RAPPORTI TRA CHIESA CATTOLICA CONFESSIONI … · tradizionali, i nuovi movimenti magici e religiosi...

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FACOLTÁ DI GIURISPRUDENZA RELAZIONE DI DIRITTO CANONICO RAPPORTI TRA CHIESA CATTOLICA CONFESSIONI RELIGIOSE E MOVIMENTI MAGICO-ESOTERICI Salvati Domenico Dari Davide Sposato Maria Adele Gallorini Dimitri Marrapese Gherardo Grassi Matteo

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Page 1: RAPPORTI TRA CHIESA CATTOLICA CONFESSIONI … · tradizionali, i nuovi movimenti magici e religiosi , e i nuovi movimenti esoterici ( massoneria ). 1 . COSA E' LA RELIGIONE? COSA

FACOLTÁ DI GIURISPRUDENZARELAZIONE DI DIRITTO CANONICO

RAPPORTI TRA CHIESA CATTOLICA CONFESSIONI RELIGIOSE E MOVIMENTI MAGICO-ESOTERICI

Salvati DomenicoDari Davide

Sposato Maria AdeleGallorini Dimitri

Marrapese GherardoGrassi Matteo

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INTRODUZIONE

Scopo della ricerca è quello di indagare il rapporto che esiste tra la Chiesa cattolica e i movimenti religiosi e magici che si sono recentemente sviluppati, oltre ai rapporti tra la Chiesa stessa e le associazioni cd segrete e massoniche, alla luce degli interventi storici e dell'evoluzione moderna e contemporanea sul punto.

Si tratta anzitutto di fornire una definizione generale del concetto di religione proposto dagli istituti temporali della Chiesa cattolica e degli studiosi del diritto. Si passa quindi a tracciare un quadro dei fenomeni diversi rispetto a quelli compresi nelle definizioni proposte dalla Chiesa, sottolineando i rapporti intercorrenti tra queste due realtà, anche alla luce delle statuizioni conciliari in materia di libertà di credo e libertà di religione.

Si traccerà di poi una breve descrizione dello stato dei rapporti tra la Chiesa e le forme associative non religiose, tra cui le associazioni segrete e massoniche, di cui al canone 2445 e alle varie bolle pontificie che hanno seguito la prima di Clemente XII.

Saranno quindi analizzati nel dettaglio i rapporti tra la Chiesa cattolica, le confessioni religiose tradizionali, i nuovi movimenti magici e religiosi , e i nuovi movimenti esoterici ( massoneria ).

1 . COSA E' LA RELIGIONE? COSA LA CHIESA?

Nella definizione enciclopedica di religione si legge che la stessa è definita come:

« Una religione è un complesso di credenze, comportamenti, atti rituali e culturali, mediante cui un gruppo umano esprime un rapporto con il sacro. Tale relazione, tra uomo e sacro, è consentita per mezzo di qualche ordine soprannaturale, o naturale, che risponde ai significati ultimi dell'esistenza. Una religione contiene sistemi di valori e significati che investono la condizione umana, l'esistenza, l'ordine cosmico, e spesso altri aspetti della vita...»

In senso stretto, la religione è una mediazione linguistico-culturale della relazione di fede (al contrario, la fede è una relazione personale da vivente a vivente, instaurata da un dio).Questa nozione corrisponde alla definizione comune di religione. In senso lato, la religione viene intesa come via di salvezza naturale e/o soprannaturale: questo includerebbe anche le "religioni atee" come, secondo alcuni studiosi, è per esempio il buddhismo primitivo, ma renderebbe indefinito il confine semantico del termine permettendo di inglobare in esso fenomeni come la magia o anche il comunismo, solitamente non considerate religioni vere e proprie. Il problema infatti nasce dal rapporto stretto tra il concetto di "religione" (nel senso agostiniano di "legare") e quello di "ideologia" in senso marxiano. Era stato infatti proprio Karl Marx che sia in La sacra famiglia (1845), sia in La miseria della filosofia (1847) aveva definito ideologia la religione cristiana come strumento borghese di indottrinamento delle masse ai fini di controllo e dominio sulle masse popolari e ignoranti. Anche su questa tesi nasce la dottrina di Marx ed Engels che questi definì "materialismo storico", dove la coscienza delle masse è l'insieme delle "credenze" in esse inculcate dal potere borghese.La religione comprende in ogni caso elementi che possono essere collocati su tre livelli:

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-soggettivo o noetico o intellettuale: credenze (o dogmi, nella tradizione cristiana) di natura filosofica, etica e metafisica riguardanti il cosmo, l'uomo, la divinità; -oggettivo o pratico: riti-culti privati o collettivi che devono essere seguiti per garantire un adeguato legame tra l'uomo e la divinità; -sociale o etico-morale: obblighi e divieti (ad esempio i dieci comandamenti nella tradizione giudaico-cristiana) codificati e tramandati entro il contesto sociale che regolano i rapporti tra gli individui. Alcune religioni (ad esempio i tre grandi monoteismi) sono dette "rivelate" in quanto si ritengono depositarie di una rivelazione e spesso adottano dei testi sacri nei quali sono comprese tutte o parte delle rivelazioni divine.Un'altra importante distinzione è quella tra religioni nazionali o etniche, diffuse esclusivamente o prevalentemente all'interno di un determinato gruppo etnico-sociale (ad esempio Ebraismo, Induismo) e religioni universali, caratterizzate da una spinta missionaria più o meno marcata (ad esempio Cristianesimo, Islam, Buddhismo).

Il “Catechismo della Chiesa Cattolica”, documento approvato sotto il pontificato di Giovanni Paolo II, opera della Congregazione per la Dottrina della Fede presieduta dall'allora Cardinale prefetto Joseph Ratzinger, lega il concetto stesso di religione alla definizione della Chiesa, che la indica come “il corpo mistico del Cristo”, ponendo successivamente in evidenza la “superiorità del primato pontificio in rapporto all'attività collegiale e sinodale”.

Secondo la visione giuridica invece, la Chiesa è una istituzione che nasce da una volontà superiore ed estranea e che vive poi autonomamente secondo le proprie regole e che si distingue da corporazioni e fondazioni in ragione della presenza di “un elemento autoritativo imposto dal di fuori che sottrae l'ente alla libera disposizione delle parti .

La chiesa cristiana è la comunità dei credenti, in particolare dei battezzati che condividono la fede in Dio secondo il messaggio di Gesù. Il termine deriva dal latino ecclesia e dal greco εκκλησια (ekklesìa), cioè comunità come effetto di una convocazione.

Nel corso dei secoli, in seguito a diverse interpretazioni teologiche ed anche a problematiche storiche, si sono ramificate numerose chiese con diverse teologie. La branca della teologia che studia la natura delle chiesa viene detta "ecclesiologia".Quasi tutte le chiese cristiane comunque, al di là delle divisioni, nel Simbolo niceno-costantinopolitano definiscono la chiesa “una” (oltre a santa, cattolica, nel senso di universale, ed apostolica), in quanto uno è il capo pur nella diversità delle membra. Tale concetto di unità viene interpretato in maniera diversa nelle varie chiese, solitamente il capo è Cristo. Il movimento che punta a ricreare una piena unità della chiesa si chiama ecumenismo.

2. LA NASCITA DELLE DIVISIONI

Attualmente la Chiesa cattolica riconosce come Chiese quelle che possono contare sulla cosiddetta successione apostolica (termine coniato da Sant'Ireneo di Lione). In questa categoria, oltre alla Chiesa cattolica, rientrano anche le Chiese ortodosse, mentre le Chiese della riforma sono generalmente chiamate comunità ecclesiali. Infatti nel primo millennio la chiesa cristiana era composta dai Patriarcati di Roma, Costantinopoli, Alessandria, Antiochia e Gerusalemme, inizialmente tutti su un piano di parità. Successivamente, in virtù di differenziazioni storiche, politiche e culturali tra il papa (vescovo di Roma cui l'Occidente assegnò il primato) e il Patriarca di Costantinopoli (primus inter partes della Chiesa orientale) cominciarono una serie di

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incomprensioni e scontri, sia per motivi di supremazia che per ragioni teologiche e liturgiche. Si giunse così, decretato da scomuniche reciproche nel 1054, allo scisma tra la Chiesa Cattolica e la Chiesa Ortodossa (cui, anche se i singoli patriarcati sono autocefali, aderiscono la maggior parte dei Cristiani mediorientali e dell'Europa sud-orientale, compresa la Russia). Gli ortodossi non riconoscono il primato del papa, né le innovazioni che a mano a mano nei secoli vennero introdotte dalla cristianità d'Occidente. I protestanti, nel tentativo di "riformare" la chiesa, e cioè di riportarla alla forma che aveva alla sua origine, si rifanno al concetto di chiesa espresso nel Nuovo Testamento di "comunità dei credenti".

2.1 – Le Rotture che anticipano il grande scismaIl Grande Scisma non era il primo scisma fra l'Oriente e l'Occidente; vi furono, infatti, oltre due secoli di divisioni nel primo millennio della Chiesa.Dal 343 al 398, la Chiesa era divisa sull'Arianesimo, una dottrina accettata da molti nell'Oriente, mentre nell'Occidente era fortemente osteggiata dal Vescovo romano.Nel 404 sorse una nuova controversia, quando l'imperatore bizantino Arcadio depose il patriarca di Costantinopoli Giovanni Crisostomo, supportato dal patriarcato romano. Il papa presto ruppe la comunione con i patriarcati orientali, in quanto avevano accettato la deposizione di Giovanni Crisostomo: questa divisione fu risanata solo nel 415, quando i patriarchi orientali riconobbero retroattivamente la legittimità di tale patriarca.Un altro conflitto sorse quando, nel 482, l'imperatore bizantino Zenone emanò un editto conosciuto come l' Henotikon, che cercava di riconciliare le differenze fra i monofisiti (che credevano che Gesù Cristo avesse la sola natura divina) con la dottrina riconosciuta ufficialmente dalla Chiesa (per la quale Gesù Cristo aveva due nature: umana e divina). L'editto, comunque, ricevette la condanna del papa Felice III; nel 484, il papa scomunicò Acacio, patriarca di Costantinopoli, che sollecitò Zenone alla pubblicazione dell'editto. Lo scisma terminò nel 519 - oltre 30 anni dopo - quando l'Imperatore bizantino Giustino I riconobbe la scomunica di Acazio. Comunque, i Patriarchi di Alessandria, di Antiochia e di Gerusalemme ora abbracciarono il monofisismo, non riconoscendo il Concilio di Calcedonia. Perciò, sebbene formalmente riunita, nei fatti la Chiesa era divisa.

2.2 – Il grande scismaQuando Michele Cerulario divenne patriarca di Costantinopoli nell'anno 1043 diede inizio ad una campagna contro le Chiese latine, accusate di aver deviato dalla "retta fede", prendendo voce in capitolo nella discussione teologica sulla natura dello Spirito Santo, nata a causa dell'inserimento (occidentale) del Filioque nel Credo niceno.

I motivi che scatenarono il Grande Scisma includevano dunque:1) l'inserimento del Filioque nel Credo Niceno nell'ambito della Chiesa romana, atto definito

non canonico dalla Chiesa orientale, anche perché in violazione allo specifico comando del Concilio di Efeso (secondo gli ortodossi il Credo può essere cambiato solo per consenso conciliare).

2) Le dispute sopra il primato del papa, ossia se il patriarca di Roma dovesse essere considerato un'autorità superiore a quella degli altri patriarchi. Tutti i cinque patriarchi della Chiesa indivisa concordavano sul fatto che il patriarca di Roma dovesse ricevere onori più elevati degli altri, ma non erano in accordo se questi avesse autorità sugli altri quattro e, se gli fosse spettata, quanto ampia potesse essere tale autorità.

La prassi precedente, del resto, aveva riconosciuto al Papa solo un primato d'onore e non di giurisdizione.

3) La designazione del patriarca di Costantinopoli come patriarca ecumenico.

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4) Il concetto di cesaropapismo, un modo per mantenere unite in qualche modo le autorità politiche e religiose, che si erano separate molto tempo prima, quando la capitale dell'Impero venne spostata da Roma a Costantinopoli. Vi sono ora controversie su quanto tale cosiddetto "cesaropapismo" esistesse effettivamente o quanto invece fosse frutto dell'invenzione degli storici occidentali, alcuni secoli dopo.

5) La relativa perdita di influenza dei Patriarchi di Antiochia, di Gerusalemme e di Alessandria conseguente alla crescita dell'Islam, fatto che portò le politiche interne alla Chiesa ad essere viste sempre più come un rapporto "Roma contro Costantinopoli".

Nel 1054 papa Leone IX inviò a Costantinopoli il cardinale Umberto di Silvacandida per tentare di risolvere questa situazione critica, ma la visita terminò nel peggior modo: il 16 luglio 1054, il cardinale Umberto depositò sull'altare di Santa Sofia una bolla di scomunica contro il patriarca Michele Cerulario e i suoi sostenitori, atto che però venne inteso come scomunica di tutta la Chiesa bizantina; a questo atto Cerulario rispose in modo analogo scomunicando Umberto di Silvacandida e gli altri legati papali. Le Chiese, inoltre, attraverso i loro rappresentanti ufficiali, si anatemizzarono l'una l'altra: si separarono così la Chiesa cattolica romana e la Chiesa ortodossa, ognuna delle quali rivendicava per sé il titolo di "Chiesa una, santa, cattolica ed apostolica". Sebbene la comunione non fosse definitivamente e completamente spezzata fino all’invasione ottomana di Costantinopoli nel 1453, la frattura fondamentale non si è più risanata.

2.3 – La riforma protestante Secondo momento cruciale della storia della chiesa cattolica , coincide con la pubblicazione delle 95 tesi da parte di Martin Lutero, affisse sulla porta della chiesa di Wittenberg, il 31 ottobre 1517.

La riforma protestante, nata come movimento dissenziente, riuscì ad affermarsi perché, diversamente dai movimenti ereticali medievali, ebbe l'appoggio politico ed economico di molti principi, che ne fecero in Germania la religione di stato.Il peculiare momento storico in cui Lutero predicò fu fondamentale per la nascita delle chiese protestanti in Europa.

La causa più particolare fu la polemica sorta a seguito delle 95 tesi di Lutero pubblicate contro la vendita delle indulgenze in Germania e in altre parti d'Europa. Lutero appese le tesi sulla cattedrale come forma di protesta contro la chiesa. Le cause della Riforma sono molteplici e spesso intrecciate fra loro:

1) Tra le cause maggiori vi fu la posizione di Lutero rispetto all'organizzazione ecclesiastica nella diffusione della parola di Dio: le messe all'epoca erano celebrate in latino ed era difficile poter leggere direttamente la Bibbia dato che questa non era tradotta nella lingua volgare (esistevano tuttavia già traduzioni in tedesco, in italiano, in francese ecc, ma non usate nella liturgia) e quindi solo poche persone dotte potevano accostarsi alla lettura delle sacre scritture. Lutero - che era invece favorevole ad un diretto avvicinamento di tutti i fedeli alla Bibbia - nella lettura delle Scritture ravvisò anche molte contraddizioni tra l'operato del clero cattolico e la stessa dottrina cristiana. Sostenendo che la Bibbia era un libro destinato all'uomo e che ogni individuo aveva il diritto di leggerla direttamente (senza l'intermediazione della cerchia ristretta del clero), tradusse la Bibbia in tedesco e, grazie alla precedente invenzione della stampa, ne curò l'edizione in molte copie per la successiva diffusione in Germania. La predicazione di Lutero da un lato riprendeva motivi anticlericali diffusi nella società tedesca ed europea e dall'altro proponeva in modo convincente e vigoroso un nuovo modo di vedere il rapporto con Dio e la Chiesa che la scrittura stessa insegnava, soprattutto attraverso una lettura rinnovata delle epistole di San Paolo. Seppe anche avvalersi di collaboratori come Filippo Melantone, umanisti e tendenzialmente

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conservatori, che evitarono estremismi che avrebbero reso il protestantesimo poco gradito ai principi e alle città che ne furono i promotori. A causa delle 95 tesi esposte da Martin Lutero egli stesso fu perseguitato dalla chiesa cattolica che cercava in tutti i modi di eliminarlo, ragione per cui egli ricevette protezione da alcuni principi tedeschi.

