gruppi di part-time e durata (mesi)

Abituali Fedeli Occasionali Totale

1-12 0.0 9.1 10.4 7.0

13-36 16.0 16.7 31.0 19.3

37-60 35.6 30.8 30.8 32.0

61+ 48.4 43.4 27.9 41.6

Totale 100.0 100.0 100.0 100.0 Fonte: ns. elaborazioni su dati INPS

Tabella A11 Numero di imprese presso cui si lavora nel periodo di osservazione

Fedeli Abituali Occasionali

Num. % Num. % Num. %

Solo 1 impresa 238 76.5% 261 46.0% 120 31.3%

2 imprese 49 15.8% 155 27.3% 114 29.7%

3 o più imprese 24 7.7% 151 26.6% 150 39.1%

Totale 311 567 384 Fonte: ns. elaborazioni su dati INPS

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Tabella A12 Modello 1 Transizione da PT a FT The LOGISTIC Procedure Model Information Data Set WORK.LOGPTIME Response Variable transiz Number of Response Levels 2 Number of Observations 1980 Link Function Logit Optimization Technique Fisher's scoring Response Profile Ordered Total Value transiz Frequency 1 1 407 2 0 1573 Model Convergence Status Convergence criterion (GCONV=1E-8) satisfied. Model Fit Statistics Intercept Intercept and Criterion Only Covariates AIC 2013.713 1872.958 SC 2019.304 1945.639 -2 Log L 2011.713 1846.958 Testing Global Null Hypothesis: BETA=0 Test Chi-Square DF Pr > ChiSq Likelihood Ratio 164.7548 12 <.0001 Score 170.1491 12 <.0001 Wald 151.9348 12 <.0001 Analysis of Maximum Likelihood Estimates Standard Parameter DF Estimate Error Chi-Square Pr > ChiSq Intercept 1 -1.4100 0.1553 82.4721 <.0001 gra 1 0.0418 0.1399 0.0895 0.7648 med 1 0.1333 0.1542 0.7478 0.3872 d25 1 0.7992 0.1428 31.3228 <.0001 d45 1 -0.2234 0.1653 1.8277 0.1764 d75 1 -0.3985 0.2074 3.6926 0.0547 indpes 1 -0.3023 0.2108 2.0565 0.1516 manif 1 -0.2170 0.2018 1.1573 0.2820 edil 1 -0.0405 0.3536 0.0131 0.9088 serv 1 -0.1136 0.1384 0.6741 0.4116 ope 1 0.1897 0.1214 2.4405 0.1182 male 1 0.6063 0.1416 18.3485 <.0001 pre_ptime 1 -0.6536 0.1384 22.3152 <.0001

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Odds Ratio Estimates Point 95% Wald Effect Estimate Confidence Limits gra 1.043 0.793 1.372 med 1.143 0.845 1.546 d25 2.224 1.681 2.942 d45 0.800 0.578 1.106 d75 0.671 0.447 1.008 indpes 0.739 0.489 1.117 manif 0.805 0.542 1.195 edil 0.960 0.480 1.920 serv 0.893 0.681 1.171 ope 1.209 0.953 1.534 male 1.834 1.389 2.420 pre_ptime 0.520 0.397 0.682 Association of Predicted Probabilities and Observed Responses Percent Concordant 69.3 Somers' D 0.396 Percent Discordant 29.7 Gamma 0.400 Percent Tied 1.1 Tau-a 0.129 Pairs 640211 c 0.698

