RAPPORTO 2008 SULLA FORMAZIONE...

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RRAAPPPPOORRTTOO 22000088

SSUULLLLAA FFOORRMMAAZZIIOONNEE CCOONNTTIINNUUAA

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Rapporto 2008 sulla formazione continua 2

Indice

Introduzione pag. 14

Capitolo 1 - I fenomeni pag. 16

1.1. Introduzione pag. 16

1.2. La formazione continua nelle imprese: il contesto europeo, i ritardi e le specificità italiane pag. 18

1.2.1. Le imprese che offrono formazione pag. 31 1.2.2. La partecipazione e l’accesso ai corsi di formazione pag. 37 1.2.3. Intensità e durata dei corsi di formazione pag. 39 1.2.4. I costi dei corsi di formazione pag. 40

1.3. La partecipazione formativa dei lavoratori e i comportamenti formativi degli individui: il contesto europeo e le specificità italiane pag. 47

1.4. La domanda potenziale di formazione delle imprese italiane pag. 55

1.5. I comportamenti formativi delle PMI alla luce di variabili chiave dell’attuale contesto competitivo pag. 60

1.5.1. Continuità con i precedenti approfondimenti sul tema pag. 60 1.5.2. Il commercio internazionale dell’Alta Tecnologia pag. 61 1.5.3. Tendenze delle imprese industriali e delle imprese dei servizi per

livello tecnologico e di conoscenza pag. 64 1.5.4. Le PMI in Europa e in Italia pag. 66 1.5.5. La formazione continua intenzionale e strutturata delle PMI

italiane pag. 67 1.5.6. La formazione continua intenzionale e strutturata delle PMI per

livello tecnologico pag. 70 1.5.7. La formazione continua intenzionale e strutturata delle PMI ed i

codici volontari di responsabilità sociale pag. 73 1.5.8. La formazione continua intenzionale e strutturata delle PMI e la

proprietà delle imprese pag. 75 1.5.9. Alcune considerazioni pag. 76

Capitolo 2 Le politiche e gli strumenti di sostegno alle iniziative formative pag. 81

2.1. I Fondi Paritetici Interprofessionali per la Formazione Continua pag. 81 2.1.1. Andamento e caratteristiche settoriali e territoriali delle adesioni

delle imprese pag. 82 2.1.2. Le risorse finanziarie pag. 90 2.1.3. I risultati operativi pag. 92 2.1.4. Gli Avvisi pubblici per la raccolta delle proposte formative pag. 102

2.2. Il Punto sulla Legge 236/1993 pag. 119 2.2.1. Le caratteristiche degli atti emanati dalle Regioni pag. 125 2.2.2. Il monitoraggio delle attività finanziate attraverso le risorse

L.236/93 pag. 133

2.3. Il Punto sulla Legge 53/2000 pag. 140 2.3.1. Le caratteristiche degli atti emanati dalle Regioni pag. 144

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Rapporto 2008 sulla formazione continua 3

2.4. La formazione dei lavoratori nel Fondo sociale europeo: un bilancio complessivo della programmazione 2000-2006 pag. 148

Capitolo 3 Sistemi di Governance territoriale delle politiche di formazione continua pag. 155

3.1. Uno sguardo su cinque sistemi regionali pag. 155

3.1.1. Regione Campania pag. 159

3.1.2. Regione Lombardia pag. 162

3.1.3. Regione Puglia pag. 164

3.1.4. Regione Umbria pag. 169

3.1.5. Regione Veneto pag. 175

Capitolo 4 La formazione continua nelle Regioni del Mezzogiorno: criticità e prospettive pag. 180

4.1. Aspetti critici della formazione continua nelle Regioni del Mezzogiorno pag. 180

4.2. La formazione continua nei Programmi Operativi Regionali FSE 2007-2013 Obiettivo Convergenza pag. 183

Capitolo 5 L’evoluzione del diritto alla formazione continua nella

contrattazione collettiva pag. 191

5.1. Introduzione pag. 191

5.2. La formazione continua nella bilateralità contrattuale pag. 192

5.3. I dispositivi contrattuali per la promozione della Formazione Continua pag. 195

5.4. La valutazione delle competenze per la progressione di carriera pag. 197

5.5. La formazione dei lavoratori per la sicurezza sul lavoro pag. 200

5.6. La formazione dei lavoratori stranieri pag. 202

Capitolo 6 I segmenti specifici pag. 204 6.1. La formazione dei dipendenti della PA pag. 204 6.2. La formazione dei lavoratori interinali pag. 209 6.3. La formazione continua degli italiani all’estero pag. 212

6.3.1. Le caratteristiche dei progetti finanziati dall’Avviso 1/2004 pag. 212

6.3.2. Lo stato di avanzamento dei progetti dell’Avviso 1/2004 pag. 214

6.3.3. I risultati dell’Avviso 1/2007 pag. 219 6.4. La formazione continua in agricoltura pag. 222

6.4.1. La formazione continua in agricoltura nella programmazione comunitaria 2007-2013 pag. 223

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Rapporto 2008 sulla formazione continua 4

Capitolo 7 La formazione continua nelle esperienze estere pag. 225 7.1. Il dibattito sul futuro della Formazione continua in Francia dopo la

riforma del 2004 pag. 225 7.2. Il percorso della prospettata riforma pag. 230 7.3. Le proposte di modifica dei circuiti e dei meccanismi di gestione del

sistema pag. 231 7.4. Alcuni dati aggiornati sulla formazione continua in Francia pag. 235

Capitolo 8 Il contributo del PON FSE 2007-2013 a sostegno delle strategie

nelle Regioni Obiettivo Convergenza pag. 238

8.1. Promozione dell’integrazione delle politiche e degli strumenti di sostegno comunitari e nazionali alla Formazione Continua pag. 238

8.2. Il sostegno del Fondo Sociale Europeo alla formazione delle figure manageriali nelle Regioni Obiettivo Convergenza pag. 246

8.2.1. Il dibattito nazionale ed europeo sulle figure manageriali: i temi principali pag. 246

8.2.2. Il tema della formazione dei manager nei POR FSE 2007-2013 delle Regioni Obiettivo Convergenza pag. 248

8.2.3. L’individuazione e la sperimentazione di politiche a sostegno della formazione manageriale nelle Regioni Obiettivo Convergenza del PON FSE pag. 249

8.3. Le politiche a sostegno dell’Active ageing: la formazione continua per gli over 50 pag. 251

8.3.1. Presentazione dell’attività pag. 251

8.3.2. Contesto e politiche di supporto per i lavoratori anziani pag. 252 8.4. Modelli e stili di apprendimento nelle Micro e Piccole Imprese pag. 256

8.4.1. La rilevanza delle Micro e Piccole Imprese nel sistema economico europeo e nazionale pag. 256

8.4.2. Proposte per lo sviluppo e il sostegno dell’apprendimento nelle microimprese pag. 259

8.5. L’università nel sistema di LifeLong Learning pag. 262 8.5.1. L’apprendimento permanente nel sistema di LifeLong Learning e il

nuovo ruolo delle Università pag. 262 8.5.2. L’avvio del “Laboratorio interuniversitario dei Centri per

l’Apprendimento Permanente” per l’analisi dell’offerta di formazione continua degli Atenei del Mezzogiorno pag. 266

8.6. Le iniziative a sostegno della comunicazione pubblica in materia di formazione continua: lo sviluppo del sito www.eformazionecontinua.it pag. 267

Appendici

Appendice I La Formazione Continua in Europa (CVTS3- Rappresentazione cartografica dell’indagine europea)

Appendice II Fondi Paritetici Interprofessionali per la Formazione Continua - Distribuzioni territoriali delle adesioni

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Rapporto 2008 sulla formazione continua 5

Indice delle Tabelle

Capitolo 1

Tabella 1.1 - Principali indicatori della diffusione della formazione continua nelle imprese e degli investimenti realizzati dalle imprese in Europa nel 2005 pag. 27

Tabella 1.2 - Imprese formatrici in percentuale su tutte le imprese in Europa, nel 2005, per tipologia di formazione e classe di addetti pag. 33

Tabella 1.3 - Imprese con 10 addetti ed oltre che hanno svolto formazione continua, per settore di attività economica e tipologia di formazione. Italia, anno 2005 pag. 35

Tabella 1.4 - Percentuale di addetti che hanno partecipato a corsi in tutte le imprese (partecipazione) e solo nelle imprese che hanno offerto corsi (accesso) pag. 38

Tabella 1.5 - Partecipazione e accesso ai corsi di formazione in Italia per macro-settore e classe di addetti, Italia, anno 2005 pag. 39

Tabella 1.6 - Intensità (ore medie di corso per partecipante) dei corsi di formazione in Italia per macro-settore, classe di addetti e genere pag. 40

Tabella 1.7 - Principali indicatori dei costi dei corsi rilevati in Italia e in Europa pag. 41

Tabella 1.8 - Costo del lavoro dei dipendenti in formazione in Europa (PAC) (Ranking) pag. 43

Tabella 1.9 - Costo dei corsi per partecipante in Europa (Ranking e struttura) pag. 44

Tabella 1.10 - Principali indicatori dei costi dei corsi, per tipo di costo, classe dimensionale e settore economico NACE in Italia e EU-27 pag. 46

Tabella 1.11- Tassi di partecipazione ad attività formali o non formali di formazione ed istruzione degli individui adulti, con età compresa tra 25 e 64 anni (Indagine AES e LFS, 2006) pag. 48

Tabella 1.12 - Occupati di 18 anni e più per frequenza di corsi di studio, e/o formazione e/o autoformazione, classe di età e sesso. Anno 2006 (per 100 occupati di 18 anni e più della stessa età e dello stesso sesso) pag. 52

Tabella 1.13 - Occupati di 18 anni e più per frequenza di corsi di studio, e/o formazione e/o autoformazione, regione, ripartizione geografica e tipo di comune. Anno 2006 (per 100 occupati di 18 anni e più della stessa zona) pag. 54

Tabella 1.14 - Quadro esportazioni/importazioni UE-27 e principali Paesi europei. Anno 2005 pag. 64

Tabella 1.15 - Evoluzione della produzione e dell’occupazione nelle attività manifatturiere, UE-27, 1995-2006 pag. 65

Tabella 1.16 - Evoluzione del volume d’affari e dell’occupazione nei servizi a forte intensità di conoscenza, UE-27, 1995 – 2006 – crescita annuale media pag. 66

Tabella 1.17 - Indicatori chiave sulle PMI e Grandi Imprese dell’economia di mercato non finanziaria, UE-22, anno 2005 pag. 66

Tabella 1.18 - Quadro imprese manifatturiere di alta tecnologia. Anno 2003 pag. 67

Tabella 1.19 - Quadro della formazione intenzionale e strutturata nelle PMI. Anno 2005 pag. 68

Tabella 1.20 - Estensione della formazione nelle PMI. Anno 2005 pag. 68 Tabella 1.21 - Estensione della formazione nelle PMI per profilo professionale. Anno

2005 pag. 69

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Rapporto 2008 sulla formazione continua 6

Tabella 1.22 - Intensità della formazione nelle PMI per settore. Anno 2005 pag. 70

Tabella 1.23 - Intensità della formazione nell PMI. Anno 2005 pag. 70

Tabella 1.24 - Quadro delle PMI per livello tecnologico e di conoscenza pag. 71 Tabella 1.25 - PMI formatrici per livello tecnologico e di conoscenza. Anno 2005 pag. 71 Tabella 1.26 - Estensione della formazione nelle PMI per livello tecnologico e di

conoscenza pag. 72

Tabella 1.27 - Intensità della formazione nelle PMI per livello tecnologico e di conoscenza pag. 73

Tabella 1.28 - Impatto della RSI sulla formazione delle PMI. Anno 2005 pag. 74 Tabella 1.29 - Impatto della RSI sull’estensione della formazione nelle PMI. Anno 2005 pag. 74 Tabella 1.30 - Impatto della RSI sull’intensità della formazione nelle PMI. Anno 2005 pag. 75 Tabella 1.31 - Impatto della proprietà sulla formazione delle PMI. Anno 2005 pag. 75 Tabella 1.32 - Impatto della proprietà sull’estensione della formazione nelle PMI. Anno

2005 pag. 76 Tabella 1.33 - Impatto della proprietà sull’intensità della formazione nelle PMI. Anno

2005 pag. 76 Tabella 1.34 - Correlazione tra livello tecnologico, propensione alla formazione,

estensione ed intensità nelle PMI. Anno 2005 pag. 77

Capitolo 2 Tabella 2.1 - Adesioni espresse e lavoratori in forza presso le imprese aderenti al netto

delle cessazioni pag. 83 Tabella 2.2 - Ripartizioni percentuali degli aderenti ai Fondi per classi dimensionali,

esclusi i Fondi per dirigenti pag. 85

Tabella 2.3 - Ripartizioni percentuali dei lavoratori delle imprese aderenti ai Fondi per classi dimensionali, esclusi i Fondi per dirigenti pag. 86

Tabella 2.4 - Distribuzione settoriale delle adesioni e confronto con la composizione dell’universo di riferimento pag. 86

Tabella 2.5 - Distribuzione settoriale dei lavoratori delle imprese aderenti e confronto con la composizione dell’universo di riferimento pag. 87

Tabella 2.6 - Distribuzione settoriale delle adesioni, esclusi i Fondi per dirigenti pag. 88 Tabella 2.7 - Distribuzione territoriale delle adesioni ai Fondi Paritetici, esclusi quelli

per soli dirigenti pag. 89 Tabella 2.8 - Distribuzione regionale delle adesioni e dei lavoratori delle imprese

aderenti pag. 90 Tabella 2.9 - Ricostruzione delle risorse finanziarie assorbite dai Fondi Paritetici

Interprofessionali pag. 91 Tabella 2.10 - Stanziamenti effettuati dai Fondi per mezzo di Avvisi pubblici per la

raccolta delle proposte pag. 92 Tabella 2.11 - Piani formativi approvati, imprese e lavoratori in esse coinvolti dall’avvio

delle attività al 31 dicembre 2007 pag. 93 Tabella 2.12 - Percentuali di coinvolgimento delle imprese aderenti ai Fondi e dei loro

lavoratori nei Piani formativi finanziati pag. 94

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Rapporto 2008 sulla formazione continua 7

Tabella 2.13 - Principali caratteristiche dei Piani formativi per tipologia pag. 95

Tabella 2.14 - Parametri finanziari pag. 95

Tabella 2.15 - Principali caratteristiche dei Piani formativi per classi di costo pag. 95

Tabella 2.16 - Costi totali per tipologia di Piano pag. 96

Tabella 2.17 - Dimensione finanziaria per Piano, impresa, partecipante pag. 96

Tabella 2.18 - Caratteristiche della Condivisione dei Piani pag. 96 Tabella 2.19 - Frequenza delle diverse finalità dichiarate nei Piani formativi pag. 97 Tabella 2.20 - Assorbimento finanziario delle diverse finalità pag. 98 Tabella 2.21 - Incidenza territoriale per Regione pag. 98 Tabella 2.22 - Contributi delle imprese pag. 99 Tabella 2.23 - Durata dei Piani per tipologia pag. 99 Tabella 2.24 - Durata dei Piani per classi di costo pag. 100 Tabella 2.25 - Numerosità dei partecipanti pag. 100 Tabella 2.26 - Gli organismi realizzatori delle attività formative pag. 101 Tabella 2.27 - Frequenza delle diverse Tematiche formative nei Progetti costituenti i

Piani pag. 101 Tabella 2.28 - Frequenza delle diverse Metodologie formative nei Progetti costituenti i

Piani pag. 102 Tabella 2.29 - Durata dei Progetti pag. 102 Tabella 2.30 - Quadriennio 2004-2007: i decreti 236/93 delle Regioni e relative risorse

messe a bando in base all’anno di pubblicazione dei decreti pag. 120 Tabella 2.31 - Legge 236/93: somme impegnate ed erogate relative al D.D. 243/V/2004 pag. 122 Tabella 2.32 - Legge 236/93: somme impegnate ed erogate relative al D.D. 107/segr/06 pag. 123 Tabella 2.33 - Legge 236/93: somme impegnate ed erogate relative al D.D. 40/cont/07 pag. 123 Tabella 2.34 - La scelta delle Regioni riguardo l’impiego delle risorse relative alla

Legge 236/93 (decreti 107/06 e 40/07) – Aggiornamento al 20 novembre 2008 pag. 124

Tabella 2.35 - Rapporti di monitoraggio analizzati (per Regione e Decreto di riparto) pag. 134 Tabella 2.36 - Caratteristiche dei Piani approvati e conclusi per decreti di riparto pag. 134 Tabella 2.37 - Caratteristiche dei Piani approvati e conclusi per tipo di Piano formativo pag. 135 Tabella 2.38 - Distribuzione delle imprese per classe dimensionale pag. 135 Tabella 2.39 - Distribuzione delle imprese per settore produttivo pag. 136 Tabella 2.40 - Distribuzione dei formati per genere pag. 136 Tabella 2.41 - Distribuzione dei formati per classi di età pag. 136 Tabella 2.42 - Distribuzione dei formati per inquadramento pag. 137 Tabella 2.43 - Distribuzione dei formati per titolo di studio pag. 137 Tabella 2.44 - Distribuzione dei formati per nazionalità pag. 138 Tabella 2.45 - Distribuzione dei formati per tipologia contrattuale pag. 138 Tabella 2.46 - Legge 53/2000: impegnato ed erogato relativo al D.I. 136/V/04 pag. 140 Tabella 2.47 - Legge 53/2000: impegnato ed erogato relativo al D.I. 349/V/04 pag. 141

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Rapporto 2008 sulla formazione continua 8

Tabella 2.48 - Legge 53/2000: impegnato ed erogato relativo al D.I. 62/V/07 pag. 141 Tabella 2.49 - Legge 53/2000: impegnato ed erogato relativo al D.I. 110/cont/V/07 pag. 142 Tabella 2.50 - La scelta delle Regioni riguardo l’impiego delle risorse relative alla

Legge 53/00 (Decreti 62/07 e 110/07) Aggiornamento al 20 novembre 2008 pag. 143

Tabella 2.51 - Spesa in formazione continua per tipologia di progetto. Anno 2007- (Centro- Nord, Mezzogiorno, Italia) pag. 148

Tabella 2.52 - Spesa in formazione continua per tipologia di progetto, 2000-2007 (Italia) pag. 150 Tabella 2.53 - Spesa in formazione continua per tipologia di progetto, 2000-2007

(Centro Nord) pag. 150 Tabella 2.54 - Spesa in formazione continua per tipologia di progetto, 2000-2007

(Mezzogiorno) pag. 150 Tabella 2.55 - Beneficiari formazione continua per tipologia di progetto. Anno 2007

Centro Nord, Mezzogiorno, Italia) pag. 151 Tabella 2.56 - Beneficiari formazione continua per tipologia di progetto 2000- 2007

(Italia) pag. 152 Tabella 2.57 - Beneficiari formazione continua per tipologia di progetto 2000- 2007

(Centro Nord) pag. 152

Tabella 2.58 - Beneficiari formazione continua per tipologia di progetto 2000- 2007 (Mezzogiorno) pag. 152

Tabella 2.59 - Beneficiari per titolo di studio 2000-2007 pag. 153

Capitolo 3 Tabella 3.1 - Risorse Puglia PO FSE 2000-2006 – Misura 3.9 pag. 167

Tabella 3.2 - Stato di avanzamento finanziario POR Umbria FSE Ob. 3 2000-2006 (Asse D e relative misure) pag. 171

Tabella 3.3 - POR UMBRIA FSE 200-2006 Bando interventi di politiche attive del lavoro, anche in forma integrata, finalizzati alla promozione di un sistema regionale di formazione continua per lo sviluppo del mercato del lavoro e della competitività delle imprese e dei lavoratori pag. 172

Tabella 3.4 - Ripartizione risorse finanziarie pubbliche POR Umbria FSE 2007-2013 Ob.2 per asse di intervento e fonte pag. 173

Tabella 3.5 - Assegnazione risorse finanziarie Formazione Continua confronto tra fasi di programmazione pag. 173

Capitolo 4

Tabella 4.1 - Dotazione FSE per Regione Ob. Convergenza ed incidenza percentuale sul complesso delle risorse attribuite all’Ob. Convergenza pag. 185

Tabella 4.2 - POR FSE Ob. Convergenza 2007-2013 – Concentrazione di spesa per asse prioritario pag. 186

Tabella 4.3 - Cofinanziamento FSE e categorie di spesa correlabili alla FC nei POR Ob. Conv. 2007-2013 pag. 187

Tabella 4.4 - Graduatorie per regione della concentrazione in percentuale delle risorse per le categorie di spesa coorelabili ad interventi di FC nell’ambito del PO FSE delle Regioni Ob. Convergenza pag. 188

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Rapporto 2008 sulla formazione continua 9

Capitolo 6

Tabella 6.1 - Investimento in formazione pag. 205

Tabella 6.2 - Corsi e ore di formazione erogate e fruite pag. 206 Tabella 6.3 - Partecipazioni per aree tematiche pag. 207

Tabella 6.4 - I Piani formativi nella PA pag. 207

Tabella 6.5 - Individuazione degli obiettivi, valutazione programmazione successiva pag. 208

Tabella 6.6 - Corsi sottoposti a valutazione pag. 208

Tabella 6.7 - Tipologie di valutazione pag. 209

Tabella 6.8 - Ripartizione dei progetti e delle risorse finanziarie per Paese pag. 213

Tabella 6.9 - Ambiti di intervento dei progetti pag. 213

Tabella 6.10 - Ripartizione risorse finanziarie per tipologia di attività nei progetti Misura A e Misura B pag. 214

Tabella 6.11 - Stato di attuazione dei progetti per Paese pag. 215

Tabella 6.12 - Stato di attuazione dei progetti per Misura pag. 215

Tabella 6.13 - Percorsi formativi, ore complessive e partecipanti per Misura pag. 216

Tabella 6.14 - Stato di avanzamento dei percorsi di formazione al 31 ottobre 2008 pag. 216

Tabella 6.15 - Durata, partecipanti e sede degli stage pag. 216

Tabella 6.16 - Stato di avanzamento degli stage al 31 ottobre 2008 pag. 216

Tabella 6.17 - Numero totale delle ore di formazione suddiviso tra le diverse modalità formative pag. 217

Tabella 6.18 - Numero totale delle ore di formazione suddiviso per Misura e per tipologia formativa pag. 217

Tabella 6.19 - Numero di persone selezionate e di partecipanti all’attività formativa per Paese pag. 219

Tabella 6.20 - Partecipanti all’attività formativa suddivisi per genere e classe di età pag. 219

Tabella 6.21 - Numero di partecipanti all’attività formativa suddivisi per titolo di studio e condizione occupazionale pag. 219

Tabella 6.22 - Ripartizione dei progetti presentati e dei progetti finanziabili per Paese e Circoscrizione pag. 221

Tabella 6.23 - Risorse pubbliche nell’ambito dei PSR 2007 – 2013 Obiettivo Convergenza su misure correlabili ad interventi di FC pag. 224

Capitolo 7

Tabella 7.1 - Effetti redistributivi degli OPCA per dimensione aziendale (2005) pag. 233

Tabella 7.2 - La partecipazione delle imprese alla Formazione Continua nel 2007 pag. 235

Tabella 7.3 - Evoluzione del tasso di partecipazione finanziaria dal 1999 al 2006 pag. 235

Tabella 7.4 - Partecipazione delle imprese alla formazione per classe di addetti pag. 236

Tabella 7.5 - Risorse finanziarie raccolte dagli OPCA per tipo di attività pag. 236

Tabella 7.6 - Versamenti agli OPCA da parte delle imprese con almeno 10 dipendenti per la tipologia Piano di Formazione pag. 237

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Rapporto 2008 sulla formazione continua 10

Capitolo 8 Tabella 8.1 - Dirigenti e Quadri per ripartizione geografica pag. 247

Tabella 8.2 - Distribuzione delle responsabilità gerarchiche tra diverse tipologie di lavoratori occupati pag. 247

Tabella 8.3 - Persone di 18-64 anni che hanno frequentato almeno un corso di studio e/o formazione, e/o autoformazione, modalità di svolgimento e classe di età pag. 253

Tabella 8.4 - Persone di 18-64 anni che hanno frequentato almeno un corso di studio per motivo per cui lo ha seguito, modalità di svolgimento, uso di pc o Internet, per classe di età pag. 253

Tabella 8.5 - Persone di 18-64 anni che non hanno frequentato corsi di formazione, motivo per cui non lo hanno svolto per classi di età pag. 254

Tabella 8.6 - Lavoratori coinvolti in attività di formazione finanziate da tre Fondi Interprofessionali - Fondimpresa, For.Te, Fon.Coop – (al giugno 2007) pag. 256

Tabella 8.7 - Titolari di impresa per settori di attività pag. 260

Indice delle Figure

Capitolo 1

Figura 1.1 - Imprese formatrici in Europa nel 2005 e confronto con il 1999 (% di tutte

le imprese) pag. 22 Figura 1.2 - La performance delle imprese italiane rispetto al benchmark europeo pag. 23

Figura 1.3 - Diffusione della formazione continua fra le imprese europee nel 2005 (incidenza delle imprese formatrici e partecipazione dei lavoratori alla formazione) pag. 25

Figura 1.4 - Diffusione della formazione continua fra le imprese europee nel 2005 in relazione al peso dei relativi investimenti e costi (analisi in componenti principali) pag. 28

Figura 1.5 - La formazione continua in Europa nel 2005 - Cluster analisys pag. 30

Figura 1.6 - Le imprese che offrono formazione in Italia per classe dimensionale (incidenza % su tutte le imprese, confronto 1993-1999-2005) pag. 32

Figura 1.7 - Unità locali provinciali che hanno realizzato attività di formazione attraverso corsi negli anni 2000-2007, per dimensione dell’organico aziendale pag. 36

Figura 1.8 - Struttura dei costi diretti dei corsi per partecipante, per classe dimensionale e settori NACE (Italia, %) pag. 42

Figura 1.9 - Tassi di partecipazione ad attività di formazione di tipo non formale degli individui in Europa. Confronto tra le Indagini AES e LFS pag. 49

Figura 1.10 - Tassi di partecipazione ad attività di formazione di tipo non formale per genere pag. 50

Figura 1.11 - Tassi di partecipazione ad attività di formazione di tipo non formale per classe di età pag. 50

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Rapporto 2008 sulla formazione continua 11

Figura 1.12 - Tassi di partecipazione ad attività di formazione di tipo non formale per livelli di istruzione pag. 51

Figura 1.13 - La domanda potenziale di formazione delle imprese per Regione pag. 57

Figura 1.14 - La domanda potenziale di formazione delle imprese per settore di attività economica pag. 59

Figura 1.15 - Quote del mercato mondiale delle esportazioni di Alta Tecnologia (Evoluzione 1995-2005) pag. 62

Figura 1.16 - Quota di esportazioni mondiali di prodotti di alta tecnologia (Anno 2005, valori %) pag. 63

Figura 1.17 - Evoluzione dell’indice di produzione delle attività industriali, UE-27 pag. 65

Capitolo 2

Figura 2.1 - Dimensioni medie delle imprese aderenti ai Fondi Paritetici pag. 84

Figura 2.2 - Beneficiari per classe di età, 2000-2007 (Centro Nord, Mezzogiorno, Italia) pag. 154

Capitolo 6 Figura 6.1 - Andamento della percentuale dell’investimento su massa salariale 2000 -

2007 pag. 205 Figura 6.2 - Distribuzione degli allievi per tipologia formativa, 2007 pag. 210

Figura 6.3 - Distribuzione degli allievi per classe di età, 2007 pag. 210

Figura 6.4 - Distribuzione degli allievi per titolo di studio, 2007 pag. 211

Figura 6.5 - Distribuzione degli allievi immigrati per le principali nazioni di provenienza, 2007 pag. 211

Figura 6.6 - Ripartizione partecipanti per Paese pag. 218

Indice delle Tavole

Capitolo 2

Tavola 2.1 - Fondi Paritetici Interprofessionali autorizzati e le organizzazioni promotrici pag. 81

Tavola 2.2 - Fon.Ar.Com pag. 103

Tavola 2.3 - Fon.Coop pag. 104

Tavola 2.4 - Fon.Ter pag. 106

Tavola 2.5 - Fondimpresa pag. 107

Tavola 2.6 - Fondirigenti pag. 108

Tavola 2.7 - Fondir pag. 109

Tavola 2.8 - Fondo Artigianato Formazione pag. 110

Tavola 2.9 - For.Te pag. 113

Tavola 2.10 - Fondo Formazione PMI pag. 114

Tavola 2.11 - Fondoprofessioni pag. 116

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Rapporto 2008 sulla formazione continua 12

Tavola 2.12 - Fondo Dirigenti PMI pag. 117

Tavola 2.13 - Fond.E.R pag. 118

Capitolo 3

Tavola 3.1 - Tavola sinottica sui sistemi regionali presi in esame: Campania, Lombardia; Puglia, Umbria, Veneto pag. 157

Capitolo 7

Tavola 7.1 - Caratteristiche dei principali dispositivi di formazione esistenti in Francia pag. 229

Capitolo 8 Tavola 8.1 - Caratteristiche salienti dei primi Accordi locali stipulati pag. 242

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Rapporto 2008 sulla formazione continua 13

Il Rapporto è stato elaborato dall’Isfol per conto del Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali – Direzione Generale per le politiche per l’orientamento e la formazione. Coordinamento scientifico a cura di Franco Frigo, responsabile dell’Area Politiche e Offerte per la Formazione Continua, con la collaborazione dei ricercatori dell’Area Roberto Angotti, Domenico Nobili, Silvia Vaccaro. Coordinamento editoriale a cura di Monica Benincampi, Alessandra Calpini, Emanuela Francischelli. Hanno curato la redazione dei testi: Franco Frigo (Ricercatore responsabile), Alberto Biagi, Alessandro Airò, Roberto Angotti, Domenico Barricelli, Rocco Barbaro, Monica Benincampi, Antonella Bernardini, Alessandra Calpini, Nicola Catalano, Franco Cesari, Gianfranco Coronas, Federico Cuva, Anna Maria D’Alessio, Giuseppe Di Lieto, Sergio Ferri, Emanuela Francischelli, Fabio Grelli, Francesco Leuci, Cristina Lion, Francesco Manente, Salvatore Marsiglia, Valeria Meo, Domenico Nobili, Daniela Parrella, Laura Pierangeli, Antonella Pittau, Davide Premutico, Massimo Resce, Pierluigi Richini, Costanza Romano, Giovanna Rossi, Anna Maria Sergi, Giuliana Tesauro, Vincenza Tersigni, Silvia Vaccaro, Stefano Volpi (Isfol). Massimo De Cristofaro (Scuola Superiore della Pubblica Amministrazione), Franco Raffo (Forma.Temp). Si ringraziano per la collaborazione fornita: Antonella Francescangeli, Adolfo Morrone, Giulio Perani (Istat), Claudio Gagliardi e Francesco Vernaci (Centro Studi Unioncamere), Mario Leonetti e Pasquale Mauro (Italia Lavoro).

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Rapporto 2008 sulla formazione continua 14

Introduzione

Anche quest’anno, cosi come previsto dall’art. 66 della legge 144/99, il Ministero del Lavoro della Salute e delle Politiche Sociali presenta al Parlamento il Rapporto annuale sulla Formazione Continua.

Il Rapporto fornisce, come di consueto, una ricostruzione articolata ed esaustiva di una parte fondamentale del sistema formativo nazionale: quello dedicato esclusivamente ai lavoratori. Le iniziative formative dirette agli occupati rappresentano, infatti, una parte di estremo rilevo nel più ampio ambito di ciò che definiamo ormai comunemente sistema di lifelong learning, costituendone ancora, almeno nel nostro Paese, la parte finanziariamente più importante e la componente più stabile e strutturata.

In particolare, nell’ultimo decennio (e ancor più, in termini concretamente operativi, nell’ultimo quinquennio) i temi e i problemi della Formazione Continua sono stati al centro del dibattito sviluppatosi tra gli operatori, tra le istituzioni nazionali e locali, tra le organizzazioni di rappresentanza sociale.

I frutti di ciò sono noti: un’ampia azione di riforma, che ha posto in primo piano l’attività delle Parti Sociali nelle loro espressione bilaterale con l’attivazione dei Fondi Paritetici Interprofessionali; un’attenzione maggiore da parte della contrattazione collettiva agli aspetti legati alla formazione dei lavoratori; una moltiplicazione delle sedi di confronto interistituzionale; una disponibilità crescente di risorse finanziarie al servizio degli strumenti di sostegno alle iniziative; un maggiore impegno da parte delle istituzioni e degli enti incaricati dello studio, del monitoraggio e della valutazione dei relativi fenomeni.

Una delle più significative testimonianze di questo maggiore impegno conoscitivo e di indagine è costituita appunto dal presente Rapporto che, nel corso del tempo, è divenuto un appuntamento essenziale, non solo per gli operatori ma per chiunque sia, a diverso titolo, interessato alle tematiche in esso trattate.

Nel corso degli ultimi nove anni (siamo giunti, infatti, alla nona edizione) il Rapporto ha maturato lentamente una sua struttura caratteristica che i lettori hanno ormai imparato a conoscere ed apprezzare.

Come di consueto il testo si apre con un ampio approfondimento sui “Fenomeni” della Formazione Continua. Attraverso la restituzione puntuale dei risultati delle principali indagini condotte a livello internazionale e nazionale è stato possibile, di anno in anno, ricostruire un quadro esauriente degli atteggiamenti delle imprese e dei lavoratori nei confronti della formazione. In questa edizione, particolare risalto è stato dato ai risultati della terza indagine quinquennale CVTS (Continuing Vocational Training Survey) promossa dall’Eurostat e realizzata in Italia da una partnership scientifica tra Istat e Isfol. Quest’importante integrazione (a livello sia nazionale che comunitario) ha consentito una partecipazione effettiva e reale alla produzione dei dati ma è, soprattutto, alla base di un reale mutamento del livello di qualità delle statistiche sulla formazione in direzione di una loro piena comparabilità a livello europeo.

Anche la parte dedicata alle “Politiche di sostegno” è più ricca rispetto agli anni precedenti. In questo caso vengono riportati per la prima volta i risultati del primo test di elaborazione realizzato sui dati provenienti dal nuovo “Sistema permanente di monitoraggio delle attività formative finanziate dai Fondi Paritetici Interprofessionali”. Il Sistema, che entrerà a regime nel Gennaio 2009, è stato finanziato dal Ministero del Lavoro e realizzato da un gruppo tecnico congiunto

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Rapporto 2008 sulla formazione continua 15

formato da esperti e ricercatori di Isfol e Italia Lavoro S.p.A. con la condivisione e la collaborazione strettissima degli stessi Fondi Paritetici. Come nel caso precedente anche qui si tratta dunque di un frutto positivo di un percorso di integrazione tra diversi soggetti (Fondi, Ministero, Parti Sociali, Agenzie tecniche).

Accanto ad una ricostruzione esaustiva delle attività condotte dai Fondi Paritetici, vengono riportati i risultati delle politiche di sostegno gestite dalle Regioni e dalle Province con il concorso delle risorse del Fondo Sociale Europeo e delle leggi 236/93 e 53/00. Permangono, sul fronte regionale (ed in particolare per quanto riguarda le Regioni del Mezzogiorno) alcune difficoltà legate alla disponibilità di dati sufficientemente aggiornati. Quest’anno è stato possibile, comunque, mettere a frutto alcune attività condotte dall’Isfol (sulla scorta di quanto realizzato presso i Fondi Paritetici) in particolare in Puglia, dove è in corso di implementazione un sistema sperimentale di monitoraggio relativo, in particolare, ai Piani formativi finanziati ai sensi della legge 236/93.

Il percorso verso un “sistema nazionale di formazione continua” auspicato e promosso dall’Accordo Tripartito (tra il Ministero del Lavoro, le Regioni e le Parti Sociali), dell’aprile 2007, viene illustrato attraverso una breve analisi degli Accordi di livello locale fino ad ora siglati e ad esso direttamente ispirati.

Il Capitolo dedicato all’evoluzione della Contrattazione Collettiva in materia di Formazione continua aggiorna, come sempre, lo stato dell’arte, collocandosi, in quest’occasione, nel contesto più vasto dei percorsi di riforma del sistema contrattuale e del rafforzamento della bilateralità.

Tra i “Segmenti specifici” della formazione continua (di anno in anno sono stati esposti ed illustrati alcuni sistemi propri di specifiche categorie o ambiti professionali) trovano spazio approfondimenti relativi ai lavoratori interinali, ai lavoratori del pubblico impiego (grazie alla collaborazione ormai consolidata con la Scuola Superiore di Pubblica Amministrazione che ogni anno contribuisce con un suo elaborato), ai lavoratori agricoli (in concomitanza con l’avvio operativo del Fondo Paritetico ad essi dedicato) ed all’esperienza acquisita nell’ambito delle iniziative formative che hanno coinvolto i lavoratori italiani residenti all’estero, finanziate con risorse ad hoc del Ministero del Lavoro. In questo caso, le elaborazioni presentate sono il frutto del lavoro di monitoraggio condotto dall’Isfol che ha seguito le iniziative fin dal loro avvio.

Non manca, infine, uno sguardo alla esperienze estere. Quest’anno si è scelto di approfondire il caso francese nel quale si sviluppa, attualmente, un importantissimo ripensamento dei cardini portanti del sistema di sostegno alla Formazione Continua. Si riportano, in sintesi, alcune delle conclusioni a cui sono giunti, fino ad ora, gli organismi incaricati di elaborare proposte per il miglioramento degli assetti. Data la vicinanza che il sistema francese ha con il nostro e considerando la lunga esperienza da esso maturata, alcuni degli aspetti illustrati potranno essere senz’altro utili come spunto per interessanti e proficue riflessioni.

Un’Appendice statistico – cartografica chiude il lavoro. Si tratta di un approfondimento, con dettaglio a livello provinciale, delle adesioni delle imprese (e dei lavoratori in forza presso di esse) ai Fondi Paritetici Interprofessionali. Una ricostruzione di questo tipo è stata pensata per rendere un servizio concreto a quanti, sul territorio, sono impegnati nella programmazione e nella progettazione degli interventi formativi ed è diretta in particolare alle amministrazioni regionali e provinciali.

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Rapporto 2008 sulla formazione continua 16

Capitolo 1

I fenomeni

1.1 Introduzione

Il tema del capitale umano è ormai entrato stabilmente nel dibattito politico europeo e internazionale ponendo la formazione come uno dei principali fattori di sviluppo economico e sociale. In tale quadro, l’apprendimento sul posto di lavoro è diventata una priorità politica dell'Unione europea, in quanto rappresenta una delle dimensioni fondamentali della formazione nell'arco della vita. L’apprendimento permanente viene, infatti, definito, negli orientamenti comunitari, quale elemento chiave per lo sviluppo e la promozione di una manodopera qualificata, formata ed adattabile.

La formazione continua rappresenta inoltre un fattore di anticipazione del cambiamento, da utilizzare soprattutto in funzione anticiclica. In periodi di crisi economica, come quello attualmente in corso, diventa fondamentale utilizzare la leva formativa in un’ottica di medio-lungo periodo, per salvaguardare il capitale umano presente nel sistema produttivo e avviare un nuovo corso di sviluppo, assicurando nel contempo la competitività delle imprese e l’occupabilità delle persone.

In Italia i livelli di partecipazione al lifelong learning da parte degli adulti occupati sono ancora largamente insufficienti. Le statistiche internazionali – di cui come ogni anno presentiamo un’ampia sintesi in questo capitolo del Rapporto – mostrano una situazione ormai molto grave, caratterizzata da un diffuso disinteresse del sistema produttivo italiano nel promuovere lo sviluppo delle competenze dei propri collaboratori. Per incrementare i livelli di partecipazione sarebbe necessario un maggiore impegno sia da parte delle organizzazioni produttive nel soddisfare la crescente domanda di conoscenza proveniente dai lavoratori, sia da parte delle istituzioni nel rilanciare adeguate ed efficaci politiche di sostegno, aumentando le risorse messe a disposizione (ancora insufficienti), migliorando la gestione dei finanziamenti pubblici e verificandone maggiormente gli effetti. Diventa, quindi, sempre più importante concentrare l’attenzione sulla formazione continua, rilevando in modo sistematico informazioni statistiche sulla domanda e sull’offerta disponibili che siano comparabili, non solo a livello nazionale ma anche a livello comunitario e internazionale.

In questo capitolo, si illustrano i risultati dell’analisi condotta sulle principali fonti statistiche che rilevano dati sugli investimenti in formazione realizzati dalle imprese e sui comportamenti formativi dei lavoratori. A tal fine, nel paragrafo 1.2 ricostruiamo il quadro della diffusione, in Italia e in Europea, delle attività di formazione realizzate sul luogo di lavoro dalle imprese o per conto delle imprese, e della partecipazione a tali attività, rese disponibili, direttamente o indirettamente, dalle imprese ai propri dipendenti. L’obiettivo è di ricostruire lo scenario europeo, verificando, da una parte come si distribuisce il fenomeno fra i vari paesi, dall’altra come si posiziona l’Italia rispetto ai valori medi e ai benchmark europei, mettendo in evidenza i relativi gap. In tal modo, è possibile identificare le aree critiche, in cui il paese presenta maggiori ritardi, e quali sono le

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Rapporto 2008 sulla formazione continua 17

principali caratteristiche assunte dal fenomeno, nella loro distribuzione per settore di attività economica e per dimensione d’impresa, che possono contribuire a spiegare tali ritardi.1

Sono stati, a tal fine, utilizzati i dati CVTS3 di Eurostat, che consentono di avere una panoramica completa a livello europeo (28 paesi) dei sistemi di intervento messi in atto dalle imprese, unitamente a fonti di tipo nazionale (fra cui le indagini Isfol-INDACO e Unioncamere-Excelsior). Tali sistemi comprendono anche i finanziamenti pubblici ricevuti dalle imprese che - a differenza di quanto avviene per la formazione iniziale - contribuiscono in misura ridotta all’investimento complessivo in formazione continua, che quindi è prevalentemente a carico delle imprese. Può essere dunque utile osservare il ruolo che le politiche pubbliche hanno nel sostenere lo sforzo delle imprese nei vari paesi europei, per valutare quanto sia effettivamente utile e incisivo.

Dall’analisi emerge come in Europa l’impegno delle imprese in formazione continua è molto variabile, sia su base territoriale (con livelli elevati nel Nord e Centro Europa e bassi nell’Europa del Sud e nell’area balcanica) sia settoriale e, soprattutto, dimensionale. Dal confronto emerge, inoltre, la grande difficoltà che il fenomeno assume in Italia - con ritardi e gap molto ampi rispetto ai valori medi e ai benchmark europei – imputabili soprattutto al comportamento delle piccole e medie imprese, verso le quali occorrerebbe orientare la massima attenzione delle politiche pubbliche.

Nel successivo paragrafo 1.3 si presentano le principali evidenze empiriche provenienti dai dati più aggiornati resi disponibili da Eurostat e Istat sul tema della partecipazione formativa dei lavoratori e dei comportamenti formativi degli individui. Anche in tal caso, è stato possibile ricostruire, a grandi linee, il contesto europeo e le specificità italiane verificando sia la distribuzione della partecipazione formativa e dell’accesso alla formazione da parte degli individui fra i vari paesi sia lo specifico posizionamento dell’Italia rispetto ai valori medi e ai benchmark europei, anche in tal caso mettendo in evidenza i relativi gap.

La carenza di offerta formativa da parte delle imprese italiane richiede un’attenta analisi di tutte le informazioni a disposizione, così da fornire al decisore le indicazioni utili ad un migliore programmazione. A tal fine, nel paragrafo 1.4 si analizza, come di consueto, il rapporto che si determina fra l’azione del sostegno alle politiche formative delle imprese e la capacità di investimento privato espressa dal sistema produttivo in un anno dato, la quale stimola un’analisi della domanda potenziale di formazione presente nelle imprese italiane.2

Anche quest’anno, l’evidenza empirica mostra il permanere di una situazione di ‘sottoinvestimento strutturale’, non solo (o non tanto) da parte delle istituzioni e del sistema pubblico ma anche (e soprattutto) da parte del sistema delle imprese. E’, quindi, a maggior ragione fondamentale rafforzare oggi il ruolo dell’investimento pubblico, in quanto il settore privato rischia di produrre un livello di formazione inferiore al livello socialmente efficiente, perché non è in grado, se lasciato a sé stesso, di garantire il livello ottimale di formazione3. Il ‘nanismo’ delle imprese e la frammentazione del sistema produttivo, il dualismo del mercato del lavoro, la crisi dei distretti industriali rappresentano vecchi e nuovi elementi che frenano lo sviluppo della formazione,

1 Riteniamo, a tal fine, tuttora valido a grandi linee (seppur sarebbe utile un suo opportuno aggiornamento e ampliamento) il quadro delle condizioni di contesto presentato nella Parte 1 del Rapporto 2005. Cfr. MLPS-ISFOL (2006), Rapporto 2005 sulla formazione continua”, Rubbettino, Soveria Mannelli (Catanzaro) 2 Considerata la grande rilevanza di questo tema, in termini di supporto ala pianificazione delle politiche pubbliche di sostegno a livello settoriale e territoriale, si è deciso di incrementare in futuro tale analisi, utilizzando i dati INDACO-CVTS e i dati disponibili sull’attuazione dei Fondi Interprofessionali. 3 Cfr. MLPS-ISFOL (2006), a cura di A. Montanino, Temi e strumenti per la formazione continua, Rubbettino, Soveria Mannelli (Catanzaro)

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mentre la competizione cresce sempre più rapidamente e le graduatorie internazionali4 restituiscono un’immagine del Paese molto debole e contraddittoria. Appare, pertanto, evidente come occorra concentrare l’attenzione sempre di più sui comportamenti formativi delle Piccole e medie imprese italiane, che vengono analizzati nel paragrafo 1.5 alla luce delle variabili chiave dell’attuale contesto competitivo e sulla base di un’elaborazione approfondita dei dati dell’indagine INDACO-Imprese.

1.2 La formazione continua nelle imprese: il contesto europeo, i ritardi e le specificità italiane

In sintesi:

La media europea delle imprese che hanno offerto formazione (corsuale e non) ai propri dipendenti nel 2005 è pari al 60% mentre quella italiana raggiunge appena il 32%, poco più della metà. Questo indicatore ci colloca al terzultimo posto in Europa. Si tratta comunque di un dato in crescita rispetto al 1999, quando il valore non raggiungeva il 24%.

Le informazioni relative agli altri indicatori sembrano avvicinare maggiormente le imprese italiane ai valori medi europei: il 29% dei dipendenti (2,5 milioni) ha partecipato ai corsi, contro la media europea del 33%; in media, i corsi sono durati 26 ore in Italia, contro 27 in Europa, con un costo per partecipante pari a 1.492 PPS e per ora di formazione di 58 PPS contro, rispettivamente, 1.413 e 52 PPS in Europa.

Tuttavia, il confronto europeo mostra come le imprese italiane sono molto lontane dai valori benchmark rispetto ai paesi competitor (Francia, Germania e Regno Unito) e, sebbene l’Italia si posizioni nel cluster dei paesi dell’area mediterranea, le performance delle imprese sembrano essere più vicine a quelle registrate nei paesi neocomunitari.

Il rapporto fra i diversi sistemi di Welfare e le molteplici tipologie di offerta formativa esistenti nei paesi europei è alla base del prodursi di modelli molto differenti di formazione continua in Europa. Le variabili che entrano in gioco sono numerose ma possono essere raggruppate in tre ambiti principali: i) i sistemi di regolazione; ii) la contrattazione tra le parti economiche e sociali; iii) i comportamenti dei lavoratori e le scelte effettuate dalle imprese. Tali comportamenti possono essere adeguatamente analizzati solo a partire dai dati statistici rilevati attraverso le indagini campionarie, in quanto si tratta di comportamenti solo in minima parte indotti o influenzati dalle scelte politiche5.

Per valutare la sistematicità dell'utilizzo dello strumento formativo da parte delle imprese, è necessario analizzare la dimensione quantitativa e le modalità attraverso le quali esso avviene, per comprendere in quale misura l'impresa ritenga più utile e conveniente adattare lo stock di capitale umano già disponibile all'interno o, piuttosto, acquisire nuove competenze sul mercato. Necessitano, a tal proposito, informazioni statistiche comparabili a livello comunitario - con un’attenzione specifica alla formazione erogata dalle imprese -, essenziali per lo sviluppo di

4 E’ di questi giorni la pubblicazione, sull’Economist, della graduatoria internazionale sulla competitività, che relega l’Italia al 40° posto, dopo Lettonia e Thailandia. 5 Le indagini statistiche mostrano chiaramente come la quota percentuale di attività di formazione continua finanziata attraverso il sostegno pubblico, in Italia, sia poco rilevante (cfr. MLPS, ISFOL, Rapporto 2007 sulla formazione continua). E’ questa un’evidenza empirica che dovrebbe spingere i decisori a pianificare interventi di policy, per quanto possibile, di tipo selettivo e mirati verso alcuni target ben definiti di lavoratori e imprese, nei confronti dei quali il sostegno pubblico, se ben calibrato, può ottenere risultati rilevanti.

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strategie di apprendimento permanente e per il monitoraggio dei progressi realizzati ai fini della loro attuazione.

Le statistiche comparabili sulla formazione continua nelle imprese consentono di valutare gli esiti delle politiche di sviluppo della formazione e dei progressi compiuti, dai diversi paesi, in materia. I dati utilizzati in questo paragrafo per l’analisi del contesto europeo e del posizionamento delle imprese italiane nei confronti dell’Europa sono il risultato dell’indagine CVTS36 (Continuing Vocational Training Survey) coordinata da Eurostat, l'Ufficio statistico della Comunità Europea, e realizzata nei 27 Stati membri della Unione Europea (UE), più la Norvegia7. La rilevazione fornisce il quadro delle attività di formazione del personale delle imprese operanti nei settori dell’industria e dei servizi (esclusi la sanità, l’istruzione e l’agricoltura), con almeno 10 addetti, attraverso la somministrazione di un questionario europeo identico per tutti i paesi. L’attività di formazione presa in considerazione è quella finanziata in tutto o in parte dall’impresa, inclusa l’attività realizzata con il sostegno delle politiche pubbliche o dei fondi settoriali.

Questo dispositivo fornisce indicatori rispetto alla politica di formazione delle imprese, l'accesso e la partecipazione dei lavoratori, la durata e i costi della formazione. Nella formazione continua, si distingue tra corsi e altri tipi di formazione, attività programmata in anticipo e finalizzata all’acquisizione di nuove competenze lavorative o allo sviluppo e al miglioramento delle competenze esistenti. Le attività di formazione considerate sono i corsi di formazione interni ed esterni, il training on the job, la rotazione delle mansioni, i circoli di qualità o gruppi di autoformazione, le attività di e-learning, i workshop, i convegni e i seminari. Al questionario CVTS3 hanno risposto circa centomila imprese nei diversi paesi Europei. Esse sono state suddivise a seconda della loro dimensione: piccola (da 10 a 49 addetti), media (da 50 a 249 addetti), grande (con più di 250 addetti).

Sul piano nazionale, integriamo le informazioni utilizzando i dati dell’indagine Isfol INDACO-Imprese (vedi Box 1,1), condotta a livello nazionale utilizzando la metodologia CVTS, che rileva informazioni anche di tipo qualitativo, aggiuntive rispetto all’indagine europea.

Box 1.1 – Le indagini sulla conoscenza nelle imprese e sulla formazione continua in Italia [Isfol INDACO-Lavoratori e Imprese] nell’ambito del Sistema statistico sulla formazione continua L’Area Politiche e Offerte per la Formazione Continua dell’Isfol ha sviluppato in questi anni una serie di indagini ricorrenti (INDACO), corredate da attività metodologiche di supporto, che si configurano come un Sistema statistico sulla formazione continua.

La realizzazione delle indagini INDACO è prevista dal PSN (Programma Statistico Nazionale) del SISTAN (Sistema Statistico Nazionale), che raccoglie le principali rilevazioni statistiche di interesse pubblico. Esse consentono di analizzare in dettaglio la domanda di formazione degli adulti occupati e l’offerta delle imprese in Italia a livello settoriale, nazionale e, prossimamente, territoriale.

Le indagini INDACO sono state progettate in modo tale da consentire, in futuro, il raccordo con le banche dati di fonte amministrativa sulla formazione professionale finanziata da risorse pubbliche che saranno prodotte dal SISTAF e dai monitoraggi del Fondo Sociale Europeo, dei Fondi paritetici interprofessionali e delle Politiche nazionali di Formazione Continua – L. 236/93 e L. 53/00).

Tali indagini intendono favorire la comparabilità con gli indicatori prodotti dalle indagini europee e internazionali di fonte Eurostat (CVTS, AES) e OCSE (PIIAC). Ciò è stato reso possibile a partire dalla collaborazione con Istat che, nata nel 1996 con il lancio della CVTS1, è proseguita in occasione delle successive due rilevazioni CVTS europee e si

6 Sono state realizzate tre edizioni di questa indagine: CVTS1 con anno di riferimento 1993, CVTS2 riferita all’anno 1999 e la più recente CVTS3 con riferimento all’anno 2005. 7 Nei grafici e nelle tabelle presentate in questo capitolo non è riportato il dato dell’Irlanda, che non è stato ancora reso disponibile da Eurostat; il dato irlandese concorre comunque a determinare la media europea. Si ricorda che i dati Eurostat sono da considerarsi, al momento in cui si scrive, ancora provvisori.

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è andata formalizzando nel quadro del Circolo di qualità SISTAN su Istruzione e formazione con riferimento al processo di formazione del PSN. L’ISFOL, infatti, oltre a garantire un costante supporto tematico alle attività di rilevazione CVTS (attualmente svolte nel quadro di un Regolamento europeo che prevede una frequenza quinquennale), completa il quadro informativo della statistica ufficiale sul tema della formazione nel settore privato con una indagine statistica ad hoc relativa alle imprese con meno di 10 addetti (INDACO-Microimprese).

Fra gli esiti di tale collaborazione va ricordata la partecipazione dell’Isfol alla Task Force specialistica di Eurostat per la preparazione metodologica di CVTS e la nascita di una nuova indagine INDACO/CVTS che verrà realizzata a partire dal 2009.

L’Isfol è inoltre impegnato in un’intensa attività di analisi della formazione continua in Europea, realizzata con altri istituti nazionali di ricerca (vedi Box 1.2).

I risultati di tali progetti, corredati da attività metodologiche di supporto (classificazioni e gestione banche dati), sono diffusi principalmente attraverso il Rapporto Isfol, il Rapporto al Parlamento e il sito web www.ricercheformazione.it.

Le indagini Isfol INDACO coprono due aree informative: i comportamenti formativi dei lavoratori e gli investimenti in formazione delle imprese.

L’Indagine INDACO-Lavoratori [Comportamenti formativi dei Lavoratori, Psn Sistan ISF00020, vedi www.sistan.it] rileva la domanda di formazione continua espressa dagli adulti occupati, in relazione a: ▪ partecipazione ad attività formative da parte degli occupati ▪ caratteristiche dei formati ▪ caratteristiche dell’attività formativa formale, non formale e informale (durata, costo, contenuti, modalità di

organizzazione, luogo di svolgimento, fonti di finanziamento, ecc.) ▪ atteggiamenti e comportamenti formativi ▪ obiettivi, motivazioni e benefici della formazione ▪ ruolo delle policy ▪ dimensione economica della formazione ▪ motivazioni della non formazione.

Il campo di osservazione comprende i dipendenti di imprese dei settori privati, i dipendenti pubblici e i lavoratori autonomi.

L’Indagine sulla Conoscenza nelle imprese [INDACO-Imprese], prevede tre specifiche rilevazioni, finalizzate ad analizzare i comportamenti e le politiche formative delle imprese, che variano sensibilmente in relazione alle caratteristiche dimensionali delle imprese: ogni segmento della popolazione delle imprese è, infatti, caratterizzato da una specifica domanda ed offerta, oltre che da una diversa distribuzione della conoscenza delle opportunità formative: ▪ le politiche e le strategie formative delle grandi imprese: INDACO-Grandi Imprese [ISF-00021]; ▪ la formazione continua nelle Piccole e Medie Imprese: INDACO-PMI [ISF-00022]; ▪ la formazione continua nelle micro-imprese: INDACO-Microimprese [ISF-00034].

Le indagini rilevano: ▪ le attività di formazione continua nelle imprese italiane ▪ le caratteristiche delle imprese formatrici ▪ le caratteristiche degli addetti formati ▪ le caratteristiche dell’attività formativa formale, non formale e informale (durata, costo, contenuti, modalità di

organizzazione, luogo di svolgimento, fonti di finanziamento, ecc.) ▪ le modalità di diffusione della conoscenza all’interno dell’impresa, ▪ le relazioni con il territorio ▪ gli effetti prodotti dalle innovazioni tecnologiche e organizzative ▪ i rapporti tra l’impresa e i Fondi Paritetici Interprofessionali per la Formazione Continua.

Queste rilevazioni condividono con l’indagine europea sulla formazione continua nelle imprese (CVTS – Continuing Vocational Training Survey) coordinata da Eurostat, la definizione di impresa e altre caratteristiche metodologiche. Queste indagini sono nate dall’esigenza di realizzare rilevazioni campionarie condotte in modo sistematico a livello nazionale, al fine di supportare il disegno delle politiche formative.

Nei prossimi mesi saranno introdotte alcune importanti innovazioni: ▪ INDACO/CVTS [ISF-00039]: la rilevazione comprende – per gli anni in cui non viene svolta la rilevazione

CVTS – anche il campo d’osservazione della CVTS stessa, in un quadro di piena coerenza metodologica. Nel corso dal 2009, l’Isfol lancerà una rilevazione INDACO/CVTS, con anno di riferimento 2008, finalizzata a produrre un dato intermedio tra la CVTS3 (2005) e la CVTS4 (2010). La rilevazione sarà gestita interamente

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dall’Isfol, mentre l’Istat assicurerà un supporto metodologico. L’analisi e la diffusione dei risultati saranno gestite congiuntamente dai due istituti;

▪ INDACO-Territoriale: consentirà di misurare i gap che dividono le regioni italiane dalle altre realtà nazionali ed europee, sulla base dell’analisi di determinati indicatori, rilevati attraverso fonti statistiche armonizzate (Eurostat AES e CVTS);

▪ CLA-FC (Classificazioni per la Formazione Continua) [ISF-00043].: è uno studio progettuale che ha lo scopo di introdurre sistemi classificatori armonizzati a livello europeo, a supporto delle rilevazioni italiane sulla formazione;

▪ CVT-Price Survey: è la prima sperimentazione condotta in Italia di indagini sul prezzo dei corsi di formazione, rilevati dal lato dell’offerta. Sarà applicata una metodologia già testata con successo in altri paesi europei.

Per ulteriori informazioni: www.ricercheformazione.it.

Il primo dato che occorre evidenziare è il posizionamento dell’Italia nelle graduatorie internazionali: i ranking degli ultimi anni mostrano una attenzione insufficiente da parte delle imprese italiane verso le esigenze di sviluppo delle competenze del proprio personale, mentre negli altri paesi europei le imprese manifestano una crescente attenzione al capitale umano.

Le indagini condotte attraverso rilevazioni alle imprese confermano questo dato. Il confronto con l’Europa, che emerge dai risultati dell’indagine CVTS3, sembra mostrare come il principale elemento di criticità delle imprese italiane sia costituito dalla loro bassa propensione ad offrire formazione al proprio personale: infatti, mentre la media europea delle imprese che hanno svolto attività di formazione continua (corsuale e/o non corsuale) nel 2005 è pari al 60%, la media italiana raggiunge appena il 32%. Questo indicatore ci colloca al terzultimo posto in Europa (fig. 1.1).

Nell’UE l’impegno delle imprese in formazione continua è molto variabile e presenta livelli assai elevati in paesi come la Gran Bretagna e i paesi nordici ma, comunque, con livelli superiori a quelli italiani in tutti i paesi, esclusi Bulgaria e Grecia. Nelle figura 1.1, si riporta il dato delle imprese formatrici all’interno dei diversi paesi e il rispettivo valore del 1999, rilevato dalla seconda indagine CVTS. Senza trascurare l'importanza dei differenti sistemi nazionali di formazione, né l'esistenza di altre opportunità di formazione per gli adulti rispetto alla formazione continua nelle imprese, l’analisi di questi dati permette di differenziare i paesi dell'Unione europea secondo l’intensità dell’offerta di formazione resa disponibile dalle imprese ai propri lavoratori.

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Rapporto 2008 sulla formazione continua 22

Figura. 1.1 – Imprese formatrici in Europa nel 2005 e confronto con il 1999 (% di tutte le imprese)

0

10

20

30

40

50

60

70

80

90

100

2005 21 29 32 35 36 40 44 46 47 49 60 63 67 69 72 72 72 74 75 77 78 81 85 86 90

1999 18 28 24 39 53 11 22 43 36 37 62 70 63 75 69 71 48 76 88 82 91 72 96 86 87

GR BG IT PL LV RO PT LT ES HU EU27 BE EE DE CZ LU Sl FR NL FIN SE AT DK NO UK

Fonte: Eurostat, CVTS3; elaborazioni ISFOL su dati New cronos (provisional 11/08)

Le attività delle imprese, in materia di formazione professionale, sembrano essere rimaste abbastanza costanti tra il 1999 e il 2005. Il dato relativo all’Italia, tuttavia, segnala un progresso significativo rispetto ai dati riferiti al 1999, quando la percentuale di imprese italiane che svolgeva attività di formazione continua era pari al 23,9%, con un incremento di circa un terzo tra il 1999 e il 2005, dove la percentuale di imprese formatrici raggiunge il 32%. Tuttavia, il confronto con gli altri paesi europei mostra come la crescita registrata in Italia sia ancora largamente insufficiente.

Nonostante il negativo posizionamento delle imprese italiane rispetto al principale indicatore (quello dell’incidenza percentuale delle imprese che offrono formazione sul totale delle imprese), le informazioni relative ad altri importanti indicatori sembrano mostrare una situazione meno sfavorevole, che avvicina maggiormente le imprese italiane ai valori medi europei:

▪ Partecipazione: il 29% dei dipendenti (circa 2,5 milioni di individui) hanno partecipato a un corso in Italia, contro la media del 33% nell’Ue27;

▪ Intensità: la durata dei corsi non si discosta molto dai valori europei essendo pari, in media, a 26 ore in Italia, contro le 27 registrate in Ue27;

▪ Costo dei corsi: questo indicatore è leggermente superiore rispetto ai valori medi europei; più precisamente: per partecipante è pari a 1492 PPS8 (contro 1413 in Ue27); per ora di formazione a 58 PPS (contro 52 PPS).

Tuttavia, è necessario mettere in evidenza che i dati relativi alla partecipazione, intensità e costi di corsi in realtà riguardano una platea ristretta di imprese (pari ad un terzo), a dimostrazione di come sembri esistere uno “zoccolo duro” oltre il quale la formazione non convince le imprese. Si può, quindi, ipotizzare che 1/3 delle imprese italiane (quelle che investono regolarmente in formazione) possiedano comportamenti in linea con le altre imprese europee mentre ben 2/3 (le non formatrici) sembrano esserne ben lontane.

8 Il valore in PPS (Purchasing Power Standard) è calcolato da Eurostat a parità di potere d’acquisto.

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Per verificare tale ipotesi, abbiamo realizzato un’analisi di benchmark sui 28 paesi europei, sulla base di quattro key indicators standardizzati. Il radar chart (in fig. 1.2), mette tuttavia in evidenza come le imprese italiane siano molto lontane dal valore benchmark non solo rispetto all’incidenza, ma anche alla partecipazione e all’intensità, mentre il gap si riduce solo rispetto al costo orario della formazione (fig. 1.2). Anche le imprese virtuose, insomma, devono fare molta strada se vogliono rimanere in linea con gli standard europei e il tema dell’investimento in capitale umano non può continuare a essere sottovalutato (ormai solo) dalle imprese italiane. Figura 1. 2 – La performance delle imprese italiane rispetto al benchmark europeo (radar chart)

0,00

0,50

1,00Incidenza

Partecipazione

Durata

Costi

2005

1999

Fonte: Eurostat, CVTS3; elaborazioni ISFOL su dati New cronos (provisional 11/08)

Rispetto alla precedente rilevazione (effettuata nel 1999), si nota una maggiore omogeneità fra i quattro indicatori (con una sensibile riduzione dei costi orari di formazione) ma un livello di performance ancora lontano dai risultati raggiunti negli altri paesi europei.

Ulteriori analisi, realizzate con l’obiettivo di individuare delle analogie tra i comportamenti formativi delle imprese nei diversi paesi europei, hanno consentito di raggruppare i paesi europei in quattro grandi cluster, individuando alcune tipologie di comportamento delle imprese in materia di formazione continua, secondo il paese di appartenenza.

Dapprima, è stata esplorata la relazione esistente fra i due principali indicatori (incidenza delle imprese formatrici e tasso di partecipazione). Successivamente, è stata realizzata un’analisi in componenti principali e una cluster analysis.

Nella figura 1.3, si può visualizzare, sul piano cartesiano, la posizione dei diversi paesi europei e la loro aggregazione secondo i comportamenti formativi delle imprese, dove sono state rappresentate le imprese formatrici (come percentuale di tutte le imprese) sull’asse delle ascisse e la partecipazione dei lavoratori alle attività di formazione (come percentuale degli addetti di tutte le imprese) sull’asse delle ordinate:

1. il primo gruppo è costituito dai paesi del Centro e Nord Europa (Francia, Svezia, Repubblica Ceca, Belgio e Slovacchia) che presentano tassi elevati sia di imprese formatrici sia di partecipazione;

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2. il secondo gruppo è costituito sempre da paesi del Centro e Nord Europa (Regno Unito, Norvegia, Finlandia, Danimarca, Austria, Olanda, Germania, Estonia), che presentano un elevato tasso di incidenza ma un tasso di partecipazione prossimo alla media europea (pari al 33%);

3. il terzo gruppo è costituito da paesi dell’Europa mediterranea (Spagna, Portogallo, Malta e Cipro), con tassi di poco inferiori alla media in entrambi gli indicatori; ma nel caso dell’Italia, con il valore dell’incidenza più basso del gruppo;

4. nel quarto gruppo rientrano i paesi neocomunitari appartenenti all’area balcanica e, in parte, all’area baltica, con valori inferiori alla media in entrambi gli indicatori.

La posizione dell’Italia non appare chiaramente definita, in quanto sembra trovarsi al confine tra due raggruppamenti: da una parte dovrebbe rientrare nel quarto gruppo, in quanto presenta un tasso di incidenza tra i più bassi in Europa; dall’altra, presenta livelli di partecipazione prossimi alla media, che la avvicinano al terzo gruppo. Se ne potrebbe concludere che il confronto europeo mostra un livello di competitività molto basso delle imprese italiane sul tema degli investimenti in formazione, non solo perché relegano il paese in posizioni molto distanti da quelle occupate dai suoi potenziali competitor economici (Francia, Germania e Regno Unito) ma anche perché sembra avere difficoltà a mantenere le posizioni occupate dai paesi dell’area mediterranea, mentre le performance delle imprese italiane sembrano spingere l’Italia sempre più verso l’area balcanica o, comunque, dei paesi neocomunitari.

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Rapporto 2008 sulla formazione continua 25

Figura 1.3 – Diffusione della formazione continua fra le imprese europee nel 2005 (incidenza delle imprese formatrici e partecipazione dei lavoratori alla formazione)

Finland

Norw ay

Belgium

Bulgaria

Czech Republic

Denmark

Germany

Estonia

Greece

Spain

France

Cyprus

Latvia

Italy

Lithuania

Luxembourg

Hungary

Malta

Netherlands

Austria

Poland

Portugal

Romania

Slovenia

Slovakia

Sw eden

United Kingdom

0

10

20

30

40

50

60

70

0 10 20 30 40 50 60 70 80 90 100

Incidenza % delle imprese che offrono formazione

Part

ecip

azio

ne d

ei la

vora

tori

%

Fonte: Eurostat, CVTS3; elaborazioni ISFOL su dati New cronos (provisional 11/08)

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Per comprendere meglio i comportamenti formativi dei diversi paesi e le caratteristiche che li accomunano, sono stati considerati, in un’analisi delle componenti principali, altri indicatori della formazione. Nonostante le variabili prese in considerazione siano molto correlate tra di loro, l’analisi ha permesso di rafforzare e meglio spiegare l’ipotesi di clusterizzazione sopra individuata.

La matrice di base è costituita da 27 righe corrispondenti ai diversi paesi Europei che hanno partecipato all’indagine e da 11 colonne con i principali indicatori relativi all’incidenza, partecipazione, intensità o durata e costi (tab. 1.1). In particolare, sono state scelte 6 variabili attive (che hanno determinato i fattori) e 4 variabili illustrative (non vengono utilizzate nella determinazione dei fattori ma attraverso la proiezione sugli assi cartesiani aiutano a spiegare la composizione dei fattori). La scelta di porre alcune variabili come passive è stata determinata dall’elevata correlazione tra queste variabili e le altre.

Gli indicatori selezionati come variabili attive sono:

percentuale di imprese formatrici che effettuato corsi;

percentuale di imprese con altro tipo di formazione (‘training on the job’, la rotazione delle mansioni, i circoli di qualità o gruppi di autoformazione, attività di ‘e-learning’, ‘workshop’, convegni e seminari);

percentuale di partecipanti ai corsi sul totale degli addetti di tutte le imprese;

ore di corso per partecipante;

costi diretti delle imprese formatrici per ora di formazione;

costo del lavoro dei partecipanti ai corsi per ora di formazione (calcolo del costo del lavoro del lavoratore in formazione).

Gli indicatori selezionati come variabili passive sono:

percentuale di imprese con ogni tipo di formazione (sia corsuale che altre tipologie di formazione);

percentuale di addetti partecipanti ai corsi sul totale degli addetti delle imprese formatrici;

ore di corso per addetto (% calcolata sul totale degli addetti dell’impresa);

costo totale dei corsi per ora di formazione;

costo totale dei corsi come percentuale sul costo del lavoro di tutte le imprese.

Dall’Analisi in Componenti Principali i primi due fattori spiegano il 68% della varianza complessiva, ed in particolare il 1° fattore ha una forte caratterizzazione.

Il primo fattore può essere definito come indicatore della diffusione della formazione (Dimensione partecipativa), infatti contrappone i due gruppi di paesi con maggiori incidenza di imprese formatrici e maggiore coinvolgimento dei lavoratori nelle attività di formazione; dagli altri due con valori decisamente sotto la media rispetto a incidenza, partecipazione e soprattutto con bassi valori della durata degli eventi formativi. Le variabili che più concorrono alla determinazione di questo fattore sono la percentuale di partecipazione ai corsi e la percentuale di imprese che organizzano attività corsuali.

Il secondo fattore (Dimensione finanziaria) è determinato prevalentemente dalle variabili sui costi ed in particolare dai costi totali (il costo totale viene calcolato aggiungendo ai costi diretti il saldo tra i contributi versati e i finanziamenti ricevuti, e prende in considerazione il costo del personale in formazione). (fig. 1.4)

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Rapporto 2008 sulla formazione continua 27

Tabella 1.1 – Principali indicatori della diffusione della formazione continua nelle imprese e degli investimenti realizzati dalle imprese in Europa nel 2005

Incidenza Partecipazione Accesso Intensità Speranza Costi Investimenti Paese

Percentule di imprese con ogni tipo di formazione

Percentule di imprese con

corsi

Percentule di imprese con altro tipo di formazione

Percentuale di addetti partecipanti ai corsi

(tutte le imprese)

Percentuale di addetti partecipanti ai corsi (imprese formatrici)

Ore di corso per partecipante

Ore di corso per addetto

Costo totale per ora di

formazione Costi diretti per

ora di formazione

Costo del lavoro dei partecipanti per ora di

formazione

Costi totali della formazione come %

del costo del lavoro(tutte le

imprese)

Austria 81 67 71 33 38 27 9 61 36 27 1,4 Belgium 63 48 55 40 51 31 12 56 19 35 1,6 Bulgaria 29 21 24 15 33 30 4 15 10 6 1,1 Cyprus 51 47 27 30 43 22 7 48 21 17 1,3 Czech Republic 72 63 59 59 67 23 14 24 11 13 1,9 Denmark 85 81 61 35 37 30 10 92 42 33 2.7 Estonia 67 56 50 24 32 27 7 30 20 10 1.6 Eu27 60 49 48 33 43 27 9 52 24 24 1,6 Finland 77 70 56 39 46 25 10 43 23 20 1,5 France 74 71 44 46 50 28 13 67 24 26 2.3 Germany 69 54 66 30 39 30 9 55 27 29 1,3 Greece 21 19 13 14 28 25 3 40 24 22 0.6 Hungary 49 34 41 16 23 37 6 69 23 16 2.6 Italy 32 27 20 29 49 26 7 58 19 30 1.3 Latvia 36 30 27 15 27 26 4 27 18 9 0.8 Lithuania 46 26 42 15 28 32 5 24 14 10 1,2 Luxembourg 72 61 64 49 60 33 16 53 26 31 2,0 Malta 46 31 43 32 52 35 11 34 22 15 1.8 Netherlands 75 70 52 34 39 36 12 55 35 28 2.0 Norway 86 55 79 29 48 32 9 45 21 23 1.3 Poland 35 24 27 21 36 30 6 28 15 13 1,3 Portugal 44 32 36 28 46 26 7 31 14 18 1,1 Romania 40 28 33 17 31 31 5 16 10 6 1,1 Slovakia 60 38 49 38 56 32 12 22 11 11 1,8 Slovenia 72 61 59 50 59 29 14 36 21 19 2,0 Spain 47 38 38 33 51 26 9 43 16 22 1.2 Sweden 78 72 60 46 51 34 15 50 21 30 2.1 United Kingdom 90 67 86 33 39 20 7 54 36 13 1,3

Fonte: Eurostat, CVTS3; elaborazioni ISFOL su dati New cronos (provisional 11/08)

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Rapporto 2008 sulla formazione continua 28

Figura 1.4 – Diffusione della formazione continua fra le imprese europee nel 2005 in relazione al peso dei relativi investimenti e costi (analisi in componenti principali)

La formazione continua in Europa: analisi in componenti principali

Belgium

Bulgaria

Czech Republic

Denmark

Germany

EstoniaGreece

Spain

FranceCyprus

Latvia

Italy

Lithuania

Luxembourg

Hungary

Malta

Netherlands

Austria

Poland

Portugal

Romania

Slovenia

Slovakia

Finland

Sweden

United Kingdom

NorwayCluster 1

Cluster 2

Cluster 3

Cluster 4

-3

-2

-1

0

1

2

3

-3 -2 -1 0 1 2 3

Fattore 1 - Diffusione della formazione nelle imprese

Fatto

re 2

- In

vest

imen

ti e

cost

i del

la fo

rmaz

ione

Fonte: Eurostat, CVTS3; elaborazioni ISFOL su dati New cronos (provisional 11/08)

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Rapporto 2008 sulla formazione continua 29

Sono stati individuati i seguenti cluster:

1. Il primo cluster, costituito dai paesi che nel 2005 sono stati molto attivi in materia di formazione, raggruppa le imprese dell’Austria, della Danimarca, dei Paesi Bassi, della Svezia, del Lussemburgo e del Regno Unito, che hanno un comportamento molto simile. Questo gruppo di paesi è caratterizzato sia da un elevato tasso di partecipazione degli addetti ai corsi sia da una buona speranza di formazione: tale valore è pari in Svezia a 15 ore di formazione per addetto, in Lussemburgo a 16 ore, grazie anche all’elevato numero di imprese formatrici. La Svezia presenta un tasso di imprese formatrici pari al 78%, con un più alto utilizzo dei ‘corsi’ di formazione (72%) rispetto alle ‘altre forme’ (60%).

2. Le imprese del secondo cluster (Francia, Belgio, Germania, Norvegia, Finlandia, Slovenia, Repubblica Ceca) hanno comportamenti poco differenti da quelli osservati in Austria, Svezia e Regno Unito. Essi sono caratterizzati, rispetto al primo cluster, da un tasso di accesso dei dipendenti più basso: in media, meno di un lavoratore su tre ha partecipato a corsi di formazione. La Francia presenta un tasso di imprese formatrici pari al 74%, con un più alto utilizzo dei ‘corsi’ di formazione (71%) rispetto alle ‘altre forme’ (44%). La Francia è anche il paese in cui la spesa delle imprese in formazione continua è tra le più elevate. Ai margini del secondo cluster troviamo l’Estonia, con elevati investimenti in formazione ma con valori rispetto alla diffusione che non raggiungono però quelli del gruppo.

3. In Italia, Spagna, Portogallo e Cipro, paesi del terzo cluster (tutti dell’area mediterranea), il tasso di accesso per i dipendenti ai corsi è pari, in media, al 34%; è vicino a quello del precedente gruppo di paesi ma la percentuale di imprese formatrici è inferiore. Valori particolarmente bassi si evidenziano in Italia (32%) e, soprattutto, in Grecia (21%), che rientra nel terzo cluster solo per gli alti costi della formazione (fattore 2), a dimostrazione di un mercato della formazione evidentemente poco efficiente. Viceversa, Malta ha una posizione speculare rispetto alla Grecia, in quanto presenta valori molto vicini a quelli di Spagna e Cipro (fattore 1) ma molto bassi in termini di costi/investimenti (fattore 2). In media, meno di due imprese su cinque hanno coinvolto i propri dipendenti in corsi di formazione, con una durata degli interventi formativi che va dalle 26 ore per addetto formato della Spagna, Italia e del Portogallo, fino a 30 ore di Cipro.

4. Infine, nel quarto gruppo di paesi troviamo paesi neocomunitari come la Bulgaria, l’Ungheria, la Romania e la Polonia, comprese due repubbliche baltiche (Lituania e Lettonia). Sono i paesi con il minor numero medio di ore di formazione per addetto, imputabile soprattutto alla bassa percentuale di imprese formatrici. In questo gruppo si distingue l’Ungheria per i costi più elevati, sia in percentuale sul costo del lavoro sia per ora di formazione, in maniera più accentuata nel segmento della media impresa (50-249 addetti). Interessante è la posizione della Slovacchia, che mostra una tensione verso il secondo cluster.

Da questo confronto, sono confermati i limiti che assume il fenomeno della formazione continua in Italia: le imprese italiane sono ancora molto lontane dal valore benchmark rispetto alla percentuale di imprese formatrici (32% contro il 90% del Regno Unito), alla partecipazione degli addetti ai corsi (29% contro il 59% della Repubblica Ceca) e alla durata media dei corsi per addetto (7 ore contro 16 in Lussemburgo).

L’analisi è stata completata con la cluster analisys per illustrare i gruppi di paesi omogenei tra loro rispetto alle attività di formazione continua. Il package statistico utilizzato per la cluster utilizza i punteggi fattoriali ottenuti dall’ACP (fig. 1.5).

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Rapporto 2008 sulla formazione continua 30

Figura 1. 5 – La formazione continua in Europa nel 2005: Cluster analisys

Legenda:

UK NO DK AT SE FIN NL FR CZ LU Sl DE EE BE SK CY HU ES LT MT PT RO LV PL IT BG GR

27 19 6 1 26 8 18 9 5 16 24 10 7 2 23 4 12 25 15 17 21 22 14 20 13 3 11 Fonte: Eurostat, CVTS3; elaborazioni ISFOL su dati New cronos (provisional 11/08)

L’analisi in componenti principali e la cluster analysis confermano, nella sostanza, la distribuzione dei paesi europei nei quattro raggruppamenti prima definiti (fig.1.3) a parte lo slittamento di qualche paese ‘dai confini’ di un cluster a quello vicino, dovuto all’effetto dell’introduzione di ulteriori variabili nell’analisi.

Box 1.2 – Il progetto CVTS3-EVA – “Evaluation and interpretation of the third European Continuing Vocational Training Survey in Europe” L’ISFOL (Area politiche e offerte per la formazione continua) realizza analisi della formazione continua in Europa collaborando con altri organismi di ricerca a livello europeo, con il Cedefop e con Eurostat. Attualmente è impegnato in una complessa attività di analisi dei dati Eurostat CVTS3 prodotti, sulla base di rilevazioni armonizzate, dagli istituti statistici nazionali (National Statistical Institutes – NSI) dei 28 paesi europei coinvolti nell’indagine.

Il progetto di ricerca CVTS3-EVA è eseguito congiuntamente da un consortium costituito da ISFOL, BIBB (Bundesinstitut für Berufsbildung) di Bonn e CEREQ (Le Centre d’Etudes et de Recherches sur les Qualifications) di Marsiglia, in seguito all’aggiudicazione di un bando emanato dal Cedefop, il Centro Europeo per lo Sviluppo della Formazione Professionale.

L’obiettivo generale di questo progetto di ricerca consiste nell’analizzare ed interpretare i risultati statistici dell’indagine CVTS3, in particolare per quel che riguarda la diffusione della formazione fra le imprese, le sue modalità di realizzazione, il suo sviluppo, le forme di finanziamento, gli effetti prodotti, sia in relazione alla formazione continua (Continuing Vocational Training - CVT) che alla formazione iniziale (Initial Vocational Training - IVT).

Le analisi riguardano l’insieme dei paesi europei e tiene conto della dimensione aziendale, dei settori di attività economica e delle principali caratteristiche nazionali.

Il progetto è strutturato in tre work packages: ▪ WP1: Analisi della qualità dei dati CVTS3 ▪ WP2: Contesto e struttura della formazione professionale nelle imprese ▪ WP3: Costi e finanziamenti della formazione professionale nelle imprese

Classification hierarchique directe

1 6 18 27 19 10 2 16 26 24 9 8 5 7 25 13 11 23 17 12 15 20 3 22 4 21 14

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Rapporto 2008 sulla formazione continua 31

All’interno del progetto, l’ISFOL è responsabile della realizzazione del WP3 (Costi e finanziamenti della formazione professionale nelle imprese).

Le analisi prevedono sia un’analisi di tipo descrittivo sia analisi multivariate ed econometriche, realizzate su un merged file costruito a partire dai microdati dei dataset nazionali, messi a disposizione, per l’occasione, direttamente dai NSI. Uno degli aspetti più innovativi del progetto è proprio rappresentato dal fatto che tre rilevanti istituti pubblici di ricerca (come Isfol, Bibb e Céreq) mettono a disposizione le proprie competenze metodologiche e di analisi per realizzare un’analisi congiunta mai realizzata prima in Europa, con queste modalità, sul tema degli investimenti in formazione delle imprese.

I risultati delle analisi saranno resi disponibili nel 2009 e saranno utilizzati dal Cedefop per supportare la definizione degli orientamenti sulle politiche formative della Commissione Europea, già a partire dai prossimi mesi.

1.2.1 Le imprese che offrono formazione

In sintesi:

Solo un’impresa su tre (il 32%) in Italia offre opportunità di formazione ai propri addetti. Questo dato è determinato in prevalenza dall’assetto che il sistema produttivo nazionale assume in alcuni settori tradizionali (ad esempio, nel tessile, nel turismo, nel commercio al dettaglio), in corrispondenza di una ridotta struttura dimensionale e di una bassa intensità di innovazione tecnologica.

Con il 32% di imprese formatrici sul totale delle imprese, l’Italia occupa purtroppo una posizione molto bassa nella graduatoria europea. Nonostante l’indubbio progresso registrato rispetto agli anni passati9, la situazione non migliora sostanzialmente: se è vero che la percentuale di imprese formatrici era pari, nel 1993, al 15% e nel 1999 al 23,9%, e che si è registrato un incremento di circa un terzo di imprese formatrici tra il 1999 e il 2005, tuttavia si deve osservare come la posizione nel ranking europeo sia rimasta immutata: nel 1993 eravamo all’11° posto nell’Europa a Dodici (quindi penultimi); nel 1999 eravamo al 22° nell’Europa a Venticinque (quart’ultimi); nel 2005 siamo al 25° posto nell’Europa a Ventisette (quindi terz’ultimi).

Tale crescita è insufficiente ed espone le nostre imprese a rischi concreti di insuccesso nel processo di recupero di competitività a livello internazionale; il gap con i paesi competitor è ancora significativamente ampio: Germania, Francia e Gran Bretagna hanno valori pari al 69%, 74% e 90% di imprese formatrici). Anche gli altri paesi mediterranei sono lontani: la Spagna cresce a ritmi più sostenuti dell’Italia e raggiunge il 47% mentre il Portogallo con il 44% scavalca l’Italia in graduatoria rispetto al 1999. Per finire, l’Italia dovrebbe riuscire a mantenere a distanza almeno i paesi neocomunitari, ma questi si avvicinano invece in modo preoccupante. Potrebbe essere chiamato in causa, a tale proposito, il processo di delocalizzazione delle sedi produttive di molte imprese italiane, che ha portato progresso tecnico in quei paesi ma un parallelo depauperamento del tessuto connettivo dei nostri territori, primi fra tutti quelli delle regioni meridionali, che perdendo capacità di attrazione degli investimenti registra un ulteriore deficit di solidarietà da parte delle regioni del Nordest. (fig. 1.1)

A livello europeo è confermata l’esistenza di una robusta correlazione tra dimensione d’impresa e propensione alla formazione: la percentuale di imprese formatrici cresce

9 Per l’analisi dei risultati delle rilevazioni precedenti, si veda C. Pellegrini, “Formazione del personale nelle imprese. Analisi comparata dei principali indicatori CVTS2”, (in particolare le pp. 52-63), in: Frigo F., Pellegrini C, a cura di, (2006), La formazione continua in Italia.Indagini nazionali e internazionali a confronto, Franco Angeli, Milano. Si veda anche l’ampia documentazione di ricerca messa a disposizione sul sito www.ricercheformazione.it e le pprecedenti annualità del Rapporto al Parlamento sulla Formazione Continua in Italia (annualità 2004 e 2005).

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Rapporto 2008 sulla formazione continua 32

proporzionalmente con la dimensione. Le imprese con 250 addetti e oltre svolgono un ruolo fondamentale nella formazione degli addetti; ciò vale indipendentemente sia dal paese preso in considerazione, sia dall’indicatore utilizzato per misurare il fenomeno (tab. 1.2). Fra i paesi, si riscontra una divergenza significativa nei comportamenti delle piccole imprese. La percentuale di imprese che ha organizzato una qualsiasi tipologia di formazione va dal 16% in Grecia al 61% nel Regno Unito, con una dispersione, rispetto al valore medio, molto alta. In relazione alle grandi imprese, si evidenziano due gruppi di paesi, con comportamenti simili: dal 89% della Bulgaria, al 100% di Repubblica Ceca, Cipro, Svezia.

In Italia, fra le piccole imprese (10-19 addetti) quelle formatrici rappresentano il 25,6%; fra le grandi (quelle con almeno 1000 addetti), il 96,7% (fig. 1.6). Proprio la ridotta struttura dimensionale è stata tradizionalmente richiamata come causa principale della minore propensione all’investimento in formazione da parte delle imprese italiane, rispetto a quelle degli altri paesi europei. Alla luce dei dati riportati in figura 1.6 - che mostrano una significativa crescita della propensione formativa fra le piccole imprese – è necessario approfondire l’analisi a livello settoriale. Figura. 1.6 - Le imprese che offrono formazione in Italia per classe dimensionale (incidenza % su tutte le

imprese, confronto 1993-1999-2005)

15,023,9

32,2

89,1

80,6

63,0

33,8

16,6

8,6

90,1

86,1

76,8

48,9

29,8

16,6

96,7

86,5

82,1

58,1

36,2

25,6

- 10 20 30 40 50 60 70 80 90 100

10-19 dipendenti

20-49 dipendenti

50-249 dipendenti

250-499 dipendenti

500-999 dipendenti

1000 e più dipendenti

TOTAL

2005

1999

1993

Fonte: Istat, Rilevazione sulla formazione professionale nelle imprese (CVTS IT). Anno 2005 - Elaborazione: Isfol

A tale livello, l’attività di formazione si presenta molto diversificata: le imprese formatrici sono il 28,4% nell’industria e il 34,5% nei servizi. Rispetto al 1999, si registra una crescita più sostenuta nei servizi (24,8% nel 1999) rispetto all’industria (23,3%).

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Rapporto 2008 sulla formazione continua 33

Tabella. 1.2 – Imprese formatrici in percentuale su tutte le imprese in Europa, nel 2005, per tipologia di formazione e classe di addetti.

Classe di addetti 10-49 addetti 50-249 addetti 250 e più addetti Paese

Imprese con formazione

continua

Imprese con corsi di

formazione

Imprese con altre attività di

formazione

Imprese con formazione

continua

Imprese con corsi di

formazione

Imprese con altre attività di

formazione

Imprese con formazione

continua

Imprese con corsi di

formazione

Imprese con altre attività di

formazione Eu27 55 44 43 78 68 65 91 84 80 Czech Republic 66 56 54 93 88 76 100 100 88 France 69 66 40 98 95 65 100 99 74 Cyprus 45 41 24 80 78 46 100 100 78 Sweden 74 66 55 95 91 74 100 99 93 Belgium 58 42 50 86 77 77 99 97 95 Denmark 83 78 57 96 91 76 99 98 97 Austria 79 63 68 91 86 83 99 98 97 Slovenia 67 54 55 85 78 69 97 93 86 Estonia 62 50 46 85 80 64 96 95 87 Netherlands 71 65 48 88 86 68 96 94 73 United Kingdom 89 63 85 92 75 88 96 83 94 Luxembourg 68 56 60 85 78 74 95 94 92 Norway 86 54 79 88 65 84 95 57 91 Finland 73 66 53 89 83 63 94 87 85 Slovakia 56 33 46 74 57 61 92 80 78 Portugal 39 27 32 70 63 56 91 88 71 Hungary 42 26 35 77 64 64 90 86 81 Spain 43 34 35 68 61 54 89 87 73 Lithuania 40 19 36 64 43 59 88 78 82 Germany 65 50 62 81 65 78 87 78 83 Malta 40 25 36 65 47 64 87 84 82 Italy 29 23 17 58 53 39 86 82 66 Poland 27 16 21 55 43 43 80 72 65 Latvia 31 25 23 56 50 41 76 72 64 Romania 36 23 29 50 38 41 74 64 63 Greece 16 14 10 39 35 25 70 70 52 Bulgaria 24 16 20 44 37 35 61 57 52 Fonte: Eurostat, CVTS3; elaborazioni ISFOL su dati New cronos (provisional 11/08)

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Rapporto 2008 sulla formazione continua 34

Le assicurazioni sono il settore con la maggiore presenza di imprese formatrici (95,6%), seguite dal credito (89,1%), e dai settori della produzione e distribuzione di energia, gas e acqua (69,3), chimica-farmaceutica e raffinazione di petrolio (59,4), dai servizi tecnici e pubblicitari (59,2), di informatica (56,9), del commercio e manutenzione di autoveicoli (51,2), delle attività ausiliarie dell’intermediazione finanziaria (50,8) e della consulenza legale, contabile e di gestione (50,3). Molto interessante il dato registrato nel settore delle costruzioni, dove la percentuale di imprese formatrici è superiore alla media (36,7%), soprattutto grazie all’aumento dei corsi sulla sicurezza sul luogo di lavoro (tab. 1.3).

I settori in cui è minore la presenza di imprese formatrici sono quelli che hanno attraversato maggiori difficoltà negli ultimi anni, in particolare l’industria tessile e dell’abbigliamento (13,2%), ma anche il comparto dell’ospitalità alberghiera e dei ristoranti (14,0) e il commercio al dettaglio (21,8). ancora troppo legati ad una dimensione familiare (tab. 1.3).

Sono questi i settori nei quali è quindi prioritario intervenire utilizzando la leva del finanziamento pubblico (Fondo Sociale Europeo, L. 236/93, L. 53/00 e Fondi Interprofessionali) per stimolare la domanda formativa delle imprese.

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Rapporto 2008 sulla formazione continua 35

Tabella 1.3 - Imprese con 10 addetti ed oltre che hanno svolto formazione continua, per settore di attività economica e tipologia di formazione. Italia, anno 2005 (%)

Settori di attività economica (Ateco) Imprese con formazione

continua

Imprese con corsi di

formazione

Imprese con altre attività di

formazione Totale 32,2 26,8 20,0 10-14 - Industrie estrattive 26,7 21,9 16,1 15-16 - Industrie alimentari e del tabacco 30,7 24,9 17,1 17-19 Industrie tessili e dell'abbigliamento 13,2 8,8 7,7 20, 36-37 - Legno, mobili e altre ind. manif. 22,0 17,3 13,0 21 - Industria della carta e del cartone 29,1 22,8 18,0 22 - Editoria e stampa 27,9 21,2 14,4 23-24 - Industrie chimica e raffinazione petrolio 59,4 53,1 48,3 25-26 - Gomma, plastica e miner. non metalliferi 32,0 26,1 19,2 27-28 - Produzione di metalli e prodotti in metallo 28,3 23,2 16,6 29 - Fabbricazione macchine ed apparecchi meccanici 36,8 32,8 22,0 30-33 – Fabbr. Macchine, app. elett., elettron. e comunicaz. 36,1 31,4 24,0 34-35 - Fabbricazione mezzi di trasporto 38,7 34,0 24,8 40-41 - Produzione e distribuzione energia elet., gas e acqua 69,3 67,3 49,5 45 – Costruzioni 36,7 31,2 20,3 50 - Commercio, manutenzione e ri. autoveicoli e motocicli 51,2 47,4 32,6 51 - Commercio all'ingrosso e intermediari del commercio 33,0 28,3 20,3 52 - Commercio al dettaglio 21,8 18,0 12,0 55 - Alberghi e ristoranti 14,0 11,3 7,3 60-63 - Attività di trasporto 35,5 28,4 22,8 64 - Poste e telecomunicazioni 42,4 37,8 29,8 65 - Intermediazione monetaria e finanziaria 89,1 85,2 70,9 66 - Assicurazioni e fondi pensioni 95,6 89,9 76,6 67 - Attività ausiliarie della intermediazione finanziaria 50,8 37,2 39,6 70-71,73 - Servizi immobiliari, di noleggio e di ricerca 37,8 33,5 25,3 72 - Informatica e attività connesse 56,9 47,6 43,9 741 - Consulenza legale, contabile e di gestione 50,3 38,0 35,0 742-744 - Servizi tecnici e pubblicità 59,2 49,1 45,1 745-748 - Altri servizi alle imprese 38,0 28,9 25,3 90-91,93 - Altre attività di servizio 46,2 17,6 14,5

Fonte: Istat, Rilevazione sulla formazione professionale nelle imprese (CVTS IT). Anno 2005 - Elaborazione: Isfol

Per quanto riguarda la collocazione territoriale, il 36% di imprese hanno svolto attività di formazione nel nord-est e il 34,7% nel nord-ovest, mentre nelle regioni del centro si scende al 27,2% e nel mezzogiorno al 23,6%.10

Un segnale positivo sembra potersi cogliere dalla lettura dell’andamento della propensione formativa delle unità locali provinciali di impresa, presso le quali sembrerebbe invertirsi il trend negativo che aveva caratterizzato il periodo successivo al 2002, durante il quale si era ridotta notevolmente la quota delle imprese formatrici. Nel 2006 l’andamento negativo non sembrava essersi ancora arrestato, nonostante si fosse verificato un leggero miglioramento (dell’ordine di un punto percentuale: dal 18,8% del 2005 al 19,8%). Nel 2007 si registra, invece, un incremento medio pari a circa due punti percentuali, presente in tutti i segmenti di impresa ma principalmente determinato dall’andamento delle microimprese (Fig. 1.7).