2) Altra causa fu la rilassatezza della gerarchia ecclesiastica cattolica che perseguiva obiettivi economici e di potere. Al tempo le cariche ecclesiastiche potevano essere cumulate per beneficiare di più rendite e senza che a queste corrispondesse effettivamente lo svolgimento di un ministero ecclesiastico. Al beneficium spesso non corrispondeva l'officium. La predicazione era il più delle volte affidata agli ordini mendicanti, mentre vescovi e abati dei grandi monasteri erano spesso membri di famiglie di nobili che si disinteressavano dell'aspetto religioso dell'amministrazione delle diocesi. Ciò indebolì la reazione religiosa, più che quella politica, alle critiche teologiche di Lutero verso l'organizzazione ecclesiastica.

3) La chiesa possedeva vasti territori e riscuoteva decime. I nobili passati al protestantesimo potevano secolarizzare queste proprietà e prenderne possesso, rendendole ereditarie. Fu in questo modo che ad esempio si costituì il nucleo della Prussia, con la secolarizzazione dei territori dell'Ordine Teutonico dopo che il Gran maestro Albert di Hohenzollern passò al luteranesimo.

4) A tutto questo si intrecciò il fattore politico. Il Sacro Romano Impero era un organismo complesso, costituito dall'imperatore (al tempo Carlo V) che doveva regnare con il consenso dei principi e dei feudatari. La religione divenne un importante elemento in questo equilibrio precario, a sua volta in relazione con il papato, con le altre monarchie europee e minacciato dalla Turchia nelle frontiere sud orientali.

3 . CIO' CHE RELIGIONE E CHIESA NON SONO

La latitudine dei fenomeni confessionali è ben più ampia di quella descritta dai concetti fin qui esposti, in quanto sono presenti esempi di realtà mistiche, magiche, esoteriche e religiose, che fuoriescono dall'ambito confessionale-cattolico e superano i criteri tradizionali di religione e confessione religiosa. Si tratta di fenomeni spesso ricondotti nell'ambito settario o associativo segreto.

Affrontando il tema della distinzione di questi fenomeni rispetto all'ambito tradizionale della religione, è di prezioso ausilio il riferimento alla tradizionale dicotomia tra chiesa e setta, individuata da Weber e Troeltsch,laddove per Chiesa doveva intendersi un gruppo religioso al quale si apparteneva fin dalla nascita e per Setta un gruppo spontaneo al quale si aderiva personalmente.

Caratteri della Chiesa, sempre nella dicotomia suddetta, sono la stabile organizzazione e istituzionalizzazione, la precisa struttura gerarchica e una dottrina definita. Al contrario, carattere della Setta, sarebbe la non conformità nei confronti dell'assetto sociale.

Inoltre si possono annoverare quelle realtà associative di cui la Chiesa cattolica ha più volte trattato, definendole come associazioni segrete e di liberi muratori, includendole esplicitamente nel canone 2335 del codice di diritto canonico del 1917.

È chiaro come l'operatore giuridico debba muoversi, quindi, in un contesto terminologico scarsamente preciso. Le colpe sono storiche: l'essersi rapportato il legislatore civile in passato solo ad alcune confessioni religiose, l'avere considerato come confessione principalmente quella cattolica e l'aver attuato con 40 anni di ritardo l'istituto delle Intese di cui all'art 8 della Costituzione italiana.

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Per quanto riguarda le colpe dell'ordinamento canonico, avendo esso agito con limiti ancora maggiori, ha trascurato di definire quali denominazioni o sette si sostanziassero in Chiese, limitando i rapporti solo con queste ultime e non emanando alcuna disposizione nei confronti degli altri gruppi religiosi, contribuendo in tal modo all’ attuale degiuridicizzazione del problema, trattato con maggiore partecipazione e attenzione da parte di sociologi, teologi e storici delle religioni.

- 1 -CHIESA CATTOLICA E LE CHIESE CRISTIANE SEPARATE

1. LE DIVISIONIAnche se non sono mai mancati elementi di contrasto, dottrinali e pratici, già nelle primissime comunità (come testimoniano gli Atti degli Apostoli e alcune lettere di San Paolo), le prime divisioni tra cristiani, i cui effetti durano ancora oggi, hanno avuto inizio circa quattrocento anni dopo la morte di Gesù, intorno alle questioni di fondo sulla sua natura, come vero Dio e vero uomo. In particolare alcune Chiese, la “siro-orientale” e la “copta” (e in seguito “l'armena” e “l'etiope”), rifiutarono la definizione che fu data durante il Concilio di Calcedonia, nell'anno 451, secondo il quale la natura divina e la natura umana di Gesù sono unite «senza confusione e senza separazione». Oggi queste Chiese vengono chiamate 'ortodosse orientali' o 'precalcedonesi' perché condividono con gli altri cristiani solo le decisioni dei concili precedenti a quello di Calcedonia. La chiesa assira si era già staccata in occasione del Concilio di Efeso, nell'anno 431.Le fratture più profonde in venti secoli di storia della Chiesa sono state quella tra Chiesa di Costantinopoli e Chiesa di Roma nel 1054 e quella verificatasi tra Cattolicesimo e Protestantesimo a partire del XVI secolo. Entrambe, da cause di natura politica e religiosa, hanno presto portato ad una differenziazione in alcuni contenuti della fede, nonché nella diversa pratica della vita cristiana.

« Noi rivolgiamo ora il nostro pensiero alle due principali categorie di scissioni che hanno intaccato l'inconsunta tunica di Cristo.

Le prime di esse avvennero in Oriente, sia per la contestazione delle forme dogmatiche dei Concili di Efeso e di Calcedonia, sia, più tardi, per la rottura della comunione ecclesiastica tra i patriarchi orientali e la sede romana.

Le altre sono sorte, dopo più di quattro secoli, in Occidente, a causa di quegli eventi che comunemente sono conosciuti con il nome di Riforma. Da allora parecchie Comunioni sia nazionali che confessionali, si separarono dalla Sede romana. Tra quelle nelle quali continuano a sussistere in parte le tradizioni e le strutture cattoliche, occupa un posto speciale la Comunione anglicana. Tuttavia queste varie divisioni differiscono molto tra di loro non solo per ragione dell'origine, del luogo e del tempo, ma soprattutto per la natura e gravità delle questioni spettanti la fede e la struttura ecclesiastica. »

(Unitatis Redintegratio, 13)

Naturalmente, vi è un patrimonio di fede - corrispondente al periodo della Chiesa indivisa - ancora in comune tra le tre principali confessioni cristiane: il Battesimo e, con alcune diverse interpretazioni, l'Eucaristia come sacramenti centrali per la salvezza; la fede nel Dio trinitario che si è rivelato ad Israele e in maniera piena in Gesù Cristo; la centralità della Bibbia nella riflessione e nella vita cristiana, e così via.

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2. PRIMI TENTATIVI DI RIAVVICINAMENTO

L'ecumenismo è il movimento che tende a riavvicinare ed a riunire tutti i fedeli cristiani e quelli delle diverse Chiese. Il punto di partenza è la comune fede nella Trinità: in Dio Padre, in Gesù Cristo Figlio e in Dio Spirito Santo. La parola deriva dal termine greco oikouméne, che indica in origine la parte abitata della Terra; la scelta indica una sorta di indirizzo nella ricerca di una sempre più stretta collaborazione e comunione tra le varie chiese cristiane che abitano il mondo.

I primi vani tentativi di ristabilimento dell'unità dei cristiani risalgono ai concili di Lione (1274) e di Firenze (1439) in cui furono formulate proposte di riunificazione tra le Chiese di Oriente e di Occidente. Nel XIX secolo va ricordato un particolare impegno della Chiesa anglicana per individuare le basi comuni per la ricomposizione di un’unica grande Chiesa cattolica (Movimento di Oxford nel 1833 – Successive riunioni della Conferenza di Lambeth). L’inizio ufficiale viene generalmente fissato al 1910 in ambito protestante: durante la Conferenza mondiale delle società missionarie protestanti e anglicane dell'area anglo-americana e del Commonwealth, le giovani Chiese avanzarono con forza profetica la richiesta ai missionari di predicare il Vangelo e non le divisioni tra le grandi confessioni storiche.

Negli anni tra le due guerre mondiali nacquero diversi movimenti tra cui il Consiglio missionario internazionale (International Missionary Council) , il movimento Fede e costituzione ( Faith and Order), il movimento Vita e azione (Life and Work, detto anche Cristianesimo pratico), che, sempre in ambito protestante, si proposero di favorire l’ecumenismo rispettivamente nei campi dell’evangelizzazione, in quelli teologico dottrinali e in quelli della vita pratica e delle problematiche sociali. Allo stesso periodo risalgono sia un’importante esperienza di dialogo tra la chiesa cattolica e quella anglicana (le Conversazioni di Malines 1921-1925), che l’inizio di un movimento di accostamento dell'Ortodossia alle Chiese protestanti.

Nel 1948 questi fermenti trovarono una prima realizzazione nella Conferenza di Amsterdam, a cui parteciparono diverse chiese protestanti e ortodosse e durante la quale Faith and Order e Life and Work decisero formalmente di fondersi nel CEC (Consiglio ecumenico delle chiese), organismo che ha sede a Ginevra e promuove da allora periodiche Assemblee generali ogni 6-7 anni. Si descrive come una «comunità fraterna di Chiese che confessano il Signore Gesù Cristo come Dio e Salvatore, secondo le Scritture, e si sforzano di rispondere insieme alla loro vocazione comune per la gloria di un solo Dio, Padre, Figlio e Spirito Santo» (Costituzioni del CEC, art. 1). Oggi il CEC include 349 Chiese: la maggior parte delle Chiese ortodosse, la Comunione anglicana, numerose Chiese protestanti, alcune battiste, molte luterane, metodiste e riformate, alcune Chiese pentecostali, alcune Vetero cattoliche e un vasto campione di Chiese indipendenti . Fra le tradizioni cristiane che non vi fanno parte come chiese membro, ci sono la Chiesa cattolica, la Chiesa avventista e l’Esercito della Salvezza, che però sono membri di sue commissioni. La Chiesa cattolica in particolare partecipa come "osservatrice", mentre è membro a pieno titolo della commissione "Fede e Costituzione".

L'obiettivo del CEC è l'armonia tra i cristiani attraverso l'impegno concreto e comune nella testimonianza della fede e nelle opere di giustizia, pace e salvaguardia del creato. La CEC non ha l'obiettivo (né pensa) di essere una "sovra chiesa", volendo mantenere al suo interno una dialettica aperta e conciliata, e decidendo ogni sua scelta con il metodo del consenso. Dalla Conferenza delle chiese europee e dal consiglio delle conferenze episcopali europee (Ccee) è stata stilata e raccomandata la Carta Ecumenica il 22 aprile 2001. Tale documento è il testo base che specifica i principi fondamentali del dialogo ecumenico.

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3. CONCILIO VATICANO IIPer quanto riguarda la Chiesa cattolica , fino al 1960 l’atteggiamento ufficiale era stato di relativa chiusura nei confronti di tutto questo movimento. La decisiva svolta fu impressa da papa Giovanni XXIII che indisse, nel 1959, il Concilio Vaticano II e, nel 1960, istituì il Segretariato per l'Unità dei Cristiani.

Il Concilio fu aperto ufficialmente l'11 ottobre 1962 da papa Giovanni XXIII all'interno della basilica di San Pietro in Vaticano con cerimonia solenne. In tale occasione pronunciò il celebre discorso Gaudet Mater Ecclesia (Gioisce la Madre Chiesa) nel quale indicò quale fosse lo scopo principale del concilio:

« [...] occorre che questa dottrina certa ed immutabile, alla quale si deve prestare un assenso fedele, sia approfondita ed esposta secondo quanto è richiesto dai nostri tempi. Altro è infatti il deposito della Fede, cioè le verità che sono contenute nella nostra veneranda dottrina, altro è il modo con il quale esse sono annunziate, sempre però nello stesso senso e nella stessa accezione. »

(Papa Giovanni XXIII – Discorso per la solenne apertura del SS. Concilio, 11 ottobre 1962)

Il concilio però si interruppe il 3 giugno 1963, per la morte di papa Giovanni XXIII , malato da qualche mese. Il breve conclave successivo si concluse con l'elezione dell' arcivescovo di Milano, Giovanni Battista Montini , che assunse il nome di Paolo VI, il 21 giugno 1963. Nel suo primo radiomessaggio del 22 giugno 1963 parlò della continuazione del concilio come dell'«opera principale» e della «parte preminente» del suo pontificato, facendo così propria la volontà del predecessore.

Nel suo primo discorso da pontefice ai padri conciliari, Montini indicò inoltre quali ne fossero gli obiettivi primari : 1. Definire più precisamente il concetto di Chiesa 2. Il rinnovamento della Chiesa cattolica 3. La ricomposizione dell’unità fra tutti i cristiani 4. Il dialogo della Chiesa con il mondo contemporaneo

Fu un vero e proprio Concilio "ecumenico": raccolse quasi 2500 cardinali, patriarchi e vescovi cattolici da tutto il mondo. Fu la prima vera occasione per conoscere realtà ecclesiali fino a quel momento rimaste ai margini della Chiesa. Infatti nel corso dell'ultimo secolo la Chiesa cattolica, da eurocentrica si era andata caratterizzando sempre più come una Chiesa universale, soprattutto grazie alle attività missionarie avviate durante il pontificato di Pio XI.

La diversità non era più rappresentata dalle sole Chiese cattoliche di rito orientale, ma anche dalle Chiese latino-americane ed africane, che chiedevano maggiore considerazione per la loro "diversità". Al Concilio parteciparono per la prima volta, in qualità di osservatori, anche esponenti autorevoli delle comunità cristiane scismatiche; vennero annullate le reciproche scomuniche pronunciate nello scisma d'Oriente del 1054 tra la chiesa di Roma e quella di Costantinopoli; inoltre, uno dei nove decreti prodotti dal lavoro conciliare dei vescovi fu dedicato specificamente all'ecumenismo: Unitatis Redintegratio (Il ristabilimento dell'unità), del 21 novembre 1964.

Le finalità del decreto, come recita lo stesso proemio, sono:

« Promuovere il ristabilimento dell'unità fra tutti i cristiani è uno dei principali intenti

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del sacro Concilio ecumenico Vaticano II. Da Cristo Signore la Chiesa è stata fondata una e unica, eppure molte comunioni cristiane propongono se stesse agli uomini come la vera eredità di Gesù Cristo. Tutti invero asseriscono di essere discepoli del Signore, ma hanno opinioni diverse e camminano per vie diverse, come se Cristo stesso fosse diviso . Tale divisione non solo si oppone apertamente alla volontà di Cristo, ma è anche di scandalo al mondo e danneggia la più santa delle cause: la predicazione del Vangelo ad ogni creatura.[...]Perciò questo sacro Concilio, considerando con gioia tutti questi fatti, dopo avere già esposta la dottrina sulla Chiesa, mosso dal desiderio di ristabilire l'unità fra tutti i discepoli di Cristo, intende ora proporre a tutti i cattolici gli aiuti, gli orientamenti, e i modi, con i quali possano essi stessi rispondere a questa vocazione e a questa grazia divina. »

(Unitatis Redintegratio, 1 Proemio)

Il decreto definisce il movimento ecumenico quale:

« […] le attività e le iniziative suscitate e ordinate a promuovere l'unità dei cristiani, secondo le varie necessità della Chiesa e secondo le circostanze. Così, in primo luogo, ogni sforzo per eliminare parole, giudizi e opere che non rispecchiano con giustizia e verità la condizione dei fratelli separati e perciò rendono più difficili le mutue relazioni con essi. »

(Unitatis Redintegratio, 4)

Condizioni con cui si esercita l'azione ecumenica e i principi che la regolano: per promuovere l'unità dei cristiani è necessario intessere un dialogo costituito da desiderio di conoscere gli altri, senza precostituire falsi giudizi, e dalla stima reciproca. È dunque fondamentale e preliminare la corretta conoscenza reciproca che elimini errori e fraintendimenti, affinché siano ricercate:

« l’equità e la verità, la concordia e la collaborazione, la carità fraterna e l’unione, cosicché per questa via a poco a poco, superati gli ostacoli frapposti alla perfetta comunione ecclesiastica, tutti i cristiani, nell'unica celebrazione dell’Eucarestia, si riuniscano in quella unità dell’unica Chiesa, che Cristo fin dall’inizio donò alla sua Chiesa. »

(Unitatis Redintegratio, 4)

Il Documento prosegue specificando nel Capitolo II , quali sono gli strumenti che si ritengono più indicati a raggiungere le finalità ecumeniche che il concilio si è preposto. Brevemente:

• La riforma della chiesa • La conversione del cuore• L'unione nella preghiera • La reciproca conoscenza • La formazione ecumenica• Modi di esprimere e di esporre la dottrina della fede• La cooperazione con i fratelli separati

Per quanto riguarda la reciproca conoscenza e la formazione ecumenica :

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« Bisogna conoscere l'animo dei fratelli separati. A questo scopo è necessario lo studio, e bisogna condurlo con lealtà e benevolenza. I cattolici debitamente preparati devono acquistare una migliore conoscenza della dottrina e della storia, della vita spirituale e liturgica, della psicologia religiosa e della cultura propria dei fratelli [...]»

