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Racconti gialli 2^ B ANNO SCOLASTICO 2009/2010 ISTITUTO SCOLASTICO “PREZIOSISSIMO SANGUE”

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Racconti gialli 2^ B ANNO SCOLASTICO 2009/2010 ISTITUTO SCOLASTICO “PREZIOSISSIMO SANGUE”

PER UNA TAZZA DI THE Lara Iengo

L‟ASSASSINO DELLE DUE OMBRE Riccardo Fumagalli

UN‟INSOLITA SERATA Gabriele Bramati

DELITTO AL WEST END THATRE DI LONDRA Elena Mauri

MISTERO A CASA SMITH Filippo Andreoni

ANCHE I LIBRI POSSONO FAR MALE Lorenzo Calvosa

DELITTO IN VIA CASSETTA Davide Sironi

MISTERO SULLA NAVE Paolo Codarin

DELITTO PERFETTO Simone Guerrieri

DELITTO SUL LAGO Federica Panzeri

DELITTO NELLA VILLA CIPRO Gianluca Masini

DELITTO IN BIANCO Mattia Bianchi

LO SCRIGNO DEL MALE Federica Lomazzi

LA VENDETTA Marta Sosio

LARA IENGO

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Nella città di Oakland, in California vivevano due dolcissime e affabili vecchiette: Margaret

Kohln e Adrienne Nesser. Vivevano una accanto all‟altra in due tipiche villette americane con i

giardini confinanti in un quartiere benestante della città. La loro amicizia risaliva ai tempi della

scuola: avevano frequentato tutte le scuole insieme dalle primarie all‟Università, insieme

avevano costituito una società in cui operavano come agenti di cambio. Questa società era stata

la loro fortuna. Erano Entrambe ricchissime, ma allo stesso tempo parsimoniose e non amavano

sfoggiare le loro ricchezze. L‟unico lusso che si concedevano era andare almeno una volta alla

settimana nel centro benessere della città. Ormai in pensione, passavano la maggior parte del

tempo in giardino ad aiutarsi a tenerli in ordine, a raccogliere la frutta dalle piante e a potare

siepi e fiori quando necessitava. Fisicamente Margaret e Adrienne si assomigliavano: entrambe

sessantenni avevano un fisico ancora asciutto e curato. Margaret era leggermente più alta di

Adrienne e non portava gli occhiali. Margaret aveva divorziato dal marito ormai da vent‟anni e i

rapporti con Joseph non erano certo dei migliori: i litigi riguardavano sempre il denaro dato che

Joseph non aveva avuto lo stesso vantaggio economico dell‟ex moglie. Adrienne era rimasta

vedova da pochi mesi. Dal marito aveva avuto un figlio, Billie Joe, ora trentacinquenne e

laureato in veterinaria, curava gli animali di tutto il quartiere. Amava le auto di lusso,

frequentava locali notturni ma il più grosso vizio era quello di scommettere su ogni cosa. In una

giornata di primavera Margaret e Adrienne si accordarono per passare l‟intero pomeriggio nel

centro benessere. Fecero insieme l‟idromassaggio, il bagno turco, la sauna e infine si rilassarono

sulle sdraio al bordo della piscina. Come al solito un addetto alla ristorazione portò loro due

tazze di tisana. La barba lunga, i capelli spettinati e gli spessi occhiali da vista fecero ridere a

crepapelle le due amiche: quell‟aspetto trasandato non era indicato al luogo di lusso in cui si

trovavano. Margaret non riusciva a trattenersi e inavvertitamente rovesciò una parte della sua

tisana: ” No! Non è possibile! Avevo così sete… desideravo così tanto questa tisana…” “Non

preoccuparti Margaret, io proprio non ho sete, se anche a te sta bene puoi bere la mia e io la

tua” Gustarono le loro bevande e tornarono a scherzare e a ridere insieme. Ad un certo punto

Margaret disse all‟amica: ”Non mi sento molto bene, mi tremano le gambe e le mani. Forse mi

gira anche la testa. È meglio se usciamo da qui perché fa troppo caldo e magari il malore mi

passa”. Si alzarono, ma Margaret, mentre si infilava il suo accappatoio, svenne. Adrienne si

inginocchiò accanto a lei e cercò di farla riprendere ma Margaret non riprese i sensi. Adrienne

LARA IENGO

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così a chiamare aiuto. Arrivò il medico dell‟istituto di bellezza che preferì chiamare lì ambulanza.

Quando l‟ambulanza arrivò all‟ospedale Margaret era già morta. Per cercare di capire quale

malore avesse ucciso la donna, i medici fecero l‟autopsia. L‟esito fu terrificante: morta a causa di

dosi elevate di potassio. Margaret non era morta per malore ma era stata assassinata. Il caso fu

affidato all‟ispettore Smith. Nel comando dove lavorava Smith c‟era un poliziotto che qualche

anno prima aveva avuto un incidente ed era rimasto sulla sedia a rotelle. L‟intelligenza di questo

poliziotto e la sua capacità di analizzare le situazioni e gli avvenimenti, gli permettevano di

aiutare i colleghi anche senza muoversi dall‟ufficio. Smith interrogò amici e parenti di Margaret,

verificò tutti gli alibi e scoprì che il ragazzo delle tisane, descritto da Adrienne, non aveva mai

lavorato presso l‟istituto di bellezza. Quindi l‟assassino doveva essere tra amici e parenti. Sapendo

che i rapporti con il marito erano pessimi, Smith indagò in modo più approfondito sugli

spostamenti dell‟uomo. Nel momento in cui Margaret veniva uccisa, Joseph sosteneva di essere

andato a casa di un amico a 30 km dalla città, per bagnare le piante in sua assenza. Dai tabulati

telefonici però risultava che dalla città, anzi, era stato rintracciato proprio nei paraggi

dell‟istituto di bellezza. L‟ispettore Smith, senza indugio, lo fece arrestare. Questo arresto non

convinceva però l‟ispettore Peterson, quello sulla sedia a rotelle, perché, secondo lui, l‟uomo,

che sicuramente aveva problemi con l‟ex moglie, stava nascondendo qualcos‟altro. Joseph, che

dopo il divorzio con Margaret si era risposato, non voleva fornire spiegazioni sulle bugie che

aveva raccontato, ma nel frattempo si dichiarava innocente. Peterson controllò tutte le

chiamate effettuate e ricevute da Joseph. Scoprì così che Joseph stava nascondendo una

relazione amorosa con una donna a insaputa della seconda moglie. L‟indagine era al punto di

partenza. I due investigatori, parlando del caso si resero conto di quanto fosse forte la

somiglianza fisica fra le due donne. Peterson provò a suggerire una nuova versione dei fatti:

l‟assassino aveva confuso le due donne. Smith, prendendo in considerazione l‟ipotesi del collega,

iniziò nuovamente l‟indagine. Scoprì che la forte miopia di Adrienne era causata da una carenza

di potassio che le aveva rovinato la vista. La polizia tentò di capire chi avesse interesse ad uccidere

Adrienne, facendola passare per una morte accidentale dovuta all‟assunzione errata di medicinali.

Era quindi necessario capire se l‟assassino aveva confuso le due donne. Chi sapeva della malattia

di Adrienne e che aveva bisogno di soldi poteva solo essere il figlio Billie Joe che, con la morte

della madre, avrebbe ereditato il denaro per i suoi vizi.

RICCARDO FUMAGALLI

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Era una fredda e piovosa giornata di marzo. La sera trascorreva tranquillamente fino a quando

un tremendo urlo non spezzò quell‟atmosfera magica. L‟urlo era stato lanciato dalla moglie del

signor Stevenson, le cui fredde spoglie giacevano a terra trafitte da un grosso coltello. Chi

avrebbe mai potuto uccidere Stevenson? Per scoprirlo era stato chiamato l‟investigatore privato

John Russel. Era un uomo serio, riservato e perspicace. Era longilineo con capelli corti e scuri e

indossava sempre vestiti eleganti e scuri. Raggiunse l‟ufficio di Stevenson dove la vedova Sarah

piangeva ancora a dirotto. L‟ufficio era scuro nonostante fosse tarda mattina. Sui mobili erano

presenti orchidee.

_ Sarah Stevenson?

Lei annuì

_ Dovrei chiederle alcune informazioni su suo marito. Chi avrebbe avuto un movente per

eliminare suo marito ?

_ Tre persone. Il primo è Dimitri. Egli era il socio d‟affari di mio marito fino a quando lui non lo

licenziò. Poi c‟è la signora Amelia, l‟ex moglie di Stevenson, ma il più motivato sarebbe Crown.

Egli ha perso l‟albergo fondato dal padre che gestiva con il fratello gemello per questo hotel. Suo

fratello è morto guidando ubriaco per la disperazione.

Detto questo uscì. Russel cominciò subito a interrogare i residenti. Essi non avevano notato

niente di strano, tranne la signora Marple che aveva notato Crown entrare insolitamente di

fretta nell‟ascensore. Decise allora di perquisire il suo appartamento e trovò cortisone ed

adrenalina. Ciò è sospetto dato che Crown non aveva allergie. Trovò anche due paia di ogni

abito che Crown possedesse. Insomma, tutti i sospetti erano indirizzati verso Crown ma

guardando le registrazioni si poteva vedere che tutti e tre i sospettati si trovavano in camera al

momento del delitto. Occorreva un indizio rivelatore. All‟improvviso a Russel venne un‟idea.

Prese le impronte dei tasti 8 e 12 dell‟ascensore e le analizzò. Conclusa l‟analisi restò sia

soddisfatto che sconcertato. Scese nell‟atrio e annunciò a gran voce

RICCARDO FUMAGALLI

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_ Vi ho radunato per dirvi che ho scoperto chi è l‟assassino. Il fratello di John Crown. Ho

trovato la sua impronta digitale sull‟ascensore e ciò conferma la mia ipotesi. Infatti mentre

Crown si faceva l‟alibi suo fratello ha commesso il delitto solo che essendo

RICCARDO FUMAGALLI

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allergico alle orchidee presenti nell‟ufficio, è dovuto tornare di fretta in stanza per prendere

cortisone ed adrenalina altrimenti sarebbe soffocato sulle scale. Ciò spiegherebbe anche i vestiti

doppi nella stanza di Crown.

Russel per convincere gli scettici e incastrare definitivamente Crown chiamò con il telefono la

stanza di Crown e rispose suo fratello dimostrando definitivamente la falsità della notizia della

morte dal gemello di Crown e la sua colpevolezza , così i gemelli vennero assicurati alla giustizia .

GABRIELE BRAMATI

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Miriam spense il computer, chiuse l‟ufficio e s‟avviò per il lungo corridoio che portava

all‟ascensore. Anche quella sera, aveva fatto tardi: guardò l‟orologio che segnava le 22.

Torino era molto fredda in quella serata di fine febbraio. Alzò il collo del cappotto e

s‟incamminò verso il parcheggio dove aveva lasciato la sua auto per tornare verso casa sua: una

villetta in collina davanti al centro cittadino.

Incrociando un‟altra auto penso: “Quei fari sono troppo alti, danno proprio fastidio”.

Mise il piede sul freno, per rallentare la corsa: “Cosa sta succedendo? Forse c‟è un incidente!”

Fu costretta a fermarsi, perché al centro della strada c‟era un‟auto ferma con luci accese e il

cofano fumante. Anzi, guardando meglio, aveva il paraurti anteriore completamente sfondato.

Accostò e scese. Mentre si avvicinava alla macchina, ebbe un attimo di paura.

Guardò tra i vetri mezzo sfondati ma non c‟era nessuno; quando sentì un lamento fece il giro

intorno alla macchina e vide un uomo con la fronte sanguinante.

“Cos‟è successo?” chiese Miriam “Ho ucciso un uomo” rispose il ferito “Là, giù dalla scarpata.

Non l‟ho visto. Mi è apparso davanti all‟improvviso. Ho visto un uomo scaraventato da una

macchina che viaggiava davanti a me, la macchina non si è fermata. Io ho cercato di non

investirlo. Sono andato a sbattere con un testacoda contro il guard-rail ma la mia manovra non

è servita ad evitare l‟impatto. Prenda la pila dal cruscotto e guardi giù dalla scarpata se si vede

quel pover‟uomo”.

La mente di Miriam cominciava ad avere dei brutti pensieri e pensò di chiamare la polizia e

l‟ambulanza ma scavalcò il guard-rail e si avviò sotto il livello della strada.

