Qui Summaga n. 88, 2014

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Il bollettino della parrocchia di Summaga di Portogruaro chiuso in redazione il 30 gennaio 2015.

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Periodico della Comunità di Summaga

Parrocchia di S. Maria Maggiore30020 Summaga (Ve)Tel. 0421-205126

Responsabiledon Giuseppe Liut

Chiuso in redazioneil 30 gennaio 2015

Articoli e numeri arretrati del nostro periodico si trovano su issuu.com/quisummaga

Stampa: Tipografia Sagittaria

3 Editoriale 4 Apertura Anno Pastorale 2014-2015 5 La preghiera delle cinque dita di papa Francesco 6 Beato Marco d’Aviano 9 Consiglio pastorale parrocchiale 9 Nasce il Gruppo Giovani10 Abbazia di Summaga13 Spigolature15 Facciamo un “goal” per l’ambiente16 Grest18 La ricerca della felicità19 La solidarietà è contagiosa20 Servizio ad Agrigento22 Nel nome della continuità tra presente e futuro 24 Summaga Photography Awards 26 Come chicco di grano 28 Ti racconto… La contrada della casa rossa33 Feste di catechesi 38 In cammino verso il matrimonio39 Il giorno più bello40 7 dicembre - Festa della famiglia 40 Anniversari42 Coro Ermens43 Una finestra sul mondo49 Gruppo Mariano50 Gruppo volontari Su.Pra.Li.Ma Onlus51 Il testimone della Storia52 Notiziario della Sezione Combattenti e Reduci54 I 100 anni di Guerrino Arreghini56 Don Antonio Piccolo (1875-1942) e la grande guerra58 Emozioni dal 62° raduno60 Papa Paolo VI Beato della Chiesa Universale61 Summaghesi in gita62 Santi, santini... santità63 Cose di casa nostra67 Il sogno di Tommaso68 C’era una volta il bar Stefani70 Il mago dello scatto72 Il dono di un pensiero, il dono di una vita 73 Di tappo in tappo. Plastica o tappo di vino?74 Corrispondenza76 Il limone78 Lauree78 Il volto dei nostri bambini79 Anagrafe parrocchiale80 Li ricordiamo con amore nella preghiera81 Ricordiamo anche...82 In ricordo di...87 La generosità dei Summaghesi

Sommario

In copertina: La galaverna 2010 a Summaga.(Foto di Ugo Perissinotto).

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Il Consiglio Pastorale Parrocchiale, due anni fa, per vari motivi, ha sta-bilito l’uscita del «Qui Summaga» una volta all’anno.Un arco di tempo annuale porta con sé tantissimi avvenimenti lieti e tri-sti, speranze e delusioni personali e comunitarie.Come comunità cristiana dobbiamo domandarci, al di là della salute e della economia della famiglia e del rapporto con le persone, qual è il rapporto con Dio?Scorrendo il bollettino sembrerebbe buono questo rapporto con Dio; sono stati battezzati dei bambini, si sono celebrati matrimoni, Prime Comu-nioni, in due volte conferita la Cre-sima a 31 giovanissimi e celebrati funerali. Sappiamo che le celebrazioni

dei sacramenti sono la testimonian-za pubblica di appartenenza

alla Chiesa, ma vien da domandarsi se questo è sufficiente per afferma-re che abbiamo acqui-sito e poi mantenuto un vero rapporto con il Signore.

Papa Francesco si è espresso con una

preoccupazione: «la Chiesa non esaurisca il suo ruolo solo come di-spensatrice di sacramenti... è ne-cessario passare da una pastorale di semplice conservazione ad una pastorale decisamente missionaria».Davanti a queste due espressioni di papa Francesco dobbiamo inter-rogarci come comunità cristiana di Summaga se abbiamo questa tensio-ne o viviamo in un tradizionalismo stantio, nonostante le tante attività pastorali che si svolgono. Ma queste attività sono autoreferenziali o han-no la gioia della testimonianza cri-stiana?In ambito diocesano, in continuità con il cammino fatto in questi due anni, siamo arrivati alla “Comunità che annuncia e testimonia”.Il nostro vescovo Giuseppe nella pre-sentazione del progetto tra l’altro scrive: «Desideriamo concentrarci sulla Trasmissione della fede perché non possiamo lasciarla muta, ma dobbiamo rendere ragione della fede che è dentro di noi. Siamo tutti chia-mati ad accogliere e donare l’incon-tro vivo con Dio in Gesù Cristo, che parla nelle scritture ed è real-mente presente nell’Euca-restia e opera, attraverso lo Spirito, nella storia dell’umanità. Come ci ricordava papa Bene-

detto XVI in Porta Fidei dobbiamo metterci in cammino per condurre gli uomini fuori dal deserto, verso i luoghi di vita, verso l’amicizia con Gesù che ci dona la vita. La fede, in-fatti, è memoria viva di un incontro, che sempre dobbiamo alimentare al fuoco della Parola e della preghiera personale e comunitaria. È una te-stimonianza che diventa dono gra-tuito e che non si arresta di fronte agli ostacoli e ai problemi, ma si fa annuncio a tutti aprendoci alla mis-sione».Il mio augurio di parroco è che tut-ti i summaghesi che si dichiarano cristiani si mettano in sintonia, in quest’anno, con quello che il nostro vescovo Giuseppe e il vescovo di Roma Francesco ci insegnano: no alla stanchezza, no al pessimismo sterile ma dire “sì“ alla sfida di una spiritualità missionaria, chiedendoci di scoprire il Bene (quello con la B maiuscola) nel cuore degli altri. Sa-rebbe una vera rivoluzione.

d. Giuseppe, parroco

Editoriale

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Come istituito dal vescovo già l’anno scorso, l’an-no pastorale diocesano si è aperto a Porcia presso il Centro Pastorale Giovanni Paolo II, nella giornata di domenica 28 settembre.Il titolo dell’incontro e del nuovo progetto pasto-rale che andremo ad affrontare è: Comunità che an-nuncia e testimonia. L’icona che ci accompagnerà ha come suo centro l’incontro tra Gesù e la Samaritana al pozzo.La giornata si è svolta come al solito tra la presen-tazione del tema, il saluto del vescovo e i vari la-boratori per gli operatori pastorali sulle possibilità di una nuova evangelizzazione con testimonianze e conferenze. Accanto a queste attività si potevano visitare i diversi stand per associazioni e gruppi parrocchiali.La sera mi sono recato presso la pista di pattinaggio delle scuole medie, dove c’era in programma una celebrazione nella quale sarebbero state consegnate