(Unitatis Redintegratio, 9)

A tale scopo si indica la via, attraverso la partecipazione di tutte le parti a riunioni miste per dibattere specialmente questioni teologiche, dove ognuno tratti da pari a pari.

« L'insegnamento della sacra teologia e delle altre discipline, specialmente storiche, deve essere impartito anche sotto l'aspetto ecumenico, perché abbia sempre meglio a corrispondere alla verità dei fatti. »

(Unitatis Redintegratio, 10)

Fondamentale è che i futuri pastori , da cui dipenderà la formazione spirituale e religiosa dei fedeli , abbiano una conoscenza che si pone “non in maniera polemica, soprattutto per quanto riguarda le relazioni dei fratelli separati con la Chiesa cattolica”.

Per esigenze di completezza conviene ricordare che il decreto passa poi in rassegna nel Capitolo III le singole comunità cristiane separate , analizzandone i punti di divergenza , i motivi storici della divisione e, soprattutto, gli elementi comuni su cui porre le fondamenta del percorso ecumenico.

Concludendo poi auspicando di ritrovare l'unità , con la consapevolezza della difficoltà che si incontreranno per raggiungere questo scopo :

« Questo santo Concilio desidera vivamente che le iniziative dei figli della Chiesa cattolica procedano congiunte con quelle dei fratelli separati, senza che sia posto alcun ostacolo alle vie della Provvidenza e senza che si rechi pregiudizio ai futuri impulsi dello Spirito Santo. Inoltre dichiara d'essere consapevole che questo santo proposito di riconciliare tutti i cristiani nell'unità di una sola e unica Chiesa di Cristo, supera le forze e le doti umane. Perciò ripone tutta la sua speranza nell'orazione di Cristo per la Chiesa, nell'amore del Padre per noi e nella potenza dello Spirito Santo. «La speranza non inganna, poiché l'amore di Dio è largamente diffuso nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci fu dato » (Rm 5,5). »

(Unitatis Redintegratio, 24)

Tra i documenti prodotti dal Concilio Vaticano II, è opportuno soffermarci anche sulla dichiarazione Dignitatis Humanae sulla libertà religiosa .Il titolo, “circa la dignità dell'uomo” ,deriva dalle prime parole della dichiarazione stessa. Questa rappresenta una svolta nella storia della Chiesa ed il definitivo superamento delle posizioni tradizionali nel campo della libertà religiosa.

« L’unica vera religione crediamo che sussista nella Chiesa cattolica e apostolica, alla quale il Signore Gesù ha affidata la missione di comunicarla a tutti gli uomini »

(Dignitatis Humanae 1,c)

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Questa semplice affermazione, che può sembrare banale e ovvia, in realtà è rivoluzionaria. Il Concilio afferma che la Chiesa che Cristo ha fondato “sussiste” (e non “è”) nella Chiesa Cattolica. Cioè la Chiesa che Cristo ha fondato non si identifica con la Chiesa cattolica; la Chiesa voluta da Cristo non è prerogativa unica ed esclusiva della Chiesa cattolica di Roma. Questo vuol dire che in linea di principio non si può escludere che, anche nelle altre Chiese cristiane, ci siano elementi della Chiesa di Cristo; che anche le altre confessioni cristiane abbiano conservato elementi della Chiesa di Cristo. Di certo il Concilio arriva a dire che tutte le Chiese cristiane non sono la Chiesa che Cristo ha voluto, perché in tutte manca un elemento, quello dell’unità, per la quale Cristo ha pregato nell’Ultima Cena: “Che siano uno…”. Con la dichiarazione Dignitatis Humanae la Chiesa cattolica accettò e fece proprio il principio della libertà religiosa, principio secondo cui all'uomo deve essere garantita la libertà di credere (rifiutando quindi l'ateismo di stato) e allo stesso tempo la fede non deve essere imposta con la forza, (concetto che in passato veniva associato ad idee di relativismo).

4. L'ECUMENISMO DOPO IL CONCILIO VATICANO II

L'ecumenismo è da allora costantemente sostenuto dalla Chiesa cattolica: Giovanni Paolo II nel 1988 ha trasformato il Segretariato per l'Unità dei Cristiani ( costituito da Giovanni XXIII come una delle commissioni preparatorie del concilio ) in “ Pontificio Consiglio per la Promozione dell'Unità dei Cristiani” , promuovendo inoltre la redazione di una serie di documenti comuni con la Chiesa Anglicana e Luterana, nonché con diverse Chiese d'Oriente. Papa Benedetto XVI lo ha dichiarato tra i fini principali del suo pontificato; tra le iniziative da lui volute si ricordano: la pubblicazione in russo del suo libro "Introduzione al cristianesimo" con un'introduzione del metropolita ortodosso di Smolensk e Kaliningrad, Cirillo, la presentazione della traduzione russa dell'enciclica Spe Salvi condotta dal prorettore dell'Accademia Teologica ortodossa Vladimir Shmalij.

Nel 2004 in occasione del 40mo anniversario della promulgazione del decreto conciliare "Unitatis Redintegratio” si è tenuta una conferenza alla quale è intervenuto il Card. Walter Kasper, Presidente del “Pontificio consiglio per la promozione dell'unità dei cristiani” , affermando che a distanza di quarant’anni, il documento ha avuto ripercussioni senza precedenti, il cui impatto si estende ben al di là della Chiesa cattolica ,– cito testualmente le parole del Cardinal Kasper così come riportate dal verbale della conferenza – “ in quanto movimento spirituale, il movimento ecumenico non sradica la Tradizione. Al contrario, esso propone una comprensione nuova e più profonda della Tradizione trasmessaci una volta per tutte; grazie ad esso, si fa strada la nuova Pentecoste, preannunciata da Giovanni XXIII nel suo discorso d’apertura al Concilio; con esso si prepara una nuova fisionomia storica della Chiesa, non una nuova Chiesa, ma una Chiesa spiritualmente rinnovata e arricchita. L’ecumenismo è la via della Chiesa nel XXI secolo e nel terzo millennio. “Ed a distanza di 40 anni, afferma ancora il Card. Kasper , "Unitatis redintegratio" ha anche lasciato alcune questioni aperte, ha affrontato critiche ed ha conosciuto sviluppi. Ma i problemi incontrati non devono farci dimenticare i ricchi frutti che esso ha recato. Il Decreto ha dato avvio ad un processo irrevocabile ed irreversibile, per il quale non esiste un’alternativa realistica. Il Decreto sull’ecumenismo ci mostra il cammino nel XXI secolo. E' volontà del Signore che intraprendiamo questo cammino, con prudenza, ma anche con coraggio, pazienza e soprattutto con incrollabile speranza.

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- 2 -MAGIA E RELIGIONE

1. LA MAGIA

La parola magia viene dal latino tardo magìam (sec. XIV) magéia "religione, magia" da mágos "mago". Il nostro termine «maghi» è una traslitterazione del greco magos, che a sua volta deriva dal persiano magu, magavan, con il significato di «partecipe dell'alleanza, dei doni sovrumani».

Il pensiero magico tende a trovare una soluzione a situazioni problematiche della vita attraverso cerimoniali, rituali (formule, parole, riti) che obblighino forze impersonali o entità personali ad intervenire nei processi naturali secondo le prospettive della propria volontà o dei propri desideri.

Il pensiero magico si fonda sulla credenza che Dio, gli spiriti buoni e maligni , le forze occulte e non della natura, possano essere costretti ad agire secondo le prospettive umane . Cio' si ottiene in virtu' di un desiderio, una volonta' ed un cerimoniale operati da un mago.

Il divino appare a portata di mano in determinati tempi e luoghi, rievocabile mediante la ripetizione di gesti , formule, riti, da parte di persone privilegiate:i maghi. Dei riti magici fanno parte gli incantesimi (ipnosi a distanza per intervento di spiriti) : sono riti ai quali si attribuisce il potere di privare qualcuno della volontà e della coscienza. Gli incantesimi sono attestati in tutte le culture.

La magìa viene comunemente intesa come l' arte e la pratica che si servono di fenomeni paranormali e occulti per agire sugli individui e sulla natura in genere.

La magia è il tentativo di impadronirsi di un Potere straordinario, da esercitare secondo i propri desideri e la propria volontà:si tratta del tentativo, da parte dell’uomo, di dominare forze o entità a lui superiori per ottenere risultati pratici secondo le proprie prospettive, benigne o maligne.

Secondo alcuni anche la Magia si può in un certo senso considerare religione. La magia è concettualmente diversa dalla religione? Nella magia l'uomo cerca di far sì che la divinità faccia ciò che l'uomo vuole, o è nella religione che di solito l'uomo cerca di fare ciò che la divinità vuole? Probabilmente entrambe si pongono di fronte al mistero della creazione e della esistenza di uno o più esseri divini o creatori, ma essendo spesso confusa la parola magia con setta occulta, viene considerata spesso solo nell'accezione negativa, cioè quella in cui si cerca di risolvere problemi terreni (soldi, amore, successo) con una pozione o formula per essere felici senza sforzi, “”come per magia”. La magia riguarda la sfera pratica dell'agire, conscio o inconscio che sia, si sente dire come non ci fosse nulla di spirituale, solo formule ripetute a memoria, ma al contrario molti si avvicinano alla magia spinti dal desiderio di capire, di conoscere ciò che ci è oscuro ed occulto, spinti dalla curiosità. A seconda dell'uso che se ne fa, viene distinta in magia bianca, magia rossa o magia nera.

Dice S.Tommasod'Acquino:

« Se il miracolo - egli dice - si prende in senso stretto, allora né i demoni possono fare miracoli né alcun'altra creatura, ma Dio solo: perché il miracolo in senso stretto trascende l'ordine di tutta la natura creata, il quale abbraccia la virtù di tutte le creature. Tuttavia vengono denominati miracoli, in senso lato, anche quei fenomeni che trascendono soltanto le forze e le conoscenze dell'uomo. E in questo senso i demoni possono compiere miracoli, cioè opere tali da fare stupire gli uomini perché superiori alle loro forze e alle loro conoscenze. Dei resto anche chi compie un'impresa superiore alle capacità di un altro, induce costui ad ammirarla, dando l'impressione di compiere un miracolo ».

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La dottrina viene ulteriormente delucidata nel rispondere alla seconda difficoltà, tratta da un'opera spuria di S. Agostino (Liber XXI Sententiarum)', in cui si dice che già i maghi potevano operare miracoli, e quindi molto di più gli angeli buoni e i cattivi.

Ora S. Tommaso risponde:

« Come si è detto , miracoli veri e propri sono i fatti che trascendono l'ordine di tutta la natura creata. Ma perché noi non conosciamo tutte le forze della natura, ne segue che un fatto compiutosi fuori dell'ordine della natura da noi conosciuta, per mezzo di una virtù creata, si dica miracolo, non in senso assoluto, ma relativamente a noi. Perciò, quando i demoni compiono delle opere con le loro forze naturali, queste opere non sono miracoli in senso assoluto, ma soltanto relativamente a noi. Tali dunque sono i miracoli che i maghi compiono per mezzo dei demoni » (ad 2).

L'argomento del prodigio fatto per virtù dei demoni si collega a tutto quello che riguarda la cosiddetta magia "nera", e su questa sono particolarmente importanti alcuni capitoli della Summa contra Gentiles (111, 103-107), dove S. Tommaso sviluppa largamente questa materia. Egli affronta le seguenti questioni:

- « In che modo le sostanze spirituali possano operare cose meravigliose, che tuttavia non sono veri miracoli » (c. 103);- « Le opere della magia non dipendono esclusivamente dall'influsso dei corpi celesti » (c. 104);- « Donde esse derivano la loro efficacia ?»(c. 105);- « Le sostanze intellettive (=spiriti) che rendono efficaci le opere dalla magìa non sono moralmente buone »(c.106)- « Esse non sono però cattive "per natura "(c.107)....ma per scelta, per ribellione a Dio che le ha create buone. »

S. Tommaso aggiunge:

« Essere in una cosa è essere contenuto nei suoi limiti. Ma nel corpo si distinguono i limiti di quantità e i limiti di essenza. Lo spirito che opera nell'interno dei limiti di quantità penetra veramente il corpo, senza tuttavia rompere i limiti dell'essenza, né come elemento di quest'essenza né come potenza comunicante l'essere, poiché l'essere viene dalla potenza creatrice di Dio »

(ivi ad 3. Cf. III, q. 8, a. 8).

Questa spiegazione può farci comprendere l'orrore insormontabile dei martiri cristiani per il più piccolo compromesso con i riti, apparentemente del tutto inoffensivi, dei culti pagani.

2 . MAGIA E MONOTEISMO

Ufficialmente, Ebraismo, Cristianesimo e Islamismo considerano la magia una cosa proibita (stregoneria) ed hanno spesso perseguitato i presunti praticanti secondo diversi gradi di punizione. Altre tendenze, nel pensiero monoteista, hanno respinto tutte le tendenze come l'inganno e l'illusione, ritenendoli niente di più che espedienti disonesti. Alcuni ritengono che la recente popolarità del Vangelo della prosperità costituisca un ritorno al pensiero magico all'interno del Cristianesimo. Si noti inoltre che il Cristianesimo agnostico ha una forte corrente mistica, ma evita la pratica della magia e si concentra maggiormente sulla theurgia.

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Nel Cristianesimo la Magia era vista con sospetto, tuttavia non fu mai completamente risolto il problema e Inoltre sappiamo che possono esservi pratiche permesse (per esempio: utilizzando reliquie o acqua santa in opposizione alla "blasfemia"o negromanzia, che coinvolgono l'invocazione dei demoni.

La distinzione divenne particolarmente acuta e controversa durante l'Età moderna della caccia alle streghe, con alcuni autori come Johannes Hartlieb che denunciarono le pratiche magiche e la blasfemia.

L'attuale Catechismo della Chiesa cattolica discute la divinazione e la magia sotto il Primo Comandamento.

E' attento a prevedere la possibilità dell'ispirazione della divina profezia, ma rifiuta "tutte le forme di divinazione":

« Tutte le forme di divinazione sono da respingere: ricorso a Satana a demoni, evocazione dei morti o di altre pratiche che falsamente dovrebbero "svelare" il futuro. La consultazione degli oroscopi, l'astrologia, la lettura del palmo della mano, l'interpretazione dei presagi e dei lotti, i fenomeni di veggenza, il ricorso alle medium per nascondere una volontà di dominio del tempo, sulla storia e in ultima analisi, gli altri esseri umani, così come un desiderio di conciliare i poteri nascosti. Essi contraddistinguono l'onore, il rispetto, congiunto all'amore ed al timore che dobbiamo a Dio solo. » (2116)

La sezione "pratiche di magia e stregoneria", indicando i "tentativi di dominare i poteri occulti" al fine di "avere un potere soprannaturale sugli altri", che sono denunciate come "gravemente contrarie alle virtù della religione", in particolare evita una dichiarazione sulla questione se tali tentativi possono avere alcun effetto reale, (cioè, il tentativo di utilizzare pratiche occulte viene identificato come una violazione del Primo Comandamento, non perchè non portino l'effetto desiderato, ma perché di per se, queste tradiscono una mancanza di fede).