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276

Tabella A13 Modello 2: Transizione da PT a FT (in senso lato) The LOGISTIC Procedure Model Information Data Set WORK.LOGPTIME Response Variable transall Number of Response Levels 2 Number of Observations 1980 Link Function Logit Optimization Technique Fisher's scoring Response Profile Ordered Total Value transall Frequency 1 1 423 2 0 1557 Model Convergence Status Convergence criterion (GCONV=1E-8) satisfied. Model Fit Statistics Intercept Intercept and Criterion Only Covariates AIC 2056.190 1888.792 SC 2061.781 1961.473 -2 Log L 2054.190 1862.792 Testing Global Null Hypothesis: BETA=0 Test Chi-Square DF Pr > ChiSq Likelihood Ratio 191.3985 12 <.0001 Score 191.7145 12 <.0001 Wald 169.2690 12 <.0001 Analysis of Maximum Likelihood Estimates Standard Parameter DF Estimate Error Chi-Square Pr > ChiSq Intercept 1 -1.3035 0.1533 72.3360 <.0001 gra 1 0.0849 0.1384 0.3767 0.5394 med 1 0.0447 0.1544 0.0838 0.7722 d25 1 0.7446 0.1409 27.9349 <.0001 d45 1 -0.3283 0.1657 3.9266 0.0475 d75 1 -0.3641 0.2035 3.1999 0.0736 indpes 1 -0.1301 0.2060 0.3991 0.5275 manif 1 -0.0778 0.1986 0.1536 0.6951 edil 1 0.1116 0.3487 0.1024 0.7489 serv 1 -0.0286 0.1379 0.0430 0.8356 ope 1 0.2046 0.1206 2.8768 0.0899 male 1 0.5305 0.1410 14.1514 0.0002 pre_ptime 1 -0.9205 0.1409 42.6888 <.0001

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Odds Ratio Estimates Point 95% Wald Effect Estimate Confidence Limits gra 1.089 0.830 1.428 med 1.046 0.773 1.415 d25 2.106 1.598 2.775 d45 0.720 0.521 0.996 d75 0.695 0.466 1.035 indpes 0.878 0.586 1.315 manif 0.925 0.627 1.365 edil 1.118 0.564 2.215 serv 0.972 0.742 1.273 ope 1.227 0.969 1.554 male 1.700 1.289 2.241 pre_ptime 0.398 0.302 0.525 Association of Predicted Probabilities and Observed Responses Percent Concordant 70.8 Somers' D 0.425 Percent Discordant 28.3 Gamma 0.429 Percent Tied 0.9 Tau-a 0.143 Pairs 658611 c 0.713

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Tabella A14 Modello 3: Transizione da FT a PT The LOGISTIC Procedure Model Information Data Set WORK.LOGPTIME Response Variable transiz Number of Response Levels 2 Number of Observations 1980 Link Function Logit Optimization Technique Fisher's scoring Response Profile Ordered Total Value transiz Frequency 1 1 407 2 0 1573 Model Convergence Status Convergence criterion (GCONV=1E-8) satisfied. Model Fit Statistics Intercept Intercept and Criterion Only Covariates AIC 2013.713 1894.170 SC 2019.304 1961.261 -2 Log L 2011.713 1870.170 Testing Global Null Hypothesis: BETA=0 Test Chi-Square DF Pr > ChiSq Likelihood Ratio 141.5423 11 <.0001 Score 151.5672 11 <.0001 Wald 136.6428 11 <.0001 Analysis of Maximum Likelihood Estimates Standard Parameter DF Estimate Error Chi-Square Pr > ChiSq Intercept 1 -1.6222 0.1493 118.0683 <.0001 gra 1 -0.0238 0.1384 0.0295 0.8636 med 1 0.1068 0.1533 0.4856 0.4859 d25 1 0.9252 0.1403 43.4673 <.0001 d45 1 -0.3242 0.1631 3.9513 0.0468 d75 1 -0.5685 0.2030 7.8439 0.0051 indpes 1 -0.3029 0.2104 2.0726 0.1500 manif 1 -0.2146 0.2008 1.1420 0.2852 edil 1 -0.0656 0.3518 0.0347 0.8522 serv 1 -0.1256 0.1377 0.8324 0.3616 ope 1 0.2032 0.1207 2.8336 0.0923 male 1 0.7008 0.1401 25.0376 <.0001

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279

Odds Ratio Estimates Point 95% Wald Effect Estimate Confidence Limits gra 0.977 0.745 1.281 med 1.113 0.824 1.503 d25 2.522 1.916 3.321 d45 0.723 0.525 0.995 d75 0.566 0.380 0.843 indpes 0.739 0.489 1.116 manif 0.807 0.544 1.196 edil 0.937 0.470 1.866 serv 0.882 0.673 1.155 ope 1.225 0.967 1.552 male 2.015 1.532 2.652 Association of Predicted Probabilities and Observed Responses Percent Concordant 67.6 Somers' D 0.368 Percent Discordant 30.7 Gamma 0.375 Percent Tied 1.7 Tau-a 0.120 Pairs 640211 c 0.684

