Racconti storici. Dialoghi tra passato e presente

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I ragazzi della 3°D – 2015-2016 Racconti storici Dialoghi tra passato e presente A cura del Professor Federico Cappelli 1

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I ragazzi della 3°D – 2015-2016

Racconti storiciDialoghi tra passato e presente

A cura delProfessor Federico Cappelli

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Introduzione del curatore

Questo libro raccoglie gli scritti degli alunni diterza media di una scuola della provincia diMilano.A differenza di quanto si possa pensare, questilavori rappresentano non un semplice compito,per quanto esso sia stato effettivamente unlavoro predisposto in vista dell’esame dilicenza, ma l’espressione di una realeesperienza di lavoro vissuta e condivisa tra iragazzi e il loro docente. La volontà è quella dilasciare una traccia di un’esperienza scolasticache ha significato davvero qualcosa, per isoggetti che l’hanno vissuta fino in fondo.Si tratta di una serie di racconti storici, basatisullo studio di fonti autentiche trattedall’archivio dei Luoghi pii elemosinieri diMilano. Questi racconti hanno al centroesperienze di vita e mettono a confrontoragazzi del passato, ospiti dell’Istituto derelittidi Milano, e ragazzi di oggi.Il mio ruolo, di docente e curatore di questiscritti, si limita a quello di discreta presenza disottofondo su una scena che è deve restare deimiei splendidi alunni.

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Avvertenze

La documentazione su cui i ragazzi hannolavorato è conservata nell’Archivio dei LuoghiPii Elemosinieri (in sigla per eventuali citazioni:ALPE) presso l’Azienda di Servizi alla Persona(ASP) “Golgi-Redaelli” di Milano.L’utilizzo e la riproduzione di questi materialisono consentiti esclusivamente per motivi distudio e nell’ambito del Laboratorio di ricercastorica e di didattica delle fonti storiche,artistiche e del territorio “L’Officina dellostorico”.Si precisa inoltre che i testi e gli elaborati che sibaseranno sullo studio della presentedocumentazione dovranno riportare, come diconsueto, la citazione degli specifici riferimentiarchivistici, che comprenderanno - inparticolare - l’esatta denominazionedell’Archivio e dell’Ente che lo conserva.

Per ogni altro uso della documentazione quiriprodotta si deve richiedere l’autorizzazione al:Servizio Archivio e Beni culturaliASP “Golgi-Redaelli”via Olmetto 620123 Milanotel. 02 72518271fax. 02 862455 (lun.-ven. h. 8.00-19.00)email: [email protected]

In appendice è riportata una tabella con labibliografia di riferimento per ciascuno scritto.

I nominativi degli alunni sono riportati nel pieno

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rispetto della privacy dei minori edespressamente autorizzati dai genitori deglistessi in occasione della partecipazioneall’iniziativa “L’Officina dello storico”; l’unicofine di questa opera è la valorizzazione deimeriti dei ragazzi e la volontà esplicita dilasciare una traccia concreta e duratura dei lororisultati.

I lavori che non risultano inseriti nell’opera sono(pochi) esclusivamente quelli che non sonopervenuti nei tempi e nei modi richiesti dalleesigenze di creazione dell’opera. Sono staticomunque considerati, come noto, all’internodel percorso scolastico svolto. Unringraziamento va anche a loro.

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Noemi A.

Milano, 8 Giugno 1924

Caro Leo, ti ricordi la prima volta che ci siamo incontrati?Io lo ricordo come se fosse successo ieri, maormai sono passati quattro anni, quattrobruttissimi ma, allo stesso tempo, meravigliosianni.4 Aprile 1920: il giorno in cui ti ho conosciuto eil giorno in cui sono entrata nell’IstitutoDerelitti.Era un normale giorno primaverile o, per lomeno, avrebbe dovuto esserlo. Mi svegliai lamattina a tarda ora e scesi in cucina a farecolazione: lì non trovai la mia madre che, comeal solito, mi preparava la colazione, ma la trovaiche piangeva seduta in un angolo.Appena mi vide mi sorrise, con il sorriso piùfalso che avessi mai visto sul suo volto. Miguardò e mi disse con voce impassibile diandarmi a vestire e di raccogliere in una borsale mie cose.Io feci tutto quello che mi disse senza aprirebocca e, una volta pronta, uscimmo di casa.Camminammo per un po', fino a quando miamadre si fermò davanti ad un edificio: era unastruttura grande ma molto vecchia. Salimmo le scale e mia madre si fermò davantia me. Mi disse: “Perdonami piccola mia, tiprometto che verro a riprenderti”. Suonò ilcampanello e poi corse via.

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Ripensando a quel momento, mi ricordo che leuniche due cose che sentivo erano confusione epaura, ma ora mi rendo conto di aver provatoanche rabbia.Dopo poco una signora anziana mi venne aprendere e mi portò dentro. Mi fece moltedomande e poi mi fece fare un giro dell’istituto. Fu allora che ti incontrai: avevi stampato infaccia il tuo solito sorriso, quello che ora adoroma che all’inizio non capivo e non mi piaceva.Non capivo come potessi sorridere in quellasituazione, non capivo come potessi sorriderese i tuoi genitori ti avevano abbandonato. Maallora non conoscevo ancora niente di te. Nonsapevo che anche tu eri solo, non sapevo cheavrei iniziato a volerti bene, non sapevo che tusaresti diventato il mio più grande amico.Diventammo amici dopo poco tempo: tu riuscivia farmi ridere, ma anche a farmi arrabbiare piùdi chiunque altro e, dopo essere stataabbandonata in questo istituto da mia madre,avevo bisogno di questo, avevo bisogno di unamico e tu c’eri. Sei stato l’ unico che ha resosopportabile la mia vita qui dentro. Grazie a tesono riusciti ad adattarmi alle norme chequesto istituto imponeva: ogni mattina, dopoesserci sbottonati la camicia e rimboccati lemaniche, dobbiamo lavarci le mani, le braccia,il viso, il collo e le orecchie, internamente edesternamente. Dobbiamo sciacquarci la bocca,dobbiamo pulirci i denti, almeno una volta allasettimana dobbiamo lavarci la testa, facendouso di molto sapone. Dobbiamo mantenere leunghie corte e pulite. Lo so: ora starai ridendo eti starai chiedendo “tu, quella che non seguiva

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mai queste regole e che si lamentava sempre lehai imparate a memoria?”. E la risposta aquesta domanda ovviamente è no, le ho letteda un foglio che hanno attaccato in camera perfar sì che me le ricordassi, però volevoimmaginare la tua faccia mentre le leggevi,chiedendoti se fossi cambiata, se quell’istitutomi avesse cambiata, e a volte me lo chiedoanche io; ma so che non è così. Io continueròsempre ad essere la bambina pazza, ribelle earrabbiata con tutti che tu hai conosciuto,mentre tu continuerai ad essere il bambinotranquillo, diligente e riflessivo che hoconosciuto quattro anni fa.Infatti ogni volta che dimentico qualcosa ci seitu, o per lo meno c’eri. 8 Marzo 1922, il giorno in cui ti hanno trasferitoin un altro istituto, il secondo giorno più bruttodella mia vita: alcune bambine mi avevanodetto che qualcuno si stava trasferendo eappena saltò fuori il tuo nome mi ammutolii erestai ferma come una statua. Dentro di meintanto pensavo un’unica domanda: come avreifatto a stare lì senza di te?Dopo essermi ripresa, corsi più velocementeche potevo all’ingresso e ti vidi lì, girato dispalle mentre uscivi. Tu, come se mi avessisentito arrivare, ti girasti e con un sorriso e lelacrime agli occhi mi dicesti: “ArrivederciAmelia”. A quel punto scoppiai a piangere.Le settimane successive furono orribili: eroarrabbiata con tutti, ma soprattutto con te. Miavevi abbandonata.Iniziai a non rispettare più le norme disciplinari.Puntualità: ero sempre in ritardo. Silenzio:

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parlavo e urlavo dando fastidio a tutti.Diligenza: per me non esisteva. Ordine:lasciavo tutto in giro per la camera. Decenza:mi comportavo in modo maleducato con tutti.Fui punita molte volte per questo, diciamo ognigiorno, ma ormai c’ero abituata.Continuai così finché non mi arrivò una tualettera: capii che il tuo non era un addio e chenon mi avevi abbandonato, così mi calmai erisposi alla tua lettera; quella fu la prima dimolte altre.Dall’ultima lettera che ti ho inviato abbiamofatto un’escursione al celebre monumento dellaCertosa di Pavia ed è venuto un illusionista peruno spettacolo. Ieri inoltre abbiamo mangiato iltuo piatto preferito di questo posto: uova sodecon insalata e mentre mangiavo ti pensavo e...È inutile che racconti altro, giusto? L’hai capitovero? Hai capito che questa non è una letteracome le altre?Ed hai ragione non serve che vada avanti ascrivere. In questa lettera ho messo i ricordi piùbelli ma anche i più brutti che ho di te, perchévolevo farti sapere quello che ho provato inquesti anni: tu sei stato la cosa migliore che misia capitata e non dovrai mai scordarlo. In casocontrario rileggi questa lettera perché non cene saranno altre come avrai capito: questo è ilmio addio e non so ancora dove ho trovato ilcoraggio di scriverti questa parola di cinquelettere, ma con un significato così brutto pernoi. Mia madre è venuta a riprendermi edomani partiremo, prenderemo una nave eandremo in Argentina. Perciò sì, questo è il mioaddio, ma non alla nostra amicizia. Quella sarà

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per sempre, anche se non ci rivedremo più. Tusarai per sempre il mio migliore amico.Con immenso affettoAmelia

Milano, 10 Luglio 1924

Cara Amelia non so se leggerai mai questa lettera.Sicuramente sarai già in Argentina con la tuamamma per iniziare una nuova vita ma io tiscrivo comunque. Quando ho letto la tua letteraho sentito il bisogno di raccontarti alcune coseche non ti ho mai detto; solo così potrò darti ilmio addio.Il giorno in cui sono andato via dall’istituto inrealtà era perché una famiglia mi aveva presoin custodia e non perché dovevo cambiareistituto. Ho cercato di oppormi in tutti i modipossibili: non ti volevo lasciare sola, mapurtroppo non ho potuto fare nulla.Come famiglia non erano cattivi solo che nonsono mai riuscito a sentirli come la miafamiglia.Fuori dall’istituto ho potuto vedere gli orroridella guerra e la distruzione che essa haportato. Inoltre qui in Italia ora sta prendendo ilregime fascista e prevedo un grossocambiamento per il nostro paese, anche se noncredo sia positivo.Ritornando all’affidamento, dopo pochi mesi mihanno portato in un altro istituto a causa diproblemi economici e lì la vita era simile aquella dell’istituto derelitti. Le regole però

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erano ancora più rigide. Comunque, tornandoalla tua lettera Amelia, l'ho capito alla primafrase che quello sarebbe stato un addio. Ormaiti conosco bene, so che hai scritto quella letteraridendo e piangendo, so che ci hai messo tuttauna notte per scriverla e so che quello non è unaddio.In quella lettera tu hai scritto del giorno in cui cisiamo incontrati,in questa lettera io voglioscrivere del giorno più bello che ho trascorsocon te. L’8 Agosto 1921: il giorno lo abbiamotrascorso come al solito, ma te la ricordi lasera? È stato il secondo momento più felicedella mia vita, perché il primo è stato il giornoin cui ti ho conosciuta. Quella sera tu volevi uscire nel parco. Io feci ditutto per farti cambiare idea, ma tu non miascoltasti e mi dicesti che se non volevo veniresaresti andata da sola, così io ti seguii. Quellasera non c’era una nuvola, il cielo era unadistesa di stelle, così ci sdraiammo eincominciammo a guardare il cielo. Dopo un po'di tempo tu mi indicasti una stella, la piùluminosa, e allora io ti dissi: “Quella è la tuastella” e tu mi rispondesti: “no, è la nostrastella”. Se leggerai questa lettera voglio che tu usiquella stella “d’Agosto” come punto di contattotra noi due, perché quella è la nostra stella, è ilnostro punto di riferimento, la nostra stellapolare. Inoltrevoglio che quando la guarderai ovunque tu sia,a qualunque età, tu mi pensi. Voglio che pensialla nostra amicizia.Amelia, un’ultima cosa: il mio non è un addio

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come ti ho detto inizialmente, ma unarrivederci, perché sono sicuro che un giornonoi due ci rivedremo. Quel giorno lo aspetteròcon ansia; ti verrò a cercare in qualunque luogotu sia e ti troverò. Fino ad allora ti penserò econserverò la nostraamicizia.Ti voglio beneLeo

fonti→1920-norme di pulizia e di igiene→1920-norme disciplinari→1920-tabella dietetica→volantino escursione Certosa di Pavia→volantino illusionista

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Federico B.

Milano, 27 Maggio 1920

Caro diario,oggi è lunedì e ho iniziato così una nuovasettimana. Come ogni lunedì, per colazione homangiato pane e latte e devo dire che oggi ilpane era particolarmente raffermo ed il lattetroppo freddo.Oggi è piovuto molto e quindi noi maschi nonsiamo usciti a fare le nostre attività ginnicheall’aperto come avevano deciso i tutori il giornoprima. In compenso abbiamo fatto degliesercizi, a corpo libero ed agli attrezzi, alcoperto. Sono state due ore molto pesanti pervia degli sforzi che il tutore di ginnastica hapreteso da noi. Tuttavia credo di aver miglioratomolto la mia abilità nel salto, segno che questosforzo è valso a qualcosa. Le femmine invece hanno proseguito i lavori amaglia che avevano già iniziato la settimanascorsa nel laboratorio di sartoria. Credo cheanche loro si siano dovute impegnare parecchioper via della necessità di consegnare i lavorifiniti entro mercoledì. Rientrati in classe, abbiamo trattato il principiodel lavoro ed abbiamo scritto molto. Purtroppol’orario non ci permette un periodo di riposo traqueste due attività per cui ero molto stanco.Per fortuna è arrivato presto l’orario del pranzo.Abbiamo mangiato del riso bianco come primopiatto e devo dire che, contrariamente a lunedìscorso, mi è piaciuto molto. Come secondo

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piatto e come da programma, le cuoche cihanno cucinato due piatti, le sardine ed ilformaggio, e noi abbiamo dovuto scegliere unsolo piatto. Nessuno, nonostante la fame,avrebbe osato prendere due piatti poiché lapunizione a noi riservata sarebbe stata moltopesante. Dopo aver pranzato, la stanchezza mi era quasidel tutto scomparsa così, dopo qualche minutodi riposo, con il resto dei compagni di classe homesso in pratica l’insegnamento dell’ora dilezione precedente. Abbiamo imparato ad utilizzare alcunimacchinari e al termine abbiamo aiutato gliadulti a pulire gli ingranaggi così bene fino ache le nostre facce rispecchiavano nel bronzo.Con mio estremo stupore ho scoperto che sonoentrate in vigore le nuove norme disciplinariche prevedono un rigore maggiore nel modo divestire e di comportarsi, soprattutto all’internodella scuola. Per il resto le altre regole sonorimaste invariate e sono molto fiero di me, vistoche i tutori mi hanno detto che io sono unadelle poche persone che rispettano in pienoquesto regolamento.Arrivato il momento di cenare ci siamo divisinelle solite due grandi tavolate: maschi da unaparte e femmine dall’altra. Anche a cenaabbiamo potuto decidere cosa mangiare: unpiccolo piatto di carne oppure dei fagioli inumido. Io ho scelto il piatto di carne visto chenon capita quasi mai e che a me i fagioli nonpiacciono più di tanto.Siamo ritornati nelle camere alle 20 e subitodopo abbiamo fatto un’ora di silenzio. Poi ci

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hanno spento le luci e così ci siamo immersi nelsonno. Questa è stata una giornata abbastanza noiosaperché quando piove qui a Milano non si puòfare nulla e purtroppo oggi non c’è stataneanche un’ora libera per lo svago.Speriamo domani sia una giornata migliore.Buona notte,Federico

Milano, 28 Maggio 1920

Caro diario,oggi, dopo la tempesta che c’è stata ieri,splende il sole e subito i tutori ci hannopremiato per il lavoro di ieri, lasciandoci uscirein giardino per mezz’ora. Ci siamo divertitimolto!Per colazione alcuni di noi hanno mangiatoanche oggi pane e latte, mentre gli altri hannomangiato la semolina, che non so di precisocosa sia, ma alcuni dicono sia meglio del solitopane con il latte. Oggi il pane sembrava piùfresco di ieri e il latte era ad una temperaturagradevole. Dopo aver fatto colazione, abbiamo subitoiniziato a lavorare. Questa volta abbiamo fattopartire un macchinario per la produzione di tubiin acciaio che poi sarebbero stati inseriti in unamacchina. Poi i migliori di noi hannoincominciato a lavorare il metallo e adarrotondarlo. Gli sforzi sono stati maggioririspetto a ieri perché non eravamo preparati adun tale sforzo fisico e perché non avevamo

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ancora imparato la parte di teoria. E’ stata unpo’ una scoperta improvvisa.Eravamo tutti stanchi e sudati; credo chequalcuno di noi si sia pure ammalato e anch’iomi sento un po’ raffreddato. Spero che domanimi passi questo malessere. Purtroppo ai tutorinon importa molto se siamo ammalati, per loroconta solo che lavoriamo. Chiaramente il pesodi lavoro che viene dato a chi non sta bene èminore rispetto a quelli sani ma è comunquemolto faticoso.I tutori ci hanno rimandato nelle camere primadi pranzo per lavarci visto che all’esterno c’erafango e lavorare alle macchine ci ha sporcatid’olio. Qui sono molto esigenti sulla pulizia edoggi era anche il giorno previsto per lavarmi latesta. Siamo poi scesi al piano di sotto per andare apranzo. Oggi non vi era scelta. Per tutti eraprevisto il piatto con uova fritte. Anche se nonne vado matto mi devo far andar bene qualsiasicibo perché qui altrimenti si soffre la fame.Nel pomeriggio abbiamo fatto un po’ diconversazione con i tutori sotto il grande alberodel giardino. Abbiamo parlato del nostro futurouna volta usciti da qui, di cosa ci aspetta nelmondo del lavoro. Molti di noi sperano di fare ilcontabile o l’avvocato mentre per me è per altrimiei amici non è ancora molto chiaro.Dopo aver conversato, i tutori ci hanno riferitoche lunedì prossimo andremo a vedere unospettacolo al Teatro alla Scala. Si tratta delfamosissimo illusionista Ambrogio Cavenago, dicui ho sentito parlare il mese scorso dai ragazzipiù grandi. Non vedo l’ora che arrivi quel

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momento per liberare un po’ la mente edivertirmi un po’.Arrivata l’ora di cena abbiamo preso i nostrisoliti posti a sedere e abbiamo atteso molto peravere la pietanza. Quando è arrivata, ho capitoche l’attesa era valsa la pena perché mi è statoservito un piatto di patate fumanti insieme aduna bella porzione di carne, molto più granderispetto a quella di ieri sera.Dopo cena siamo tornati in camera e cometutte le sere abbiamo dedicato un’ora di tempoal silenzio ed io l’ho impiegata scrivendo questapagina di diario.Si sono spente le luci e fortunatamente mi sonoaddormentato velocemente.A domani,Federico

Fonti: vedi appendice

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Gabriele B.

