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1.1 Premessa

Il presente studio si pone come obbiettivo la mitigazione della pericolosità idraulica residua in

corrispondenza del torrente Picone e del canale deviatore Lamasinata, a tal fine è stato effettuato uno studio

preliminare di compatibilità idrologica-idraulica a scala di bacino atto ad integrare l’attuale quadro

conoscitivo sintetizzabile nelle perimetrazioni dell’Autorità di Bacino della Puglia e dello studio di fattibilità

“Anticipazioni sugli interventi in corrispondenza del canale deviatore della città di Bari, urgenti in ordine

alla prevenzione da rischio idraulico” a firma dei professionisti Prof. Ing. V. Cotecchia e Dott. Geol. Greco.

Lo svolgimento di questa fase preliminare è stata suddivisa nei seguenti punti:

o Fase di inquadramento generale, con breve descrizione dell’area oggetto dello studio.

o Fase di acquisizione dei dati: per raggiungere l’obiettivo è stata effettuata una accurata raccolta di

dati geografici della zona in esame del tratto fluviale interessato: cartografia, rilievi topografici,

rilievi batimetrici dell’alveo ed un modello digitale del terreno DEM.

o Fase di simulazione idraulica, attraverso l’utilizzo di programmi di calcolo: il software utilizzato in

questo caso per le modellazioni è Hec-Ras.

o Fase di analisi dei risultati preliminari: trasformazione dei risultati del calcolo idraulico in

informazione geografica, valutazione dell’attendibilità del risultato ed individuazione di eventuali

errori (la simulazione della piena è stata effettuata nell’ipotesi di verifica della “Sicurezza Idraulica”

ovvero per un tempo di ritorno di 200 anni, confermando i precedenti studi effettuati dall’AdBP, che

ha valutato tale portata in 350 m3/sec).

Subito dopo la fase preliminare, sulla base di uno studio dettagliato del sito, si è proceduto ad individuare le

principali criticità ai fini della sussistenza della sicurezza idraulica e successivamente gli “interventi

strutturali”, dando assoluta priorità a quelli indicati nel bando da Codesta Amministrazione,dall’Autorità di

Bacino ed all’Economie disponibili, atti a mitigare il rischio idraulico e che sono stati opportunamente

riprodotti nelle simulazioni al fine di validare l’efficacia degli stessi.

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Interventi prioritari presenti nel Contratto- Disciplinare della Progettazione

Di seguito verranno proposte delle foto aeree che rappresenteranno l’opera oggetto di studio e quelle che

sono state individuate come zone a criticità prioritaria e destinate agli immediati interventi (nell’ambito del

finanziamento disponibile) di mitigazione del rischio idraulico:

o Ricostruzione ed adeguamento degli argini e/o delle pareti del canale deviatore in corrispondenza di

via Donadonisi, per un tratto di circa 180 mt +100mt, sia in destra che in sinistra idraulica,

riportandole alle quote originarie;

o Ricostruzione delle pareti del canale deviatore in corrispondenza del ponte che scavalca lo stesso

all’altezza dello svincolo Bari-Picone;

o Ricostruzione delle pareti del canale deviatore, per complessivi 200 mt in corrispondenza del

“tondo” di Carbonara;

o Pulizia ed asportazione dei detriti presenti all’interno del canale deviatore, particolarmente in

corrispondenza dell’imbocco dello stesso all’altezza di via Donadonisi.

Fig 01)- Individuazione mediante foto aerea del canale deviatore;

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Fig 02)- foto aerea via Di Cillo in prossimità della ex Cava di Maso;

Fig 03)- foto aerea a monte di via Donadonisi;

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Fig 04)- foto aerea di via Donadonisi;

Fig 05)- foto aerea del tondo di Carbonara;

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Fig 06)- foto aerea di via Bitritto;

2.1 Caratteristiche geomorfologiche generali del sito

Inquadramento geomorfologico generale

In Puglia la quasi totale assenza di significative incisioni geo-morfologiche, ad eccezione del Gargano

e delle Murge, e la presenza di calcari affioranti ad alta permeabilità generalmente carsica, caratterizzano un

territorio privo di un reticolo idrografico ben definito e dall’assenza di deflussi significativi per lunghi

periodi, anche invernali. Il reticolo presente è formato da numerose incisioni naturali, talvolta caratterizzati

da ampie sezioni trasversali, che non sempre sfociano in mare e spesso confluiscono in inghiottitoi dal suolo

alimentando i deflussi sotterranei. Nel territorio coincidente con la provincia di Bari, la configurazione

topografica determina il comportamento dei deflussi superficiali e delle alluvioni che, dal rialzo delle Murge,

al ripiano terrazzato delle aree più a valle, sfociano nell’Adriatico. L’assenza di un sistema fluviale che

consenta il regolare deflusso è compensato dalle innumerevoli fratture, che, per quanto sottili, assorbono

facilmente le acque di pioggia, lasciando scorrere solamente una certa quantità, in periodi di piogge intense.

Tutto il bacino è intaccato da solchi naturali scavati nella massa calcarea, il cui fondo è più o meno ricco di

cavità assorbenti o inghiottitoi, e da ciò segue che le acque di pioggia giungono al mare solamente quando

sono così voluminose da non poter essere tutte smaltite dai suddetti inghiottitoi. D’altra parte il velo di

argilla che ricopre il terreno pianeggiante assicura una certa impermeabilità, e quindi se le piogge sono

leggere esse vengono assorbite facilmente e trasmesse al sottostante calcare fessurato, mentre se sono intense

e prolungate, dopo avere trasformato il terreno in una specie di impasto quasi impermeabile, in parte

affluiscono in conche carsiche, molto diffuse in Puglia, aventi nel punto più basso un inghiottitoio, in parte

ristagnano, data la natura pianeggiante del terreno e la vegetazione che lo ricopre, ed un’altra parte, favorita

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dalla pendenza del terreno, viene raccolta negli avvallamenti e convogliate al mare. Per tali ragioni, non vi è

rilevanza di una rete idrografica ben definita. Non essendoci, quindi, corsi d’acqua veri e propri, i deflussi

superficiali risultano incanalati in avvallamenti, che in tempi di piogge intense e prolungate raccolgono le

acque rivenienti dai terreni circostanti. Tali avvallamenti formano torrenti localmente chiamati “lame”.

Le lame che interessano l’ambito urbano di Bari (Fig. 7), sono:

o La Lama Balice, prosecuzione del torrente Tiflis passante per Bitonto, che scende verso il mare

lambendo le zone nei pressi dell’aeroporto Bari-Palese;

o La Lama Lamasinata è fra le lame più importanti. Scende tra Palo del Colle e Bitetto, quindi tocca i

terreni tra Modugno e Bitritto, per proseguire verso la zona industriale. Sfocia approssimativamente

vicino alla spiaggia di S. Francesco-S. Cataldo, dove è ancora visibile il cosiddetto “canalone”

realizzato all’inizio del XX secolo per convogliare le acque piovane durante le alluvioni. Sul ciglio

della lama sorgono numerosi insediamenti rupestri. Una sua derivazione era la Lama Gambetta, che

da Modugno si ricongiungeva nella zona industriale. La Lama Lamasinata ha un bacino imbrifero

afferente di 370 Km2;

o La Lama Villa Lamberti è relativamente piccola e prende il nome da una villa settecentesca. Parte

poco dopo Bitritto e scende lungo la Strada Provinciale Bari-Bitritto-Adelfia. Da Villa Lamberti

prosegue fino a sfociare nell’ansa detta di Marisabella, dove oggi sorge il porto nuovo;

o La Lama Picone è insieme alla Lama Lamasinata il più importante corso d’acqua che solca Bari. In

esso confluiscono il Torrente Baronale (passante da Adelfia, Loseto, Valenzano, Ceglie) e un

secondo torrente che da Sannicandro scende tra Loseto e Bitritto, Ceglie, dove inizia un unico letto

torrentizio. Prosegue quindi verso Parco Domingo e Poggiofranco (dove sono ancora visibili

importanti insediamenti rupestri), per sfociare nella zona di Marisabella, insieme alla Lama

Lamberti. I due corsi d’acqua formavano in questa zona una piccola palude simile ad un laghetto. La

Lama Picone, che interessa più direttamente la città di Bari, si compone, dunque, di due rami

principali che si congiungono nelle vicinanze della località di Carbonara e ha un bacino imbrifero

fino al mare di 292 Km2;

o La Lama Fitta segue lateralmente sulla destra lo sviluppo dei paesi di Loseto e Ceglie (lambiti alla

sinistra dalla Lama Picone) e scende tra le attuali Corso Alcide De Gasperi e via Fanelli, giungendo

al mare

o La Lama S. Marco è un piccolo torrente che nasce presso la masseria Carbone, oggi parrocchia di S.

Marco, e scende lungo il piccolo tratto che porta al mare;

o La Lama S. Giorgio da Noicattaro bagna le campagne circostanti, fino a sfociare nella cala di S.

Giorgio, dove oggi sorge l’omonimo camping;

o La Lama Giotta parte anch’essa vicino a Noicattaro e scende allargandosi verso le campagne di

Torre a Mare, dove sfocia.

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Fig 07)- Principali bacini che defluiscono in territorio del Comune di Bari;

3.1 Eventi storici catastrofici e stato dell’arte conseguente, finalizzato alla mitigazione del rischio

idraulico

Eventi storici che hanno “segnato” l’esigenza di opere di mitigazione del rischio idraulico a scala di bacino

mediante opere di forestazione e sistema di briglie a secco

“…Per molti secoli Bari è stata una città a rischio idraulico. Le piene dei torrenti Lamasinata, Picone,

Montrone e Valenzano, che discendono dalla Murgia e ne attraversano il territorio prima di versarsi in mare,

hanno causato, ora l’uno ora l’altro, danni e allagamenti.

Si ha testimonianza (Perotti, 1907) che già ai primi anni del 1550, poiché la città, attuale quartiere S. Nicola,

era lambita dalla Lama Picone, la Duchessa Isabella Sforza d’Aragona dette inizio all’esecuzione di un

canale al di fuori delle mura al fine di allontanare le acque che in occasione delle intense precipitazioni

minacciavano il centro urbano. Tale canale, del resto non ultimato, non riuscì a contenere l’onda di piena che

il 2 ottobre 1567 si riversò su Bari, portando fra l’altro alla distruzione di un ponte che univa l’odierno

quartiere Libertà con la Riviera di Ponente (Melchiorre, 1982). Come narra Moretti (2005) una devastante

piena di metà del ‘500 (verosimilmente l’alluvione del 1957) cancellò tutte le opere fatte eseguire dalla

Duchessa Sforza, rendendo ancora più paludosa e malsana la foce della Lama Picone. Il pantano, divenuto

pertanto più vasto, insidioso ed insalubre, prese il nome di Marisabella, a ricordo dello sfortunato tentativo

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della Duchessa Sforza. Nel 1815, per volere di Gioacchino Murat, si dette inizio alla città nuova, mediante

un piano di espansione che prevedeva allineamenti stradali in rettifilo con intersezioni ad angolo retto.

Questa condizione è una caratteristica urbanistica della città di Bari che non teneva in alcun conto

dell’andamento plano-altimetrico delle superfici topografiche, per cui si dovettero colmare tratti di solchi

erosivi (come per esempio il Torrente Picone) o tratti più o meno depressi (come per esempio la località

Marisabella, Fig. 2). Come narra Melchiorre (1982), nella notte del 27 settembre 1827 una tremenda

alluvione si abbattè su Bari, abituata ad eventi simili. Del disastro avvenuto nel 1827 si leggono notizie

dettagliate nel manoscritto inedito di un canto in sesta rima, che tale Rocco Luigi Pietrocola da Valenzano

dedicò al regio giudice del circondario di Canneto, descrivendo i fatti dei quali era stato testimone oculare.

Tutto ebbe inizio con la pioggia torrenziale che convogliò verso Loseto e Bitritto e poi in direzione di Bari,

l’acqua caduta sui rilievi di Altamura, Cassano, Santeramo e dintorni, sradicando alberi, abbattendo case,

devastando campi, travolgendo bestiame e mietendo vittime umane…”.