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Tabella A15 The REG Procedure Model: MODEL1 Dependent Variable: salario giornaliero Analysis of Variance Sum of Mean Source DF Squares Square F Value Pr>F Model 13 444743 34211 17.82 <.0001 Error 1924 3693678 1919.79126 Corrected Total 1937 4138422 Root MSE 43.81542 R-Square 0.1075 Dependent Mean 105.95614 Adj R-Sq 0.1014 Coeff Var 41.35242 Parameter Estimates Parameter Standard Variable DF Estimate Error t Value Pr > |t| Intercetta 1 74.03320 12.74348 5.81 <.0001 a Nod 1 -4.03410 3.03831 -1.33 0.1844 a Part-time 1 -6.58437 2.71815 -2.42 0.0155 da Part-time 1 -8.30512 2.52235 -3.29 0.0010 da Nod 1 -10.30080 2.67159 -3.86 0.0001 log(dipmed) 1 2.69491 0.35498 7.59 <.0001 età 1 2.36918 0.66995 3.54 0.0004 età^2 1 -0.02774 0.00868 -3.20 0.0014 ind.pesante 1 4.09748 4.02703 1.02 0.3090 commercio 1 3.04474 3.28917 0.93 0.3547 edilizia 1 1.15131 6.77463 0.17 0.8651 servizi 1 8.04919 3.19935 2.52 0.0120 operai 1 -22.32568 2.09345 -10.66 <.0001 donne 1 -7.08361 2.81746 -2.51 0.0120

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Appendice Capitolo 2

QUESTIONARIO A)

IMPRESE CHE UTILIZZANO CONTRATTI PART-TIME Numero di questionario |___|___|___|___|___|

Informazioni sulle caratteristiche da trascrivere in base alle informazioni disponibili da Excelsior

Azienda

Telefono

Codice Ateco

DATI IMPRESA:

1. Settore

1. Pubblici esercizi (alberghi, ristoranti) 2. Commercio 3. Intermediazione finanziaria, monetaria, (banche,

assicurazioni, finanza..) 4. Industria tessile e pelle calzature

2. Dimensione aziendale (indicare n° addetti totale) |___|___|___|___|___|

1. Fino a 9 addetti 2. Da 10 a 49 addetti 3. Da 50 a 200 addetti 4. Oltre 200 addetti

3. Area territoriale:

1. Milano 2. Altra provincia (indicare quale) |___|___| 3. Altro_______________________________________

4. Da quanto tempo è attiva l'impresa? (indicare numero di anni) |___|___| 5. Il mercato di riferimento dell'azienda è prevalentemente (1 sola risposta)

1. Locale-regionale 2. Nazionale 3. Internazionale 4. Altro______________________________________________ ______________________________________________________

6. Negli ultimi 5 anni sono state fatte operazioni di riorganizzazione aziendale rilevanti?

1. Si 2. No 7. Negli ultimi 5 anni sono state fate assunzioni ?

1. Si 2. No

Se sì, quante? |___|___|___|___|___| 8. Qual' è il vostro contratto collettivo di lavoro?

______________________________________________________

______________________________________________________

STRUTTURA E COMPOSIZIONE DELL'OCCUPAZIONE

9. Qual' è la posizione professionale dei lavoratori ?

Totale addetti Di cui part-time

Operaio generico, operaio specializzato

Commesso

Impiegato – amministrativo

Quadro – tecnico

Dirigente

Altro (Specificare) _____________________________

Totale (vedi dom. 2)

10. Utilizzate, o avete recentemente utilizzato, i seguenti tipi di contratti flessibili?

sì Dom. 11b (Se sì)Quanti?

Contratti a tempo determinato 1.

Contratti di lavoro interinale 2.

Contratti di collaborazione coordinata e continuativa 3.

Contratti di collaborazione occasionale 4.

Contratti di formazione-lavoro 5.

Contratti di apprendistato 6.

