Raccomandazioni IEO nel trattamento del carcinoma mammario · MEdiciNa NuclEaRE Giovanni Paganelli...

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Raccomandazioni IEO nel trattamento del carcinoma mammario EDITORI Umberto Veronesi Aron Goldhirsch Roberto Orecchia AUTORE ESECUTIVO Stefano Zurrida Istituto Europeo di Oncologia UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI MILANO

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Raccomandazioni IEOnel trattamentodel carcinoma mammario

EdItORIUmberto VeronesiAron GoldhirschRoberto Orecchia

AUtORE ESECUtIVOStefano Zurrida

Istituto Europeo di Oncologia

UNIVERSITàDEGLI STUDIDI MILANO

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RadiologiaEnrico Cassano, Stefano Meroni, Antuono Latronico

chiRuRgiaAlberto Luini, Paolo Arnone, Germana Lissidini, Mattia Intra

aNaToMia PaTologicaGiuseppe Viale

oNcologia MEdicaMarco Colleoni, Silvia Dellapasqua

chiRuRgia PlaSTica E RicoSTRuTTiVaJean-Yves Petit, Francesca De Lorenzi

RadioTERaPiaRoberta Lazzari

MEdiciNa NuclEaREGiovanni Paganelli

co-auToRi

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Radiologia 5

Biopsie Vacuum assistite 5

Bibliografia 7

la Risonanza Magnetica Nucleare (RMN) nella mammella 8

Bibliografia 10

aPPRoCCi TERaPEUTiCi STaNdaRd 11

Quadrantectomia

• Procedura standard di conservazione mammaria 11

• dissezione ascellare completa 12

• localizzazione radioguidata di lesioni non palpabili

(Roll: Radioguided occult lesion localization) 12

Bibliografia 13

BioPSia dEl liNFoNodo SENTiNEllaaSCEllaRE 14

Tumori multifocali/multicentrici 15

la BlS nel diN 15

Pregressa chirurgia mammaria e ascellare 16

gravidanza 17

Trattamenti pre-operatori 17

carcinoma mammario maschile 18

la biopsia del linfonodo della catena mammaria interna 18

Bibliografia 18

RadioTERaPia 20

Programmi di Frazionamento 20

Sequenza ottimale della terapia multimodale 21

Bibliografia 21

la CHiRURgia RiCoSTRUTTiVa 22

la chirurgia oncoplastica 22

la ricostruzione con protesi 22

la ricostruzione con lembi 23

Bibliografia 24

NUoVi aPPRoCCi TERaPUTiCi 25

ElioT 25

irradiazione parziale della mammella

(Partial Breast irradiation PBi) 26

ElioT Boost 26

Mastectomia Nipple-Sparing 27

Bibliografia Radioterapia 28

Trial iBcSg 23/01 29

Terapia intraoperatoria con avidina-biotina

radio marcata (iaRT) 29

Bibliografia IART 30

MEdiCiNa NUClEaRE 31

la biopsia del linfonodo sentinella 31

lo studio dei linfonodi ascellari

dopo trattamento neo-adiuvante 31

Bibliografia 31

PaTologia 32

Esame istologico del linfonodo sentinella 32

Bibliografia 33

oNCologia MEdiCa 34

dai fattori prognostici ai fattori predittivi 34

Terapie sistemiche: Endocrino Terapia 36

Terapia anti-hER2 37

chemioterapia adiuvante 37

Terapia sistemica preoperatoria 38

Bibliografia 39

ClaSSiFiCaZioNE TNM NEl CaRCiNoMa MaMMaRio 41

classificazione TNMiEo

41

Bibliografia 43

iNdicE

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la divisione di Radiologia Senologica gode di una dotazione di quattro mammografi digitali, di otto apparecchi ecocolor-doppler, di 1 tavolo per biopsie stereotassiche e 2 apparecchi per biopsie assistite, una per guida ecografica e 1 per guida stereotassica. Per la risonanza magnetica nucleare (RMN) della mammella è a disposizione un magnete da 1,5 Tesla con bobine dedicate e sistema per biopsia RM guidata. le prestazioni diagnostiche attuali sono circa 42.000; con 750 biopsie vacuum assistite, stereo ed eco guidate. le tecniche e le metodiche diagnostiche sono quelle tradizionali adottate in tutto il mondo e largamente descritte in letteratura.

Biopsie Vacuum assistite

l’uso crescente delle metodiche di imaging nella diagnostica senologica e i recenti miglioramenti delle tecniche radiologiche, hanno incrementato il riscontro di lesioni mammarie non palpabili; in questo contesto l’introduzione di programmi di screening su scala nazionale ha giocato un ruolo cruciale. Negli ultimi anni gli approcci diagnostici hanno avuto notevoli progressi: le biopsie microistologiche vacuum-assistite di lesioni mammarie sospette e non palpabili rappresentano metodiche recentemen-te introdotte nella pratica clinica e hanno sostituito gran parte delle biopsie escissionali chirurgiche a “cielo aperto”; inoltre, sono largamente diffuse e offrono vantaggi rispetto alle tradizionali procedure bioptiche di core biopsy.Per cui in lEo, la nostra divisione di Radiologia Senologica ha adottato questa metodica per tutte le lesioni non palpabili (masse o, più frequentemente, microcalcificazioni) dubbie all’imaging mammo-grafico e non visibili ecograficamente; in casi selezionati si eseguono biopsie vacuum assistite con guida ecografica anche per lesioni non palpabili come riportato di seguito. Con le biopsie vacuum-assistite si evitano multipli passaggi dell’ago tranciante e il tessuto mammario è prelevato in quantità più consistente rispetto alla core biopsy, facilitando l’interpretazione del pato-logo. Per esempio, molti studi hanno riportato migliori risultati nel distinguere i vari sottotipi di diN* utilizzando la biopsia vacuum-assistita rispetto alla core biopsy con tassi di sottostima inversamente correlati con la quantità di tessuto asportato, notoriamente maggiore rispetto alla core biopsy; inoltre, con questa tecnica innovativa, le lesioni in situ e invasive sono diagnosticate con più frequenza ridu-cendo il tasso di falsi negativi rispetto alla core biopsy. altro aspetto importante è la qualità del tessuto campionato mediante biopsia microistologica su cui è possibile eseguire analisi immunoistochimiche ed analisi di markers prognostici quali Ki67, assetto recettoriale per estrogeni, progestinici e cErb-B2. Vantaggi derivati dall’impiego della biopsia vacu-um-assistita rispetto alla tradizionale biopsia chirurgica sono: assenza di anestesia generale, minor asportazione di tessuto mammario “sano” perilesionale, migliore cosmesi, minori costi, minore stress psicologico e miglior accettabilità da parte delle pazienti. abbiamo notato che, nonostante sia pos-sibile documentare radiologicamente la completa asportazione della lesione mammaria con le biop-

Radiologia

5*Neoplasia intraepiteliale dei dotti (diN).

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sie vacuum-assistite, queste devono essere considerate metodiche diagnostiche e non terapeutiche. le biopsie micro-istologiche vacuum-assistite hanno un’elevata sensibilità e specificità che possono variare nella nostra casistica dal 97% al 100% rispettivamente tali dati riguardano sia le procedure eseguite con guida ecografica che quelle eseguite con procedura stereotassica. gli svantaggi delle me-todiche bioptiche vacuum-assisted sono rappresentati dalla procedura relativamente invasiva, dagli alti costi, e da una curva di apprendimento più impegnativa per il radiologo rispetto all’ago biopsia e alla core biopsy.le complicanze delle biopsie vacuum-assistite sono circa il 10% ed essenzialmente rappresentate da: ematoma, e dislocazione della repere. le biopsie vacuum-assistite possono essere eseguite sotto guida stereotassica, ecografica o RMN. Nel nostro istituto l’esame microistologico con sonda Mammotome® in stereotassi viene effettuato a paziente supina se eseguito sotto guida ecografica e prona se eseguito sotto guida mammografica. Queste posizioni offrono un miglior comfort, una maggiore facilità per gli operatori a posizionare il seno e riduce i casi di reazioni vagali. abitualmente utilizziamo aghi 11g e ri-serviamo aghi di maggiori dimensioni (8g) nei casi con microcalcificazioni diffuse. la rapida evoluzione dell’imaging ecografico, l’assenza di radiazioni ionizzanti e i bassi costi hanno permesso di utilizzare in iEo, la biopsia vacuum-assistita sotto guida ecografica per lo studio di molte lesioni mammarie. le nostre indicazioni per eseguire la biopsia vacuum-assistita con guida in ecografica sono: la rivalutazio-ne di lesioni risultate C3 al prelievo citologico ecoguidato, ripetizione di prelievi citologici inadeguati per diagnosi (C1), discrepanza tra reperti radiologici e patologici (esempio: C2 al prelievo citologico con immagine mammografica o ecografica sospetta, Bi-RadS 4), differenziare la cicatrice chirurgica dalla recidiva e la valutazione di piccole lesioni ecograficamente visibili. al termine della procedura bioptica spesso applichiamo un marker radiopaco, anche ecograficamente visibile per un breve perio-

La Figura mostra una paziente in posizione prona che esegue una biopsia mini-invasiva vacuum assistita sotto guida stereo-tassica con un ago di 11G.

Immagine della strumentazione.

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do, nel sito del prelievo per poterlo localizzare nei casi di un eventuale intervento chirurgico; spesso tale marker è applicato in seguito all’asportazione completa della lesione. la gestione della paziente dopo la biopsia vacuum-assistita è ovviamente dipendente dal reperto anatomopatologico: le pazienti con diagnosi di lesione benigna o iperplasia lobulare atipica sono rinviate a controllo mammografico a distanza di sei mesi; l’escissione chirurgica è raccomandata in tutte le pazienti con diagnosi istologi-ca di carcinoma o neoplasia in situ e/o con iperplasia duttale/lobulare atipica; l’intervento chirurgico è anche suggerito nel caso di discordanza tra risultati istopatologici e imaging nel caso di immagini giudicate dal radiologo Bi-RadS 4 o 5.