La circostanza che rese più gravi gli effetti di tali eventi fu che nel frattempo la città, a causa dell’espansione

edilizia, era divenuta più vulnerabile del passato. I torrenti indicati appartengono al versante adriatico della

Murgia nord occidentale. Com’è noto, l’altopiano murgiano impegna buona parte della piattaforma apula.

Trattasi di un grosso horst asimettrico, allungato in direzione appenninica, che si estende dal fiume Ofanto

fino alla depressione di Gioia del Colle. Nella Murgia nord-occidentale l’horst raggiunge le quote più alte

(660-680 m s.l.m.) e degrada verso il mare mediante una successione di ripiani, spianati dall’abrasione

quaternaria e allungati parallelamente alla costa, che si raccordano mediante modeste scarpate di faglia il più

delle volte arretrate per aver ospitato linee di costa pleistoceniche. L’altopiano si presenta lievemente

ondulato, anche per la presenza di doline, ed è edificato da calcari compatti del cretacico, stratificati e

fessurati. La scarpata principale e i cigli dei salti successivi verso il mare , originati dalle faglie

appenniniche, sono incrinati da avvallamenti e lame, talora prodotti da faglie antiappenniniche, su cui si sono

insediati i torrenti che convogliano le acque di origine meteorica in occasione di eventi idrologici eccedenti

la capacità di dispersione del sottosuolo. Nei terreni carsici dei bacini di alimentazione, infatti, le piogge di

modesta intensità si disperdono nelle fratture orizzontali e verticali del substrato calcareo. Nei terreni

denudati, le precipitazioni di forte intensità innescano il trasporto degli elementi lastriformi distaccatisi e dei

frammenti minuti verso gli impluvi. Da qui , in tempi differiti o durante lo stesso evento di piena, i materiali

vengono prelevati e riversati a valle, sotto forma di correnti miste o trasporto di massa. Nella fig.07 sono

riportati i principali corsi d’acqua e relativi bacini citati, oggetto dei fenomeni cui si è fatto cenno, di detti

corsi d’acqua, il più pericoloso per la città di Bari è stato il torrente Picone. La sua prima esondazione, in

questo secolo, si ebbe il 23 febbraio 1905. Le piogge torrenziali del 4 e 5 novembre 1926 determinarono una

piena catastrofica del torrente Picone, le cui acque tracimarono la traversa di Carbonara e, abbattutala, con

portata stimata Q=350 m3/s ripresero il vecchio letto provocando crolli di abitazioni, numerose vittime e

danni ingenti. Su proposta del Ministero per i Lavori Pubblici, fu emanato il R.D. 8/12/1927 che prevedeva

l’adozione di una serie di provvedimenti, tra i quali l’esecuzione di opere di sistemazione idraulico-forestali

nel bacino del Badessa, in sinistra del torrente Picone, in agro di Cassano delle Murge. Solo con

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l’approvazione del R.L.D. del 30/12/1923, n.3267 (legge forestale) e relativo regolamento (R.D. 16/05/1926

n.1126) vengono stabiliti i criteri e le modalità dell’intervento pubblico in materia di sistemazioni idraulico-

forestale dei bacini montani. Con verbale congiunto in data 30/03/1927, dell’ufficio del Genio Civile e

dell’Ispettorato Forestale di Bari, furono individuati i perimetri d’intervento dei bacini del Valenzano,

Montrone, Picone e Lamasinata. Con R.D. 5 agosto 1927.6412 in seguito rettificato con R.D.14 luglio 1928

n.2660, furono classificati come montani parte dei bacini, creando le premesse per rimboschimenti da

eseguirsi a spese dello stato. Con progetto in data 30/09/1927, n.5293, redatto dal Genio Civile di Bari, fu

previsto il rimboschimento di 300 ha di terreni nudi (pascoli e seminativi) costituenti parte del ventaglio del

torrente Badessa, a sua volta tributario del torrente Picone. Tale progetto fu approvato dal provveditorato alle

OO.PP di Bari, con decreto 4/11/1927, n.14526. L’esecuzione dei previsti lavori di rimboschimento venne

materialmente ostacolata dai proprietari dei terreni, per cui il Ministero dei LL.PP. dispose che i terreni

venissero acquistati e, in mancanza di bonario accordo coi proprietari, di procedere alla loro espropriazione

avvalendosi delle disposizioni concernenti le opere di pubblica utilità contenute nella legge 25/06/1865

n.2359. Sulla scorta di nuove direttive e in attesa della definizione delle procedure di acquisto o di

espropriazione per pubblica utilità, fu redatto in data 15/12/1928 da parte del Genio Civile di Bari un nuovo

progetto integrativo e sostitutivo del precedente progetto. Tale progetto, che ampliava la superficie dei

terreni da rimboschire da 300 ha circa a 1.010 ha e determinava anche il valore dei terreni da espropriare o da

acquistare, venne approvato con decreto del Provveditore alle OO.PP. del 30710/1928. I lavori di

rimboschimento vennero iniziati dal Genio Civile di Bari presso il quale era addetto un ispettore forestale,

nella stagione silvana 19281929, e proseguiti, a partire dall’esercizio finanziario 1930-1931,

dall’Amministrazione forestale. A seguito dell’istituzione dell’Azienda di Stato per le Foreste demaniali,

avvenuta con R.D. 17/02/1927 n.324, il Ministero dei LL.PP., con lettera n.3942 del 22/04/1932, incaricava

il Provveditorato alla OO.PP. di effettuare il passaggio dei terreni acquisiti alla citata Azienda. Con verbale

di consegna in data 12/06/1933 vennero trasferiti alla A.S.F.D. 828.29.75 ha di terreni. Nacque, così il

complesso demaniale Mercadante, i cui terreni erano costituiti prevalentemente da pascoli di 3a classe, in

parte da seminativi di 4a e 5a classe e in minima parte da cedui deteriorati di essenze quercine. Sia nei

pascoli che nei seminativi, per il periodico dilavamento, il suolo era quasi scomparso e tutta la zona era

ridotta a vera e propria pietraia. Si rese necessario, all’epoca, l’uso di piccole cariche esplosive allo scopo di

formare buche idonee ad ospitare le piantine forestali. I lavori di rimboschimento, insieme alla realizzazione

di brigliette a secco, poste lungo i fossi e le vallecole del ventaglio di formazione del ramo Badessa per

meglio regimare le acque e difendere i terreni rimboschiti, furono iniziati dal Genio Civile e proseguiti

dall’Amministrazione forestale, sempre finanziati dal Ministero dei LL.PP. e successivamente, dopo il

periodo bellico 1940-45, dal ministero dell’Agricoltura e Foreste. Alla data del 30/06/1948, dei circa 830 ha

di superficie costituenti la Foresta Mercadante, ne erano stati rimboschiti solo 593 e realizzate una sessantina

di brigliette in muratura a secco a sbarramento delle piccole incisioni dei bacini per un volume complessivo

di circa 450 m3. Parecchie delle brigliette a secco costruite con materiale presente nella zona, sono ancora

oggi individuabili fra la vegetazione. Sono curvilinee, con gàveta a corde molle, e munite a monte di vespaio

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in pietrame; hanno dimensioni variabili a seconda dei fossi in cui sono localizzate ma, in media, presentano

un’altezza fuori terra di 80-100 cm ed una saetta al centro di 60 cm con uno spessore in sommità di 80 cm.

La distanza fra una briglia e l’altra varia, al variare della pendenza del fosso, dai 10 ai 55 m circa. Data la

loro importanza formano oggetto di manutenzione. Dopo il 1948 vennero a mancare i finanziamenti del

M.A.F. – bonifica integrale e quindi la prosecuzione dei lavori di rimboschimento, nonché la manutenzione

delle opere eseguite, gravarono sul bilancio dell’Azienda di Stato per le Foreste Demaniali. Negli anni 1943

e 1948, 250 ha dei 593 rimboschiti furono percorsi dal fuoco e il 60% delle giovani piante fu seriamente

danneggiato. Da una relazione redatta in data 05/12/1959 dall’amministrazione dell’epoca si legge quanto

segue: << […] conseguentemente la funzione protettiva del bosco in tali zone è venuta interamente a

mancare, tanto che, durante le piogge torrenziali dell’inverno 1954 (96,8 mm di pioggia misurati il 17

novembre a Cassano Murge) e degli anni successivi (133 mm il 4 settembre 1957 e 120,8 mm l’11 novembre

1958) le acque si sono rapidamente raccolte nei numerosi torrentelli e vallecole lungo le quali, dopo aver

parzialmente travolto le vecchie soglie in pietra a secco, hanno raggiunto, allagandole, le sottostanti zone a

coltura agraria. […] E’ necessaria la ricostituzione del 60% circa della muratura a secco, danneggiata o

demolita dalla violenza delle acque,, per la rimessa in efficienza di una sessantina di brigliette attraverso il

fosso principale “ Mercadante” e dei suoi affluenti, per ovviare ai danni delle acque alluvionali fino a

quando la compatezza del novello bosco, di cui è prevista la ricostituzione sui versanti di detti fossi, non sarà

tale da sopperire efficacemente alla regimazione delle acque >>. A seguito della istituzione della Cassa per

il Mezzoggiorno, della emanazione della legge sulla montagna (25/07/1952 n.991), del piano verde n.1 e 2, i

lavori di rimboschimento ebbero notevole impulso, tant’è che oggi la foresta Mercadante ha una superficie di

1083.54.11 ha, di cui 872.48.62 in comune di Cassano Murge e 211.05.49 in quello di Altamura. Con

l’istituzione delle regioni l’attività di forestazione in provincia di Bari continuò fino al 1979. Da quell’anno

l’area forestale non si è più ampliata, per scarsezza di finanziamenti e per l’esigenza avvertita dai tecnici

forestali di destinare i fondi al miglioramento dei rimboschimenti eseguiti (lavori di sfollamento, spalcatura e

diradamento). In complesso, nei bacini dei torrenti Picone e Lamasinata, dal gennaio 1927 a oggi, sono stati

rimboschiti, con prevalenza di conifere (pini e cipressi), circa quello descritto rappresenta un riuscito

esempio di sistemazione integrata idraulica e idraulica-forestale, realizzata seguendo lo schema classico che

assegna alle opere meccaniche il ruolo primario di fissazione del suolo, rendendo possibile il

rimboschimento a difesa delle sistemazioni idrauliche principali. Infatti, i 1.800 ha di terreni soggetti a

rimboschimenti eseguiti con l’ausilio di piccole opere idrauliche in quantità modesta (circa sessanta brigliette

in muratura a secco) hanno contenuto al massimo il prelievo di materiale dalle pendici, riducendo il trasporto

solido e salvaguardando la funzionalità idraulica delle nuove inalveazioni. A parte quanto emerge dal

confronto tra l’evento idrologico del 1926, che causò il più grave disastro di questo secolo, e quello del 1957

che a motivo dell’efficacia delle opere eseguite non produsse danni, è da notare che al presente i cosiddetti

“canaloni” sono coltivati, trasformati in discariche abusive, occupati da costruzioni abusive e dai rilevati

delle strade di accesso. Considerando il susseguirsi degli eventi, le opere realizzate in termini di sistemazioni

idraulico-forestali, la funzione idrologica svolta dalla foresta Mercadante ha raggiunto livelli soddisfacenti,

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pertanto è opportuno valorizzare tutte le altre funzioni che caratterizzano una foresta, in maniera tale da

renderla potenzialmente plurifunzionale.

Eventi storici che hanno “segnato” l’esigenza di opere di mitigazione del rischio idraulico mediante

modifiche planimetriche del corso d’acqua ed interventi strutturali per la difesa delle piene.

Alluvione del 1905

Come conseguenza dell’espansione della città di Bari, una piena del 23 febbraio 1905, non potendo essere

convogliata lungo il Torrente Picone né essere contenuta in alcune cave localmente abbandonate, si riversò

su strade e su edifici vicini determinando vasti danni. In particolare, come narra Melchiorre (2002), la

mattina del 23 febbraio 1905, dopo due giorni di pioggia dirotta, che aveva trasformato le strade di Bari in

una immensa pozzanghera fangosa, qualche pallido raggio di sole squarciò le nubi, lasciando sperare in una

tregua del brutto tempo. Ma, intorno alle ore 13, si sentì un cupo e fragoroso gorgoglio di un torrente

alluvionale che, provenendo dalla parte del Picone, aveva imboccato la direzione della via Manzoni, lungo il

versante sud-ovest della città, dirigendosi con corsa irrefrenabile verso il .