Altro (Specificare) _____________________________ 7.

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11. Utilizzate altre forme di flessibilità dell’orario di lavoro?

Abitual-mente

Saltuariamente Mai

Lavoro straordinario 1 2 3

Lavoro serale 1 2 3

Lavoro a turni 1 2 3

Lavoro di sabato 1 2 3

Lavoro di domenica e/o festivo 1 2 3

Lavoro notturno 1 2 3

Lavoro stagionale 1 2 3

Altro (Specificare) _____________________________ 1 2 3

CARATTERISTICHE DEL PART-TIME

(ORA PARLIAMO NELLO SPECIFICO DEL LAVORO PART-TIME)

12. Quanti sono attualmente i lavoratori inseriti con contratto part-time?

Uomini Donne

N° di lavoratori Part-time

Con contratto P-T a tempo determinato

Assunti direttamente con contratto part-time

Trasformati da contratti full-time a part-time

13. Quale tipo di part-time è usato nella sua azienda? (sono possibili più risposte)

1. Orizzontale (riduzione orario su base giornaliera)

Solo mattino per 5 gg. alla settimana 1.

Solo mattino per 6 gg. alla settimana 2.

Solo pomeriggio per 5 gg. alla settimana 3.

Mattino e pomeriggio (es. 6 o 7 ore) per 5 gg. alla settimana 4.

A turni alternati 5.

Altro (Specificare) _____________________________ 6.

2. Verticale ( riduzione orario su base settimanale o mensile)

Usato solo nei fine settimana 1

Usato solo in alcuni giorni della settimana 2

Usato in qualche giorno alla settimana e nei fine settimana 3

Usato solo in alcuni mesi o periodi dell'anno (indicare quali) _________________________________________

4

Altro (Specificare) _________________________________________ 5

3. Misto o Ciclico riduzione giornaliera con punte verticali, concentrate in alcuni periodi o mesi dell'anno

4. Altro (Specificare)________________________________________ __________________________________________________________ 14. Quante ore settimanali lavorano mediamente i lavoratori part-time?

|___|___| ore 15. Che cosa pensa del contratto part-time ? (fare rispondere l’intervistato e poi l’intervistatore attribuirà la risposta ad una delle voci sotto elencate) ___________________________________________________________

___________________________________________________________

___________________________________________________________

16a. Qual è il principale vantaggio? (1 sola risposta)

1 Serve per rispondere alle esigenze dei lavoratori/trici che lo richiedono 2 Serve per ridurre il tempo di lavoro nei momenti di crisi aziendale 3 Permette di usufruire di benefici fiscali e contributivi 4 Aumenta la produttività oraria 5 Risponde bene alle esigenze di organizzazione dall’attività produttiva

e/o di servizio 6 Altro ___________________________________________________________ 16.b Qual è il principale svantaggio? (1 sola risposta)

1. Non conviene economicamente 2. Il costo è uguale, ma è costoso organizzarlo 3. Ci sono difficoltà a prevedere un percorso di carriera del lavoratore

part-time 4. Di norma il lavoratore part-time è poco motivato e rende meno 5. Altro ___________________________________________________________

17. Se pensa che l'uso del part-time sia vantaggioso per l'impresa, mi può dire perché? (1 sola risposta)

1. Consente di avere figure professionali diverse, che non sarebbero occupabili a tempo pieno

2. Permette di fare fronte a picchi di lavoro giornalieri-settimanali (corrisponde a specifici orari di apertura del servizio, è meglio avere più persone occupate nei momenti di punta)

3. Permette di fare fronte a picchi di lavoro stagionali (es periodo estivo, periodo natalizio)

4. Consente un migliore utilizzo degli impianti, attraverso i turni part-time

5. Altro_____________________________________________

__________________________________________________

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18. Conosce la legge sul contratto di lavoro part-time? (d.lgs.25 Febbraio 2000 n .61, che sostituisce la legge del 1984)

1. Si, bene 2. Conosco solo alcuni aspetti 3. Non la conosco 4. Altro______________________________________________

__________________________________________________ 19. Se ha detto di conoscere la legge, ritiene che sarebbe necessario modificarla?