2.1- Il «Catechismo della chiesa cattolica»

a) La superstizione viene definita: «Deviazione del sentimento religioso e delle pratiche che esso impone». Tra queste pratiche non sono ricordate le numerose e varie azioni scaramantiche, gesti apotropaici, o l’uso di amuleti; è invece sottolineato con forza l’uso superstizioso dei sacramenti e degli atti di culto: «Per esempio, quando si attribuisce un’importanza in qualche misura magica a certe pratiche, peraltro legittime o necessarie. Attribuire alla sola materialità delle preghiere o dei segni sacramentali la loro efficacia, prescindendo dalle disposizioni interiori che richiedono, è cadere nella superstizione».

È necessario essere cauti nell’applicare ai singoli casi concreti questo giudizio perchè si rischia di interpretare come ambigue le richieste di benedizioni o di altri sacramentali che persone semplici chiedono con grande fede, mancando solo di un adeguato livello di cultura per esprimere in maniera «più razionale» la loro religiosità.

C’è da chiedersi, però, se la paura o il sospetto di indulgere a qualche supposta forma di superstizione da parte di certi ministri, non possa essere una concausa della vertiginosa crescita di sedicenti maghi e/o guaritori che si sono appropriati del «vocabolario» cristiano delle benedizioni e perfino degli esorcismi, lucrando ottimamente.

b) Il discorso si fa più drammatico nel caso dell’idolatria. Giustamente il CCC ricorda che con questo termine non si intende solo il culto degli dèi pagani (che peraltro sta tornando di moda nei

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vari culti neo pagani), ma si cade in questa «costante tentazione della fede» ogni qual volta l’uomo onora e riverisce una creatura al posto di Dio. L’idolatria, infatti, «consiste nel divinizzare ciò che non è Dio... si tratti degli dèi o dei demoni (per esempio il satanismo) del potere, del piacere, della razza, degli antenati, dello stato, del denaro, ecc.».

c) Benché Dio possa rivelare l’avvenire tramite «profeti», ogni curiosità malsana tesa a scoprire cosa riservi il futuro è una mancanza contro la fiducia nella provvidenza divina. Perciò il CCC conferma come siano da respingere tutte le forme di divinazione che erroneamente possano svelare ciò che ancora non è accaduto. Oltre alle pratiche tese alla conoscenza, sono condannate anche quelle che mirano al potere soprannaturale sul prossimo, fosse anche per procurare la salute, per mezzo di arti magiche o di stregoneria, tanto più gravi se intese a nuocere o se in esse si ricorre all’intervento di demoni.

I testi dogmatici come il CCC si limitano, per loro natura, ad enunciare le verità di fede ed a chiarirne la portata e le trasgressioni. I documenti che si occupano di adattare e applicare pastoralmente le direttive essenziali sono frutto del magistero dei singoli vescovi o più spesso di Conferenze episcopali regionali.

Il Catechismo esprime scetticismo nei confronti delle diffuse pratiche di Cattolicesimo popolare, ma non le vieta in maniera esplicita:

« [...] Il fascino della magia è inoltre biasimevole. Lo spiritismo spesso implica pratiche divinatorie o magiche; la Chiesa mette in guardia i fedeli contro di essa. Il ricorso a pratiche mediche dette tradizionali non legittima né l'invocazione di potenze cattive, né lo sfruttamento della credulità altrui. » (2117)

Il numero 2117 del Catechismo ribadisce la condanna millenaria della Chiesa Cattolica verso la magia, in modo particolare di quella "nera": "Tutte le pratiche di magia e di stregoneria con le quali si pretende di sottomettere le potenze occulte per porle al proprio servizio ed ottenere un potere sovrannaturale sul prossimo - fosse anche per procurargli la salute - sono gravemente contrarie alla virtù di religione. Tali pratiche sono ancor più da condannare quando si accompagnano ad una intenzione di nuocere ad altri o quando in esse si ricorre all'intervento dei demoni. Anche portare amuleti è biasimevole. Lo Spiritismo spesso implica pratiche divinatorie o magiche. Pure da esso la Chiesa mette in guardia i fedeli. Il ricorso a pratiche mediche dette tradizionali, non legittima né l'invocazione di potenze cattive, né lo sfruttamento della credulità altrui".

In conclusione, la ricerca del "magico" nelle sue diverse forme deriva da un bisogno di significato e di risposte che la società materialista odierna non è in grado di dare. Il ricorso alla magia ed alle singole pratiche di divinazione diventa una compensazione al vuoto esistenziale che caratterizza la precarietà del nostro tempo. I maghi, gli stregoni e i fattucchieri trovano terreno fertile solo là dove c'è assenza e vuoto di evangelizzazione. La nuova evangelizzazione, mentre propone la pienezza dell'esistenza cristiana, non deve disattendere di farsi coscienza critica e denuncia di questa grave sfida che oggi come non mai la stregoneria lancia contro la Chiesa Cattolica. La magia si oppone totalmente ai contenuti della fede cattolica ed ha una visione della vita in netto contrasto con la rivelazione di Dio consegnato alla Santa Chiesa.

Certamente l’occultismo rappresenta una delle più gravi sfide alla fede cristiana nell’epoca attuale. Secondo le più recenti ed attendibili statistiche, in Italia operano oltre 22.000 maghi ed occultisti.

Oggi il fenomeno del ritorno alle pratiche magiche preoccupa molto i vescovi, perché è indice di una grave situazione di smarrimento esistenziale, sia per i presupposti di pensiero che per i comportamenti pratici che suppone.

Negativo è invece se per magia “bianca” si intendono forme di intervento che presumono di mirare

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a scopi, sia pur benefici, con il ricorso a mezzi inadeguati moralmente come talismani, amuleti, pentacoli e filtri vari. Nella magia, infatti, si è sempre realizzato un grande consumo di oggetti considerati portatori di una potenza magica protettrice per premunirsi dai rischi e dai pericoli della vita. E’ chiaro che in questo tipo di magia (bianca) entrano in gioco sia forme di superstizione che comportamenti ingannevoli, contrari alla natura stessa della fede cattolica e quindi illeciti ed inaccettabili, quando non addirittura pericolosi per la stessa integrità psico-fisica e la vita morale di coloro che ne sono vittime.

Ancora più deleteria è la magia “nera”, in quanto essa si richiama in modo diretto od indiretto a poteri diabolici. Generalmente la magia “nera” è indirizzata a scopi malefici come il procurare malattie, disgrazie e morte o ad influenzare il corso degli eventi a propria utilità, specialmente per conseguirne vantaggi personali come onori, ricchezze od altro. La magia “nera” è una vera e propria espressione di anticulto cattolico ed è indirizzata a far diventare i suoi adepti “servi di Satana”. Rientrano nella magia “nera” tutti quei riti esoterici, a sfondo satanico, che hanno il loro apice nelle cosiddette messe nere.

Il giudizio dottrinale della Chiesa Cattolica sulla magia e stregoneria è in linea con quanto insegna la Sacra Scrittura. Il Giudaismo dell’Antico Testamento, pur essendo nato nel cuore della civiltà medio- orientale fondata sulla magia, prende vigorosamente le distanze dai riti magici degli egizi, dei cananei e dei babilonesi. L’immagine della magia come alleata dei potenti contro la religione di Israele, si ritrova nel Levitino (19, 26-31; 20, 6-27), nel Deuteronomio (18, 9-14), nel I Libro di Samuele (28, 6-14):la debolezza di Saul che consulta la maga di Endor, dopo averle vietato di “evocare gli spiriti”, esprime il peso di una inclinazione naturale alla curiosità di conoscere il futuro. Nel Libro della Sapienza (13, 1-19) la religione si oppone alla magia come la saggezza alla follia. Alla corte di Babilonia, Daniele ed i suoi compagni hanno la meglio su maghi ed indovini (Daniele 1, 20). I profeti Geremia (27, 9), Osea (4, 2), Michea (5, 11) e Malachia (3, 5) classificano la pratica della magia fra le condotte adultere e sacrileghe del popolo eletto. Il Deuteronomio (18, 10-11) afferma con severità: “Non si trovi in mezzo a te chi immoli, facendolo passare per il fuoco, il suo figlio o la sua figlia; né chi eserciti la divinazione o il sortilegio, l’augurio o la magia; né chi consulti gli spiriti; o gli indovini, né chi interroghi i morti”. Il profeta Isaia (47, 12-14) infuriato esclamava: “Stattene pure nei tuoi incantesimi e nella moltitudine delle magie (…). Si presentino o ti salvino gli astrologi che osservano le stelle, i quali ogni mese pronosticano che cosa ti capiterà. Ecco, essi sono come stoppini: il fuoco li consuma; non salveranno se stessi dal potere della fiamma”. Anche il cristianesimo, che è radicato nella stessa tradizione biblica, sottolineerà la propria divergenza radicale dalla magia, che normalmente si appella alle forze demoniache per assicurare l’efficacia delle proprie azioni. Nel Nuovo Testamento è detto chiaramente che chi compie la stregoneria non erediterà il regno di Dio (Galati 5, 20). Nel Libro degli Atti degli Apostoli si dice che Simon Mago viene vigorosamente condannato per aver tentato di volgere la potenza dello Spirito a beneficio delle sue pratiche magiche (Atti 8, 9-20) da qui il fenomeno della Simonia.

Sulla piazza di Efeso, all’appello incisivo di San Paolo “un numero considerevole di persone che avevano esercitato le arti magiche portarono i propri libri e li bruciavano alla vista di tutti” (Atti 19, 19).

L’Apocalisse esclude dalla Gerusalemme celeste i “menzogneri” ed i “fattucchieri” di qualsiasi genere (Apocalisse 9, 21; 18, 23; 21, 8; 22, 15).

Nei primi secoli del cristianesimo tale insegnamento cattolico è costante, la Didachè, tra le vie che conducono alla morte, accanto alla idolatria, pone la magia e gli incantesimi.

Ippolito, nella “Tradizione apostolica”, esclude dal battesimo maghi, astrologi ed indovini.

San Giustino nel Dialogo con l’ebreo Trifone e Sant’Agostino in “De Doctrina Christiana”

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condanna vigorosamente la magia. Il decreto di Graziano colpirà con pene severe chi pratica la magia, così come il Concilio di Elvira (305) ed il Sinodo di Paderborn (785).

Merita invece un discorso a parte lo spiritismo, che è stato oggetto di interventi magisteriali dalla metà del XIX sec. per il grande revival delle pratiche di interrogazione dei morti e di sedute medianiche fiorite in quel periodo (e del resto ancora fiorenti). In generale il magistero ecclesiale, ai vari livelli, provocato oggi dai nuovi movimenti religiosi, dal distacco dalla pratica della fede soprattutto dei giovani, e dalla crescente richiesta di pratiche esorcistiche, si è sentito chiamare in causa nel riconfermare la dottrina costante della chiesa in tema di superstizione e, insieme, nel dare direttive adatte ai tempi e alle diverse culture per far fronte a un fenomeno che appare, nonostante tutto, in crescita.

Un interessante indicatore è la diffusione della letteratura magico- occultistica nelle librerie e il prosperare della religiosità wicca in particolare fra adolescenti e giovani. E’ sotto gli occhi di tutti come nell’Occidente prospero, postmoderno e post-cristiano, il ritorno del sacro si configura con una caratteristica di utilitarismo. Infatti mentre il cristiano si mette a servizio di Dio, l’uomo che crede nella magia cercherà di mettere anche Dio al suo servizio, o qualunque altra «potenza» possa, di volta in volta, risultare utile allo scopo da perseguire. Per questo gli appelli del magistero sono intesi a chiarire il rapporto fra Dio e l’uomo e fra l’uomo e il suo simile, richiamando al popolo cristiano i fondamentali concetti di provvidenza e del primato di un Dio non strumentalizzabile, né mediante pratiche scopertamente magiche, né con l’uso magico delle pratiche religiose, il quale in realtà (sotto apparenze di devozione) mostra preoccupazioni ben diverse dalla gloria di Dio..

2.2- Magistero episcopale e interventi localiA partire soprattutto dagli anni ‘90 i vescovi italiani e di altre regioni del mondo iniziano a pubblicare documenti che attengono ai problemi suscitati dalla superstizione e occultismo. Oltre a rimarcare sempre l’insegnamento biblico e la condanna ecclesiale per qualunque forma di magia e divinazione, questi documenti di carattere pastorale cercano spesso di indicare vie concrete attraverso le quali i cristiani possano liberarsi dalle costrizioni del pensiero superstizioso e dalle paure della magia.

I vescovi della Toscana hanno emanato uno dei documenti più esaustivi e completi in questo campo: la Nota pastorale “A proposito di magia e demonologia”(giugno 1994). Pur essendo esplicitamente un intervento di natura teologico-pastorale non si occupa solo di riproporre con chiarezza il giudizio dottrinale della chiesa sulle deviazioni della magia, del satanismo e del «maleficio», ma nella prima parte espone e analizza il fatto stesso della magia e le sue diverse forme. I vescovi toscani si dicono interpellati dall’«impressionante ritorno alle pratiche magiche», fenomeno che «tende a imporsi nella vita collettiva e personale di migliaia di individui, compresi gli stessi fedeli», e cercano di sondare le cause del fenomeno, che ha portato a una vera e propria «industria della magia» in un’epoca peraltro caratterizzata da «uno sviluppo... ricco del pensiero scientifico e razionale». Tra le cause responsabili del diffondersi della magia è da annoverarsi soprattutto una grave carenza di evangelizzazione che non consente ai fedeli di assumere un atteggiamento critico nei confronti di proposte che rappresentano solo un surrogato del genuino senso religioso e una triste mistificazione dei contenuti autentici della fede.

Procedendo poi per distinzioni, la Nota mette in luce la differenza fondamentale nella visione e nel rapporto con il trascendente di magia e religione cristiana. La magia in quanto tale persegue il sogno inconfessabile dell’uomo: essere Dio. «Con la credenza magica si manifesta una sorta di riedizione di quella tentazione dei primordi che è stata all’origine del primo peccato». Il principio magico per cui il rito, se posto in essere correttamente, deve produrre gli effetti desiderati può avere però un influsso sul comportamento religioso di chi intende i gesti sacramentali in senso automatico e «codificato». A tal proposito viene riproposto il vero significato dell’azione liturgica cristiana e il

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rapporto inseparabile tra fede, culto e vita.

Vengono prese in considerazione anche le varie forme di divinazione, la peggiore delle quali è considerata la negromanzia o spiritismo. Con un breve catalogo si fa accenno ai molteplici gruppi esoterici e occultistici che, presentandosi come «vie di salvezza», sostituiscono alla ricerca di Dio prassi magiche o filosofie di vita incompatibili con la fede (teosofia, New Age, ma anche massoneria).

La ragione addotta per la condanna «costante e inequivocabile» della magia «risiede nel fatto che la magia è un rifiuto del vero e unico Dio». Il giudizio che viene espresso è di carattere espressamente religioso, non vengono portate argomentazioni psicologiche, di ordine pubblico o di ragione umana: la magia, secondo l’insegnamento biblico, è intesa come un atto di apostasia dal Signore; sostituendo Dio con delle creature, rappresenta una ripresa della tentazione diabolica a Gesù (cf. Lc 4,6-8).

Estremamente prudente nel pronunciarsi sulla realtà e sull’origine dei fenomeni magici, la Nota ricorda che, memori degli eccessi dei sec. XV-XVIII, i cristiani devono essere «cauti nel giudicare la magia come un effetto diretto – sempre e in ogni circostanza – del demonio. Dal punto di vista teologico, peraltro, non si può razionalisticamente ridurre la realtà delle pratiche magiche [...] solo a un fenomeno psichico deviante o a un semplice atto peccaminoso dell’uomo. In tali pratiche non si può escludere un’azione o dipendenza da satana».

Il profeta Isaia (47, 12-14) infuriato esclamava: "Stattene pure nei tuoi incantesimi e nella moltitudine delle magie. Si presentino o ti salvino gli astrologi che osservano le stelle, i quali ogni mese pronosticano che cosa ti capiterà. Ecco, essi sono come stoppini: il fuoco li consuma; non salveranno se stessi dal potere della fiamma". Anche il cristianesimo, che è radicato nella stessa tradizione biblica, sottolineerà la propria divergenza radicale dalla magia che normalmente si appella alle forze demoniache per assicurare l'efficacia delle proprie azioni. Nel Nuovo Testamento è detto chiaramente che chi compie la stregoneria non erediterà il regno di Dio (Galati 5, 20).