Milano, 6 gennaio 1935

Caro diario,ti inaugurerò raccontandoti una giornata che sisarebbe dovuta presentare in una manierapositiva, ma che invece si è svolta nel peggioredei modi. Però, prima di arrivare a questo, tiracconterò e ti parlerò di me.Mi chiamo Luigi Favaglia e sono un ragazzomilanese di otto anni. Vivo ormai da tre in unorfanotrofio. I miei poveri genitori, morti la seradi capodanno, soffrivano di depressione perchéi miei nonni morirono e diciamo che non lapresero molto bene… La loro morte non fumolto bella, infatti io la scoprii per casosentendo parlare i miei familiari. A quel punto,non avendo né fratelli né sorelle maggiori, ilmio futuro era molto incerto. Io pensavo che miavrebbero affidato a qualche mio parente,infatti così doveva essere, soltanto che c’era unpiccolo problema. Nessuno di loro mi avevaaccettato! Quello, così come aver saputo che imiei genitori erano morti, fu un duro colpoperché mi sentivo rifiutato.Passai giornate molto tristi e, come se nonbastasse, un giorno mi vennero a dire che avreitrascorso la mia infanzia in un orfanotrofio. Daquel giorno diventai un ragazzo solitario che daoggi racconterà le sue giornate ad un diario.Arrivato in orfanotrofio mi accorsi che c’eranomolti bambini della mia età. Non trovai subitoqualcuno con cui stare o parlare, anzi nessuno

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veniva mai a parlare con me e anche io facevolo stesso. Io sono sempre stato timido e hosempre aspettato che fossero gli altri a fare ilprimo passo.Una mattina, appena alzato, guardai ilcalendario e mi accorsi che era il giorno del miocompleanno. Lo dissi ai superiori che,impassibili, guardarono il calendario dei compitiassegnati e quel giorno toccava proprio a mesistemare le camere! Chiesi ai superiori di fareun’eccezione e per quel giorno astenermi dallavoro. Non glielo avessi mai chiesto!!! Ilsuperiore mi urlò in faccia: “Non ti azzardare achiedermi una cosa del genere o ti farò pulireda cima a fondo tutto l’orfanotrofio!” Tornai atesta bassa nella mia stanza e cominciai apulire e a sistemare. Dopo aver svolto questocompito e aver fatto tutto quello che dovevofare fu l’ora di pranzo. Mi misi in fila come tuttigli altri e, arrivato il mio turno, dissi alla cuocache quel giorno era il mio compleanno e perquesto avrei voluto un po’ di cibo in più. Lacuoca mi rispose dicendo: “Ah si? Vuoi un po’ dicibo in più? Tieni…” E me lo spiaccicò in faccia.Finito il pranzo arrivò il momento di fare icompiti per scuola. Ogni ragazzo però era nellasua stanza a riposare perciò concessero loromezz’ora di tempo prima di cominciare icompiti. Io, ripensando a quella mezza giornatada incubo, mi misi a piangere finché non miaddormentai. Passarono neanche dieci minuti earrivò il superiore che mi svegliò e mi disse cheera ora di fare i compiti. Io pronunciai una fraseche non avrei ripetuto mai più qui dentro: “Nonho voglia, adesso non sto molto bene”. Quello

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era lo stesso superiore che la mattina si eraarrabbiato con me, infatti dopo la mia rispostami picchiò e mi fece molto male. Dopo aver svolto i compiti per ben tre oreandammo fuori in cortile e io mi misi in unangolo a lanciare sassolini il più lontanopossibile, cercando di sfogarmi e provando a faresaurire tutta la rabbia che c’era in me.Arrivata l’ora di cena mi misi a mangiare dasolo come al solito. Alle 20.15 finì la giornata etutti andarono a dormire. Alle 20.45 si spenserole luci. Sono stato molto male in una giornata incui avrei dovuto essere felice.

Ci vediamo domani, mio amico diarioLuigi

Fonti: vedi appendice

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Chiara B.

Penso da giorni al compito assegnato per laprossima settimana, ma è davvero difficile.Qualche giorno fa credevo fosse facile trovarefonti storiche, ma non avevo mai pensato chetutti quei documenti antichi richiedesseroun'attenzione e uno studio quasi perfetti. Hodovuto ammettere con me stessa che la Storiaè importante ed è affascinante solo se sipossiedono gli strumenti giusti per analizzarla.Nonostante questo compito ci fosse statoassegnato tempo fa, non trovavo fonti ricche,interessanti, le uniche alle quali dedicherei oreintere. Le lettere sono una forma di comunicazioneaffascinante, purtroppo non più in uso. Lacalligrafia, i timbri, le dediche, le carteprofumate dai colori sgargianti e diversi,l'emozione di ricevere una lettera, credo chequesto vada aggiunto agli aspetti positivi delNovecento. Anche se esistevano prima, noncontenevano tutta l'emozione di una letteraspedita da un soldato in guerra per avvisare lafamiglia che stava bene, anche se spesso nonaccadeva. Poi ci sono anche tutte le lacrimeversate su quei fogli che hanno visto tropposangue spargersi, ma sono le uniche cheraccontano il vero svolgimento di un secolodove l'umanità si è autodistrutta.Le uniche persone vicine alla guerra sono i mieinonni, i quali hanno avuto sempre l'abitudine diconservare tutto ciò che può essere consideratovecchio. Vado da mio nonno e gli pongo

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qualche domanda per dedurre dove possotrovare i documenti che mi interessano.Raggiungo una vecchia soffitta piena di polveree intravedo una scatola rossa, sotto di essa unascatola blu. Apro entrambe le scatole e scoproche contengono delle vecchie lettere. Nonpotrei trascorrere il mio pomeriggio in un modomigliore che leggendo e scoprendo cosa celanoquesti pezzi di carta scritti frettolosamente.

12 Settembre 1920

Carissimo Alberto, non puoi nemmenoimmaginare la mia gioia nel sentir nominare iltuo nome tra i miei contatti più stretti. Ohamico mio, le lacrime bagnano questo miseropezzo di carta per la contentezza e per ilsollievo di aver ritrovato un volto amico.Solo tu sai cosa successe quella notte, come ilboato delle palle di cannone risuonasseininterrottamente nelle mie orecchie. Li hopersi. Ho perso le uniche persone per le qualiavrei donato la vita, ho perso i miei angelicustodi. Tutto questo per una guerra inutile,una battaglia senza scopo per la quale troppevittime hanno sofferto. Poi vogliono insegnarmii principi morali, quando di morale in questolago di sangue non c'è nulla.Oh amico mio, godiamoci questa vita così breveche non ci permettono di gustare, perchétroppo intrisa di odio, troppo inumana peressere gustata.Mi ricordo ancora il profumo di mio padre, lasua voce, le ore passate a muovere macchinari

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per mantenere me e la mamma. La suapositività era immensa, inesauribile, ed erapersino felice di andare in guerra. Mio padre eraun eroe, e forse è per questo che è andato incielo, perché la terra non era degna della suabontà.Di mia madre ricordo le mani agili e sottilimuoversi per ben dodici ore su un telaio. Ellanon aveva il coraggio di lamentarsi perchécredeva che quella fosse una bella vita. Misarebbe bastato qualche anno in più per poterlemostrare il benessere. L'amore per mio padreera così immenso che si offrì volontaria perrifornire di viveri i soldati del Carso. Queidemoni e quella lingua sconosciuta ucciserotutto ciò che aveva valore nella mia vita, ediventai come un nobile che aveva perso tuttala sua ricchezza, quasi insignificante.Oh amico mio, sei tutto ciò che mi è rimasto enon possiamo perderci anche noi in questooblio infinito. A Pasqua andremo su quel campodi battaglia dove la morte li ha portati via consé. L'odio che provo per il comandante generaleè smisurato perché è il primo a chiamarli eroiquando ha utilizzato i loro corpi come scudo,dice che il fango ha eliminato le disuguaglianzequando egli stesso si sente superiore.Fammi avere al più presto tue notizie, sembraquasi che siamo destinati ad allearci controtutti e ho imparato a non contraddire il destino.Dal tuo amico,Leonardo

24 Dicembre 1920

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Carissimo Leonardo, sei un vero soldato. Gliunici desideri espressi sono quelli di vederti alpiù presto, perché anche se non credo più neldestino non voglio sfidarlo. Questa guerra ci hadevastati, ha distrutto ogni cosa decente inquesto paese, ha limitato le nostre risorse perpoter cambiare qualcosa.Oh guerriero, come ben sai non sei l'unico asoffrire per la perdita di qualcuno.Anna era nel gruppo di tua madre, nel gruppodei salvatori che non sono stati salvati. Ognisingolo dettaglio mi ricorda quel viso dolce equelle campane che suonano ogni giorno mirisvegliano da questo sogno e riportano il suocorpo nel cimitero dietro la piazza. Ti ricordiquando da bambini giocavamo in quel cimiteroe avevamo paura dei fuochi fatui? Nonavremmo nemmeno mai immaginato questastrage di innocenti.Le città sono piene di guardie dall'espressionedura e impassibile e rendono questo luogoancora più tetro.Aveva solamente diciannove anni, il viso pallidoe le gote rosse. L'avevo fatta piangere. Eroappena tornato da una faticosa giornata neicampi e la mia ira si era abbattuta su di lei. Nonsi meritava questo atteggiamento da parte mia,ma allora ero solo egoista e poco mi importava.Quando l'ho vista su quel carro scendere dallacollina ho sperato così tanto che non fosse leied ho perso mille battiti. Era distesa, immobile,bianco latte e sul suo viso si poteva scorgere unsorriso accennato. Da quel giorno è diventata lamia soldatessa e credo che ogni persona che ha

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partecipato alla guerra sia degna di questonome.Oh soldato mio, mi mancano le nostre fugheper cercare qualcosa di migliore, prometto cheti vengo a prendere appena posso, resistiamico.Nel frattempo tienimi aggiornato delle tuecondizioni. Dal tuo "fratello maggiore"Alberto

Carissimo Alberto, dovresti sapere che sonorinchiuso in un istituto qui a Milano e non pensoad altro che alla fuga.Questo mese congela ogni cosa e avvolgeanche noi con il suo gelo totale. Mi manca il mioamatissimo mare e i pranzi con i parenti e letavole imbandite di bontà costate tantosacrificio. Il cibo qui è immangiabile e mi vienela nausea ogni volta che mi impongono diingerirlo. L'unico pasto decente da gustare è ilpranzo, perché si assaggiano pietanze nuovecome uova fritte e marmellata. Inoltre, quandoposso, rubo un po' di budino al cioccolato datenere come riserva nella mia stanzetta. Leregole sono rigide e a chi non le rispettavengono riservate le punizioni peggiori. Lapuntualità è al primo posto, bisogna lavarsi evestirsi velocemente per essere pronti alle ottoper lavorare. Il volume della voce deve esseresempre basso e assoluto silenzio regna nelleore di studio e di riposo. La decenza per ultimama non meno importante, sempre presente inogni luogo. Oh amico mio, non ti accorgi diquanto è importante la libertà fino a quando

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non la perdi, fino a quando questi mostri non tiimpongono delle regole ridicole. Dai amico,apriamo gli occhi a tutti: guardiamo questomondo dall'alto al basso, squadriamolo,osserviamolo, analizziamolo fino a quando unaparte significativa di questa nazione chiamatatanto unita, ma che poi unità non è, capirà lospreco di ogni risorsa straordinaria di cui siamostati forniti. Solo quando ci crederemo davverotutti ce l'avremo fatta e saremo liberi da ognicompito, perché adesso ci sentiamo in doveredi liberare tutti da quella bestia chiamataignoranza. Amico mio io rifiuto di assecondareogni decisione e non rispetterò queste regole.Questo luogo non mi farà cambiare opinione,perché ogni guerra si vince con la mente e noncon il corpo.Oh amico mio, vienimi a prendere che in questagalassia tu sei la mia stella salvatrice.Sempre dal tuo vecchio e caroLeonardo

21 Aprile 1921

Carissimo Leonardo, non smettere di lottare chesto arrivando. In città strani gruppi di uominitroppo bruschi per essere innocenti tengonodiscorsi per incoraggiare i cittadini, ma sonoricoperti di ridicolo e falsità. Tra non molto siterranno le elezioni, ma non hanno alcunapossibilità di vincere.Mi sono licenziato. Gli altri contadinicontinuavano a protestare e volevano larivoluzione come in Russia, ma il problema è

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che non voglio più questo lavoro. Oh soldato,chi lo capisce questo popolo di rivoluzionari cheusano le parole per comprare la gente. A cosami servono i loro discorsi quando dentro di mec'è una tempesta, ai demoni non servono dolciparole. Il fatto più ridicolo di tutti è che nessunosi accorge di questo teatrino e servono tutti dacavie. Questa società uccide i sogni, reprimeogni azione buona, trasforma tutti in mostri.Non ho bisogno di un mondo falso come gliadulti, ma dovrebbero essere tutti come ibambini che sorridono sinceramente e diconotutto quello che pensano. Ci soprannominanoliberi mentre ci mettono le catene a mani epiedi. E tutti quei soldati che in guerra non sonomorti rimpiangono di non esserlo perché èmeglio porre fine alle sofferenze umanepiuttosto che vivere in questo misero mondo.Oh soldato mio, resisti fino a quando le gambenon ti cederanno, fino all'ultima lacrima finoall'ultima goccia di sudore perché ci voglionotutti ignoranti sotto il loro castello di carte tantofinto quanto fragile. Non ci avranno mai, nonavranno mai il nostro rispetto e, anche seotterranno i nostri cadaveri, non riuscirannomai a conquistare i nostri cuori. Soldato, resistiper tutte le vittime di questa guerra orrendadove è comparso un deserto di dolore. Seiforte, sei un soldato, anzi un capitano cheriesce a dirigere gli altri perché ha un cuore emetterebbe la propria vita in pericolo persalvarne altre. Siamo come il sole d'inverno,come la pioggia d'Estate, come l'acqua neldeserto, come un bacio in mezzo all'odio e nondobbiamo pensare che siamo sbagliati perché

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siamo diversi, perché noi siamo quelli giusti egli altri quelli sbagliati. Preparati Amico Mio, tivengo a prendere.Alberto Fonti: vedi appendice

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Andrea B.

- Mamma, devo scegliere il nuovo libro daleggere per narrativa a scuola. Quale miconsigli tra quelli che ti piacciono tanto?Questa scena si ripeteva pressoché tutti mesi,era lei la lettrice a cui piacevano i libri. - Ricordati qual è il mio genere - conclusi.Ci pensò un attimo su, poi rispose: Non so dove sia però. “Quando soffia il vento” èun libro bellissimo libro, è simile a quello chehai appena finito di leggere per questo mese. Èun thriller, a me e a tuo fratello è piaciutotantissimo perché è pieno di colpi di scena edha una trama interessante.Ad essere sincero, il titolo non mi convincevamolto. - Dovrebbe essere nel ripostiglio.Fu così che mi misi a cercare nella piccolalibreria di quattro ripiani nel ripostiglio dove sitrovano i libri meno letti. Trovai il libro checercavo, ma uno sfilato dalla scaffale, trovaianche altro. Un libricino, più simile ad untaccuino, rilegato in pelle. Presi anche quello, esfogliando le pagine, mi accorsi che era undiario datato 1933.Fui colto da grande stupore. Controllai che nonfosse un libro scritto da un fantasioso, che nonci fosse un titolo, che non ci fosse la casaeditrice. Sì, era un diario autentico. Cominciai aleggere alcune pagine. Era uno studente chescriveva!

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Milano, Istituto Derelitti, 15 giugno 1933

Caro Diario,è da tanto tempo che scrivo, ma mai ti hoparlato concretamente della mia scuola, omeglio della mia città, come la voglio definireio. Qui vivo la mia vita e vengo accolto come sefossi a casa. Ti parlo sempre della miacompagnia, dei miei amici, di quando io misento solo e tante altre cose, ma mai ti hodescritto com'è il luogo in cui vivo le miegiornate. Forse perché do per scontato che tulo sappia.Prima voglio descriverti come è strutturata lagiornata. Abbiamo degli orari ben precisi darispettare, noi studenti, per le attivitàquotidiane. Gli orari variano da mese a mese equesto è particolare perché è quello in cui sidorme di meno. La veglia è alle sei del mattino,come il mese scorso, e la ritirata in dormitorio èalle nove di sera; il silenzio comincia mezz'oradopo. La colazione è in tutti i mesi un'ora dopola levata, e mezz'ora dopo cominciano lelezioni. Ben quattro ore o più di lezioneconsecutive senza un minimo intervallo! Certoche alcuni giorni mi viene un forte mal di testa,è difficile per me solo stare attento in classe!Per fortuna a mezzogiorno, in tutti i mesi aquesto orario, c'è il pranzo che fa un po' dapausa. In questo mese abbiamo un'ora e mezzadi tempo per consumare il pasto (oggi ègiovedì, perciò minestra di riso e un po' difrutta), ma per otto mesi all'anno abbiamotrenta minuti in meno. Poi ricominciano lelezioni e i lavori per altre quattro intramontabili

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ore: non vedi l'ora che arrivi il tempo liberodopo cena! La testa, in classe, in realtà si trovaaltrove. Nel tempo libero, io mi reco indormitorio con i miei amici di cui ti parlo disolito per conversare della giornata e creare deigiochi spiritosi con cui divertirsi. Purtroppo nonci è permesso leggere libri al di fuori di quelliscolastici secondo le regole dell'Istituto, perciòci inventiamo qualche modo per passare iltempo. Dalle nove abbiamo mezz'ora perprepararci a dormire. Dalle nove e mezzo,silenzio totale.Oggi è stata una giornata particolare. Data lafine delle lezioni, ci è stata consegnata lapagella di fine terzo trimestre. Sono statoammesso alle classe quinta! Sono riuscito arecuperare le insufficienze che avevo in canto,geografie e scienze fisiche, così ho solosufficienze e buoni. Sono molto soddisfatto,anche se i miei insegnanti dicono che potreiimpegnarmi di più…Ora vado a dormire perché sto oltrepassandol'orario del silenzio.Buonanotte,Tommaso

Milano, Istituto Derelitti, 29 giugno 1933

Caro Diario,lo volevo io quel premio! Era da giorni che sene parlava, si discuteva su chi potesse vincerlo.Anche se ora che mi rendo conto, in effetti c'ègente che è più buona di me.Sto scherzando, perché quel premio non

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riguardava la zona in cui vivo, ma ne sonovenuto a conoscenza dalle lettere che ricevonoi miei amici dai loro genitori. Il Comune diTreviolo, a Bergamo, ha consegnato il Premiodella Bontà a una certa Mara Sonzi, della miastessa età. È stata premiata per la sua bontànei confronti dei compagni, per la suagenerosità, per la sua condotta e la suaattenzione alle lezioni. Quanto vorrei esserecome lei, riceverei questi premi e durante lelezioni forse avrei più possibilità di recuperare ilsonno in pace… Forse quello che ho appenascritto è l'esatto opposto di quello che dovreifare per diventare come lei.Sono piuttosto felice in questo periodo, tutto vaper il meglio. Stanotte Fernando mi ha volutofare uno scherzetto svegliandomi di colpo. Misono piuttosto alterato al momento, ma perfortuna nessuno dei due è stato sentito dallealtre persone nel dormitorio.A presto,Tommaso

Milano, Istituto Derelitti, 30 giugno 1933

Caro Diario,altro che premio, oggi non è stata una buonagiornata e spero di trovare conforto con te.Ti ricordi lo scherzo di Fernando di due sere fa?Un ragazzo del dormitorio è andato a spifferareagli Alti dell'Istituto, come li chiamo io, diquesto fatto. Io sono stato punito con un tagliosulla ricreazione (dovrò lavare tutte le posate ei piatti) e Fernando è stato costretto anche al

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lavoro obbligato per tutto il tempo libero. Midispiace un po' per lui, ma in effetti è nel torto.Oggi ci è stata consegnata una nuova divisadiversa dalla solita. Da oggi dovremo portareuna maglietta bianca, una camicia di pannoblu, pantaloni dello stesso tessuto, il berrettoanche, le scarpe sia alte sia basse (nel secondocaso ci hanno raccomandato calze nere) e ilfazzoletto nero. Il tutto accompagnato dal solitomedaglione DUX. Abbiamo anche un cordonebianco che scende sul petto. Non mi faimpazzire come divisa perché è tutta nera ebianca, preferivo la vecchia che aveva unfazzoletto di seta azzurro-verde. Ma rispettare ivestiti è d'obbligo o è punibile come lo scherzodi Fernando dell'altra sera.Sono un po' stanco, ho bisogno di dormire. Buonanotte,Tommaso

“Anche io voglio scrivere un diario!”. “Qualisono le differenze tra la scuola di oggi e quelladi allora?”, questa la domanda che mi sonoposto. Allora voglio scrivere anche io un diario,dove metto confronto ieri e oggi, descrivendotre giornate “normali” della mia vita.