Ispezionò la zona puntando la pila intorno: a pochi passi da lei c‟era un uomo con la testa tutta

insanguinata. “E‟ morto” pensò. Non osò toccarlo, disse solo: “Non ti preoccupare stai

tranquillo, sta arrivando l‟ambulanza”. Non ebbe risposta.

Fece per risalire la scarpata, quando un colpo alla testa la fece cadere a terra priva di sensi.

GABRIELE BRAMATI

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Si svegliò come da un lungo sonno e, quando realizzò quello che le era accaduto, si guardò

attorno e vide che era in una stanza, sdraiata su un letto: “Santo cielo dov‟era finita? Perché si

trovava lì?

Questi pensieri balenarono nella sua mente e l‟angoscia la prese di colpo. Provò a sedersi sul

letto: la stanza era vuota, c‟erano solo il letto, una sedia e una piccola finestra da cui si vedeva

una distesa di campi. Oltre il dolore alla testa provava un gran freddo e capì di essere in una

specie di capanna.

Non aveva finito di pensare quando udì dei passi e la porta s‟aprì. Davanti a lei stava un uomo

con il volto coperto da un passamontagna blu.

“Vorrei sapere dove mi trovo” chiese Miriam.

“Cara la mia signora, non è lei che deve fare domande, ma sono io”.

“Cosa volte da me! Mi sono fermata sulla strada perché ho visto un incidente. Stavo andando a

casa, avete sbagliato sicuramente persona. Per favore lasciate andare, io sono solo una giornalista.

Che cosa volete?”

“Sei una giornalista e stai ficcando il naso in cose che non dovrebbero interessarti”.

Non ebbe il tempo di dire altro, perché l‟uomo le si avvicinò e con uno straccio nero le bendò

gli occhi. La spinse verso la porta e, afferrandola per un braccio, la spinse fuori e la buttò dentro

ad un‟auto.

Quando l‟auto partì, per un po‟ ci fu silenzio, ma Miriam non sopportava più nulla e, quasi

urlando chiese: “Allora mi vuole dire che cosa sta succedendo?”.

“Se starà in silenzio, tutto finirà al più presto” replicò l‟uomo.

Miriam capì che ora gli uomini erano due: uno guidava, l‟altro controllava lei.

Cominciò a pensare a quello che era successo la sera prima. Se le cose stavano così, lei era stata

colpita dal ragazzo che aveva visto ferito nella scarpata, quindi era tutto falso: l‟incidente, il

sangue, la macchina ferma incidentata. Ma perché?.

Miriam fu fatta scendere dopo circa mezz‟ora di viaggio e sentì una mano afferrarla per un

braccio e spingerla con forza dentro una stanza perché sentì scoppiettare una fiamma di camino.

GABRIELE BRAMATI

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Qualcuno le tolse la benda e davanti a lei c‟era una persona, che sembrava stesse proprio

aspettando lei.

Sentì qualcosa di freddo alla nuca: era la canna di una pistola. “Siedi” disse l‟uomo che aveva un

cappuccio sulla testa. Miriam ubbidì sempre più confusa e impaurita.

“Cara la mia signora, lei è una giornalista e scrive articoli davvero interessanti, solo che, in questo

momento, ha toccato fatti e argomenti delicati”.

Miriam rispose: “Questa è una messa in scena per non farmi fare il mio mestiere di cronista?”.

L‟uomo rispose: “Se vuoi uscire viva da qui, devi bloccare l‟uscita dell‟articolo”.

“E‟ un‟indagine di routine” disse la donna. “E‟ tutto nel mio computer. Stavo giusto per finire la

stesura poi è il redattore capo che autorizza o meno la stampa”.

“Dubito che ne venga fuori qualcosa se tu non tornerai mai più al lavoro. Qualcuno è andato

nel tuo ufficio e ha distrutto il microchip”.

L‟uomo, detto questo, le si avvicinò per sospingerla verso delle scale buie che Miriam immaginò

portassero in cantina. “Aspetta” disse la voce dietro di loro. Miriam si bloccò, mentre l‟uomo

che la spingeva chiese: “Che c‟è ora?”. L‟altro disse: “L‟accordo era di lasciarla andare, una volta

eliminato il microchip. Possiamo liberarla se non apre bocca”.

Dunque lei si trovava in quella situazione, perché aveva pestato i piedi ad un uomo potente……..

Ora era tutto chiaro. Si rese conto con angoscia della grave situazione in cui si trovava.

La paura aumentò; come un film, in un attimo, la sua vita le passò davanti.

Aveva un buon lavoro, si era laureata in lettere in tempo record. All‟Università aveva fatto

amicizia con Marco, che frequentava il suo stesso corso. Erano ancora amici….Già Marco, chissà

se si era accorto della sua assenza…Di solito si sentivano quasi tutti i giorni….Lui la chiamava

per sapere se andava tutto bene….Quel giorno era il compleanno di una loro amica e dovevano

andare a festeggiare. “Dio, se ci sei aiutami”.

L‟uomo la spinse per le scale e Miriam scese con la paura gli che stringeva lo stomaco.

Come lei aveva pensato, si trovò in una cantina, illuminata da una luce fioca…e nella penombra

c‟era una sagoma di un uomo con un cappuccio in testa.

GABRIELE BRAMATI

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“Ci risiamo…..che succede ora?” pensò.

Non ebbe il tempo di dir nulla, perché quello che vide, davanti ai suoi occhi, ebbe

dell‟incredibile. Per poco non svenne….L‟uomo si era tolto il cappuccio, avanzando verso di lei,

dicendo: “Mi dispiace Miriam, ho dovuto farlo, mi serve del denaro, molto denaro. Il

gioco…sai…Non ti preoccupare, non ti succederà nulla. Me l‟hanno garantito”.

Miriam aprì la bocca, ma non usciva alcun suono. Finchè emise un urlo: Marco!!!!!!!!

Si udì un gran trambusto lungo le scale e quando si rese conto di ciò che avveniva, ringraziò

mentalmente la fortuna. Poliziotti, con le armi in pugno, misero le manette ai due uomini. “E‟

finita signora. Per fortuna che la donna delle pulizie del suo ufficio, si è decisa a venire da noi per

parlare. Gina, la donna delle pulizie, aveva udito una telefonata di Marco che prendeva degli

accordi. Poi vedendo che lei era sparita, si è fatta coraggio ed è venuta da noi. “La donna delle

pulizie” disse Miriam con una voce che sembrava uscita dall‟oltretomba

ELENA MAURI

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Tutti applaudirono i musicisti con grande energia ed entusiasmo. Era stata una delle più belle

esibizioni mai viste. Il magnifico teatro si illuminò e tutte le persone stavano andando.

Nel frattempo i musicisti stavano raccogliendo i loro spartiti e i loro amati strumenti, per

dirigersi verso i loro camerini. Erano tutti soddisfatti, tutti tranne uno, Morgan Bailey.

Qualche ora dopo il concerto, Susan Shumway, una violoncellista, si diresse verso il camerino di

Joshua Bell. Ma quando aprì la porta, lo trovò disteso a terra con del sangue cosparso sul corpo.

Susan capì subito che si trattava di alcuni colpi di pistola, la ragazza si sentì male e chiamò la

polizia. Dopo corse a chiamare il Direttore d‟orchestra , Garret Wood, ma lui, dopo essere

andato a far visita a tutti i musicisti era sparito. Allora arrivarono in suo aiuto tutti i musicisti

dell‟orchestra.

Dopo poco tempo si udirono le sirene della polizia, e una luce colorata li abbagliò. La polizia era

finalmente arrivata, e con loro anche l‟investigatrice Mrs Brown. L‟investigatrice era di media

altezza, con un impermeabile beige e un po‟ attillato in vita, un paio di jeans scuri e un

bellissimo basco grigio . aveva i capelli lunghi fino alla schiena e castani chiari, gli occhi scuri e

un mucchio di lentiggini sulla faccia.

Mrs Brown parlò subito con Susan. Quando la polizia venne a sapere che Garret Wood subito

dopo il concerto era andato a complimentarsi con i musicisti e che era entrato nel camerino di

Joshua Bell, e dopo era andato via; pensarono subito che lui fosse l‟assassino. Mrs Brown invece,

da brava investigatrice, non voleva trarre conclusioni affrettate, così si precipitò nel camerino del

povero violinista ucciso. Dopo qualche ricerca, notò che il suo Stradivari era scomparso, allora

chiamò Susan per chiederle se lo aveva lasciato sul palco, ma lei, che era vicino la lui, smentì

subito.

I conti non tornavano, chi avrebbe potuto prendere il suo violino? Il direttore cosa ne avrebbe

fatto?

Mrs Brown era confusa e continuava a porsi queste domande, ma senza trovare una risposta.

Solo di una cosa era certa, Garret Wood non era l‟assassino.

ELENA MAURI

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Ad un tratto la porta si spalancò. La polizia aveva con sé Morgan Bell, il fratello di joshua.

Morgan corse subito dal fratello ormai morto e pieno di sangue.

Anche lui era un violinista e dopo il concerto era uscito con Garret Wood.

Mrs Brown tese la mano per presentarsi, ma quando Morgan le strinse la mano, la lasciò una

polverina appiccicosa, era la pece, le disse Susan, usata per far scivolare l‟archetto sulla

corde di tutti gli strumenti ad arco.

Mrs Brown continuava a chiedersi come faceva ad avere così tanta pece anche sul resto del corpo.

Anche se aveva suonato non poteva averne così tanta; eppure…

La polizia continuava a cercare nel camerino, quando ad un tratto trovarono qualcosa in uno

dei cassetti della sua scrivania.

Fecero subito uscire Morgan dalla stanza, che aveva già capito di cosa si trattava.

Mrs Brown prese la lettera trovata dalla polizia. Era un testamento nel quale c‟era scritto che il

padre di joshua gli aveva lasciato in eredità il suo Stradivari, in riconoscimento della sua

bravura.

Mrs Brown cominciava a capire sempre di più. Cercò ancora nella stanza e trovò, in un angolino,

la pece, cosparsa sul pavimento vicino alla finestra.

Allora Mrs Brown aprì la porta per chiamare Morgan, ma lui era fuggito via. Uscì anche

l‟investigatrice, e con lei anche la polizia.

Suan le disse che era andato verso Hyde Park. Mrs Brown non esitò un istante e uscì a cercarlo.

Fece molta strada e lo trovò, seduto sull‟erba fresca e tagliata alla perfezione.

Anche lei entrò nel parco e si sedette al suo fianco. Morgan ormai scoperto le raccontò tutto.

Lui era molto invidioso del fratello, e così voleva avere lui quel bellissimo Stradivari. Così alla

fine del concerto, andò nel suo camerino e gli chiese di dargli il suo violino, ma Joshua

non accettò, perché quello era l‟unico ricordo che aveva del padre.

Morgan preso dalla rabbia sparò quattro colpi di pistola e prese il violino. Ad un tratto però

arrivò Garret Wood e Morgan aprì la finestra e corse via. Garret lo inseguì, ma non riuscì

a fermarlo.

ELENA MAURI

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La polizia prese Morgan per le braccia e lo arrestò.

Mrs Brown si rimise il basco sopra i sui lunghi capelli e se ne andò; il suo lavoro era ormai

terminato.

FILIPPO ANDREONI

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In una fredda giornata di novembre, l‟ispettore Smith, rientrando dal lavoro, trova sul suo

pavimento del soggiorno il corpo di un uomo a lui sconosciuto. Scioccato chiama subito la

scientifica, che apre un caso privo di indizi. Dai rilievi che vengono effettuati nella casa

dell‟ispettore non emergono né impronte digitali ne segni di forzatura sulla porta di ingresso.

L‟uomo è stato accoltellato con un coltello preso da un cassetto della cucina di casa e le uniche

impronte riscontrate appartengono a Smith, che viene subito arrestato. Però, dall‟autopsia sul

corpo dell‟uomo, risulta che quando è stato ucciso, Smith si trovava al lavoro, per cui viene

scagionato. Tornato in libertà, apre subito un‟inchiesta, perché vuole capire chi realmente è

entrato in casa sua è perché quell‟uomo, che non aveva mai visto, era stato ucciso lì. Dopo una

serie di indagini, riesce solo ad identificare la vittima, ma non riesce a scoprire niente del suo

passato e il mistero, per l‟ispettore si fa sempre più fitto. Sentendosi sempre più solo , decide di

comprarsi un cagnolino per avere un po‟ di compagnia. Alla sera, mentre stava giocando con

una pallina insieme al cane, la pallina è andata sotto al divano, in un punto non raggiungibile

con le mani. Così Smith, un po‟ di controvoglia, ha spostato il divano per recuperare la pallina, e

proprio accanto ad essa, c‟era un cellulare che lui non aveva mai visto. Il telefonino era spento

ed era impossibile accenderlo senza conoscere il codice PIN. Sconvolto, ma con molta

determinazione, subito l‟ispettore si è recato dalla polizia postale, esperta nel campo elettronico.