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la Risonanza Magnetica Nucleare (RMN) nella mammellal’utilizzo degli ultrasuoni e della risonanza magnetica nucleare (RMN) hanno migliorato la diagnosi precoce del tumore mammario; in parti-colare la RMN si è rivelata essere una metodica con più alta sensibilità dell’ecografia (circa l’88-100%), nella stadiazione delle lesioni mamma-rie rispetto a tutte le altre metodiche di imaging senologico (dimen-sioni della lesione indice, multifocalità, multicentricità, lesioni maligne controlaterali), a scapito di una modesta specificità (circa 37-70%).

di recente sono state pubblicate, dal gruppo di la-voro della Società Europea di Masto-logia (EUSoMa), fondata da Verone-

si nel 1986, le linee guida inerenti all’indicazione della RMN mammaria che la divisione di Radiolo-gia Senologica dello iEo condivide e che indica-no che l’esame debba essere eseguito preferibil-mente con apparecchiature da 1,5 Tesla mediante somministrazione endovenosa rapida di mezzo di contrasto a base di gadolinio ad eccezione della valutazione degli impianti protesici per cui è stata documentata la validità della RMN senza mezzo di contrasto. al fine di ridurre il numero di falsi

Proiezione sagittale di una RMN che dimostra una rottura intracapsulare della protesi.

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Immagine assiale di un tumore multifocale/multicentrico del-la mammella sinistra.

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positivi suggeriamo di eseguire l’esame diagnostico in donne in premenopausa, idealmente dal 6° al 13° giorno dopo il ciclo mestruale, a prescindere dall’assunzione di contraccettivi orali. in caso di terapia sostitutiva la RMN è consigliata dopo quattro settimane dalla sospensione del trattamento. la RMN mammaria pre-operatoria offre potenziali vantaggi nel caso di pazienti: ad alto rischio, con dia-gnosi di carcinoma lobulare, con meno di 60 anni in cui ci sia discrepanza nelle dimensioni, >1cm tra la mammografia e l’ecografia, con multifocalità e/o multicentricità e/o bilateralità sospetti all’imaging

Immagini assiali di un tumore della mammella destra. Captazione con mezzo di contrasto iniziale evidente a sinistra e lento wash out nell’immagine a destra.

L’immagine di sinistra T1 valutata dopo contrasto. Immagine assiale di un DIN2 nel QIE della mammella sinistra.

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convenzionale o sulla base dell’esame obiettivo. in istituto eseguiamo la RMN preoperatoria in giovani donne candidate ad intervento chirurgico e ioRT. Nel caso di pazienti con importante rischio familiare la RMN può essere suggerita a cadenza annuale a partire dai 30 anni nel contesto di specifici program-mi di sorveglianza (visite mediche, mammografia ed ecografia). Nelle portatrici di mutazione BRCa 1 e 2, la RMN deve essere presa in considerazione dai 25 anni, mentre nelle portatrici di mutazione TP53 dai 20 anni. Nel caso di trattamento neoadiuvante di neoplasie di pazienti possibilmente candidate a chirurgia conservativa della mammella, eseguiamo una RMN pre-trattamento chemioterapico (CT) ed una 2 settimane dopo l’ultimo ciclo di CT pre-operatoria e comunque entro le 2 settimane prima della chirurgia. la nostra esperienza è che l’eco o mammografia mal definiscono il diametro della lesione tumorale dopo CT pre-operatoria, mentre la RMN è molto più attendibile. altra importante indicazione all’uso della RMN mammaria è l’approfondimento nei casi in cui vi sia coinvolgimento metastatico dei linfonodi loco-regionali da un carcinoma mammario occulto con nega-tività all’imaging convenzionale e all’esame obiettivo.Un’altra raccomandazione è quella relativa al sospetto di recidiva in donne precedentemente trattate con chirurgia conservativa, per la maggior specificità della RMN nella diagnosi differenziale tra esito cicatriziale e recidiva rispetto alle metodiche di imaging tradizionali. in iEo la RMN della mammella, senza somministrazione endovenosa di mezzo di contrasto, trova indicazione in caso di dubbia rottura protesica, dolore, asimmetria, cambiamenti di forma, linfonodi palpabili magari per interessamento da silicone, con valori di sensibilità e specificità dell’89%- 97%, nella diagnosi di rottura di impianti protesici.

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Quadrantectomia

• Procedura standard della chirurgia conservativa della mammella la quadrantectomia è diventata il trattamento standard non solo per i tumori mammari di pic-cole dimensioni (diametro inferiore ai 2,5 cm) ma anche per i tumori di maggiori dimensioni compa-tibilmente con le dimensioni della mammella o in casi di trattamento chemio-ormono preoperatorio. l’innovazione nel trattamento del carcinoma mam-mario ebbe inizio nel 1970, con lo studio Milano 1 in cui 701 pazienti vennero randomizzate per una chirurgia mammaria conservativa (quadrantecto-

mia, dissezione ascellare completa e radioterapia mammaria, “QUaRT”) o per mastectomia radicale sec. Halsted. le pazienti eleggibili allo studio, ave-vano un carcinoma mammario con dimensioni fino a 2 cm, senza evidenza clinica di coinvolgimen-to ascellare (T

1N

0 - vecchia classificazione) e sono

state randomizzate in sala operatoria dopo biopsia escissionale del nodulo per la conferma istologica e delle dimensioni del tumore. i risultati, hanno evidenziato che non c’era nessuna differenza nella sopravvivenza nei due bracci dello studio, aprendo l’era della chirurgia conservativa per tutti i tipi di tumore; le più recenti analisi statistiche dei risultati dello studio Milano 1, dopo 20 anni di follow-up, hanno confermato una differenza di sopravvivenza impercettibile tra i due gruppi di pazienti, con eventi ininfluenti sulla sopravvivenza.

il basso numero di eventi nel braccio dei pazienti sottoposti a QUaRT fu parzialmente attribuibile all’intervento di quadrantectomia, che aveva l’obiettivo di ottenere un controllo locale della malattia. Studi precedenti avevano indicato che la diffusione intraduttale era relativamente frequente nel carci-noma mammario, ma nella quadrantectomia, l’intera porzione dell’albero duttale coinvolto dal carci-noma (a partire dal capezzolo) veniva asportato.

aPPRoCCi TERaPEUTiCi STaNdaRd

Sopra: pagina iniziale del lavoro del 1981 uscito sul New England Journal of Medicine che presenta i risultati a 5 anni dello studio Milano 1. La curva a sinistra mostra la sopravvi-venza dei due bracci dello studio dopo 20 anni di follow-up

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• dissezione ascellare completaPrima della validazione della biopsia del linfonodo sentinella, la dissezione ascellare completa è stata la pietra miliare del trattamento della conservazione mammaria secondo Veronesi. Se i linfonodi si presentano clinicamente positivi, devono essere asportati, sebbene la tecnica di dissezione ascellare in un’ascella clinicamente indenne sia stata materia di intensa discussione. il nostro punto di vista è che le indicazioni alla dissezione ascellare siano cambiate; in ogni modo quando la dissezione ascel-lare viene eseguita, deve essere completa e tutti e tre i livelli definiti da Berg devono essere rimossi.il primo livello comprende tutti i linfonodi laterali al margine laterale del muscolo piccolo pettorale, il secondo livello comprende i linfonodi sottostanti il muscolo piccolo pettorale; il terzo livello com-prende i linfonodi mediali al margine mediale del muscolo, nello spazio comunemente definito “apice dell’ascella”. la dissezione dei linfonodi ascellari effettuata viene eseguita in continuità, quando il tumore è nel quadrante supero-esterno o attraverso un’incisione separata ad “esse italica” al cavo ascellare, quando il tumore è localizzato in altri quadranti. Eseguita in questa maniera, risparmiando tutte le strutture vascolari e nervose, lo svuotamento ascel-lare causa effetti collaterali (linfedema del braccio, dolore e parestesie) in meno del 6% dei casi, for-nendo però la più accurata informazione prognostica.

• localizzazione radioguidata di lesioni non palpabili (Roll: Radioguided occult lesion localization)la localizzazione radioguidata delle lesioni non palpabili è una metodica chirurgica semplice che utilizza un tracciante radioattivo e una sonda a raggi γ per l’identificazione e rimo-zione intraoperatoria delle lesioni mamma-rie non palpabili. la tecnica, ideata all’iEo, si basa sull’iniezione di un tracciante radioattivo legato a particelle di albumina pesante nella sede di inoculo (a differenza di quello utilizza-to nell’identificazione del linfonodo sentinella che è in grado di migrare dal sito di inoculo verso il primo linfonodo) sotto guida ecografica o mammografica.

la sonda per raggi γ è usata intraoperatoriamente per localizzare la lesione e guidarne l’asportazione. la Roll ha dimostrato di essere una metodica accurata per la localizzazione delle lesioni non palpabili, facilitandone la completa asportazione e minimizzando la quantità di tessuto mammario sano circostan-te da rimuovere.

La prima immagine a sinistra mostra una lesione non palpa-bile alla mammella destra marcata sulla cute e confermata dalla localizzazione tramite sonda, utile per individuare la lesione asportata con margini in tessuto sano.

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BioPSia dEl liNFoNodo SENTiNElla aSCEllaRE

la biopsia del linfonodo sentinella (BlS) è diventato un trattamento standard per la stadiazione ascel-lare del carcinoma mammario. la BlS può essere eseguita nella pratica clinica in numerose situazioni, fornendo buoni risultati con diverse metodologie. la BlS ha incrementato l’accuratezza della stadia-zione, principalmente per il fatto che il linfonodo sentinella (lS) è sottoposto ad un’analisi patologica accuratissima (vedi sezione anatomia Patologica), ha una morbilità inferiore rispetto alla dissezione ascellare e offre un controllo locale identico se non superiore a quello della dissezione ascellare.

Nella fase di sviluppo e validazione della BlS (negli anni 90), per assicu-rare che il linfonodo sentinella fosse identificato nella più alta percen-tuale dei casi e che il numero di falsi negativi fosse basso, la BlS fu ef-fettuata solo in pazienti con tumori mammari di piccole dimensioni, non multifocali o multicentrici e con linfonodi ascellari clinicamente indenni. Tuttavia, con il dif-fondersi della tec-nica e l’aumento dell’esperienza, le indicazioni si sono progressivamente

allargate includendo molte pazienti con malattia non metastatica.attualmente, la domanda è: “ ci sono situazioni in cui la BlS non è indicata?”, mentre in passato la domanda era “chi candidare alla BlS?” la nostra opinione è che ogni volta che, dal pun-to di vista clinico/oncologico, la conoscenza dello stato dei linfonodi ascellari sia utile, la BlS è il miglior modo per determinarne lo stato nel maggior numero di pazienti con carcinoma mammario non metastatico. Sebbene il ruolo della BlS in tumori primitivi mammari di grandi dimensioni rimane controverso, i dati pubblicati in letteratura dimostrano che per tumori di grandi dimensioni, l’identificazione, l’accuratezza ed il tasso di lS falsamente nega-tivi si confronta favorevolmente con quegli studi su pazienti con tumori mammari più piccoli, permet-tendo di evitare la dissezione ascellare in quasi un terzo delle pazienti. la valutazione dell’ascella è imperfetta ed i risultati di numerosi studi, da quando si eseguiva la dissezione completa dei linfonodi ascellari indicano che i linfonodi palpabili nel cavo ascellare hanno un valore predittivo positivo dal 64% all’ 82%, un valore predittivo negativo dal 50% al 63% con una precisione complessiva dal 63% al 68% per coinvolgimento tumorale. in realtà, i linfonodi normali variano ampiamente per quanto riguar-da le dimensioni, la consistenza e il contenuto di grasso e i linfonodi ascellari clinicamente palpabili hanno un ampio spettro di patologie anche non maligne.