Alluvione del 1915

Per porre rimedio al ripetersi di analoghi eventi, nel 1905 fu iniziata la costruzione di un canale di deflusso a

margine dell’abitato (via Crisanzio e via Trevisani), il quale, però, non completato dopo dieci anni, non ebbe

alcuna efficacia durante l’alluvione che colpì la città nel 1915. Come narra Melchiorre (2002), la sera del 3

settembre 1915 due impetuose correnti alluvionali, provenienti una da Cassano Murge per il torrente Picone

e l’altra da Noci e Putignano, si riversarono su Bari, allagando l’abitato, investendo costruzioni e causando

23 morti, oltre a 50 feriti. A distanza di pochi giorni il disastroso evento si ripetette, ma senza causare altri

danni. Fu soprattutto la piena del Torrente Valenzano a causare i maggiori danni. A rimanere allagate furono

soprattutto le vie Principe Amedeo, Dante Alighieri, Nicolai, Trevisani, Sagarriga Visconti, Garruba,

Manzoni, Crisanzio e Candia (attuale Corso Italia), nelle quali molteplici furono i crolli, senza contare i

danni ricevuti dagli opifici esistenti lungo la linea del Picone. I giorni seguenti si provvide, tra l’altro, allo

sfangamento delle vie invase dal fango e alla completa ripulitura del canalone che, dall’inizio di via

Manzoni, lungo il percorso di via Pizzoli, portava a mare.

Alluvione del 1926

A seguito dell’alluvione del 1915, venne arginato l’alveo del Torrente Picone, in corrispondenza della

località Carbonara, in modo da deviare le acque dello stesso in un canale artificiale (Canale Deviatore

Lamasinata, Figg.2-4), diretto a mare in prossimità di S. Francesco all’Arena. Nonostante questo intervento,

la violenza della piena del 5-6 novembre 1926 riuscì a superare e ad abbattere il suddetto argine. La Fig. 5

(dalla Gazzetta di Puglia, 1926) riporta con tratteggio in nero la zona di allagamento. Come narra Melchiorre

(2002), era piovuto a dirotto per due intere giornate e le acque limacciose avevano ricoperto tutte le strade

della città presso a poco fino all’altezza dei marciapiedi, senza tuttavia far presagire che un flagello del

genere potesse tornare a colpirla, in considerazione soprattutto delle opere di difesa costruite lungo l’argine

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del Picone, dopo la sciagura del 1915. Ma la piena si abbatté sull’abitato con inaudita violenza, verso le ore

2:00 della notte, travolgendo i settanta metri della diga di sbarramento. Attraverso la breccia che si era aperta

nella possente muraglia, un’onda alta circa 5 m vi si introdusse e procedette, investendo i magazzini,

sradicando alberi e pali elettrici e sventrando interi caseggiati. In effetti, come si legge nelle cronache della

Gazzetta di Puglia, in seguito al disastro del 23 febbraio 1905, per difendere Bari dalla grave minaccia delle

acque alluvionali, provenienti dal vasto bacino delle Murge, fu costruita nel 1914, nelle vicinanze di

Carbonara una diga di sbarramento in muratura per convogliare le dette acque in un apposito canale

artificiale scavato nella roccia. Con tale canale queste acque alluvionali venivano deviate nell’alveo del

torrente S. Francesco (come viene anche chiamato il tratto terminale della Lama Lamasinata, che corre quasi

parallelamente a quello del Picone, e di cui l’ultimo tratto formava l’allora noto pantano presso la località dei

bagni. Le acque del bacino imbrifero fra Carbonara e Bari furono invece convogliate nel collettore Picone.

Avendo ceduto lo sbarramento di Carbonara, l’immane massa d’acqua anziché defluire attraverso il canale

deviatore nell’alveo del torrente S. Francesco, si gettò nel vecchio alveo, rovesciandosi su Bari. Così il

collettore Picone, che, come detto, era destinato a raccogliere solamente le acque alluvionali tra il detto

canale e la città, si trovò di fronte a un mare e con un battente di oltre 2m, anziché a pelo libero, funzionò

come conduttura forzata. Ciononostante l’opera attenuò sensibilmente il disastro. Tra l’altro le cronache

dell’epoca (Gazzetta di Puglia, 1926) registrano che a rendere meno grave il disastro contribuì anche il buon

funzionamento delle caditoie stradali della fognatura della città. In conclusione, l’origine del disastro poteva

imputarsi esclusivamente al crollo della diga di sbarramento, laddove il collettore Picone e le fognature

eliminarono danni ancora più gravi. Altri rilievi poterono farsi sul disastro, che non riguardano solo la rottura

della traversa. Il maggior numero delle vittime e la massima parte dei danni si riscontrarono non perché le

abitazioni delle grandi città erano al piano terra prospicienti alla strada, ma anche perché in violazione alle

norme vigenti, numerosi proprietari costruirono nelle aree interne, destinate a giardini, casette di ogni tipo.

La mattina di domenica 7 novembre fu fatto il bilancio delle vittime, che si contarono nel numero di 20

morti. La vicenda ebbe ampia risonanza in tutta Italia, tanto che molte città, fra cui Roma, Napoli, Milano,

Firenze e altre inviarono spontaneamente i loro servizi di pompieri. La Fig. 6 riporta alcune foto a

testimonianza dell’alluvione del 1926. Il governo mandò il ministro dei lavori pubblici a rendersi conto

dell’entità dei danni e per predisporre le misure più urgenti. Si pensò, tra l’altro, di allargare il torrente

Picone di 34m, di spostare più verso ponente l’ultimo tronco del torrente Lamasinata e di deviare il torrente

Montrone (ossia la lama che passa per Adelfia, Fig. 1) nel torrente Valenzano, sistemando lo sbocco di

quest’ultimo verso il mare. Inoltre, fu programmata la forestazione di un’ampia area dell’alto bacino del

Picone, corrispondente all’attuale foresta di Mercadante come precedentemente descritto.

Alluvione del 2005

Bari è stata nuovamente colpita da un’alluvione per le piogge cadute nella notte tra il 22 e il 23 ottobre 2005.

L’evento alluvionale ha provocato 6 morti e decine di feriti. Cinque vittime si sono avute per il cedimento di

un terrapieno stradale sulla strada fra Cassano e Bitetto. L’altra vittima è stata travolta con la sua auto dalla

piena della Lama S. Giorgio. Il maltempo ha provocato anche due incidenti ferroviari: sempre a Cassano

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Murge alcune carrozze sono uscite dai binari e si sono inclinate su un lato (quattordici i feriti), mentre fra

Acquaviva delle Fonti e Sannicandro di Bari è deragliato il treno Eurostar Taranto-Milano che trasportava 60

persone, causando 22 feriti (Figg. 9a-c). Come evidenziato anche da Moretti (2005), i danni materiali sono

relativi alle vie di comunicazione, alle opere di arredo urbano, alle coltivazioni e alla rete elettrica. Le

immagini di Fig. 9 non necessitano di ulteriori parole e testimoniano la gravità dei fatti e gli errori progettuali

ripetuti nonostante l’esperienza che gli avvenimenti tragici precedenti avrebbero dovuto insegnare.

Bari Bari –– Lama Lama PiconePicone –– Cava di MasoCava di Maso

Fig 08)- Alluvione del 2005, ex Cava di Maso;

Bari Bari –– Lama Lama PiconePicone –– Cava di MasoCava di Maso

Fig 09)- Alluvione del 2005, ex Cava di Maso;

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Bari Bari –– Lama Lama PiconePicone –– Cava di MasoCava di Maso

Fig 10)- Alluvione del 2005, ex Cava di Maso;

3.1 Descrizione del Canale Deviatore e modellazione delle sue principali caratteristiche nel simulatore

utilizzato (Hec-Ras)

La validazione mediante il modello ha visto, quale primo step, la definizione della geometria del canale in

oggetto sulla base di un rilievo di dettaglio e della cartografia a disposizione, valutando accuratamente sia le

interferenze viarie esistenti, sia le singolarità presenti all’interno dello stesso che eventuali opere di

regimazione presenti.

Cenni sul rilievo di dettaglio

Il rilievo di dettaglio ha rappresentato lo strumento principale mediante il quale si è potuto analizzare il sito;

esso consta di 84 sezioni (numerate come in allegato da monte verso valle oppure riferendosi alle progressive

degli output del simulatore che misurano la “river station” a partire dall’ultima sezione di valle ed

incrementando l’ascissa curvilinea latomonte); il rilievo ha tenuto conto delle singolarità idrauliche (tipo

briglie, ostruzioni, edifici, infrastrutture primarie e secondarie in alveo) e degli attraversamenti avendo cura

di rilevare due sezioni a monte e valle sufficientemente distanti dall’attraversamento poiché Hec-Ras valuta

le perdite di energia causate da queste strutture in tre parti ovvero nella zona di espansione del flusso,

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attraverso l’opera stessa, nella zona di contrazione a monte dello stesso, inoltre sono stati rilevati anche gli

estradossi degli attraversamenti nonché le principali caratteristiche geometriche significative ai fini della

modellazione.

Caratterizzazione del sito ed implementazione nel simulatore

Le caratteristiche del sito sono così sintetizzabili:

1. briglia in corrispondenza delle sezioni 3, 4, 5, e 6 rappresentata geometricamente come inalzamento

del fondo alveo, si noti la presenza di un fabbricato civile in alveo;

2. briglia in corrispondenza delle sezioni 11, 12, 13, 14, 15 rappresentata come innalzamento del fondo

alveo, evidenziando anche in questo caso la presenza di manufatti ed edifici civili in alveo;

3. attraversamento pedonale in corrispondenza delle sezioni 18, 19, 20 e 21 modellato come un ponte

con le rispettive pilette;

4. l’ex cava di Maso, sezioni 22 e 23, per ragioni computazionali del simulatore, è stata idraulicamente

disconnessa dall’asse del deviatore mediante un “arginatura fittizia”;

5. via Di Cillo, tratto viario critico che attraversa la lama, modellato anch’esso come innalzamento

topografico del fondo alveo (nella zona immediatamente a monte sono presenti dei muri che hanno

un influenza sul deflusso e che sono stati oppurtanamente modellati);

6. in corrispondenza delle sezioni 28, 29, 30,31 e 32 si ha la presenza di una passerella pedonale che

risulta essere sede di servizi secondari ed un nuovo attraversamento viario, entrambi sono stati

modellati come ponti con pile (deck + pier) anche se con caratteristiche differenti considerati i

rispettivi livelli di servizio fornito;

7. in corrispondenza delle sezioni 34, 35, 36 e 37 vi è la presenza di un manufatto per attraversamento

di condotte con effetti, ai fini idraulici, simili ad una briglia, che come per gli esempi precedenti è

stato modellato come un innalzamento del fondo alveo;

8. in corrispondenza delle sezioni 45, 46, 47 e 48 è presente il tratto maggiormente critico di tutto il

deviatore (e come riportato prima forse il punto a maggior esposizione da rischio idraulico di tutto il

Comune di Bari) in cui si ha la presenza di via Donadonisi che attraversa completamente l’alveo,

considerando che per poter eseguire questa viabilità sono state abbattute le mura spondali del

deviatore con gravi conseguenze derivanti in termini di sicurezza idraulica, confermate dagli ultimi

accadimenti del 2005 (si veda a tal proposito l’analisi “ante interventi prioritari” in cui per eventi con

tempi di ritorno duecentennali si ha l’instaurarsi di tiranti idrici che proprio in prossimità di questo

punto tendono a far tracimare parte della piena nel vecchio alveo del torrente Picone, vedi anche

tavola della “Pericolosità idraulica”), l’attraversamento in alveo è stato simulato come “inlet

structure”;

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9. nella sezione 49 è stata riprodotta mediante un “blocked ostructions” la parzializzazione della

sezione idraulica causata dalla presenza in alveo di tre collettori di fogna bianca DN600 mm posti in

apposito manufatto in cls;

10. in corrispondenza delle sezioni 52 e 53 si ha il primo attraversamento del tondo di Carbonara

modellato come gli altri attraversamenti ovvero ponte con pila;

11. in corrispondenza della sezione 54 si ha invece il vecchio ponte di prolungamento di via Camillo

Rosalba;

12. tra le sezioni 55 e 61 per poter simulare l’effetto di parzializzazione connesso alle pile del

sovrappasso ferroviario si sono considerati una serie di attraversamenti fittizi il cui unico effetto

reale è quello di parzializzare la sezione idraulica del canale mediante le loro pile;

13. in corrispondenza delle sezioni 62, 63 si ha il secondo attraversamento del tondo di Carbonara

modellato come il primo;

14. in corrispondenza delle sezioni 64 e 65 si ha l’attraversamento del Vecchio Ponte di Strada

Canestrelle modellato come gli altri attraversamenti;

15. in corrispondenza dell’attraversamento 66 e 67 si ha l’attraversamento della tangenziale di Bari;

16. in corrispondenza delle sezioni 68, 69 e 70 si hanno i due attraversamenti del Vecchio Ponte per

Bitritto e la nuova viabilità Bari- Bitritto (nella modellazione deck + pier);

17. in corrispondenza delle sezioni 73,74, 75, 76, 77 e 78 si ha l’attraversamento della strada Santa

Caterina fiancheggiato da una passerella per il passaggio delle condotte di fognatura.