le icone alle varie parrocchie, da esporre nelle loro chiese di appartenenza.Il cuore di quanto svolto nella giornata era di co-gliere l’invito di papa Francesco nell’Evangelii Gau-dium a «porre in atto i mezzi necessari per avanzare nel cammino di una conversione pastorale e mis-sionaria, che non può lasciare le cose come stanno».Come nell’icona, l’importanza di uscire da sé per andare incontro a Gesù, è stato il punto di partenza per ricercare un senso più profondo nella propria esistenza. Le parole del vescovo che cercavano di incitare i fedeli a prendersi carico di ciò che i pre-sbiteri non possono più fare, hanno dato una visio-ne di una comunità che si trova ad un bivio. Da una parte la comunità cristiana a cui ci siamo abituati è morta, dall’altro c’è ne una che è in trasformazione. Come la prima comunità cristiana, ci troviamo di fronte al bisogno che tutti quelli che si identifi ca-no con l’appartenenza alla Chiesa e al messaggio evangelico si rimbocchino le maniche e si diano da fare, non lasciando scorrere il tempo pensando che Dio lo guidi senza la nostra partecipazione.Lo spettacolo che ha accompagnato la celebrazio-ne, fatto da un gruppo di giovani di Bibione, dav-vero bravi, ha sintetizzato molto bene questo spiri-to di cambiamento che nasce dalla sete. Da una sete interiore, profonda, che giunge al nucleo del nostro essere, che deve essere colmata se vogliamo essere fedeli alla chiamata che abbiamo ricevuto.Durante lo spettacolo, mi chiedevo: se solo chi ha sete va in cerca e se solo chi è stato riempito riesce a dare… io ho ancora sete? Sono ancora riempito della Parola “?” O mi lascio vivere dagli eventi e dalla routine? La risposta, purtroppo, è che spesso le esigenze esterne prendono il sopravvento e ciò che ha più importanza, ciò che da senso alla mia esistenza e a ciò che vivo, viene lasciato indietro. Mi riprometto quindi di riprendere in mano ciò che mi è sfuggito, di capire che ciò che faccio ogni gior-no assume un valore diverso se lo vivo con fede. Vi voglio lasciare con una domanda: tu che stai leg-gendo questo articolo, hai sete? Sei stato riempito? Sei libero o schiavo di routine e modi di pensare che ti lasciano ancorato al passato? Forse dovremo rimboccarci le maniche assieme e darci da fare per costruire una Nuova Comunità che possa rispon-dere ai bisogni nostri e degli altri.

R.P.

APErtUrA Anno PAStorAlE 2014-2015

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Vent’anni fa circa, papa Francesco, vescovo di Buenos Aires, scrisse una preghiera che diven-tò molto popolare in Argentina. Si tratta di una preghiera molto semplice che rispecchia, di fatto, il carattere e lo “stile” del Santo Padre. In par-ticolare, la preghiera ebbe, ed ha tuttora, enorme successo in quanto, da allora in poi, costituisce uno tra i primi elementi di dottrina impartiti ai fanciulli avviati alla catechesi.Spesso non si prega perché si pensa sia diffi cile far-lo o che sia diffi cile ricordare tutte le cose per cui si deve pregare. Allora si può usare questo espedien-te: per ricordare ciò per cui devi pregare osserva la tua mano, in particolare le tue cinque dita.È un’orazione semplice e signifi cativa costituita da cinque elementi, da ripetere per questa ragio-ne “sulla punta delle dita”.

Il POLLICE è il dito più vicino a te: serve a ricordarti di pregare per i tuoi cari e per co-loro che più ti sono vicini. Pregare per coloro che amiamo è un dolce compito.Il secondo dito è l’INDICE. Ti ricorda di pre-gare per coloro che insegnano, educano, per i medici e i sacerdoti, e che hanno bisogno

delle nostre preghiere affi nché abbiano il so-stegno e la saggezza per indicare la giusta via agli altri. Non dimenticarli mai nelle tue preghiere.Il terzo dito è il MEDIO. È il dito più alto, che ti indica di pregare per coloro che gui-dano il destino della nostra patria e che in-fl uenzano l’opinione pubblica: sono i gover-natori, i parlamentari, gli imprenditori e gli amministratori. Anche loro hanno bisogno della guida di Dio!Il quarto dito è l’ANULARE. Questo dito che, incredibilmente, è quello più fragile, ti ricorda di pregare per i più deboli. I malati e le persone con tanti problemi hanno biso-gno delle tue preghiere giorno e notte. E non dimenticarti mai di pregare per gli sposi…Infi ne, il quinto dito è il MIGNOLO. È il dito più piccolo di tutti, che ti rammenta come dobbiamo sentirci di fronte a Dio e agli altri. Le Sacre Scritture, infatti, insegnano che “gli ultimi saranno i primi”. Ricorda di pregare per te stesso. Quando avrai pregato per le persone delle prime quattro dita, sarai in gra-do di pregare al meglio anche per te stesso.

La preghiera delle cinque dita di papa Francesco

LA PreGhIerA È IL reSPIro deLL’ANIMA!

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Nasce ad Aviano il 17 novembre 1631 (terzo di undici figli) da Pa-squale Cristofori e Rosa Zanoni e lo stesso giorno viene battezzato con il nome di Carlo Domenico. Nel 1643 riceve la cresima. Quin-di frequenta gli studi superiori nel collegio retto dai Gesuiti a Gorizia, da dove – quattro anni più tardi – fugge col desiderio di soccorrere i veneziani impegnati nella difesa dell’isola di Candia assediata dai Turchi. A Capodi-stria desiste dal proposito e viene riaccompagnato a casa dai Cap-puccini presso i quali aveva chie-sto aiuto. Nel 1648, a diciassette

anni, entra nel loro noviziato a Conegliano e con la vestizione e professione religiosa assume il nome di fra Marco d’Aviano. Completa quindi gli studi teolo-gici e il 18 settembre 1655 viene ordinato sacerdote a Chioggia. Nel 1664 riceve la “patente” di predicare al popolo, ufficio che esercita subito con grande effi-cacia. È anche guardiano di due conventi, Belluno e Oderzo.La sua predicazione, unita a una vita esemplare, raggiunge fama continentale a partire dal 1676 quando ha inizio improvvisa-mente una serie tale di conver-

sioni e guarigioni prodigiose da meritargli il titolo di “taumatur-go del secolo”. La sua popolarità raggiunse Francia, Belgio, Olan-da, Svizzera, Tirolo, Baviera, Austria, gli stati della Germania, Boemia e Slovenia, dove padre Marco si porta nel corso di viaggi missionari richiesti dai vescovi per il rinnovamento spirituale di quelle nazioni. Folle immen-se si radunano ad ascoltarlo e ricevono la sua benedizione, cui immancabilmente fanno seguito fatti eccezionali. Preoccupazione prima di padre Marco è esorta-re e procurare il pentimento dei peccati, e per questo fa recita-re pubblicamente l’atto di dolore perfetto; grande rispetto mostra

Beato Marco d’Aviano

Sobieski manda al papa il messaggio della vittoria dopo la battaglia di Vienna (1683), dipinto di Jan Matejko. Padre Marco è raffigurato al seguito del re polacco a dorso d’asino.