Cornaredo, 29 aprile 2016

Caro Diario,questa è la mia prima pagina che scrivo. Nonscriverò nulla di speciale su queste pagine, matre semplici giornate della mia vita quotidiana.

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Per mettere a confronto la vita di unquattordicenne di oggi e quella di un miocoetaneo d'allora.La mattina, nei cinque giorni di scuola, mi alzoalle 7 del mattino, ma se è un giorno festivo lasveglia è puntata alle 9 o alle 10. Dunque laprima differenza che noto è l'irregolarità degliorari: oggi ognuno si alza a che ora vuole,mentre a quel tempo lì tutti i giorni, anchefestivi, si alzavano allo stesso orario. Anche noiabbiamo degli orari, come l'ingresso a scuola ol'intervallo, ma il pranzo e la cena, almeno nellamia famiglia, ogni giorno sono a orari diversi.Altro tema interessante è il tempo libero: michiedo come facevano a godersi quelmomento! Oggi per passare quel momento oesco con gli amici, o gioco ai videogame… Sivede che è cambiato il modo di divertirsi. Machissà se si divertivano più loro… Oggi cisembravano attività banali le loro, ma ci fannoriflettere sul fatto che anche le cose semplicipossono essere le migliori.Poi il cibo. Dal diario si deduce che ci sia unmenù che stabilisce cosa si mangia ogni giorno.Anche io a scuola mangio ciò che stabilisce unmenù. Ci sono alcuni giorni in cui si mangiabene, in altri meno, e spero per quelli di queltempo che il pranzo non fosse tutti i giornicome quel giovedì, altrimenti mi vien daesclamare “Poveri loro!”. La cena a casa mia èlibera, non c'è un pasto fissato ogni giorno. Mapenso che all'Istituto, dato che la mensa è lastessa, valga come per il pranzo. L'orario di“ritirata in dormitorio” è sempre diverso, ed èintorno alle undici di sera o addirittura

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mezzanotte. In confronto loro andavano a lettopresto e sempre allo stesso orario… “Che noia”mi vien da dire, ma almeno al mattino a scuoladormivano meno.A domani,Andrea

Cornaredo, 30 aprile 2016

Caro Diario,rileggendo la seconda pagina di Tommaso honotato che il premio bontà dato a quellaragazza è un'iniziativa interessante: migliorcondotta uguale premio. Varrebbe molto più diun semplice voto, è un riconoscimento reale deiprofessori che si congratulano con te perl'atteggiamento. Chissà se sarei stato unpossibile finalista, buono come mi ritengo…In confronto allo scherzo la punizione data aTommaso mi sembra esemplare. Privare lostudente del poco tempo libero della giornatache aveva a disposizione mi sembraun'ingiustizia. Non saremmo puniti così oggi (aparte il fatto che non ci sono i dormitori) peruno scherzo così. Spero.A me piace l'idea di una scuola con dormitori,per cominciare a gestire quel “processo” diautonomia di una persona adulta.Ci vediamo domani!Andrea

Cornaredo, 1 maggio 2016

Caro Diario,

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siamo arrivati alla conclusione di questo mioesperimento.È stata un'avventura interessante; poiappuntare i miei pensieri e le mie esperienzequotidiane può essermi d'aiuto per ragionare odi conforto nel caso stessi male. Potrei provarea continuare quest'attività.L'ultimo argomento di cui vorrei parlarti sono ivestiti. La prima caratteristica che saltaall'occhio è la rigidità: l'uniforme obbligatoria.Noi oggi invece ci sbizzarriamo con le mode delmomento e ci facciamo notare proprio conquello che indossiamo. A quel tempo in quellascuola tutti in quella triste divisa nera.Se devo esprimere un parere personale suquesto tema, penso che sia più corretto ilsistema di oggi perché non siamo tutti uguali,ma tutti diversi e già da come ci vestiamo sipossono capire molte cose della nostrapersona.È stato bello riflettere su questi temi cheseppur venissero già trattati nel passato,riguardano anche noi oggi.A presto,Andrea

Fonti: vedi appendice

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Matteo C.

Milano, 11 maggio 1902

Caro diario,ho scoperto, appena oggi, che un mio caroamico è all'interno dell'Istituto Derelitti, unluogo dove vengono ospitati ragazzi e ragazzesenza genitori o abbandonati.In questo momento mi sto recando da lui.Ho trovato mio caro amico e, dopo essercisalutati, mi ha raccontato le gite dei derelitti emi ha spiegato che negli ultimi giorni ungruppo, compreso lui, è andato a visitare Leccoe Malgrate.Oltre a queste gite per lui magnifiche, mi haspiegato alcune regole fondamentali vestiario,vitto e cure mediche.Mi ha detto che quando un nuovo derelittoviene ammesso viene sottoposto a un bagnocompleto e, se maschio, al taglio dei capelli.L'alimentazione è regolata in base all'età; seuno si ammala, viene portato fino alla suaguarigione nell'infermeria dell'Istituto.Mi ha inoltre raccontato che, se non ammalatogravemente, il derelitto può essere visitato solouna volta; i derelitti, una volta a settimana,possono uscire a passeggio accompagnati euna volta l'anno è concessa una gita incampagna per un'intera giornata.Infine mi ha parlato delle norme di condotta edi ordine interno.Ci sono degli orari molto precisi nei pasti, iltermine dei lavori, le ricreazioni, la ritirata nei

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dormitori e infine il silenzio.I derelitti devono avere cura degli indumenti edi tutto quello che li viene fornito.Si devono rifare il letto, non possono tenerecose taglienti o materiali infiammabili.

Fonti: vedi appendice

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Samuele C.

Al mio Amico

10 maggio 2016

Caro Amico, mi chiamo Samuele e vivo a Bareggio. La miafamiglia è composta da mio padre Luca, miamadre Anna e mio fratello Alessio. Vado ascuola a Cornaredo: qui studio molte materietra cui ci sono Storia, Geografia, Matematica eInglese. Io vado a scuola da lunedì a venerdì,lunedì e giovedì vado a scuola fino alle 16:15invece gli altri giorni restanti finisco alle 13:40,ma io esco alle 14:20 perché mi fermo amangiare a scuola. Oggi abbiamo mangiato ilrisotto allo zafferano, la bresaola con la verdurae la frutta.Quando sono arrivato a casa, ho fatto i compiti,ho giocato a calcio con i miei amici al parco, hocenato con la mia famiglia e ora sto per andarea dormire.Aspetto di sapere cosa fai tu durante la tuagiornata e molte altre cose sulla tua vita e su dite.Samuele

11 maggio 1920

Caro Samuele, io mi chiamo Nicolò, ho 15 anni e vivo in unIstituto per i ragazzi della mia età, non conosco

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i miei genitori perché sono cresciuto in questoIstituto. Me li immagino però come due personefantastiche e splendide, che non hanno potutotenere il proprio figlio per problemi seri.In questo Istituto studiamo varie materie comecontabilità, lettura espressiva e molte altre. Ilnostro orario è suddiviso per mesi. Attualmenteci svegliamo alle 6 del mattino, iniziamo illavoro alle 7:30, dopo facciamo la refezionecioè una pausa e riprendiamo alle 13:30 finoalle 17:30, perché a quest’ora facciamo ilpranzo, per poi ritirarci alle 20:30 in dormitorio. Abbiamo anche un'abitudine che al tuo temponon penso ci sia più, cioè quella del silenzio,perché noi lo facciamo alle 21.Desidero sapere da te con che cosa tu e i tuoiamici comunicate e cosa fate a scuola neltempo libero.Nicolò

13 maggio 2016

Caro Nicolò, oggi a scuola abbiamo fatto molte cose tra cuistoria, inglese, spagnolo e algebra. A scuola inostri professori ci propongono varie attività,come il recupero di alcune materie nelle oredove ci sono due professori in classe, oppure ilprofessore di Italiano ci lascia scegliere un libro,che prima lui approva, da leggere entro unmese.Tornando alla mensa, oggi abbiamo mangiato ilpassato di verdure con i bocconcini di pollo

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impanati e infine la frutta.Quando arrivo a casa, prima mi rilasso un po’dopo la giornata di scuola e poi inizio a fare icompiti dalle 15:00 alle 16:30 all’incirca. Dopo,la maggior parte delle volte, vado giù a giocarenella mia via insieme ai miei cugini che abitanonella casa accanto alla mia, o gioco con miofratello.Mi piacerebbe sapere se anche tu leggi qualchetesto e cosa fai nel tuo tempo libero. Io e i mieiamici comunichiamo con il cellulare, unapparecchio elettronico che ci fa comunicareanche da lunghe distanze.Samuele

14 maggio 1920

Caro Samuele, oggi mi sono svegliato sempre alle 6:00, dopola refezione e il lavoro, nella seconda refezionele maestre ci hanno messo a disposizione alcunilibri. Io ne ho letto uno in cui si parlava delfascismo in Italia e raccontava che questomovimento avrebbe portato alla rinascitadell’Italia e che non avrebbe fatto nulla di male.Oggi a cena abbiamo mangiato le uova sodecon l’insalata. Nel giardino dell'Istituto, oggi pomeriggio,abbiamo fatto una prova dell'esibizione chefaremo domenica: le ragazze faranno degliesercizi ginnici e noi sfileremo, davanti a molticittadini.Ti chiedo cortesemente se puoi dare un tuo

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commento sul libro che ho letto oggi, se per teè vero o no quello che ho letto. Nicolò

15 maggio 2016

Caro Nicolò, il libro che hai letto secondo me è sbagliatoperché vi imporranno di vestirvi in un certomodo e già quello è una privazione. Poiorganizzano delle squadre di persone armate dipersone per picchiare altri civili che voglionoportare solo giustizia.Io al sabato non vado a scuola e quindi oggi almattino ho fatto i compiti, ho pranzato con lamia famiglia e poi insieme alla mia squadra dicalcio siamo andati a giocare una partitavincendola 3 a 0 con un mio gol.Dopo la partita sul mio libro di Storia sonoandato a vedere la parte del Fascismo in Italia emi ha fatto male sapere che quasi 90 anni faaccadevano atroci violenze e guardando ilmondo di oggi non è cambiato molto, anzi èpeggiorato il mondo anziché migliorare. L'unicadifferenza è che chi oggi compie questi attisbagliati ha una maschera sul volto per nonfarsi scoprire o a volte si nasconde dietropersone innocenti.Questa è la mia ultima lettera che ti scrivoperché sono molto impegnato, anche perchéquest’anno ho gli esami di 3° media. Questoperiodo mi è piaciuto molto perché mi sono

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confrontato con te e scriverti mi ha fatto sentirebene, perché sei un ragazzo della mia età eperché sei un ragazzo molto aperto che riesce adire cose molto intime. Sei riuscito araccontarmi molto bene la tua quotidianità.Vorrei lasciarti con una frase che ho in menteda quando ho iniziato a scriverti, cioè: “Unamico se cadrai ti rialzerà subito senzapensarci, ma un miglior amico non lo farà mai,anzi si sdraierà lì vicino a te a consolarti”. Grazie mille NicolòSamuele

16 maggio 1920

Caro Samuele,oggi ho partecipato all'esibizione di cui ti avevoaccennato venerdì. C’erano tantissime personeche ci applaudivano.Ti ringrazio molto per il tuo commento al libroche ho letto perché mi hai aperto gli occhi sulperiodo in cui sto vivendo. Grazie a te sonoriuscito a leggere dei libri, in segreto, sulle coseche stanno accadendo adesso. Mi ha fattomolto piacere parlare con te perché sei unragazzo molto amichevole e un ottimoconsigliere. Innanzitutto perché sei della miaetà e anche perché ho scoperto grazie a te chel’uomo si evolverà in molte cose, come nellatecnologia e nella medicina ma non nei suoimodi sbagliati di agire.Mi è piaciuta tantissimo l’ultima frase della tualettera.

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Grazie di cuore Samuele.Nicolò

Bibliografia:-1920_Tabella dietetica 01-Orario giornata-Pagella-Libri di Storia

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Carola D. B.

Giugno 1922

Caro diario, è notte. Ti sto scrivendo sotto le coperte pernon farmi vedere da nessuno. La pagina èilluminata dalla luce che riflette la luna. Questodiario è della mia mamma; è l’unico suo ricordoche mi resta perché è morta in un incidente conmio padre. E’ per questo che io e il mio fratellogemello Edoardo siamo qui nell’istituto Derelittia Milano. Sono in una situazione tragica: nonposso stare né con i miei genitori né con miofratello perché maschi e femmine sono divisi.Non voglio allontanarmi da lui, non riesco apensare che dovrò affrontare questa avventurasenza di lui. Ho paura di non trovare unapersona con cui condividere i bei momenti.Nessuno riuscirà a sostituire il mio amatofratello.Oggi, appena entrata, mi sentivo in prigione: mihanno chiesto nome, cognome, età e moltealtre cose personali. Poi mi hanno dato unadivisa, che avrei dovuto indossare dopo essermilavata bene mani, faccia e orecchie. Mi hannoanche obbligata a tagliarmi i capelli corti.Non riesco a non pensare a Edoardo, mi mancadavvero tanto, anche se non lo vedo da pocheore. Mi chiedo cosa stia facendo. Non so piùcosa scriverti. Buona notte e a presto.Emilia

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Giugno 1922

Caro diario, oggi a pranzo mi è successa una cosabellissima: ho conosciuto Paola, la bambina chedorme vicino a me. “Ciao Emilia! Come va?"“Mi mancano tanto i miei”“Ti capisco, mancano anche a me, ma non cipenso molto”“Da quanto sei qua?”“Da qualche settimana”“Mia madre prima di lasciarmi mi regalò il suodiario e mi disse di essere gentile e averecoraggio”Lei mi abbracciò e mi disse:“Emy, che ne dici diiniziare questa storia insieme?”Io la guardo e le sorrido.Mi è stato molto utile parlare. Posso dire di nonessere l’unica in una brutta situazione. Mi hatirato su il morale, sono contentissima.Emilia

Marzo 1923

Caro diario, io, Edoardo e Paola siamo stati adottati nellastessa famiglia!E’ da quando sono entrata che aspettavoquesto momento. Qua nella nuova casa è tuttobellissimo: ci sono un bagno spazioso, unsalotto enorme, una cucina ordinata e unacameretta supercolorata e piena di giocattoli,sia da maschio che da femmina.Mi trovo molto bene, la mamma è bravissima,

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una cosa che mi piace di lei è che quandofacciamo qualcosa di sbagliato non ci sgrida,ma ci fa riflettere in modo che capiamo cosaabbiamo sbagliato e poi ci aiuta anche astudiare e a fare i compiti. Lo fa perché è ilpapà che lavora e quindi la mamma ci dà molteattenzioni. Oggi ci ha fatto conoscere anche inonni: con loro è stato bellissimo perchéabbiamo giocato e parlato di molte cose.Quando ho raccontato che i miei genitori sonomorti la nonna ha pianto.Non dimenticherò mai la mia mamma, nondimenticherò mai di pensare a lei e non laamerò mai abbastanza. Ti voglio beneEmilia

Fonti: vedi appendice

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Deanna F.

Ormai è passata una settimana e le condizioni di salute di mia nonna non sono ancora migliorate; una settimana che le sono rimasta accanto e spero davvero che non sia l'ultima. Oggi, da quando sono tornata a casa, la vedo particolarmente scossa: sembrerebbe che voglia dirmi qualcosa, ma è come se non trovasse il coraggio di farlo. Decido così di accendere la televisione, per provare a distrarla un po' con i programmi che le piacciono tanto; mentre faccio scorrere i canali, ad un certo punto mi ferma e mi chiede di alzare il volume. E' una trasmissione che celebra la ricorrenza del 25 aprile. Mi chiede di andare a prendere il più grande scatolone che trovo in cantina, perché mi ha detto che mi deve raccontare una storia. Non sono mai stata tanto curiosa. Sinceramente mi sorprende un po' questa sua iniziativa, almeno in parte. Inizia a parlarmi di una ragazza che haconosciuto tempo fa e di cui non ho mai sentitonominare. Diversamente dal solito, non scende nei dettagli ed è davvero strano, dato che conosco la sua passione per i particolari. Mi mostra una serie di oggetti tra cui alcuni volantini e una divisa. "Questa volta voglio che sia tu da sola a ricostruire la storia di questa ragazza attraversoqueste lettere e questo diario, e voglio che tu laviva proprio come ho fatto io".

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Milano 3 settembre 1930 Cara Maria, non ci conosciamo e non so se ci conosceremo mai. Volevo solo dirti che ti ho vista settimana scorsa quando sei entrata in quell'istituto; un giorno ti spiegherò il mio giudizio riguardo ad esso, ma non è ancora il momento; forse lo capirai da sola. Sei nuova da queste parti? Non ti ho mai vista nei dintorni, anche perché in questo paese ci conosciamo un po' tutti, soprattutto la gente come me. Ho trovato per strada un ciondolo che ti appartiene, l'hai perso quel giorno. Sperodi potertela restituire al più presto. Un abbraccio Michele

Caro diario, oggi ho avuto il coraggio di scriverle, non so se quella lettera la riceverà mai, e non capisco neanche perché sono così preso da questa ragazza. Diversamente dal solito non ho fatto lacosa sbagliata, non ho venduto quel ciondolo e sinceramente avrei guadagnato molti denari, ma ormai non sono più consapevole delle mia azioni.

Istituto Derelitti, 8 settembre 1930 Caro Michele, Ho ricevuto la tua lettera un paio di giorni fa. Ti

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ringrazio per aver conservato il mio ciondolo: per me ha un valore immenso, è l'unico oggettoche mi fa sentire la presenza dei miei genitori almio fianco. In questo istituto mi sento fuori luogo, la loro mancanza è straziante, sembra che nessuno riesca a capirmi anche se so che tutti qui dentro hanno vissuto delle esperienze simili. Tra scuola e lavoro trovo degli attimi di distrazione, ma la sera è l'unico momento in cuiposso esprimere quello che provo. Sono riuscitaa prendere dai miei vestiti una foto dei miei genitori prima che me li sottraessero per fornirmi di queste divise. Ogni volta che guardo quella foto mi tornano in mente ricordi bellissimi e una smisurata nostalgia. Sono contraria a questo istituto anche se mi sento in colpa ad odiarlo, perché senza di esso ora sarei senza una casa e senza niente completamente abbandonata a me stessa. Spero di potermi ricongiungere presto a quel ciondolo, a quella che considero una parte del mio cuore. Un abbraccio Maria

Caro diario, ho appena ricevuto la sua lettera e mi si stringeil cuore leggendo quello che sta provando e quello che ho passato anche io a mia volta. Nonmi aspettavo una risposta, ma sono contenta diaverla ricevuta, tanto meno mi aspettavo che fosse così aperta con me. Leggendo brevemente quello che pensa è come se fosse riuscita ad abbattere quel muro che avevo

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costruito dopo la morte dei miei genitori, per impedirmi di soffrire, ma con le sue parole tuttala freddezza e la forza che avevo contro il mondo intero si sono dissolti, dopo tanto tempoho ricominciato a piangere; non mi sono mai sentito libero dal peso che mi portavo dentro.