Alle sezioni trasversali del canale, a seguito dei sopralluoghi effettuati, si è assegnato un coefficiente di

scabrezza secondo Manning pari a 0.03 s/m1/3 per tutto il tracciato e sia per sponde che arginature, risultando

valore cautelativo anche con riferimento a valori presenti in letteratura per “canali naturali con ondulazioni e

irregolari con fondo in terra e sponde in pietrisco” dal libro “Sistemazione dei bacini idrografici” del Prof.

Vito Ferro.

4.1 Descrizione dello stato attuale del “Canale Deviatore”e scala delle criticità evidenziatesi

Sulla base della caratterizzazione del canale effettuata come nel capitolo precedente e delle evidenze

manifestatesi in sede di sopralluoghi e analisi di approfondimento della cartografia a disposizione si può

integrare l’attuale quadro conoscitivo come di seguito, evidenziando soprattutto gli elementi critici e pertanto

passibili degli interventi di mitigazione del rischio idraulico.

La difesa dai fenomeni di piena per esigenze del sito sarà ottenuta:

o Aumentando la capacità di portata dell’alveo (prevedendo ripristini arginali, ricalibratura del fondo

alveo, risagomatura di alcune sezioni critiche, riduzione della scabrezza dell’alveo ed adozione di

idonei piani di manutenzione ordinaria/straordinaria del canale);

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non verrà considerata invece la possibilità di laminare la piena mediante casse d’espansione benché ci sia la

presenza di due ex cave in disuso che potrebbero assolvere a questo compito ma che sono già oggetto di

interventi a differente destinazione d’uso.

Aspetto fondamentale evidenziato dall’analisi, per gran parte del tratto studiato, è che il canale deviatore non

presenta arginatura in sinistra idraulica mentre la stessa è presente in destra idraulica con altezza di sormonto

variabile da 2,00 a 2,50 mt c.a. nonostante ciò le simulazioni effettuate hanno evidenziato come questo

aspetto sia importante ai fini della sussistenza della sicurezza idraulica ma che invece risultano essere

prioritarie altre criticità da risolvere, alcune delle quali sono state individuate dal Comune di Bari in accordo

con l’Autorità di Bacino e poste come base di questo intervento.

Si sono evidenziate le seguenti criticità prioritarie:

o Zona critica 1): la criticità fondamentale da risolvere risulta essere quella presente in corrispondenza

di via Donadonisi, in cui si evidenzia la presenza di un attraversamento stradale in alveo che, con il

suo rilevato, induce in un ampio tratto a monte, un effetto “briglia” e provocando pericolosi rigurgiti

del battente idrico tali da permettere al torrente Picone di raggiungere il suo alveo originario a

discapito delle principali funzionalità del deviatore stesso; tale situazione risulta aggravata dalla

demolizione dell’arginatura originaria in destra idraulica (tagliata per permettere la viabilità di via

Donadonisi). Tale criticità è sicuramente in correlazione con altre a monte dello stesso tratto, in cui

si evidenzia un altro attraversamento stradale (via Di Cillo) in alveo ed un muro di recinzione lungo

c.a.180 mt ed alto 3 mt, che provocano ostruzione al libero deflusso con effetti di rigurgito simili a

quelli precedentemente su esposti. La situazione risulta aggravata in tutto questo tratto,dalla

sistematica presenza di materiali litoidi, rifiuti solidi derivanti per buona parte dagli eventi calamitosi

del 2005 ma anche ogni altro materiale di natura antropica che causa ostacolo al regolare deflusso

delle piene, evidenziando la presenza di tre collettori DN600 mm fogna bianca che sfociano

direttamente in centro lama oltre alla presenza della linea del gas interrata lungo il tracciato di via

Donadonisi e quella di sporadici massi di grosse dimensioni.

o Zona critica 2): in corrispondenza del tondo di Carbonara, i due attraversamenti stradali su ponte,

sono stati effettuati mediante taglio delle sponde del canale, che, durante gli eventi di piena,

potrebbero rappresentare delle potenziali vie di esondazione o più verosimilmente, risultando

danneggiate le murature di sponda, delle zone facilmente erodibili ed asportabili durante le piene

instaurando pericolosi meccanismi di instabilità per gli attraversamenti viari strategici superiori; la

situazione risulta aggravata da detriti e cumuli di materiali litoidi che parzializzano la sezione

idraulica risultandone penalizzata l’efficienza.

o Zona critica 3): situazione analoga si presenta in prossimità dello svincolo Bari-Picone in prossimità

del ponte che scavalca il canale deviatore.

* * * * * * * * * *

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Di contesto a queste criticità prioritarie, che sono state causate essenzialmente da interventi antropici, se ne

possono individuare altre anch’esse importanti che risultano ataviche e connesse alla sistemazione originaria

del canale deviatore che non ha previsto idonee arginature in sinistra idraulica:

o Nella zona Santa Rita, mancanza di sponde ed arginature in sinistra idraulica e, laddove presente,

risulta spesso divelta e danneggiata dai fenomeni del 2005;

o nel tratto compreso tra via Donadonisi ed il primo ponte del tondo di Carbonara vi è assenza di

arginature, considerando che le probabili esondazioni verrebbero ad interessare zone in via di

edificazione.

o Situazione analoga si manifesta nei tratti tra il vecchio ponte Lama Tresca e la tangenziale c.a. 700

mt, e nel tratto compreso tra il nuovo ponte della S.P. Bari-Bitritto ed il ponte di Santa Caterina c.a.

850 mt.

o Nel tratto seguente al secondo tondo di Carbonara sino agli attraversamenti in corrispondenza della

tangenziale l’alveo risulta coperto da una vegetazione decisamente più fitta rispetto al resto del

canale e considerando che la piena duecentennale presenta franchi esigui risulterebbe idoneo

effettuare un taglio selettivo della vegetazione arbustiva presente salvaguardando la biocenosi

autoctona.

Altre zone esposte a rischio idraulico ma, viste le risultanze del quadro conoscitivo riaggiornato, subordinate

alle precedenti priorità individuate sono:

o la non sussistenza della sicurezza idraulica, per piene duecentennali, del ponte di S. Caterina che

attraversa il canale deviatore con sezione che viene parzializzata per la presenza di condotte fognanti

ed il deposito di materiali litoidi.

o in prossimità dello sbocco del canale deviatore nella Lamasinata difficoltà nell’ individuare le

sponde naturali dello stesso sia per la presenza di detriti di varia natura che per la presenza del

rilevato autostradale e della zona commerciale che di fatto hanno assunto la funzione di sponde dello

stesso.

“Summa” di tutti gli interventi atti a mitigare la pericolosità idraulica del Canale deviatore

Fatto salvo gli interventi già “in itinere” tutti gli interventi necessari alla mitigazione del rischio idraulico

possono come di seguito riassumersi:

o Nel tratto compreso tra via Di Cillo e la passerella pedonale (tra le sezioni 24 e 29) risulta

indispensabile abbattere un muro di recinzione, avente uno sviluppo lineare di 180 mt ed una altezza

di 3 mt, che causa ostacolo al naturale deflusso delle acque;

o Nel tratto compreso tra via Di Cillo e via Donadonisi (tra le sezioni 24 e 52) è necessario procedere

alla pulizia del fondo canale e per una lunghezza di c.a. 700 mt, una larghezza di c.a. 70 mt ed

un’altezza media di 0,50 mt per un volume complessivo di c.a. 25.000 mc;

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o Nella zona Santa Rita, risulta necessario costruire la parete del canale in sinistra idraulica per un

tratto necessario alla messa in sicurezza idraulica;

o In corrispondenza della via Donadonisi per un tratto di c.a. 68 mt progettare arginatura e parete del

canale in sx idraulica, mentre in dx idraulica per una lunghezza di c.a 115mt è necessario in parte

ripristinare ed in parte risagomare parete ed arginatura del canale ristabilendo le quote iniziali di

coronamento degli stessi;

o In corrispondenza dei due attraversamenti del tondo di Carbonara risulta necessario ricostruire le

pareti del canale danneggiate in occasione delle due opere per una lunghezza complessiva

dell’intervento di c.a. 100 mt;

o In corrispondenza dello svincolo Bari- Picone che scavalca il canale deviatore risulta necessario

costruire le pareti dello stesso parzialmente demolito in occasione della costruzione dello stesso per

complessivi 100 mt + 100 mt c.a.;

o In prossimità del ponte di Santa Caterina l’attraversamneto aereo del canale di fognatura provoca

ulteriore ostruzione della sezione idraulica oltre a quella dovuta alle pile dell’attraversamento;

risultano interventi destinati a futuri finanziamenti ma non imminenti i seguenti:

o Costituzione di arginatura in sinistra idraulica nel tratto tra via Donadonisi ed il primo tondo di

Carbonara e per una lunghezza di c.a 650 mt;

o Costituzione di arginatura in sinistra idraulica nel tratto tra il vecchio ponte Lama Tresca ed la

tangenziale e per una lunghezza di c.a 700 mt;

o Costituzione di arginatura in sinistra idraulica nel tratto tra il nuovo ponte della S.P. Bari- Bitritto ed

il ponte di Santa Caterina e per una lunghezza di c.a 850 mt;

o Pulizia, sistemazione e regolarizzazione delle sponde nel tratto di confluenza del “deviatore” nel

torrente Lamasinata.

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5.1 Analisi idrologica

Al fine di validare l’efficienza degli interventi a farsi risulta indispensabile conoscere la massima portata al

colmo della per eventi meteorici duecentennali. Da studi effettuati dall’AdBP questa risulta essere di 350

m3/sec, di seguito sono stati effettuati tutti i calcoli sulla base del nuovo quadro conoscitivo (rilievo di

dettaglio, nuova cartografia a disposizione, studio dettagliato di tutto il canale) riscontrando la convergenza

della presente stima con i valori indicati dall’Autorità di Bacino della Puglia.

Individuazione del bacino idrografico, dei principali dati geomorfologici e del tempo di corrivazione

Il bacino imbrifero è la superficie topografica dalla quale le acque di pioggia, defluendo naturalmente,

confluiscono nella sezione d’interesse chiamata sezione di chiusura.

La linea che delimita un bacino imbrifero è una linea sempre ortogonale alle curve di livello e passante per i

punti singolari di displuvio. Tale linea è costituita dalla congiungente i punti di massima curvatura delle

curve di livello in corrispondenza dei quali le stesse volgono la convessità verso le quote decrescenti.