Nei primi secoli del cristianesimo tale insegnamento cattolico è costante;nel 400 il I Concilio di Toledo aveva affermato: "Se qualcuno pensa che si deve credere all'astrologia,ci sia anatema(scomunica)".

E' giusto però rilevare che tale condanna riguarda chi sosteneva l'influsso diretto e necessitante degli astri sulla vita e sulla volontà dell'uomo. San Tommaso d'Aquino ritiene che l'influsso dei corpi celesti non può esercitarsi direttamente ed immediatamente sull'intelletto e sulla volontà, ma indirettamente, cioè per mezzo delle potenze interiori della sensibilità che, in quanto legate al corpo, sono soggette agli influssi astrali; tuttavia San Tommaso, nella Summa Theologiae, afferma:

« Il sapiente domina gli astri perché, resistendo alle passioni, impedisce con la sua volontà libera gli effetti dei corpi celesti ».

La magia funziona però diversamente dalla religione e questo perché ne è soltanto un falso sostituto. Infatti la magia si fonda su un concetto meccanicista del reale, nel quale non si tratta di dialogare con la divinità, ma di captare, con tecniche appropriate, le forze, le energie ed i poteri degli spiriti sovrannaturali,mentre La religione, si basa su un rapporto di tipo spirituale nel quale il credente intrattiene una relazione personale dialogica con Dio. Il cattolico non può accettare la magia perché non può fare il peccato di idolatria, cioè non può accettare di mettere al posto del vero Dio delle false credulità. I cristiani non possono credere che la loro vita sia dominata da forze occulte manipolabili a piacimento con riti magici. I credenti in Cristo non possono ritenere che il loro futuro sia scritto in anticipo nei movimenti stellari od in altre forme di presagio.

San Tommaso d'Aquino nella Summa Theologiae afferma decisamente che la divinazione nelle sue

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diverse forme è un peccato grave e vi può essere il pericolo che la divinazione possa compiersi sotto l'influsso di Satana o dietro suo suggerimento. Il Catechismo della Chiesa Cattolica al numero 2115 scrive: "Dio può rivelare l'avvenire ai suoi profeti o ad altri santi. Tuttavia il giusto atteggiamento cristiano consiste nell'abbandonarsi con fiducia nelle mani della Provvidenza per ciò che concerne il futuro e rifuggire da ogni curiosità malsana a questo riguardo. L'imprevidenza può costituire una mancanza di responsabilità". E come abbiamo già visto il numero 2116 del Catechismo specifica ancora meglio: "Tutte le forme di divinazione sono da respingere; ricorso a Satana od ai demoni, evocazione dei morti o altre pratiche che a torto si ritiene "svelino" l'avvenire. La consultazione degli oroscopi, l'astrologia, la chiromanzia, l'interpretazione dei presagi e delle sorti, i fenomeni di veggenza, il ricorso ai medium occultano una volontà di dominio sul tempo, sulla storia ed infine sugli uomini, ed insieme un desiderio di rendersi propizie le potenze nascoste. Sono in contraddizione con l'onore ed il rispetto, congiunto a timore amante che dobbiamo a Dio solo".

La conclusione riporta al centro dell’attenzione l’urgenza di una rinnovata evangelizzazione: solo una fede adulta e matura assicura un terreno su cui non può attecchire la magia e la ricerca dell’occulto. Perciò, in positivo, è necessario annunciare con vigore il primato di Dio e «l’assoluta e insostituibile signoria di Gesù Cristo». «In nessun altro c’è salvezza; non vi è infatti altro nome dato agli uomini sotto il cielo nel quale è stabilito che possiamo essere salvati» (At 4,2). Chi ha scoperto Gesù Cristo – ribadisce la Nota – non ha bisogno di andare a cercare la salvezza altrove.

I vescovi propongono una triplice risposta alla magia:

– Una catechesi convinta, che metta in luce, da una parte, la reale portata dei problemi che scaturiscono dal credere alla stregoneria e, dall’altra, illumini l’esempio di Cristo che ha vissuto la nostra condizione umana.

– La riscoperta della forza dell’amore che viene da Cristo e dà la certezza della vittoria sulle forze della notte: «Un cristiano deve far nascere in sé e intorno a sé una forza contraria a quella dell’odio e della paura. Siamo certi che, se viviamo insieme secondo questa legge, siamo in grado di destabilizzare, di rovesciare le forze del male come fece Cristo; insieme possiamo vincerle». Cercando, poi, di coltivare una mentalità radicata sugli autentici valori evangelici, i vescovi ricordano ancora una volta che il trasferire ogni colpa sugli stregoni è in realtà un modo comodo di deresponsabilizzare la propria coscienza senza volerla esaminare, senza farsi carico del proprio peccato:«Non andiamo a cercare fuori di noi l’origine di ciò che nasce in fondo al nostro cuore e di cui, quindi, siamo responsabili. Quando accusiamo stregoni o spiriti malvagi non stiamo forse tentando di discolpare noi stessi, gettando su altri le nostre responsabilità?». Continuando l’opera di evangelizzazione della cultura tradizionale si arriva fino a consigliare non solo di non aver paura di coloro che vengono tacciati di essere stregoni, ma di mostrare solidarietà cristiana verso queste persone emarginate, senza alcun potere di nuocere: «Per quanto riguarda le persone accusate di stregoneria, non solo non le si deve opprimere, ma al contrario, si dovrà aiutarle, evitando di lasciarle sole».

– Infine, si menziona un ulteriore mezzo per combattere cristianamente il male: i sacramenti della guarigione, riti predisposti dalla chiesa per i malati nel corpo e nello spirito. Si insiste sulla parola di Dio e sull’eucaristia per le persone malate. L'una e l’altra sono nutrimento per la vita eterna. Viene evitata ogni commistione con riti magici o parvenza di superstizione nel suggerire l’accostarsi ai sacramenti, consigliando però anche preghiere di esorcismo e altri sacramentali per quanti siano o si sentano disturbati da «spiriti maligni» o fatti oggetto di accuse di stregoneria.

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3. DIVINAZIONE E MAGIA NELLA BIBBIA

« Poiché gli strumenti divinatori dicono menzogne, gli indovini vedono il falso, raccontano sogni fallaci, danno vane consolazioni.. 13,1io estirperò dal paese i nomi degli idoli, né più saranno ricordati: anche i profeti ( falsi) e lo spirito immondo farò sparire dal paese. » (Zac 10,2 )

Come nei racconti di Abramo, anche in quelli di Mosè, Dio si "scontra" con i poteri occulti che agiscono in questo mondo orientando i popoli nella storia. Tutte le divinità dei popoli compivano prodigi pubblici e davano oracoli, elargivano una conoscenza che superava i limiti e le possibilità dell'uomo. Maghi, indovini, stregoni e sapienti facevano da mediatori tra Re , Imperatori e Capi -che decidevano le storie dei popoli- e gli spiriti sovrumani, gli dèi . In questi racconti si riflette sullo scontro tra la potenza di Jhwh e quella degli dèi piu' potenti nel popolo più potente del medio oriente:gli Egizi. Gli dèi egizi attraverso i loro teurghii ( la Teurgia è quell'insieme di pratiche che tendono a controllare spiriti e demoni nel tentativo di farli agire secondo i propri scopi) compiono pubblicamente vèri prodigi ma Jhwh li supera e li vince trionfalmente.I racconti biblici non tendono a dimostrare che la magia esiste e funziona, ma che la teurgia- lo spiritismo-satanismo diremmo oggi - se faceva prodigi ,li faceva ad opera di spiriti inferiori al Dio che si rivelava in Israele.

I racconti ci pongono di fronte a due fatti :

1)i maghi e le magie ci sono sempre stati ma la magìa funziona solo in rapporto a dèmoni ,cioè come teurgia.2) Dio aborrisce le pratiche terugiche e umilia i teurghi

L'avvento della presenza divina attraverso la religione ebraica ha dimostrato l'inconciliabilità, anzi l'avversione dei poteri degli spiriti invocati dalla magia terugica verso il Dio universale. La magìa era praticata sia in modo pubblico e cerimoniale –teurgia– sia in modo privato. Le pratiche magiche operavano di fatto prodigi e proprio questi prodigi erano considerati credenziali di profeti e sapienti in tutto il medio oriente e non solo .

3.1 - Magia e cristianesimo

Per quanto attiene al rapporto magia- cristianesimo occorre ricordare che:

1. le operazioni magiche appaiono miracolose perché le loro cause sono note all'operatore e ignote allo spettatore;

2. l'efficacia della magia dipende dalla credenza nella medesima, per cui il desiderio ne è la prima causa;

3. si fa presa sulla gente scegliendo nomi strani, assumendo pose misteriose, circondandosi di sfere di cristallo e pronunciando con solennità parole incomprensibili come Siras Etar Desanar o Saritap Perniscos;

4. si perde a poco a poco il proprio senso di responsabilità, poiché si diventa dipendenti dal mago;

5. non è possibile verificare l'efficacia dell'opera del mago, poiché l'insuccesso dipende da una contro-magìa, mentre il successo dipende da lui. A tutt'oggi nessuno ha mai dimostrato pubblicamente i propri poteri magici.

Una teoria tenta di spiegare la pratica magica:

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Attraverso l'azione intensa di un sentimento, di un desiderio, di una volontà si supera lo spaziotempo.Come dire : il sentimento, il desiderio, la volontà umana possono raggiungere stati di intensità tali da superare lo spaziotempo ed acquisire il potere di realizzarsi.

Il mago amplifica tali desideri, volontà,sentimenti di beneficio o maleficio fino a raggiungere stati di estasi (oppure li accoglie e li applica con assoluta freddezza) nella azione magica.Il mago conosce tecniche di amplificazione del potenziale umano ?

Si possono distinguere diversi tipi di magia.

La magia pratica fa uso di riti particolari per guarire malattie, togliere fatture, recuperare amori (magia bianca), oppure per conseguire scopi malefici come il procurare malattie ' disgrazie o morte, ovvero influenzare il corso degli eventi a proprio vantaggio, avvalendosi dell'opera di Satana (magia nera).

La magia gnostica consente di accedere ai livelli più alti della conoscenza e quindi ai poteri che derivano dal sapere esoterico.

La magia evocatoria consente di evocare gli spiriti per chiedere loro servizi pratici o conoscenze segrete.(Teurgia)

La magia vitale consente di vincere la morte e assicurarsi l'immortalità, in quanto costruisce il "Corpo di luce" che prenderà il posto del corpo fisico al momento della morte.

L'atto magico abitualmente consta di:

1.Invocazione del Potere superiore col suo nome proprio.

2.Rito sacrificale

3.Operazione magica che deve seguire scrupolosamente procedure codificate (rituali) e non dipendere dalla disposizione di fede nel Potere Occulto del mago o del cliente o del destinatario.

4.Effetto desiderato-Liberazione da forze o spiriti evocati o operazione per mezzo delle forze e spiriti evocati

Nella magia l'azione avviene :1. per similitudine2. per contagio3. per contrarietà4. per nominazione5. per corrispondenza

Tra i suoi presupposti vi sono le seguenti convinzioni:

1. il simile produce il simile (similitudine)

2. le cose, una volta entrate in contatto, rimangono simpaticamente legate per sempre; (contagio)

3. alcuni hanno la facoltà di inviare onde psichiche positive e negative mediante un atto di volontà. Si riesce così a modificare il comportamento altrui: è la suggestione(contrarietà)

4. nominando una cosa, la si conosce e la si possiede(nominazione)

5. quanto si fa sulla rappresentazione di una persona, si ripercuote sulla medesima, per cui, se pungo la foto di una persona, questa si sente colpita nello stesso punto. E siccome la parte è identica al tutto, l'azione su una parte della persona la coinvolge tutta, come l'azione su un membro della famiglia si ripercuote sugli altri(corrispondenza).

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4. FENOMENI DEMONIACI

Nei veri indemoniati, a volte può trattarsi di una forma intensa, consistente in un possesso duraturo di un corpo da parte dei demonio, quando questo si serve di quel corpo quasi come se egli ne fosse l'anima, dominandone persino la coscienza.

Oggi la medicina speciale può aiutare molto a delimitare il campo dei fenomeni "naturali" da quelli di origine 'preternaturale'.

Tuttavia dobbiamo dire fin dall'inizio che le linee di demarcazione tra i fenomeni dell'una e dell'altra categoria non sono così nette come potrebbe sembrare in una prima visione sommaria. Certo l'autentica possessione diabolica rimane sempre possibile, anche se più spesso compaiono i fenomeni che la contraffanno.

Ora ci occuperemo delle manifestazioni demoniache negli uomini, pur sapendo che talvolta il demonio può prendere possesso anche di un animale irragionevole, facendolo parlare e agire a suo modo: è evidente che in questo caso l'invasione diabolica è più chiara e inequivocabile.

A tal proposito si distingue tra:

I N F E S T A Z I O N E D I A B O L I C AP O S S E S S I O N E D I A B O L I C AO S S E S S I O N E D I A B O L I C A

Qui parliamo, come è evidente, dì un'influenza diabolica, non semplicemente indiretta o morale, come è quella delle tentazioni diaboliche, anche le più forti; ma di un'azione diretta e fisica, esercitata dai demoni sugli organi corporei di una persona, che, così, si viene a trovare in una singolare posizione con manifestazioni spesso inspiegabili alla luce delle leggi fisiche e della psicologia normale.

Così, mentre alcune azioni si tengono nell'ordine strettamente naturale, altre invece lo superano nettamente. Si hanno allora fenomeni di mutismo, cecità e sordità, pur rimanendo gli organi sensoriali nella loro nativa integrità.

Altre volte viene comunicata all'energumeno un accrescimento straordinario di forze, quando egli entra in furore e diventa allora temibile per quanti gli si avvicinano, spezzando, come fuscelli di paglia, robuste catene di ferro.

Gli esempi descritti dal Vangelo sono: Mt 8,28 sg.; 18,4; Mc 5,2.4.13; 9,16 sg.; Lc 8,27.29.33; 9,39.

L'azione sconvolgente, espressa negli organi esterni, si estende pure all'immaginazione, alla memoria, alla sensibilità; le stesse operazioni intellettive presentano talvolta un carattere d'incoerenza con espressioni di alienazione mentale, e talvolta con conoscenze che sorpassano di gran lunga la portata di quella persona.

Si riconosce da tutti gli storici che dopo la propagazione della Chiesa, nei paesi cristiani è diminuito di molto il numero degli indemoniati. Il battesimo e gli altri sacramenti sono un forte antidoto contro questi straordinari attacchi del demonio.

Nei tempi moderni non pochi hanno negato l'esistenza degli indemoniati, adducendo i progressi delle scienze mediche e psichiche, vedendo in quegli infelici, affetti da strani fenomeni, delle affezioni morbose, specialmente nervose, di origine del tutto naturale.

Ma si fa osservare che le malattie mentali, non più che l'isterismo e lo stato ipnotico, non possono sottrarre un individuo alle leggi del mondo fisico né comunicargli lumi intellettuali e forze muscolari fuori di ogni rapporto con quelle che aveva nel suo stato normale. In tanti casi ci si vede nell'impotenza di spiegare i fatti presentati con il ricorso al giuoco degli agenti fisici. In tal caso,

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quei fenomeni sembrano dovuti all'intervento di cause superiori alla natura.

Siccome poi vi si rivela un'azione malevola e spesso immorale, tali fenomeni non si possono far risalire a Dio o ai suoi angeli, quindi bisogna vedervi l'influenza dei demoni. In tali casi, Dio permette al demonio di impossessarsi degli organi corporali e delle facoltà spirituali (mai però della volontà) di un essere umano per motivi che si rimettono all'imperscrutabile sapienza e provvidenza divina.

Abbiamo escluso dal possesso diabolico la volontà dell'individuo. Di qui proviene che, malgrado il turbamento apportato dalla presenza del demonio nelle operazioni corporali e intellettive del demoniaco, questi conserva, in tutto o in parte, il potere di resistervi nella sua responsabilità.

Quando poi il corpo sfugge totalmente al dominio della volontà, è evidente che in quei momenti il demoniaco si vede legata la responsabilità degli atti che il demonio compie col corpo dell'infelice.Si consideri ancora che se il demonio può, in certi casi specifici, impossessarsi del corpo del demoniaco, al punto da sottrarlo alle leggi fisiche (per esempio, della gravità, o dandogli un vigore straordinario), non può però impossessarsi dell'anima dell'infelice o violare la sua volontà, cosa che spetta esclusivamente a Dio.