10 Cfr. Ministero del lavoro – ISFOL (2008), Rapporto 2007 sulla formazione continua, in: FOP, nn. 1-2/2008, Roma

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Rapporto 2008 sulla formazione continua 36

In sintesi, nel periodo 2000-2007, il divario tra le micro e le grandi imprese permane: sono 56 punti percentuali nel 2007, rispetto all’indicatore che misura l’incidenza delle imprese formatrici, variando fra il 19% delle micro-imprese e il 75% delle grandi imprese (fig. 1.7).

Figura. 1.7 – Unità locali provinciali che hanno realizzato attività di formazione attraverso corsi negli anni 2000-2007, per dimensione dell’organico aziendale (%)

0

10

20

30

40

50

60

70

80

Media Imprese formatrici 18,9 17,5 24,7 22,4 20 18,8 19,8 21,9

Micro-Imprese (1 - 9 Dip.) 13,8 12,6 19,8 17,3 17,1 15,6 16,6 18,8

Piccole Imprese (10 - 49 Dip.) 39,1 38,5 45,3 37,8 26,4 26,6 27,5 29,5

PMI (50 - 249 Dip.) 38 41,5 54,6 52,7 37,1 43,1 42,6 44,7

Grandi Imprese (>= 250 Dip.) 57,8 55,2 63,6 72,2 70 73,2 72,8 75,2

2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007

Fonte: Unioncamere - Ministero del Lavoro, Sistema Informativo Excelsior

Non sarebbe, tuttavia, prudente, leggere l’andamento in termini di discontinuità rispetto al recente passato, in cui le piccole variazioni annuali erano il segnale di un fenomeno di natura inerziale, il cui significato generale è da ricondurre ad un’insufficiente attenzione delle imprese italiane per le esigenze di crescita del proprio personale e di sviluppo della capacità di competere basandosi sul valore del fattore umano. Occorrerà aspettare il dato del 2008, dal quale è purtroppo lecito attendersi una frenata (vedremo quanto brusca) degli investimenti delle imprese, in considerazione delle difficoltà dell’attuale congiuntura, determinato dalla grave crisi economico-finanziaria che ha investito i mercati e le imprese di tutto il mondo.

Occorre inoltre considerare come il leggero incremento della percentuale di imprese formatrici non abbia affatto scalfito il divario esistente tra le grandi e le piccole imprese, che rimane ancora ampio e consistente, oltre che sempre più difficile da colmare. L’analisi settoriale mostra come fra le piccole e le medie imprese dei settori manifatturieri sia ancora molto debole la propensione formativa. Questo andamento è molto evidente nei settori critici e a minore intensità di innovazione tecnologica, quali il tessile e l’abbigliamento o l’industria dei beni per la casa, a differenza di quanto avviene - come di consueto - nell’industria chimica (in particolare nella farmaceutica), in quella aeronautica e nella produzione e distribuzione di energia, gas e acqua. In generale, è l’industria manifatturiera che segna il passo, con un contributo percentuale di imprese formatrici ancora troppo basso (17,6%), a differenza di quanto avviene fra le imprese delle costruzioni (24,1%), come anche registrato nei dati CVTS e INDACO. Anche fra i servizi, bassi livelli continuano a registrarsi fra gli alberghi, i ristoranti e i servizi turistici, a dimostrazione della

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Rapporto 2008 sulla formazione continua 37

crescente difficoltà di crescita del comparto, mentre credito e assicurazioni, informatica e sanità contribuiscono a mantenere alto il livello di propensione nei comparti dei servizi.

Anche in relazione alla localizzazione geografica, non si registrano novità di rilievo: le aziende con una maggiore propensione formativa sono localizzate nelle regioni del Nord-Est e, a seguire, del Nord-Ovest; minore attività di formazione viene realizzata nel Mezzogiorno anche se con una leggera crescita rispetto al passato.

1.2.2 La partecipazione e l’accesso ai corsi di formazione

In sintesi:

Sono circa due milioni e mezzo i lavoratori che hanno partecipato ai corsi di formazione offerti dalle imprese in Italia nel 2005. E’ un dato vicino alla media comunitaria. Tuttavia, sono ancora troppo ampi i divari di genere e di età nell’accesso ai corsi.

La stima dell’insieme delle opportunità formative che le imprese offrono ai propri addetti si misura attraverso l’indicatore della partecipazione - che descrive il rapporto fra il numero di addetti partecipanti a corsi e il numero totale di addetti in tutte le imprese - e l’indicatore di accesso, che descrive il rapporto fra il numero di addetti partecipanti a corsi e il numero totale di addetti nelle sole imprese che offrono corsi.

Il primo indicatore indica, per l’Italia, una percentuale di addetti partecipanti a corsi pari al 29% (per un totale di circa 2.512.000 addetti), rispetto al 33% della media comunitaria. Il secondo indicatore mostra una capacità di accesso alla formazione pari al 49%, superiore di ben sei punti percentuali rispetto alla media comunitaria (Tab. 1.4).

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Rapporto 2008 sulla formazione continua 38

Tabella 1.4 - Percentuale di addetti che hanno partecipato a corsi in tutte le imprese (partecipazione) e solo nelle imprese che hanno offerto corsi (accesso)

Paesi Partecipazione Accesso Totale Maschi Femmine Totale Maschi Femmine EU-27 33 34 31 43 44 42 EU-25 34 34 32 44 45 42 Belgium 40 40 39 51 52 49 Bulgaria 15 16 13 33 34 31 Czech Republic 59 63 52 67 72 60 Denmark 35 32 39 37 35 41 Germany 30 32 27 39 41 35 Estonia 24 23 26 32 31 34 Greece 14 13 15 28 27 30 Spain 33 33 35 51 51 50 France 46 47 43 50 51 47 Italy 29 29 28 49 50 47 Cyprus 30 30 30 43 42 43 Latvia 15 14 15 27 26 28 Lithuania 15 15 14 28 29 27 Luxembourg 49 48 51 60 60 59 Hungary 16 16 15 23 24 22 Malta 32 30 36 52 49 60 Netherlands 34 36 31 39 41 36 Austria 33 36 30 38 41 34 Poland 21 21 20 36 35 37 Portugal 28 29 27 46 47 45 Romania 17 18 17 31 30 32 Slovenia 50 48 55 59 57 64 Slovakia 38 42 31 56 61 48 Finland 39 38 41 46 44 47 Sweden 46 47 45 51 51 50 United Kingdom 33 32 34 39 38 42 Norway 29 30 28 48 47 48 Fonte: Eurostat, CVTS3; elaborazioni ISFOL su dati New cronos (provisional 11/08)

Rispetto al passato si è verificato un progresso poco rilevante ma comunque degno di nota, in quanto nel 1999 i valori dei due indicatori erano pari rispettivamente al 26% e al 47% e già allora il tasso di accesso dei lavoratori italiani era superiore rispetto alla media europea.

Nella distribuzione delle opportunità formative emerge una segmentazione per genere, meno ampia rispetto a quella rilevata da altre fonti11 e per età: la percentuale di partecipanti è pari al 29,4% fra gli uomini e al 27,5% fra le donne, e maggiore tra gli addetti con 25-54 anni (29,8%), rispetto agli over 55 anni (22,4%) e agli addetti con meno di 25 anni (21,9%). Per quanto riguarda la distribuzione della partecipazione per settore di attività economica, il tasso più elevato si riscontra nei servizi (34,5%) aumentando proporzionalmente alla dimensione d’impresa (56,4% nelle imprese dei servizi con 1.000 addetti e oltre). La partecipazione degli addetti dell’industria (23,5%) e delle costruzioni (18,6%) risulta molto minore. (tab. 1.5) 11 L’ultima rilevazione Isfol INDACO-Lavoratori, mette in evidenza l’esistenza di un ampio divario fra i dipendenti privati imputabile al genere: in media, sono cinque i punti percentuali che differenziano il livello di partecipazione maschile da quello femminile (28,6% contro 23,3%); all’interno dei diversi livelli di inquadramento; il divario di genere nella partecipazione formativa raggiunge 7 punti percentuali fra gli operai, 11 fra gli impiegati e si riduce a 3 fra quadri e dirigenti; il gap che separa le donne inquadrate come operaio (tasso di partecipazione: 11,5%) da quelle inquadrate come quadro o dirigente (tasso di partecipazione: 52,2%) supera ben il 40% (MLPS-ISFOL 2008).

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Rapporto 2008 sulla formazione continua 39

Tabella 1.5 - Partecipazione e accesso ai corsi di formazione in Italia per macro-settore e classe di addetti, Italia, anno 2005 (%)

Classe dimensionale dell’impresa (N. dipendenti) Settori di attività 10-19 20-49 50-249 250-499 500-999 1000 e oltre

Totale

Partecipazione Industria 6,4 10,6 20,5 34,9 41,2 53,6 23,5

Costruzioni 13,7 19,8 21,1 29,3 42,5 39,1 18,6 Servizi 10,1 15,5 27,2 37,5 43,3 56,4 34,5 Totale 9,2 13,6 23,5 36,1 42,3 55,5 28,8

Accesso Industria 41,3 38,1 36,1 42,7 46,1 54,8 44,1

Costruzioni 50,0 47,3 38,1 36,1 52,8 39,1 45,0 Servizi 43,9 46,8 48,3 51,0 53,2 57,2 53,2 Totale 44,5 43,2 41,6 46,5 50,0 56,4 49,4

Fonte: Istat, Rilevazione sulla formazione professionale nelle imprese. Anno 2005

Le informazioni relative alla possibilità di accedere ai corsi, limitatamente alle imprese che hanno offerto corsi, mostrano una maggiore omogeneità per dimensione di impresa: la possibilità di frequentare un corso ha riguardato il 56,4% degli addetti delle imprese di maggiore dimensione che hanno offerto corsi, contro il 44,5% delle imprese con 10-19 addetti. Si amplia, però, notevolmente in tal caso il divario di genere: gli addetti di genere maschile costituiscono il 67% del totale dei partecipanti mentre le donne appena il 33,0%. Si rileva comunque un maggior equilibrio rispetto al 1999, in cui la composizione era pari al 71,9% per gli uomini e al 28,1% per le donne. La distribuzione per settori mostra un maggior numero di addetti coinvolti nelle imprese dei servizi (53,2%) e livelli inferiori tra le imprese industriali (44,1%) e delle costruzioni (45,0%). (tab. 1.5)

1.2.3 Intensità e durata dei corsi di formazione

In sintesi:

Si riduce, rispetto al passato, la durata media dei corsi per partecipante; ciò si verifica non solo in Italia ma anche, sebbene in minor misura, nella maggior parte dei paesi europei.

In Italia, su un totale di 64 milioni di ore di formazione in corsi (interni o esterni), ogni partecipante ha fruito in media di 25 ore di formazione, vale a dire appena tre giornate in un anno (nel 1999 le ore di formazione erano state 32, corrispondenti a circa quattro giornate lavorative).

Anche in questo caso, si evidenzia un divario di genere: le donne hanno frequentato, in media, meno ore di formazione rispetto agli uomini.

L’intensità della partecipazione ai corsi - ossia il rapporto fra il numero totale di ore in corsi per partecipante – costituisce un’informazione di rilievo in quanto a partire dalla stima della durata dei corsi è possibile costruire ulteriori indicatori.

Il numero totale di ore destinate dalle imprese italiane ai corsi di formazione nel 2005 è stato di oltre 64 milioni, con una media annua per partecipante pari a 25,5 ore (tab. 1.6), a fronte di una media comunitaria di 27 ore. In questo caso siamo in presenza di una netta diminuzione rispetto alle 32 ore frequentate nel 1999 e, quindi, il dato non è positivo, anche se la diminuzione della durata dei corsi è un fenomeno generalizzato in diversi paesi europei.

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Rapporto 2008 sulla formazione continua 40

Mentre non si riscontrano variazioni significative nella distribuzione per dimensione di impresa, a livello settoriale notiamo che le imprese delle costruzioni presentano un valore medio dell’indicatore dell’intensità molto basso (17,4 ore) mentre la media è più alta fra le industrie estrattive (50,7 ore), le imprese dei servizi informatici (40,0 ore), dell’intermediazione finanziaria (37,8) e dei servizi postali e delle telecomunicazioni (35,1). In media gli uomini frequentano più ore di corso delle donne (26,7 contro 23,1), tranne in alcuni settori in cui le donne frequentano un numero maggiore di ore: è il caso dell’industria della carta (22,5 ore per le donne, 12,3 ore per gli uomini), dell’editoria e stampa (30,6 ore e 20,6), delle costruzioni (24,5 e 16,7) e delle industrie estrattive (56,9 e 49,2).

Le donne hanno frequentato, in media, meno ore di formazione rispetto agli uomini. Il divario è stimabile, in media, intorno al 3,6%, con valori superiori alla media nelle grandi imprese piuttosto che nelle piccole (Tab. 1.6) e, in particolare, nei seguenti settori: Altri servizi alle imprese, Servizi immobiliari, di noleggio e di ricerca, Servizi tecnici e pubblicità, Informatica e attività connesse, Fabbricazione macchine ed apparecchi elettrici, elettronici e delle comunicazioni, Alberghi e ristoranti, Attività ausiliarie della intermediazione finanziaria, Assicurazioni.

Tabella. 1.6 - Intensità (ore medie di corso per partecipante) dei corsi di formazione in Italia per macro-

settore, classe di addetti e genere (%)

Classe dimensionale dell’impresa (N. dipendenti) 10-19 20-49 50-249 250-499 500-999 1000 e oltre

Totale

Settori Industria 23,1 24,1 21,8 19,7 22,2 28,7 24,4

Costruzioni 18,5 18,5 16,8 13,9 15,8 9,7 17,4 Servizi 31,2 25,9 28,4 24,8 25,7 26,4 26,7 Genere Uomini 26,0 22,8 25,6 22,6 24,4 29,4 26,7 Donne 25,8 27,3 23,2 21,5 22,9 22,6 23,1 Totale 26,0 24,0 24,9 22,2 23,9 26,9 25,5

Fonte: Istat, Rilevazione sulla formazione professionale nelle imprese. Anno 2005 1.2.4 I costi dei corsi di formazione

In sintesi:

I costi che le imprese italiane hanno sostenuto nel 2005 per le attività di formazione rappresentano l’1,3% del costo del lavoro. Ogni lavoratore formato è costato all’impresa, in media, quasi 1500 PPS in termini di costi totali e 482 PPS come costi diretti. Ogni ora di formazione è costato all’impresa, in media, 58 PPS in termini di costi totali e 19 PPS come costi diretti. Sono dati abbastanza in linea con la media europea.

Rispetto al passato, si riduce il gap con l’Europa, grazie ad una serie di fattori, fra i quali si evidenzia la diminuzione della spesa per l’acquisto di servizi formativi dai fornitori esterni. Ciò vale non solo per le grandi imprese, per le quali i fattori di scala hanno in questi anni consentito di ridurre e, probabilmente, razionalizzare la spesa in formazione, ma anche per le piccole imprese. L’analisi settoriale evidenzia, nel confronto con le imprese europee, un più basso livello dei costi concentrato nel manifatturiero e in alcuni servizi.

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Rapporto 2008 sulla formazione continua 41

Il tema dei costi della formazione è considerato cruciale e, quindi, richiede uno specifico approfondimento12. La tabella 1.7 espone alcuni dati di sintesi sui costi dei corsi di formazione, mettendo a confronto la media nazionale con quella europea, in relazione a quattro indicatori principali: 1) costi dei corsi in percentuale del costo del lavoro; 2) costi dei corsi per addetto; 3) costi dei corsi per partecipante; 4) costi dei corsi per ora di formazione.

Ognuno di questi quattro indicatori è corredato di specifiche informazioni relative ai costi totali, ai costi diretti e al costo del lavoro dei dipendenti in formazione (in ambito Eurostat denominato PAC, ossia “Personal Absence Cost of participants”). Nell'analisi del costo occorre infatti valutare il costo totale per partecipante e le sue due componenti: costo diretto per la realizzazione del corso e costo indiretto, relativo alla retribuzione che il dipendente percepisce nel corso della sua partecipazione ai corsi di formazione.

Tabella 1.7 - Principali indicatori dei costi dei corsi rilevati in Italia e in Europa (% e PPS)

Indicatori dei costi Italia Eu-27

Costo dei corsi in % del costo totale del lavoro (tutte le imprese) Costo totale 1,3% 1,6% Costo diretto 0,4% 0,7% Costo del lavoro dei partecipanti ai corsi 0,6% 0,7%

Costo dei corsi per addetto (tutte le imprese - PPS) Costo totale 430 461 Costo diretto 139 216 Costo del lavoro dei partecipanti ai corsi 218 209

Costo dei corsi per partecipante (PPS) Costo totale 1492 1413 Costo diretto 482 657 Costo del lavoro dei partecipanti ai corsi 758 637

Costo dei corsi per ora di formazione (PPS) Costo totale 58 52 Costo diretto 19 24 Costo del lavoro dei partecipanti ai corsi 30 24

Fonte: Eurostat, CVTS3; elaborazioni ISFOL su dati New cronos (provisional 11/08)

I primi due indicatori sono riferiti all’intera popolazione delle imprese (siano esse formatrici o non formatrici) e degli occupati mentre gli altri due alle sole imprese formatrici.

Rispetto alla media europea non emergono scostamenti di rilievo, se si fa eccezione per i costi diretti, che in Italia risultano essere piuttosto bassi. Si osserva che mentre i primi due indicatori mostrano valori inferiori per l’Italia sia per i costi diretti che per i costi indiretti, gli indicatori riferiti alle sole imprese formatrici mostrano costi indiretti superiori alla media europea.

Per quanto riguarda il primo indicatore (costo dei corsi in percentuale sul costo totale del lavoro), in Europa i costi totali (diretti e indiretti) costituiscono l’1,6% del costo del lavoro, mentre in Italia sono pari all’1,3%. Nel 1999 questo indicatore raggiungeva l’1,7%, per cui si assiste ad una diminuzione (-0,4%), che riguarda in particolare le piccole e medie imprese. Nella tabella 1.10 si evidenzia come le maggiori differenze dei costi italiani, rispetto alla media europea, si concentrano

12 L’ISFOL è attualmente impegnato nell’analisi dei microdati europei sui costi della formazione (vedi BOX 2: CVTS3-EVA)

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soprattutto nei settori manifatturieri e nelle piccole imprese, in cui i valori sono sensibilmente più bassi.

La distribuzione delle componenti dei costi diretti vede al primo posto le spese relative ai corsi a gestione esterna (spese di iscrizione, compensi ai formatori e docenti esterni, esaminatori e valutatori esterni), che rappresentano in media il 60% del totale dei costi. Al secondo posto, troviamo il costo del lavoro dei formatori interni (24%), seguito dalle spese di viaggio e soggiorno (12%) e dalle spese per immobili e attrezzature (5%). (Fig.1.8)

Rispetto al 1999, la distribuzione dei costi fra le varie voci è apparentemente molto simile (sono leggermente aumentate le spese di viaggio e soggiorno e diminuite le spese per i corsi a gestione esterna e per immobili e attrezzature). Tuttavia emerge un dato importante: nelle piccole imprese si registra una forte diminuzione delle spese per i corsi a gestione esterna (-9% rispetto alla distribuzione rilevata nel 199913).

Figura 1.8 – Struttura dei costi diretti dei corsi per partecipante, per classe dimensionale e settori NACE

(Italia, %)

60% 61%67%

58% 60%54%

59% 60%67% 64%

12% 12%10%

12% 6% 17%

18%7%

9% 13%

24% 24%21%

25% 29% 23%18%

30%20% 18%

5% 4% 3% 5% 4% 6% 5% 3% 4% 5%

0%

10%

20%

30%

40%

50%

60%

70%

80%

90%

100%

TOTAL 10-49 employees

50-249employees

250 or moreemployees

NACE D NACE G NACE J NACE K NACE O Other NACE

Fees and payments Travel and subsistence payments Labour costs of internal trainers Training centre, premises, teaching materials Fonte: Istat, Rilevazione sulla formazione professionale nelle imprese. Anno 2005 - Elaborazione: Isfol

In media in Europa (Eu-27) il costo del lavoro dei dipendenti in formazione (PAC) è pari a 209 PPS, mentre in EU-25 il valore cresce leggermente (218 PPS). L’indicatore mostra un campo di variazione pari a 480 PPS, che va dal valore massimo, registrato in Lussemburgo (506 PPS) al minimo della Bulgaria (26 PPS). Il ranking per paese evidenzia tre raggruppamenti:

1. nelle prime posizioni, un gruppo di paesi nordeuropei guidato da Lussemburgo, Svezia e Belgio, seguiti da Danimarca, Francia e Paesi Bassi;

2. intorno al valore medio, troviamo la Slovenia e i paesi germanici (Germania e Austria) insieme a paesi mediterranei (Italia e Spagna) e scandinavi (Norvegia e Finlandia), oltre a Repubblica Ceca e Malta;

13 Cfr. la distribuzione dei costi diretti in CVTS2 in: Pellegrini C. (2006), “ I costi della formazione”, in: Pellegrini C., Frigo F., La formazione continua in Italia. Indagini nazionali e internazionali a confronto, collana di sociologia, Franco Angeli, Milano (p. 126)

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3. nel gruppo dei paesi con un valore della PAC inferiore troviamo paesi del Sud Europa come Portogallo, Cipro e Grecia, insieme a paesi neocomunitari (Slovacchia, Ungheria, Polonia, Estonia, Lituania, Lettonia) con, nelle ultime posizioni, i paesi balcanici (Romania e Bulgaria).

In quest’ultimo gruppo è compreso, fra l’altro, il Regno Unito, con 85 PPS per addetto (tab. 1.8). Tabella 1.8 - Costo del lavoro dei dipendenti in formazione in Europa (PAC) - (Ranking)

Fonte: Eurostat, CVTS3; elaborazioni ISFOL su dati New cronos (provisional 11/08)

Il costo dei corsi per partecipante è calcolato rapportando il costo totale dei corsi ai partecipanti, e quindi riguarda solo le imprese formatrici. In Europa tale indicatore è pari a 1413 PPS (EU 27). Il paese con la media più alta è la Danimarca (2676 PPS), quello con la media inferiore è la Bulgaria (465 PPS).

I paesi europei possono essere raggruppati, in relazione a questo indicatore, in quattro insiemi:

1. il primo è composto da tre paesi che presentano costi superiori a 2000 PPS (Danimarca, Ungheria, Paesi Bassi);

Posizione

Paese

PAC (PPS)

1 Luxembourg 506 2 Sweden 457 3 Belgium 432 4 Denmark 350 5 France 340 6 Netherlands 336 7 Slovenia 274 8 Germany 263 9 Austria 240

10 European Union (25 countries) 218 11 Italy 218 12 Norway 218 13 European Union (27 countries) 209 14 Finland 198 15 Spain 189 16 Czech Republic 180 17 Malta 170 18 Slovakia 136 19 Portugal 134 20 Cyprus 111 21 Hungary 93 22 United Kingdom 85 23 Poland 80 24 Greece 77 25 Estonia 69 26 Lithuania 46 27 Latvia 36 28 Romania 34 29 Bulgaria 26

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2. nel secondo gruppo sono compresi paesi i cui costi sono in un range che varia tra 1883 PPS in Francia e 1454 in Norvegia, inclusi Lussemburgo, Belgio, Svezia, Austria e Germania;

3. nel terzo gruppo i valori sono compresi intorno a 1000 PPS, a partire da Malta e comprendente Spagna, Finlandia, Regno Unito, Cipro, Slovenia, e Grecia;

4. infine, nel quarto gruppo troviamo Polonia, Portogallo, Estonia, Lituania, Lettonia, Slovacchia, Repubblica Ceca, Romania e Bulgaria.

In termini di costi diretti, la media per partecipante in Eu27 è di 657 PPS. Alti costi si registrano in Danimarca e Paesi Bassi, mentre negli altri paesi si va dall’Austria (949) alla Repubblica Ceca (254).

I costi diretti sul costo totale rappresentano il 46,5% in EU 27. I paesi dove i costi indiretti hanno un’incidenza minore sui costi totali della formazione sono la Lettonia, Estonia e Gran Bretagna, dove i costi diretti rappresentano rispettivamente il 68%, il 67% e il 66% dei costi totali; mentre in Belgio e in Italia la situazione si inverte (33%, 32%) (Tab. 1.9). Tabella. 1.9 – Costo dei corsi per partecipante in Europa (Ranking e struttura) (PPS)

Paesi Ranking Costi totali Costi diretti Costi diretti in percentuale sui costi totali per partecipante (%)

European Union (25) 1436 666 46,4 European Union (27) 1413 657 46,5 Denmark 1 2676 1264 47,2 Hungary 2 2537 842 33,2 Netherlands 3 2132 1264 59,3 France 4 1893 669 35,3 Luxembourg 5 1768 849 48,0 Belgium 6 1746 579 33,2 Sweden 7 1682 703 41,8 Austria 8 1637 949 58,0 Germany 9 1635 803 49,1 Italy 10 1492 482 32,3 Norway 11 1454 667 45,9 Malta 12 1193 768 64,4 Spain 13 1100 417 37,9 Finland 14 1081 570 52,7 United Kingdom 15 1079 716 66,4 Cyprus 16 1046 466 44,6 Slovenia 17 1044 598 57,3 Greece 18 1006 606 60,2 Poland 19 832 446 53,6 Portugal 20 816 368 45,1 Estonia 21 815 548 67,2 Lithuania 22 761 453 59,5 Latvia 23 693 474 68,4 Slovakia 24 681 361 53,0 Czech Republic 25 558 254 45,5 Romania 26 496 302 60,9 Bulgaria 27 465 291 62,6 Fonte: Eurostat, CVTS3; elaborazioni ISFOL su dati New cronos (provisional 11/08)

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Rapporto 2008 sulla formazione continua 45

La tabella 1.10 mostra la distribuzione dei principali indicatori dei costi per NACE e classe dimensionale.

Il costo per partecipante varia in relazione alla dimensione aziendale: per i costi totali si va dai 1291 PPS (nella classe 10-49 addetti) ai 1362 (nella classe 50-249 addetti), per arrivare ai 1461 nella classe delle grandi imprese. Ciò avviene anche in relazione ai costi diretti.

I dati mettono in evidenza come i costi totali per partecipante sono più vicini alla media europea rispetto al passato. L’Italia aveva, nel 1999, il livello più elevato di costo totale (2316 PPS), seguito a breve distanza da Danimarca ed Olanda (2138 e 2132). Nel 2005 il valore italiano non raggiunge i 1500 PPS a partecipante, rispetto a una media europea pari a 1413 PPS.

In questo caso, si può osservare come il dato italiano non rappresenti una specificità ma sia interno ad un andamento del tutto omogeneo a livello europeo. Anche in Europa si assiste, nel confronto fra il 2005 e il 1999, ad una riduzione dei costi, sebbene meno consistente di quella italiana, che si concentra soprattutto fra le piccole e medie imprese.

È importante ricordare come i dati CVTS2 mettevano in evidenza l’esistenza di economie di scala sia in Italia che in Europa, con differenze più marcate per i costi diretti delle piccole aziende italiane: le piccole imprese che offrivano corsi nel 1999 (appena il 17% nella classe 10-19 addetti) affrontavano costi molto elevati per partecipante. Oggi l’incidenza fra le piccole imprese è cresciuta (25% nella classe 10-19 addetti, +8%) e ciò può contribuire a spiegare la riduzione dei costi diretti. I costi indiretti invece tendono ad aumentare in relazione alla dimensione d'impresa, poiché sono rappresentati dal costo del lavoro del personale in formazione, che è più elevato nelle aziende di maggiore dimensione. (tab. 1.10)

Il costo dei corsi per addetto - calcolato rapportando il costo totale dei corsi agli addetti di tutte le imprese (formatrici e non) - in Italia è più basso rispetto alla media europea; nel caso italiano, si evidenzia una maggiore eterogeneità in relazione alla dimensione aziendale: mentre nelle aziende più piccole il costo per addetto è inferiore del 30% alla rispettiva media europea, in quelle grandi è superiore del 20%. E’ interessante notare come tale distribuzione sia molto simile a quella riscontrata nel 1999.

La distribuzione per settore mette in evidenza, nel confronto con le imprese europee, un più basso livello dei costi concentrato nel manifatturiero e in alcuni servizi, mentre nel settore dell’intermediazione finanziaria sono più bassi i costi diretti ma più alti quelli totali e del lavoro (tab. 1.10).

Il costo per ora permette di analizzare i costi dei corsi, depurata dalla influenza della quantità di formazione erogata (a parità di ore di corso). Anche per questo indicatore è possibile analizzare le diverse componenti di costo. Il costo totale è in Italia più alto rispetto alla media europea (58 PPS contro 52 PPS in Ue-27) ma il costo diretto risulta più basso (19 PPS contro 24 PPS in Ue-27).

Confrontando la distribuzione dei costi orari per dimensione aziendale si nota come, rispetto alla media europea, in Italia i costi totali sono molto più alti per le piccole imprese (65 PPS contro 50 PPS in Ue-27) mentre i costi diretti sono più bassi nelle grandi imprese (17 PPS contro 24 PPS in Ue-27).

Rispetto al 1999, anche i costi orari subiscono in Italia una notevole riduzione dei valori: la riduzione ha riguardato in modo particolare la componente dei costi diretti (passati dai 47 PPS del 1999 ai 19 PPS nel 2005). La distribuzione per settore mette in evidenza: per i costi totali, uno scostamento positivo dalla media europea nei settori manifatturieri; per i costi diretti, uno scostamento negativo nei servizi, in particolare in quelli finanziari. (Tab. 1.10)

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Per spiegare l’abbattimento dei costi rispetto al 1999 possono essere formulate diverse ipotesi (prima fra tutte un miglioramento dell’efficienza dell’offerta e del sistema formativo), che saranno oggetto di ulteriori verifiche attraverso l’analisi dei dati e che saranno messe a breve a disposizione per l’avvio di un dibattito pubblico14.

Tabella 1.10 - Principali indicatori dei costi dei corsi, per tipo di costo, classe dimensionale e settore economico NACE, in Italia e Eu-27 (% e PPS)

Costo in % del costo

del lavoro

Costo per addetto

Costo per partecipante

Costo per ora di

formazione Tipo di costi

EU-27 IT EU-27 IT EU-27 IT EU-27 ITClasse dimensionale

Costo totale 1,6 1,3 461 430 1413 1492 52 58Costo diretto 0,7 0,4 216 139 657 482 24 19TOTALE Costo del lavoro per partecipanti ai corsi 0,7 0,6 209 218 637 758 24 30Costo totale 1,1 0,7 265 182 1291 1615 50 65Costo diretto 0,5 0,2 123 67 595 592 23 2410-49 addetti Costo del lavoro per partecipanti ai corsi 0,4 0,2 101 58 489 519 19 21Costo totale 1,4 1.0 388 343 1362 1460 53 58Costo diretto 0,7 0,4 180 123 632 525 24 2150-249 addetti Costo del lavoro per partecipanti ai corsi 0,6 0,5 161 155 566 660 22 26Costo totale 1,9 1,8 599 730 1461 1473 52 57Costo diretto 0,9 0,5 280 220 681 445 24 17250 o più addetti Costo del lavoro per partecipanti ai corsi 0,9 1,0 287 416 698 840 25 33

Settori NACE Costo totale 1,4 0,9 429 302 1373 1391 49 58Costo diretto 0,6 0,3 190 99 605 458 22 19NACE D Costo del lavoro per partecipanti ai corsi 0,7 0,4 214 141 680 649 25 27Costo totale 1,3 1,1 333 350 1282 1228 52 57Costo diretto 0,6 0,4 141 130 543 455 22 21NACE G Costo del lavoro per partecipanti ai corsi 0,5 0,5 123 157 474 551 19 25Costo totale 2,7 2,7 1247 1644 2170 2237 60 61Costo diretto 1,3 0,7 586 423 1026 575 29 16NACE J Costo del lavoro per partecipanti ai corsi 1,4 1,8 636 1104 1114 1503 31 41Costo totale 1,9 1,6 558 473 1589 1384 56 62Costo diretto 0,9 0,5 276 155 777 453 27 20NACE K Costo del lavoro per partecipanti ai corsi 0,8 0,7 248 209 698 611 24 27Costo totale 1,7 0,7 470 240 1307 1045 53 56Costo diretto 0,9 0,3 243 83 675 360 27 19NACE O Costo del lavoro per partecipanti ai corsi 0,6 0,3 167 105 464 455 19 24Costo totale 1,4 1,3 388 417 1191 1467 49 56Costo diretto 0,7 0,4 188 144 575 506 23 19OTHER Costo del lavoro per partecipanti ai corsi 0,6 0,6 172 206 527 723 21 28

Fonte: Eurostat, New cronos (provisional 11/08) - Elaborazione: Isfol Legenda NACE:

NACE D: Manufatcuring NACE G: Wholesale and retail trade; repair of motor vehicles, motorcycles and personal and household goods NACE J: Financial intermediation NACE K: Real estate, renting and business activities NACE O: Other community, social personal, activities OTHER (C, E, F, H, I): Mining and quarrying; electricity, gas and water supplì; construction; hotels and restaurants; transport, storage and communication

14 Ulteriori verifiche potranno scaturire dall’avvio del progetto CVT-Price Survey (vedi Box 1.1)

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Rapporto 2008 sulla formazione continua 47

1.3 La partecipazione formativa dei lavoratori e i comportamenti formativi degli individui: il contesto europeo e le specificità italiane

In sintesi:

Con un livello di partecipazione della popolazione adulta al lifelong learning pari al 6,1%, l’Italia è ancora lontana dal benchmark europeo (12,5%).

Come già per le imprese, anche le statistiche sugli individui mostrano come l’Italia occupi le ultime posizioni in Europa nelle graduatorie relative ai livelli di partecipazione alle attività formali o non-formali di formazione ed istruzione. Ai primi posti della graduatoria AES troviamo i paesi scandinavi (Svezia, Finlandia e Norvegia) seguiti dal Regno Unito e dalla Germania. Nelle ultime posizioni, l’Italia è seguita da Polonia, Grecia e Ungheria.

In Italia, il 41,7% degli adulti occupati e non (20 milioni di persone) ha effettuato almeno un’attività di formazione nel 2006, con una partecipazione degli anziani pari alla metà rispetto a quella dei giovani. I lavoratori impegnati in attività formative sono stati il 54,6% (12 milioni), in prevalenza con modalità di tipo informale. Notevoli sono le differenze territoriali, a favore delle regioni settentrionali, e a livello sociale. Il ricorso all’autoformazione aumenta con l’età mentre le classi di età più giovani ricorrono maggiormente ai corsi di formazione.

Il Consiglio dell’Unione Europea ha adottato, nel maggio 2002, un livello medio europeo di riferimento (benchmark) di performance per il lifelong learning, nel quadro dell’Education and Training 2010`, il processo relativo al contributo dei sistemi di Education and Training al Processo di Lisbona. Secondo tale benchmark, la media europea del livello di partecipazione al lifelong learning dovrebbe essere almeno pari al 12,5% della popolazione adulta (25-64 anni).

L’Italia (6,1%) è ancora molto lontana da questo valore, secondo i dati della rilevazione europea sulle forze di lavoro (LFS), con riferimento ad uno specifico modulo sul lifelong learning (LLL).

Per migliorare la qualità delle informazioni statistiche armonizzate a livello europeo, è stata recentemente introdotta un’importante innovazione: le fonti statistiche su istruzione e formazione in relazione ai fruitori della formazione (soggetti a cui vengono richieste le informazioni) hanno come punto di riferimento la nuova rilevazione europea sulla formazione continua degli adulti (Adult Education Survey), che permette di avere un dato armonizzato a livello europeo, che ‘dialoga’ con le fonti di tipo nazionale, come ad esempio le indagini Isfol INDACO-Lavoratori.15

L’Adult education survey (AES) è un’indagine armonizzata a livello europeo, coordinata da Eurostat e realizzata in Italia da Istat, che ha scelto di implementare il questionario proposto da Eurostat nell’ambito dell’indagine Multiscopo “I cittadini e il tempo libero”.16 Il campione comprende 24mila famiglie, per un totale di circa 54mila individui (universo: circa 48 milioni di individui). L’obiettivo principale del modulo sulla partecipazione degli adulti ad attività formative è di evidenziare non solo coloro che continuano ad apprendere e a formarsi durante il corso della loro vita ma anche gli esclusi che non partecipano ad alcuna attività di formazione.

15 Saranno disponibili, a partire dal mese di marzo 2009, i risultati della quarta rilevazione INDACO-Lavoratori. Per aggiornamenti si consiglia di consultare il sito www.ricercheformazione.it. 16 Cfr. A. Morrone, “Indagine europea sull’istruzione degli adulti (Adult Education Survey)”, in F. Frigo, C. Pellegrini (2006), a cura di, La formazione continua in Italia. Indagini nazionali e internazionali a confronto, Franco Angeli, Milano

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Rapporto 2008 sulla formazione continua 48

In questo paragrafo si presenta un'analisi dei principali risultati dei primi 17 paesi che saranno anche fanno parte della prima pubblicazione sul sito web di Eurostat. I paesi sono: Austria, Bulgaria, Cipro,Estonia, Finlandia, Germania, Ungheria, Italia, Lettonia, Lituania, Norvegia, Polonia, Slovacchia,Spagna, Svezia e Regno Unito.

Si descrive brevemente anche quali sono le differenze tra i dati l'AES e da altre indagini ad hoc, in particolare il modulo di formazione permanente della rilevazione sulle forze di lavoro(LFS).

Dalle informazioni dei dati finora disponibili, i tassi di partecipazione all’istruzione e formazione risultano sistematicamente più elevati nell’indagine AES rispetto all’indagine sulle forze di lavoro, relativamente al modulo ad hoc. Le differenze nei tassi di partecipazione in AES sono attribuibili soprattutto alla differente pianificazione e struttura dell’indagine, al questionario dedicato in modo esclusivo al tema dell’istruzione e formazione, alla tecnica di campionamento utilizzata e all’accurata formazione degli intervistatori. Le differenze si evidenziano non soltanto in relazione all’aggregato principale ma anche alle altre variabili comuni alle due indagini; pertanto i dati non possono essere direttamente confrontati o analizzati in termini di serie temporali.

Tuttavia in termini di classifica si può osservare dalla tabella che i paesi con un punteggio molto alto proveniente dall’indagine sulle forze di lavoro rimane alto anche in AES. Allo stesso modo coloro che troviamo in fondo alla classifica in termini di partecipazione alle forze di lavoro mostrano lo stesso andamento nei dati AES.

Di seguito viene riportata una tabella (Tab.1.11) che riporta i tassi di partecipazione ad attività formali o non formale di formazione ed istruzione degli adulti desunti dall'indagine sulle forze di lavoro 2006 insieme ai dati AES, per quei paesi che hanno aderito alla sperimentazione dell’indagine promossa da Eurostat.

Tabella. 1.11 – Tassi di partecipazione ad attività formali o non-formali di formazione ed istruzione degli

individui adulti, con età compresa fra 25 e 64 anni (indagini AES and LFS-2006, %)

Country Ranking AES Ranking LFS AES LFS 2006

SE 1 1 73,4 32,0 FI 2 3 55,0 23,1

NO 3 4 54,6 18,7 UK 4 2 49,3 26,6 DE 5 7 45,4 7,5 SK 6 14 44,0 4,1 EE 7 10 42,1 6,5 AT 8 5 41,6 13,1 CY 9 8 40,6 7,1 BG 10 17 36,4 1,3 LT 11 12 33,9 4,9 LV 12 9 32,7 6,9 ES 13 6 30,9 10,4 IT 14 11 22,2 6,1 PL 15 13 21,8 4,7 GR 16 16 14,5 1,9 HU 17 15 9,0 3,8

Fonte: Eurostat, 2008

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Come si può vedere nella tabella le indagini Eurostat che misurano il livello di partecipazione al lifelong learning che rilevando le informazioni direttamente sugli individui (occupati e non)17 mettono in evidenza come l’Italia occupi le ultime posizioni in Europa nelle graduatorie relative ai livelli di partecipazione alle attività formali o non-formali di formazione ed istruzione.

In particolare, mentre l’indagine LFS ha rilevato in Italia un tasso di partecipazione pari al 6,1%, che ci colloca in 11° posizione, l’indagine AES ha rilevato un tasso pari al 22,2%, che assegna all’Italia la quart’ultima posizione (14°) nella graduatoria europea (Tab. 1.11). Ai primi posti della graduatoria AES troviamo i paesi scandinavi (Svezia, Finlandia e Norvegia) seguiti dal Regno Unito e dalla Germania. Nelle ultime posizioni, dopo l’Italia, la Polonia, la Grecia e l’Ungheria.

Figura 1.9 - Tassi di partecipazione ad attività di formazione di tipo non-formale degli individui in Europa.

Confronto fra le indagini AES e LFS

Fonte: Eurostat, AES 2006, LFS 2003 (AES: 09/08)

La distribuzione dei tassi di partecipazione per genere mostra una situazione tutto sommato equilibrata, in quasi tutti i paesi: se, da una parte, paesi come Germania, Austria, Bulgaria, Slovacchia e Cipro hanno livelli di partecipazione maschile superiori, altri paesi come Lettonia, Lituania e Finlandia hanno tassi di partecipazione maggiori per le donne. La partecipazione maschile è, comunque, maggiore nelle attività non-formali che in quelle formali (Fig. 1.10).

17 Le principali fonti del sistema europeo di statistiche sul lifelong learning sono: per le rilevazioni sui fornitori di formazione, la rilevazione europea sulla formazione nelle imprese (CVTS); per le rilevazioni sui fruitori della formazione: la rilevazione europea sulle forze di lavoro (LFS), con riferimento ad uno specifico modulo sul lifelong learning e la rilevazione europea sulla formazione continua e degli adulti (AES, Adult Education Survey). Alle fonti europee si possono aggiungere le fonti di tipo nazionale (come ad esempio le indagini Isfol - INDACO, ecc.)..

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Rapporto 2008 sulla formazione continua 50

Figura 1.10 - Tassi di partecipazione ad attività di formazione di tipo non-formale per genere

Fonte: Eurostat, AES 2006, LFS 2003 (09/08)

Mentre i giovani (25-34 anni) partecipano di più sia alle attività formali che a quelle non-formali, come è lecito aspettarsi, le persone meno giovani (55 anni e oltre) sembrano aderire maggiormente a percorsi non formali di formazione, e questa sembra una buona notizia. In Germania, Lituania, Austria, Slovacchia, Finlandia e Svezia, i 35-54enni hanno invece partecipato maggiormente alle attività di tipo non formale rispetto al gruppo di età più giovane (25-34 anni). In Italia, la partecipazione degli anziani è pari alla metà rispetto a quella dei giovani (Fig. 1.11).

Figura 1.11 - Tassi di partecipazione ad attività di formazione di tipo non-formale per classe di età

Fonte: Eurostat, AES 2006, LFS 2003 (09/08)

Le differenze nel background educativo sono rilevanti sia nei sistemi di istruzione formale che in quelli non-formali. La figura 1.12 presenta i tassi di partecipazione e le differenze rilevate all’interno dei vari paesi. I rispondenti con bassi livelli di istruzione (ISCED 0_2) partecipano maggiormente in paesi come Finlandia, Regno Unito, Svezia e Norvegia, mentre i tassi di partecipazione fra gli individui appartenenti a tale gruppo sono inferiori in Polonia, Ungheria, Grecia e Lettonia.

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Rapporto 2008 sulla formazione continua 51

Ciò non toglie, tuttavia, che quelli che hanno raggiunto il più alto livello di istruzione participino maggiormente sia a percorsi formativi di tipo formale che non-formale, in tutti i paesi (fig. 1.12).

Figura 1.12 - Tassi di partecipazione ad attività di formazione di tipo non-formale per livelli di istruzione

Fonte: Eurostat, AES 2006, LFS 2003 (09/08)

Per quanto riguarda i risultati della indagine italiana, si registra che nel 2006 il 41,7% delle persone di 18 anni e più (per un totale di circa 20 milioni di individui) ha effettuato almeno un’attività di formazione nei 12 mesi precedenti l’intervista.

Le attività di formazione sono di diverso tipo: ▪ in primo luogo i corsi di studio (praticati dal 7,2% delle persone di 18 anni e più, con oltre il

40% dei giovani fino a 24 anni), in cui rientrano tutti i corsi, dalla scuola elementare al dottorato di ricerca, che permettono il conseguimento di un titolo di studio riconosciuto dal sistema nazionale delle qualificazioni;

▪ seguono, i corsi di formazione (16,3%), che sono, invece, attività strutturate e organizzate che possono eventualmente dare diritto ad un attestato ma non permettono di modificare il titolo di studio di chi le pratica;

▪ infine, le attività di autoformazione (35,8%), che sono attività non strutturate e praticate autonomamente con l’intenzione di aumentare e migliorare le proprie conoscenze .

La partecipazione ad attività formative è maggiore per gli uomini (44,1%) rispetto alle donne (39,5%) ma è, ovviamente, molto influenzata dall’età.

La quota di persone che partecipano ad attività formative è superiore al 50% della popolazione fino ai 44 anni. Al crescere dell’età il livello di partecipazione diminuisce rapidamente: è il 37,6% tra le persone dai 55 ai 59 anni, il 28,1% tra le persone di 60-64 anni e solo il 14,3% tra gli ultra sessantacinquenni.

Nella tabella 1.12 si riportano invece i dati sulla partecipazione alle attività di formazione restringendo il campo agli occupati. Le attività di formazione prese in considerazione sono quelle: ‘Formal education’ (indicate in tabella con corsi di studio) educazione impartita in sistemi scolastici, collegi, università o altre istituzioni rivolte all’educazione formale che costituiscono normalmente un sistema gerarchico di educazione full-time; quelle ‘Non-formal learning’ (corsi di formazione) in cui i programmi non seguono la gerarchia del sistema formale e possono avere

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Rapporto 2008 sulla formazione continua 52

durate differenti. Qui troviamo tutta quella parte di formazione organizzata e programmata che si realizza sul posto di lavoro (Formazione Continua). Infine sono state prese in considerazione le attività ‘Informal learning’ (attività di auto-formazione) sono attività di apprendimento meno organizzata e meno strutturata. Include eventi di formazione che hanno luogo in ambito familiare o sul posto di lavoro o nella vita di tutti i giorni ma che sono intrapresi autonomamente e in maniera totalmente informale.

Rispetto a quest’ultima tipologia, si tratta di una tematica difficile da rilevare soprattutto con un questionario armonizzato a livello europeo in quanto le diversità tra gli Stati dell’Unione sono molto profonde. L’adattamento del questionario Eurostat alla realtà italiana ha richiesto un lavoro lungo e uno stretto coordinamento tra l’Istat e l’Isfol18. Tabella 1.12 - Occupati di 18 anni e più per frequenza di corsi di studio, e/o formazione e/o

autoformazione classe di età e sesso. Anno 2006 (per 100 occupati di 18 anni e più della stessa età e dello stesso sesso)

Frequenta corsi di studio, e/o formazione, e/o autoformazione Hanno effettuato di cui

CLASSI DI ETÀ No Sì Corsi di

studio Corsi di

formazione

Attività di autofor- mazione

Solo corsi di studio

e/o di formazione

Solo auto-formazione

Sia corsi di studio e/o

di formazio-

ne, sia auto-

formazioneMASCHI

18 - 19 44.2 55.8 15.1 21.3 42.5 23.8 44.9 31.8 20 - 24 48.1 51.9 8.6 19.1 45.0 13.2 53.3 33.4 25 - 34 44.0 56.0 5.2 23.2 50.2 10.4 54.0 35.6 35 - 44 46.6 53.4 2.5 24.3 47.0 11.8 52.8 35.4 45 - 54 48.4 51.6 1.5 24.3 45.1 12.6 52.1 35.3 55 - 59 50.6 49.4 1.6 21.7 43.8 11.2 55.5 33.3 60 - 64 61.0 39.0 0.9 15.9 34.3 12.0 59.1 28.8 65 e più 69.6 30.4 0.3 10.9 28.9 4.9 64.0 31.1 Totale 47.7 52.3 3.1 23.1 46.2 11.7 53.4 34.9

FEMMINE 18 - 19 34.1 65.9 33.3 25.6 57.6 12.7 28.8 58.6 20 - 24 37.5 62.5 14.7 31.2 52.0 16.9 41.5 41.7 25 - 34 37.6 62.4 9.4 32.1 54.3 13.0 43.2 43.8 35 - 44 41.1 58.9 4.2 31.9 50.0 15.1 43.5 41.4 45 - 54 44.3 55.7 2.8 30.4 47.5 14.6 44.8 40.6 55 - 59 49.2 50.8 1.5 25.0 44.7 11.9 49.6 38.5 60 - 64 56.3 43.7 - 21.3 35.9 17.7 51.3 31.0 65 e più 80.3 19.7 - 4.4 17.7 10.2 77.8 12.1 Totale 41.9 58.1 5.6 30.7 49.8 14.3 44.1 41.6

MASCHI E FEMMINE 18 - 19 41.0 59.0 20.8 22.7 47.2 19.9 39.3 40.8 20 - 24 43.8 56.2 11.1 24.0 47.9 14.9 48.0 37.1 25 - 34 41.3 58.7 6.9 26.9 51.9 11.5 49.2 39.3 35 - 44 44.4 55.6 3.2 27.4 48.2 13.2 48.8 38.0 45 - 54 46.8 53.2 2.0 26.7 46.0 13.4 49.1 37.5 55 - 59 50.1 49.9 1.6 22.9 44.2 11.4 53.4 35.2 60 - 64 59.9 40.1 0.6 17.2 34.7 13.6 57.0 29.4 65 e più 72.3 27.7 0.2 9.3 26.1 5.8 66.4 27.8 Totale 45.4 54.6 4.1 26.1 47.6 12.8 49.5 37.7

Fonte: Istat – AES (Adult Education Survey) Italia 2007

18 Cfr., MLPS-ISFOL 2006, a cura di A. Montanino, Temi e strumenti per la formazione continua, Rubettino, Soveria Mannelli (Cz)

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Rapporto 2008 sulla formazione continua 53

Nel 2006, complessivamente il 54,6% (circa 12 milioni) dei lavoratori è stato impegnato in almeno una attività di formazione, in particolare il 4,1% (921 mila) hanno frequentato corsi di studio, il 26,1% (5.869 mila) hanno frequentato corsi di formazione, e un dato molto rilevante è quello dei lavoratoriche hanno dichiarato di essersi formati in modalità informale, il 46,7% (10.722 mila).

Notevoli sono le differenze territoriali a livello generale, riferite cioè all’intera popolazione osservata, gli adulti con età compresa tra 18-65 anni:

▪ partecipano ad attività formative il 48,5% delle persone residenti nel Nord-est e circa il 43% di quelle del Nord-ovest e dell’Italia centrale; risulta, invece, decisamente inferiore la quota di persone residenti nell’Italia meridionale e nelle Isole (circa 35%);

▪ le regioni in cui il tasso di partecipazione alle attività formative è più alto sono il Trentino-Alto Adige (53,1%), il Friuli-Venezia Giulia (52,2%), il Veneto (50,1%) e la Valle d'Aosta (47,7%). Le regioni in cui la partecipazione è minore, invece, sono la Calabria (33,1%), la Sicilia (34%) e la Campania (34,3%).

Nella tabella 1.13 si riportano invece i dati dei lavoratori dettagliati per ripartizioni territoriali. La partecipazione, in generale ad attività formative fra gli occupati, è più elevata mentre segue lo stesso andamento per ripartizioni territoriali e per regioni, anche se sembra più stretta la forbice tra regioni del nord e quelle del sud:

▪ partecipano ad attività formative il 62,6% degli occupati residenti nel Nord-est e circa il 56% di quelli del Nord-ovest e dell’Italia centrale. La percentuale di occupati che partecipano ad attività formative nell’Italia meridionale(44.8%) e nelle Isole (circa 47%)è sensibilmente più bassa;

▪ le regioni in cui il tasso di partecipazione alle attività formative è più alto sono il Friuli-Venezia Giulia (68,2%), il Trentino-Alto Adige (67,5%), il Veneto (63%) e la Valle d'Aosta (61,7%). Le regioni in cui la partecipazione è minore, invece, sono la Calabria (42%), la Campania (43,9%) e la Sicilia (45.5%)

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Rapporto 2008 sulla formazione continua 54

Tabella 1.13 - Occupati di 18 anni e più per frequenza di corsi di studio, e/o formazione e/o autoformazione, regione, ripartizione geografica e tipo di comune - Anno 2006 (per 100 occupati di 18 anni e più della stessa zona)

Frequenta corsi di studio, e/o formazione, e/o autoformazione di cui

REGIONI No

Corsi di studio

Corsi di formazione

Corsi di autoformazione

Piemonte 42.8 57.2 5.3 29.6 48.8 Valle d'Aosta 38.3 61.7 7.6 39.9 50.1 Lombardia 44.0 56.0 3.9 27.9 48.3 Trentino-Alto Adige 32.5 67.5 4.6 40.6 57.9 - Bolzano - Bozen 30.9 69.1 4.1 41.4 59.1 - Trento 34.2 65.8 5.1 39.9 56.6 Veneto 37.0 63.0 4.2 32.9 54.9 Friuli-Venezia Giulia 31.8 68.2 4.5 36.6 57.0 Liguria 46.1 53.9 3.7 25.2 48.9 Emilia-Romagna 40.4 59.6 4.3 30.1 51.3 Toscana 42.7 57.3 4.5 26.5 49.0 Umbria 44.1 55.9 3.7 25.3 49.8 Marche 43.5 56.5 3.7 24.8 50.0 Lazio 43.9 56.1 4.9 26.5 50.2 Abruzzo 52.6 47.4 3.8 22.6 42.1 Molise 50.1 49.9 2.9 18.2 46.1 Campania 56.1 43.9 2.5 16.2 39.5 Puglia 54.2 45.8 3.3 19.2 40.5 Basilicata 54.3 45.7 3.9 12.9 41.4 Calabria 58.0 42.0 2.6 18.5 36.3 Sicilia 54.5 45.5 4.9 18.0 40.6 Sardegna 49.9 51.1 3.5 24.7 44.6 Italia 45.4 54.6 4.1 26.1 47.6 RIPARTIZIONI GEOGRAFICHE

Italia nord-occidentale 43.8 56.2 4.3 28.2 48.4 Italia nord-orientale 37.4 62.6 4.3 32.9 54.0 Italia centrale 43.5 56.5 4.5 26.2 49.7 Italia meridionale 55.2 44.8 3.0 18.0 39.9 Italia insulare 53.0 47.0 4.5 19.8 41.7 Italia 45.4 54.6 4.1 26.1 47.6

TIPI DI COMUNE Comune centro dell'area metropolitana 41.9 58.1 5.1 29.6 51.3 Periferia dell'area metropolitana 44.6 55.4 3.9 26.1 49.1 Fino a 2.000 abitanti 46.3 53.7 3.8 23.8 47.6 Da 2.001 a 10.000 abitanti 46.2 53.8 3.9 24.9 46.7 Da 10.001 a 50.000 abitanti 47.3 52.7 3.7 24.2 45.6 50.001 abitanti e più 44.6 55.4 4.4 28.5 47.7 Italia 45.4 54.6 4.1 26.1 47.6

Fonte: Istat – AES (Adult Education Survey) Italia 2007

Differenze rilevanti si riscontrano a livello sociale. Gli studenti sono, ovviamente, quelli con i tassi di partecipazione più alti (91,8%); seguono gli occupati con il 54,6% dei casi e le persone in cerca di prima occupazione (49%). Sono molto bassi i tassi di partecipazione tra le casalinghe (23,5%) e tra i ritirati dal lavoro (19,2%).

La sovrapposizione tra attività strutturate come i corsi di studio e/o formazione e attività non strutturate come l’autoformazione evidenzia che l’autoformazione ha un ruolo estremamente rilevante:

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Rapporto 2008 sulla formazione continua 55

▪ Il 51% di chi ha svolto almeno un’attività di formazione ha svolto, infatti, solo attività di autoformazione, il 34,7% ha svolto sia corsi di studio e/o di formazione sia autoformazione e il 14,3% ha praticato solo corsi di studio e/o di formazione.

▪ Il ricorso all’autoformazione come canale esclusivo di formazione è minimo tra i giovani, per poi aumentare con l’età. Infatti, ricorrono solo all’autoformazione il 72,2% delle persone di 60-64 anni e l’87,1% degli ultra sessantacinquenni che svolgono formazione.

▪ Al contrario la quota più elevata di persone che frequentano solo corsi di studio e/o formazione o che abbinano la frequenza di questi con l’autoformazione si riscontra tra le persone fino ai 24 anni.

1.4 La domanda potenziale di formazione delle imprese italiane

In sintesi:

La domanda potenziale di formazione continua delle imprese italiane è in crescita rispetto agli anni precedenti. Gli strumenti di sostegno alla formazione continua, come i Fondi Interprofessionali, sembrano mostrare una capacità di stimolo nell’emersione della domanda ancora condizionata dai fattori strutturali del sistema produttivo, influenzando in modo insufficiente la sua distribuzione a livello territoriale e settoriale. L’azione di stimolo della domanda, realizzata attraverso le politiche formative, dovrebbe concentrarsi maggiormente nelle regioni del Mezzogiorno e nei settori manifatturieri.

Il rapporto che si determina fra l’azione delle politiche formative e la capacità di investimento privato ha stimolato un’analisi della domanda potenziale di formazione presente nelle imprese italiane. A tal fine, sono state prese in considerazione le adesioni delle imprese ai Fondi Interprofessionali per la Formazione Continua, per valutare la capacità di stimolare la domanda da parte di tali strumenti di sostegno. In particolare, è stata esplorata la relazione esistente tra l’adesione ai Fondi da parte delle imprese19 e la propensione di quest’ultime a svolgere attività di formazione continua.

A livello generale, si conferma anche quest’anno un ampio margine fra la domanda espressa di formazione continua e la quota di adesione di imprese ai Fondi, stimabile in circa 20 punti percentuali. Ciò a conferma del fatto che la difficoltà nel dare stabilità a prassi formative, capaci di organizzare una risposta adeguata alle esigenze di apprendimento permanente, rappresenta un fattore strutturale nel mondo produttivo italiano.

Ricordando che la ‘Domanda potenziale’ è stata definita come lo scostamento tra l’indicatore della ‘Copertura dei Fondi’ (percentuale di imprese che hanno aderito ai Fondi) e l’indicatore della formazione continua espressa dalle imprese italiane o ‘Domanda esplicita’ (percentuale delle imprese formatrici) e vuole rappresentare lo spazio di potenziale propensione alla formazione delle imprese, da prendere in considerazione per valutare l’esistenza, la dimensione e le caratteristiche di una domanda potenziale di formazione continua.

19 Per quanto riguarda le caratteristiche e l’andamento delle adesioni delle imprese ai Fondi si rimanda alla parte del Rapporto che ne tratta in modo specifico. Per l’analisi sono stati utilizzati i dati sulle adesioni delle imprese ai Fondi interprofessionali, forniti dall’INPS e i dati Unioncamere Excelsior 2008. Per la metodologia utilizzata, si veda Isfol- MLPS, 2006, La Formazione Continua in Italia, Rubbettino, Soveria Mannelli.

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Rapporto 2008 sulla formazione continua 56

Circa un quinto delle imprese italiane (pari al 20%), pur non avendo svolto formazione nel 2007, hanno risposto positivamente all’azione promozionale dei Fondi cercando, probabilmente, in questa adesione un sostegno per gestire ed organizzare attività di formazione per i propri addetti. E’ una percentuale che cresce nel tempo (19% nel 2006 e 16,9% nel 2005) in quando la domanda di formazione, espressa dalle adesioni ai Fondi, cresce più velocemente (in un rapporto di 2 a 1) della capacità di costruire la risposta formativa.

Nel grafico che segue (fig.1.13) sono state rappresentate le regioni individuate dalle coordinate20 ‘Adesione ai Fondi’ e ‘Formazione’. Al fine di individuare una relazione tra la propensione delle imprese alla formazione e l’adesione ai Fondi interprofessionali, è stata condotta sui punti del piano l’analisi di regressione21.

Dalla figura si può notare come le regioni sono ben distribuite lungo la retta di regressione e al crescere della percentuale di adesione ai fondi cresce la percentuale di imprese formatrici, anche se a valori che tendono allo zero delle adesioni ai fondi corrispondono, comunque, valori positivi della formazione.

20 Sull’asse delle ascisse (X) sono riportate le percentuali, per regione, delle adesioni ai Fondi (numero delle adesioni fornite da Inps sull’universo delle imprese); sull’asse delle ordinate (Y) sono riportate le percentuali, per regione, delle imprese ‘formatrici’. 21 La relazione di proporzionalità tra i valori di X e Y è quella di una retta crescente ma non uscente dall’origine, sulla quale sono quasi perfettamente allineati i punti del piano.

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Rapporto 2008 sulla formazione continua 57

Figura 1.13. - La domanda potenziale di formazione delle imprese per Regione

Abruzzo

BasilicataCalabria

Campania

Emilia Romagna

Friuli V.G.

Lazio LiguriaLombardia

Marche

Puglia

Piemonte

Molise

SardegnaSiciliaToscana

Trentino Alto Adige

UmbriaValle d'Aosta

Veneto

y = 0.0695x + 19.093R2 = 0.1392

10

15

20

25

30

35

40

10 15 20 25 30 35 40 45 50 55 60 65 70 75 80

Adesione ai Fondi Paritetici Interprofessionali

Form

azio

ne

Fonte: elaborazioni ISFOL - Area Politiche e Offerte per la Formazione Continua su dati INPS-Ministero del Lavoro e PS e Unioncamere-Ministero del Lavoro e PS, Sistema informativo Excelsior

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Rapporto 2008 sulla formazione continua 58

Si è portati, quindi, a confermare l’ipotesi di partenza, già verificata nel biennio precedente, per cui l’adesione delle imprese ai Fondi potrebbe svolgere un ruolo di “traino” per la partecipazione alla formazione continua delle stesse imprese. A tale proposito è interessante osservare l’evoluzione dei comportamenti formativi delle imprese di alcune regioni del Mezzogiorno, in cui è cresciuta sensibilmente la domanda di formazione rappresentata dalle adesioni ma è cresciuta in misura quasi trascurabile la presenza di attività formative: è il caso delle imprese localizzate in Basilicata che mostra una crescita di +6.8 punti percentuali per le adesioni e +3 punti per le attività di formazione, comportamenti simili si ritrovano in Sardegna (+9.0 in adesioni e +2.1 in formazione), in Puglia ( +3.5 in adesioni e +0.8 in formazione) e in Sicilia (5.2 in adesioni e 3.4 in formazione). Diverso è il caso delle altre regioni meridionali e di buona parte delle regioni centrali, in cui il comportamento delle imprese non mostrano cambiamenti rilevanti rispetto l’anno 2007.

Inoltre sembra confermato che la maggiore dinamicità delle imprese nella capacità di organizzare, offrire e cogliere le opportunità formative, evidenziate da elevati valori sia di adesione che di formazione si ritrova nelle regioni del Nord-Est (Trentino A.A., Emilia-Romagna, Veneto e Friuli V.G.).

In figura 1.14 si riporta l’analisi della domanda potenziale a livello settoriale: i settori sono stati individuati sul piano cartesiano considerando quanto ogni valore delle adesioni ai fondi e dell’ incidenza delle imprese formatrici, per settore di attività economica, si discosta dalla rispettiva media. Sull’asse delle ascisse sono riportati gli scostamenti percentuali delle adesione ai Fondi, dalla rispettiva media, sull’asse delle ordinate, sono riportati gli scostamenti dalla media delle percentuali, per settore, delle imprese formatrici. Solo le attività economiche classificate in “altri servizi22” si posizionano nel primo quadrante, quello caratterizzato da valori positivi sia rispetto alle adesioni ai fondi sia rispetto alle attività di formazione svolte dalle imprese.

I settori del secondo e terzo quadrante sono caratterizzati da un tasso di adesione ai Fondi che è al di sotto della media, ma settori come quello del credito e delle assicurazioni, quello delle attività immobiliari, noleggio e informatica, dei trasporti e delle telecomunicazioni e il settore dell’energia, gas e acqua sono caratterizzati da una buona performance delle imprese in termini di investimento in formazione con valori di imprese formatrici al disopra della media (i settori che si trovano nel secondo quadrante). Mentre settori come quello della ristorazione, dell’alberghiero e delle costruzioni, che si posizionano nel terzo quadrante, hanno un valore negativo anche rispetto al tasso di imprese formatrici.

Il quarto quadrante è, invece, quello che mostra dei possibili spazi d’azione per i Fondi: si fa riferimento a settori con bassi tassi di formazione ma che al contrario mostrano dei tassi di adesione ai Fondi molto elevati. Si tratta dei settori del manifatturiero, che conferma la sua posizione rispetto allo scorso anno, e dell’estrattivo che rimane con valori della formazione bassi ma per il quale lo scostamento dalla media delle adesioni mostra quest’anno valori positivi. In tali settori l’azione dei Fondi dovrebbe cercare di far emergere maggiormente la capacità di domandare e realizzare attività formative.

22 Questo tipo di aggregazione in macro settore è stata necessaria al fine di comparare il dato delle adesioni ai Fondi e quello delle imprese formatrici desunti da fonti diverse.

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Rapporto 2008 sulla formazione continua 59

Figura 1.14 - La domanda potenziale di formazione delle imprese per settore di attività economica

estrattivomanifatturiero

energia, gas, acqua

costruzioni

commercioalberghi, ristoranti

trasporti

credito e assicurazioni

informatica, telec., ricerca, servizi alle imprese altri servizi

-25.0

-20.0

-15.0

-10.0

-5.0

0.0

5.0

10.0

15.0

20.0

25.0

-15.0 -10.0 -5.0 0.0 5.0 10.0 15.0

Adesione ai Fondi Paritetici Interprofessionali

Form

azio

ne

Fonte: elaborazioni ISFOL - Area Politiche e Offerte per la Formazione Continua su dati INPS-Ministero del Lavoro e PS e Unioncamere-Ministero del Lavoro e PS, Sistema informativo Excelsior

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Rapporto 2008 sulla formazione continua 60

1.5 I comportamenti formativi delle PMI, alla luce di variabili chiave dell’attuale contesto competitivo

1.5.1 Continuità con i precedenti approfondimenti sul tema

Nel quadro del “programma comunitario di Lisbona”, aggiornato dall’UE nel giugno del 2005, la promozione della conoscenza e dell’innovazione, è una delle otto misure chiave, per rinforzare l’agenda delle riforme economiche, verso la crescita e l’occupazione. Lo sviluppo delle imprese produttive di alta e medio-alta tecnologica e dei servizi ad alto contenuto di conoscenza, rappresenta la principale tendenza dei processi di ristrutturazione in corso nei paesi dell’Unione e nel mondo, da almeno quindici anni, una diretta conseguenza dei pregressi scientifici, del trasferimento dei risultati della ricerca nel sistema sociale ed economico, dell’eccezionale apertura internazionale dei mercati.

Nelle due precedenti edizioni del Rapporto al Parlamento sulla formazione continua23, abbiamo dato conto, sul versante dell’analisi della domanda di formazione continua generata dalle imprese, dei comportamenti formativi delle grandi imprese manifatturiere italiane, attraverso le chiavi di lettura, che più caratterizzano l’attuale contesto competitivo mondiale: la classificazione delle imprese rispetto al contenuto tecnologico dei prodotti24, la loro segmentazione rispetto alla

23 Rapporto 2006 sulla formazione continua: Capitolo 1 “I Fenomeni”, par. 1.3.1 “I processi di conoscenza nelle grandi imprese. Primi risultati dell’indagine Isfol INDACO-Grandi Imprese”, pagine 36-56. Rapporto 2007 sulla formazione continua: Capitolo 2 “I Fenomeni”, par. 2.4.1 “I comportamenti formativi delle grandi imprese. Alcune evidenze dell’indagine INDACO-Grandi Imprese”, pagine 42-53. 24 Per le imprese manifatturiere ISTAT: L’interscambio commerciale dell’Italia secondo il contenuto tecnologico prevalente dei prodotti – Anni 1993-2005, diffusione 22 dicembre 2005 – note metodologiche. L’indagine applica la

In sintesi:

L’analisi dei processi di formazione continua intenzionali e strutturati in chiave di intensità tecnologica e di conoscenza delle PMI dell’industria e dei servizi (anno 2005), evidenzia comportamenti formativi di maggiore intensità per le imprese appartenenti all’alta tecnologia ed all’alto contenuto di conoscenza, rispetto ai valori medi dei settori dell’industria e dei servizi.

La percentuale di imprese industriali formative di alta tecnologia è pari al 37,2% del rispettivo totale, contro un dato medio fermo al 20,9%. Le imprese formative dei servizi a forte intensità di conoscenza e di alta tecnologia rappresentano oltre il 57% del relativo totale, a fronte di un dato medio pari al 31,5%.

Le imprese industriali di alta tecnologia hanno erogato nel 2005, in media, quasi 58 ore pro capite di formazione per addetto formato (57,9), a fronte del dato medio di settore pari a 32,2 ore medie di formazione. Le imprese dei servizi a forte intensità di conoscenza, fanno registrare un dato medio di intensità formativa pari a poco meno di 50 ore (49,6), a fronte del dato medio pari a 32,6 ore di formazione pro capite dell’intero settore

Le imprese industriali di alta tecnologia hanno offerto opportunità di formazione strutturata nel 2005 ad oltre il 43% dei propri dipendenti (43,2%), contro una percentuale del 36,8% registrata per l’intero settore. Le imprese dei servizi a forte intensità di conoscenza hanno formato quasi il 55% dei propri dipendenti (54,8%), a fronte del 47,8% che si registra per l’intero settore.

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Rapporto 2008 sulla formazione continua 61

proprietà, l’adozione volontaria di norme di responsabilità sociale. L’obiettivo di ricerca intendeva ed intende ancora oggi, andare oltre l’abituale modalità di analisi e comparazione dei comportamenti formativi delle imprese, basati sulla classificazione dimensionale (grandi imprese – piccole e medie imprese – mico imprese), consapevoli che da sempre comportamenti formativi più intensi e diffusi, risultano direttamente associati al fattore dimensionale ed avviando un filone d’indagine che ha consentito di apprezzare i comportamenti formativi differenziati, rilevati nelle grandi imprese, in riferimento alle chiavi di lettura prima indicate.

In questo paragrafo si fornisce una prima evidenza dei comportamenti formativi delle piccole e medie imprese (PMI), alla luce delle chiavi di lettura prima indicate (classificazione delle imprese rispetto al contenuto tecnologico, appartenenza a gruppi di imprese, presenza di codici volontari di responsabilità sociale), in riferimento agli indicatori che maggiormente apprezzano l’intenzionalità della formazione per la competitività e l’innovazione e la coesione sociale, letta quest’ultima attraverso l’accesso alle opportunità di formazione continua, offerte alle figure professionali in organico.

Gli indicatori di analisi della qualità dei processi di adattamento e di miglioramento delle competenze utilizzati concernono:

1. L’intensità della formazione erogata dalle imprese, misurata dal rapporto tra le ore di formazione destinate dalle imprese a corsi di formazione ed il numero dei dipendenti in organico formati. L’indicatore misura quindi il numero di ore di formazione pro capite destinate alla formazione continua.

2. L’estensione della formazione erogata dalle imprese, misurata dal rapporto tra il numero dei dipendenti formati ed il totale dei dipendenti delle imprese che hanno realizzato corsi di formazione.

3. L’equilibrio delle opportunità di formazione offerte dalle imprese che hanno realizzato corsi di formazione, misurata attraverso il confronto dell’estensione della formazione per i principali gruppi professionali aziendali.

Per meglio apprezzare l’analisi dei comportamenti formativi delle PMI italiane, risulta d’interesse l’inquadramento delle stesse nel quadro del commercio internazionale dei prodotti di alta tecnologia, all’interno delle tendenze evolutive internazionali delle industrie di alta tecnologia e dei servizi a forte intensità di conoscenza, nell’orizzonte europeo per classe dimensionale. A questi temi fanno riferimento i quadri di contesto.

1.5.2 Il commercio internazionale dell’alta tecnologia

Nel 2005, l’UE-27, al netto dell’interscambio interno, è diventata il primo esportatore mondiale dei prodotti di alta tecnologia, con una quota di mercato del 17,2% del totale mondiale (198 miliardi di euro). Nel decennio 1995-2005 la quota del commercio mondiale dell’UE si è leggermente contratta, rappresentava infatti il 18% del totale mondiale nel 1995, lo stesso valore detenuto dal Giappone.

suddivisione in quattro classi che misurano l’intensità tecnologica (bassa tecnologia – medio bassa tecnologia – medio alta tecnologia – alta tecnologia). Per le imprese di servizi EUROSTAT – Statistiche in breve – Scienza e tecnologia – 18/2008 – note metodologiche. L’indagine applica la classificazione SFIC “Servizi a forte intensità di conoscenza” e la classificazione SFICAT “servizi a forte intensità di conoscenza di alta tecnologia”.

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Rapporto 2008 sulla formazione continua 62

Figura 1.15. – Quote del mercato mondiale delle esportazioni di Alta Tecnologia (Evoluzione 1995-2005)

24

16,6

1817,2

18

8,8

2,5

15,1

0

5

10

15

20

25

Stati-Uniti UE Giappone Cina

Evoluzione 1995 - 2005 quote del mercato mondiale delle esportazioni di Alta Tecnologia (valori percentuali)

19952005

Fonte: Eurostat – Statistiche in breve – Scienza e tecnologia 7/2008

Nel periodo considerato, oltre a quanto indicato per l’UE, sono apprezzabili quattro tendenze:

a. La forte contrazione della posizione di mercato degli Stati-Uniti, che nel 1995 erano il primo esportatore mondiale dei prodotti di alta tecnologia, con una quota di mercato del 24%, scesa nel 2005 al 16,6% del totale mondiale

b. L’affermazione della Cina, come uno tra i principali attori del commercio mondiale dei prodotti di alta tecnologia. Nel 1995 la quota del paese era inferiore al 2,5% del totale mondiale, a partire dal 2000 la progressione è stata rapida, fino a raggiungere, nel 2005, la terza posizione nel commercio internazionale con una quota del 15,1% del totale mondiale

c. La forte flessione della quota di mercato detenuta dal Giappone, sceso nel 2005 sotto la soglia del 10% del totale mondiale, partendo dal 18% detenuto nel 1995

d. La stabilità di periodo della quota di mercato dei prodotti di alta tecnologia detenuta dalle quattro economie mondiali, che assieme continuano a detenere circa il 60% del totale delle esportazioni mondiali dei prodotti di alta tecnologia; un’evidenza sia del progresso della Cina, a discapito delle altre tre grandi economie mondiali, sia dell’attrattività di quel paese per i capitali stranieri, che hanno finanziato imprese di alta tecnologia, le cui esportazioni nel 2005 hanno rappresentato il 43,2% del totale delle esportazioni cinesi.

Anche rispetto alle importazioni dei prodotti di alta tecnologia , UE-27 (230 miliardi di euro) è risultato il principale importatore mondiale, con il 19,1% del totale, seguita da USA (17,9%), Cina (13,8%), Hong Kong (7,3%), Giappone (5,8%). In termini di saldi dell’interscambio dei prodotti di alta tecnologia, il Giappone è stato nel 2005 il principale paese esportatore netto dei prodotti di alta tecnologia, con un saldo attivo di 32 miliardi di euro, seguito dalla Corea del Sud (24 miliardi di euro) e da Singapore (20 miliardi di euro). L’EU-27 presenta invece il maggiore disavanzo

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Rapporto 2008 sulla formazione continua 63

commerciale dei prodotti di alta tecnologia (- 32 miliardi di euro), seguita dagli USA, che presentano un saldo negativo di circa 26 milioni di euro.

Nel quadro mondiale di riferimento delineato, includendo questa volta l’interscambio tra i paesi dell’UE e con riferimento ai 27 membri dell’Unione Europea, emergono alcuni principali raggruppamenti.

Figura 1.16 – Quota di esportazioni mondiali di prodotti di alta tecnologia (Anno 2005, valori %)

7,90

7,20

4,86 4,57 4,684,42

1,78

1,02

1,42

2,22

0,60

1,64

0,00

1,00

2,00

3,00

4,00

5,00

6,00

7,00

8,00

Germania Francia Gran Bretagna Irlanda Italia Spagna

Quota esportazioni/importazioni mondiali di prodotti di Alta Tecnologia - Anno 2005 (valori percentuali)

Quota exportQuota import

Fonte: Eurostat – Statistiche in breve – Scienza e tecnologia 7/2008

a. Il ruolo guida della Germania, di gran lunga la prima potenza commerciale europea in materia di prodotti di alta tecnologia, con una quota di mercato del 7,90% delle esportazioni mondiali ed il 7,20% delle importazioni mondiali di questi prodotti.

b. Due paesi, Francia e Gran Bretagna, presentano una posizione forte sul mercato dei prodotti di alta tecnologia, rispettivamente con quote del 4,86 e del 4,68% delle esportazioni mondiali e quote del 4,57 e 4,42% delle importazioni mondiali di prodotti di alta tecnologia.

c. Quattro paesi, tra cui Irlanda ed Italia, detengono una quota di esportazione di prodotti di alta tecnologia, superiore all’1% del totale mondiale; in particolare l’Italia detiene una quota di mercato dell’1,42% delle esportazioni e del 2,22% del totale mondiale delle importazioni.

d. Tutti gli altri paesi europei, detengono quote di mercato inferiori all’1% delle esportazioni mondiali di prodotti di alta tecnologia ed inferiori al 2% delle relative importazioni.

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Rapporto 2008 sulla formazione continua 64

Tabella 1.14 – Quadro esportazioni/importazioni UE-27 e principali Paesi europei.Anno 2005 Esportazioni % Tot E. Importazioni % Tot I. Saldo UE-27 197 837 18,8 229 505 19,5 -31 669 Germania 115 405 14,8 105 101 16,8 10 304 Francia 71 042 19,1 66 783 16,5 4 259 Gran Bretagna 68 406 22,1 64 518 15,6 3 888 Olanda 66 133 20,3 61 163 20,9 4 970 Irlanda 26 036 29,5 14 860 27,0 11 175 Svizzera 21 445 21,2 15 963 16,4 5 482 Italia 20 822 6,9 32 430 10,5 -11 608 Spagna 8 747 5,7 23 895 10,3 -15 148 Fonte: Eurostat – Statistiche in breve – Scienza e tecnologia 7/2008

I dati in tabella evidenziano il ruolo guida nel commercio dei prodotti di alta tecnologia della Germania (come unico paese ad aver superare la barriera dei 100 miliardi di euro, sia per le esportazioni, che per le importazioni), che approssima nel 2005 quasi l’8% delle esportazioni e delle importazioni mondiali. Un secondo gruppo di tre paesi europei (Francia, Gran Bretagna ed Olanda), presentano una posizione più o meno prossima al 5% delle esportazioni ed importazioni mondiali.

L’Italia rappresenta l’1,42% del totale delle esportazioni mondiali, dietro Irlanda e Svizzera, ma ancora avanti alla Spagna, ed il 2,22% delle importazioni mondiali totali, precedendo in questo caso Irlanda, Svizzera e Spagna.

Nel 2005 la gran parte delle esportazioni di 17 stati dell’Europa è rappresentato dai prodotti di elettronica e telecomunicazioni, come pure per Norvegia, USA e Giappone. La Francia, secondo esportatore di alta tecnologia, presenta la più elevata concentrazione delle proprie esportazioni nella categoria “aereospazio”. In Italia il principale gruppo di esportazione tra i prodotti di alta tecnologia è quello dell’elettronica e telecomunicazioni, che pesa circa il 30% del totale delle esportazioni di alta tecnologia, a seguire aereospazio, prodotti farmaceutici, strumenti scientifici, aereospazio, computer e macchine da ufficio.

1.5.3 Tendenze delle imprese industriali e delle imprese di servizi per livello tecnologico e di conoscenza

L’evoluzione delle quattro principali potenze commerciali mondiali, in materia di prodotti di alta tecnologia ed in particolare il ruolo assunto dall’UE, nel suo complesso e da alcuni principali paesi competitori, tra i quali l’Italia, si correla con quella delle industria di alta tecnologia e dei servizi a forte intensità di conoscenza.

Nell’arco temporale di medio periodo considerato, la crescita della produzione delle industria di alta tecnologia all’interno dell’UE-27 (periodo 1990 – 2006) è stata largamente superiore a quella registrata nelle attività a minore intensità di contenuto tecnologico, confermando la forte correlazione tra intensità tecnologica e tasso di crescita della produzione

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Rapporto 2008 sulla formazione continua 65

Figura 1.17. Evoluzione dell’indice di produzione delle attività industriali, UE -27

Fonte: Eurostat – Statistiche in breve – Industria, Commercio e Servizi 68/2007

Questa tendenza non si è accompagnata ad una crescita dell’occupazione, che nello stesso periodo, ha mostrato una tendenza generalizzata alla contrazione (contrazione media/annua di periodo dell’1,4%). Il declino dell’occupazione ha interessato tutti i settori industriali, ma con comportamenti differenziati, che evidenziano come questo declino, sia stato più importante e costante nelle attività manifatturiere di bassa tecnologia, quali il settore tessile, l’abbigliamento, la lavorazione della pelle e delle calzature, l’industria del tabacco, maggiormente esposte ad una concorrenza mondiale intensa, al declino della domanda, che, combinandosi, hanno comportato una contrazione della produzione in questi settori.

Tabella 1.15 – Evoluzione della produzione e dell’occupazione nelle attività manifatturiere, UE-27,

1995 - 2006

Indice di produzione

(base 1995 = 100)

Valore indice (anno 2006)

Indice occupazione (base 1995 0 100)

Valore indice (anno 2006)

Alta tecnologia 100 168 100 91 Medio-Alta tecnologia 100 154 100 92 Medio-Bassa tecnologia 100 125 100 95 Bassa tecnologia 100 103 100 82 Nota: 1 indici arrotondati Fonte: Eurostat – Statistiche in breve – Industria, Commercio e Servizi 68/2007

Su di un arco temporale più limitato (2000 – 2006), tutte le attività di servizi hanno registrato una forte crescita del volume d’affari; la crescita media annuale di periodo è stata più intensa nei servizi a forte intensità di conoscenza. Nello stesso periodo ed a differenza di quanto accaduto

4,0

1,8

1,2

0,4

1,7

0,0

0,5

1,0

1,5

2,0

2,5

3,0

3,5

4,0

Alta tecnologia Medio-Alta tecnologia Medio-Bassa tecnologia Bassa tecnologia Totale industria

Evoluzione (1990 - 2006) dell'indice di produzione delle attività industriali, UE-27crescita annuale media (%)

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Rapporto 2008 sulla formazione continua 66

nell’industria manifatturiera, anche l’occupazione è cresciuta in tutti i servizi, sebbene con intensità inferiori alla crescita del volume d’affari. La crescita dell’occupazione è stata sostanzialmente più debole nelle attività a minore contenuto di conoscenza, di gran lunga più importante nei servizi a forte intensità di conoscenza e di alta tecnologia. Limitatamente a questi ultimi due raggruppamenti, il maggiore tasso di crescita annuale dell’occupazione si registra nei servizi informatici (5,8% per anno) ed in quelli forniti alle imprese (4,2% per anno).

Tabella 1.16. - Evoluzione del volume d’affari e dell’occupazione nei servizi a forte intensità di

conoscenza, UE-27, 1995 – 2006 – Crescita annuale media (%)

Volume d’affari. Crescita media per anno (2000 – 2006)

Occupazione. Crescita media per anno (2000 – 2006)

SFIC 6,3 3,5 SFICAT 5,5 2,2 Servizi a Bassa i.c. 4,3 1,2 Nota: 1 indici arrotondati Fonte: Eurostat – Statistiche in breve – Industria, Commercio e Servizi 68/2007

1.5.4 Le PMI in Europa ed in Italia

Nel 2005, all’interno dell’UE-27, erano attive circa 1.560.000 PMI (imprese da 10 a 249 addetti). Questa tipologia di imprese presenta un’occupazione complessiva di circa 47.400.000 addetti (37,4% dell’occupazione complessiva delle imprese dell’economia di mercato non finanziaria dell’Unione) ed hanno contribuito significativamente alla formazione del valore aggiunto totale, prodotto dalle imprese dell’economia di mercato non finanziaria (36,7% del valore aggiunto totale). La gran parte delle PMI sono piccole imprese (da 10 a 49 addetti), che totalizzano circa l’86,5% del totale numerico del raggruppamento delle piccole e medie imprese.

Tabella 1.17– Indicatori chiave sulle PMI e Grandi Imprese dell’economia di mercato non finanziaria, UE-22, Anno 2005

Piccole imprese (10 – 49 addetti)

Medie imprese (50 – 249 addetti)

Grandi imprese (> 250 addetti)

Totale imprese (tutte le

dimensioni) Numero imprese (milioni) 1,350 0,210 0,040 19,650 Parte del totale (%) 6,9 1,1 0,2 100,0 Addetti (milioni) 26,100 21,300 41,700 126,700 Parte del totale (%) 20,6 16,8 32,9 100,0 Valore aggiunto (Mrd EUR) 1.011 954 2.270 5.360 Parte del totale (%) 18,9 17,8 42,4 100,0 Produttività apparente lavoro1

38,7 44,8 54,4 42,3

Parte del totale (%) 91,5 105,9 128,6 100,0 Nota: 1 (1.000 EUR per addetto) Fonte: Eurostat – Statistiche in breve – Industria, Commercio e Servizi 31/200

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Rapporto 2008 sulla formazione continua 67

Nel nostro paese le PMI (ISTAT – Asia 200225) sono oltre 200.000 (201.839 imprese) ed occupano complessivamente oltre 5.300.000 addetti (5.374.840 addetti). Le PMI del Paese rappresentano quasi il 13% del totale delle piccole e medie imprese delle imprese dell’Unione e concentrano oltre l’11% della relativa occupazione totale.

Come accade per il numero complessivo di imprese attive in Italia, stimate in circa 4,2 milioni26, il nostro paese vanta in Europa (considerando tutte le tipologie dimensionali) il maggior numero di imprese che realizzano produzioni ad alta tecnologia. In altri termini circa un quarto del totale delle imprese ad alta tecnologia dell’Europa allargata è localizzato nel nostro paese, oltre un terzo, riferendoci al nucleo storico dell’Europa a quindici. Si tratta di un punto di forza del nostro sistema produttivo, caratterizzato da un’incidenza del valore aggiunto sul fatturato prodotto, in linea, se non superiore, a quello registrato nei sistemi produttivi degli altri paesi considerati, ma che tuttavia presenta, nell’analisi comparata, criticità di volume del fatturato e del valore aggiunto e di ampiezza del fatturato medio per impresa27.

Tabella 1.18 - Quadro imprese manifatturiere di alta tecnologia. Anno 2003

Numero imprese Fatturato (ml EUR)

Fatturato per impresa

(ml EUR)

Valore aggiunto (ml EUR)

Valore aggiunto sul fatturato

(%) UE-25 134.895 n.d n.d n.d n.dUE-15 103.259 n.d n.d n.d n.dFinlandia 1.289 28.816 22,4 7.398 25,7Irlanda 309 30.458 98,6 8.714 28,6Ungheria 5.685 13.887 2,4 2.715 19,6Francia 16.635 147.185 8,8 35.757 24,3Inghilterra 11.404 92.178 8,1 32.958 35,8Danimarca 1.085 9.261 8,5 4.007 43,3Svezia 3.359 24.535 7,3 6.519 26,6Belgio 1.887 15.020 8,0 6.279 41,8Germania 19.687 143.358 7,3 46.918 32,7Austria 1.751 10.816 6,2 3.961 36,6Italia 33.447 59.482 1,8 18.896 31,8Spagna 7.826 22.850 2,9 6.538 28,6Fonte: Eurostat – Statistiche in breve - statistiche sull’alta tecnologia – Scienza e tecnologia 37/2007

1.5.5 La formazione continua intenzionale e strutturata delle PMI italiane

L’approfondimento dei rapporti complessi che collegano i comportamenti formativi strutturati delle PMI ed i processi di valorizzazione delle competenze professionali ed organizzative detenute, si basa sull’applicazione degli indicatori prima indicati, che riflettono la competitività delle imprese e la coesione sociale. Nello scenario di una società della conoscenza mondiale, dinamica e competitiva, la posizione sul mercato delle imprese è sempre più collegata: a) alla qualità dell’adattamento dei lavoratori e delle imprese ai processi d’innovazione, b) alla capacità delle stesse imprese di acquisire e sviluppare conoscenze complementari, che deriva anche dall’intensità dei rapporti con i sistemi territoriali, nazionali ed internazionali.

25 All’atto della rilevazione si è fatto riferimento per l’estrazione del campione ad ISTAT ASIA 2002. I riporti all’universo fanno riferimento al dato delle PMI 2002. 26 Rapporto Istat 2006 27 Per maggiori dettagli Rapporto 2007 sulla formazione continua: Capitolo 2 “I Fenomeni”, par. 2.4.1 “I comportamenti formativi delle grandi imprese. Alcune evidenze dell’indagine INDACO-Grandi Imprese”, pagine 45-46.

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Rapporto 2008 sulla formazione continua 68

L’indagine INDACO-PMI 2006 stima in meno del 50% le imprese che hanno realizzato nel 2005 un’attività di formazione intenzionale e strutturata (corsi di formazione interni/esterni). Escludendo le imprese che hanno finalizzato la formazione esclusivamente ad obblighi di legge, possiamo stimare in non più di un quarto del totale (25,1%) le piccole e medie imprese che hanno intrapreso nell’anno di riferimento un’attività programmata e strutturata di formazione per i propri dipendenti (corsi di formazione professionale). Tabella 1.19 - Quadro della formazione intenzionale e strutturata nelle PMI. Anno 2005

Formazione intenzionale e

strutturata per aree

obiettivo ed intero Paese

N. imprese Corsi di

formazione

N. imprese Corsi di

formazione (solo

obbligo di legge)

N. imprese con

NESSUN Corso di

formazione

N. totale delle

imprese

Imprese formatrici

in senso stretto

(%)

Imprese formatrici

solo obbligo di legge

(%)

Imprese Corsi di

formazione senso stretto ed obbligo

(%) Competitività escluso Sardegna 32.828 26.824 65.934 125.586 26,1 21,4 47,5 Sardegna 322 1.283 1.217 2.822 11,4 45,5 56,9 Basilicata 342 247 759 1.348 25,4 18,3 43,7 Convergenza escluso Basilicata 3.947 4.727 10.585 19.259 20,5 24,5 45,0 Totali 37.439 33.081 78.495 149.015 25,1 22,2 47,3 Fonte: Isfol, INDACO Imprese /PMI

L’analisi delle imprese formatrici per aree obiettivo della nuova programmazione 2007-2013 FSE, in rapporto al relativo universo, mostra una maggiore presenza di tali imprese nelle regioni italiane appartenenti all’obiettivo competitività regionale ed occupazione (26,1% di imprese che hanno realizzato corsi di formazione in senso stretto), rispetto all’analogo dato rilevato per le imprese ubicate nelle regioni dell’obiettivo convergenza (20,5%).

Considerando globalmente l’indicatore relativo all’estensione della formazione (% di addetti formati sul totale degli organici delle imprese che hanno svolto formazione), le imprese ubicate nelle regioni convergenza presentano una maggiore incidenza dell’indicatore, rispetto alle imprese ubicate nelle regioni competitività ed occupazione. In convergenza la formazione strutturata, considerando assieme tutte le attività (corsi di formazione), ha coinvolto circa il 46% del totale degli organici delle imprese che hanno realizzato questa tipologia di formazione nel 2005, contro un valore di poco superiore al 41%, nelle imprese ubicate nelle regioni competitività regionale ed occupazione, tuttavia in linea con il valore nazionale di questo indicatore.

Tabella 1.20 - Estensione della formazione nelle PMI. Anno 2005

Estensione della formazione (solo imprese formatrici) per aree obiettivo ed intero Paese

Numero imprese Numero

dipendenti formati

Numero dipendenti totali delle imprese Estensione (%)

Regioni Competitività 33.149 660.639 1.595.552 41,4 Regioni Competitività (esclusa Sardegna)

32.828 649.627 1.576.843 41,2

Regioni Convergenza 4.289 77.859 169.645 45,9 Regioni Convergenza (esclusa Basilicata) 3.947 72.586 157.787 46,0 Italia 37.438 738.498 1.765.197 41,8 Fonte: Isfol, INDACO Imprese /PMI

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Rapporto 2008 sulla formazione continua 69

L’estensione della formazione per i livelli professionali delle imprese, è un indicatore della coesione interna alle imprese, in termini di opportunità di accesso alla formazione. Il dato nazionale del paese, conferma la maggiore opportunità di formazione per i profili professionali alti delle imprese; quasi la metà dei dirigenti e dei quadri in organico alle imprese che formano, può aspettarsi di essere inserito in attività di formazione (49,6% del totale dei dirigenti e quadri in organico nelle PMI). Parallelamente la minore probabilità di formazione compete ad operai e figure assimilate, nel cui ambito poco meno di quattro su dieci possono aspettarsi l’inserimento in attività intenzionali di formazione continua.

Tabella 1.21 - Estensione della formazione nelle PMI per profilo professionale. Anno 2005

Estensione della formazione (solo imprese formatrici) per regioni/obiettivo e profilo professionale

Numero imprese

Dirigenti e quadri formati sul totale dirigenti e quadri in organico nelle

imprese formatrici (%)

Impiegati formati sul totale impiegati

in organico nelle imprese formatrici

(%)

Operai ed assimilati formati sul totale operai ed assimilati in organico nelle

imprese formatrici (%)

Regioni Competitività 33.149 50,3 43,4 38,6 Regioni Competitività (esclusa Sardegna) 32.828 50,3 43,5 38,1 Sardegna 322 48,1 37,9 70,2 Basilicata 342 60,0 38,6 46,1 Regioni Convergenza 4.289 40,0 49,7 44,5 Regioni Convergenza (esclusa Basilicata) 3.947 39,2 50,4 44,4 Italia 37.438 49,6 43,9 39,2 Fonte: Isfol, INDACO Imprese /PMI

Sono tuttavia le imprese localizzate in obiettivo competitività regionale ed occupazione a trainare la tendenza generale del Paese, a fronte di un comportamento diverso delle imprese che operano nelle regioni convergenza. Per queste ultime il principale target di riferimento della formazione continua sono le figure professionali intermedie; almeno la metà degli impiegati delle imprese localizzate in convergenza, ha la probabilità di essere inserito in attività strutturate di formazione. Anche operai ed assimilati presentano una percentuale di formati sul relativo totale del 44,4%, significativamente superiore al dato medio nazionale.

L’intensità della formazione, che misura le ore medie di formazione per addetto formato, presenta una dimensione media di poco più di 32 ore pro capite (32,4 ore medie di formazione strutturata ed intenzionale per addetto formato), un dato sostanzialmente conforme per tutti i settori economici considerati.