L’identificazione del bacino è stata eseguita dopo aver individuato la rete idrografica, costituita dalle linee

d’impluvio (o compluvio) secondo le quali defluiscono naturalmente la acque che si raccolgono nel bacino

stesso. La rete dei canali è costituita da linee di massima pendenza ortogonali alle curve di livello e passanti

per i punti di massima curvatura di esse in corrispondenza dei quali le stesse volgono la convessità verso le

quote crescenti.

È stata effettuata a tal proposito un analisi comparata su diverse cartografie:

o IGM in scala 1:25000;

o Piani quotati in scala 1:5000;

o Dati Raster satellitari DEM90;

o Rilievo di dettaglio delle sezioni del canale come tracciate in fig 10, 11 (consultare il CD e gli

allegati);

L’incrocio di differenti cartografie è risultato essenziale, evidenziando la zona nel suo complesso

un’orografia che presenta, nella zona individuata come origine del bacino imbrifero, dei caratteri morfologici

predominati dalla presenza di una rapida scarpata che si eleva su una vasta area pianeggiante attribuibile ad

un terrazzo marino di età pleistocenica. Le acque meteoriche percolando, hanno esercitato un’azione erosiva

determinando la formazione di lame nella spianata più bassa ed un azione solvente favorendo lo sviluppo di

morfologia carsica nella spianata superiore (si trovano infatti numerosi inghiottitoi e grotte in prossimità

della foresta di Mercadante e del territorio cassanese in generale).

Nella parte bassa si rileva la presenza di calcari affioranti ad alta permeabilità (in grande ovvero da

canalizzazioni carsiche) caratterizzato da reticoli idrografici non sempre definiti e dall’assenza di deflussi

significativi per lunghi periodi, non ci sono corsi d’acqua veri e propri ma avvallamenti che in tempi di

piogge intense prolungate raccolgono le acque dei terreni circostanti, tali avvallamenti formano dei torrenti

che localmente vengono chiamate “lame”.

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La lama che interessa il bacino imbrifero in studio è la Lama Picone, in esso confluiscono il Torrente

Baronale (passante da Adelfia, Loseto, Valenzano e Ceglie) e un secondo torrente che da Sannicandro scende

tra Loseto, Bitritto e Ceglie dove inizia un unico letto torrentizio.

Per l’individuazione del Bacino ed i dati geomorfologici che ne descrivono le principali caratteristiche, sono

stati usati software freeware quali Quantun Gis, River 2D, Basins.

Come bacino idrografico pertanto si è considerata la zona in blu in fig 10 e 11 che ha come principale rete di

scolo proprio la Lama Picone come sopra descritta.

Fig 11)- Funzionalità del canale Deviatore;;

In corrispondenza di Ceglie- Carbonara il corso naturale del Torrente Picone è stato deviato mediante il

“canale artificiale” oggetto dei presenti interventi pertanto riterremo come portata di progetto quella afferente

al Bacino Picone sovrastimandola mediante un “fattore di sicurezza” tenendo presente che verranno

trascurati gli inevitabili afflussi diretti al deviatore che si manifestano nel bacino adiacente della Lamasinata.

I principali dati geomorfologici del bacino individuato possono così sintetizzarsi: o L =29,70 lungh. dell'asta princ. [Km]; o Lp =33,00 Flowlength MAX [Km];

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o Hmax =505,00 H massima del bacino[m]; o H =299,00 H media del bacino [m]; o H min =40,00 H minima del bacino [m]; o Ha =299,00 H media dell'asta princ. [m]; o A =290,00 Area di bacino [Kmq]; o im =2,40 Pendenza media del bacino [%]; o ia =0,014 Pendenza media dell'asta principale [m/m].

Il “tempo di corrivazione” di un bacino è il tempo necessario perché la goccia d’acqua caduta in quel punto

possa raggiungere la sezione di chiusura del bacino considerato; tra tutti i tempi di corrivazione possibili

nelle applicazioni riveste particolare interesse il valore che viene denominato “tempo di corrivazione del

bacino tc”.

È stato possibile valutare il tempo di corrivazione mediando i valori stimati utilizzando diverse metodologie

(le formule usate sono state tarate su bacini con specifiche caratteristiche che difficilmente coincidono con

quelle dell’area in esame):

o 25,8≈= VLtc ore “Viparelli” [1];

o 89,6396.072.0

2 ≈

=

m

a

ac i

iLA

iLt ore “Tournon”[2];

o ( ) 66,48.0

1000066.00max

77.0 ≈

=HH

LLtc ore “Kirpich” [3];

o 36,5315.0 ≈= Atc ore “Ventura” [4];

o 92,424.0 3 ≈= ALtc ore “Pasini” [5];

o 82,318.0 3 ≈= ALtc ore “Ongaro” [6];

o 62,915 38.0

max

15.1

≈=HLtc ore “Bramby- Williams” [7];

in cui “L “rappresenta la lunghezza media dell’asta principale (Km); “v” un ipotizzata velocità di deflusso

superficile dell’acqua (m/s); “ia” e “im” rispettivamente la pendenza media dell’asta principale e quella media

di tutto il bacino (m/m e %); “A” l’area del bacino (Kmq).

Sono state usate anche altre formule ma si è preferito sintetizzare il calcolo con quelle sopra esposte,

cercando di evitare quelle concepite e tarate su bacini di caratteristiche palesemente differenti da quello

individuato.

Come tempo di corrivazione del bacino pertanto è stata scelta la media dei valori sopra calcolati:

“tc”=5,124 ore.

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Fig 12)- Individuazione del rilievo di dettaglio e del Bacino Picone (in trasparenza) su ortofoto;

Fig 13)- Individuazione del rilievo di dettaglio e del Bacino Picone (in trasparenza) su IGM;

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Fig 14)- Ricostruzione del modello digitale del terreno con rappresentazione dell’idrografia principale e del bacino

Picone;

Fig 15)- Bacino Picone e Canale Deviatore individuato su ortofoto;

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Per stimare le portate di piena con tempo di ritorno di 200 anni, è necessario valutare gli afflussi meteorici

che le generano, desumibili dalla “Curva di possibilità pluviometrica”; tale curva può essere ricavata dai

risultati della regionalizzazione eseguita dal CNR-GNDCI, che suddivide il territorio di competenza

dell’Autorità di Bacino della Puglia in sei aree omogenee pluviometriche, per ognuna delle quali è possibile

calcolarla sulla base delle seguenti equazioni:

Zona 1: )178.3/720.0z000503.0(t66.28)z,t(X +=

Zona 2: 247.0t23.22)z,t(X =

Zona 3: 178.3/)z000531.0696.0(t325.25)z,t(X +=

Zona 4: 256.0t70.24)z,t(X =

Zona 5: 178.3/)z0002.0628.0(t2.28)z,t(X +=

Zona 6: 178.3/)z0022.0488.0(t7.33)z,t(X += dove t = durata della precipitazione ed z = altezza media del bacino considerato.

Fig 16): -Sottozone omogenee

Ai valori così ottenuti, vanno applicati dei coefficienti moltiplicativi relativamente al “fattore di crescita” Kt

(funzione del tempo di ritorno dell’evento di progetto, espresso in anni).

Il bacino individuato ricade completamente in zona 5, pertanto nei calcoli degli afflussi meteorici si

considererà la rispettiva equazione soprascritta, mentre per il “fattore di crescita” si userà la seguente

formula:

TKT ln5166.01599.0 +=

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a vantaggio di sicurezza non è stato considerato il “coefficiente di riduzione areale KA”(funzione della

superficie del bacino espressa in Kmq, e della durata dell’evento di progetto espresso in ore).

Stima del volume di deflusso del bacino mediante il metodo del Curve Number e valutazione del tempo di ritardo Una metodologia per la stima delle precipitazioni efficaci che trova ampia applicazione è quella proposta dal

Soil Conservation Service (1972). Il metodo, detto Metodo Curve Number, si basa sulla assunzione che il

volume specifico (altezza) di pioggia netta (efficace) Pnet risulta legato al volume specifico (altezza) di

pioggia lorda P (pioggia effettiva) caduta nel medesimo intervallo temporale dalla relazione:

SIP

)I(PPa

2a

net +−−

= (5)

nella quale S è il massimo volume specifico di acqua che il terreno può trattenere in condizione di

saturazione ed Ia è la cosiddetta perdita iniziale, vale a dire quel valore limite di altezza di pioggia che il

terreno può trattenere nella fase iniziale del fenomeno senza che si abbia creazione di deflusso; il parametro

S corrisponde al volume idrico trattenuto dal terreno e dalla vegetazione, e quindi sottratto al deflusso

superficiale dopo l’istante in cui si ha P > Ia; fino all’istante in cui non si ha P > Ia il deflusso superficiale è

da ritenersi praticamente assente.

In realtà con l’introduzione della perdita iniziale Ia si vuole tenere conto anche di quel complesso di

fenomeni, quali l’intercettazione da parte della vegetazione e l’accumulo nelle depressioni superficiali del

terreno, che ritardano il verificarsi del deflusso superficiale. In mancanza di adeguate osservazioni utili, per

la stima di Ia si può fare ricorso alla seguente relazione:

S0,2Ia ×= (6) che risulta verificata in buona approssimazione. La valutazione del valore di S può invece essere ricondotta a

quella dell’indice CN (Curve Number), cui esso risulta legato dalla relazione:

−⋅= 1CN100SS 0 (7)

S0 è un fattore di scala pari a 254 se la pioggia viene espressa in mm. L’indice CN è un numero

adimensionale, compreso fra 0 e 100, funzione della permeabilità della litologia superficiale, dell’uso del

suolo e del grado di saturazione del terreno prima dell’evento meteorico.

Il Soil Conservation Service (SCS) sulla base della capacità di assorbimento del terreno nudo a seguito di

prolungato adacquamento, ha classificato i vari tipi di suolo in quattro gruppi (A, B, C, D):

GRUPPO A: Suoli aventi scarsa permeabilità di deflusso; capacità di infiltrazione in condizioni di

saturazione molto elevata.

GRUPPO B: Suoli aventi moderata potenzialità di deflusso; elevate capacità di infiltrazione anche in

condizioni di saturazione.

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GRUPPO C: Suoli aventi potenzialità di deflusso moderatamente alta; scarsa capacità di infiltrazione e

saturazione.

GRUPPO D: Potenzialità di deflusso molto elevata; scarsissima capacità di infiltrazione e saturazione.

Per tali gruppi si riportano i valori del parametro CN corrispondenti a diverse tipologie di utilizzo del suolo.

Tabella 1)Valori del CN in funzione delle caratteristiche idrologiche dei suoli e di copertura vegetale eper condizioni

medie di umidità antecedenti l’evento (AMCII);

Tabella 2)Definizione delle condizioni di umidità antecedenti l’evento (AMC);

I valori del CN riportati nella tabella 1 si riferiscono ad una condizione di umidità del suolo all’inizio

dell’evento meteorico di tipo standard, precisamente quella intermedia indicata come AMC II (Antecedent

Moisture Condition II). Per condizioni iniziali differenti, vengono utilizzate delle relazioni di trasformazione

del valore CN (II), relativo a AMC I, CN (I), ed in quello relativo a AMC III, CN (III).

Nella fattispecie, considerata l’entità degli interventi e l’importanza degli stessi alla luce di eventi catastrofici

già ripetutisi negli anni, si preferisce adottare un valore di Curve Number pari al CN(III) per le aree non

urbanizzate considerando un CN 100 per le aree urbane.

Nel calcolo idrologico è stato usato un'unico valore del CN, stimato effettuando una media pesata dei valori

corrispondenti alle differenti sub-aree isoparametriche caratterizzate da un determinato valore di uso del

suolo e di tipo di suolo; i pesi sono calcolati in funzione delle aree delle singole parcelle sull’area totale del

bacino individuato.

Il CN così calcolato per il bacino in studio è risultato essere 66.

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Tale procedimento rende possibile la stima dei due parametri S ed Ia a partire dalle caratteristiche litologiche

e di uso del suolo del bacino e quindi la valutazione della pioggia netta.