Milano, 13 settembre 1930 Cara Maria, so benissimo quello che stai vivendo, mi è successa la stessa cosa qualche mese fa e amiche io mi sono ritrovato in quel luogo verso il quale provi tanto rancore. Dopo poco però hanno trovato un affidatario. Dopo la morte dei miei genitori sono cambiato: ho iniziato a rubare anche in casa e non so bene per quale motivo, ho iniziato ad assumereatteggiamenti violenti contro la mia famiglia e i miei amici stessi. Probabilmente mi rispediranno all'istituto. Il miounico ricordo positivo è che tutte le sere potevobere il vino, era la mia unica consolazione perché a volte mi permetteva di dimenticare, rappresentava una via di fuga.

Istituto Derelitti, 18 settembre 1930 Caro Michele, oggi è stata una giornata particolarmente intensa probabilmente anche a causa del mal tempo. Non abbiamo molti momenti liberi e forse lo sai meglio di me.

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Nonostante tutto non mi sono ancora ambientata a questa situazione, non sono più laragazza di un tempo perché quella parte di me e quella felicità è svanita con loro. Per il momento l'unica via di fuga è la lettura: è una delle materie che preferisco della scuola, l'unica che mi fa sentire più libera, che mi fa dimenticare il mondo in cui vivo. Nonostante questo, mi sento oppressa da qualsiasi attività svolta qua dentro. Sento che qualcuno o qualcosa mi impedisce di esprimere la persona che sono realmente. Noi ragazze ci occupiamo solamente di cucito e altri lavori domestici. Io speravo in qualcosa di più importante nel mio futuro vorrei fare e dire tante cose ma è impossibile. Forse c'è una vaga possibilità di incontrarci, giovedì prossimo in via Giuseppe Giusti 17. Ci sarà uno spettacolo dell'illusionista AmbrogioCavenago. Io e gli altri ragazzi dell'istituto saremo li accompagnati dal personale. Spero vivamente di vederti. Un abbraccio Maria

Caro diario, ho ben capito il suo sentimento di essere oppressa e quello ha solo un nome: Fascismo. Questo movimento sopprime ogni genere di libertà soprattutto quelle di una donna, '' utilizzata'' solo per fare figli che a loro volta diventeranno grandi fascisti, sottomesse agli uomini e alla società in cui vivono. Forse non capisce fino in fondo in che situazione viva, ma

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sicuramente la sua mentalità è abbastanza avanti per poterlo intendere. Purtroppo anche la scuola non aiuta perché infondono nelle testedi quei ragazzi un'ideologia del tutto priva di fondamenti , essendo uno dei principali organi corrotti da esso. Continuo a sognare una società diversa e forse per qualche strana ragione un giorno avverrà il cambiamento.

Milano, 23 settembre 1930 Cara Maria, accetto il tuo invito ci vedremo li tra pochi giorni. Oggi mi è arrivata una notizia che ormai aspettavo da giorni. I miei allevatori hanno deciso di rispedirmi all'istituto. Arriverò tra un paio di settimane: spero soltanto di non ricevere nessun provvedimento disciplinare. Ho perso il controllo della mia vita, non so quale sia la via giusta da percorrere, in ogni luogo in cui mi trovi non mi sento a casa. Ogni giorno misveglio sperando di aver fatto un brutto incubo e che questa non sia la mia vita, la mia unica consolazione sono queste lettere e il mio diario,gli unici oggetti sui quali scrivendo mi sento veramente me stesso e mi ricordo chi sono. Un abbraccio Michele

Caro diario, dopo quella lettera ci siamo visti, è stato un incontro breve, ma fortunatamente sono

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riuscito a darle l'unica cosa che voleva veramente, dentro al ciondolo ho aggiunto una mia foto così che si ricordi di me. Lentamente mi sono innamorato di questa ragazza conosciuta per caso, forse per opera del destino, non lo sapremo mai. Non ho mai avuto un legame così forte con delle semplici lettere, so per certo che grazie a lei ho scoperto una parte di me che non avevo mai conosciuto prima. Pensavo di sapere chi ero che cosa volevo dalla vita, ma mi sbagliavo di grosso e per questo le sono grato, per avermi reso una persona migliore.

Istituto Derelitti, 30 settembre 1930 Caro Michele, Anche io ho una notizia da darti: probabilmentequando tu entrerai io uscirò. Hanno trovato un affidatario per me. Questo lo considero come l'inizio di una nuova vita e spero che al mio fianco ci sia tu magari quando uscirai. Ti ringrazio per la foto è davvero bellissima la terrò stretta insieme a quella dei miei genitori. Grazie per avermi aiutato, perché solo grazie a te ho superato il periodo più brutto della mia vita. Un abbraccio, a presto la tua Maria

Da quel momento la ragazza non ricevette più una risposta. Si scoprì solo dopo che il ragazzo era morto per una malattia che all'istituto non erano riusciti a guarire. Quello è stato il suo

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unico vero amore, non provò più qualcosa di simile un'altra persona. Nessuno l'aveva capita come l'ha capita lui.Questa storia proprio come mi aveva detto mia nonna l'ho vissuta con il cuore. Purtroppo nei giorni nostri credo che nessuno potrà più vivereuna storia così, perché la società e il tempo nonlo permettono. Nel frattempo le caddero due lacrime sopra l'ultima lettera scritta da lui e quando guardai mia nonna capì che la ragazza del racconto era lei.

Bibliografia: - norme e regolamenti istituto derelitti - volantino illusionista Ambrogio Cavenago

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Lorenzo L.

23 Maggio 1929

Caro diario,mi presento: sono Enzo ad ho 8 anni.Sto scrivendo questo diario perché ci è statodato come compito dal nuovo professore diItaliano.Sono un orfano che fa parte dell'IstitutoDerelitti. Qui ci sono tanti ragazzi nelle miestesse condizioni. Essendo qui già da un po',posso dire che gli orari dell'Istituto sonoalquanto rigidi: nei mesi da Maggio ad Agostola sveglia è alle 6, cosa che non posso dire diapprezzare.La mensa invece è molto varia: a colazione simangia solitamente pane e latte oppuresemolino e poi il pranzo, per non dimenticareche alla cena, tranne il venerdì, c'è sempre unpo' di carne.Non posso negare che comunque la speranza diessere adottato è diminuita sempre di più congli anni.Dai primi di aprile del 1926, il Duce favoriscel'Opera nazionale Balilla e io con la camicianera, il fazzoletto di seta azzurro e la divisa chemi è stata offerta ricopro la carica stessa dibalilla.Ora ti devo lasciare, sono già le 21:10, fuoridall'orario di coprifuoco per andare a letto.

30 Maggio 1929

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Caro diario,sono tornato. In questi giorni non ho scrittoperché le nuove prove di addestramento fisicomi hanno stancato molto.L'altro giorno mi sono dimenticato di dirti che iprofessori di matematica e di italiano sono statisostituiti perché non erano altro che oppositoridel regime e sono stati di conseguenzaarrestati.Proprio non riesco a capire come si possaessere contrari al Duce: lui ci ha garantitol'assistenza sanitaria, ha reso la scuolaobbligatoria fino ai 14 anni, ci sta facendoriscoprire la grandezza della cultura italiana.Mussolini è come un padre, gentile e premurosoche si occupa anche di noi orfani equiparandola nostra istruzione a quella di coloro che hannogenitori e vanno in scuole pubbliche. L'istituto Derelitti ha giustamente unregolamento molto rigido: ad esempiopossiamo parlare solo a bassa voce e vi èastensione da ogni tipo di violenza. Infatti, oggiun mio compagno è stato severamente sgridatoperché non ha rispettato le norme di pulizia edell'igiene. Dobbiamo essere ordinati e diligentinei compiti, nella pulizia personale, delle aule edei corridoi.Domenica prossima andremo a vedere unospettacolo dell'illusionista Ambrogio Cavenagoed indosserò la divisa per uscire dall'istituto,non vedo l'ora ma adesso devo proprio dormire.

23 Maggio 1936

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Caro diario,qualche settimana fa il Duce ha proclamato lavittoria contro l'Etiopia e Vittorio Emanuele IIIha ricevuto il titolo di imperatore. Sono passati esattamente sette anni dallaprima volta che ti ho scritto e molte cose sonocambiate ma sicuramente non è cambiata lamia ammirazione per il fascismo e quandocompierò 18 anni sarò onorato di servire il miopaese in qualsiasi modo possibile.

L'autore di questa lettera è morto in Africadurante la Seconda guerra mondiale.

Fonti:volantino illusionista Cavenago1920 - Norme di pulizia e di igiene1920 - Norme disciplinari1934 - Opera Balilla - Divise 1920 - tabella dietetica orario giornata

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Elisa M.

“All'Interno dell'Istituto”

Due uomini bussarono alla porta: il padre, dallavoro della giornata appena trascorsa, si infilòlentamente le lerce pantofole e si avviò versol'ingresso. Faceva molto freddo, dentro e fuorida quella misera casa in cui abitavano.Gli uomini bussarono per la seconda volta allaporta, quella stessa porta che aveva accoltodecine di fuggiaschi in cerca di fortuna, decinedi antifascisti che chiedevano riparo e una casain cui stare.Romeo intanto stava finendo uno dei tantilavori di casa che gli spettavano ogni giornodopo la scuola. La madre era una donna moltodolce. Ormai era morta da ben un anno permano delle camicie nere. Era una scrittrice.Dalla finestra della sua camera sentì suo padreaprire la porta. Sentì parlare i due uomini manon capì le parole pronunciate dai due. Non sipreoccupò molto del motivo per cui i dueuomini erano venuti a bussare alla sua porta;vedeva così tante persone in casa sua ognigiorno. Persone che scappavano, che sinascondevano. Da piccolo non capiva il motivo,ma ora Romeo era cresciuto e, come sua madrediceva sempre, era diventato un uomo con latesta. Il resto era sulle nuvole insieme ai suoiromanzi d'avventura.Sentì un forte urlo di dolore, un altro, poisilenzio e un carro che ripartiva nella buia via. Il

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sangue nelle vene gli si gelò. Si precipitò alpiano di sotto e l'unica cosa che vide fu unamacchia di sangue sulla soglia di casa, la portaspalancata e sentì il rumore del carro inlontananza. Tutti nella via sapevano cosasignificasse quel carro.Corse più che poté fino alla casa della suavecchia maestra. Le lacrime gli scendevano arivoli sulle guance rosee.La maestra aveva perso il lavoro con l'avventodel regime, ritenuta pericolosa dal governo, maper Romeo era stata una grande insegnante.Romeo arrivò davanti alla casa ormai strematodalla corsa e dal pianto.Aveva perso suo padre, l'ultima persona su cuiaffidarsi. Bussò violentemente: la maestra aprìquasi immediatamente e si sorprese nelvederlo fradicio delle sue stesse lacrime. Loaccolse in casa sua con un caldo abbraccio e,senza chiedergli il permesso, gli preparò un tècaldo e dolce per raddolcirgli il cuore e lamente.Era un anno che non vedeva Romeo; da quandola madre lo aveva lasciato si era isolato dallesue vecchie amicizie ed era sempre piùmalinconico. Sapeva che prima o poi avrebbeperso pure suo padre e odiava le persone cheavevano avverato quel suo terribilepresentimento.La maestra, dopo che ebbe bevuto il tè, loprese e lo cullò nelle sue braccia, come facevaquando era piccolo e piangeva per qualchesbucciatura al ginocchio. Lo cullò piano,lentamente, come in una barca nelle placideonde del mare.

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Romeo si addormentò e cadde in un sonno cosìprofondo che per la prima volta dalla mortedella madre la vide. Era là, bellissima, con dueocchioni verdi e i folti capelli corvini, che Romeoaveva entrambi ereditato.La mattina seguente si svegliò in un grandeletto e si chiese come quella donna anziana emingherlina fosse riuscita a trasportarlo fin sudalle scale, alto e grosso com'era, ma quandosentì il dolce odore della torta di mele smise diporsi il problema e si precipitò al piano di sotto,nella cucina che la maestra condivideva conaltre due famiglie.Fece colazione e, mentre si riempiva la bocca diun grosso pezzo di torta, la maestra si offrì diaccompagnarlo da una vecchia amica chelavorava nell'Istituto derelitti di quella grandecittà.Non gli piacque molto l'idea di essereconsiderato un derelitto, ma poi capì che era lacosa migliore.Salutò la piccola Agnese, la figlia di una delledue famiglie coinquiline della maestra, ed uscìpieno di buoni propositi.Dopo neanche un'ora era già tornatodall'Istituto e stava prendendo quei pochi effettipersonali che possedeva in casa sua.La signora Anna, la responsabile del dormitoriomaschile, gli mostrò la grossa stanza piena diletti in cui lui e i suoi coetanei avrebberodormito. Poi lo condusse al suo, mostrandoglidue fogli appesi al muro: su uno vi erano lenorme disciplinai da rispettare durante la suapermanenza; sull'altro vi era un tabella con gliorari delle levate e dei pasti.

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Era una domenica pomeriggio e tutti stavanonel giardino lì vicino a godersi uno degli ultimisoli di settembre, ma lui rimase nel dormitorio aleggere fin quando non si addormentò.Il suo corpo durante l'estate era cambiato,Romeo era cresciuto molto ma ancora dentro disé si sentiva un bambino. Quella notte sognò diessere un pezzo di pasta modellabile, sentiva ilsuo corpo allungarsi e allargarsi; sembrava unincubo ma era piacevole.Alle sei e mezza del giorno dopo una grossasignora dai lineamenti duri iniziò a sbattere tradi loro due grossi coperchi e poco dopo sisentirono rumori di grossi sbadigli e di ragazziche correvano verso il bagno per non doverstare in fila ai lavandini.Romeo si affacciò alla finestra e notò che oltre ilgiardino vi era la facciata di un altro edificio.Era l'edificio femminile, con ampie finestrecome in quello maschile.Si lavò secondo il regolamento e si vestì conl'elegante divisa che gli era stata fornita dallasignora Anna.Notò nel letto accanto al suo un ragazzo moltotimido, dagli occhi scuri e dolci, voleva cosìtanto fare amicizia, ma si vergognò dipresentarsi. Così scese da solo nella sala mensaper fare colazione.Gli mancava suo padre, davvero molto, ma inqualche modo sapeva di non essere solo o perlo meno di essere nel posto giusto.Dopo la colazione rivide lo stesso ragazzo deldormitorio scendere le scale verso il giardinoinvece di dirigersi verso l'aula. Romeo avrebbetanto voluto seguirlo, ma la sua coscienza gli

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ricordò che quello era il suo primo giorno inquel nuovo mondo e così rinunciò aquell'avventura ed entrò in aula. Fu moltocolpito nel vedere così tanti ragazzi.Nella scuola che frequentava prima vi eranopochissimi ragazzi perché ormai nessuno,arrivato ai quindici anni, preferiva studiarepiuttosto che lavorare. Romeo sì. Non perchéfosse un buono a nulla, ma perché lo studio eratutto ciò che lo legava ancora alla madre. Lesue materie preferite erano lettura espressiva erecitazione. Amava recitare, lo faceva sentireparte del racconto, lo faceva sentire ancora piùvivo di quanto non fosse. Il padre, essendorimasto solo, avrebbe preferito che lavorassecome ogni suo coetaneo per raccoglierequalche mancia e non perché non approvasselo studio del figlio.Romeo era veramente un bel ragazzo;lineamenti sottili, grandi occhi verdi e capellicorvini. Era alto e robusto ma i suoi occhi eranodolci come quelli della madre. Romeo amava isuoi genitori e stava soffrendo davvero molto.Era molto timido ed amava leggere e vivere lestorie narrate dai personaggi dei suoi libri.Avrebbe voluto scappare in uno dei paesaggidescritti in quei racconti e sfuggire alla tiranniache regnava sovrana in quel Paese. Eragiovane, ma aveva già provato sulla sua pellele conseguenze di quella dittatura.Durante la pausa del mattino avevano lapossibilità di passare del tempo con anche leragazze dell'Istituto femminile nel cortile.Vicino al grande albero al centro del giardinovide una ragazza che ai suoi occhi parve un

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angelo: occhi azzurri, capelli castani che lecadevano sulle spalle in grandi boccoli e visoinondato da lentiggini. Era davvero bellissima.Teneva in mano una piccola radiolina, ornata daun fiocco come la gonna della sua divisa, concui stava ascoltando la cronaca di un incontrotra il Duce e Adolf Hitler, un omuncolo tedescoche a Romeo non piaceva per niente, e glisembrò che neanche lei provasse moltasimpatia per questi. Aveva letto molto di lui, neigiornali e non solo, ma in quel momento l'unicacosa che gli interessava era conoscerequell'angelo tanto bello e luminoso.Aveva passato molto del tempo libero nellapolverosa biblioteca dell'Istituto tra Ventimilaleghe sotto i mari e Le avventure di Alice nelPaese delle Meraviglie, perciò gli rimanevaancora poco tempo per conoscere la ragazza.Decise di avvicinarsi, c'era quasi, era semprepiù vicino, i passi gli parvero di cemento,riusciva a percepire il suo lieve respiro. Lasignora Dora, la responsabile del dormitoriofemminile, le richiamò nell'edificio, e Romeoaveva perso la sua possibilità con quella piccoladivinità, almeno per quel giorno.La giornata trascorse limpida e Romeo sidovette con calma abituare a quello stranoambiente di derelitti.Gli mancava la sua vecchia scuola, gli mancavala sua maestra, ma ormai il suo futuro sisarebbe svolto all'interno dell'Istituto o nelpeggiore dei casi in un'altra famiglia. Detestaval'idea di un'altra famiglia, magari pure fascista.Era ormai ora di dormire e nella sua mentec'era solo la bella ragazza della radio. Non

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vedeva l'ora di rincontrarla.Vide dalla finestra il ragazzo del letto a fiancotornare nel dormitorio insieme ad un altrafigura, piccola e dalle lunghe trecce. Dall'altoRomeo li vide baciarsi appassionatamente conil sole che spariva dietro ad un altro edificio livicino. Quanto avrebbe voluto essere al suoposto insieme alla ragazza della radio!Si addormentò profondamente con la suaimmagine nella testa e sentì rientrare ilragazzo.Il giorno dopo, la brusca sveglia della signoragrassa li risvegliò dai loro sogni di ragazzi e liriportò alla realtà. Romeo decise di parlare alragazzo che scoprì chiamarsi Martino, il nomedi suo padre. Dopo neanche mezz'ora erano giàbuoni amici. I genitori di Martino erano mortil'una per malattia, l'altro in guerra sulle Alpi.Sembrava poco interessato alla politica del suoPaese, ma molto interessato, come Romeo, allaletteratura. La ragazza con cui Romeo l'avevavisto la sera prima si chiamava Giulia e avevapochi anni in meno dei due giovani.I due diventarono grandi amici, passaronomolto tempo in biblioteca o in giardino aparlare di ragazze o dei loro libri preferiti, maRomeo non riuscì a ritrovare il coraggio diparlare e conoscere la bella ragazza della radio.Almeno fino al giorno di Natale.I due Istituti festeggiarono insieme e Romeo sidecise a conoscerla. Si avvicinò e il cuore iniziòa battergli violentemente in petto. Le spuntò dadietro e si presentò senza pensarci due volte.La bella per poco non svenne per lo spavento,ma subito si mise a ridere e arrossì di colpo. Era

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ancora più bella. Aveva una risata cosìcristallina, come le sirene narrate nei suoiracconti. La ragazza si presentò come Annalisa.“Che bel nome!” - pensò Romeo - “Propriocome lei”.Poco dopo scoprì che Annalisa era la sorellagemella di Martino e per poco non si infuriò conl'amico per non avergliela presentata.Annalisa scoprì di provare dei veri sentimentiper quel ragazzo così timido quanto bello esimpatico.I mesi passarono leggeri come piumenell'Istituto. I due amici diventarono sempre piùuniti e Romeo ed Annalisa si avvicinaronosempre di più, provando reciprocamente deisentimenti che fino a quel momento nonavevano mai provato. Tutto ciò proseguì fino algiorno in cui Romeo, che sembrava troppotimido per fare il primo passo, fece ciò cheAnnalisa non si sarebbe mai aspettata. Eramaggio ed erano insieme nel giardino aprendere il sole vicino al grande albero.Annalisa gli chiese il motivo per cui sichiamasse in quel modo; Romeo si commossecosì tanto nel raccontarle la storia dei dueamanti Giulietta e Romeo e nel raccontarledella madre che si mise a piangere. Era felice diaverle trasmesso un ricordo così importante perlui. Decise di baciarla, un unico bacio checambiò il futuro di entrambi. Annalisa era cosìbella sotto quel sole di maggio che Romeo siimbarazzò e diventò rosso come la camicia cheportava.I due crebbero insieme nell'Istituto fino aquando non poterono cercare una casa.