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verso i protestanti che considera fratelli ed esorta all’unione.Ma il suo appuntamento con la storia è fissato per il 1683, in occa-sione dell’invasione dell’Europa da parte dell’esercito ottomano (circa centocinquantamila uomini armati), che giunge ad assediare la città di Vienna, sede dell’impe-ratore d’Austria Leopoldo I che da qualche anno gode dell’amicizia di Marco d’Aviano e beneficia dei suoi preziosi consigli nell’attività di governo, caratterizzata spesso da indecisione e tentennamenti. Nell’incombente pericolo (si vole-va fare di Vienna la capitale di un secondo impero turco nel cuore dell’Europa), che tanto preoccupa anche il papa Innocenzo XI, padre Marco viene allora inviato quale legato pontificio presso la coali-zione di difesa, composta da non più di settantamila uomini. La sua opera mediatrice procura l’accor-do tra i diversi capi dell’alleanza, rivali fra loro, e pone il re di Polo-nia Giovanni Sobieski quale capo nominale. Marco d’Aviano rincuo-ra quindi l’esercito nel corso di una giornata di preghiera. All’alba del giorno fatidico (12 settembre 1683) celebra la messa, servita dal re po-lacco, infonde in tutti entusiasmo e certezza di vittoria e offre la sua vita a Dio per la salvezza dell’Eu-ropa cristiana. La vittoria segue gloriosa, segnando una tappa mi-liare per la storia del continente, preservato nella sua identità di fede e civiltà. La missione di Mar-co d’Aviano continua negli anni seguenti, promuovendo l’alleanza tra gli stati europei per la libera-zione dei Balcani dall’oppressione turca: nel settembre 1686 viene li-berata Buda, capitale dell’Unghe-ria, dopo quasi un secolo e mezzo di dominazione ottomana, e nel

1688 anche la roccaforte di Belgra-do, dove padre Marco ottiene salva la vita di ottocento soldati turchi. Frattanto egli continua a dedicar-si alla predicazione, focosa e con-vincente, soprattutto nelle Venezie (celebri restano i suoi quaresimali), tenendo sempre contatti epistolari con le persone influenti di allora, e particolarmente come consigliere spirituale dell’imperatore Leopol-do I che spesso richiede il Nostro a Vienna.Durante l’ultimo viaggio nella ca-pitale d’Austria, Marco d’Aviano muore, consumato dalle fatiche, alla presenza dell’imperatore e del-la sposa Eleonora, stringendo nelle mani il crocifisso che portava sem-pre con sé. Erano le ore undici del 13 agosto 1699. È sepolto a Vienna nella chiesa dei Cappuccini.

La causa di beatificazione

La causa di Marco d’Aviano – che lo stesso imperatore Leopoldo I avrebbe voluto iniziare poco dopo la morte del cappuccino e alla quale era finalizzata la Vita scritta dal padre Cosmo da Ca-stelfranco, pronta nel 1709 ma rimasta allora inedita – fu avvia-ta solo nel 1891 con il processo ordinario celebrato a Vienna, cui diede occasione la pubblicazione della corrispondenza intercorsa fra Marco d’Aviano e l’impera-tore. Un secondo processo, volto a provare la fama di santità in patria di padre Marco, si tenne indi a Venezia (dall’anno 1901). La causa apostolica fu introdot-ta l’11 dicembre 1912, regnante il papa san Pio X e dopo che a questi avevano rivolto preghie-

ra, attraverso lettere postulato-rie, non pochi vescovi, superio-ri di famiglie religiose, capitoli di cattedrali e gli stessi membri della casa imperiale asburgica. Soggetta alle nuove regole in atto dal 1930 per le cause c.d. “stori-che”, si arrivò solo nel 1966 alla pubblicazione e approvazione da parte della Sacra Congregazione dei Riti della validità della docu-mentazione raccolta nella Positio

Marco D’Aviano in una stampa del XVII sec. (Gallica).

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super virtutibus. L’iter si arrestò ancora, finché fu nominato, nel 1977, vicepostulatore della cau-sa il padre Venanzio Renier da Chioggia, il quale si diede subito da fare perché la figura storica e le virtù cristiane eminenti di pa-dre Marco fossero più conosciu-te e apprezzate e la causa avesse nuovamente a procedere. Negli anni seguenti egli fu il promoto-re, tra l’altro, della pubblicazione della corposa corrispondenza epistolare di padre Marco d’A-viano conservata nell’archivio

dei Cappuccini della Provincia Veneta. Il 6 luglio 1991 si ebbe finalmente il decreto della Con-gregazione delle Cause dei Santi sull’eroicità delle virtù del can-didato agli altari: un passaggio obbligato che acclarava definiti-vamente la santità della vita di Marco d’Aviano. Mancava ora il riconoscimento della verità di un miracolo attribuito allo stesso e avvenuto a Padova, il 28 maggio 1941, in favore del piccolo Anto-nino Geremia, affetto da menin-gite e guarito per le preghiere

elevate a Dio per intercessione di padre Marco, suggerite dal futu-ro santo Leopoldo Mandić. Tale evento miracoloso fu accertato come autentico dalla Congrega-zione delle Cause dei Santi con decreto del 23 aprile 2002, per la convinta azione e incrollabile convinzione del padre Venanzio che nel frattempo, coadiuvato dal Comitato P. Marco d’Aviano istituito ancora nel 1998 a Por-denone, intraprese in ogni dove una capillare, diuturna opera pastorale e culturale di divulga-zione della santità e dell’attualità dell’Avianese per eccellenza. La causa così seguita e amata, ebbe il sigillo della beatificazione a Roma, sulla Piazza San Pietro, il 27 aprile 2003 da parte del papa san Giovanni Paolo II. Si attende di coronarla con la canonizzazio-ne del Beato Marco d’Aviano.Eccezionale personalità di sa-cerdote, religioso, predicatore evangelico, testimone di Cristo in ogni avversità, Padre Marco si pone all’attenzione univer-sale con la ricchezza della vita interiore, resa ardente e apo-stolica dal più genuino france-scanesimo Apostolo dell’Atto di dolore perfetto, amministratore fedele della misericordia e del perdono, fu il medico spirituale dell’Europa del tempo, mirabile e paziente tessitore della sua li-bertà e unità. Il suo intervento è stato decisivo: salvando l’Euro-pa, ha salvato il Cristianesimo. La sua glorificazione costituisce un onore per la Chiesa e per la società civile, non solo del suo tempo. Gli effetti della sua ardi-ta azione continuano a perdura-re anche nei nostri giorni.

Congregazione delle Cause dei Santi

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Le riunioni del Consiglio Pasto-rale Parrocchiale, espressione della comunità parrocchiale che vive e cammina insieme, segno di comunione e collaborazione tra sacerdoti e laici tra di loro, preposto alla programmazione ed allo svolgimento della vita pastorale, sono continuate con cadenza quasi bimestrale.Due membri di esso hanno par-tecipato, nel corso dell’anno, agli incontri formativi diocesani dal tema La comunità che condivide e celebra la fede, ed ai corsi sulla preghiera liturgica. Di entrambi, i partecipanti fornivano via via ampie relazioni.Anche i tempi “forti” dell’anno liturgico, Avvento e Quaresima, sono seguiti con particolare atten-

Inizialmente era solo un’idea poi, grazie alla voglia di fare e all’en-tusiasmo dei ragazzi, dal primo gennaio 2015, diventa realtà. Il Gruppo Giovani è formato da Riccardo Alessan-drini, Andrea Anese, Elia Berti, Kristian Biason, Lisa Bozza, Matteo Brun, Chiara Brunzin, Morris Carr, Alessio Conte, Igor Comin, Lorenzo Dall’O-ro, Matteo Diamante, Francesco D’Odorico, Rosa Ferrigno, Chiara Martin, Giulia Martin, Andrea Miglioranza, Giulia Miglioranza, Alberto Milan, Marco Nosella, Pierpaolo Nosella, Riccardo Pupu-

lin, Egle Querin, Nico Querin e Martina Villanova.Le finalità che il Gruppo Giovani si pone, sono la promozione e l’organizzazione di attività con una particolare attenzione alla realtà giovanile.Non si tratta di un progetto staccato dall’Associa-zione «Viviamo Summaga», ne è piuttosto la parte più attiva e propositiva; ogni iniziativa resterà sem-pre patrocinata dall’Associazione Viviamo Sum-maga, ma potrà nascere dai giovani.