Il concetto del linfonodo sentinella è quello di evidenziare il primo fil-tro di eventuali metastasi.

Curva di sopravvivenza delle pazienti sottoposte a dissezione ascellare (AD) e di quelle con biopsia del linfonodo sentinella senza dissezione ascellare (SN).

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Queste considerazioni indicano un possibile ruolo per la BlS in pazienti selezionate con linfonodi clinicamente sospetti. Sottolineiamo inoltre che molti pazienti con carcinoma della mammella e con linfonodi ascellari clinica-mente sospetti non richiedono la BlS e si deve procedere direttamente alla dissezione ascellare: in primo luogo perché l’aspirazione con ago sottile è in grado di confermare l’interessamento ascellare; in secondo luogo perché gli esami strumentali sono in grado di fornire ormai una diagnosi preoperatoria del coinvolgimento ascellare.

Tumori multifocali/multicentriciil carcinoma mammario multifocale o multicentrico è stato considerato una controindicazione relativa alla BlS in relazione al fatto che potesse coinvolgere numerose vie linfatiche afferenti a diversi linfo-nodi sentinella. attualmente esistono chiare evidenze che molti tumori mammari drenano attraverso pochi dotti linfatici verso un solo lS ascellare, a prescindere dalla diversa localizzazione del tumore. Studi che confrontano l’inoculo di tracciante radioattivo o del colorante “vitale Blu” subareolare o peritumorale per l’identificazione del lS (senza esecuzione della linfodenectomia) hanno dimostrato una concordanza maggiore del 90% nei lS identificati con le due metodiche indipendentemente dalla localizzazione del tumore.

Un dotto linfatico comune afferente al lS spiegherebbe il successo nell’identificazione del lS utilizzan-do differenti tecniche di inoculo, inclusa quella intraparenchimale, la sub dermica, l’intradermica, o la subareolare. la nostra esperienza su 45 pazienti con carcinoma mammario multicentrico e stazioni linfonodali ascellari clinicamente indenni sottoposte a mappatura linfatica con inoculo di nanocolloi-de marcato con 99Tc subareolare e doppia peritumorale/subdermica ha evidenziato che il numero di linfonodi sentinella identificati non dipende dal numero dei siti di inoculo: il numero medio di spot radioattivi identificati alla linfoscintigrafia risultava simile nelle pazienti che avevano ricevuto un sin-golo o un doppio inoculo (1.36 e 1.35 rispettivamente). in iEo la BlS è la procedura standard per la stadiazione ascellare anche in pazienti con carcinoma mammario multifocale/multicentrico ed ascella clinicamente negativa.

la BlS nel diNil ruolo della BlS nel trattamento della neoplasia intraepiteliale dei dotti (ductal intraepithelial Neopla-sia-diN) non è stato ancora dimostrato. l’istituto Europeo di oncologia ha studiato 854 pazienti affette da diN puro (esclusa la microinvasione) sottoposti a BlS. in queste pazienti solo l’età, la presentazione clinica e le dimensioni del tumore sono stati predittivi del coinvolgimento metastatico linfonodale. Coerentemente con molte altre pubblicazioni, il lS si è dimostrato essere l’unico linfonodo metastatico nelle pazienti sottoposte a dissezione ascellare. Questo dato comporta che la dissezione ascellare di routine possa essere discutibile nei casi con diN puro e linfonodo sentinella metastatico, in particolare quando sono presenti nel lS solo micrometastasi.

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• l’iEo suggerisce che:1. la BlS non sia un trattamento standard per tutte le pazienti affette da diN. Se il diN è escisso com-pletamente con un intervento radicale e margini di resezione indenni, o rimosso (macroscopicamente) mediante agobiopsia o biopsia vacuum assistita (piccolo raggruppamento di micro calcificazioni o piccole lesioni solide inferiori ai 2 cm), allora la sottovalutazione diagnostica ed il rischio di una com-ponente invasiva all’esame istologico finale è molto improbabile e la BlS non è indicata.

2. la principale ragione nell’eseguire la BlS nei diN, è l’incertezza diagnostica all’esame istologico. Ciò accade quando il diN non è completamente escisso con la chirurgia conservativa, (margini di re-sezione positivi o micro-calcificazioni residue al controllo mammografico post-operatorio), o in tumori solidi di grandi dimensioni o in micro-calcificazioni diffuse o multicentriche non rimosse macrosco-picamente mediante agobiopsia o biopsia vacuum assistita. in questi casi, il rischio di evidenziare all’esame istologico definitivo una componente invasiva è molto alta (dal 10 al 20%) dipendendo dalla dimensione della lesione.

3. in caso di mastectomia per diN, la BlS è raccomandabile. la sovrastadiazione in caso di un even-tuale carcinoma è stata riportata nel 28% - 48% delle pazienti.

Pregressa chirurgia mammaria e ascellareMolti specialisti considerano la BlS dopo chirurgia per carcinoma mammario, una controindicazione assoluta pur non essendoci dati disponibili. il lS è, per definizione, il primo linfonodo che riceve le cellule tumorali. Per prevedere correttamente il coinvolgimento ascellare, la BlS richiederebbe la pre-senza di vie linfatiche integre dal sito del tumore primitivo (o di recidiva) all’ascella. Una precedente chirurgia potrebbe temporaneamente interrompere o modificare le vie linfatiche, compromettendo la capacità di identificare il “vero” lS. le conoscenze anatomiche indicano però che un nuovo sistema linfatico si sviluppa rapidamente dopo che la chirurgia ha rimosso del tessuto o interrotto il flusso linfatico originario, così da poter identificare il lS che drena un nuovo tumore.Queste considerazioni suggeriscono un nuovo concetto dinamico del lS: non “un solo lS, sempre” ma “sempre un nuovo lS”. l’iEo indica che una seconda BlS può essere proposta a donne affette da recidiva di carcinoma mammario omolaterale già sottoposte a chirurgia mammaria conservativa con lS negativo e/o radioterapia adiuvante. la pregressa mastectomia è unanimemente considerata essere una controindicazione assoluta alla BlS. in ogni caso, abbiamo evidenziato che in pazienti già mastectomizzate e affette da recidiva, l’inoculo subdermico di radioisotopo permette l’identificazione del lS ascellare. Crediamo che non esistano ragioni anatomiche o fisiologiche tali da precludere tale opportunità diagnostica “a priori”, tuttavia, uno studio più ampio con un maggiore follow-up rivelerà il vero valore predittivo della BlS in queste pazienti.

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gravidanza

diversi autori hanno consigliato la biopsia del linfonodo sentinella con il radio tracciante (99Tc) in gra-vidanza, con un minimo rischio per il feto. dato che il radiofarmaco inoculato rimane nel sito di inie-zione, all’interno dei dotti linfatici e nel linfonodo sentinella, l’esposizione del feto è essenzialmente zero. in iEo abbiamo condotto uno studio pilota in pazienti non gravide sottoposte a BlS, misurando la dose di radioattività intrauterina. i risultati hanno dimostrato che la BlS può essere effettuata in corso di gravidanza, in ogni periodo della gestazione, considerando che la dose di radioattività all’utero è ben al di sotto dei valori soglia per le dosi a rischio. Recentemente abbiamo anche pubblicato la nostra esperienza su 12 pazienti in gravidanza affette da carcinoma mammario sottoposte a BlS. dieci aveva-no il linfonodo sentinella sano; una con micrometastasi in uno dei quattro linfonodi sentinella ed una presentava una metastasi linfonodale e pertanto è stata sottoposta a dissezione ascellare. delle 12 pazienti in gravidanza sono nati 11 bambini sani ed uno affetto da un difetto del setto intervetricolare diagnosticato prima che la madre si sottoponesse a linfoscintigrafia.

Ulteriori precauzioni per minimizzare l’esposizione fetale sono quelle di evitare il contatto con altri pa-zienti potenziali sorgenti di radioattività (programmando l’esame della gravida come prima procedura della giornata o facendola accomodare in una stanza singola), riducendo il tempo tra la linfoscintigra-fia e l’intervento chirurgico e possibilmente anche riducendo la dose di radiofarmaco somministrata. Nelle pazienti in gravidanza, la chirurgia con BlS dovrebbe essere effettuata 2-3 ore dopo l’inoculo di 3-5 MBq di tracciante radiomarcato con 99Tc.

Trattamenti preoperatorii primi studi sulla biopsia del linfonodo sentinella dopo chemioterapia preoperatoria, hanno evidenziato che la percentuale di falsi negativi era maggiore nelle pazienti che avevano ricevuto chemioterapia rispetto a quelle che non l’avevano ricevuta. Studi più recenti e su una più ampia casistica hanno dimostrato che, l’identificazio-ne e la percentuale della BlS falsi negativi sono simili a quelle relative alle pazienti sottoposte a chemioterapia preoperatoria. la BlS è utile per ottenere informazioni patologiche sullo stato linfonodale (per esempio con BlS in anestesia locale) prima di intraprendere un trattamento preoperatorio, in modo tale da ottenere informazioni prognostiche che potrebbero non essere più disponibili al termine della chemioterapia preoperatoria. Se il lin-fonodo sentinella risultasse istologicamente indenne da ripetizione metastastica, la dissezione ascellare dopo trattamento chemioterapico “neo-adiuvante” potrebbe essere evitata.Questa metodica potrebbe anche essere il modo per comprendere se la percentuale di identificazione e la sen-sibilità della BlS dopo trattamenti neoadiuvanti è più bassa. è plausibile che il valore prognostico della BlS dopo il trattamento sarà ancora maggiore, poiché indicherà la risposta al trattamento stesso. inoltre, la BlS prima del trattamento neoadiuvante comporta la dissezione ascellare completa in tutte le pazienti con lS positivo, e quindi in un’alta percentuale di pazienti che eseguono