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Le signore dell'Istituto provarono ad affidarli adalcune famiglie, ma i due si rifiutarono perrimanere più vicini possibile. Andarono a viverenella casa dove prima abitava la maestra,insieme ad Agnese e i suoi fratelli.Il loro amore durò all'infinito, ridevanopensando che tutto era iniziato da due occhiazzurri e un mare di lentiggini.Pochi anni dopo Romeo morì in Africa durante laSeconda guerra mondiale.La sua vita fu piena di dolore, esclusa laporzione di vita trascorsa con la ragazza dellaradio; l'unica persona che gli rese felice pure lapartenza per la guerra fu proprio Annalisa colsuo smisurato sorriso.Annalisa continuò ad amarlo anche dopo la suamorte.L'amore non ha né limiti né frontiere, né nellospazio né nel tempo. L'amore è infinito.

Fonti:

1920 - Norme disciplinari, orario giornata1917 - Elenco libri letti 05

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Alice M.

Giuseppe e Giovanna sono due ragazzi dellostesso istituto che si sono visti per la primavolta a mensa; da qui inizia uno scambio dilettere per sapere cosa si fa se sei maschio ecosa si fa se sei femmina. Quello che segue èun loro scambio epistolare.

17 gennaio 1940

Caro Giuseppe,ti scrivo questa lettera per sapere come stai,ma anche perché vorrei capire un po’ di piùcome funziona la parte di istituto maschile,dato che sembra che facciate cose al quantodiverse da ciò che facciamo noi, giovani donne. Cosa dicono le vostre norme di regolamento?Sono molto severi? Spero di ricevere presto unatua risposta, Giuseppe caro, e spero anche dinon disturbare con la mia curiosità. Un saluto da Giovanna

24 gennaio 1940

Cara Giovanna,io sto bene. Per quanto io ne possa sapere, ilregolamento d’istituto è equo sia per noi uominisia per voi giovani donne. Infatti il regolamentodi igiene, come primo punto, dice che ognimattina, appena svegliati, bisogna lavarsi mani,braccia, viso, orecchie internamente ed

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esternamente, mentre il secondo dice disciacquarsi la bocca; correggimi se sbaglio, ilterzo invece dice di pulirsi i denti conl’asciugamano. Queste norme sono uguali per tutti. Spero diaver soddisfatto la tua curiosità. Ora vorreichiederti io una cosa, mia cara; da noi sonomolto severi rispetto alle norme disciplinari:bisogna essere sempre puntuali, bisogna faresempre silenzio, bisogna essere diligenti esempre molto ordinati. Da voi invece, comesono? Spero che ti arrivi presto questa lettera, mi fapiacere parlare con qualcuno.Un saluto cara GiovannaGiuseppe

27 gennaio 1940

Caro Giuseppe, la tua lettera mi è arrivata molto rapidamente.Anche da noi giovani donne sono molto severi:ci istruiscono a diventare donne di casa, quindia fare i lavori in casa, le pulizie, lavare labiancheria, fare i letti, piegare i calzini e moltoaltro ancora. Le vostre norme disciplinarivalgono ancora per noi, nota come abbiamoparecchie cose in comune nell’istitutononostante siamo di due sessi diversi.Comunque, nonostante ci istruiscano adiventare grandi donne di casa, andiamo anchea scuola, dove ci insegnano i principi del lavoro.Inoltre seguiamo un’alimentazione corretta edequilibrata, come penso facciate anche voi.

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Giuseppe, perdona la mia curiosità, ma devoproprio chiedertelo: da quanto sei in questoistituto? Spero che la mia domanda non tiinfastidisca.Un abbraccio,Giovanna

5 febbraio 1940

Cara Giovanna, di questi tempi da noi ci stannoistruendo per diventare soldati per la patria,facciamo molta ginnastica e ci stannoinsegnando a tenere il fucile e come utilizzarlo,è molto faticoso, la mattina ci alziamo moltopresto e dobbiamo sempre lavorare duramente.Comunque, riguardo alla tua curiosità, tiperdono perché anche io vorrei sapere lo stessodi te.Io sono in questo orfanotrofio da 3 anni ormai.Mi portò qui mia madre, prima che mi lasciasseper sempre: è deceduta a causa di una malattiada quello che mi dicono i sorveglianti. Miopadre invece, grand'uomo, è scomparso: di luiso poco e niente. L’unica cosa certa che so èche un padre non lascia il proprio figlio, anchese è in situazioni complicate. Un figlio non lo si abbandona mai! Ma lui mi haabbandonato e mi ha lasciato qui. Mi hannodato in affidamento ad altre famiglie 4,5,6 volteaddirittura, ma non ha mai funzionato e lacolpa, come sempre, è ricaduta su di me.La prima famiglia a cui mi diedero inaffidamento, non aveva figli. Io non sapevocosa fare, come comportarmi, cosa dire, come

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lavorare, non riuscivo ad esser me stesso.Quindi mi ritrovai a non far niente, ad esseresolo un peso per questa famiglia, quindi midovette riportare all’orfanotrofio.La seconda famiglia invece mi sfruttava, giornoe notte, ma io non resistetti per molto: non cela facevo più a stare in quella famiglia. Quindifeci di tutto per andarmene, fino a chefinalmente decisero di portarmi indietro. E cosìsuccesse anche per tutte le altre famiglie chevolevano prendermi in affidamento, a parte lapenultima volta.Mi prese in affidamento mio zio, ma non duròmolto. Lui era peggio di tutti quelli prima! Miusava giorno e notte, lavoravo 24 ore su 24,non resistevo più. Così feci come le altre volte edovetti per forza farmi portare indietro. Mi trovodecisamente meglio qui in orfanotrofio. Tuinvece, mia cara, che situazione familiare hai?Spero che ti arrivi presto la mia lettera, un forteabbraccio, Giuseppe

14 febbraio 1940

Caro Giuseppe, che vita dura che hai avuto, mi spiace davveromolto. Io sono qui da poco, un anno circa. Mio padre èdeceduto da un paio di anni ormai, per motiviche io non so e mi manca molto. Mia madreinvece all’inizio era scomparsa, poi mi disseroche era deceduta pure lei, e così io mi ritrovaida sola senza niente, senza famiglia, senza

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soldi, fu una cosa bruttissima.Fino a quando mia zia non mi portò qui,finalmente. Mi avevano dato, appena arrivata ad unafamiglia in affidamento, ci stetti per molto,quasi sei mesi, lavoravo, mangiamo e dormivoogni giorno, vivevo bene insomma.Però un giorno, la signora che mi aveva stettemale, si ammalò e così non riuscirono più atenermi. Mi portarono così qui, con moltodispiacere loro e soprattutto mio, dato che mi citrovavo veramente bene. Comunque ora mi trovo bene anche io inquesto orfanotrofio perché ti dà tutto quello dicui necessiti per vivere e per imparare sia avivere sai a lavorare!Abbiamo molte cose in comune. Spero di vederti presto, un salutoGiovanna

20 febbraio 1940

Cara Giovanna,tutto bene? Hai proprio ragione, abbiamo duesituazioni simili, anzi quasi uguali. Mi spiace chesei dovuta andar via da una famiglia in cui tipiaceva stare. Non è facile trovarne ed io ne soqualcosa.Spero anche io di vederti presto, anche se conle regole dell’istituto non penso ci vedremo maise non a mensa. Ore devo andare: è tardi e staper passare il sorvegliante a vedere se stiamodormendo. Spero di ricevere una tua rispostapresto, mi fa piacere parlare con te, sei molto

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comprensiva.Ci sentiamo prima possibile. Un bacio. Giuseppe.

28 febbraio 1940

Caro Giuseppe,io sto alquanto bene e tu?Attento a non farti scoprire che saremmo inguai seri entrambi se no!Per curiosità sempre, ma tu sai quanto citengono qua? Due anni? Tre? Quattro? Quanto?E dopo cosa facciamo?Un bacioGiovannaP.S. Non ci impiegare troppo a rispondere! In talcaso aspetterò con ansia una tua risposta.

2 marzo 1940

Cara Giovanna,ho cercato di fare il prima possibile. Io sto bene,sono un po’ stanco ma tutto procede bene. Ingenere ci ospitano per quattro o cinque anni almassimo, per questioni di spazio e di possibilitàeconomiche.Per quanto ne so io, l’istituto ha un fondo perognuno di noi dove lascia i soldi fino a che nonusciamo da qui.Un abbraccio immenso,Giuseppe

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5 marzo 1940

Caro Giuseppe,meno male!Ci sentiamo. Mi raccomando: lavora e stai bene.Un bacio Giovanna

Fonti: vedi tabella finale

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Alexandra P.

“Non sapere che cosa sia accaduto nei tempipassati, sarebbe come restare per sempre unbambino. Se non si fa uso delle opere delle etàpassate, il mondo rimarrà sempre nell’infanziadella conoscenza”. Così disse Cicerone. Lastoria di questi due fratelli, ci insegna chequesta è la somma totale delle cose cheavrebbero potuto essere evitate.

Milano, 14 Novembre 1936

Cara Luisa,Sono tuo fratello Ambrogio e ti scrivo per dirtiche mi manchi; da quando la famiglia Bellini miha preso in affido, ripenso a quanto era dura espiacevole la vita all’Istituto.Sono passati ormai trenta giorni da quandosono ospite della famiglia Bellini.Mi trovo in una bella casa, lussuosa eaccogliente. Tutte le mattine mi reco in sala dapranzo e mi viene servita la colazione.Dal primo giorno i Signori Bellini, sono statiattenti a darmi un’ottima disciplina ededucazione nel rispetto altrui, un po’ comeall’Istituto.Non mancano poi le giornate di lezioni private;vogliono che io diventi avvocato anche se iovorrei e dovrei far parte dell’esercito Italiano.Sai Luisa, non c’è giorno che io non mi fermi apensare a nostra madre.Ho riflettuto sul mio futuro e penso che non farò

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l’avvocato, bensì vorrei far parte del partitofascista.Luisa, tu come stai?Parlando della famiglia Bellini, posso dirti che ilSignor Bellini si chiama Giuseppe e la SignoraBellini, si chiama Elvira. In precedenza avevanoun figlio che ha fatto parte dello esercitoitaliano.Come va lì all’Istituto?Luisa, spero in una tua riposta, mi manchiprofondamente.Tuo fratello Ambrogio

Milano, 23 Novembre 1936

Caro Ambrogio,Anche tu mi manchi.Tra un mese decideranno in che Istitutoportarmi, io preferisco tornare a far parte di unafamiglia.Qui all’Istituto noi femmine siamo impegnatenei lavori di cucito presso il guardarobadell’Istituto stesso.Per via del cambio dell’Istituto, non faccio intempo ad istruirmi presso una Scuolaprofessionale.Grazie al lavoro di cucito che svolgo, mi vienedato un compenso determinato in base adapposita tariffa.Una volta per settimana, in giorni ed ore dastabilirsi dall’ispettore capo, possiamo uscire apasseggio in squadre accompagnati dalpersonale a ciò destinato.

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Finalmente domani ci è concessa la gita incampagna per un’intera giornata.A volte penso a te e alla mamma e mi viene dapiangere.Pensando positivo, domani è Domenica efinalmente oltre alla gita in campagna, si puòandare a comprare il cibo con i nostri risparmi epenso che comprerò una bella pagnotta. Luisa

Milano, 25 Novembre 1936

Cara Luisa,Appena ho ricevuto la tua lettera, mi sonoaffrettato a leggerla.Mi sono giunte voci che sostengono che haifatto nuove amicizie: mi fa molto piacere,almeno non sei sola!Ricordati di non avere paura di mostrare i tuoidifetti e non nascondere mai i tuoi sentimenti,perché non c’è niente di più bello di quello chesei realmente e quello che provi. Fidati del tuofratello maggiore, andrà tutto bene alla fine, ese non andrà bene, non sarà la fine: ricordatiinoltre che non serve mica gridare per averepiù attenzione. Per esempio le stelle stanno insilenzio, eppure c’è chi le guarda per ore.Tuo fratello Ambrogio

Milano, 23 Dicembre 1936

Cara Luisa,

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Ti scrivo questa mia ultima lettera perché hodeciso di far parte dell’esercito italiano fascista.Non voglio distrazioni e non avrò tempo perrisponderti più.Ci sono giorni in cui ti senti inutile, quando tiguardi attorno e vedi tutti appagati e contenti,vedi che la loro vita va avanti senza intoppi e latua invece è ferma davanti a dei blocchi. Tutenti di spostarli ma loro sono più forti e nonriesci neanche a scalfirli e diventi geloso dellafelicità degli altri: li invidi, li guardi di nascostoe pagheresti chissà quanto per avere anchesolo un attimo della loro serenità addosso. Eccoperché ti senti inutile, perché ci sono giorni incui aspetti che qualcosa succede invece di faredel mondo della tua preda, giorni che dopopassano, certo ma prima di andarsene, caraLuisa, quella sensazione di vuoto che ti portidentro, ti sorride dicendoti: “a presto”.Il Popolo Italiano corre alle armi, io, corro conesso. Autorità, ordine e giustizia.Stammi bene Luisa.Tuo fratello Ambrogio

Bibliografia delle fonti storiche:

- Regolamento d’ istituto. Capitolo ΙΙ: Vestiario, vitto, cura medica;- Regolamento d’ istituto. Capitolo ΙΙΙ: Istruzione;

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- Regolamento d’ istituto. Capitolo IV: Lavoro;- Regolamento d’ Istituto. Capitolo VI: Norme di condotta e di ordine interno.

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Elisa S.

26 maggio 2016

Caro diario,indovina un po’ cosa ho trovato? Il diario di mianonna! Ieri mi trovavo a casa di mio nonno e mistavo un po’ annoiando, così, come tutte levolte che mi annoio, ho deciso di andare acuriosare negli armadi e nei cassetti giù incantina, dove mia madre e i miei nonni tengonotutte le cose. Ho aperto un armadio dovesolitamente mia nonna teneva tutti gliaccessori che ormai non usava più ma chefacevano parte della sua infanzia. Comesempre, nel ripiano più alto si trovava unascatola nera, chiusa da un lucchetto d’argento,alla quale ormai non facevo più tanto caso.Avevo già tentato in ogni modo di aprirla ma,non riuscendoci, mi ero consolata dicendomiche probabilmente in quella misteriosa scatolamia nonna custodiva dei gioielli particolarmentepreziosi che voleva tenere al sicuro daeventuali ladri. Dopo aver frugato un po’ tra gli accessori e nonaver trovato nulla di interessante ho deciso dipassare ad un altro armadio. Stavo perrichiudere l’armadio che avevo già controllatoquando, lanciando un ultimo sguardo disfuggita alla scatola, mi sono accorta di unfatto molto strano ed insolito: la scatola eraaperta! Investita da un’ondata di curiosità misono subito fiondata su quella scatola e l’hoaperta con foga. Dentro, avvolto da della seta

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viola, ho trovato un piccolo quaderninocompletamente nero, a parte per una piccolascritta in oro dalla grafia raffinata earzigogolata, al centro della copertina, cherecitava il nome di mia nonna: “VittoriaColombo”. Ho pensato subito che si trattassedel suo diario ed aprendolo ho scoperto diavere ragione. Leggendo ho fatto un’altrascoperta che mi ha lasciato a bocca aperta: mianonna, durante la sua infanzia, era stataun’ospite dell’Istituto Derelitti di Milano! Iniziando a sfogliare il diario sono venuta aconoscenza di informazioni davvero interessantisu come si viveva in quell’Istituto, perciò hodeciso di iniziare a riportare qui, sul mio diario,alcune pagine del suo, così da poter averesempre a portata di mano queste informazioni.Bene, allora cominciamo! Questa è stata laprima pagina scritta da mia nonna su questodiario:

11 novembre 1942

Caro diario, oggi è il mio compleanno! Sono molto felice, hofinalmente compiuto 12 anni! Questa giornatasi sta svolgendo magnificamente, anche se nonho ricevuto molti regali poiché qui all’IstitutoDerelitti i regali non sono proprio la prioritàprincipale e mio padre, l’unico mio parenteancora in vita, è in guerra. Ma ora non importa,qui all’Istituto ho un sacco di amichefantastiche che, mettendo insieme un po’ deiloro soldi scarseggianti, mi hanno fatto il regalo

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più bello che potessi ricevere: te! Esatto, è solograzie a loro se adesso io posso raccontartitutto quello che anima la mia fantasia,sfogandomi quando ne ho bisogno. Ora peròdevo andare a lezione di ortografia, perciò tidevo salutare. Ti scriverò il prima possibileVittoria

Non avevo mai chiesto nulla a mia nonna aproposito della sua infanzia e quando è mortapensavo che non avrei più avuto modo discoprire qualcosa sulla sua vita passata. Orache ho trovato questo diario mi sembra di nonaver mai conosciuto davvero mia nonna. Orache ho questa ricchissima fonte di informazioniperò, sarà sempre come averla qui al miofianco e potrò scoprire un sacco di cose nuovesulla sua vita! Sono felicissima! Ti aggiorneròpresto su tutte le informazioni interessanti chetroverò, buona notteElisa.

27 maggio 2016

Caro diario, ho trovato un’altra parte molto interessante deldiario di mia nonna dove racconta della sua vitaall’Istituto Derelitti:

15 gennaio 1943

Caro diario,ormai ci conosciamo già da due mesi ma io non

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ho ancora avuto modo di raccontarti di come sisvolge giornalmente la mia vita qui all’Istituto.Ora però ho finalmente trovato un po’ di tempoda dedicare interamente a noi due. I vestiti chedobbiamo indossare qui ci sono interamenteforniti dall’Istituto e non sono molti: dueuniformi da passeggio e due da casa, invernalied estive. Anche il cibo non è molto vario, manon ci lamentiamo: al mattino mangiamo latte,brodo o semolino; a mezzogiorno mangiamominestra di riso o pasta con un contorno diverdura ed un’altra pietanza ogni giornodiversa; infine di sera solitamente ci nutriamodi carne con guarnizione di pasta, verdura oformaggio. Ogni tanto la domenica ci dannoaddirittura il vino durante i pasti e per alcuniquello è il momento più bello della settimana,ma a me in realtà il vino non piace granché. Iprimi anni di scuola li svolgiamo qui all’Istituto,mentre per le scuole superiori i derelittivengono mandate nelle scuole pubbliche, ma iosto ancora frequentando le prime classi. Ascuola svolgiamo inoltre un sacco di attivitàfisica, soprattutto ora che è stata avviatal’opera Balilla. Qui studiamo un sacco dimaterie tra cui: canto, religione, disegno e bellascrittura, lettura espressiva e recitazione,ortografia, lettura ed esercizi scritti di lingua,aritmetica e contabilità, nozioni varie e culturafascista, geografia, storia, scienze fisiche enaturali e igiene, nozioni di diritto ed economia,lavori femminili e manuali, disciplina, igiene ecura della persona. La nostra vita qui all’Istitutoè divisa in tantissimi orari da rispettare: lalevata, i pasti, il principio e il termine del

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lavoro, la ricreazione, la ritirata nei dormitori edil silenzio. Essa è inoltre vincolata da un’infinitàdi regole e le punizioni per chi non le rispettasono molteplici: dalla più insignificante alla piùorrenda. Io personalmente ho sempre rispettato tutte leregole quindi non ho mai avuto modo diprovare sulla mia pelle tutte quelle terribilipunizioni di cui tanto si parla e spero di nonaverne mai l’opportunità! All’Istituto Derelitti imaschi sono rigorosamente separati dellefemmine infatti io ne conosco davvero pochi.Noi ragazze siamo abituate al lavoro che cispetterà in quanto mogli e madri, mentre iragazzi vengono addestrati per unirsi in futuroall’esercito. Bene, penso di averti spiegatoabbastanza di come si svolge la vita deiderelitti, quindi è arrivato il momento disalutarci. Ciao,Vittoria

Quante scoperte sto facendo grazie a questodiario! Trovo davvero interessante il modo in cuii derelitti vivevano e non vedo l’ora di trovarealtre informazioni ora devo lasciarti, allaprossima, Elisa.