L’Associazione «Viviamo Summaga» e il Gruppo Giovani sono a disposizione di chi vuole impe-gnarsi per il nostro territorio, condividere e rea-lizzare idee.

I giovani sono il nostro futuroNoi puntiamo su di loro!

Idilio, presidente

zione e vagliate le varie proposte dei gruppi che animano le sante messe e l’attività della parrocchia.Don Giuseppe, durante la riunio-ne del 13 maggio, ha illustrato la delibera del Consiglio Presbiteria-le riguardante il nuovo riordino delle foranie della nostra diocesi che passeranno dalle attuali dodici ad otto. La nostra forania accorpe-rà anche Fossalta di Portogruaro per un totale di 58.000 abitanti e sarà la seconda come popolazione. Anche le Unità Pastorali subiran-no un riordino in base alle asso-nanze territoriali, di periferie, di confini, geografiche, etc.In occasione della riunione tra tutti i vice presidenti dei Con-sigli pastorali parrocchiali ed i parroci della nostra forania, il

ConSIGlIo PAStorAlE PArroCChIAlE

L’associazione «Viviamo Summaga» si allunga la vita

nASCE Il GrUPPo GIovAnI

nostro vescovo non ha mancato di ricordare come, ora più che mai, urge un impegno da parte di ogni cristiano alla correspon-sabilità, affinché ogni membro della parrocchia si senta parte in-tegrante e responsabile della vita della stessa.Come da sempre il “contenuto” di ogni riunione è stato affisso in bacheca per la visione di tutti i parrocchiani.

Fiorella Bellamio, segretaria

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Con il cantiere materiale del re-stauro viene sempre attivato il can-tiere immateriale della conoscen-za. Le indagini storico-artistiche e le considerazioni critiche prece-dono, guidano e accompagnano gli interventi manuali con bistu-ri, spatole e pennelli. Al termine c’è l’acquisizione sia dell’opera d’arte restaurata sia delle nuove conoscenze. È successo anche a Summaga, con i restauri dell’ab-side laterale sinistra dell’Abba-zia, eseguiti tra il 2009 ed il 2010 dalla restauratrice pordenonese Anna Comoretto, sotto la direzio-ne di Luca Majoli, ispettore della Soprintendenza per i Beni Storici Artistici per le province di Vene-zia, Belluno, Padova e Treviso. Ne

Il restauro degli affreschi dell’abside settentrionale, considerazioni storiche, artistiche e sui materiali e la tecnica di esecuzione

abbiamo già scritto ripetutamente sia per il «Qui Summaga» che per il settimanale diocesano «Il Popo-lo». Riprendiamo l’argomento a seguito della recente uscita di due pubblicazioni, quasi identiche nei testi, dei due protagonisti del re-stauro. Diamo in dettaglio i riferi-menti bibliografici perché possono servire a tutti coloro che vogliono approfondire l’argomento. Gli elaborati di Luca Majoli ed Anna Comoretto costituiscono oggi la base per il futuro degli affreschi dell’Abbazia di Summaga, che re-stano tra i cicli più importanti del Duecento dell’area triveneta: per gli studi, per la divulgazione delle conoscenze e per la valorizzazio-ne turistica.

Il restauro degli affreschi dell’ab-side settentrionale della chiesa di Santa Maria Maggiore a Sum-maga. Considerazioni materiali e tecnica di esecuzione. È il titolo di un saggio di Anna Como-retto e Luca Majoli, pubblicato di recente negli Atti dell’Acca-demia “San Marco” di Pordeno-ne, n. 16, 2014 (pp. 773-792).

Il testo riprende il contenuto di un intervento al Convegno Il restauro come atto critico, Ve-nezia ed il suo territorio, tenu-tosi presso l’Università di Ca’ Foscari il 27 marzo 2012, i cui atti sono stati pubblicati nel volume a cura di Chiara Piva, Il restauro come atto critico. Ve-nezia e il suo territorio, nella collana «Quaderni di Venezia Arti», 1, Edizioni Ca’ Foscari - Digital Publishing 2014. Il tito-lo del saggio è: Il restauro degli affreschi dell’abside settentrio-nale della chiesa di Santa Maria Maggiore a Summaga. Conside-razioni sui materiali e la tecnica di esecuzione (pp. 31-46. Il vo-lume si può scaricare gratuita-mente in pdf all’indirizzo: http://virgo.unive.it/ecf-workflow/uplo-ad_pdf/VA-Q_1_WEB.pdf).

Abbazia di Summaga

Le conoscenze

Le principali acquisizioni del convegno vengono ripresentate nelle pubblicazioni dalle stesse persone che hanno progettato, eseguito e valutato criticamente l’intervento sull’abside sinistra dell’Abbazia. Luca Majoli affer-ma: «I risultati del restauro de-gli affreschi dell’abside sinistra dell’Abbazia di Summaga indu-Abside di sinistra.

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Abside maggiore.

cono a rivedere le conoscenze sul celebre ciclo di affreschi dell’ab-side maggiore, sia per la lettura critica complessiva dell’opera sia per la conoscenza della sua vi-cenda materiale». È ormai certo che le due absidi sono state affre-scate dallo stesso maestro: quel Giovanni Veneziano (Venetianus Johannes) attestato dalla scritta sotto la finestra centrale. Anche il periodo di realizzazione è lo stesso, da collocarsi all’incirca tra il 1220 ed il 1230. La matrice culturale dell’autore e della sua bottega, pur operando in territo-rio del Patriarcato di Aquileia, è veneziana nella sua declinazione della terraferma. L’intervento di restauro ha portato in evidenza anche i particolari che attestano l’esecuzione delle due absidi con la stessa calligrafia pittorica. C’è la stessa mano nel rappresenta-zione della fisionomia dei volti e nell’impostazione delle mani di alcuni soggetti dipinti. Unitario è anche il disegno delle decorazio-ni degli sfondi. Questi particolari hanno il valore di una firma au-tografa.

Le vicende conservative dell’abside maggiore

Majoli ha anche spiegato come le diverse vicende dei restauri del-le due absidi inducano a pensare che siano di mano differente: «Si tratta di un testo figurativo nato unitariamente, ma che ha avuto storie conservative profonda-mente differenti». Majoli ricorda che il ciclo di af-freschi dell’abside maggiore venne scoperto nel 1925 e mes-so in luce con lunghe campagne di restauro, affidate a diverse

generazioni di restauratori, che hanno usato materiali differenti, con criteri e metodi propri del tempo: prima intervenne Ange-lo Moro nella seconda metà de-gli anni Venti; in seguito, negli anni Cinquanta e Sessanta, ope-rò Mario Botter, coadiuvato dal giovane figlio Girolamo “Memi”. Questi infine riprese e completò l’opera paterna più di vent’anni dopo, tra la fine degli anni Ot-tanta e l’inizio degli anni No-vanta.