Altro “tempo caratteristico” di un bacino è il “tempo di ritardo” tL (lag time), generalmente definito come la

distanza temporale tra il baricentro dell’idrogramma di piena superficiale, depurato cioè delle portate di base

che sarebbero defluite nel corso d’acqua anche in assenza dell’evento di piena, e il baricentro del

pluvigramma netto.

Il Soil Conservation Service (SCS) americano ha dedotto, empiricamente, che il rapporto tL/tC è pari a 0.6

(rapporto tra tempo di ritardo e tempo di corrivazione).

Per la stima del tempo di ritardo del bacino si è utilizzata la formula di Mockus:

9,1291000342.07.0

5.0

8.0

−=

CNsLtL ore [8]

In cui s è la pendenza del bacino espressa in %, L la lunghezza dell’asta principale prolungata fino alla

displuviale espressa in Km.

Stima della portata di piena con il metodo del Curve Number

Per il calcolo della portata al colmo Qp (m3/s) si considera un idrogramma approssimato di forma triangolare

che ha una fase crescente di durata ta (tempo di accumulo) e una fase di esaurimento di durata te (tempo di

esaurimento) e il cui volume, espresso im m3, ha la seguente espressione:

( )22

bPea

P tQttQV =+= [9]

avendo indicato con tb la durata dell’evento di piena.

Poiché è stato stabilito sperimentalmente che nella fase crescente dell’idrogramma defluisce un volume

idrico che è pari al 37.5% del volume totale V di deflusso, ne consegue che la durata della fase crescente è

pari a 0.375 volte la durata dell’evento di piena tb e pertanto:

ab tt 67.2= [10]

Utilizzando le formule di cui sopra, esprimendo il volume di deflusso V in mm, il tempo ta in ore, l’area A

del bacino in Km2, si ottiene:

aP t

VAQ 208.0= [11]

La determinazione di ta, nell’ipotesi di precipitazione di intensità costante di durata tp e indicando con tL il

tempo di ritardo, come prima calcolato, si effettua con la seguente relazione:

LPa ttt += 5.0 [12]

È stato scelto come evento che massimizza il calcolo della portata di piena un tempo di pioggia pari al tempo

di corrivazione del bacino, utilizzando come “tc” sia i risultati ottenuti con le formule empiriche proposte in

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letteratura e valutate come sopra, sia la formula empirica del SCS effettuando una duplice stima delle portate

corrispondenti a tempi di ritorno di 200 anni e mediando i valori ottenuti sulla scorta del differente metodo di

calcolo del tempo di corrivazione, i risultati possono così sintetizzarsi:

Tempo di corrivazione Qp[m3/sec] Modello

Portata di Piena(Tr30) [ore] 5,124 250 Portata di Piena(Tr200) [m3/sec] 5,124 350

Tabella 3) Calcolo delle portate di piena per eventi con tempi di ritorno di 30 e 200 anni );

Valutazione dell’idrogramma di piena duecentennale

L’Idrogramma unitario del SCS si costruisce a partire dall’idrogramma adimensionale di Mockus che è una

curva, ricavata da numerosi idrogrammi unitari ottenuti durante eventi di piena registrati in bacini di

differente estensione e posizione geografica, che mette in relazione il rapporto tra la generica portata Q

all’istante t e la portata al colmo Qp che si verifica all’istante ta (durata della fase di crescita) con la variabile

dimensionale t/ta. Per il suddetto idrogramma unitario il 37.5% del volume totale di deflusso si verifica in

corrispondenza della sola fase ascendente dell’idrogramma stesso, in altri termini il volume di deflusso

corrispondente alla fase crescente dell’idrogramma è pari al 37.5% del volume totale di deflusso.

La portata di colmo Qp dell’idrogramma unitario si ottiene dalla [11] per V=1 che pertanto diviene:

aP t

AQ 208.0= [13];

la durata tp della precipitazione che produce l’idrogramma unitario viene correlata al tempo di accumulo ta,

dalla seguente relazione:

aP tt 2.0= [14]

Il tempo di accumulo ta, la durata della precipitazione tp e il tempo di ritardo tL sono legati dalle seguenti

formule:

9.0L

att = e

5.4L

Ptt = [15]

Poiché le coordinate dell’idrogramma unitario di Mockus sono espresse in termini di Q/Qp e di t/ta bisogna

calcolare per il bacino specifico il tempo di accumulo e la portata di picco con le formule sopra esposte. La

determinazione dell’idrogramma unitario del bacino, con caratteristiche geomorfologiche come

precedentemente calcolate, consiste nell’amplificare l’ascissa e l’ordinata dell’idrogramma unitario di

Mockus mediante i due fattori ta e Qp.

Si è infine ricavato “l’idrogramma di piena duecentennale” sulla base:

o dell’”idrogramma unitario di piena” posto come sopra;

o della “portata di piena” progettuale precedentemente calcolata nell’analisi idrologica;

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o della stima del tempo di accumulo;

si riporta di seguito l’idrogramma di piena calcolato per il bacino idrografico oggetto di studio.

Onda di piena

0.00

50.00

100.00

150.00

200.00

250.00

300.00

350.00

400.00

0.00 2.00 4.00 6.00 8.00 10.00 12.00 14.00 16.00 18.00

Onda di piena

Fig 17):Idrogramma di piena del bacino;

Approfondimenti circa la stima del Curve Number Risulta importante, in appendice, esplicitare le caratterizzazioni utilizzate per la stima del Curve Number.

Dal punto di vista della geolitologia, per poter definire i quattro gruppi idrologici, è stata usata la seguente

carta delle permeabilità (fig18 e allegati) individuando i seguenti gruppi geolotologici:

o calcareniti tenere a grana media- grossolana;

o sabbie prevalentemente calcaree;

o discariche di cava;

o calcari, calcari dolomitici e dolomie stratificate;

o terre argillose con pezzame e ciottoli calcarei;

o calcari in banchi e strati (con spessori >40cm);

Come uso del suolo sono stati considerate le seguenti attività:

o oliveti;

o tessuto urbano continuo;

o tessuto urbano discontinuo;

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o seminativi in aree non irrigue;

o aree industriali o commerciali;

o sistemi colturali e particellari complessi;

o aree estrattive;

o vigneti;

o frutteti e frutti minori;

o aree a pascolo naturale e praterie d’alta quota;

o colture erbacee da pieno campo a ciclo primaverile- estivo;

o boschi di latifoglie;

o boschi di conifere;

o boschi misti;

o aree a vegetazione boschiva ed arbustiva in evoluzione;

o colture annuali associate a colture permanenti.

Successivamente sono state incrociate la carta della geolitologia con quella d’uso del suolo individuando dei

set di sub aree omogenee del CN (vedi fig20 e allegati) ribadendo che il valore di input per i calcoli di cui

sopra è stato stimato effettuando una media pesata sull’estensione delle differenti aree isoparametriche

caratterizzate dallo stesso CN.

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Fig 18): Carta della permeabilità dei terreni ricadenti nel bacino Picone;

CARTA DELLA PERMEABILITA’

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Fig 19): Carta dell’uso del suolo (su gradazione di rosso) dei terreni ricadenti nel bacino Picone;

USO DEL SUOLO

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Fig 20): Rasterizzazione dei valori del CN dei terreni ricadenti nel bacino Picone, ottenuti sulla scorta delle due

precedenti caratterizzazioni;

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6.1 Analisi idraulica Effettuato il calcolo delle portate massime, ovvero i picchi degli idrogrammi di piena relativamente ai tempi

di ritorno di 30 e 200 anni, si è proceduto alla verifica idraulica del canale, effettuata in corrispondenza delle

sezioni rilevate visibili sia in fig 10 e 11 e negli allegati, in termini di adeguatezza della sezione idraulica

nonche’ di tutti gli attraversamenti presenti ritenedo “assolutamente prioritaria la mitigazione del rischio

idraulico nel tratto in corrispondenza di via Donadonisi per i motivi precedentemente riportati.

* * *

Le simulazioni sono state effettuate riproducendo i duplici scenari di:

o “stato dei luoghi attuali” rappresentativa della situazione “ante” interventi a farsi;

o “stato dei luoghi dopo gli interventi” rappresentativa della situazione “post” interventi;

tenendo presente che si sono rese necessarie delle fasi simulative, in itinere, per ottimizzare la funzione

costi- benefici (in termini di funzionalità idraulica del canale e nel rispetto di ogni singolo intervento

presente nel Disciplinare posto a base di Gara D’Appalto).

Pertanto in fase di restituzione di output sia numerici che grafici si è suddiviso il problema in due distinte

sessioni:

o Analisi dei risultati “FASE ANTE”;

o Analisi dei risultati “FASE POST”;

* * *

Per le verifiche si è utilizzato, quale programma di calcolo e modellazione, HEC RAS (Hydrologic

Engineering Center’s River Analysis System) software prodotto dallo US ARMY Engineering Corps, e reso

disponibilee attraverso internet. Nel paragrafo a seguire si illustrano brevemente i contenuti del modello,

rimandando ad ogni approfondimento, ai documenti presenti sul sito ufficiale (www.hec.usace.army.mil).

Teoria del modello idraulico (moto permanente)

HEC-RAS è un programma realizzato per effettuare calcoli idraulici monodimensionali per reticoli

idrografici (indifferentemente naturali ed artificiali); il software può lavorare in regime di moto permanente o

vario.

Le simulazioni effettuate, per il caso di studio, sono state condotte in regime di moto permanente.

Nel caso di moto permanente, il software è in grado di modellare profili sia di correnti lente che veloci, ed

inoltre è possibile valutare profili misti, con passaggio attraverso lo stato critico.

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Il profilo idraulico è calcolato normalmente (standar step method) attraverso la soluzione iterativa della

equazione dell’energia, tra due sezioni consecutive. Le perdite relative al termine cinetico dell’equazione,

sono calcolate aggiungendo alle perdite continue per attrito, “J”, un coefficiente di contrazione/espansione,

che viene moltiplicato per la differenza delle altezze cinetiche medie tra due sezioni successive.

L’equazione che esprime la perdita di energia è la seguente:

−+=

gV

gVCLJhe 22

'2

112

22 αα

dove:

L = lunghezza del tratto di alveo compreso tra le due sezioni successive, “pesata” in funzione della

portata defluente all’interno della sezione trasversale su zone con differente coefficiente di attrito (basato

sulla equazione di Manning)

J’ = pendenza di attrito “rappresentativa” (media) delle due sezioni successive (in caso di moto uniforme

sarebbe parallela al fondo e costante).

C = coefficiente di contrazione o di espansione

Occorre ribadire che il software è programmato per il calcolo di profili nell’ipotesi monodimensionale, e

quindi fornisce, per ciascuna sezione trasversale, un’unica altezza del pelo libero e un’unica altezza della

linea dell’energia. L’altezza della linea dell’energia, è ottenuta dal calcolo del valore “pesato” dalla portata di

ciascuna delle sottosezioni in cui si può suddividere la sezione trasversale.

Per calcolare quindi il valore dell’energia per l’intera sezione, bisogna ricavare la parte relativa alla altezza

cinetica media, passando attraverso la valutazione del coefficiente di velocità (a sua volta “pesato”):

21

22

2

21

12 222 QQ

gVQ

gVQ

gV

+

+=α

In generale si ottiene, per Q = Q1 + Q2 + ……+ QN:

[ ]2

2222

211 ......

VQVQVQVQ NN+++

Come detto, le perdite continue per attrito sono valutate come il prodotto di

LJ f ×'

dove fJ ' è la pendenza media della linee dell’energia tra due sezioni consecutive distanti tra loro L (pesate

in funzione delle “portate trasversali”).

La pendenza della linea dell’energia è calcolata, per ciascuna sezione, tramite l’equazione di Manning, nel

modo seguente: 2

=

KQJ f

dove K rappresenta il termine di “trascinamento” e quindi influenza le perdite continue; il modello contiene

espressioni alternative che possono essere scelte dall’utente. In particolare l’espressione

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2

21

21

++

=KKQQJ f

è quella di default nel programma.

Le perdite per contrazione ed espansione, rappresentative in un certo senso delle perdite localizzate, sono

calcolate in HEC-RAS tramite la seguente equazione:

−=

gV

gVChce 22

222

211 αα

dove:

C = coefficiente di contrazione o espansione.