28 maggio 2016

Caro diario,ho scoperto una cosa davvero entusiasmante!Non ti voglio anticipare nulla, questa è la partedi diario in cui ho trovato questa informazione

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così importante:

28 febbraio 1943

Caro diario,ti devo confidare un segreto che per me èmolto importante. Ieri mentre mi dirigevo alezione di cucito sono inciampata in una bigliache qualcuno deve aver perso e sono caduta aterra sparpagliando per il corridoio tutto il mioset da cucito. Ero già in ritardo ed inoltre lastrada era piena di spilli e aghi che avreiimpiegato mezz’ora a raccogliere! Afflitta, hoiniziato a raccoglierli uno ad uno, ma erodavvero troppo lenta e le lezioni sarebberoiniziate da un momento all’altro! Mi avrebberosicuramente castigato se in quel preciso istantenon fosse stato per lo stesso corridoio unragazzo di nome Dino Barbini. Si è subitoofferto di aiutarmi e il caso vuole che egliavesse con se una calamita con la quale haraccolto facilmente e velocemente tutti gli aghie gli spilli. È stato davvero gentilissimo e moltoamichevole con me, peccato che sia dovutoscappare immediatamente poiché anche lui erain ritardo per la lezione. Caro diario, tu credinell’amore a prima vista? Io credo anche chequei pochi attimi siano bastati per innamorarmidi lui. Inoltre non è solo gentile e simpatico, èanche molto bello! Ha dei folto capelli neri, duegrandi occhi azzurri ed è molto alto! Oh carodiario non vedo l’ora di rivederlo, con quellacalamita non solo ha attratto gli aghi, ma haattratto anche il mio cuore. Ora dobbiamo

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spegnere le luci, buona notte,Vittoria

Non ci posso credere, mia nonna ha conosciutomio nonno proprio all’Istituto! Sono cosìcontenta di aver trovato questo diario, stofacendo un sacco di scoperte emozionanti! Oracontinuo a leggerlo, a prestoElisa.

29 maggio 2016

Caro diario,leggendo il diario di mia nonna mi sonoimbattuta in una parte molto triste della suavita. Eccola qui:

2 marzo 1943

Caro diario,sono sconvolta. Ho bisogno di sfogarmi conqualcuno. È successa una cosa orrenda. Èsuccessa una cosa ingiusta. È successa unacosa che non sarebbe dovuta succedere. Miopadre è morto in guerra. Nell’URSS dopo ilcontrattacco che abbiamo subito dai russi aStalingrado. È stato deportato in uno dei gulagdopo la sconfitta. Ha resisto quattro mesi mapoi per colpa dell’inverno russo e dellecondizioni inumane in cui vengono tenute lepersone lì nei campi di concentramento èmorto. Ho pianto tutte le mie lacrime, holasciato che il dolore esplodesse dentro di me e

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ora non sento più nulla. Il mio cuore è statosvuotato di ogni emozione, è come se lasofferenza esplodendo abbia portato via con sequalsiasi altro sentimento. Nulla. Questo èquello che provo. Anzi no, un sentimento loprovo ancora. Rabbia. Rabbia verso gli esseriumani e il loro grande talento perl’autodistruzione. Gli esseri umani che uccidonoi loro fratelli per il potere. Gli esseri umani chesfruttano i loro simili solo perché non sonocompletamente uguali a loro. Gli esseri umaniche massacrano, che distruggono, chetorturano, che sfruttano, che mutilano senzamotivo. Solo per la sete di ricchezza, fama epotere, nessuno che pensa agli altri. Tuttiegoisti, razzisti, arroganti, maleducati, nontolleranti e capricciosi. Nessuno che capisceche per far sopravvivere questa razza bisognacollaborare, non uccidersi a vicenda, per farsopravvivere questo mondo bisogna aiutarsi,non lanciarsi bombe addosso! Mussolini, con ilsuo fascismo, davanti al popolo racconta diquanto la sua politica stia aiutando l’Italia e poimanda gli italiani a morire per la sua personalesete di potere! Hitler, con il suo nazismo,davanti ai tedeschi parla di quanto siasuperiore la razza ariana e di come saràpurificato il mondo quando essa trionferà edintanto manda a morire in modi orribili sia ebreinei campi di concentramento che tedeschi inguerra. Questa a me non sembra affattosuperiorità! E adesso hanno ucciso mio padre echissà quanti altri milioni di padri, fratelli, figli emariti saranno già morti e moriranno ancora!Chissà quante altre persone dovranno ancora

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soffrire! Tutto ciò per colpa della stupiditàumana. Mi sento malissimo, ora ti saluto.Vittoria

Queste pagine mi hanno fatto piangere eriflettere molto. Alla fine sono giunta ad unadomanda: perché l’uomo ha la necessità diuccidere i propri simili?Elisa.

30 maggio 2016

Caro diario,sembra che dopo la morte di suo padre, mianonna abbia smesso di scrivere nel suo diarioper un anno intero. Nelle pagine seguenti honotato che la bambina solare e felice sia statasostituita da una donna saggia la quale hasmesso di preoccuparsi delle piccole cose e hacominciato a riflettere sulla vita e sulla suaprecarietà. Questa parte delle sue riflessioni miè piaciuta in modo particolare:

1 gennaio 1945

Caro diario,questo è stato il capodanno più triste di tutta lamia vita. Ultimamente non ti avevo piùraccontato nulla del ragazzo che incontrai quasidue anni fa in quel corridoio dell’Istituto. Dopola morte di mio padre credevo di aver capitoche in realtà quello che io chiamavo amorefosse solo un po’ di attrazione passeggera che

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si prova quando si è ancora ragazzine. Inoltrenon lo vedevo quasi mai poiché, oltre ad esseremaschio e quindi a dover essere rigorosamenteseparato dalle femmine, egli ha tre anni in piùdi me e perciò frequenta già la scuola superioreal di fuori dell’Istituto. Così pensavo che con iltempo questa attrazione si sarebbe ridotta finoa scomparire. Questo però non è mai accadutoe, anzi, il mio amore nei suoi confronti ècresciuto a dismisura negli ultimi due anni. Lovedo ovunque ormai, nei corridoi mentrepasseggia con i suoi amici, in giardino mentrefa educazione fisica e persino nei miei sogni.Non so né come né perché, ma a lui mi sonoproprio affezionata. E non lo sopporto. Perchése la guerra dovesse continuare ancora fino al27 ottobre, data del suo compleanno, luicompirebbe 18 anni e a quel punto sarebbecostretto ad arruolarsi nell’esercito e dovrebbeandare in guerra. Dopo aver perso mio padrenon penso che riuscirei a sopportare di perdereanche lui. Non voglio affezionarmi a lui, maproprio lui mi rende così difficile farlo! Ognivolta che ci incontriamo per caso è sempre cosìgentile e simpatico! Vorrei odiarlo ma non ciriesco. Non voglio soffrire di nuovo.Vittoria

In questo passaggio è come se mia nonna fosseriuscita a trasmettermi tutti gli orrori dellaguerra e mi abbia fatto capire di come fosseroritenute in un certo senso fortunate le personeche durante quegli anni non avevano nessunoda amare, nessuno per cui preoccuparsi,nessuno da perdere, nessuno per cui soffrire.

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Ora devo lasciarti,Elisa.

Fonti: vedi tabella finale

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Ruisa S.

L’Istituto Derelitti è stato fondato a metàdell’Ottocento per assistere ed accoglierefanciulli poveri che abitavano a Milano.Quest’istituto dipendeva dalla Congregazionedella Carità di Milano e, oltre a garantire unricovero materiale, era finalizzato anche agarantire un’adeguata istruzione di base el’apprendimento di un mestiere, così che iragazzi potessero trovarsi in futuroun’occupazione. Tra le pagelle rimaste si distinguono inparticolare quelle di due giovani: Adele eAgnese. Entrambe erano state accolteall’interno dell’istituto, in quanto erano prive digenitori o parenti in grado di provvedere al lorosostentamento. Ciò che accomunava queste due ragazze, oltread una notevole bravura in tutte le materieumanistiche, era una grandissima passione pertutto ciò che riguardava la storia, non soltantodi quella che Mussolini aveva imposto in tuttele scuole, ma la conoscenza della storia di tutti iPaesi e di tutti i tempi, di eroi antichi e delleloro gesta. All’interno dell’Istituto vi era una grandissimabiblioteca fornita di libri scelti dal ministerodell’istruzione, nominato dallo stesso Mussolini,che aveva lo scopo di offrire ai giovani un utilepassatempo ed insieme dava modo diconoscere le loro eventuali inclinazioni edattitudini.Le due giovani approfittavano sempre deimomenti in cui i compagni ricevevano le visite

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per recarsi insieme in biblioteca. Infatti sipoteva fare visita ai giovani ricoveratiall’interno dell’istituto previa domanda allaCongregazione, ma entrambe le giovani nonavevano alcun familiare in vita, l’una poteva farconto soltanto sulla compagnia dell’altra. Era una sera diversa dalle altre: ”Fanciulle, qui ivostri indumenti, prendetevi questi” – disseuna donna del personale dell’istituto. Infatti ilvestiario forniva sia una divisa invernale siauna estiva distinta ciascuna in due mute, unaper la casa e una per il passeggio.Subito dopo le due ragazze vennero sottopostea un bagno completo per l’igiene. Tutte e due erano accomunate da una storiasimile, entrambe erano prive di genitori. Sicapiva dal modo in cui si guardavano, impauritedi ciò che aspettava loro.Era ora di cena, quando in un lungo tavolo tuttele fanciulle presero posto per mangiare. I piattierano a base di una pietanza con guarnizione diverdura o pasta, o con aggiunta di formaggio ofrutta. Ormai i giovani conoscevano a memoria ilmenù prescritto dall’istituto: al mattinoaspettava a loro brodo o latte a giorni alterni, amezzogiorno minestra di riso o pasta converdura e risotto. Quando era ormai notte, il personalecontrollava se tutti, fanciulli e fanciulle, sifossero recati nelle loro apposite camere, doveil giorno dopo dovevano rifarsi il letto. Il mattino seguente, come prima lezione, igiovani dovevano recarsi in giardino persvolgere l’attività fisica.

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Agnese e Adele, non erano portate per laginnastica, infatti quando finiva l’ora sirecavano subito insieme in biblioteca perscambiarsi le loro idee.“E’ il nostro secondo giorno all’internodell’istituto e abbiamo passato così tantotempo qui, in mezzo alla cultura di questi libri”disse Adele. Agnese non rispose, rimase in silenzio econtinuò a leggere il libro sui lavori domesticiche le avevano imposto di leggere.Rimasero lì fino all’ora di pranzo e dopodiché siavviarono in giardino accompagnate dalpersonale. Erano i momenti migliori per parlaree divertirsi al di fuori della struttura.Sei mesi dopo “Venite, Agnese si metta sul secondo gradino elei signorina Adele accanto alla sua compagniaMaria” disse l’inserviente dell’istituto. Era ilgiorno della foto di classe: le fanciulle eranodisposte su una scalinata al di fuori dellastruttura. Indossavano tutte una rigorosagonna nera, una camicetta bianca, le scarpettenere e un’acconciatura raccolta o corta. Lo stesso valeva per i fanciulli: avevano capellitagliati e vestivano una camicia nera, pantalonineri e scarpe nere. Passarono così tanti mesi e il rapporto traAgnese e Adele diventò sempre più stretto. Nonimportava che fossero lì, importava il fatto diessere legate da uno stesso destino.Un giorno l’istituto aveva deciso di concederealla comunità una gita in campagna perun’intera giornata.Agnese durante la gita si ammalò e al rientro

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venne trasferita nell’infermeria dove dovevarimanere fino alla guarigione. Inoltre i giovanicolpiti da gravi malattie epidemia o contagiosadovevano essere segregati immediatamentenelle apposite sale d’isolamento.Dopo essersi ripresa Agnese e Adele dovetterodedicarsi un’intera giornata ai lavori di cucitopresso la guardaroba dell’Istituto stesso.Questo garantiva alle fanciulle un’istruzionedomestica.Era una domenica quando le due ragazzeapprofittarono per provvedersi di alimenti,frutta e dolci facendo i relativi acquisti fuoridallo Istituto per mezzo del personale diservizio.“Adele, come credi che saranno le nostre vitefuori da tutto questo? Voglio dire, manca poco,abbiamo quasi 18 anni e ci manderanno via,non avremmo più la biblioteca dove rifugiarcinelle ore di educazione fisica e dovremmosopravvivere lontano da questo”- disse Agnese“Troveremo un modo, sarà faticoso macontinueremo ad amare la storia, i suoi eroi etutte le storie e le culture degli altri Paesi. Cibasta questo e noi due”.Entrambe non riuscirono a dormire a causa deiloro pensieri e di ciò che le spettava.“Signorine è giunta l’ora di salutarvi, le vostredivise poggiatele pure sui vostri letti”

Era stato un anno passato tra i libri, traistruzione e lavori. Una volta uscite dall’istituto le giovanicontinuarono a coltivare insieme la loropassione per la storia, ed ebbero la possibilità

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di approfondire aspetti di cui non si parlava neilibri della biblioteca, su argomenti che Mussolininon permetteva di imparare nelle scuole.

Fonti: vedi tabella finale

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Gaia V. Stamattina come sempre mi sveglio alle 6.00.Ormai non c’è più bisogno del richiamo dellaSignorina Villa, l’assistente dell’Istituto, o delchiacchiericcio dei bambini grazie al qualecapivo che era ora di alzarsi. Nella mia mente ècome se ci fosse una sveglia automatica.Quando apro gli occhi un debole raggio di soleillumina la camera. Finalmente fuori il tempo èbello. Ormai basta poco per migliorare le miegiornate, per farmi spuntare un sorriso. Così,stamattina mi sveglio più serena del solito, conmeno pensieri in testa. Anche se sarei rimastavolentieri a letto, mi alzo e, in fretta e furia, miinfilo la divisa dell’Istituto. Dopo aver rifatto concura il letto scendo a fare colazione. Arrivata inmensa mi ritrovo a fissare la tazza di latte.Carlotta, anche lei una ragazzina dell’Istituto, siè siede vicino a me e iniziamo a parlare dellascuola. Si avvicinano gli esami finali edentrambe ci stiamo impegnando molto persuperarli con il massimo dei voti. Tra qualcheanno non saremo più sotto la protezionedell’Istituto. Tra qualche anno dovremoconfrontarci con quello che c’è là fuori e ormainon manca molto tempo. E quando arriverà ilmomento io voglio essere pronta. Nella nostrasocietà le donne non hanno grandi possibilità.La nostra è una società in cui le donne nonpossono fare la differenza. Ma io vogliodiventare qualcuno, io voglio fare la differenza.E finché sono qua dentro non posso fare altroche studiare, pensando al mio futuro e a quello

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che voglio diventare. Una voce severa mi distoglie dai miei pensieri:è la voce della Signorina Villa. Non mi eroaccorta di che ora fosse. Bevo velocemente illatte che è rimasto nella tazza e mi precipitofuori dalla mensa. Salgo velocemente incamera mia e Carlotta mi segue.Fortunatamente la cartella e i vestiti sono già inordine. Mi tolgo la divisa un po’ sgualcitadell’istituto per indossare l’uniforme scolastica:una camicetta e una gonnellina nera. È moltosemplice, ma allo stesso tempo elegante. Mimetto in spalla la cartella e scendofrettolosamente le scale. Una decina di ragazziè già sul portone d’ingresso e si sta preparandoper uscire. Il tragitto per andare a scuola non èmolto lungo, ci impieghiamo una quindicina diminuti circa. Mentre cammino lungo ilmarciapiede penso a quanto sia fortunata. Hoavuto l’opportunità di continuare lo studio dopole scuole elementari, beneficio riservato a pochiragazzi dell’orfanotrofio. Solo i più meritevoli, adiscrezione del Direttore, possono avere questaoccasione e io sono una di questi. Così, ognimattina, io Carlotta e altri otto ragazzi ciincamminiamo per andare a scuola, nel centrodi Milano. Questo è l’ultimo anno in cui potròstudiare e poi dovrò andare a lavorare. Ormaimancano pochi giorni alla consegna dellepagelle e voglio sfruttare questi ultimi giorni discuola concentrandomi molto e dando il megliodi me: non so ancora cosa mi aspetterò infuturo. Per passare un po’ di tempo parlo con Carlottadella manifestazione ginnica che si terrà il 24

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maggio, per l’anniversario dell’entrata in guerradell’Italia nella 1° guerra mondiale. Nessuna dinoi due sta aspettando con ansia questoevento: preferiamo leggere e studiare piuttostoche andare alle manifestazioni ginniche. Masappiamo entrambe che non possiamoscegliere se partecipare o meno; e inoltre aquesto saggio assisterà il Duce e tuttidobbiamo essere presenti. Mentre passo per le strade di Milano osservo icartelloni con i discorsi del Duce, di cui ormai lacittà è piena. Come sempre però io e Carlotta ciperdiamo in chiacchiere e rimaniamo indietro:ormai tutto il gruppo sarà già al portoned’ingresso della scuola. Per raggiungere ilgruppo e per non entrare in ritardo a scuola cimettiamo a correre. Arriviamo in classe con il fiatone, appena pochiminuti all’inizio della lezione. Fortunatamenteanche oggi siamo riuscite ad arrivare in orario,evitando la punizione del Signor Lauri,l’insegnante di disegno e bella scrittura. Proprioin quel momento l’insegnante entra in classe esi dirige verso la cattedra. Il signor Lauri è unuomo alto e asciutto. I capelli neri gli cadonosulle spalle, arricciandosi e la sua espressione èmolto severa. Ma il suo sguardo rigido non mispaventa, non è uno di quelli sguardi che tiimmobilizza. Al contrario, la severità del signorLauri riesce sempre a ricordarmi perché sonoqua e perché devo studiare: la sua esigenza misprona a migliorare. Prima di iniziare la lezionefacciamo sempre il giuramento al Duce e subitodopo iniziamo a lavorare. Disegno e bellascrittura è sicuramente una delle mie materie

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preferite. Tiro fuori il pennino, l’inchiostro einizio a lavorare. Ma dopo un po’ un movimentoimprovviso e il rumore di qualcosa che cade miobbligano ad alzare lo sguardo dal foglio.Stefano, un ragazzo dell’Istituto seduto nonpoco lontano da me ha fatto caderedell’inchiostro, macchiando tutto il foglio su cuistava scrivendo. Senza dire niente il signorLauri si alza dalla cattedra e si dirige verso ilbanco di Stefano. L’insegnante guarda ilragazzo con aria inflessibile, prende il fogliomacchiato d’inchiostro e glielo straccia. Stefanorimane immobile, guardando negli occhil’insegnante che indicando il foglio stracciato glirisponde con tono severo “da rifare entro la finedell’ora. Di una cosa sono sicura: ladisattenzione non è tollerata in questa classe.Chino la testa e guardo il foglio. “Sarà meglioche quest’ora la passi in silenzio, a meno chenon voglia anche io rifare il lavoro da capo”penso, e intanto continuo a lavorare. La giornata passa velocemente e, prima cheme ne accorga, sono seduta al tavolo dellamensa a ripensare alla mia giornata. Mangiovelocemente la mia cena che consiste in unaminestrina di riso e il budino al cioccolato.Subito dopo salgo nel dormitorio. Non sono solain camera, con me ci sono altre 10 ragazze, tracui Carlotta. Mi cambio i vestiti, mettendomi inpigiama e mi siedo sul letto. Il mio sguardo siposa sul letto davanti al mio, vuoto; è quello diMarta e le lacrime iniziano a scendermi sulleguance. Marta è una bambina più piccola di medi 3 anni che è stata adottata settimana scorsa.Marta per me è come una sorellina. È stato