La vicenda differente dell’abside di sinistra

L’abside di sinistra ha una sto-ria ben diversa, perché era iso-lata dal resto della chiesa fino al grande restauro architettonico degli anni 1960-1965. La ristrut-turazione settecentesca voluta dall’abate commendatario Carlo Rezzonico, in seguito papa con il nome di Clemente XIII, l’aveva separata dal coro e dalla navata laterale con tramezzi in muratu-

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ra. Con l’eliminazione di questi le tre absidi furono ricomprese nell’originale disegno unitario duecentesco e sotto la calce si ini-ziarono ad intravvedere gli affre-schi del catino di sinistra. Furono, però, “dimenticati” perché il pos-sibile restauro si rivelava molto difficoltoso a causa della consi-stenza della calce, caratterizzata da una tenace carbonatazione. Il restauro dell’abside di sinistra venne iniziato da “Memi” Botter, alla conclusione dei suoi interven-ti sull’abside maggiore nei primi anni Novanta: cominciò il lavoro di descialbatura, ma i lavori furo-no interrotti sia per esaurimento dei finanziamenti che per la dif-ficoltà di rimuovere fino in fondo gli strati di calce molto tenaci.

Le conoscenze conseguenti al restauro

La restauratrice Anna Comoretto con un lungo e paziente lavoro, negli anni 2009-2010, è riuscita a rimuovere la calce per intero, rendendo interamente leggibi-le il dipinto. Durante il restauro sono state fatte anche approfon-dite analisi sui materiali usati nella realizzazione degli affre-schi, rilevando, tra l’altro, l’uso di lapislazzuli, una pietra molto costosa di provenienza orientale: segno inconfutabile della qualità dei dipinti. Inoltre si è eviden-ziato che la preparazione di base dell’intonaco per gli affreschi è risultata molto accurata, più si-mile a quella delle tavole dipinte

o delle pergamene miniate. Nelle pubblicazioni sono stati riportati anche alcuni grafici di Anna Co-moretto riguardanti sia lo stato conservativo prima del restauro (le aree ricoperte di calce e quelle parzialmente descialbate) che le tecniche esecutive originarie (la superficie con pittura a fresco, la finitura a calce, la sovrappo-sizione degli intonaci). Dopo il restauro, l’abside di sinistra non rappresenta più un’area margi-nale, ma assume un significato cruciale sia per una lettura critica complessiva di tutti gli affreschi duecenteschi dell’Abbazia, sia per la ricostruzione della loro storia materiale.

Antonio Martin

A sinistra: San Giovanni dell’abside laterale sinistra. A destra: il secondo apostolo a destra del Cristo dell’abside maggiore. Il confronto diretto evidenzia i medesimi lineamenti del volto.

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Miniatura di San Giovanni nell’Evangeliario di Michaelbeuern, Cod. Lat. 8272. (http://dl.wdl.org).

Miniatura di San Marco nell’Evangeliario di Michaelbeuern, Cod. Lat. 8272. (http://dl.wdl.org).

66) Il primo cenno internazionale(da P. L. Zovatto, Concordia e Ratisbona, in «Fede e arte», VI [1958], nn. 7-8, pp. 312-313).

«Fede e arte» è stata dal 1953 al 1967 la rivista inter-nazionale edita dalla Pontificia commissione centrale per l’arte sacra. In essa comparve nel 1958 un articolo di otto pagine, nel quale Paolo Lino Zovatto tra l’al-tro indicava: «Concordanze stilistiche collegano gli affreschi romanici di Concordia con quelli vicini di Summaga, di Aquileia, con i mosaici di Trieste e di S. Marco a Venezia. […] E qui si vuol ricordare che nel 1072 Diotwin, vescovo di Concordia, con Sigeardo, patriarca di Aquileia, assiste alla consacrazione di S. Maria e di S. Michele dell’abbazia di Michaelbeuern, dotata ancora di manoscritti con preziose miniature romaniche, che consentono confronti con gli affre-schi romanici di Aquileia, del battistero di Concordia e dell’abbazia benedettina di Summaga, che nel sec. X si sviluppò a pochi chilometri da Concordia». Qui finiva il cenno agli affreschi di Summaga, integrato però nella pagina successiva dalla foto di Abramo nell’atto di sacrificare Isacco, relativa all’immagine del sacello abbaziale.

67) Numeri di don Pietro(dai registri parrocchiali e dall’Archivio storico dio-cesano, Pordenone).

Don Pietro Marson ha speso quasi tutta la sua vita di prete a Summaga, per pochi anni come cappellano e poi come parroco per decenni. In una delle sue prime note da parroco, apposta in un registro dei battesimi, scriveva: «1912 si restaurò a spese della Fabbriceria e del sottoscritto la Casa Canonica», senza indicare i costi precisi, mentre un paio d’anni dopo specificava: «1914 giorno del Corpus Domini si inaugurò un trono per l’esposizione del SS. per italiane lire 400». In segui-to, rispondendo di suo pugno al questionario per la visita pastorale del vescovo D’Alessi nel 1946, scrive-va che la parrocchia contava allora circa 3.000 abitanti, «famiglie 371 – di comunione 2.470 circa – da cresimarsi 400 – anni 1944-45 nati 117 – illegittimi 3 (tre) – matri-moni 29 – morti 44». L’anno dopo, don Pietro affidava ai numeri una sorta di consuntivo pastorale della sua

SPIGolAtUrE

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attività in paese: «Nel mio 40° di Sacerdozio in Sum-maga 26 luglio 1907 = dal 7 Settembre 1907 al 26 Lu-glio 1947. Nati: i battezzati – esclusi i nati e battezzati nel civico ospedale di Portogruaro – a tutto luglio 1947 – N° 3119. Morti dal Settembre 1907 al Luglio 1947 – N° 1066. Matrimoni dal Settembre 1907 al Luglio 47 – N° 771. Don Pietro Marson Parroco». E qualche anno dopo vergava, a margine d’un registro parrocchiale, un aggiornamento rasserenato del consuntivo: «Anno 1953 – 8 Settembre. Oggi con grande gioia ricordo 46 anni di sacerdozio passati a Summaga. Nati dal 1907 al 1953 n° 3441, Morti n° 1172, Matrimoni n° 917. Il più bel conforto si è che nessuno in morte rifiutò i sacra-menti. Don Pietro Marson».

68) Ancora sulla mandorla che contorna la Madre di Gesù(da J. P. Hernandez, Lo spazio sacro come kerygma e mistagogia, in «Rivista di teologia dell’evangelizza-zione», n. 28/2010, p. 379).

Si era già parlato in una spigolatura del 2009 del signi-ficato simbolico della “cornice a mandorla” entro cui vengono raffigurati il piccolo Gesù in braccio a Maria, affrescati in proporzioni quasi doppie rispetto alle fi-gure della teoria di Cristo e i Dodici nella sottostante parte del ciclo absidale. In un denso saggio p. Her-nandez indica ulteriori significati di tale simbolismo: «La forma della mandorla allude allo scudo del vinci-tore, che l’iconografia antica mette in verticale dietro al condottiero dell’esercito vittorioso. Gesù Cristo è il vincitore della morte. E la mandorla sta a ricordare questa vittoria, questa Buona Notizia. Nell’antichità pagana, la parola euangelion era usata precisamente in contesto militare come annuncio di una vittoria deci-siva. La forma della mandorla richiama anche l’olio di mandorla col quale si ungevano i sovrani nell’o-riente antico. E Cristo è precisamente l’Unto. I Padri commentano questa simbologia ricordando anche quanto la scorza della mandorla sia dura e quanto il suo interno sia squisito. Nello stesso modo, il mistero cristiano ha una “scorza” difficile da aprire, ma una volta dischiuso è il migliore dei sapori. Un ulteriore significato della mandorla nell’iconografia cristiana è il richiamo della pupilla del felino, che vede nella not-te. E in questo è il simbolo dell’occhio della fede, che può vedere attraverso le notti della vita».