Il demonio, perciò, non può servirsi della libertà umana come si serve degli organi del corpo per far agire l'indemoniato a suo piacere, ma su tale libertà può solo usare dei mezzi che conosciamo per la tentazione, come il timore, il terrore, il fascino della potenza straordinaria demoniaca. Ovviamente, però, in tutti questi casi la responsabilità degli indemoniati rimane sempre diminuita secondo le varie circostanze attenuanti.

La Chiesa ammette la possibilità delle infestazioni diaboliche. Guidata, però, da profonda saggezza, ammette pure la possibilità dell'equivoco, che cioè certe manifestazioni di ordine naturale possano essere scambiate per manifestazioni demoniache; come pure, che casi di autentica vessazione diabolica possano essere scambiati per malattie nervose e psichiche.Una saggia prudenza deve regolare il comportamento di ognuno. In tutti i tempi, molti fenomeni furono attribuiti ai demoni o, in genere, agli spiriti malefici. Si può facilmente ammettere che un gran numero dei casi narrati possano dipendere da ignoranza, suggestione, errore; ma si sarebbe troppo semplicisti, se si negasse tutto e sempre.

- 3 -RAPPORTI TRA CHIESA CATTOLICA E MASSONERIA

"Le origini della massoneria - secondo la storica inglese Frances Yates - sono uno dei problemi più discussi e discutibili in tutto il campo della ricerca storica"1. Tuttavia, se si vuole comprendere esattamente da una parte che cos'è la massoneria e dall’altra perché la massoneria "fa problema" per le Chiese e comunità cristiane, la questione delle origini non può non essere affrontata.

Il problema della massoneria non può che essere compreso nell'ambito di una più generale indagine sul problema della modernità. La caratteristica più essenziale della modernità è il pluralismo non solo sociale, ma dottrinale: la presenza - considerata normale, e perfino promossa - di gruppi socialmente significativi portatori di idee diverse e inconciliabili sull'origine e sul destino del mondo e dell'uomo, portatori - cioè - di diverse visioni del mondo, di diverse filosofie, di diverse religioni. Il Medioevo, da questo punto di vista, non era una società pluralista nel senso moderno del termine: le comunità ebraiche e musulmane, pure presenti, non erano considerate parte integrante della società; i vari gruppi ereticali erano corpi estranei, di rado socialmente significativi;

1 Frances Yates, L'Illuminismo dei Rosa-Croce, tr.it., Einaudi, Torino 1976, p. 247.

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l'unità e l'integrità della fede erano considerate un bene da perseguire e la presenza di visioni del mondo contraddittorie all'interno del popolo cristiano un male da combattere. La società pluralista moderna nasce dopo la Riforma e le guerre di religione, il cui esito è la presenza in diverse nazioni europee - e in ogni caso in Europa, se la si considera nel suo insieme - di gruppi religiosi diversi portatori di idee tra loro inconciliabili. Questa situazione di pluralismo non farà che accrescersi dal Cinquecento in poi: se all'inizio coesistono cattolici e protestanti, ben presto i protestanti si frammentano in decine di denominazioni rivali (mentre le scoperte geografiche rendono evidente a tutto il pubblico colto l’esistenza nel mondo di centinaia di religioni diverse); più tardi - con l'illuminismo - diventano socialmente significativi anche il razionalismo e la miscredenza, e a partire dall'Ottocento acquista spazio sempre maggiore anche la presenza in Occidente di religioni non cristiane e nuovi movimenti religiosi.

Di fronte al pluralismo dottrinale nasce - tanto più nei paesi dove questo viene importato tardivamente e quasi improvvisamente - un disagio sociale diffuso, che si manifesta tuttavia in due modi diversi. Da una parte c'è chi tenta la fuga dal pluralismo, che appare intellettualmente incomprensibile, rifugiandosi in "piccoli mondi" dove il pluralismo viene negato e dove la pluralità di messaggi contraddittori viene ridotta all'ascolto selettivo di un solo messaggio. È il caso delle "sette" che, fisicamente o almeno psicologicamente, si separano dalla società pluralista per costruire micro-società non più pluraliste dove si ascolta un'unica "verità" e si riducono i contatti (almeno intellettuali) con il mondo esterno. Dall'altra parte, vi è anche chi, anziché fuggire dal pluralismo, ne cerca una chiave di lettura che lo renda ragionevole e che permetta psicologicamente di adattarvisi. All'estremo opposto delle "sette" - per cui, nel senso più rigido, c'è un'unica verità, quella della "setta" e dei suoi capi - nascono così gruppi caratterizzati dal sincretismo e dal relativismo, per cui tutti i messaggi contraddittori in circolazione nella società pluralista sono contemporaneamente (anche se solo relativamente) veri, ed è possibile vivere tra le pieghe delle loro contraddizioni purché si trovi una chiave che permetta di disporre e ordinare le diverse visioni del mondo in una costruzione in qualche modo logica. Benché i relativismi e i sincretismi siano molteplici, molti comportano un elemento esoterico: si afferma, cioè, che a livello superficiale, le diverse religioni, visioni del mondo, filosofie sono contraddittorie, ma che ciascuna comporta anche una parte più profonda e segreta (esoterica, appunto), e che i nuclei segreti delle diverse religioni e filosofie non solo non si contraddicono ma anzi coincidono fra loro2.

Questo itinerario sociologico dimostra, paradossalmente, il bisogno di verità degli uomini e il disagio di vivere in un mondo di contraddizioni. Quando nella società pluralista moderna le contraddizioni si manifestano, gli uomini sentono il bisogno di risolverle, o fuggendo verso il settarismo o facendosi una ragione delle contraddizioni con il relativismo e il sincretismo.

1. GLI ORGANISMI PARA-MASSONICI E PSEUDO-MASSONICI

La Shrine adotta una simbologia "islamica" e orientale (talora grandiosa: alcuni suoi "templi" sembrano grandi moschee, possiedono autentici cammelli arabi e così via), non senza un'intenzione ludica di messa in scena e di scherzo; riunisce però una élite della massoneria americana e gode di prestigio anche per le sue imponenti attività benefiche nel settore degli ospedali infantili. Un altro esempio di organismo para-massonico è costituito dalla Societas Rosicruciana in Anglia, fondata da Robert Wentworth Little (1840-1878) nel 1865-1866, riservata ai massoni e luogo di incubazione nel 1888 del più famoso ordine di magia cerimoniale moderno, l'Ordine Ermetico della Golden Dawn. La Golden Dawn, a sua volta, non è un organismo massonico perché, sebbene fondata da

2 Se esiste uno specifico relativismo esoterico, non tutte le forme dell’esoterismo sono relativiste: la presunta "concordanza" fra tutte le religioni (o fra tutte le religioni "tradizionali") nel loro "nucleo segreto" è una caratteristica secondaria e non primaria dell’esoterismo, e non si ritrova in tutte le forme dello stile di pensiero esoterico (cfr. Antoine Faivre, L’esoterismo. Storia e significati , tr.it., SugarCo, Milano 1993, pp. 33-34).

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massoni, ha sempre ammesso nei suoi ranghi i non massoni e anche le donne.

Possiamo chiamare "simil-massonici" i numerosi organismi e le numerose fraternità sorte, soprattutto negli Stati Uniti (ma anche altrove), ad imitazione e in concorrenza con la massoneria, spesso (ma non sempre) rivolgendosi a classi sociali più basse rispetto a quelle da cui la massoneria traeva i suoi membri: gli Odd Fellows, i Knights of Pythias, l'Improved Order of Red Men, e così via3. Questi ordini - oggi in marcato declino, ma in parte tuttora esistenti - non sono massonici, e mostrano che la massoneria è la species di un genus - la "fraternità" moderna - che si esprime anche in forme diverse, le quali talora si rivolgono, in ambienti diversi, allo stesso tipo di bisogni e di aspettative sociologiche.

La letteratura massonica ama chiamare "pseudo-massonici" gli organismi che utilizzano nel loro nome la parola "massoneria" ma sono considerati al di fuori del mondo massonico dalla maggioranza degli organismi "regolari" o ufficiali. In questo ambito rientrano le iniziative messe in atto di tanto in tanto da meri avventurieri che vendono gradi "massonici" a puro fine di lucro (attività repressa negli Stati Uniti - ma non sempre altrove e certamente non in Italia - dai tribunali, che oltre Oceano riconoscono alla massoneria "regolare" un monopolio sulla parola "massoneria") e anche da gruppi che inventano "massonerie" senza alcuna derivazione da obbedienze note per coprire semplici attività illecite o criminali (se ne sono avuti diversi esempi nell’Italia Meridionale negli ultimi anni). Alcuni chiamano "pseudo-massoneria" anche la cosiddetta Prince Hall Freemasonry, nata fra i neri americani che per lunghi anni sono stati esclusi dalle logge degli Stati Uniti (e ancora oggi, in vari Stati, sono discretamente scoraggiati dall'aderire).

2. LE ORIGINI DEL PROBLEMA

2.1 - Esiste una dottrina massonica?Le Costituzioni di Anderson (secondo e sesto "dovere") escludono dai soggetti di cui si può parlare in loggia le "discussioni di religione, di nazione o di politica". Sembra che rimanga molto poco, e in effetti è difficile ricavare dalle Costituzioni una vera e propria dottrina. Gli unici riferimenti precisi sono quelli alla legge morale (naturale) e alla "religione su cui tutti gli uomini sono d'accordo". Nelle Costituzioni della Gran Loggia Unita, del 1815, il deismo di Anderson si orienta verso un teismo personale: si parla di un Dio capace di "vedere i cuori" degli uomini e del dovere di credere in un "glorioso architetto del cielo e della terra", "qualunque sia la religione di un uomo e il suo modo di adorare".La massoneria come emerge dalle sue carte di fondazione anglosassoni non è una dottrina, ma un metodo che propone la libera discussione dei problemi e la loro soluzione secondo quanto sembra vero e giusto alla maggioranza dei fratelli. La discussione ha un limite positivo: non è permesso mettere in discussione l'esistenza di Dio; ma Dio può essere concepito in una grande varietà di modi, anche lontani da quanto propongono le religioni tradizionali. Gli stessi tentativi di restringere la nozione di Dio ammessa in massoneria al solo "monoteismo" sono sempre stati respinti anche dalla massoneria anglo-americana "regolare". E, in realtà, la discussione ha anche un limite negativo: tutto può essere messo in questione, tranne il metodo stesso. Chi per esempio proponesse l'unicità di una verità, di una religione, di una via si porrebbe automaticamente al di fuori del metodo massonico. È in questo senso che l'ex-Gran Maestro del Grande Oriente d'Italia, Armando Corona, poteva recentemente dichiarare che il "fondamentale principio massonico" è quello secondo cui "non esiste un'unica religione per arrivare alla Salvezza", mentre "la Chiesa cattolica ha i dogmi e considera la propria l'unica vera religione". In un’altra "famiglia" massonica, quella del Grande Oriente di Francia, un dirigente massonico che aveva partecipato a un dialogo con cattolici, Alain Gérard, confermava che "la massoneria del Grande Oriente di Francia non è né una religione 3 Sull'origine e il significato di questi ordini Mark C. Carnes, Secret Ritual and Manhood in Victorian America, Yale University Press,

New Haven-Londra 1989.

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né una filosofia, ma soltanto un metodo". Questo metodo, secondo Alain Gérard, non impedisce a nessuno di avere opinioni ben definite (per esempio al cattolico di essere cattolico) ma impone a tutti di "mettere in discussione" le loro opinioni quando il lavoro di loggia comincia, accettando l’ipotesi che possano eventualmente essere false (o debbano essere superate in una sintesi superiore). Il metodo massonico "non significa che non si abbiano idee chiare; significa soltanto che si accetta di metterle in questione. Questa messa in discussione non può veramente avere luogo se si dichiara prima che, qualunque sia l’esito della discussione, ci sono dei punti su cui si continuerà a essere convinti di avere ragione". Non si potrebbe esporre meglio una posizione che accomuna tutte le famiglie massoniche: chi accetta il metodo massonico deve essere disposto a mettere sul tavolo le sue idee, a "metterle in questione" e ad accettare il verdetto che emergerà dalla discussione condotta secondo i principi del libero dibattito. Qui sta la radice del problema: perché le Chiese e comunità cristiane (soprattutto la Chiesa cattolica) pensano che alcune delle verità che insegnano ai loro fedeli siano, per usare un termine sociologico, non negoziabili; non siano di origine umana ma divina, e quindi non possano essere "messe in questione" senza escludere a priori la prospettiva di rivederle o abbandonarle.

Questa problematica, naturalmente, deve essere considerata in relazione alle esigenze sociologiche da cui nasce storicamente e psicologicamente la massoneria, che risolve il dramma del pluralismo ideologico moderno offrendo come sua chiave di comprensione il relativismo. Spesso autori massonici non accettano l’espressione "relativismo", considerandola ingiusta e riferita a una sorta di disinteresse per la verità che non sembra loro di professare. Essi osservano che, al contrario, vi sono stati nella storia numerosi massoni così convinti di una loro idea - nazionale, politica o sociale - da dare per questa idea la vita4. Ma vi è qui una confusione fra due categorie filosofiche diverse: lo scetticismo e il relativismo. Mentre lo scettico teorico pensa che non esista la verità, e lo scettico pratico che non sia importante, il relativista talora è sinceramente affezionato a una verità relativa ma, nonostante questo, considera "la verità come qualche cosa di dipendente da una variabile indipendente che, come tale, la determina". Questa "variabile indipendente" può essere la ragione umana, per cui il razionalismo e l’avversione per i dogmi non riducibili ai "limiti della sola ragione" non escludono il relativismo. Anzi, spesso il razionalismo finisce per sboccare nel relativismo, nel senso che solamente è vero quanto si relaziona gnoseologicamente in forma diretta con la ragione umana, variabile indipendente in funzione della quale si determina la verità" (relativa). Affermare che il metodo massonico si situa nell’orizzonte del relativismo non significa accusare i massoni nel loro insieme - o singoli massoni - di negare la conoscibilità filosofica o la rilevanza esistenziale della verità. Significa solo constatare che si tratta di un metodo che promuove una visione della verità come relativa e condizionata da variabili indipendenti che la determinano: e questa, precisamente, è la definizione del relativismo.

Naturalmente - come le osservazioni di Lynn Dumenil si riferiscono solo alla massoneria negli Stati Uniti in una certa epoca storica - così non tutte le massonerie si attengono alle Costituzioni di Anderson. A partire dal secolo scorso (ma con prodromi già nel Settecento) soprattutto le massonerie latine hanno talora ripudiato l'obbligo di non prendere posizione in materia religiosa, sociale e politica e hanno elaborato una serie di posizioni dottrinali più precise promuovendo l'anticlericalismo, il laicismo, il naturalismo in tutti i settori. È vero, in ogni caso, che quello che tutte le massonerie hanno in comune è il metodo, così come molti calcolatori possono avere in comune lo stesso programma (o programmi con variazioni così modeste da potere essere considerate secondarie). Quello che esce dal programma può variare a seconda dei dati immessi (e così diverse obbedienze e diverse massonerie possono assumere posizioni diverse su quasi tutti i problemi), ma il metodo rimane comune.

4 Cfr. la reazione alle accuse di "relativismo" di un massone della Gran Loggia d’Inghilterra: Christopher Haffner, Workman Unashamed. The Testimony of a Christian Freemason, Lewis Masonic Books, Shepperton 1989, pp. 166-174. L’autore cita un certo numero di teologi cattolici e protestanti contemporanei di cui fa notare che esaltano un relativismo più radicale di quello imputato al metodo massonico: in diversi casi ha ragione, ma questa circostanza non dimostra che il metodo massonico non sia relativista.