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davvero difficile separarsi da lei, però niente miha reso più felice del suo sorriso nel momentoin cui ha varcato la porta dell’orfanotrofio, conle mani intrecciate a quelle dei suoi genitoriadottivi. Ogni lunedì pomeriggio l’Istituto Derelitti èaperto alle famiglie. Le famiglie vengono invisita e ogni tanto qualche bambino fortunatoviene adottato. Ma non è una cosa moltofrequente, soprattutto per i più grandi e per chiè in orfanotrofio. Soprattutto per me. Ormai hoperso le speranze e cerco di non stare troppomale quando qualche bambino dell’orfanotrofiova via con una nuova famiglia. Ovviamente trale lacrime mi spunta sempre un sorrisopensando che finalmente sarà felice con la suanuova famiglia. Ma non posso fare a meno dipensare che io non andrò mai via da qua condei genitori adottivi. Sono troppo grande eormai tutti sappiamo che abbiamo pochepossibilità. E così cerchiamo di non illuderci. Maun po' di speranza c'è sempre, che noi lovogliamo o meno. Mentre la mia mente siaffolla di mille pensieri il sonno mi assale e miaddormento con il sorriso sulle labbra.***Mi sveglio di scatto. Il mio cuore batteall’impazzata per lo spavento. Ma è soloCarlotta. “Che stai facendo? Mi hai fattoprendere un accidente! Pensavo fossi laSignorina Villa.” le dico. “Scusa Sofia, ma nonvolevo che facessimo tardi. Oggi c’è il saggioginnico” dice Carlotta con lo sguardo dabambina innocente che solo lei sa fare. E lei sabenissimo che io non riesco a resistere a quello

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sguardo. “E va bene, ma non fare quellosguardo” la ammonisco. Mi ero assolutamentedimenticata del saggio ginnico. Mi alzolentamente dal letto. L’orologio appeso allaparete del dormitorio segna le 5.30. Carlotta miha svegliato mezz’ora prima dell’orario previstoquindi posso prepararmi con calma. Lamanifestazione inizierà alle 10 e finirà circa amezzogiorno. Questo vuol dire che dobbiamoessere in piazza Duomo, dove si terrà il saggioalle 9.30. Finito il saggio torneremo all’Istituto eavremo il pomeriggio libero. Credo che mirifugerò in biblioteca, ho proprio bisogno di unpo’ di pace. Dopo essermi lavata chiedo a Mariadi farmi una treccia. Lei è una maga quando sitratta di capelli infatti, in pochi minuti ha giàfinito. La vedo spesso fare acconciature variealle ragazze dell’Istituto, soprattutto nelleoccasioni speciali, ed è impressionanteguardarla mentre è al lavoro. Le sue mani sonosvelte, come se conoscessero tutti i movimentia memoria. Subito dopo mi vesto. Oggi sullenostre sedie non sono appoggiate le solitedivise dell’Istituto o le uniformi scolastiche, madelle divise per la manifestazione di oggi. Ladivisa per il saggio ginnico è molto bella: nonavevo mai indossato un vestito così primad’ora. Certo, le divise scolastiche sonoabbastanza eleganti, ma sono pur sempredivise per noi ragazzi dell’orfanotrofio. Inveceoggi tutte le ragazze sfileranno con questadivisa e non ci sarà differenza tra chi èdell’orfanotrofio e tra chi non lo è. Per una voltasaremo tutti uguali. La divisa è formata da unacamicetta bianca con lo stemma fascista

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all’altezza del petto, una cravatta nera, unagonna a pieghe nera, un paio di guanti bianchi,un paio di calze bianche e delle scarpette nere.Dopo essermi sistemata bene mi guardo allospecchio. I miei capelli biondi sono legati in unatreccia elegante, che parte dall’inizio della testae finisce circa a metà schiena. La treccia èlegata all’estremità con un fiocchetto bianco.Rimango a bocca aperta. È impressionantecome una persona possa cambiaresemplicemente provando una nuovaacconciatura o indossando dei vestiti piùraffinati. Io non mi sono mai preoccupata dicurare più di tanto il mio aspetto esteriore. Mibastava essere pulita, ma non mi sono maipreoccupata di essere carina; ma devoammettere che oggi lo sono e mi fa davveropiacere essere elegante e ordinata per unavolta. Quando finiamo di vestirci tutte sono giàle 7.30. Quindi scendiamo a fare colazione tutteinsieme. Mi accorgo subito che anche i maschiindossano la divisa per il saggio ginnico. La lorocamicia è nera, come i pantaloni. Hanno unfazzoletto di seta legato al collo e anche sul loropetto spicca lo stemma fascista. Indossanodelle calze scure e degli stivaletti. Infine sul lorocapo è appoggiato un cappello, sui cui comparenuovamente lo stemma fascista. Alle 8.45 ciritroviamo all’ingresso dell’orfanotrofio. Questavolta il tragitto sarà più lungo rispetto a quellodella scuola e saremo guidati dal direttoredell’orfanotrofio, che assisterà alla sfilata. Diconseguenza io e Carlotta non possiamo néparlare né rimanere indietro. Dopo mezz’ora di attesa inizia finalmente la

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manifestazione. Il primo a parlare è il Duce chetiene un breve discorso, ricordando l’entrata inguerra dell’Italia nella 1° guerra mondiale. Sonoabbastanza nervosa per la sfilata: c’èmoltissima gente, molta di più di quella che misarei aspettata. Dopo il discorso segue un’ondadi applausi e inizia la sfilata. All’inizio procedetutto bene e riesco a seguire i miei compagni.Ad un certo punto però inciampo e cado.Quando sbatto la testa sul cemento sento unafitta di dolore alla testa che si propaga in tuttoil corpo e poi non vedo più niente.

Quando mi sveglio sono circondata da più voltiche mi fissano con aria preoccupata. RiconoscoCarlotta, Maria, e Cecilia. Apro gli occhi e cercodi abituarmi alla luce intensa che illumina lastanza. Riconosco il posto in cui mi trovo: èl’infermeria dell’orfanotrofio. Devono avermiciportata dopo la mia caduta durante il saggio“Che ore sono?” chiedo a una delle ragazze. “E’l’una” mi risponde Cecilia, “hai dormito per dueore circa”. “Come ti senti?” mi chiede poi.“Abbastanza bene, mi gira solo un po’ la testa,non è niente” le rispondo e poi aggiungo “Macosa è successo dopo che sono caduta?”Risponde alla mia domanda Maria dicendomi“Ti hanno portata subito qua infermeria mentrenoi abbiamo dovuto finire il saggio”. Inizia a raccontarmi cosa hanno fatto e com’èandata la manifestazione quando sento la vocedella Signorina Tommasi, l’infermiera, farsisempre più nitida. “Voi non dovreste esserequa” dico sottovoce ”Andate via prima che siarrabbi e vi metta in punizione”. “Va bene,

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allora ci vediamo dopo” mi rispondono. Esconodalla porta secondaria appena in tempo, perchévedo subito entrare dall’altra porta, quellaprincipale, la Signorina Tommasi.Fortunatamente non fa in tempo a vedereMaria, Carlotta e Cecilia che esconodall’infermeria. Dopo avermi chiesto come misento esce di nuovo dall’infermeria e io miaddormento. Al mio risveglio mi sento giàmeglio: la testa mi gira molto meno e inizio adavere fame, ciò vuol dire che mi storiprendendo dalla caduta. Chiedo il permesso dilasciare l’infermeria visto che sono già le 17.00.Salgo in dormitorio e mi cambio: un po’ midispiace separarmi dai vestiti del saggio ginnicoperché sono molto belli e mentre li indosso misento a mio agio, ma so che devo restituirli.Riordino un po’ la camera e poi scendo per lacena. Avanzo un po’ di carne nel piatto perchénon me la sento di mangiare altro; per evitareche la Signorina Villa mi sgridi facendomi lasolita ramanzina, metto il pezzo di carneavanzato nel piatto di Carlotta e lei mi sorridecon complicità. Dopo cena salgo nuovamente aldormitorio. Questa volta però non sono sola e cisono già molte ragazze che si stannocambiando, preparandosi per andare a letto. Ionon ho assolutamente sonno, perché oggi ininfermeria ho dormito davvero tanto, cosìpropongo a Carlotta e ad altre ragazze digiocare a carte. Tra una risata e un’altraarrivano le nove e dobbiamo andare a letto espegnere la luce. Sto mezz’ora distesa sul lettoaspettando che arrivi un po’ di sonno. Ma sonodavvero stufa di aspettare a fare niente così

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accendo la lucina che c’è sul mio comodino.L’orologio sulla parete segna le 21.45. Se inquesto momento entrasse qualcuno miprenderei una sgridata e una punizione davveropesante. Ma decido che voglio rischiare: se nonfaccio rumore nessuno sospetterà che io sonoancora sveglia. Mentre fisso il soffitto mi vieneun’idea, che poco prima avevo già scartato, mache continua a tornarmi in mente. Da quandosono arrivata nascondo un segreto che non homai raccontato a nessuno, perché se venissefuori potrebbe costarmi l’espulsionedall’orfanotrofio. Ad un certo punto vengoassalita dal terrore che qualcuno abbia giàscoperto il mio segreto. Così, senza far rumore,scendo dal letto, alzo il materasso e con gransollievo guardo il tesoro che ho custodito finoad adesso. È al sicuro e con lui lo sono anche io.Tra la rete che sostiene il materasso ed ilmaterasso stesso ci sono i miei tesori: cinquelibri, disposti uno di fianco all’altro. Da quandosono arrivata questi libri sono sempre stati qua,al sicuro nel loro nascondiglio, senza chenessuno li scoprisse. Ma purtroppo non sonoquasi mai riuscita a leggerli, perché le regoledell’orfanotrofio proibiscono il possesso diqualsiasi libro all’infuori di quelli necessari perla scuola. Ne prendo uno e mi rimetto sdraiatanel letto. Il libro ha la copertina di pelle ed èabbastanza consumato. Questo libro è ciò chedi più prezioso ho. Esso apparteneva a miasorella più grande, Benedetta, mortanell’incidente che ha ucciso i miei genitori.Sfogliando il diario, così pieno di ricordi, lelacrime mi rigano il viso. Questo è un diario, in

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cui mia sorella ha scritto quotidianamente daquando aveva 15 anni fino al giorno della suamorte. Nel diario sono raccolti i suoi ricordi, lesue emozioni e non solo. Il motivo per cuiquesto diario è molto prezioso e pericolosonello stesso momento è perché contieneriferimenti diretti al Duce e alla dittaturafascista. Mia sorella era più grande di me di 7anni ed era una ragazza molto sveglia e colta.Inizio a leggere le pagine del diario come sefosse la prima volta e mi immergo nella lettura.Questo diario è uno dei pochi ricordi che mirimane della mia famiglia e mi aiuta acomprendere quello che mi sta succedendointorno. La lettura di questo diario è cosìcoinvolgente che mi dimentico di tutto quelloche mi circonda. Infatti non mi accorgo né deipassi che sempre di più si avvicinano alla portadel dormitorio né del rumore della voce dellaSignorina Villa. Quando me ne accorgo è troppotardi. Mentre cerco di mettere il diario sotto ilmaterasso urto con il gomito la lampada sulcomodino che cade, facendo un rumoreviolentissimo. Come se non bastasse, mentrecerco di nascondere il diario di mia sorella, unaltro libro mi scivola fuori dal nascondiglio. LaSignorina Villa è ai piedi del mio letto che miguarda con aria inflessibile e io non so comefare ad uscire da questa situazione. Nessunascusa potrà essere mai abbastanza valida pergiustificare quello che ho fatto. Ad un certopunto si china e raccoglie da terra il libro chemi è appena caduto. Rimango immobile per lapaura. Nel frattempo tutte le ragazze deldormitorio si sono svegliate per il rumore e mi

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fissano strabuzzando gli occhi. Aspettiamo tuttela reazione della Signorina Villa. Lei mi indica laporta e mi dice con aria severa “SignorinaFerrari, esca subito dal dormitorio”. Poi, mentremi incammino verso la porta, mi lanciaun’occhiata che mi fa tremare come una foglia.La seguo mentre mi conduce verso gli altridormitori. Ad un certo punto si ferma davantiad una porta, la apre e mi dice: “Lei dormiràqua stanotte e vediamo se ha ancora la facciatosta di infrangere la regole dell’Istituto.Domani mattina sconterà la sua punizione.” Poise ne va, chiudendo la porta a chiave. La stanza in cui sono è piccola e odora di muffa.Sono proprio nei guai ed è tutta colpa mia edella mia curiosità. Non avrei mai dovutoinfrangere le regole dell’orfanotrofio. Sonoproprio una ragazza indisciplinata e adesso, percolpa della mia eccessiva curiosità, ci andrà dimezzo anche la mia istruzione e quindi l’esitodei miei esami finali. Mentre i sensi di colpa siimpadroniscono di me mi addormento su unapoltrona. ***La prima cosa che sento quando mi sveglio èun odore fortissimo di muffa. All’improvviso miricordo di tutto quello che è successo la seraprima e del perché non ho dormito nel miodormitorio. Devo cercare di rimediare, nonposso buttare all’aria tre anni di studio. Sullapoltrona di fianco a quella in cui ho dormito cisono i miei vestiti: qualcuno deve essereentrato stamattina e deve avermi portato deivestiti puliti. Mi vesto e quando cerco di aprirela porta scopro che la persona che è entrata a

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portarmi i vestiti non mi ha richiuso a chiave.Appena fuori dalla stanza trovo la SignorinaVilla che mi dice “Oggi, invece di andare ascuola, resterà qua a pulire i piatti e asistemare la cucina.” E poi aggiunge “Adessovada a fare colazione con gli altri e quando saràarrivato l’orario di scontare la sua punizione laverrò a chiamare.” Quindi mi incammino inmensa e faccio colazione. Carlotta si siedevicino a me: mi sento in dovere di darle unaspiegazione riguardo a quello che è successoieri sera così le inizio a raccontare tutto. Dopoun quarto d’ora la Signorina Villa mi viene achiamare e mi conduce nella cucina. Una voltaentrata mi porge dei guanti e mi dice: “Lavoglio vedere lavorare seriamente fino amezzogiorno, poi potrai parteciperà al pranzocon gli altri.” Appena la Signorina esce dallastanza mi metto i guanti e inizio a lavorare.Ormai è da un’ora che lavoro; iniziano a farmimale la schiena a furia di piegarmi per metterele stoviglie nella credenza. Mentre sciacquodelle posate sento un rumore improvviso chemi fa sobbalzare e per lo spavento facciocadere le posate nel lavandino, che siriempiono si sapone. Mi giro per individuare lafonte del rumore e davanti a me c’è un ragazzocon una pentola in mano. Il ragazzo avrà circaun anno o due in più di me. È alto e magro, hadue grossi occhi neri che mi fissano con unosguardo profondo. Non lo avevo mai vistoprima, eppure sono tre anni che vivonell’Istituto. Dopo un attimo di esitazione ilragazzo inizia a parlarmi: “Scusa per il rumore,non volevo spaventarti” e indicando la pentola

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che ha in mano aggiunge: “Ma mi è cadutaquesta.” “Non ti preoccupare” lo rassicuro,dopodiché prendo in mano le posate e continuoa sciacquarle. Allora il ragazzo si volta e sidirige dall’altra parte della stanza. “Aspetta” glidico, “come mai non ti ho mai vistoall’orfanotrofio? “Lui si gira e mi guarda: tuttoad un tratto la sua espressione si fa più dura.Poi mi risponde: “Cerco di farmi notare il menopossibile, non mi piace questo posto”. Anche a me non piace stare in orfanotrofio, mache cosa posso farci? È meglio abituarsi fin dasubito perché da qui non si scappa, che lo sivoglia o meno. Ma non voglio insistere, cosìchino la testa e continuo quello che stavofacendo. Il tempo passa, e trascorre un’altramezz’ora in cui io cerco di pensare ad altro.Dopo un po’ lo vedo avvicinarsi. Mi chiedetimidamente: “Non è che potrei venire qua alavare i piatti perché ho finito il detersivo?”. “Vabene” gli rispondo, non ha senso che micomporti da scocciata per così poco. Se mi harisposto così è perché avrà delle buonemotivazioni e di certo non va in giro araccontarle alla prima sconosciuta che incontra.“Comunque mi chiamo Edoardo, piacere” dice emi porge la mano. “Piacere, io sono Sofia” dicoio. Forse sta cercando di rimediare all’errore diprima, oppure vuole semplicemente esseregentile. In ogni caso mi piacerebbe parlare conlui, giusto per passare il tempo. Per non rifarel’errore di prima chiedendogli qualcosasull’orfanotrofio sto in silenzio. Con mio stuporeinizia lui a parlare: “Da quanto sei inorfanotrofio?” e subito dopo “E quanti anni

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hai?”. Sono contenta che lui si stia dimostrandopiù simpatico di quello che era apparsoall’inizio, così decido di rispondergli. “Compio il2 giugno 14 anni. Sono in orfanotrofio da 3anni.” Poi aggiungo “E tu?” Magari dopo che gliho detto qualcosa su di me acconsentirà araccontarmi qualcosa di lui. Infatti lui mirisponde, in modo più cortese “Io ho 15 anni.Ormai sono in orfanotrofio da 6 anni equest’anno me ne dovrò andare. Tu vai a scuolagiusto?” “Sì. Questo è l’ultimo anno.” glirispondo. Iniziamo a parlare e scopro un saccodi cose su di lui che neanche immaginavo. Adun certo punto mi giro verso di lui, lo guardonegli occhi e gli dico “Ma i tuoi genitori?” Nonso per quale motivo ho fatto questa domandacosì delicata ad un ragazzo che conoscoappena, ma la frase mi è uscita dalla boccaprima che riuscissi a fermarla. Lui mi guarda,all’inizio strabuzzando gli occhi, ma poi il suosguardo si addolcisce e inizia a raccontarmi“Mio padre e mia madre sono morti 6 anni fa.Mio padre era un antifascista ed è stato uccisoinsieme a mia madre da alcuni squadristi.Quando sono arrivato qua dovevo ancora finirela scuola elementare. Gli insegnanti hannosubito capito che non ero portato per lo studiocosì, un po’ per questo motivo, un po’ a causadella posizione politica dei miei genitori, mihanno fatto subito iniziare a lavorare.” Dopoquesta confessione non solo mi sento in doveredi raccontargli la mia storia, ma sento cheadesso che abbiamo qualcosa in comune, checondividiamo qualcosa di vero e autentico saràpiù facile parlare dell’orfanotrofio.” E così,