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l’intervento. la nostra esperienza dimostra che la biopsia del linfonodo sentinella è utile dopo chemioterapia preoperatoria nelle pazienti con ascella clinicamente coinvolta.abbiamo constatato che la BlS ha identificato accuratamente tutti i casi (32%) che erano stati sotto-stadiati in un’ascella con linfonodi negativi (confermati alla dissezione ascellare). Pertanto, l’iEo raccomanda che anche nelle pazienti sottoposte a CT pre-operatoria, se il linfonodo sentinella è negativo, non debba essere fatta la dissezione ascellare completa.

carcinoma mammario maschileil carcinoma mammario maschile è raro e rappresenta meno dell’1% di tutti i carcinomi mammari e meno del 1% di tutte le morti per cancro nell’uomo all’anno. gli uomini, rispetto alle donne, hanno probabilmente un ritardo tra l’insorgenza dei sintomi e la diagnosi, infatti si presentano con una ma-lattia più “avanzata”. Per esempio il coinvolgimento linfonodale è presente in più del 60% dei pazienti maschi affetti da carcinoma mammario. il motivo principale di questo ritardo diagnostico è probabilmente l’estesa mancanza di consapevolez-za di tale malattia. Non essendoci ragioni di ordine biologico o anatomico perché il drenaggio linfatico sia differente tra uomo e donna, raccomandiamo la BlS nel maschio con carcinoma mammario ed ascella clinicamente negativa.

la biopsia del linfonodo della catena mammaria interna all’iEo, eseguiamo la biopsia del linfonodo della catena mammaria interna (CMi) in pazienti affette da carci-noma mammario situato nei quadranti mammari interni. la biopsia è eseguita durante l’intervento al seno. i linfonodi della CMi sono facilmente prelevabili attraverso lo spazio intercostale. il tessuto adiposo contenente i linfonodi da esaminare è accuratamente dissecato dai vasi ematici, con la precauzione nell’ evitare lesioni della sottostante pleura. Se il linfonodo della CMi si presenta metastatico (anche se l’ascella è indenne da malattia) la malattia viene sovrastadiata in modo che i trattamenti adiuvanti (chemioterapia, RT sulle stazioni linfonodali della catena mammaria interna) siano effettuati.

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RadioTERaPia

la radioterapia dopo quadrantectomia nel carcinoma mammario in fase iniziale è una condizione indi-spensabile del trattamento chirurgico conservativo, in quanto garantisce un significativo aumento del controllo locale. è importante, tuttavia, ridurre al minimo le complicanze legate alle radiazioni.i recenti progressi tecnologici hanno reso possibile, nella pianificazione computerizzata del tratta-mento, una più accurata erogazione della dose prescritta, rendendola conforme anatomicamente al volume tumorale, escludendo i tessuti circostanti dalle radiazioni. Tali progressi stanno anche aprendo nuove possibilità in termini di volume da trattare, regimi di frazionamento, e uso di chemioterapia e radioterapia concomitanti. Raccomandiamo che la radioterapia conformazionale tridimensionale e la radioterapia ad intensità modulata (iEo 3d-CRT/iMRT) debba essere introdotta di routine per le pazienti con tumore al seno. l’uso della simulazione TC, i nuovi algoritmi per il calcolo e l’erogazione della dose 3d hanno permesso di scolpire con precisione la dose ai volumi bersaglio di quasi tutte le forme. l’informazione di natura quantitativa dose-volume sul cuore e sui polmoni è critica nella RT del carci-noma al seno. il volume cardiaco può essere delineato (e quindi totalmente risparmiato), ottimizzan-do gli angoli del fascio, in quasi la metà dei pazienti affetti da carcinoma della mammella sinistra e significativamente ridotto negli altri. inoltre, nelle tecniche 3d, i bordi posteriore e superiore dei campi mammari tangenziali sono non-divergenti e complanari, limitando in tal modo la dose al polmone. gli istogrammi dose-volume del cuore e polmone sono un modo semplice ed utile per stimare il volume irradiato di questi organi critici e la probabilità di complicanze al tessuto normale. Per quanto riguarda l’irradiazione locoregionale, siamo del parere che la disponibilità di nuovi fattori predittivi biologici e di nuovi schemi chemioterapici devono indurre il riesame del concetto di irradiazione dei linfonodi regionali. Stiamo progettando studi per definire il ruolo dell’irradiazione locoregionale adiuvante nella malattia più avanzata.

Programmi di Frazionamentola necessità di un programma prolungato di radiazione (5-7 settimane) è un importante ostacolo per l’utilizzo della chirurgia conservativa mammaria in molte aree del mondo, comprese alcune dell’oc-cidente. il programma convenzionale standard di frazionamento ha diversi svantaggi: raggiungere il centro a volte distante, stress psicologico, notevole onere finanziario per il sistema sanitario, e un ri-tardato ritorno alla vita normale. Per risolvere questo problema diversi centri in Canada e Regno Unito hanno investigato regimi radioterapeutici più brevi con fasci esterni. Si è accertato che l’erogazione di una dose totale ridotta, in un programma di trattamento più rapido (poco più di tre settimane), non ha determinato un incremento di recidive, indicando la sostanziale equivalenza con programmi di frazionamento più lunghi, così come dimostrato per altre sedi tumorali. all’iEo abbiamo adottato programmi di frazionamento più brevi. attualmente la maggioranza delle pazienti ricevono solo 20 sessioni giornaliere di radioterapia con fasci esterni. Tuttavia un giorno alla settimana sono effettuate

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due sessioni di RT (a 6 ore di distanza) con una boost sul letto tumorale somministrato in una di que-ste sessioni. in pazienti selezionate il boost sul letto tumorale è somministrato con un nuovo metodo chiamato “accuboost” utilizzando proiezioni brachiterapiche ad alte dosi.

Sequenza ottimale della terapia multimodalela tempistica relativa alla chemioterapia, alla terapia endocrina ed alla radioterapia nello scenario post-operatorio è ancora fonte di dibattito, in particolare la migliore tempistica della radioterapia rimane un grosso problema. Tutte le possibili opzioni hanno la loro giustificazione teorica, ma il trat-tamento concomitante chemioterapico e radioterapico ha il vantaggio di ottimizzare l’efficacia e la riduzione della durata complessiva del trattamento. attualmente solo lo schema chemioterapico CMF è consigliato in concomitanza alla radioterapia, in considerazione dell’accettabile tossicità senza com-prometterne l’intensità di dose. le antracicline e i taxani non sono raccomandati a causa del rischio relativamente alto di effetti collaterali acuti (cutanei) e tardivi (cardiaci e polmonari) e degli scarsi risultati cosmetici. la visualizzazione tridimensionale e la tecnologia del fascio che segue il contorno della lesione (beam contouring) consentono di escludere il cuore, i polmoni e gli altri tessuti normali dal ricevere dosi maggiori di radiazioni; trattenere il respiro della paziente durante la somministra-zione della radiazione può essere utilizzato anche per migliorare ulteriormente l’accuratezza. Queste tecniche radianti mirate, suggeriscono che potrebbe essere il momento di riesaminare l’esecuzione della radioterapia in concomitanza a trattamenti chemioterapici contenenti antracicline o taxani.

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la chirurgia oncoplastica

l’oncoplastica associa la terapia conservativa del cancro della mammella con tecniche di chirurgia plastica, permettendo ampie escissioni oncologiche e prevenendo deformità mammarie mediante la ricostruzione immediata dei difetti ghiandolari. Queste metodiche sono principalmente indicate quan-do viene escisso dal 20 al 40% del tessuto mammario - in passato per tali escissioni le pazienti erano sottoposte a mastectomia.

Quattro sono i principi basilari della chirurgia oncoplastica della mammella:

1. l’entità della demolizione è appropriata rispetto alle dimensioni del tumore; 2. la ricostruzione parziale della mammella permette di riparare ampi difetti dopo resezione oncologica;3. per la ricostruzione della mammella sono utilizzate molte tecniche di chirurgia plastica;4. asimmetrie di volume e di forma fra le due mammelle sono corrette generalmente anche interve-

nendo sulla mammella sana controlaterale.

Fondamentalmente, l’oncoplastica include due approcci differenti: (1) tecniche di “riempimento” vo-lumetrico, che associano le demolizioni oncologiche alla ricostruzione immediata, utilizzando lembi locali (ghiandolari, fascio-cutanei o muscolari di muscolo gran dorsale); (2) tecniche con mobilizza-zione di volumi mammari, che associano le resezioni a diverse metodiche di mastoplastica riduttiva e rimodellamento mammario scelte in base alla localizzazione del tumore.la chirurgia oncoplastica migliora la radicalità oncologica della terapia conservativa del tumore della mammella poiché permette escissioni allargate con ampi margini chirurgici di sicurezza. inoltre, la mammella controlaterale sana è sottoposta ad uno “screening” chirurgico che permette la diagnosi di eventuali lesioni neoplastiche occulte. l’iEo suggerisce tecniche di oncoplastica nei casi di mammelle di grandi volumi, di tumori trattati con terapie mediche prima della chirurgia, di tumori localizzati per esempio nei quadranti inferiori che non permettono di ottenere risultati cosmetici soddisfacenti dopo terapia conservativa e in caso di tumori di piccole o medie dimensioni localizzati in mammelle piccole per prevenire l’insorgenza di deformità mammarie.

la ricostruzione con protesidopo la mastectomia, la metodica ricostruttiva è influenzata dal desiderio e dalle aspettative della pa-ziente, dal trofismo dei tessuti della regione toracica e dall’esperienza e dalle capacità del chirurgo. le protesi mammarie sono attualmente molto utilizzate e di vario tipo: (1) temporanee (dette espansori) o definitive; (2) saline (attualmente utilizzate raramente) o al silicone; (3) di forma rotonda o anato-mica. in ogni caso la protesi è posizionata al di sotto del muscolo gran pettorale e serrato anteriore.

la CHiRURgia RiCoSTRUTTiVa

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la ricostruzione mammaria può essere eseguita per esempio in concomi-tanza alla mastectomia (ricostruzione immediata) o in un secondo tempo chirurgico (ricostruzione differita). Mentre la ricostruzione immediata è largamente accettata per tumori in situ, molti chirurghi preferiscono ri-mandare la ricostruzione in caso di tumori infiltranti.l’iEo indica la ricostruzione immediata sia per tumori in situ che in-filtranti, visto che essa non ha nessun effetto avverso sulla prognosi delle pazienti. i vantaggi della ricostruzione immediata rispetto a quella differita sono molteplici: è tecnicamente più semplice, riduce i tempi chirurgici e di ospedalizzazione delle pazienti, riduce i costi, e non da ultimo, ha un importante impatto psicologico positivo che contrasta quello della mastectomia.

l’iEo non raccomanda la ricostruzione con protesi in caso di terapia conservativa standard per carci-noma della mammella poiché la radioterapia frazionata post chirurgica (trattamento standard dopo terapia conservativa) aumenta il rischio di contrattura capsulare e conseguentemente risultati estetici non soddisfacenti. Viceversa, la radioterapia intraoperatoria (per esempio ElioT) permette di scherma-re i tessuti circostanti e non aumenta il rischio di contrattura.

la ricostruzione con lembila ricostruzione con tessuti autologhi include diver-si lembi (fascio cutanei o muscolari, peduncolati o lembi liberi) che sono trasferiti nella regione toraci-ca per ricreare la salienza mammaria in alternativa alla ricostruzione con protesi. la scelta del lembo dipende dalle preferenze della paziente, dall’anato-mia della paziente e della qualità dei tessuti residui dopo mastectomia, dall’esperienza e dalle capaci-tà del chirurgo (per il trasferimento di lembi liberi

sono necessarie tecniche di microchirurgia). C’è un consenso generale nell’affermare che le tecniche ricostruttive con lembi sono migliori ri-spetto alle protesi per quanto riguarda la morbidezza, l’apparenza e il risultato estetico nel tempo (si modificano nel tempo come la mammella naturale). la ricostruzione con lembi è particolarmente indicata in caso di tessuti irradiati, ampi difetti dopo mastectomie allargate e tessuti mammari poco vascolarizzati.