1. Si 2. No

Se sì, perchè è ancora un contratto troppo vincolato dalla legge in termini di (ordinare le risposte in ordine di importanza):

1° |___| 2° |___| 3°|___| 4°|___|

1. -Fascia oraria difficilmente modificabile 2. Obbligo di comunicazione all'ispettorato del lavoro 3. Ancora troppo vincolante la previsione di un tetto massimo

alle ore di lavoro supplementare 4. Altro______________________________________________

__________________________________________________ 20. Avete utilizzato qualcuna di queste forme di incentivo previstae dalla Legge sul lavoro part-time? (possibili più risposte)

1. Per assunzione di giovani disoccupati fra 18 e 25 anni 2. Per assunzione di donne che rientrano dopo due anni dalla

maternità 3. Per trasformazione da full-time a part-time di lavoratori

anziani 4. Per avere incrementato l'organico con assunzioni part-time

entro il 2000 5. Abbiamo usufruito della riduzione delle aliquote contributive

(in relazione alle ore lavorate) 6. -no perchè per accedere a incentivi era necessario un aumento

della base occupazionale 7. Altro______________________________________________

__________________________________________________ 21. Viene utilizzato il lavoro supplementare abbinato al part-time? (1 sola risposta)

(nota bene, il lavoro supplementare non è il lavoro straordinario, ma equivale al numero di ore che si aggiungono all'orario part-time, ma che non superano quello full-time; è pagato senza maggiorazioni, sostituisce il lavoro straordinario, che prima della legge del 2000 era vietato)

1. Molto 2. Abbastanza spesso 3. Raramente 4. Mai

22. Vi sono stati passaggi da contratto part-time a contratto a tempo pieno?

1. Sì quanti |___|___|___| 2. No 3. È stato chiesto ma non è stato concesso dall'azienda 4. Altro______________________________________________

__________________________________________________

23. Solitamente i dipendenti che lavorano part-time nella Sua azienda lo fanno (dare più risposte in ordine di importanza):

1° |___| 2° |___| 3°|___| 4°|___| 5° |___|

1. Per motivi di studio (corsi scolastici o di formazione professionale

2. Per malattia/infortunio o inabilità temporanea 3. Per motivi familiari (di cura) o personali 4. Per maternità o congedo parentale 5. Altro______________________________________________

__________________________________________________ 24. Esiste una contrattazione aziendale sul part-time?

1. Si 2. No

Se sì, su quali temi?

Specificare__________________________________________________

___________________________________________________________

___________________________________________________________

___________________________________________________________

___________________________________________________________

___________________________________________________________

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QUESTIONARIO B)

IMPRESE CHE NON UTILIZZANO CONTRATTI PART-TIME

Numero di questionario |___|___|___|___|___|

Informazioni sulle caratteristiche da trascrivere in base alle informazioni disponibili da Excelsior

Azienda

Telefono

Codice Ateco

DATI IMPRESA:

1. Settore

1. Pubblici esercizi (alberghi, ristoranti) 2. Commercio 3. Intermediazione finanziaria, monetaria, (banche,

assicurazioni, finanza..) 4. Industria tessile e pelle calzature

2. Dimensione aziendale (indicare n° addetti totale) |___|___|___|___|___|

1. Fino a 9 addetti 2. Da 10 a 49 addetti 3. Da 50 a 200 addetti 4. Oltre 200 addetti

3. Area territoriale:

1. Milano 2. Altra provincia (indicare quale) |___|___| 3. Altro_______________________________________

4. Da quanto tempo è attiva l'impresa? (indicare numero di anni) |___|___| 5. Il mercato di riferimento dell'azienda è prevalentemente (1 sola risposta)

1. Locale-regionale 2. Nazionale 3. Internazionale 4. Altro______________________________________________ ______________________________________________________

6. Negli ultimi 5 anni sono state fatte operazioni di riorganizzazione aziendale rilevanti?

1. Si 2. No 7. Negli ultimi 5 anni sono state fate assunzioni ?

1. Si 2. No

Se sì, quante? |___|___|___|___|___| 8. Qual' è il vostro contratto collettivo di lavoro?