Ruggero S.Miniatura di San Matteo nell’Evangeliario di Michaelbeuern, Cod. Lat. 8272. (http://dl.wdl.org).

Miniatura di San Luca nell’Evangeliario di Michaelbeuern, Cod. Lat. 8272. (http://dl.wdl.org).

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Quest’ultima estate è stata avara di belle giornate. È normale, pertanto, che nelle poche occasioni di bel tempo concesse, molti ne abbiano approfittato per fare un po’ di movimento. Naturalmente non poteva mancare la classica partitella di calcio tra amici, sicu-ramente rigenerante per il fisico e per lo spirito, nella bella cornice del campo adiacente la nostra Abbazia. Non serve molto per divertirsi, se non un abbiglia-mento adeguato allo scopo ed un bel pallone. Chi è un pochino meno atletico, può fare comunque da spettatore. Certo, se lo spettacolo non è all’altezza ci si può annoiare, ma si può comunque scambiare qualche parola e magari, perché no, spezzare la mo-notonia fumando una sigaretta… Nel frattempo chi corre di più è il pallone, letteral-mente preso a calci… ma non si stanca affatto! Chi in-vece fa più fatica sono i calciatori, forse leggermente fuori forma. Ma non bisogna preoccuparsi. Basta un buon sorso d’acqua, o una bibita in lattina o un inte-gratore e poi… di nuovo a dar calci. Non mancano neppure alcune merendine per la pausa tra il primo e secondo tempo.

Dopo due buone ore di attività fisica, eliminate tossi-ne e stress, si può tornare a casa ritemprati e felici per il bel pomeriggio trascorso…«Abbiamo dimenticato qualcosa? No, mi pare di no! Alla prossima!», potrebbe dire qualcuno dell’allegra compagnia… Risposta: «Si, ci siamo dimenticati le immondizie!». In effetti l’operazione di riporle in un cestino (distante circa cinquanta metri) è operazione molto complicata. Non parliamo naturalmente di portare a casa i rifiuti e fare la raccolta differenziata… perché in questo caso bisogna anche pensare! Certamente, nessuna tragedia, poi si sa, sono giova-ni… che evidentemente hanno appreso dall’esempio di qualche adulto. L’ambiente che ci circonda è di tutti. Cominciamo proprio noi adulti a rispettarlo e a dare il buon esem-pio, nelle piccole cose, ai giovani. Solo così potremo essere credibili e potremo pretendere da loro l’educa-zione che si deve al creato. Allora, speriamo che alla prossima partitella, ci sia un “goal” in più, per l’am-biente naturale che ci circonda.

M.G.

FACCIAMo Un “GoAl” PEr l’AMBIEntEovvEro... Un Po’ dI EdUCAzIonE non GUAStA

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Grest«Minions! Attenzione! Il perfi-do El Macho sta minacciando il mondo!» È così che è iniziata la settimana per ragazzi e per loro è arrivato il momento di mettersi alla prova. Per riuscire a sconfig-gere il cattivo bisogna essere una squadra forte ed unita così il pri-mo giorno di questa avventura i ragazzi l’hanno dedicato alla co-noscenza. Dopo un pomeriggio di giochi dove ognuno cercava di far cono-scere se stesso e di creare un le-game con gli altri, i ragazzi sono pronti per unire le forze per riusci-re a salvare il mondo. C’era un problema però, come avrebbero fatto per sconfiggere El Macho? Il martedì inizia con una sorpresa: qualcuno ha fatto visita loro. Que-sto personaggio misterioso è il Grillo Parlante, pronto ad aiutare i nostri amici; Grillo svela loro che per sconfiggere El Macho bisogna preparare un pozione molto par-

ticolare, composta da tutti gli elementi naturali. Così i Minions più impavidi

partirono insieme ai ragazzi per raggruppare tutti gli ele-menti della pozione. Il primo elemento da scovare era la

terra. Grillo sempre al loro fianco li conduce da Meeko, un simpa-tico procione che custodisce l’ele-mento terra. Meeko, però, prima di affidare un dono così prezioso in mano ai ragazzi decide che è opportuno insegnar loro il rispet-to di ciò che gli viene dato. I nostri avventurieri attraverso giochi e sfide imparano che la ter-ra ci è stata donata ed è nostro do-vere custodirla. Dopo una mattinata così piena di esperienze, i ragazzi avevano una gran fame e per ingannare il tempo alcune mamme con molta pazienza hanno insegnato loro come si fa la pizza, dando alle cuoche la possibilità di preparare un delizioso pranzetto per placare la fame. Alla fine della giornata i

ragazzi riuscirono a guadagnare il primo ingrediente per la pozione. Mercoledì durante la mis-sione per trovare il secon-

do elemento i ragazzi si im-battono in un piccolo

draghetto il quale è il custode di ciò che

stavano cercando. Anche Mushu lancia delle sfide ai ragazzi le qua-li richiedevano oltre che una gran-de forza fisica anche una grande forza d’animo. Superato anche queste prove i ragazzi ricevono in dono il fuoco. Il giovedì è una giornata davvero dura per i ragazzi, devono riuscire a meritare l’aria. Ma chi è il custo-de di questo elemento? Pegaso! Il quale grazie alle attività ha fatto loro capire il significato di avere fi-ducia in se stessi e l’importanza di aprirsi e avere fiducia negli altri. Dopo aver superato anche queste difficoltà i nostri amici sono pron-ti per custodire a loro volta un po’ d’aria; anche il terzo ingrediente è stato trovato. Il venerdì è stata la tanto attesa giornata dei giochi sull’acqua in-trodotta dal simpatico pupazzo di neve Olaf. A fine settimana ormai il gruppo era formato e perché non dedicare una giornata al valo-re dell’amicizia? Così Olaf tra schizzi, scivolate e gavettoni ha trasmesso ai ragaz-zi la bellezza dello stare insieme. Ma prima di iniziare le attività

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c’è un’altra sorpresa in serbo per i ragazzi: i pompieri! I quali dopo aver spiegato le principali funzio-ni del camion e come comportarsi in caso di pericolo, hanno “ston-fato” tutti con gli idranti e hanno dato il via ai giochi. Siamo arrivati così a domenica. È il momento di sconfi ggere il cattivo! Tornati nel laboratorio i Minions e i ragazzi hanno messo assieme tutti gli ele-menti e hanno preparato la pozio-

Da lunedì 14 a domenica 20 luglio abbiamo avuto l’occasione di inaugurare l’estate dei campi scuola di Azione Cattolica nella rinnovata Casa Alpina di Cimolais. Abbiamo accompagnato in quest’avventura trentacinque ragazzi dalla prima alla terza superiore delle parrocchie di Cordenons, Corva, Maniago, Portogruaro-Concordia e Summaga.Ogni giornata è stata scandita da diversi tempi ordinari: mangiare, giocare, dormire, e la preghiera guidata dal nostro Assistente don Enrico Facca.Ogni giorno abbiamo proposto ai ragazzi un tempo diverso. Il campo è iniziato rompendo una sveglia. In questo modo abbiamo potuto simbolicamente fermare il tempo per poter vivere al meglio ogni momento della settimana.In questo modo abbiamo incominciato il “tempo per ingranare” nel quale i ragazzi hanno rifl ettuto sulla loro quotidianità, sulle loro relazioni, sul tempo dedicato a se stessi, agli altri e a Dio.Abbiamo avuto poi il “tempo per ricordare chi siamo”