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Il metodo massonico, peraltro, non è una semplice tecnologia. La sua pratica implica un orizzonte etico-filosofico che deve essere condiviso da chi partecipa ai lavori di loggia; diversamente, il metodo rischierebbe da una parte di non essere compreso, dall'altra di portare non a risultati variabili all'interno dei limiti che abbiamo esaminato ma a un'assenza di risultati che impedirebbe il suo stesso funzionamento. Il volume più influente sulla mentalità dei massoni americani nel nostro secolo è probabilmente The Builders del reverendo Joseph Fort Newton (1876-1950), un pastore che fu al servizio di diverse comunità protestanti e che pubblicò per la prima volta negli Stati Uniti quest'opera fondamentale nel 1914. Newton ammette la centralità del metodo, ma lo fonda su quella che definisce "la filosofia massonica" (masonic philosophy) il cui principio centrale sarebbe il seguente: "poiché l'anima umana è affine a Dio, ed è dotata di poteri a cui nessuno può fissare un limite, è in fatto, e deve essere in diritto, libera. Pertanto, secondo la logica della sua filosofia non meno che secondo l'ispirazione della sua fede, la massoneria è stata spinta a presentare le sue storiche domande per la libertà di coscienza, per la libertà dell'intelletto e per il diritto di tutti gli uomini di ergersi senza timore e senza paura, uguali tutti di fronte a Dio e alla legge, ognuno pronto a rispettare i diritti dei suoi simili". Il riferimento a Dio e alla fede certamente non si ritroverà negli stessi termini nelle massonerie che si ispirano al Grande Oriente di Francia: ma neppure in queste ultime mancherà il riferimento a un orizzonte etico e filosofico che fonda e regge il metodo. Dal punto di vista etico il metodo si fonda sul primato della tolleranza e della libertà di coscienza (che si espande in una prospettiva più generale - variamente intesa da diversi autori massonici - sulla libertà e la solidarietà).

2.2 - Una tipologia degli anti-massonismiCome è più opportuno parlare di massonerie, al plurale, così esistono diversi tipi di anti-massonismo. A proposito delle critiche alle cosiddette "sette" la letteratura sociologica distingue oggi fra un movimento anti-sette laico e un movimento contro le sette religioso, e, all’interno di quest’ultimo, fra una interpretazione che analizza le dottrine dei diversi movimenti e un’altra che insiste sulla presenza del Demonio che opererebbe dietro le "sette" in modo diretto e immediato.

Si rileva che il conflitto tra massoneria e Chiesa si configura come uno scontro tra forze conservatrici.

2.3 - Il contro-massonismo cattolicoSe passiamo a osservare il contro-massonismo cattolico, possiamo distinguere al suo interno due tradizioni diverse (una distinzione simile sarebbe possibile, del resto, anche nella storia del contro-massonismo protestante). Come per il movimento "contro le sette", così il contro-massonismo religioso si è presentato spesso diviso fra un’ala "diabolistica" - pronta a sospettare interventi diretti del Demonio in loggia - e un’ala "filosofica" che (certamente senza escludere l’intervento del Demonio nella storia come radice profonda degli errori degli uomini) resta scettica sulle apparizioni di Satana nelle logge e preferisce restare sul terreno più solido di un’analisi del metodo massonico e dei suoi risultati. Lo scontro fra le due anime del contro-massonismo cattolico divenne particolarmente evidente in occasione della mistificazione di Léo Taxil (pseudonimo di Gabriel Jogand, 1854-1907), un massone francese che si era fatto notare per il suo virulento anticlericalismo e che nel 1885 si dichiarò convertito al cattolicesimo pubblicando per i successivi dodici anni una serie di opere anti-massoniche nelle quali (soprattutto a partire dal 1891) denunciava l’esistenza di un circolo di satanisti, il Palladismo, che governava in segreto la massoneria mondiale e i cui dirigenti - fra cui nominava Albert Pike e il Gran Maestro del Grande Oriente d’Italia dell’epoca, Adriano Lemmi (1822-1906) - erano in contatto settimanale con Satana e ricevevano istruzioni direttamente e personalmente dal Principe del Male. Nel 1897, in una famosa conferenza alla sala della Società di Geografia di Parigi, Léo Taxil confessò che tutta la sua conversione non era che una messa in scena per burlarsi della credulità dei cattolici e che le sue "rivelazioni" erano da

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considerarsi un gigantesco scherzo.

È anche opportuno sottolineare che - in un’epoca di complotti piccoli e grandi - la lezione del caso Taxil venne appresa rapidamente dai cattolici che si erano lasciati ingannare: pochi anni dopo un funzionario del Grande Oriente di Francia, Jean-Baptiste Bidegain (1870-1926), che collaborava segretamente con ambienti cattolici, rivelò e dimostrò che il governo francese di Émile Combes (1835-1921) - un massone fanaticamente anticlericale - faceva raccogliere dalla massoneria delle schede (le famose fiches) sugli ufficiali dell’Esercito francese, di cui venivano annotate le idee politiche e religiose per escludere sistematicamente i cattolici dagli avanzamenti di carriera. Il caso delle fiches - uno dei maggiori scandali della storia politica francese - determinò dopo una breve resistenza la caduta definitiva del governo Combes e un discredito politico da cui l’anticlericalismo radicale francese non si sarebbe mai più ripreso. Tutto sommato, l’infiltrato Bidegain fece più danni al Grande Oriente nel 1904 di quanti l’infiltrato Taxil ne avesse arrecati alla Chiesa cattolica nel 1897. Il caso delle fiches - di cui, per una di quelle nemesi che qualche volta la storia offre, furono protagonisti da parte cattolica alcuni degli ecclesiastici più crudelmente ingannati da Léo Taxil, come don Gabriel de Bessonies (1859-1913) - dimostrò pure che gli esponenti del contro-massonismo cattolico avevano imparato la lezione. Fecero cercare nelle logge non le code imbalsamate di Belzebù di cui aveva favoleggiato Léo Taxil ma documenti politici compromettenti come le fiches: e li trovarono.

Più profondamente, il caso Taxil si rivelò salutare per insegnare a molti cattolici che non dovevano rincorrere "rivelazioni" più o meno mirabolanti, ma concentrare la loro critica sul metodo massonico e sulle conseguenze pratiche del metodo. In questo senso, la lezione è valida ancora oggi. Soprattutto in ambienti attenti alle rivelazioni private e in altri influenzati dal contro-massonismo protestante di marca pentecostale e fondamentalista, un contro-massonismo "diabolistico" cattolico non è scomparso neppure ai giorni nostri. La sua letteratura ha talora il merito di ricordare che il Demonio esiste ed è attivo nella storia, e di attirare l’attenzione su forme di magia e di occultismo che sono ben diffuse nella nostra società e nei "nuovi movimenti magici", anche se è certamente sbagliato considerare la loro origine sempre e comunque come suscettibile di essere riferita alle massonerie. Il magistero della Chiesa indica però come strada maestra di una critica cattolica alla massoneria la posizione "filosofica", che è attenta anzitutto al metodo massonico anche se non chiude gli occhi sulle conseguenze pratiche che tale metodo produce, e non ignora lo sfondo teologico dell’azione misteriosa del male nella storia. Il sociologo e lo storico possono semplicemente aggiungere che la critica "filosofica" si è rivelata più comprensiva, più capace di cogliere insieme l’unità e la diversità nelle massonerie, meno soggetta alle smentite sempre possibili delle "rivelazioni" venute da veri o falsi convertiti.

In ogni caso, è sempre importante ribadire che non tutti coloro che criticano la massoneria sono d’accordo fra loro. L’idea di un grande "fronte" anti-massonico che metta insieme anti-massonismo laicista, contro-massonismo protestante, contro-massonismo cattolico (realtà diverse, i cui obiettivi sono talora addirittura opposti), è - come sempre capita per "fronti" di questo genere - un equivoco culturale prima ancora che un inganno politico.

3 . GLI ARGOMENTI DELLA CRITICA ALLE MASSONERIE

3.1- Argomenti pratici - La questione del segretoFra le ragioni "pratiche" il testo del 1985 cita anzitutto il "clima di segretezza" che "comporta, oltre tutto, per gli iscritti il rischio di divenire strumento di strategie a essi ignote". Questo tema - sempre oggetto di controversie nella storia massonica - è particolarmente delicato in Italia, dove recenti indagini della magistratura hanno riproposto il tema dei legami fra organizzazioni massoniche e criminalità organizzata. È vero che in Italia, come si è accennato, nessuna organizzazione ha il monopolio dell'etichetta "massoneria", così che possono facilmente proliferare logge e obbedienze

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"selvagge" che si auto-denominano "massoniche" ma che non hanno alcun legame con le maggiori obbedienze nazionali e internazionali, e che spesso sono le organizzazioni "selvagge" a fungere da copertura a gruppi criminali. Determinare le responsabilità - nazionali o locali - di questa o quell’obbedienza in relazione ad attività vietate dalla legge, o cercare di distinguere fra deviazioni dalla massoneria e deviazioni della massoneria è oggi in Italia un compito insieme indispensabile e straordinariamente difficile. La matassa è così intricata - e la disinformazione, i depistaggi, le forme di "anti-massonismo massonico" poste in essere dalle stesse obbedienze in concorrenza fra loro sono così numerose - che si può sperare di districarla (e anche in questo caso forse soltanto parzialmente) solo attraverso le possibilità offerte dagli accertamenti di tipo giudiziario.

Vale la pena tuttavia di riflettere sulle ipotesi di una recente storiografia secondo cui il problema potrebbe essere di origine meno recente di quanto comunemente si creda. Secondo queste ipotesi forze politiche anticlericali rappresentate nel governo piemontese si sarebbero servite dopo il 1861 nel Sud parallelamente della criminalità organizzata e di associazioni che si denominavano "massonerie" (già allora, peraltro, spesso "selvagge" e non collegate alle obbedienze nazionali) come forze entrambe disponibili ad appoggiare la loro impresa di colonizzazione politico-culturale, favorendo così il contatto, particolarmente in Sicilia, fra "massoni" e mafiosi. Se questa ipotesi - certo da approfondire e verificare, senza trascurare i pregiudizi ideologici dell’anti-massonismo "laico" e politico che ispira alcuni degli storici che la hanno proposta - dovesse essere in qualche modo confermata, si troverebbe un anello di collegamento storico dotato di una valenza anche dottrinale5 e politica fra criminalità organizzata del Meridione d'Italia e certi ambienti che si sono variamente presentati come massonici.

A proposito del segreto sembrano peraltro necessarie due ulteriori osservazioni. Il tema del segreto viene giustamente collocato nel testo citato del 1985 fra le ragioni "pratiche" e non fra quelle "dottrinali" della incompatibilità fra fede cristiana e massoneria in quanto non tutte le obbedienze massoniche sono ugualmente "segrete". La massoneria americana, che conta diversi milioni di iscritti, è assai meno "segreta" delle massonerie europee. La minore sottolineatura del segreto corrisponde precisamente, in alcune obbedienze anglosassoni, alla esaltazione dei momenti di metodo rispetto a quelli di contenuto. Alcune tendenze recenti della massoneria italiana (che attraversano in realtà tutte le obbedienze, anche se alcune ne informano la stampa per presentarsi come più "trasparenti" delle altre concorrenti) sembrano puntare a una riforma di tipo anglosassone, con una minore accentuazione del segreto. L'esperienza anglosassone dimostra peraltro che la rinuncia parziale al segreto non comporta necessariamente una riduzione dell'influenza della massoneria, che anzi può superare alcune obiezioni e riserve tradizionali e presentarsi come forza sociale ancor più legittimata ad esercitare la sua funzione di organizzatore culturale collettivo.

La seconda osservazione concerne la distinzione fra giudizio culturale e teologico e, rispettivamente, giudizio giuridico e politico sul segreto. I due piani non vanno confusi. Sul piano culturale il tipo di segreto di cui si avvolgono i lavori massonici è sostanzialmente estraneo alla tradizione cattolica: non a caso, come abbiamo visto, l’unico precedente nella massoneria "operativa" - la "parola massonica" - nasce in epoca tarda e in ambiente protestante. La Chiesa cattolica non ha mai visto con favore segreti in materia dottrinale e filosofica che sfuggono al ritmo normale della sua vita organizzata e gerarchica, e li ha sempre considerati con sospetto. Sul piano giuridico e politico la Chiesa cattolica, nella sua dottrina sociale, non è peraltro meno sospettosa nei confronti delle pretese dello Stato laico moderno (che non è certamente l’unica forma di Stato in tesi lecita o possibile, ma è lo Stato con cui in concreto oggi ci si trova in relazione) di esercitare un controllo eccessivo sulla vita interna delle associazioni private. La dottrina sociale insegna che,

5 Il collegamento dottrinale sarebbe in questo caso l’anticlericalismo che si sarebbe espresso in Sicilia, sul piano pratico, nell’acquisto dei beni ecclesiastici punito dalla Chiesa con la scomunica ma che, secondo queste ipotesi storiografiche, oltre a favorire lo sviluppo di un ceto possidente filo-piemontese e liberale, si situerebbe alle origini del potere economico della mafia moderna Naturalmente il fatto che nell’Ottocento si trovino sacerdoti cattolici siciliani sia nella mafia che nelle massonerie non è sufficiente a confutare questo quadro ipotetico, dal momento che una minoranza del clero manteneva certamente un atteggiamento "liberale" e ostile alla gerarchia.

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posto che esiste una "tendenza naturale che spinge gli esseri umani ad associarsi", "si deve incoraggiare la creazione di associazioni e di istituzioni d’elezione". In questo campo "un intervento troppo spinto dello Stato può minacciare la libertà e l’iniziativa personali"; il principio cardine della dottrina sociale, il "principio di sussidiarietà", ricorda che il potere di controllo e di intervento dello Stato non è senza "limiti". Non vi è dubbio che lo Stato abbia diritto di reprimere le associazioni che perseguono fini delittuosi. Ma, poiché "l’abuso non toglie l’uso", non si può utilizzare l’esistenza di associazioni a delinquere come pretesto per limitare la libertà di associazione. Si misura qui tutta la differenza fra l’anti-massonismo laico, soprattutto quello di ispirazione statalista e marxista, e la critica cattolica alla massoneria. Il primo dal tipo di segreto - certamente discutibile - con cui alcune obbedienze massoniche coprono le loro attività trae argomento per invocare leggi che sottopongano tutte le associazioni a un totale controllo dello Stato, che dovrebbe procedere a una sorveglianza capillare dei loro membri e di tutte le loro attività. La critica contro-massonica cattolica è sempre stata più cauta. I cattolici sanno infatti che i progetti di controllo statale sulle associazioni e la pretesa di fare svolgere ogni attività associativa volontaria sotto gli occhi e a portata delle orecchie dello Stato storicamente si sono sempre tradotti in misure ostili anzitutto alle associazioni cattoliche. Se le campagne perché lo Stato vieti ogni forma di "segreto" - definito spesso in modo ampio, vago e fumoso - e interdica a tutti i massoni certe carriere pubbliche sollevano in molti paesi scarso entusiasmo presso i cattolici, è forse anche perché essi ricordano la dura campagna del "nativismo" statunitense dell’Ottocento, che voleva escludere dagli uffici elettivi sia i massoni che i cattolici e chiedeva allo Stato di intervenire contro i "tre segreti" considerati incompatibili con la democrazia: il segreto della loggia massonica, il segreto del tempio mormone, e il segreto del confessionale cattolico.

3.2 - La "machinatio"Come secondo motivo "pratico" della incompatibilità, il documento del 1985 cita la "ostilità nei confronti della Chiesa" di una parte della massoneria, che si è tradotta nella cosiddetta machinatio contro la Chiesa rimproverata dal tradizionale contro-massonismo cattolico soprattutto alle massonerie latine, cioè nell’organizzazione sistematica dell’anticlericalismo e del laicismo. Che l’anticlericalismo di alcune massonerie abbia raggiunto toni perfino grotteschi è così noto - e ammesso anche da storici di parte massonica - da non avere bisogno di illustrazione o di commento. Sarà sufficiente osservare che la machinatio, nella tradizione contro-massonica cattolica, non si riduce all’anticlericalismo. La promozione di leggi ispirate al naturalismo e al laicismo è stata certamente più pericolosa delle processioni anticlericali, degli "Anticoncili" e dei banchetti a base di carne del venerdì santo, che pure hanno avuto il loro posto nel folklore massonico ottocentesco. Il documento del 1985 dà atto, tuttavia, che la "ostilità nei confronti della Chiesa" - e delle dottrine morali individuali e sociali che sono parte integrante dell’insegnamento della Chiesa - costituisce la posizione, nella storia e nell'attualità, di alcune importanti obbedienze e logge, ma non di tutte. Negli Stati Uniti, in particolare, su quasi tutti i temi controversi di natura morale e sociale (dall’aborto alla preghiera nelle scuole, dal ruolo pubblico degli omosessuali alla pena di morte) si troveranno posizioni estremamente differenziate nelle massonerie fra Stato e Stato, qualche volta perfino fra loggia e loggia. È una riconferma del fatto che il metodo massonico può produrre risultati diversi a seconda delle posizioni di partenza diverse che di volta in volta si confrontano all’interno delle logge.