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ElioT

la ElioT (Terapia intraoperatoria con Elettroni) è un trattamento radiotera-pico basato sulla erogazione, in corso di intervento chirurgico, di elettroni mirati selettivamente al letto tumorale.Uno dei principali vantaggi della ElioT è che può fornire una radioterapia a dose-piena durante il trattamento chirurgico conservativo del seno, risol-vendo il problema della difficoltà di accesso ai centri di radioterapia, vissuto da molte donne dopo l’intervento chirurgico come una continuazione del trattamento della malattia (che non è più presente) e con disagi dal punto di vista logistico, famigliare ed economico. ElioT utilizza un acceleratore lineare mobile con un braccio robotico, in sala operatoria, in grado di produrre un fascio di

elettroni di energia variabile. dopo l’asportazione del tumore, il chirurgo scolla parte del parenchima mammario residuo della parete toracica inseren-dovi un disco in piombo ed uno di alluminio, per schermare e proteggere le strutture sottostanti (parete toracica, polmone e cuore). la ghiandola viene temporaneamente suturata al di sopra del disco, misurata per valutarne lo spessore e permettere la determinazione dell’energia del fascio di elettroni da erogare. gli elettroni sono indirizzati verso la mammella (la pelle è divaricata per evitarne

i danni) per mezzo di un applicatore cilindrico in perspex di diametro variabile (4-10 cm) la cui parte a contatto con il seno si presenta smussata e con angoli variabili (perpendicolare oppure 15° - 45° rispetto alla asse dell’applicatore). l’ElioT è ampiamente impiegata in iEo. dal 2000 al 2007 abbiamo incluso 1306 pazienti, in uno studio prospettico di fase iii (studio ElioT), in cui le pazienti sono state randomizzate per ricevere radioterapia convenzionale esterna (50 gy sulla mammella in toto, più un boost di 10 gy sul letto tumorale) o trattamento radioterapico intraopera-

NUoVi aPPRoCCi TERaPUTiCi

Posizionamento dell’applica-tore sul letto tumorale.

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torio, ElioT 21 gy, con singola dose. Tutte le pazienti sono state sottoposte a quadrantectomia seguita dalla biopsia del linfonodo sentinella e da dissezione ascellare nel caso di positività del linfonodo sentinella per localizzazione di metastasi. attualmente è in corso il follow-up dello studio che si con-cluderà entro la fine del 2010. Numerose pazienti, che non soddisfacevano i criteri di arruolamento allo studio o che hanno rifiutato l’arruolameto (optando per il trattamento Eliot, piuttosto che la ran-domizzazione) hanno ricevuto il trattamento radioterapico intraoperatorio Eliot. dal gennaio 2000 al dicembre 2008, 1.822 pazienti con carcinoma mammario primitivo unicentrico <2,5 cm, hanno ricevuto il trattamento radioterapico intraoperatorio al di fuori dello studio (out-trial). Un confronto non randomizzato, con pazienti che hanno ricevuto un trattamento radioterapico analogo a fasci esterni suggerisce una sopravvivenza equivalente (vedi curva di sopravvivenza a pag. 25).la nostra aspettativa è che la ElioT dimostrerà di essere efficace come la radioterapia a fasci esterni nel trattamento del carcinoma della mammella, di piccole dimensioni. Se sarà così, potrà essere im-piegata per risolvere il problema del difficile accesso per molte pazienti ai centri di radioterapia.

irradiazione parziale della mammella (Partial Breast irradiation PBi)alcuni trial randomizzati sostengono l’uso della radioterapia sull’intero volume mammario a seguire l’intervento conservativo della mammella. Tuttavia l’iEo, sta valutando modifiche alle tecniche di ir-radiazione, in particolare l’irradiazione parziale della mammella (PBi). Nella PBi solo il letto tumorale e un limitato volume di tessuto adiacente sono irradiati. Esistono varie tecniche di PBi, e tra queste vengono comprese la brachiterapia, la radioterapia intra-operatoria (ElioT) e l’irradiazione con fasci esterni ad alta precisione. Tutti queste tecniche permettono una riduzione della durata del tratta-mento (non più di 10 sedute). la PBi ha inoltre altri vantaggi tra cui il decremento della morbidità, grazie alla riduzione dell’irradiazione dei tessuti circostanti, col evitare le problematiche legate alla tempistica. allo iEo la tecnica di PBi più usata è la ElioT ma, in pazienti selezionate, sono utilizzate la brachiterapia interstiziale (con sorgente di iridio) ed endocavitaria (catetere a “baloon” Mammosite) e la radioterapia 3d conformazionale. Stiamo anche sperimentando una terapia intraoperatoria con radionuclidi legati all’avidina (iaRT), come di seguito descritta. dati preliminari di recenti studi sulla PBi suggeriscono un prossimo cambiamento dei trattamenti radioterapici nella gestione della patologia mammaria in fase iniziale.

ElioT BoostEsistono diverse tecniche per l’erogazione del boost radioterapico al seno. il problema principale è de-finire con precisione i confini del letto tumorale dopo l’intervento chirurgico. in particolare, questo può essere difficile quando il seno è stato ricostruito, se non sono state posizionate clip metalliche intra-operatoriamente a demarcare il letto tumorale, o quando non vi sono evidenze visive, ecografiche o mammografiche, della sede del tumore (esito cicatriziale o cavità con sieroma). ampliare il volume del

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tessuto mammario irradiato può ridurre gli errori di centratura, ma può au-mentare il rischio di reazioni tessutale tardiva o scadenti risultati estetici. la ElioT offre significativi vantaggi rispetto alla tradizionale radioterapia a fasci esterni in questo ambito. l’esposizione diretta del letto tumorale durante l’intervento chirurgico, supera l’inesattezza di localizzazione, consentendo il trattamento di un volume di seno più contenuto. Strutture critiche (cuore e polmone) sono risparmiate dalla schermatura, e la pelle viene allontanata dal campo irradiato, minimizzando le sequele cutanee a distanza. l’eviden-za maturata suggerisce che l’ ElioT boost è ben tollerata, con buon risultato cosmetico e controllo locale.Nel 2004, abbiamo iniziato uno studio non randomizzato con ElioT boost,

somministrando 12 gy intraoperatoriamente, seguita a distanza di 3-4 settimane da un trattamento radioterapico ipofrazionato a fasci esterni sul seno in toto in 13 frazioni, per una durata di 2,5 setti-mane, e con una dose totale di 37 gy. le pazienti eleggibili sono donne in premenopausa di età infe-riore ai 48 anni, affette da carcinoma mammario cT1-T2, cN0-1, programmate per chirurgia mammaria conservativa. i dati sulle prime 211 pazienti hanno dimostrano alta compliance con il trattamento e tossicità acuta/intermedia accettabile. la ElioT sembra essere una valida alternativa alla radioterapia convenzionale a fasci esterni. la somministrazione del boost radioterapico in una singola sessione intraoperatoria aumenta solo in misura modesta la durata dell’intervento chirurgico (da 15-20 minu-ti). Questo approccio non solo riduce il tempo complessivo del trattamento radioterapico esterno a 2-3 settimane, con conseguente risparmio economico e miglioramento del benessere delle pazienti, ma sembra anche ottenere un controllo locale simile o migliore del boost erogato con altre tecniche radioterapiche.

Mastectomia Nipple-SparingNonostante la crescente indicazione per una chi-rurgia mammaria conservativa, la mastectomia rimane il trattamento più appropriato per tumori di grandi dimensioni o multicentrici, per tumori di medie dimensioni in pazienti con mammelle molto piccole o in caso di recidiva dopo trattamento con-servativo. allo iEo, il 72% dei nuovi casi di tumore al seno riceve un trattamento chirurgico di conser-vazione mammaria, e il restante 28% è sottoposto a mastectomia. la mastectomia con conservazio-ne della cute (Skin-Sparing) è stato un importante

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passo avanti rispetto alla classica mastectomia. la conservazione della cute migliora la qualità della ricostruzione del seno, permettendo al seno ricostruito il mantenimento di una forma più naturale. il complesso areola-capezzolo è una caratteristica identificativa della mammella e la sua conservazione riduce nella donna la sensazione della mutilazione, quando la mastectomia è inevitabile. Tuttavia la conservazione del complesso areola-capezzolo in caso di mastectomia è sempre stata criticata, a cau-sa dell’elevato rischio di recidiva. Somministrando un trattamento radioterapico supplementare, sotto forma di ElioT, al complesso areola-capezzolo dopo mastectomia skin-sparing, il rischio di recidiva locale dovrebbe essere sostanzialmente ridotto. la ElioT è seguita da una ricostruzione mammaria immediata. Nella nostra esperienza con la mastectomia nipple-sparing ed ElioT, non si sono verificate recidive locali al complesso areola-capezzolo, anche se il follow-up è breve. Questi risultati incorag-gianti sono particolarmente importanti, dal momento che in 160 casi il tumore era nella zona retroa-reolare, molto vicino al derma areolare. Un follow-up più lungo è necessario per confermare l’efficacia del trattamento ElioT sul complesso areola-capezzolo, e solo uno studio randomizzato di confronto mastectomia nipple-sparing, con o senza ElioT sarà in grado di fornire indicazioni definitive.