In meno di due ore la polizia è riuscita ad accedere ai messaggi contenuti nel cellulare: c‟erano

due messaggi in uscita e uno in entrata, e dicevano:

1° IN USCITA: MI DISPIACE MA SE NON MI PAGHI TI FACCIO BUTTARE DENTRO

1° IN ENTRATA: VIENI A PRENDERE I SOLDI, A CASA DI SMITH

2° IN USCITA: PASSO TRA UN‟ORA

Subito Smith compone il numero a cui i messaggi erano indirizzati, e con grande stupore, sente

rispondere il suo giardiniere, che viene subito arrestato. Per Smith, anche con l‟aiuto del suo

cagnolino è finito un incubo.

LORENZO CALVOSA

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Stava ormai calando la sera quando il detective Richard Mayer arrivò a S.James Park nel centro

della città di Londra.

La vittima si chiamava Samuel Smith ed era un esattore comunale delle tasse. Era stato ritrovato

vicino ad un albero da una mamma che passeggiava con il figlio.

“La vittima ha la carotide bucata, è stato indubbiamente colpito con un oggetto appuntito”

esclamò subito Richard con lo sguardo fisso sul volto del povero esattore, ormai morto da

parecchie ore, probabilmente nel primo pomeriggio, quando il parco è meno frequentato.

Il detective Mayer è famoso a Londra per la sua grande capacità di deduzione. Di corporatura

normale, non molto alto, capelli castani ed occhi scuri, portava sempre un berretto di

Acquascutum, celebre negozio classico di Oxford Street. Aveva un debole per i cappotti e

calzava sempre scarpe nere e lucide, da vero gentleman inglese.

Nelle indagini era il migliore, ma il suo modo di indagare era un po‟ fuori dal comune: basava

tutto su intuizioni e viveva in un mondo tutto suo; quando riusciva a chiudere un caso diceva :

“Vieni, prendiamo l‟assassino”.

A proposito, io mi chiamo Steve e sono da sempre la “spalla” di Richard, lo seguo in tutte le sue

indagini per imparare i suoi trucchi, ragionamenti e deduzioni.

Quella sera ero con lui per occuparmi del caso del cadavere dell‟esattore comunale, io,

ovviamente, non individuai nulla di strano, ma Richard…

Mentre camminavamo per la scena del crimine egli notò delle piccole tracce di sangue che

formavano una scia e decise di seguirle. Ci dirigemmo proprio nel bel mezzo del parco, di fronte

ad una biblioteca dove le tracce sembravano finire.

Il detective, entrando nella biblioteca, disse tra sé e sé :”E‟ sempre il direttore…”.

Questa volta però le tracce ci condussero ad un addetto alle pulizie che nel vederci sembrò

svenire. Mayer gli disse, con la sua voce calda e rassicurante: “Non si preoccupi, se è innocente

noi lo capiremo, o almeno io… vogliamo solo farle un paio di domande”.

LORENZO CALVOSA

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L‟inserviente si tranquillizzò un poco, ci fece sedere e cominciò quella che Richard definisce “una

lunga e costante serie di domande a trabocchetto.”

“E‟ al corrente del fatto che c‟è stato un omicidio, un tale Samuel Smith esattore di tasse

comunale?”

“No, mi dispiace. Come posso aiutarvi?”

“Stiamo indagando ed abbiamo notato delle piccole tracce di sangue che riteniamo essere della

vittima e che portano qui, quindi a lei”.

“No! Ieri sera stavo andando in bicicletta nel parco, sono caduto e mi sono graffiato,

probabilmente del sangue è finito sotto le mie scarpe”.

“Grazie mille Signor…”

“Paul James”.

Al termine di quella specie di interrogatorio l‟inserviente ci scortò sino all‟uscita della biblioteca,

dove casualmente incontrammo il Direttore, Mister Raphael Parkinson, un londinese di buona

famiglia. Masticava nervosamente una gomma alla nicotina per smettere di fumare.

Richard osservò con attenzione la serratura della porta e poi chiese: “Chi di voi ha le chiavi?”

“Solo io!” Rispose il Direttore. Il detective ringraziò e ce ne andammo.

Lo riaccompagnai a casa, lui non disse una parola: chissà quali complicati ragionamenti stava

facendo!

Quella notte Richard non dormì, rimase tutto il tempo sul divano a pensare e ripensare al caso.

Continuava a ripetersi “E‟ come un puzzle, io ho le tessere, ma devo metterle al loro posto”.

La mattina seguente egli non mi salutò neanche quando salì in macchina e mi chiese di portarlo

alla biblioteca. Durante il tragitto rimase come sempre muto e pensoso e una volta arrivati si

diresse di corsa verso l‟inserviente e, senza neanche un minimo cenno di saluto, gli domandò: “Il

Direttore va da un cardiologo?”

“Si”, rispose l‟inserviente “Da un tale Patrick May, 9 Regent Street, è uno dei migliori della città”.

LORENZO CALVOSA

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Uscimmo dalla biblioteca e Richard, come il giorno precedente, osservò accuratamente la

serratura della porta di ingresso.

Il cardiologo dal quale ci recammo subito dopo era un individuo arrogante e presuntuoso, ma

Richard riuscì ad esserlo di più. Gli chiese subito perché Mister Parkinson prendesse delle gomme

alla nicotina.

“Perché dovrei darle questa informazione, chi si crede di essere?” Ribatté il medico.

“Sono solo il detective che sta indagando su un omicidio…veda lei”

“In questo caso, le posso dire che gliele ho prescritte perché Raphael doveva assolutamente

smettere di fumare a causa di problemi al cuore ed alla respirazione. Sta facendo dei progressi

con le gomme, ma quando è stressato non resiste alla tentazione di fumarsi un bel sigaro”.

A questo punto il detective salutò cordialmente e ci riavviammo verso la macchina. Richard non

volle spiegarmi che pista stava seguendo, ma disse semplicemente che lo avrei capito al

momento opportuno.

Tornammo alla biblioteca e questa volta per parlare direttamente con il Direttore.

Quando questi ci vide ci venne incontro e disse: “ So chi è stato!”

Richard rispose: “Sono tutto orecchie!”.

“E‟ stato Paul James, le tracce di sangue vi confermeranno i miei sospetti. Paul è un tipo

violento e quando era giovane lo stesso esattore trovato morto ha fatto chiudere la libreria della

sua famiglia per evasione fiscale mandandoli in rovina. Da quel momento ha sempre cercato

vendetta e ieri deve aver visto quell‟uomo mentre girava in bicicletta per il parco e deve aver

perso il controllo”.

“Grazie, lei ci è stato davvero molto utile, ma vorrei chiederle ancora un paio di cosette…”

“Mi dica”.

“Per prima cosa potrei vedere le chiavi della porta principale? Secondo, potrei avere per favore

una tazza di tè con del latte?”

“Le chiavi eccole, il tè lo faccio portare subito”.

LORENZO CALVOSA

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Mayer ringrazio e nell‟attesa esaminò le chiavi che erano appuntite e lunghe. Sorseggiò il suo tè

e restituì le chiavi al Direttore, quindi ce ne andammo.

“Cosa ne pensa? Abbiamo chiuso il caso” domandai io. Mayer rispose con la sua solita aria

misteriosa: “Lasciami ancora tempo fino a domani mattina e ti prometto che prenderemo

l‟assassino. Ci sono ancora delle cose che non mi tornano”.

Come al solito Richard dormì pochissimo e rimase sempre sul suo divano a pensare e a fissare

una macchia sul soffitto, doveva completare il puzzle.

Spuntarono le prime luci dell‟alba quando squillò il mio telefono, era Richard che era già vestito

e pronto e mi chiedeva di passare subito a prenderlo: “Andiamo a prendere l‟assassino” mi disse

con voce concitata.

Io ero ancora in pigiama, ma il detective mi disse che non c‟era tempo da perdere e quindi i miei

vestiti non erano importanti…

Ci dirigemmo naturalmente alla biblioteca. Una volta lì ci accolse il Direttore che ci chiese

subito: “Se siete qui per arrestare l‟assassino, purtroppo non è ancora arrivato.”

“Metta le mani dietro la schiena” lo intimò Richard.

Raphael Parkinson venne quindi arrestato per l‟omicidio dell‟esattore comunale Samuel Smith

ed il mio amico detective si sedette e cominciò a spiegare come era arrivato a quella conclusione,

ecco tutto il suo ragionamento.

“I miei sospetti sono ricaduti su di lei Direttore e non sull‟inserviente quando l‟ho vista

masticare tanto nervosamente la gomma alla nicotina. Sappiamo che lei deve smettere di fumare,

ma che sotto pressione non riesce proprio a resistere… infatti quando ho esaminato il cadavere

ho subito avvertito un certo odore di fumo. Ma questa non è l‟unica prova. L‟esattore è morto

per un colpo al collo, sferrato con qualcosa di lungo ed appuntito, come le sue chiavi. Osservai

più volte la serratura della biblioteca perché era sporca di sangue. Solo lei aveva le chiavi... come

mi aveva confermato. Mister Parkinson, lei ha ucciso Samuel Smith con una chiave che si è

impregnata di sangue ed ha sporcato la serratura quando ha aperto la porta della biblioteca per

nascondersi”.

“Eh…. Quale sarebbe il movente?” Balbettò il Direttore.

LORENZO CALVOSA

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“Lei non è ricco, questo è solo ciò che vuol fare credere, la sua famiglia è sull‟orlo della

bancarotta. Quindi lei evadeva il fisco per fare il signore e l‟esattore l‟ha minacciata di farla

licenziare dal suo posto di Direttore, al quale tiene più per il prestigio che per altro. Questo è un

motivo per me sufficiente.”

“E come spiega le tracce di sangue sotto le scarpe di James?”

“Semplice, l‟omicidio in realtà è stato commesso qui, in biblioteca e lei ha costretto quel povero

inserviente a portar via il cadavere ed abbandonarlo nel parco, minacciandolo di licenziarlo se

non l‟avesse fatto. Così si è macchiato le scarpe e questo le è servito per cercare di far cadere i

sospetti su di lui”.

Il caso era ora finalmente chiuso e Richard volle andare a prendere il suo solito tè per rilassarci e

festeggiare. Io, beh, ero sempre in pigiama… e il detective l‟aveva detto “E‟ sempre il Direttore!”

DAVIDE SIRONI

23

Salve mi chiamo Strangetton David ed oggi vi vorrei raccontare un accaduto successo poche

settimane fa, un evento a cui il mio naso da investigatore non ha potuto resistere.

“Stavo camminando per le strade di New York quando ad un tratto sentì un ragazzo urlare.

Quell‟urlo proveniva dalla via Cassetta quella vicino al bar di Tommy. Subito mi diressi in quella

buia via senza pensarci due volte e mi nascosi dietro un cassonetto della spazzatura. In giro non

c‟ era nessuno però ad un tratto vidi dei piedi sbucare da dietro un cassonetto poco più avanti.

Pian piano uscì dal mio nascondigli e mi avvicinai ai piedi. Mi avvicinavo sempre di più quando

ad un tratto mi trovai davanti ad un cadavere di un ragazzo ricoperto totalmente di sangue.

Non persi tempo e chiamai la polizia. Il giorno dopo mi recai alla centrale di polizia per parlare

con il comandante Jeff. Io gli dissi che volevo risolvere il caso e che quindi volevo scoprire chi

era stato l‟ assassino. Per prima cosa esaminai il cellulare del defunto e scoprì che gli era stato

mandato un messaggio con scritto: “ Ci vediamo pomeriggio in via Cassetta alle 5 ti devo

parlare”. Subito risalì a colui che aveva mandato il messaggio e scoprì che questo ragazzo si

chiamava Michael Onlis e che abitava in via Annoni9. Allora presi la pistola e senza dire niente a

nessuno mi diressi con la mia Lamborghini in via Annoni9. Arrivato davanti alla porta della casa

di Michael e con un calcio la buttai giù. In casa non c‟ era nessuno però ad un tratto sentì un

rumore provenire dietro di me e infatti appena mi girai avevo un pistola puntata in faccia.