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senza neanche accorgercene tra unachiacchiera e l’altra, arrivano le 12.00 e io hosfinito di scontare la mia punizione. Mentre stoper andarmene Edoardo mi chiama e mi dice:“Grazie per la chiacchierata, spero cheriusciremo a vederci nuovamente” e poiaggiunge sorridendo: “Magari non inpunizione.” Così con un cenno della mano losaluto e mi allontano dalla cucina.Quando arrivo in mensa mi colpisce subito ilclima di euforia e di tensione. Mi stavo quasidimenticando che oggi è il giorno in cui l’Istitutoè aperto alle visite. L’aria è carica di tanteemozioni contrastanti speranza epreoccupazione insieme. Mi siedo a mangiaread un tavolo e divoro il formaggio in pochissimotempo. Non mi ero accorta di quanto lamattinata mi avesse stancato. Verso le 15.00 iniziano ad arrivare le primefamiglie. Dopo essere stata un’ora a guardarealcune famiglie che entrano ed esconodall’Istituto decido che è ora di cercare unposto tranquillo. Quindi mi avvio verso labiblioteca in cerca di un po’ di pace. Quandoentro vedo che su una delle sedie vicineall’ingresso c’è Edoardo, intento a leggere unlibro. Mi stupisce molto trovarlo proprio inbiblioteca. Però mi ricordo subito che quandomi aveva detto che lui non aveva continuato glistudi non avevo potuto non scorgere una notadi amarezza nella sua voce. Probabilmente,anche se non ha raggiunto buoni risultatiscolastici, anche lui trova piacere nella lettura.È così immerso nella libro che sta leggendo chenon mi sente entrare. Per non disturbarlo faccio

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il meno rumore possibile e dopo aver scelto unlibro dalla libreria mi siedo sue sedie di fianco alui. Ad un certo punto, circa mezz’ora dopo, luialza lo sguardo dal libro e si accorge della miapresenza. Appena mi vede mi saluta e mi dice“Ciao Sofia, non pensavo che ci saremmo rivisticosì presto.” La Signorina seduta alla scrivaniagli lancia un’occhiataccia e si porta un dito allelabbra, facendo segno a Edoardo di stare insilenzio. Per non essere rimproverata anch’iodico sottovoce “Anche io sono stupita. Nonpensavo ti piacesse la lettura.” Iniziamo unachiacchierata fatta di bisbigli e mormorii. Anchelui è un appassionato di libri, solo che non necolleziona nessuno sotto il materasso, o almenocosì mi ha detto. Dopo un paio d’ore esco dallabiblioteca e raggiungo Carlotta e le mie amiche.Dopo aver cenato insieme, ci ritiriamo nellanostra camera e andiamo a dormire. Staserasono molto stanca e mi addormentovelocemente.***Sono passati otto giorni da quando ho parlatocon Edoardo in biblioteca. In questo ultimoperiodo ci vediamo spesso, soprattutto durantele passeggiate fuori. E’ diventato il mio punto diriferimento. Mi rassicura il fatto che possacontare su qualcuno che qui all’orfanotrofio hapiù esperienza di me. Oggi è il 2 giugno, ed è il mio compleanno. Quiall’orfanotrofio non si festeggiano i compleannie di solito non molte persone si ricordano difarti gli auguri. Quindi oggi, quando mi sveglio, mi preparo adaffrontare una giornata come tutte le altre,

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senza troppe aspettative. Ma non è così.Appena apro gli occhi noto che Carlotta, Maria eCecilia sono già sveglie e sono sedute ai piedidel mio letto. Mi metto seduta sulle lenzuola evengo avvolta dal caloroso abbraccio diCarlotta. Ancora un po’ addormentata ricambiol’abbraccio e cerco di non cadere giù dal letto.Dopo avermi cantato la canzoncina di buoncompleanno raggiungiamo gli altri per lacolazione. Durante la mattinata ricevoinaspettatamente tantissimi auguri.Salgo nel dormitorio e mi preparo per andare ascuola, non ho l’entusiasmo di sempre, oggiavrei proprio desiderato poter stare qui aleggere un libro, o a festeggiare il miocompleanno. Ormai sono tre anni che non nefesteggio uno, mi piacerebbe tanto fare unafesta. Ma so che non è possibile e che oggi saràun giorno come tutti gli altri. Però mi consoloperché so che Carlotta e le altre mie amichefaranno il possibile per renderlo speciale.Arrivata in classe sono subito costretta atornare alla realtà. Lì ci aspetta la SignoraRossi, l’insegnante di igiene e cura dellapersona. All’inizio di ogni lezione la SignoraRossi passa di banco in banco a verificare lanostra igiene: ogni volta dobbiamo toglierci lescarpe e i calzini e mostrarle i piedi, devonoessere perfettamente puliti, per finire passa adun’accurata ispezione della testa e dei capelliper controllare l’assenza dei pidocchi. Spessocapita che noi ragazzi dell’orfanotrofio veniamopresi in giro a cause delle nostre divise un po’spiegazzate e consunte. Ma, al contrario diquanto si può pensare, siamo sempre curati e

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puliti: anche le regole dell’orfanotrofioriguardanti l’igiene. Poi gli stringo la mano esussurro “Ti voglio bene.” Esco dall’infermeria eraggiungo i miei nuovi genitori.Varco la porta dell’Istituto con le maniintrecciate a quelle dei miei genitori. Non milascerò alle spalle i ricordi legati all’orfanotrofio:è qui che ho passato gli anni più difficili dellamia vita e solo grazie ai legami che hoinstaurato sono riuscita a superarli.Adesso sono pronta per la mia nuova vita, leregole di igiene sono molto rigide. L’ora diigiene e cura della persona passa velocemente.La seconda ora è quella di storia e culturafascista. L’insegnante è il signor Lucchini, unuomo anziano con i capelli bianchi e gli occhivitrei. Sulla copertina del libro risalta la “M” diMussolini. Le ore del professore Lucchini sonocaratterizzate da una spiegazione approfonditadella cultura fascista e dei suoi moltepliciaspetti. La terza ora è a parere mio la piùinteressante: lettura espressiva e recitazione.L’insegnante Frosini è molto valida ed è la miapreferita. Riesce a coinvolgermi edappassionarmi. Inoltre è proprio grazie a lei cheho scoperto la mia passione per la lettura. Al rientro da scuola facciamo una stradadiversa, leggermente più lunga, ma chesoprattutto in questo periodo dell’anno ciregala una visone bellissima, perché affianca uncampo di papaveri e margherite. Io mi fermosempre ad osservare questo magnificospettacolo, ed oggi faccio lo stesso. Carlotta siferma e raccoglie alcuni fiori dal prato e li infilain una tasca della cartella.

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Quando arriviamo all’Istituto ci sediamo aitavoli per mangiare e poi ci ritiriamo neidormitori. Appena entro nella stanza notoqualcosa di strano. Appoggiata al letto di Martac’è una borsa e vicino al suo cuscino è sedutauna bambina della sua stessa età circa. Ella minota subito e si gira verso di me. Ha dei lunghicapelli scuri che le scendono in manieraordinata fino alla fine della camicetta. “Ciaosono Rosa” dice con una vocina infantile.Adesso che si è girata verso di me la riesco avedere bene in viso: non avrà più di 9 anni.“Ciao Rosa, io sono Sofia, benvenuta” lerispondo. Magari riuscirò ad affezionarmi a leicome ho fatto con Marta. Poi inizio a spiegarle ilregolamento, gli orari da rispettare ed altrecose utili che le conviene sapere riguardanti lavita in orfanotrofio: è compito delle ragazze piùgrandi, con più esperienza, istruire chi èappena arrivato sul funzionamento dell’Istituto.Ad un certo punto Carlotta entra nella stanza emi dice “In biblioteca c’è Edoardo che vuolefare una chiacchierata con te ed è meglio che tisbrighi o lui penserà che non gradisci la suacompagnia.” Così saluto Rosa e Carlotta prendeil mio posto continuando a spiegarle ilregolamento completo. Quando arrivo inbiblioteca però non c’è Edoardo ad aspettarmi.Dopo averlo cercato in biblioteca e nei corridoidecido di salire nel dormitorio: probabilmenteCarlotta si sarà confusa. Mentre salgo le scalesento dei mormorii provenienti dalla miastanza. Appena apro la porta la stanza che mi sipresenta davanti è totalmente diversa da quellache avevo lasciato un quarto d’ora fa. Nella

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stanza ci sono molte più persone: oltre alle mie10 compagne di dormitorio ci sono altre ci sonoaltre 5 ragazze con cui ho stretto amicizial’anno scorso e in fondo alla stanza c’è ancheEdoardo. Il dormitorio è addobbato con alcunidisegni ritagliati da cartoncini colorati. Infine sulmio letto c’è un piccolo pacchettino. Quandoentro vengo stretta da un sacco di braccia eCarlotta mi posa sulla testa una coroncina dimargherite, proprio quelle che ha raccolto oggidal campo. Quando apro il regalo non possocredere ai miei occhi: è un diario, molto simile aquello di mia sorella. “Spero che ti piaccia” diceCarlotta “potrai scriverci sopra tutte le volteche vorrai”. Io la abbraccio e lei aggiunge “Deviringraziare Edoardo, è stato lui che ci ha aiutatea comprare il regalo.” Mi giro verso di lui e lovedo sorridere. “Grazie mille” dico e luirisponde: “Figurati Sofia, è stato un piacere.Buon compleanno.” Subito dopo lo vedo chinarela testa con aria imbarazzata e aggiunge “Ehm,adesso devo proprio andare. Non vorrei che laSignorina Villa mi trovasse nel vostrodormitorio.” Detto questo mi saluta un’ultimavolta e si incammina verso la porta. Finita lafesticciola mi sdraio sul letto, stanca. Sonofelicissima ed emozionata nello stessomomento; è davvero impressionante sapereche tutte queste persone abbiano fatto tuttoquesto per me. È proprio vero quello chedicono: in orfanotrofio si costruisce una nuovafamiglia.

Stamattina mi sveglio prima del solito.L’orologio sulla parete segna le 5.30 e io sono

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già in piedi. Per non svegliare le mie compagnemi siedo sul letto. Lo sguardo mi cade sulcalendario appeso vicino al mio letto: il giorno11 giugno è cerchiato e di fianco compare lascritta ‘Consegna pagelle’. Sono moltopreoccupata perché oggi la consegna dellepagelle è un momento molto importante,soprattutto per chi ha frequentato anche lascuola media. Per passare un po’ il tempoprendo il diario e inizio a scrivere. Dopomezz’ora le mie compagne si svegliano; delnostro dormitorio solo io e Carlotta andiamo ascuola. Per reprimere l’agitazione vado inmensa a fare colazione. Sulla bacheca appesaal muro c’è un avviso con l’orario dellagiornata: le pagelle saranno consegnate dopola conclusione delle lezioni. Oggi è lunedì,quindi dopo la consegna delle pagelleinizieranno ad arrivare le famiglieall’orfanotrofio. La giornata sembra non passaremai e io e Carlotta aspettiamo con ansia la finedella scuola. Finalmente arriva il momento dellaconsegna delle pagelle. Il mio stomaco sicontorce per l’agitazione mentre sono in fila perla consegna delle pagelle. Se riuscirò adottenere il massimo dei voti in tutte le materieavrò la possibilità di accedere al ginnasio e dicontinuare così i miei studi. Altrimenti,dall’inizio dell’anno prossimo inizierò unpercorso di avviamento al lavoro. Non mi sentoancora pronta per andare a lavorare: ho cosìtanta voglia di studiare e di conoscere cosenuove e in questi anni. Ad un certo punto unavoce mi distoglie dai miei pensieri “FerrariSofia”. È il mio turno, adesso c’è in gioco tutto il

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mio futuro. Appena mi viene consegnata lapagella la apro con foga. A stento riesco areprimere un grido di gioia. Non posso credereai miei occhi: ho ottenuto il massimo dei voti intutte le discipline. Credo di essermelo meritata,ho lavorato così tanto in questi anni. Mi facciotravolgere dall’entusiasmo e mi giro versoCarlotta. Anche lei tiene in mano la pagella esulle su labbra c’è uno splendido sorriso.Mentre torniamo a casa riflettiamo entrambesul futuro. L’anno prossimo andremo al ginnasioinsieme e inizieremo una nuova vita, ricca diesperienze.Dopo aver pranzato usciamo per fare unapasseggiata e con noi viene anche Edoardo.Solitamente il momento del passeggio mi aiutaa riflettere. Oggi però decido di approfittaredella bella giornata divertendomi con i mieiamici. Diversamente dal solito allunghiamo ilpercorso e ci inoltriamo al di là dei campo dipapaveri e margherite. Lì incontriamo unpiccolo bosco e due ragazzi si staccano dalgruppo. Dopo un po’ li vedo arrivare con unascatola sporca di terra. Poi gli stringo la mano esussurro “Ti voglio bene.” Esco dall’infermeria eraggiungo i miei nuovi genitori.Varco la porta dell’Istituto con le maniintrecciate a quelle dei miei genitori. Non milascerò alle spalle i ricordi legati all’orfanotrofio:è qui che ho passato gli anni più difficili dellamia vita e solo grazie ai legami che hoinstaurato sono riuscita a superarli.Adesso sono pronta per la mia nuova vita. inmano. “Dove l’avete trovata?” chiedo ai dueragazzi che scopro chiamarsi Giuseppe e

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Angelo. Loro mi rispondono “Era nascosta sottoun cespuglio, sotterrata per metà. Pensiamoche possa esserci dentro qualcosa di valore”.Dentro alla scatola ci sono degli oggettimetallici, di forma rotonda, grossi non più di unlimone: delle bombe. “Non toccatele,potrebbero esplodere” urla Edoardo allarmato.Ma i due ragazzi non lo ascoltano e iniziano atirarsela, come se fosse una palla. Ad un certopunto Edoardo si mette in mezzo ai due ragazziper impedir loro di continuare a giocare conquegli oggetti così pericolosi” Smettetela, sonopericolose” dice con la faccia spaventata. Ma ètroppo tardi. Uno dei ragazzi lancia la bombache colpisce Edoardo vicino alle mani edesplode. La bomba fortunatamente non locolpisce in pieno, ma gli cade abbastanzavicina da ferirlo. Edoardo si accascia a terra: lesue braccia sono piene di scottature e la suamano sinistra è stata ferita da una scheggia.Carlotta appena lo vede scoppia a piangere. Ionon posso permettermelo, ma sono spaventatae sento salire le lacrime. I due ragazziscappano. Sono rimasta sola. Devo mantenerela lucidità ed andare a chiamare qualcuno.Quando la Signorina Villa arriva la mano diEdoardo è ormai piena di sangue. Edoardoviene immediatamente portato in infermeria.Ormai è un’ora che aspetto fuori dall’infermeriain attesa che mi diano delle notizie su Edoardo.Ad un certo punto arriva la Signorina Villa chemi dice” C’è una coppia che desideraconoscerti. Seguimi.” Sono un po’ confusa,magari la Signorina Villa si è sbagliata. Propriome vogliono vedere? Ma perché? Sono qua da

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tre anni e nessuno ha mai dimostrato interesseper me e ormai sono grande, ho appenacompiuto 14 anni. La Signorina Villa si fermadavanti ad una coppia e fa le presentazioni“Questa è Sofia, la ragazzina di cui vi hoparlato. ” E poi aggiunge “Sofia, questi sono ituoi genitori adottivi, Lucia e Sandro Ballerini.Devi esser loro molto grata: ti portano a casaoggi stesso”. Detto questo ci lascia soli. Inizio aparlare con i Signori Ballerini e scopro che sonouna coppia di ricchi professori: non avevanoavuto figli ma avevano sempre avuto ildesiderio di trasmettere la loro passione. Sonoincredula e mentre parliamo provo un misto diemozioni che vanno dalla paura all’euforia.Dopo un po’ la Signora Ballerini mi dice condolcezza “Cara, adesso è ora di andare. Sali aldormitorio e prepara le tue cose. ”Quando arrivo nella mia camera trovo Carlottasul letto. Ho poco tempo, ma voglio salutarlacome si deve. Dopotutto è anche grazie allasua compagnia che non ho mai perso la vogliadi studiare: lei mi ha sempre aiutata ad andareavanti. È davvero difficile separarsi dalle suebraccia, ma i miei genitori mi stannoaspettando. “Promettimi che mi scriverai” midice “Certo, te lo prometto.” Poi strappo unfoglio dal mio diario e inizio a scrivere. In pocotempo la mia borsa è pronta e scendo. Peròprima di andare dai miei genitori voglio salutareEdoardo. Quando entro in infermeria lui staancora dormendo. Gli lascio la lettera che hoappena scritto sul comodino. Poi gli stringo lamano e sussurro “Ti voglio bene.” Escodall’infermeria e raggiungo i miei nuovi

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genitori.Varco la porta dell’Istituto con le maniintrecciate a quelle dei miei genitori. Non milascerò alle spalle i ricordi legati all’orfanotrofio:è qui che ho passato gli anni più difficili dellamia vita e solo grazie ai legami che hoinstaurato sono riuscita a superarli.Adesso sono pronta per la mia nuova vita.

Fonti utilizzate:1920- tabella dietetica 011934- Opera Balilla- Divise 021934- Opera Balilla- Divise 031940- foto di gruppo m 07 balillaOrario giornataPagella 1930- 1931 bPagella 1930- 1931 fPagella 1931- 1932 bPagella 1931- 1932 f1910- Regolamento d’Istituto (01-02-03-04-05-06-07-08-09-10-11-12)

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Appendice

Tabella di riepilogo sulla tipologia dei testie sulle fonti di archivio utilizzate

Alunno Tipologia scritto

Epoca Fonti

A. Noemi

p. 5

Racconto epistolare nel passato

Primo dopoguerra

- vita all'interno dell'Istituto- tempo libero- tabella dietetica- norme e regolamenti- istruzione

B. Federico

p. 12

Diario nel passato

Primo Novecento

- dieta- regole di igiene- tempo libero

B. Gabriele

p. 17

Diario nel passato

Anni ‘30 del Novecento

libere

B. Chiara

p. 20

Racconto epistolare nel passato

Anni '30 del Novecento

- regolamento d'Istituto- tempo libero- vita all'interno dell'Istituto

B. Andrea

p. 28

Diario a due voci tra passato e presente

Anni '30 del Novecento

- menu- orario attivitàgiornaliere- tempo libero

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Page 122: Racconti storici. Dialoghi tra passato e presente

- regolamenti generali (comportamento all'interno dell'Istituto)- pagella

C. Matteo

p. 36

Diario nel passato

Primo Novecento

- regolamento d'Istituto- tempo libero- vita all'interno dell'istituto

C. Samuele

p. 38

Racconto epistolare nel passato

Anni '20 del Novecento

- orario lezioni- orario annuale- menu- attività giornaliere

D. B. Carola

p. 44

Racconto epistolare tra passato e presente

Anni '30 del Novecento

- regolamento- tempo libero- alimentazione- orario scolastico- provenienza familiare

F. Deanna

p. 47

Racconto epistolare nel passato

Anni '30 del Novecento

- norme e regolamenti- tempo libero- vita all'interno dell'istituto- fascicoli personali- i derelitti e il lavoro

122

Page 123: Racconti storici. Dialoghi tra passato e presente

L. Lorenzo

p. 55

Diario nel passato

Anni '30 del Novecento

- materie scolastiche- fascicoli personali- orario scolastico- regolamento d'istituto- attività giornaliere

M. Elisa

p. 58

Racconto nel passato

Anni '30 del Novecento

- registro biblioteca- regolamento maschile- pagella maschile (età 15 anni)- tempo libero maschile- provenienza familiare

M. Alice

p. 67

Racconto epistolare tra passato e presente

Seconda guerra mondiale

- alimentazione- regolamento (maschile e femminile)- orario lezionie tempo libero- provenienza familiare

P. Alexandra

p. 74

Racconto epistolare nel passato

Anni '30 del Novecento (1936)

- provenienza familiare- regolamento interno- punizioni- fascicoli personali

123

Page 124: Racconti storici. Dialoghi tra passato e presente

S. Elisa

p. 79

Diario nel passato

Anni '40 del Novecento (1941-1942)

- regolamenti- menu- prospetto esami

S. Ruisa

p. 90

Racconto nel passato

Anni '30 del Novecento

- provvedimenti disciplinari- norme di condotta interna- permessi di visita e di uscita- fascicoli personali- derelitti e lavoro

V. Gaia

p. 95

Diario nel passato

Anni '30 del Novecento

- regolamento- tempo libero- orari- istruzione (pagelle)- tabella dietetica

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