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Trial iBcSg 23/01

il Trial 23/01 del l ’ interna-tional Breast Cancer Study

group (iBCSg) è stato un trial multicentrico rando-mizzato che confrontava, in pazienti affette da car-cinoma mammario con linfonodi ascellari clinica-mente negativi e solo mi-crometastasi al linfonodo

sentinella, la dissezione ascellare verso il risparmio dei linfonodi ascellari. lo studio, che si è chiuso recentemente con pazienti attualmente in follow-up, è stato disegnato per determinare l’importanza prognostica delle micrometastasi (<2 mm) al linfonodo sentinella.i linfonodi sentinella vengono esaminati dettagliatamente con sezioni colorate con ematossilina ed eosina; l’immunocolorazione per citocheratine viene utilizzata solo quando la colorazione con ematos-silina eosina fornisce risultati non chiari. Questo importante studio è iniziato nell’aprile del 2001.

Terapia intraoperatoria con avidina-biotina radio marcata (iaRT)la terapia radionuclidica intraoperatoria con avi-dina-biotina radiomarcata (iaRT) è un’altra tecnica di irradiazione parziale della mammella (PBi) in studio allo iEo. la metodica si basa su due diffe-renti fasi: la prima è “l’avidinazione” ossia l’infil-trazione fatta dal chirurgo di avidina nativa diret-tamente nel parenchima mammario, attorno e nel letto tumorale. la seconda fase prevede, il giorno successivo all’intervento chirurgico, l’iniezione endovenosa di biotina radiomarcata con Y90. l’in-filtrazione di avidina non richiede più di 10 minuti e viene effettuata, intraoperatoriamente, dopo la quadrantectomia, (mentre il chirurgo è in attesa del risultato dell’analisi intraoperatoria patologica

sul linfonodo sentinella) o a seguire la dissezione ascellare. Terminata la fase di infiltrazione dell’avidi-

Dopo l’asportazione del tumore con quadrantectomia, il chi-rurgo inetta 100 mg di avidina, diluita in 20-30 ml di soluzione salina, nel letto tumorale tramite una siringa dotata di più aghi - come dimostrato nella figura.

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na, il parenchima mammario viene ricostruito come di consueto. la biotina radiomarcata, iniettata per via endovenosa il giorno dopo l’intervento chirurgico, si lega all’avidina, che per la sua conformazione molecolare è rimasta nelle sedi di infiltrazione nel seno operato, apportando una notevole quantità di radionuclide la cui radioattività causa la morte delle cellule tumorali residue. Negli studi preliminari, le immagini scintigrafiche hanno dimostrato un rapido e stabile assorbimento di biotina radiomarcata nella sede di infiltrazione, senza una significativa radioattività nel resto del corpo. Uno studio di fase ii ha dimostrato che la iaRT combinata con un trattamento radioterapico a fasci esterni ridotti è una procedura sicura, senza tossicità sistemica e che permette buoni risultati estetici sulla mammella operata. la iaRT è una promettente metodica di medicina nucleare che potrebbe avere un ruolo nella gestione del carcinoma mammario in stadio iniziale. Essa fornisce un boost di radiazione in grado di ridurre la durata della radioterapia convenzionale a fasci esterni, permettendo così a pazienti che hanno difficoltà a raggiungere un centro di radioterapia (in particolare pazienti anziane o che vivono a notevole distanza da un centro sanitario di riferimento) o donne impegnate nel lavoro e nella famiglia di essere trattate in maniera ottimale.

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MEdiCiNa NUClEaRE

la biopsia del linfonodo sentinella

la procedura che utilizziamo per visualizzare il linfonodo sentinella è stata sviluppata allo iEo nei primi anni ‘90 ed è entrata nella routine clinica dal 1995. Nella nostra esperienza, la percentuale di mancata identificazione del linfonodo sentinella è inferiore all’1% in più di 20.000 iinfoscintigrafie e biopsie. il giorno precedente all’intervento chirurgico (o la mattina dello stesso giorno se l’intervento chirurgico è al pomeriggio) 0,2 ml di soluzione fisiologica miscelata ad albumina umana colloidale radio marcata con 12-15 MBq di particelle di tecnezio (99Tc), vengono iniettati per via subdermica in corrispondenza della proiezione cutanea della lesione tumorale e seguita da un delicato massaggio della zona. l’acquisizione delle immagini linfoscintigrafiche viene effettuata a distanza di 20-30 minuti, per visualizzare la dinamica del flusso linfatico; vengono effettuate scansioni in proiezione anteriore ed antero-obliqua della regione mammaria ed ascellare allo scopo di identificare l’esatta posizione del linfonodo sentinella. inoltre viene marcata la proiezione cutanea del linfonodo per permettere al chirurgo di avere un punto di riferimento all’inizio dell’intervento chirurgico di biopsia del linfonodo sentinella.

lo studio dei linfonodi ascellari dopo trattamento neo-adiuvante

Stiamo valutando il ruolo della tomografia ad emissione di positroni con [18F]-2-fluoro-2-deossi-d-glucosio (Fdg-PET) per determinare l’approccio terapeutico chirurgico all’ascella in pazienti con cancro della mammella sottoposti a terapia neoadiuvante. i risultati preliminari su 2364 pazienti hanno dimo-strato un valore predittivo positivo relativamente alto della Fdg-PET nell’individuazione di metastasi ai linfonodi ascellari dopo terapia neoadiuvante. Questi dati suggerirebbero un possibile ruolo della Fdg-PET nel selezionare quelle pazienti che, dopo terapia neo-adiuvante, dovrebbero essere diret-tamente sottoposte a dissezione ascellare linfonodale, evitando la biopsia del linfonodo sentinella, riducendo in questo modo la durata dell’intervento chirurgico. Tuttavia, per poter convalidare nella pratica clinica questo approccio diagnostico-terapeutico, è necessaria un’analisi su un numero di casi più consistente. Considerando il fatto che su questo limitato numero di casi i falsi positivi erano molto elevati mentre nei casi di lS negativi l’accuratezza raggiungeva circa il 35%.

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Esame istologico del linfonodo sentinella

le prime valutazioni istopatologiche del linfono-do sentinella sono state le stesse di quelle uti-lizzate per la valutazione routinaria dei linfonodi loco-regionali, vale a dire l’esame del linfonodo in 1-3 sezioni dopo congelamento (per l’analisi intra-operatoria) o dopo inclusione in paraffina.

l’elevato numero di falsi negativi di tale meto-dica è risultato presto evidente, se confrontato con i risultati di studi preliminari che prevede-vano metodiche istopatologiche più complete. Per queste ragioni, sono stati in seguito fatti numerosi studi su costo-efficacia con l’obietti-vo di massimizzare il potere predittivo positivo e negativo della biopsia del linfonodo sentinella e per non aumentare in maniera considerevole il carico di lavoro nei laboratori di anatomia Pato-logica, senza che esistesse una verosimile dimostrazione scientifica della sua utilità. le principali tecniche impiegate hanno previsto un’analisi di un maggior numero di sezioni linfonodali (sezio-ni subseriali dell’intero linfonodo sentinella) e l’impiego di tecniche di immuno-istochimica. il rap-porto costo-beneficio di un esame approfondito del linfonodo sentinella varia a seconda del nu-mero di pazienti valutate, del tipo di rimborso previsto e dalla disponibilità di mezzi e personale. è stato dimostrato che la capacità di identificare metastasi nel linfonodo esaminato, dipende dal nu-mero di sezioni analizzate e dalla procedura di esame utilizzata. Per assicurare l’ottimizzazione della procedura sarebbe auspicabile impiegare un protocollo standard accettato da tutti i centri di riferimen-to per tumore della mammella.all’iEo è stato messo a punto uno tra i più minuziosi procedimenti di esame del linfonodo sentinella, adatto sia per la valutazione intraoperatoria con congelamento che dopo inclusione in paraffina. il linfonodo sentinella è sezionato lungo l’asse maggiore, con tagli di 2-3 mm di spessore, se di diametro maggiore di 5 mm (linfonodi più piccoli vengono elaborati senza essere prima sezionati), osservando estrema cura nel conservare intatta la capsula linfonodale e seni periferici, dove solitamente si loca-lizzano focolai metastatici. le sezioni sono successivamente tagliate ad intervalli di 50-100 µm, lungo l’intera lunghezza del linfonodo fino a consumarlo completamente. in passato venivano prelevate, per ogni intervallo, delle sezioni aggiuntive, da conservare per l’analisi immunoistochimica, ma attualmen-te, se necessario, eseguiamo l’analisi immunoistochimica sulle sezioni decolorate, per confermare la

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PaTologia

Cellule tumorali isolate nel linfonodo sentinella identificate con l’ematossilina eosina (a sinistra) e con immunoistochimi-ca per citocheratine (a destra).

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natura metastatica delle cellule morfologicamente atipiche (circa il 5% dei casi). la necessità di un esame esaustivo del linfonodo sentinella deriva dalla constatazione che, mentre focolai metastatici di dimensioni di 2 o più mm (macrometastasi) sono quasi sempre presenti nelle sezioni iniziali a partire dalla regione centrale del linfonodo, foci di dimensioni inferiori ai 2 mm (micrometastasi) sono distri-buiti in maniera del tutto casuale nel linfonodo e non potrebbero essere identificati se si analizzasse solo la parte centrale del linfonodo. la scelta di effettuare sezioni ad intervalli di 50-100 µm è dettata dalla necessità di identificare anche il minimo coinvolgimento linfonodale (cellule tumorali isolate e micrometastasi), che spesso non vengono riconosciute quando il linfonodo viene sezionato ad inter-valli di taglio maggiori.

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le terapie sistemiche adiuvanti hanno migliorato la sopravvivenza libera da malattia e globale da car-cinoma mammario. le implicazioni dell’evidenza disponibile per la scelta del trattamento adiuvante vengono discusse in un congresso che si svolge ogni due anni a St. gallen in Svizzera, l’ultimo dei

quali, tenutosi nel marzo 2009, ha enfatizzato la necessità di utilizzare fattori predittivi per scegliere un adeguato trattamento adiuvante. allo stesso modo, l’istituto Europeo di oncologia si è impegnato negli scorsi anni ad attuare una scelta di trattamento operato basandosi sull’utilizzo di fattori predittivi di risposta allo stesso trattamento. dal 1994 i casi clinici relativi a tutte le pazienti operate in istituto vengono discussi in una riunione mul-tidisciplinare settimanale, in cui oncologi medici, patologi, radioterapisti e chirurghi senologi valutano il miglior trattamento adiuvante per la singola paziente. Questo report esaminerà l’algoritmo sviluppato per l’utilizzo delle terapie sistemiche nel carcinoma mammario operato.

dai fattori prognostici ai fattori predittivi

Prima del 2005, l’algoritmo per la scelta del trattamento adiuvante era principalmente basato sulla stima del rischio di recidiva, ed in particolare sullo stato linfonodale. dal 2005 si è verificato un impor-tante cambiamento nella scelta del trattamento adiuvante, in quanto i fattori predittivi (in particolare endocrino-responsività e overespressione o amplificazione di HER2) sono diventati più importanti dei “vecchi” fattori prognostici nel determinare quale fosse il trattamento più adeguato nella sin-gola paziente. Come è stato recentemente affermato durante l’11a Consensus Conference tenutasi a St. gallen, al momento della scelta del trattamento adiuvante ci si deve porre tre domande: 1) chi deve essere candidata alla terapia endocrina, 2) chi deve essere candidata alla terapia anti-HER2, 3) chi deve essere candidata alla chemioterapia.