Michael subito tentò di spararmi ma con velocità io gli tirai un calcio in faccia e lo feci cadere a

terra. Subito lo ammanettai e chiamai la polizia Ero molto felice di aver concluso il caso.

PAOLO CODARIN

24

L‟odore del soffritto mi accoglieva nella cucina tutta di metallo, con svariate pentole appese agli

scaffali,in quel momento c‟ era un gran movimento di personale, per iniziare a servire ai

tavoli;allora mi diressi verso uno dei camerieri e gli chiesi il motivo di tutta questa agitazione;lui

mi rispose che lo chef era scomparso!!!

Mentre chiedevo ai passeggeri dove fosse la cabina di pilotaggi mi accorsi che una figura sene

stava andando dalla stiva con molta fretta, ma in quel istante non riuscii a scorgere il viso di

quella figura quindi non ci diedi molto peso.

Alcune ore dopo decisi di andare a vedere la cabina di pilotaggio,salite le scale mi ritrova dentro

una enorme stanza tutta dipinta di bianco con delle enormi finestre molto pulite e lucidate, e

un enorme timone fatto in legno massiccio e notai anche un uomo con la barba incolta delle

folte sopracciglia e due grandi occhi marroni vestito con un lungo vestito blu con un sacco di

medaglie, tra queste medaglie ne notai una che non notai in nessun altro ufficiale di questa nave,

il suo nome era Roland ;questo possente uomo mi si avvicinò e mi chiese cortesemente se mi

serviva qualcosa;io iniziai una lunga chiacchierata con lui e mi spiegò che Mario era un tipo

molto solitario e introverso, non amava molto socializzare con il resto dell‟ equipaggio; stava

tutto il giorno a lavorare al computer. Poi mi chiese qual era il mio nome, io cortesemente gli

risposi che ero l‟investigatore Marshal di scotlandeihard e che ero venuto su questa nave qui

per investigare sulla scomparsa di Mario Antonini detto anche lo chef.

Dopo aver ringraziato il comandante per la sua gentilezza e cortesia andai verso il luogo dove

Mario fu visto per cercare degli indizi, e mentre perlustravo il perimetro trovai un foglietto con

scritte delle lettere:elipis ma non sapevo cosa stava a significare. Al quel punto decisi di

dirigermi verso la mia stanza, entrato nella mia cabina che era anche essa dipinta di bianco con

delle decorazioni blu raffiguranti scene di pesca;accesi il mio cellulare e chiamai il mio

dipartimento, al quale chiesi di cercare tutto il possibile su Mario Antonini. Dopo alcune ore mi

richiamarono dicendomi il frutto delle loro ricerche:il distretto a scoperto che lo chef ha

lavorato molti anni per navi da crociera francesi occupandosi un po‟ di tutto: mozzo, lava piatti,

macchinista, aiuto cuoco e cameriere ; ma niente che poteva aiutarmi nelle indagini.

PAOLO CODARIN

25

Quindi iniziai a cercare fidanzate recenti parenti insomma persone che potevano serbare

rancore verso di lui, trovi solo il nome di una ex fidanzata di Angelica che guarda caso era

proprio imbarcata su questa nave; allora decisi di sfruttare questa fortuita coincidenza e di andare

a trovare questa Angelica Repton.

Allora mi diressi alla reception della nave per chiedere dove alloggiasse la signorina Angelica

Repton, la signorina della reception mi rispose che Angelica alloggiava nella cabina 101; quindi

decisi di dirigermi immediatamente alla sua cabina. Arrivato alla stanza della sospettata bussai

ripetutamente finche non mi accorsi che nella stanza non c‟era nessuno,quindi con l‟ aiuto di un

disponibile inserviente ed il suo paspartout riuscii ad entrare, trovai la stanza tutta in disordine,

ma nessuna traccia della signorina; però in quel putiferio trovai delle prove : vari mozziconi di

sigaretta con del rossetto sopra ed un computer.

Mi diressi in fretta e furia dal comandante per chiedergli se aveva visto la signorina Angelica ma

lui mi rispose di no , però mi disse anche che aveva visto la signorina in compagnia di un

cameriere di Martin Randolf . allora mi incamminai verso la cucina dove incontrai il cameriere ,e

lo sottoposi a un duro terzo grado nel quale li mi raccontò la gelosia che provava nei confronti

dello chef: lo invidiava perché la sua ragazza Angelica amava ancora lo chef, e che si era messo

con lui solo per ripicca nei suoi confronti; ma comunque aveva un alibi di ferro : era riuscito a

confermare che era stato tutto il giorno a preparare la festa di matrimonio di due viaggiatori.

Dopo tutto ciò andai a pensare nella mia cabina :che collegamento avevano la sparizione dello

chef e della sua ex? Ma soprattutto cosa gli era successo? Ma ad un tratto una brillante idea

squarciò la fitta tela dei miei pensieri, cori subito a prendere il computer della signorina Angelica

e provai a trasformare la parola:elipis in numeri cioè :224363475 e poi immetterli nel computer;

il computer si sbloccò e io potei accedere ai documenti recenti;lì trovi molte foto appartenenti

alla signorina :una bella ragazza di carnagione olivastra con lunghi e fluenti capelli castani, poi

trovai anche un documento recente con scritto:io mene vado da questo mondo e non lo farò

da sola, mene andrò via con il mio vero amore Mario, cene siamo andati insieme buttandoci in

mare. Prontamente chiamai il mio dipartimento , e gli dissi di venire qui con un elicottero, con

la scientifica per aiutarmi a cercare degli indizi per incastrare l‟ assassino.

Mentre camminavo sul pontile mi rivenne in mente un episodio che avvenne appena arrivato

sulla nave,mi venne in mente quella losca figura; allora mi diressi verso la stiva con la scientifica

che nel frattempo era atterrata sul pontile della nave,aprii la porta estraendo la pistola,

scendemmo le scale e facemmo una macabra scoperta, il corpo di Angelica e quello de3llo chef

PAOLO CODARIN

26

immersi in una pozza di sangue. Dopo che la scientifica raccolse le prove mi mostrarono una

medaglia che riconobbi subito era quella del capitano, dopo che fu arrestato ci raccontò il suo

movente era il movente passionale perché la sua ragazza Angelica amava ancora lo chef, e l‟arma

usata era nascosta nella sua cabina,era un lungo coltello da macellaio.

SIMONE GUERRIERI

27

La signora Kelly Roman si stava preparando per andare a dormire, ed erano le 22.34 del giorno

venerdì 20 agosto e nel suo appartamento regnava la pace…

All‟improvviso però, questa venne spezzata da un forte grido che proveniva dal quarto piano del

suo appartamento di West Street, a New York.

Kelly quindi decise di scendere in quel piano controllare ciò che era successo, ma quando entrò

nel corridoio del quarto piano alle 22.45 vide la giovane Mary Jonson accanto a suo padre, Nick.

Ancora sotto choc insieme alla ragazza, Kelly chiamò la polizia per informarli dell‟ accaduto.

Questi accorsero il più presto possibile all‟ appartamento di West Street insieme all‟ ispettore

Jack Hostrad, un tipo dalla lunga esperienza in campo investigativo.

Aveva risolto numerosi casi in America: Colorado, Texas, Virginia, Florida, Nord Dakota e

Philadelphia, senza contare che ne aveva risolti anche a Rio de Janeiro, Sidney, Mosca, Parigi,

Venezia e Tokio.

L‟ispettore Hostrad indossa sempre un cappello di pelle nero a diamante, un paio di scarpe di

marca nere e grigie canna di fucile e un completo nero con sotto una camicia grigia.

Subito gli agenti isolarono la zona con del nastro per poter condurre le indagini.

Per prima cosa bisognava capire qual‟ era l‟arma del delitto, poi il colpevole e infine trovare le

prove necessarie per poterlo incastrare.

La moglie di Nick Jonson, nonché la madre di Mary, arrivò con un giorno dopo perché era

andata in Europa, a Madrid per chiudere una trattativa di lavoro riguardante la progettazione di

una banca a Plaza del Carmen-

Già informata dell‟accaduto la signora Susan Conrad arrivò sul luogo del delitto con

un‟espressione cupa e triste ma con un leggero sorriso, quasi misterioso sul volto, commozione

malinconica o soddisfazione?

SIMONE GUERRIERI

28

Era insolito che una moglie dopo aver perso suo marito non avesse dei sintomi di malessere per

aver perso colui che amava… troppo strano, forse addirittura sospettabile, ma per ora il

ragionamento dell‟investigatore jack Hostrad doveva rimane sigillato dentro la sua testa, almeno

fino all‟autopsia.

Tre giorni dopo il delitto venne fatta l‟autopsia ed i risultati erano i seguenti: nessun segno di

scottature o bruciature;

nessun segno di graffi o tagli;

nessun segno riconducibile ad un pestaggio;

nessun segno di traumi o infarto;

nessun segno di accoltellamento.

C‟erano però segni di avvelenamento trovati nel sangue.

In seguito l‟ispettore decise di ricercare informazioni sulla vittima; ci lavorò per gironi quando

alla fine trovò quello che cercava ovvero, dove lavorava la vittima, quali posti frequentava, chi

lavorava nella sua azienda, dove era stato negli ultimi giorni e cosa aveva fatto nelle ultime

settimane.

Dopo aver ottenuto queste informazioni aveva iniziato gli interrogatori con più persone,

iniziando con il portiere dell‟appartamento di West Street.

Il portiere dopo una decina di domande era stremato e disse che, per evitare di interrogare tante

persone potevano direttamente andare a prendere le registrazioni della sorveglianza

dell‟appartamento per poter controllare tutto quello che era successo nei giorni precedenti.

Hostrad andò con il portiere nella sala di registrazione e trovarono notizie più che ottime per

poter condurre le indagini; videro che Nick Jonson era insieme ad un suo collega fuori

dall‟appartamento e sembrava che i due stessero discutendo di un affare importante, che, a

quanto pare doveva essere fondamentale per rimpinguare un po‟ le casse dell‟azienda di Jonson,

ma quel ragazzo, il collega, aveva un atteggiamento un po‟ nervoso… pareva che ci fosse

qualcosa tra i due che non funzionava… era sospettabile.

Successivamente i due individui si salutarono per poi darsi appuntamento più tardi al ristorante

sulla Sullivan Street, per continuare così la discussione in modo più tranquillo…

SIMONE GUERRIERI

29

Ma tutto questo non bastava all‟ispettore e quindi decise di proseguire a vedere le registrazioni

del quarto piano. Queste risalivano al giorno 18 agosto, alle ore 18.27 dove si vedeva una donna

dai capelli scuri che entrava nella camera 188, quella dove Nick Jonson morì e che subito dopo,

quella donna alle 18.31 la donna era già uscita.

Hostrad di conseguenza iniziò a sospettare che quella donna era la moglie del defunto; ma

perché una donna come lei si era potuta dimenticare qualcosa così tanto importante da tornare

a casa sapendo che la sera stessa, 20.45 doveva partire per la Spagna? Tutto ciò era insolito anche

perché Susan Conrad, certi errori non poteva permetterseli, specialmente in queste circostanze,

quelle di lavoro.

Quindi i sospetti di Jack si fecero più intensi al suo riguardo e sembrava che tutti gli indizi finora

trovati potessero condurre ad un avvelenamento iniziato da quel 18 agosto con la moglie, forse

stanca si stare con il marito, che poi all‟improvviso decide di avvelenarlo per toglierlo di mezzo

facendo pensare che non fosse stata lei ad ucciderlo perché al ritrovamento della vittima lei non

c‟era…

Tra loro sembrava che ci fossero stati molti disaccordi e litigi familiari, e anche questo poteva

rientrare in un‟altra prova per riuscire ad incastrare la donna.

Allora, con sufficienti argomenti sui quali lui poteva discutere con Susan, decise di interrogarla

per poterne sapere di più.

Una volta convocata in questura iniziò la lunga serie di domande per la donna: per prima cosa

l‟ispettore le chiese dove si trovava tra le 18,27 e le 18,31 del 18 agosto e lei rispose in questo

modo: “avevo dimenticato un fascicolo riguardante l‟impianto idraulico ed elettrico della banca

di Madrid in un giaccone, quindi, sono dovuta tornare indietro”. Era giustificabile, ma il

sospetto continuava ad esserci…

Con l‟ispettore aveva deciso di chiedere al distretto di svolgere delle indagini sulla figlia del

defunto: chiedendo ai suoi compagni se sapeva di divergenze tra la figlia ed il padre.

Successivamente Hostrad si reca a fare una passeggiata a Central Park per riordinare le idee.