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Rapporto 2008 sulla formazione continua 70

Tabella 1.22 - Intensità della formazione nelle PMI per settore. Anno 2005

Intensità della formazione continua per settore Numero delle

imprese formatrici

Ore totale di lavoro

dedicate ai corsi di

formazione

N. di addetti formati

Intensità della formazione (ore

medie di formazione per

addetto formato)

Industria in senso stretto 13.037 7.744.980 239.176 32,4 Costruzioni 3.208 1.640.103 52.043 31,5 Servizi 15.416 10.367.876 319.065 32,5 Totale generale 31.661 19.752.959 610.284 32,4

Fonte: Isfol, INDACO Imprese /PMI

La lettura territoriale dell’intensità della formazione, che ricordiamo misura le ore medie di formazione per addetto, in riferimento alle aree obiettivo, consente di apprezzare significative differenziazioni. Tabella 1.23 - Intensità della formazione nelle PMI – Anno 2005

Intensità della formazione (solo imprese formatrici) per aree obiettivo ed intero Paese

Numero imprese Numero

dipendenti formati

Ore totali di Formazione

Intensità

Regioni Competitività 28.115 543.328 16.997.187 31,3 Regioni Competitività (esclusa Sardegna)

27.836 537.585 16.910.116 31,5

Regioni Convergenza 3.546 66.956 2.755.771 41,2 Regioni Convergenza (esclusa Basilicata) 3.209 62.310 2.638.494 42,3 Italia 31.661 610.284 19.752.959 32,4

Fonte: Isfol, INDACO Imprese /PMI

Nelle regioni dell’obiettivo convergenza le imprese destinano alla formazione dei lavoratori occupati un monte ore medio per addetto formato (41,2 ore), significativamente superiore al dato medio registrato nelle imprese ubicate nei territori della competitività e dell’occupazione (31,3). Si tratta mediamente di più di una giornata lavorativa di differenza (circa 10 ore in più).

La modestia complessiva dell’indicatore, che resta sostanzialmente indice di una formazione di tipo adattativo, non impedisce di apprezzare lo sforzo delle piccole e medie imprese delle regioni convergenza, nell’irrobustimento di questa leva strategica. Le ore medie pro capite in più di formazione intenzionale e strutturata che si registrano in queste imprese, sono infatti pari ad oltre un terzo del corrispondente valore medio delle imprese appartenenti ai territori della competitività e dell’occupazione.

1.5.6 La formazione continua intenzionale e strutturata delle PMI per livello tecnologico

L’analisi dei processi di formazione intenzionale e strutturata delle piccole e medie imprese, con riferimento al contenuto tecnologico e di conoscenza, si inserisce in un quadro nazionale complessivo, caratterizzato dall’assoluta prevalenza delle imprese industriali e di servizio, caratterizzate da un basso contenuto tecnologico e di conoscenza; il peso totale di queste imprese sfiora il 79% del totale delle PMI.

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Rapporto 2008 sulla formazione continua 71

Tabella 1.24 - Quadro delle PMI per livello tecnologico e di conoscenza

Imprese per livello tecnologico

Numero imprese % Livello sul

totale delle imprese

Numero totale delle imprese Industriali e

dei Servizi

Percentuale delle imprese Industriali

e dei Servizi

Livelli tecnologici Alto 2.299 2,5 5.368 3,6 Medio-Alto 13.407 14,9 26.783 18,1 Medio-Basso 24.444 27,1 116.13128 78,3 Basso 50.042 55,5 Totale settore Industria 90.192 100 Altri Servizi 41.645 71,7 SFIC 13.376 23,0 SFICAT 3.069 5,3 Totale Servizi 58.090 100 Totali generali 148.282 148.282 100

Fonte: Isfol, INDACO Imprese /PMI

Complessivamente risulta contenuto nel nostro paese il numero totale delle piccole e medie imprese manifatturiere di alta tecnologia e dei servizi a forte intensità di conoscenza e di alta tecnologia; secondo la stima del rapporto, si tratta di poco più di 5.300 imprese (5.368 imprese manifatturiere e dei servizi), su di un totale di oltre 148.000. Aggiungendo le imprese industriali di medio – alta tecnologia e le imprese dei servizi a forte intensità di conoscenza, possiamo stimare che il loro insieme superi le 32.000 unità, un numero significativo in assoluto ed a livello europeo, ma che nel nostro paese rappresenta non oltre il 22% del totale delle piccole e medie imprese in attività nel 2005.

L’analisi in chiave di livello tecnologico delle imprese, rispetto al dato generale di impresa formatrice, conferma la correlazione tra alto livello tecnologico e forte intensità di conoscenza, con l’effettiva maggiore opportunità di formazione per i lavoratori di queste imprese.

Tabella 1.25 - PMI formatrici per livello tecnologico e di conoscenza. Anno 2005

Imprese formatrici per livello tecnologico

Numero imprese

formatrici

Numero imprese non formatrici

Numero totale delle imprese

Imprese formatrici

(%)

Livelli tecnologici Alto 856 1.443 2.299 37,2 Medio-Alto 4.707 8.700 13.407 35,1 Medio-Basso 5.814 18.630 24.444 23,8 Basso 7.445 42.597 50.042 14,9 Totale settore Industria 18.822 71.370 90.192 20,9 Altri Servizi 11.806 29.839 41.645 28,3 SFIC 4.741 8.635 13.376 35,4 SFICAT 1.753 1.316 3.069 57,1 Totale Servizi 18.300 39.790 58.090 31,5

Fonte: Isfol, INDACO Imprese /PMI

Le imprese industriali appartenenti all’alta e medio–alta tecnologia si caratterizzano per una maggiore propensione alla formazione; in entrambi i casi (alta e medio-alta tecnologia) le imprese che hanno realizzato corsi di formazione presentano incidenze sui relativi totali decisamente 28 Sommatoria delle imprese industriali di medio – bassa e bassa tecnologia e delle imprese dei servizi a debole contenuto di conoscenza (Altri Servizi)

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Rapporto 2008 sulla formazione continua 72

superiori (più che doppi), rispetto alle imprese appartenenti ai comparti di bassa tecnologia. Dal 37,2% di imprese formatrici nella filiera dell’alta tecnologia, si scende al 14,9% nella filiera di bassa tecnologia.

Il dato è ancora più evidente nel settore dei servizi. In questo caso le imprese formatrici nel comparto dei servizi a forte intensità di conoscenza e di alta tecnologia (SFICAT) sono la maggioranza delle imprese appartenenti a questa filiera (57,1% del totale delle imprese). Seguono, con un’incidenza superiore al 35%, le imprese del comparto dei servizi a forte intensità di conoscenza (35,4% del totale delle imprese appartenenti a questa filiera). Anche in questo caso la percentuale di imprese formatrici della filiera dei servizi a forte intensità di conoscenza e di alta tecnologia (57,1% del totale delle imprese) è doppia, rispetto al corrispondente valore che si registra nelle imprese di servizi a bassa tecnologia, nel cui ambito le imprese formatrici sono meno di un terzo del totale (28,3%).

L’analisi in chiave di livello tecnologico dell’indicatore di estensione della formazione (% di addetti formati sul totale degli organici delle imprese che hanno svolto formazione), conferma le indicazioni che precedono.

Tabella 1.26 - Estensione della formazione nelle PMI per livello tecnologico e di conoscenza

Estensione della formazione nelle imprese con corsi di formazione

Numero imprese

formatrici

Numero addetti formati

Numero totale degli addetti

Estensione della formazione

(%)

Livelli tecnologici Alto 856 25.043 57.957 43,2 Medio-Alto 4.707 87.768 244.922 35,8 Medio-Basso 5.814 104.608 286.597 36,5 Basso 7.445 134.082 365.845 36,7 Totale settore Industria 18.822 351.502 955.321 36,8 Altri Servizi 11.806 219.954 483.709 45,5 SFIC 4.741 132.369 241.586 54,8 SFICAT 1.753 30.255 75.715 40,0 Totale Servizi 18.299 382.578 801.010 47,8

Fonte: Isfol, INDACO Imprese /PMI

La probabilità di partecipare nel corso di un anno ad un’attività di formazione strutturata per i dipendenti delle imprese appartenenti alla filiera dell’alta tecnologia, risulta decisamente superiore a quella che si possono attendere i lavoratori delle imprese a basso contenuto tecnologico e/o di conoscenza. Le imprese industriali di alta tecnologia hanno offerto opportunità di formazione strutturata nel 2005 ad oltre il 43% dei propri dipendenti (43,2% del totale dei relativi dipendenti), contro una percentuale del 36,7% registrata per le imprese di bassa tecnologia. L’assoluta predominanza numerica delle imprese a basso contenuto tecnologico, condiziona il comportamento dell’intero comparto industriale, dal momento che il dato medio di estensione della formazione per il totale delle imprese industriali (36,8%) è sostanzialmente analogo al dato riferibile al totale delle imprese industriali a basso contenuto tecnologico.

Nel settore dei servizi, sono le imprese a forte intensità di conoscenza ad offrire le maggiori probabilità di formazione strutturata nell’anno, per i propri dipendenti. Queste imprese hanno offerto nel 2005, a quasi il 55% dei propri dipendenti (54,8%), l’opportunità di partecipare ad un corso di formazione, un dato che si ferma al 40% per le imprese a forte intensità di conoscenza e di alta tecnologia.

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Rapporto 2008 sulla formazione continua 73

L’analisi dell’intensità di formazione (ore medie per addetto formato nelle imprese formatrici) per livello tecnologico e di conoscenza, indica nell’industria di alta tecnologia la presenza della maggiore intensità media di formazione strutturata; sono quasi 58 le ore medie per addetto formato nell’industria di alta tecnologia, contro le quasi 50 ore medie nelle imprese dei servizi a forte intensità di conoscenza e di alta tecnologia.

Tabella 1.27- Intensità della formazione nelle PMI per livello tecnologico e di conoscenza

Estensione della formazione nelle imprese con corsi di formazione

Numero imprese formatrici

Numero addetti formati

Ore totali di formazione

Intensità della formazione

Livelli tecnologici Alto 462 13.854 802.750 57,9 Medio-Alto 4.408 76.962 2.501.845 32,5 Medio-Basso 4.957 91.318 2.655.434 29,1 Basso 6.418 109.084 3.425.054 31,4 Totale settore Industria 16.245 291.219 9.385.083 32,2 Altri Servizi 9.785 181.302 5.281.309 29,1 SFIC 3.908 108.057 3.683.908 34,1 SFICAT 1.458 26.646 1.320.833 49,6 Totale Servizi 15.151 316.006 10.286.050 32,6

Fonte: Isfol, INDACO Imprese /PMI

Nel caso delle piccole e medie imprese industriali di alta tecnologia è probabile che a spingere una formazione più intensa e continuativa siano i fondamentali di questo mercato, fortemente competitivo su scala mondiale.

All’interno dell’industria le PMI di alta tecnologia presentano un’intensità media di 57,9 ore per addetto formato, a fronte delle 31,4 erogate dalle imprese industriali a basso contenuto tecnologico. In questo caso la differenza in ore tra i due valori è di 26,5 ore medie pro capite. In altri termini le imprese industriali di alta tecnologia destinano in media alla formazione dei propri dipendenti un monte ore pro capite superiore di oltre l’80% al dato medio che si registra nelle imprese industriali a basso contenuto tecnologico.

Nel comparto dei servizi, le imprese a forte intensità di conoscenza e di alta tecnologia presentano un’intensità media di 49,6 ore, a fronte delle 29,1 ore negli atri servizi; in questo caso la differenza in ore tra i due valori è di oltre 20 ore.

1.5.7 La formazione continua intenzionale e strutturata delle PMI ed i codici volontari di responsabilità sociale

L’adozione nelle imprese di codici volontari di responsabilità sociale è stata oggetto da molti anni di particolare attenzione nel dibattito mondiale, europeo e nazionale. Come era logico attendersi, sono molto poche le piccole e medie imprese che dichiarano di essere dotate di codici volontari di responsabilità sociale; dichiarano di esserne dotate 4.823 PMI, vale a dire poco più del 3% del totale (3,2%).

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Rapporto 2008 sulla formazione continua 74

Tabella 1.28- Impatto della RSI sulla formazione delle PMI – anno 2005

Presenza di codici volontari di RSI e propensione alla formazione

Numero imprese formatrici

Numero imprese non formatrici

Numero totale delle imprese

Imprese formatrici

(%)

Assenza codici RSI 35.946 108.247 144.193 24,9 Presenza codici RSI 1.492 3.331 4.823 30,9 Totali 37.438 111.578 149.016 25,1 Fonte: Isfol, INDACO Imprese /PMI

Tuttavia la presenza di codici di responsabilità sociale nelle imprese, sembra trainare la maggiore propensione di queste imprese ad attivare interventi formativi intenzionali e strutturati per i propri dipendenti. Oltre un terzo (30,9%) delle imprese che dichiarano di attenersi a codici di responsabilità sociale, sono imprese formatrici, a fronte di un valore complessivo dell’indicatore pari ad un quarto, per il totale delle imprese (25,1%).

Tuttavia questo comportamento maggiormente virtuoso, non trova una corrispondenza nell’indicatore di estensione della formazione ed in quello dell’intensità. Al contrario sono le imprese che non si rifanno a codici di responsabilità sociale ad offrire maggiori opportunità di formazione per i propri dipendenti. Infatti le imprese formatrici dotate di responsabilità sociale, hanno offerto nel 2007 a meno del 40% dei propri dipendenti opportunità di formazione strutturata (37,5), a fronte di un dato superiore al 40% delle imprese formatrici non dotate di codici volontari di responsabilità sociale (42,1%9).

Tabella 1.29 - Impatto della RSI sull’estensione della formazione nelle PMI. Anno 2005

Presenza di codici volontari di RSI ed Estensione della formazione

Numero imprese

formatrici

Numero dipendenti

formati

Numero totale dipendenti delle

imprese

Estensione della formazione

(%)

Assenza codici RSI 35.946 706.228 1.679.214 42,1 Presenza codici RSI 1.492 32.270 85.983 37,5 Totali 37.438 738.498 1.765.197 41,8

Fonte: Isfol, INDACO Imprese /PMI

Analoga considerazione vale per l’indicatore di intensità media della formazione erogata; anche in questo caso una maggiore intensità di formazione (32,5 ore medie pro capite) si registra nelle imprese che non sono dotate di codici volontari di responsabilità sociale, contro un indicatore inferiore a 30 ore (29,1 ore medie pro capite), nelle imprese che ne sono dotate.

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Rapporto 2008 sulla formazione continua 75

Tabella 1.30 - Impatto della RSI sull’intensità della formazione nelle PMI. Anno 2005

Presenza di codici volontari di RSI ed Intensità della formazione

Numero imprese formatrici

Numero dipendenti

formati

Ore totali di formazione

Intensità della formazione

(%)

Assenza codici RSI 30.475 582.651 18.947.488 32,5 Presenza codici RSI 1.186 27.633 805.470 29,1 Totali 31.661 610.284 19.752.959 32,4 Fonte: Isfol, INDACO Imprese /PMI

Queste indicazioni scontano l’esiguità delle imprese che dichiarano la dotazione di codici di responsabilità sociale, rispetto al totale delle piccole e medie imprese, nonché il fatto che all’interno dei servizi di carattere più tradizionale le imprese, molto spesso di piccola dimensione, partecipano (esempio regione Toscana) ad attività gestite in forma consortile, dotate di codici di responsabilità sociale.

1.5.8 La formazione continua intenzionale e strutturata delle PMI e la proprietà delle imprese

L’ultima chiave di lettura dei comportamenti formativi delle PMI, è quella relativa alla proprietà dell’impresa, un fattore in grado di apprezzare i processi di integrazione funzionale e dimensionale delle imprese nello scenario di competizione mondiale.

Tabella 1.31 - Impatto della proprietà sulla formazione delle PMI. Anno 2005

Imprese formatrici per tipo di proprietà Numero imprese

formatrici

Numero imprese non formatrici

Numero totale delle imprese

Imprese formatrici (%)

Imprese autonome 30.975 102.679 133.654 23,2 Imprese gruppo proprietà italiana 4.051 6.794 10.845 37,4 Imprese gruppo proprietà estera 2.412 2.103 4.515 53,4 Totali 37.438 111.576 149.014 25,1 Fonte: Isfol, INDACO Imprese /PMI

In primo luogo le PMI sono per la stragrande maggioranza imprese autonome (89,7% del totale delle piccole e medie imprese). Delle oltre 15.000 imprese appartenenti a gruppi (15.360 imprese), la netta maggioranza appartiene a gruppi di proprietà italiana (70,1% delle imprese appartenenti a gruppi).

I dati in tabella evidenziano come in generale l’appartenenza delle imprese a gruppi, condizioni positivamente la propensione delle imprese ad attivare processi di formazione strutturata. Le imprese che appartengono a gruppi presentano incidenze di imprese formatrici sui relativi totali, nettamente superiori sia al dato medio, che a quello delle imprese autonome.

In questo quadro spicca il comportamento delle imprese che appartengono a gruppi di nazionalità estera; oltre la metà di queste imprese hanno offerto nel 2005 opportunità di formazione per i propri dipendenti (il 53,4% del totale delle imprese che appartengono a gruppi di nazionalità estera). Per contro la minore propensione alla formazione, si registra nelle imprese autonome (23,2% di imprese formatrici sul totale delle imprese autonome); un dato che condiziona

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Rapporto 2008 sulla formazione continua 76

ovviamente il comportamento medio delle imprese, fermo a poco più di un quarto del totale delle aziende (25,1%).

La maggiore propensione, in questo caso, non si associa ad una maggiore estensione delle opportunità di formazione per il personale dipendente di queste imprese. La copertura formativa degli organici delle imprese che realizzano formazione intenzionale e strutturata risulta sostanzialmente allineata, con una leggera prevalenza nelle imprese autonome, che fanno registrare, seppure di poco, il maggior valore dell’indicatore considerato (42,6%). Tabella 1.32 - Impatto della proprietà sull’estensione della formazione nelle PMI. Anno 2005

Imprese formatrici per tipo di proprietà ed Estensione della formazione

Numero imprese formatrici

Numero dipendenti

formati

Numero totale dipendenti delle

imprese

Estensione della formazione

(%)

Imprese autonome 30.975 558.205 1.309.848 42,6 Imprese gruppo proprietà italiana 4.051 107.272 280.662 38,2 Imprese gruppo proprietà estera 2.412 73.021 174.687 41,8 Totali 37.438 738.498 1.765.197 41,8 Fonte: Isfol, INDACO Imprese /PMI

Analoga considerazione vale con riferimento all’indicatore dell’intensità della formazione erogata. La maggiore intensità di formazione si registra nelle imprese formatrici autonome, che realizzano in media 33 ore di formazione per addetto formato, contro poco più di 30 ore medie, nelle imprese appartenenti a gruppi, sia nazionali che esteri.

Tabella 1.33 - Impatto della proprietà sull’intensità della formazione nelle PMI. Anno 2005

Imprese formatrici per tipo di proprietà ed Intensità della formazione

Numero imprese formatrici

Numero dipendenti

formati

Ore totale di formazione

Intensità della formazione

(%)

Imprese autonome 26.250 454.237 14.987.912 33,0 Imprese gruppo proprietà italiana 3.594 96.333 2.921.380 30,3 Imprese gruppo proprietà estera 1.817 59.714 1.843.667 30,9 Totali 31.661 610.284 19.752.959 32,4 Fonte: Isfol, INDACO Imprese /PMI

1.5.9 Alcune considerazioni

L’approfondimento per chiavi di lettura consente di apprezzare anche nel comparto delle piccole e medie imprese, la correlazione tra propensione ed estensione della formazione ed alto, medio – alto contenuto tecnologico delle imprese industriali e forte intensità di conoscenza nelle imprese dei servizi, già evidenziata nell’analisi effettuata sul comparto delle grandi imprese.

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Rapporto 2008 sulla formazione continua 77

Tabella 1.34 - Correlazione tra livello tecnologico, propensione alla formazione, estensione ed intensità, nelle PMI. Anno 2005

Imprese formatrici

(% sul totale categoria)

Estensione della formazione

(%)

Intensità della formazione

(ore)

Industria Alta tecnologia 37,2 43,2 57,9 Medio-Alta tecnologia 35,1 35,8 32,5 Medio-Bassa tecnologia 23,8 36,5 29,1 Bassa tecnologia 14,9 36,7 31,4 Servizi SFICAT 57,1 40,0 49,6 SFIC 35,4 54,8 34,1 Altre servizi 28,3 45,5 29,1

Fonte: Isfol, INDACO Imprese /PMI

Le caratteristiche intrinseche dei prodotti ad alto e medio – alto contenuto tecnologico delle imprese industriali e dei servizi a forte intensità di conoscenza e di alta tecnologia e le dinamiche sempre più competitive del mercato mondiale, spingono queste imprese ad intensificare ed ampliare i processi di formazione continua, per implementare ed adeguare le competenze dei propri dipendenti. In definitiva le piccole e medie imprese di alta tecnologia e forte intensità di conoscenza si caratterizzano per un più consistente impiego della formazione intenzionale e strutturata.

L’alto contenuto tecnologico e di conoscenza caratterizza:

a. la maggiore propensione alla formazione delle piccole e medie imprese, che si registra nella filiera delle imprese di servizi a forte intensità di conoscenza ed alta tecnologia, nel cui ambito bel oltre il 50% delle imprese, realizza formazione intenzionale e strutturata per i propri dipendenti (57,1% del totale della filiera considerata);

b. la maggiore estensione della formazione, rispetto al totale degli organici delle imprese, che si registra nella filiera delle imprese di servizi a forte intensità di conoscenza, che pongono mediamente in formazione organizzata quasi il 55% dei propri organici (54,8% degli organici formati);

c. la maggiore intensità di formazione erogata, che si registra nelle imprese industriali di alta tecnologia, che destinano alla formazione quasi 58 ore medie per lavoratore posto in formazione (57,9 ore medie pro capite nelle imprese formatrici).

Tra gli altri fenomeni connessi all’innovazione organizzativa di questi ultimi anni, quali l’addensamento delle grandi imprese in gruppi e l’introduzione di codici volontari di responsabilità sociale, i risultati dell’indagine apprezzano, in particolare, l’appartenenza delle imprese a gruppi, come fattore che influisce positivamente sui comportamenti formativi delle piccole e medie imprese di produzione e servizi e la responsabilità sociale, come acceleratore di interventi formativi, anche meno formalizzati.

L’analisi condotta, conferma in generale l’esigenza di rafforzare il ruolo della formazione sostenuta dall’intervento pubblico come possibile leva di anticipazione ed accompagnamento del necessario cambiamento strutturale dei sistemi produttivi ed economici verso prodotti e servizi ad elevato contenuto tecnologico e di conoscenza, nonchè di riposizionamento della manifattura e dei servizi più tradizionali verso la qualità dei prodotti e dei servizi.

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Rapporto 2008 sulla formazione continua 78

Le priorità di carattere generale della SEO e della strategia di Lisbona riorientata fanno riferimento alla necessità complessiva di creare nuovi posti di lavoro di natura stabile ed a maggiore valore aggiunto, promuovendo le condizioni per far nascere nuove imprese produttive e di servizi nei settori ad alta e medio-alta tecnologia ed a forte intensità di conoscenza, far crescere quelle già esistenti, promuovere nelle imprese e nei sistemi locali d’impresa condizioni, anche organizzative, complessivamente favorevoli all’innovazione, rafforzando/creando reti e relazioni per far competere i territori specializzati in un’ottica mondiale.

Si tratta, in sintesi, di fare fronte, attraverso un processo di riorientamento del nostro sistema economico, condiviso ai diversi livelli e da tutti i principali attori, alle note e strutturali criticità del sistema paese, riconducibili alla netta prevalenza delle imprese di piccola dimensione ed ella specializzazione su prodotti e servizi a bassa intensità d’innovazione e di conoscenza29, che condizionano strutturalmente anche i processi di formazione continua realizzati dalle imprese del nostro paese.

In questo processo, complesso e certamente almeno di medio periodo, la formazione all’innovazione ed alla competitività dei lavoratori occupati e delle imprese, nelle diverse fasi del ciclo di vita delle stesse e nei diversi contesti di filiera e territoriali, ricopre un ruolo strategico di anticipazione dei fabbisogni e di accompagnamento dell’innovazione tecnologica nelle imprese, coniugandosi con le priorità del trasferimento tecnologico e delle politiche di sviluppo industriale.

Nel quadro dei piani d’attività in corso dell’Isfol, il tema della formazione per l’anticipazione del cambiamento è oggetto: a) sul versante delle nuove attività istituzionali del “Progetto: Analisi dei processi di crescita e sviluppo in termini di innovazione, competitività, conoscenze e competenze, b) sul versante del FSE dell’attività “Iniziative a sostegno della crescita della competitività delle imprese e delle competenze dei lavoratori, la nascita di nuove imprese in settori/filiere ad elevato contenuto tecnologico e di conoscenza; valorizzazione delle buone pratiche esistenti”, con riferimento all’obiettivo specifico 1.4 “sviluppare politiche per l’anticipazione e gestione dei cambiamenti e promuovere il dialogo sociale” dei PON/FSE 2007-2013 del Ministero del Lavoro “Governance e Azioni di sistema Ob. 1 Convergenza” e “Azioni di sistema Ob. 2 Competitività”.

Le due iniziative ottemperano ad alcune indicazioni strategiche, presenti in due documenti dell’Istituto, nel Piano Esennale FSE 2007-2013 e nel Piano Istituzionale 2008/2009, con particolare riferimento: a) alla scelta programmatica di concentrare l’attività nelle regioni dell’Obiettivo Convergenza, in ragione della diversa e maggiore necessità delle aree/regioni afferenti a tale obiettivo, b) all’esigenza che le azioni di sistema rafforzino in maniera omogenea il “sistema Paese”, promuovendo il raccordo tematico con le regioni dell’Obiettivo Competitività regionale ed occupazione, attraverso la valorizzazione/diffusione delle buone pratiche e delle eccellenze esistenti, in alcune delle regioni afferenti a tale obiettivo.

29 Stando alla “Relazione unificata sull’economia e la finanza pubblica – Andamento dell’economia nel 2006 e aggiornamento delle previsioni per il 2007-2009”, il processo sembra essersi avviato nel 2006, attraverso un riposizionamento dell’attività economica verso i settori a media tecnologia e ad alta qualità ed una scrematura delle imprese meno efficienti. Istat, Statistica in Breve, “La formazione del personale nelle imprese italiane”, Roma, 28 maggio 2008 (risultati italiani dell’indagine Eurostat CVTS3): “La minore propensione all’investimento in formazione da parte delle imprese italiane rispetto a quelle degli altri paesi membri dell’UE-27 è attribuibile, in ampia misura, alla struttura dimensionale e settoriale dell’industria italiana, che vede prevalere le tipologie di impresa con attività di formazione relativamente più limitata” (p. 2).

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Rapporto 2008 sulla formazione continua 79

In questo contesto, l’approccio specifico di anticipazione del cambiamento intende contribuire al processo di valorizzazione della comunità scientifica, impegnata sui temi dell’evoluzione tecnologica ed organizzativa delle imprese e dei sistemi territoriali specializzati, con particolare riferimento a) alla nascita, consolidamento e sviluppo di nuove imprese ad alta tecnologia e ad alto contenuto di conoscenza (in particolare spin-off della ricerca e start-up), b) ai processi evolutivi dei territori dell’alta tecnologia, c) al rafforzamento delle imprese ad alta e medio-alta tecnologia e dei processi di ristrutturazione e cooperazione strategica, d) alla convergenza tematica tra l’Istituto ed altri enti/istituti/organizzazioni impegnati nella valorizzazione dei risultati della ricerca e nelle strategie dell’innovazione, localizzati nelle diverse macro aree territoriali.

Il coinvolgimento della comunità scientifica è stato avviato a partire da una mappatura degli esperti, molto spesso figure di rilievo di università ed organismi impegnati già da tempo sul tema, attraverso iniziative di respiro pubblico anche ricorrenti, con l’obiettivo di avviare la costruzione di una specifica rete di esperti e di organizzazioni, a partire dalla loro oggettiva funzione di “accumulatori di reti”, formali ed informali, quasi sempre basate su di una indispensabile dimensione internazionale.

I criteri utilizzati nella mappatura degli esperti e delle organizzazioni, fanno riferimento ai seguenti principali elementi:

a. comprendere la dimensione nazionale e quella internazionale, essenziali in tema di imprese e territori di alta tecnologia ed alto contenuto di conoscenza, avendo come riferimento l’integrazione delle risorse presenti sull’intero territorio del paese ed il valore aggiunto radicato negli esperti, normalmente figure di rilievo di organizzazioni, network, istituti e centri di ricerca;

b. prevedere una concentrazione di risorse nelle aree convergenza, decisamente sotto rappresentate nel panorama delle imprese spin-off e star-up, nei processi di brevettazione e nelle concentrazioni territoriali di imprese ad alta e medio-alta tecnologia;

c. garantire una passerella tra le aree competitività, più forti nello specifico tema, e quelle convergenza, attraverso l’identificazione di eccellenze e buone pratiche;

d. definire ipotesi di cooperazione di filiera nell’alta tecnologia e alto contenuto di conoscenza, al fine di praticare mobilità ed integrazione tra le imprese spin-off e start-up;

e. rafforzare e diffondere gli incubatori d’impresa, anche attraverso collaborazioni strategiche e specialistiche tra le università intraprendenti e istituti/centri di ricerca ubicati in differenti regioni.

f. Introdurre il tema di “quale formazione per l’anticipazione del cambiamento”, dentro attività di ricerca di livello nazionale, centrate sulla valorizzazione dei risultati della ricerca e sulla dimensione territoriale ed internazionale dei territori dell’alta e medio-alta tecnologia.

Le iniziative in corso, presentano infine un elevato grado di coerenza con le indicazioni presenti nei programmi operativi FSE e FESR 2007-2013 delle regioni competitività regionale/ occupazione e convergenza.

Le analisi condotte confermano lo stretto rapporto, tra FSE obiettivo specifico c “sviluppare politiche e servizi per l’anticipazione e gestione dei cambiamenti, promuovere la competitività e l’imprenditorialità” e FESR “promozione, valorizzazione e diffusione della ricerca e dell’innovazione per la competitivitá”, “competitività dei sistemi produttivi e occupazione”, “innovazione e competitività nelle imprese”.

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Ciò conferma l’affermarsi di un nuovo approccio finalizzato ad accompagnare le regioni nel percorso di concatenazione e successiva integrazione degli investimenti materiali e di quelli immateriali, verso la frontiera della conoscenza, che si traduce nell’organizzazione di un’offerta di ricerca industriale per le imprese, nella creazione di nuove imprese nei settori ad elevato contenuto tecnologico, nel sostegno ai processi di ristrutturazione delle imprese delle filiere tradizionali, impegnate in programmi di innovazione tecnologica ed organizzativa, nel sostegno alla creazione di reti nel triangolo della conoscenza (enti di ricerca, università ed imprese), nella qualificazione dei ricercatori ed in generale degli addetti alla ricerca e sviluppo, in nuovi modelli di formazione e mobilità delle risorse umane critiche per l’innovazione, dentro i processi sopra richiamati.

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Rapporto 2008 sulla formazione continua 81

Capitolo 2

Le politiche e gli strumenti di sostegno alle iniziative formative

2.1 I Fondi Paritetici Interprofessionali per la Formazione Continua

Le pagine seguenti riportano una serie di informazioni aggiornate relative allo sviluppo operativo dei Fondi Paritetici Interprofessionali con particolare attenzione alle adesioni delle imprese, ai flussi finanziari, ai principali risultati operativi. In occasione delle presente edizione vengono, inoltre, presentati i primi dati del Sistema permanente di monitoraggio sulle attività formative finanziate dai Fondi Paritetici, realizzato dal Ministero del Lavoro della Salute e delle Politiche Sociali con l’assistenza tecnica di Isfol e Italia Lavoro S.p.A..

In via preliminare, sembra utile, come di consueto, riproporre, aggiornato, il seguente schema, che riepiloga il quadro degli organismi ad oggi costituiti ed autorizzati e le rispettive organizzazioni promotrici. Tavola 2.1 - Fondi Paritetici Interprofessionali autorizzati e le organizzazioni promotrici

Fondi Paritetici Interprofessionali Organizzazioni Promotrici Fon.Coop Fondo per la formazione continua nelle imprese cooperative

A.G.C.I.; Confcooperative; Legacoop; Cgil; Cisl.; Uil

Fon.Ter Fondo per la formazione continua del terziario

Confesercenti; Cgil; Cisl; Uil

Fond.E.R. Fondo per la formazione continua negli enti ecclesiastici, associazioni, fondazioni, cooperative, imprese e aziende di ispirazione religiosa

Agidae; Cgil; Cisl; Uil

Fondimpresa Fondo per la formazione continua delle imprese associate a Confindustria

Confindustria; Cgil; Cisl; Uil

Fondir Fondo per la formazione continua dei dirigenti del terziario

Confcommercio; Abi; Ania; Confetra; Fendac; Federdirigenticredito; Sinfub; Fidia

Fondirigenti Fondo per la formazione continua dei dirigenti delle aziende produttrici di beni e servizi

Confindustria; Federmamager

Fondo Artigianato Formazione Fondo per la formazione continua nelle imprese artigiane

Confartigianato; Cna; Casartigiani; Cgil; Cisl; Uil; Claai

Fondo Dirigenti PMI Fondo dei dirigenti delle piccole e medie imprese industriali

Confapi; Federmanager

Fondo Formazione PMI Fondo per la formazione continua nelle PMI

Confapi; Cgil; Cisl; Uil

Fondoprofessioni Fondo per la formazione continua negli studi professionali e nelle aziende ad essi collegate

Consilp; Confprofessioni; Confedertecnica; Cipa; Cgil; Cisl; Uil

For.Te. Fondo per la formazione continua del terziario

Confcommercio; Abi; Ania; Confetra; Cgil; Cisl; Uil

For.Agri Fondo per la formazione continua in agricoltura

Confagricoltura; Coldiretti; CIA; CGIL; CISL; UIL; Confederdia

Fondazienda Fondo per la formazione continua dei quadri e dei dipendenti dei comparti del commercio-turismo-servizi, artigianato e piccola e

Confterziario; CIU; Conflavoratori

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Rapporto 2008 sulla formazione continua 82

media impresa

Fon.Ar.Com Fondo paritetico interprofessionale per la formazione continua nel comparto del terziario, dell’artigianato e delle piccole e medie imprese

Cifa – Confederazione italiana federazioni autonome; Confsal – Confederazione

sindacati autonomi lavoratori

In aggiunta ai quindici Fondi compresi nel prospetto, con un recentissimo Decreto (del 31 ottobre 2008), il Ministero del Lavoro ha riconosciuto la personalità giuridica di un nuovo Fondo Paritetico Interprofessionale denominato “Formazienda”. Il Fondo nasce sulla base dell’Accordo Interconfederale, sottoscritto il 12 gennaio 2008, tra la Confederazione nazionale autonoma italiana del Commercio, del Turismo, dei Servizi, delle Professioni e delle Piccole e Medie Imprese (SISTEMA COMMERCIO E IMPRESA) e la Confederazione Sindacati Autonomi Lavoratori (CONFSAL).

2.1.1 Andamento e caratteristiche settoriali e territoriali delle adesioni delle imprese

Anche nel corso degli ultimi dodici mesi le adesioni ai Fondi Paritetici hanno registrato nel complesso una sensibile crescita (circa 35mila imprese e 482mila lavoratori), attribuibile solo in parte all’avvio dei Fondi entrati nel computo INPS nel 2007 e nel 2008 (For.Agri e Fondazienda e Fon.Ar.Com), ma, soprattutto all’ulteriore sviluppo di quelli “storici”. Fondimpresa, For.Te e FonCoop rappresentano, infatti, in valore assoluto, il 67% circa dell’incremento in termini di lavoratori (e quindi di massa contributiva).

Significativa (in termini percentuali e relativamente al numero di lavoratori) la crescita di FonCoop (15%), di Fondoprofessioni (13%) e di Fond.E.R. Si consolida Fon.AR.Com, ancora in fase di avvio ed entrato nel computo INPS a partire dal 2007 (tab. 2.1)

In estrema sintesi, circa il 40% delle imprese private italiane e il 59% dei lavoratori aderisce attualmente ad un Fondo Paritetico Interprofessionale.

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Rapporto 2008 sulla formazione continua 83

Tabella 2.1 - Adesioni espresse e lavoratori in forza presso le imprese aderenti al netto delle cessazioni (Valori assoluti al netto delle revoche - Novembre 2007 e Luglio 2008)

Novembre 2007 Luglio 2008 Incrementi Fondi Adesioni Lavoratori Adesioni Lavoratori Adesioni Lavoratori Fon.Ar.Com 13.213 63.133 18.262 87.583 5.049 24.450 Fon.Coop 9.627 359.315 11.420 415.594 1.793 56.279 Fon.Ter 44.712 329.486 47.154 366.904 2.442 37.418 Fond.E.R. 7.329 84.611 7.842 100.650 513 16.039 Fondazienda - - 1.091 4.437 1.091 4.437 Fondimpresa 42.257 2.272.980 48.518 2.456.146 6.261 183.166 For.Agri - - 1.349 10.048 1.349 10.048 Fondo Artigianato Formazione 162.516 646.455 168.773 668.035 6.257 21.580 Fondo Formazione PMI 36.709 417.356 38.300 442.469 1.591 25.113 Fondo Professioni 27.851 111.075 31.374 125.625 3.523 14.550 For.Te 88.419 1.344.466 92.739 1.429.385 4.320 84.919

Subtotale 432.633 5.628.877 466.822 6.106.876 34.189 477.999 Fondir 3.141 24.114 3.322 24.997 181 883 Fondirigenti 10.376 62.675 11.017 65.517 641 2.842 Fondo Dirigenti PMI 521 1.497 538 1.625 17 128

Totale Fondi dirigenti 14.038 88.286 14.877 92.139 839 3.853 Totale 446.671 5.717.163 481.699 6.199.015 35.028 481.852

NB Il numero di adesioni espresse non coincide con il numero delle imprese aderenti: una stessa impresa può avere infatti più posizioni INPS espresse in differenti matricole presso l’Istituto di Previdenza e conteggiate come adesioni unitarie. Nel trattamento delle informazioni contenute nella banca dati dell’INPS è stato considerato il numero di lavoratori registrato nel campo “dipendenti ultimo DM”, tranne che nel caso dei Fondi per dirigenti per i quali è stato utilizzato il campo “dipendenti DM adesione”. I dati di adesione a Fondazienda e For.Agri vengono considerati nel sistema INPS a partire dal 2008, non sono presenti pertanto dati per l’anno 2007. Fonte: Elaborazioni ISFOL - Area Politiche e Offerte per la Formazione Continua su dati MLPS/INPS

La seguente figura 2.1 riporta un’elaborazione relativa alla dimensione media delle imprese aderenti ai Fondi Paritetici. A parte la crescita di FonCoop e Fondimpresa tra il 2007 e il 2008 (attribuibile evidentemente alla raccolta di nuove adesioni tra le imprese di maggiore dimensione), una sostanziale stabilità caratterizza la composizione interna degli altri Fondi, fatta eccezione per una leggera diminuzione della dimensione media in Fond.E.R.

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Rapporto 2008 sulla formazione continua 84

Figura 2.1 - Dimensioni medie delle imprese aderenti ai Fondi Paritetici (Elaborazioni realizzate su dati relativi alle posizioni contributive INPS – Novembre 2007 - Luglio 2008)

4,8

36,4

7,8

12,8

4,1

50,6

7,4

4,0

11,6

4,04,8

37,3

7,4

11,5

53,8

4,0

11,4

4,0

15,4 15,2

-

10

20

30

40

50

60

Fon.

Ar.C

om.

Fon.

Coo

p

Fon.

Ter.

Fond

.E.R

.

Fond

azie

nda

Fond

impr

esa

For.A

gri

Fond

o A

rtigi

anat

oFo

rmaz

ione

Fond

o Fo

rmaz

ione

PM

I

Fond

opro

fess

ioni

For.T

e

20082007

Fondi dipendenti (dim. Media 2008 13.1)

Fonte: Elaborazioni ISFOL - Area Politiche e Offerte per la Formazione Continua su dati MLPS/INPS

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Rapporto 2008 sulla formazione continua 85

In sostanza, si osserva in alcuni Fondi una forte e decisa polarizzazione verso la piccola dimensione produttiva. In altri, la preponderanza delle piccole imprese è temperata in vario modo della presenza di grandi realtà produttive o da una significativa presenza della dimensione media e medio piccola. L’eccezione è rappresentata, come più volte osservato, da Fon.Coop e da Fondimpresa nei quali non si riscontra quella predominanza della piccola dimensione, che in un modo o in un altro caratterizza tutti gli altri Fondi, ma si osserva invece una significativa presenza delle grandi unità produttive, ben superiore al dato nazionale (tab. 2.2).

Tabella 2.2 - Ripartizioni percentuali degli aderenti ai Fondi per classi dimensionali, esclusi i Fondi per dirigenti (Elaborazioni realizzate su dati relativi alle posizioni INPS al netto delle cessazioni Luglio 2008)

Fondo

mic

ro

(1-9

dip

.)

pic

cole

(1

0-49

dip

.)

med

ie

(50-

249

dip.

)

gran

di

(250

dip

. e o

ltre)

Tot

ale

Fon.Ar.Com. 90,63 8,51 0,80 0,06 100 Fon.Coop 56,64 30,37 10,95 2,04 100 Font.Ter 87,86 10,06 1,78 0,30 100 Fond.E.R. 66,51 29,83 3,48 0,18 100 Fondazienda 91,29 8,43 0,18 0,09 100 Fondimpresa 46,27 36,34 14,24 3,15 100 For.Agri 82,21 15,27 2,45 0,07 100 Fondo Artigianato Formazione 90,68 9,05 0,26 0,01 100 Fondo Formazione PMI 70,37 25,65 3,79 0,19 100 Fondoprofessioni 92,80 6,58 0,58 0,04 100 Forte 84,70 12,46 2,17 0,68 100 Totale Fondi 81,80 14,73 2,90 0,57 100 Totale nazionale 84,99 12,85 1,85 0,31 100

Fonte: Elaborazioni ISFOL - Area Politiche e Offerte per la Formazione Continua su dati MLPS/INPS

Probabilmente più significativa per la definizione delle strategie dei singoli Fondi è la distribuzione dei lavoratori delle imprese aderenti per classi dimensionali di impresa (tab. 2.3). I lavoratori delle grandi e delle medie sono presenti, nel complesso, in misura molto maggiore rispetto a quanto registrato al livello nazionale (il contrario avviene per le piccole e le micro). Emerge, inoltre, che anche i Fondi apparentemente “vocati” per la piccola dimensione produttiva hanno un’oggettiva necessità di confrontarsi con una platea più che mai diversificata. Realtà come Fon.Ter, Fond.E.R e Fondo Formazione PMI hanno al loro interno percentuali più che significative di lavoratori provenienti da imprese di media e grande dimensione. In ultima analisi gli organismi concentrati quasi esclusivamente sulle piccole e micro imprese sono Fondo Artigianato Formazione, Fondazienda e Fondoprofessioni.

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Rapporto 2008 sulla formazione continua 86

Tabella 2.3 - Ripartizioni percentuali dei lavoratori delle imprese aderenti ai Fondi per classi dimensionali, esclusi i Fondi per dirigenti (Elaborazioni realizzate su dati relativi alle posizioni INPS al netto delle cessazioni - Luglio 2008)

Fondo

mic

ro

(1-9

dip

.)

pic

cole

(1

0-49

dip

.)

med

ie

(50-

249

dip.

)

gran

di

(250

dip

. e o

ltre)

Tot

ale

Fon.Ar.Com. 45,2 31,5 14,8 8,5 100 Fon.Coop 5,3 18,7 30,3 45,7 100 Font.Ter 27,4 24,2 22,7 25,7 100 Fond.E.R. 23,2 42,9 23,1 10,8 100 Fondazienda 53,0 36,0 4,9 6,1 100 Fondimpresa 3,4 16,3 29,4 50,8 100 For.Agri 26,9 43,4 26,8 2,9 100 Fondo Artigianato Formazione 57,6 35,6 5,4 1,4 100 Fondo Formazione PMI 18,4 44,9 29,8 7,0 100 Fondoprofessioni 54,4 28,4 13,5 3,7 100 Forte 14,4 15,4 14,2 56,0 100 Totale Fondi 16,6 21,9 22,2 39,3 100 Totale nazionale 26,1 25,0 18,4 30,5 100

Fonte: Elaborazioni ISFOL - Area Politiche e Offerte per la Formazione Continua su dati MLPS/INPS

Anche i tassi settoriali di incidenza non presentano significative differenze con quanto rilevato l’anno passato: si conferma la penetrazione relativamente maggiore dei Fondi nel settore manifatturiero e, soprattutto, negli “altri servizi” dove si trovano la sanità, i servizi alla persona e le strutture private di istruzione e formazione (tab. 2.4). Tabella 2.4 - Distribuzione settoriale delle adesioni e confronto con la composizione dell’universo di

riferimento (Elaborazioni realizzate su dati relativi alle posizioni INPS – Luglio 2008)

Rip.% Rip. % Settore (ATECO) Adesioni (A)

Totale imprese con dipendenti (ASIA 2004) (B)

Tasso settoriale di incidenza

estrattivo 1.055 0,23 2.353 0,21 44,8 manifatturiero 119.305 26,04 261.137 23,62 45,7 energia, gas, acqua 466 0,10 1.182 0,11 39,4 costruzioni 71.265 15,56 176.493 15,97 40,4 commercio 96.542 21,07 256.310 23,19 37,7 alberghiero - ristorazione 40.131 8,76 100.067 9,05 40,1 trasporti e telecomunicazioni 17.479 3,82 44.035 3,98 39,7 finanza e assicurazioni 6.305 1,38 18.429 1,67 34,2 immobiliari, noleggio, informatica, ricerca, servizi alle imprese 52.076 11,37 146.244 13,23 35,6 altri servizi 53.477 11,67 99.240 8,98 53,9 Totale 458.101 100 100 non indicato 4.962 Totale adesioni 463.063 1.105.490 41,9

NB. Si assume che il numero totale delle imprese aderenti ai Fondi corrisponda al totale delle adesioni espresse sottraendo a questo le adesioni ai Fondi per i dirigenti, nell’ipotesi che le imprese aderenti ai Fondi per dirigenti abbiamo aderito anche ad altri Fondi per i propri dipendenti non dirigenti. Ciò non tiene conto dell’eventuale molteplicità delle matricole INPS per una stessa impresa, tuttavia il possibile errore nella comparazione impostata nella tabella è da ritenersi del tutto trascurabile. Fonte: Elaborazioni ISFOL - Area Politiche e Offerte per la Formazione Continua su dati MLPS/INPS e ISTAT (Asia 2004)

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Rapporto 2008 sulla formazione continua 87

Come di consueto l’analisi può essere integrata osservando la medesima distribuzione settoriale riferita ai lavoratori delle imprese aderenti e al totale dei lavoratori dipendenti delle imprese private italiane (tab. 2.5). Tabella 2.5 - Distribuzione settoriale dei lavoratori delle imprese aderenti e confronto con la composizione

dell’universo di riferimento (Elaborazioni realizzate su dati relativi alle posizioni INPS – Luglio 2008)

Rip.% Rip. %

Settore (ATECO)

Lavoratori delle

imprese aderenti (A)

Totale lavoratori

(ASIA 2004) (B)

Tasso settoriale di incidenza

estrattivo 32.228 0,53 37.271 0,4 86,5 manifatturiero 2.442.668 40,06 3.882.321 37,6 62,9 energia, gas, acqua 38.834 0,64 115.374 1,1 33,7 costruzioni 365.842 6,00 1.000.336 9,7 36,6 commercio 849.955 13,94 1.622.047 15,7 52,4 alberghiero - ristorazione 320.638 5,26 591.618 5,7 54,2 trasporti e telecomunicazioni 410.192 6,73 992.509 9,6 41,3 finanza e assicurazioni 497.717 8,16 n.d. n.d n.d. immobiliari, noleggio, informatica, ricerca, servizi alle imprese 527.884 8,66 1.399.293 13,5 37,7

altri servizi 577.936 9,48 693.898 6,7 83,3 Totale 6.097.618 100 100 non indicato 9.258 Totale lavoratori 6.106.876 10.334.666 58,8

Fonte: Elaborazioni ISFOL - Area Politiche e Offerte per la Formazione Continua su dati MLPS/INPS e ISTAT (Asia 2004)

In questo caso, da un lato, si conferma e si quantifica con più precisione quanto osservato per il manifatturiero e gli “altri servizi”. Dall’altro, si evidenzia con maggior forza il peso relativamente minore che i Fondi hanno ancora in settori critici come le costruzioni e i trasporti.

E’ stato più volte osservato che i Fondi Paritetici italiani non hanno un carattere settoriale come quelli francesi, olandesi o belgi e che, pur potendo identificare peculiarità distintive in termini settoriali, alcuni comparti produttivi (anche di una certa importanza strategica e di rilevante peso occupazionale) si collocano trasversalmente (tab. 2.6). Ciò comporta la sostanziale impraticabilità di una specializzazione dei Fondi Paritetici su determinate tipologie professionali, su determinate tematiche formative e su linee specifiche di fabbisogno.

Se la recente creazione di For.Agri e del Fondo Banche e Assicurazioni (entrambi fortemente caratterizzati) non contribuisce a stemperare il carattere sostanzialmente intersettoriale dei Fondi Paritetici, rappresenterà tuttavia un’occasione importante per osservare nel tempo il comportamento e le strategie di due Fondi settorialmente specializzati.

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Rapporto 2008 sulla formazione continua 88

Tabella 2.6 - Distribuzione settoriale delle adesioni, esclusi i Fondi per Dirigenti (Elaborazioni realizzate su dati relativi alle posizioni INPS – Luglio 2008)

Fondi Paritetici Interprofessionali

Settori

Fon.

Ar.

Com

Fon.

Coo

p

Fon.

Ter

Fond

.E.R

.

Fond

azie

nda

Fond

impr

esa

For.

Agr

i

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o A

rtig

iana

to

Form

aizo

ne

Fond

o Fo

rmaz

ione

PM

I

Fond

opro

fess

ioni

Fort

e

Tot

ale

agricoltura 0,4 11,1 0,5 0,1 0,1 0,4 78,1 0,3 0,5 0,3 0,2 0,8 estrattivo 0,2 0,1 0,1 0,0 0,2 1,0 0,0 0,2 0,5 0,1 0,0 0,2 manifatturiero 16,9 6,5 10,1 0,9 22,3 51,5 0,4 39,2 39,4 7,9 2,8 25,8 energia, gas, acqua 0,1 0,1 0,0 0,0 0,0 0,6 0,0 0,0 0,1 0,0 0,1 0,1 costruzioni 18,9 4,9 6,9 0,6 17,4 20,2 0,3 27,5 15,4 5,4 0,7 15,4 commercio 25,8 8,1 34,5 1,0 22,3 7,1 0,9 11,5 17,4 12,0 45,6 20,9 alberghi ristoranti 8,5 3,9 20,5 3,9 8,2 1,6 0,9 1,8 4,3 3,1 23,9 8,7 trasporti telecomunicazioni 4,3 5,0 2,9 0,2 4,0 4,2 0,0 4,5 3,2 2,0 3,8 3,8 finanza, assicurazioni 1,5 3,5 1,6 0,2 0,9 0,7 0,4 0,3 1,0 1,7 3,5 1,4 immobiliari, noleggio, informatica, ricerca, servizi alle imprese 12,4 21,8 12,2 2,0 14,0 8,9 8,0 4,6 11,7 42,9 12,8 11,3 istruzione 0,9 3,0 0,8 67,3 1,1 0,4 0,5 0,3 0,6 0,4 0,8 1,7 sanità 4,6 17,0 4,5 14,1 2,5 1,0 0,5 0,6 2,4 21,6 2,3 3,7 altri servizi 5,4 15,0 5,5 9,6 7,1 2,3 9,9 9,3 3,4 2,8 3,6 6,1 Totale 100 100 100 100 100 100 100 100 100 100 100 100

Fonte: Elaborazioni ISFOL - Area Politiche e Offerte per la Formazione Continua su dati MLPS/INPS e ISTAT

Nella presente edizione una particolare cura è stata data all’aspetto territoriale delle adesioni. Nell’Appendice statistico – cartografica si da conto estesamente del fenomeno, con dettaglio a livello provinciale. Si ritiene che ciò sia particolarmente utile alle amministrazioni regionali e provinciali responsabili della gestione degli altri strumenti di sostegno alla formazione continua (legge 236/93, legge 53/00 e FSE).

In questo paragrafo si evidenzia invece il quadro complessivo del fenomeno sul territorio attraverso la distribuzione percentuale delle adesioni ai Fondi nelle quattro grandi Circoscrizioni territoriali e la distribuzione regionale delle adesioni e dei lavoratori delle imprese aderenti. Dalla prima elaborazione risulta piuttosto evidente la coerenza di fondo tra le vocazioni settoriali di alcuni organismi e la loro maggiore penetrazione in alcune specifiche aree del Paese (tab. 2.7).

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Rapporto 2008 sulla formazione continua 89

Tabella 2.7 - Distribuzione territoriale delle adesioni ai Fondi Paritetici, esclusi quelli per soli dirigenti (Valori percentuali – Luglio 2008)

Fondi Nord – Ovest

Nord – Est

Centro

Sud e Isole

Italia

Fon.Ar.Com. 28,2 3,6 10,8 57,4 100 Fon.Coop 25,3 30,1 22,1 22,5 100 Fon.Ter. 17,8 31,0 20,6 30,5 100 Fond.E.R. 34,9 29,1 17,7 18,3 100 Fondazienda 46,4 21,4 16,5 15,8 100 Fondimpresa 35,7 27,9 16,7 19,6 100 For. Agri 22,2 38,7 30,2 8,9 100 Fondo Artigianato Formazione 31,6 41,9 16,2 10,3 100 Fondo Formazione PMI 39,8 14,7 13,6 31,8 100 Fondoprofessioni 30,1 37,0 14,1 18,7 100 For.Te 33,3 40,3 13,7 12,7 100

Fonte: Elaborazioni ISFOL - Area Politiche e Offerte per la Formazione Continua su dati MLPS/INPS e ISTAT

Per quanto riguarda la seconda elaborazione (tab.2.8) la distribuzione dei lavoratori conferma la prevalenza assoluta delle Regioni del Nord con il 66,2 % delle adesioni e il 69% dei lavoratori (per un’analisi dettagliata dei tassi di incidenza territoriali, sia regionali che provinciali, si rimanda all’Appendice statistico – cartografica). Le quattro Regioni dove è più denso il tessuto produttivo Lombardia, Emilia Romagna, Veneto e Piemonte raccolgono ovviamente il 62% dei lavoratori delle imprese aderenti.

Lo sbilanciamento osservato va ben oltre la reale distribuzione delle imprese e dei lavoratori, pur presenti maggiormente nelle aree più sviluppate del Paese. Si osservano alcuni progressi (ad esempio in Sardegna e in Sicilia) ma la penetrazione al Sud appare ancora largamente insufficiente. Ciò dovrebbe indurre gli organismi gestori ad una migliore focalizzazione delle strategie di promozione, di comunicazione e di supporto alle imprese.

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Tabella 2.8 - Distribuzione regionale delle adesioni e dei lavoratori delle imprese aderenti (Valori assoluti e percentuali – Luglio 2008)

Regione Adesioni Rip.% Lavoratori Rip. % Valle D'Aosta 1.320 0,3 13.507 0,2 Piemonte 38.358 8 569.487 9,2 Liguria 9.399 2 109.643 1,8 Lombardia 104.730 21,7 1.779.199 28,7 Trentino Alto Adige 18.336 3,8 149.095 2,4 Veneto 67.470 14 751.368 12,1 Friuli Venezia Giulia 13.804 2,9 157.161 2,5 Emilia Romagna 65.136 13,5 750.551 12,1

NORD 318.553 66,2 4.280.011 69,0Toscana 32.985 6,8 360.890 5,8 Umbria 6.950 1,4 76.366 1,2 Marche 16.283 3,4 165.266 2,7 Lazio 15.130 3,1 497.503 8 Abruzzo 4.897 1 73.899 1,2

CENTRO 76.245 15,7 1.173.924 18,9Molise 1.488 0,3 10.396 0,2 Basilicata 3.739 0,8 36.315 0,6 Calabria 7.073 1,5 49.753 0,8 Campania 16.447 3,4 196.195 3,2 Puglia 19.535 4,1 166.442 2,7 Sardegna 15.374 3,2 94.698 1,5 Sicilia 23.139 4,8 190.920 3,1

SUD 86.795 18,1 744.719 12,1non attribuibili 106 361 ITALIA 481.699 100 6.199.015 100

NB. Come nelle altre elaborazioni anche qui si assume che il numero totale delle imprese aderenti ai Fondi corrisponda al totale delle adesioni espresse sottraendo a questo le adesioni ai Fondi per i dirigenti, nell’ipotesi che le imprese aderenti ai Fondi per dirigenti abbiano aderito anche ad altri Fondi per i propri dipendenti non dirigenti. Fonte: Elaborazioni ISFOL - Area Politiche e Offerte per la Formazione Continua su dati MLPS/INPS e ISTAT (Asia 2004)

2.1.2 Le risorse finanziarie

Come noto i Fondi Paritetici sono finanziati attraverso il trasferimento di una parte del contributo obbligatorio contro la disoccupazione involontaria (lo 0,30% della massa salariale lorda) versato all’INPS da tutte le imprese private con dipendenti. Ogni impresa sceglie, attraverso il Modello DM10, a quale Fondo aderire; l’INPS, a sua volta, trasferisce le risorse versate dalle imprese al Fondo da esse indicato. Nel caso in cui l’impresa non formuli una preferenza nel Modello DM10 le risorse restano all’INPS, che le trasferisce per un terzo al Ministero del Lavoro (che le destina al finanziamento degli interventi ex legge 236/93) e per due terzi al Ministero dell’Economia (che le destina al cofinaziamento degli interventi del FSE)

Il Ministero del Lavoro, allo scopo di sostenere il primo avvio, ha trasferito ai Fondi un ammontare pari a circa 203 milioni di euro. Tale finanziamento (il cosiddetto start – up) è stato suddiviso in ragione del numero di dipendenti delle imprese associate alle organizzazioni datoriali promotrici. Per i Fondi costituiti dopo la suddivisione dello stanziamento iniziale (For.Agri, Fon.Ar.Com e Fonder) l’importo dello start - up è stato determinato dal Ministero del Lavoro dopo

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un’analisi delle previsioni di attività formulate dai Fondi interessati attraverso i propri Programmi Operativi di Attività (POA).

Il prospetto seguente illustra nel dettaglio i trasferimenti di risorse a favore di ciascun Fondo Paritetico, sia per quanto riguarda lo start – up, sia per quanto riguarda i trasferimenti dell’INPS.

In particolare, gli importi di provenienza INPS fanno riferimento ai contributi totali accertati dall'INPS, per i periodi di competenza, sino al giugno 2008 e per i periodi di ripartizione sino all’agosto 2008. Gli importi dello start – up sono quelli decretati dal Ministero del Lavoro. Tabella 2.9 - Ricostruzione delle risorse finanziarie assorbite dai Fondi Paritetici Interprofessionali

(Valori assoluti in euro)

Fondi INPS MLSPS - Start – Up Totale For.Agri 297.708,45 6.500.000 6.797.708,45 Fondazienda 83.429,36 0,00 83.429,36 Fon.Ar.Com 4.008.505,43 2.000.000,00 6.008.505,43 Fond.E.R 7.164.813,69 2.000.000,00 9.164.813,69 Fondoprofessioni 13.747.464,39 9.960.801,95 23.708.266,34 Fondo Dirigenti PMI 928.192,79 421.808,27 1.350.001,06 Fondir 26.402.468,81 2.142.184,60 28.544.653,41 Fondirigenti 77.034.006,99 6.466.972,39 83.500.979,38 Fon.Ter 49.312.200,75 5.109.183,91 54.421.384,66 Fondo Formazione PMI 81.280.280,72 21.224.886,39 102.505.167,11 Fondimpresa 605.769.371,53 77.498.371,82 683.267.743,35 For.Te 313.499.275,11 46.066.865,80 359.566.140,91 Fon.Coop 53.993.440,04 8.764.854,07 62.758.294,11 Fondo Artigianato 100.922.207,92 14.857.420,47 115.779.628,39 Totale 1.334.443.365,99 203.013.349,67 1.537.456.715,66

Fonte: Decreti del Ministero del Lavoro e banca dati INPS aggiornata, per i periodi di ripartizione, al 25 settembre 2008; per i periodi di competenza all’8 ottobre 2008

Complessivamente i Fondi dovrebbero aver ricevuto, dal gennaio 2004 ad oggi, 1.537,4 milioni di euro (di cui, 1.334.4 dall’INPS e 203 dal Ministero del Lavoro).

Per quanto riguarda invece la quantificazione delle spese effettuate dai Fondi si deve tener presente che esse, secondo la normativa vigente, esse sono distinte nelle seguenti tre tipologie:

Spese di gestione (non superiori all’8% delle disponibilità annuale per i primi tre anni di attività, al 6% per i successivi due anni e al 4% dal sesto anno in poi);

Spese propedeutiche alla realizzazione dei Piani Formativi (che comprendono tutte quelle spese per attività di supporto e assistenza alle imprese aderenti, per l’informazione e la pubblicità, per le procedure di raccolta, selezione e valutazione delle proposte progettuali, per l’analisi della domanda e dei fabbisogni formativi degli aderenti, per la predisposizione del monitoraggio fisico, finanziario e procedurale);

Spese dirette alla realizzazione dei Piani Formativi.

La terza voce rappresenta naturalmente la parte di gran lunga più rilevante della spesa. I Fondi finanziano i Piani formativi delle imprese attraverso due modalità:

l’Avviso pubblico (con cui stanziano una quota di risorse e raccolgono le proposte provenienti dai territori);

il cosiddetto Conto Aziendale (con cui, tenendo memoria di quanto versato dalla singola impresa, commisurano alle quote versate il contributo erogato).

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Il prospetto seguente illustra nel dettaglio gli stanziamenti dei FPI realizzati attraverso gli Avvisi pubblici. Le somme riportate tengono conto degli eventuali rifinanziamenti operati a fronte di un livello di domanda superiore agli importi di volta in volta stanziati; mentre non tengono conto degli eventuali mancati impieghi per un livello di domanda inferiore all’importo dei singoli Avvisi. Considerando anche tali integrazioni aggiuntive o mancati impieghi si può stimare un impegno complessivo pari a poco meno di 764 milioni di euro. Tabella 2.10 - Stanziamenti effettuati dai Fondi per mezzo di Avvisi pubblici per la raccolta delle proposte

(Valori assoluti in euro - Aggiornamento al 17 novembre 2008)

Fondi Totale Fon.Coop 39.891.683,18 Fon.Ter 75.393.027,96 Fondimpresa 216.837.400,00 Fondir 27.870.000,00 Fondirigenti 20.197.000,00 Fondo Artigianato Formazione 68.583.056,00 Fondo Dirigenti PMI 583.740,00 Fondo Formazione PMI 66.000.000,00 Fondoprofessioni 14.569.695,52 For.Te 228.904.857,76 Fond.Er 3.000.000,00 Fon.Ar.Com 2.000.000,00 Totale 763.830.460,42

NB. I Fondi non compresi nella tabella non avevano ancora emanato Avvisi alla data di aggiornamento della presente elaborazione

Per quanto riguarda il Conto Aziendale (utilizzato al momento da Fondimpresa, Fon.Coop e Fondirigenti) l’ammontare di risorse spese ad oggi può essere stimato con un buon margine di attendibilità in una cifra compresa tra i 40 e i 50 milioni di euro. Si determina quindi una spesa complessiva, per il finanziamento di attività formative, pari a circa 810 milioni di euro.

E’ importante evidenziare che i Fondi Paritetici finanziano Piani formativi con il concorso delle risorse proprie delle imprese beneficiarie dei contributi. Le percentuali di incidenza delle risorse delle imprese sui costi dei Piani possono variare molto tra un Piano Formativo e l’altro, in dipendenza delle strategie seguite da ciascun Fondo, della collocazione settoriale, della dimensione di impresa.

Da stime condotte sul quadriennio 2004 – 2007 le imprese dovrebbe aver partecipato mediamente con una quota compresa tra il 37 e il 40% del costo totale dei Piani finanziati.

A fronte quindi di contributi dei Fondi per un ammontare pari a circa 810 milioni di euro può essere realisticamente stimato un apporto diretto delle imprese per un importo compreso tra i 300 e i 320 milioni di euro, per un costo totale dei Piani formativi fino ad ora approvati superiore ai 1.100 milioni di euro. 2.1.3 I risultati operativi

Per tutto il periodo di start – up i Fondi Paritetici erano tenuti ad inviare i dati di monitoraggio, con cadenza semestrale, secondo un format sintetico previsto dalla Circolare 36/2003 emanata dal Ministero del Lavoro.

A partire dal primo semestre 2008, con l’attivazione del sistema permanente di monitoraggio (realizzato dall’Isfol e da Italia Lavoro S.p.A), i Fondi hanno iniziato a fornire i dati di dettaglio

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relativi alle caratteristiche dei Piani, dei singoli progetti costituenti i Piani, dei lavoratori e delle imprese coinvolte nelle iniziative.

Di seguito si riporta una ricostruzione sintetica delle attività realizzate dal 2004 fino al 31 dicembre 2007 (tratta dai format di sintesi) e, nel successivo paragrafo, una prima elaborazione sui dati di dettaglio provenienti dal nuovo sistema di monitoraggio.

Dalla partenza operativa (collocabile nel secondo semestre del 2004 con l’emanazione dei primi Avvisi pubblici) al 31 dicembre 2007, i Fondi Paritetici hanno approvato 6.125 Piani formativi, coinvolgendo più di 34mila imprese e quasi 764mila lavoratori (tab. 2.11). Tabella 2.11 - Piani formativi approvati, imprese e lavoratori in essi coinvolti dall’avvio delle attività al 31

dicembre 2007

Fondi Piani

Formativi finanziati

Imprese coinvolte

Imprese per

Piano

Lavoratori coinvolti

Lavoratori per Piano

Lavoratori per

Impresa

(A) (B) B/A (C ) C/A C/B Fon.Coop 737 2.690 3,6 26.417 35,8 9,8 Fond.E.R. 21 440 21,0 2.268 108,0 5,2 Fon.Ter (*) 707 1.783 2,5 30.647 43,3 17,2 Fondimpresa 624 10.804 17,3 172.203 276,0 15,9 Fondir 381 596 1,6 8.544 22,4 14,3 Fondirigenti 304 2.350 7,7 12.739 41,9 5,4 Fondo Artigianato Formazione 941 7.221 7,7 34.630 36,8 4,8 Fondo Dirigenti PMI (*) 25 37 1,5 87 3,5 2,4 Fondo Formazione PMI 900 3.339 3,7 23.902 26,6 7,2 Fondoprofessioni (*) 383 1.722 4,5 8.814 23,0 5,1 For.Te 1.102 3.170 2,9 443.368 402,3 139,9 Totale 6.125 34.152 5,6 763.619 124,7 22,4

N.B. I dati riportati sono di diversa natura: alcuni Fondi hanno avuto modo di fornire dati relativi ad attività effettivamente avviate o concluse, altri hanno potuto fornire dati di “approvazione”, relativi cioè a quanto previsto nei Piani formativi. (*) dati aggiornati al 30 giugno 2007 Fonte: Elaborazioni ISFOL - Area Politiche e Offerte per la Formazione Continua su dati MLPS

Il numero di imprese per Piano formativo (un buon indicatore delle strategie seguite dai Fondi per raccogliere e organizzare la domanda) cala ulteriormente rispetto allo scorso anno; in sostanza si diluisce l’effetto dei valori molto elevati registrati nei primi due anni di attività (dovuti alla scelta di alcuni Fondi di finanziare Piani formativi sperimentali di tipo settoriale e territoriale di grandi dimensioni) e, contemporaneamente emerge l’effetto contrario dovuto allo sviluppo progressivo del “conto aziendale”, in genere basato sul finanziamento di Piani monoaziendali.

Al 31 dicembre 2007 era stato raggiunto, mediamente, il 12,3% dei lavoratori delle imprese aderenti (tab. 2.12). Le percentuali di coinvolgimento sono piuttosto basse ed è evidente in questo caso l’effetto diretto del ridotto valore dell’importo procapite del contributo versato dalle imprese per ciascun lavoratore, che è compreso tra i 35 e i 60 euro per i lavoratori dipendenti e tra i 200 e i 250 euro per i dirigenti.

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Tabella 2.12 - Percentuali di coinvolgimento delle imprese aderenti ai Fondi e dei loro lavoratori nei Piani formativi finanziati (aggiornamento al dicembre 2007)

Fondi Adesioni espresse

Imprese coinvolte %

Lavoratori aderenti

Lavoratori coinvolti %

Fon.Coop 11.420 2.690 23,6 415.594 26.417 6,4 Fon.E.R 7.842 440 5,6 100.650 2.268 2,3 Fond.Ter (*) 47.154 1.783 3,8 366.904 30.647 8,4 Fondimpresa 48.518 10.804 22,3 2.456.146 172.203 7,0 Fondir 3.322 596 17,9 24.997 8.544 34,2 Fondirigenti 12.739 2.350 18,4 65.517 11.572 17,7 Fondo Artigianato Formazione 168.773 7.221 4,3 668.035 34.630 5,2 Fondo Dirigenti PMI (*) 538 37 6,9 1.625 87 5,4 Fondo Formazione PMI 38.300 3.339 8,7 442.469 23.902 5,4 Fondoprofessioni (*) 31.374 1.722 5,5 125.625 8.814 7,0 For.Te 92.739 3.170 3,4 1.429.385 443.368 31,0 Totale 481.699 35.601 7,4 6.199.015 762.452 12,3

(*) dati aggiornati al 30 giugno 2007 Fonte: Elaborazioni ISFOL - Area Politiche e Offerte per la Formazione Continua su dati MLPS

Elaborazioni sperimentali sui Piani formativi finanziati nel corso del primo semestre 200830

Come già accennato, i Fondi Paritetici inviano attualmente i dati di dettaglio così come previsto dal nuovo sistema permanente di monitoraggio, entrato nella fase di concreta sperimentazione. I primi flussi sono giunti presso il Ministero del Lavoro nei mesi di luglio – agosto e settembre 2008 e fanno riferimento alle attività formative finanziate nel primo semestre dell’anno. Il prossimo invio (in coerenza con la cadenza semestrale stabilita) è previsto per il gennaio 2009 e sarà relativo alle attività finanziate nel corso del secondo semestre 2008.

I dati sono attualmente in corso di normalizzazione e perfezionamento, è possibile tuttavia presentare i risultati di una serie di elaborazioni test condotte su una parte di essi.

Nel primo semestre 2008 i Fondi hanno approvato complessivamente 2.250 Piani formativi; le elaborazioni seguenti fanno riferimento a circa 400 Piani, espressi in prevalenza dal settore terziario e dei servizi, che coinvolgono circa 800 imprese e 140mila lavoratori per un costo totale pari a 50 milioni di euro. Si tratta dunque (in termini finanziari e di utenti coinvolti), di una quota consistente delle attività e, anche se la concentrazione settoriale non conferisce loro piena rappresentatività di quanto realizzato nel periodo di riferimento, esemplifica alcune delle possibilità del nuovo sistema che entrerà a regime a partire dal gennaio 2009 con i flussi relativi al secondo semestre 2008.

Dai test realizzati emerge in primo luogo una buona presenza di Piani individuali (tab.2.13), attività, quindi, di veloce gestione operativa, caratterizzati da relativa autonomia dei soggetti partecipanti e che, comunque, necessitano della presenza di “regolamentazioni” specifiche dell’offerta formativa che assumono spesso la forma di cataloghi ad hoc.

Il maggior coinvolgimento di imprese e soprattutto di lavoratori viene riscontrato tra i piani aziendali che possono presentarsi anche nella forma interaziendale, che aggregando, quindi, due o più imprese.

30 Il presente paragrafo è frutto del lavoro del gruppo congiunto Isfol e Italia Lavoro che cura la realizzazione del sistema permanente di monitoraggio delle attività formative finanziate dai Fondi Paritetici Interprofessionali.

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Tabella 2.13 – Principali caratteristiche dei Piani formativi per tipologia (val. %)

Tipologia dei Piani Piani Progetti Monte ore Imprese Lavoratori

Aziendali 42,5 61,7 81,9 41,0 89,4 Individuali 49,9 21,7 0,2 23,8 0,2 Settoriali 0,3 0,8 1,3 2,7 0,3 Territoriali 7,3 15,8 16,6 32,5 10,0 Totale 100 100 100 100 100

Fonte: Elaborazioni ISFOL - Area Politiche e Offerte per la Formazione Continua – Italia lavoro S..p.A. su dati del Sistema permanente di monitoraggio delle attività finanziate dai FPI (Sistema Nexus)

Le risorse finanziarie si polarizzano naturalmente sui piani aziendali, il cui costo (oltre 41 milioni di euro) rappresenta circa l’80% del totale (tab. 2.14). Rilevante è il contributo privato delle imprese che raggiunge quasi la metà del costo, soprattutto per i piani aziendali: si tratta di una indicazione importante della capacità dei Fondi di aggregare risorse proprie delle imprese e allargare significativamente il livello di investimento in formazione.

Tabella 2.14 – Parametri finanziari (val. in euro)

Tipologia dei Piani Costo totale Contributo Fondi Contributo imprese Quota % contr. Imprese

Aziendali 41.641.832,04 21.421.381,62 20.220.450,42 48,6

Individuali 758.437,74 494.338,05 264.099,69 34,8

Settoriali 215.422,50 150.000,00 65.422,50 30,4

Territoriali 6.406.131,11 4.142.468,00 2.263.663,11 35,3

Totale 49.021.823,39 26.208.187,67 22.813.635,72 46,5 Fonte: Elaborazioni ISFOL - Area Politiche e Offerte per la Formazione Continua – Italia lavoro S..p.A. su dati del Sistema permanente di monitoraggio delle attività finanziate dai FPI (Sistema Nexus)

La distribuzione dei Piani per le classi di costo si concentra essenzialmente su due dimensioni finanziarie (tab. 2.15): da una parte si rileva una prevalenza di Piani che hanno un costo contenuto, compreso tra i 2.500 e i 5.000 euro, evidentemente relazionati alla tipologia dei Piani individuali; dall’altra, vi è una quota altrettanto rilevante di Piani con un costo di oltre 100.000 euro (oltre il 35%). Tabella 2.15 - Principali caratteristiche dei Piani formativi per classi di costo (val. %)

Classi di costo Piani Progetti Costo totale Monte ore Imprese Lavoratori

Fino a 2.500 3,7 1,5 0,1 0,0 1,7 0,0 Da 2.500 a 5.000 36,3 15,8 1,0 0,1 17,3 0,1 Da 5.000 a 10.000 10,4 4,7 0,5 0,1 5,0 0,1 Da 10.000 a 20.000 2,3 2,1 0,3 0,3 1,1 0,4 Da 20.000 a 50.000 3,9 5,3 1,0 0,7 2,2 1,0 Da 50.000 a 100.000 7,9 10,2 4,2 2,9 7,7 3,3 Da 100.000 a 250.000 14,9 25,2 18,7 18,8 27,6 17,9 Superiore a 250.000 20,6 35,1 74,3 77,2 37,5 77,2 Totale 100 100 100 100 100 100

Fonte: Elaborazioni ISFOL - Area Politiche e Offerte per la Formazione Continua – Italia lavoro S..p.A. su dati del Sistema permanente di monitoraggio delle attività finanziate dai FPI (Sistema Nexus)

In questo caso si tratta di grandi Piani articolati in numerosi progetti che coinvolgono il 95% dei lavoratori e oltre il 65% delle imprese; tra di essi sono presenti senz’altro i settoriali e i

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territoriali ma, soprattutto, i Piani delle grandi imprese. Ciò è ben sintetizzato nella tabella seguente relativa ai costi unitari dove i Piani aziendali (e interaziendali) hanno un costo unitario sensibilmente maggiore. Tabella 2.16 – Costi totali per tipologia di Piano (euro)

Tipologia piano Costo totale per piano Aziendale 275.773,7 Individuale 4.285,0 Settoriale 215.422,5 Territoriale 246.389,7

Fonte: Elaborazioni ISFOL - Area Politiche e Offerte per la Formazione Continua – Italia lavoro S..p.A. su dati del Sistema permanente di monitoraggio delle attività finanziate dai FPI (Sistema Nexus)

I costi unitari per singoli partecipante sono effettivamente contenuti (tab. 2.17). Del resto, come vedremo oltre, la maggior parte dei partecipanti è stata coinvolta in attività di breve respiro (circa il 62% in iniziative di durata inferiore alle 40 ore). Il costo orario (ottenuto dal rapporto tra il costo totale dei Piani sottoposti al test e il monte ore di formazione) è pari a 6,6 euro; anch’esso, quindi, molto contenuto rispetto a quanto riscontrato tradizionalmente.

Tabella 2.17 – Dimensione finanziaria per Piano, impresa, partecipante (euro)

Per Piano Per Impresa Per Partecipante Costo unitario totale 138.089,6 65.889,5 361,1 Contributo unitario Fondo 73.825,9 35.226,1 193,1 Contributo unitario privato 64.263,8 30.663,5 168,1

Fonte: Elaborazioni ISFOL - Area Politiche e Offerte per la Formazione Continua – Italia lavoro S..p.A. su dati del Sistema permanente di monitoraggio delle attività finanziate dai FPI (Sistema Nexus)

Il livello a cui si svolge la mediazione tra le Parti sociali che condividono i Piani formativi potrà contribuire, nel tempo, alla definizione di una mappatura delle relazioni tra le organizzazioni e al monitoraggio delle caratteristiche stesse della mediazione (tab.2.18). A livello di parte imprenditoriale si osserva nel test una polarizzazione dei soggetti firmatari a livello dell’impresa (sia per quanto riguarda la quantità di Piani “mediati” che per i relativi costi) rispondente alla preponderanza di Piani aziendali. Per la parte sindacale non si riscontra un’analoga simmetria: nel caso specifico prevale il ruolo del livello territoriale, a fronte di una minore consistenza della parte aziendale (RSU e RSA): situazione riconducibile in parte alla partecipazione di imprese di minori dimensioni che inevitabilmente innalza il livello della mediazione. Tabella 2.18 – Caratteristiche della Condivisione dei Piani (val. %)

Soggetti della condivisione dei Piani Piani Costo totale

Parte Imprenditoriale 100,0 100,0Impresa 84,8 72,5 Nazionale 2,5 7,1 Settoriale 0,8 1,6 Territoriale 11,9 18,8

Parte Sindacale 100,0 100,0Nazionale 15,1 29,6 RSA 17,2 24,3 RSU 6,6 5,4 Settoriale 1,6 3,7 Territoriale 59,5 37,0

Fonte: Elaborazioni ISFOL - Area Politiche e Offerte per la Formazione Continua – Italia lavoro S..p.A. su dati del Sistema permanente di monitoraggio delle attività finanziate dai FPI (Sistema Nexus)

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Rapporto 2008 sulla formazione continua 97

L’analisi delle finalità dei Piani (così come dichiarate dai proponenti) offre una chiave di lettura centrale circa i contenuti e gli obiettivi dell’azione formativa: ed è inoltre una di quelle dimensioni che può fornire informazioni strategiche a tutti quei soggetti impegnati nella programmazione e gestione delle politiche di sostegno alla formazione continua a livello territoriale e settoriale.

Nell’interpretazione della tabella seguente si deve tener conto che ogni singolo Piano formativo può avere più Finalità (si tratta quindi di una variabile multipla, come alcune altre che seguiranno più oltre). Ai fini di una lettura immediata e limitatamente all’attuale fase di test si propone l’evidenziazione di un indicatore compreso tra 0 e 10 che misura la frequenza con cui le diverse modalità si manifestano. Si dirà, dunque, che la finalità relativa alla Competitività di impresa/Innovazione compare nella maggioranza delle proposte approvate (frequenza pari a 6,8) che i Piani in cui viene dichiarata questa finalità coinvolgono il maggior numero di imprese (frequenza pari a 8,2) e di lavoratori (8,7). Notevole importanza assume anche la Competitività di tipo settoriale, e il Mantenimento/aggiornamento delle competenze. Relativamente poco presenti le finalità di tipo “difensivo”: si tratta di un elemento senz’altro positivo, anche se legato a Piani formativi del primo semestre 2008 (quindi in un periodo ante – crisi) e concentrati, come accennato, nel settore terziario e dei servizi. Tabella 2.19 – Frequenza delle diverse Finalità dichiarate nei Piani formativi (indicatore con valore

compreso tra 0 e 10)

Finalità Piani approvati

Imprese coinvolte

Lavoratori coinvolti

Competitività d'impresa / Innovazione 6,8 8,2 8,7 Competitività settoriale 3,4 4,1 4,7 Delocalizzazione/Internazionalizzazione 0,6 0,8 0,4 Formazione ex-lege (obbligatoria) 0,0 0,0 0,0 Formazione in ingresso 0,7 0,7 1,5 Mantenimento occupazione 1,4 2,4 1,9 Mantenimento/aggiornamento delle competenze 4,3 2,1 0,0 Mobilità esterna, outplacement, ricollocazione 0,3 0,4 0,6 Sviluppo locale 1,0 3,3 1,4

Fonte: Elaborazioni ISFOL - Area Politiche e Offerte per la Formazione Continua – Italia lavoro S..p.A. su dati del Sistema permanente di monitoraggio delle attività finanziate dai FPI (Sistema Nexus)

Allo stesso modo un indicatore di assorbimento finanziario (tab. 2.20) evidenzia un impegno preponderate sempre sulle medesime modalità. Dal confronto tra le due elaborazioni emerge inoltre che i Piani in cui viene dichiarata la finalità Mantenimento occupazionale assorbono relativamente più risorse rispetto alla loro incidenza numerica, mentre i Piani indirizzati al Mantenimento/aggiornamento delle competenze ne assorbono meno perché, con ogni probabilità, realizzati attraverso la modalità individuale (voucher), solitamente meno costosa.

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Rapporto 2008 sulla formazione continua 98

Tabella 2.20 – Assorbimento finanziario delle diverse finalità (indicatore con valore compreso tra 0 e 10)

Finalità dei Piani Costo totale Contributo Fondi Contributo Imprese Competitività d'impresa / Innovazione 8,9 9,0 8,7 Competitività settoriale 3,6 3,8 3,4 Dato non presente 0,0 0,0 0,0 Delocalizzazione/Internazionalizzazione 0,8 0,8 0,8 Formazione ex-lege (obbligatoria) 0,0 0,0 0,0 Formazione in ingresso 1,2 1,2 1,2 Mantenimento occupazione 2,7 2,7 2,8 Mantenimento/aggiornamento delle competenze 0,1 0,2 0,1 Mobilità esterna, outplacement, ricollocazione 1,2 1,0 1,4 Sviluppo locale 1,6 1,8 1,4

Fonte: Elaborazioni ISFOL - Area Politiche e Offerte per la Formazione Continua – Italia lavoro S..p.A. su dati del Sistema permanente di monitoraggio delle attività finanziate dai FPI (Sistema Nexus)

L’incidenza territoriale (misurata anche in questo caso attraverso un indicatore con valore da 0 a 10) conferma in buona sostanza la distribuzione delle adesioni ai Fondi Paritetici nelle diverse amministrazioni; tuttavia, trattandosi in prevalenza di Piani espressi dal terziario e servizi una forte quota è presente nel Lazio e in Toscana, oltre che in Lombardia, Emilia Romagna, Veneto e Piemonte (tab. 2.21). Tabella 2.21 – Incidenza territoriale per Regione (indicatore con valore compreso tra 0 e 10)

Regioni Piani approvati

Imprese coinvolte

Lavoratori coinvolti

Abruzzo 0,2 0,2 0,3 Basilicata 0,1 0,2 0,6 Calabria 0,1 0,1 0,1 Campania 0,9 0,9 0,8 Emilia Romagna 1,4 2,1 2,3 Friuli Venezia Giulia 0,0 0,0 0,0 Lazio 2,9 3,2 2,0 Liguria 0,3 0,4 0,3 Lombardia 2,5 2,8 2,2 Marche 0,3 0,6 0,4 Molise 0,1 0,1 0,2 Piemonte 1,5 1,6 1,3 Puglia 0,6 0,6 1,2 Sardegna 0,1 0,0 0,1 Sicilia 0,6 0,5 0,8 Toscana 1,6 1,7 1,3 Trentino Alto Adige 0,1 0,0 0,1 Umbria 0,2 0,3 0,2 Val d'Aosta 0,0 0,0 0,0 Veneto 1,4 2,2 2,0

NB Tra i piani elaborati non ve sono di approvati per il Friuli e la Valle d’Aosta. Ciò non assume alcun senso particolare trattandosi di un numero di Piani relativamente limitato approvati nell’arco di un singolo semestre. Fonte: Elaborazioni ISFOL - Area Politiche e Offerte per la Formazione Continua – Italia lavoro S..p.A. su dati del Sistema permanente di monitoraggio delle attività finanziate dai FPI (Sistema Nexus)

A parte alcune eccezioni non si riscontrano differenze territoriali nei contributi finanziari delle imprese alla realizzazione dei Piani. Emerge, comunque, un valore molto elevato pari, in media, al 50% che è, del resto, anch’esso caratteristico del terziario (tab. 2.22).

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Rapporto 2008 sulla formazione continua 99

Tabella 2.22 – Contributi delle imprese (val. %)

Regioni Costo totale Contributo Fondo Contributo privato Abruzzo 100,0 46,7 53,3 Basilicata 100,0 63,3 36,7 Calabria 100,0 67,5 32,5 Campania 100,0 48,1 51,9 Emilia Romagna 100,0 50,2 49,8 Friuli Venezia Giulia _ _ _ Lazio 100,0 48,9 51,1 Liguria 100,0 47,1 52,9 Lombardia 100,0 47,8 52,2 Marche 100,0 50,7 49,3 Molise 100,0 47,1 52,9 Piemonte 100,0 48,1 51,9 Puglia 100,0 54,6 45,4 Sardegna 100,0 42,1 57,9 Sicilia 100,0 47,9 52,1 Toscana 100,0 49,3 50,7 Trentino Alto Adige 100,0 70,0 30,0 Umbria 100,0 53,4 46,6 Val d'Aosta _ _ _ Veneto 100,0 49,5 50,5

Fonte: Elaborazioni ISFOL - Area Politiche e Offerte per la Formazione Continua – Italia lavoro S..p.A. su dati del Sistema permanente di monitoraggio delle attività finanziate dai FPI (Sistema Nexus)

I Piani del test hanno una durata media di 13 mesi (tab. 2.23), più lunga per quelli complessi, come i Settoriali e i Territoriali che, oltre a prevedere numerose iniziative progettuali, sono caratterizzati dalla necessità di coordinare un numero elevato di soggetti partecipanti a diverso titolo (organismi realizzatori, imprese di diversa dimensione, beneficiari con caratteristiche diverse). Analogamente la durata media dei Piani cresce progressivamente con l’aumentare del costo (tab. 2.24). Tabella 2.23 – Durata dei Piani per tipologia

Tipologia dei piani Durata media dei piani in mesi Aziendale 15,2 Individuale 10,5 Settoriale 19,0 Territoriale 16,7 Media 13,0

Fonte: Elaborazioni ISFOL - Area Politiche e Offerte per la Formazione Continua – Italia lavoro S..p.A. su dati del Sistema permanente di monitoraggio delle attività finanziate dai FPI (Sistema Nexus)

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Rapporto 2008 sulla formazione continua 100

Tabella 2.24 - Durata dei Piani per classi di costo Classi di costo Durata media dei piani in mesi Fino a € 2.500 9,1 Da € 2.500 a € 5.000 9,5 Da € 5.000 a € 10.000 14,8 Da € 10.000 a € 20.000 11,4 Da € 20.000 a € 50.000 11,6 Da € 50.000 a € 100.000 14,6 Da € 100.000 a € 250.000 15,4 Superiore a € 250.000 17,1 Media 13,0

Fonte: Elaborazioni ISFOL - Area Politiche e Offerte per la Formazione Continua – Italia lavoro S..p.A. su dati del Sistema permanente di monitoraggio delle attività finanziate dai FPI (Sistema Nexus)

Molto interessate la polarizzazione che emerge tra la dimensione dei Piani in termini di lavoratori partecipanti (tab. 2.25). Risultano prevalenti i Piani individuali accanto ai Piani di maggiore dimensione (con più di 80 unità). Naturalmente il costo si concentra su quelli di grande dimensione. Tabella 2.25 – Numerosità dei partecipanti (val. %)

Classi di numerosità Piani Costo 1 Partecipante 32,7 0,9 Da 2 a 5 16,6 0,6 Da 6 a 10 1,1 0,1 Da 11 a 20 0,8 0,1 Da 21 a 35 1,1 0,3 Da 36 a 50 1,7 0,4 Da 51 a 80 2,5 1,0 Più di 80 43,4 96,6 Totale 100 100

Fonte: Elaborazioni ISFOL - Area Politiche e Offerte per la Formazione Continua – Italia lavoro S..p.A. su dati del Sistema permanente di monitoraggio delle attività finanziate dai FPI (Sistema Nexus)

Di grande importanza sono le elaborazioni praticabili sui singoli Progetti costituenti i Piani che rappresentano il vero momento operativo.

Dal test realizzato emerge una ripartizione non troppo tradizionale dei Progetti tra i diversi soggetti attuatori (tab. 2.26). Esiste una sensibile prevalenza degli Enti/Agenzie formative ma si evidenzia, comunque, un ruolo forte dei soggetti fornitori non tradizionali: vi sono infatti 354 progetti realizzati imprese e società di consulenza operanti sul mercato.

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Rapporto 2008 sulla formazione continua 101

Tabella 2.26 – Gli organismi realizzatori delle attività formative (valori assoluti)

Organismi attuatori Progetti Ente di formazione/Agenzia formativa 421 Società di consulenza e/o formazione 195 Impresa Beneficiaria 130 Altra impresa in qualità di fornitrice di beni e servizi formativi connessi 29 Istituto scolastico pubblico o privato 1 Consorzio di Imprese Beneficiarie 0 Ente ecclesiastico 0 Impresa controllante e/o appartenente allo stesso gruppo 0 Istituti, Centri o Società di ricerca pubblici o privati 0 Università 0

Dato non presente 169Totale 945

Fonte: Elaborazioni ISFOL - Area Politiche e Offerte per la Formazione Continua – Italia lavoro S.p.A. su dati del Sistema permanente di monitoraggio delle attività finanziate dai FPI (Sistema Nexus)

Per quanto riguarda le Tematiche formative si registra una estrema varietà tra i diversi Progetti. Le più frequenti incidono sui diversi ambiti di competenza relativi alle funzioni vitali caratteristiche delle imprese del terziario (oggetto prevalente del test), come la gestione aziendale, la vendita e il marketing, l’amministrazione e le abilità personali (tab. 2.27). Accanto ad esse spiccano anche tematiche trasversali come le lingue e soprattutto la sicurezza e salute nei luoghi di lavoro. Tabella 2.27 - Frequenza delle diverse Tematiche Formative nei Progetti costituenti i Piani (indicatore con

valore compreso tra 0 e 10)

Tematiche Formative Progetti costituenti i Piani Imprese coinvolte Lavoratori coinvolti

Conoscenza del contesto lavorativo 3,6 3,1 3,7 Contabilità, finanza 2,4 2,2 2,4 Gestione aziendale (risorse umane, qualità, ecc) e amministrazione

5,9 4,9 6,4

Informatica 5,1 4,2 3,5 Lavoro d'ufficio e di segreteria 0,7 0,5 0,3 Lingue straniere, italiano per stranieri 3,5 3,7 1,9 Salute e sicurezza sul lavoro 4,2 4,0 5,1 Salvaguardia ambientale 0,4 0,5 0,4 Sviluppo delle abilità personali 5,6 5,5 5,5 Tecniche e tecnologie di produzione dell'agricoltura, della zootecnica e della pesca

0,0 0,1 0,3

Tecniche e tecnologie di produzione della manifattura e delle costruzioni

0,3 0,4 0,1

Tecniche, tecnologie e metodologie per l'erogazione di servizi economici

1,4 0,9 2,5

Tecniche, tecnologie e metodologie per l'erogazione di servizi sanitari e sociali

0,6 0,7 0,5

Vendita, marketing 4,9 5,1 6,1 Fonte: Elaborazioni ISFOL - Area Politiche e Offerte per la Formazione Continua – Italia lavoro S..p.A. su dati del Sistema permanente di monitoraggio delle attività finanziate dai FPI (Sistema Nexus)

Per ciò che concerne le Metodologie formative si conferma fin troppo l’impronta tradizionale (tab.2.28). Gli indicatori pongono in evidenza come l’aula sia di fatto la metodologia presente in tutti i progetti e del tutto marginale siano il training on the job e la partecipazione a convegni, workshop ed attività outdoor.

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Rapporto 2008 sulla formazione continua 102

Tabella 2.28 - Frequenza delle diverse Metodologie Formative nei Progetti costituenti i Piani (indicatore con valore compreso tra 0 e 10)

Metodologie Formative Progetti costituenti i Piani

Imprese coinvolte

Lavoratori coinvolti

Aula 9,8 9,8 9,2 Partecipazione a circoli di qualità o gruppi di auto-formazione

0,0 0,0 0,0

Partecipazione a convegni, workshop o presentazione di prodotti/servizi

0,1 0,1 0,1

Training on the job 0,4 0,6 0,6 Autoapprendimento mediante formazione a distanza, corsi di corrispondenza o altre modalità

0,0 0,0 0,0

Rotazione programmata nelle mansioni lavorative, affiancamento e visite di studio

0,0 0,0 0,0

Fonte: Elaborazioni ISFOL - Area Politiche e Offerte per la Formazione Continua – Italia lavoro S..p.A. su dati del Sistema permanente di monitoraggio delle attività finanziate dai FPI (Sistema Nexus)

La durata delle singole iniziative (tab. 2.29) è, ovviamente, una variabile di fondamentale importanza. Emerge una forte polarizzazione tra iniziative di brevissima durata (fino ad 8 ore), nelle quali è stato coinvolto circa un terzo dei destinatari, accanto ad iniziative più lunghe, superiori alle 80 ore, che coinvolgono un significativo 21%. In sintesi, la maggioranza delle iniziative ha una durata inferiore alla 40 ore. Tabella 2.29 – Durata dei Progetti (val. %)

Classi di durata Progetti costituenti i Piani Lavoratori coinvolti

Fino a 8 ore 7,2 29,3 Da 8 a 16 ore 13,5 6,8 Da 16 a 24 ore 13,4 8,8 Da 24 a 32 ore 8,8 9,0 Da 32 a 40 ore 14,2 7,7 Da 40 a 48 ore 9,6 6,6 Da 48 a 56 ore 3,4 2,7 Da 56 a 64 ore 6,2 4,0 Da 64 a 72 ore 2,3 1,7 Da 72 a 80 ore 3,1 2,4 Più di 80 ore 18,4 21,0 Totale 100 100

Fonte: Elaborazioni ISFOL - Area Politiche e Offerte per la Formazione Continua – Italia lavoro S..p.A. su dati del Sistema permanente di monitoraggio delle attività finanziate dai FPI (Sistema Nexus)

Le elaborazioni appena presentate saranno considerevolmente ampliate ad arricchite dopo la fase di test dei dati (ancor più in coincidenza con il secondo invio semestrale previsto per il mese di Gennaio 2009), attraverso ulteriori analisi e con l’elaborazione delle variabili relative alle caratteristiche dei lavoratori e dalle imprese coinvolte. 2.1.4 Gli Avvisi pubblici per la raccolta delle proposte formative

Nelle pagine seguenti viene fornita una schematizzazione delle caratteristiche degli Avvisi pubblici dei Fondi Paritetici Interprofessionali, considerando quelli emanati nel biennio 2007 – 2008. Viene data evidenza agli elementi salienti: le eventuali priorità; la tipologia dei lavoratori coinvolti; la tipologia e le modalità di intervento; i contributi unitari concessi; i vincoli relativi alle durate degli interventi, al costo ora/allievo e alle forme di certificazione dei percorsi.