1. Qualsiasi livello di espressione del recettore per estrogeni e progesterone giustifica l’utilizzo di una terapia endocrina adiuvante, che deve essere prescritta in tutte le pazienti il cui tumore mostra evi-denza di endocrino responsività. la determinazione dei recettori ormonali deve essere effettuata in maniera affidabile e accurata. 2. l’overespressione o l’amplificazione di HER2, così come è stata definita dalla american Society of Clinical oncology (aSCo) e dalle linee guida del College of american Pathologists (CaP) viene conside-rata una indicazione per la terapia anti-HER2. Per quanto riguarda HER2, sia una uniforme e intensa positività di membrana superiore al 30% delle cellule neoplastiche determinata con metodiche di immunoistochimica, e in alternativa la determinazione della amplificazione genica con tecniche di

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oNCologia MEdiCa

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ibridazione in situ con FiSH (fluorescence in situ hybridization: rapporto tra numero di copie del gene HER2 e numero di centromeri del cromosoma 17 > 2.2) o CiSH (chromogenic in situ hybridization: > 6 HER2 signali/cellule) è considerato adeguato per definire la positività di HER2.3. la chemioterapia è indicata nei casi a maggiore rischio di recidiva, ma una soglia per il suo utilizzo è difficile da definire. Pazienti che hanno indicazione a ricevere una terapia anti-Her2 convenzional-mente ricevono anche chemioterapia, in quanto l’utilizzo di una terapia anti-Her2 in associazione a terapia endocrina da sola non viene considerata adeguata. la chemioterapia è solitamente indicata per pazienti con malattia triplo negativa, dato che la grande maggioranza di queste pazienti presentano un sufficiente rischio di recidiva da giustificare l’impiego della chemioterapia. Tuttavia, alcuni rari isto-tipi di carcinoma mammario, ad esempio il carcinoma midollare, il carcinoma apocrino e il carcinoma adenoidocistico spesso non richiedono un trattamento chemioterapico visto il basso rischio di recidiva nonostante il fenotipo triplo negativo. allo stesso modo, pazienti con un tumore inferiore ad 1 cm di diametro senza coinvolgimento dei linfonodi ascellari e senza altre caratteristiche che indichino un maggiore potenziale metastatico (es. invasione vascolare) potrebbero non richiedere un trattamento chemioterapico adiuvante.

il giudizio clinico è estremamente importante nella scelta del trattamento adiuvante in pazienti a minore rischio di recidiva. in particolare, è spesso difficile valutare il potenziale beneficio derivante dall’aggiunta della chemioterapia in pazienti con tumore mammario endocrino responsivo e con HER2 assente. Caratteristiche che supportano l’aggiunta della chemioterapia alla terapia endocrina includo-no fattori di rischio selezionati quali grado 3 (tumori scarsamente differenziati), alto indice di prolife-razione (Ki67), bassa espressione di recettori ormonali, esteso coinvolgimento dei linfonodi ascellari (es. 4 o più linfonodi coinvolti), invasione vascolare peritumorale, e diametro tumorale (superiore a 5 cm). Viceversa, pazienti con tumori ben differenziati (grado 1), basso indice di proliferazione, alta espressione di recettori per estrogeni e/o progesterone, negatività dei linfonodi ascellari, assenza di invasione vascolare peritumorale e piccolo diametro (inferiore o uguale a 2 cm) possono essere candi-date alla sola terapia endocrina. Caratteristiche di rischio intermedio quali grado 2, indice di prolifera-zione intermedio, diametro tumorale tra 2 e 5 cm, e con coinvolgimento di 1-3 linfonodi ascellari, non aiutano nella decisione se aggiungere o meno un trattamento chemioterapico alla terapia endocrina.

Tuttavia, se tutti questi fattori sono presenti, possono suggerire la necessità dell’aggiunta di una chemioterapia. in questi casi in cui la decisione terapeutica è più complessa, metodiche di gene ex-pression profiling, quando disponibili, potrebbero essere considerate come uno strumento utile per discriminare se l’aggiunta della chemioterapia alla terapia endocrina possa essere utile a ridurre il ri-schio di recidiva. Un ulteriore strumento, sviluppato più recentemente, si basa sull’impiego di modelli statistici che integrano dati clinici, patologici e molecolari predittivi del rischio di recidiva.

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Terapie sistemiche adiuvanti:

Endocrino TerapiaPremenopausa: Sia il tamoxifene associato alla soppressione ovarica (soprattutto in pazienti ad alto rischio di recidiva e/o con malattia HER2 positiva) o tamoxifene da solo (in pazienti a rischio molto basso e con età superiore a 40 anni), entrambi per una durata di 5 anni, sono considerate opzioni accettabili. la soppressione ovarica da sola è considerata in casi selezionati. gli inibitori dell’aroma-tasi non sono indicati in pazienti prima della menopausa. Quando il tamoxifene è controindicato, gli inibitori dell’aromatasi possono essere somministrati insieme alla soppressione ovarica, monitorando i livelli di estradiolo durante il trattamento. in base alla nostra esperienza preferiamo somministrare lHRH analoghi concomitantemente alla chemioterapia quando questa è indicata, in particolare nelle pazienti più giovani.

Postmenopausa: Recenti studi clinici randomizzati dimostrano un beneficio degli inibitori dell’aroma-tasi rispetto al tamoxifene in pazienti in menopausa con carcinoma mammario endocrino-responsivo. Tale beneficio è particolarmente rilevante per pazienti ad elevato rischio di ripresa di malattia, mentre per donne a rischio molto basso il tamoxifene rappresenta tuttora un’opzione di trattamento.

attualmente, gli inibitori dell’aromatasi dovrebbero essere somministrati per 5 anni dopo l’intervento (anastrozolo, letrozolo) in presenza di alto rischio di recidiva, mentre è preferibile prescrivere 2-3 anni di trattamento con tamoxifene e quindi passare ad un inibitore dell’aromatasi (exemestane, anastro-zolo) per completare i 5 anni di trattamento in caso di minore rischio di recidiva. Nel caso la paziente stia ricevendo un trattamento antidepressivo con SSRi, si indica solitamente un trattamento con inibi-tore dell’aromatasi per 5 anni.

Nel caso debbano essere prescritte sia chemioterapia che terapia endocrina, è preferibile la loro som-ministrazione sequenziale piuttosto che concomitante. Per le pazienti che abbiano completato i 5 anni di trattamento endocrino, viene indicata l’aggiunta di un inibitore dell’aromatasi per un ulteriore pe-riodo di tempo solo nel caso di pazienti ad alto rischio di recidiva (es. con linfonodi ascellari positivi). Suggeriamo di verificare periodicamente la soppressione ovarica in pazienti giovani in menopausa che ricevono un inibitore dell’aromatasi.

Suggeriamo inoltre alle pazienti di verificare la densità minerale ossea (con MoC dEXa lombare e femo-rale) prima di avviare e durante un trattamento con inibitori dell’aromatasi, e di utilizzare supplementi di calcio e vitamina d e aumentare l’attività fisica per ridurre il rischio di perdita di massa ossea e per prevenire sintomi correlati al trattamento.

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Terapia anti-hER2

in pazienti operate di carcinoma mammario HER2 positivo, trastuzumab migliora la sopravvivenza libera da malattia e globale. Trastuzumab per un anno è attualmente prescritto in tutte le pazienti con overespressione o amplificazione di HER2 e con diametro tumorale superiore a 1 cm e/o con lin-fonodi ascellari positivi. Vi sono evidenze limitate sulla somministrazione di trastuzumab in pazienti con malattia HER2 positiva ma con diametro tumorale inferiore a 1 cm e assenza di coinvolgimento dei linfonodi ascellari, pertanto non si possono dare raccomandazioni definitive in questo contesto. Non vi sono ancora dati conclusivi in merito alla migliore strategia (sequenziale vs. concomitante) per somministrare chemioterapia e trastuzumab. Tutte le pazienti con indicazione a trattamento con trastuzumab dovrebbero essere sottoposte ad un ecocardiogramma o una scintigrafia miocardica basale per valutare la frazione di eiezione prima dell’inizio della terapia con trastuzumab, e succes-sive valutazioni della frazione di eiezione vengono raccomandate ogni 3 mesi durante la terapia con trastuzumab. Trastuzumab è controindicato in pazienti con ridotta frazione di eiezione (lVEF < 50%). Nel caso di tossicità cardiaca, la terapia con trastuzumab dovrebbe essere sospesa e la frazione di eiezione rivalutata dopo 4 settimane, ed ogni ulteriore decisione sul riprendere o meno la terapia con trastuzumab dovrebbe essere vagliata caso per caso, considerando il rischio di recidiva del carcinoma mammario ed eventuali precedenti patologie cardiologiche.

chemioterapia adiuvantela chemioterapia riveste un ruolo cruciale nel trattamento del carcinoma mammario triplo negativo ed in quello HER2-positivo. al contrario, in pazienti con carcinoma mammario endocrinoresponsivo ed HER2-negativo la decisione circa una eventuale chemioterapia è più complessa. diversi regimi di chemioterapia vengono utilizzati nella pratica clinica, ma non vi sono indicazioni chiare in merito ad un particolare regime o all’utilizzo di marcatori predittivi per determinare la risposta ai diversi che-mioterapici. Una ridotta espressione dei recettori ormonali, con overespressione di HER2 ed elevato indice di proliferazione predicono la risposta alla chemioterapia in generale piuttosto che ai singoli agenti chemioterapici.Pazienti con elevata espressione di recettori per estrogeni e/o progesterone hanno un minore beneficio dall’aggiunta della chemioterapia alla terapia endocrina. in pazienti con malattia endocrinoresponsiva ad alto rischio di recidiva, la chemioterapia è indicata in aggiunta alla terapia endocrina. in tali casi, tuttavia, i regimi più intensi (es. con aggiunta di taxani o con schema “dose-dense”) potrebbero non essere più efficaci di regimi “basic” ad esempio contenenti antracicline e somministrati ogni 3 settima-ne. Regimi meno intensi come aC per 4 cicli o CMF classico per 3 cicli vengono tipicamente utilizzati in pazienti con malattia endocrino-responsiva dove sia necessario aggiungere della chemioterapia, men-tre regimi più intensi vengono spesso proposti a pazienti con elevato rischio di recidiva di malattia. in particolare, l’utilizzo di chemioterapia contenente antracicline per una durata di 6 mesi è considerata