Aveva iniziato a pensare ai vari moventi dei sospettati: “la moglie non aveva un vero movente a

parte il sospettato delitto passionale, pensare che il marito avesse un‟amante, ma questo era

incerto come il suo freddo comportamento del vedere il marito morto”. La sospettata numero

SIMONE GUERRIERI

30

due era la figlia che, al contrario della madre, era di carattere introverso, sembrava serbare

rancore verso i propri genitori. Infine c‟era il portinaio che comunque pareva un tipo losco e

poco raccomandabile.

Questi pensieri continuavano a martellagli la testa, finché lo squillo del cellulare lo riportò alla

realtà.

Era il distretto che gli comunicava una notizia alquanto inaspettata: la figlia non si trovava più!

Dopo alcuni giorni era ritornata a New York, ma una volta chiesto dov‟era stata lei rispose in

questo modo: “vengo da un viaggio in Oceania. Sono dovuta partire per incontrare una persona

che sta seguendo un mio progetto” poi, spiazzando tutti se n‟era andata-

Di conseguenza Hostad aveva deciso di interrogare Susan Conrad sulle loro questioni familiari.

Dopo varie supposizioni poste nei confronti della moglie del defunto l‟ispettore iniziò

l‟interrogatorio: tra lei (la moglie) e suo marito ultimamente non c‟era proprio un bel rapporto,

anzi Susan aveva il sospetto

Che la stava tradendo visto il rapporto molto distaccato e poco amichevole. Questo sarebbe

stato un buon movente.

Il rapporto tra figlia ed i genitori invece era buono, visto anche il buon carattere della ragazza;

l‟unica cosa che la figlia pretendeva era di avere la possibilità di avere una casa in Australia per

poter studiare come naturalista.

Questo sogno era maturato dopo il diploma ricevuto tre anni prima ma, Susan e Nick erano

fermamente contrari alla decisione della figlia.

Tre settimane dopo prendendo tutti di sorpresa, Jack Hostrad fece arrestare la figlia Jennifer

Jonson con l‟accusa di omicidio colposo. Ecco com‟era arrivato alla decisione:

Era stato trovato un video delle registrazioni della sorveglianza dove Jennifer entrava nella camera del delitto e mette del veleno nelle pastiglie della pressione del padre;

Nick Jonson era saldamente assicurato e, con la sua morte i soldi dell‟assicurazione sarebbero stati trasferiti sul suo conto bancario e nel video si vedeva chiaramente che la ragazza aveva in mano la carta di credito;

Con i soldi ricevuti lui doveva andare a costruire una casa in Australia (quella che era andata a vedere un paio di settimane prima) e vivere serena e sola in quel posto;

SIMONE GUERRIERI

31

Con la morte del padre, la madre doveva essere la principale indiziata visto il suo comportamento con il marito, quindi lei l‟avrebbe fatta franca;

Inoltre negli ultimi mesi Jennifer aveva litigato fortemente con Nick e questo era un altro movente per ucciderlo;

Quando Kelly Roman ha sentito il grido della ragazza, subito quel gesto doveva far partire le indagini che avrebbero reso lei era innocente.

Tutto ciò era stato programmato dalla figlia come “il delitto perfetto”, ma lo zampino di

Hostrad ha cambiato tutto!

FEDERICA PANZERI

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Era un giorno come un altro quando nel commissariato di Lecco, il commissario Marcello

Garraffa ricevette una telefonata:”Pronto chi parla?” chiese Garraffa mentre fumava il suo sigaro

cubano.

-“Presto, abbiamo trovato un cadavere nel lago di Lecco. Da quello che si può capire

sembrerebbe una donna.”

-“Arriviamo subito, diteci la posizione esatta in cui siete”.

-“Siamo in via Alighieri “

-“Bene prendiamo l‟auto e arriviamo immediatamente li da voi”

Il commissario chiamò l‟ agente Antonio Schito e altri agenti della polizia.

Uscirono di corsa dalle scale dell‟ antico edificio qual‟era il vecchio commissariato, una

costruzione avviata nel 1800.

Era costituita da quattro piani nel quale lavoravano circa 30 poliziotti.

Il palazzo era rifinito con delle decorazioni in oro ed era abbellito con dei quadri molto belli,

alcuni risalenti al XVII secolo.

Mentre Lello, così era soprannominato il commissario, e i suoi agenti salivano in macchina,

erano passati ben 10 minuti.

La macchina la guidava l‟agente Schito, che dopo averla messa in moto partì a tutta birra.

Durante il tragitto dal commissariato alla via Alighieri, Lello contattò il medico legale per farlo

venire nel luogo in cui era stato ritrovato il corpo.

Arrivarono dopo 15 minuti dalla chiamata, dato che c‟era molto traffico, perché erano appena

iniziate le vacanze estive e molte macchine si stavano avviando verso l‟autostrada per andare in

ferie.

FEDERICA PANZERI

33

-“Eccoci, qua, siamo arrivati” disse l‟agente Schito, soprannominato Tonino, mostrando

orgogliosamente il distintivo di polizia ai presenti .

-“Bene, guardate un po‟ li, vedete il corpo?”

-“Si, lo vediamo, presto chiamiamo un pescatore per farci avvicinare al corpo e recuperarlo.”

Il commissario si avvicinò ad un uomo rozzo e gli chiese :”Scusi potremmo prendere in prestito

la sua barca, dovremmo recuperare una cosa in acqua”.

L‟uomo con un „aria di chi la sa lunga rispose di si e li invitò a salire.

-“Bene aspettate però che vi spieghi come funziona. A chi devo spiegare come si guida la mia

“piccola bambina”?”.

-“A lui” disse Lello indicando l‟agente Schito.

-“Su dai Tonino, dimostraci che sai guidare anche una barca”.

-“Va bene Lello, però lo faccio solo perché siamo amici, altrimenti non ci penserei proprio di

guidarla viste le sue condizioni precarie”.

Poi il pescatore chiese:”A chi devo spaccare la testa se la mia barca si rompe?”

-“Al nostro amato commissario, dato che è lui che mi ha voluto affidare il compito” rispose

l‟agente sghignazzando dietro alle spalle di Garraffa.

Dopo che il pescatore spiegò all‟agente come si guidava la barca, iniziò il recupero del corpo.

Arrivati a 50 cm di distanza dal cadavere, gli uomini della polizia si infilarono i guanti, perché

non dovevano lasciare traccia delle loro impronte digitali in modo tale da non compromettere i

risultati delle analisi dell‟autopsia.

-“Ok, chi si butta nell‟acqua per recuperare il corpo?”

-“Io, no di sicuro, ho condotto la barca ed è già tanto” intervenne l‟agente Schito.

-“Va bene, tu Tonino non andrai a recuperare il cadavere, ma allora chi ci va?”

-“Perché non ci va lei commissario?” disse uno degli agenti presenti sulla barca.

FEDERICA PANZERI

34

-“Se insistete tanto……”

Il commissario Garraffa coraggiosamente, si spogliò e si buttò nell‟acqua gelida del lago e dopo

aver nuotato per pochi secondi, prelevò il corpo e nuotando lo spinse verso la barca.

Lo porse a degli agenti e infreddolito si tirò su sulla barca.

Tremando, prese uno straccio e se lo mise sulle spalle.

Schito riprese il viaggio di ritorno verso la riva del lago, mentre Garraffa si rimetteva i vestiti.

Scesi dalla barca comparve una donna molto bella che con l‟aria un po‟ sorpresa chiese a

Lello :”Deve essere lei il famoso commissario Marcello Garraffa”.

-“Si, sono io, mi scusi se sono conciato così ma mi sono dovuto buttare nell‟acqua per

recuperare il corpo. Lei deve essere il medico legale, giusto?”

-“Ebbene si, sono io”.

-“Ecco, tenga il cadavere e lo analizzi con cura mentre noi ritorniamo in commissariato e

appena avrà finito ci porti i dati delle analisi”

Garraffa con Schito e gli altri agenti si infilarono dentro la macchina della polizia.

Più tardi dopo essere ritornati nel commissariato arrivarono i dati delle analisi.

Era una donna dall‟età compresa fra i 20 e 30 anni, più probamente 25 e si chiamava

Lucia Vocino, era una studentessa in Giurisprudenza.

Sui suoi vestiti non c‟era nessun segno particolare a parte un capello il cui DNA non

corrispondeva a quello della vittima ma ad un certo Marco Magni, infatti il commissario chiese

subito a Schito di trovare il numero dell‟uomo e di contattarlo per farlo venire in commissariato.

Dopo mezzora arrivò un uomo alto 1,80 cm., molto robusto ed atletico che li salutò

cordialmente.

-“Perché mi avete fatto chiamare, ho per caso superato qualche semaforo rosso?”

FEDERICA PANZERI

35

-“No, l‟abbiamo fatta chiamare per il motivo che abbiamo rinvenuto il cadavere di una certa

Lucia Vocino, la conoscete per caso? Abbiamo trovato sui suoi vestiti un capello che

apparteneva a voi. In che rapporti era con la donna?”

-“Mi dispiace, non lo sapevo, comunque, lei era una mia cara amica, ci incontravamo sempre ed

io…….”

-“E lei….. cosa?”

-“Io l‟amavo, ma lei mi considerava come un semplice amico, infatti era già fidanzata e fra

qualche mese si doveva sposare,mi pare il 9 settembre” disse Marco

-“Dite la verità, voi eravate geloso di lei e per vendetta l‟avete uccisa, giusto!!!!”

-“No, io non l‟ho uccisa , io l‟amavo perché l‟avrei dovuta uccidere, al massimo, seguendo la

vostra teoria avrei dovuto uccidere il suo fidanzato, ma non l‟avrei fatto comunque!”

-“Giusto il suo fidanzato, presto Tonino, contattalo e chiedigli di venire immediatamente!”

Successivamente arrivò il fidanzato tutto sudato che con la faccia stupita guardò prima Garraffa e

poi Marco.

-“Per quale motivo mi avete fatto chiamare? Cosa ci fa Marco qua?”

-“Non lo sa che abbiamo trovato nel lago la sua fidanzata?

-“Che cosa, state scherzando?”

Dicendo quella cosa scoppiò in un pianto amaro e non riusciva a respirare dal dolore.

-“Mi scusi , ma dobbiamo continuare con l‟interrogatorio”.

-“Va bene ditemi”

-“Quando è stata l‟ultima volta che ha incontrato la sua fidanzata?”

-“L?ho incontrata stamattina alle 10 ed era in ottima forma.”

-“Che strano il corpo è stato rinvenuto questa mattina poco dopo!”

-“Lo giuro io non l‟ho ammazzata a settembre ci dovevamo sposare!”

FEDERICA PANZERI

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Il commissario Lello si rivolse poi a Marco e gli chiese:”Dove si trovava all‟ora del delitto

esattamente alle 10.30?”

-“Ero nel mio bar in via Alighieri”

-“Anche il corpo è stato trovato proprio li vicino!”

Successivamente Garraffa disse a l‟agente Schito:”Tonino avverti gli altri che il signor Marco

Magni è in stato di fermo ed ora voglio proseguire con il fidanzato della vittima”.

-“Lei come si chiama mi scusi lo può ripetere?”

-“Sono Mirko Romagnano”.

-“Lei invece dove era durante l‟ora del delitto?”

-“Ero li in zona, certo, avevo appena incontrato Lucia. Precisamente ero in via Garibaldi, la

conosce?”

-“Certo, è la via che svolta dietro al bar”

-“Posso andare?”

-“Si, ma si tenga sempre a disposizione, capito!”

-“Sarà fatto, grazie e arrivederci”

Finito l‟interrogatorio l‟agente Schito andò dal commissario per fare il punto della situazione.

Iniziò a parlare Garraffa:”Di sicuro è stato un omicidio, ma devo dire che sono in difficoltà.

Anche il fidanzato della ragazza non mi dice nulla di buono”

-“La stessa cosa per me, Lello” disse l‟agente.

-“Per ora teniamo il fermo del signor Marco ma poi proseguiremo con le indagini.

Già che ci sei, convoca tutti i parenti e i conoscenti della vittima, domani li interrogheremo tutti.

Adesso sono stanco, devo ritornare a casa, ho un impegno”.

-“Con chi?”chiese curioso l‟agente Schito.

-“Cose che non ti riguardano!”

FEDERICA PANZERI

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-“Va bene, stai calmino, ci vediamo domani”

-“A domani”

Il giorno dopo in commissariato si presentarono 11 persone per essere interrogate.