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Rapporto 2008 sulla formazione continua 103

Tavola 2.2 - FON.AR.COM Priorità Tipologia di

lavoratori coinvolti Tipologia e modalità di intervento

Durata in ore degli interventi

Contributi unitari Costo ora/allievo

Avviso 1/2008 Sicurezza e prevenzione nei luoghi di lavoro Adeguamento competenze professionali in tema di innovazione Allineamento delle competenze aziendali in tema di internazionalizzazione

Lavoratori con contratto a tempo indeterminato; a tempo determinato; lavoratori temporaneamente sospesi per crisi congiunturale, riorganizzazione aziendale e/o riduzione temporanea di attività

Piani settoriali, territoriali, distrettuale, di filiera, aziendale, individuale

Media di formazione 30 ore

16.800 euro per progetto

Avviso 2/2008 Prevenzione, salute sul lavoro, cultura della sicurezza del lavoro

Lavoratori con contratto a tempo indeterminato; a tempo determinato; lavoratori temporaneamente sospesi per crisi congiunturale, riorganizzazione aziendale e/o riduzione temporanea di attività

Piani settoriali, territoriali, distrettuale, di filiera, aziendale, individuale per la prevenzione, salute e cultura della sicurezza del lavoro

Media di formazione 30 ore

16.800 euro per progetto

Avviso 3/2008 Adeguamento competenze professionali in tema di innovazione Allineamento delle competenze aziendali in tema di internazionalizzazione

Lavoratori con contratto a tempo indeterminato; a tempo determinato; lavoratori temporaneamente sospesi per crisi congiunturale, riorganizzazione aziendale e/o riduzione temporanea di attività

Piani settoriali, territoriali, distrettuale, di filiera, aziendale, individuale

Media di formazione 30 ore

16.800 euro per progetto

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Rapporto 2008 sulla formazione continua 104

Tavola 2.3. - FON.COOP Priorità Tipologia di

lavoratori coinvolti Tipologia e modalità di intervento

Durata in ore degli interventi

Contributi unitari Costo ora/allievo

Avviso 1/2007 Soci lavoratori e lavoratori non soci di imprese cooperative aderenti al Fondo

Piani aziendali concordati a valere sul Conto formativo aziendale e Piani aziendali standard o innovativi a valere sul Fondo di rotazione, possono includere i voucher

Devono essere previste almeno 16 ore di formazione per partecipante

Per i piani sul Fondo di Rotazione possono essere previsti dei voucher individuali il cui importo è di 1.500 euro oppure il contributo massimo richiesto varia per il numero di imprese presentatrici del piano da un minimo di 18.000 euro (1 impresa) ad un max. di 120.000 euro (oltre 5 imprese)

per i piani sul Fondo di Rotazione il costo ora/allievo varia in base al numero delle imprese beneficiarie e per piani standard varia da un minimo di 20 euro ad un max. di 26 euro mentre per i piani innovativi varia da un minimo di 22 ad un massimo di 28 euro.

Avviso 2/2007 Soci lavoratori e lavoratori non soci di imprese cooperative aderenti al Fondo

Piani territoriali concordati nelle Regioni del Centro Sud

Per i piani max. 120.000 euro Per i voucher individuali max. 1.500 euro

Il costo varia tra i 24 e i 28 euro per numero di imprese beneficiarie

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Rapporto 2008 sulla formazione continua 105

(segue FonCoop) Avviso 3/2007 Soci lavoratori e

lavoratori non soci di imprese cooperative aderenti al Fondo

Piani formativi aziendali sulla sicurezza

Il contributo massimo richiesto varia per il numero di lavoratori per impresa da un minimo di 18.000 euro (impresa fino a 49 lav.) ad un max. di 60.000 euro (oltre 250 lav.) Nel caso di paini pluriaziendali con 5 o più imprese il contributo max. è di 250.000 euro. Per i piani pluriaziendali ad alto valore strategico è riconosciuto un importo max. di 300.000 euro. Per i voucher individuali max. 1.500 euro

Costo massimo ora allievo: 25 euro

Avviso 1/2008 Soci lavoratori e lavoratori non soci di imprese cooperative aderenti al Fondo

Piani formativi aziendali di tipo complesso o standard

Il contributo massimo richiesto varia per il numero di lavoratori per impresa da un minimo di 20.000 euro (impresa fino a 49 lav.) ad un max. di 80.000 euro (oltre 250 lav.)

Il costo varia tra i 20 e i 28 euro per numero di imprese beneficiarie e per tipologia di Piano

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Rapporto 2008 sulla formazione continua 106

Tavola 2.4. - FON.TER Priorità Tipologia di

lavoratori coinvolti Tipologia e modalità di intervento

Durata in ore degli interventi

Contributi unitari Costo ora/allievo

Avviso 1/2007 Progetti formativi aziendali, interaziendali, settoriali, territoriali e individuali

Avviso 1/2008 Il piano formativo stabilisce le priorità di intervento, a livello nazionale, ed è specifico per i diversi settori appartenenti al Fondo. Il 70% delle risorse è riservato ad aziende che non abbiano mai beneficiato di finanziamenti

Lavoratori/trici soggetti/e al contributo dello 0,30% con contratto a tempo indeterminato; a tempo determinato con anzianità pari o superiore a 3 mesi; lavoratori/trici di aziende in crisi congiunturale, riorganizzazione e riduzione temporanea di attività.

Progetti formativi aziendali, interaziendali, settoriali e territoriali

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Rapporto 2008 sulla formazione continua 107

Tavola 2.5. - FONDIMPRESA Priorità Tipologia di

lavoratori coinvolti Tipologia e modalità di intervento

Durata in ore degli interventi

Contributi unitari Costo ora/allievo

Avviso 1/2007 Nell’ambito di ciascun piano i lavoratori devono prevenire almeno per l’75% da imprese aderenti con meno di 200 dipendenti

Lavoratori occupati per i quali esiste l’obbligo del versamento del contributo dello 0,30%.

Piani territoriali, settoriali

Importo variabile tra un minimo di 150.000 e un max. di 300.000 euro

Per Piano: 160 euro 165 euro nel caso di FAD, affiancamento, training on the job, coaching

Avviso 1/2008 Lavoratori occupati per i quali esiste l’obbligo del versamento del contributo dello 0,30%.

Piani aziendali, territoriali e settoriali anche multiregionali per l’innalzamento dei livelli di sicurezza sul lavoro

Le azioni formativa dovranno avere una durata compresa tra le 8 e le 80 ore

Importo variabile tra un minimo di 70.000 e un max. di 200.000 euro

Per Piano: 165euro

Avviso 2/2008 Lavoratori occupati per i quali esiste l’obbligo del versamento del contributo dello 0,30%.

Piani formativi territoriali e settoriali (di rete e di filiere produttive)

Le azioni formativa dovranno avere una durata compresa tra le 8 e le 80 ore

Importo variabile tra un minimo di 50.000 ad un max. di 800.000 euro

Per Piano: 165euro

Avviso 3/2008 Piccole imprese che hanno maturato nel Conto formazione meno di 8.000 euro

Lavoratori occupati per i quali esiste l’obbligo del versamento del contributo dello 0,30%.

Piani formativi aziendali anche con l’utilizzo dei voucher formativi

Max. 8.000 euro

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Rapporto 2008 sulla formazione continua 108

Tavola 2.6. - FONDIRIGENTI Priorità Tipologia di

lavoratori coinvolti Tipologia e modalità di intervento

Durata in ore degli interventi

Contributi unitari Costo ora/allievo

Avviso 1/2008 Imprese con sede dell’area Ob.1 Imprese con meno di 30 dirigenti Iniziative pluriaziendali collaborazione Nord/Sud Iniziative di filiera Formazione rivolta a donne manager

Dirigenti Piani formativi territoriali e settoriali finalizzati: - Tema 1 sviluppo

competenze dei dirigenti

- Tema 2 promozione di iniziative strategiche per la crescita delle imprese e del sistema economico

Min. 100.000 euro per Piano

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Rapporto 2008 sulla formazione continua 109

Tavola 2.7. - FONDIR Priorità Tipologia di

lavoratori coinvolti Tipologia e modalità di intervento

Durata in ore degli interventi

Contributi unitari Costo ora/allievo

Avviso 1/2007 Dirigenti le cui imprese hanno aderito a Fondir

Piani aziendali, settoriali e territoriali per i comparti commercio-turismo-servizi e logistica-spedizioni-trasporti. Piani aziendali per i comparti creditizio-finanziario e assicurativo. Percorsi individuali per tutti i settori

Per il comparto creditizio-finanziario e assicurativo contributo max. 100.000 euro. Il contributo concesso per piano settoriale o territoriale è di euro 100.000 euro. Il contributo concesso per piano aziendale è di euro 80.000 euro. Contributo per dirigente 6.000€

Contributo orario 100 euro per i progetti individuali; 90 euro per piano.

Avviso 2/2007 Dirigenti le cui imprese hanno aderito a Fondir

Voucher formativi a valere sulla Bacheca Fondir

Voucher max. 6.000 euro

Il contributo massimo varia a seconda della durata e della tipologia

Avviso 1/2008 Dirigenti le cui imprese hanno aderito a Fondir

Voucher formativi a valere sulla Bacheca Fondir

Voucher max. 6.000 euro

Avviso 2/2008 Dirigenti le cui imprese hanno aderito a Fondir

Piani aziendali, settoriali e territoriali per i comparti commercio-turismo-servizi e logistica-spedizioni-trasporti. Piani aziendali per i comparti creditizio-finanziario e assicurativo.

Per il comparto creditizio-finanziario e assicurativo contributo max. 100.000 euro, per piani con più di 16 dir. 200.000 euro. Il contributo concesso per piano settoriale o territoriale è di euro 100.000 euro. Il contributo concesso per piano aziendale è di euro 80.000 euro. Contributo per dirigente 6.000€

Contributo orario 100 euro per i progetti individuali; 90 euro per allievo

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Rapporto 2008 sulla formazione continua 110

Tavola 2.8. - FONDO ARTIGIANATO FORMAZIONE Priorità Tipologia di

lavoratori coinvolti Tipologia e modalità di intervento

Durata in ore degli interventi

Contributi unitari Costo ora/allievo

Avviso 1/ 2007 Attività formative di tipo preventivo e/o curativo

Lavoratori con contratto a tempo indeterminato, esclusi gli apprendisti, determinato con anzianità pari o superiore a 9 mesi e lavoratori temporaneamente sospesi per crisi congiunturale, riorganizzazione aziendale e/o riduzione temporanea di attività.

Piani formativi aziendali, settoriali, individuali, territoriali, (per quest’ultimi è prevista anche una dimensione distrettuale o di filiera), intersettoriale e interaziendale.

Da 16 a 80 ore, nell’avviso 8 il max. è 120

Da 21 a 28 euro, per attività che coinvolgono da 6 a 12 lavoratori; da 19 a 24 euro per attività che coinvolgono oltre 12 lavoratori. A partire dall’avviso 8 24 euro per progetti che prevedono più di una edizione

Avviso 2/ 2007 I Piani formativi concordati con le parti sociali con priorità declinate a livello regionale

Lavoratori con contratto a tempo indeterminato, determinato e lavoratori temporaneamente sospesi per crisi congiunturale, riorganizzazione aziendale e/o riduzione temporanea di attività.

Piani formativi aziendali, settoriali, individuali, territoriali, (per quest’ultimi è prevista anche una dimensione distrettuale o di filiera), intersettoriale e interaziendale.

Da 16 a 120 ore Costi che variano a secondo del numero dei lavoratori e delle tipologie di attività formative e comunque da un minimo di 19 euro ad un max. di 33 euro

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Rapporto 2008 sulla formazione continua 111

(segue Fondo Artigianato Formazione) Avviso 3/ 2007 Ogni area di intervento

è articolato in priorità specifiche

Lavoratori con contratto a tempo indeterminato, determinato e lavoratori temporaneamente sospesi per crisi congiunturale, riorganizzazione aziendale e/o riduzione temporanea di attività.

Piani formativi (vedi tipologie avviso 9) predisposti a sostegno di specifiche aree di intervento: -sostegno occupazione femminile; - inserimento ed integrazione lavoratori immigrati; - adeguamento competenze in caso di crisi aziendali; - sostegno e sviluppo di filiere e distretti produttivi; - alta formazione

Da 16 a 120 ore Costi che variano a secondo del numero dei lavoratori e delle tipologie di attività formative e comunque da un minimo di 19 euro ad un max. di 33 euro

Avviso 4/ 2007 Ogni settore individua priorità specifiche

Lavoratori con contratto a tempo indeterminato, determinato e lavoratori temporaneamente sospesi per crisi congiunturale, riorganizzazione aziendale e/o riduzione temporanea di attività.

Piani formativi settoriali predisposti a sostegno delle categorie produttive e dei settori di attività

Da 16 a 120 ore Costi che variano a secondo del numero dei lavoratori e delle tipologie di attività formative e comunque da un minimo di 19 euro ad un max. di 33 euro

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Rapporto 2008 sulla formazione continua 112

(segue Fondo Artigianato Formazione) Avviso 5/ 2007 Priorità specifiche:

- favorire la partecipazione dei lavoratori di filiere e distretti;

- rafforzare l’occupabilità;

- supportare processi per rafforzare la competitività;

- favorire lo sviluppo di reti e scambi di esperienze

Lavoratori con contratto a tempo indeterminato, determinato e lavoratori temporaneamente sospesi per crisi congiunturale, riorganizzazione aziendale e/o riduzione temporanea di attività.

Piani formativi (vedi tipologie avviso 9) rivolti al sostegno dello sviluppo locale dei territori regionali del Mezzogiorno

Da 16 a 120 ore Costi che variano a secondo del numero dei lavoratori e delle tipologie di attività formative e comunque da un minimo di 19 euro ad un max. di 33 euro

Avviso 1/ 2008 Lavoratori con contratto a tempo indeterminato, determinato e lavoratori temporaneamente sospesi per crisi congiunturale, riorganizzazione aziendale e/o riduzione temporanea di attività.

Piano formativo nazionale per implementare gli standard di prevenzione degli infortuni sul lavoro e di tutela della salute e della sicurezza negli ambienti di lavoro Previste 2 linee di finanziamento: una dedicata ai Progetti di eccellenza per il Mezzogiorno, la seconda dedicata a progetti presentati a valere su stanziamenti regionali

Da 16 a 40 ore Costi che variano a secondo del numero dei lavoratori e delle tipologie di attività formative e comunque da un minimo di 19 euro ad un max. di 28 euro

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Rapporto 2008 sulla formazione continua 113

Tavola 2.9. - FOR.TE Priorità Tipologia di

lavoratori coinvolti Tipologia e modalità di intervento

Durata in ore degli interventi

Contributi unitari Costo ora/allievo

Avviso 1/2007 Ogni comparto ha dei suoi criteri di valutazione che possono incidere sulle priorità di finanziamento

Tutti i dipendenti di imprese che versano lo 0,30%.. Sono compresi anche i lavoratori stagionali che hanno lavorato per imprese assoggettate al contributo

Piani aziendali, territoriali e settoriali

Max. 300.000 euro per piano Per il comparto assicurativo il contributo massimo concesso è di 200.000 euro. Voucher 1.100 euro

24 euro

Avviso 2/2007 Ogni comparto ha dei suoi criteri di valutazione che possono incidere sulle priorità di finanziamento

Tutti i dipendenti di imprese che versano lo 0,30%.. Sono compresi anche i lavoratori stagionali che hanno lavorato per imprese assoggettate al contributo

Piani formativi individuali

3.000 euro per singolo Piano Individuale

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Rapporto 2008 sulla formazione continua 114

Tavola 2.10. - FONDO FORMAZIONE PMI Priorità Tipologia di

lavoratori coinvolti Tipologia e modalità di intervento

Durata in ore degli interventi

Contributi unitari Costo ora/allievo

Avviso 1/2007 Lavoratori con contratto a tempo indeterminato; a tempo determinato; lavoratori temporaneamente sospesi per crisi congiunturale, riorganizzazione aziendale e/o riduzione temporanea di attività.

Piani a domanda regionale di tipo aziendale, interaziendale e settoriale

Min 8 ore per progetto Piani aziendali: max. 75.000€ Piani interaziendali: 150.000€ Piani settoriali: 200.000€ Max. 30.000 euro per progetto

Max € 35 fino a 5 lavoratori max € 28 tra i 6 e i 14 lavoratori max € 25 tra i 15 e i 20 lavoratori

Avviso 1/2008 Lavoratori con contratto a tempo indeterminato; a tempo determinato; lavoratori temporaneamente sospesi per crisi congiunturale, riorganizzazione aziendale e/o riduzione temporanea di attività

Piani a domanda regionale o interregionale di tipo aziendale, interaziendale e settoriale

Min 8 ore per progetto Contributo variabile per tipologia di piano tra i 50.000 e i 300.000 euro. Max. 20.000 euro per progetto

Max € 30 fino a 5 lavoratori max € 24 tra i 6 e i 14 lavoratori max € 20 tra i 15 e i 20 lavoratori

Avviso 2/2008 Aziende nei settori di attività economica con maggiore incidenza di infortuni. Aziende con meno di 50 dipendenti Lavoratori assunti da meno di 12 mesi

Lavoratori con contratto a tempo indeterminato; a tempo determinato; lavoratori temporaneamente sospesi per crisi congiunturale, riorganizzazione aziendale e/o riduzione temporanea di attività

Piani aziendali e settoriali interaziendali per lo sviluppo dei sistemi di sicurezza nei luoghi di lavoro

Min 8 ore per progetto Max. 50.000 euro per Piano settoriale Max. 20.000 euro per Piano aziendale Max. 20.000 euro per progetto

Max € 30 fino a 5 lavoratori max € 24 tra i 6 e i 14 lavoratori max € 20 tra i 15 e i 20 lavoratori

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Rapporto 2008 sulla formazione continua 115

(segue Fondo Formazione PMI) Avviso 3/2008 Settore metalmeccanico

all’interno dell’Asse 2. Asse 2: lavoratori con contratto a tempo indeterminato; a tempo determinato; lavoratori temporaneamente sospesi per crisi congiunturale, riorganizzazione aziendale e/o riduzione temporanea di attività. Asse 3: lavoratori o lavoratori disabili o in CIG/CIGS o sospesi dal lavoro.

Piani formativi per interventi innovativi nei settori produttivi Asse 1: piani di sistema di livello nazionale; Asse 2 piani formativi aziendali, interaziendali e settoriali; Asse 3 piani individuali

Nell’Asse 2 min. 8 ore per progetto. Nell’asse 3 corso di alfabetizzazione da 24 a 50 ore; corso di aggiornamento da 24 a 100 ore.

Nell’Asse 2 max. 20.000 euro per Piano aziendale; max. 40.000 euro per Piani interaziendali. Asse 3: contributo max. 2.000 euro

Max € 30 fino a 5 lavoratori max € 24 tra i 6 e i 14 lavoratori max € 20 tra i 15 e i 20 lavoratori

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Rapporto 2008 sulla formazione continua 116

Tavola 2.11. - FONDOPROFESSIONI Priorità Tipologia di

lavoratori coinvolti Tipologia e modalità di intervento

Durata in ore degli interventi

Contributi unitari Costo ora/allievo

Avviso 1/2007 Particolare attenzione verrà riservata ai Piani/progetti che propongono percorsi formativi tesi alla valorizzazione del ruolo femminile

Da uno a tre lavoratori dipendenti dello stesso Studio/azienda collegata tenute a versare lo 0,30. E’ auspicata la partecipazione in affiancamento all’attività formativa anche di altre figure presenti nella struttura dove lavorano i partecipanti.

Piani/progetti corsuali, seminariali ed individuali

Per attività corsuali: 16-40 ore Per attività seminariali: 4-8 ore

Importo per piano/progetto 50.000 euro. Per singolo intervento individuale 3.000 euro. Per le attività seminariali il costo massimo sostenuto dal Fondo è di 3.000€ (seminario di 4 ore), 5.000 euro (seminario di 8 ore

Per attività corsuali: 25 euro (24 euro per progetti iterati)

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Rapporto 2008 sulla formazione continua 117

Tavola 2.12. - FONDO DIRIGENTI PMI Priorità Tipologia di lavoratori

coinvolti Tipologia e modalità di intervento

Durata in ore degli interventi

Contributi unitari Costo ora/allievo

Avviso 1/2007 Dirigenti assunti con contratto a tempo indeterminato; a tempo determinato (in quest’ultimo caso purché abbiano un’anzianità di lavoro pari o superiore a 9 mesi)

Piani formativi aziendali, interaziendali, individuali (semplici o integrati)

24.000 euro per Piano Interaziendale 12.000 euro Piano formativo Aziendale Formazione individuale: 1.500 euro per iniziative di carattere trasversale; 1.900 euro per iniziative specialistiche; 8.000 euro per ciascuna azienda 600,00 euro per dirigente per l’analisi preventiva delle competenze e dei fabbisogni. 2.500 euro per il percorso formativo

Avviso 1/2008 Dirigenti assunti con contratto a tempo indeterminato; a tempo determinato (in quest’ultimo caso purché abbiano un’anzianità di lavoro pari o superiore a 9 mesi)

L’avviso 1/2008 annulla e sostituisce l’Avviso 1/2007 accorpando le risorse disponibili al mese di aprile 08. Piani formativi aziendali, interaziendali, individuali (semplici o integrati)

24.000 euro per Piano Interaziendale 12.000 euro Piano formativo Aziendale Formazione individuale: 1.500 euro per iniziative di carattere trasversale; 1.900 euro per iniziative specialistiche; 8.000 euro per ciascuna azienda 600 euro per dirigente per l’analisi preventiva delle competenze e dei fabbisogni. 2.500 euro per il percorso

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Rapporto 2008 sulla formazione continua 118

Tavola 2.13. - FOND.E.R Priorità Tipologia di lavoratori

coinvolti Tipologia e modalità di intervento

Durata in ore degli interventi

Contributi unitari Costo ora/allievo

Avviso 1/2007 Non meno del 20% dell’importo di ogni comparto è destinato a finanziare Piani formativi nell’ambito delle Regioni del Sud

Lavoratori occupati presso gli Enti beneficiari: - lavoratori assunti con contratto a tempo indeterminato compreso il part-time; - lavoratori assunti con contratto a tempo determinato compreso il part-time; - Lavoratori temporaneamente sospesi per crisi congiunturale, riorganizzazione aziendale e/o riduzione temporanea di attività; - Lavoratori religiosi

Piani formativi aziendali, a rete, territoriali, settoriali

Min. 8- max. 50 ore per corso

160 euro per ora di corso

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Rapporto 2008 sulla formazione continua 119

2.2 Il punto sulla Legge 236/1993

Il livello di risorse stanziate dal Ministero del Lavoro attraverso i provvedimenti 236/93 non ha subito significative flessioni negli ultimi anni, nonostante il sistema di sostegno alla formazione continua abbia visto, dal 2004, l’entrata in scena dei Fondi Paritetici Interprofessionali. Il meccanismo di finanziamento dei Fondi ha, semmai, consentito un importante incremento di risorse disponibili nei diversi territori. E ciò ha rappresentato, a seconda di come lo si osservi, sia un aspetto di novità rilevante e ricca di potenzialità, sia l’occasione di mettere a nudo problemi spesso strutturali che si traducono in una difficoltà di assorbimento delle risorse.

Considerando il quinquennio 2004-2008, la quantità di risorse messe a bando dalle Regioni ammonta a circa 386 milioni, a fronte di una disponibilità di 464 milioni da parte del Ministero del Lavoro nello stesso periodo (tab. 2.30). L’ammontare delle risorse non ancora “utilizzate” (circa 78 milioni) non è eccessiva anche in considerazione del fatto che l’ultimo provvedimento 236/93 risale al 2007 e non tutte le Regioni hanno provveduto ad emanare il relativo Avviso. A questo si aggiunga che la quantità di risorse rese disponibili sui territori dalle Regioni è andata crescendo proprio negli ultimi due anni, attestandosi rispettivamente a 108 milioni per il 2007 e 132 per il 2008: tale concentrazione è da ricondursi sia alla consistenza oggettiva degli ultimi due provvedimenti del Ministero del Lavoro (che assommano complessivamente a circa 350 milioni di euro31), sia alle differenti dinamiche di impegno operate a livello regionale.

In molti casi si inseriscono in uno stesso Avviso risorse provenienti da diversi provvedimenti, risalenti ad annualità anche molto distanti nel tempo: ad esempio, la Puglia rende disponibili le risorse residue del 296/03 nel 2007 così come l’intero ammontare del 243/04, situazione analoga si riscontra per la Provincia Autonoma di Bolzano. Molto spesso in questo tipo di scelta è riscontrabile la presenza di politiche di intervento, concordate con le Parti sociali, tese ad ottimizzare l’utilizzo delle risorse disponibili, focalizzando e concentrando gli interventi su specifici target, settori e territori o in concomitanza con situazioni o eventi di crisi.

In generale, si riscontra una sfasatura temporale nelle dinamica di spesa tra Regioni del Nord e molte del Centro-Sud, situazione che ha un riscontro evidente anche nelle stesse erogazioni che il Ministero opera verso le Regioni a seguito degli impegni di spesa acclarati.

Sotto questo aspetto l’andamento della spesa da parte del Ministero degli ultimi decreti di finanziamento (D.D. 243/V/04, D.D. 107/SEGR/06, D.D. 40/CONT/I/07), è lo specchio delle difficoltà da parte delle Regioni del Centro Sud, che di fatto non richiedono, o lo fanno con molto ritardo, i contributi loro assegnati (Tab.2.30).

La mancata richiesta di risorse è in realtà riconducibile a diversi motivi: in alcuni casi vi è una oggettiva bassa consistenza di domanda di formazione, dovuta alle

caratteristiche del territorio e ad un tessuto produttivo peculiare, quale è il caso della Regione Valle d’Aosta;

altre Regioni, in particolare del Sud, risentono di una poco efficiente gestione nell’amministrazione della formazione continua che, rispetto ad altre tematiche come quelle inerenti il mercato del lavoro, viene spesso considerata marginale. Al contrario essa necessiterebbe di un’apposita organizzazione rispetto alla predisposizione di servizi di supporto alla domanda e all’offerta e di una più efficacie rete di comunicazione in grado di sensibilizzare imprese e lavoratori.

31 Il Decreto 40/07 ha raggruppato in sé le risorse di due annualità (2006 e 2007), determinando una più cospicua assegnazione di fondi rispetto ai precedenti provvedimenti.

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Rapporto 2008 sulla formazione continua 120

Tabella 2.30. - Quadriennio 2004-2007: i decreti 236/93 delle Regioni e relative risorse messe a bando in base all’anno di pubblicazione dei decreti

Anno 2004 Anno 2005 Anno 2006 Anno 2007 Anno 2008 Regioni Decreti Risorse

in milioni

Decreti Risorse in

milioni

Decreti Risorse in

milioni

Decreti Risorse in

milioni

Decreti Risorse in

milioni

Risorse totali

Valle d’Aosta Residui 30/00; 92/00; 511/01

0,285 Residui 296/0; 243/04; 107/06

0,390 0,675

296/03 4,120 Piemonte Residui 511/01

1,527 243/04 4,141 243/04 1,000

107/06 11,210 40/07 15,225

37,223

296/03 10,540 243/04 12,326 107/06 29,006 Lombardia Residui 139/98; 51/99; 30/00

3,460 243/04 0,994 40/07 30,000 86,326

Provincia di Bolzano 296/03 0,342 511/01 296/03

0,900 0,228

243/08 0,257 1,727

107/06 1,181 Provincia di Trento 243/04 0,593 Residui 243/04

0,030 40/07 1,719 3,523

Veneto 296/03 5,275 243/04 6,528 107/06 12,931 40/07 18,186 42,920 Friuli Venezia Giulia 296/03 1,235 243/04 1,557 107/06 3,139 40/07 4,334 10,265 Liguria 296/03 1,385 243/04 1,671 107/06 3,419 6,475

296/03 4,770 Emilia Romagna 243/04 1,000

243/04 4,740 107/06 11,415 40/07 7,916 29,841

Toscana 296/03 3,755 243/04 4,595 107/06 8,489 16,839 243/04 1,001 Umbria 296/03 0,775

107/06 1,857 40/07 2,754 6,387

243/04 1,944 Marche 296/03

1,096 Residuo 296/03

0,469 107/06 3,000

6,509

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Rapporto 2008 sulla formazione continua 121

(segue Tab. 2.30) 296/03 3,910 Lazio Residui

disimpegnati del 511/01

1,500 243/04 5,214

107/06 11,802 40/07 18,503 40,929

296/03 1,090 Abruzzo 243/04 1,356

2,446

243/04 0,255 Molise 296/03 0,050

0,305

Campania 296/03 2,965 243/04 3,794 107/06 12,562 40/07 19,403 38,724 Basilicata 296/03 0,360

296/03 2,300 296/03 243/04

2,315

Puglia

243/04 2,928

107/06 8,839

16,382

296/03 0,825 Calabria

243/04 1,109 107/06

40/07* 3,129 5,365

10,428

92/00 6,733 511/01 3,364 296/03 2,320

Sicilia

243/04 3,157

15,574

296/03 1,020 107/06 3,879 Sardegna Residui 30/00 e 92/00

0,080 243/04 1,352

40/07 6,028 12,359

Totali 50,474 48,704 46,442 108,146 132,451 385,857 * Le risorse del D.40 potranno andare ad incrementare il bando delle risorse del 107/06 Fonte: elaborazione Isfol - Area Politiche e Offerte per la Formazione Continua – su dati regionali.

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Rapporto 2008 sulla formazione continua 122

Tabella 2.31.- Legge 236/9: somme impegnate ed erogate relative al D.D 243/V/2004

Regioni Impegnato Da erogare Erogato Valle d'Aosta 180.069,65 180.069,65 Piemonte 5.141.384,30 5.141.384,30 Lombardia 13.326.883,50 13.326.883,50 Bolzano 726.360,79 726.360,79 Trento 622.699,81 622.699,81 Veneto 6.527.569,00 6.527.569,00 Friuli Venezia Giulia 1.556.716,55 1.556.716,55 Liguria 1.671.562,65 1.671.562,65 Emilia Romagna 5.740.885,37 5.740.885,37 Toscana 4.594.718,16 4.594.718,16 Umbria 1.001.802,89 1.001.802,89 Marche 1.944.180,47 1.944.180,47 Lazio 5.214.521,35 5.214.521,35 Abruzzo 1.356.171,12 Compensato* Molise 254.778,39 254.778,39 Campania 3.794.087,76 3.794.087,76 Puglia 2.928.043,60 2.928.043,60 Basilicata 455.324,86 455.324,86 Calabria 1.108.932,05 1.108.932,05 Sicilia 3.177.256,08 3.177.256,08 Sardegna 1.352.594,26 1.352.594,26 Totale 62.676.542,61 635.394,51 60.684.976,98

*Il Ministero ha trattenuto le risorse 236/93 pur essendo state impegnate dalla Regione, compensando precedenti erogazioni legate ad altri capitoli di spesa. Fonte: elaborazione Ministero del Lavoro della Salute e delle Politiche Sociali

Per quanto riguarda l’analisi specifica degli ultimi due Decreti (D.D. 107/SEGR/06, D.D. 40/CONT/I/07) si nota una difficoltà a richiedere quanto attribuito dal Ministero da parte di numerosi Regioni, incluse una quota consistente di quelle del Centro- Nord.

Una delle cause va ricercata nel cambiamento della normativa rispetto ai passati provvedimenti, per cui l’erogazione dei pagamenti è vincolata, oltre che dalla presenza di una procedura di evidenza pubblica, anche dalla dimostrazione di impiego concreto delle risorse in relazione ai piani formativi approvati e alle relative graduatorie. Ciò ha comportato che alcune Regioni e Province Autonome, soprattutto del Nord, pur avendo emanato bandi, non hanno ancora raggiunto le condizioni previste per richiedere le risorse al Ministero.

A cio si affianca indubbiamente anche una maggiore difficoltà di assorbimento della domanda, in tutti i territori, in considerazione della sempre più consistente e crescente quantità di risorse rese disponibili anche dai Fondi Paritetici Interprofessionali: non è difficile stimare che in alcune Regioni del Nord (in particolare Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna) nel biennio 2007-2008 si siano concentrate risorse a supporto della formazione continua di 2 o 3 volte superiori rispetto a quelle dei bienni precedenti: inoltre si tratta spesso di risorse che si rivolgono allo stessa platea potenziale di utenti.

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Rapporto 2008 sulla formazione continua 123

Tabella 2.32. - Legge 236/93: somme impegnate ed erogate relative al D.D 107/segr/06

Regioni Impegnato Da erogare Erogato Valle D'Aosta 272.622,12 272.622,12 Piemonte * 11.209.515,33 7.846.660,73 Lombardia 29.006.110,95 29.006.110,95 Bolzano 1.306.513,55 1.306.513,55 Trento 1.181.301,29 1.181.301,29 Veneto* 12.931.339,27 11.734.574,38 Friuli Venezia Giulia 3.139.017,49 3.139.017,49 Liguria 3.419.365,74 3.419.365,74 Emilia Romagna 11.415.913,45 11.415.913,45 Toscana* 8.588.148,76 6.320.654,81 Umbria* 1.857.583,13 1.857.289,58 Marche 3.581.614,54 3.581.614,54 Lazio 11.802.220,11 11.802.220,11 Abruzzo 3.563.213,58 3.563.213,58 Molise 719.857,69 719.857,69 Campania 12.562.254,61 12.562.254,61 Puglia 8.839.983,63 8.839.983,63 Basilicata 1.295.415,89 1.295.415,89 Calabria 3.574.691,95 3.574.691,95 Sicilia 9.510.648,31 9.510.648,31 Sardegna* 3.879.688,60 829.325,01 Totale 143.657.019,99 48.365.833,36 85.413.416,05 *Per alcune regioni il Ministero ha erogato solo il I anticipo Fonte: elaborazione Ministero del Lavoro della Salute e delle Politiche Sociali

Tabella 2.33. - Legge 236/93: somme impegnate ed erogate relative al D.D 40/cont/07

Regioni Impegnato Da erogare Erogato Valle d'Aosta 364.532,70 364.532,70 Piemonte 15.224.833,02 15.224.833,02 Lombardia 40.264.412,73 40.264.412,73 Bolzano 1.729.227,30 1.729.227,30 Trento 1.718.699,27 1.718.699,27 Veneto 18.185.838,65 18.185.838,65 Friuli Venezia Giulia 4.333.596,26 4.333.596,26 Liguria 4.529.680,63 4.529.680,63 Emilia Romagna* 16.314.483,09 3.265.513,90 Toscana 12.559.927,94 12.559.927,94 Umbria 2.754.393,25 2.754.393,25 Marche 5.246.902,00 5.246.902,00 Lazio 18.502.995,26 18.502.995,26 Abruzzo 5.160.171,42 5.160.171,42 Molise 1.064.705,76 1.064.705,76 Campania 19.403.013,28 19.403.013,28 Puglia 12.522.784,72 12.522.784,72 Basilicata 2.012.178,57 2.012.178,57 Calabria 5.365.809,54 5.365.809,54 Sicilia 14.288.966,30 14.288.966,30 Sardegna 6.028.848,32 6.028.848,32 Totale 207.576.000,01 130.775.409,66 63.751.621,16

*Per la regione il Ministero ha erogato solo il I anticipo Fonte: elaborazione Ministero del Lavoro della Salute e delle Politiche Sociali

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Al di là delle dinamiche finanziarie e dalla velocità di spesa, è interessante analizzare l’organizzazione dell’offerta di risorse sul territorio attraverso i comportamenti regionali così come si evincono dagli ultimi due Avvisi (tab. 2.34).

Complessivamente vengono stanziate maggiori risorse per i piani settoriali, territoriali e aziendali, mentre la formazione a domanda individuale, finanziata attraverso voucher (prevalentemente individuale e meno aziendale) rimane una prerogativa di quei territori che hanno strutturato già da tempo alcuni servizi di supporto ad hoc, come i cataloghi dell’offerta e in alcuni casi servizi di orientamento. Oltretutto la modalità individuale, oltre a esprimere una maggiore efficienza nell’assorbimento delle risorse, consente di costruire anche percorsi di formazione finalizzati alla qualifica e alla professionalizzazione dei lavoratori, indipendentemente dalle esigenze dell’impresa in cui lavorano.

Tabella 2.34 - La scelta delle Regioni riguardo l'impiego delle risorse relative alla Legge 236/93 (decreti 107/06 e 40/07) – Aggiornamento al 20 novembre 2008

D.D. 107/V/2006 D.D. 40/V/2007

Regioni e P.A. Piani formativi

concordati

Formazione a domanda

individuale

Piani formativi

concordati

Formazione a domanda

individuale Valle d'Aosta 100% Piemonte 30% 70% 40% 60% Lombardia 100% 75% Provincia di Bolzano Provincia di Trento 100% 100% Veneto 50% 50% 100% Friuli Venezia Giulia 18% 82% 100% Liguria 80% 20% Emilia Romagna 50% 50% 36% 12% Toscana 50% 45% Umbria 100% 100% Marche 83% Lazio 95% 5% 95% Abruzzo Molise Campania 67% 28% 90% 10% Puglia 100% Basilicata Calabria 100% Sicilia Sardegna 54% 41% 54% 41% Fonte: elaborazione Isfol - Area Politiche e Offerte per la Formazione Continua – su dati regionalI, 2008

In questa direzione non è un caso che alcune Regioni (come ad esempio la Sardegna) abbiano deciso di stanziare una parte delle risorse dell’ultimo provvedimento per il progetto interregionale del Catalogo di Alta Formazione, accessibile attraverso voucher, ed essenzialmente rivolto ad un target di lavoratori con un livello di istruzione medio-elevata ed elevata.

Oltre che attraverso la formazione a domanda individuale, le condizioni di maggiore assorbimento delle risorse si riproducono nella capacità di integrare le risorse e le azioni dei diversi soggetti che agiscono sullo stesso territorio. Il processo di integrazione delle politiche di formazione continua, che ha tratto un impulso decisivo dall’Accordo Tripartito dell’aprile 2007 tra Ministero del Lavoro Parti sociali e Regioni e Province Autonome, sta producendo i suoi frutti se si considerano:

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Rapporto 2008 sulla formazione continua 125

gli Accordi di integrazione di livello regionale, formalizzati in sei Regioni, che prevedono l’attivazione di organismi in grado di orientare le strategie e le modalità di impegno delle diverse fonti di finanziamento inclusa la 236/93;

l’individuazione condivisa tra Regioni e Parti Sociali di finalità, target e nuovi strumenti di incontro tra domanda e offerta di formazione che orientano gli obiettivi e gli indirizzi stessi contenuti negli Avvisi 236/93.

A tal proposito è interessante osservare come negli ultimi Avvisi, soprattutto alcune Regioni del Nord, a conferma di una capacità acquisita di lettura dei fabbisogni territoriali, individuino target non indicati tra i prioritari dal Ministero, tra i quali lavoratori con livelli e qualifiche professionali particolari, lavoratori dipendenti di piccole e micro-imprese (target indicato da numerose Regioni), donne over 40 e, in alcune aree con forte presenza di immigrazione (come Friuli Venezia Giulia e Lombardia), lavoratori stranieri.

Al di là delle esigenze peculiari delle realtà produttive, il rapporto tra Regioni e Fondi Interprofessionali all’interno dei provvedimenti 236/93, si è, a volte, concretizzato in iniziative dagli accenti diversi, in alcuni casi di segno quasi opposto; se alcuni provvedimenti danno priorità a piani e progetti presentati da imprese non aderenti ai Fondi o che non hanno avuto alcun finanziamento da essi, altre, nello specifico la Lombardia, stanziano una parte delle risorse per piani cofinanziati dai Fondi Paritetici Interprofessionali.

Una simile difformità, al di là di situazioni in cui si è scelto un modello consapevole basato sull’alternatività dell’impiego delle risorse, può in parte legarsi anche ad un sistema di rapporti e relazioni bilaterali e trilaterali che trova difficoltà a concretizzarsi in raccordi integrativi.

Per un ulteriore dettaglio dei provvedimenti regionali si rimanda alle successive tavole di sintesi che illustrano le caratteristiche essenziali degli atti emanati

2.2.1 Le caratteristiche degli atti emanati dalle Regioni Le Pagine seguenti evidenziano alcune caratteristiche dei Bandi emanati dalle Regioni in

relazione agli ultimi Decreti del Ministero del Lavoro (107/2006 e 40/2007) attuativi della legge 236/1993.

In particolare vengono riportate informazioni circa: - le risorse messe a bando - le priorità (quando indicate); - la tipologia di lavoratori coinvolti - le tipologie, le modalità e le risorse dedicate ad ogni intervento - la durata in ore degli interventi - i contributi unitari previsti per i Piani formativi o per i voucher individuali - il costo ora/allievo - le modalità di certificazione dei percorsi certificazione, se prevista.

NOTA TECNICO – METODOLOGICA

Con la terminologia “Tipologia prevista dal Ministero” si intendono i target prioritari (o le priorità generali) individuati di volta in volta dal Ministero del Lavoro, in particolare: D.D. 107/2006 - Nelle procedure di evidenza pubblica le Regioni e le Province Autonome, in accordo con le parti sociali, definiscono le priorità e i destinatari dei voucher individuali con riferimento prioritario alle seguenti tipologie:

a) I lavoratori inseriti nelle tipologie contrattuali previste dal Titolo V, dal Titolo VI e dal Titolo VII - Capo I - del Decreto Legislativo n. 276 del 10 settembre 2003. In tal caso il voucher deve

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Rapporto 2008 sulla formazione continua 126

essere richiesto nel periodo in cui il lavoratore è occupato con una delle tipologie contrattuali richiamate e deve essere utilizzato entro 12 mesi dalla sua concessione;

b) I lavoratori di qualsiasi impresa privata con età superiore ai 45 anni; c) I lavoratori di qualsiasi impresa privata in possesso del solo titolo di licenza elementare o di

istruzione obbligatoria. D.D. 40/2007 - Nelle procedure di evidenza pubblica le Regioni e le Province Autonome, in accordo con le parti sociali, definiscono le priorità e i destinatari dei voucher individuali con riferimento prioritario alle seguenti tipologie:

a) Lavoratori coinvolti nei processi di mobilità, collocati in collocati in cassa integrazione straordinaria o comunque interessati dall’applicazione di provvedimenti in materia di ammortizzatori sociali;

b) I lavoratori inseriti nelle tipologie contrattuali previste dal Titolo V, dal Titolo VI e dal Titolo VII - Capo I - del Decreto Legislativo n. 276 del 10 settembre 2003. In tal caso il voucher deve essere richiesto nel periodo in cui il lavoratore è occupato con una delle tipologie contrattuali richiamate e deve essere utilizzato entro 12 mesi dalla sua concessione;

c) I lavoratori di qualsiasi impresa privata con età superiore ai 45 anni; d) I lavoratori di qualsiasi impresa privata in possesso del solo titolo di licenza elementare o di

istruzione obbligatoria.

REGIONE VALLE D’AOSTA LEGGE 236/1993 D.D. 107/06 Risorse 272.622,12 euro Priorità Tipologie di lavoratori coinvolti

Tutti i lavoratori

Tipologia, modalità di intervento e risorse dedicate

Piani aziendali, pluriaziendali, settoriali e territoriali

Durata in ore degli interventi

Contributi unitari Piano aziendale max. 25.800 euro Piano pluriaziendale max. 103.200 Piani settoriali o territoriali tra i 50.000 e i 250.000 euro

Costo ora/allievo REGIONE PIEMONTE LEGGE 236/1993 D.D. 40/07 Risorse 6.124.833,02 euro Priorità 67% Sostegno alla qualificazione delle risorse umane

30% Aree di cirisi Tipologie di lavoratori coinvolti

Nel caso dei piani: - lavoratori impiegati in ruoli esecutivi e/o privi di livelli di

qualificazione di base - lavoratori impiegati in ruoli di responsabilità e/o funzioni

specialistiche compresi operatori non docenti di organismi di formazione;

- quadri e dirigenti privati - lavoratori in cassa integrazione - lavoratori con contratto a tempo parziale e a tempo determinato,

lavoratori a progetto ecc. Tipologia, modalità di intervento e risorse dedicate

Piani di formazione di iniziativa aziendale con modalità di intervento: corso strutturato o voucher formativo (riservato a piccole e medie imprese) nei seguenti ambiti prioritari - 30% aree di crisi - 70% sostegno alla qualificazione delle risorse umane. In quest’ambito le

Province possono identificare specifiche priorità Durata in ore degli Nel caso dei piani max. 60 ore e min. 16, solo per il voucher il min. è 8 ore

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interventi Contributi unitari Stabilito dalle singole province Costo ora/allievo REGIONE LOMBARDIA LEGGE 236/1993 D.D. 40/07 Risorse 30.000.000 di euro Priorità 30% sul totale dei partecipanti di apprendisti limitatamente alla formazione

aggiuntiva a quella contrattualmente prevista Tipologie di lavoratori coinvolti

- Tipologie previste dal Ministero - i lavoratori delle imprese private con meno di 15 dipendenti; - apprendisti limitatamente alla formazione aggiuntiva a quella

contrattualmente prevista - lavoratori in stato di disoccupazione a seguito di ristrutturazione

aziendale nonché in aree e settori di crisi supportate da accordi con le parti sociali;

- donne over 40; - i lavoratori provenienti da Paesi non appartenenti all’Unione Europea

Tipologia, modalità di intervento e risorse dedicate

Progetti Quadro E’ facoltà degli operatori destinare fino al 20% del finanziamento approvato a voucher aziendali. Per i Progetti Quadro integrati con risorse dei Fondi Paritetici Interprofessionali potrà essere richiesto un finanziamento pubblico aggiuntivo di eguale importo a quello corrisposto dai Fondi, per un max. di premialità di 500 mila euro.

Durata in ore degli interventi

Min. 8 euro

Contributi unitari Per singolo Progetto Quadro almeno 1.000.000 di euro e non oltre 1.800.000 di euro Per i voucher max. 5.000 di euro

Costo ora/allievo Max 150 euro PROVINCIA AUTONOMA DI TRENTO LEGGE 236/1993 D.D. 40/07 Risorse 1.718.669,27 euro Priorità Tipologie di lavoratori coinvolti

Lavoratori assoggettati al contributo dello 0,30

Tipologia, modalità di intervento e risorse dedicate

Piani formativi aziendali, territoriali e settoriali: - 30% a titolo di riserva per imprese del settore delle costruzioni; - 70% tutti gli altri progetti I progetti approvati e non finanziati rientranti nell’Asse 1 Adattabilità del FSE relativi al bando del 14/12/2007 potranno entrare in graduatoria, con lo stesso punteggio qualora l’Ente produca delle integrazioni

Durata in ore degli interventi

Min. 24- Max. 200 ore per intervento

Contributi unitari Costo ora/allievo

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Rapporto 2008 sulla formazione continua 128

REGIONE VENETO LEGGE 236/1993 D.D. 40/07 Risorse Le risorse previste dal DD (€ 18.185.838,65 di cui € 200.000 per il

finanziamento di voucher di accompagnamento dei soggetti disabili) sono integrate con fondi regionali per un totale di risorse pari a € 19.980.838,65.

Priorità Tipologie di lavoratori coinvolti

Categoria A: lavoratori dipendenti di imprese private (Fondi L. 236/93) Categoria B: lavoratori “ prioritari” di imprese private (Fondi L. 236/93) Categoria C: lavoratori autonomi. Soci lavoratori non dipendenti (Fondi regionali)

Tipologia, modalità di intervento e risorse dedicate

Le risorse sono suddivise in due dispositivi: voucher aziendali (50%) e individuali (50%). I dispositivi sono disciplinati in base al destinatario dell’attività (Individuo o azienda) e alla tipologia di percorso (alfabetizzazione in area linguistica e/o informatica; aggiornamento)

Durata in ore degli interventi

Corsi di aggiornamento professionale: durata compresa tra 24 e 100 ore; Alfabetizzazione in area linguistica e/o informatica: durata compresa tra 24 e 50 ore

Contributi unitari Corsi di aggiornamento professionale: € 1.500,00 per lavoratore; Corsi di alfabetizzazione in area linguistica e/o informatica: 700 euro per lavoratore. Spendibilità per l’azienda: € 30.000 Voucher di accompagnamento: limite di € 1.500 per intervento

Costo ora/allievo Costo orario non superiore a € 75,00 REGIONE FRIULI VENEZIA GIULIA LEGGE 236/1993 D.D. 40/07 Risorse 6.000.000 euro di cui 4.333.596,26 D.D. 40/07 e 1.666.403,74 su

precedenti decreti Priorità E per i lavoratori con contratto di lavoro a tempo determinato e con i

contratti di cui al D.lgs. 276/2003 con l’obiettivo di favorire i processi di stabilizzazione lavorativa e progetti formativi di alfabetizzazione della lingua italiana a favore di lavoratori dipendenti immigrati.

Tipologie di lavoratori coinvolti

- Imprenditori e lavoratori di imprese private; - Nuove forme contrattuali di cui D.lgs. 276/2003

Tipologia, modalità di intervento e risorse dedicate

Progetti formativi 60% delle risorse a favore delle PMI; 40% delle risorse a favore delle grandi

Durata in ore degli interventi

Per i progetti formativi max. 80 ore

Contributi unitari Per i progetti formativi max. 80.000 euro Costo ora/allievo Per i progetti formativi max. 180 euro

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Rapporto 2008 sulla formazione continua 129

REGIONE LIGURIA LEGGE 236/1993 D.D. 107/06 Risorse 3.536.987,76 divisi tra le Province

- 80% per i piani aziendali, settoriali e territoriali e voucher aziendali (Linea di intervento A) - 20% iniziative a domanda individuale (Linea di intervento B)

Priorità Nella linea di intervento A1 ogni provincia ha stabilito, nell’ambito delle PMI, dei settori prioritari

Tipologie di lavoratori coinvolti

Linea di intervento A: - A1 interventi di promozione di piani formativi aziendali, settoriali e territoriali con priorità per i piani riguardanti le PMI - A2 voucher aziendali con priorità per le imprese con meno di 15 dipendenti Linea di intervento B con priorità per le tipologie previste dal Ministero

Tipologia, modalità di intervento e risorse dedicate

Durata in ore degli interventi

Contributi unitari Piani monoaziendali max. 30.000 euro Piani pluriaziendali max. 100.000 euro Voucher max. 1.290 euro

Costo ora/allievo REGIONE EMILIA ROMAGNA LEGGE 236/1993 D.D. 40/07 Risorse 2.650.000 euro sono andati in un

bando integrato con il FSE (Asse Adattabilità, Inclusione sociale) per complessivi 10.200.000 euro

2.000.000 di euro integrati con risorse dell’asse Transnazionalità per complessivi 4.000.000 di euro per i voucher per il catalogo interregionale dell’alta formazione.

Priorità Elementi di priorità: presenza di donne imprenditrici o che ricoprono ruoli manageriali; progetti che incentivino modelli organizzativi di conciliazione nelle imprese

Tipologie di lavoratori coinvolti

Occupati Occupati Lavoratori coinvolti in processi di mobilità o collocati in cassa integrazione o interessati da provvedimenti in materia di ammortizzatori sociali.

Tipologia, modalità di intervento e risorse dedicate

Piani formativi settoriali o territoriali

Voucher individuali

Durata in ore degli interventi

Contributi unitari Max. 5.000 euro Costo ora/allievo

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Rapporto 2008 sulla formazione continua 130

REGIONE TOSCANA LEGGE 236/1993 D.D. 107/06 Risorse 8.488.741,32 divisi per Provincia Priorità Nel caso dei voucher aziendali viene data precedenza ai voucher diretti a

lavoratori non iscritti ad un Fondo Interprofessionale Paritetico Tipologie di lavoratori coinvolti

Tutti i lavoratori

Tipologia, modalità di intervento e risorse dedicate

- 50% pei piani formativi settoriali, pluriaziendali, aziendali in materia di qualità e sicurezza

- 15% per i voucher aziendali - 30% per i voucher individuali

Durata in ore degli interventi

Contributi unitari Per i piani settoriali e pluriaziendali max. 258.000 euro Per i piani monoaziendali max. 100.000 euro Per i voucher aziendali e individuali max. 3.000 euro

Costo ora/allievo REGIONE UMBRIA LEGGE 236/1993 D.D. 40/07 Risorse Le risorse provenienti dal D.D. 40/07 (2.616.673,59) sono integrate in un

bando con le risorse del FSE (Asse Adattabilità, Occupabilità, Capitale Umano)) e della Legge 53/00 per un totale di 7.500.000 euro.

Priorità Settore siderurgico e settore meccanico Tipologie di lavoratori coinvolti

Lavoratori occupati con priorità a lavoratori atipici; lavoratori con età superiore ai 45 anni; lavoratori con bassi livelli di istruzione. Tra i destinatari è escluso il personale occupato in imprese associate ai Fondi.

Tipologia, modalità di intervento e risorse dedicate

Piani formativi nell’ambito di reti di imprese su base territoriale, settoriale e tematica con priorità alle PMI

Durata in ore degli interventi

Percorsi formativi aziendali/interaziendali tra le 40 e le 80 ore.

Contributi unitari Voucher: 2.000 euro Piani max. 100.000 euro

Costo ora/allievo REGIONE MARCHE LEGGE 236/1993 D.D. 107/06 Risorse 3.000.000 di euro ripartite fra le Province Priorità Tipologie di lavoratori coinvolti

Tipologia, modalità di intervento e risorse dedicate

Interventi formativi finalizzati ad accrescere le competenze dei lavoratori nel settore della sicurezza del lavoro

Durata in ore degli interventi

Contributi unitari Costo ora/allievo

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Rapporto 2008 sulla formazione continua 131

REGIONE LAZIO LEGGE 236/1993 D.D. 40/07 Risorse 12.489.521,80 euro sono andati a rifinanziare il bando SPRINTER Priorità Tipologie di lavoratori coinvolti

- Lavoratori inseriti nel tessuto produttivo della Regione Lazio; - lavoratori in “cassa integrazione” e lavoratori in mobilità; - tipologie previste dal Ministero

Tipologia, modalità di intervento e risorse dedicate

Le azioni riguardano interventi formativi aziendali che abbiano come obiettivo la formazione e/o riqualificazione di soggetti per i quali la formazione sia propedeutica all’assunzione e/o alla stabilizzazione

Durata in ore degli interventi

Max. 600 ore per percorso formativo

Contributi unitari Costo ora/allievo 18 euro REGIONE CAMPANIA LEGGE 236/1993 D.D. 40/07 Risorse 19.403.013,28 euro

a) 12.611.958,63 euro per il finanziamento di piani formativi settoriali, aziendali e pluriaziendali;

b) 3.880,602,66 euro per piani formativi settoriali, aziendali e pluriaziendali per lavoratori CIG;

d) 970.150,66 per voucher aziendali ad integrazione del precedente provvedimento;

e) 970.150,66 per voucher individualii ad integrazione del precedente provvedimento e riservati ai lavoratori inseriti nelle tipologie previste dal D.lgs 276/2003

Non ancora presenti i bandi Priorità Nella tipologia a) piani presentati da PMI o microimprese; piani che

favoriscono l’integrazione dei sistemi di gestione aziendale, in particolare nella sicurezza Nella tipologia c) piani formativi approvati ma non finanziati nell’ambito di un fondo interprofessionale. Nella tipologia d) lavoratori delle microimprese o PMI con priorità alle imprese artigiane

Tipologie di lavoratori coinvolti

Tipologia, modalità di intervento e risorse dedicate

Durata in ore degli interventi

Contributi unitari Costo ora/allievo

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Rapporto 2008 sulla formazione continua 132

REGIONE PUGLIA LEGGE 236/1993 D.D. 107/06 Risorse 10.713.481,84 euro di cui:

- € 8.839.983,63 del D.D. 107/06 - € 2.315.497,39 residui dei decreti 296/03 e 243/04

Priorità Tipologie di lavoratori coinvolti

Lavoratori dipendenti Lavoratori iscritti nelle liste di mobilità o in stato di disoccupazione a seguito di ristrutturazione aziendale. Soggetti inoccupati o in stato di disoccupazione

Tipologia, modalità di intervento e risorse dedicate

Piani formativi aziendali, pluriaziendali, settoriali, territoriali, finalizzati all’assunzione

Durata in ore degli interventi

Nei piani per i lavoratori occupati max. 150 ore

Contributi unitari Max. 250.000 euro per piano formativo Per i piani pluriaziendali max. 25.000 euro

Costo ora/allievo 15 euro REGIONE SARDEGNA LEGGE 236/1993 D.D. 40/07 Risorse 4.050.363,60 euro Priorità Tipologie previste dal Ministero Tipologie di lavoratori coinvolti

Lavoratori residenti nella Regione; diplomati o laureati; dipendenti di imprese che versano lo 0,30

Tipologia, modalità di intervento e risorse dedicate

Voucher per l’accesso al Catalogo interregionale per l’alta formazione

Durata in ore degli interventi

Max. 150 ore

Contributi unitari 12.000 euro per voucher Costo ora/allievo 13,5 euro

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Rapporto 2008 sulla formazione continua 133

2.2.2 Il monitoraggio delle attività finanziate attraverso le risorse L.236/93

Dal 2003, con l’emanazione delle linee guida, le Regioni inviano al Ministero dei Rapporti regionali di monitoraggio, relativi agli interventi finanziati attraverso la Legge 236/93. Allo stato attuale non è possibile ricostruire in termini esaustivi il quadro complessivo degli interventi finanziati in quanto la situazione dell’invio dei rapporti di monitoraggio è molto diversificata a livello nazionale. In particolare, la maggior parte delle Regioni del Centro-Sud non ha mai inviato rapporti, mentre alcune Regioni, soprattutto del Centro-Nord, lo fanno abbastanza regolarmente, fornendo una mole di informazioni che rappresentano una fonte privilegiata per tracciare un quadro delle politiche pubbliche realizzate a favore dei lavoratori occupati.

L’analisi è stata impostata secondo lo schema delle linee guida, per ricostruire con il maggior dettaglio possibile le caratteristiche dei piani formativi finanziati e consentire una lettura trasversale, anche se parziale, dell’attuazione delle politiche finanziate con le risorse derivanti dalla L. 236/93.

Per poter descrivere il fenomeno, abbiamo dunque costruito una banca dati in grado di accogliere i dati provenienti dai monitoraggi regionali, utilizzando un modello logico di tipo relazionale che ha consentito di superare le differenze informative esistenti tra i diversi monitoraggi. La banca dati è stata struttura in modo da seguire il flusso di informazioni previsto nelle linee guida del monitoraggio. Le principali difficoltà incontrate possono essere sintetizzate in:

mancanza di informazioni. Sostanzialmente i dati di sintesi erano presenti in tutti i rapporti, mentre più differenziata è la situazione dei dati di dettaglio sia delle imprese sia dei lavoratori. In quest’ultimo caso manca in media l’8% circa dei dati, le informazioni più carenti sono relative alla tipologia contrattuale, all’inquadramanto e alla nazionalità. Va precisato che è stata operata la scelta di considerare i dati dei lavoratori formati in quanto la maggior parte delle amministrazioni ha fornito solo questo tipo di informazione. Diversa è la situazione dei dati relativi alle imprese: nel 60% circa dei rapporti erano presenti solo dati di approvato e nel 37% solo dati di concluso, mentre solo quattro rapporti fornivano informazioni di approvato e concluso. Sono stati utilizzati solo i dati di approvato.

informazione aggregate. Un altro problema riguarda le modalità di rilevazioni dei dati. In alcuni casi sono state fornite informazioni più aggregate rispetto allo schema delle linee guida, in particolare per quanto riguarda le variabili relative alla dimensione di impresa e l’età dei lavoratori. In linea di massima è stato adottato il criterio di inserire il dato nella classe centrale, che normalmente è anche quella più numerosa. in alcuni casi, invece, sono state fornite informazioni più disaggregate, soprattutto per i settori di attività, che però sono state agevolmente ricodificate utilizzando le classificazioni ATECO.

Informazioni prevalentemente qualitative. Un Rapporto di monitoraggio non è stato inserito in quanto le informazioni, se pur rilevanti, mancavano dei dati quantitativi necessari ad ottenere una base informativa confrontabile.

Sono state analizzate le relazioni di monitoraggio delle Regioni indicate nella tabella sottostante, per le attività realizzate con i finanziamenti derivanti da otto diversi decreti emanati dal 2000 al 2007. L’analisi riguarda 24 rapporti di monitoraggio inviati dalle Regioni al Ministero del lavoro nel periodo compreso tra il 2004 e il 2008.

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Rapporto 2008 sulla formazione continua 134

Tabella 2.35 –Rapporti di monitoraggio analizzati ( per Regione e per Decreto di riparto)

Regioni 92/00 511/00 296/03 243/04 107/06 40/07

Emilia Romagna X X F.V.Giulia X X X Lazio X X X X Lombardia X X Piemonte X X P.A di Trento X X Puglia X X Sardegna X X Siciliana X Toscana X X X Umbria X Veneto X X X

Fonte: Elaborazioni Isfol – Area Politiche e Offerte per la Formazione Continua

La tabella sottostante fornisce una panoramica generale sulle caratteristiche delle iniziative finanziate (imprese, lavoratori coinvolti, ore di formazione realizzate) distinte per tipo di decreto di finanziamento.

Complessivamente sono stati finanziati 27.957 piani formativi (il 40% circa con il DD 243/04), che hanno coinvolto 25mila imprese per un totale di 135mila lavoratori e sono state erogate quasi 2 milioni di ore di formazione.

Tabella 2.36 – Caratteristiche dei Piani approvati e conclusi per decreti di riparto

Decreti N. Piani Formativi N. Imprese N. Lavoratori N. Ore di Formazione

Approvato Concluso Approvato Concluso Approvato Concluso Approvato Concluso 92/00 5.752 5.167 1.371 1.299 21.568 19.181 564.726 484.693 511/01 1.628 1.488 528 472 8.396 7.727 138.533 126.990 511/01-296/03-243/04*

85 29 96 39 2.749 798 28.880 8.071

296/03 5.645 3.711 4.273 2.905 19.639 8.258 364.929 193.631 243/04 10.627 5.941 5.610 2.639 18.135 7.534 524.651 376.534 107/06 4.025 208 13.541 4.609 63.743 49.856 365.954 149.326 40/07 195 104 83 52 666 374 7.896 4.801 Totale 27.957 16.648 25.502 12.015 134.896 93.728 1.995.569 1.344.046

Nota: *Comprende un bando con finanziamenti relativi ai DD 296/03-243/04 Fonte: Elaborazioni Isfol – Area Politiche e Offerte per la Formazione Continua

Nell’attuazione dei decreti, le Regioni hanno privilegiato due tipologie di piani formativi: i piani aziendali e i piani individuali. Tralasciando i piani formativi individuali che tratteremo separatamente, è interessante notare come dei 4.672 piani finanziati, 3.839 sono stati di tipo aziendale con un coinvolgimento di 3.970 imprese (di fatto poco più di un’impresa per Piano). Non sembra delinearsi una tendenza delle imprese ad associarsi tra loro per svolgere attività di formazione. I piani individuali finanziati sono stati 23.285, hanno coinvolto il 18% dei lavoratori con 58 ore in media di attività formativa.

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Rapporto 2008 sulla formazione continua 135

Tabella 2.37 – Caratteristiche dei Piani approvati e conclusi per tipo di Piano formativo

N. Piani Formativi N. Imprese N. Lavoratori N. Ore di Formazione Tipo di piano formativo

Approvato Concluso Approvato Concluso Approvato Concluso Approvato Concluso

Piani Aziendali 3.839 746 3.970 2.343 36.501 16.598 329.475 96.654 Piani Settoriali 696 621 3.951 1.521 26.242 22.769 100.518 75.984 Piani Territoriali 44 8 9.410 3.824 46.366 39.535 169.751 121.821 Altro 93 180 1.830 22.831 Totale 4.672 1.375 17.511 7.688 110.939 78.902 622.575 294.459

Piani Individuali* 23.285 15.273 7.991 4.327 23.957 14.826 1.372.994 1.049.587

Totale 23.285 15.273 7.991 4.327 23.957 14.826 1.372.994 1.049.587 Nota: *Comprende i voucher individuali e aziendali Fonte: Elaborazioni Isfol – Area Politiche e Offerte per la Formazione Continua

Nella distribuzione per classe dimensionale appare particolarmente elevata la percentuale di imprese di piccole dimensioni coinvolte nelle attività formative mentre è molto bassa la percentuale di medie e grandi imprese che utilizzano i Fondi della L.236/93 per realizzare attività formative.

Tabella 2.38 – Distribuzione delle imprese per classe dimensionale

Classe dimensionale Valori assoluti % 1-9 4.485 32,1 10 -14 1.947 13,9 15 – 49 3.522 25,2 50 – 249 2.147 15,4 250 - 499* 979 7,0 500 e oltre 754 5,4 Dati non disponibili 149 1,1 Totale** 13.983 100

Nota: *Comprende anche imprese con 250 e oltre ** Il totale è stato calcolato sui dati di approvato disponibili per classe dimensionale Fonte: Elaborazioni Isfol – Area Politiche e Offerte per la Formazione Continua

La distribuzione delle imprese che hanno realizzato interventi formativi per attività produttiva mostra, complessivamente, la prevalenza di imprese appartenenti al settore manifatturiero (31.7%), seguite da quelle del terziario avanzato (11.1%) e del commercio(10%). Purtroppo è molto elevata la percentuale di imprese catalogate con la codifica “altro settore” (21.2%).

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Tabella 2.39 – Distribuzione delle imprese per settore produttivo

Settore Valori assoluti %

Agricoltura, caccia, silvicoltura 148 1,1 Alberghi e ristoranti 277 2,0 Altri servizi pubblici, sociali e personali 1.061 7,8 Attività finanziarie 241 1,8 Attività immobiliare, noleggio, informatica, ricerca, servizi avanzati 1.516 11,1 Attività manifatturiere 4.330 31,7 Commercio ingrosso e dettaglio, ripar. di autoveicoli 1.398 10,2 Costruzioni 749 5,5 Estrazione di minerali 26 0,2 Istruzione 45 0,3 Pesca, piscicoltura e servizi connessi 1 0,0 Produzione e distribuzione di energia elettrica, gas e acqua 225 1,6 Sanità e assistenza sociale 321 2,4 Trasporti, magazzinaggio e comunicazioni 415 3,0 Altro 2.900 21,2 Totale* 13.653 100 Nota: * Il totale è stato calcolato sui dati di approvato disponibili per settore produttivo Fonte: Elaborazioni Isfol – Area Politiche e Offerte per la Formazione Continua

Sono stati coinvolti negli interventi formativi quasi 89mila lavoratori, la percentuale è pari al 54,9% fra gli uomini e al 45,1% fra le donne: si registra una differenza di cinque punti percentuali che emerge anche in altre indagini.

Tabella 2.40 – Distribuzione dei formati per genere

Genere Valori assoluti % Femmine 40.055 45,1 Maschi 48.732 54,9 Totale* 88.787 100

Nota: * Il totale è stato calcolato sui dati di concluso disponibili per genere Fonte: Elaborazioni Isfol – Area Politiche e Offerte per la Formazione Continua

La partecipazione dei lavoratori formati è del 64% per le classi di età comprese tra i 25 e i 45 anni mentre la percentuale degli over 45 non raggiunge il 19%, anche la percentuale degli addetti con meno di 25 anni (17%) è piuttosto bassa.

Tabella 2.41 – Distribuzione dei formati per classi di età

Classe di Età Valori assoluti % 15 - 19 3.367 3,8 19 - 24 11.681 13,2 25 - 29 17.032 19,2 30 - 34 25.067 28,3 35 - 44 14.911 16,8 45 - 49 8.478 9,6 50 - 54 3.906 4,4 +55 4.086 4,6 dati non disponibili 174 0,2 Totale* 88.702 100

Nota: * Il totale è stato calcolato sui dati di concluso disponibili per classi di età Fonte: Elaborazioni Isfol – Area Politiche e Offerte per la Formazione Continua

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L’analisi della distribuzione dei lavoratori formati per categorie professionali mette in evidenza l’indirizzo delle imprese: il principale gruppo coinvolto negli interventi è rappresentato dagli impiegati, con una percentuale superiore al 50%, seguiti dagli operai con il 36% e, da quadri con il con 7.1%. La categoria “altro”, che rappresenta il 4,3%, è composta in buona parte dai soci di cooperative.

Tabella 2.42 – Distribuzione dei formati per inquadramento

Inquadramento Valori assoluti % Dirigente 1.481 1,7 Quadro 6.073 7,1 Impiegato amministrativo e tecnico 7.077 8,2 Impiegato direttivo 36.418 42,5 Operaio generico 17.368 20,2 Operaio qualificato 10.254 12,0 Altro personale generico 3.229 3,8 Altro 3.678 4,3 Non dichiarato 206 0,2 Totale* 85.784 100

Nota: * Il totale è stato calcolato sui dati di concluso disponibili per inquadramento Fonte: Elaborazioni Isfol – Area Politiche e Offerte per la Formazione Continua

Quasi la metà dei lavoratori formati, ha un titolo di studio di scuola media superiore (pari al 45,6%), più del 20 % ha la licenza media, il 15% circa ha una qualifica professionale e una quota equivalente ha una laurea. Irrilevante è la quota di coloro in possesso di licenza elementare o nessun titolo.

Tabella 2.43– Distribuzione dei formati per titolo di studio

Titolo di studio Valori assoluti % Nessun titolo/licenza elementare 3.020 3,5 Licenza media 17.719 20,5 Qualifica professionale regionale 2.972 3,4 Qualifica tramite apprendistato 193 0,2 Diploma di qualifica professionale 332 0,4 Diploma di maturità o scuola media superiore 39.408 45,6 Diploma di Qualifica professionale (tramite Istituto professionale) 8.925 10,3 Diploma universitario 3.199 3,7 Dottorato di ricerca, master o specializzazione post-laurea 418 0,5 Laurea 4/5 anni 9.215 10,7 Laurea triennale 241 0,3 Master post-laurea triennale 189 0,2 Specializzazione tecnica superiore (IFTS) 9 0,0 Altro 649 0,8 Totale* 86.489 100 Nota: * Il totale è stato calcolato sui dati di concluso disponibili per titolo di studio Fonte: Elaborazioni Isfol – Area Politiche e Offerte per la Formazione Continua

Tra i lavoratori formati la quasi totalità è di nazionalità italiana (96,2%). Il 2.4% appartiene ad altri Paesi europei, mentre solo l’1.5% proviene da paesi con una consistente presenza di immigrati in Italia. Questo dato messo in relazione con il livello di inquadramento denota interventi formativi rivolti essenzialmente a categorie professionali non di basso profilo.

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Rapporto 2008 sulla formazione continua 138

Tabella 2.44 – Distribuzione dei formati per nazionalità

Nazionalità Valori assoluti % Italia 81.064 96,2 Altri paesi UE 1.070 1,3 Paesi europei extra UE 888 1,1 Africa 424 0,5 Asia 162 0,2 America 509 0,6 Altro 185 0,2 Totale 84.302 100

Nota: * Il totale è stato calcolato sui dati di concluso disponibili per nazionalità Fonte: Elaborazioni Isfol – Area Politiche e Offerte per la Formazione Continua

La maggior parte degli interventi è stata dedicata a formare lavoratori con contratto a tempo indeterminato, questi, rappresentano, infatti, il 79.1%. In misura nettamente inferiore, pari al 10,5%, sono stati i lavoratori coinvolti in attività formative con contratto a termine, mentre i lavoratori formati appartenenti a tipologie contrattuali a progetto sono solo il 4,1%.

Tabella 2.45 – Distribuzione dei formati per tipologia contrattuale

Tipologia contrattuale Valori assoluti % Cassa integrazione guadagni ordinaria o straordinaria 327 0,4 Contratto a tempo determinato 8.619 10,5 Contratto a tempo indeterminato 65.081 79,1 Contratto di apprendistato 1.786 2,2 Contratto di inserimento lavorativo/ex Contratto di formazione 522 0,6 Contratto di lavoro intermittente/ex lavoro interinale 162 0,2 Contratto di lavoro Part-Time 1.150 1,4 Tipologie contrattuali a progetto o occasionale (ex co.co.co) 3.359 4,1 Altro 1.257 1,5 Totale 82.263 100 Nota: * Il totale è stato calcolato sui dati di concluso disponibili per tipologia contrattuale Fonte: Elaborazioni Isfol – Area Politiche e Offerte per la Formazione Continua

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Box. 2.1 Il monitoraggio delle attività finanziate attraverso le risorse L.236/93: la sperimentazione in Puglia All’inizio del 2008 nella Regione Puglia, è stato avviato un progetto sperimentale di monitoraggio delle attività realizzate a valere sui finanziamenti nazionali ed in particolare sulle risorse della L. 236/93. Nella sperimentazione è stata realizzata un’applicazione per la somministrazione di un questionario informatizzato realizzato ad hoc e corredato di una guida on line, distribuita anche in formato cartaceo, per consentire una corretta compilazione delle informazioni richieste. Tale sperimentazione è stata impostata, nel rispetto delle linee guida emanate dal Ministero del Lavoro, in una logica di integrazione tra i diversi sistemi di monitoraggio esistenti (in particolare, i Fondi Paritetici Interprofessionali e il FSE) e, al tempo stesso, di valorizzazione delle peculiarità degli interventi di formazione continua, quali ad esempio i piani formativi e il sistema delle imprese. E’ stata, inoltre, utilizzata una metodologia che consente di realizzare analisi combinate con i risultati delle indagini statistiche condotte da ISFOL e ISTAT a livello nazionale e comunitario. Nell’attività di monitoraggio vengono rilevate una serie di informazioni relative alle caratteristiche dei piani formativi finanziati, dei lavoratori coinvolti e delle imprese beneficiarie degli interventi. La rilevazione è stata avviata nel mese di maggio con la conclusione dei primi piani formativi, ed è ancora in corso. Tutti i 51 piani formativi avviati sono in fase conclusiva, di questi solo 28 hanno già inviato i dati di monitoraggio, e rappresentano la base dei dati analizzata in questo paragrafo (la banca dati è aggiornata al 18 novembre). Nei 28 piani formativi conclusi sono state erogate 8.153 ore, pari a una media di 291 ore per piano. Il numero elevato di ore medie erogate può essere riconducibile al numero di progetti presentati (in totale 43) nei piani formativi, e alla molteplicità di argomenti trattati. Nella maggior parte dei progetti sono state considerate più tematiche formative; si tratta di percorsi formativi articolati su più contenuti: il 60% ha sviluppato gli interventi formativi con più di tre tematiche mentre solo il 25% ha trattato una sola tematica. Quasi l’80% dei progetti ha trattato la sicurezza sul posto di lavoro, le atre tematiche affrontate hanno riguardato l’informatica, lo sviluppo delle abilità personali ed altre materie specifiche quali tecniche e tecnologie di produzione. Rispetto al totale delle 8.153 ore di formazione erogate il 20% (con una media di 37 ore) è stato destinato a tecniche e tecnologie di produzione, il 18% ha riguardato altre materie specifiche ed infine il 15% ha avuto come oggetto l’informatica e la sicurezza sul posto di lavoro. Rispetto a quest’ultima tematica, è interessante sottolineare che essa è stata sviluppata in quasi tutti i piani formativi e che in media sono state erogate 28.5 ore di formazione per progetto. Le imprese coinvolte in azioni formative sono state 57 ed in linea di massima ogni Piano formativo è stato attuato in una sola azienda (nell’82.2% dei casi) Agli interventi formativi hanno partecipato prevalentemente imprese di piccole dimensioni (47% circa) e di micro imprese (39%), anche se non è mancata la presenza di medie (12.3%), mentre una sola grande impresa, almeno in questa fase, ha realizzato interventi formativi. Agli interventi formativi hanno partecipato 929 lavoratori; la percentuale di coloro che ha fatto formazione rispetto al totale degli addetti risulta piuttosto elevata, pari al 33.8%. Nelle micro-imprese sono stati formati il 48% dei dipendenti mentre tale percentuale scende con l’aumentare della dimensione dell’impresa, registrando il 43% nelle piccole imprese, il 37% nelle medie imprese fino ad arrivare al 26.3% nella grande impresa. La distribuzione di aziende che ha partecipato ad interventi di formazione per settore produttivo evidenzia la forte prevalenza di imprese nel settore sanità e assistenza sociale (35%), seguite da industrie manifatturiere (30%) e dal commercio (21%). I settori che hanno dato maggiori opportunità di accesso ai corsi sono stati rispettivamente: il settore dell’istruzione (75%), delle costruzioni (56%) e delle industrie manifatturiere (48%). Complessivamente sono stati formati 929 lavoratori delle 57 imprese monitorate, pari al 34% del totale dei dipendenti. La distribuzione di genere presenta rilevanti differenze nei lavoratori formati (maschi 59% vs femmine 41%). Tale dato messo in relazione con la percentuale delle dipendenti donne sul totale (46%) degli addetti evidenzia la scarsa presenza delle lavoratrici nelle attività formative. Il gruppo occupazionale maggiormente coinvolto negli interventi formativi è rappresentato da operai generici (48.6%), da operai qualificati (29.3%), seguiti da impiegati amministrativi e tecnici (18.3%). Complessivamente oltre il 90% ha un contratto a tempo indeterminato, di cui il 43% part-time. Più della metà dei partecipanti ai corsi ha un titolo di studio di licenza media (57.7%), un terzo circa ha il diploma di maturità (24.9%) e meno del 10% ha una formazione universitaria.

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2.3 Il punto sulla Legge 53/00

Nel periodo tra il 2004 e il 2007 il Ministero del Lavoro e il Ministero dell’Economia hanno emanato 4 provvedimenti relativi alla Legge 53/00 per un complesso di circa 77 milioni di euro destinati alle due tipologie di formazione previste dalla normativa:

Tipologia A - Progetti di formazione presentati dalle imprese che sulla base di accordi contrattuali prevedano quote di riduzione dell’orario di lavoro;

Tipologia B - Progetti di formazione presentati direttamente dai singoli lavoratori.

La specifica analisi della dinamica delle erogazioni dal Ministero alle Regioni (a partire dal decreto interministeriale 136 del 2004) consente di focalizzare l’attenzione sulle difficoltà di spesa: sono, infatti, appena 43 i milioni che risultano erogati dal Ministero del Lavoro alle Regioni (tabelle dal 2.46 a 2.49). In particolare la quota scende drasticamente con i due decreti del 2007, dove si registra un trasferimento alle Regioni di circa 2,9 milioni a fronte degli oltre 30 impegnati. Naturalmente il meccanismo di trasferimento alle Regioni non implica che alcune di esse, in particolare tra le Regioni del Nord, non abbiano già emanato Avvisi, ma certamente le risorse non sono state ancora distribuite sul territorio.

Tabella 2.46 - Legge 53/00: impegnato ed erogato relativo al D.I. 136/V/04

Regioni Impegnato Da erogare Erogato Valle d’Aosta 189.023,22 189.023,22 Piemonte 2.553.362,89 2.553.362,89 Lombardia 6.578.627,94 6.578.627,94 Bolzano 353.256,52 353.256,52 Trento 381.145,19 381.145,19 Veneto 3.269.172,15 3.269.172,15 Friuli Venezia Giulia 765.389,12 765.389,12 Liguria 858.351,36 858.351,36 Emilia Romagna 2.956.199,27 2.956.199,27 Toscana 2.327.154,77 2.327.154,77 Umbria 480.304,91 480.304,91 Marche 969.906,05 969.906,05 Lazio 2.423.215,76 2.423.215,76 Abruzzo 675.525,62 675.525,62 Molise 127.048,40 127.048,40 Campania 1.837.553,64 1.837.553,64 Puglia 1.425.421,03 1.425.421,03 Basilicata 223.109,38 223.109,38 Calabria 511.292,33 511.292,33 Sicilia 1.450.210,96 1.450.210,96 Sardegna 632.143,24 632.143,24 Totale 30.987.413,75 4.090.338,62 26.897.075,13 Fonte: Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali, 2008

Così come più volte analizzato negli anni, e per le diverse politiche di supporto alla

Formazione Continua, si conferma il comportamento differenziato tra le Regioni del Centro-Nord da una parte e del Sud dall’altra.

Come si può osservare (tabb. 2.46 e 2.47) il Ministero del Lavoro non ha ancora erogato le risorse del 2004 a molte Regioni del Mezzogiorno, anche perchè alcune di queste ultime non hanno ancora emanato Avvisi.

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Rapporto 2008 sulla formazione continua 141

Tabella 2.47 - Legge 53/00: impegnato ed erogato relativo al D.I. 349/V/04

Regioni Impegnato Da erogare Erogato Valle d’Aosta 44.379,96 44.379,96 Piemonte 1.313.592,70 1.313.592,70 Lombardia 3.284.543,51 3.284.543,51 Bolzano 179.018,87 179.018,87 Trento 153.470,58 153.470,58 Veneto 1.608.784,56 1.608.784,56 Friuli Venezia Giulia 383.668,34 383.668,34 Liguria 411.973,31 411.973,31 Emilia Romagna 1.414.898,52 1.414.898,52 Toscana 1.132.414,17 1.132.414,17 Umbria 246.904,33 246.904,33 Marche 479.162,69 479.162,69 Lazio 1.285.170,85 1.285.170,85 Abruzzo 334.241,92 334.241,92 Molise 62.792,68 62.792,68 Campania 935.090,81 935.090,81 Puglia 721.645,58 721.645,58 Basilicata 112.219,36 112.219,36 Calabria 273.307,38 273.307,38 Sicilia 783.066,49 783.066,49 Sardegna 333.360,36 333.360,36 Totale 15.493.706,97 2.149.435,77 13.344.271,20

Fonte: Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali, 2008

Tabella 2.48- Legge 53/00: impegnato ed erogato relativo al D.I. 62/V/07 (Annualità 2005)

Regioni Impegnato Da erogare Erogato Valle d’Aosta 37.004,27 37.004,27 Piemonte 1.238.770,44 1238770,44 Lombardia 3.047.965,25 3.047.965,25 Liguria 424.240,04 424.240,04 Trento 154.624,79 154.624,79 Bolzano 144.900,37 144.900,37 Veneto 1.377.274,64 1.377.274,64 Friuli Venezia Giulia 363.584,45 363.584,45 Emilia Romagna 1.288.604,02 1.288.604,02 Toscana 1.030.534,12 1.030.534,12 540.737,08* Umbria 233.458,57 233.458,57 Marche 414.639,87 414.639,87 Lazio 1.684.130,84 1.684.130,84 Abruzzo 297.081,48 297.081,48 Molise 66.502,96 66.502,96 Campania 1.152.368,95 1.152.368,95 Puglia 776.129,74 776.129,74 Basilicata 111.711,01 111.711,01 Calabria 361.315,32 361.315,32 Sicilia 928.335,99 928.335,99 Sardegna 360.529,85 360529,85 Totale 15.493.706,97 13.597.325,20 2.437.118,85 Nota: * I Anticipo Fonte: Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali, 2008

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Rapporto 2008 sulla formazione continua 142

Tabella 2.49 - Legge 53/00: impegnato ed erogato relativo al D.I. 110/cont/V/07 (Annualità 2006)

Regioni Impegnato Da erogare Erogato Valle d’Aosta 34.222,77 34.222,77 Piemonte 1.206.743,46 1.206.743,46 Lombardia 3.036.271,82 3.036.271,82 Bolzano 147.748,55 147.748,55 Trento 152.699,56 152.699,56 Veneto 1.409.213,70 1.409.213,70 Friuli Venezia Giulia 364.724,38 364.724,38 Liguria 395.385,89 395.385,89 Emilia Romagna 1.282.919,52 1.282.919,52 Toscana 1.029.115,13 1.029.115,13 Umbria 231.220,84 231.220,84 Marche 425.873,69 425.873,69 Lazio 1.619.327,60 1.619.327,60 Abruzzo 305.399,12 305.399,12 Molise 68.879,84 68.879,84 Campania 1.190.066,37 1.190.066,37 Puglia 780.174,89 780.174,89 Basilicata 126.554,76 126.554,76 Calabria 365.332,40 365.332,40 Sicilia 941.299,85 941.299,85 Sardegna 380.532,87 380.532,87 Totale 15.493.707,01 15.113.174,14 380.532,87 Fonte: Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali, 2008

Sulle motivazioni della difficoltà di impiego e di spesa delle risorse si è più volte sottolineato come sussista la compresenza di diverse cause. Nello specifico per le Regioni del Sud, vi è la difficoltà di organizzare l’offerta di formazione, in particolare, per quanto concerne la creazione dei cataloghi di formazione a supporto dei voucher individuali. Inoltre, l’impegno pressoché prioritario, e in alcuni casi esclusivo, delle politiche centrate sul contrasto alla disoccupazione, fornisce scarso appeal all’impiego di risorse, che per dettato normativo, possono essere esclusivamente destinate agli occupati. Le criticità evidenziate non sembrano regredire nel tempo, nonostante il Ministero del Lavoro, a partire proprio dal 2004, abbia previsto la possibilità di dedicare fino al 5% delle risorse disponibili, al fine di promuovere attività di informazione e diffusione rivolta direttamente ai target.

Non meno rilevante è anche la difficoltà, generalizzata, di impegnare le risorse per la tipologia A, che da sempre si è confermata come quella su cui tutte le Regioni hanno meno investito. In alcuni casi sono state individuate interpretazioni ed estensioni rispetto a quanto dettato dalla norma, traducendo la necessità di presentare piani sulla base di accordi contrattuali che prevedano quote di riduzione dell’orario di lavoro, in piani concordati per imprese che prevedano processi di ristrutturazione in senso lato. Si è trattato di un traduzione della norma, concordata dalle Amministrazioni con le Parti sociali, che è venuta incontro ad esigenze specifiche di territori e settori in difficoltà: situazione questa che, in previsione di una crisi dagli incerti contorni, può essere effettivamente rielaborata e valorizzata per i successivi provvedimenti. In questo ambito le Regioni prevedono di finanziarie piani ad ampio respiro finalizzati al rilancio o all’innovazione della struttura produttiva, che si rivolgono sia a singole imprese sia a più realtà inserite all’interno di filiere; per tale motivo i costi complessivi dei piani possono arrivare fino a 270.000 euro per progetto (ad esempio in Toscana, o a 250.000 per il Lazio).

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Rapporto 2008 sulla formazione continua 143

Quanto analizzato trova conferme (tab. 2.50) nella scelta che le Regioni hanno operato negli ultimi due decreti, con la prevalenza di stanziamenti a favore della tipologia individuale. Questa tipologia si afferma soprattutto in quei contesti ove nel tempo è stato costruito un sistema di formazione a domanda individuale corredato da un catalogo dell’offerta – su base regionale o provinciale -, da servizi di informazione, da un supporto di orientamento e di analisi dei fabbisogni a disposizione dei richiedenti. Il voucher: colpisce, semmai, la forte discrasia nella possibilità che viene offerta ai singoli lavoratori in termini di valore del voucher, laddove si rilevano tetti massimi che possono variare da 1.400 euro (in Lombardia) a 4.000 (come il caso della Sicilia). Simili differenze sono riconducibili certamente alle caratteristiche dell’utenza e agli obiettivi che le Amministrazioni intendono raggiungere, ma anche all’assetto e alla diffusone delle offerte sul territorio, che finiscono per influenzare la scelta degli stessi parametri orari di costo da parte dei decisori.

Tabella 2.50. – La scelta delle Regioni riguardo l’impiego delle risorse relative alla Legge 53/00

(decreti 62/07 e 110/07) Aggiornamento al 20 novembre 2008

D.I. 62/V/2007 D.I. 110/V/2007 Regioni e P.A. Tipologia

A Tipologia

B Attività di

informazione Tipologia

A Tipologia

B Attività di

informazione Valle d'Aosta Piemonte 95% 5% 95% 5% Lombardia 95% 5% Provincia di Bolzano Provincia di Trento Veneto 95% 5% 95% 5% Friuli Venezia Giulia 50% 50% Liguria Emilia Romagna 95% 5% 95% 5% Toscana 25% 75% 5% Umbria 100% Marche Lazio 95% 5% Abruzzo 100% Molise Campania Puglia Basilicata Calabria Sicilia 86% Sardegna 100%

Fonte: elaborazioni Isfol – Area Politiche e Offerte per la Formazione Continua

Nelle Regioni che hanno strutturato già da tempo un proprio sistema a domanda individuale (ad esempio il Piemonte) vengono emanate spesso direttive ad hoc per la formazione individuale in cui vengono indicate le caratteristiche dei percorsi formativi a catalogo. In molte realtà del Nord (Lombardia, Piemonte, Emilia Romagna e Veneto) la funzionalità e la continuità del catalogo viene assicurata anche attraverso l’impiego integrato di risorse nazionali e comunitarie, o come, nel caso del Veneto, regionali: si tratta indubbiamente di scelte che favoriscono la specializzazione e la continua qualificazione delle proposte messe a disposizione dall’offerta.

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Rapporto 2008 sulla formazione continua 144

Nell’ambito del processo di delega alle Province, infine, viene spesso demandata al territorio la scelta sull’impiego delle risorse, sulle tipologie dei destinatari e sui parametri costo ora/allievo; in questi casi la Regione fornisce la cornice complessiva in cui si inserisce l’intervento, definendo alcuni aspetti che garantiscano, in tutto il territorio regionale, analoghe condizioni di accesso per tutti i potenziali partecipanti, in particolare, imponendo un valore massimo al voucher (come è il caso dell’Emilia Romagna). 2.3.1 Le caratteristiche degli atti emanati dalle Regioni

Le pagine seguenti dettagliano ulteriormente alcune caratteristiche dei Bandi emanati dalle Regioni in relazione agli ultimi due Decreti Interministeriali (62/07 e 110/07) attuativi dell’articolo 6 della legge 53/2000.

In particolare vengono riportate informazioni circa: - le risorse messe a bando - le priorità (quando indicate); - la tipologia di lavoratori coinvolti - le tipologie, le modalità e le risorse dedicate ad ogni intervento - la durata in ore degli interventi - i contributi unitari previsti per i Piani formativi o per i voucher individuali - il costo ora/allievo

Legge 53/00 - D.I. 110/07 REGIONE PIEMONTE Risorse 18.156.743,46 euro nella direttiva per le azioni di formazione ad azione individuale così

ripartite: - 1.206.743,46 del D.I. 110/07; - 8.550.000 del D.D. 40/07; - 8.400.000 del POR FSE 2007-2013 a valere sugli Assi Adattabilità e Capitale Umano Le risorse sono distribuite tra le Province

Priorità Le province possono assegnare priorità ai lavoratori che non hanno ancora beneficiato di interventi o ad utenze definite nell’ambito dell’organismo concertativi locale

Tipologia di lavoratori coinvolti*

Lavoratori di imprese pubbliche e/o private se i buoni sono finanziati con le risorse della Legge 53/00

Tipologia, modalità di intervento e risorse dedicate

Buoni di partecipazione per attività di formazione ad iniziativa individuale attraverso cataloghi

Durata in ore degli interventi

Max. 100 h

Contributi unitari Max. 3.000 euro Costo ora/allievo Max. 10 euro

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Rapporto 2008 sulla formazione continua 145

Legge 53/00 - D.I. 62/07 REGIONE LOMBARDIA Risorse 11.154.362,14 euro provenienti dai D.I. 136/01, 349/04, 62/07 Priorità Tipologia di lavoratori coinvolti*

Lavoratori pubblici o privati

Tipologia, modalità di intervento e risorse dedicate

Formazione a scelta individuale attraverso la predisposizione di due cataloghi (formazione trasversale e formazione settoriale) che saranno costituiti da corsi proposti da operatori accreditati Le risorse sono suddivise:

- € 6.700.000 voucher relativi a corsi di aree trasversali; - € 4.137.736,66 voucher relativi a corsi di aree settoriali

Durata in ore degli interventi

Min. 30 – max. 120 ore

Contributi unitari Voucher individuale min. 1.100 euro max. 1.400 € in base alla durata del corso Costo ora/allievo

Legge 53/00 - D.I. 349/04 PROVINCIA AUTONOMA DI BOLZANO Risorse 436.000 euro provenienti dal D.I. 349/04 e 243/04 Priorità - Lavoratori collocati in CIG ordinaria e/o straordinaria, e/o iscritti nelle liste di

mobilità; - Lavoratori con più di 45 anni; - Lavoratori con basso titolo di studio - Lavoratori diversamente abili

Tipologia di lavoratori coinvolti*

Occupati e/o disoccupati da almeno 3 mesi

Tipologia, modalità di intervento e risorse dedicate

Voucher formativi. E’ facoltativa la scelta dei corsi sul Catalogo

Durata in ore degli interventi

Contributi unitari Max. 1.500 euro Costo ora/allievo

Legge 53/00 - D.I. 62/07 REGIONE VENETO Risorse 2.647.164 euro di cui:

- 1.377.274,64 del D.I. 62/07; - 1.409.213,69 del D.I. 110/07

Priorità Tipologia di lavoratori coinvolti*

Lavoratori/trici occupati in imprese localizzate nel Veneto.