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la prima opzione in pazienti con malattia HER2 positiva e non endocrinoresponsiva. Tali regimi inclu-dono aC per 4 cicli seguiti da CMF per 3 cicli, CEF canadese per 6 cicli, e schemi sequenziali di adriami-cina, docetaxel e CMF classico per 3 cicli (studio iBCSg Big2), che hanno dimostrato superiori risultati in studi clinici randomizzati, anche se al costo di maggiori complessità, costi ed effetti collaterali. in pazienti con tumori tripli negativi, gli agenti alchilanti possono essere considerati e l’utilizzo di CMF classico per 6 cicli viene considerata una opzione adeguata in queste pazienti. Nelle pazienti anziane con una sufficiente aspettativa di vita operate per un tumore mammario non endocrino-responsivo con fattori di rischio per ripresa di malattia, la chemioterapia adiuvante può essere considerata, even-tualmente con una durata inferiore (es. 12-16 settimane di epirubicina o paclitaxel settimanali).la chemioterapia dovrebbe essere iniziata il più precocemente possibile (es. entro 3-4 settimane dall’intervento chirurgico) in pazienti con malattia non endocrinoresponsiva. Nella pratica clinica, è nostra abitudine non ricorrere all’utilizzo routinario di fattori di crescita emopoietici in pazienti ope-rate di carcinoma mammario.

Terapia sistemica preoperatoriala terapia sistemica neoadiuvante o primaria o preoperatoria dovrebbe essere indicata per migliorare la possibilità di una chirurgia conservativa e per acquisire precocemente delle informazioni sulla ri-sposta ai trattamenti e sulla biologia della malattia. Prima di iniziare la chemioterapia preoperatoria, dovrebbe essere eseguita una biopsia mammaria per confermare la diagnosi di carcinoma invasivo e per ottenere le caratteristiche biologiche che servono come fattori predittivi.

la chemioterapia preoperatoria è meno efficace per tumori con elevate livelli di espressione di re-cettori per estrogeni e/o progesterone. la terapia endocrina preoperatoria senza chemioterapia è un’opzione ragionevole per pazienti con elevata positività dei recettori ormonali, in particolare se in menopausa. il trattamento endocrino primario dovrebbe avere una durata non inferiore a 5-8 mesi di trattamento e dovrebbe essere comunque proseguito fino alla massima risposta del tumore. i regimi di chemioterapia preoperatoria dovrebbero comprendere antracicline e/o taxani. in pazienti selezionate (es. presenza di endocrino responsività, pazienti anziane, scelta della paziente) può essere considera-ta una chemioterapia “tailored” (es. capecitabina e vinorelbina; fluorouracile, lederfolin e vinorelbina). la durata della chemioterapia dovrebbe essere di circa 6 cicli.

la chemioterapia infusionale (ovvero con regime contenenti fluorouracile in infusione continua) è la opzione preferita in presenza di tumori molto voluminosi e/o in presenza di presentazione infiamma-toria. Nel carcinoma mammario infiammatorio, la durata del trattamento dovrebbe essere di 6-8 cicli. Nel caso di malattia HER2-positiva, una terapia anti-HER2 dovrebbe essere somministrata insieme alla chemioterapia.

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classificazione TNMiEo

la necessità di un sistema di stadiazione, riconosciuto e unificato a livello internazionale delle neo-plasie maligne, si era manifestata nella prima metà del XX secolo, quando fu pubblicato dall’Unione internazionale Contro il Cancro (UiCC) il primo “staging system” (TNM), seguito poi dalla classifica-zione delle neoplasie maligne dell’apparato genitale femminile pubblicata a cura della Federazione internazionale dei ginecologi ed ostetrici (Figo). a seguire, vennero poi pubblicate varie edizioni della classificazione delle neoplasie maligne a cura della american Joint Committee for Cancer (aJCC), fino all’attuale settima edizione del dicembre 2009.Queste classificazioni sono essenzialmente basate su dati clinici ed anatomopatologici, che permet-tono di stadiare la malattia in modo standardizzato e riproducibile, favorendo così la condivisione di informazioni sull’estensione e sulla prognosi della neoplasia e offrendo le basi per la scelta del tratta-mento. i parametri presi in considerazione sono le dimensioni della neoplasia (T), lo stato dei linfonodi locoregionali (N) e la presenza di metastasi a distanza (M). Esse rimangono sostanzialmente legate al concetto che la prognosi delle neoplasie maligne sia determinata dalla loro estensione, cioè dalla quantità di tumore presente (nella sede primitiva, nei linfonodi regionali e nelle sedi metastatiche).

Questa impostazione contrasta, almeno per molti tumori umani e certamente per i carcinomi della mammella, con le più recenti acquisizioni della ricerca biomolecolare e clinica, che hanno chiaramente messo in luce l’importanza dei parametri biologici della malattia nella valutazione sia della prognosi che della risposta alle terapie sistemiche.

Una delle motivazioni fondamentali che ha ispirato la nostra rivisitazione della classificazione TNM è rappresentata, non solo dalle novità biologiche degli ultimi decenni, ma anche dalla volontà di ri-durre l’impatto psicologico, spesso devastante per la paziente, di termini quali “carcinoma in situ” e “carcinoma infiltrante”. in più di un terzo delle pazienti, infatti, abbiamo osservato la comparsa o la riacutizzazione di problemi psicologici legati alla percezione impropria della terminologia clinica e patologica adottata nella formulazione e nella comunicazione della diagnosi.

Un’importante innovazione del TNMiEo

è pertanto l’abolizione del termine “carcinoma” per le neopla-sie “in situ” e dell’aggettivo “infiltrante” nel carcinoma (che è per definizione infiltrante), in modo da adottare una terminologia che chiaramente indichi le differenze fra le lesioni che possono o no dare origine a metastasi linfonodali o a distanza. il secondo ed importante cambiamento introdotto dal TNM

iEo è quello di precisare in modo più analitico le categorie pT e pN, in modo da fornire più

accurate informazioni prognostiche, basate sull’estensione della malattia, mantenendo però piena compatibilità con le vecchie categorie del T ed N, così da permettere una comparazione statistica fra i vecchi ed i nuovi dati.

ClaSSiFiCaZioNE TNM NEl CaRCiNoMa MaMMaRio

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ormai da tempo presso lo iEo, utilizziamo la terminologia proposta da Tavassoli che rinomina il dCiS e il lCiS, con il termine di “neoplasie intraepiteliali”, rispettivamente dei dotti (ductal intraepithelial neoplasia, diN) e dei lobuli (lobular intraepithelial neoplasia, liN), associandone la determinazione i, ii o iii a seconda del grado decrescente di differenziazione. altro grande vantaggio della classificazione TNM

iEo è che non viene più utilizzato l’aggettivo “infiltrante”, che è considerato ridondante per una

malattia, il carcinoma, che è infiltrante per definizione.

dimensioni della neoplasia (T)Nella classificazione TNM

UiCC, le neoplasie sono divise in categorie (T1a-c,T2 ecc.) in base alle dimen-

sioni in un modo che, per quanto obiettivo e riproducibile, attualmente appare inadeguato. infatti, la categoria del T1 (T1a,b,c) comprende neoplasie con dimensioni variabili da <1mm (T1mi) a 2 cm, che hanno in realtà importanti differenze dal punto di vista prognostico. ad esempio, secondo l’attuale classificazione TNM

UiCC neoplasie di 1,1 cm e di 1,9 cm sono raggruppate nella stessa categoria (T1c),

nonostante una prognosi molto diversa. Tale problema è ancora più evidente nella categoria T2, che comprende neoplasie con dimensioni che variano da 2,1 a 5 cm, e quindi raggruppa tumori decisa-mente differenti per volume e per prognosi. la proposta iEo è quella di formulare il pT in termini di esatta dimensione massima della neoplasia, espressa in centimetri (pT1,2 cm/pT3,4 cm).

linfonodi regionali (N)la classificazione delle metastasi linfonodali locoregionali proposta dal TNM

iEo segue la stessa logica

analitica della nuova classificazione utilizzata per la dimensione tumorale, nel senso che intende precisare l’esatto numero dei linfonodi metastatici sul totale di quelli rimossi chirurgicamente ed esaminati microscopicamente. è infatti intuitivo che abbia un diverso significato prognostico identifi-care 3 metastasi linfonodali su 3 soli linfonodi esaminati o le stesse 3 metastasi linfonodali, ma su 30 linfonodi esaminati. Nella classificazione TNM

UiCC, purtroppo, entrambe queste neoplasie vengono clas-

sificate come pN1a e si perde l’informazione relativa al rapporto tra il numero di linfonodi metastatici ed il numero totale dei linfonodi.la classificazione TNM

iEo prevede invece di indicare il numero di linfonodi metastatici sul totale di

quelli esaminati. ad esempio, la classificazione TNMiEo

applicata ai due casi precedenti risulterebbe essere pN+

(3/3) nel primo caso e pN+

(3/30) nel secondo, consentendo così di evidenziare immediatamente

la significativa differenza tra le due condizioni.

Metastasi a distanza (M)la classificazione TNM

UiCC usa la sigla M1 per indicare le metastasi a distanza. Noi suggeriamo di pre-

cisare il distretto della localizzazione a distanza, poiché, a seconda del sito coinvolto, è possibile uti-

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lizzare, con successo, nuove e diverse modalità di trattamento. Per esempio una metastasi polmonare verrà definita non più M1 in modo generico ma M+(lung) ed una epatica M+(li) (liver).Più modernamente nella nuova classificazione suggeriamo e raccomandiamo l’introduzione di tutti i parametri biologici possibili come naturalmente la valutazione recettoriale (ER, PgR), il Ki-67, l’invasio-ne vascolare peritumorale (PVi) ma anche il cErbB2 e i profili di espressione genica; parametri ormai indispensabili nella pianificazione terapeutica complementare.

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L’Autore Esecutivo e gli Editori ringrazianoMaria Grazia Villardita per l’assistenza editoriale

Con il contributo educazionale di

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