-“Uno alla volta vi prego!”disse il commissario, e così dicendo fece entrare la prima persona, era

una donna di nome Daniela Vocino, 25enne.

-“Buongiorno signorina, lei chi è?”

-“Sono la sorella gemella della vittima e ho scoperto solamente stamattina che mia sorella è

morta!”

-“Infatti, devo dire che notavo una certa somiglianza, comunque, come era il rapporto fra lei e

sua sorella? Avevate per caso litigato di recente?”

-“Eravamo ottime sorelle, solamente due giorni fa avevamo avuto una piccola lite, ma niente di

grave.”

-“Ditemi il motivo di questa lite?”

-“Avevamo litigato perché……. Mi ero innamorata del suo fidanzato e lei non voleva che avessi

una relazione con lui”.

-“Allora, per vendetta l‟avete ammazzata, non è così?”

-“No, io le volevo un bene dell‟anima e non le avrei fatto niente di male!”

-“Dove si trovava ieri alle 10.30?”

-“Ero nel parco qui vicino a fare una passeggiata”.

-“C‟è qualcuno che lo può confermare?”

-“No, ero da sola”

D‟un tratto un uomo entrò di iniziativa nell‟ufficio dicendo:”L‟ho vista io al parco e posso

confermare il suo alibi!”

FEDERICA PANZERI

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-“Bene allora può andare signorina, continuiamo l‟interrogatorio con lei,signore”disse poi

l‟agente Schito, che ormai non ci capiva più niente di quel caso così complicato.

-“Lei, chi è ?”

-“Sono l‟ex fidanzato della ragazza di prima, mi chiamo Adelmo Isella”rispose l‟uomo con voce

tremante.

-“Mi dica, lei in che rapporti era con la vittima?”

-“Era una semplice amica”

-“Quindi lei era l‟ex fidanzato della sorella gemella della vittima, e come mai vi siete lasciati?”

-“Mi ha lasciato lei, forse amava un altro uomo!”

Dopo avergli detto quelle parole, Garraffa ragionò su quello che gli aveva detto la sorella

gemella della vittima, infatti gli aveva confidato che si era innamorata del fidanzato di sua sorella

e che c‟era stata una piccola lite fra di loro.

Successivamente l‟agente Schito chiese all‟uomo:”Alle 10.30, dove si trovava lei?”

-“Ero nel parco, infatti ho visto la mia ex fidanzata!”

-“Giusto, ora lei può andare!”

Continuarono quegli estenuanti interrogatori che si conclusero molto tempo dopo; alla fine

non scoprirono niente di buono.

-“Tonino, intanto, avete trovato l‟arma del delitto, oppure la donna è morta di

affogamento?”chiese il commissario Lello.

-“Si, l‟abbiamo trovata, vicino alla riva del lago, infatti sul corpo della vittima si vedevano dei

segni di accoltellamento, e come dice il medico legale, molto probabilmente la vittima, prima è

stata accoltellata,circa una decina di volte e poi è stata buttata nel lago e così è morta per

annegamento”.

-“Sul coltello ci sono dei segni particolari?”

-“Non lo sappiamo ancora deve essere analizzato!”rispose l‟agente Schito.

FEDERICA PANZERI

39

-“Tonino, mi è venuto in mente una cosa importantissima, presto, vai nel bar di fronte al lago e

chiedi se il signor Marco Magni era li alle 10.30 e chiedi in zona se qualcuno ha visto anche il

signor Mirko Romagnano, poi ritorna subito qui!”

L‟ agente Schito, salì rapidamente in macchina e se ne andò, intanto il commissario ricevette da

un ispettore un foglio con le analisi del coltello e guardò sorpreso il risultato; per avere

un‟ulteriore conferma chiese all‟ispettore:”Ispettore Amati richiami immediatamente la sorella

della vittima!”

L‟ispettore si affrettò a prendere in mano il telefono e a contattarla.

Dopo 5 minuti la signorina arrivò in ufficio e il commissario le chiese:”L‟uomo che prima le ha

confermato l‟alibi, voi l‟avete visto nel parco?”

-“Se devo essere sincera no!”

-“Bene, proprio quello che mi immaginavo!”

-“Ispettore Amati, presto, venga subito qua!”

-“Eccomi, mi dica che cosa devo fare?”

-“ Vada in giro per il parco qui vicino e chieda se qualcuno ha visto l‟ex fidanzato della sorella

della vittima, lei, intanto, signorina, può andare, ma rimanga a disposizione”

-“Va bene, salve”

Mentre il commissario Lello Garraffa, ragionava su chi potesse essere l‟assassino, l‟agente Schito

arrivò di corsa e gli disse:”L‟alibi del signor Marco è valido, proprio come diceva lui, lavorava nel

suo bar, invece nessuno dichiara di aver visto il signor Mirko a quell‟ ora in via Garibaldi.

Dopo 10 minuti arrivò anche l‟ispettore Amati che comunicò a Lello quello che voleva sapere.

Poi il commissario fece una telefonata e dopo comunico agli altri:”Presto saliamo, in macchina

so, chi è il colpevole!”disse con voce sicura.

Finalmente arrivarono nel luogo indicato da Garraffa e salirono le scale dell‟abitazione.

-“Confessi, è lei il colpevole dell‟omicidio signor Adelmo Isella, lui di scatto si girò. -“Dica

la verità, lei alle ore 10.15, di corsa, è passato per il parco, vedendo la sua fidanzata, che però lei

FEDERICA PANZERI

40

credeva fosse la sorella, perché lei, infatti non voleva uccidere Lucia, ma Daniela, la sua fidanzata,

perché l‟aveva lasciato. Così di corsa, vicino al bar ha incontrato Lucia, scambiandola per Daniela,

e dopo averla accoltellata, l‟ha spinta nel lago, giusto?”

-“Come fa a dire che sono stato io, che prove ha?”

-“Prima di tutto sul coltello che abbiamo trovato c‟era il suo DNA e le sue impronte digitali, per

di più, quando l‟ho interrogata, ho notato un piccolo taglietto, ancora un po‟ sanguinante, con

la crosta appena formata, se lo sarà fatto con il coltello, vero? Per di più nessuno l‟aveva vista al

parco alle ore 10.30, come lei sosteneva, anzi una donna ci ha detto di averla vista vicino al bar e

quindi, tutto ricade su di lei!”

-“E il signor Mirko, il fidanzato di Lucia, ho sentito in giro che il suo alibi non era stato

confermato?”

-“Invece, si, prima di venire qui, ho fatto una telefonata e un vecchio uomo di mia conoscenza,

che abita in via Garibaldi, mi ha confermato l‟alibi del signor Mirko Romagnano, infatti mi ha

detto di averlo visto. Vuole confessare si o no?”

-“Va bene sono stato io, non sopportavo l‟idea di vedere la mia ex con un altro uomo e così la

volevo uccidere, ma per sbaglio, ho ucciso sua sorella gemella!”

-“Ora venga con noi in commissariato!”

Così il caso fu risolto brillantemente dal commissario Marcello Garraffa, soprannominato Lello,

e da l‟agente Antonio Schito, soprannominato Tonino, due grandi poliziotti che rimasero nella

storia per aver risolto un caso difficilissimo.

GIANLUCA MASINI

41

Erano esattamente le 5:25 quando in ufficio arrivò una chiamata da parte della cuoca di Villa

Cipro. Essa con grande tristezza mi disse che la contessa era stata colpita alle spalle da un colpo di

pistola. chiamai allora il mio vice italo-inglese Eduard e ci avviammo verso la villa

Li ci aspettava la cuoca e due pattuglie di carabinieri. Dopo aver pasteggiato la macchina chiesi

informazioni su quanto accaduto al capitano dei carabinieri : “sospetti?” “un maggiordomo e

un giardiniere” un classico pensai tra me e me.

“ora del decesso?” “5:00”

La chiamata quindi era arrivata 25 minuti il tempo per cancellare le macchie di sangue e ripulire

tutto.

“abbiamo l‟arma del delitto ?” “si, un pugnale“

“aspetta ,un pugnale? ma la cuoca aveva detto che era stato ucciso con una pistola“ “voglio un

colloquio con il giardiniere, il maggiordomo e la cuoca subito !”“si signore” rispose con voce

tremolante il carabiniere.

Mi diressi poi verso Eduard che nel frattempo aveva esaminato insieme al medico legale nella

sala da pranzo,luogo in cui era stato commesso il delitto,scoprendo un fatto eccezionale. La

vittima era stata colpita in pieno stomaco da un colpo di pugnale ma ere stata colpita anche alle

spalle da un colpo di pistola. Potevo dedurre quindi che forse l‟assassino avendo solo una

pallottola abbia preso male la mira ferendola,solamente e completando il delitto con un pugnale

trovato all‟interno della casa. Successivamente mi raggiunse il capitano che aveva organizzato

l‟interrogatorio con i 3 sospettati nello studio della villa. Inizia ad interrogare la cuoca.

“mi scusi signorina,dove si trovava nell‟ora del delitto?” “in cucina,stavo preparando il solito te

alla signora Stuart” “bene, invece lei signor maggiordomo dov‟era all‟ora della morte?”

MATTIA BIANCHI

42

Una mattina d‟inverno un uomo di nome Sandro; alto , castano e sempre molto solare andò con la sua famiglia in montagna. In questo luogo, Sandro tanti anni fa aveva acquistato una piccola casa per le vacanze, dove trascorreva con la sua famiglia alcuni giorni di riposo. Durante il periodo che non andavano lì, la casa veniva pulita e controllata da Mara, una donna sulla cinquantina bassa con i capelli neri e un viso molto magro, la signora puliva quasi tutte le case del vicinato come se fosse un lavoro e, puliva anche la casa di Mauro, un vecchio amico d‟infanzia di Sandro. Appena arrivati Sandro pensò di andare a far visita a Mauro che stava due villette dalla sua casa. Quando fu vicino alla villetta vide una persona vestita di nero, vicino alla porta del suo amico, Sandro si avvicinò per chiedergli se aveva bisogno, e notò che aveva un sacco dietro di se, quando improvvisamente tirò fuori un oggetto appuntito e glielo conficcò nel petto e scappò. Si udì un urlo agghiacciante da mettere i brividi, e Mauro spaventato aprì la porta di casa e, vide Sandro disteso sulla neve in una pozza di sangue. Spaventato chiamò la polizia, dopo mezz‟ora arrivò un ispettore alto, calvo deciso e molto attento con il suo collaboratore che era basso , con dei capelli molto spettinati, che aveva l‟aria molto sbadata. Quando l‟ispettore arrivò la scena era molto brutta, la neve era macchiata di rosso e il cadavere era stato avvolto da un lenzuolo bianco che, oramai era diventato color mattone. Analizzarono la scena, l‟ ispettore capì che ad uccidere Sandro era stato un oggetto appuntito e ovale e, credeva fosse stata un‟arma improvvisata. In seguito l‟ ispettore chiese di interrogare sia Mauro che la sua famiglia e in seguito anche le persone del vicinato.

MATTIA BIANCHI

43

In molte case non c‟era nessuno , ma un anziano aveva confermato che in quasi tutte le case del vicinato c‟erano stati dei furti e, le persone non sapevano chi fosse stato. Appena entrati nella casa di Mauro , Amanda sua moglie, li salutò e chiesi i loro cappotti e li fece accomodare in sala. L‟ ispettore chiese ad Amanda : “ quando ha sentito l‟ urlo ?” - In realtà non ho sentito l „urlo, ero in cantina a mettere i panni nella lavatrice, - rispose Amanda. L‟ ispettore incuriosito chiese: “ ma allora se lei era in cantina , Mauro dov‟era?!” Mauro rispose che era in cucina a preparare la cena, l‟ ispettore stralunato chiese se c‟era qualcun‟ altro in casa insieme a loro, Amanda e Mauro risposero che con loro c‟era anche Mara, la donna delle pulizie che era in taverna a stirare. L‟ ispettore con il suo collaboratore scesero le scale buie e sdrucciolevoli , per andare in taverna ad interrogare Mara. L‟ ispettore arrivato in taverna vide Mara stirare e le chiese dov‟era quella stessa mattina, Mara rispose che era in taverna a stirare, l‟ ispettore incuriosito chiese se lei facesse pulizie anche nelle altre case del vicinato e Mara rispose che erano anni che oramai faceva le pulizie in quasi tutte le case del vicinato. L‟ ispettore essendo a conoscenza dei furti avvenuti negli ultimi tempi nelle case vicine, chiese alla signora se poteva raggiungere Mauro ed Amanda al piano superiore in quanto avrebbe dovuto fare alcune perquisizioni e controlli in taverna. Mara con aria molto preoccupata salì al piano superiore. In seguito il collaboratore dell‟ispettore notò una porta secondaria in taverna che portava all‟entrata principale della villetta , varcando la soglia notò delle impronte di sci. Fece notare il particolare all‟ispettore e senza dire nulla il collaboratore decise di salire di sopra . L‟ ispettore in seguito trovò un sacco enorme dietro alla porta secondaria, con all‟interno degli abiti di colore nero, e molti oggetti di valore e, trovò anche un trofeo di Mauro imbrattato di sangue e lo diede ad un poliziotto per effettuare delle analisi sul sangue e rilevazione impronte. Dopo un paio d‟ore arrivarono i risultati di analisi che confermavano che le impronte corrispondevano a Mara. L‟ ispettore fece vedere a Mara i risultati di analisi , e Mara riuscì solamente a controbattere dicendo che lei di solito puliva anche i trofei quindi era normale che le sue impronte fossero state rilevate sul trofeo.