Tipologia, modalità di intervento e risorse dedicate

Progetti aziendali e pluriaziendali: - progetti di formazione per il reinserimento dei lavoratori/trici durante e dopo il

periodo di congedo parentale o di astensione obbligatoria; - progetti che consentano la sostituzione del lavoratori/trici che beneficiano del periodo

di astensione obbligatoria o dei congedi parentali con altro lavoratore/trice; - progetti di formazione finalizzati all’attuazione di forme di orario di lavoro flessibile

(da tempo pieno a tempo parziale, telelavoro etc.) Durata in ore degli interventi

Progetto formativo aziendale min. 24 – max. 150 ore Progetto pluriaziendale max. 300 ore

Contributi unitari Max. 22.500 euro per progetti formativi aziendali Max. 30.000 euro per progetti pluriaziendali

Costo ora/allievo Max. 150

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Rapporto 2008 sulla formazione continua 146

Legge 53/00 - D.I. 62/07 REGIONE FRIULI VENENZIA GIULIA Risorse 383.584,45 euro del D.I. 62/07 Priorità Tipologia di lavoratori coinvolti*

Tipologie indicate dal Ministero

Tipologia, modalità di intervento e risorse dedicate

Le risorse sono distribuite in misura del 45% a progetti appartenenti alla Tipologia A) e del 55% a progetti della Tipologia B) Tipologia A) progetti: monoaziendali e pluriaziendali Tipologia B) Progetti di formazione individuale

Durata in ore degli interventi

Tipologia A) non superiore a 60 ore

Contributi unitari Tipologia A) max. € 20.000 per impresa Tipologia B) contributo pubblico per progetto: € 4.000

Costo ora/allievo Tipologia A)limite max. di € 150 Legge 53/00 - D.I. 62/07 e D.I.110/07 REGIONE EMILIA ROMAGNA Risorse Risorse pari a .2.400.000 (D.I. 62/07 e 110/07) trasferite completamente alle singole

Province La Regione promuove con il 5% delle risorse attività di informazione

Priorità Tipologia di lavoratori coinvolti*

Tipologia, modalità di intervento e risorse dedicate

Demandato alle Province

Durata in ore degli interventi

Demandato alle Province

Contributi unitari Demandato alle Province Costo ora/allievo Demandato alle Province

Legge 53/00 - D.I. 62/07 REGIONE TOSCANA Risorse 1.030.534,12 euro del D.I. 62/07:

- 70% destinato al finanziamento di voucher finalizzati alla frequenza di attività di aggiornamento/qualificazione da parte di lavoratori occupati; - 25% per progetti aziendali/pluriaziendali di formazione continua legati a forme di riduzione/flessibilizzazione degli orari di lavoro; - 5% per attività di informazione/pubblicizzazione/orientamento

Di cui messe a bando quelle per i progetti aziendali e pluriaziendali Priorità Tipologia di lavoratori coinvolti*

Occupati presso imprese private e pubbliche

Tipologia, modalità di intervento e risorse dedicate

Durata in ore degli interventi

Contributi unitari Max. 270.000 euro per progetto Costo ora/allievo

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Rapporto 2008 sulla formazione continua 147

Legge 53/00 - D.I. 62/07 REGIONE UMBRIA Risorse Bando integrato con le risorse della L. 236/93 e del POR FSE 2007-2013 per complessivi

7.500.000 di cui: - 221.785,64 del D.I. 62/07

Priorità Riserva pari al 50% delle risorse stanziate a favore delle donne Tipologia di lavoratori coinvolti*

Lavoratori occupati di imprese che lavorano in unità produttivi ubicate in Umbria

Tipologia, modalità di intervento e risorse dedicate

Voucher formativi individuali

Durata in ore degli interventi

Tipologia A) non superiore a 120 ore Tipologia B) Parametri individuati dalle singole Province

Contributi unitari Max. 2.000 euro per voucher Costo ora/allievo

Legge 53/00 - D.I. 62/07 REGIONE LAZIO Risorse 1.667.289,53 euro del D.I. 62/07 Priorità Tipologia di lavoratori coinvolti*

Lavoratori collocati in CIG ordinaria e/o straordinaria, e/o iscritti nelle liste di mobilità; Lavoratori con contratti atipici Soci di cooperative iscritte a libro paga Titolari/soci delle imprese destinatarie non iscritti a libro paga, limitatamente alle imprese artigiane

Tipologia, modalità di intervento e risorse dedicate

Progetti formativi connessi ad accordi contrattuali attraverso una riduzione o una rimodulazione dell’orario e dei tempi di lavoro per la riorganizzazione della filiera produttiva e per l’innovazione tecnologica.

Durata in ore degli interventi

a.

Contributi unitari Max. 250.000 euro per progetto formativo Costo ora/allievo

Legge 53/00 D.I. 62/07 REGIONE SICILIA Risorse 800.000 euro del D.I. 62/07 Priorità - donne che ricoprano o si apprestino a ricoprire ruoli dirigenziali o comunque

finalizzati allo sviluppo di carriera in aziende/ ruoli/ professioni nei quali sono sotto rappresentate;

- soggetti fuori dai percorsi formativi da oltre 10 anni; - lavoratori atipici

Tipologia di lavoratori coinvolti*

Lavoratori imprese private

Tipologia, modalità di intervento e risorse dedicate

Voucher formativi / borse di formazione

Durata in ore degli interventi

Contributi unitari Max. 4.000 euro Costo ora/allievo

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Rapporto 2008 sulla formazione continua 148

2.4 La formazione dei lavoratori nel Fondo sociale europeo: un bilancio complessivo della programmazione 2000-2006

Il 2007 rappresenta per il Fondo Sociale Europeo (Fse) l’anno di avvio della nuova programmazione 2007-2013. Tuttavia l’implementazione dei programmi 2000-2006 si è protratta fino a giugno 2008, pertanto nel corso del 2007 le Amministrazioni regionali e centrali sono state ancora impegnate a spendere le risorse residue. I dati disponibili32 consentono dunque, da una parte, di aggiornare al 2007 l’avanzamento della spesa e il numero dei beneficiari coinvolti nella formazione, dall’altra di proporre un bilancio pressoché definito dell’intero settennio.

Come si è gia avuto modo di illustrare (cfr. rapporti anni precedenti 33), i finanziamenti di Fse destinati alla formazione continua rivolta ai lavoratori del settore privato sono quelli della specifica misura dei programmi regionali e nazionali (D1 per le regioni del Centro-nord e 3.9 per quelle del Sud). Tuttavia, il Fse ha finanziato la formazione continua anche come azione di sistema per il rafforzamento della Pubblica amministrazione (PA) e degli operatori dell’istruzione, della formazione e del governo delle politiche.

Complessivamente in Italia la programmazione di Fse 2000-2006 ha destinato alla formazione continua 1.870 milioni di euro, di cui 1.400 milioni per le regioni del Centro-nord e 470 milioni per le regioni del Mezzogiorno.

La spesa per la formazione continua

Se consideriamo nello specifico l’annualità 2007, le risorse spese nel nostro paese per la formazione continua ammontano complessivamente a 365 milioni di euro, di cui 220 milioni riferiti alle regioni del Centro-nord (Ob. 3) e 145 milioni alle Regioni del Mezzogiorno (Ob. 1) (tab. 2.51).

Tabella 2.51- Spesa in formazione continua per tipologia di progetto. Anno 2007 (Centro-nord, Mezzogiorno, Italia)

Tipologia di progetto Centro-nord Mezzogiorno Italia Formazione continua per lavoratori d'impresa 154.652.288,21 108.056.585,53 262.708.873,74 Formazione continua in azioni di sistema 65.677.613,22 36.638.809,84 102.316.423,06 Totale 220.329.901,43 144.695.395,37 365.025.296,80 Fonte: elaborazioni Isfol - Area Valutazione Politiche Risorse Umane su dati Mef-Igrue

La componente di formazione continua rivolta agli occupati delle imprese private è decisamente preponderante, pari a circa 263 milioni, rispetto ad una spesa di 102 milioni per gli occupati della PA e degli altri organismi che contribuiscono al governo del sistema della formazione continua34.

32 I dati presenti nel sistema Monitweb dell’Igrue-RGS sono aggiornati al 31/12/2007. 33 I progetti del Fondo sociale europeo riguardano sia gli occupati del settore privato sia quelli del settore pubblico: dei primi sostiene la capacità di adattamento alle nuove tecnologie ed ai nuovi mercati (formazione continua), dei secondi la crescita delle competenze per un migliore governo delle politiche del lavoro e della formazione e più in generale, in Ob.1, il governo delle politiche sostenute dai programmi comunitari (formazione in azioni di sistema), (Rapporto 2005). 34 Si fa qui riferimento alla classificazione dei progetti Fse adottata in sede di monitoraggio nazionale, cfr. Isfol- Struttura nazionale di valutazione Fse, Linee guida per il monitoraggio e la valutazione del Fse 2000-2006, Roma, 2002.

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Rapporto 2008 sulla formazione continua 149

Rispetto all’anno precedente si osserva dunque un’impennata nella spesa per la formazione continua, imputabile al fatto che le Amministrazioni titolari di programmi sono tenute a spendere e rendicontare le risorse di Fse entro il giugno del 2008 e che nel 2007 si è proceduto ai pagamenti di risorse impegnate negli anni precedenti. Tuttavia nel 2007 si conferma un’inversione di tendenza (già registrata l’anno precedente) rispetto ad un trend negativo che dal 2003 aveva caratterizzato l’andamento della spesa in formazione continua (tabb. 2.52, 2.53, 2.54).

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Rapporto 2008 sulla formazione continua 150

Tabella 2.52 - Spesa in formazione continua per tipologia di progetto, in euro, 2000-2007 (Italia)

Tipologia di progetto 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 Totale Formazione continua per lavoratori d'impresa

1.270.561,36 34.432.581,91 164.177.677,56 245.914.430,02 224.289.140,61 178.062.418,25 173.405.169,67 262.708.873,74 1.284.260.853,12

Formazione continua in azioni di sistema 4.234.775,04 8.944.330,64 28.036.880,84 93.814.354,46 87.414.428,73 69.798.240,66 95.494.283,74 102.316.423,06 490.053.717,17

Totale 5.505.336,40 43.376.912,55 192.214.558,40 339.728.784,48 311.703.569,34 247.860.658,91 268.899.453,41 365.025.296,80 1.774.314.570,29 Fonte: elaborazioni Isfol - Area Valutazione Politiche Risorse Umane su dati Mef-Igrue

Tabella 2.53 - Spesa in formazione continua per tipologia di progetto, in euro, 2000-2007 (Centro-nord)

Tipologia di progetto 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 Totale Formazione continua per lavoratori d'impresa

1.079.158,98 30.293.701,74 142.769.905,67 190.523.553,00 149.739.360,18 112.870.784,25 107.016.781,43 154.652.288,21 734.293.245,25

Formazione continua in azioni di sistema

364.636,83 5.207.885,38 18.497.641,94 39.157.340,65 64.893.863,26 41.330.863,96 61.450.064,41 65.677.613,22 296.579.909,65

Totale 1.443.795,81 35.501.587,12 161.267.547,61 229.680.893,65 214.633.223,44

154.201.648,21 168.466.845,84 220.329.901,43 1.030.873.154,90 Fonte: elaborazioni Isfol - Area Valutazione Politiche Risorse Umane su dati Mef-Igrue

Tabella 2.54 - Spesa in formazione continua per tipologia di progetto, in euro, 2000-2007 ( Mezzogiorno)

Tipologia di progetto 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 Totale Formazione continua per lavoratori d'impresa

190.594,23 3.186.372,23 15.980.899,97 54.588.841,52 56.354.374,66 52.210.247,43 49.790.405,76 108.056.585,53 340.358.321,33

Formazione continua in azioni di sistema 3.870.138,21 3.736.445,26 9.539.238,90 54.657.013,81 22.520.565,47 28.467.376,70 34.044.219,33 36.638.809,84 193.473.807,52

Totale 4.060.732,44 6.922.817,49 25.520.138,87 109.245.855,33 78.874.940,13 80.677.624,13 83.834.625,09 144.695.395,37 533.832.128,85 Fonte: elaborazioni Isfol - Area Valutazione Politiche Risorse Umane su dati Mef-Igrue

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Rapporto 2008 sulla formazione continua 151

Come già osservato, i dati disponibili consentono di stimare in maniera pressoché definitiva l’ammontare complessivo delle risorse che sono state spese per la formazione continua con riferimento alla programmazione 2000-2006. Si tratta di circa 1.774 milioni di euro, di cui il 72,4% destinato ai lavoratori del settore privato e la restante quota agli operatori pubblici della formazione continua o agli amministratori.

Va evidenziato come nelle Regioni del Centro-nord la formazione degli occupati del settore privato risulta decisamente più diffusa rispetto alle regioni del Mezzogiorno: se infatti le prime hanno dedicato circa il 71,2% delle risorse ai lavoratori delle imprese, per le seconde tale percentuale scende al 63,7%.

Ciò risulta coerente con la strategia di costruzione di capacità amministrativa e di governo del Quadro comunitario di sostegno dell’obiettivo 1 e si può dunque apprezzare lo sforzo svolto per l’utilizzo della formazione continua nelle azioni di sistema.

I beneficiari della formazione

Guardando ora ai beneficiari della formazione continua, nel 2007 i progetti cofinanziati hanno coinvolto circa 162mila lavoratori, di cui 132mila nelle regioni del Centro-nord e poco più di 30mila nel Mezzogiorno (tab. 2.55). Il 66% risulta occupato nel settore privato.

Tabella 2.55 - Beneficiari formazione continua per tipologia di progetto, anno 2007 (Centro-nord, Mezzogiorno, Italia)

Tipologia di progetto Centro-nord Mezzogiorno Italia Formazione continua per lavoratori d'impresa 92.120 15.668 107.788 Formazione continua in azioni di sistema 40.157 14.602 54.759 Totale 132.277 30.270 162.547 Fonte: elaborazioni Isfol - Area Valutazione Politiche Risorse Umane su dati Mef-Igrue

Complessivamente tra il 2000 e il 2007 in Italia sono stati coinvolti in formazione oltre 1,6 milioni di occupati, 1,3 milioni nel Centro-nord e 312.000 nel Mezzogiorno. Si è trattato nell’81% dei casi di lavoratori del settore privato, anche se le differenze territoriali acquistano un rilievo importante, come già evidenziato considerando l’investimento in termini finanziari. Nel Centro-nord la formazione continua per le imprese ha pesato per l’88%, a fronte del 49% delle regioni del Mezzogiorno(tabb. 2.56, 2.57, 2.58).

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Rapporto 2008 sulla formazione continua 152

Tabella 2.56 Beneficiari formazione continua per tipologia di progetto, 2000-2007 (Italia)

Tipologia di progetto 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 Totale Formazione continua per lavoratori d'impresa 73.788 139.249 218.515 237.827 171.656 196.118 208.362 107.788 1.353.303 Formazione continua in azioni di sistema 23.076 9.485 48.942 45.954 27.398 26.264 79.598 54.759 315.476 Totale 96.864 148.734 267.457 283.781 199.054 222.382 287.960 162.547 1.668.779 Fonte: elaborazioni Isfol - Area Valutazione Politiche Risorse Umane su dati Mef-Igrue

Tabella 2.57 - Beneficiari formazione continua per tipologia di progetto, 2000-2007 (Centro-nord)

Tipologia di progetto 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 Totale Formazione continua per lavoratori d'impresa 71.391 133.507 190.480 208.998 139.806 175.988 187.121 92.120 1.199.411 Formazione continua in azioni di sistema 7.351 8.399 24.380 14.580 8.529 7.583 46.169 40.157 157.148 Totale 78.742 141.906 214.860 223.578 148.335 183.571 233.290 132.277 1.356.559 Fonte: elaborazioni Isfol - Area Valutazione Politiche Risorse Umane su dati Mef-Igrue

Tabella 2.58 - Beneficiari formazione continua per tipologia di progetto, 2000-2007 (Mezzogiorno)

Tipologia di progetto 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 Totale Formazione continua per lavoratori d'impresa 2.397 5.742 28.035 28.829 31.850 20.130 21.241 15.668 153.892 Formazione continua in azioni di sistema 15.725 1.086 24.562 31.374 18.869 18.681 33.429 14.602 158.328 Totale 18.122 6.828 52.597 60.203 50.719 38.811 54.670 30.270 312.220 Fonte: elaborazioni Isfol - Area Valutazione Politiche Risorse Umane su dati Mef-Igrue

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Rapporto 2008 sulla formazione continua 153

Nonostante non sia possibile costruire con rigore costi procapite a partire dagli aggregati di spesa illustrati35, l’osservazione che le due componenti della formazione continua analizzate assumono una misura relativa notevolmente diversa analizzandole con i due diversi indicatori (spesa e beneficiari) conduce a ritenere che i costi procapite della formazione nelle azioni di sistema siano altrettanto notevolmente differenti da quelli sostenuti per la formazione degli occupati delle imprese.

Le caratteristiche dell’utenza

I dati disponibili sui destinatari coinvolti nella formazione continua nell’intero periodo di programmazione, consentono di delineare in maniera più precisa il target effettivamente intercettato dal Fse: si tratta in primo luogo di lavoratori con titoli di studio medio-alti, quasi il 50% possiede un diploma di scuola superiore e il 24,6% ha conseguito una laurea o un titolo post-laurea. Tra coloro che non hanno un diploma di secondo grado prevalgono i possessori della licenza media (15,1%) (tab. 2.59).

Tabella 2.59 - Beneficiari per titolo di studio, 2000-2007 (Centro-

nord, Mezzogiorno, Italia)

Centro-nord

Mezzogiorno

Italia

Nessun titolo- Lic. elementare 1,6 2,3 1,8 Licenza media 16,6 10,1 15,1 Diploma 3-4 anni 8,2 2,6 6,9 Diploma 5 anni 51,6 43,2 49,7 Post-diploma 2,2 1,0 1,9 Laurea e post-laurea 19,8 40,9 24,6 Totale 100 100 100

Fonte: elaborazioni Isfol - Area Valutazione Politiche Risorse Umane su dati Mef-Igrue

Il dettaglio di genere mostra come vi sia una prevalenza, anche se non netta, di uomini coinvolti in formazione rispetto alle donne (52,7% rispetto al 47,3%).

E’ interessante evidenziare come il dettaglio territoriale fornisca elementi di particolare interesse: in primo luogo, il peso dei laureati o in possesso di titolo post-laurea è decisamente maggiore nel Mezzogiorno (40,9%), così come le donne occupate del Sud più frequentemente accedono alle possibilità di formazione rispetto alle lavoratrice del Centro-nord (54% rispetto al 45,8%). Questo ultimo dato può essere messo in relazione al fatto che la formazione continua all’interno delle azioni di sistema (che rappresenta in termini di beneficiari almeno la metà delle azioni cofinanziate nel Mezzogiorno) ha riguardato in larga misura gli operatori della formazione professionale e gli amministratori pubblici tra i quali la quota femminile è decisamente più elevata. Anche in termini di età, gli over 45 sono leggermente più numerosi al Sud, fenomeno che si spiega con quanto appena argomentato in merito al genere.

In termini di classi di età, la concentrazione maggiore di lavoratori formati si osserva nella classe 35-44 anni. Tuttavia guardando al gruppo degli over45, che rappresenta uno dei target prioritari in ambito europeo, la partecipazione alla formazione continua riguarda solo il 30,4% a fronte del 65,3% degli occupati con un’età compresa tra i 25 e i 44 anni (Fig. 2.2).

35 La spesa qui considerata è un aggregato che comprende pagamenti effettuati dai soggetti attuatori dei progetti che vengono contabilizzati in momenti non necessariamente coincidenti con quelli della rilevazione dei beneficiari (cfr. definizioni di spesa, etc in A. Montanino (a cura di) Temi e strumenti della formazione continua, Rubbettino 2006).

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Rapporto 2008 sulla formazione continua 154

Figura 2.2 - Beneficiari per classe di età, 2000-2007 (Centro-nord, Mezzogiorno, Italia)

4,5

12,4

35,2

13,6

0,22,2

19,8

7,7

26,1

4

11,2

31,8

12,3

18,118,1

0,3

15,9

37,3

6,6

22,3

0,3

0,0

5,0

10,0

15,0

20,0

25,0

30,0

35,0

40,0

-19 20-24 25-29 30-34 35-44 45-49 50

Centro-nord

Mezzogiorno

Italia

Fonte: elaborazioni Isfol - Area Valutazione Politiche Risorse Umane su dati Mef-Igrue

Ciò conferma quanto già osservato in passato in merito al maggior coinvolgimento di un’utenza “forte” per caratteristiche anagrafiche e professionali, rispetto ad una platea di lavoratori “deboli” che il FSE era comunque chiamato ad intercettare.

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Rapporto 2008 sulla formazione continua 155

Capitolo 3

Sistemi di Governance territoriale delle politiche di formazione continua

3.1 Uno sguardo su cinque sistemi regionali

E’ da diversi anni che l’Isfol e altri istituti di ricerca36 osservano il processo di devoluzione delle competenze dallo Stato alle Regioni e agli altri enti locali, che ha vissuto fasi differenti a partire dagli anni ‘70. L’esito più eclatante della prima tappa devolutoria, per lo specifico della Formazione Continua, riguarda la promulgazione della Legge quadro n. 845 del 21 dicembre del 1978 in materia di formazione professionale. Gli anni ’90 hanno poi prodotto la cosiddetta legge “Bassanini”37 grazie alla quale è stato avviato il “Conferimento alle Regioni e agli enti locali di funzioni e compiti in materia di mercato del lavoro. Con la Riforma38 del Titolo V della Costituzione italiana sono state riformulate le competenze esclusive, in concorrenza e residuali, distribuite tra Stato e Regioni. Tale riformulazione ha comportato l’avvio di numerosi contenziosi tra Stato e Regioni, chiamando la Corte Costituzionale a pronunciarsi per definire meglio i confini tra competenze. Allo stato attuale la formazione continua rimane una esclusiva competenza da parte delle Regioni mentre lo Stato definisce e regola i principi generali e i servizi minimi39 che il cittadino deve esigere. Per tali motivi diventa sempre più centrale riuscire a rappresentare i sistemi regionali che, proprio in virtù di tali processi di riforma, sembrano configurarsi sempre più come welfare regionali40 che devono essere in grado di assicurare i servizi di copertura al cittadino e al lavoratore all’interno di processi di integrazione con organizzazioni, non esclusivamente pubbliche, e funzioni a rilevanza nazionale.

Gli approfondimenti esposti di seguito focalizzeranno l’attenzione su alcuni sistemi regionali in materia di formazione continua. Sono state scelte cinque Regioni sulla base:

della presenza di sistemi di formazione continua con peculiarità paradigmatiche, in relazione all’applicazione normativa delle competenze assegnate dalla Riforma del Titolo V della Costituzione;

36 E’ di recente uscita il Rapporto 2008 sulla legislazione tra Stato, Regioni e Unione europea, curato dall’Osservatorio della Camera dei Deputati e in esso, l’Istituto di studi sui Sistemi Regionali Federali e sulle Autonomie del CNR (ISSiRFA), ha realizzato “Tendenze e problemi della legislazione regionale”. Inoltre anche l’Istituto di Studi e Analisi Economica (ISAE) dal 2003 pubblica il Rapporto annuale sullo stato del federalismo, presentato con questa titolazione fino al 2006 e negli anni seguenti invece “Finanza pubblica e Istituzioni”. 37 L. n. 59 del 1997 “Delega al governo per il conferimento di funzioni e compiti alle Regioni ed enti locali, per la riforma della pubblica amministrazione e per la semplificazione amministrativa”. 38 Legge costituzionale n. 3 del 18 ottobre 2001 e alla Legge 5 giugno 2003, n. 131 "Disposizioni per l’adeguamento dell’ordinamento della Repubblica alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3" 39 Per esempio per quanto riguarda alcune specificità del welfare state si sta lavorando sui Livelli Essenziali delle Prestazioni (LEP). 40 Cfr. Regini M., Colombo S., Italy: the uneasy co-existence of different social models, preliminary draft presented at the Conference on “The Nordic Model: Solution for Continental Europe’s Problems?”, Center for European Studies, Harvard University, May 9-10, 2008.

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una distribuzione nelle tre aree territoriali del Nord (Lombardia e Veneto), del Centro (Umbria) e del Sud (Campania e Puglia).

Nello specifico si mettono in evidenza quegli elementi salienti che connotano i singoli sistemi a partire dal disegno della governance regionale. Si analizzano - ove presenti - le normative che hanno delle implicazioni in materia di politiche attive del lavoro e di formazione professionale, in particolare per la formazione continua, enfatizzando lo stato di avanzamento delle deleghe regionali alle province. In questo caso si è cercato di evidenziare l’eventuale coinvolgimento formale o informale delle Parti sociali e dei portatori di interesse in generale, come elemento fortemente connotante le politiche e gli indirizzi posti in atto sui territori. Si vanno poi a presentare i diversi strumenti di sostegno quali appunto i Fondi Strutturali UE e in particolare il Fondo sociale europeo, proprio in un periodo di conclusione della vecchia programmazione UE 2000-2006 e avvio di quella nuova 2007-2013. Unitamente al Fondo sociale europeo si fa il punto sull’uso degli strumenti nazionali (L. 236/93 e L.53/00) e le eventuali collaborazioni e integrazioni tra strumenti nazionali (Fondi Paritetici Interprofessionali) e programmazione regionale.

Di seguito si presenta un prospetto sinottico che sintetizza le informazioni salienti che caratterizzano i sistemi regionali presi a riferimento.

Tale sintesi ed analisi delle informazioni, in particolare, può aiutare a comprendere le modalità e le strategie consapevolmente scelte dalle Amministrazioni regionali nel governare i diversi strumenti e dispositivi disponibili.

Come si può osservare sono molto significative le differenze nei modelli regionali nel sostegno alla Formazione Continua. Le distinzioni più rilevanti riguardano sia il diverso grado di sviluppo del processo di delega, sia lo stato di avanzamento verso la creazione di un sistema integrato tra i diversi soggetti (pubblici e privati).

Nel primo caso, vi sono Regioni che stanno maturando esperienze ormai consolidate di processi di decentramento alle Province (in particolare Umbria) e altre che, pur in presenza di un quadro normativo ormai definito, procedono con alcune cautele, sperimentando di volta in volta il coordinamento inter-amministrativo (in particolare le due Regioni del Nord). Vi è poi il caso campano e in parte pugliese, in cui le Regioni hanno preferito adottare un modello più centralizzato pur avendo avviato o definito – soprattutto la Puglia -, almeno sul piano normativo, una discussione sulle caratteristiche e i confini della delega.

Per quanto concerne i processi di politiche di integrazione tra soggetti e risorse, si assiste ad una forte diversificazione: solo in Veneto e, in parte Campania, sono stati definiti Accordi Quadro ad ampio respiro di natura essenzialmente bipartita (Regione e Parti Sociali), mentre nelle altre, con diversi gradi di attivazione, si sono avviate integrazioni di tipo situazionale e tendenti prevalentemente a sperimentare strumenti, spesso già consolidati, su target specifici.

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Tavola 3.1 - Tavola sinottica sui sistemi regionali presi in esame: Campania, Lombardia, Puglia, Umbria, Veneto.

Regione Norme regionali (lavoro e FP post riforma Titolo V).

Documenti regionali programmazione/indirizzo in vigore41

Norme regionali delega alle Province e livello di attuazione42

Coinvolgimento delle Parti sociali (accordi, patti, norme, ecc.)43

Dispositivi per integrazione dei canali

finanziari (accordi, bandi/avvisi, documenti di

indirizzo, norme, ecc.)44

Dispositivi applicati ed eventuali sperimentazioni45

Campania Presenza di un disegno di legge quadro sulla formazione professionale. Assenza di documenti programmatori

Accordo del dicembre 2005 tra Regione e Fondi Interprofessionali in parte recepito nel DGR n. 587 del 12.05.2006

Dispositivi nazionali: 236/93 Dispositivi comunitari: FSE Patti Formativi Locali (PFL) Voucher individuali e aziendali

Lombardia L.R. n. 19/07 (istruzione e formazione) L.R. n. 22/06 (mercato del lavoro) In attuazione del PRS (Piano Regionale di Sviluppo) approvazione Piano Azione Regionale (pluriennale) quale strumento indirizzo e programmazione politiche lavoro (2007-10)

Art. 7 L.R. n. 19/07 sono descritte le competenze tra regione e Province ma non sono delegate per la Formazione Continua

Concertazione normata art 4 L.R. n. 19/07 e art 3, 8, e 9 L. R. n. 22/06 anche a livello interistituzionale.

Programmazione unitaria delle politiche del lavoro e di tutti gli strumenti finanziari. Dal 2008 Progetti Quadro anche in integrazione con Fondi Interprofessionali.

Dispositivi nazionali: L. 236/93 e L. 53/00 Dispositivi comunitari: FSE “La Dote” soprattutto per l’inserimento lavorativo e per condizione di debolezza di certi target a livello regionale. Progetti Quadro con Accordi Quadro territoriali, settoriali. Voucher individuali e cataloghi regionali per la domanda individuale di FC

Puglia L.R. n. 15/02 e s.m.i. sulla formazione professionale La normativa n. 19 del ‘99 prevede documenti programmatori generali

Art. 22 L.R. 15/02 Province delegate all’attuazione della FP. Deve essere emanato il

Concertazione normata con art 8 e 9 L.R. n. 19/99 e art 8 e 9 L.R. n. 15/02 con le Parti sociali

Dispositivi nazionali: L. 236/93 e L. 53/00 Dispositivi comunitari: FSE Voucher domanda individuale

41 In questa colonna vengono inserite le norme regionali promulgate dopo la Riforma del Titolo V della Costituzione, nel caso anche la presenza di disegni di legge in fase di promulgazione. Si segnalano i documenti programmatori (in vigore) che raccolgono all’interno di una strategia complessiva i diversi strumenti finanziari disponibili anche a livello comunitario (Por Fse; Por Fesr, ecc.). 42 Si inseriscono le normative in vigore che descrivono ed assegnano le deleghe alle province, sottolineando il livello di attuazione (eventuale presenza di norme attuative). Si specifica se c’è presenza di deleghe in materia di formazione continua. 43 Il coinvolgimento delle parti sociali viene in questo caso dimostrato sulla base di differenti livelli di partecipazione: consultazione e/o concertazione normata; presenza di eventuali organismi specifici; stipulazione di semplici accordi/patti. 44 Segnalazione di una strategia di integrazione dei diversi strumenti finanziari disponibili in materia di formazione continua (Fondi Interprofessionali; Fse; L. 236/93; L. 53/00; bilancio regionale; ecc.) 45 In questa colonna si sintetizzano gli strumenti utilizzati dalla Regione per la formazione continua in termini di: strumenti finanziari (specificando quelli nazionali e comunitari); tipologie di intervento applicate ed eventuali sperimentazioni.

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(Piano pluriennale e annuale per l’occupazione). Inoltre nella L.R. 15/02 sono previsti dei piani regionali annuali e pluriennali di formazione e di orientamento professionale a cui concorrono le Province.

regolamento sulle procedure di attuazione. Comma 2 art. 2 L.R. 32/06 delega in materia di FC per alcune attività. L.R. n. 19/99 sul lavoro assegna funzioni di coordinamento alle Province per la gestione dei Servizi Impiego

(Commissione regionale per le politiche del lavoro) e a livello interistituzionale (Comitato istituzionale di coordinamento).

Catalogo regionale della FC in fase di costruzione.

Umbria L.R. n. 11/03 e s.m.i.: Documento annuale di programmazione (DAP 2008-10) Piani triennali e annuali su politiche attive del lavoro.

L.R. n. 3/99 e L.R. 34/98. Quest’ultima norma attua la delega: Regione mantiene solo vigilanza e controllo sulla FP e in materia di FC solo attività per reti di impresa.

Patto per lo Sviluppo dell’Umbria firmato dalle parti sociali e nel novembre 06 si è avviata la II fase.

Negli avvisi si mettono a bando le diverse risorse disponibili anche dagli strumenti nazionali per la regione Umbria come da normative.

Dispositivi nazionali: L. 236/93 e L. 53/00 Dispositivi comunitari: FSE Progetti integrati con più strumenti (analisi, voucher, consulenza, formazione). Voucher domanda a individuale Catalogo regionale per la FC Catalogo interregionale per l’alta formazione

Coinvolgimento normato dalla LR. n. 10/90 art. 1 e 3. Commissione Regionale per la Concertazione tra le parti sociali come da L.R. n. 31/98 art 19 e 20 (in carica durata governo regionale)

Nel Piano Annuale 2007-8 attualmente in vigore sono presentate anche le strategie di integrazione.

Veneto Modifiche a L.R. n. 10/90 (FP). Presenza di un disegno di legge sul mercato del lavoro. Programma triennale di tutti gli interventi (2004-6). Programma Regionale di Sviluppo (PRS) come da L.R. n. 5/07 Piano Annuale degli Interventi (2007-8).

Art 137 L.R. n. 11/01; L.R. n. 31/98. Solo per il passaggio dei Centri di FP prima regionali ed ora alle Province e questi Centri di FP possono anche fare FC.

DGR n. 3128 del 9/10/07: Accordo Regionale Veneto e Parti sociali per il coordinamento delle attività di FC nelle “….diverse filiere (Fondi Strutturali, Legge 236/93, Legge 53/00, Fondi regionali, e Fondi Paritetici Interprofessionali)”.

Dispositivi nazionali: L. 236/93 e L. 53/00 Dispositivi comunitari: FSE Catalogo regionale per la FC Catalogo interregionale per l’alta formazione Sperimentazione Piano di Azione Individuale: Patto servizio, SILV, Borsa Lavoro Veneto, Dote Individuale per situazione di crisi aziendale, settoriale e professionale. Voucher formativi aziendali e individuali. Voucher di accompagnamento

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3.1.1 Regione Campania

La Campania, più di altri territori, fa registrare nell’ambito delle politiche di formazione uno straordinario tasso di attivismo e di sperimentazioni46, nonostante l’assenza di una moderna legislazione regionale47, capace di normare ed ordinare gli strumenti e le metodologie adottate nell’erogazione delle diverse attività formative.

Al di là di tentativi di innovazione realizzati nell’ambito della programmazione del FSE 2000 – 2006 (come ad esempio AIFA o i Patti Formativi Locali), la strumentazione normativa regionale sconta un sensibile ritardo attuativo. L’Assessorato alla Formazione e Lavoro della Regione aveva proposto un disegno di legge per il riordino e il coordinamento di tutta la normativa regionale esistente in materia di formazione e lavoro (“Testo Unico in materia di lavoro e formazione professionale per la promozione della qualità del lavoro”), approvato dalla Giunta nel settembre 2006 e proposto al Consiglio Regionale. In particolare il Capo V, dedicato alla formazione continua, prevede che da una parte la Regione, in coordinamento con i soggetti che gestiscono i Fondi Paritetici Interprofessionali, sostenga e incentivi interventi di formazione permanente e dall’altra le Province, partecipino alla programmazione regionale, anche sulla base di una ricognizione dei bisogni formativi locali, effettuata grazie alla sinergia con i servizi per il lavoro48.

Sul fronte della programmazione, la Delibera CIPE n.166 del 21 dicembre 2007 relativa alla “Attuazione del Quadro Strategico Nazionale 2007-2013 e alla programmazione del Fondo per le Aree Sottoutilizzate”, nel ripercorrere l’iter previsto dall’approccio strategico unitario, richiama la priorità 7 del QSN che prevede esplicitamente l’attuazione di una “Strategia di sviluppo locale integrata” “in riferimento alle iniziative di progettazione integrata riguardanti specifici ambiti territoriali sub-regionali finanziate all’interno della politica regionale, nazionale e comunitaria e quindi, qualora esistenti, tutti i progetti integrati che, a prescindere dalle denominazioni adottate, si propongano di coordinare fra loro tipologie di intervento di natura diversa all’interno di un’area territoriale sub-regionale circoscritta”.

Successivamente, il PAN Governance49 del marzo 2008 ribadisce come, in un contesto di politica regionale unitaria, la presenza contemporanea di più strumenti programmatici (programmi comunitari monofondo, programmi interregionali, programmi attuativi FAS), così come previsto dalla succitata Delibera CIPE, “richieda capacità di integrazione e coordinamento di una pluralità di interventi e di attori e, dunque, forti capacità di Governance del sistema”. Nella definizione

46 Tra le azioni innovative attivate in Campania si ricordi l’implementazione di un Portale per l’Orientamento e la Formazione dei Formatori nella scuola integrato con i servizi dedicati agli operatori della Regione con caratteristiche di interoperabilità (D.G.R. n. 984 del 21.07.2006, Misura 3.2 – Carta di credito formativo, D.G.R. n. 2844 del 08/10/03: riprogrammazione, rimodulazione e riarticolazione. Portale per l’Orientamento e la Formazione Formatori. Rimodulazione ed Implementazione, in BURC n. 39 del 28 agosto 2008). 47 Sul tema delle politiche per il lavoro e servizi per l’impiego attualmente è in vigore la legge regionale n. 14 del 1998, emanata in conformità agli indirizzi della legge 15 marzo 1997 n. 59 e alle disposizioni del D.lgs. 23 dicembre n. 469 del 1997. La Regione esercita funzioni programmatorie, di indirizzo, coordinamento e verifica sulle politiche per il lavoro, provvedendo, tra l’altro agli adempimenti previsti dall’art. 2 del D.lgs. n. 469/97. Le Province svolgono compiti di natura amministrativa in tema di collocamento e di Centri per l’impiego e ai sensi dell’art. 11, c. 5, della L.R. n. 14/98 possono adottare atti di programmazione delle politiche locali del lavoro, pluriennali ed annuali, in conformità ai contenuti dei piani regionali, con la partecipazione degli altri enti locali. Nella legge del 1998 non è assegnata alle Province alcuna competenza specifica in materia di formazione continua. 48 Si consideri, però, che il testo normativo, naturalmente, sarà sottoposto a modifiche e riformulazioni di contenuto per essere armonizzato ed adeguato alle novità legislative nazionali e comunitarie in materia di lavoro e sicurezza. 49 Ministero dello Sviluppo Economico, Dipartimento per le Politiche di Sviluppo e di Coesione, Direzione Generale per le politiche di sviluppo territoriale e le intese istituzionali di programma, “Programma Attuativo Nazionale Governance - FAS 2007-2013 (Mezzogiorno e Centro-Nord)”, marzo 2008.

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operativa della programmazione unitaria, il QSN inserisce in un quadro di riferimento unico le strategie ed i programmi di intervento stabiliti nei DUSS (Documenti Unitari Strategia Specifica, per le Amministrazioni centrali) e nei DUP (Documenti Unitari di Programmazione strategica, per le Amministrazioni regionali)50.

Nello specifico, la Regione intende assicurare la coerenza complessiva del sistema di programmazione regionale attraverso il redigendo Piano Regionale di Sviluppo “che rappresenterà la cornice di riferimento unitaria dell’azione programmatica per lo sviluppo regionale e che avrà come obiettivi quello di coordinare e raccordare, allo scopo di integrarle anche finanziariamente e temporalmente, la programmazione economica straordinaria espressa dal documento strategico (DSR 2007/2013) con quella ordinaria espressa dal Documento di Programmazione Economica e Finanziaria regionale (DPEFreg) e dalle leggi di bilancio”51.

Inoltre, è opportuno chiarire che il Documento Strategico Regionale costituisce la base per la redazione del Documento Unitario di Programmazione della Politica di Coesione Regionale (come previsto dal QSN) che dovrà assicurare “l’integrazione finanziaria e programmatica sia nell’ambito dei Fondi Strutturali, sia tra questi ultimi e gli altri strumenti della Politica di Coesione (FAS, FEASR, FEP)”. Al momento è stato definito il capitolato speciale per l’affidamento del servizio di supporto tecnico alla definizione e attuazione del documento unitario di programmazione e del programma attuativo regionale del FAS per l’attuazione del QSN52.

Per quanto riguarda il ruolo della concertazione53, nel dicembre 2005, è stato sottoscritto un documento congiunto di intenti tra l’Assessorato regionale alla Formazione e al Lavoro, Confindustria Campania, Fondimpresa, CISL, CGIL, UIL, “finalizzato ad armonizzare strategie e strumenti, pubblici e privati, per elevare la qualità dell’offerta di formazione per gli occupati e migliorare l’accessibilità alle opportunità di formazione”. L’intesa ha tra gli intenti quello di costituire un Forum di consultazione con la partecipazione delle Parti Sociali e degli enti bilaterali, con il compito di attivare la sperimentazione di percorsi formativi ed assicurare il confronto e la verifica sulle esperienze promosse. Le risorse finanziarie da impiegare sono state individuate nei residui dei finanziamenti assegnati alla Regione dal Ministero del Lavoro ai sensi della L. n. 236/93 e non attribuite per provvedimenti di revoca e/o rimodulazioni. L’intesa veniva successivamente estesa agli altri Fondi Interprofessionali interessati, mentre si assegnava agli Organismi Bilaterali il ruolo di monitorare e valutare sul piano qualitativo gli effetti delle sperimentazioni e di assicurare assistenza tecnica alle imprese nella redazione dei piani formativi aziendali, pluriaziendali e settoriali, anche esercitando un’azione di indirizzo per la certificazione delle competenze.

50 E’ prevista la definizione e l’approvazione del DUP, completo dei contenuti e delle informazioni previsti nel QSN, entro cinque mesi dalla data di approvazione della Delibera CIPE 166/07. Successivamente se ne prevede la trasmissione al MISE-DPS che ne prende atto e lo porta a conoscenza delle altre amministrazioni. “Nelle more dell’approvazione dei DUP i programmi attuativi della strategia del QSN si basano sugli indirizzi, i criteri e le regole della politica regionale unitaria così come definiti nel Quadro Strategico Nazionale 2007-2013 e nella presente delibera. In tal caso la definizione dei DUP terrà conto delle scelte programmatiche effettuate prima della loro approvazione contribuendo così a rendere espliciti e trasparenti, nel quadro di un contesto unitario di programmazione delle risorse della politica regionale, i contenuti delle scelte effettuate o in corso di definizione”. 51 DSR per la Politica di Coesione 2007-2013 – Regione Campania. 52 BURC N.48 del 1 dicembre 2008. 53 Sul ruolo delle parti sociali nella programmazione delle attività formative è utile riferirsi ancora al disegno di legge in materia di formazione e lavoro che punta alla valorizzazione del coinvolgimento delle parti sociali nell’individuazione degli obiettivi e delle priorità delle politiche del lavoro regionali, in funzione dell’importanza del metodo partecipativo e della concertazione.

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I contenuti dell’intesa, pur essendo stati recepiti nella D.G.R. n. 587 del 12 maggio 2006, non hanno ancora prodotto risultati rilevanti54.

Tra le sperimentazione più significative, anche se controverse, che ha visto coinvolte le Parti Sociali si segnala il Progetto AIFA (Accordo di inserimento formativo per l’assunzione), lanciato nel 2001 da un Protocollo di intesa siglato da Confapi e dalle organizzazioni sindacali regionali (CISL, CGIL, UIL) e poi adottato dalla Regione Campania che ha deciso di finanziarlo attraverso fondi comunitari. AIFA prevedeva un percorso formativo svolto in parte in azienda e in parte in aula, da realizzarsi in una fase precedente all’assunzione con l’obiettivo dell’assunzione a tempo indeterminato. Nato grazie alla collaborazione tra soggetti diversi era rivolto ai disoccupati, agli inoccupati e ai lavoratori in mobilità. L’esperienza AIFA va distinta in due fasi: la prima rivolta a soggetti disoccupati e finanziata con le Misure 3.3 e 3.2 del POR Campania 2000-2006 mentre, la seconda fase, avviata nel 2002, rivolta a lavoratori occupati e finanziata con la Mis. 3.9.

Degna di menzione, inoltre, è l’esperienza dei Patti Formativi Locali (PFL), nati per coniugare interventi di formazione e azioni di sistema indirizzati alla qualificazione del capitale umano quale leva per lo sviluppo endogeno territoriale e settoriale.

La sperimentazione dei PFL è stata avviata a seguito di un Avviso Pubblico nel gennaio 2007. Sono state raccolte 34 proposte per la realizzazione di PFL e 25 di queste sono stati ammesse a finanziamento. L’impatto complessivo della sperimentazione (62 milioni di euro di cui circa 15 dedicati alla formazione continua) non è ancora valutabile poiché in corso.

Box 3.1 – La Formazione Continua nei PFL Regione Campania Di 34 proposte progettuali di PFL, 27 sono state ammesse e 25 sono state ammesse a finanziamento e quindi alla successiva fase di presentazione dei piani attuativi. A luglio 2008 i piani attuativi presentati sono stati 23 per 56.919.073,76 euro di finanziamento pubblico, 10.494 formandi e 3.158 occupandi. Per altri due Patti nel mese di ottobre 2008 i piani attuativi risultano in corso di presentazione. I 25 patti ammissibili a finanziamento sono: 14 di filiera [Turismo (1 in corso di presentazione); Agroindustria;Aerospaziale; Trasporti e logistica; Distribuzione; ICT; Moda; Oreficeria] e 11 territoriali [4 provincia di Napoli (1 in corso di presentazione); 2 provincia di Caserta; 2 provincia di Benevento; 2 interprovinciali (1 NA e SA -1 CE, BN e AV); 1 provincia di Avellino]. All’intero dell’ingegneria di interventi di natura diversa nei PFL gli interventi in Formazione Continua pesano in termini finanziari per il 23.66% sull’operazione complessiva dei Patti e per il 28.42% sulla totalità di interventi previsti in formazione. L’investimento complessivo previsto in FC è di 14,65 Mln di Euro, per un totale di 127 interventi e 4.798 formati (per ulteriori approfondimenti si veda il paragrafo dedicato all’approfondimento territoriale “Regione Campania”. Le figure professionali da formare sono: Programmatori Sap e Oracle, Tecnici aeronautici, Addetti al marketing internazionale nel settore moda, Tecnici di oreficeria, Pasticcieri, Produttori di pasta, Panificatori, Stilisti, Receptionisti, Operatori della filiera turistica, Esperti nell'incoming, Primi cuochi, Animatori turistici, Agro-tecnici, Operatori agro-alimentari ed ortofrutticoli, Ristoratori, Manutentori impianti termali, Operatori termali, Addetti amministrativi, Store manager, Camerieri, Istruttori di nuoto, Magazzinieri, Autisti, Decoratori, Marmisti, Ceramisti, Fabbri, Sarti, Falegnami, Addetti alle vendite, Addetti alla logistica.

Per quanto riguarda gli ultimi stanziamenti relativi alla legge 236/93, si evidenzia la netta preferenza per i Piani formativi concordati rivolti alle piccole imprese. Relativamente più basso è,

54 Da segnalare che nel Protocollo d’intesa per il coordinamento in Campania degli interventi in materia di tutela, salute e sicurezza sul lavoro, stipulato tra Ministero del Lavoro e Regione Campania in data 26 gennaio 2007, le parti si impegnano a programmare, nell’ambito di una strategia coordinata che preveda anche il coinvolgimento delle parti sociali, “interventi finalizzati alla diffusione delle conoscenze delle problematiche della sicurezza e della prevenzione nel mondo del lavoro, in particolare nelle PMI, nelle scuole e nei corsi di formazione professionale, al fine di migliorare la capacità di lavorare in sicurezza.

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invece, il ricorso agli interventi “a domanda individuale” 55. Del resto la Regione non ha ancora provveduto alla costituzione di un catalogo dell’offerta.

Per quanto riguarda le risorse relative all’art. 6 della Legge 53/00 va evidenziata la loro mancata utilizzazione.

3.1.2 Regione Lombardia

Il modello di Governance nella Regione Lombardia si permea su una stretta collaborazione tra la Regione, per il suo ruolo di governo e di indirizzo, le Province, quali attori di una programmazione territoriale delle politiche, gli operatori e le Parti sociali quali attori propositivi nella programmazione della formazione, così come recepito e strutturato nelle leggi n. 22/06 (Norme sul sistema educativo di istruzione e formazione della Regione Lombardia) e n. 19/07 (Il mercato del lavoro in Lombardia).

Lo strumento di indirizzo e di programmazione pluriennale in materia di politiche del lavoro e della formazione è il Piano di azione regionale che viene approvato dal Consiglio regionale dopo aver sentito i pareri degli organismi di collaborazione istituzionale e di concertazione sociale (Comitato istituzionale di coordinamento, la Commissione regionale per le politiche del lavoro e della formazione e le Commissioni provinciali per il lavoro e la formazione).

Il Piano attuale copre il triennio 2007-2010 e si prefissa gli obiettivi della valorizzazione del capitale umano, della crescita dell’occupazione da realizzare attraverso un sistema di sevizi al lavoro che garantiscano l’occupabilità, la formazione continua, l’efficienza del mercato del lavoro e un bilanciamento tra flessibilità e sicurezza.

Gli strumenti messi in campo per realizzare tali obiettivi sono, in particolare:

- la Dote, ossia un patrimonio riconosciuto a soggetti appartenenti a target definiti, differenziato in funzione delle condizioni di debolezza occupazionale della persona, a sostegno della fruizione di azioni finalizzate all’inserimento occupazionale (orientamento, formazione etc);

- il Patto di servizio e il Piano di intervento personalizzato, che definiscono i reciproci impegni (individuo e operatore) attraverso cui viene utilizzata l’eventuale dote assegnata;

In questo contesto, l’Agenzia regionale per l’istruzione, la formazione e il lavoro fornisce assistenza tecnica per l’attuazione delle politiche integrate.

Tale approccio integrato viene realizzato attraverso una programmazione unitaria delle diverse fonti di finanziamento (europee, nazionali, regionali, provinciali e comunali) ed in raccordo con i canali già esistenti quali i Fondi Interprofessionali.

La Legge 236/93

Nell’ambito degli interventi previsti dalla legge 236/93 la Regione, come avviene già da alcune annualità, adotta prevalentemente il dispositivo “Progetto Quadro” a sostegno della formazione delle imprese. Tale strumento ha origine da un’intesa sottoscritta tra le Parti sociali (Accordo quadro) interessate dove sono concordati gli interventi formativi atti a soddisfare precise esigenze aziendali, territoriali, settoriali e/o individuali.

55 Oltre 16 milione di euro a fronte dei circa 3 milioni di euro per i voucher aziendali e individuali.

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I Progetti Quadro si articolano in azioni formative, azioni di accompagnamento (attività e interventi a supporto dell’attività formativa quali: attività di promozione, ricerche, analisi dei fabbisogni formativi, formazione dei formatori, monitoraggio e pubblicazione dei risultati) per una quota fino al 30% e voucher (interventi a sostegno di singole imprese per la formazione, l’assistenza e la consulenza per la crescita delle competenze professionali del personale) per un massimo del 20% del finanziamento.

Sul piano dei risultati raggiunti, il Rapporto di monitoraggio sullo stato di attuazione degli interventi ex leg 236/93 relativi all’anno 2006, e finanziati con le risorse provenienti dal D.D 243/04 e dal D.D 107/0656, fa emerge la centralità dell’azione Formazione, non solo dal punto di vista finanziario: al 30 giugno 2008 tutti i progetti risultano avviati e oltre i due terzi (67%) risultano completati. Sia le azioni di Accompagnamento, che i Voucher per le imprese sembrano procedere con una minore intensità di realizzazione, in parte dovuta al ritardo di aggiornamento dei dati da parte degli operatori, in parte alla innovazione delle stesse iniziative che implicano una maggiore attenzione nella gestione amministrativa.

Positivo risulta il bilancio del numero dei beneficiari coinvolti nelle attività formative: oltre 57 mila lavoratori (di cui circa 48 mila già aveva usufruito della formazione). I progetti, inoltre, prevedono il coinvolgimento di circa 12 mila imprese, con prevalenza significativa di quelle medio-piccole.

Tra i Progetti Quadro approvati, i settoriali riguardano prevalentemente specifiche filiere produttive dell’artigianato e dei servizi al commercio e al turismo. Solo uno dei quattro piani settoriali si rivolge a un comparto produttivo omogeneo (metallurgico-siderurgico).

Per quanto riguarda il profilo dei lavoratori formati, si osserva come i target prioritari, indicati nei provvedimenti ministeriali, siano stati poco oltre il 40% dei beneficiari, con prevalenza di donne e lavoratori con il solo possesso di licenza elementare o di istruzione obbligatoria. Nonostante questo la partecipazione femminile è ancora minoritaria, fatta eccezione per quei piani settoriali in cui vi è una tradizionale maggiore incidenza di manodopera femminile, come il commercio.

Il dispositivo Progetto Quadro- Anno 2008 finanziato con le risorse del D.D. 40/2008 presenta un importante novità rispetto al precedente: la possibilità da parte dei soggetti aderenti ai Fondi Paritetici Interprofessionali di richiedere un finanziamento pubblico aggiuntivo in ragione di un uguale e corrispondente finanziamento da parte dei Fondi paritetici interprofessionali.

La legge 53/2000

La Regione Lombardia ha concentrato, per le annualità 2007-2008, le risorse provenienti dai decreti attuativi dell’articolo 6 della legge 53/2000 nella formazione dei lavoratori a scelta individuale, finanziata attraverso voucher. Al finanziamento di tale sistema di formazione, le risorse assegnate, provenienti dai D.I. 167/01, 349/04 e 62/07, sono state suddivise in 6.700.000 euro per il Catalogo trasversale e 4.137.736,70 euro per il Catalogo Settoriale.

Il catalogo regionale sulla formazione individuale57

A partire dal 2005 è stato sviluppato il Sistema di formazione a scelta individuale. Il sistema intende sostenere la riqualificazione e l’aggiornamento professionale dei singoli/e lavoratori/lavoratrici, tramite l’erogazione di voucher individuali per la partecipazione a corsi di formazione scelti all’interno dei Cataloghi regionali. 56 Il Rapporto è stato redatto dalla Regione Lombardia nel giugno 2008. 57 Per maggiori dettagli cfr. http://www.formazioneasceltaindividuale.it/

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Rapporto 2008 sulla formazione continua 164

I Cataloghi regionali sono di due tipi:

Catalogo per la formazione Trasversale che raccoglie proposte formative che sviluppano competenze necessarie alla principali aree funzionali (per esempio Amministrazione e contabilità, competenze linguistiche, informatica, etc.)

Catalogo per la formazione Settoriale in cui i percorsi sviluppano competenze riferibili a specifici settori produttivi (per es. metallurgia, meccanica, chimica, turismo etc.)

I voucher, possono essere richiesti per uno dei corsi presenti nei Cataloghi, hanno un importo massimo differenziato sulla base della durata dei corsi e possono coprire fino al 90% del costo totale del corso. È prevista una quota di contribuzione privata obbligatoria da parte del/della lavoratore/lavoratrice.

Negli ultimi anni una parte consistente di risorse destinate ai lavoratori da spendere sul Catalogo regionale è derivata dalla legge 53/2000, relativamente soprattutto alle annualità 2007-2008: in particolare i circa 11 milioni di euro sono stati suddivisi in 6,7 milioni per il Catalogo trasversale e oltre 4 per il Catalogo Settoriale.

La Formazione Continua nella Programmazione UE

Infine un breve cenno a quanto previsto nella Programmazione 2007-2013. Nel POR emerge, quale principale novità del periodo di Programmazione comunitaria, che i principali Fondi comunitari possono intervenire indistintamente sull’intero territorio della Regione. È così possibile concentrare strategie e risorse in un’unica direttrice di sviluppo, in coerenza con il Quadro strategico nazionale e gli Orientamenti strategici della Commissione europea riguardanti l’Attività nei territori, l’innovazione e la Creazione di nuovi e migliori posti di lavoro. La Regione ha, dunque, redatto la Proposta di Programma operativo specifico per il Fondo sociale europeo, condividendo strategia e approccio con il Programma operativo competitività, cofinanziato dal FESR, il Programma di sviluppo rurale (FEASR) ed il Programma operativo di cooperazione Italia-Svizzera (FESR).

Le disposizioni finanziarie previste dal POR 2007-2013 ammontano complessivamente a circa 338 milioni di euro.

3.1.3 Regione Puglia

Il legislatore regionale ha dato grande enfasi alle politiche del lavoro e della formazione, facendone uno dei punti strategici per lo sviluppo del territorio. Come strumento operativo di programmazione viene scelta, fin dal 1999, la via dei piani pluriennali: la normativa n. 19 del 5 maggio 1999 (Norme in materia di politica regionale del lavoro e dei servizi all’impiego), infatti, all’art. 4, recita: “per l’esercizio delle proprie funzioni la Regione adotta piani pluriennali e piani attuativi annuali per le politiche del lavoro e per le politiche formative integrate con i sistemi educativi”.

Mentre la L.R. n. 15 del 7 Agosto 2002 (Riforma della formazione professionale) all’art. 8 prevede piani regionali annuali e pluriennali di formazione e di orientamento professionale alla cui formulazione concorrono anche le Province. Inoltre questi stessi disposti normativi richiamano e regolano la consultazione dei diversi portatori di interesse (Parti sociali e livello interistituzionale) anche nella definizione dei documenti programmatori. A questo scopo viene istituita la “Commissione regionale per le politiche del lavoro … quale sede concertativa con funzioni di

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Rapporto 2008 sulla formazione continua 165

progettazione, proposta, valutazione e verifica rispetto alle linee programmatiche e alle politiche del lavoro di competenza regionale”. Al comma 3 del medesimo articolo viene dettagliata la composizione di questa Commissione su base tripartita.

Nonostante il quadro normativo definito si riscontra un ritardo operativo nel processo di delega delle competenze alle Province e agli enti locali. Solo con il D.G.R. n. 1575 del 04/09/2008 avente ad oggetto “POR Puglia FSE 2007/2013: Atto di programmazione per l’attuazione degli interventi di competenza regionale e per il conferimento di funzioni alle province pugliesi” è stato avviato il processo di delega introdotto dall’art. 22 della L.R. n. 15/02 .

Il quadro normativo vigente prevede un modello di conferimento di funzioni in materia di formazione professionale, nel cui ambito le Province possono concorrere, di concerto con la Regione:

ad individuare le attività di formazione da realizzare nel territorio regionale;

a redigere i piani regionali annuali e pluriennali di formazione e di orientamento professionale;

alla corretta attuazione dei programmi di formazione e di orientamento professionale definiti dalla Regione Puglia.

Con successivo atto si prevede l’approvazione del regolamento, per le procedure di attuazione delle attività di cui sono responsabili le Province, come indicato al comma 2, art. 2, della L.R. n. 32/2006. Queste esercitano le funzioni di attuazione attribuite loro dalla Regione nel rispetto degli atti di Indirizzo regionale e trasmettono una Relazione Annuale sull’attività compiuta.

Box:3.2 Le competenze delle Amministrazioni provinciali

Predisposizione di avvisi pubblici, da emanare e pubblicare sul BURP e sul sito per l’affidamento di attività finanziate in base allo schema di avviso fornito dalla Regione, e sulla base della ripartizione delle risorse e nonché dell’eventuale tempistica dettata dalla Regione;

valutazione di merito, garantendo trasparenza e imparzialità; gestione dei finanziamenti per la realizzazione di tutti gli interventi formativi e di orientamento da realizzare

nell'ambito del territorio provinciale, con esclusione di quelli di particolari rilevanza, innovatività o sperimentabilità che siano eventualmente riservati alla diretta responsabilità regionale;

stipula e la revoca delle convenzioni per l'affidamento delle attività agli organismi attuatori e gli adempimenti conseguenti;

attivazione dei processi amministrativi e gestionali correlati allo svolgimento delle attività, ivi compresa l'erogazione dei finanziamenti assegnati;

vigilanza tecnico-didattica e amministrativa sulle attività formative, ivi compresa la verifica delle sedi di svolgimento delle attività di formazione;

nomina delle Commissioni esaminatrici, per la realizzazione delle prove finali previste alla conclusione delle attività formative, e al rilascio dei relativi attestati e certificazioni, secondo le modalità che verranno fissate con apposite direttive dall'Assessorato regionale alla formazione professionale;

verifica amministrativo-contabile e il riscontro dei rendiconti presentati dai soggetti attuatori delle attività formative svolte sul territorio;

autorizzazione delle attività di formazione professionale, autonomamente finanziate, nell'ambito delle direttive emanate dall'Assessorato regionale alla formazione professionale, e le relative attività di gestione e vigilanza.

Per l'attuazione sono stipulate apposite Intese tra la Regione Puglia e le Amministrazioni Provinciali.

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Rapporto 2008 sulla formazione continua 166

Il programma di trasferimento delle competenze alle Province oggetto del provvedimento comporta una prima assegnazione di risorse e di servizi per un valore complessivo corrispondente a 387.007.960,00 di Euro, pari al 30% del PO FSE 2007/2013.

Le iniziative di carattere corrente rivolte agli occupati sono state delegate alle Province. Restano di competenza regionale le azioni di sistema e gli interventi rivolti ai lavoratori occupati che richiedono una regia regionale, in ragione dell’integrazione di tali iniziative con quanto programmato in altri ambiti dei programmi comunitari FSE e FESR.

La Formazione Continua nella Programmazione UE

Nel quadro statutario delineato e nella proiezione della stagione programmatica del FSE 2007-2013, la Regione “intende rafforzare e potenziare i processi di qualificazione, articolazione e integrazione dell’offerta formativa, incentrandola sui sistemi dell’istruzione, della formazione professionale, dell’Università e delle imprese”.

Il quadro di riferimento per la formazione continua si fonda principalmente sulle indicazioni di priorità di spesa, definite nel Programma Operativo FSE 2007-2013, che assegnano allo sviluppo delle capacità di adattamento delle imprese, dei lavoratori ed al miglioramento dal capitale umano il 41,80% delle risorse programmate (dei circa 640 milioni previsti).

Questa significativa concentrazione di risorse sul tema centrale e critico della qualità delle risorse umane si configura coerente all’intero processo di analisi e di proposta che ha accompagnato la nuova programmazione comunitaria dei fondi strutturali 2007–2013, a partire dagli orientamenti integrati della Commissione Europea per la crescita e l’occupazione in Europa.

In questo quadro particolare attenzione è posta, nel Programma Operativo FSE 2007-2013, al tema dell’integrazione delle risorse per la conoscenza, praticata attraverso una esplicita ricerca di sinergie sia tra i diversi attori del sistema della formazione che tra Fondo Sociale e Fondo di Sviluppo Regionale.

La Regione intende utilizzare i fondi comunitari della programmazione con una significativa sottolineatura sulla formazione, ai fini dello sviluppo della competitività delle imprese e delle competenze dei lavoratori, facendo perno su temi quali ricerca ed innovazione tecnologica ed organizzativa, politiche commerciali e di marchio, sostegno alle reti di internazionalizzazione, promozione di metodi avanzati di gestione e di produzione, in stretta connessione alle linee d’intervento del Fondo Europeo di Sviluppo Regionale58.

Oltre alle azioni direttamente rivolte ai principali target di utenza (lavoratori ed imprese), si intende promuovere la creazione di un ambiente, nelle imprese e nei territori, favorevole all’innovazione ed alla formazione, attraverso azioni integrate di sistema, finalizzate all’adattamento ed all’anticipazione del cambiamento.

58 Collegamento con FESR in particolare: In Asse I ricerca e innovazione per la competitività; Misura 1.1 per le attività di sviluppo sperimentale, innovazione di processo ed organizzativa nelle PMI, la nascita e lo sviluppo di imprese innovative In Asse IV competitività dei sistemi produttivi ed occupazione; Misura 6.1 per le attività di innovazione e sviluppo della competitività nelle imprese, Misura 6.3 per le attività di internazionalizzazione delle imprese ed attrazione di investimenti produttivi

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Rapporto 2008 sulla formazione continua 167

Box:3.3 Principali linee d’attività dell’Asse Adattabilità, Obiettivo specifico c) sviluppare politiche e servizi per l’anticipazione e gestione dei cambiamenti, promuovere la competitività e l’imprenditorialità. - Rafforzamento e qualificazione Risorse Umane (RU) operanti nel sistema della domanda di ricerca e innovazione,

attraverso forme di collaborazione e partenariato con attori pubblici/privati - Formazione dentro programmi di investimento di imprese fortemente orientati all’innovazione - Valorizzazione RU dei servizi ad elevato contenuto innovativo e tecnologico per la competitività delle filiere

produttive - Formazione connessa ad accordi di programma - Formazione per consolidamento imprese esistenti e nascita di nuove imprese - Azioni formative connesse ai processi di crisi produttiva - Formazione e servizi alle imprese (check-up, diagnosi organizzative, studi di mercato) connessi al miglioramento

del posizionamento strategico, internazionalizzazione, ricambio generazionale, settori innovativi - Miglioramento capacità dei sistemi produttivi di competere sul piano internazionale - Servizi integrati (formazione, orientamento, consulenza, affiancamento) per aumentare innovazione tecnologica

nelle imprese ed utilizzo di RU altamente qualificate - Studi e ricerche per anticipazione cambiamento.

La formazione continua nel PO Puglia FSE 2000-2006 è stata attuata principalmente nel quadro della Misura 3.9 “Sviluppo della competitività delle imprese e formazione continua con priorità alle PMI”, che ha previsto una dotazione complessiva di € 27.470.862 suddivisa su tre linee di intervento, destinate alla formazione nelle piccole e medie imprese, alla formazione finalizzata all’occupazione e ad azioni di accompagnamento. Tabella 3.1 - Risorse Puglia PO FSE 2000 – 2006 Misura 3.9

Misura 3.9 Spesa ammissibile 2000-2006

Risorse impegnate 2006/2008

% di risorse Impegnate /dotazione

misura Azione a) Formazione continua per le PMI 9.300.206,00 33,85% Azione b) Formazione finalizzata

all’occupazione 15.169.410,00 55,22%

Azione d) Azioni di accompagnamento 3.000.000,00 10,92%

Totale Misura 27.470.862,00 27.469.616,00 100,% Fonte: Regione Puglia

L’azione a) “Formazione continua per le PMI”, ha visto una significativa accelerazione nella parte finale della programmazione 2000-2006, attraverso l’emanazione di due avvisi, che hanno consentito l’inserimento in processi di formazione continua di 5.62159 lavoratori occupati.

Anche l’azione b) “Formazione finalizzata all’occupazione”, è stata realizzata attraverso l’emanazione di due avvisi nel biennio 2006-2007:

il primo (Avviso 10/2006) ha finanziato interventi di formazione propedeutici all’assunzione, richiedendo ai soggetti beneficiari la garanzia di un livello di occupazione, per i due terzi dei destinatari degli interventi formativi, di cui almeno la metà assunti con contratto a tempo indeterminato ed il restante con contratto a tempo determinato di durata almeno annuale, ovvero con contratto di apprendistato;

il secondo (Avviso 6/2007) ha finanziato interventi di formazione per qualificare nuove risorse umane per le imprese della regione, ovvero di altre regioni, che intendevano avviare un nuovo impianto industriale nel territorio della regione Puglia. Anche in questo caso con l’obbligo all’assunzione dei due terzi degli allievi che terminano l’attività formativa.

59 Dato provvisorio

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Rapporto 2008 sulla formazione continua 168

I due avvisi hanno complessivamente messo a bando risorse per formare 1.582 allievi

Per la specifica attività è stato avviato il monitoraggio dei progetti finanziati (attività in corso); i settori produttivi che hanno assorbito la maggior parte delle nuove assunzioni sono risultati quello metalmeccanico, della grande distribuzione e l’edilizia.

L’azione d) “Azioni di accompagnamento” è stata avviata nell’ultimo anno di programmazione (2006) ed ha previsto un impegno di spesa di 3.000.000,00 di euro. Sono state finanziate, assorbendo quasi totalmente le disponibilità finanziarie, 16 proposte progettuali, finalizzate alla costruzione di idee, dati, studi, previsioni sui fabbisogni professionali del mondo economico pugliese, pubblico e privato e sulle conseguenti competenze professionali su cui sarà opportuno investire, per supportare le strategie competitive e di innovazione del territorio pugliese.

La formazione permanente ed il Catalogo dell’Offerta Formativa

Nell’ambito della Misura 3.8 del Por “Formazione Permanente”, sempre a cavallo del biennio 2006-2007, la Regione ha dato impulso alla formazione permanente, centrandola su iniziative di formazione individualizzata, attraverso lo strumento del buono formativo (voucher), finalizzato alla frequenza di un percorso liberamente scelto dal beneficiario, della durata minima di 30 ore e corredato di certificazione finale delle competenze acquisite. L'avviso ha offerto ai lavoratori occupati nelle imprese private, destinatari del 40% delle risorse messe a bando, ai lavoratori autonomi - in possesso di partita IVA - e agli imprenditori, un’occasione di formazione e di miglioramento delle proprie competenze professionali, spendibili nel mercato del lavoro.

Sono pervenute 4.200 richieste individuali di finanziamento. L’ammontare complessivo delle risorse finanziarie disponibili, ha consentito di dare corso a circa la metà delle domande pervenute; sono stati approvati 812 voucher (€ 1.079.430,00 complessivi) concessi a lavoratori dipendenti e 1.255 voucher (€ 1.618.770,00 complessivi) a lavoratori autonomi ed imprenditori.

Per implementare il Catalogo dell’offerta formativa, ad agosto del 2007, il Settore Formazione Professionale della Regione ha dato mandato al Settore Affari Generali di indire una gara di appalto, con lo scopo di attivare i servizi di supporto tecnico operativo alla predisposizione del Catalogo di Offerta Formativa.

Le risorse nazionali e regionali per la formazione continua

Le attività di formazione continua, finanziate dalle risorse della legge 236/93, sono state promosse con l’avviso FC/2005, che ha posto a bando le risorse assegnate dal Ministero del Lavoro con i D.D. 296/V/2003 e 243/V/2004, per un ammontare complessivo di € 5.228.043,60.

Nello specifico il 70% delle risorse è stato destinato alle tipologie di lavoratori previsti dal D.D. 243/0460 e il rimanente 30%, ad azioni formative propedeutiche all’assunzione, rivolte a lavoratori socialmente utili.

Sono stati 226 i soggetti che hanno risposto all’Avviso e 236 i piani formativi presentati. A seguito delle attività di valutazione sono state 76 le proposte approvate, per una spesa complessiva di € 4.242.528,21 e 51 i piani formativi già conclusi e/o in via di conclusione.

60 Lavoratori di aziende private con meno di 15 dipendenti, lavoratori con contratto di lavoro a tempo parziale, collocati in cassa integrazione guadagni ordinaria e straordinaria, iscritti nelle liste di mobilità, in possesso del solo titolo di licenza elementare o di istruzione obbligatoria, con età superiore ai 45 anni, lavoratori in stato di disoccupazione a seguito di ristrutturazione aziendale

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Rapporto 2008 sulla formazione continua 169

Nel Settembre 2008 la Regione ha pubblicato l’avviso FC/08, mettendo a bando sia le risorse stanziate con il D.D.107/Segr/06 pari ad € 8.839.983,63, sia le economie di spesa provenienti dall’Avviso FC/05 pari ad € 2.315.497,39.

L’Avviso ha previsto due termini di scadenza per la presentazione delle proposte formative (fine ottobre 2008 e fine gennaio 2009). Alla prima scadenza sono pervenute 164 proposte e risultano attualmente in corso di svolgimento le procedure amministrative necessarie all’approvazione delle graduatorie.

In accordo con le parti sociali l’amministrazione ha deciso di finanziare prioritariamente le imprese non aderenti ai Fondi Interprofessionali e le imprese che, pur aderendovi, non hanno percepito finanziamenti nei 24 mesi antecedenti la scadenza dell’avviso.

La Legge 53/2000

Con D.D. n. 1641 del 01/10/2008, è stato emanato l’avviso pubblico per l’assegnazione di voucher formativi finanziati ai sensi dell’art.6 della Legge n. 53/2000, per un impegno di spesa complessivo di € 3.556.363,86 che ha accorpato le risorse provenienti dal D.I. 167/V/2001, 136/V/2004 e 349/V/2004

L’avviso ha fissato in € 20,00 il costo orario di formazione e stabilito un valore massimo del voucher, pari a € 3.000,00.

La modalità a sportello prevede il finanziamento delle domande pervenute, nel rispetto dell’ordine cronologico di ricezione presso la Regione. A fine ottobre sono pervenute 301 richieste, per un ammontare complessivo di €. 903.000,00.

3.1.4 Regione Umbria

Lo Statuto della Regione Umbria, adottato dopo la riforma del Titolo V della Costituzione realizzata con L. Cost. 3/2001, attribuisce molta rilevanza a tutte le dimensioni della formazione e al ruolo da queste svolto nello sviluppo della persona. In particolare vi si legge che “la Regione disciplina l’istruzione e la formazione professionale, ne promuove l’integrazione, contribuisce a prevenire la dispersione scolastica, promuove la formazione per tutto l’arco della vita per contribuire a superare le differenze di ordine economico, sociale e culturale che impediscono il pieno sviluppo della persona umana. La Regione predispone in particolare le attività e i servizi necessari, anche autonomi, per la qualificazione, la riqualificazione e l’orientamento professionale”.61

Questa rilevante sottolineatura della dimensione formativa troverà piena attuazione con l’aggiornamento della legislazione regionale sulla formazione che risulta invece alquanto datata: la legge regionale di riferimento che detta “Norme sul sistema formativo regionale” è infatti la n. 69 del 21 ottobre 1981.

Il quadro di riferimento attuale per la formazione continua a livello regionale si fonda quindi più che su riferimenti normativi sui documenti della programmazione regionale: in primis il Documento annuale di programmazione (D.A.P.) 2008-2010, approvato con deliberazione del Consiglio regionale n. 217 del 5 febbraio 2008, ove vengono delineati gli indirizzi strategici di programmazione economico finanziaria per il triennio e le attività prioritarie per il 2008. Nel

61 Statuto Regione Umbria, L.R. 16 aprile 2005 n. 21, art. 14.

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Rapporto 2008 sulla formazione continua 170

novembre 2006 è stata avviata la seconda fase del Patto per lo sviluppo dell’Umbria, esito di un percorso negoziale tra Regione, Province, altre autonomie locali, Università, Camere di Commercio, associazioni sindacali e imprenditoriali. Lo sviluppo del sistema integrato dell’istruzione, formazione e politiche del lavoro è una delle azioni strategiche individuate dal Patto in quanto ritenuta funzionale tra l’altro a:

- innalzare i livelli di apprendimento e di competenze chiave, l’effettiva equità di accesso ai percorsi migliori;

- migliorare la capacità di adattamento, innovazione e competitività dei lavoratori e degli attori economici del sistema;

- qualificare e finalizzare in termini di occupabilità e di adattabilità gli interventi di politica attiva del lavoro, collegandoli alle prospettive di sviluppo del territorio.

In materia di lavoro e formazione, inoltre, le funzioni di programmazione sono esercitate dalla Regione attraverso la definizione di piani triennali e annuali per l’attuazione della L.R. 11/2003 «Interventi a sostegno delle politiche attive del lavoro, modificazioni ed integrazioni della legge regionale 25 novembre 1998, n. 41 e disciplina del Fondo regionale per l’occupazione dei disabili», con la previsione di interventi volti alla prevenzione e all’eliminazione dei fattori di esclusione della persona dal mercato del lavoro anche tramite il ricorso alla sperimentazione di progetti pilota.

Il più recente, il “Programma annuale 2007 per le politiche del lavoro” è stato approvato dalla Giunta Regionale con delibera n. 322 del 26 febbraio 2007.

Da anni in Umbria le Province, di Perugia e Terni, hanno nelle materie del lavoro e della formazione un ruolo rilevante sollecitato dalle riforme statali nell’ordinamento degli enti locali ma sviluppato anche grazie alla programmazione e alla gestione delle risorse del Fondo sociale europeo.

Il riordino delle funzioni e dei compiti amministrativi del sistema regionale e locale delle autonomie dell’Umbria, richiesto nel quadro delle disposizioni previste dalla l. 15 marzo 1997 n. 59 e dal d.lgs. 31 marzo 1998, n. 112 è stato disciplinato dalla L.R. 2 marzo 1999 n. 3 e s.m.i.

Il conferimento da parte della regione agli enti locali ed alle autonomie funzionali delle funzioni e dei compiti amministrativi, nonché il trasferimento del patrimonio, delle strutture organizzative, del personale e delle risorse finanziarie, è stato effettuato attraverso gli strumenti e le procedure di raccordo e concertazione e secondo le modalità e i criteri previsti dalla L.R. 34/1998.

In questo tessuto programmatorio si inserisce anche il Programma operativo regionale (P.O.R.) per l’attivazione delle risorse comunitarie del Fondo sociale europeo.

Il metodo della collaborazione istituzionale trova formalizzazione in documenti di indirizzo: il più recente è stato approvato il 26 marzo 2008 con deliberazione della Giunta regionale n. 303 “POR Umbria FSE 2007-2013, Obiettivo 2 Competitività regionale ed occupazione. DGR 183 del 25 febbraio 2008. Approvazione definitiva del documento di indirizzo per l’attuazione degli interventi”.

In linea di massima la Regione esercita la vigilanza e il controllo sulle attività di politiche attive del lavoro, formative e non, delegate alle province, dell’alta formazione e di parte della formazione continua. In questo specifico ambito ha mantenuto come proprie le attività finanziate finalizzate allo sviluppo di reti di imprese attraverso progetti integrati.

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Rapporto 2008 sulla formazione continua 171

P.O.R. Umbria FSE Ob. 3 2000-2006

Al 30 giugno 2008 la capacità di spesa della Regione sul POR 2000-2006 relativamente alle misure dell’Asse D risulta abbastanza soddisfacente con una percentuale di spesa rispetto alle risorse stanziate un po’ più limitata per la misura D1, ma che potrebbe allinearsi al dato delle altre misure in considerazione del ciclo di vita dei progetti regionali e provinciali ammessi a finanziamento nel corso del 2006. Tabella 3.2 - Stato di avanzamento finanziario POR Umbria FSE Ob. 3 2000-2006 (Asse D e relative

misure)

Risorse pubbliche (FSE+Stato+Regione) Asse/Misura

Stanziate (A) Spese (B) al 30.06.08 Impegnate (C) al 30.06.09

C/A %

B/A %

D1 24.675.749,00 18.417.607,54 29.516.925,22 119,62 74,64 D2 4.477.444,00 3.683.162,66 4.447.930,29 99,34 82,26 D3 8.913.845,00 8.762.930,01 8.913.845,00 100,00 98,31 D4 6.902.727,00 5.779.832,90 6.849.725,03 99,23 83,73 D 44.969.765,00 36.643.533,11 49.728.425,54 110,58 81,48

Fonte: Regione Umbria-Autorità di Gestione POR FSE.

Bandi regionali

Con determinazione dirigenziale 31 maggio 2006 n. 4661 la Regione Umbria ha adottato il “Bando interventi di politiche attive del lavoro, anche in forma integrata, finalizzati alla promozione di un sistema regionale di formazione continua per lo sviluppo del mercato del lavoro e della competitività delle imprese”.

Tra i diversi interventi finanziabili quelli connessi alla formazione continua sono presentati nella tabella che segue (tab.3.3):

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Rapporto 2008 sulla formazione continua 172

Tabella 3.3 - POR Umbria FSE 2000-2006 Bando interventi di politiche attive del lavoro, anche in forma integrata, finalizzati alla promozione di un sistema regionale di formazione continua per lo sviluppo del mercato del lavoro e della competitività delle imprese e dei lavoratori

Fonte: Regione Umbria D.D. n. 4661 del 31 maggio 2006

Tipologia di intervento Mis. Risorse stanziate Attività finanziabili Costo massimo Soggetti

attuatori Richieste pervenute

Progetti finanziati

Analisi dei fabbisogni formativi, professionali Formazione d'aula aziendale/interaziendale per lavoratori Formazione d'aula aziendale/interaziendale per quadri/dirigenti/imprenditori Voucher per lavoratori

Voucher per quadri/dirigenti/imprenditori

Progetti integrati per reti di imprese D1 1.800.000,00

Consulenza specialistica connessa alle esigenze organizzative e di riposizionamento startegico delle imprese

300.000,00 Agenzie formative 19 19

900.000,00 attività formative a favore di imprenditori, quadri e lavoratori

Progetti e piani formativi aziendali D1

1.100.000,00 attività formative a favore di imprenditori, quadri e lavoratori con priorità ad imprese dei settori siderurgico e meccanico

300.000,00 Imprese o agenzie

formative 107 107

Voucher formativi individuali D1-E1 350.000,00 corso formativo 3.000,00 - 83 57

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Rapporto 2008 sulla formazione continua 173

Per sintesi e in quanto costituisce una priorità nell’azione regionale si può concentrare l’attenzione sui progetti rivolti a reti di imprese. Tutte le 19 domande pervenute sono state finanziate. I progetti coinvolgono 339 PMI e 15 grandi imprese. All’avvio dei progetti veniva prevista la realizzazione di 164 corsi, di cui 113 rivolti a quasi 2.400 lavoratori subordinati e 51 rivolti a circa 750 quadri/ imprenditori. Erano stati inoltre richiesti 23 voucher da parte di lavoratori subordinati e 9 da parte di quadri/imprenditori. Tra le azioni di accompagnamento sono stati previsti 118 interventi consulenziali con un impegno di 399 giornate/uomo. Ad oggi non tutti i progetti risultano conclusi e non sono disponibili dati esaurienti riguardo all’attuazione dei progetti.

P.O.R. Umbria FSE Ob.2 2007-2013

Il POR FSE Regione Umbria è stato adottato con decisione della Commissione europea CCI2007IT052PO013 in data 08 novembre 2007.

Nella tabella seguente vengono riportate le percentuali di ripartizione delle risorse di fonte pubblica per asse: Tabella 3.4 - Ripartizione Risorse finanziarie pubbliche POR Umbria FSE 2007-2013 Ob. 2 per asse di

intervento e fonte (valori percentuali e assoluti)

Asse % di riparto FSE Cofinanziamento

nazionale Totale

Adattabilità 20,16 19.951.903,00 26.492.529,00 46.444.432,00

Occupabilità 32,89 32.555.263,00 43.227.512,00 75.782.775,00

Inclusione sociale 16,88 16.705.991,00 22.182.539,00 38.888.530,00

Capitale umano 21,85 21.632.115,00 28.723.539,00 50.355.654,00

Transnazionalità e Interregionalità 4,33 4.283.587,00 5.687.829,00 9.971.416,00

Assistenza tecnica 3,89 3.855.228,00 5.119.053,00 8.974.281,00

Totale 100,00 98.984.087,00 131.433.001,00 230.417.088,00 Fonte: POR Umbria FSE 2007-2013 Obiettivo 2

Se si assume grossolanamente come ipotesi che le attività finanziabili inerenti la formazione continua rientrano per la programmazione 2007-2013 preminentemente nell’ambito dell’Asse Adattabilità e che nella precedente programmazione 2000-2006 la formazione continua, sia nel settore pubblico che nel privato, era compresa nell’asse D si registra una sostanziale tenuta in termini di risorse stanziate, con una sintesi dei valori assoluti e percentuali riportata nella tabella che segue:

Tabella 3.5 - Assegnazione risorse finanziarie Formazione Continua confronto tra fasi di programmazione

Assegnazione Programmazione

POR Umbria FSE Ob. 3 2000-2006 - Asse D

POR UMBRIA FSE Ob. 2 2007-2013 - Asse Adattabilità

v.a. 44.969.765,00 46.444.432,00

% 19,6 20,16 Fonte: POR Umbria FSE 2000-2006 riprogrammato e 2007-2013

Con determinazione dirigenziale n. 9032 del 10 ottobre 2008 sono state impegnate dall’amministrazione regionale le risorse relative all’annualità 2007 del POR Umbria FSE 2007-

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Rapporto 2008 sulla formazione continua 174

2013 Obiettivo 2 assegnate alle province di Perugia e Terni con precedente deliberazione della Giunta regionale 26 marzo 2008, n. 303 “POR Umbria FSE 2007-2013, Obiettivo 2 Competitività regionale ed occupazione. DGR 183 del 25 febbraio 2008. Approvazione definitiva del documento di indirizzo per l’attuazione degli interventi”.

Bandi regionali

La Regione Umbria con determinazione dirigenziale 25 marzo 2008 n. 2347, pubblicata nel S.O. B.U.R.U n. 18 del 16 aprile 2008, ha adottato il “Bando per lo sviluppo delle risorse umane nell’ambito di reti di imprese, singole imprese e di singole imprese innovative”. Esso consiste di un pacchetto diversificato di interventi, con cui si attivano risorse a valere sul POR Umbria Ob. 2 FSE 2007-2013, sulla L. 236/93 e sulla L. 53/2000, al fine di promuovere la competitività e la coesione del sistema socio economico regionale, la qualità del lavoro, lo sviluppo di reti tra imprese, la capacità di ricerca, innovazione e di adeguamento ai cambiamenti del mercato.

La prima tipologia di intervento finanziabile riguarda “Progetti integrati per lo sviluppo delle risorse umane nell’ambito di reti di imprese” a cui sono assegnate complessivamente risorse pari a Euro 3.250.000,00, di cui:

Euro 1.500.000,00 a valere sull’Asse Adattabilità;

Euro 1.500.000,00 a valere sull’Asse Occupabilità

Euro 250.000,00 a valere sull’Asse Capitale umano.

Con tali interventi, anche sulla scorta dell’esperienza della programmazione 2000-2006, si intende promuovere lo sviluppo e il consolidamento di reti imprese al fine di accrescerne la competitività, la capacità di innovazione e ricerca, di aggiornamento delle competenze degli occupati e di inserimento professionale di diplomati e laureati.

La Legge 236/93

Nel 2006 la Regione Umbria con determinazione dirigenziale 31 maggio 2006, n. 4661 ha adottato il “Bando interventi di politiche attive del lavoro, anche in forma integrata, finalizzati alla promozione di un sistema regionale di formazione continua per lo sviluppo del mercato del lavoro e della competitività delle imprese e dei lavoratori”. In termini di risorse finanziarie vi concorrono quelle relative alle misure A2, D1 ed E1 del Programma Operativo Regionale FSE Obiettivo 3, nonché, a finanziamento della tipologia di Intervento 1, “Progetti per reti di imprese”, quelle della Legge 236/93, assegnate alla Regione Umbria con il decreto direttoriale 107/segr/2006, pari a € 1.857.583,13.

La Regione Umbria con determinazione dirigenziale 25 marzo 2008 n. 2347, pubblicata nel S.O. B.U.R.U n. 18 del 16 aprile 2008, ha adottato il “Bando per lo sviluppo delle risorse umane nell’ambito di reti di imprese, singole imprese e di singole imprese innovative”. La tipologia di intervento 3 “Piani formativi per lo sviluppo delle risorse umane nell’ambito di reti di imprese” stanzia Euro 2.616.673,59 assegnati alla Regione Umbria con decreto direttoriale del Ministero del Lavoro n. 40/V/2007 (annualità 2006-2007).

L’intervento è finalizzato a: rafforzare le politiche di formazione continua attraverso la realizzazione di piani formativi per lo sviluppo delle risorse umane nell’ambito di reti di imprese su base settoriale, territoriale e tematica; accrescere le competenze dei lavoratori e delle lavoratrici e a sviluppare la competitività del sistema produttivo regionale con priorità alle medie, piccole e micro imprese.

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Rapporto 2008 sulla formazione continua 175

Alla scadenza del bando (30 maggio 2008) risultano pervenuti 32 piani formativi per una richiesta in termini di contributo pubblico pari a Euro 2.200.440,08.

La Legge 53/2000

La tipologia di intervento 4 prevista dal “Bando per lo sviluppo delle risorse umane nell’ambito di reti di imprese, singole imprese e di singole imprese innovative” riguarda “Voucher formativi individuali per occupati/e”, finanziati tramite le risorse ex lege 53/2000, pari ad Euro 221.785,64, destinate alla Regione Umbria dal decreto interministeriale 62/V/2007.

Con D.D. 8800 del 6 ottobre 2008, pubblicata nel Supplemento ordinario al B.U.R.U. n. 47 del 22 ottobre 2008, sono stati assegnati 128 voucher a lavoratori e lavoratrici, residenti in Umbria, occupati/e presso imprese private con almeno una unità produttiva localizzata nel territorio regionale.

In ragione della riserva pari al 50% delle risorse stanziate a favore di richiedenti donne risultano ammesse a finanziamento le richieste di: 64 donne e 64 uomini.

I beneficiari avranno accesso, secondo quanto da loro indicato, a:

− percorsi formativi compresi nel catalogo regionale dell’offerta formativa individuale62;

− percorsi formativi non compresi nel catalogo regionale, erogati fuori dal territorio regionale da agenzie formative in possesso di certificazione di qualità;

− percorsi formativi non compresi nel catalogo regionale erogati da Università localizzate anche in altri paesi dell’Unione europea.

Catalogo regionale dell’Offerta formativa individuale

Dal 2005 la Regione Umbria si è dotata di un catalogo che raccoglie l’offerta formativa regionale articolata per provincia di riferimento, destinata a soggetti occupati, disoccupati ed inattivi. Il catalogo è accessibile dal sito della Regione Umbria63 e dai link presenti nei siti dedicati alla formazione delle province. Per essere ammessa al catalogo della Regione Umbria l’agenzia formativa richiedente deve risultare accreditata dalla Regione Umbria.

3.1.5 Regione Veneto

Per consegnare una rappresentazione dell’assetto istituzionale ed organizzativo della Regione Veneto è necessario sottolineare le caratteristiche di territorio particolarmente complesso e dinamico dal punto di vista socioeconomico in cui si registrano i più alti livelli di partecipazione ad attività di formazione continua da parte delle imprese64.

E’ ancora la Legge regionale n. 10 del 30 gennaio 1990 che regola le politiche formative in Regione, modificata dalla Legge regionale n. 31 del 16 dicembre 1998 (“Norme in materia di politiche del lavoro, e formazione” in attuazione del decreto legislativo 469/97) finalizzata a

62 Catalogo consultabile sul sito web www.formazionelavoro.regione.umbria.it. 63 Il sito web della Regione Umbria è www.formazionelavoro.regione.umbria.it 64 Si fa riferimento all’ultima rilevazione CVTS3, presentata dall’Istat a maggio 2008 e le rilevazioni presso le imprese risalgono al 2005. Nel comparto del Nord-Est le imprese con almeno 10 addetti che dichiaravano di effettuare attività di formazione continua erano il 36%, rispetto al 27,%% del 1999. Il Nord-Est continua a dimostrare i valori più elevati tra i diversi comparti territoriali.

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delegare competenze alle Province. Successivamente è intervenuta la Legge regionale n. 11 del 13 aprile 2001 che appunto segnala le funzioni delle province e della regione in materia di FP65.

L’art. 1 della Legge Regionale n. 10 del 30 gennaio 1990 invita la Regione ad adottare “…. un programma triennale di tutti gli interventi promossi o finanziati dalla Regione in materia di osservazione del mercato del lavoro, informazione e orientamento al lavoro, formazione professionale e sostegno all'occupazione”. Allo stato attuale è ancora in vigore il Programma triennale 2004-2006, come da deliberazione del Consiglio Regionale n. 47 del 27/10/2004 e così come stabilito dalla medesima Legge Regionale n. 10/90.

Dal 1° settembre 2001, ai sensi dell’ art. 137 della Legge Regionale n. 11/2001, i Centri di Formazione Professionale regionali sono stati trasferiti alle Province, esercitando pertanto da tale data sia le funzioni dell’offerta formativa precedentemente erogata direttamente dalla Regione, sia altri interventi di formazione, orientamento e politiche attive del lavoro. Si sottolinea che gli stessi Centri di Formazione Professionale hanno la possibilità di essere accreditati su diverse filiere della formazione e tra esse c’è anche la formazione continua. Infatti con Legge regionale n. 19 del 9 agosto 2002 è stato istituito l’“elenco regionale degli organismi di formazione accreditati" e la Deliberazione della Giunta Regionale del Veneto n. 113 del 21 gennaio 2005 definisce le modalità di mantenimento da parte degli enti dell’accreditamento.

Il 5 marzo 2007 è stato approvato il Programma Regionale di Sviluppo (PRS) con Legge n. 5/07, con il quale vengono stabiliti indirizzi, direttive, priorità e prescrizioni per l’azione della Giunta regionale nella promozione dell’attività legislativa e nell’esercizio di quella amministrativa. Nei confronti degli enti locali territoriali il PRS costituisce termine di riferimento per l’attività di loro competenza. Per quanto concerne i temi del capitale umano gli obiettivi esplicitati dal programma, allargati anche all’istruzione, risultano:

- la razionalizzazione della rete scolastica;

- la realizzazione di un sistema di formazione continua ed, in particolare, il potenziamento delle attività di Educazione degli Adulti;

- lo sviluppo di progetti riguardanti le forme d'intesa fra scuole, il rapporto con il mondo del lavoro, la ricerca scientifica e tecnologica e, soprattutto, l'Università;

- il miglioramento dell'offerta formativa anche mediante la promozione della parità di accesso tra la scuola privata e quella pubblica.

La programmazione delle attività di formazione comunque avviene già da diverso tempo, anche a livello informale, sentendo le diverse istanze e gli attori chiave del territorio regionale. Questa tradizione di consultazione dei diversi portatori di interesse è stata da tempo formalizzata dalla Legge Regionale n. 10 del 30 gennaio 1990 che già all’art. 1 c. 3 recita “gli interventi di cui al comma 1 sono adottati in un quadro programmatico unitario, secondo le modalità previste dalla presente legge, con la partecipazione degli enti locali e delle forze sociali, culturali e produttive, rispettando e valorizzando il pluralismo degli apporti”. L’enunciato normativo si traduce operativamente nella Commissione regionale per la concertazione tra le Parti Sociali, istituita dalla Legge regionale 16 dicembre 1998, n. 31 (art. 19 e 20). Tale organismo svolge le funzioni di proposta, indirizzo, valutazione e verifica sulle linee programmatiche e sugli obiettivi di politica del lavoro, sul conferimento di risorse e sulle iniziative di competenza regionale comunque 65 La Legge Regionale n. 11/2001 “Conferimento di funzioni e compiti amministrativi alle autonomie locali in attuazione del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112” è soprattutto all’art. 137 che vengono descritti i compiti e le funzioni delle Province.

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riconducibili al governo del mercato del lavoro. La Commissione è, inoltre, la sede di concertazione tra le Parti Sociali e la Regione, di tutte le proposte dirette all’attivazione delle politiche del lavoro, ad esempio, indirizzando l’utilizzo delle risorse 236/93 e 53/00.

Il Fondo Sociale Europeo

Il livello di attuazione del Programma Operativo del Veneto per il periodo 2000-2006 risulta più che soddisfacente. I dati di avanzamento finanziario indicano infatti che al 31.12.2007 le risorse impegnate sulle diverse misure ammontano al 102,4% del totale disponibile (considerando anche la quota privata) e le spese dei beneficiari finali degli interventi hanno raggiunto l’81,7% del costo totale programmato. In particolare sull’asse D della programmazione erano concentrati oltre 178 milioni di euro, risorse prevalentemente assegnate per finanziare azioni di formazione continua. Considerando la nuova programmazione, per tutto il periodo 2007-2013, pur in un quadro complessivo di riduzione di risorse (che ammontano circa 716 milioni di euro), si assiste a un incremento sugli Assi riconducibili alla formazione continua (in particolare per l’Asse Adattabilità). In termini operativi, la Direttiva della Giunta Regionale n. 2022 del 22 luglio 2008 ha impegnato Euro 3.777.952,50 per l’annualità 2007-2008 di risorse del FSE Asse I Adattabilità, concentrandole su alcune tipologie di destinatari:

- lavoratori coinvolti in situazione di crisi aziendale (tipologia A);

- lavoratori coinvolti in situazione di crisi settoriale o professionale (tipologia B).

E’ interessante notare che la Direttiva descrive in dettaglio gli strumenti da applicare quali il Patto di Servizio, il Piano di Azione Individuale, il SILV (Sistema Informativo del Lavoro Veneto), Borsa Lavoro del Veneto66 e la Dote Individuale67. Si tratta di una sperimentazione di strumenti di politica attiva del lavoro secondo logiche di integrazione tra i diversi dispositivi rivolti alla potenziale domanda individuale del singolo lavoratore e funzionali ad intervenire in un contesto socioeconomico critico.

La Legge 236/93

La Regione con Deliberazione della Giunta Regionale n. 1022 del 6 maggio 2008 ha impegnato le risorse dell’ultimo Decreto 236/93 (D.D. 40/2007) sulla formazione a domanda individuale al fine di finanziare voucher formativi aziendali o individuali integrando le risorse con finanziamenti regionali68, per un complessivo di 19.980.838,6569. Questa Direttiva regionale disciplina le attività di formazione continua individuale e aziendale a voucher per il periodo luglio 2008 – dicembre 2009 e, rispetto alla direttiva precedente 2006-2007, si caratterizza per i seguenti aspetti:

- “introduzione di nuove aree formative di alfabetizzazione linguistica ed informatica;

- revisione di alcuni criteri di priorità nell’accesso al dispositivo;

66 Sistema telematico di servizi on line, realizzato per facilitare il libero incontro tra domanda e offerta di lavoro. 67 Insieme di risorse finanziarie destinate alla realizzazione delle attività previste dal Piano di Azione Individuale finalizzato all’inserimento lavorativo. Per ogni lavoratore/lavoratrice che aderisce alla tipologia di progetti A) e B) è corrisposta una dote individuale forfetaria e onnicomprensiva di € 4.080,00 (sono eleggibili tutti i costi previsti per l’intervento; l’importo della dote è al lordo di IVA e di altri oneri aggiuntivi). 68 Deliberazione della Giunta Regionale n. 583 del’11 marzo 2008. Inserendo per l’esercizio 2008 Euro 700.000 e sull’esercizio 2009 verrà stanziata una somma pari a Euro 2.000.000 secondo il Bilancio Pluriennale della Regione per il periodo 2008-2010. 69 A queste risorse si devono aggiungere quelle dell’area costruzioni derivanti dal Fondo bilaterale costituito dalla Regione Veneto e dalle associazioni di categoria.