______________________________________________________ ______________________________________________________

STRUTTURA E COMPOSIZIONE DELL'OCCUPAZIONE

9. Qual' è la posizione professionale dei lavoratori ?

Totale addetti

Operaio generico, operaio specializzato

Commesso

Impiegato – amministrativo

Quadro – tecnico

Dirigente

Altro (Specificare) _________________________________

Totale (vedi dom. 2)

10. Utilizzate, o avete recentemente utilizzato, i seguenti tipi di contratti flessibili?

sì Dom. 11b (Se sì)Quanti?

Contratti a tempo determinato 1.

Contratti di lavoro interinale 2.

Contratti di collaborazione coordinata e continuativa 3.

Contratti di collaborazione occasionale 4.

Contratti di formazione-lavoro 5.

Contratti di apprendistato 6.

Altro (Specificare) _____________________________ 7.

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11. Utilizzate altre forme di flessibilità dell’orario di lavoro?

Abitual-mente

Solita-mente Mai

Lavoro straordinario 1 2 3

Lavoro serale 1 2 3

Lavoro a turni 1 2 3

Lavoro di sabato 1 2 3

Lavoro di domenica e/o festivo 1 2 3

Lavoro notturno 1 2 3

Lavoro stagionale 1 2 3

Altro (Specificare) _____________________________ 1 2 3

12. Perché la sua impresa non utilizza contratti di lavoro part-time? (massimo 2 risposte in ordine d'importanza)

primo citato |___|___| secondo citato |___|___|

1. Non vi è stata nessuna richiesta da parte dei lavoratori 2. È stato chiesto ma non è stato concesso (ad es.perché l'orario

richiesto è troppo rigido) 3. Non è compatibile con il tipo di organizzazione della produzione

o del servizio 4. Non conviene economicamente per i maggiori costi contributivi 5. Non conviene economicamente per i maggiori costi fiscali 6. Non conviene economicamente per i maggiori costi di gestione

del personale 7. La legge è troppo rigida e vincolante 8. Il sindacato non ha mai favorito il part-time 9. Non so 10. Altro________________________________________________

_________________________________________________________

13. Ci sono secondo lei dei vantaggi per le imprese che utilizzano il lavoro part-time?

1. Si 2. No

Se si, quali ? (massimo 2 risposte in ordine d'importanza) primo citato |___|___| secondo citato |___|___| 1. serve per rispondere alle esigenze dei lavoratori/trici che lo

richiedono 2. permette di risparmiare sul costo del lavoro 3. serve per ridurre il tempo di lavoro nei momenti di crisi

aziendale 4. Permette di usufruire di benefici fiscali e contributivi 5. aumenta la produttività oraria 6. risponde bene alle esigenze di organizzazione dall’attività

produttiva e/o di servizio 7. Altro_____________________________________________

______________________________________________________

14. Quali pensa che siano invece gli svantaggi del contratto part-time?

(massimo 2 risposte in ordine d'importanza) primo citato |___|___| secondo citato |___|___|

1. Non conviene economicamente 2. Il costo è uguale, ma è costoso organizzarlo 3. Ci sono difficoltà a prevedere un percorso di carriera del

lavoratore part-time 4. Di norma il lavoratore part-time è poco motivato e rende

meno 5. Altro______________________________________________

_______________________________________________________

15. Conosce la legge sul contratto di lavoro part-time? (d.lgs.25 Febbraio 2000 n .61, che sostituisce la legge del 1984)

1. Si, bene 2. Conosco solo alcuni aspetti 3. Non la conosco 4. Altro_____________________________________________

_______________________________________________________

16. Se ha detto di conoscere la legge, ritiene che sarebbe necessario modificarla?

1. Si 2. No

Se sì, perchè è ancora un contratto troppo vincolato dalla legge in termini di (ordinare le risposte in ordine di importanza):

1° |___| 2° |___| 3°|___| 4°|___|

1. -Fascia oraria difficilmente modificabile 2. Obbligo di comunicazione all'ispettorato del lavoro 3. Ancora troppo vincolante la previsione di un tetto massimo

alle ore di lavoro supplementare 4. Altro_____________________________________________

_______________________________________________________

17. Fate contrattazione aziendale?

1. Si 2. No