MATTIA BIANCHI

44

Ad un certo punto entrò il collaboratore che aveva scoperto che le impronte degli sci, corrispondevano agli sci di Mara trovati nello sgabuzzino ancora bagnati dalla neve e con macchie di sangue sopra . Mara fu arrestata perché in seguito trovarono impronte anche sul sacco che conteneva oggetti rubati alle altre famiglie in più fu accusata di omicidio , e la pena inflitta fu l‟ergastolo. Il caso fu chiuso, ed un „uomo innocente è morto per un semplice furto , trasformatosi in disgrazia. La neve iniziava a sciogliersi , sparendo così anche le ultime macchie di sangue

FEDERICA LOMAZZI

45

Era il 19 luglio del 1990, quando mi arrivò una lettera da mia nonna, dicendomi che il nonno,

con cui avevo passato gran parte della mia vita, era morto,ma gli promisi che mi sarei occupata

io del caso, d‟altra parte, ero un‟ investigatrice da 12 anni ….

In quel momento “crollai”, ma decisi di andare lo stesso a casa di Harry, per vedere se in qualche

modo, potevo essere d‟aiuto, o se aveva lasciato un indizio prima di andarsene.

Arrivata a casa sua, sulla sua scrivania in ciliegio, c‟era una lettera per me, che diceva:

18 luglio 1990

Cara nipotina adorata, so che

È giunta la mia ora, e so che

Mi mancherai da morire ……

Ma voglio che tu sappia una

cosa:c‟è uno scrigno del male o

del diavolo, dove, una volta

aperto può decidere le sorti

delle persone ….

P.S. è nella mia libreria !!!

FEDERICA LOMAZZI

46

Così mi rivolsi verso la libreria, ma io non vedevo nessuno scrigno, ma vidi un libro che era più

in fuori rispetto agli altri, come se qualcuno non aveva fatto in tempo a prenderlo, così lo tirai

fuori, e all‟improvviso, una parete della libreria si girò, lo scrigno era su un altare di vetro, dentro

una teca, anch‟essa di vetro, così lo presi, e ritornai a casa mia, per studiarlo meglio.

Passò quasi mezza giornata, e ormai, l‟avevo studiato per bene, ma c‟era una domanda che mi

tormentava :<Se lo apro, cosa succede?,Sarà vero che decide il destino di ognuno di ognuno di

noi?>

Questo, era ancora da scoprire … ma in tanto, mi chiamò una signora dalla voce ansiosa e

terrorizzata,e mi disse che suo marito era morto, e che centrava uno scrigno, a quel punto andai

in quel paesino, molto piccolo, chiamato Forks, di soli 3120 abitanti, comunemente chiamato

anche”paese dei misteri”, perché di tanto in tanto, succedono cose strane, misteriose …

E, arrivata alle porte di questo paesino, incontrai una persona del villaggio, che mi fece entrare,

rimasi incantata dalla bellezza di questo posto immerso nel verde, e nella gentilezza, nella

disponibilità degli abitanti.

Seguendo le indicazioni, arrivai alla casa della signora, mi fece entrare in casa, raccontandomi

dell‟accaduto, e dicendomi che da giorni, suo marito, continuava a parlargli di questo scrigno, e,

se aperto poteva far anche diventare una persona,se ritenuta consapevole, IMMORTALE ….

Così mi raccontò che suo marito, dopo alcuni giorni, morì, ma la moglie, Ainette, mi disse

anche, che in mano, aveva uno strano ingranaggio, ma che non sapeva ne a cosa serviva, ne da

dove veniva.

Intanto, andai in cerca di qualche indizio per il paese ... Strada facendo, trovai per terra un foglio

appallottolato, lo aprii, c‟era scritto:< Le mie giornate si fanno cupe senza quello scrigno, lo devo trovare ad ogni costo, sono disposta perfino ad uccidere …>

Rimasi sorpresa da questo frammento di pagina di diario, non pensavo che questo scrigno

potesse fare così tanto male, dalla scrittura e dal modo di scrivere, sembrava una donna. Più a

vanti, trovai una ragazza vestita di nero, che raccoglieva qualche cosa da terra, ma appena io mi

avvicinai, lei scappò via, così le corsi dietro, le cadde, io la afferrai per un braccio,e la portai a casa

di Ainette, per vedere se in qualche modo poteva averla già vista, o se magari la conosceva già;

lei disse di no, e a quel punto cercai di capire cosa fosse successo quella mattina infernale. Così

decisi di interrogare la ragazza e lei mi disse che stava raccogliendo dei fogli che con il vento, gli

FEDERICA LOMAZZI

47

erano caduti giù dalla finestra, allora gli feci vedere il pezzo di carta che avevo trovato, lei

strabuzzò gli occhi, gli dissi che era una sospettata e di non allontanarsi da Forks …

Per ora era l‟unica sospettata, e più il tempo passava, più mi rendevo conto che era lei l‟artefice

di tutto; parlando con gli abitanti loro mi dissero che quella ragazza era molto strana, era

possessiva, e ciò che voleva lo riusciva ad ottenerlo, indipendentemente se era giusto o sbagliato.

Intanto nuovi sospettati erano presenti nella lista: familiari, amici …

Tornai all‟hotel per ispezionare lo scrigno e l‟ingranaggio trovato nella mano del defunto, decisi

di aprirlo, ma dentro trovai solo un oggetto dalla forma strana, ma decisi di rimettere tutto a

posto e ritornai in città.

Ripercorrendo la strada dove trovai il bigliettino, incontrai una fanciulla dal volto familiare, ma

non l‟avevo mai incontra qui a Forks. Volevo fermarla per parlargli, ma sembrava molto agitata

e decisi di lasciarla andare, ma decisi comunque di seguirla, si stava dirigendo all‟hotel dove

alloggiavo , entrò, salì le scale,e guardandosi attorno, entrò nella mia stanza, la 483, sicuramente

cercava lo scrigno, lo trovò sulla mia scrivania, entrai all‟improvviso, e con grande sorpresa vidi

che era Ainette, la presi e con stupore la portai via, confessò tutto:< Volevo lo scrigno per diventare ricca e immortale …>

Ritornai nella mia stanza, presi lo scrigno e inserii l‟ingranaggio, all‟improvviso, uscì dallo

scrigno una nube nera che si disperse nell‟aria.

Tutta questa vicenda diventò solo un triste ricordo da dimenticare …….

MARTA SOSIO

48

In quell‟alba suonò l‟allarme della chiesa e un frate si svegliò per vedere se poteva catturare il ladro; in fretta e furia

arrivò in chiesa e pensò subito di dirigersi dove aveva lasciato il tesoro di re Davide donato ai benedettini, era un

oggetto di grande valore. Il frate Biffu vide che era scomparso, ma il ladro si aggirava ancora in chiesa; lo vide nel

buio che cercava di trovare la via d‟uscita ma alla fine il rapinatore prese una bottiglia di vetro e gliela ruppe in testa

fuggendo. Il frate si trovò per terra e il mattino seguente tutte le persone del quartiere andarono a vedere cosa era

accaduto, perfino sul giornale di quel mattino era stato scritto della sottrazione. Io mi incamminai leggendolo: il

furto era stato compiuto con lo stile di Perez, cioè il mio perché in realtà io avevo due identità: la prima come

investigatore con il nome di Francesco Sosio e la seconda come ladro Alessandro Perez, ma nessuno lo sapeva

quindi ero stato accusato senza prove. Arrivato alla mia agenzia, c‟era la segretaria, la salutai e gli dissi:“Portami la

guida di Milano per andare a fare un‟indagine.” La segretaria me la portò subito. Intanto il signor Zilon, un

investigatore e gentiluomo vestito sempre con giacca e cravatta, con baffi neri e capelli pettinati con molta cura,

incontrò un amico che gli fece vedere il giornale dove c‟era scritto: un colpo sensazionale, hanno rubato un tesoro

nella chiesa di san Giovannes, più di 20 milioni d‟oro!”

“È una cosa che riguarda il distretto di polizia” disse Il signor Zilon

“Io credevo che ti interessasse visto che è un colpo fatto proprio con lo stile di Perez.”

Appena sentita questa informazione Zilon, gli prese il giornale e lo portò con sé nel suo studio perché doveva fare

un rapporto su Perez. Egli glielo portò al commissario Bielli e quando lo lesse disse:“È assurdo, assurdo e ridicolo, il

suo non è un rapporto ma un romanzo; chi mi fa credere che questo Francesco Sosio, detective privato, sia

Alessandro Perez? Che prova ha in mano? Non ce né nessuna, caro Zilon, mi aspettavo di più dal suo fiuto, ora vada

via!” Il signor Zilon chiuse la porta e si diresse nel suo studio; dopo di lui arrivò la segretaria del commissario che le

raccontò tutto

“Sarà il dispiacere, ha perso la moglie.” Rispose la segretaria

“È morta?”

“No, hanno divorziato”

“Aah, allora non è grave!”

Il signor Zilon Nel frattempo ricevette una telefonata dall‟ex moglie

MARTA SOSIO

49

“Ah, sei tu cara hai ricevuto il mazzo di garofani? Senti l‟odore e pensa a me, grazie per avermi chiamato mi fa

proprio piacere! Tesoro ho tanta voglia di rivederti; senti Olga ti andrebbe di fare un pic-nic?”

“Ma cosa ti viene in testa, abbiamo divorziato da cinque mesi e vuoi che venga con te? Sai il pranzo sull‟erba non mi

piace, però non ti offendere; puoi chiamami dopo dato che ora devo andare, ciao caro Zilon!”

“Ciao Olga.”

Intanto nel palazzo di Olga la portinaia stava passando per distribuire il giornale in tutte le porte delle abitazioni. Il

signor Zoppetto aprì la porta per prendere il giornale e in quell‟istante uscì anche Olga che stava andando a fare la

spesa. La signora era una donna molto attraente, capelli biondi, occhi azzurri, un po‟ schizzinosa e vestita molto

elegantemente. Nel frattempo l‟ispettore Zilon volle recarsi all‟agenzia Sosio; appena arrivato, trovò solo la

segretaria che disse:

“Il signor Francesco Sosio non c‟è posso esserle utile?”

“Polizia.” Disse tirando fuori il tesserino di riconoscimento

“Lei è l‟ispettore Zilon, il mio datore di lavoro parla sempre di lei e mi ha detto che vi siete trovati insieme a lavorare

in diversi casi, se ricordo bene.”

“Oh, sì ma avrei fatto anche a meno di lui.”

“Il signor Sosio riceve solo per appuntamento”

“Oh, non occorre nessun appuntamento, grazie! Adesso so dove trovarlo.” Salutò e se ne andò.

Era andato alla chiesa di san Giovanni. Quando egli arrivò, io stavo parlando col frate di quel furto:

“Una vera catastrofe! Quando lo scoprirà il vescovo, era un ciborio d‟oro massiccio, era così pesante che prima di

sollevarlo dovevi fare un respiro, anche il tabernacolo ha preso.”

“Anche il tabernacolo era d‟oro?” gli domandai.

“Sì, con pietre preziose.”

“Che fa lei qua?”disse Zilon quando mi vide.

“Sono venuto ad aiutare il signor Biffu.”

E glielo presentai.

MARTA SOSIO

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“Pensate, era una donazione del re Davide ai benedettini: bell‟eredità mi hanno lasciato; io avrei voluto mandar

tutto a san Pietro, meno celebrità ma una vita più tranquilla, ma no, i miei parrocchiani non hanno voluto saperne

e adesso saranno contenti.” Aggiunse il frate Biffu.