3.3 - La promozione dell’occultismoSoprattutto - ma non esclusivamente - gli ambienti che in qualche modo tengono conto della tradizione "diabolistica" del contro-massonismo insistono sull’argomento secondo cui la massoneria promuoverebbe forme di occultismo e di magismo. Questo argomento viene spesso presentato in modo molto impreciso, ma non può neppure essere semplicemente ignorato. Certamente nelle obbedienze più importanti la "corrente fredda" razionalista e deista ha vinto da oltre un secolo la sua

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battaglia contro la "corrente calda" occultista e magica, che proprio perché è stata confinata alla periferia delle massonerie "ufficiali" ha dato vita soprattutto negli ultimi decenni dell’Ottocento e nei primi del Novecento a una serie di organizzazioni separate e concorrenti, le "massonerie di frangia" e i "nuovi movimenti magici". Tuttavia la distinzione fra "corrente fredda" e "corrente calda" non è sempre evidente: qualche volta le due correnti coesistono non solo negli stessi ambienti, ma nella testa delle stesse persone. Già alle origini della massoneria, nel Settecento, uno dei maggiori storici della massoneria italiana, Carlo Francovich, ha notato come "accanto al movimento illuminista - che, guidato dalla ragione, procede sulla via della scienza - c’è il movimento mistico che ricerca la soluzione dei vari problemi nei culti esoterici, nella ricerca del miracolo, nella magia. E questi due movimenti non camminano parallelamente distinti, ma si intersecano e anzi spesso vivono e si manifestano in una stessa persona". Gli esempi di "doppia appartenenza" insieme alla "corrente fredda" e alla "corrente calda" sono centinaia. Come classificare i massoni napoletani del Settecento oggetto di un pregevole studio di Vincenzo Ferrone - personaggi come Gaetano Filangieri (1752-1788), Mario Pagano (1748-1799), Domenico Cirillo (1739-1799) - insieme "profeti dell’Illuminismo" filosofico e politico di giorno e - quando calavano le ombre della sera - discreti frequentatori di riti neo-egiziani e alfieri del "ritorno della magia"? Dove collocare il massone Arthur Conan Doyle (1859-1930): nella "corrente fredda", come portavoce letterario del positivismo e creatore di Sherlock Holmes, o nella "corrente calda", come spiritista e propugnatore della credenza nelle fate? Come spiegare la presenza ancora negli anni successivi alla Seconda guerra mondiale in una istituzione così tipica della "corrente calda" come la Chiesa gnostica di dirigenti di primissimo piano del Grande Oriente d’Italia, che viene comunemente - e non a torto - ascritto alla "corrente fredda"? La distinzione è possibile. Ma neppure si tratta di interrogativi soltanto retorici, e il quesito se un certo modo massonico di intendere l’esoterismo non favorisca periodiche derive verso l’occultismo e il magismo - contro le quali, certo, altri reagiscono energicamente - non è completamente privo di senso.

3.4 - L’argomento dottrinale: la critica del metodoSi possono immaginare - almeno in tesi - obbedienze e logge che non mantengono forme illecite di segreto, non manifestano "ostilità nei confronti della Chiesa" e non promuovono in alcun modo l’occultismo e la magia. In questo caso vengono meno le ragioni di critica alla massoneria? Sì, se si pensa che queste ragioni si limitino alle ragioni "pratiche". Così ha ragionato sostanzialmente nel 1993 una commissione costituita da una delle più grandi denominazioni protestanti americane, i Battisti del Sud (di cui fanno parte tra l’altro il presidente e il vice-presidente degli Stati Uniti, Bill Clinton e Al Gore). La proposta formulata nel 1992 con notevole passione dalla fazione più conservatrice di questa denominazione di escludere dalla comunità battista gli affiliati alla massoneria era stata giudicata, con ragione, una delle più gravi minacce che avesse colpito la massoneria americana nella sua storia, "il peggiore attacco degli ultimi cento anni", suscettibile di sottrarre alle logge statunitensi almeno "il venti per cento dei loro membri". Nel 1993 la Convenzione dei Battisti del Sud, con sollievo della massoneria americana, non ha accolto la proposta di escludere dalla denominazione i massoni ma ha votato un rapporto, accompagnato da uno studio più dettagliato e oggetto di notevoli strali da parte dell’ala battista più conservatrice , dove si conclude semplicemente che "alla luce del fatto che molte tendenze e insegnamenti della massoneria non sono compatibili con il cristianesimo e la dottrina dei Battisti del Sud, mentre altri sono compatibili (...) raccomandiamo che, alla luce delle profonde convinzioni della nostra denominazione sul sacerdozio comune dei fedeli e l’autonomia delle singole chiese locali, l’appartenenza a un’obbedienza massonica sia lasciata alla libertà della coscienza personale". Giacché sulla natura di questo risultato ci sono pochi dubbi, la domanda che interessa l’osservatore esterno è perché la fazione che chiedeva la condanna della "doppia appartenenza" insieme alla comunità dei Battisti del Sud e alla massoneria ha perso. Si devono certamente considerare l’efficacia di una campagna di pubbliche relazioni massonica proporzionata all’entità del pericolo,

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le difficoltà di esercizio dell’egemonia dei conservatori in una denominazione da anni profondamente divisa, il discredito in cui era caduta una letteratura contro-massonica battistaa che era andata a ripescare perfino Léo Taxil. Ma, al di là di tutti questi elementi, la proposta contro-massonica non è passata perché tutta la sua argomentazione era fondata sulle "dottrine" e non sul metodo massonico. La massoneria veniva accusata di favorire l’occultismo, il neo-paganesimo, la magia, perfino (come di consueto in certi ambienti protestanti) la dottrina attribuita ai cattolici della salvezza tramite le opere e non per sola fede. Per ognuna di queste accuse i conservatori ostili alla massoneria chiamavano a testimone questo o quell’autore massonico, i documenti di questa o quella loggia. Sfortunatamente, punto per punto, il comitato che ha preparato il rapporto - che palesemente non intendeva condannare la massoneria - ha potuto rispondere che un altro autore massonico non meno autorevole o un’altra loggia avevano detto esattamente il contrario. Da questo punto di vista la ricerca della "dottrina" massonica è un’avventura senza fine. È stata l’incapacità di risalire dalle "dottrine" al metodo che ha determinato ultimamente la sconfitta della fazione ostile alla massoneria nella battaglia interna ai Battisti del Sud, che verrà ricordata come un momento cruciale nella storia della massoneria americana e dei suoi avversari nel secolo ventesimo.La Chiesa cattolica ha ragionato diversamente. Anche nel caso - da esaminare obbedienza per obbedienza, caso per caso, paese per paese - in cui non vi siano specifici risultati ostili alla fede cattolica, "l'inconciliabilità dei principi" secondo il documento del 1985 rimane, in quanto - quali che siano i suoi risultati - è sempre il metodo massonico a essere incompatibile con la fede. Qualcuno, osserva la nota del 1985, potrebbe obiettare che è improprio parlare di "inconciliabilità dei principi" perché "essenziale della massoneria sarebbe proprio il fatto di non imporre alcun 'principio'". Ma proprio questo aspetto "essenziale" è incompatibile con la fede cristiana sul piano metodologico: "anche se si afferma che il relativismo non viene assunto come dogma" (proprio perché non ci sono dottrine né dogmi) "tuttavia si propone di fatto una concezione simbolica relativistica, e pertanto il valore relativizzante di una tale comunità morale-rituale, lungi dal poter essere eliminato, risulta al contrario determinante. In tale contesto, le diverse comunità religiose, cui appartengono i singoli membri delle logge, non possono essere considerate se non come semplici istituzionalizzazioni di una verità più ampia e inafferrabile". Così, "anche quando (...) non vi fosse un'obbligazione esplicita di professare il relativismo come dottrina [proprio in quanto non vi è propriamente ‘obbligazione’ di ‘professare’ nessuna ‘dottrina’], tuttavia la forza relativizzante di una tale fraternità, per la sua stessa logica intrinseca, ha in sé la capacità di trasformare la struttura dell'atto di fede in modo così radicale da non essere accettabile da parte di un cristiano 'al quale è cara la sua fede'". Le massonerie, del resto, trasmettono il loro metodo tramite la forza pedagogica dei loro rituali prima ancora di tematizzarlo in un insegnamento sistematico.

3.5 - Veri e falsi problemi: "dialogo" e "doppia appartenenza" in atmosfera di relativismoRebus sic stantibus, qual è il senso delle querimonie levate continuamente da massoni e da massonofili contro la precisazione giuridica e magisteriale? Ha qualche fondamento l’accusa rivolta alla Chiesa e ai cattolici fedeli, sempre implicita e spesso anche esplicita, di chiusura al dialogo?

L’espressione "stravolgimento compiuto in modo morbido e senza essere avvertito" induce a ricordare che, dopo la pubblicazione dell’enciclica Ecclesiam suam, nel 1964, da parte di Papa Paolo VI, "dialogo" è diventato — com’è stato acutamente e adeguatamente mostrato da Plinio Corrêa de Oliveira in particolare per quanto attiene al dialogo con i socialcomunisti — una "parola-talismano", cioè uno strumento per condurre in porto un’opera di "trasbordo ideologico inavvertito" dell’interlocutore cattolico verso posizioni terze, comunque utili all’interlocutore non cattolico, quando addirittura non proprie dello stesso interlocutore non cattolico.

Questo stratagemma — che trae la sua forza da abusi e da manipolazioni del documento magisteriale, reiteratamente colpiti in posteriori interventi, anche recentissimi — non inquina ogni dialogo né inficia il valore del dialogo in sé, sì che talora questo si può svolgere correttamente,

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come prova quello di cui sono stati protagonisti vescovi tedeschi ed esponenti massonici dello stesso paese per ben cinque anni.

Ma la conclusione di quel dialogo corretto, cioè l’incompatibilità dell’appartenenza di cattolici ad associazioni massoniche anche dichiaratamente non avverse alla Chiesa cattolica, non è evidentemente piaciuta a chi aveva diversa aspettativa e che quindi continua pateticamente ad auspicare, quando non a reclamare, un "sedersi attorno a un tavolo", che fa ormai parte del passato, del déjà vu, e che potrà essere ripreso esclusivamente a fronte di fatti concludenti non verificatisi — che si sappia — dal 1980 a oggi.

Ergo, da questo atteggiamento si può evincere — senza fare il processo alle intenzioni di nessuno — che, almeno per chi continua a richiederlo, talora a reclamarlo, dopo che si è concluso, ma non come gradiva, il dialogo non è, come l’uomo della strada pensa, inteso come chiarificazione che definisce caratteri e limiti, talora drastici, di convivenza, di confluenza e di collaborazione, ma come un fidanzamento che si deve obbligatoriamente concludere in una caro, in "una carne sola", possibilmente con regolari sponsali. In altre parole, appare evidente che quanto si chiede da massoni e da massonofili sotto il nome di dialogo è semplicemente la doppia appartenenza, e questo la Chiesa cattolica nega in dottrina e quindi in diritto.

In termini "logici" e non "sociologici" Papa san Pio X nota che "[...] bisogna respingere l’opinione di certi antichi secondo cui non ha nessuna importanza per la verità della fede che si pensi in questo oppure in quel modo a proposito di Dio, perché l’errore relativo alla natura delle cose genera una falsa conoscenza di Dio; così devono essere santamente e inviolabilmente conservati i princìpi della filosofia posti dall’Aquinate, con i quali [...] si ottiene una tale scienza delle cose create che si accorda in modo mirabile con la fede". Infatti, "[...] una volta privata la verità cattolica di questo potente presidio, invano per difenderla si chiederà aiuto a quella filosofia i cui princìpi o sono comuni con gli errori del materialismo, del monismo, del panteismo, del socialismo e dei vari modernismi, oppure non si oppongono certamente a essi".

Perciò, contro il naturalismo e i suoi corollari, ci si deve attenere a quello che Papa Pio XI chiama "un certo Vangelo naturale"; quindi, sono negate tutte le composizioni dottrinali del tipo "catto" e tutte quelle pratiche del tipo "clerico"; dunque, non vi è spazio per i catto-massoni o per i clerico-massoni, come neppure per i catto-islamici o per i catto-induisti, per fare soltanto un fuggevole riferimento a deformazioni del dialogo interreligioso.

3.6 - Veri e falsi problemi: appartenenza massonica e mentalità massonica, ovvero massoneria e massonismoSe il tema della doppia appartenenza accompagna parassitariamente la convivenza storica e il dialogo fra la Chiesa cattolica e le società massoniche, vi è anche un’altra problematica, per certo minore in quanto esclusivamente di fatto, che però si manifesta con non minore frequenza, questa volta all’interno del mondo cattolico, quando non della Chiesa cattolica stricto sensu considerata. Si tratta della periodica denuncia di infiltrazioni massoniche fra i cattolici e all’interno della stessa gerarchia ecclesiastica, denuncia consuetamente — ma non obbligatoriamente — effettuata da e/o attribuita a cattolici detti "integralisti", cioè zelanti dell’ortodossia e dell'orto prassi cattoliche, dolorosamente colpiti da reazioni dottrinalmente dubbie o, almeno, di dubbio vigore, da parte del mondo cattolico e della stessa Chiesa, di fronte a situazioni storiche non rispettose — per dire il meno — della dottrina cattolica e delle indicazioni della gerarchia ecclesiastica.

Come si vede, il problema è assolutamente di fatto, ma, se niente permette di escludere l’eventualità denunciata semplicemente irridendo i denunciatori e rovesciando su di loro l’accusa di "cacciatori di streghe", questa denuncia si sostiene spesso — per non dire sempre ed esclusivamente — con la diffusione di elenchi di personaggi ascritti a questa o a quella loggia massonica, a questa o a quella associazione para-massonica, con i corrispondenti numeri di tessera e con le date di iniziazione.

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Senza escludere — lo ripeto ad abundantiam — l’eventualità che siano esistiti in passato, esistano oggi e possano esistere in futuro cattolici — e fra loro anche gerarchi della Chiesa — occultamente ascritti alla massoneria, quindi operanti nella prospettiva dell’orizzonte massonico, mi permetto di indicare un criterio di giudizio meno legato a improbabili — o comunque sempre molto difficili e ampiamente incerte — verifiche anagrafiche, ma a verifiche fattuali di gran lunga più cogenti come sono quelle costituite da fatti conclusi, quindi anche concludenti, piuttosto che quelle sostenute da fatti ipotetici.

Quindi, se l’anima della massoneria è il relativismo, si può affermare che esso ha una sua sede ufficiale e propulsiva, e un suo propagarsi e un suo insinuarsi tendenzialmente ovunque. Ancora: se l’anima della massoneria è il relativismo, esso è anche l’anima del massonismo. Finalmente, se le cose stanno in questi termini, si può affermare con sicurezza che l’enciclica Veritatis splendor, pubblicata da Papa Giovanni Paolo II nel 1993, deve essere considerata espressione esemplare della lotta condotta dal Magistero della Chiesa cattolica contro il massonismo, in quanto ha di mira — fra l’altro, ma non secondariamente — appunto il relativismo; e nella stessa linea si situa il paragrafo n. 46 dell’enciclica Centesimus annus, già citato. Le dottrine e i comportamenti denunciati e condannati nei due documenti, il primo in campo generalmente morale, il secondo in campo politico-sociale, costituiscono espressione di massonismo, indipendentemente dalla regolare appartenenza massonica di chi li promuove e li tiene, sì che il fatto dell’appartenenza alla massoneria rileva oggettivamente solo della rilevanza della conferma, non della prova, e questo — sia ben chiaro — non significa certamente negare la sua rilevanza soggettiva, cioè riguardante la coscienza di ogni singolo e la sua sensibilità e docilità disciplinare nei confronti della verità e dell’autorità della Chiesa che l’afferma; rileva invece il fatto della consequenzialità, secondo il modulo evangelico: "Dai frutti li riconoscerete".

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