Tratto da «Il Popolo» del 27 luglio 2014

Presenti una quarantina di ragazzi da più parrocchieIl primo campo scuola inaugura la casa Alpina di cimolais

ne. Con un tranello sono riusciti a farla bere al terribile El Macho. Il mondo ora è salvo!! Ma qualcosa di strano accade... il cattivo dei cattivi sta piangendo! Tra un sin-ghiozzo e l’altro spiega ai nostri eroi che l’unico motivo per cui voleva distruggere il mondo era perché nessuno gli voleva bene; i Minions così per far sentire la loro vicinanza lo abbracciano così for-te quasi da soffocarlo e in questo

super abbraccio si uniscono an-che i nostri piccoli amici. Tra una abbraccio e l’altro, una spinta, un sorriso la settimana si conclude con un «grestiamo amici?»Un enorme grazie va a tutti i ra-gazzi e bambini che hanno parte-cipato a questa settimana, a tutti gli animatori, alle mamme che ci hanno supportato ma il grazie più grande va ai tre capi che hanno co-ordinato tutta la settimana.

ricordando tutto ciò che ci ha portato ad essere quelli che siamo. Il “tempo per attendere” ci ha ricordato che la fretta è nemica dell’uomo; per coltivare buone relazioni e raggiungere i propri obiettivi è necessaria pazienza e perseveranza. In questa settimana abbiamo anche scoperto come i tempi di Dio non sempre corrispondano a quelli dell’uomo, ma ciò che riconosciamo è la sua continua presenza alla quale possiamo sempre aggrapparci. Abbiamo poi dedicato un tempo a scoprire e mettere in luce i nostri desideri.Infi ne siamo arrivati al tempo più importante: “mettere in moto la speranza”. La speranza è motore essenziale per chi vuole vivere una vita piena senza dimenticare i propri desideri, senza lasciarsi infl uenzare da un conformismo dilagante.

Equipe campo giovanissimi

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La ricerca della felicitàIl nostro cammino verso il campo scuola è inizia-to molto presto, fin da gennaio abbiamo iniziato a parlare con i nostri ragazzi. Convinci loro, convinci i genitori, spedisci le iscrizioni, raccogli le quote, si sentiva nell’aria profumo di campo scuola. Tutto è diventato reale con la presentazione cam-pi a maggio, quando abbiamo conosciuto le altre parrocchie che avrebbero vissuto con noi questa avventura: Barco-Pravisdomini, Annone Veneto, Fossalta di Portogruaro e Prata assieme alla figura importante di don Luca.Sono così iniziate le riunioni per programmarlo, dopo le prime difficoltà per scegliere l’idea di fon-do e l’ambientazione, un’equipe sempre più unita ha lavorato intensamente per preparare al meglio questa avventura. Il tempo è volato e in un attimo la partenza per il campo era alle porte, controlla le ultime cose, prepara i materiali e via, Forgaria ci aspettava.Lunedì 21 luglio arrivati a destinazione i nostri ra-gazzi hanno conosciuto finalmente i loro compagni di avventura, dopo un primo momento di imbaraz-zo hanno subito iniziato a conoscersi e a fare ami-cizia tra loro, essere di cinque parrocchie differenti non era poi così un peso.Dopo un iniziale giro di nomi e qualche bans, i ra-gazzi hanno intrapreso un secondo viaggio, più lungo di quello che li ha portati fino a Forgaria.

Durante la settimana i ragazzi avrebbero infatti cercato di aiutare uno scienziato un po’ pazzo a cercare di scoprire la ricetta della felicità, per fare questo ogni giorno avrebbero visitato un continen-te e un Paese diverso per recuperare gli ingredien-ti e scoprire dei valori importanti per loro e per la loro missione. Prima tappa del viaggio, l’Asia e il lontano Giap-pone dove i ragazzi hanno imparato a conoscersi e l’importanza delle regole. Martedì è stata la volta dell’Oceania e dell’Australia che ha permesso ai ra-gazzi di imparare il rispetto verso gli altri, necessa-rio per convivere pacificamente, come in Australia dove convivono diverse popolazioni.Giunti a metà settimana ecco la giornata più impe-gnativa, il mercoledì era il giorno della camminata. Il nostro viaggio faceva tappa tra le montagne del Messico, in America del Nord e i ragazzi hanno ca-pito cos’è l’impegno e quanto importante sia.La settimana passava veloce, e il gruppo era sem-pre più unito. Ragazzi, don Luca e noi educatori eravamo ormai sempre più legati e ogni occasione si rivelava buona per scherzare e cantare assieme, accompagnati dai numerosi chitarristi presenti al campo.Il viaggio continuava, dopo l’America del Nord era il turno dell’America del Sud, in Brasile dove i ra-gazzi aiutando una signora brasiliana e la sua fami-glia hanno capito cosa significa essere responsabili verso la famiglia, gli amici, l’ambiente, gli impegni e i meno fortunati.Penultima tappa del viaggio l’Africa e il Sudafrica il venerdì, quando i ragazzi, con l’aiuto di noi edu-catori, hanno realizzato l’importanza del perdono e si sono preparati alle confessioni, svoltesi nel po-meriggio.

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La solidarietà è contagiosa

Anche quest’anno le donne del mercatino hanno lavorato molto. Pensando a tutti: per i più pic-coli preparando bavaglini, scarpette, copertine e molto altro; per i grandi bellissimi grembiuli, to-vaglie e tanti altri accessori per rendere le nostre case colorate ed accoglienti.Il ritrovo era, come sempre, una volta alla setti-mana a casa Savà. Nella stanza si sentiva il tic-chettio della macchina che cuciva spedita e il ru-more delle forbici che in mani esperte tagliavano stoffe, a volte anche con qualche “spetteguless” ma senza perdere il filo e il segno. Quando poi la gola cominciava a seccarsi ecco che con un dolcetto e una tazza di tè caldo si era pronte a ripartire.La stanza della pesca di beneficienza piano pia-no si riempie, il lavoro paziente ed instancabile delle donne nel preparare i sacchetti di carta e nel confezionare i pacchi-regalo anche quest’anno ha dato i suoi buoni frutti. Con voce invitante si esclamava: «Solo 1 euro, ogni sacchetto un pre-mio!». La gente che passava nelle vicinanze si fer-mava e acquistava, cogliendo anche l’occasione di scambiare delle amichevoli parole. Molto bello era vedere la meraviglia e la sorpresa nel volto dei bambini ai quali era stata riservata una cura ed un’attenzione speciale nel preparare i regali. Molta gente uscendo ci ringraziava. Ora siamo noi a ringraziare di cuore tutti coloro che hanno contribuito a realizzare il nostro obiettivo.Il ricavato del mercatino e pesca di beneficien-za anche quest’anno è stato devoluto a famiglie della nostra parrocchia che sono in difficoltà e a varie associazioni del nostro territorio che ope-rano nel volontariato in diversi ambiti.Ci ritroveremo il prossimo anno con entusiasmo!