“Ma lei ha lottato contro il ladro?”

“Eccome! Lottato è un po‟ troppo, ma l‟ho afferrato con tutte le mie forze, lui mi ha dato una bottiglia di vetro in

testa e poi sono caduto tutto stordito con un bernoccolo che sembrava un melone.”

Intanto io per terra avevo trovato una spilla.

“Doveva trattarsi di un uomo forte e alto, non è così?” disse Zilon

“Non so mica dirle, nell‟oscurità”

“Comunque, visto che si è preso un tabernacolo, un calice d‟oro e altro non era mica un uomo debole.”

“Ah si ora ricordo, non aveva un braccio. Sì, sì aveva mezzo braccio che agitava come l‟ala di un pinguino!”

allora io mi stupii ma non dissi nulla.

“C‟è qualche monco in paese?” domandò Zilon.

“No, qui no ma basta che vai fino a Issime, una decina di chilometri da qui, lì ce ne sono almeno tre o quattro, li ho

visti in chiesa ma adesso non vengono più.”

“Ma un uomo senza braccio si nota se è passato di qua.”

Io li portai fuori dalla chiesa dove c‟erano tante persone e due poliziotti.

“Cerchiamo un uomo sospetto, un monco.” disse l‟ispettore ai poliziotti.

“Ne ho visto uno al cimitero” rispose una signorina

Allora i tre andarono in quel luogo. Intanto io e il signor Biffu entrammo a casa sua, dove ci accolse un suo amico e

il frate disse:

“Oh signor poliziotto, vi presento il mio vicino e amico barone di Gramville; mi è stato accanto in questo brutto

momento.”

“Sono venuto per bere un bicchiere di whisky del reverendo, non sarà come quello di Gramville ma gli si avvicina

molto.”

“Ne vuole anche lei?” mi chiese il frate

MARTA SOSIO

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“Oh si molto volentieri.”

Allora quando tutti e tre avevamo in mano il bicchiere, dissi:

“Allora brindiamo alla salute del monco.”

“Ma chi è questo monco?” chiese il signor barone

“Il ladro”.

“Ma è una seccatura.”

“Perché dice questo?”

“Per le manette.”

“ Ah sì.”

Nel frattempo arrivò l‟investigatore Zilon con i due poliziotti che tenevano un monco. Egli entrò

“Eccolo trovato!”

“Fate quello che volete ma non dite niente a mia moglie.” rispose il monco.

“Dov‟è il tesoro?” gli chiese il barone mentre lo prendeva al collo.

Egli non capendo rispose:

“ Andrea Giulio Bocchi 36 anni, commesso viaggiatore.”

“Lei commercia in che cosa?”gli domandai

“Merceria e biancheria, ho tutto in regola, dieci anni di mestiere e tre di pratica.”

“Vedo che la manica è cucita forte, non c‟è pericolo che si strappi.”

“Quando mia moglie fa una cosa!”

“Dove ha perso quel braccio?”

“Me l‟hanno affettato a Verder.”

“Affettato?”

Intanto l‟ispettore Zilon disse:

MARTA SOSIO

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“Ammetti o no di aver rubato oggetti religiosi?”

“Ma che dite! Io non sono nemmeno battezzato!”

“È uno stupido, signor Biffu lo riconoscete, è il monco? ”

“Ah, sapete è sempre un dolore accusare qualcuno; non posso negare che al ladro mancava un braccio sinistro,

come al signore.” “Di questo voi siete assolutamente sicuro?”

“Si si, ma forse no; mi sembra ancora di vederlo, si gli mancava il braccio sinistro.”

“Allora è nel sacco!”

“Ha passato la notte qui?” gli domandai.

“Si, in un certo senso, poi ho comprato questi fiori.”

“C‟è solo un albergo in paese e non ha camere libere.” Disse il barone

“Ho dormito nella mia macchina, gli alberghi sono cari per me; quello che vi chiedo è che mia moglie non deve

sapere niente, non sa che viaggio in questa zona e mi aspetta a Postazio.”

“Ora chiamo una guardia per portarlo via.” disse Zilon.

“ ma come subito?” gli domandai.

“E no oggi pomeriggio devo andare all‟albergo le Griffe con il mio capo.”

“Non c‟è bisogno che chiami una guardia, penserà tutto il signor barone.”

“Oh ma certo!”

Io avevo un piano infallibile allora legai il monco insieme al barone e gli dissi:

“Così non potrà scappare!”

“Oh, va bene ma io non posso stare qui molto.” Tirando fuori il suo orologio.

“Oh, ma che orologio magnifico, non ne ho mai visto uno così bello.” gli dissi.

“È un ricordo di famiglia, è stato uno dei miei avi a portarmelo dalla Spagna nel 1800.”

“Le sarà costato caro?”

“No”

MARTA SOSIO

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“Non abbia paura, le lasceremo le chiavi delle manette.”

Intanto io uscii dalla porta e vidi una signora affascinante che stava scendendo da una macchina

“Può darmi un‟informazione?” mi chiese.

“Ma certamente!”

Ma ad un tratto udii la voce dell‟ispettore Zilon che le diceva:

“Olga, Olga aspettami nel giardino del ristorante dell‟hotel che arrivo tra cinque minuti.”

“Ok e grazie infinite lo stesso.” Mi disse

“Si figuri!”

Salì sulla macchina e se ne andò. Io intanto fra me e me pensavo:

“È proprio il mio tipo! Donna affascinante.”

Intanto andai al cimitero con un mazzo di fiori e chiesi informazioni a un‟anziana signora sulla moglie del monco;

lei mi indicò quella tomba e io ci andai. Sulla tomba c‟era scritto Angelica e poi la sua morte: era proprio oggi, il 4

marzo.” Gli lasciai dei fiori e me ne andai.

“Voglio andare a trovare la madre del monco che magari è ancora viva.”

Quando ebbi finito con la signora, andai al ristorante dell‟hotel dove c‟era Olga.

Lei intanto stava aspettando ancora il suo ex marito, e pensava:

“Anche se siamo stati fidanzati non hai il diritto di farmi aspettare!”

“Per favore un drink con il ghiaccio grazie!” chiese al cameriere.

Io intanto la vidi e gli dissi:

“Bella giornata per essere marzo, non so se è così anche per lei ma il sole mi mette allegria.”

Lei non mi rispose.

“No per lei il sole è indifferente, peccato, certi momenti non tornano più.”

“A chi lo dite, ma vi avverto cascate male aspetto mio marito”

“Un marito dovrebbe essere proibito in una giornata così.”

MARTA SOSIO

54

“È oltretutto il mio ex, ah eccolo qua finalmente. Ce ne hai messo di tempo!”

“Oh scusa tanto cara ho avuto cose importanti.”

“Ah, sentito belle scuse e io non sono importante, eh? “

Io intanto ordinai: champagne e del pesce.

Olga mi sentì e disse:

“Ah, anche per me uguale!”

Il signor Zilon nel frattempo guardò il menù dicendo:

“Un cannonau e un‟insalata mista.”

Mentre stava ordinando vide passare il monco in macchina.

“E ora che è successo?” e corse via all‟automobile senza neanche salutare Olga.

Io invece la salutai e mi direzionai verso la casa del frate. Arrivato in quel luogo trovai il barone per terra.

“Oh, oh la testa, mi ha colpito quel ladro.”

“Ma come ha fatto a liberarsi?” domandò il frate.

“Un individuo pericoloso, con quelle sue arie da idiota.”

“L‟ispettore lo sta inseguendo, ma nel frattempo entriamo in chiesa, parleremo in santa pace.”gli dissi.

Entrambi mi seguirono nel luogo.

“Vi piacciono le storie d‟amore?” domandai loro.

“Questo non è il luogo né il momento.” Rispose il frate.

Ma io incominciai lo stesso:

“Risale al 1912, me l‟ha raccontata una vecchia madre; sua figlia Angelica amava Andrea, sono due giovani che

credono nell‟amore, la ragazza, però, muore dopo sei mesi cioè il 4 marzo 1913, una data importante, un anno

dopo scoppia la guerra mondiale ed egli porterà la divisa fino al 1917 dopo un lungo soggiorno a Verder, deve

andare all‟ospedale perché un braccio l‟ha perso e lo guarisce un‟infermiera che non lo mollerà prima d‟averlo

curato; l‟infermiera intanto si innamora di lui ma non oserà mai dirlo, per sua fortuna il suo mestiere è di

MARTA SOSIO

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commesso viaggiatore, e così l‟uomo il 4 marzo, triste anniversario, allunga segretamente il suo viaggio per venire

al cimitero solo per portare un mazzo di margherite.”

“Con questo vuole dire che il monco è il colpevole.” Rispose il barone.

Io gli risposi di no, ma egli ribatté mentre mi stavo togliendo la giacca:

“Il ladro e Andrea hanno in comune il braccio sinistro monco.”

“È tutta questione di punti di vista!” gli risposi.

Intanto io presi il cappello del barone e mi misi la giacca infilando solo la mano del braccio della giacca sinistra,

mentre il destro cercavo di averlo monco.

“Adesso venite signor frate.”

Io mi misi vicino ad uno specchio.

“Oh, ma certo ora capisco! L‟ho visto al rovescio nello specchio.” Rispose il frate.

“Molto semplice, le è sembrato che gli mancasse il braccio sinistro e invece era quello destro.”

“Oh allora Andrea non è il colpevole, non mi perdonerò mai di averlo accusato.”

“E adesso passiamo ad un‟altra storia.”

“D‟amore?” mi chiese il barone.

“No, questa volta sto per raccontarvi una storia di briganti e il protagonista è proprio lei!”

“Non si permetta assolutamente!”

“È molto suscettibile, non ho mica detto che è lei il ladro, o almeno non l‟ho ancora detto, so che ogni anno il 4

marzo quest‟uomo, rovinato ormai dalle guerre, pensava anche al tesoro di re Davide; c‟è n‟era più che abbastanza,

non è così?”

“Oh, non sa quello che dice!”

“Quest‟uomo come dicevo sognava di rubare tutti gli oggetti preziosi della sua chiesa, inoltre il suo avo aveva fatto

altrettanto nel 1800 durante la guerra di Spagna.”

“Signor barone si difenda e poi il ladro era monco.” Disse il frate

“Come ho fatto prima io, ho nascosto il braccio sotto la giacca.”

MARTA SOSIO

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“Allora se Andrea non è il colpevole perché è scappato via?”

“Per paura di sua moglie, ma è stato il barone a liberarlo, sapendo che con la fuga egli non sarebbe stato accusato.”

“Su avanti barone tutto quello che mi dirà io lo crederò.”

“Dai su lo dica, io non dirò niente a nessuno se restituisce tutto ciò che ha rubato al frate, però si sbrighi perché può

ritornare Zilon da un momento all‟altro e lui la farebbe andare in prigione.”

Il barone raccontò:

“Ero ridotto agli estremi, uno come me non ha il diritto di essere povero.”

“Oh allora è stato lei!” disse il frate.

Dopo la confessione, il barone ci portò nel luogo dove aveva messo il tesoro: era una fattoria un po‟ sperduta e il

barone aggiunse:

“Lei lo giura di non dire niente?”

“Lo giuro.”

“Io la perdono e non lo dirò a nessuno, ma dov‟è il tesoro?” domandò il frate.

Il barone prese un rastrello e incominciò a togliere la paglia fino a quando non si videro gli oggetti preziosi e il frate

li prese “Oh Dio ti ringrazio!”

Per terra vidi anche l‟orologio del barone e incominciai ad osservarlo, egli quando lo vide me lo prese subito di

mano

“Me l‟ha rubato?”

“No, è stato l‟orologio ad uscire fuori dalla sua tasca ed è una vera crudeltà separarmi da lui.”

“È un oggetto di grande valore.”

“Anche il silenzio è d‟oro!”

“Dai su lo tenga.”

“È davvero molto gentile da parte sua, io le do‟ la spilla che ho trovato in chiesa.”

In quell‟istante arrivò Zilon,

“Un momento aspettate, vorrei capire cosa è successo.”

MARTA SOSIO

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“Il signor Andrea è scappato?” gli domandai.

“Sì”

“Bene, allora lo lasci scappare tanto non c‟entra, a presto Zilon!”

“Aspetti un secondo Sosio, ci incontreremo un giorno o l‟altro ed allora mi dovrà spiegare molte cose…!!!”

VIRGINIA BERTE’

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