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- variazione della durata massima ammissibile dei percorsi in base alla loro tipologia;

- revisione del valore massimo ammissibile di finanziamento in base all’area formativa di appartenenza del corso prescelto”.

La Legge 53/00

La Regione, nel 2008, ha scelto di concentrare le risorse (circa 2,8 milioni euro) degli ultimi due decreti della L. 53/00 (il 62 e il 110) esclusivamente per il “finanziamento di progetti elaborati sulla base di accordi contrattuali che prevedano quote di riduzione dell'orario di lavoro”: in passato vi era stato, al contrario, un orientamento più netto a favore dei voucher individuali.

Nello specifico si tratta di “progetti aziendali di formazione continua” che si compongono di una o più azioni formative e possono essere di due tipologie, aziendali, quindi rivolti a lavoratori di una singola impresa, e pluriaziendali, per lavoratori di più imprese.

E’ inoltre prevista una quota del 5% delle risorse per le attività di informazione e pubblicizzazione in favore dei lavoratori, delle imprese, delle associazioni dei datori di lavoro e delle organizzazioni sindacali dei lavoratori.

I Fondi Interprofessionali e l’integrazione tra strumenti finanziari

Fin da subito le imprese venete si sono mostrate estremamente interessate ad aderire ai Fondi Paritetici Interprofessionali: il 14,3% di tutte le imprese aderenti ai Fondi provengono dalla regione, che evidenzia complessivamente un tasso di partecipazione tra i più elevati a livello nazionale, il 54,2%70, paragonabile a quanto avviene nelle altre aree del Nord-Est, dove si manifesta una maggiore attenzione verso le politiche di formazione a supporto delle imprese.

In questo contesto, assume importanza strategica l’Accordo tra la Regione del Veneto e le Parti Sociali Regionali per il coordinamento della programmazione delle attività finalizzate al sostegno della formazione continua (Deliberazione della Giunta Regionale n. 3128 del 09 ottobre 2007). In particolare le Parti concordano “… di individuare forme di coordinamento tra Regione, Parti Sociali e Fondi Paritetici Interprofessionali, finalizzate alla strutturazione di un’offerta formativa adeguata all’adattabilità dei lavoratori e delle imprese e allo sviluppo della competitività del sistema economico e che, in un quadro di complementarità e non sovrapposizione tra azioni e risorse, garantiscano la valorizzazione delle diverse filiere (Fondi Strutturali, Legge 236/93, Legge 53/00, Fondi regionali, e Fondi Paritetici Interprofessionali)….”

Anche alla luce di questo accordo, con Dgr n. 583 del 11 marzo 2008, è stato approvato il “Piano Annuale degli interventi regionali in materia di osservazione del mercato del lavoro, informazione e orientamento al lavoro, formazione professionale e sostegno all’occupazione” relativo al periodo 2007/2008. Il Piano rappresenta lo strumento che individua le linee guida dell’azione regionale nelle materie dell’istruzione e formazione professionale, dell’orientamento e del lavoro. La sua elaborazione contemporanea alla definizione del Programma Operativo Regionale relativo al Fondo Sociale Europeo per il periodo 2007/2013, ha consentito di definire al meglio tutti i segmenti formativi di competenza regionale, con una descrizione delle caratteristiche salienti per ciascun segmento e il loro raccordo.

In particolare, per ciò che concerne la formazione continua, vengono espressamente indicati gli obiettivi generali e le misure da finanziarie, unitamente alla strategia di integrazione tra le 70 Nel Rapporto 2007 sulla formazione continua si indica il tasso di penetrazione quale il rapporto tra le aziende aderenti ai Fondi Interprofessionali e il totale delle imprese localizzate in Regione Veneto, secondo i dati Istat 2004.

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differenti risorse finanziarie disponibili, e si definisce il ruolo istituzionale di regia sui diversi strumenti disponibili:

“… La programmazione delle attività terrà conto in particolare della complementarietà tra il FSE ed i Fondi interprofessionali, individuando nel Fondo Sociale Europeo lo strumento in grado di implementare gli interventi volti al sostegno delle innovazioni tecnologiche e organizzative, e riservando agli altri strumenti finanziari gli interventi formativi di tipo più tradizionale….”71

Unitamente a dispositivi già sperimentati, vengono citati nuovi strumenti che sono diventati anche un punto di riferimento per altre realtà territoriali, come, ad esempio, il voucher di accompagnamento, il progetto di catalogo Interregionale per l’Alta Formazione, di cui la Regione è capofila a livello nazionale, e una diversa rimodulazione ed impiego del più tradizionale voucher formativo nell’ambito di azioni previste all’interno del progetto Challenge, quali “....azioni volte a individuare i profili professionali innovativi da inserire all’interno dell’offerta formativa a voucher; azioni di orientamento alla richiesta di voucher, anche attraverso l’attivazione di sportelli territoriali operativi nei diversi contesti distrettuali; azioni di accompagnamento alla certificazione delle competenze acquisite che saranno attivate in stretto raccordo con il progetto interregionale sul Libretto formativo……”.

Inoltre nel Piano vengono presentate alcune schede specifiche per ciascun segmento della formazione continua regionale, esplicitando la tipologia dei beneficiari, le tipologie di azioni previste, gli obiettivi specifici, le modalità attuative, la struttura regionale, le competenze e le risorse utilizzate (circa 77 milioni di euro).

Infine per ultimare il quadro complessivo del ruolo che la Regione sta progressivamente definendo, è necessario ricordare che nel 2006 è stato presentato al Consiglio Regionale il disegno di legge in materia di occupazione e mercato del lavoro, nella logica di individuare una legge organica e capace di integrare anche le politiche attive. Il disegno di legge regionale costituisce il risultato del percorso di concertazione che ha coinvolto parti sociali e Province.

Catalogo regionale sulla formazione individuale

Si ricorda che la Regione Veneto, dagli inizi degli anni ’00, ha implementato dispositivi per stimolare la domanda individuale di formazione attraverso lo strumento del voucher e strutturando dal 2001 il catalogo regionale sulla formazione individuale72.

71 Allegato A, alla Dgr n. 583 del 11 marzo 2008 pp. 12-13. 72 Per maggiori informazioni si rinvia al sito web www.formazione.individuale.it

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Capitolo 4

La Formazione Continua nelle Regioni del Mezzogiorno: criticità e prospettive

4.1 Aspetti ciritici della Formazione Continua nelle Regioni del Mezzogiorno

Sono indubbiamente numerosi e prestigiosi gli Osservatori che, con diverse angolazioni e prospettive di analisi, studiano le caratteristiche di sviluppo economico delle regioni del Sud73. Sarebbe, dunque, un esercizio privo di senso e puramente retorico ripetere o sintetizzare quanto già rintracciabile nelle diverse analisi di respiro nazionale e locale.

In quest’ottica appare necessario inquadrare l’analisi esclusivamente sull’andamento e sulle prospettive della formazione continua con la consapevolezza che tale narrazione diviene, in realtà, anche una sorta di metafora che ben focalizza paradossi, limiti, opportunità e potenzialità di crescita troppo spesso vanamente evocate, e mai implementate in questa area del Paese.

Nel concentrare l’attenzione sulla formazione dei lavoratori nelle imprese del Sud, si accennerà, in primo luogo, alle differenze rispetto alle altre aree. In questa prospettiva lo sguardo deve essere necessariamente olistico, deve cioè richiamare, seppur in forma sintetica, tutte le più importanti misure ed iniziative sulla formazione continua messe in campo in passato a livello nazionale e comunitario ed in tal modo esse enucleare i comportamenti dei soggetti che, a diverso titolo, gestiscono e co-gestiscono le politiche e le attività di formazione continua e di quelli che ne sono i potenziali beneficiari.

Con ciò non si intende esaurire nel presente rapporto tutti gli aspetti precedentemente accennati, al contrario si desidera abbozzare una sorta di dialogo aperto con chi si occupa e agisce sui temi e le politiche della formazione continua nel Sud, offrendo spunti di riflessione corroborati da prime informazioni e dati specifici: si presenta, quindi, una prima sintetica analisi che nelle successive edizioni del Rapporto sulla formazione continua avrà uno spazio più corposo.

Quasi come un blues dolente si mettono in luce i limiti del sistema formativo continuo al Sud, ben evidenziabili se si volge lo sguardo:

• ai comportamenti delle imprese e dei lavoratori;

• alle Amministrazioni che gestiscono le risorse comunitarie e nazionali,

• alle strategie dei Fondi Interprofessionali;

• alla configurazione del sistema dell’offerta di formazione continua;

• alle difficoltà di disporre di strumenti di osservazione e monitoraggio delle politiche effettivamente operanti.

73 E’ sufficiente richiamare, tra i più noti, il rapporto dello Svimez che dedica un accurato rapporto annuale sull’economia del Mezzogiorno, approfondendo aspetti di natura socio-economica.

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Si dedicano, di seguito, alcune righe per ciascuno di essi, mentre si intende avviare una prima riflessione più articolata sui contenuti e le dimensioni della Programmazione 2007-2013, per cercare di cogliere gli elementi di reale discontinuità con il passato anche rispetto alle politiche di formazione continua.

Per quanto concerne, i comportamenti delle imprese e dei lavoratori74 del Mezzogiorno si evidenzia un minore livello di partecipazione per entrambe le tipologie di beneficiari che si concretizza sia in una effettiva minore fruizione delle iniziative di formazione, sia nella difficoltà di esprimere ed incanalare il bisogno formativo. Allo stato attuale le imprese formatrici del Sud sono numericamente inferiori a quelle di altre aree del Paese ed analogamente la partecipazione degli occupati ai processi di formazione è mediamente minore (al di sotto del 35% in Calabria, Sicilia e Campania in particolare) rispetto al dato registrato nelle regioni del Nord, in particolare di Nord-Est (oltre il 50%)75. Questa situazione matura in un contesto in cui i lavoratori hanno a disposizione minori strumenti per l’incontro tra domanda e offerta: si pensi che nessuna Regione del Mezzogiorno ha mai effettivamente strutturato un sistema continuativo ed efficace di voucher basato su un catalogo di formazione continua.

Questo è indubbiamente legato alle difficoltà che incontrano le Amministrazioni locali nella gestione delle politiche di formazione continua. In particolare l’esperienza della gestione delle risorse (sia nazionali che comunitarie) ha evidenziato una particolare lentezza di ramificazione sui territori. In particolare per la Legge 236/93 – ma ciò accade anche per le risorse della Legge 53/00, come evidenziato nel capitolo 2 del presente rapporto – le Regioni meridionali sono quelle che hanno avuto minore capacità di spesa, infatti ad esse erano attribuibili oltre l’80% delle risorse (circa 78 milioni di Euro), che risultavano ancora non utilizzate su vari decreti. Questa inerzia “operativa” si accompagna anche ad una difficoltà nella strutturazione di servizi di supporto all’erogazione della formazione, quali, ad esempio cataloghi regionali qualificanti e strutturati per target e filiere di priorità. Inoltre l’assenza, nella maggior parte delle Regioni meridionali, di una strategia di azione dedicata esclusivamente al supporto della formazione continua dei lavoratori ha finito per impoverire i servizi di orientamento alla formazione dei lavoratori compromettendo l’avvio di percorsi integrati tra formazione e re-inserimento o cambiamento lavorativo sperimentati in altre aree del paese.

Quanto osservato è sempre stato, in parte, motivato alla luce di una maggiore tensione risolutiva verso un segmento di forza lavoro più problematico (i disoccupati), ma ciò non toglie che il basso presidio sulle necessità di manutenzione e sviluppo delle competenze dei lavoratori meridionali è, nei fatti, un elemento di criticità che alimenta la debolezza del mercato del lavoro e finisce per creare, in una sorta di circolo perverso, disoccupati difficilmente ricollocabili. La difficoltà di gestione del sistema a livello regionale ha poi influito anche sul ritardo con cui si è manifestato il processo di delega alle province che consentirebbe, se non altro, un avvicinamento alle esigenze del territorio.

Il difficile decollo degli stessi Fondi Paritetici Interprofessionali rappresenta indubbiamente la conferma di quanto i problemi siano radicati e di sistema. Due sono, in particolare, le criticità: una legata alla forza di persuasione per incrementare le adesioni; l’altra rappresentata dalla capacità di raccogliere la domanda di formazione: quasi tutte le Regioni del Sud presentano un tasso medio di adesione di gran lunga inferiore a quello nazionale (42,1%), dato che si conferma anche per i dipendenti delle imprese aderenti. Certamente ciò merita una riflessione complessiva sulla concreta

74 Per i dati puntuali si rimanda al Capitolo 1 del presente Rapporto. 75 I dati si riferscono all’indagine Istat-AES (Adult Education Survey) del 2006.

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efficacia delle iniziative che i Fondi hanno messo in campo nel presidio del territorio, mobilitando, in primo luogo, le reti territoriali, direttamente espressione delle Parti sociali (in particolare gli Enti Bilaterali). Ovviamente non ci si trova di fronte ad una situazione omogenea: infatti, in alcune aree, in particolare della Puglia, della Sicilia e della Basilicata, e per alcuni settori economici, l’andamento delle adesioni è confrontabile con quello rilevato in altre aree del paese. Sarebbe prezioso, in proposito, comprendere le ragioni di questo piccolo “successo” al fine di riprodurlo in altri territori. Nel caso specifico, rispetto ad altre operazioni di importazione di buone prassi, si potrebbe avere una maggiore possibilità di raggiungere gli obiettivi, proprio perchè le “buone prassi” si valorizzano all’interno di contesti analoghi e limitrofi. L’aspetto qualitativo delle iniziative sviluppate è di maggiore difficile misurazione, mancando un sistema di osservazione completo e radicato. Comunque, si possono riscontrare diverse sperimentazioni con punte di eccellenza, il problema permane però nella standardizzazione qualitativa del complesso delle iniziative e nell’uscita dalle fasi sperimentali per la messa a regime.

Per quanto riguarda l’offerta di formazione continua, si configura spesso eccessivamente addensata su tematiche cosiddette trasversali e rivolte ad un target “generalista”. Tale situazione induce fenomeni di “nomadismo” interregionale per coloro che hanno esigenze di maggiore specializzazione, nonostante, ad esempio, in alcuni casi siano stati fissati dei parametri di sostegno dei voucher individuali più elevati rispetto a quelli delle regioni meridionali proprio al fine di contenere il fenomeno. Oltre ad una minore diffusione territoriale dell’offerta formativa, si pone anche il tema degli strumenti di servizio che possono accompagnare ed integrare quanto viene offerto ad imprese e lavoratori. Una simile situazione ha creato nel tempo una forte polarizzazione dell’offerta verso gli erogatori di livello nazionale a scapito dell’offerta locale, più piccola e frammentata. Solo in alcuni grandi centri urbani si incontrano pochi casi di eccellenza, in cui vengono sperimentate integrazioni tra i centri di formazione e i poli universitari e di ricerca (soprattutto a Bari e Napoli).

Un ultimo elemento di riflessone riguarda le difficoltà di disporre di strumenti di osservazione e monitoraggio delle politiche effettivamente operanti nei territori del Sud. Quasi tutte le diverse filiere di formazione direttamente gestite dalle Regioni (FSE e fonti nazionali) riscontrano carenze nella fornitura di dati, soprattutto di natura fisica. Ad esempio, uno dei sistemi più consolidati e affidabili, MONIT per il FSE, dispone con difficoltà di dati puntuali riguardanti lavoratori ed imprese coinvolte in attività di formazione. Anche per quanto concerne i monitoraggi sulle leggi nazionali, nonostante gli obblighi normativi, le Regioni presentano diverse difficoltà nell’invio dei dati. Si tratta di un elemento apparentemente marginale, ma che di fatto finisce per incidere sulla programmazione delle attività: in assenza di informazione le Regioni riscontrano diverse difficoltà a rimodulare gli interventi programmati. In questo contesto si differenzia il monitoraggio relativo alle attività finanziate dai Fondi Interprofessionali. Infatti, la presenza di sistemi centralizzati di monitoraggio a livello di singolo Fondo e una più salda relazione tra informazioni richieste sulle attività ed effettiva finanziabilità delle stesse sembra facilitare il reperimento dei dati.

In questo contesto la scelta di analizzare più in dettaglio quanto previsto nella nuova programmazione europea (2007-2013), accennando ad alcune differenze rispetto a quella precedente, dovrebbe fornire l’occasione per cogliere gli elementi di cambiamento: lo strumento, infatti, assume maggior rilievo, rispetto ad altri disponibili, sia per l’entità delle risorse messe in campo sia per le strategie definite attraverso strumenti di programmazione declinati sul piano territoriale.

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4.2. La formazione continua nei Programmi Operativi FSE Obiettivo Convergenza 2007 - 2013

Partendo dal nuovo regolamento del Fondo Sociale Europeo Reg. (CE) N. 1081/2006 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 5 luglio 2006, che ha abrogato il precedente regolamento (CE) n. 1784/1999, si può comprendere nei campi di applicazione del fondo in quale delle priorità (art. 3) è possibile individuare un ruolo significativo della formazione continua.

“i) l'apprendimento permanente e maggiori investimenti nelle risorse umane da parte delle imprese, in particolare le PMI, e dei lavoratori, tramite lo sviluppo e l'attuazione di sistemi e strategie, tra cui l'apprendistato, che garantiscano un più agevole accesso alla formazione, in particolare per i lavoratori meno qualificati e più anziani, lo sviluppo delle qualifiche e delle competenze, la diffusione di tecnologie della comunicazione e dell'informazione, dell'apprendimento per via elettronica (e-learning), di tecnologie rispettose dell'ambiente e delle competenze in materia di gestione, la promozione dell'imprenditorialità e dell'innovazione e della creazione di imprese;

ii) l'elaborazione e la diffusione di forme di organizzazione del lavoro innovative e più produttive, anche in relazione ad una migliore salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, l'individuazione delle esigenze future in materia di occupazione e di competenze e la messa a punto di servizi specifici di occupazione, formazione e sostegno, incluso il ricollocamento, per lavoratori nel contesto di ristrutturazioni aziendali o settoriali;”

Per quanto concerne la priorità b) “migliorare l'accesso all'occupazione e l'inserimento sostenibile nel mercato del lavoro per le persone in cerca di lavoro e per quelle inattive, prevenire la disoccupazione, in particolare la disoccupazione di lunga durata e la disoccupazione giovanile, incoraggiare l'invecchiamento attivo e prolungare la vita lavorativa e accrescere la partecipazione al mercato del lavoro” il ricorso alla formazione continua è trascurabile, poiché si farà leva soprattutto sulla formazione di primo inserimento fatta eccezione per quelle azioni volte al reinserimento occupazionale ed al prolungamento della vita attiva dei lavoratori.

La formazione continua non è una leva significativa per il conseguimento della priorità c) “potenziare l'inclusione sociale delle persone svantaggiate ai fini della loro integrazione sostenibile nel mondo del lavoro e combattere ogni forma di discriminazione nel mercato del lavoro”, né tanto meno per promuovere i partenariati per le riforme nei settori dell'occupazione e dell'integrazione nel mercato del lavoro [priorità e)].

Il suo utilizzo può essere determinante, invece, per attuare la priorità d) “potenziare il capitale umano”, che per le sole regioni dell’Obiettivo Convergenza viene affiancata dalla specifica priorità a)“espandere e migliorare gli investimenti nel capitale umano” e si può individuare la leva della FC nelle azioni di promozione della Formazione Permanente [ii)] e di sviluppo del potenziale umano nella ricerca e nell'innovazione attraverso la formazione post-laurea dei ricercatori [iii)].

La seconda priorità, aggiuntiva, riconosciuta per le regioni dell’Obiettivo Convergenza è quella rivolta al rafforzamento della capacità istituzionale e dell’efficienza delle pubbliche amministrazioni, dei servizi pubblici e più in generale della governance. In questo caso si fa riferimento alla FC quando si indica il potenziamento specifico della formazione continua dei dirigenti e del personale dei soggetti componenti la governance.

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Tale disamina è essenziale per collegare la FC alle Categorie di Spesa76 previste dal nuovo regolamento generale sul FESR e il FSE.

Infatti le priorità sopra elencate sono state recepite a livello nazionale nel Quadro Strategico Nazionale e riclassificate in 10 priorità, successivamente recepite a livello regionale nei Programmi Operativi FSE con una declinazione in Assi, Obiettivi specifici, Obiettivi Operativi e Attività cui sono agganciate le Categorie di Spesa, per cui queste ultime rappresentano il minimo comune denominatore quantificato economicamente che permette di fare dei raffronti e permette, analizzando la strategia di spesa, quanto effettivamente un attività pesa all’interno della strategia regionale.

Nelle tabelle relative alla lettura comparata dei POR Fse 2007-2013 delle regioni Mezzogiorno (appendice 3) si riportano estratti dei PO delle regioni dell’Obiettivo convergenza degli Assi, Obiettivi specifici, Obiettivi Operativi ed Attività che ricomprendono interventi di FC.

Di seguito, come anticipato, più che descrivere puntualmente per Regione le scelte negli Assi, Obiettivi specifici, Obiettivi Operativi ed Attività (che seguono griglie abbastanza standardizzate e omogenee per l’Obiettivo Convergenza), si cerca di fare una disamina delle scelte strategiche delle Autorità di Gestione andando a considerare la diversa allocazione finanziaria fatta sulle categorie di spesa. In particolare si considerano quelle categorie direttamente correlabili ad interventi di formazione continua, cercando di evidenziare tratti di omogeneità e di discontinuità nelle scelte di spesa. Queste al di là delle strategie dichiarate, sono quelle che effettivamente determinano gli interventi. In particolare, dall’analisi dei dati riportati nelle tabelle 4.3 e 4.4 si può delineare il seguente quadro.

In primo luogo nelle Regioni dell’Obiettivo Convergenza si punta prevalentemente nelle “Misure per aumentare la partecipazione all'istruzione e alla formazione permanente, anche attraverso provvedimenti intesi a ridurre l'abbandono scolastico, la segregazione di genere rispetto alle materie ed aumentare l'accesso all'istruzione e alla formazione iniziale, professionale e universitaria, migliorandone la qualità” (categoria di spesa ‘73’) Tale categoria prevede la maggiore dotazione finanziaria nell’obiettivo convergenza per un importo di 362,4 Mln di euro. In Campania e in Puglia risulta la prima categoria per dotazione, mentre in Calabria e Basilicata la seconda. La Sicilia diverge da tale scelta collocando la categoria al sesto posto delle priorità.

La seconda categoria maggiormente dotata nel complesso delle Regioni risulta lo “Sviluppo di potenziale umano nella ricerca e nell'innovazione, in special modo attraverso studi e formazione post-laurea dei ricercatori, ed attività di rete tra università, centri di ricerca e imprese” (categoria di spesa ‘74’), che prevede una dotazione pari a 285,5 Milioni di euro. In questo caso si riscontra una situazione più differenziata tra le regioni. In Sicilia risulta la seconda categoria per concentrazione di risorse, in Puglia e Basilicata la terza, in Calabria la quarta ed infine in Campania la sesta.

Di poco si discosta “Percorsi di integrazione e reinserimento nel mondo del lavoro dei soggetti svantaggiati, lotta alla discriminazione nell'accesso al mercato del lavoro e nell'avanzamento dello stesso e promozione dell'accettazione della diversità sul posto di lavoro” (categoria di spesa ‘71’), per una dotazione complessiva di 284,3 Milioni di euro. In questo caso la Regione che punta di più su questa tipologia di interventi nell’ambito del proprio PO è la Basilicata

76 ALLEGATO IV - Categorie di spesa (di cui all’articolo 9, paragrafo 3) del Regolamento (CE) n. 1083/2006 del Consiglio, dell'11 luglio 2006, recante disposizioni generali sul Fondo europeo di sviluppo regionale, sul Fondo sociale europeo e sul Fondo di coesione e che abroga il regolamento (CE) n. 1260/1999.

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(prima categoria), in Campania risulta essere la seconda per dotazione, in Sicilia la terza, in Puglia la quarta, in Calabria la quinta.

Per la categoria “Attuazione di misure attive e preventive sul mercato del lavoro” (categoria di spesa ‘66’), con una dotazione di 247,2 Mln di euro, si registra invece un’asimmetria nelle scelte regionali. Infatti, in Calabria e Puglia risulta rispettivamente la prima e la seconda categoria, in Campania la quinta, in Sicilia e Basilicata rispettivamente l’ultima e la penultima.

Per quanto riguarda il “Sostegno al lavoro autonomo e all'avvio di imprese” (categoria di spesa ‘71’per 234,9 Mln di euro) evidenzia scelte da parte delle regioni piuttosto omogenee fatta eccezione per la Sicilia. Infatti mentre in questa Regione rappresenta la prima categoria prevedendo una dotazione pari a 138.8 (più della metà dell’intero obiettivo convergenza), nelle altre regioni non sembra configurasi come prioritaria.

Infine, la categoria “Sviluppo di sistemi e strategie di apprendimento permanente nelle imprese; formazione e servizi per i lavoratori per migliorare la loro adattabilità ai cambiamenti; promozione dell'imprenditorialità e dell'innovazione”( categoria di spesa ‘62’), strettamente correlabile ad interventi di FC, prevede una dotazione finanziaria pari a 212,1 Mln di euro. Per questa categoria la distribuzione delle scelte è abbastanza omogenea collocandosi complessivamente in una fascia intermedia di priorità e per concentrazione di risorse.

Le altre categorie di spesa (‘63’, ‘64’, ‘67’, ‘81’) hanno una dotazione finanziaria inferiore ai 200 Mln di euro, e fatta eccezione della categoria ‘81’, (119,5 Mln di euro) si attestano al di sotto dei 100 Mln di euro.

Tabella 4.1 – Dotazione FSE per Regione Ob. Convergenza ed incidenza percentuale sul complesso delle

risorse attribuite all’Ob. Convergenza

POR FSE Ob. CONV. DOTAZIONE FINANZIARIA PER REGIONE (milioni di euro)

REGIONI FSE Centrale Regionale TOTALE Campania 559.000.000 447.200.000 111.800.000 1.118.000.000 Calabria 430.249.377 430.249.377 0,00 860.498.754 Puglia 639.600.000 639.600.000 0,00 1.279.200.000 Sicilia 1.049.619.576 839.695.661 209.923.915 2.099.239.152 Basilicata 128.946.235 154.735.482 38.683.871 322.365.588 TOTALE Ob.CONV 2.807.415.188 2.511.480.520 360.407.786 5.679.303.494

% FINANZIAMENTI PER REGIONE SUL TOTALE RISORSE POR FSE Ob. CONV. REGIONI FSE Centrale Regionale TOTALE Campania 9,84% 7,87% 1,97% 19,69% Calabria 7,58% 7,58% 0,00% 15,15% Puglia 11,26% 11,26% 0,00% 22,52% Sicilia 18,48% 14,79% 3,70% 36,96% Basilicata 2,27% 2,72% 0,68% 5,68% TOTALE Ob.CONV 49,43% 44,22% 6,35% 100,00%

Fonte: elaborazione ISFOL su dati finanziari pubblicati nei POR FSE 2007 – 2013 approvati e negli atti correlati.

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Tabella 4.2 – POR FSE Ob. Convergenza 2007-2013 – Concentrazione di spesa per asse prioritario

Fonte: elaborazione ISFOL su dati finanziari pubblicati nei POR FSE 2007 – 2013 approvati e negli atti correlati

Asse prioritario Campania Calabria Puglia Sicilia Basilicata Media

I- Adattabilità 14,31% 18,00% 8,00% 8,57% 16,50% 13,08% II- Occupazione 28,62% 37,00% 44,50% 51,71% 16,00% 35,57% III- Integrazione sociale 15,21% 8,00% 6,00% 7,14% 16,00% 10,47% IV-Capitale umano 26,65% 30,00% 32,00% 25,00% 40,00% 30,73% V-Transnazionalità e interregionalità

2,68% 1,00% 2,00% 2,14% 4,50% 2,47%

VI-Assistenza tecnica 2,24% 2,00% 4,00% 4,00% 4,00% 3,25% VII-Capacità istituzionale 10,29% 4,00% 3,50% 1,43% 3,00% 4,44% TOTALE 100% 100% 100% 100% 100% 100%

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Tabella 4.3 - Cofinanziamento FSE categorie di spesa correlabili alla FC nei POR Ob. CONV. 2007-2013 (valori in milioni di euro)

Categorie di spesa Campania Calabria Puglia Sicilia Basilicata Totale

62 - Sviluppo di sistemi e strategie di apprendimento permanente nelle imprese; formazione e servizi per i lavoratori per migliorare la loro adattabilità ai cambiamenti; promozione dell'imprenditorialità e dell'innovazione.

Cat_62 60,0 43,0 32,0 39,9 37,2 212,1

63 - Elaborazione e diffusione di modalità di organizzazione del lavoro più innovative e produttive. Cat_63 8,0 8,6 7,7 27,7 8,0 60,0 64 - Sviluppo di servizi specifici per l'occupazione, la formazione e il sostegno in connessione con la ristrutturazione dei settori e delle imprese, e sviluppo di sistemi di anticipazione dei cambiamenti economici e dei fabbisogni futuri in termini di occupazione e qualifiche.

Cat_64 12,0 25,8 12,8 22,4 8,0 81,0

66 - Attuazione di misure attive e preventive sul mercato del lavoro. Cat_66 45,0 79,6 105,2 9,7 7,7 247,2 67 - Misure che incoraggino l'invecchiamento attivo e prolunghino la vita lavorativa. Cat_67 15,0 8,6 17,1 13,3 5,2 59,2 68 – Sostegno al lavoro autonomo e all'avvio di imprese. Cat_68 27,8 30,1 22,8 138,8 15,5 234,9 71 - Percorsi di integrazione e reinserimento nel mondo del lavoro dei soggetti svantaggiati, lotta alla discriminazione nell'accesso al mercato del lavoro e nell'avanzamento dello stesso e promozione dell'accettazione della diversità sul posto di lavoro.

Cat_71 85,0 34,4 38,4 75,0 51,6 284,3

73 - Misure per aumentare la partecipazione all'istruzione e alla formazione permanente, anche attraverso provvedimenti intesi a ridurre l'abbandono scolastico, la segregazione di genere rispetto alle materie ed aumentare l'accesso all'istruzione e alla formazione iniziale, professionale e universitaria, migliorandone la qualità.

Cat_73 104,3 77,4 108,5 27,1 45,1 362,4

74 - Sviluppo di potenziale umano nella ricerca e nell'innovazione, in special modo attraverso studi e formazione post-laurea dei ricercatori, ed attività di rete tra università, centri di ricerca e imprese.

Cat_74 37,3 34,4 87,2 81,4 45,1 285,5

81 - Meccanismi per aumentare le buone pratiche politiche e l'elaborazione, il monitoraggio e la valutazione del programma a livello nazionale, regionale e locale, la capacity building nell'attuazione delle politiche e dei programmi.

Cat_81 57,5 17,2 20,1 15,0 9,7 119,5

Totale 451,8 359,3 451,8 450,2 233,1 1.946,1 Fonte: elaborazione ISFOL su dati finanziari pubblicati nei POR FSE 2007 – 2013 approvati e negli atti correlati.

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Tabella 4.4 – Graduatoria per regione della concentrazione in percentuale delle risorse per le categorie

di spesa correlabili ad interventi di FC nell’ambito dei PO FSE delle Regioni Ob. Convergenza

RANK Campania Calabria Puglia Sicilia Basilicata 1 Cat_73 23,09 Cat_66 22,15 Cat_73 24,02 Cat_68 30,83 Cat_71 22,14 2 Cat_71 18,81 Cat_73 21,54 Cat_66 23,28 Cat_74 18,08 Cat_73 19,35 3 Cat_62 13,28 Cat_62 11,97 Cat_74 19,30 Cat_71 16,66 Cat_74 19,35 4 Cat_81 12,73 Cat_74 9,57 Cat_71 8,50 Cat_62 8,86 Cat_62 15,96 5 Cat_66 9,96 Cat_71 9,57 Cat_62 7,08 Cat_63 6,15 Cat_68 6,65 6 Cat_74 8,26 Cat_68 8,38 Cat_68 5,05 Cat_73 6,02 Cat_81 4,16 7 Cat_68 6,15 Cat_64 7,18 Cat_81 4,45 Cat_64 4,98 Cat_63 3,43 8 Cat_67 3,32 Cat_81 4,79 Cat_67 3,78 Cat_81 3,33 Cat_64 3,43 9 Cat_64 2,66 Cat_63 2,39 Cat_64 2,83 Cat_67 2,95 Cat_66 3,30

10 Cat_63 1,77 Cat_67 2,39 Cat_63 1,70 Cat_66 2,15 Cat_67 2,23 Fonte: elaborazione ISFOL su dati finanziari pubblicati nei POR FSE 2007 – 2013 approvati e negli atti correlati.

Da tale allocazione delle risorse emergono significative differenze strategiche nell’approccio a problemi comuni. Nel POR della Regione Sicilia, ad esempio, viene evidenziato come, in merito ai tre ambiti fondamentali di azione sui quali viene suggerita in sede comunitaria la concentrazione delle risorse, ossia:

a) il rafforzamento dei fattori di attrattività del territorio;

b) la creazione e diffusione della società della conoscenza;

c) la realizzazione di condizioni migliori di occupabilità e coesione sociale

i primi due ambiti si inquadrano “in una versione rinnovata del più generale tema del potenziamento delle pre-condizioni per la crescita economica e dello sviluppo endogeno della regione, entro il quale vanno ricondotte tutte le altre politiche di programmazione che, a qualsiasi titolo, eserciteranno un impatto sul territorio siciliano negli anni a venire”. E ancora: “All’interno di tale cornice programmatica si individuano obiettivi specifici e possibili priorità che concernono gli specifici fattori di attrattività, gli elementi costitutivi della “società della conoscenza” e le più importanti aree di intervento in campo sociale, che riguardano sia il funzionamento del mercato del lavoro e le politiche di inclusione che i fattori di adattabilità dei lavoratori e le politiche di potenziamento del capitale umano”.

Ciò può spiegare, ad esempio, la modesta allocazione di risorse in favore di misure attive e preventive sul mercato del lavoro (Cat. 66) o per aumentare la partecipazione all’istruzione e alla formazione permanente (Cat. 73)77. Dalla lettura delle categorie di spesa emerge una strategia che individua nella promozione del lavoro autonomo e dell’avvio di imprese, nello sviluppo del potenziale umano nella ricerca e nell’innovazione, nonché – in misura relativa nella comparazione con le altre Regioni – nell’elaborazione e diffusione di modalità di organizzazione del lavoro più innovative e produttive gli orientamenti di sviluppo economico e dell’occupabilità regionali.

77 In particolare tenendo conto del primato negativo detenuto dalla Sicilia per abbandono al primo anno scolastico delle superiori, che nel 2003 ha registrato il 16% di casi (sul totale degli iscritti) a fronte del 14% del Mezzogiorno e del 12,4% dell’Italia in generale.

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In senso opposto appare l’orientamento della Regione Puglia, in cui pur permanendo una forte attenzione allo sviluppo del capitale umano nella ricerca e nell’innovazione (anche in virtù del progressivo riconoscimento di distretti produttivi innovativi nella regione), rivestono particolare rilevanza gli investimenti nelle misure volte ad aumentare la partecipazione all’istruzione e alla formazione permanente (Cat. 73) e all’attuazione di misure attive e preventive sul mercato del lavoro (Cat. 66). Rientra in quest’ultima categoria una pluralità di azioni: dalla formazione mirata a categorie di lavoratori in difficoltà ad incentivi all’assunzione a tempo indeterminato, dall’incentivazione dell’occupazione ad alta qualificazione nelle imprese (la “valorizzazione dei talenti”) al sostegno di accordi tra le parti sociali finalizzati all’inserimento lavorativo, dall’attivazione di servizi integrati (accompagnamento, formazione, incentivi) ad azioni di sistema per una migliore conoscenza del mercato del lavoro pugliese. Tra le azioni volte a contrastare la dispersione scolastica e formativa vanno annoverate la promozione di strategie didattiche orientate a migliorare le competenze di base attraverso la valorizzazione delle potenzialità dei singoli, comprese le competenze informali e non formali, le azioni di socializzazione extra-scolastica finalizzate a migliorare il grado di attrattività della scuola e le sue relazioni con il territorio, l’attenzione a particolari segmenti di popolazione a rischio.

Le altre tre Regioni si collocano su posizioni intermedie tra quelle sopra descritte. Va notato un particolare impegno della Regione Calabria sulla Categoria 64 (Sviluppo di servizi specifici per l'occupazione, la formazione e il sostegno in connessione con la ristrutturazione dei settori e delle imprese, e sviluppo di sistemi di anticipazione dei cambiamenti economici e dei fabbisogni futuri in termini di occupazione e qualifiche) in cui, oltre a più tradizionali servizi di informazione formazione e orientamento per le imprese e i lavoratori, sono previste azioni più innovative, quali: la progettazione, la realizzazione e la valutazione di reti di imprese disponibili a partecipare a progetti di mobilità interaziendale o al reimpiego di lavoratori espulsi dai cicli produttivi a seguito di crisi aziendali; la realizzazione di servizi di tutoraggio e di accompagnamento alle aziende in crisi, anche attraverso l’utilizzo di “Temporary Manager”; la progettazione, realizzazione e valutazione di Piani di Formazione Aziendali per le nuove iniziative imprenditoriali previsti dai Piani di Sviluppo Aziendali (Business Plan) , con priorità agli spin off dalle università e dei centri di ricerca.

In termini generali, come si evince complessivamente dalle tabelle precedenti le risorse poste in campo sono ingenti per le regioni del’Obiettivo Convergenza, circa 1.946 Milioni di euro, che potenzialmente possono finanziarie la FC.

Con questi numeri il rischio concreto è che la formazione venga considerata area di business assistito, piuttosto che essere considerata quale leva di qualificazione del capitale umano per lo sviluppo endogeno e settoriale.

Il sostegno economico rimane, comunque, importantissimo in regioni in ritardo come quelle del Mezzogiorno ed in un periodo altrettanto delicato come quello che stiamo vivendo di entrata in recessione tecnica, in cui le politiche di saving spingono a tagliare i costi e principalmente quelli della formazione, che invece eleva la competitività delle imprese contribuendo all’uscita dalle crisi economiche. Proprio perché importante va seguito e valutato con strumenti che non si spingono solo sull’andamento delle aule ma arrivino ai destinatari finali delle misure di formazione: i discenti. Inoltre, in considerazione del periodo di crisi economica previsto nei prossimi mesi molte imprese, ricorrendo alla Cassa Integrazione Guadagni, potrebbero cogliere l’occasione per trasformare un punto di criticità in punto di forza, utilizzando tali periodi di sospensione per la riqualificazione del capitale umano.

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Altra questione da affrontare è la costruzione di un sistema integrato di livello regionale per la formazione continua78, che va avviato e consolidato in una fase in cui gli interventi in formazione si moltiplicheranno con il rischio boomerang di ingenerare sovrapposizioni di intervento e rendere le politiche non solo inefficaci ma, delle volte, anche deleterie.

Per scongiurare tale pericolo occorre un coinvolgimento degli stakeholder locali, attivo e non solo formale, e un forte raccordo tra i diversi livelli istituzionali verticali ed orizzontali, non solo nell’ambito delle politiche FSE ma nel più ampio ambito degli interventi per il Mezzogiorno.

78 Avviato in alcune regioni come la Campania.

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Capitolo 5

L’evoluzione del diritto alla formazione continua nella contrattazione

collettiva

5.1 Introduzione

Nel 2008 il confronto tra le Parti sociali è stato centrato, soprattutto, sulla riforma del sistema contrattuale vigente, definito dall’accordo del 23 luglio 1993. L’iniziativa è stata avviata da Cgil, Cisl e Uil, che hanno elaborato una piattaforma unitaria, nella quale si propone l’adozione di un sistema contrattuale unico per tutti i settori, pubblici e privati, che mantenga i due attuali livelli: nazionale e decentrato, razionalizzando il primo e ampliando e potenziando il secondo e che consenta la difesa del potere di acquisto per tutti i lavoratori. La proposta di Cgil, Cisl e Uil pone l’attenzione anche sul tema della formazione, riconoscendo nella formazione per l’accesso al lavoro, per la sicurezza sul lavoro e la professionalità, le priorità su cui intervenire, anche per contrastare la precarietà del lavoro. Particolare importanza è attribuita alla valorizzazione dell’esperienza della formazione continua e dei Fondi Paritetici Interprofessionali. La proposta sostiene, inoltre, la necessità di potenziare la capacità di contrattazione decentrata su alcuni temi specifici, tra i quali la valorizzazione della professionalità, attraverso la formazione permanente e la formazione su salute e sicurezza. Alla piattaforma presentata dal Sindacato ha fatto seguito una proposta della Confindustria e la successiva approvazione da parte della stessa Associazione datoriale, insieme a Cisl e Uil, di un documento di “Linee guida sulla riforma della struttura della contrattazione”, che accoglie alcune richieste contenute nella piattaforma presentata unitariamente dai Sindacati, mentre su alcuni punti qualificanti propone soluzioni diverse, che non sono state condivise dalla Cgil. Nelle Linee guida gli aspetti relativi alla promozione della formazione continua non sono esplicitamente trattati; il documento si occupa invece del tema più generale dei servizi per i lavoratori, affidandone la gestione a nuovi Fondi paritetici bilaterali, la cui individuazione e successivo sviluppo sono assegnati ai Contratti collettivi nazionali.

Il 2008 è stato caratterizzato anche dal rinnovo di un numero rilevante di Contratti collettivi nazionali, molti dei quali erano giunti a scadenza da diversi mesi. L’esame delle disposizioni contrattuali contenute negli Accordi79 di rinnovo e relative alla formazione dei lavoratori evidenzia

79 Sono stati esaminati i seguenti Accordi (o ipotesi di Accordi) di rinnovo dei CCNL sottoscritti tra gli ultimi mesi del 2007 e il 2008: Quadri direttivi e personale delle aree professionali dipendenti dalle imprese creditizie, finanziarie e strumentali (8 dicembre 2007); Imprese di assicurazione e personale dipendente non dirigente (17 settembre 2007); Addetti dell’industria privata gomma-plastica (4 luglio 2008); Addetti delle PMI gomma-plastica (5 marzo 2008); Addetti aziende Artigiane chimica, gomma, plastica e vetro (19 febbraio 2008); Addetti aziende artigiane ceramica, terracotta, gres e decorazione piastrelle (29 aprile 2008); Addetti industria metalmeccanica privata e dell’installazione d’impianti (20 gennaio 2008); Addetti piccola e media industria metalmeccanica e alla installazione d’impianti (25 gennaio 2008); Addetti aziende cooperative metalmeccaniche (20 febbraio 2008); Addetti aziende Artigiane metalmeccaniche e installazione d’impianti (27 febbraio 2008); Addetti industria tessile-abbigliamento (11 giugno 2008); Addetti aziende tessile- abbigliamento artigianato (10 gennaio 2008); Addetti lavanderie industriali (15 gennaio 2008); Addetti aziende che producono occhiali e articoli inerenti l’occhialeria (9 aprile 2008); Addetti imprese edili ed

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come la spinta alla promozione della formazione continua si sia concentrata in particolare sui seguenti aspetti:

1. potenziamento della bilateralità contrattuale, allo scopo di dotare le parti sociali sia di strumenti di indagine e di analisi condivise sulla situazione economica dei settori e delle imprese e sui loro fabbisogni di professionalità e di formazione, sia della capacità di promuovere, a livello nazionale e territoriale, tutte le iniziative suscettibili di favorire la realizzazione di interventi di qualificazione, riqualificazione e aggiornamento dei lavoratori;

2. introduzione o ampliamento di uno specifico monte ore di cui i lavoratori possono fruire per la partecipazione ad attività di formazione continua;

3. inserimento, nei sistemi rinnovati di classificazione del personale, di criteri di valutazione delle competenze e delle conoscenze dei lavoratori per le progressioni di carriera e la conseguente introduzione della leva formativa come strumento per sviluppare le competenze necessarie all’avanzamento professionale;

4. rafforzamento dei sistemi di prevenzione e di sicurezza, con particolare riguardo alla formazione per la sicurezza sul lavoro;

5. previsione, soprattutto nei settori in cui risulta elevata la presenza di lavoratori stranieri, di interventi di formazione rivolti a questi ultimi, con particolare riguardo alla lingua italiana e alla sicurezza sul lavoro.

Le pagine che seguono illustrano le principali novità introdotte su questi aspetti dagli Accordi di rinnovo dei CCNL sottoscritti dalle parti sociali nel settore privato80.

5.2 La formazione continua nella bilateralità contrattuale

E’ proseguita anche nel 2008 l’attività delle Parti sociali volta al potenziamento della bilateralità contrattuale. In diversi settori i Contratti collettivi nazionali hanno istituito o rafforzato gli organismi bilaterali, attribuendo ad essi nuovi o più ampi compiti anche in materia di promozione della formazione continua per i lavoratori. Le attività generalmente assegnate dai Contratti agli organismi bilaterali riguardano: l’analisi dei fabbisogni formativi; i rapporti con i Fondi Paritetici Interprofessionali e gli enti territoriali per la promozione di piani formativi; il monitoraggio della normativa in materia e delle politiche e gli interventi per la promozione della formazione continua; l’elaborazione di piani formativi e di altri interventi formativi, con un’attenzione specifica alle fasce più deboli dei lavoratori e alle esigenze di innovazione e di ristrutturazione/riconversione delle imprese.

Tra i diversi Contratti che prevedono il potenziamento della bilateralità contrattuale, anche in funzione della promozione della formazione continua, si possono citare il CCNL per l’industria

affini (18 giugno 2008); addetti delle PMI edili ed affini (1 luglio 2008); Addetti imprese edili cooperative e affini (24 giugno 2008); Addetti aziende esercenti la produzione del cemento, calce e derivati, gesso e manufatti, malte e materiali base per le costruzioni, produzione promiscua di cemento, calce, gesso e malte (19 febbraio 2008); Addetti aziende esercenti l’attività di escavazione e lavorazione dei materiali lapidei (17 aprile 2008); Addetti aziende operanti nei settori legno, sughero, mobile, arredamento e boschivi forestali (28 maggio 2008); Ipotesi Accordo separato CCNL Addetti aziende del terziario, distribuzione e servizi (18 luglio 2008); Addetti imprese della distribuzione cooperativa (25 luglio 2008); Addetti aziende del settore turismo (27 luglio 2007). 80 Sono stato presi in considerazione anche Accordi di rinnovo sottoscritti negli ultimi mesi del 2007 di cui non si era potuto tenere conto nel precedente Rapporto al Parlamento. Non sono invece presi in considerazione gli Accordi sottoscritti nel settore pubblico.

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metalmeccanica; i CCNL per le lavanderie industriali e le industrie del tessile-abbigliamento e il CCNL per le imprese edili.

La principale novità contenuta nel recente Accordo di rinnovo del Contratto per l’industria metalmeccanica in materia di bilateralità è l’abrogazione delle norme che istituivano l’Ente bilaterale nazionale di settore e la loro sostituzione con disposizioni che prevedono la creazione di un Organismo bilaterale nazionale, dotato di personalità giuridica autonoma rispetto alle parti e articolato in sezioni tematiche, di cui una dedicata alla formazione. La costituzione dell’Organismo bilaterale risponde all’esigenza di investire energie nella costituzione di una base di dati e di informazioni per definire efficaci iniziative di formazione, oltre che per promuovere le attività di analisi del mercato del lavoro, dell’andamento economico-produttivo dei settori e delle condizioni di lavoro. Infatti, l’Organismo, oltre ad elaborare annualmente un “Rapporto sull’industria metalmeccanica” (compito in precedenza attribuito all’Osservatorio nazionale), potrà realizzare specifiche iniziative di approfondimento, studio e ricerca su materie ed argomenti individuati di comune accordo tra le parti. Inoltre, sulla base delle decisioni assunte dalla Commissione paritetica nazionale per la formazione professionale e l’apprendistato81, l’Organismo bilaterale sarà l’interlocutore di Fondimpresa per quanto attiene ai progetti di settore per l’ambito metalmeccanico. L’Organismo bilaterale, infine, dovrebbe promuovere lo sviluppo e l’attività delle Commissioni paritetiche territoriali per la formazione professionale82, collaborando con queste ultime e su loro richiesta alla realizzazione di iniziative sperimentali sul territorio in materia di formazione. Su richiesta delle parti potranno essere promossi Organismi bilaterali a livello territoriale che opereranno in stretta collaborazione con l’Organismo bilaterale nazionale.

Il Contratto del 1999 per le lavanderie industriali ha previsto l’istituzione di un Ente bilaterale nazionale (EBLI), cui sono assegnate le seguenti funzioni: istituire e gestire l’Osservatorio nazionale del settore; promuovere studi e ricerche, con particolare riguardo all’analisi dei fabbisogni di formazione; promuovere, progettare e gestire iniziative in materia di formazione continua e di formazione e riqualificazione professionale. Si tratta di un Ente autonomo rispetto alle parti stipulanti il Contratto, dotato di terzietà operativa, che si finanzia, in base a quanto stabilisce il Contratto, con un contributo a carico sia delle aziende che dei lavoratori. L’ultimo accordo di rinnovo del CCNL per le lavanderie industriali istituisce presso l’EBLI lo “Sportello unico per l’azione formativa” allo scopo di informare, progettare e fornire linee guida finalizzate allo

81 La Commissione nazionale per la formazione professionale e l’apprendistato, prevista dal CCNL del 1994, si occupa di: monitorare la normativa vigente in materia di formazione professionale; individuare le specifiche esigenze formative del settore; promuovere presso i Ministeri competenti le iniziative idonee a sostenere le esigenze del settore; operare in collegamento con Fondimpresa affinché le normative e le procedure elaborate in materia di formazione siano coerenti con le esigenze del settore; individuare iniziative e strumenti diretti ad agevolare l’accesso alla formazione delle fasce deboli, dei lavoratori a tempo determinato e dei lavoratori coinvolti in processi di mobilità; predisporre linee guida di indirizzo e di orientamento alle Commissioni territoriali per la formazione; sviluppare congiuntamente iniziative formative coerenti con i fabbisogni del settore. 82 Le Commissioni territoriali si occupano di: monitorare la normativa vigente in materia di formazione; individuare le specifiche esigenze formative del settore; proporre interventi formativi finalizzati al soddisfacimento dei bisogni specifici della categoria; promuovere la sperimentazione di iniziative formative in materia ambientale e di sicurezza; promuovere attività di formazione a favore delle lavoratrici e dei lavoratori che rientrano al lavoro dopo un periodo di congedo e, d’intesa con le Commissioni per le pari opportunità, interventi a favore delle donne; promuovere la collaborazione tra organizzazioni di rappresentanza dei lavoratori e dei datori di lavoro e gli organi pubblici, al fine di favorire il reimpiego dei lavoratori in mobilità; proporre e favorire interventi formativi rivolti alle fasce deboli. Il CCNL prevede la costituzione di Commissioni per la formazione professionale anche nelle aziende che occupano più di 2.000 dipendenti con compiti di: verifica, a consuntivo, delle attività formative realizzate; valutazione della fattibilità di progetti di formazione continua in funzione delle esigenze aziendali; analisi dei fabbisogni formativi dei lavoratori.

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svolgimento di tutte le azioni formative del settore. Allo Sportello è inoltre affidato il compito di predisporre un catalogo unico delle azioni formative che offrirà alle parti, in sede aziendale e/o territoriale, indicazioni sull’azione formativa più appropriata da adottare per tipologia e contenuti tra quelle disponibili (formazione continua, salute e sicurezza, sviluppo professionale, ecc.).

Nelle trattative per il rinnovo dal Contratto tessile-abbigliamento-moda il Sindacato ha proposto, in analogia a quanto già previsto dal Contratto per le lavanderie industriali, di istituire un Ente bilaterale, dotato di autonomia operativa e finanziaria, che sostituisse l’Organismo bilaterale nazionale di categoria previsto dal Contratto del 2004. Quest’ultimo - che si attiva soltanto su richiesta di una delle parti stipulanti, cui spetta anche il finanziamento dell’attività richiesta – ha compiti di: studio e analisi su temi che interessano il settore e diffusione dei risultati; attivazione di rapporti con istituzioni e organismi (compreso Fondimpresa) preposti alla formazione dei lavoratori; promozione e progettazione di moduli formativi, anche a distanza e di progetti quadro per la formazione permanente; elaborazione di linee guida e promozione delle migliori pratiche formative; promozione di iniziative formative e attività di studio per sviluppare azioni positive a favore del personale femminile; ecc. La richiesta del Sindacato non ha trovato immediata attuazione nell’ultimo Accordo di rinnovo del CCNL tessile-abbigliamento-moda, nel quale tuttavia l’Associazione imprenditoriale di categoria ha espresso la propria disponibilità ad esaminare l’eventualità di costituire un Ente bilaterale con propria autonoma personalità giuridica, soprattutto in relazione alla possibilità di ottenere finanziamenti per la realizzazione di specifici progetti formativi. L’Associazione datoriale ha posto come condizione che l’istituzione di tale Ente sia strumentale all’attività dell’Osservatorio nazionale e dell’Organismo bilaterale e sia stabilita la compartecipazione delle parti ai costi di costituzione e di gestione.

Nell’Accordo di rinnovo del CCNL per le imprese edili, le Parti hanno concordato l’avvio di un percorso per rendere il sistema formativo nazionale paritetico di categoria coerente e funzionale ai seguenti obiettivi:

erogare servizi che forniscano un evidente e misurabile valore aggiunto per il settore;

strutturarsi in modo funzionale e rispondente alle esigenze degli utilizzatori (imprese e lavoratori);

avere un impatto strutturale e verificabile sul tessuto produttivo;

favorire l’occupazione qualificata e governare il mercato del lavoro.

Pertanto le parti hanno deciso di avviare un Progetto complessivo di riconversione del sistema Formedil83, la cui redazione è affidata al Consiglio di Amministrazione del Formedil, che dovrà provvedervi entro la fine del 2008. Il Piano sarà successivamente trasmesso alle parti sociali per la definitiva approvazione.

La stessa decisone di riorganizzazione del sistema degli enti bilaterali sarà adottata anche dalle associazioni sindacali e datoriali di categoria che hanno firmato gli Accordi di rinnovo dei CCNL per le PMI e le cooperative edili in occasione dell’effettivo riconoscimento della rappresentanza Aniem e della rappresentanza cooperativa in seno agli Organismi Formedil.

83 Il sistema formativo nazionale dell’industria delle costruzioni è regolato dall’art. 90 del CCNL per le imprese edili e si avvale di un organismo centrale, il Formedil nazionale, delle sue articolazioni regionali, Formedil regionali e di una rete di Scuole edili dislocate nei territori provinciali. Il Formedil nazionale ha il compito di promuovere, attuare e coordinare su scala nazionale le iniziative di formazione, qualificazione e riqualificazione professionale realizzate dalle Scuole edili.

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Inoltre negli Accordi di rinnovo dei CCNL per le imprese e le PMI edili, le parti hanno stabilito di:

riconoscere al Formedil e alle Scuole edili un ruolo attivo nella gestione e implementazione del sistema di incontro tra domanda e offerta di lavoro. A questo scopo sarà istituita una Commissione tecnica paritetica che dovrà presentare un progetto per l’implementazione di un sistema efficace di Borsa lavoro nell’edilizia;

riconoscere al Formedil un ruolo fondamentale per il rilancio dei piani formativi a livello nazionale, con l’obiettivo di garantire l’omogeneità dell’offerta formativa;

potenziare il ruolo svolto dai Formedil regionali, completandone la costituzione (attualmente degli 11 Formedil regionali previsti soltanto 3 sono operativi) e razionalizzandone l’attività, anche mediante l’individuazione di meccanismi certi di finanziamento e la previsione di un sistema di controllo dei bilanci;

assegnare alle Scuole edili nuovi compiti in materia di programmazione ed erogazione di interventi di formazione, soprattutto in materia di sicurezza e di aggiornamento. Gli interventi saranno rivolti sia ai dipendenti, sia agli imprenditori.

5.3 I dispostivi contrattuali per la promozione della Formazione Continua

Le principali novità in questo ambito sono contenute in alcuni accordi di rinnovo dei CCNL dei settori artigianato, assicurativo ed edile, nei quali si individua un monte ore che i lavoratori possono utilizzare per la partecipazione ad attività di formazione continua.

In particolare per quanto riguarda l’artigianato, gli Accordi di rinnovo hanno inserito un articolo che prevede un monte ore, pari a 20 ore annue (soltanto per le aziende metalmeccaniche artigiane le ore sono 25), per la partecipazione dei lavoratori di tutte le aziende ad attività di aggiornamento professionale. L’articolo stabilisce che una volta ogni tre anni il lavoratore potrà richiedere, concordandolo con il datore di lavoro, l’utilizzo delle ore previste per la partecipazione a corsi di formazione continua, la cui durata dovrà essere almeno doppia rispetto alle ore di permesso retribuito. Nel caso in cui la formazione sia svolta fuori orario di lavoro non sarà possibile prevedere oneri aggiuntivi per le imprese, mentre se l’intervento formativo viene finanziato con risorse pubbliche, la totalità delle ore di formazione è a carico dell’impresa. Le parti concordano nell’individuare in Fondartigianato lo strumento da utilizzare in via prioritaria per il finanziamento dei corsi di aggiornamento professionale.

L’ultimo Accordo di rinnovo del CCNL per le aziende di assicurazione individua, in aggiunta ad altre modalità di attuazione, un monte ore complessivo almeno pari a due ore annue (il precedente Accordo ne prevedeva una) per dipendente (ovvero un'aliquota di personale) da destinare a corsi di formazione. Una parte di questo monte ore deve essere destinato al personale interessato ai processi di mobilità. I corsi sono finalizzati sia a promuovere l’arricchimento professionale dei lavoratori e, in particolare, del personale femminile, per assicurare allo stesso pari opportunità di accesso alle diverse posizioni professionali, sia ad accompagnare i processi di mobilità, orizzontale e verticale. Possono infine essere organizzati corsi a carattere informativo volti a fornire una cultura assicurativa di base. L’Accordo stabilisce che i costi per la formazione siano a carico dell'Azienda, che i corsi siano svolti di norma durante l’orario di lavoro e che, salvo casi eccezionali, quelli organizzati dall'Azienda non possano essere effettuati fuori dall'orario di lavoro

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per più del 50% del tempo. Le imprese sono tenute a rilasciare ai dipendenti, al momento della risoluzione del rapporto di lavoro e su loro espressa richiesta, idonea documentazione che attesti la partecipazione ai corsi di formazione.

Negli Accordi di rinnovo dei CCNL per le imprese, le PMI, le cooperative edili e gli edili artigiani, le parti hanno concordato di sperimentare per due anni, dal 1° gennaio 2009, un nuovo servizio di sostegno e accompagnamento allo sviluppo professionale dei lavoratori. A questo scopo ciascun lavoratore al primo ingresso nel settore riceverà, prima dell’assunzione in impresa, una formazione di 16 ore, di cui 8 finalizzate a fornire competenze di base per i neo assunti84. L’impresa sarà tenuta ad effettuare la comunicazione di preassunzione alla locale Cassa edile con tre giorni di anticipo. La formazione si svolgerà presso la Scuola edile o direttamente in azienda su moduli formativi certificati dalla Scuola edile. Inoltre, entro la fine di settembre di ogni anno, i lavoratori interessati concorderanno con le Scuole edili territoriali un Progetto di Sviluppo Professionale, il quale prevede un servizio di accompagnamento e sostegno da parte delle Scuole edili e un minimo di 48 ore annuali di formazione da svolgere al di fuori dell’orario di lavoro. In una specifica dichiarazione a verbale contenuta negli Accordi di rinnovo, le parti si impegnano a realizzare, nell’ambito degli avvisi promossi dai Fondi Paritetici Interprofessionali di riferimento, nuove esperienze nel settore edile, al fine di garantire adeguati programmi di formazione per l’insieme dei lavoratori. Inoltre, sempre con riferimento alla formazione continua per i lavoratori del settore, i CCNL per le imprese e le PMI edili introducono la previsione di corsi di aggiornamento periodici specificatamente rivolti agli imprenditori edili.

Nell’articolo relativo al diritto allo studio del CCNL per il settore del cemento, le parti hanno previsto la possibilità, per i lavoratori che intendono frequentare corsi di formazione professionale correlati alle mansioni svolte, di ottenere permessi retribuiti commisurati ad un numero di ore pari alla metà del numero complessivo di ore del corso e in ogni caso non superiori a 80 ore complessive. Tali permessi, usufruibili anche in un solo anno, possono essere concessi per non più di una volta al singolo lavoratore. Può usufruire dei permessi retribuiti, compresi quelli per il diritto allo studio, il 3% dei lavoratori occupati nell’unità produttiva, ma non più di un lavoratore nelle aziende che occupino sino a 25 dipendenti.

Per quanto riguarda l’industria chimico-farmaceutica, nel novembre 2007 le parti firmatarie del CCNL hanno sottoscritto un accordo quadro per la realizzazione dei piani di formazione continua previsti dal Contratto del 2006. Questo ha introdotto un monte ore complessivo di 3 giornate - di cui 1,5 giornate di riposi dovuti ai lavoratori per le festività soppresse e lavorate e per riduzioni di orario di lavoro e 1,5 finanziate dalle imprese – da dedicare alla formazione continua dei lavoratori. Il Contratto ha stabilito inoltre che le iniziative formative possono essere definite in appositi piani di formazione, pianificati con cadenza annuale, da realizzare attraverso:

accordi tra le competenti strutture territoriali volti ad agevolare la realizzazione di azioni formative di interesse dei lavoratori e delle imprese, in particolare delle PMI;

azioni concordate a livello aziendale a seguito di rilevazioni sui fabbisogni formativi, effettuate dall’impresa insieme alla RSU, con l’eventuale assistenza delle rispettive strutture territoriali.

Nell’accordo quadro del novembre 2007 le parti hanno individuato gli obiettivi prioritari cui potranno fare riferimento le iniziative formative concordate a livello aziendale e territoriale, ferma

84 Le restanti 8 ore sono dedicate alla formazione obbligatoria per la sicurezza sul lavoro, come previsto dai Contratti in attuazione del D.lgs, 626/94 (si veda il par. 5 di questo capitolo).

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restando la possibilità di integrare o completare gli obiettivi alla luce della specifica situazione aziendale e territoriale. Le priorità individuate sono due:

migliorare i livelli di sicurezza e di salute sul lavoro e di tutela dell’ambiente (gli interventi in questo ambito devono essere aggiuntivi rispetto alle attività previste come obbligatorie dalla normativa vigente);

accrescere la partecipazione dei lavoratori al raggiungimento degli obiettivi aziendali, attraverso una migliore comprensione dei fattori che determinano lo sviluppo dell’impresa.

I costi per il finanziamento delle tre giornate di formazione (24 ore) sono da ripartire, come prevede il Contratto, in eguale misura tra datore di lavoro e lavoratori, salvo la possibilità di utilizzare i finanziamenti pubblici o le risorse provenienti da Fondimpresa.

Infine, si segnala che l’Accordo di rinnovo del Contratto tessile-abbigliamento-moda, pur non modificando l’articolo 66 sulla formazione continua previsto nel Contratto del 2004 (che stabilisce la quantità e le modalità di fruizione dei permessi retribuiti riconosciuti ai lavoratori per la frequenza di corsi di formazione continua85), contiene una dichiarazione a verbale che impegna le parti a promuovere, nell’ambito dell’Organismo bilaterale nazionale, una migliore conciliazione tra l’esigenza di estendere le iniziative formative ad una platea sempre più ampia di lavoratori e quella di garantire la continuità dei processi produttivi delle aziende, soprattutto piccole e medie. A questo scopo spetta alle parti definire modelli di organizzazione delle modalità di erogazione della formazione che prevedano forme di compartecipazione di aziende e lavoratori ai costi della formazione.

5.4 La valutazione delle competenze per la progressione di carriera

Nel settore tessile-abbigliamento-moda sono state introdotte nei Contratti nazionali, o sono in fase di studio, importanti modifiche ai sistemi di inquadramento professionale, che inseriscono le competenze dei lavoratori tra gli aspetti di cui tenere conto nella valutazione sugli avanzamenti di carriera. In particolare, l’ultimo Accordo di rinnovo del Contratto per le lavanderie industriali ha definito un nuovo sistema classificatorio, che sostituisce l’inquadramento unico e si articola in aree professionali, moduli di area e profili professionali86. La classificazione dei lavoratori nelle aree viene effettuata non soltanto in base ai profili, ma anche in relazione alle competenze professionali87. In sostanza il nuovo sistema valuta le professionalità sulla base non soltanto delle mansioni svolte, ma anche del ruolo del lavoratore, tenuto conto dei seguenti requisiti: conoscenza, abilità, comportamenti organizzativi, polivalenza. Per ogni lavoratore all’atto dell’assunzione (sia a tempo indeterminato che determinato) viene predisposta una scheda-tipo, che contiene, nella prima parte, i dati anagrafici del lavoratore, la posizione lavorativa attribuitagli, con l’area e il modulo di primo inserimento, la descrizione dei requisiti richiesti (conoscenza, abilità, comportamenti 85 I permessi retribuiti sono riconosciuti ai lavoratori che frequentano corsi di formazione correlati all’attività dell’azienda, o previsti in piani formativi ai quali l’azienda partecipa. I permessi possono essere richiesti per un massimo di 150 ore “pro capite” per un triennio, utilizzabili anche in un solo anno, sempre che il corso abbia una durata doppia rispetto al numero di ore richieste come permesso retribuito. Non possono assentarsi contemporaneamente più del 2% dei dipendenti. 86 Le aree professionali sono 4: operativa, qualificata, tecnica e gestionale, direttiva e gestionale. In ciascuna area sono compresi tre moduli: base, centrato, consolidato, tranne nella quarta che comprende soltanto il modulo centrato. I profili professionali, che nel precedente sistema erano cento, saranno ricondotti a 49 figure. 87 Per competenza si intende la capacità, la preparazione e l’esperienza necessarie per compiere una data attività lavorativa, basata sui comportamenti organizzativi, sulla conoscenza e sull’abilità.

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organizzativi, polivalenza) per ricoprire quel ruolo e la descrizione dei percorsi di sviluppo professionale che lo riguardano, con particolare riferimento alle azioni formative opportunamente predisposte. Nella seconda parte della scheda è riportata la valutazione dell’esito della formazione e/o dei percorsi di sviluppo professionale che hanno coinvolto il lavoratore. Il nuovo sistema di inquadramento consente al lavoratore di partecipare a specifici percorsi formativi che sono valutati ai fini dell’evoluzione di carriera, sia orizzontale che verticale. All’inizio di ogni anno, infatti, si svolgono a livello aziendale degli incontri tra la RSU e i rappresentanti dell’impresa per definire i fabbisogni formativi dei lavoratori e stabilire chi necessita di partecipare a percorsi formativi. La scelta del percorso è effettuata sulla base del catalogo unico delle azioni formative, predisposto dallo Sportello unico per l’azione formativa istituito presso Ente bilaterale di settore (EBLI). Il catalogo specifica il numero di ore di formazione teorica che sono necessarie per sviluppare le competenze richieste e i tempi entro i quali tale sviluppo deve avvenire. Per i profili più bassi la formazione è realizzata in affiancamento. Per gli altri profili la decisione di effettuare l’attività di formazione fuori o dentro l’orario di lavoro è demandata al negoziato tra azienda ed RSU. A conclusione dell’attività formativa l’azienda con parere motivato valuta le competenze acquisite, entro e non oltre tre mesi dalla conclusione del percorso formativo e decide l’inserimento del lavoratore nel modulo/area. La valutazione dell’azienda è oggetto di verifica da parte della RSU che potrà, in caso di disaccordo, aprire un contenzioso con l’azienda. L’RSU inoltre ha il compito di verificare e proporre l’avanzamento professionale dei singoli lavoratori. Il nuovo sistema classificatorio andrà a regime dal 1° luglio 2009 e la sua attuazione sarà seguita e monitorata, a livello nazionale, da una Commissione paritetica e, a livello aziendale, da appositi confronti tra aziende ed RSU, con il supporto delle strutture territoriali.

L’ultimo Accordo di rinnovo del CCNL dell’industria tessile-abbigliamento, pur confermando il sistema di classificazione del personale, riconosce che i cambiamenti organizzativi e tecnologici influiscono sulle prestazioni dei lavoratori e rendono sempre più importante l’apporto individuale all’attività lavorativa. Pertanto, le parti convengono sull’utilità di verificare l’eventuale necessità di un aggiornamento dell’attuale sistema di inquadramento. A questo scopo il Contratto prevede l’istituzione di una Commissione tecnica paritetica che, dopo avere analizzato i cambiamenti organizzativi e tecnologici sull’organizzazione del lavoro, proporrà alle parti l’adozione di nuovi criteri per il riconoscimento delle professionalità e la valorizzazione delle competenze richieste dall’azienda ai lavoratori e acquisite anche tramite idonei percorsi formativi. Le conclusioni condivise dei lavori della Commissione tecnica saranno proposte alle parti per essere applicate in sede di rinnovo della parte economica del Contratto Nazionale.

Anche il recente Accordo di rinnovo del Contratto per il settore di produzione degli articoli ottici prevede l’istituzione di una Commissione paritetica nazionale che dovrà revisionare il sistema di classificazione del personale, articolandolo in aree professionali con diversi contenuti professionali e retributivi. L’Accordo stabilisce che nel sistema di inquadramento riformato siano introdotti nuovi criteri, tra i quali la competenza richiesta dall’azienda e acquisita dal lavoratore e la partecipazione dei lavoratori a specifiche iniziative formative. Si prevede che la Commissione incaricata della revisione del sistema di classificazione debba concludere il lavoro entro il 30 giugno 2009, mentre il nuovo sistema classificatorio troverà applicazione a partire dal 1°gennaio 2010.

Nel sistema di inquadramento professionale previsto dal Contratto collettivo nazionale per i dipendenti delle imprese di assicurazione concorrono alla formazione del giudizio professionale complessivo dei lavoratori, anche ai fini dell’avanzamento di carriera:

la valutazione dei precedenti professionali;

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la valutazione del ruolo professionale, delle attitudini, delle competenze e delle responsabilità;

la partecipazione ai corsi di aggiornamento e di qualificazione professionale.

Il Contratto assegna alle aziende il compito di fornire agli organismi sindacali aziendali informazioni sui principi generali utilizzati per gestire i processi di mobilità, con particolare riferimento all'utilizzo della formazione professionale, nonché per determinare gli eventuali avanzamenti professionali.

Nella piattaforma per il rinnovo del CCNL delle industrie metalmeccaniche, il sindacato aveva avanzato una serie di proposte per la riforma del sistema di inquadramento dei lavoratori. Nell’Accordo di rinnovo è stata accolta la richiesta di unificare le discipline normative relative ai lavoratori con qualifica di operaio, intermedio, impiegato; la cosiddetta “parificazione operai impiegati” è considerata dalle parti propedeutica alla riforma complessiva del sistema di inquadramento professionale. Questa, secondo quanto stabilisce l’Accordo di rinnovo, sarà invece oggetto di un negoziato tra le parti da sviluppare nel biennio 2008-2009. Nell’ambito del confronto le parti si impegnano a considerare, per la valutazione della prestazione lavorativa, le competenze professionali di specializzazione, nonché le capacità personali di tipo trasversale, utilizzando a questo scopo i criteri di valutazione proposti da Fiom, Fim e Uilm. Il termine per la conclusione del confronto fra le parti finalizzato alla definizione del nuovo sistema di inquadramento professionale è fissato per la fine di febbraio 2009. Le indicazioni contenute nell’Accordo di rinnovo per l’industria metalmeccanica relativamente alla riforma del sistema di inquadramento si ritrovano anche nei CCNL per le PMI e le Cooperative metalmeccaniche.

Anche nel settore energia-petrolio sono state introdotte delle novità nella gestione del sistema di classificazione del personale previsto dal CCNL del 2002 e denominato C.R.E.A. Questo sistema pone l’accento sull’apporto professionale di ciascun lavoratore, valutato attraverso una griglia che prende in considerazione quattro fattori, di cui due oggettivi: complessità (esaminata in relazione alle difficoltà di esecuzione; alla gestione operativa e al contesto organizzativo) e responsabilità (per la quale si tiene conto dei seguenti aspetti: sicurezza persone/impianti; qualità ed esattezza dell’esecuzione; tempestività dell’esecuzione) e due fattori soggettivi: esperienza (gli aspetti considerati sono i seguenti: utilizzo di tecniche e procedure; capacità di adeguamento/adattamento; integrazione nei gruppi di lavoro; padronanza delle modalità operative) e autonomia (valutata sulla base dell’accuratezza dell’esecuzione; dell’orientamento al compito e della tempestività delle azioni). Il sistema è cogestito a livello aziendale tra responsabile delle risorse umane e RSU. Le attività di apprezzamento, svolte dal supervisore e dal lavoratore interessato, avvengono in occasione di rilevanti cambiamenti nell’organizzazione del lavoro, della produzione e dell’apporto individuale. Il lavoratore può chiedere l’apprezzamento del proprio apporto professionale ogni due anni. L’esito dell’apprezzamento ha un effetto diretto sulla retribuzione e consente di progettare iniziative formative volte a migliorare le competenze dei lavoratori. Nell’accordo di rinnovo del CCNL energia-petrolio sottoscritto nel 2006, le parti hanno confermato la validità dell’approccio adottato nel 2002 e hanno convenuto sulla necessità di proseguire verso l’ulteriore valorizzazione dell’apprezzamento del contributo specifico del lavoratore, anche attraverso l’integrazione sistematica tra esperienza lavorativa e piani formativi. A questo scopo le parti hanno previsto l’istituzione di una Commissione paritetica che consenta di superare le difficoltà nella conciliazione tra il vecchio sistema dell’aggancio automatico e le innovazioni introdotte con il metodo C.R.E.A. I componenti la Commissione paritetica hanno sottoscritto, nel luglio 2007, un Protocollo di relazioni industriali sulla valutazione della professionalità, nel quale le parti hanno stabilito:

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di dedicare, nell’ambito dell’incontro annuale dell’Osservatorio nazionale di settore previsto dal CCNL, una sessione specifica all’andamento applicativo del sistema classificatorio;

di dedicare, nell’ambito degli incontri annuali tra le aziende capogruppo e/o le loro aree di business e le organizzazioni sindacali nazionali e territoriali di categoria, una sessione specifica, all’andamento del sistema classificatorio;

di svolgere a livello territoriale incontri annuali in cui le aziende forniscano alle organizzazioni sindacali territoriali e alle RSU riferimenti quali/quantitativi sul personale delle singole unità produttive.

Il Protocollo prevede inoltre la promozione di iniziative formative e informative sul funzionamento del sistema di inquadramento professionale, rivolte al personale neo assunto, ai responsabili di linea e alle rappresentanze sindacali dei lavoratori, a livello territoriale e locale.

5.5 La formazione dei lavoratori per la sicurezza sul lavoro

Molti degli Accordi di rinnovo esaminati ed, in particolare, quelli relativi ai settori chimico, metalmeccanico e dell’edilizia hanno introdotto delle disposizioni finalizzate a rafforzare i sistemi di sicurezza e di prevenzione degli infortuni sui luoghi di lavoro e di tutela della salute dei lavoratori. Questo obiettivo viene perseguito attraverso l’attribuzione agli organismi paritetici bilaterali del compito di promuovere iniziative di informazione e di formazione finalizzate a diffondere la cultura della sicurezza e della prevenzione e/o mediante la previsione di una formazione aggiuntiva a quella stabilita per legge rivolta a tutti i lavoratori o esclusivamente ai rappresentanti per la sicurezza.

L’ipotesi di accordo del CCNL per gli addetti all’industria della gomma-plastica prevede l’istituzione di una specifica sezione dell’Osservatorio nazionale dedicata alla sicurezza sul lavoro e all’ambiente, alla quale è assegnato anche il compito di elaborare linee guida per:

la formazione di base e l’aggiornamento dei Rappresentanti dei Lavoratori per la Sicurezza e l’Ambiente (RLSA);

la formazione dei lavoratori per i quali la legge prevede una quota di formazione sui temi della sicurezza (apprendisti e contratti di inserimento).

Anche l’ipotesi di accordo di rinnovo del CCNL per gli addetti all’industria metalmeccanica prevede che una specifica area tematica dell’Osservatorio nazionale sia dedicata ai temi della prevenzione degli infortuni e della sicurezza sul lavoro. In particolare all’Osservatorio è attribuito il compito di monitorare e analizzare l’andamento e le tipologie di infortuni sul lavoro, al fine di raccogliere i dati e le informazioni necessarie a promuovere progetti ed iniziative volte a diffondere la cultura della sicurezza e della prevenzione sull’intero territorio nazionale. A livello territoriale il citato Contratto aveva già assegnato alle Commissioni paritetiche per la formazione il compito di favorire la realizzazione di interventi formativi sperimentali in materia ambientale e sulla sicurezza. L’art. 27 del CCNL specificatamente dedicato all’ambiente di lavoro, igiene e sicurezza aveva già previsto l’obbligo a carico del datore di lavoro di: organizzare in modo efficace il servizio di prevenzione e protezione; effettuare la valutazione di rischio e informare e formare i lavoratori sui rischi specifici cui sono esposti. In relazione a quest’ultimo aspetto si chiedeva in particolare al datore di lavoro di provvedere affinché:

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i lavoratori incaricati dell’attività di prevenzione dei rischi e della gestione delle emergenze fossero adeguatamente formati, consultando, in merito all’organizzazione della formazione, il Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza (RLS);

ciascun lavoratore in occasione dell’assunzione, del trasferimento, del cambiamento di mansione o dell’introduzione di nuove attrezzature di lavoro o di nuove tecnologie, sostanze o preparati pericolosi ricevesse una formazione adeguata in materia di sicurezza e salute. La formazione doveva essere periodicamente ripetuta in relazione all’evoluzione dei rischi o all’emergenza di nuovi rischi.

L’ipotesi di Accordo di rinnovo del CCNL per gli addetti all’industria metalmeccanica sottoscritta nel 2008, oltre a riproporre i citati obblighi a carico del datore di lavoro, prevede che le parti in sede aziendale, ovvero gli Organismi Paritetici territoriali possano concordare per gli RLS progetti formativi di durata superiore a quella stabilita dalla normativa vigente; la stessa Ipotesi amplia inoltre i doveri del datore di lavoro cui spetta l’informazione periodica dei lavoratori, sentiti gli RLS, sui temi della salute e della sicurezza, con particolare riferimento alle tipologie di infortunio ricorrenti e alle misure di prevenzione previste, nonché alle problematiche emerse negli incontri periodici con gli RLS.

Nel settore edile, gli Accordi di rinnovo del 2008 hanno previsto il rafforzamento del sistema della sicurezza in edilizia, e, in particolare, degli organismi bilaterali per la prevenzione degli infortuni, l'igiene e l'ambiente di lavoro e della formazione per la sicurezza sul lavoro. In particolare i rinnovi dei CCNL per i lavoratori dipendenti delle imprese e delle PMI edili hanno introdotto l’obbligo di partecipazione per gli operai, prima della loro assunzione, ad un corso di formazione di 16 ore complessive, di cui 8 ore finalizzate allo sviluppo delle competenze di base necessarie ad esercitare l’attività lavorativa nel settore edile, a cui si aggiungono 8 ore di formazione sui temi della prevenzione dagli infortuni e della sicurezza sul lavoro. Negli stessi Accordi le parti sociali hanno convenuto sulla necessita di istituire per i neo imprenditori corsi di formazione in materia di sicurezza. Finalità e funzionamento del sistema formativo per gli imprenditori saranno definiti da un’apposita Commissione, che dovrà anche studiare eventuali misure premiali per le imprese che partecipano a questi corsi. Infine, i citati Accordi di rinnovo stabiliscono di potenziare il ruolo della Commissione nazionale per la prevenzione infortuni, l'igiene e l'ambiente di lavoro (CNCPT) e di rendere pienamente operativi i suoi Comitati paritetici territoriali (CPT). In particolare alla Commissione nazionale sono affidate funzioni di indirizzo, controllo e coordinamento dei Comitati paritetici territoriali e di interrelazione con gli altri Organismi nazionali competenti in materia di sicurezza e prevenzione.

L’Accordo di rinnovo del CCNL per i dipendenti da aziende esercenti l’attività di escavazione e lavorazione dei materiali lapidei prevede che le parti possano decidere la costituzione di Comitati Paritetici Provinciali, cui affidare i seguenti compiti:

orientamento e promozione di attività formative per i lavoratori;

verifica dei fabbisogni di formazione nei territori, in relazione all’attuazione della normativa su prevenzione e sicurezza sul lavoro, e comunicazione ai soggetti interessati;

promozione di interventi di informazione e di formazione in materia di salute e sicurezza sul lavoro;

promozione della formazione dei responsabili per la sicurezza, attraverso la predisposizione di specifici moduli formativi;

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elaborazione di progetti di formazione in materia di salute e di sicurezza sul lavoro, sulla base delle linee articolate dal Comitato paritetico nazionale, e realizzazione degli stessi progetti, anche in collaborazione con le Regioni e con altri Enti territoriali, adoperandosi altresì per il reperimento delle necessarie risorse finanziarie pubbliche, anche a livello comunitario.

5.6 La formazione dei lavoratori stranieri

Negli Accordi di rinnovo dei CCNL esaminati si prevede di sviluppare la formazione dei lavoratori stranieri, soprattutto attraverso l’attivazione di corsi finalizzati alla conoscenza della lingua italiana, e la promozione di utilizzo di permessi ai lavoratori per il conseguimento di titoli di studio legalmente riconosciuti.

L’ipotesi di accordo per il rinnovo del CCNL per gli addetti all’industria della gomma plastica attribuisce all’Organismo bilaterale nazionale per la formazione il compito di valutare le problematiche riguardanti la formazione professionale in relazione all’inserimento lavorativo di stranieri. Inoltre, le aziende sono chiamate a favorire la partecipazione dei lavoratori stranieri a corsi di lingua italiana per migliorare l’integrazione e la prevenzione antinfortunistica.

Il rinnovo del CCNL per gli addetti alle aziende cooperative metalmeccaniche e l’ipotesi di accordo del CCNL per l’industria metalmeccanica privata e della installazione di impianti stabiliscono il diritto dei lavoratori stranieri alla frequenza di corsi di lingua italiana, attraverso un ammontare totale di permessi retribuiti, comprensivo delle prove di esame, di 250 ore in tre anni.

Negli Accordi di rinnovo dei CCNL terziario distribuzione servizi turismo le parti, prendono atto del crescente rilievo nel settore assunto dall’occupazione dei cittadini stranieri e concordano di promuovere per questi lavoratori, anche attraverso attività di studio e di ricerca, iniziative, a livello nazionale, territoriale e aziendale, finalizzate all’integrazione, alle pari opportunità e alla formazione. A tale proposito gli Accordi prevedono che i lavoratori possano usufruire delle 150 ore di permesso retribuito per la partecipazione a corsi di studio compresi nell'ordinamento scolastico, svolti presso istituti pubblici, nonché a corsi regolari di studio per il conseguimento del diploma di scuola secondaria superiore, di diplomi universitari o di laurea e di master universitari promossi da università pubbliche o private legalmente riconosciute.

Gli Accordi di rinnovo dei CCNL per le imprese e le PMI edili assegnano un ruolo attivo al Formedil e alle Scuole edili per la formazione dei lavoratori migranti. In particolare è assegnato al Formedil il compito di affrontare i problemi connessi alle differenze linguistiche e culturali e all’integrazione socio-lavorativa degli stranieri attraverso:

la razionalizzazione e lo sviluppo della formazione preventiva nei paesi di origine dei lavoratori migranti;

la realizzazione di corsi di lingua italiana e di formazione specifica presso Enti pubblici o Scuole edili;

l’attuazione di programmi interculturali di formazione finalizzati a migliorare la comunicazione tra le varie etnie e il funzionamento dei cantieri.

Inoltre, al Formedil e alle Scuole edili è attribuito un ruolo attivo anche nello sviluppo del sistema della Borsa Lavoro nell’edilizia. Infatti, gli Accordi di rinnovo dei CCNL per le imprese e le PMI edili prevedono l’istituzione di una Commissione tecnica paritetica con il compito di avanzare suggerimenti per l’istituzione di un sistema efficace di incontro tra domanda e offerta di

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lavoro. Il sistema proposto dovrà prevedere una banca del lavoro informatizzata presso ciascuna Scuola edile, collegata alla Borsa lavoro, a cui fare affluire i curricula dei lavoratori e le offerte di lavoro delle imprese. Il sistema, oltre a fornire assistenza alle imprese per la rilevazione dei bisogni formativi e occupazionali, a favorire l’orientamento della richiesta e dell’offerta di lavoro e ad attivare le misure per la certificazione dei crediti formativi, sarà finalizzato a promuovere gli accordi ministeriali per attivare la formazione all’estero e il collocamento dei lavoratori stranieri nel settore edile.

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Capitolo 6

I segmenti specifici

6.1 La formazione dei dipendenti della Pubblica Amministrazione

L’indagine per l’11° Rapporto sulla Formazione nella Pubblica Amministrazione ha preso in considerazione nel corso del 2008 i dati forniti da 647 Amministrazioni con un totale di circa 880.000 dipendenti. Il Rapporto annuale fornisce un quadro complessivo della formazione nelle Amministrazioni pubbliche nel 2007, analizzando le attività svolte, il livello di partecipazione, le tematiche oggetto della formazione, le modalità di erogazione adottate, l’impatto della formazione sull’innovazione organizzativa. La Scuola Superiore della Pubblica Amministrazione realizza il Rapporto coordinando i contributi relativi ai diversi livelli di Governo e ai diversi comparti: rileva ed analizza direttamente la formazione nella Amministrazioni centrali – Presidenza del Consiglio, Ministeri, comparto Sicurezza, Organi dello Stato, Autorità ed Enti pubblici. Il Gruppo tecnico delle Regioni raccoglie ed elabora i dati delle Regioni e delle Province autonome. Il Formez conduce un’indagine sull’attività formativa svolta nell’anno 2007 dalle Amministrazioni provinciali e dalle Amministrazioni comunali con più di 10.000 abitanti: quest’anno hanno partecipato all’indagine 87 Province e 332 Comuni. Per il comparto Università la CRUI (Conferenza dei Rettori delle Università Italiane) rileva ed analizza un campione di 60 Atenei. L’Istituto Guglielmo Tagliacarne rileva le attività delle Camere di commercio.

L’Osservatorio ha costituito dal 2001 una banca dati delle attività formative realizzate nelle Amministrazioni centrali in questi anni, con oltre 35.000 schede, che includono titolo del corso, partecipazioni per livello di inquadramento e genere, area tematica, durata, metodologia adottata; la banca dati è consultabile tramite interfaccia web, e consente di integrare le analisi pubblicate nel Rapporto attraverso approfondimenti diacronici.

Complessivamente l’indagine ha rilevato 48.000 eventi formativi, con un totale di più di 530.000 partecipanti.

Nel complesso della Pubblica Amministrazione l’investimento per la formazione rimane sostanzialmente stabile rispetto allo scorso anno, seppure ancora al di sotto dell’1% della massa salariale, indicato dal 2001 come obiettivo di spesa per la formazione.

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Figura 6.1 – Andamento della percentuale dell’investimento su massa salariale 2000-2007

Nota: Università - 29 Atenei nel 2000, 41 nel 2001, 48 nel 2002, 59 nel 2003, 64 nel 2004, 63 nel 2005, 57 nel 2006, 58 nel 2007 Nota: Comuni - 92 nel 2000, 118 nel 2001, 223 nel 2002, 160 nel 2003, 284 nel 2004, 244 nel 2005 e 240 nel 2006, 289 nel 2007 Nota: Province - 53 nel 2000, 57 nel 2001, 65 nel 2002, 59 nel 2003, 81 nel 2004, 76 nel 2005 e 62 nel 2006, 84 nel 2007 Fonte: 11° Rapporto sulla Formazione nella Pubblica Amministrazione

Il livello dell’1% viene raggiunto da alcuni comparti (Camere di commercio, Enti pubblici ed Autorità), ma anche da numerose Amministrazioni nei diversi comparti.

Tabella 6.1 - Investimento in formazione (valori in Euro)

Comparto Totale dipendenti Massa salariale Investimento

in formazione

Investimento su massa

salariale%

Investimento pro capite

PCM e Ministeri 272.675 10.692.487.466 91.714.349 0,86 336,35 Sicurezza 164.237 7.291.078.641 41.235.928 0,57 251,08 Organi dello Stato 4.461 194.054.237 1.630.960 0,84 365,60 Autorità 2.072 180.598.862 2.882.984 1,60 1.391,40 Enti pubblici 65.815 3.710.937.383 43.304.981 1,17 657,98 Università 59.496 1.962.769.565 12.943.970 0,66 217,56 Camere di commercio 7.716 290.220.681 5.097.572 1,76 660,62 Regioni 85.987 4.094.194.000 37.706.000 0,92 438,51 Province 46.719 1.136.080.000 8.933.000 0,79 191,21 Comuni 140.284 3.715.835.000 18.428.000 0,50 131,36 Nota: Elaborazioni su 84 Province, 289 Comuni e 58 Atenei Fonte: 11° Rapporto sulla Formazione nella Pubblica Amministrazione

Il livello di spesa appare consolidato negli ultimi due/tre anni e permette alla formazione di svolgere un ruolo istituzionale. Infatti tutte le Amministrazioni che hanno partecipato all’indagine realizzano attività di formazione, inclusi i Comuni di più piccole dimensioni che spesso le realizzano in forma associata.

Hanno partecipato alle attività di formazione nelle Pubbliche Amministrazioni nel corso del 2007 circa 49 dipendenti su 100.

0

1

2

3

PCM e Ministeri

Sicurezza Organi dello Statoo

Autorità Enti pubblici Università Camere di

commercioRegioni Province Comuni

Andamento della percentuale dell'investimento su massa salariale 2000-2007

2000

2001

2002

2003

2004

2005

2006

2007

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Rapporto 2008 sulla formazione continua

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Tabella 6.2 - Corsi e ore di formazione erogate e fruite

Comparto Totale corsi

Totale edizioni

Totale ore erogate

Totale partecipazioni

Totale ore fruite

Ore fruite per partecipazione

(notazione decimale)

PCM e Ministeri 2.132 6.996 216.668 143.533 4.594.677 32,0 Sicurezza 186 1.112 81.258 22.808 2.689.105 117,9 Organi dello Stato 97 170 4.390 2.740 57.242 20,9 Autorità 260 476 11.304 4.246 87.748 20,7 Enti pubblici 3.446 8.020 152.182 80.642 1.262.735 15,7 Università 3.607 4.676 117.682 49.518 1.180.081 23,8 Camere di commercio 2.288 2.288 26.753 11.418 152.013 13,3 Regioni 1.714 5.017 120.701 77.248 1.778.809 23,0 Province (non disp) 4.679 99.744 37.228 793.603 21,3 Comuni (non disp) 14.729 301.116 101.752 2.063.659 20,3 Totali 13.730 48.163 1.131.798 531.133 14.659.673 27,6

Fonte: 11° Rapporto sulla Formazione nella Pubblica Amministrazione

Il volume delle attività realizzate si riduce rispetto al 2006, in modo anche rilevante: le ore erogate diminuiscono di quasi il 17% nell’insieme dei comparti a rilevazione censuaria. Se si considera il numero di ore erogate pro capite, e si estende il confronto anche ad Enti locali e Università, si notano due eccezioni: il volume delle attività svolte è aumentato nei Comuni e negli Organi dello Stato.

Per quanto riguarda le partecipazioni, esse risultano aumentate nelle Province, nei Comuni e nelle Università, mentre sono diminuite in tutti gli altri comparti, rispetto al 2006 e al 2005. Anche le ore di formazione fruite per partecipante sono aumentate solo negli Organi dello Stato e nelle Università e diminuite in tutti gli altri comparti. In alcuni comparti importanti, le partecipazioni sembrano focalizzarsi maggiormente che in passato sulle figure operative, più che su quelle dirigenziali.

Il numero di corsi complessivamente proposti è in lieve flessione (intorno al 4%) nei comparti a rilevazione censuaria.

Il comparto Università mostra un andamento in crescita in tutti i parametri di realizzazione, spesso in controtendenza rispetto agli altri comparti di valori superiori al tasso di inflazione.

Diversamente da quel che era avvenuto l’anno scorso, i costi unitari delle attività formative sono aumentati nel 2007 rispetto agli anni precedenti.

Per quanto riguarda le tematiche, sono aumentati i corsi e le partecipazioni ad attività formative relative all’ICT ed alle tematiche tecnico-specialistiche, proprie di ciascuna Amministrazione; si riduce l’investimento sui temi giuridico-normativi, gestionali ed internazionali.

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Rapporto 2008 sulla formazione continua

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Tabella 6.3 - Partecipazioni per aree tematiche (valori %)

Area Tematica

PCM e Ministe

ri Sicurezz

a

Organi dello Stato

Autorità

Enti pubblic

i Universi

Camere di

commercio Regioni

Province

Comuni

Giuridico-normativa generale

15,3 4,0

31,3

21,6

12,2 26,7 22,7

18,7

23,9

21,8

Organizzazione e personale 5,9 8,8 8,9 0,6 7,8 7,4 12,8

16,5 9,0 7,3

Manageriale 2,2 0,3 0,0 3,2 3,0 3,6 2,2 3,3 2,4 2,8Comunicazione 2,2 0,5 3,9 0,4 3,3 5,5 6,4 5,8 8,5 5,8Economico-finanziaria

12,2 0,4

24,3

20,5 4,4 12,1 13,9 7,6 6,6 5,8

Controlli di gestione 0,1 0,0 6,7 0,0 1,3 1,2 2,1 1,6 0,7 1,0Informatica e telematica

33,1 9,2

22,8

13,1

11,4 22,0 15,2

22,0

17,9

16,9

Linguistica 1,8 0,7 0,3 11,

3 1,3 5,5 0,6 5,9 3,3 1,6Multidisciplinare

11,2

46,9 0,0 3,5 3,2 2,8 1,1 3,5 0,8 3,0

Internazionale 0,6 0,0 0,2 0,5 0,6 1,4 1,3 2,9 1,3 0,6Tecnico-specialistica

15,4

29,4 1,6

25,3

51,7 11,8 21,7

12,3

25,6

33,4

Nota: elaborazioni su 82 Province, 328 Comuni e 59 Atenei Fonte: 11° Rapporto sulla Formazione nella Pubblica Amministrazione

In merito alle metodologie utilizzate, l’aula rimane la più frequente, attestandosi su valori tra il 70 e l’80% dei corsi; aumenta l’utilizzo di supporti tecnologici (e-Learning, laboratorio informatico,videoconferenza) .