Il programma assume che vi sia una contrazione, ogni volta che l’altezza cinetica (velocity head) a valle è

maggiore di quella immediatamente a monte. Al contrario si assume una espansione, quando la altezza

cinetica a valle è minore di quella di monte.

In definitiva l’equazione della energia, al fine della valutazione della incognita ovvero del tirante idrico nella

singola sezione, viene applicata in maniera iterativa, secondo il seguente schema, assegnate che siano le

condizioni al contorno:

1. viene assunta una altezza del pelo libero nella sezione a monte di quella ritenuta nota (o a valle a

seconda se siamo in corrente lenta o veloce);

2. su questo valore ipotetico, si valutano i valori di K e della altezza cinetica;

3. ora viene calcolato il termine Jf e quindi è possibile valutare he;

4. con i valori ricavati, si ricava la altezza del pelo libero nella sezione di monte;

5. si confrontano il valore appena ricavato, con quello assunto al punto 1 e si reitera il calcolo, sino ad

una tolleranza di 0.003 m (valore predefinito, modificabile dall’utente).

Il criterio utilizzato per l’assunzione di una altezza iniziale del tirante, varia nell’ambito della procedura, man

mano che si sviluppano passaggi successivi. Nel primo passaggio, relativo ai 5 punti descritti, il tirante si

basa sulla proiezione di quello della sezione precedente nella sezione in studio. Nel secondo passaggio,

invece, è utilizzato il tirante del primo passaggio, incrementata del 70% dell’errore risultante al primo

passaggio (altezza calcolata – altezza assunta). Il terzo passaggio e i successivi, sono invece basati su un

metodo di proiezione “secante”, tendente a limitare la discrepanza evidenziata.

In tutte le situazioni in cui non si ha un profilo di corrente gradualmente variato, ma che prevedono risalti

idraulici, passaggio attraverso lo stato critico (per bruschi cambi di pendenza, restringimenti, attraversamenti,

ponti) e quindi si generano profili di corrente rapidamente variati, il programma utilizza in luogo della

equazione dell’energia, l’equazione del momento, o dell’equilibrio dinamico.

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L’equazione deriva dalla seconda legge di Newton (F= m*a, ovvero Forza=massa*accelerazione), applicata

ad una massa d’acqua compresa tra due sezioni; l’espressione della differenza dei momenti nell’unità

temporale tra le sezioni 1 e 2, si esprime con la seguente equazione

xfx VQFWPP ∆=−+− ρ12 dove:

P = spinta sulle sezioni 1 e 2

Wx = forza peso nella direzione del moto

Ff = forza dovuta alle perdite per l’attrito esterno tra 2 e 1

Q = portata

ρ = densità dell’acqua

∆Vx = cambio di velocità tra 2 e 1 nella direzione del moto.

Risolvendo le varie componenti dell’equazione base, si perviene alla formulazione usata dal modello che la

soluzione dell’equazione dei momenti, che risulta essere la seguente:

111

11210

2122

2

22

22YA

gAQSLAALSAAYA

gAQ

f +=

+

+

++ββ

Per concludere questa panoramica sul modello, si rammenta la possibilità di inserire nella geometria del

sistema aree di accumulo e rilascio, di esondazione al di fuori del canale principale, e di deposito temporaneo

o definitivo (ovvero zone in cui la componente cinetica si annulla).

7.1 Caratteristiche della progettazione Interventi tipo Prima di passare alla descrizione degli interventi di mitigazione, si individuano di seguito le principali

“tipologie di intervento” che verranno riproposte in base alle differenti esigenze tecnico-funzionali del sito.

Gli “interventi tipo” possono così sintetizzarsi:

A. sezione tipo costituita da:

-muro di sponda in calcestruzzo (savanella) armato con mensola da gettare “lato alveo” con finalità,

oltre che di ripristino delle condizioni strutturali originarie del deviatore, di stabilizzare le sponde sia

rispetto ai fenomeni di instabilità gravitativi sia nei confronti delle azioni idrodinamiche della

corrente; il muro verrà incastrato nel terreno per una profondità non inferiore ad 1,00 mt e per

migliorare la stabilità dello stesso si poserà sulla mensola ad incastro un gabbione rinverdito con

talee (vedi fig23) che avrà anche la triplice funzione di difesa dall’erosione, dallo scalzamento

spondale e di sistema drenante. Altre caratteristiche sono: il rivestimento in pietrame per limitare

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l’impatto visivo degli interventi oltre a non alterare le scabrezze naturali del canale, la previsione di

indispensabili fori drenanti che attraversano il corpo dell’opera, la presenza di una sottofondazione in

cls da magrone, una difesa della sponda sovrastante il muro di sostegno ottenuta mediante

compattazione del materiale utilizzato e messa a dimora di talee; la “ratio” dell’intervento riproduce,

per molti aspetti, funzionalità tecniche presenti in letteratura (vedi fig22) ove però non sono stati

previsti interventi quali taglioni o jet grouting atti a mitigare fenomeni di scalzamento anche per la

significativa presenza del gabbione sovrastante;

-materasso a moduli prefabbricati in rete metallica, co spessore di minimo 0,17cm, rivestito con

geostuioie o biofeltri e riempiti con materiale inerte, delle dimensioni medie come da elaborato

Particolari Costruttivi, i moduli verranno assemblati con punti metallici in acciaio zincato al fine di

conseguire un struttura monolitica, si effettueranno sulla superficie semina e messa a dimora di talee;

B Il secondo intervento tipo è simile al primo fatto salvo per la presenza di un prolungamento del muro

di sostegno a mo’ di parapetto sempre rivestito in pietrame, da adottarsi in sinistra idraulica in

corrispondenza della zona S. Rita tra le sezioni 42 e 43 (ca 25mt) ed a difesa delle aree urbanizzate

ivi presenti e nel tratto immediatamente a valle di via Donadonisi, tra le sezioni 47 e 51 (ca 68mt) a

difesa della viabilità presente, ovviamente in sinistra idraulica per esigenze tecniche ed economiche

non si è prevista una fascia golenale che invece è presente in destra ed è stata ripristinata mediante

l’intervento tipo A.

Fig 21): Messa a dimora di talee;

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Fig 22): Dettaglio costruttivo di difesa spondale adottato lungo il fiume Isarco;

Fig 23): Esempio di gabbione rinverdito con talee;

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Fig 24):-tipologia di materasso con doppia rete metallica e rinverdito;

Dal punto di vista funzionale ed economico, questi interventi sembrano i più idonei a ripristinare l’officiosità

originaria del canale soprattutto perché, mediante il muro in cls, si possono limitare (soprattutto con

riferimento alla sx idraulica) i volumi d’intervento in un tratto critico della lama che per esigenze antropiche

(abitazioni in sponda sinistra e viabilità) presenta un restringimento dell’alveo mentre in destra si è

ripristinata la condizione presistente alla costruzione di via Donadonisi, inoltre viene mitigato l’impatto

dell’opera mediante i già citati interventi di ingegneria naturalistica integrativi ed il rivestimento del

calcestruzzo con pietrame calcareo a vista.

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8.1 Gli interventi oggetto della presente progettazione e rientranti nell’economie a disposizione Considerati:

o gli interventi prioritari individuati dall’Autorità di Bacino della Puglia e riportati nel documento

preliminare della progettazione;

o altre criticità così come rinvenienti dallo Studio di Fattibilità (settembre 2007) “Anticipazioni sugli

interventi in corrispondenza del canale deviatore della città di Bari, urgenti in ordine alla

prevenzione da rischio idraulico”;

o che alcuni interventi, in corrispondenza della zona ex Cava di Maso, sono già in fase di previsione;

sulla base delle simulazioni effettuate, si è individuato come tratto a “priorità assoluta” il tratto in

corrispondenza di via Donadonisi che dovrà prevedere all’interno delle economie previste dal Quadro

Economico i seguenti interventi:

o Demolizione del rilevato stradale della via Donadonisi attraversante l’alveo oggetto di intervento;

o Risagomatura del fondo alveo con ripristino della pendenza originaria del canale stimabile in 0,5%,

con tratto interessato tra le sezioni 42 e 52 (in particolare la prima e l’ultima sezione conserveranno

la quota di fondo mentre la sezione 51 necessita di un leggero ricarico per coprire la roccia affiorante

scalzata dagli eventi del 2005 vedi foto1) per un movimento di materia stimabile in ca 5000mc;

o Risagomatura per messa in quota e pulizia del fondo alveo da effettuarsi tra le sezioni 41 e 52 per un

movimento di materia stimabile in ca 9000mc;

o Ripristino della vecchia arginatura in destra idraulica, prevista con muro di sostegno in cls rivestito

in pietrame e dente consolidato con gabbione al piede per quanto riguarda la ipotetica savanella del

canale mentre il ripristino dell’area golenale sarà effettuato con un materasso di pietrame e doppia

rete metallica resistente a torsione (vedi tavola Particolari costruttivi), da effettuarsi tra le sezioni 44

sino al tratto a valle della sezione 49 a raccordarsi con l’arginatura esistente (vedi foto 2), per una

lunghezza di ca 115mt restando inteso che la D.L. potrà limitare le aree d’intervento qualora

l’arginatura presente risulti idonea;

o Messa in sicurezza idraulica del canale in sinistra, in corrispondenza delle sezioni 42 e 43 (ca 25mt)

e delle sezioni 47 e 51 (ca 68mt) consistente essenzialmente nel garantire idonei franchi di sicurezza

con riferimento alla piena ducentennale ottenuta mediante un muro di sostegno che “riprende”

l’attuale sezione del canale e fuorisce a vista del necessario a garantire idonei franchi di sicurezza

alle abitazioni ed alla viabilità fiancheggiante il canale (per i tratti restanti, come evidente dallo

studio effettuato, risulta fondamentale la risagomatura la pulizia del fondo alveo necessaria ad

arginare la piena duecentennale anche per l’azione di contenimento dei muri civili esistenti);

o Demolizione dei tre collettori DN600 mm di fogna bianca presenti in alveo a ricostituzione degli

stessi, preservandone le pendenze, in prossimità della sponda sinistra del canale senza costituire

ostacolo al deflusso e munirle di valvole a claipè per evitare riflussi di controcorrente durante gli

eventi di piena;

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43

o La linea del gasdotto, come da elaborati, risulta non interferire con i lavori di messa in sicurezza del

canale;

Risultano di secondaria importanza e non rientranti nel quadro economico del presente studio, le criticità in

corrispondenza dei tondi di Carbonara e dello svincolo della tangenziale di Bari (precedentemente

ampiamente commentati, subordinando gli stessi ad eventuali economie a disposizione di Codesta

Amministrazione e destinate ad interventi futuri.

Fig 25):Ripristino dell’arginatura originaria in dx idraulica del canale- via Donadonisi;

Fig 26):-Costruzione della parete in sx idraulica del canale-via Donadonisi;

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Fig 27):-Rimozione dei collettori di fogna bianca e dei massi presenti-via Donadonisi;

Fig 28):-Pulizia del canale e arginatura in sx nel tratto a monte di via Donadonisi;

Fig 29):Risagomatura e pulizia del canale;

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Fig 30): Arginatura in sinistra idraulica con intervento tipo B;

Fig 31):Risagomatura e pulizia del canale;

Fig 32): Risagomatura e pulizia del canale,

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9.1 Descrizione di massima degli interventi oggetto della presente progettazione

Risulta opportuno precisare come bisogna leggere le distanze e le misure presenti negli allegati e qui

riassunte:

o con riferimento alle sezioni del canale, le ascisse relative seguono le tracce così come rinvenienti

dalla planimetria del rilievo e come origine del riferimento l’estremo in sinistra idraulica del rilievo;

o con riferimento al profilo, le ascisse curvilinee del fondo alveo sono misurate da valle verso monte

secondo l’asse sezione, ovvero con riferimento all’ouput della river station di Hec-Ras;

o con riferimento alle sponde destra e sinistra del canale, le ascisse curvilinee degli argini, per ogni

stazione, sono riferite all’ascissa della river station;

questa precisazione risulta doverose per le misure riguardanti le sezioni 46 e 47 ed il rilievo

dell’attraversamento di via Donadonisi che sono inclinate di 30° circa rispetto alla normale all’asse canale.