Tabella 6.4 - I piani formativi nella PA

Comparto Preparato Adottato Non preparato

PCM e Ministeri 10 7 1 Organi dello Stato 1 1 1 Autorità 2 2 5 Enti pubblici 8 2 0 Totale 21 12 7

Nota: Elaborazioni effettuate sui rispondenti al quesito Fonte: 11° Rapporto sulla Formazione nella Pubblica Amministrazione

Si diffondono in modo più soddisfacente del passato gli strumenti di pianificazione delle attività formative (con un forte aumento dei piani della formazione già definiti al momento della rilevazione per questo Rapporto) e le esperienze di valutazione.

Le attività di valutazione dei risultati si vanno estendendo, anche se ancora non può dirsi che si stiano generalizzando; mentre si riscontrano differenze significative tra i comparti e,laddove rilevabili, tra le diverse aree del Paese.

La tabella che segue mostra come la definizione di obiettivi sia prassi diffusa e prevalente, anche se meno scontata è la verifica dei risultati rispetto agli obiettivi prefissati, e l’utilizzo dei risultati di questa verifica per la programmazione successiva.

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Rapporto 2008 sulla formazione continua

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Tabella 6.5 - Individuazione degli obiettivi, valutazione e programmazione successiva (%)

Vengono definiti preliminarmente gli

obiettivi della formazione?

Viene fatta una valutazione della rispondenza dei

risultati rispetto agli obiettivi individuati?

Nella programmazione successiva si tiene conto dei risultati

rispetto agli obiettivi individuati?

PCM e Ministeri 100 90,0 86,7 Sicurezza 33,3 33,3 33,3 Organi dello Stato 75,0 50,0 75,0 Autorità 66,7 55,6 55,6 Enti pubblici 100,0 90,0 90,0 Università 91,4 84,5 81,0 Camere di commercio 78,6 68,0 68,0 Regioni 100 100 100

Fonte: 11° Rapporto sulla Formazione nella Pubblica Amministrazione

I corsi o le iniziative formative che vengono sottoposti a valutazione sono – nell’ambito dei comparti che hanno rilevato questa informazione, Amministrazioni centrali, Università e Camera di commercio – il 56,5% delle attività svolte. Nel caso degli Enti pubblici questa percentuale arriva all’85,7%.

Tabella 6.6 - Corsi sottoposti a valutazione

Numero corsi totali Numero corsi sottoposti a valutazione

% corsi sottoposti a valutazione

PCM e Ministeri 2.132 889 41,7 Sicurezza 186 90 48,4 Organi dello Stato 97 66 68,0 Autorità 260 52 20,0 Enti pubblici 3.446 2.953 85,7 Università 3.607 2.012 55,8 Camere di Commercio 2.288 727 31,8 Nota: Per circa un quarto dei corsi il dato non è stato dichiarato e anche se conteggiati tra i non valutati non è possibile rilevare i dettagli.

Fonte: 11° Rapporto sulla Formazione nella Pubblica Amministrazione

Tutte le Amministrazioni centrali, con sole 4 eccezioni (vedi nota tabella sopra), effettuano attività di valutazione di almeno una parte delle iniziative formative svolte: in particolare ben 9 Amministrazioni, su un totale di 44 Amministrazioni, che hanno fornito tale informazione (pari al 20% del totale), sottopongono a valutazione tutte le attività formative svolte.

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Rapporto 2008 sulla formazione continua

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Tabella 6.7 - Tipologie di valutazione (%)

Valutazione di ingresso

Monitoraggio in itinere

Rilevazione finale

Esame di profitto

Valutazione di impatto

Totale corsi valutati

PCM e Ministeri 5,6 8,7 87,4 19,6 4,2 889 Sicurezza 43,3 82,2 54,4 11,1 0,0 90 Organi dello Stato 1,5 1,5 93,9 6,1 0,0 66 Autorità 42,3 38,5 63,5 19,2 1,9 52 Enti pubblici 1,9 65,1 99,4 6,5 0,3 2.953 Università 12,9 2,8 58,0 22,7 3,7 2.012 Camere di Commercio 4,0 11,4 83,1 4,1 1,4 727 Totale 6,7 32,9 82,9 12,9 1,9 6.789

Fonte: 11° Rapporto sulla Formazione nella Pubblica Amministrazione

Infine, per quanto concerne la tipologia di valutazione che viene utilizzata all’interno delle Amministrazioni centrali, per il 95% dei casi si tratta di una valutazione finale, mentre in circa il 52% dei corsi vi è valutazione nel corso del loro svolgimento.

Nel complesso risultano meno frequenti i casi di valutazione di profitto (12,9%), che peraltro possono scarsamente basarsi sul confronto con i risultati di una valutazione in ingresso, che viene effettuata solo nel 6,7% dei casi; molto limitati i casi di valutazione di impatto (1,9% pari a 130 corsi, su più di 6.700 corsi valutati, rispetto ad un totale di circa 12.000 corsi effettuati).

6.2 La formazione dei lavoratori interinali

Forma.Temp è il Fondo che finanzia la formazione professionale dei lavoratori temporanei ed ha la finalità di promuovere percorsi formativi di qualificazione e riqualificazione professionale per il corsista e per l'impresa utilizzatrice.

Esso è finanziato dal contributo pari al 4% delle retribuzioni lorde corrisposte ai lavorati temporanei e prevede, all’interno del proprio Statuto, 4 tipologie di formazione: una formazione di base che è finalizzata a fornire conoscenze di carattere generale collegate al mondo del lavoro; una professionale concepita per la creazione o specializzazione di conoscenze/capacità utili all'inserimento nel modo del lavoro; quella "on the job", che ha lo scopo di raccordare la professionalità del lavoratore alle esigenze specifiche di un'azienda, quali l'utilizzo di attrezzature di lavoro necessarie allo svolgimento delle attività lavorative per le quali i corsisti vengono assunti; ed, infine, quella continua mirata all'adeguamento delle qualificazioni con l'evoluzione delle professioni e dei contenuti delle mansioni e al miglioramento delle competenze. Quest’ultima è dedicata a lavoratori che hanno già seguito interventi formativi finanziati e che hanno gia lavorato per almeno 4 mesi con contratti di somministrazione lavoro.

Nel corso del 2007 Forma.Temp ha realizzato 36.187 progetti formativi, con un incremento del 16% rispetto al 2006. Anche le risorse finanziarie hanno registrato un incremento positivo nel corso del 2007 pari al 12,4%, raggiungendo la cifra di oltre 144 milioni di euro.

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Sempre in termini numerici, gli allievi interessati dai corsi, compresi i casi di formazione ricorrente, sono stati oltre 225 mila, anche in questo caso facendo registrare un aumento del 10,3% rispetto al 2006.

Particolarmente interessante appare, inoltre, la distribuzione degli allievi per tipologia formativa, che vede la prevalenza della formazione professionale con il 55% del totale; segue il 29,4% di allievi che ha seguito i corsi di base e il 12,7% di corsi on the job. E’ modesta la quota dei partecipanti alla formazione continua: appena il 3%. Figura 6.2 – Distribuzione degli allievi per tipologia formativa, 2007

On the job12,7%

Continua a catalogo

3,0%

Professionale54,9%

Base29,4%

Continua a voucher0,1%

Fonte: Dati FormaTemp

Per quanto riguarda la platea degli allievi coinvolti, appare caratterizzata dalla forte presenza di giovani lavoratori. Il 60% di essi, infatti, ha un’età inferiore ai trenta anni, e, in particolare, oltre un terzo degli allievi ha meno di 25 anni. La costante, anche nel 2007, è la netta prevalenza della componente femminile che fa registrare il 53,2% del totale degli allievi. Si tratta di caratterizzazioni del tutto in linea con il profilo del lavoratore in somministrazione. Figura 6.3 – Distribuzione degli allievi per classi di età, 2007

Da 31 a 50 anni38,0%

Over 502,9%

Entro i 18 anni5,9%

Da 19 a 24 anni26,0%

Da 25 a 30 anni27,3%

Fonte: Dati FormaTemp

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L’analisi del livello di istruzione degli allievi, evidenzia come il 67% dei formati possiede un titolo di studio superiore all’obbligo scolastico: nel dettaglio il 52% ha conseguito un diploma di scuola media superiore ed il 15% ha conseguito un diploma di laurea. Figura 6.4 – Distribuzione degli allievi per titolo di studio, 2007

Licenza media31,7%

Licenza elementare

1,3%

Laurea dottorato14,8%

Diploma52,3%

Fonte: Dati FormaTemp

Sempre in riferimento alla caratteristiche degli allievi che hanno partecipato ad interventi formativi nel corso del 2007, spicca l’elevata presenza di formati immigrati, 36.142, corrispondenti al 19,2% del totale. Riguardo ai Paesi di origine, si nota una presenza relativamente forte degli allievi provenienti dalla Romania, che rappresentano circa il 16% del totale degli stranieri. A seguire, vi è un blocco consistente di immigrati extra-UE provenienti in particolare dal Marocco con circa il 9%, e dal Senegal (5%). Figura 6.5 – Distribuzione degli allievi immigrati per le principali nazioni di

provenienza, 2007

Fonte: Dati FormaTemp

Infine, un accenno a quelli che sono gli sbocchi professionali degli allievi Forma.Temp. Circa il 64% dei formati è stato impiegato nell’ambito dei servizi, in particolare in quei comparti che negli

0,0% 2,0% 4,0% 6,0% 8,0% 10,0% 12,0% 14,0% 16,0%

ROMANIA MAROCCO SENEGAL

PERU' ALBANIA BRASILE NIGERIA

BANGLAD … GHANA

ECUADOR POLONIA

INDIA PAKISTAN GERMANIA

COSTA … UCRAINA TUNISIA

MOLDAVIA ERITREA EGITTO

SVIZZERA ARGENTINA

ETIOPIA

Distribuzione degli allievi immigrati per le principali nazioni di provenienza 2007

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ultimi anni sono stati maggiormente dinamici e legati spesso all’utilizzo di competenze trasversali come l’amministrazione e l’informatica. L’industria rappresenta circa un quinto degli sbocchi lavorativi, mentre la quota rimanente ha riguardato soprattutto i settori del commercio e dell’alberghiero. In conclusione, si registra una piccola quota (ma in crescita rispetto agli anni precedenti) relativa al settore socio-sanitario, che rappresenta un’opportunità occupazionale per il 3% degli allievi.

6.3 La formazione continua degli italiani all’estero

Nel 2008 è proseguita l’attuazione dei progetti finanziati dal Ministero del Lavoro con l’Avviso 1/2004 per promuovere l’occupabilità degli italiani all’estero e rafforzarne le forme di aggregazione e la loro relazione con i sistemi produttivi locali, sia esteri che italiani. Inoltre, sempre nel 2008 si è concluso il lavoro di selezione, affidato ad una Commissione di valutazione, delle proposte progettuali presentate a seguito dell’emanazione dell’Avviso 1/2007 con il quale il Ministero del lavoro ha previsto il finanziamento di interventi formativi per la qualificazione, la riqualificazione e l’aggiornamento professionale di italiani residenti nei Paesi extra UE. A conclusione dei lavori della Commissione di valutazione, il Ministero del lavoro ha approvato, con Decreto Direttoriale del 17 luglio 2008, la graduatoria dei progetti ammessi a valutazione.

Nelle pagine che seguono sono evidenziate le principali caratteristiche dei progetti approvati nell’ambito dell’Avviso 1/2004 e presentati i dati relativi allo stato di avanzamento degli stessi progetti. Sono inoltre analizzate la fasi principali dell’attività di selezione delle proposte progettuali di cui all’Avviso 1/2007 e forniti alcuni dati di sintesi che si ricavano dall’analisi della graduatoria approvata dal Ministero del Lavoro.

6.3.1 Le caratteristiche dei progetti finanziati dall’Avviso 1/2004

Con l’Avviso 1/2004 sono stati finanziati 40 progetti, per un contributo pubblico complessivo di quasi 26 milioni di euro.

Come da tabella 6.8, la gran parte dei progetti afferisce a Paesi del Sud America (31 iniziative), per un finanziamento pubblico pari a 20.438.334,14 euro; a seguire i Paesi dell’America Settentrionale, con 5 progetti e un finanziamento pubblico complessivo di 3.958.717,36 euro. Infine, è stato finanziato un progetto per Paese, in Svizzera, Australia, Romania ed Egitto.

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Rapporto 2008 sulla formazione continua

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Tabella 6.8 - Ripartizione dei progetti e delle risorse finanziarie per Paese

Paesi extra Ue interessati N° progetti approvati Finanziamento pubblico

Argentina 18 12.894.231,64 Brasile 8 4.986.550,50 Uruguay 4 2.098.752,00 Ecuador 1 458.800,00 Canada 3 1.968.650,00 Stati Uniti 2 1.990.067,36 Svizzera 1 298.830,00 Australia 1 453.220,50 Romania 1 265.000,00 Egitto 1 567.472,00 Totale 40 25.981.574,00 Fonte: Isfol – Area Politiche e Offerte per la Formazione Continua

L’Avviso ha previsto la possibilità di presentare candidature in raggruppamenti temporanei (di imprese o di scopo), con partnership a livello locale nei singoli Paesi sedi di attuazione. Nella maggior parte dei casi, i soggetti attuatori sono enti di formazione (12 casi, di cui 7 nella sola Argentina) o società (11 casi, di cui 9 nell’America del Sud). Le Università si sono costituite come promotori in 5 casi (di cui 4 in America e 1 in Romania). In quota decisamente minore sono stati presentati progetti da consorzi, enti di ricerca, fondazioni, enti bilaterali e province.

Tra gli ambiti di intervento va segnalato quello agroalimentare, su cui insistono 13 iniziative finanziate. In genere si tratta di innovazione nelle modalità di coltivazione e trattamento di prodotti tipici locali o di valorizzazione di prodotti tipici italiani nei Paesi sedi di attuazione dei progetti. Seguono per rilevanza 6 progetti aventi come oggetto lo sviluppo di capacità manageriali e imprenditoriali dei connazionali all’estero (tab. 6.9).

Tabella 6.9 - Ambiti d’intervento dei progetti

Ambiti di intervento N° progetti

Agroalimentare 13 Management e sviluppo imprenditoriale 6 Mobile-arredamento 2 Finanza 2 Ambiente 2 Commercio internazionale 2 Conciario 1 Zootecnia 1 Florovivaismo 1 Edilizia 1 Veterinaria 1 Trasporti 1 Economia sociale 1 Cooperazione 1 Cultura 1 Comunicazione 1 Totale 37 (*) (*) Nota: I progetti Maciste 1, Maciste 2 e Safire che hanno previsto percorsi individuali di formazione su tematiche molto differenziate non sono compresi nella tabella. Fonte: Isfol – Area Politiche e Offerte per la Formazione Continua

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Rapporto 2008 sulla formazione continua

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I progetti della Misura A, (azioni di sviluppo locale e rafforzamento delle collettività italiane) si caratterizzano, rispetto a quelli della Misura B (interventi di alta formazione o di specializzazione), per una prevalenza di attività di retizzazione (attività, del resto, riservata alla sola Misura A), nonché di attività seminariali ed informative, di sensibilizzazione e di analisi dei fabbisogni: attività, cioè, necessarie per il massimo coinvolgimento possibile delle comunità e degli attori locali.

I progetti Misura B, si caratterizzano a loro volta, in ragione della specificità della tipologia di interventi previsti, per la prevalenza della componente formativa, che assorbe da sola il 65,5% del budget complessivo, contro il 32,6% relativo agli interventi della Misura A (tab. 6.10).

Tabella 6.10 - Ripartizione risorse finanziarie per tipologia di attività nei progetti Misura A e Misura B

Tipologie di attività Ripartizione delle risorse nei progetti (%)

Misura A Misura B

A. Spese progettazione 6,3 5,4 B. Spese attività seminariali e informative 8,9 2,2 C. Spese attività di retizzazione 13,7 0,4(*) D. Spese attività di assistenza tecnica e accompagnamento 7,6 2,4 E. Spese attività sensibilizzazione 8,2 2,8 F. Spese attività di analisi dei fabbisogni, analisi organizzativa, studio e ricerca 8,7 5,2 G. Spese attività formativa e borse di studio 32,6 65,5 H. Spese direzione, monitoraggio e autovalutazione 6,6 9,1 I. Spese coordinamento generale, funzionamento e gestione 7,4 7,0

(*) Nota: Un progetto Misura B ha comunque previsto una quota di risorse destinate ad attività di retizzazione. Fonte: Isfol – Area Politiche e Offerte per la Formazione Continua

6.3.2 Lo stato di avanzamento dei progetti dell’Avviso 1/2004

Al 31 ottobre 2008 risultano conclusi complessivamente 25 progetti, pari al 62,5% del totale dei progetti ammessi a finanziamento nell’ambito dell’Avviso 1/2004. Tra i Paesi, solo Egitto ed Uruguay hanno già completato le attività promosse nei rispettivi territori (1 per Egitto, 4 per Uruguay). Entro la fine di febbraio 2009 vedranno completate le iniziative di propria competenza anche Ecuador, Canada, Svizzera, Australia e Romania (tutti Paesi con un solo progetto approvato, tranne il Canada, con tre) pertanto, per detta data, l'ammontare dei progetti ultimati sarà pari all'85% del totale. Altri 6 progetti concluderanno le attività previste entro la fine di luglio 2009.

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Rapporto 2008 sulla formazione continua

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Tabella 6.11 – Stato di attuazione dei progetti per Paese

Paesi extra UE interessati

N. progetti approvati

N. progetti conclusi al 31-10-08

N. progetti da concludere entro il

28-02-09

N. progetti da concludere entro il

31-07-09

Argentina 18 11 3 4 Brasile 8 6 1 1

Uruguay 4 4 0 0 Ecuador 1 0 1 0 Canada 3 2 1 0

Stati Uniti 2 1 0 1 Svizzera 1 0 1 0 Australia 1 0 1 0 Romania 1 0 1 0

Egitto 1 1 0 0 Totale 40 25 9 6

Fonte: Isfol – Area Politiche e Offerte per la Formazione Continua

Dei 25 progetti conclusi al 31 ottobre 2008, il 40% ha riguardato la misura A1 (azioni per lo sviluppo locale), il 12% la misura A2 (azioni per lo sviluppo delle collettività italiane) ed il 48% la misura B (interventi di alta formazione o di specializzazione). A fine febbraio 2009 saranno conclusi 13 dei 17 progetti approvati nella misura A1 (76,4% del totale della misura), tutti i 5 progetti approvati nella misura A2 e 16 dei 18 progetti della misura B (88,8% del totale della misura). Per la fine di luglio 2009 si prevede la conclusione degli ultimi 4 progetti della Misura A1 e 2 progetti della Misura B.

Tabella 6.12 – Stato di attuazione dei progetti per Misura

Misura N. progetti approvati

N. progetti conclusi al 31-10-08

N. progetti da concludere entro il

28-02-09

N. progetti da concludere entro il

31-07-09

A1 17 10 3 4 A2 5 3 2 0 B 18 12 4 2

Totale 40 25 9 6 Fonte: Isfol – Area Politiche e Offerte per la Formazione Continua

I 40 progetti approvati nell’ambito dell’Avviso 1/2004 prevedono 148 percorsi formativi con un'erogazione complessiva di 100.623 ore di formazione, di cui oltre la metà (55,9%) nella sola misura B (interventi di alta formazione o di specializzazione). Considerando anche gli uditori, il totale dei partecipanti assomma a 1.634, di cui oltre il 73% si concentra nella misura A1 (azioni per lo sviluppo locale). La media di ore formative erogate è pari a 61,6 ore pro capite, ma con rilevanti differenze tra i progetti di cui alla Misura A1, in cui la media di ore di formazione pro capite erogate è pari a poco più di 33 e i progetti della Misura B, la cui media è di circa 201 ore.

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Rapporto 2008 sulla formazione continua

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Tabella 6.13 – Percorsi formativi, ore complessive e partecipanti per Misura

Misura N. percorsi formativi

N. ore di formazione (v.a.)

N. ore di formazione (%)

N. partecipanti

(*)

N. ore medio di formazione per

partecipante

A1 95 40.080 39,8 1.198 33,4 A2 11 4.274 4,3 157 27,2 B 42 56.269 55,9 279 201,6

Totale 148 100.623 100,0 1.634 61,6 (*) Nota: nel numero dei partecipanti sono compresi anche gli uditori. Fonte: Isfol – Area Politiche e Offerte per la Formazione Continua

Dei 148 percorsi formativi approvati, al 31 ottobre 2008 ne risultano conclusi 100 (il 67,6%) ed in fase di realizzazione 40 (il 27%), mentre 8 percorsi (pari al 5,4% del totale) risultano ancora da attivare.

Tabella 6.14 – Stato di avanzamento dei percorsi di formazione al 31 ottobre 2008

N. totale percorsi formativi

N. percorsi non ancora attivati

N. percorsi in fase di realizzazione

N. percorsi conclusi

148 8 40 100 Fonte: Isfol – Area Politiche e Offerte per la Formazione Continua

Circa il 66% dei partecipanti risultano coinvolti in attività di stage. Dei 129 stage previsti poco meno del 45% è realizzato in Italia. Complessivamente vengono erogate 32.013 ore di stage, pari ad una media di oltre 248 ore per ciascuno stage e di quasi 30 ore di stage pro capite.

Tabella 6.15 – Durata, partecipanti e sede degli stage

N. stage N. stage in Italia N. stage all’estero N. partecipanti stage N. ore stage

129 58 71 1.072 32.013 Fonte: Isfol – Area Politiche e Offerte per la Formazione Continua

Al 31 ottobre 2008 risultano conclusi 96 dei 129 stage previsti, pari ad oltre il 74% del totale; 7 stage (il 5,4%) sono in fase di realizzazione, mentre 26 stage, pari a poco oltre il 20%, risultano ancora non attivati.

Tabella 6.16 – Stato di avanzamento degli stage al 31 ottobre 2008

N. totale stage N. stage non ancora attivati

N. stage in fase di realizzazione

N. stage conclusi

129 26 7 96 Fonte: Isfol – Area Politiche e Offerte per la Formazione Continua

Delle 100.623 ore di formazione che verranno complessivamente erogate al completamento delle azioni finanziate, oltre il 72% è dedicato ad attività di aula e di stage; i 2/3 circa delle ore rimanenti sono concentrate in attività di project work. Le altre modalità formative (laboratorio, formazione a distanza, orientamento e bilancio di competenze) comportano una erogazione totale di 9.814 ore (9,7% delle ore di formazione complessive).

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Rapporto 2008 sulla formazione continua

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Tabella 6.17 – Numero totale delle ore di formazione suddiviso tra le diverse modalità formative

N. ore aula N. ore laboratorio

N. ore project work

N. ore FAD N. ore orientamento

N. ore bilancio

competenze

N. ore stage N. tot. ore formazione

(*)

v.a. % v.a. % v.a. % v.a. % v.a. % v.a. % v.a. % 100.623

40.807 40,6 3.963 3,9 17.989 17,9 4.049 4,0 1.364 1,4 438 0,4 32.013 31,8

(*) Nota: Il totale delle ore di formazione comprende anche le ore di stage. Fonte: Isfol – Area Politiche e Offerte per la Formazione Continua

La ripartizione per misura delle ore di formazione indica che poco meno del 56% delle 100.623 ore complessive viene erogato nell'ambito delle attività afferenti la misura B (interventi di alta formazione o di specializzazione), quasi il 40% è relativo alla misura A1 (azioni per lo sviluppo locale) e circa il 4% è dato dalle attività inerenti la misura A2 (azioni per lo sviluppo delle collettività italiane). All'interno delle misure, per quanto concerne la A1, quasi l'85% delle ore è concentrato nelle attività d'aula e di stage, mentre nella A2 si registra una significativa incidenza anche delle attività di project work e di formazione a distanza, che assieme ammontano a quasi il 50% del totale di misura; significativo anche il dato inerente le ore di project work relative alla misura B (interventi di alta formazione o di specializzazione), pari al 27,5% del totale di misura.

Tabella 6.18 – Numero totale delle ore di formazione suddiviso per Misura e per tipologia formativa

Misura N. ore formazione

(v.a.)

N. ore aula (%)

N. ore laboratorio

(%)

N. ore project

work (%)

N. ore FAD (%)

N. ore orientamento

(%)

N. ore bilancio

competenze (%)

N. ore stage (%)

A1 40.080 57,7 3,7 3,6 3,9 3,2 1,0 26,9 A2 4.274 33,2 2,3 24,1 25,6 0,1 0,1 14,6 B 56.269 28,9 4,3 27,5 2,5 0,2 0,0 36,6

Fonte: Isfol – Area Politiche e Offerte per la Formazione Continua

La stragrande maggioranza dei partecipanti (quasi l’80%) si concentra in due Paesi: Argentina e Brasile, che presentano anche il maggior numero di progetti finanziati (65%). Seguono, con percentuali molto più basse, l’Uruguay, con il 4,7% dei partecipanti e 4 progetti finanziati, l’Ecuador con il 4,5% dei partecipanti a fronte di un solo progetto finanziato, il Canada con il 4,2% dei partecipanti e 3 progetti. In tutti gli altri Paesi coinvolti la percentuale di partecipanti rimane al di sotto del 3%.

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Figura 6.6 – Ripartizione partecipanti per Paese

Ripartizione Partecipanti per Paese

Argentina47,3%

Brasile32,5%

Uruguay4,7%

Ecuador4,5%

Canada4,2%

Stati Uniti1,7%

Svizzera2,3%

Australia0,6%

Romania1,0% Egitto

1,2%

Fonte: Isfol – Area Politiche e Offerte per la Formazione Continua

L'Argentina, che ha registrato il 45% del totale dei progetti finanziati a fronte dell'Avviso 1/2004, sviluppa anche oltre il 60% dei percorsi formativi complessivamente promossi, per una media di 4,94 percorsi per progetto; con 65.673 ore di formazione, eroga il 65,2% del totale ore; ha ottenuto 1.743 candidature (il 38% del totale candidati) da cui ha selezionato 774 partecipanti (il 47,3% del totale partecipanti: ha accolto cioè, il 44,4% delle proprie candidature).

Il Brasile ha registrato il 20% del totale dei progetti finanziati a fronte dell'Avviso 1/2004, sviluppa il 21,6% dei percorsi formativi complessivamente promossi, per una media di 4 percorsi per progetto; con 12.511 ore di formazione, eroga il 12,4% del totale ore; ha ottenuto 2.317 candidature (il 50,6% del totale candidati) da cui ha selezionato 531 partecipanti (il 32,5% del totale partecipanti: ha accolto, cioè il 22,9% delle proprie candidature).

L'Uruguay ha registrato il 10% del totale dei progetti finanziati a fronte dell'Avviso 1/2004, sviluppa il 7,4% dei percorsi formativi complessivamente promossi, per una media di 2,7 percorsi per progetto; con 14.429 ore di formazione, eroga il 14,3% del totale ore; ha ottenuto 91 candidature (circa il 2% del totale candidati) da cui ha selezionato 77 partecipanti (il 4,7% del totale partecipanti: ha accolto, cioè l'84,6% delle proprie candidature).

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Tabella 6.19 – Numero di persone selezionate e di partecipanti all’attività formativa per Paese

Paesi extra UE interessati

N. progetti approvati

N. percorsi formativi

N. complessivo ore di formazione

N. candidati N. partecipanti selezionati (*)

Argentina 18 89 65.673 1743 774 Brasile 8 32 12.511 2317 531

Uruguay 4 11 14.429 91 77 Ecuador 1 3 600 94 73 Canada 3 3 2.172 101 69

Stati Uniti 2 4 2.202 76 27 Svizzera 1 3 1380 68 37 Australia 1 1 400 19 10 Romania 1 1 620 25 16

Egitto 1 1 636 46 20 Totale 40 148 100.623 4.580 1.634

(*) Nota: Nel numero dei partecipanti sono compresi anche gli uditori. Fonte: Isfol – Area Politiche e Offerte per la Formazione Continua

Tra i 1.634 partecipanti alle attività formative il numero di uomini (52,5%) supera di 5 punti percentuali quello delle donne (47,5%). La maggioranza dei partecipanti (59,4% del totale) si concentra nelle classi di età 25-44 anni.

Tabella 6.20 – Partecipanti all’attività formativa suddivisi per genere e classi di età (%)

N. totale partecipanti

(v.a.)

Uomini Donne 18-24 25-34 35-44 45-54 55 e oltre

1.634

52,5

47,5

16,1

37,8

21,6

15,4

9,1

Fonte: Isfol – Area Politiche e Offerte per la Formazione Continua

In forte prevalenza i partecipanti vantano un titolo di studio superiore: i diplomati ed i laureati, assieme, ammontano al 94,7% del totale. Dal punto di vista occupazionale, sono equamente suddivisi tra occupati (49,5%) e privi di occupazione (50,5%). Tabella 6.21 – Numero di partecipanti all’attività formativa suddivisi per titolo di studio e condizione

occupazionale (%)

N. totale partecipanti

(v.a.)

Licenza media

Diploma Laurea In cerca di occupazione

Disoccupato Occupato

1.634 5,3 40,7 54,0 28,0 22,5 49,5 Fonte: Isfol – Area Politiche e Offerte per la Formazione Continua

6.3.3 I risultati dell’Avviso 1/2007

Per la predisposizione dell’Avviso 1/200788, la Direzione Generale per l’Orientamento e la Formazione Professionale del Ministero del Lavoro ha istituito un Gruppo tecnico, composto dai rappresentanti dello stesso Ministero, del Ministero degli Affari Esteri, del Consiglio Generale degli Italiani all’Estero, dell’Isfol e di Italia Lavoro. L’Avviso ha previsto investimenti formativi pari a

88 L’Avviso è stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 180 del 4 agosto 2007.

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30 milioni di euro, che sono stati ripartiti tra 31 Circoscrizioni territoriali di 16 Paesi extra Ue, tenendo in considerazione non soltanto la numerosità degli italiani residenti, ma anche l’esigenza di sostenere le Comunità italiane nei paesi in cui maggiori sono le difficoltà occupazionali degli italiani residenti o in cui manchi un’offerta di formazione professionale locale adeguata e qualitativamente confrontabile con quella esistente in Italia.

I fabbisogni formativi degli italiani all’estero sono stati individuati dalle Rappresentanze consolari/Ambasciate, in collaborazione con i Comitati degli italiani residenti all’estero (Comites) sulla base di una scheda di rilevazione elaborata dall’Isfol. La scheda conteneva richieste di informazioni circa i target di utenza raggiungibili attraverso le proposte progettuali, gli indicatori sulla popolazione italiana residente, i dati occupazionali, i problemi specifici che incontrano i lavoratori italiani nel mercato del lavoro locale, nonché i requisiti richiesti dallo Stato per il riconoscimento dei titoli.

I risultati della rilevazione dei fabbisogni formativi sono confluiti nelle Schede Paese allegate all’Avviso 1/2007, sulla cui base gli organismi proponenti hanno presentato i progetti di formazione volti alla qualificazione, riqualificazione e all’aggiornamento professionale dei cittadini italiani residenti all’estero di età compresa tra i 18 ed i 64 anni, che abbiano compiuto l’obbligo scolastico e che si trovino in una delle seguenti condizioni occupazionali: occupato – in qualità di dipendente, lavoratore autonomo o operatore economico – disoccupato, inoccupato in cerca di prima occupazione.

Con Decreto del 17 luglio 2008 il Ministero del Lavoro ha approvato la graduatoria degli interventi presentati ai sensi dell’Avviso 1/2007 redatta da apposito Comitato Tecnico di Valutazione. Su 282 iniziative candidate, 106 sono risultate finanziabili (ovvero con valutazione superiore a 60, secondo i criteri e i parametri stabiliti dall’Avviso).

In tabella 6.22 è riportata la ripartizione dei progetti presentati e dei progetti finanziabili per Paese extra europeo e per Circoscrizione territoriale.

La quota nettamente maggioritaria di iniziative presentate è localizzata nell’America centro-meridionale, con 223 progetti, cui segue la Svizzera con 32 progetti. Un’analoga proporzione è riscontrabile tra i progetti finanziabili, rispettivamente con 79 iniziative nell’America centro-meridionale e 11 in Svizzera.

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Tabella 6.22 - Ripartizione dei progetti presentati e dei progetti finanziabili per Paese e Circoscrizione

Paesi extra Ue interessati

Circoscrizioni territoriali

Progetti presentati

Progetti con punteggio => 60

Eritrea Asmara 0 0 Filippine Manila 1 1 Colombia Bogotà 2 1 Turchia Izmir 2 1 Algeria Algeri 3 2

Marocco Casablanca 3 1 Messico Città del Messico 4 3 Canada Vancouver 5 1

Australia Adelaide 5 2 Sudafrica Johannesburg 3 2

Cape Town 3 1 Durban 2 1

Cile Santiago del Cile 11 3 Venezuela Caracas 13 6

Maracaibo 2 2 Uruguay Montevideo 29 5 Svizzera Berna 2 2

Ginevra 2 1 Losanna 4 1 Basilea 6 3 Zurigo 7 4 Lugano 11 4

Brasile Curitiba 9 3 Rio de Janeiro 11 8 Porto Alegre 14 3 San Paolo 19 10

Argentina Mar del Plata 11 4 La Plata 11 3 Bahia Blanca 14 2 Cordoba 22 9 Buenos Aires 51 17

Totale 282 106 Fonte: Isfol – Area Politiche e Offerte per la Formazione Continua

Complessivamente, i progetti finanziabili prevedono un importo di quasi 91 milioni di euro, a fronte di 30 milioni di euro stanziati dal Ministero con l’Avviso 1/2007. Con decreto interministeriale sarà definita l’effettiva assegnazione delle risorse secondo la graduatoria approvata e in base ai criteri definiti dallo stesso Avviso.

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6.4 La formazione continua in agricoltura

L’evoluzione del settore agricolo, caratterizzato dal più ampio approccio allo sviluppo rurale e da un sistema trasversale di competenze inter-sub settoriali, porta con sé l’esigenza di individuare nuovi strumenti applicativi e rinnovati criteri volti alla qualificazione continua del capitale umano.

Sono evidenti le trasformazioni settoriali in atto che si esprimono in spinte a favore della differenziazione produttiva (per abbattere la volatilità dei prezzi delle colture), della diversificazione (attraverso l’introduzione di nuove attività a completamento di quelle tradizionali) e della più generale multifunzionalità (che si apre alla prestazione di servizi).

In tale contesto di rinnovamento, che coinvolge l’ambito operativo ed amplia il ruolo imprenditoriale, assumono un funzione rilevante e crescente:

l’avvio di attività turistiche, di svago, sociali o pedagogiche che affiancano quelle tradizionali di fattoria;

la crescita dell’imprenditore lungo la filiera produttiva, avviando attività di trasformazione e circuiti brevi di commercializzazione (vendita diretta dei prodotti in fattoria o nei farmer’s market) necessari per salvaguardare i margini di guadagno, che si registrano maggiormente nelle altre fasi della filiera piuttosto che nella produzione tout court;

la riconversione delle colture a seguito dei cambiamenti nelle politiche comunitarie.

Tra le spinte al cambiamento vanno annoverate quelle indotte dalla PAC89, sempre più orientata ai mercati, e dalle correlate modifiche delle singole OCM90.

Emerge, dunque, un cambiamento sostanziale del ruolo del produttore. Al di là delle riconversioni “colturali”, l’attenzione si sposta sulla rilettura “culturale” di una figura, quella dell’imprenditore agricolo, che è indotta ad abbandonare l’ottica del sostegno comunitario e guardare sempre più alle opportunità ed ai rischi del mercato. Si tratta di un’evoluzione che impatta non solo sull’azienda, ma direttamente sulle famiglie agricole, sui territori e sullo spazio rurale ove l’agricoltore, divenuto imprenditore, rappresenta il cardine dello sviluppo e della crescita locale.

Alla gestione del cambiamento potrà dare un importante contributo anche l’intervento formativo, purché comprenda in modo poliedrico un insieme vasto di problematiche. Emerge ad esempio da diverse indagini che, al crescere del grado di istruzione – formazione dei conduttori agricoli, crescono i fatturati così come gli stessi crescono con l’abbassamento dell’età dei conduttori; che i processi formativi più adatti ed efficaci per il settore sono quelli basati sull’emulazione, per cui sarà più probabile raggiungere risultati con metodologie diverse da quelle

89 La Politica Agricola Comune (PAC) venne introdotta con il Trattato di Roma del 1957 ed è stata una delle prime politiche a carattere sovranazionale e settoriale promossa dalla Comunità Economica Europea per superare le condizioni di arretramento in cui versava l'agricoltura europea nel dopoguerra. La PAC ha determinato negli oltre 50 anni di vita le principali trasformazioni dell'agricoltura europea subendo diverse evoluzioni. Negli ultimi anni una delle riforme più significative è stata quella nota come “riforma Fishler” del 2003, i cui principali elementi di novità sono stati: il pagamento unico per azienda slegato dalle scelte produttive degli agricoltori (principio del disaccoppiamento), erogazione del pagamento subordinato al rispetto delle norme sull’ambiente, la sicurezza, e il benessere degli animali (principio della condizionalità o cross – compliance), riduzione lineare di tutti gli aiuti (modulazione) a favore di interventi per lo sviluppo rurale. 90 Le OCM sono le “Organizzazioni comuni di mercato” che regolamentano i singoli settori in agricoltura. Le ultime riformate, di maggior interesse per l’Italia, sono state quelle mediterranee (olio d’oliva, tabacco e cotone) e quelle relative al grano duro, al riso ed al settore lattiero-caseario.

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tradizionali d’aula; che l’intervento formativo a sé stante potrebbe essere insufficiente, e andrebbe coniugato con interventi di sviluppo a favore delle imprese attraverso iniziative di natura settoriale, individuale e territoriale (per cui si parla di form-azione).

La formazione continua nel settore agricolo e rurale avrà dunque un compito difficile, quello di creare una nuova classe imprenditoriale e, considerate le specificità (differenziazione, diversificazione, multifunzionalità ed aggiornamento normativo sempre più stringente per il comparto agroalimentare, etc.), nonché la tipologia di destinatari, non potrà essere proposta in modo tradizionale.

Un aspetto probabilmente determinante nelle riuscita della politica di qualificazione del capitale umano in agricoltura consiste (anche in questo caso) nel raccordo e nell’integrazione tra i diversi strumenti di sostegno. La nascita del “Fondo paritetico interprofessionale nazionale per la formazione continua in agricoltura - For.Agri” autorizzato dal Ministero del Lavoro della Salute e delle Politiche Sociali e l’avvio degli interventi di formazione continua, previsti nel Piano di Sviluppo Nazionale (Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali) e cofinanziati dai Piani di Sviluppo Regionale nel periodo di programmazione 2007 – 2013, rappresentano due elementi di estrema rilevanza. La ricerca di integrazione e coordinamento, da svilupparsi prevalentemente in ambito regionale, potrebbe rappresentare in questo senso un’importante opportunità operativa.

6.4.1 La formazione continua in agricoltura nella programmazione comunitaria 2007 - 2013

Nel quadro complessivo dei finanziamenti comunitari è importante considerare che solo una componente limitata di formazione destinata all’agricoltura viene finanziata dal FSE, le risorse più cospicue provengono dal FEASR che segue un percorso programmatorio ed attuativo del tutto differente.

La programmazione del FEASR è contenuta nel Piano di Sviluppo Nazionale (analogo del QSN per l’FSE) e nei Piani di Sviluppo Regionali (analoghi ai POR FSE). A livello centrale il PSN è gestito dal Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali, mentre sul piano regionale sono responsabili gli Assessorati con delega all’agricoltura, spesso non coincidenti con gli Assessorati alla formazione ed al mercato del lavoro, solitamente responsabili dei POR FSE.

Il confronto ed il raccordo tra le politiche sarebbe quindi necessario, sia a livello centrale che a livello regionale, in particolare per le regioni dell’Obiettivo Convergenza destinatarie delle risorse più cospicue. Attualmente sono pressoché inesistenti forme di coordinamento, ma poiché si è all’inizio della programmazione sia nei PSR, sia nel FSE (e il For.Agri è un Fondo Interprofessionale di recente costituzione) molto si potrebbe costruire sul piano dell’interazione istituzionale.

I PSR (come i POR della programmazione 2000 - 2006) sono articolati in Misure ed alcune di esse sono dedicate, almeno in parte, al finanziamento degli interventi di Formazione Continua (si tratta della Misure 111 e 331).

La misura 111 è attiva presso tutte le Regioni e Province Autonome, fatta eccezione per la Valle d’Aosta e il Friuli Venezia Giulia91. L’investimento pubblico stanziato sulla misura ammonta complessivamente a 167,13 Milioni di Euro con un cofinanziamento del FEASR pari a 80,83 Milioni di Euro. 91 Rilevazione novembre 2008 Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali.

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La misura 331 è attiva sul territorio nazionale prevalentemente in ambito LEADER e l’investimento pubblico stanziato ammonta complessivamente a 30,64 Milioni di Euro con un cofinanziamento del FEASR pari a 16,05 Milioni di Euro.

Tabella 6.23 - Risorse pubbliche nell’ambito dei PSR 2007 – 2013 Obiettivo Convergenza su misure

correlabili ad interventi di FC (in milioni di euro)

Misure Misura Calabria Campania Basilicata Puglia Sicilia Totale

Azioni nel campo della formazione professionale e dell’informazione, inclusa la diffusione di conoscenze scientifiche e pratiche innovative, rivolte agli addetti dei settori agricolo, alimentare e forestale.

111 7,70 19,15 7,80 15,00 38,92 88,57

Formazione e informazione rivolte agli operatori economici impegnati nei settori che rientrano nell'asse III-Qualità della vita nelle zone rurali e diversificazione dell'economia rurale.

331 2,00 5,79 1,30 10,00 10,00 29,09

Totale misure formazione 9,70 24,94 9,10 25,00 48,92 117,66

Fonte: elaborazione ISFOL su dati finanziari pubblicati nei PSR

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Capitolo 7

La formazione continua nelle esperienze estere

7.1 Il dibattito sul futuro della Formazione continua in Francia dopo la riforma del 2004

Il dibattito pubblico che si sta sviluppando in Francia sul futuro della formazione continua è oggi più che mai intenso, alla luce dell'ormai pieno dispiegamento degli effetti della riforma realizzata nel 2004, in seguito all'approvazione della legge n° 2004-391 del 4 maggio 2004 (detta Legge "Fillon") relativa alla formazione professionale per tutto l'arco della vita ed al dialogo sociale (Box 7.1).

Box 7.1 - La formazione continua per i lavoratori nel rinnovato quadro normativo stabilito dalla Riforma Con la nuova normativa (che ha intenti di radicale innovazione ma anche di razionalizzazione degli strumenti preesistenti) si stabilisce, in primo luogo, che l'accesso dei lavoratori alle iniziative formative si realizza esclusivamente:

- su iniziativa del datore di lavoro, nell’ambito di un Piano di formazione (Plan de formation) che può essere autonomamente programmato ed elaborato dall’impresa oppure può avvalersi dell’assistenza e del sostegno di specifici Organismi autorizzati dallo Stato chiamati OPCA (Organismes Paritaires collecteurs agrèes). Si tratta di un dispositivo già previsto prima della riforma;

- su iniziativa autonoma del lavoratore, nel quadro del congedo di formazione, al quale hanno diritto tutti i lavoratori attraverso il congedo individuale di formazione (CIF), il congedo per il bilancio delle competenze (CBC) e il congedo di validazione dell’esperienza acquisita (CVAE). Anche in questo caso si tratta di meccanismi preesistenti;

- su iniziativa del dipendente in accordo con il datore di lavoro, attraverso l’esercizio del Diritto individuale di formazione (DIF) o attraverso i Dispositivi di professionalizzazione (Contratti o Periodi di professionalizzazione92). Tali strumenti sono stati introdotti ex novo dalla riforma del 2004.

I risultati prodotti dalla riforma non sembrano essere confortanti dal punto di vista del miglioramento delle logiche di funzionamento del sistema tanto che il Governo francese ha annunciato, alla fine del 2007, la volontà di procedere ad una profonda riforma della formazione professionale e alla calendarizzazione della presentazione di un disegno di legge entro la fine del 2008, invitando le Parti sociali a portare a termine negli ultimi 3 mesi dell’anno la necessaria negoziazione.

Il dispositivo legislativo che ha posto le basi organizzative del sistema di formazione continua risale al 1971, con la legge «Delors», intervenuta a seguito dell'accordo nazionale interprofessionale del 1970, il quale istituisce la formazione professionale come obbligo giuridico,

92 Il Periodo di professionalizzazione, da non confondere con il Contratto di professionalizzazione che si rivolge ai giovani e ai disoccupati, ha invece l’obiettivo di favorire, attraverso un’azione di formazione, la permanenza sul lavoro di specifiche categorie di lavoratori con contratto a tempo indeterminato (qualificazione inadeguata, età superiore a 45 anni o anzianità professionale superiore ai 20 anni, invalidi, donne dopo aver concluso il congedo di maternità). Le azioni di formazione si svolgono in linea di principio all’interno dell’orario di lavoro ma possono anche realizzarsi oltre l’orario attraverso l’impiego del DIF o nell’ambito di un Piano di formazione. Gli accordi di settore possono intervenire definendo le tipologie di formazione e determinando le modalità di finanziamento e impiego.

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imponendo a tutte le imprese un obbligo minimo di partecipazione finanziaria proporzionale alla propria massa salariale (Box 7.2).

Box 7.2 - Il finanziamento della formazione continua In base al Codice del lavoro, qualsiasi impresa, indipendentemente dalla dimensione, deve contribuire allo sviluppo della formazione continua partecipando ogni anno al finanziamento di interventi formativi diretti ai lavoratori. La percentuale minima di partecipazione delle imprese con più di nove dipendenti viene portata, con la riforma del 2004, dall’1,5% all'1,6% della massa salariale (vedi la tabella di ripartizione). Questa quota viene suddivisa in più parti secondo la destinazione specifica: i datori di lavoro devono obbligatoriamente versare: lo 0,20% della massa salariale ad un OPCA per il finanziamento dei Congedi individuali di formazione (CIF); lo 0,50% della massa salariale, sempre ad un OPCA, per il finanziamento della professionalizzazione e per l’esercizio del DIF. Le imprese possono poi, in base al principio “train or pay”, utilizzare il residuo del loro contributo obbligatorio, pari allo 0,9%: finanziando e organizzando direttamente Piani di formazione per i loro dipendenti, dimostrando all’amministrazione pubblica che le risorse sono state effettivamente impiegate a tale scopo; effettuando un versamento ad un OPCA; versando la quota allo Stato. I limiti contributivi posti dalla legge non incidono comunque sulle pratiche correnti delle imprese francesi, tenuto conto che la maggior parte di esse destina annualmente alle attività formative quasi il 3% della massa salariale (secondo i dati 2006). Mentre le imprese con più di nove dipendenti possono adempiere al loro obbligo giuridico finanziando direttamente Piani di formazione, quelle con meno di dieci lavoratori non possono utilizzare direttamente i loro contributi, ma devono effettuare obbligatoriamente il versamento presso un OPCA. Si stabilisce, per queste ultime, un contributo nettamente inferiore, pari allo 0,55% (prima della riforma era dello 0,25%), che si distribuisce tra due versamenti: un 0,15% presso un OPCA per il finanziamento dei contratti e periodi di professionalizzazione, e del DIF; un versamento complementare, a concorrenza dell’obbligo totale, sempre ad un OPCA per il finanziamento dei Piani di formazione. A partire dal 2005 è stato inoltre introdotto un nuovo tasso intermedio per le imprese da dieci a diciannove dipendenti, stabilito nella misura dell’1,05%.

Note: Tra parentesi: (tasso applicato prima della Legge del 4 maggio 2004) (Versamento obbligatorio agli OPCA,: % in corsivo; Principio “train or pay”: % in grassetto)

Le regole di organizzazione del sistema francese poggiano sull'interinazione da parte dei pubblici poteri di accordi interprofessionali conclusi fra Parti sociali, attraverso il recepimento delle stesse nel codice del lavoro, il che ne fa una componente a pieno diritto dei principi che regolano le relazioni fra datori di lavoro e salariati.

Benché lo Stato abbia in carico il controllo della formazione professionale e ne fissi le norme legali e regolamentari, le responsabilità e le competenze relative all'organizzazione ed al finanziamento della formazione continua sono distribuite tra diversi soggetti quali pubblici poteri, parti sociali, imprese (Box 7.3).

Riparto del contributo obbligatorio delle imprese distinto per dispositivi di formazione e dimensione aziendale

Dimensione delle imprese Meno di 10 dipendenti (% aumentata nel 2005)

Da 10 a 19 dipendenti (categoria creata a partire dal 2005)

Almeno 20 dipendenti (% aumentata nel 2005)

CIF - - 0,2% Professionalizzazione 0,15% (0,1%) 0,15% 0,5% (0,4%) Piano di formazione 0,4% (0,15%) 0,9% 0,9% Tasso totale di contribuzione 0,55% (0,25%) 1,05% 1,6% (1,5%)

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Box 7.3 – I settori professionali: il cardine della Riforma E’ significativo notare il ruolo essenziale che la Legge di riforma del 4 maggio 2004 ha attribuito ai settori e di conseguenza alla negoziazione interna agli stessi nella predisposizione e organizzazione delle politiche di formazione professionale dei lavoratori. I circa 450 accordi sulla formazione adottati per 250 settori professionali e a livello interprofessionale indicano la rilevanza assunta dalla contrattazione, le cui prerogative sono state rafforzate imponendo l’obbigo, come previsto dal Codice del Lavoro, di procedere ad una revisione delle intese ogni tre anni (e non più ogni quinquennio come nel passato). La Legge di riforma rinvia alla contrattazione di settore la definizione delle modalità di utilizzo dell’obbligo di contribuzione finanziaria, in particolare per la quota da attribuire al finanziamento del DIF, oltre che la parte da destinare al CIF, al CBC e al CVAE. Un’alteriore responsabilità dei settori consiste nel definire gli obiettivi e le priorità della formazione dei lavoratori, sia nell’ambito del DIF che nel quadro del piano di formazione. Una prerogativa aggiuntiva riconosciuta ai settori fa riferimento anche all’attribuzione della funzione di analisi previsionale delle competenze, attraverso la creazione degli Osservatori dei mestieri e delle qualifiche e tramite il ruolo svolto dalle Commissioni paritetiche nazionali del lavoro, incaricate di seguire l’evoluzione dell’occupazione e delle qualifiche all’interno del settore di pertinenza.

L'impresa in particolare svolge un ruolo centrale nell'attuazione della formazione continua che fa parte integrante della sua strategia. Il datore di lavoro è obbligato a partecipare al suo finanziamento ed associare i rappresentanti del personale alla definizione della sua politica ed alla sua applicazione.

Le Parti sociali contribuiscono, a fianco del legislatore, all'elaborazione del diritto della formazione mediante il negoziato collettivo e definiscono le politiche di formazione proprie delle professioni che rappresentano. In base al principio della gestione paritaria creano e gestiscono insieme degli organismi denominati Organismes Paritaires collecteurs agrèes (OPCA) simili ai nostri Fondi Paritetici Interprofessionali, incaricati dell'attuazione di questo diritto attraverso la gestione di parte del contributo finanziario imposto alle imprese per lo sviluppo della formazione continua.

L'idea che questo quadro giuridico, in piedi da più di trent'anni, avesse dispiegato tutti i suoi effetti e che fosse necessario cambiare le regole di riferimento per trasmettere un nuovo impulso alla formazione continua, è stata la molla principale che ha spinto ad elaborare la riforma del 2004.

Era infatti riconosciuta l'esigenza di far fronte alle criticità del sistema verificatesi nel corso degli ultimi anni che hanno prodotto una serie di inefficienze, tra cui una sostanziale disparità di accesso alla formazione dei lavoratori e una serie di problematiche legate ad un difetto di leggibilità delle differenti responsabilità e dei dispositivi (Box 7.4).

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Box 7.4 – Le criticità legate all’accesso alla formazione Il tasso di accesso alla formazione continua per i lavoratori del settore privato (imprese con almeno dieci addetti) è cresciuto in modo costante tra il 1974 e il 2005, passando dal 18% al 42%. A partire da questa situazione generale, sicuramente positiva, questa percentuale varia sensibilmente in funzione della dimensione aziendale e delle caratteristiche dei lavoratori (genere, età, livello di istruzione e situazione professionale). Lo sforzo impiegato nella formazione da parte delle aziende risulta sbilanciato a favore dei grandi gruppi dove questo è pari a circa tre volte rispetto a quanto realizzato nelle PMI. Nelle micro imprese (fino a dieci dipendenti) il tasso di ingresso in formazione è ridotto al 10%, salendo al 22% nelle aziende fino a 50 addetti. Un dato certamente acquisito riguarda quindi la difficoltà nell’accesso alla formazione da parte dei lavoratori occupati nelle piccole imprese rispetto alle grandi. Anche i nuovi dispositivi creati con la Legge di riforma del 2004 sono stati utilizzati in modo differente a seconda della dimensione aziendale. Nel 2006 ad esempio, il Dif ha interessato il 14% delle imprese, con un tasso di accesso che se in media ha coinvolto il 4% dei dipendenti, è stato utilizzato dall’1,1% dei lavoratori nelle aziende con 10-19 addetti, una percentuale sei volte inferiore a quelle che contano oltre 2000 dipendenti. Le ineguaglianze sono ancora più evidenti prendendo in considerazione l’inquadramento professionale (dirigenti e quadri rispetto a impiegati e operai), uno stato di fatto che condiziona l’ingresso in formazione indipendentemente dall’età del lavoratore. I lavoratori tra i 40 e i 49 anni sono inoltre quelli che hanno le maggiori possibilita di accedere alla formazione mentre i meno favoriti risultano i lavoratori maturi (nella fascia tra i 50 e i 64 anni). Il titolo di studio è un ulteriore elemento di discriminazione poiché i lavoratori con bassa qualificazione (licenza media) o senza nessun titolo riconosciuto nel 2005 hanno rappresentato il 13,6% dei formati rispetto al 44,3% con titolo di studio elevato (laurea). L’accesso alla formazione è dunque riservato principalmente ai lavoratori più qualificati, con meno di 50 anni e occupati presso grandi aziende.

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Tavola 7.1 - Caratteristiche dei principali dispositivi di formazione esistenti in Francia Piano di

formazione Congedo individuale di formazione (CIF)

Diritto individuale di formazione (DIF)

Periodo di professionalizzazione

Obiettivo

Formazione del personale su iniziativa dell’impresa

Permette al dipendente di seguire a titolo individuale e su iniziativa propria una formazione di sua scelta

Permette al dipendente capitalizzare le ore di formazione con il consenso dell’impresa

Possibilità di acquisire una qualifica o partecipare ad una azione di professionalizzazione

Beneficiari Tutti i dipendenti dell’impresa

Tutti i dipendenti dell’impresa

Tutti i dipendenti dell’impresa

Alcune categorie di dipendenti (inadeguata qualificazione, over 45, con oltre 20 anni di anzianità professionale, disabili ecc.)

Condizione di anzianità

Autorizzazione di assenza da parte dell’impresa Condizioni di

accesso

- Scelta dell’impresa sul dipendente da formare; - Condizioni particolari in caso di formazione fuori orario di lavoro

Finanziamento da parte dell’OPACIF (Organisme Paritaire Agrée au titre du CIF)

- Condizione di anzianità; - accordo dell’impresa sulla scelta della formazione

Condizioni specifiche per ogni categoria di beneficiari

Al massimo: - 1 anno se la formazione è a tempo pieno Durata

Variabile a seconda della formazione scelta dall’impresa - 1200 ore in caso di

formazione part time o discontinua

20 ore per anno fino ad un limite di 120 ore cumulabili in 6 anni

Variabile a seconda delle modalità di avvio in formazione (DIF o piano di formazione)

Tipologie di formazione

- adattamento al posto di lavoro; - evoluzione o mantenimento dell’impiego; - sviluppo delle competenze professionali

Adattamento, promozione, acquisizione, mantenimento o perfezionamento delle conoscenze

- Promozione, acquisizione, perfezionamento delle conoscenze; - azione di qualificazione

Acquisizione di una qualificazione (in base agli accordi di settore)

Nel quadro del DIF Formazione fuori orario di lavoro

Sviluppo delle competenze (limite di 80 ore/anno per dipendente)

Possibilità di utilizzo fuori dall’orario di lavoro

Fuori orario di lavoro salvo accordo contrario

Nell’ambito di una formazione all’interno del piano di formazione

Remunerazione

Mantenimento della retribuzione o indennità di formazione pari alla metà della retribuzione netta (per la formazione effettuata fuori orario)

Mantenimento parziale della remunerazione

Indennità di formazione pari al 50% del salario lordo (formazione effettuata fuori orario)

Indennità di formazione (formazione effettuata fuori orario)

Finanziamento

Spese di formazione imputabili alla partecipazione del dipendente

Presa in carico da parte dell’OPACIF

Spese di formazione imputabili alla partecipazione del dipendente

Spese di formazione imputabili alla partecipazione del dipendente

Presa in carico Per la formazione Non obbligatoria Non obbligatoria Per la formazione fuori

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della formazione

fuori orario di lavoro necessario impegno formale dell’impresa

orario di lavoro necessario impegno formale dell’impresa

7.2 Il percorso della prospettata riforma

Nonostante la volontà innovatrice che ha ispirato la riforma del 2004, i primi bilanci sulla sua attuazione, hanno visto l’affermazione di vecchie debolezze e l’emersione di nuove difficoltà. Tutto ciò ha portato il Governo francese ad annunciare una riforma complessiva del sistema, ritenendo necessario procedere ad un percorso di chiarificazione degli obiettivi e delle priorità che devono ispirare il modello della formazione professionale nel suo complesso, tenendo in debito conto le responsabilità in capo ai soggetti coinvolti.

Il Ministro dell’Economia, dell’Industria e del Lavoro, all’inizio del 2008, ha incaricato un Gruppo di lavoro quadripartito (associando rappresentanti dei Consigli Regionali, delle organizzazioni sindacali e datoriali, oltre che le Amministrazioni dello Stato coinvolte) di studiare possibili percorsi utili della riforma ipotizzando anche modalità e tempi di negoziazione, concertazione e decisione in merito al progetto di legge che il Governo è chiamato ad elaborare.

Sulla base delle indicazioni emerse dal lavoro realizzato da questo Gruppo93, il Governo, conformemente alle disposizioni contenute nella legge relativa al dialogo sociale, ha predisposto un documento di orientamento specificando gli assi fondanti della prospettata riforma sulla base dei quali intraprendere la concertazione con le Parti sociali

L’invito ad avviare la negoziazione (la cui conclusione tra l’altro è attesa per la fine del 2008) è stato lanciato su quattro punti principali:

- rafforzare il collegamento tra formazione ed occupazione, attraverso la creazione di un dispositivo coordinato tra gli attori della formazione e finanziato congiuntamente dagli stessi per la salvaguardia dei percorsi e delle transizioni professionali;

- costruire un sistema più equo permettendo di ridurre le disparità d’accesso alla formazione a favore dei lavoratori delle PMI, dei meno qualificati e dei giovani drop-out, attraverso ad esempio un’estensione dei dispositivi di professionalizzazione ad un pubblico più ampio;

- rendere il sistema della formazione professionale più efficace attraverso un migliore coordinamento dell’azione degli attori coinvolti su scala regionale, un ampliamento della qualità dell’offerta formativa e una riforma della rete di OPCA nella direzione di un loro riassetto dimensionale ed organizzativo;

- rendere l’individuo protagonista del proprio percorso professionale, riformando la gestione del CIF attraverso una razionalizzazione della rete di raccolta e gestione dei fondi dedicati e innovando le possibilità di trasferibilità del DIF (Box 7.5).

93 Il Gruppo di Lavoro Pluripartito sulla Formazione Professionale, presieduto da Pierre Ferracci, si è riunito da marzo a giugno 2008, producendo a conclusione dei lavori un documento di sintesi nel quale sono stati identificati i punti di convergenza, le evoluzioni possibili e i dissensi manifestati sulle proposte di riforma della formazione rofessionale.

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BOX 7.5 - Il Diritto individuale alla formazione Il DIF, che si aggiunge al preesistente Congedo individuale di formazione (CIF), consiste nel diritto generale ad usufruire di 20 annue, cumulabili per sei anni, su iniziativa del lavoratore con l’accordo del datore di lavoro. Possono usufruire del DIF i lavoratori dipendenti a tempo indeterminato (a tempo pieno o ad orario ridotto) con almeno un anno d'anzianità nell'impresa e i dipendenti a tempo determinato in condizioni particolari. La formazione usufruita attraverso il DIF si svolge di regola fuori dell’orario di lavoro, salvo quanto diversamente previsto da convenzioni e accordi collettivi e comporta il versamento al lavoratore della cosiddetta “allocation formation”, pari al 50% del salario netto. In caso di disaccordo con il datore per un periodo superiore ai due anni, il dipendente può beneficiare di un accesso prioritario al Congedo individuale (CIF) a totale carico dell’impresa. Sebbene non necessiti di un accordo collettivo per essere attuato è ugualmente uno dei principali punti di contrattazione nella negoziazione di settore. Gli accordi di settore sono intervenuti infatti per precisare, all’interno del loro campo di intervento, le condizioni di operatività del dispositivo: volume dei diritti, modalità di acquisizione, azioni prioritarie collegate, modalità di realizzazione della formazione nell’orario di lavoro e oltre. L’idea di revisione che si prospetta per il DIF riguarda la possibilità di favorire una migliore condizione di utilizzo del dispositivo permettendo ai lavoratori, nel caso di cambiamento di posto di lavoro, di disporre interamente dei diritti acquisiti nell’impresa che viene lasciata, applicando una piena trasferibilità del diritto anche verso aziende non appartenenti allo stesso settore.

Questo processo di confronto e dibattito si è arricchito nel tempo delle riflessioni giunte da parte di varie Istituzioni ed Organismi (dal Senato Francese, al Consiglio d’orientamento per il Lavoro - COE, dalla Corte dei Conti al Servizio di Ispezione generale degli Affari Sociali - IGAS), che hanno fornito un supporto tecnico significativo, in vista della ricerca di soluzioni operative da adottare nella prospettiva di favorire il miglioramento dell’efficacia ed efficienza del sistema.

7. 3 Le proposte di modifica dei circuiti e dei meccanismi di gestione del sistema

Il circuito di finanziamento del sistema e soprattutto i meccanismi di operatività degli OPCA (Box 7.6) sono oggi al centro delle ipotesi di riforma. BOX 7.6 - Il circuito degli OPCA (Organismes Paritaires collecteurs agrèes) Gli OPCA sono organismi costituiti attraverso accordi tra le parti sociali che ne definiscono il campo di azione (geografico, professionale o interprofessionale), la composizione paritetica del consiglio d'amministrazione e le norme di funzionamento. I mezzi finanziari degli OPCA consistono principalmente nei contributi delle imprese integrati, eventualmente, dal contributo finanziario pubblico (in particolare dal FSE). Ogni settore di attività può, comunque, innalzare i contributi previsti dalla legge attraverso delle obbligazioni pattizie, definite cioè in accordi collettivi approvati dalla Commission Paritaire Nationale Emploi Formation Professionnelle (CPNE). Per raccogliere e gestire i contributi delle imprese, gli OPCA devono obbligatoriamente ottenere un’autorizzazione da parte dello Stato, che viene concessa a seguito della verifica di determinati requisiti di capacità dimensionale e organizzativa per le seguenti attività: - raccolta dei contributi relativi al “piano di formazione e alla “professionalizzazione”; - raccolta dei contributi per il Congedo individuale di formazione. Le due autorizzazioni non possono, salvo eccezioni, essere attribuite in seno ad uno stesso OPCA. Nei primi anni Novanta il Governo ha avvertito la necessità di controllare meglio un comparto considerato poco trasparente e, con la Legge del 20 dicembre 1993, ha tentato, con successo, di semplificare e razionalizzare il sistema. In particolare venne fissata una soglia minima di raccolta pari a 100 milioni di franchi (equivalenti oggi a 15 milioni di Euro94) per impedire la sopravvivenza di organismi di dimensioni ridotte e venne introdotta la possibilità di creare Organismi nazionali di settore o inteprofessionali a carattere nazionale o regionale. Al termine della riforma il numero degli organismi diminuisce drasticamente passando da 255 a meno di un centinaio. Attualmente operano 97 Organismi: - 40 OPCA nazionali, di natura settoriale; - 24 Organismi regionali interprofessionali ;

94 L’autorizzazione agli OPCA da parte dello Stato viene ritirata nel caso in cui l’ammontare della raccolta annuale non raggiunge per due anni consecutivi la soglia dei 15 milioni di Euro. Tuttavia sono ammesse deroghe nel caso di Organismi autorizzati ad operare in uno specifico settore (artigianato, professioni liberali e agricoltura), in ragione della insufficiente massa salariale delle imprese appartenenti a quest’ultimo. Più di un quinto degli OPCA non raggiungono la soglia di raccolta finanziaria minima prefissata.

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- 2 Organismi nazionali di natura interprofessionale e intersettoriale (AGEFOS-PME, Opca interprofessionale che opera con una rete di 24 delegazioni regionali e e che interviene in 38 settori e OPCALIA nato dalla fusione nel 2007 di OPCIB e IPCO che coordina i 25 OPCAREG e che copre 14 settori); - 31Organismi che gestiscono unicamente i fondi per il Congedo individuale di formazione (OPACIF) di cui 26 di rilevanza regionale (FONGECIF) e 5 nazionali (AGECIF). Gli OPCA interprofessionali e quelli di settore raccolgono rispettivamente il 23% e il 77% dei contributi totali versati dalle imprese. I contributi relativi al CIF e alla professionalizzazione devono obbligatoriamente essere versati ad un OPCA. Per le somme dovute per il Piano di formazione, l’ammontare è determinato in base all’accordo di settore (fissato solitamente ad un tasso compreso tra il 20% e il 30% della contribuzione obbligatoria e comunque non eccedente mai il 90%). Il saldo corrisponde all’ammontare non versato all’OPCA prioritario stabilito nell’accordo oltre che alle somme che l’impresa decide di destinare alla formazione oltre il contributo obbligatorio. Questa parte, detta parte libera della raccolta, può essere versata sia all’OPCA di settore che ad un altro OPCA (di solito interprofessionale) sia utilizzata direttamente per realizzare la formazione. Le imprese dei settori coperti da un OPCA interproofessionale conservano invece la totale libertà di scelta del loro OPCA sull’intero contributo obbligatorio. Tuttavia, le imprese con meno di 10 dipendenti devono comunque versare l’intero ammontare del contributo per il piano di formazione all’OPCA prioritario. Attualmente, su 330 accordi collettivi nazionali registrati 230 hanno designato un OPCA.

La riforma del 2004 non aveva rimesso in discussione l’insieme dei meccanismi finanziari che regolano le modalità di gestione delle risorse raccolte dagli OPCA presso le imprese e le tecniche del loro impiego redistributivo alle stesse.

Il Gruppo di lavoro quadripartito, trovando un consenso al proprio interno, ha invece sviluppato piste di riflessione evolutive in merito alla funzione redistributiva degli OPCA come pure al loro dimensionamento e ai compiti attributi agli stessi.

Le decisioni sulle proposte presentate, qualunque saranno le scelte negoziate dalle Parti sociali, avranno necessariamente un impatto significativo sugli OPCA.

Una critica che sovente viene rivolta al sistema è quella di non essere sufficientemente in grado di incoraggiare le imprese a formare i propri dipendenti.

Nello specifico, l’obbligo di finanziamento relativo al piano di formazione, non sembra apportare, come sostenuto dalla Corte dei Conti francese, un correttivo sufficiente alla disparità d’accesso alla formazione.

Come mostra la tabella seguente, la redistribuzione delle risorse versate dalle imprese agli OPCA per il piano di formazione, risulta infatti essere sfavorevole alle piccole imprese con almeno 10 dipendenti.

La lettura dei dati mostra infatti come gli OPCA garantiscano implicitamente alle imprese di media e grande dimensione un diritto di “assorbimento” delle risorse almeno equivalente all’ammontare dei contributi versati. Questa situazione deriva dal fatto che l’adesione agli OPCA per le imprese di almeno 10 addetti è facoltativo (potendo le stesse scegliere di gestire il loro piano di formazione in autonomia senza versare il contributo all’OPCA di riferimento) mentre è obbligatoria per le aziende con meno di 10 addetti (per le quali l’obbligo contributivo è ritenuto indispensabile per garantire la mutualizzazione delle risorse)

Un segnale diretto della difficoltà di funzionamento del sistema era stato lanciato dalle Parti sociali già nell’accordo interprofessionale del dicembre 2003, dove si manifestava l’intenzione di aprire una riflessione sul principio della contribuzione obbligatoria attraverso “l’esame delle modalità e delle conseguenze del passaggio da un’obbligo normativo ad un obbligo contrattualizzato in materia di formazione continua”.

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Tabella 7.1 - Effetti redistributivi degli OPCA per dimensione aziendale (2005)

Classe dimensionale dell’impresa Ripartizione dei contributi versati agli

OPCA

Ripartizione delle spese prese in carico dagli OPCA

Meno di 10 dip. 13% 12% Da 10 a 199 dip. 49,6% 46,5% Da 200 a 1999 dip. 26,1% 26,2% 2000 dip. e oltre 11,3% 15,3% Totale 100% 100% Fonte: Cour de Comptes, Rappor publique thématique “La formation professionnelle tout au long de la vie”, 2008

Questo intento (per il piano di formazione delle imprese con almeno 10 dipendenti) ha trovato all’interno del Gruppo di lavoro una favorevole accoglienza, poiché il passaggio ad un obbligo di contribuzione contrattualizzato non comporterebbe comunque un disimpegno massiccio del finanziamento degli OPCA dal momento che il tasso di partecipazione finanziaria dalla formazione è pari a circa il doppio rispetto al contributo richiesto obbligatoriamente.

Inoltre, come diffusamente riconosciuto, l’evoluzione del sistema non può più prescindere dallo sviluppo e dal potenziamento dei compiti assegnati agli OPCA. Tuttavia l’aspetto relativo all’espletamento di attività di assistenza e informazione e dei cosiddetti servizi di prossimità95 non viene considerato se non nella misura in cui queste attività danno luogo a spese imputabili ai costi di gestione.

Un Decreto del Ministero del Lavoro del 1996 ne ha fissato il tetto massimo al 9,9%, aumentato di due punti percentuali (pari a 11,9%) per gli organismi di natura interprofessionale in ragione delle difficoltà legate alla raccolta di risorse presso le imprese più piccole (con meno di 10 dipendenti in particolare).

Questa percentuale in realtà corrisponde alla somma di due plafond che fanno riferimento a distinte basi imponibili:

- il 4% delle uscite di cassa dell’esercizio corrente per le spese di gestione amministrative e finanziarie relative ai dossier formativi presi in carico (tasso aumentato di un punto

95 Nella pratica degli OPCA il livello di assistenza alle imprese è molto differenziato e tiene conto della strategia adottata dall’Organismo. Il concetto di prossimità è inteso non solo in termini di distanza geografica o professionale o di localizzazione reticolare della struttura e specializzazione delle funzioni consulenziali, ma anche in termini culturali di logica di appartenenza al territorio grazie alla costruzione di un sistema di rappresentanza, di linguaggio e di saperi. E’ possibile identificare tre comuni categorie di prestazioni: I. Accompagnamento nell’identificazione dei fabbisogni formativi: - Analisi dei fabbisogni - Valutazione delle competenze - Costruzione dei persorsi formativi II. Ingegneria della formazione - Individuazione delle fasi del processo formativo - Aiuto all’elaborazione del piano formativo - Supporto nella partecipazione agli avvisi - Identificazione delle risorse necessarie - Scelta degli organismi di formazione III. Ingegneria finanziaria e costruzione partenariato - Stima dei costi e supporto nella fase di spesa - Elaborazione del budget del progetto - Individuazione degli strumenti normativi a disposizione - Ricerca di partenariati - Costruzione del piano di finanziamento - Bilanci pedagogici e finanziari

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percentuale per gli organismi di natura interprofessionale);

- il 5,9% delle risorse introitate nel corso dell’esercizio per le spese di raccolta delle risorse e dei servizi di informazione e di prossimità alle imprese (tasso elevato anch’esso di un punto per gli organismi interprofessionali) 96.

Le condizioni di applicazione dei plafond sono stati oggetto di critiche da parte della Corte dei Conti che ritiene che i tetti di spesa fissati a priori non siano soddisfacenti nella misura in cui non tengono conto delle economie di scala che dovrebbero accompagnare la crescita delle risorse raccolte. Questi plafond, inoltre, sono ritenuti da alcuni OPCA non adeguati a permettere uno sviluppo efficace dell’insieme delle attività di sostegno alle imprese, anche se c’è da constatare il fatto che su 40 OPCA di settore, quattordici sono ancora totalmente privi di “antenne” locali (configurazione che si presenta poco favorevole per lo sviluppo dei servizi di prossimità alle imprese) e dieci tra quest’ultimi hanno una raccolta inferiore ai 27 milioni di euro.

D’altro canto i lavori del Gruppo quadripartito hanno condotto a ritenere che lo sviluppo di tali servizi alle piccole e soprattutto alle micro imprese, anche in termini di sostegno personalizzato nella costruzione dei progetti formativi, sia un asse indispensabile all’evoluzione della funzione degli OPCA e che questo sviluppo debba aprire una riflessione sulla quota delle spese di gestione, per le quali, sembra opportuna una modulazione del loro livello in funzione delle imprese aderenti (ad esempio grandi imprese concentrate in poche regioni o micro e piccole imprese distribuite sull’intero territorio nazionale). E’ comunque evidente che la capacità di realizzare i diversi compiti assegnati agli OPCA (la gestione amministrativa e contabile, oltre all'informazione, la consulenza e la costruzione dei dossier formativi) sia condizionata dalla dimensione dell’organismo e che il pieno dispiegamento dei servizi di prossimità non sia praticabile se non a partire da una certa massa critica di risorse per mantenere le spese di gestione entro limiti ragionevoli.

Per l’IGAS il soddisfacimento di queste condizioni sarebbe possibile sulla base di tre criteri (da individuare per via normativa) in termini di:

- presenza territoriale ( assicurata direttamente dall’OPCA o da un soggetto delegato da uno o più OPCA);

- capacità di indirizzo (qualunque sia la formula adottata, la presenza territoriale dovrà essere articolata a livello regionale al fine di garantire il dialogo con le autorità pubbliche locali, la valutazione della portata delle azioni finanziate e l’innalzamento della qualità formativa);

- organico (l’OPCA dovrà mettere a disposizione delle imprese aderenti consulenti qualificati, ai quali attribuire un portafoglio di imprese con l’obiettivo di monitorarne l’attività formativa effettuando dalle 250 alle 300 visite annuali; per le micro imprese viene invece indicato un obiettivo annuale di visite pari al 20% del numero totale delle imprese aderenti).

Questa proposta, nella prospettiva di garantire una massa critica di risorse che permetta di raggiungere economie di scala significative contemperando la pertinenza del plafond generale delle spese di gestione, ha trovato un consenso nell’innalzamento della soglia di raccolta delle risorse dagli attuali 15 milioni di Euro a 100 milioni di euro.

96 Il Ministero del Lavoro tuttavia tollera una certa fungibilità tra i due tipi di spese e richiede in definitiva il semplice rispetto del plafond totale massimo delle spese.

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L’accoglimento di questa raccomandazione comporterebbe una ristrutturazione generale del sistema degli OPCA con la creazione di nuovi raggruppamenti di organismi la cui configurazione dipenderà avviamente dalle negoziazioni tra le parti sociali chiamati a gestirli.

7. 4 Alcuni dati aggiornati sulla formazione continua in Francia

Nel 2007 le imprese con meno di dieci dipendenti hanno speso circa 524 milioni di Euro per la formazione continua di 5,4 milioni di lavoratori, contro i quasi 9 miliardi di euro spesi dalle aziende con almeno 10 impiegati permettendo la partecipazione di circa 10,5 milioni di salariati (tab 7.2).

Per quest’ultima tipologia di aziende, l’impegno economico annuale per la formazione dei propri dipendenti è stato pari mediamente a 844 euro, una cifra quasi 9 volte superiore a quanto speso dalle imprese più piccole (pari a circa 97 euro).

Tabella 7.2 - La partecipazione delle imprese alla formazione continua nel 2007 (dati provvisori)

Imprese con almeno 10 dipendenti

Imprese con meno di 10 dipendenti

Totale

Numero di imprese (unità) 119.833 1.280.744 1.400.577

Numero di dipendenti (unità) 10.541.953 5.405.506 15.947.459

Spese sostenute (Milioni di Euro) 8.905 524 9.429

Fonte: Assemblée Nazionale Francaise, Projet de Loi de Finances pour 2009 – Annex Formation Professionnelle

Il tasso di partecipazione finanziaria alla formazione delle imprese con almeno 10 dipendenti si mantiene al di sotto del 3% (2,96% nel 2007). La sua evoluzione da oltre sette anni mostra una tendenza decrescente che comunque non ha impedito alle imprese, in modo particolare a quelle medio-grandi, di contribuire alla formazione in misura nettamente superiore alla soglia di contribuzione obbligatoria (3,97% nel 2006 per le imprese con oltre 2000 dipendenti).

Livello La contrazione risulta più sensibile per le piccole e medie imprese, con una caduta nel 2005 della partecipazione finanziaria per le imprese da dieci a diciannove addetti che però è conseguente all’introduzione della normativa che ha portato l’obbiligo contributivo dall’1,6% all’1,05% della massa salariale (tab 7.3). Tabella 7.3 - Evoluzione del tasso di partecipazione finanziaria dal 1999 al 2006 (%)

Classi di addetti

1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006

10-19 1,84 1,69 1,64 1,64 1,69 1,74 1,33 1,29 20-49 2,01 1,94 1,95 1,85 1,79 1,97 1,92 1,90 50-249 2,44 2,39 2,39 2,37 2,28 2,37 2,27 2,26 250-499 2,99 2,89 2,92 2,78 2,74 2,77 2,66 2,64 500-1999 3,55 3,49 3,48 3,41 3,28 3,32 3,34 3,31 2000 e oltre 4,72 4,58 4,42 4,12 3,93 4,07 3,95 3,97 Totale 3,31 3,23 3,17 3,05 2,93 3,01 2,89 2,88

Fonte: Assemblée Nazionale Francaise, Projet de Loi de Finances pour 2009 – Annex Formation Professionnelle

Questa situazione si ripercuote anche nella distribuzione della spesa in formazione da parte delle imprese, che evidenzia la preponderanza delle grandi imprese nell’impegno di realizzare la formazione. Nel 2006 infatti il peso delle grandi imprese (oltre 2000 addetti) sul volume globale della spesa sostenuta risultava essere elevata con circa il 37% rispetto al 2% delle imprese tra 10 e

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Rapporto 2008 sulla formazione continua

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19 dipendenti, considerato che la prima categoria di imprese occupavano un quarto dei lavoratori (tab 7.4).

Tabella 7.4 - Partecipazione delle imprese alla formazione per classi di addetti (2006 – dati consolidati)

Classe di addetti 10-19 20-49 50-249 250-499 500-1999 2000 e oltre

Totale imprese con almeno 10 dipenendenti

Numero di imprese (unità) 33.015 56.153 24.484 3.166 2.157 393 119.368

Massa salariale (Milioni di

Euro) 13.687 44.709 67.098 30.980 60.364 80.451 297.289

Spese sostenute (Milioni di

Euro) 177 849 1.513 819 1.996 3.193 8.548

Numero di dipendenti 482.169 1.839.130 2.536.843 1.103.080 1.972.135 2.524.892 10.458.249

Numero di partecipanti alla

formazione 64.581 386.496 874.642 484.786 994.980 1.464.700 4.270.185

% di dipendenti in formazione 13,4 21,0 34,5 43,9 50,5 58,0 40,8

Fonte: Assemblée Nazionale Francaise, Projet de Loi de Finances pour 2009 – Annex Formation Professionnelle

Nell’allocazione delle risorse per la formazione continua un ruolo significativo è certamente svolto dagli OPCA che nel corso degli ultimi hanno visto aumentare costantemente la quota di fondi raccolti.

Nel 2007 questi organismi hanno raccolto 5,745 miliardi di euro (tab 7.5), raddoppiando praticamente l’ammontare delle risorse gestite nell’arco di un decennio (nel 1996 i versamenti agli OPCA ammontavano a circa 2,8 miliardi di euro).

La raccolta per il piano di formazione è la più importante (2,969 miliardi di euro), seguita dalla raccolta per i dispositivi di professionalizzazione (1,88 miliardi di euro) e da quella a titolo del CIF (0,889 miliardi di euro). Tabella 7.5 - Risorse finanziarie raccolte dagli OPCA per tipo di attività (dati provvisori anno 2007)

Tipologia di raccolta Risorse raccolte

(Miliardi di Euro)

Evoluzione 2005/2007

Professionalizzazione (0,5% e 0,15%) 1,887 +7% CIF – tempo indeterminato 0,707 +10% CIF – tempo determinato 0,182 +12% Piano di formazione per imprese con almeno 10 dip (0,9%). 2,564 +13% Piano di formazione per imprese con meno di 10 dip. (0,4%) 0,405 +28%

Fonte: Assemblée Nazionale Francaise, Projet de Loi de Finances pour 2009 – Annex Formation Professionnelle

Questo ruolo di intermediazione è particolarmente importante per le piccole e medie imprese che fanno largo appello ai fondi mutualizzati per soddisfare un bisogno di formazione che solitamente supera la propria capacità di finanziamento.

Analizzando i dati del 2007 relativi agli OPCA coinvolti per l’attività del piano di formazione delle imprese con almeno 10 dipendenti (65 OPCA) è risultato che oltre 183 mila imprese che impiegano circa 12,3 milioni di lavoratori hanno effettuato un versamento liberatorio a titolo del

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piano di formazione presso un OPCA. Le imprese da 10 a 49 dipendenti rappresentano più del 78% del totale delle aderenti ad un OPCA (rispetto a 183.587 di imprese). Al contrario le imprese con oltre 500 lavoratori non superano l’1,40%. Il contributo medio versato dalle imprese (tab 7.6) è pari a 13.689 euro (5.062 euro per le imprese con meno di 50 addetti).

Tabella 7.6 - Versamenti agli OPCA da parte delle imprese con almeno 10 dipendenti per la tipologia Piano di Formazione (dati provvisori 2007)

10-19 20-49 50-199 20-499 500-1999

2000 e oltre

Non ripartiti

Totale

Imprese aderenti

79.524

64.555

29.291

6.003

2.188

375

1.651

183.587

% 43,32% 35,16% 15,95% 3,27% 1,19% 0,20% 0,9% 100%

Numero dei dipendenti

beneficiari (in milioni)

1,124 2,049 2,71 1,77 1,92 2,72 12,3

% 9,14% 16,66% 22,05% 14,4% 15,61% 22,13% 0% 100%

Contribuzioni percepite

dagli OPCA (Milioni di

Euro)

269,48 459,92 599,16 371,80 398,29 361,52 52,94 2.513,14

% 10,73% 18,3% 23,84% 14,79 15,85% 14,39% 2,11% 100%

Fonte: Assemblée Nazionale Francaise, Projet de Loi de Finances pour 2009 – Annex Formation Professionnelle

Nello stesso anno i 65 OPCA autorizzati a finanziare attività nell’ambito del piano di formazione con più di 10 addetti hanno preso in carico, totalmente o parzialmente, le spese relative ad azioni di formazione che hanno coinvolto circa 3 milioni di lavoratori (3.016.818 beneficiari). Considerando il numero complessivo di oltre 1,7 milioni di azioni di formazione finanziate (escluse quelle per bilancio delle competenze e validazione dell’esperienza professionale) è risultata una durata media delle azioni pari a 44 ore dando luogo ad un intervento finanziario da parte dell’OPCA fino a 1.343 € (costi pedagogici e annessi), con un contributo medio di adesione per impresa pari a circa 13.689 euro. Si è trattato di attività di formazione di breve durata (60% con durata inferiore alle 20 ore) e che non hanno prodotto certificazioni delle competenze per l’84% dei casi.

Riguardo alla partecipazione delle imprese con meno di 10 dipendenti, sono poco meno di 1,3 milioni le imprese (con un bacino di più di cinque milioni di lavoratori) ad avere effettuato il versamento liberatorio (peraltro obbligatorio come visto più indietro) a titolo di piano di formazione presso un OPCA. L’ammontare dei contributi raccolti dagli OPCA nel 2007 ammonta a 405 Milioni di euro con un aumento del 7% rispetto al 2006. Il contributo medio per impresa è pari a 301 euro. Nel 2007 il numero di lavoratori per i quali gli OPCA hanno preso in carico le spese per la realizzazione di un’attività formative sono stati pari a circa 483 mila unità. Le azioni formative hanno avuto una durata media di 40 ore e ha dato luogo ad un intervento finanziario dell’OPCA fino ad un limite di 970 euro. Il 91% delle azioni ha avuto una durata inferiore alle 60 ore e l’88% delle azioni non è stata certificata.

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Capitolo 8

Il contributo del PON FSE 2007-2013 a sostegno delle strategie nelle Regioni Obiettivo Convergenza

Nel presente capitolo sono illustrati alcuni temi e modalità di intervento su cui il Ministero del

Lavoro, attraverso il PON FSE e il contributo attuativo dell’Isfol, ha inteso contribuire al consolidamento delle strategie messe in atto dalle Regioni per la formazione continua, in particolare dalle Amministrazioni dell’Obiettivo Convergenza.

L’integrazione delle politiche e degli strumenti di sostegno nazionali e comunitari, il sostegno all’innovazione e alla competività dei sistemi produttivi, l’attenzione ad alcuni target che assolvono a ruoli rilevanti nell’implementazione dell’innovazione tecnologica ed organizzativa (quali i titolari di microimprese e le figure manageriali delle aziende di più grande dimensione) o che risultano essere maggiormente soggetti a fenomeni di ristrutturazione e di crisi economica (quali i lavoratori più anziani), sono oggetto di attenzione delle politiche comunitarie ma rappresentano al contempo temi di cruciale rilevanza per le politiche dello sviluppo economico e dell’occupazione.

Lo sviluppo di un sistema di formazione continua, in ragione del recente sviluppo dei suoi strumenti (in particolare dei Fondi Interprofessionali) presenta ancora problemi di governance, le imprese mostrano ancora una incerta propensione all’innovazione tecnologica ed organizzativa, inferiore a quella presente in altri Paesi dell’Unione; il tessuto imprenditoriale italiano è fortemente caratterizzato da un’elevata presenza di microimprese, le politiche per l’invecchiamento attivo presentano ancora carenze, anche sul piano della semplice messa in rete delle best practice.

Le attività descritte nel presente capitolo rappresentano parte delle modalità con cui il Ministero del Lavoro intende facilitare, attraverso il PON/FSE 2007-2013 “Governance e Azioni di sistema Ob. 1 Convergenza”, le dinamiche in atto a livello regionale in favore della formazione continua dei lavoratori97. Per ciascuna di esse è presentata una descrizione del contesto e degli orientamenti delle attività previsti nel Piano di attività dell’Isfol.

8.1 Promozione dell’integrazione delle politiche e degli strumenti di sostegno comunitari e

nazionali alla Formazione Continua

Le condizioni della coesistenza di diversi strumenti di sostegno alle iniziative di Formazione Continua e le strategie di integrazione (programmatica e operativa) per la costruzione di un sistema compatibile, complementare e coerente, sono da molto tempo al centro dell’attenzione. Il ritardo accumulato dal nostro Paese sul fronte della diversificazione degli strumenti98 si riflette anche sulle strategie di integrazione. Se infatti, almeno sul fronte regionale (in particolare nel Nord e nel Centro), è relativamente diffusa la ricerca di coerenza tra le risorse FSE e quelle di provenienza

97 Tra esse va annoverata anche l’attività “Iniziative a sostegno della crescita della competitività delle imprese e delle competenze dei lavoratori, la nascita di nuove imprese in settori/filiere ad elevato contenuto tecnologico e di conoscenza; valorizzazione delle buone pratiche esistenti”, i cui obiettivi e risultati intermedi sono indicati nel capitolo 1 del presente Rapporto. 98 La gestione dei finanziamenti alle imprese da parte della bilateralità è relativamente recente.

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Rapporto 2008 sulla formazione continua 239

nazionale (in particolare quelle della legge 236/93 e della legge 53/00) lo sviluppo dell’integrazione tra le risorse a disposizione delle amministrazioni regionali e quelle dei Fondi Paritetici è ancora allo stato embrionale.

All’accresciuta attenzione degli operatori sull’assenza di strategie, percorsi e strumenti di integrazione, non hanno fatto seguito, almeno fino ad ora, risultati pienamente soddisfacenti e soprattutto concretamente utilizzabili.

L’Accordo dell’aprile 2007 (tra il Ministero del Lavoro, le Regioni e le Parti Sociali) che intendeva porre le basi del “sistema nazionale di formazione continua, progressivamente ordinato, non concorrenziale ma integrato”, ha prodotto fino ad ora risultati parziali. Sul piano nazionale l’Accordo rimandava la sua concreta attuazione alle iniziative concordate nell’ambito dell’Osservatorio Nazionale per la formazione Continua, mentre sui territori, alle intese tra le singole Regioni e le Parti Sociali di livello locale.

L’operatività dell’Osservatorio nazionale si è per ora limitata alla definizione delle sue caratteristiche organizzative interne, dei limiti delle sue attribuzioni, e del grado di cogenza verso terzi delle sue future determinazioni. La maggior parte degli sforzi sono stati indirizzati in sostanza nella ricerca di una “autoregolamentazione” che rispondesse simultaneamente all’esigenza di garantire una rappresentanza il più possibile ampia e diversificata e di produrre velocemente determinazioni operative condivise e quindi cogenti.

Sul fronte locale si sono registrati invece i progressi più interessanti, anche se al momento limitati solo a poche Regioni. Alcune amministrazioni hanno infatti proceduto autonomamente alla stipula di intese con le Parti Sociali e con i Fondi Paritetici Interprofessionali. Le intese locali assumono come obiettivo prioritario l’armonizzazione e il coordinamento delle rispettive programmazioni. I contenuti sono ovviamente diversificati e rispondono alle esigenze emergenti nei diversi contesti in cui sono state prodotte. Gli accordi regionali fin qui stipulati (Veneto, Emilia Romagna, Toscana, Campania, Lazio, Liguria, Marche) sono accomunati dall’esigenza di condividere e sistematizzare alcuni specifici ambiti declinando, con modalità diversificate e peculiari, forme e oggetti dell’integrazione che riguardano in particolare:

le modalità per il coordinamento degli interventi formativi, in relazione alle diverse tipologie dei beneficiari, delle risorse da impegnare e degli strumenti di intervento;

le modalità di sostegno ai lavoratori, alle imprese e ai territori per garantire pari opportunità nell’accesso alla formazione;

la promozione di una offerta formativa qualificata e adattabile alle diverse esigenze;

la definizione delle condizioni per il reciproco riconoscimento degli interventi formativi;

le modalità operative per lo scambio reciproco dei risultati delle attività di monitoraggio e di valutazione degli interventi.

Vengono poi definite le modalità operative con cui si intendono perseguire le finalità, circostanziando metodi e articolazioni organizzative e promuovendo le prime sperimentazioni di programmazione integrata.

Da un punto di vista generale il fenomeno dell’integrazione segue simultaneamente tre binari distinti si osserva:

1. un’integrazione locale di livello intra-istituzionale; ossia tra le singole amministrazioni regionali e quelle provinciali, secondo una logica che riguarda sia le risorse, sia la costruzione di

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Rapporto 2008 sulla formazione continua 240

servizi co-gestiti o riconosciuti reciprocamente (in questo senso lo sviluppo dei cataloghi dell’offerta è paradigmatico: all’interno delle esperienze delle singole regioni l’integrazione operativa è riferibile soprattutto alla diffusione della formazione a domanda individuale o dei voucher aziendali, come si è osservato soprattutto nelle Regioni del Centro-Nord);

2. un’integrazione locale di livello inter-istituzionale, ossia tra amministrazioni locali e altri soggetti che gestiscono risorse di sostegno (in particolare i Fondi Paritetici);

3. la definizione delle strategie a livello nazionale, ove vengono definiti i futuri sviluppi e i campi dell’integrazione, in particolare presso l’Osservatorio nazionale sulla Formazione Continua e nei suoi Gruppi di lavoro (sulle politiche di integrazione, sugli strumenti per le piccole e micro imprese, sul monitoraggio e sulla valutazione).

Obiettivo generale delle attività programmate dall’Isfol è quello di sostenere i processi di integrazione in atto a livello locale e supportare gli ulteriori processi di integrazione, a partire dalle Regioni dell’Obiettivo Convergenza.

In termini operativi le attività possono essere così declinate:

1. analizzare e monitorare le esperienze di integrazione in atto al fine di rilevarne le prassi di funzionamento ed evidenziarne gli elementi di esportabilità in altri contesti, ponendo particolare attenzione:

all’assetto programmatico generale degli accordi di livello locale con particolare riguardo agli “strumenti” e alle “sedi” di intesa;

alle articolazioni organizzative e operative che facilitano l’attivazione e l’attuazione degli Accordi locali;

ai dispositivi specifici di attuazione e alle loro caratteristiche di dettaglio (integrazione di risorse di provenienza diversa, scelta dei target obiettivo, procedure);

all’individuazione degli elementi esemplari suscettibili di promozione, sviluppo e ulteriore diffusione.

2. promuovere la diffusione e l’integrazione di sistemi strutturati e permanenti di monitoraggio degli interventi, sulla base di quanto sperimentato dall’Istituto in altri contesti;

3. identificare un modello di supporto alle esperienze di integrazione locale, anche nell’ambito dei lavori dell’Osservatorio nazionale della FC e in coerenza con quanto previsto dall’Accordo Tripartito dell’aprile 2007;

4. promuovere la diffusione dei modelli di integrazione verso le Regioni dell’obiettivo Convergenza, attraverso:

la produzione di studi ed approfondimenti,

il sostegno tecnico - scientifico alle amministrazioni locali, anche attraverso l’attivazione di gruppi di lavoro territoriali, composto dai rappresentanti dei soggetti coinvolti,

la predisposizione di strumenti web specifici di condivisione e diffusione delle soluzioni e delle prassi operative.

Devono essere attentamente considerate le particolari opportunità strategiche e operative sulle quali l’Isfol può contare nella realizzazione dell’attività qui illustrata: sul piano nazionale l’Istituto è titolare dell’Assistenza tecnico scientifica all’Osservatorio nazionale per la FC (ed ai Gruppi di lavoro costituiti al suo interno), svolge un analogo ruolo, sul piano locale, nell’Osservatorio

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Rapporto 2008 sulla formazione continua 241

regionale sulla FC previsto dall’Intesa locale stipulata in Veneto ed è contitolare (insieme con Italia Lavoro S.p.A.) del progetto per la creazione del sistema permanente di monitoraggio delle attività finanziate dai Fondi Paritetici Interprofessionali. L’Istituto (e in particolare l’Area politiche e offerte per la FC) è infine impegnato in via continuativa e strutturale nel monitoraggio delle policy di livello locale.