Considerazioni sul rilievo e risultati dei sopralluoghi effettuati

Dall’analisi dei sopralluoghi effettuati è emersa la fondamentale interferenza delle murature civili in sinistra

idraulica sul deflusso di piena, in particolare l’attuale perimetrazione in corrispondenza delle sezioni 40 e 43

deriva, stante i risultati della modellazione “ante”, da un lieve rigurgito della sezione 41.

La pericolosità connessa a questa criticità, come ampiamente evidente dagli elaborati, viene eliminata

mediante l’intervento di risagomatura del fondo alveo garantendo anche idonei franchi di sicurezza.

Altro aspetto emerso è che la sezione 43 del rilievo contrasta l’analisi fotografica e lo stato dei luoghi attuali,

di fatti la quota di sommità spondale in sinistra idraulica (45,78 mt) sembra in realtà riferirsi ad un accenno

di arginatura affiorante ormai dissestata dagli impatti antropici come evidente nelle evidenziazioni in rosso di

seguito riportate.

0 50 100 150 20042

44

46

48

50

52

dev+picone Plan: Plan 49 08/12/2008

Station (m)

Ele

vatio

n (m

)

Legend

EG 200

WS 200

Ground

Bank Sta

.03 .03 .03

Sezione 41

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47

0 10 20 30 40 5043

44

45

46

47

48

49

dev+picone Plan: Plan 49 08/12/2008

Station (m)

Ele

vatio

n (m

)

Legend

EG 200

WS 200

Ground

Bank Sta

.03

.03 .03

Sezione 43

Per dare consistenza ai risultati ed alle verifiche degli stessi, si è reso necessario in fase di simulazione

procedere all’interpolazioni ottenute mediante il comando opzionale del simulatore Hec-Ras, delle sezioni

destinate agli interventi (sezioni 41-52), anche al fine di modellare gli interventi previsti e non sempre

ricadenti in corrispondenza delle sezioni del rilievo di partenza.

A valle di questa interpolazione si è proceduto ad una leggera ricalibratura di ogni sezione interpolata (come

riportato in allegato “sezioni interpolate”) eliminando le incongruenze ottenute mediante l’interpolazione

automatica, con particolare riferimento alle correzioni effettuate:

o sulla sezione 43 (per i motivi precedentemente esposti) in cui si riportata la quota del muro presente

(freccia blu);

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o sulle sezioni interpolate tra la 41 e la 42, conservando e cautelativamente abbassando la quota del

muro della sezione 41,freccia rossa (diversamente si interpolerebbe con la sezione 42 che ha come

punto battuto l’estradosso di un edificio, freccia blu).

Criteri di progetto adottati

I criteri di progetto utilizzati possono come di seguito riassumersi:

A. Per il ripristino dell’arginatura in destra idraulica, si è proceduto al rifacimento della vecchia sponda

(savanella+golena) distrutta durante la costruzione della via Donadonisi, in alveo, previa verifica che

la stessa fosse idonea a contenere la piena duecentennale con adeguati franchi di sicurezza.

Pertanto sono stati trovati due punti fissi sia per la golena che per la savanella, rinvenibili nelle

sezioni 44 e 51 (per i valori rifarsi agli allegati), sono stati congiunti e successivamente verificati i

tiranti idrici, il franco di piena del tratto a farsi risulta essere comunque superiore a 0,50mt+1,70mt (a

sommarsi i franchi sia della savanella che della golena); con riferimento alla larghezza delle sezioni

si è cercato di conservare quelle presumibilmente originarie con un leggero allargamento della

sezione 44 (e di conseguenza di quelle immediatamente raccordate ad essa).

B. Per il progetto dell’arginatura in sinistra idraulica, si è proceduto alla previsione della stessa in

corrispondenza delle sezioni tra la 42 e 43 come da elaborati e tra la 47 e la 51, l’esigenza di avere

una quota pari all’arginatura in destra non è risultata conseguibile per esigenze prettamente

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economiche, d'altronde i franchi (golena +savanella) in destra risultano essere sovrabbondanti

(vicino al 75% dei tiranti idrici); pertanto anche in questo caso si sono considerate delle sezioni con

quote fissate e si è proceduto ad un raccordo lineare previa verifica dei battenti(come sezioni fisse si

è considerato le 42 ed una sezione interpolata a valle della 50), i franchi dell’arginatura in sinistra a

farsi risultano maggiori di 1,75mt (si ribadisce che laddove in sinistra non è stata prevista arginatura,

la stessa funzionalità viene assolta dalle opere civilipresenti);

Stima sommaria degli interventi

o Il muro in destra idraulica deve essere rifatto secondo la tipologia A) precedentemente descritta e per

una lunghezza di circa 115 mt tra le sezioni 44 e subito a valle della 49, come evidente dagli allegati

grafici;

o Il muro in sinistra idraulica deve essere rifatto tra le sezioni 47 e 51 e tra le sezioni 42 e 43 secondo

la tipologia B) e per una lunghezza di circa 68+25 mt;

o Risagomatura del fondo alveo con ripristino della pendenza originaria dell’alveo di 0,5% e stimabile

in 5.000mc di movimenti di materia e secondo le modalità presenti negli allegati grafici;

o Pulizia ed asportazione dei materiali presenti nel canale deviatore per un tratto di 300mt a cavallo di

via Donadonisi (250 mt a monte e 50 mt a valle della viabilità) per un’altezza media di materiale

asportato di circa 0,50 mt e per un volume totale di 7.000mc;

o Spostamento dei collettori di fogna bianca che sfocieranno (pendenze permettendo) sulla parete

sinistra a farsi e che saranno munite di valvole a claipè di non ritorno;

i muri di sponda in dx idraulica hanno un’altezza variabile tra 4,70 a 5,20 mt comprensivi di

affondamento, e come quota di coronamento quella della savanella, oltre al materasso con rete

metallica disposto per ca 3 mt sul piano orizzontale e sulla sponda di scarpa 1 alta mediamente

1,80mt;

i muri di sponda in sx idraulica hanno un’altezza di ca 6,00 mt comprensivi di affondamento e come

quota di coronamento quella della sommità argine sinistro.

10.1 Analisi dei risultati della modellazione

L’analisi dettagliata degli output delle modellazioni è riportata nel CD in allegato e negli allegati grafici della

presente relazione specialistica; le simulazioni sono state effettuate per condizioni al contorno di stato critico

sia a monte che a valle e computandole come “mixed flow”.

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Si effettuerà ora un rapido commento dei risultati delle simulazioni con riferimento alla condizione “ante” e

“post” interventi, evidenziando come, nei limiti dell’economie a disposizione dell’Amministrazione, si è

proceduto alla mitigazione del rischio idraulico.

Gli interventi, in via Donadonisi, descritti nel paragrafo 8.1 sono stati implementati nelle simulazioni nel

seguente modo:

o Per modellare l’eliminazione dei collettori di fogna sono stati tolti i “blocked ostructions”

precedentemente introdotti;

o In corrispondenza della zona critica 1, le risagomature sia delle sezioni che dell’alveo sono state

inserite come ridefinizione delle sezioni di interesse (vedi tavole allegate);

o L’abbattimento del rilavato stradale di tale via è stato ottenuto eliminando la “inlet structure”;

o A vantaggio di sicurezza nelle simulazioni “post”, è stata trascurata la pulizia del canale e come

scabrezza si è considerata quella del modello “ante”;

o Sono state effettuate delle interpolazioni delle sezioni ogni 5 mt e ricalibrate come precedentemente

commentato.

Dall’analisi dei profili di moto permanente, sia nella condizione ante che post, si evince che la corrente è di

tipo lenta (tranne quando la stessa è costretta a dissipare dei surplus di energia che ha acquistato in

corrispondenza di influenze quali briglie, ponti, rilevati stradali).

0 1000 2000 3000 4000 500020

25

30

35

40

45

50

55

dev+picone Plan: Plan 06 14/10/2008

Main Channel Distance (m)

Ele

vatio

n (m

)

Legend

EG 200

Crit 200

WS 200

Ground

Left Levee

Right Levee

dev_pic 1

Fig 33):Profilo ante interventi,

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51

0 1000 2000 3000 4000 500020

25

30

35

40

45

50

55

dev+picone Plan: 1) Plan 46 09/12/2008

Main Channel Distance (m)

Ele

vatio

n (m

)

Legend

EG 200

WS 200

Ground

Left Levee

Right Levee

dev_pic 1

Fig 34):Profilo post interventi;

A tal proposito si evidenzia l’efficacia degli interventi previsti, in quanto la presenza del rilevato in alveo di

via Donadonisi tende a far rigurgitare l’acqua in un ampio tratto a monte, sino al primo sovrappasso stradale,

provocando i pericolosi effetti precedentemente discussi (che culminano con l’esondazione della piena che

dal deviatore trasferisce parte della portata nel suo vecchio alveo e franchi esigui nel tratto a monte), a

seguito degli interventi rientranti nel Quadro Economico i tiranti idrici della condizione “post” si abbassano

notevolmente ed a dimostrazione di questo basti pensare che la piena passa nella briglia a monte di via

Donadonisi (sede di infrastrutture secondarie) nello stato di corrente critica invece che essere sommersa da

un profilodi corrente lenta rigurgitata della condizione “ante”.

Analizzando il profilo di moto permanente del solo tratto di via Donadonisi (post) si nota un leggero

rigurgito del battente idrico assolutamente compatibile con i franchi di sicurezza che vengono comunque

garantiti e che trova spiegazione nell’inevitabile restringimento dell’alveo, anche a seguito di risagomatura,

per la presenza di abitazioni civili che tra l’altro con le loro strutture arginano in sinistra idraulica la piena.

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3500 3600 3700 3800 3900 4000 4100

42

44

46

48

dev+picone Plan: 1) Plan 46 09/12/2008

Main Channel Distance (m)

Ele

vatio

n (m

)

Legend

EG 200

WS 200

Ground

Left Levee

Right Levee

dev_pic 1

Fig 35):Dettaglio profilo post interventi- via Donadonisi,

11.1 Conclusioni

Nel presente studio di compatibilità idraulica è stata affrontata la verifica idraulica del Canale Deviatore fino

alla confluenza di quest’ultimo alla Lama Sinata, in territorio di Bari.

La verifica ha necessitato dell’individuazione del bacino scolante (Bacino Picone) afferente al canale ed il

calcolo delle portate attese per eventi di piena aventi tempo di ritorno pari a 30, e 200 anni (sussistenza della

sicurezza idraulica), usando la metodologia VAPI per la determinazione degli afflussi meteorici e del metodo

SCS per la stima delle portate di piena con tempo di ritorno di 200 anni confermando le risultanze di studi

precedenti effettuati dall’Autorità di Bacino della Puglia ed in uno studio di Fattibilità “Anticipazioni sugli

interventi in corrispondenza del Canale Deviatore della città di Bari, urgenti in ordine alla prevenzione da

rischio idraulico” a firma dei professionisti esterni Prof. Ing. V. Cotecchia ed Dott. Geol. A. Greco.

Sulla base della cartografia a disposizione ed un rilievo di dettaglio è stato costruito un modello digitale,

utilizzato per compiere le simulazioni attraverso il software Hec-Ras, sviluppato dall’US Army Corps of

Engineers; in tal modo si sono ottenuti i profili di rigurgito dovuti al transito delle portate di piena

precedentemente calcolate, riproducendo la situazione attuale e lo scenario susseguente agli interventi

rientranti nel Quadro Economico della presente Progettazione.

L’analisi dei risultati ha permesso di giungere alle seguenti conclusioni:

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o Gli interventi individuati come prioritari e descritti in dettaglio nel capitolo 8.1 sono idonei a

mitigare le criticità più urgenti con riferimento al rischio idraulico (Tr=200 anni) come si

evince dalle fig.36 e 37;

Fig 36):Pericolosità idraulica “ante” interventi

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Fig 37):Pericolosità idraulica “post” interventi