Ciò permette una corretta e razionale valorizzazione:

degli atti e della documentazione prodotte nell’ambito dell’attività di assistenza all’Osservatorio e ai suoi Gruppi di lavoro;

dei risultati delle attività di monitoraggio relative all’attuazione a livello locale delle misure FSE, ex lege 53/00, ed ex lege 236/93;

dei dati di monitoraggio delle attività finanziate dai Fondi Paritetici Interprofessionali e della metodologia generale messa a punto nella creazione del sistema;

dei risultati delle analisi sugli atti e sulla documentazione programmatica e operativa prodotta, sia dalle amministrazioni locali, sia dagli altri organismi coinvolti nei processi di integrazione;

della rete relazionale che coinvolge tutti gli interlocutori istituzionali di livello locale e nazionale.

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Tavola 8.1 - Caratteristiche salienti dei primi Accordi locali stipulati (aggiornamento al 20 novembre 2008)

Data – periodo Accordo

Firmatari Temi specifici Organismi/strutture operative

Provvedimenti derivati Notazioni

Veneto

09-ott-07 Regione; Articolazioni regionali di: Confindustria, Confapi, Federmanager, CNA, Confartigianato, Casartigiani, Federclaai, Confcommercio, Confesercenti, ConfProfessioni, Confcooperative, Legacooperative, Confsaal, A.G.C.I., C.G.I.L., C.I.S.L., U.I.L..

a. Integrazione dei sistemi di monitoraggio per definire un quadro conoscitivo d’insieme; b. favorire la presenza in Regione di referenti di ciascun Fondo. L’Accordo, inoltre, richiama esplicitamente il sostegno integrato a target tradizionalmente considerarti deboli (lavoratori over 45, micro imprese e PMI).

Osservatorio Regionale permanente finalizzato all’indirizzo, integrazione, monitoraggio e valutazione del “sistema regionale di formazione continua”. Tra le sue funzioni vi è quella di proporre e promuovere la realizzazione di iniziative sperimentali, avviare processi di accreditamento e certificazione dei percorsi formativi, ma anche attività di indagine e di carattere formativo/informativo.

La Regione si avvale dell’assistenza tecnica dell’Isfol, soprattutto in seno all’Osservatorio.

Emilia Romagna

24-gen-08 Regione; Parti Sociali regionali presenti nei Fondi sottoscrittori l’Accordo. L’Accordo potrà essere sottoscritto anche in fase successiva.

Tra le diverse tematiche: a. ricostruzione di un quadro conoscitivo d’insieme sul sistema di FC regionale; b. strutturazione di un’offerta di formazione lungo tutto l’arco della vita in grado di rispondere agli obiettivi definiti nel POR e negli altri indirizzi di programmazione delle FC (in questo ambito si richiama la necessità si sostenere l’adattabilità di soggetti deboli in un quadro di pari opportunità tra tutte le persone occupate); c. valorizzazione delle relazioni sindacali e della bilateralità; d. favorire la

Tavolo Tecnico Regionale per la Formazione Continua costituto dai firmatari dell’Accordo e da rappresentanti delle Amministrazioni Provinciali. Agisce in raccordo con l’Osservatorio Nazionale della FC. Il Tavolo tra le sue funzioni: ricostruisce il quadro conoscitivo dell’offerta regionale di FC, e soprattutto sviluppa raccordi e integrazioni rispetto a temi quali le qualifiche professionali, le prassi di piani formativi, il Sistema di Accreditamento Regionale, sistemi di Valutazione. Il

Notevoli enfasi viene data alle funzioni del tavolo tecnico regionale, che di fatto, in termini operativi, si fa carico delle strategie e dell’operatività di integrazione per un ampia gamma di funzioni e servizi da integrare secondo una logica centrata sul lifelong learning e sullo sviluppo territoriale. Rilevante osservare come nel Tavolo siano presenti anche le Amministrazioni provinciali in quanto gestori dei fondi pubblici di FC

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presenza di referenti dei Fondi presso la Regione.

Tavolo provvede a redigere report periodici (che aiutano alla co-programmazione all’individuazione di tematiche specifiche e/o prioritarie) e annuali.

Toscana

10-gen-07 Regione; Parti Sociali regionali presenti nei Fondi sottoscrittori l’Accordo (Si tratta delle parti che hanno data vita a Fondartigianato, Fondimpresa, For.Te, FonTer, Fon.Coop.).

a. sperimentazione di forme di coordinamento finalizzate ad ampliare il ricorso da parte delle imprese degli strumenti di FC; b. realizzazione di interventi formativi a favore di target non coperti dai Fondi, favorendo la reciprocità di intervento dei Fondi stessi per i lavoratori dipendenti.

Tavolo di lavoro finalizzato a garantire politiche coerenti per costruire il sistema integrato, consentire un utilizzo ottimale delle risorse per qualificare l’accesso alla FC e realizzare una programmazione efficace in termini di competenza, competitività e capacità di innovazione.

Decreto (e successivo Avviso) n.1271 del 14 marzo 2007 finalizzato alla selezione ed il finanziamento di progetti di formazione continua finanziati in maniera integrata dal FSE OB.3 – Misura D1 – e dai Fondi Paritetici Interprofessionali. Le risorse del FSE (1/3 rispetto all’importo complessivo) finanziano imprenditori, disoccupati/inoccupati destinati all’assunzione, lavoratori atipici), nello stesso piano le risorse dei Fondi finanziano i lavoratori dipendenti.

Le attività relative ai progetti integrati sono in via di conclusione.

Campania

12-mag-06 Regione; Province; Organizzazione degli industriali

a. Estensione dell’accordo ad altri fondi; b. sperimentazione di percorsi formativi per occupati attraverso integrazione di risorse; c. monitoraggio e valutazione delle sperimentazioni da parte degli Organismi bilaterali.

Comitato dio Indirizzo per la formazione continua e del Forum di consultazione per la Formazione Continua

Delibera 703 del 24 aprile 2007: si fa riferimento, tra l’altro, a voucher aziendali, finanziati con risorse 236/93, che verranno erogati d’intesa con i Fondi Interprofessionali aderenti all’Accordo. L’Avviso che rende operativa la delibera non è ancora stato emanato.

L’Accordo della Campania può definirsi prototipo rispetto ad altri che si intendono stipulare, sullo stesso modello, con altri comparti produttivi e relative organizzazioni di rappresentanza (parti datoriali, sindacali e bilaterali, come Fondi Paritetici Interprofessionali).

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Lazio

Sett.-08 Regione; Parti Sociali regionali presenti nei Fondi sottoscritttori l’Accordo. L’Accordo potrà essere sottoscritto anche in fase successiva.

Tra le diverse tematiche: a. ricostruzione di un quadro conoscitivo d’insieme sul sistema di FC regionale; b. costruzione di un sistema di formazione continua (verso un modello di governance allargata) c. strutturazione di un’offerta di formazione lungo tutto l’arco della vita in grado di rispondere agli obiettivi definiti nel POR e negli altri indirizzi di programmazione delle FC (in questo ambito si richiama la necessità si sostenere l’adattabilità di soggetti deboli in un quadro di pari opportunità tra tutte le persone occupate).

Tavolo Tecnico Regionale per la Formazione Continua costituto dai firmatari dell’Accordo e da rappresentanti delle Amministrazioni Provinciali. Il Tavolo tra le sue funzioni: promuove iniziative sperimentali di coordinamento tra le programmazione dei diversi soggetti, propone temi e priorità su cui far convergere la programmazione integrata, sviluppa raccordi e integrazioni rispetto a temi quali l’accreditamento e la certificazione dei percorsi regionali, ricostruisce il quadro conoscitivo e promuove specifiche indagini sulla domanda e sull’offerta. regionale di FC.

Come per l’Emilia Romagna centrale sarà la funzioni del tavolo tecnico regionale, che di fatto, in termini operativi, si fa carico delle strategie e dell’operatività di integrazione per un ampia gamma di funzioni e servizi da integrare secondo una logica centrata sul lifelong learning e sullo sviluppo territoriale. Rilevante osservare come nel Tavolo siano presenti anche le Amministrazioni provinciali in quanto gestori dei fondi pubblici di FC

Liguria

22-sett-08 Regione, Province, Parti sociali di livello regionale (CGIL, CISL, UIL, UGL, Confsal, Confindustria, Confartigianato, Lega Ligure delle Mutue Cooperative, Confcooperative, Confcommercio, Confesercenti, Confederazione It. Agricoltura, ConF.Agricoltura, Coldiretti, CNA Liguria, Confai Liguria, Associazioni Industriali)

L’obiettivo principale riguarda la necessità di incrementare le attività di Formazione Continua dei lavoratori al fine di rafforzare la capacità competitiva delle imprese e del sistema. L’Accordo richiama in più punti la necessità di integrare le diverse fonti di finanziamento, anche al fine di programmare interventi di formazione di tipo integrativo e complementare (ad esempio su target normalmente non coperti dai Fondi, da imprenditori a lavoratori atipici).

Tavolo di lavoro permanente con tutte le componenti firmatarie, con lo scopo di definire strategie condivise rispetto alla programmazione che armonizzi le strategie dei diversi soggetti, proceda con monitoraggi (sia sulle attività di formazione che sull’analisi dei fabbisogni formativi), individui strumenti innovativi e set di indicatori.

Uno dei punti essenziali dell’Accordo riguarda il la valorizzazione dell’attuale sistema di Accreditamento, al fine di incrementare ulteriormente la qualità dell’offerta formativa rivolta a lavoratori e imprese e rafforzare la qualità del sistema produttivo

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Marche

11-giu-08 Regione, Province, Parti sociali rappresentanti dei settori industria, artigianato, agricoltura, commercio e turismo, CGIL CISL UIL Campania, Fondartigianato, FAPI, Fondimpresa, For.Te, Fon.Coop, Fon,Ter.

a. estensione dell’accordo ad altri fondi; b. integrazione di risorse e strategie tra i diversi soggetti che gestiscono risorse per la FC; c. promozione di un eventuale Accordo finalizzato al miglioramento qualitativo e quantitativo dell’offerta di formazione per l’adattabiltà dei lavoratori e delle imprese, a valere sui fondi comunitari, nazionali, regionali e interprofessionali.

Comitato di indirizzo per la formazione continua, con lo scopo di promuovere e orientare l’attuazione delle azioni di formazione continua e garantire politiche coerenti per la costruzione di un sistema integrato di formazione continua.

La Regione si avvale dell’assistenza tecnica dell’Isfol, soprattutto come supporto al Comitato di Indirizzo.

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8.2 Il sostegno del Fondo Sociale Europeo alla formazione delle figure manageriali nelle Regioni Obiettivo Convergenza

8.2.1. Il dibattito nazionale ed europeo sulle figure manageriali: i temi principali

I dati recenti sulla perdita di competitività del sistema produttivo italiano hanno evidenziato la necessità di avviare una riflessione sulle cause strutturali, nonché di intervenire con efficacia sui fattori organizzativi che possono incrementare la produttività, sulle leve per un’ampia diffusione dell’innovazione tecnologica, sulle condizioni per lo sviluppo del capitale intangibile delle imprese.

Nel dibattito recentemente sviluppatosi sia tra le imprese e le loro realtà associative che tra gli operatori della ricerca, della formazione e della consulenza, le figure manageriali sono oggetto di una particolare attenzione. Il rapporto tra incremento della produttività e qualità del management non riguarda infatti le sole funzioni gestionali di carattere più “tradizionale”, ma anche il contributo che tali figure possono offrire nel facilitare le cosiddette “economie di apprendimento”.

Già nel 1997 l’Unione europea, attraverso il Green Paper “Partnership for a new organization of work” segnalava la necessità che le imprese si dotassero di strumenti volti a promuovere l’integrazione tra implementazione di nuove tecnologie e di modelli innovativi di organizzazione del lavoro, quali: a) la riduzione / contenimento dei livelli gerarchici, b) l’estensione di forme di lavoro in team, c) la creazione di gruppi interfunzionali per l’attività di problem solving, d) il coinvolgimento dei lavoratori e delle loro organizzazioni, e) l’introduzione di sistemi di suggerimenti dal basso, f) la costruzione di ruoli di polivalenza e competenza, g) la job rotation (con affiancamento nelle fasi iniziali, h) la valutazione periodica della performance individuale, i) incentivi all’apprendimento e allo sviluppo di nuove competenze.

Tale approccio è stato ulteriormente arricchito, negli anni, da numerose evidenze di ricerca, così come elevata è la condivisione sull’assunto che buona parte degli strumenti per l’innovazione organizzativa sopra elencati sono di pertinenza dei manager dell’impresa, in riferimento alle specifiche azioni di promozione, facilitazione, presidio ecc. cui tali figure assolvono quotidianamente.

Una seconda considerazione che anima il dibattito è riferita al concetto specifico di managerialità e a quali figure specifiche essa vada riferita. Tradizionalmente, i manager sono identificati con i dirigenti e i quadri intermedi, i cui ruoli sono definiti sia in ambito scientifico-statistico (attraverso la Classificazione delle Professioni 2001 e il Glossario ISTAT99), sia nella contrattazione collettiva che, per quanto riguarda i quadri intermedi, in sede normativa100.

In tabella 8.1 è riportato il numero dei dirigenti e dei quadri, articolato per ripartizione geografica (Nord-Ovest, Nord-Est, Centro e Sud Italia), così come da recente rilevazione ISTAT delle forze di lavoro.

99 entrambi visionabili al sito dell’ISTAT, rispettivamente agli indirizzi http://www.istat.it/strumenti/definizioni/professioni/classificazione_2001.pdf e http://www.istat.it/lavoro/lavret/retribuzioni/glossario_retribuzioni.pdf 100 La categoria dei quadri intermedi è stata riconosciuta giuridicamente nel 1985 attraverso la Legge n° 190 del 13 maggio, articolo 2 comma 1.

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Tabella 8.1 – Dirigenti e Quadri per ripartizione geografica (in migliaia)

Posizione nella professione Nord Nord Ovest Nord Est Centro Sud Italia

Dirigenti 250 144 106 108 120 478 Quadri 598 345 253 300 351 1.249 Totale Dirigenti e Quadri 848 489 359 408 471 1.727 Totale dipendenti occupati 8.737 5.074 3.663 3.401 4.777 16.915

Fonte: Istat – Forze di lavoro. Media 2006

Il dato comprende non solo i dirigenti e i quadri delle imprese private, ma anche del settore pubblico. Tali figure, in coerenza con la ripartizione geografica dei dipendenti occupati, sono distribuite in misura proporzionalmente maggiore nelle regioni del nord Italia.

Più recentemente, il tema delle funzioni manageriali è stato ripreso sia in sede europea che nazionale, ancora una volta a partire da primi riscontri evidenziatisi alla fine degli anni ’90. In una indagine svolta dall’Istituto francese INSEE (Institut National de la Statistique et des Etudes Economiques) nel 1998, le figure manageriali venivano identificate in base alla effettiva responsabilità gerarchica di coordinamento di altre risorse umane101. In tabella 8.2 sono sintetizzati i principali risultati, dai quali si evidenzia che le figure dei manager e dei professional non sono le uniche ad assumersi, nelle imprese francesi, funzioni di gestione di altre risorse umane. Lo stesso dato è stato ulteriormente confermato in tempi relativamente recenti, sempre nell’ambito di ricerche francesi, a conferma di una tendenza in atto nelle imprese.

Tabella 8.2 – Distribuzione delle responsabilità gerarchiche tra diverse tipologie di lavoratori occupati

Tipologie di lavoratori % sul totale dei lavoratori Esercizio di funzioni gerarchiche (in %)

Manager e professional 11,6 30,8 Impiegati direttivi e altri profili intermedi 21,2 35,3 Lavoratori qualificati 41,6 26,1 Lavoratori non qualificati 25,6 7,8 Totale lavoratori occupati 100 100

Fonte: INSEE working conditions survey 1998

Tali considerazioni fanno parte del dibattito sviluppatosi in ambito europeo, in particolare in Eurocadres, sede della comparazione tra le posizioni e le funzioni svolte dal “professional and managerial staff” nei diversi Paesi europei102, e a livello nazionale dalle parti sociali, dalle loro espressioni bilaterali e in seno ai Fondi Paritetici Interprofessionali, oltre che dalle realtà associative dei manager e della formazione manageriale.

Il Rapporto 2007 di Fondirigenti, ad esempio, evidenzia come “la tradizionale e più remota concezione del dirigente come alterego dell’imprenditore (…) appare oggi superata da una realtà che vede la presenza nell’impresa di una pluralità di soggetti sindacalmente e contrattualmente definiti dirigenti, con la conseguenza che vi sono nella categoria stessa dei dirigenti diversi gradi, collegati da un rapporto gerarchico”. Lo stesso Rapporto evidenzia la difficoltà a operare distinzioni nette tra le figure dei dirigenti e dei quadri: “E’ emerso quanto sia labile il confine a livello di responsabilità tra quadri e dirigenti, e come il coinvolgimento per il raggiungimento di determinati obiettivi aziendali sia reciproco. A volte il quadro assume compiti e responsabilità dirigenziali senza riconoscimenti contrattuali”.

101 INSEE Working Conditions Survey 1998. La domanda posta ai lavoratori chiedeva, nello specifico, di indicare quanti collaboratori fossero affidati sotto la loro responsabilità per il conseguimento degli obiettivi produttivi. 102 Si veda in proposito la documentazione disponibile al sito www.eurocadres.org.

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Tali considerazioni portano a sfumare le differenze stabilite dalla normativa e dalla contrattualistica, rafforzando il nuovo costrutto di “managerialità diffusa”. Il Rapporto Fondirigenti, infatti, sulla base di quanto rilevato su dirigenti e quadri così conclude: “Testimonianza questa di una mutazione organizzativa verso una diffusa managerialità che supera le tradizionali distinzioni giuridico-contrattuali”.

Tali considerazioni implicano pertanto la necessità di un importante approfondimento sui temi della managerialità, sui fabbisogni di competenza delle figure professionali che esercitano funzioni manageriali, sugli orientamenti da imprimere ad azioni di formazione che, rivolgendosi a figure chiave all’interno delle imprese, favoriscano l’implementazione dell’innovazione e i mutamenti organizzativi necessari al conseguimento di migliori livelli di produttività.

8.2.2 Il tema della formazione dei manager nei POR FSE 2007-2013 delle Regioni Obiettivo Convergenza

L’Unione europea nella programmazione relativa al periodo 2007-2013103 ha individuato la primaria necessità a favore di un riorientamento dell’economia in termini di accrescimento delle attività basate sulla conoscenza104. L’attenzione particolare ricade immediatamente sulla capacità regionale e locale di creare ed assimilare le nuove tecnologie, promuovendo innovazione di prodotti, processi e servizi, con ciò riuscendo ad innescare un percorso di superamento della dimensione nazionale e/o locale. Il ruolo degli attori dello sviluppo assume, dunque, una indubbia centralità attraverso la realizzazione di azioni volte a sostenere l’imprenditorialità e la creazione-sviluppo di nuove imprese, interventi di spin-out e spin-off di istituti di ricerca e realtà aziendali attraverso azioni di tutoring e sostegno alla managerialità.

In virtù degli orientamenti europei, a livello nazionale105 si riconosce la centralità dei processi di diffusione di elevati livelli di competenza e delle capacità di apprendimento permanente per il perseguimento del successo competitivo collegato a soddisfacenti standard di benessere e coesione sociale. Pertanto, è forte la consapevolezza circa la discontinuità di risultato e la necessità di ulteriore sviluppo “legati ai temi della adattabilità, imprenditorialità e alla promozione di sinergie tra alta formazione, innovazione, ricerca ed impresa”. Il percorso formativo, soprattutto se riferito a figure professionali dirigenziali e manageriali106 ed ai responsabili delle risorse umane, è individuato quale via maestra per la diffusione dei saperi e delle conoscenze innovative affinché i segnali provenienti dai cambiamenti in atto nei processi organizzativi del lavoro “a livello aziendale, territoriale, settoriale, nazionale e internazionale” possano essere percepiti anticipatamente e adeguatamente trasformati in accresciuta competitività.

La declinazione regionale della programmazione relativa alle aree ricadenti nell’Obiettivo Convergenza muove sullo sfondo tracciato a livello centrale. I POR FSE delle Regioni Obiettivo Convergenza pongono l’accento sul bisogno di promuovere la competitività delle imprese, un

103 Decisione del Consiglio, del 6 ottobre 2006, sugli orientamenti strategici comunitari in materia di coesione (2006/702/CE), in GUCE L 291/11 del 21/10/2006. 104 Orientamento: Promuovere la conoscenza e l’innovazione a favore della crescita; Obiettivo generale: Facilitare l’innovazione e promuovere l’imprenditorialità. 105 Quadro Strategico Nazionale, per la politica regionale di sviluppo 2007-2013, Giugno 2007, Priorità 1) Miglioramento e valorizzazione delle risorse umane; Obiettivo generale 1.4) Migliorare la capacità di adattamento, innovazione e competitività delle persone e degli attori economici del sistema; Obiettivo specifico 1.4.1) Sostenere politiche di formazione e politiche di anticipazione indirizzate alla competitività delle imprese. 106 Il QSN 2007-2013 aggiunge alla centralità della formazione delle figure manageriali e dirigenziali, quella di “figure di “cerniera” e di supporto all’innovazione particolarmente importanti per le PMI, per l’artigianato e nel settore agroalimentare”.

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maggior raccordo tra esse e i poli dell’innovazione e della ricerca, un’organizzazione del lavoro flessibile e maggiormente rispondente alle necessità del mercato, da un lato, e alla stabilità del lavoro dall’altra.

Tali obiettivi sono strettamente connessi alla necessità di far fronte ad alcuni limiti caratteristici del tessuto produttivo del Mezzogiorno, quali ad esempio la elevata polverizzazione delle unità produttive, la scarsa propensione a forme di associazionismo e cooperazione, il basso ricambio generazionale, un tessuto imprenditoriale ancora incapace di rendersi indipendente da politiche di incentivazione, una scarsa propensione del management all’innovazione.

Il supporto alla formazione delle figure manageriali viene conseguentemente letto, nei documenti di programmazione regionali, in stretta rispondenza al ruolo che esse possono svolgere in tali processi, favorendo dinamiche di integrazione, di innovazione, di sviluppo dei processi produttivi ed organizzativi delle imprese.

Nello stesso tempo, però, occorre osservare come la valenza delle figure manageriali sia inclusa in più generali considerazioni che attengono alle caratteristiche e agli andamenti dell’occupazione nelle singole Regioni. Ciò implica che, frequentemente, le linee di intervento in loro favore siano comprese in politiche che prevedono più generali priorità di occupabilità delle risorse umane e di inclusione sociale, ridimensionandone la portata strategica.

In altri termini, ciò che nei POR spesso sembra rimandare ad un’attenzione nei confronti delle figure manageriali dovrà essere oggetto di una più attenta esplicitazione e focalizzazione al momento della definizione di fattive misure di intervento in corso di programmazione attuativa.

Si tratta di proporre un cambiamento sostanziale nell’approccio culturale alla gestione di impresa nel senso di una crescente managerialità e di una conseguente rivisitazione quali-quantitativa dei contenuti-apporti professionali degli stessi manager. Di certo, le caratteristiche del tessuto produttivo delle regioni dell’Obiettivo Convergenza (basato sulla centralità della microimpresa nella quale le funzioni manageriali sono tendenzialmente ricoperte da un’unica persona che coincide nella maggior parte dei casi con l’imprenditore) rallentano tale processo di radicamento, ma non consentono di poter prescindere dalla oggettività rappresentata dal fatto che la carenza di formazione manageriale definisca un rallentamento nell’innovazione del sistema produttivo. Ciò a sottolineare l’importanza delle politiche volte ad ottimizzare le competenze e la formazione professionale manageriale sia per la competitività aziendale quanto per la crescita del contesto di riferimento.

In generale, i documenti di programmazione regionale 2007-2013 del FSE evidenziano un’attenzione specifica allo sviluppo delle competenze dei manager sia nell’ambito dell’Asse I – Adattabilità che dell’Asse IV – Capitale umano. E’ possibile ravvisare inoltre, almeno in alcuni casi, alcune opportunità di sostegno anche nell’Asse V – Transnazionalità e Interregionalità.

8.2.3. L’individuazione e la sperimentazione di politiche a sostegno della formazione manageriale nelle Regioni Obiettivo Convergenza nel PON FSE

Il Ministero del Lavoro prevede, nell’ambito della Misura 1.4 (Asse Adattabilità) del PON Obiettivo Convergenza, il sostegno alle politiche espresse dalle Regioni del medesimo Obiettivo, anche in integrazione con le politiche e le strategie messe in atto attraverso altri canali di finanziamento e da altri attori implicati nella programmazione di azioni di formazione continua, in primo luogo i Fondi Paritetici Interprofessionali.

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Le attività, la cui attuazione è a cura dell’Isfol, si svilupperà prevalentemente attraverso:

un’analisi desk, che prevede:

attraverso una collaborazione tra l’Isfol e l’Istat, una migliore identificazione sul piano statistico della presenza di dirigenti e quadri occupati nelle imprese private;

l’analisi dei principali studi e delle esperienze più rilevanti in tema di sostegno alla formazione manageriale (in particolare a livello locale laddove sono stati sperimentati voucher, esperienze di assessment e altre forme di sostegno specifico);

la realizzazione un primo step di analisi qualitativa (attraverso la metodologia dei focus group) a partire dalle Regioni Obiettivo Convergenza, che coinvolga direttamente le figure manageriali per cogliere dall’interno dei loro universi espressivi le problematiche legate ad un reale sostegno finalizzato alla crescita professionale. Alcuni focus group vedranno la partecipazione prevalente di gestori delle risorse umane;

la realizzazione di un’indagine quantitativa che prevederà una particolare sezione di approfondimento rispetto al cosiddetto “Ciclo delle Risorse Umane”, vale a dire selezione, valutazione, carriere, formazione, sistemi retributivi per stimare la diffusione di prassi innovative di Human Resource Management nelle imprese italiane; l’indagine, che farà ricorso soprattutto a metodologie e tecniche etnografiche e di sociologia visuale, mirerà ad identificare i meccanismi con cui i quadri e i dirigenti acquisiscono, elaborano, contestualizzano e trasferiscono all’interno della loro organizzazione nuove conoscenze e competenze, al fine di identificare dispositivi utili al loro supporto;

l’individuazione di soggetti istituzionali e non, attivando con essi un Laboratorio (articolato in gruppi di lavoro) per l’analisi, la proposizione e la sperimentazione di forme appropriate di sostegno dei processi di crescita professionale delle figure manageriali, a partire da soggetti che operano nelle aree obiettivo Convergenza.

L’Isfol prevede, inoltre, un approfondimento di ricerca sull’evoluzione del profilo dei quadri del terziario in collaborazione con l’Istituto di emanazione bilaterale Quadrifor. Tale indagine è in continuità con quanto già realizzato nella medesima collaborazione e dei quali risultati si è reso conto nel precedente Rapporto al Parlamento 2007107 e nel recente Rapporto Isfol 2008.

Se la precedente fase di indagine ha focalizzato l’evoluzione professionale a partire dall’esperienza diretta dei quadri, quella attuale intende rilevare il punto di vista delle imprese al fine di pervenire ad un panorama conoscitivo più articolato e completo. Obiettivi specifici della ricerca sono pertanto: a) rilevare come le imprese rappresentano il ruolo del quadro, in generale e nello specifico contesto organizzativo e produttivo di riferimento, e i relativi sviluppi previsti a breve e medio termine; b) rilevare quali conoscenze, competenze e atteggiamenti sono ritenuti attualmente indispensabili per l’efficace assolvimento delle funzioni spettanti ai quadri del Terziario, e quali si renderanno necessarie in un prossimo futuro; c) identificare quali politiche sono adottate e quali strumenti sono predisposti dalle imprese a supporto della crescita professionale dei quadri; d) rilevare le aspettative delle imprese rispetto all’offerta di servizi di orientamento, consulenza e formazione a supporto della professionalità del quadro.

107 “La formazione continua dei quadri intermedi” in Rapporto 2007 sulla Formazione Continua , FOP, anno 8, n°1-2, 2008, pp. 155-159.

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Rapporto 2008 sulla formazione continua 251

8.3 Le politiche a sostegno dell’Active ageing: la formazione continua per gli over 50

8.3.1 Presentazione dell’attività

La questione dell’Active ageing, declinata soprattutto rispetto ai lavoratori “anziani” (a volte over 45, più spesso over 50 ed altre over 55, a seconda degli osservatori, delle politiche specifiche e soprattutto delle problematiche contestuali ai diversi paesi), è una delle tematiche maggiormente dibattute negli ultimi anni, su cui, oltre ad essere stati formulati orientamenti a livello comunitario (in forma di priorità e di piani e progetti finanziati) e nazionale, si sono concentrati numerosi studi e analisi di ampio respiro che è possibile classificare nell’ambito di due teorie esplicative108:

- una prevalente, almeno fino alla metà degli anni ’90, basata su teorie funzionaliste che valutano il grado di “utilità” dell’anziano in generale all’interno del sistema economico-produttivo. Questo approccio ha finito per influenzare politiche tese ad anticiparne l’uscita dal mondo del lavoro (perché poco “convenienti”) o, al contrario, ad allungare la vita lavorativa per tentare di rinnovarne il senso di funzionalità rispetto al sistema socio-economico. Tutt’oggi entrambe le politiche coesistono e vengono, di volta in volta, riproposte in relazione ai momenti economici e, in particolare, in occasione dei dibattiti sugli interventi strutturali relativi al sistema pensionistico;

- più recenti sono le teorie cosiddette soggettive, che pongono al centro i percorsi personali biografici. Sul piano delle politiche di intervento queste teorie vedono nell’invecchiamento attivo un processo di passaggio fondamentale nella storia della persona, che in quanto tale dovrebbe essere accompagnato attraverso la fornitura di servizi integrati e su base individuale. Si tratta certamente di una modalità di intervento organica e tipica dei sistemi di welfare più avanzati e che dispongono di maggiori risorse. Le politiche di Active ageing, in questo caso, coinvolgono necessariamente i diversi segmenti del welfare concentrando l’azione sulla prevenzione dei fattori di rischio, con interventi che in modo organico riguardano il sistema sanitario, le politiche per il lavoro, il sistema formativo-educativo e di sicurezza.

Allo stato attuale anche nel nostro paese le politiche pubbliche sono sempre più orientate a considerare gli specifici bisogni di segmenti di popolazione lavorativa esposta ai rischi dei processi di competizione internazionale: si è, infatti, dimostrato come gli effetti legati alla continua innovazione tecnologica e alla competizione globale spinga le aziende a impiegare personale sempre più flessibile, connotato da elevati livelli di studio e in grado di interpretare rapidamente il cambiamento del contesto lavorativo. Tuttavia, si tratta di condizioni che potenzialmente penalizzano i lavoratori anziani, soprattutto collocati ai livelli esecutivi.

Con tali premesse la scelta, nell’ambito delle attività di programmazione nazionale cofinanziata dal FSE 2007-2013, è quella di limitare il più possibile il campo dell’attività di osservazione, a partire dalle potenziali politiche di sostegno alla formazione dei lavoratori anziani che, soprattutto nelle regioni Convergenza, possono essere sostenute in relazione ad elementi prettamente contestuali quali le risorse disponibili, la presenza di reti di servizi sui territori, la disposizione/apertura rispetto a possibili sperimentazioni ma, soprattutto, l’effettiva sensibilità verso la tematica da parte dei diversi soggetti che operano sui territori.

Al di là degli studi teorici e delle analisi realizzate, due saranno i punti di partenza da cui sviluppare l’attività:

108 Francesco Marcaletti, L’orizzonte del lavoro, Vita & Pensiero, Milano, 2007.

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• l’analisi e la valorizzazione di politiche in corso o realizzate in contesti tradizionalmente considerati più “avanzati”, in particolare nelle aree Competitività (dai voucher individuali, alla realizzazione di piani di formazione articolati che prevedano una quota rilevante di lavoratori “anziani”, alla progettazione e sperimentazione di servizi integrati ad hoc);

• l’analisi e la valorizzazione di quanto è stato effettuato e viene realizzato all’interno delle imprese a supporto del rafforzamento dei lavoratori “anziani”.

Da questi punti ne deriverà la possibilità di analizzare e applicare sperimentazioni specifiche in alcune aree delle Regioni Convergenza. A supporto dell’attività prevista sono stati approfonditi alcuni dati di contesto, riportati di seguito in forma breve, che aiutano a definire il campo dell’attività, ma anche a focalizzare le problematiche che riguardano in particolare i processi di formazione continua.

8.3.2 Contesto e politiche di supporto per i lavoratori anziani

Il contesto nazionale sul tema non lascia dubbi sul ritardo che il paese palesa e continua a palesare sia in termini di partecipazione al mercato del lavoro degli “over”, che di livello di coinvolgimento nelle politiche di formazione. Un indicatore su tutti si lega agli obiettivi di Lisbona, che per il 2010 prevede un tasso di occupazione per la fascia d’età 55-64 anni pari almeno al 50%. Secondo i dati Eurostat-Istat nel 2007 l’Italia è al 33,8%, rispetto ad una media UE dell’Europa a 27 del 44,7% e dell’Europa a 15 al 46,6%. Il dato non vede particolari differenze nelle diverse aree e nelle singole regioni: il 33,8% del Sud e Isole è esattamente in media rispetto al dato nazionale, con interessanti oscillazioni che vanno dal 39,2% della Basilicata (ma anche il 37,1% della Calabria) e il 31,5% della Puglia. In questa particolare classifica non si misura tanto l’efficienza di un mercato del lavoro rivolta alle fasce di lavoratori anziani quanto uno stato complessivo del sistema del lavoro: in questo senso, in molte regioni del Sud il livello di partecipazione al mercato del lavoro da parte dei lavoratori anziani, in linea con quanto riscontrato con altre aree economicamente più “evolute”, va decodificato in termini di entrata in ritardo nel mercato degli stessi lavoratori e di un basso turn over intergenerazionale, che finisce per influire negativamente anche sui lavoratori più giovani.

In primo luogo, in base ad una indagine Istat sulla formazione tra le popolazione adulta condotta nel 2006, si nota come con il crescere dell’età decresca la quota di persone che hanno partecipato o partecipano ad iniziative di formazione: proprio a partire dalle classi di età oltre i 45 anni il numero di coloro che non frequentano iniziative prevale su chi li presenta. Il dato risente, per la popolazione adulta, della bassa incidenza dei corsi di studio, tuttavia, anche la partecipazione soprattutto a corsi di formazione e in parte di “autoformazione”, è significativamente meno elevata tra la popolazione oltre i 45 anni, ed in particolare per il segmento over 55.

Tra le modalità formative, intese come approcci complessivi ai processi di apprendimento, proprio l’autoformazione rivestirebbe un ruolo strategico tra la popolazione meno giovane: si tratta di una modalità basata sull’autodeterminazione nella scelta del modello di apprendimento, che si allontana, dunque, spesso da un approccio formativo legato alla più tradizionale aula. Le tecniche che spesso vengono scelte in autoformazione, senza entrare nel merito sulla qualità dei contenuti, si adattano alle esigenze di vita e lavoro di chi le sceglie e soprattutto rispondono più facilmente allo stile cognitivo e di apprendimento del soggetto che desidera formarsi.

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Rapporto 2008 sulla formazione continua 253

Tabella 8.3 – Persone di 18-64 anni che hanno frequentato almeno un corso di studio e/o formazione, e/o autoformazione per classe di età e modalità di svolgimento

Frequenta corsi di studio, e/o formazione, e/o autoformazione

Hanno effettuato

di cui

Classi di età

No Sì Corsi di

studio Corsi di

formazioneCorsi diautofor-mazione

Solo corsi di studio

e/o di formazione

Solo corsi di auto-

formazione

Sia corsi distudio e/o

di formazio-

ne, sia auto-

formazione18 – 19 21,5 78,5 66,2 25,1 50,4 35,9 8,2 55,9 20 – 24 30,6 69,4 41,0 24,9 51,7 25,5 25,8 48,7 25 – 34 43,1 56,9 11,9 24,0 49,6 12,8 47,2 40,0 35 – 44 49,6 50,4 3,1 22,8 43,9 12,9 52,1 35,1 45 – 54 53,2 46,8 1,6 21,0 41,0 12,3 54,4 33,3 55 – 59 62,4 37,6 1,1 14,3 33,5 10,9 61,1 28,0 60 – 64 71,9 28,1 0,4 7,7 25,4 9,8 72,2 18,1 65 e più 85,7 14,3 0,1 1,8 13,5 5,8 87,1 7,1 Totale 58,3 41,7 7,2 16,3 35,8 14,3 51,0 34,7

Fonte: Istat 2006

Come si può osservare (tab. 8.4) la motivazione dei corsi legata al lavoro prevale in modo significativo proprio nella fascia di età 45-55 anni, mentre decresce nelle fasce d’età successiva; inoltre, proprio tra le fasce d’età più avanzate il ricorso alla formazione a distanza prevale (attestandosi tra i 55 e i 64 anni al 13,3%), evidentemente in relazione anche alla messa a disposizione da parte delle aziende di moduli formativi o di aggiornamento via intranet. Vi è dunque una significativa saldatura tra ambiente di lavoro ed esigenze di aggiornamento: un legame che non necessariamente sembra passare attraverso metodi tradizionali di formazione. Tabella 8.4 – Persone di 18-64 anni che hanno frequentato almeno un corso di studio per motivo per cui lo

ha seguito, modalità di svolgimento, uso di pc o Internet, per classe di età

Ha seguito il corso Il corso si è svolto prevalentemente a

distanza

Per il corso ha usato Classi di età

Principalmente per motivi

di lavoro

Principalmente per motivi personali

Sì No Personal computer

Internet

18 – 19 27,0 73,0 93,5 0,5 60,4 51,8 20 – 24 35,2 58,3 94,8 2,4 67,3 61,6 25 – 34 47,2 46,0 94,4 3,0 63,6 53,3 35 – 44 55,8 41,0 88,3 10,1 62,6 48,0 45 – 54 60,5 37,5 90,8 5,9 53,2 33,5 55 – 64 56,8 43,2 86,7 13,3 37,1 21,8 Totale 39,8 55,7 93,6 3,1 63,3 54,3

Fonte: Istat 2006

L’analisi sui motivi per i quali non è stata volta formazione nel corso del 2006 può rappresentare una prima occasione di riflessione su quali siano i fattori la cui rimozione può rendere più facilmente fruibile la formazione della popolazione adulta. Certamente è possibile riscontrare sia ostacoli di natura generale e trasversale rispetto all’età, che elementi più specifici (tab. 8.5). In primo luogo è interessante notare come una delle convinzioni per cui la popolazione più anziana esplicitamente rifiuti “l’idea di tornare a scuola” come momento di regressione e di abbandono a ricordi non felici sia da superare: semmai negli anni sfumano proprio i ricordi più negativi, che, al

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contrario, sono più vivi tra coloro che hanno più di recente vissuto l’esperienza scolastica. Una maggiore capacità di valutare e razionalizzare il proprio tempo porta la popolazione over 45 a ragionare in termini più utilitaristici rispetto alle strategie che si intende perseguire; in questo senso non stupisce che motivazioni di rifiuto della formazione legata a una non avvertita necessità “per le proprie esigenze di vita” sia la risposta prevalente in questa fasce d’età. Si tratta di una risposta di rifiuto che rischia di rafforzarsi ulteriormente in quei contesti in cui non si ha una sufficiente informazione circa l’utilità della formazione stessa. Tabella 8.5 – Persone di 18-64 anni che non hanno frequentato corsi di formazione, motivo per cui non lo

hanno svolto per classi d’età

Classi di età 18-19 20-24 25-34 35-44 45-54 55-59 60-64 65 e più

Totale

Non ha voluto partecipare 48,8 61,9 61,3 63,5 67,8 73,9 75,7 70,9 67,7

Motivo per cui non ha voluto partecipare Non era necessario per le mie esigenze di lavoro

27,9 48,4 56,6 55,6 52,4 36,4 17,6 9,0 35,5

Non era necessario per le mie esigenze di vita

51,6 55,6 61,7 64,3 67,1 73,8 72,1 63,3 65,3

Non avevo i requisiti richiesti 26,6 15,4 15,3 16,1 16,3 18,4 15,0 16,3 16,2 I costi della formazione erano troppo elevati

28,5 20,6 21,0 18,2 16,7 15,4 12,9 13,2 16,2

Non avevo l'appoggio del datore di lavoro

17,0 9,0 13,6 13,4 12,6 10,8 7,3 7,4 10,6

La formazione confliggeva con gli impegni di lavoro

19,4 18,3 24,9 25,5 21,8 16,6 9,2 7,7 16,9

La formazione confliggeva cono gli impegni familiari

21,8 15,4 24,9 30,4 27,7 24,1 17,8 13,4 21,8

Luogo di svolgimento difficile da raggiungere

25,8 13,9 14,6 14,3 13,0 13,2 10,9 11,0 12,8

Non mi piaceva l'idea di "tornare a scuola

58,0 36,7 31,3 29,4 28,8 29,7 26,0 22,1 27,5

Motivi di età o di salute 13,1 6,7 9,8 13,7 19,1 34,0 43,5 68,0 34,8

Fonte: Istat 2006

Una fonte ulteriore di informazioni sui comportamenti, in questo caso delle imprese con oltre 10 dipendenti, è rappresentata dalla CVTS (Continuing Vocational Training Survey, edizione 2005). L’indagine periodica focalizza la sua attenzione sulla formazione aziendale e nello specifico offre alcune indicazioni anche relativamente alle caratteristiche dei dipendenti che vengono messi in formazione.

Come si può evincere da una prima analisi relativa ai dipendenti che hanno partecipato ad almeno ad un corso di formazione, la classe di dipendenti oltre i 55 anni è nel complesso la meno coinvolta (22,4%, a fronte d una media di oltre il 28%)109: differenze sostanziali si riscontrano anche per settori economici. Sotto questo aspetto non occorre trascurare che spesso le politiche di valorizzazione delle risorse umane vengono dettate da esigenze legate al core-business aziendale e

109 Fonte: Istat, Rilevazione sulla formazione professionale nelle imprese, anno 2005

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di settore: le imprese di comparti caratterizzati da sistemi di produzione tradizionalmente industriale (di stampo fordista e post-fordista) concentrano la formazione su quei dipendenti, spesso giovani, che sono direttamente coinvolti nei processi produttivi più intensivi e “pesanti” (è il caso delle aziende estrattive, gomma e plastica); al contrario, presso le imprese del settore del terziario (in particolare finanziario e telecomunicazioni) sembra riscontrarsi un livello omogeneo di coinvolgimento nelle iniziative di formazione.

Per quanto riguarda l’influenza che può avere la dimensione d’impresa, diverse sperimentazioni e buone pratiche ispirate alla politica di active ageing sono state sperimentate in Europa essenzialmente solo da grandi imprese, attraverso la promozione di strategie tra loro anche diversificate. Al proposito uno studio condotto sulle best practice110 per i lavoratori anziani individua almeno tre tipologie di intervento:

• approccio adattivo, centrato esclusivamente sulle necessità dell’impresa, laddove il lavoratore è aiutato ad adattarsi alle mutate condizioni tecniche, organizzative e di mercato;

• approccio preventivo centrato non solo sull’impresa, caratterizzato dalla valorizzazione dell’esperienza del lavoratore anziano, che tende a promuovere le conoscenze in possesso del lavoratore anziano;

• approccio preventivo integrato centrato sul lavoratore, basato sul sostegno e la valorizzazione del lavoratore-persona, in cui, oltre ad essere presenti elementi del secondo approccio, vengono considerati elementi connessi alla salute e alla qualità della vita e del lavoro.

I dati fin qui presentati hanno permesso di avanzare alcuni spunti di riflessione a partire dal comportamento complessivo di persone e aziende a prescindere dalla natura delle risorse messe in campo. Di eguale interesse potrebbe essere esplorare quanto è stato realizzato con l’esclusivo sostegno di soggetti che appartengono all’arena dell’intervento pubblico (Regioni, Province autonome, e Fondi Interprofessionali). In tal caso – almeno fino al 2007 - non si dispone di dati organici e complessivi sia di natura qualitativa – al di là di alcuni case history o best practice - che quantitativa, ad eccezione di alcuni Fondi Interprofessionali e di territori locali.

Tuttavia, è ugualmente possibile far emergere alcune tendenze sul coinvolgimento dei lavoratori over 45 (ed over 54), sia per quanto riguarda l’attività dei Fondi che delle Regioni. In questi anni i Fondi, laddove abbiano deciso di fissare priorità, hanno stabilito strategie mirate soprattutto sulla specificità dei settori o secondo tematiche formative (in particolare sicurezza nei luoghi di lavoro). Nonostante questo, allargando lo sguardo all’attività di 3 Fondi (Fondimpresa, For.Te e Fon.Coop), che sommano un consistente numero di lavoratori messi in formazione (oltre 300 mila fino al 2007), si nota come complessivamente gli over 45 siano poco più di 1/ 4 dei lavoratori formati: non si tratta di una quota particolarmente elevata, tuttavia, in linea con quanto osservato sulla popolazione adulta coinvolta in attività di formazione “permanente”, non necessariamente professionalizzante. Non vi è dubbio che il massimo investimento in formazione si rivolga verso lavoratori tra i 35-44 anni che, più di altri, spesso rappresentano il gruppo cerniera tra i livelli decisionali elevati e i lavoratori direttamente coinvolti nelle fasi esecutive dei processi produttivi.

110 I lavorator over 45: problematiche, sfide e opportunità, Folic Project, Programma Leonardo da Vinci, Alpes, 2007.

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Tabella 8.6 - Lavoratori coinvolti in attività di formazione finanziate da tre fondi interprofessionali – Fondimpresa, For.Te, Fon.Coop – (al giugno 2007)

Classi d’età Valori assoluti Lavoratori

Fino a 25 anni 8.563 2,8

26-34 anni 93.782 31,0

35-44 anni 118.397 39,1

45-54 anni 65.219 21,5

Oltre 54 anni 17.029 5,6

Totale 302.990 100

Fonte: Elaborazione dell’area Isfol Politiche e offerte per la formazione continua su Monitoraggi dei Fondi Paritetici Interprofessionali

Il livello di coinvolgimento dei lavoratori “anziani” nelle iniziative di formazione finanziate attraverso fondi pubblici gestiti dalle amministrazioni regionali e/o provinciali, soprattutto risorse legge 236/93, non è molto dissimile da quanto osservato per i Fondi Interprofessionali, nonostante tra gli indirizzi, a partire dai decreti attuativi del 2004, il Ministero indicasse i lavoratori over 45 tra i target prioritari, secondo un principio equitativo e sulla base delle esigenze poste dagli obiettivi di Lisbona.

I pochi dati di monitoraggio disponibili (riferiti alle attività finanziate tra il 2005 e il 2007 di alcune Regioni del centro-Nord) evidenziano un coinvolgimento dei lavoratori over 45 non superiore mediamente al 25% rispetto alle altre classi d’età, nonostante alcuni strumenti specifici messi in campo, come il voucher individuale.

In prospettiva, sotto il profilo dell’intervento pubblico, ci si potrà attendere, nei prossimi anni, una crescente attenzione verso il lavoratore anziano. In particolare alcune specifiche iniziative potrebbero essere promosse sulla base di quanto previsto nei documenti POR 2007-2013, in particolare delle regioni Competività. Meno presente è il tema nelle aree Convergenza in cui l’attenzione alla questione dell’aging viene quasi del tutto concentrata sulla fascia giovane (lavoratori e disoccupati). Del resto in queste Regioni la priorità dell’entrata nel mercato del lavoro dei molti giovani disoccupati rappresenta ancora una emergenza.

In generale, le Regioni che recepiscono il problema della potenziale obsolescenza delle competenze dei lavoratori “anziani” tendono a tradurla in termini di qualificazione e di gap da colmare rispetto al tema del digital divide inter-generazionale.

8.4 Modelli e stili di apprendimento nelle Micro e Piccole Imprese

8.4.1 La rilevanza delle Micro e Piccole Imprese nel sistema economico europeo e nazionale

Capitale sociale, clusters, network di Micro e Piccole Imprese (MPI), sono divenuti gli assi portanti della strategia di crescita di molti Paesi, tra i quali l’Italia. La promozione del self-employment può infatti rappresentare uno strumento virtuoso di diffusione della imprenditorialità soprattutto in aree in declino e in Regioni con problemi occupazionali. Ciò, però, rappresenta un

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vantaggio per il territorio solo se inserito, come esplicitamente chiarito da diffusa letteratura, in un contesto di “cambiamento della geografia del sistema” nel quale opera l’impresa111.

L’Unione Europea, da tempo e per prima, ha riconosciuto la strategicità delle MPI (il 98,7% della struttura imprenditoriale europea112 – di cui circa il 92% sono micro imprese – che assorbe il 50,2% degli occupati totali), definendole il “vero gigante” e la “linfa vitale” della propria economia113, impegnandosi nella creazione di proposte atte ad agevolarne il posizionamento competitivo nell’economia globale, non meno che nel mercato unico.

Con la “Carta Europea per le Piccole Imprese”114 del 2000, l’Unione ha inteso promuovere azioni in favore di micro e piccole realtà aziendali per lo sviluppo dell'imprenditorialità e la creazione di nuovi posti di lavoro. La Carta propone, agli Stati sottoscrittori, 10 linee di azione a tutela e rafforzamento dell’ambiente operativo delle MPI, al fine di perseguire un migliore coordinamento delle politiche comunitarie e nazionali. Viene, così, istituzionalmente riconosciuto il contributo decisivo delle MPI alla competitività, alla ricerca, all’innovazione ed alla qualificazione.

Questo percorso si è sostanziato nel 2003 con l’aggiornamento della definizione di piccole e medie imprese115 e, nel 2005, con l’inserimento delle politiche europee di intervento sulle PMI nell’ambito della strategia di Lisbona per la crescita e l’occupazione. Per il periodo 2007-2013 i principali programmi di aiuto dell’UE prevedono una centralità significativa a favore delle PMI116, tenendo conto del notevole miglioramento del contesto normativo realizzato in tale ambito da parte degli Stati membri e puntando sulla conseguente riduzione (-25%) degli oneri amministrativi, entro il 2012. E’ prevista, altresì, la possibilità di ridurre l’aliquota IVA per servizi forniti a livello locale, nonché il sostegno ufficiale al microcredito attraverso l’istituzione di un “microfondo” per istituzioni microfinanziarie non bancarie.

L’attenzione ai temi dello sviluppo delle imprese minori si è sviluppata anche nel nostro Paese117, caratterizzato da un tessuto produttivo composto per il 99% da MPI. In particolare, il sub-aggregato microimprese (1-9 dipendenti) rappresenta il 95% delle imprese attive, assorbendo il 50% dell’occupazione totale. Approfondendo l’analisi territoriale emerge una significativa concentrazione di MPI (con elevati livelli occupazionali) proprio nell’area Obiettivo Convergenza118: in testa la Campania con il 33,7% dell’universo imprenditoriale rappresentato da MPI, seguita dalla Sicilia (27,1%) e dalla Puglia (24,4%); minore è, invece, il peso delle piccole imprese in Calabria (11,2%) e soprattutto in Basilicata (3,6%). L’elemento settoriale riflette il trend nazionale, con una prevalenza di piccole medie imprese nel comparto “commercio, alberghi e

111 E. Rullani, “Dallo sviluppo per accumulazione allo sviluppo per propagazione: piccole imprese, clusters e capitale sociale nella nuova Europa in formazione”, East West Cluster Conference 28-31 October 2002 OECD, LEED. 112 Eurostat, “Structural Business Statistics - SBS size class”, EU 27, 2005. 113 European Commission, Enterprise and Industry, “Putting Small Businesses First – Europe is good for SMEs, SMEs are good for Europe”, 2008 New edition. 114 Rif. Carta Europea per le Piccole Imprese” Santa Maria da Feira, 19, 20 giugno 2000 - (allegato III conclusioni della Presidenza del Consiglio). Linee d’azione per promuovere l’imprenditorialità e migliorare il contesto delle piccole imprese. 115 La Raccomandazione 2003/361 della Commissione del 6 maggio 2003, relativa alla definizione delle micro, piccole e medie imprese (in GUCE L 124 del 20.05.2003), individua tali realtà aziendali in base al loro organico, al fatturato ed al bilancio complessivo. 116 Comunicazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento europeo, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni – “Think small first” – A “Small Business Act” for Europe, COM (2008)394 del 19.06.2008 Brusselles. 117 L’Italia ha recepito la Raccomandazione europea relativa alla definizione di piccola e media impresa con D.M. 18.04.2005. 118 Campania, Puglia, Sicilia, Calabria, aggiungendo la Basilicata.

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Rapporto 2008 sulla formazione continua 258

ristoranti” (44,8%) che assorbe ben il 38,1% degli addetti, seguito dai “servizi alle imprese” (18,2%) con il 13% degli occupati119.

La politica regionale nel corso della precedente fase di programmazione (2000-2006), si è rivelata scollegata dalla politica nazionale di promozione dell’imprenditorialità giovanile e femminile e carente di un quadro generale di politica di sviluppo. Autoimpiego ed autoimprenditorialità non sono stati oggetto specifico di intervento dei Fondi strutturali – pur essendo obiettivi richiamati nel Quadro Comunitario di Sostegno (QCS) e nei Programmi Operativi Regionali (POR) – e nel Mezzogiorno il ricorso alla sovvenzione globale “Piccoli sussidi”, pur rivolta soprattutto in favore dell’incentivazione per le microimprese, ha mantenuto un marcato orientamento verso l’economia sociale, allontanandosi dai reali bisogni e dalla domanda effettiva espressa dal mercato e dal territorio in genere.

Con l’attuale programmazione (2007-2013) si è, invece, inteso mettere a frutto l’esperienza pregressa attraverso un approccio lungimirante rispetto alle politiche messe in campo. La priorità “Competitività dei sistemi produttivi ed occupazione” del Quadro Strategico Nazionale (QSN) individua, quale leva strategica per accrescere la competitività del sistema produttivo, “la valorizzazione delle risorse umane e delle competenze, come presupposto per l’efficacia per le politiche di sviluppo”.

Seppure talvolta non citate esplicitamente, le MPI rappresentano lo sfondo naturale dello scenario economico in questione e le politiche e le strategie programmate fanno ad esse inevitabile riferimento in ragione della loro rilevanza quantitativa, in particolare nelle aree Obiettivo Convergenza. Questione di fondo è certamente la struttura organizzativa del lavoro che fa fronte a costi non competitivi, ai quali va aggiunto il valore dell'input delle imprese in termini unitari (cioè per addetto) che risulta aumentato più dell'output, mettendone inevitabilmente in crisi la produttività. In tal senso, parlare di innovazione non implica solo azioni d’intervento sulle tecniche di produzione, ma determina un coinvolgimento più ampio sui rapporti con il mercato, sul ruolo e sulle competenze dei lavoratori, nonché sulla qualità stessa del lavoro.

Dagli ultimi dati disponibili sulla formazione continua nelle imprese italiane120, emerge il permanere delle differenze nei comportamenti e negli atteggiamenti verso la formazione continua tra grandi imprese e micro-piccole realtà aziendali (sono il 73% le grandi imprese che svolgono attività di formazione, contro il 17% delle micro-imprese). Le differenze persistono nella partecipazione degli adulti occupati secondo il tipo di impresa, i territori di riferimento e i settori di appartenenza: maggiore è la propensione formativa nei “servizi”, in particolare nelle regioni del Nord-Est, seguite dal Nord-Ovest, con una netta distanza, quanto mai difficile da ridurre in tempi brevi, delle realtà collocate nel Mezzogiorno. Anche sul versante dei dipendenti formati permangono differenze e disomogeneità: nonostante il segnale positivo di un aumento di quasi tre punti percentuali dei dipendenti formati attraverso corsi strutturati (si passa dal 18,5% del 2005, al 21,2% del 2006), si evidenzia ancora uno scollamento tra le grandi imprese (che coinvolgono il 41,3% dell’organico aziendale) e le micro realtà aziendali (ferme all’8,8%)121.

In questo scenario assumono particolare centralità le azioni atte ad affrontare prioritariamente, attraverso programmi formativi mirati ad accrescere la cosiddetta “adattabilità” dei lavoratori, i gap di innovazione e conoscenza esistenti. 119 Da rilevare il dato occupazionale (18,5%) relativo al settore “industria in senso stretto” delle PMI. 120 Rif. Rapporto sulla Formazione Continua in Italia 2007. 121 Nella fase 2000-2006 il divario tra le microimprese e le grandi imprese è aumentato, raggiungendo 56 punti percentuali, rispetto all’indicatore che misura l’incidenza delle imprese formatrici e di 32 punti percentuali, rispetto all’indicatore che misura la partecipazione dei dipendenti alle attività formative.

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L’approccio prevalente individuato dalla programmazione regionale, nell’ambito dell’obiettivo Convergenza, predilige un’impostazione che va nel senso dell’integrazione tra iniziative e fonti di finanziamento da inserire in una rete di propagazione che parta dalla ricerca, passando dal sistema delle imprese e approdando agli agenti dello sviluppo.

In particolare, nell’ambito dei documenti di programmazione regionale 2007-2013 del FSE, gli Assi che esplicitamente fanno riferimento ad interventi formativi in favore dei micro-piccoli imprenditori sono: Adattabilità, Capitale Umano, Occupabilità, Inclusione sociale, Transnazionalità ed Interregionalità.

8.4.2 Proposte per lo sviluppo e il sostegno dell’apprendimento nelle microimprese

L’Isfol ha realizzato, sin dall’ultima programmazione, numerose attività di studio e di confronto con l’obiettivo di far emergere criticità, pratiche e strumenti per lo sviluppo e il sostegno della formazione continua nelle imprese minori. I ritardi registrati122 negli investimenti formativi da parte delle imprese di piccole dimensioni hanno riportato al centro del dibattito il tema dell’apprendimento nelle microimprese, facendo emergere l’esigenza di un necessario approfondimento delle esperienze in atto sul tema, nelle diverse realtà territoriali e settoriali.

Di seguito si riportano le dimensioni conoscitive guida sulle quali l’Isfol, in questa fase di avvio della nuova programmazione, ha impostato il proprio programma di ricerca sull’analisi dei modelli e degli stili di apprendimento nelle MPI.

1. La notevole presenza in Italia di microimprese (1-9 addetti), piccole imprese (10-49 addetti), ma anche di una possibile “sottocategoria” (“fino a 15 addetti”)123 richiede approfondimenti di indagine in ragione delle possibili implicazioni in termini di relazioni industriali e per le peculiarità occupazionali.

2. La rilevanza delle imprese minori, concentrate maggiormente nell’area Obiettivo Convergenza e soprattutto nei settori costruzioni e commercio, induce a mettere sotto osservazione esperienze ed interventi provenienti dai territori che propongono progetti di sistema (come nel caso del CPT di Benevento - presentato nel box. 8.1) concordati con le parti sociali, al fine di sviluppare politiche ed interventi formativi settoriali/territoriali in grado di aumentare gli investimenti in formazione continua delle imprese minori.

3. Le imprese verso le quali promuovere la formazione sono quelle che per l’80% (a livello nazionale) non investono risorse proprie e accedono, pur in misura minore, alle opportunità pubbliche o dei Fondi Paritetici Interprofessionali124.

122 Atteggiamenti misurati attraverso il ricorso alle numerose indagini effettuate sul comportamento dei lavoratori e delle imprese in riferimento alle attività di formazione continua. 123 Si sottolinea, in tal senso, l’intenzione di esplorare tale aggregato senza per questo voler introdurre una nuova categoria o sub-categoria nazionale (così come invece suggerito in Francia dal Rapporto Attali che al capitolo 2 - “Una priorità: agevolare le micro, piccole e medie imprese” – cita un soggetto economico nuovo, ovvero le imprese fino a 20 dipendenti), onde evitare dannose confusioni, sia ai fini d’immaginare rappresentanze omogenee nazionali ed europee, sia agli stessi fini conoscitivi di un’analisi comparata. 124 Importante il riferimento ai progetti e alle iniziative presenti all’interno dei Fondi interprofessionali, in particolare quelli nei quali si registra una decisa polarizzazione verso la piccola dimensione (Fondo Artigianato Formazione, Fondoprofessioni, FonAr.Com), ma anche attraverso l’approfondimento dell’analisi su altre realtà più eterogenee con significativa presenza di piccole imprese (Fon.Ter, For.Te, Fondo Formazione PMI).

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4. La promozione della formazione dei titolari (tab. 8.7) che, complessivamente, nel nostro Paese corrispondono a 1.636.725 unità (con una quota dell’83 % riconducibile alle microimprese).

Tabella 8.7 - Titolari di impresa per settori di attività

Titolari di impresa Microimprese Imprese % Imprenditori 210.005 346.007 61 Liberi professionisti 185.635 209.010 89 Lavoratori in proprio 960.237 1.081.708 89 Totale 1.355.877 1.636.725 83

Settoreimprenditori liberi

professionistilavoratori in

proprioTotale

Agricoltura, caccia e pesca 01 19.606 20 58.402 78.028 Industria dell’energia, estrazione materiali energetici 02 107 34 854 994 Industria della trasformazione 03 45.349 4.234 169.563 219.146 Industria delle costruzioni 04 38.442 3.842 151.033 193.317 Altre attività: commercio 05 48.169 16.374 289.422 353.965 Altre attività: alberghi e ristoranti 06 14.323 1.030 129.896 145.249 Altre attività: trasporti e comunicazioni 07 7.777 1.399 27.401 36.578 Altre attività: intermediazione monetaria e finanziaria, attività immobiliari 08 5.233 15.003 10.237 30.473 Altre attività: servizi alle imprese e altre attività professionali e imprenditoriali 24.305 103.266 43.639 171.210 Altre attività: istruzione, sanità ed altri servizi sociali 11 2.070 36.760 8.057 46.887 Altre attività: altri servizi pubblici, sociali e alle persone 12 4.623 3.673 71.733 80.029 Totale 210.005 185.635 960.237 1.355.877 Fonte: Archivio Asia 2005

5. Lo sviluppo di un percorso di analisi diretto ad evidenziare le modalità e gli strumenti realizzativi a sostegno della formazione delle imprese minori, indagandone la diffusione attraverso l’impiego di nuove tecnologie e metodologie (con un approccio blended learning).

6. I costi elevati della formazione che rappresentano per le imprese minori ancora un grande ostacolo. Solo il 7,5% delle microimprese cosiddette formatrici ha ricevuto una qualche forma di finanziamento. Nell’11,4% dei casi il sostegno finanziario proviene dai Fondi Paritetici Interprofessionali per la formazione continua. E’ necessario, dunque, agevolare l’accesso alla formazione e con costi più contenuti.

7. L’individuazione di sistemi premianti per gli investimenti formativi frutto di specifiche esperienze, anche di tipo innovativo, da analizzare ed eventualmente estendere a diversi ambiti territoriali e/o settoriali125.

Box 8.1 – Il caso del CPT di Benevento, Organismo Bilaterale per la sicurezza nei luoghi di lavoro nel settore edile Il Comitato Paritetico Territoriale - CPT di Benevento è l’organismo bilaterale per la sicurezza nei luoghi di lavoro nel settore edile. Costituito nel febbraio del 1998, esso è frutto dell’accordo tra il Collegio dei Costruttori Edili (ANCE) della provincia di Benevento e le organizzazioni sindacali dei lavoratori edili (FeNeAL-UIL, FILCA-CISL, FILLEA-CGIL). I prevalenti campi di azione-intervento del CPT comprendono attività di formazione, di informazione e di consulenza a favore delle imprese e dei lavoratori. Il CPT rileva annualmente la propria presenza all’interno dei cantieri di lavoro per segnalare alle imprese, attraverso la competenza dei propri tecnici, l’applicazione di misure idonee a ridurre e/o eliminare i rischi presenti nei luoghi di lavoro. Inoltre, fornisce ai lavoratori le informazioni e la formazione necessarie per lavorare in sicurezza e per innalzare la percezione dei rischi.

125 Si pensi al Progetto LARR – Legno Arredo - realizzato dalla Provincia di Milano con la costituenda Provincia di Monza e Brianza, in accordo con le Parti sociali e con il supporto tecnico-scientifico dell’Isfol, per l’individuazione di sistemi premianti degli investimenti formativi realizzati dalle imprese del settore. Rif. Cap. 5.5 “Iniziativa pilota per la sperimentazione di sistemi premianti di sostegno pubblico alla formazione continua: l’esperienza nel settore Legno e Arredo della Provincia di Milano”, in MLPS, Rapporto 2007 sulla formazione continua, FOP (Formazione Orientamento Professionale), Anno 8/Numero 1-2, Gennaio-Aprile 2007.

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Nel complesso, si delinea un’azione di affiancamento alle imprese indispensabile per innescare un trend incrementale dei livelli di sicurezza nei luoghi di lavoro. Fondamentale in tal senso il ruolo svolto da percorsi di informazione-formazione programmati dal CPT locale a favore di tutti gli operatori del settore. In particolare, dal 2006 è stato definito un piano di formazione continua126 da svolgersi all’interno di tutte le imprese iscritte alla Cassa Edile beneventana. Ad oggi l’accordo in totale ha formato, sui temi della sicurezza, ben 806 lavoratori127, distribuiti in 144 imprese. Nello specifico, questi i numeri dell’esperienza formativa attivata128: nel 2006 sono state coinvolte 28 imprese, per 184 lavoratori; nel 2007 il numero delle imprese coinvolte sale a 76, per 412 dipendenti; nel 2008 le imprese aperte all’esperienza formativa sono 40, per 210 lavoratori. In totale, il processo di formazione avviato dal CPT di Benevento ha riguardato il 12% delle imprese ed il 15% dei lavoratori iscritti alla Cassa Edile locale. Di seguito gli obiettivi per il prossimo quinquennio: formare almeno il 50% delle maestranze della provincia; ripetere con cadenza biennale/ triennale la formazione sulle tematiche ritenute di volta in volta prioritarie. A sostegno di tali previsioni operative, nel febbraio 2006, è stato presentato ed approvato il Patto Formativo Locale (PFL) delle Costruzioni nella provincia di Benevento, per la riqualificazione del settore, attraverso la valorizzazione delle risorse umane e del capitale sociale del territorio129. Il PFL scaturisce da un protocollo di intesa stipulato tra il Ministero del Lavoro, l’Assessorato al Lavoro e alla formazione della Regione Campania, l’Associazione Costruttori (ANCE), il Comitato Paritetico Territoriale (CPT) di Benevento, le organizzazioni sindacali Fillea CGIL, Filca CISL, Feneal UIL della provincia di Benevento. Nella costruzione del partenariato hanno successivamente aderito la direzione regionale dell’INAIL Campania e la provincia di Benevento. In tale ambito sono stati definiti: gli standard per il Codice di Condotta130 delle imprese edili della provincia; la valutazione delle effettive necessità formative aziendali; d’intesa con l’ISFOL è stato messo a punto un questionario somministrato a 120 imprese, in grado di rispondere alle esigenze della ricerca; si è avviato un lavoro di repertorio relativo alle competenze dei lavoratori, facendone corrispondere anche una progettazione formativa che permetta il raggiungimento delle qualifiche professionali individuate. L’intero percorso, nelle varie articolazioni, è condiviso con il Settore Formazione della Regione Campania.

Da quanto fin qui esaminato ed esposto, nasce la proposta di attivare un “Laboratorio sugli stili e sui modelli di apprendimento delle MPI” che, proseguendo l’attività avviata nella precedente programmazione, intende suggerire opportune valutazioni-interventi in linea con le strategie regionali. In tale contesto, i territori dell’Obiettivo Convergenza, caratterizzati da una diffusa criticità del sistema di offerta formativa per le MPI, rappresentano i destinatari privilegiati di interventi-azioni a supporto dei processi di formazione e sviluppo diretti alle imprese minori e, in particolare, all’apprendimento dei loro titolari.

Nell’ambito dei territori dell’Obiettivo Convergenza, sulla base di un universo di riferimento di circa 300.000 titolari di microimprese, saranno messi sotto osservazione i fenomeni legati allo sviluppo della formazione continua nelle MPI, tenendo conto del confronto con esperienze di successo e/o modelli e prassi di eccellenza utili a guidare le attività di ricerca e analisi, nonché per la messa a punto di adeguati strumenti di stimolo e sostegno all’apprendimento dei loro titolari.

Il risultato di tale attività di ricerca è diretto a definire mappe concettuali sui modelli e sugli stili di apprendimento (distinti per settore, dimensione aziendale, ciclo di vita, etc.), utili per la messa a punto di un “Kit di autodiagnosi” ad uso dei titolari di MPI per sostenerne il sistema di conoscenze e competenze. Ciò nella consapevolezza di agevolare l’analisi di specifici fabbisogni correlati, primariamente, al coinvolgimento delle imprese nei processi di trasformazione dovuti alla internazionalizzazione, alla globalizzazione e alla più generale integrazione dell’impresa in reti, circuiti e filiere produttive di maggiore ampiezza. I risultati di tali autodiagnosi dovranno avviare

126 In virtù di un accordo tra le Parti sociali che ha mutualizzato le ore di formazione previste dal D.lgs 626/94, poi D.lgs 81/08. 127 Responsabile Servizio Prevenzione e Protezione (dal 2007 attivati 8 corsi); Addetto Antincendio (dal 2007 attivati 6 corsi); Montaggio Smontaggio Ponteggi (dal 2007 attivati 15 corsi); Primo Soccorso (dal 2007 attivati 3 corsi); RLS (dal 2007 attivato 1 corso). 128 Contemporaneamente il CPT ha attivato, sui temi della sicurezza, tutti i corsi di formazione previsti dalla legislazione vigente. 129 Le attività del progetto, di durata triennale, sono state avviate nel novembre 2006. 130 Il Codice è stato sottoscritto da: ANCE, Feneal UIL, Filca CISL, Fillea CGIL, dalla Direzione Provinciale del Lavoro, dalla ASL, dal presidente della Provincia, dagli Assessori ai Lavori Pubblici e alla Formazione e Lavoro della Regione Campania.

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processi di autoapprendimento e di formazione continua strutturata che dispone di notevoli risorse presso le amministrazioni regionali (collegabili e integrabili con quanto progettato e supportato dai Fondi Paritetici Interprofessionali).

Il piano di attività curato dall’Isfol ha l’obiettivo di condurre le azioni previste dal programma di lavoro secondo il seguente percorso di ricerca:

1. Attivare analisi qualitative utili a far emergere bisogni, pratiche, prassi e strumenti di supporto alla formazione e all’innovazione.

2. Mettere a punto una rilevazione quantitativa campionaria (da realizzarsi nel corso del biennio 2009/2010, su circa 1.500 imprenditori titolari di imprese con dipendenti) sul possesso delle conoscenze e delle competenze necessarie per partecipare ai processi innovativi (in funzione pro-attiva, attiva o adattiva) nelle aree dell’Obiettivo Convergenza.

3. Messa in evidenza di strumenti, metodologie e prassi (repertorio metodologico) per l’individuazione di modelli di apprendimento di conoscenze e competenze organizzativo-innovative per le MPI.

4. Elaborazione, sulla base dei risultati provenienti dall’analisi qualitativa, di un “kit per l’autodiagnosi dei fabbisogni di formazione continua e innovazione” ad uso dei titolari/responsabili delle MPI, da illustrare alle Regioni, alle Associazioni di rappresentanza degli imprenditori ed agli Organismi formativi.

8.5 L’Università nel sistema di LifeLong Learning

8.5.1 L’apprendimento permanente nel sistema di LifeLong Learning e il nuovo ruolo delle Università

L’importanza dell’apprendimento permanente è riconosciuta da tempo, in ambito comunitario, come elemento fondamentale del modello sociale europeo, principio guida della “Strategia Europea per l’Occupazione” e componente fondamentale per realizzare la società basata sulla conoscenza, nel rispetto delle linee guida fissate dal Processo di Bologna (1999), che intende realizzare entro il 2010 uno “Spazio Europeo dell’Istruzione Superiore”. Da allora, le istituzioni comunitarie hanno sottolineato la necessità di superare i modelli tradizionali di istruzione e formazione, per attivare dei percorsi di apprendimento estesi a tutta l’esistenza dell’individuo, in funzione dei suoi bisogni e dei suoi interessi131.

Nel Quadro Strategico Nazionale per la programmazione dei Fondi Strutturali, in particolare nell’analisi dedicata ai “fattori condizionanti lo sviluppo regionale” e in tema di “qualità del capitale umano e di apprendimento permanente degli adulti”, si rileva che tutte le Regioni italiane sono lontane dalla media europea, nonostante le buone perfomances di Lazio, Abruzzo e Trentino Alto Adige. Nell’ambito della strategia, il primo dei quattro macro–obiettivi è infatti dedicato allo “sviluppo dei circuiti della conoscenza”, a sua volta declinato nelle seguenti priorità:

131 Nella Risoluzione del Consiglio europeo del 27 giugno 2002 l’apprendimento permanente viene definito come qualsiasi attività di formazione intrapresa dagli individui nelle varie fasi della vita, al fine di migliorare le conoscenze, le capacità e le competenze in una prospettiva personale, civica, sociale e/o occupazionale. Si tratta di un processo dinamico che inizia sin dai primi anni di vita, per proseguire fin dopo la pensione, nel quale si rendono necessari interventi significativi, ad iniziare dalla fase prescolare, da integrare con gli altri segmenti formativi previsti per tutto l’arco della vita.

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“miglioramento e valorizzazione delle risorse umane” (Priorità 1); “promozione, valorizzazione e diffusione della ricerca e della innovazione per la competitività” (Priorità 2).

A fronte di una scarsa adesione alle iniziative di apprendimento permanente, che si attesta su dati poco confortanti132, si rendono indispensabili interventi che vanno dallo sviluppo di dotazioni strutturali e materiali, alla definizione di sistemi di istruzione e formazione meno rigidi e di qualità, in funzione del fabbisogno dei destinatari e delle esigenze dei territori, secondo “schemi reticolari e partenariali”.

In coerenza con il Programma europeo “LifeLong Learning” il MIUR ha promosso a Napoli il 17 marzo 2007 le “Linee di indirizzo per l’apprendimento permanente” in cui si impegna a sostenere le università nello sviluppo delle strategie di apprendimento permanente. Queste strategie prevedono, la realizzazione di un legame più stretto tra formazione universitaria e formazione professionale attraverso la costituzione dei Centri per l’Apprendimento Permanente (CAP).

I CAP dovranno realizzare una partnership con il territorio, le organizzazioni professionali, le imprese ed organizzare i servizi per le persone e per le organizzazioni relativi a percorsi formativi articolati, su base individuale e/o sulla base delle esigenze delle organizzazioni per aiutare le persone nel loro sviluppo professionale. I Centri dovranno inoltre curare la formazione dei formatori necessari alla nuova tipologia di offerta didattica.

I CAP, inoltre, possono strutturare la loro azione su tre linee di intervento:

1) il riconoscimento delle esperienze e competenze apprese in altri contesti (prevalentemente l’apprendimento informale legato al lavoro). Per esempio attraverso il riconoscimento per l’abbreviazione di un percorso universitario per coloro che hanno maturato esperienze significative di tipo professionale in un ambito affine al percorso universitario richiesto oppure attraverso lo sviluppo di percorsi di formazione universitaria più personalizzati e corrispondenti maggiormente alle capacità e competenze sia possedute che da sviluppare;

2) lo sviluppo di corsi universitari più flessibili nella durata, nei contenuti e nelle metodologie per corrispondere alle esigenze di professionalizzazione di adulti lavoratori;

3) la collaborazione con le organizzazioni pubbliche e private che necessitino di accrescere e sviluppare le competenze dei propri lavoratori per creare percorsi formativi capaci di qualificare i lavoratori adulti favorendo l’integrazione tra l’attività professionale e la formazione universitaria. Per esempio attraverso l’integrazione e la co-progettazione tra imprese e Università, di percorsi formativi capaci di migliorare le competenze dei lavoratori e di qualificare meglio le risorse umane.

Da una prima ricognizione effettuata dall’Isfol risultano ancora pochi gli atenei impegnati nella realizzazione di CAP. Nelle Regioni dell’Obiettivo Convergenza va, comunque, menzionata l’esperienza dell’Università Orientale di Napoli (vedi Box 6.2), che ha costituito a fine 2007 il primo Centro per l’Apprendimento Permanente nel Mezzogiorno.

Box 8.2 Caratteristiche peculiari e attività del CAP dell’Università degli Studi di Napoli “L’Orientale Il Centro Studi e formazione Lifelong Learning dell’Università Orientale di Napoli, primo CAP del Mezzogiorno, nato nel dicembre 2007 (con D.R. n. 833 del 24.5.2007), ha già al suo attivo progetti legati alla formazione continua, realizzati in funzione delle numerose esigenze territoriali locali, con una serie di interventi anche nell’area più ampia del Mediterraneo, grazie a parternership di progetto già in essere con altri atenei nazionali e con università della

132 La percentuale degli adulti e delle adulte in età 25-64 anni che partecipano all’apprendimento permanente era, nel 2006, del 6,9% (5,9 nell’ob. Convergenza) rispetto al 10,2% della media UE-25 e alla soglia minima del 12,5% fissata come obiettivo per il 2010.

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Turchia e dell’Algeria. Il Centro è articolato attraverso una struttura assembleare presieduta da un Presidente, un Comitato di direzione e un Comitato scientifico, costituito da esponenti del mondo della scuola, dell’università, della ricerca, delle parti sociali (tra i quali EDA USR Campania, EdA Regione Campania, Ministero dell’Università e Ricerca, ISFOL, Università di Urbino, OBR Campania, Ministero della Pubblica Istruzione, Direzione Generale per l’Istruzione Post-secondaria e degli Adulti, Assessorato all’Istruzione, Formazione, Lavoro, Regione Campania, Consulta Islamica presso il Ministero degli Interni, Direzione Scolastica Regionale della Campania, Seconda Università di Napoli). Il Centro si propone di sviluppare un’offerta di percorsi di apprendimento per adulti; iniziative per il riconoscimento dell’apprendimento pregresso; attività di orientamento, formazione dei formatori, iniziative sulla qualità. Le attività rivolte agli adulti occupati hanno l’obiettivo di sostenere la crescita culturale, il completamento degli studi interrotti, la riconversione delle lauree deboli e il miglioramento dello status professionale. A seguire si annoverano i principali progetti del Centro: 1. Progetto per la creazione e l’incardinamento dei Comitati di Educazione degli Adulti negli ambiti Provinciali e

comunali della Regione Campania – Su iniziativa dell’Assessorato all’Istruzione, Formazione e Lavoro della Regione Campania (D.D. n. 278 del 1/08/2008) (D.D. n.352 del 8/11/2007), il Centro ha promosso (e continua a promuovere) attività di formazione - con iniziative seminariali in ogni Provincia - e supporto scientifico alle Conferenze e Comitati locali di EdA sulla base delle priorità formative da esse individuate, nonché la valorizzazione e l’implementazione di reti fra i Comitati locali all’interno delle Province.

2. Workgroup su Certificazione e validazione delle competenze – Nell’ambito del seminario internazionale dal titolo “Certificazione e validazione delle competenze: il ruolo delle Università nei sistemi Lifelong Learning”, organizzato nell’ottobre 2008 dal Centro in collaborazione con l’Assessorato regionale all’Istruzione Formazione e Lavoro, è stata proposta l’attivazione di un progetto di ricerca da realizzare in sinergia con l’OBR Campania e l’ISFOL, per avviare un processo propositivo di ampio respiro sul tema del lifelong learning e il ruolo delle università.

3. Iniziative corsuali di formazione su diverse tematiche – Comprendono iniziative rivolte a lavoratori e dirigenti aziendali, organizzate in collaborazione con l’Unione Industriali, ed altre indirizzate ad amministratori e funzionari delle pubbliche amministrazioni e al personale impegnato negli interventi di cooperazione allo sviluppo promossi dall’UE ed alle organizzazioni internazionali, nonché ai giovani che aspirano a lavorare nel campo dello sviluppo e della cooperazione internazionale (cfr. corso di formazione su “Sviluppo Umano e Cooperazione Internazionale”). Tra i destinatari delle attività di formazione continua, ed in particolare dei corsi di perfezionamento e delle attività di laboratorio, vi sono anche gli insegnanti (Progetto C.I.R.E.D.). Significativa è anche la forte interazione tra il Centro e il mondo delle istituzioni scolastiche, finalizzata a creare un servizio permanente e articolato di offerta formativa interculturale. In questa ottica si colloca il Progetto Ge.St.I., diretto a fornire strumenti didattici utili per superare la maggiore difficoltà degli insegnanti legati alla comunicazione. La produzione di testi semplici per studenti cinesi e/o arabi.

4. Progetto “formazione di guide turistiche” – Da segnalare l’impegno del Centro profuso nell’attivazione, grazie alle numerose competenze dell’Università cui esso afferisce e alla convenzione con la Regione Campania, di corsi finalizzati alla formazione di figure professionali (in possesso di laurea) in grado di operare nel turismo culturale, settore che, come è noto, ha un ruolo di rilievo nell’economia della Regione.

In funzione dell’analisi del ruolo dell’università nel sistema di lifelong learning e, più in generale nella filiera istruzione/formazione, appare utile ricordare (e seguire nel suo sviluppo) il nuovo impianto normativo del sistema di istruzione e formazione tecnica superiore (IFTS) di cui all’art. 69 della L. n. 144 del 17 maggio 2008. Il sistema è stato riformato alla luce delle Linee guida fissate con Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 25 gennaio 2008133 ed è stata prevista la costituzione di Istituti Tecnici Superiori e lo sviluppo di “Poli tecnico-professionali”, anche grazie all’istituzione, nello stato di previsione del Ministero della Pubblica Istruzione, del “Fondo per l’istruzione e la formazione tecnica superiore”, per il finanziamento stabile del sistema134.

La riorganizzazione di tale sistema si realizza progressivamente, a partire dal triennio 2007/2009, in relazione ad una serie di obiettivi, tra cui si ricorda il seguente: “rendere più stabile 133 Il Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 25 gennaio 2008, emanato a seguito dell’intesa in Conferenza Unificata Stato-Regioni, Città ed Autonomie Locali e del parere del Consiglio di Stato, in attuazione dell’art. 1 commi 631 e 875 della Legge finanziaria 2007 e dell’art. 13, comma 2 della l. n. 40/2007, è pubblicato su G.U. – Serie Generale n. 86, dell’11 aprile 2008. 134 Il “Fondo per l’istruzione e la formazione tecnica superiore” è stato istituito ad opera della legge finanziaria 2007, l. 27 dicembre 2006, n. 296, art. 1, co. 875.

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ed articolata l’offerta dei percorsi finalizzati a far conseguire una specializzazione tecnica superiore a giovani ed adulti, in modo da corrispondere organicamente alla richiesta di tecnici superiori, di diverso livello, con più specifiche conoscenze culturali coniugate con una formazione tecnica e professionale approfondita e mirata, proveniente dal mondo del lavoro pubblico e privato, con particolare riferimento alle piccole e medie imprese, e ai settori interessati da innovazioni tecnologiche e dall’internazionalizzazione dei mercati”. Tra le caratteristiche dei percorsi formativi è previsto che essi siano progettati ed organizzati in relazione all’esigenza di consentire percorsi formativi personalizzati per giovani ed adulti in età lavorativa e, più in generale, all’esigenza di favorire la partecipazione anche degli adulti occupati, dove a nostro avviso il ruolo delle università appare centrale.

Nel documento di indirizzo, che fa salva la competenza esclusiva regionale in materia di programmazione dell’offerta formativa, si fa riferimento alla redazione di piani territoriali adottati, per ogni triennio dalle stesse Regioni (sostenuti da risorse nazionali e regionali), con riferimento agli indirizzi della programmazione nazionale in materia di sviluppo economico e rilancio di competitività. Si segnala che, ad oggi, solo in Liguria, in Emilia Romagna e nelle Marche sono stati adottati i Piani Triennali 2007-2009 – percorsi IFTS 2008 in linea con il DPCM del gennaio 2008.

Un ulteriore strumento a sostegno della costruzione di un sistema integrato di lifelong learning potrebbe nascere dall’evoluzione della formazione a domanda individuale, a favore dei cittadini (lavoratori e non) con un livello di istruzione medio-alto (laureati e diplomati), riconducibile al “Catalogo Interregionale di Alta Formazione”. Il Catalogo è stato avviato, di fatto, nel corso del 2008, grazie al “protocollo d’intesa” stipulato il 15 novembre 2006, tra il Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale e la Regione Veneto, capofila del progetto, insieme alle Province Autonome di Trento e Bolzano, le Regioni Abruzzo, Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Lazio, Lombardia, Piemonte, Sardegna, Toscana, Umbria, Valle d’Aosta e in una fase successiva Sicilia. Il protocollo contemplava un finanziamento ministeriale di 1,8 milioni di euro per la creazione del catalogo e dei relativi servizi, nonché per la costruzione di un sito web (www.altaformazioneinrete.it). Le Regioni (in particolare Veneto, Emilia Romagna, Lazio, Sardegna, Umbria), a seguito di tale accordo, hanno cominciato ad emanare avvisi per il finanziamento dei voucher.

Il “Catalogo Interregionale di Alta Formazione” si caratterizza per alcuni elementi di forza, rappresentati principalmente dall’attivazione di percorsi professionalizzanti ad elevata specializzazione, finanziati con il sistema dei voucher individuali, con un’assunzione di responsabilità dei partecipanti al cofinanziamento del percorso formativo (nell’ordine del 20%). E’ prevista, inoltre, la possibilità di accedere, attraverso la mobilità territoriale, ad iniziative provenienti da un ampio sistema di offerta qualificato (nelle Regioni che hanno stipulato l’accordo), basato su interventi di riqualificazione, specializzazione, professionalizzazione, nonché master universitari e non (attivabili grazie a finanziamenti della nuova programmazione FSE 2007-2013 sull’Asse Adattabilità), volti a privilegiare l’accesso anche a target più “deboli”, o a “rischio”, quali le donne, gli over 45, i lavoratori/trici a progetto, o con lavoro occasionale.

In questo modo i lavoratori adulti occupati in possesso di titoli di istruzione superiore possono acquisire, mantenere e specializzare il proprio bagaglio conoscitivo e di competenze, agevolati da una mobilità territoriale garantita da un’azione coordinata tra le amministrazioni e dalla possibilità offerta, in termini di disponibilità economica, dall’integrazione di diverse risorse (FSE, 236/93, 53/00).

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In un sistema integrato di lifelong learning è evidente che, accanto ad un rilancio complessivo dell’investimento in attività di formazione continua, da parte di quanti già oggi sono impegnati in programmi di formazione rivolti agli occupati (scuole superiori e loro emanazioni operative, CTP e centri EDA, società di consulenza e di formazione, imprese formatrici, etc.), sia necessario far emergere anche “nuovi” soggetti come le università (con loro strutture dedicate). Queste ultime possono contribuire enormemente allo sviluppo dell’economia della conoscenza, grazie alla loro possibilità di combinare più elementi, riconducibili alla produzione di nuove conoscenze, alla capacità di trasferimento dei percorsi conoscitivi di apprendimento nei processi produttivi e/o di servizio, per un loro effettivo utilizzo operativo.

L’Università viene sollecitata, dunque, ad affrontare la discontinuità del cambiamento, che oggi investe i vari contesti nazionali, a fronte del protrarsi della crisi economica e sociale proveniente dagli sconvolgimenti degli scenari internazionali. Grazie al ruolo importante assegnatole fin dalla sua nascita, come luogo privilegiato di produzione e diffusione di conoscenze e saperi, l’università può offrire il proprio know-how (conoscitivo e tecnologico) per formare generazioni di tecnici e dirigenti (per il presente e per il futuro), attraverso metodi e strumenti consolidati, utili a rispondere ai necessari e auspicati adeguamenti degli assetti produttivi, sostenendo il necessario dibattito culturale e scientifico nei sistemi territoriali, attraverso forme di cooperazione e coprogettazione con tutti gli attori dello sviluppo, impegnati a sostenere programmi e progetti di investimenti conoscitivi.

Le informazioni attualmente in nostro possesso, però, sono ancora insufficienti per analizzare le dinamiche che si strutturano all’interno del sistema di offerta formativa, tra i diversi soggetti e organismi (pubblici e privati), che devono rispondere ai numerosi e crescenti fabbisogni di aggiornamento professionale della gran parte dei lavoratori. Appare quanto mai necessario, dunque, lavorare per dare una maggiore e migliore visibilità alle esperienze promosse negli atenei italiani, realizzando con impegno e progettualità interventi di formazione continua, anche in base all’impulso ministeriale sulla costituzione dei CAP.

8.5.2 L’avvio del “Laboratorio interuniversitario dei Centri per l’Apprendimento Permanente” per l’analisi dell’offerta di formazione continua degli Atenei del Mezzogiorno

Nella precedente programmazione del FSE l’Isfol ha avviato una prima fase di studio del sistema di offerta formativa in Italia, durante la quale sono emerse, all’interno delle università, esperienze utili135 ma ancora limitate e assai poco diffuse per poter parlare di un effettivo servizio di formazione continua degli adulti occupati, nonché troppo disomogenee nelle loro forme organizzative e gestionali.

Appare necessario proseguire l’approfondimento su ulteriori casi di studio di atenei, in particolare tra quelli presenti nel Mezzogiorno, che hanno individuato nella formazione continua un’opportunità strategica per rispondere alle numerose esigenze di fabbisogni formativi provenienti dalle imprese e dai lavoratori occupati, presenti nel proprio territorio di riferimento.

135 Nelle attività condotte dall’area sono stati analizzati i casi dei seguenti atenei: Università degli Studi di Roma La Sapienza; Università degli Studi di Palermo, Politecnico di Milano - MIP, Politecnico di Torino, COREP, LUMSA, LUISS, Scuola Superiore S. Anna- SIAF, Unicafor - Centro per la Formazione Continua dell'Università degli Studi di Cagliari, Consorzio Symposium, PerForm - Centro di Formazione Permanente dell'Università degli Studi di Genova, Università Cattolica di Milano, Università di Venezia Ca’ Foscari, Università Campus Biomedico di Roma; cfr. Rapporto sulla Formazione Continua in Italia, 2006, www.eformazionecontinua.it )

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A tal fine risulta centrale l’osservazione delle dinamiche degli atenei in merito alle politiche e agli interventi di lifelong learning, ponendo particolare attenzione su alcune dimensioni conoscitive, quali:

a. il rapporto con i Fondi Paritetici Interprofessionali; b. l’analisi delle strategie per la messa a punto di interventi rivolti ai laureati; c. le iniziative rivolte agli adulti occupati in possesso di diploma di scuola secondaria superiore; d. le attività formative rivolte a coloro che hanno abbandonato il percorso di studi (attività non

necessariamente legate al conseguimento esclusivo di titoli formali), in riferimento alla certificazione dei crediti e delle conoscenze/competenze acquisite;

e. lo sviluppo di iniziative di formazione rivolte ad imprenditori; f. l’analisi delle problematiche (di gestione amministrativa) delle attività extracurriculari e delle

risorse disponibili.

L’approfondimento dei diversi casi di studio sui CAP individuati nell’attività di ricerca del Laboratorio interuniversitario si svilupperà attraverso visite ed incontri presso le università con i referenti delle attività formative, supportati da metodologie e strumenti di ricerca qualitativa. I risultati di tale attività saranno divulgati attraverso momenti seminariali e workshop, con il coinvolgimento dei principali attori istituzionali (referenti dei diversi atenei, della CRUI, del MIUR, del Ministero del Lavoro, dell’Isfol e del Codau), con l’obiettivo di agevolare la diffusione e lo scambio di pratiche sui modelli organizzativi e gestionali messi in campo dai diversi CAP.

Le attività del Laboratorio interuniversitario rappresentano, dunque, l’occasione per far emergere validi elementi conoscitivi sul ruolo delle università nel sistema del lifelong learning, utili ad indirizzare specifiche policies e possibili linee guida operative ad uso degli operatori della formazione continua per accrescere gli investimenti formativi di imprese e lavoratori presenti nei sistemi locali del Mezzogiorno. 8.6 Le iniziative a sostegno della comunicazione pubblica in materia di formazione continua:

lo sviluppo del sito www.eformazionecontinua.it

L’elevato numero di accessi registrato dal sito dedicato alla formazione continua, www.eformazionecontinua.it, conferma il successo dello strumento web per rispondere all’esigenza di informazione dell’utente. Concepito allo scopo di veicolare le informazioni sul tema della formazione continua ed allo stesso tempo per mettere a disposizione dell’utente una sorta di “archivio virtuale”, esso ha registrato nel corso dell’anno 2008 un elevato numero di visite non solo provenienti dal nostro Paese ma anche da Paesi UE ed extra UE, quali Olanda, Francia, Belgio, Germania, Irlanda ed ancora Brasile, Argentina, Canada e Cile.

La struttura del vortale in macro aree ha inoltre permesso di analizzare, sempre a livello statistico, le tematiche più attuali, quelle per cui vengono richieste da parte dell’utente maggiori informazioni e una maggiore ricchezza di documenti disponibili.

In questo senso, il portale dedicato ai Fondi Interprofessionali per la Formazione Continua, si registra ancora una volta come quello con il maggior numero di accessi. Particolarmente vincente, in questo ambito, si è rivelata la sezione mediante la quale è possibile conoscere la struttura e l’attività di ciascun Fondo ed accedere direttamente al sito ufficiale. Inoltre una sezione più dinamica consente di avere una visione generale e veloce dei bandi e delle attività in itinere di ciascun Fondo. A seguire, sempre in termini statistici di accessi, vi è il portale dedicato ai

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finanziamenti della formazione continua, www.finanziamentiformazione.it e quello relativo alle ricerche, www.ricercheformazione.it .

Il primo illustra il sistema di finanziamento nazionale e comunitario per la formazione continua. Al suo interno, pertanto, si potranno ottenere informazioni sulla Legge 236/93 e sulla sua declinazione regionale sia in termini di circolari attuative sia in termini di bandi provinciali e regionali, una particolare attenzione viene dedicata alla Legge 53/00 e quindi più in generale al tema del voucher formativo, ed ancora un’ampia sezione è dedicata al finanziamento derivato da risorse comunitarie con un focus interessante sulla nuova programmazione 2007-2013. Il portale dedicato alle ricerche, invece, permette di avere una panoramica completa ed esaustiva sulla domanda e l’offerta di formazione continua per imprese e lavoratori, con lo scopo di far conoscere le principali ricerche ed indagini statistiche realizzate sia nel nostro Paese che a livello internazionale. Per quanto riguarda le indagini italiane viene data ampia visibilità a quelle dell’Isfol, dell’Istat ed alla rilevazione di Unioncamere, mentre per quanto riguarda quelle di respiro internazionale, vi sono una serie di richiami alle ricerche più significative, prodotte e diffuse da organismi internazionali. In particolare nel corso del 2008 sono stati pubblicati i primi risultati della terza rilevazione sulla formazione del personale nelle imprese con almeno 10 addetti, realizzata da Istat ed Isfol, nell’ambito della rilevazione europea CVTS 3 coordinata da Eurostat. Particolare eco è stato dato anche alle indagini Indaco, le indagini sulla conoscenza di lavoratori ed imprese, previste dal Programma statistico nazionale (Sistan), che raccoglie le rilevazioni statistiche di interesse nazionale.

Un altro elemento centrale all’interno del portale della formazione continua, è certamente la home page, la pagina di ingresso, che con approfondimenti tematici ed interviste consente di essere sempre aggiornati sulle tematiche afferenti al mondo della formazione e più in generale alle politiche del lavoro.