Il gruppo donne mercatino

Il sabato, ormai alla fine della settimana, il viaggio è terminato in Europa, con l’arrivo dello scienzia-to pazzo che ha chiesto ai ragazzi la ricetta della felicità. Ognuno di loro ha provato a mischiare in diversi modi i vari ingredienti raccolti durante la settimana, ma nessuna funzionava. «Proviamo a unire le forze» disse allora qualcuno, e così, met-tendosi tutti assieme, ragazzi ed educatori siamo riusciti a ricreare la ricetta della felicità e scoprire il messaggio che noi educatori volevamo far arrivare ai ragazzi, l’importanza dello stare assieme e dello stare bene con se stessi, gli altri e Dio, che ci segue sempre da vicino. Arrivati al momento dei saluti alla conclusione del campo, vedendo tutti i ragazzi piangere salutandosi con la promessa di rivedersi e continuare le amicizie nate nella settimana, forse noi educatori possiamo dire che il messaggio del campo è arrivato a tutti! In conclusione un grazie a chi ha reso possibile questo campo rendendolo spe-ciale, in particolar modo ai nostri ragazzi di Sum-maga: Elena, Giorgia, Camilla, Francesca, Anna, Matteo, Marco e Sara.

Alessia e Elena

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Un albero che cade fa più rumore rispetto ad una foresta che cresce. Obiettivamente è vero: in Sicilia, come del resto anche nel resto dell’Italia, gli alberi che cadono iniziano ad essere molti. Da quel-le parti, fenomeni come il “piz-zo”, che in pratica sarebbe pura estorsione, legati moltissimo alla mafia, insieme a problemi di po-vertà (anche tra le famiglie italia-ne) e di accoglienza di migranti provenienti principalmente dal Sud del mondo sono all’ordine del giorno. Però mi piace pensa-re (e dopo averla vissuta quella terra lo posso dire con certezza e speranza) che ci sia anche una foresta che cresce, fatta di giova-ni impegnati nel sociale, in mez-zo a migranti e disabili, di una Caritas, quella di Agrigento, im-pegnata su vari fronti, di molte case-famiglia che accolgono pro-fughi, senzatetto e malati.

Molti, però, la vogliono cemen-tificare, questa foresta. E il modo migliore per farlo è coprire questi segni di speranza, di una Chiesa giovane e attenta al dialogo e alla collaborazione col mondo con-temporaneo, con una colata di cattive notizie imbastite ad arte dai mezzi di comunicazione di massa. Allora la Sicilia diventa terra di omicidi, prostituzione ai limiti del disumano, droga… e lo dico con certezza: questa non è la vera Sicilia. Il primo giorno di servizio nella terra “dei vespri e degli aranci”, come la definiscono i Modena City Ramblers in una delle loro canzoni che sanno di denuncia, ho incontrato «Addio Pizzo», un’associazione nata clandesti-namente da un gruppo di ragaz-zi palermitani, che di notte face-vano volantinaggio e andavano in giro appiccicando adesivi. In parte questi ragazzi stanno ri-uscendo a sensibilizzare la loro difficile realtà, in cui ogni com-merciante deve regolarmente fare i conti con mafiosi che chie-dono il “pizzo”, e se per caso gli passa per la testa di denunciare la cosa alle forze dell’ordine di-venta automaticamente “amico degli sbirri”, un’accusa terribil-mente infamante per la mentalità comune. Sempre a Palermo c’è un missio-nario, Biagio Conte, che in tre co-munità accoglie 1500 persone, tra donne e uomini. Fratello Biagio è un uomo pittoresco, per così dire, che tra stile francescano e scioperi della fame, lotta conti-nuamente contro un sistema che effettivamente lo aiuta poco, a

Servizio ad Agrigento

giudicare dalle strutture e dalle modalità in cui le persone vengo-no accolte. Agrigento è stata la mia casa, ed in particolare ho vissuto con al-tri sette ragazzi nella fondazione «Mondoaltro», braccio operativo della Caritas agrigentina. Ab-biamo animato i ragazzi disabi-li, che altrimenti non avrebbero altre occasioni di aggregazione e vita comunitaria, insieme ad altri giovani del posto impegna-ti in questo bellissimo servizio. Ma soprattutto abbiamo portato il nostro aiuto in una mensa per tutti coloro che non hanno un piatto caldo, senza nessuna di-scriminazione: chi arriva mangia, e non si discute. In fondo, seguire Gesù non significa solo passare le giornate su un inginocchiatoio… tante volte, e ce lo insegna pro-prio Lui, il vero “tabernacolo” verso cui dobbiamo chinarci è proprio il povero. Ed allora di-venta più chiaro quello che Gesù stesso propone ai cristiani come stile, nel venticinquesimo capito-lo del Vangelo di Matteo: vestire i nudi, visitare i carcerati, dare da bere a chi ha sete…Capita anche che arrivino tre pat-tuglie e un’ambulanza per una rissa, o che venga disprezzato il cibo, o addirittura di essere insul-tati perché se ne dà troppo poco. Tutto questo mi ha fatto pensare a quanto era banale il mio modo di vedere le cose, per cui a un po-

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vero si deve semplicemente dare da mangiare, vestire e un letto per essere a posto con la coscien-za. Non avevo capito assoluta-mente nulla. La gente ha bisogno di essere ascoltata, bianchi, neri o gialli che siano, perché dietro alle storie che mi hanno raccontato c’era una vita di guerre, perdita di lavoro, famiglie distrutte, dro-ghe e aborti… e poi c’ero io, che da queste persone mi sono senti-to evangelizzato come forse mai era capitato prima. A Catania abbiamo incontrato Riccardo Rossi, che si occupa di un giornale, «La Gioia» (che si tro-va anche online), in cui non tro-vano posto soldi e sangue, bensì solamente buone notizie. Perché, come ho scritto all’inizio, la Sici-lia è un posto dove una grande foresta, albero dopo albero, sta crescendo… e tante persone come Riccardo si oppongono ogni gior-no alla sua cementificazione. Infine, a Canicattì, dove la den-sità di mafiosi è impressionante, ho sentito parlare di un uomo straordinario, che come Falcone e Borsellino è stato assassinato in modo assurdo dalla mafia: il giu-dice Livatino, per cui è in corso la causa di beatificazione. La mia esperienza in Sicilia non si può sintetizzare in poche righe, ma quello che è certo è che ora, quando sento parlare di reato di immigrazione clandestina, centri in cui i migranti vengono iden-tificati e espulsi e cose disumane del genere, io non ragiono più sui massimi sistemi. Penso invece a Musa, a Malik, e a quelle ragaz-ze che sarebbero state vittime di gente che abusava di loro, dei loro corpi e, peggio ancora, delle loro anime. Prego Dio perché non ci sia più tra noi tutti quella cattive-

ria menefreghista di chi pensa di star bene nella sua famigliola, con soldi in tasca, letti e piatti caldi, e non guarda più in là delle sue mura, a gente che anche qui da noi avrebbe bisogno di ascolto e amore. Perché è vero quello che ci dicevano a casa, in Sicilia: si fini-sce per strada a causa di mancan-za d’affetto, non per mancanza di soldi. E quella che noi cristia-ni spesso viviamo come carità, in realtà si dovrebbe semplicemente chiamare giustizia.Grazie a chi mi ha permesso di

vivere questa esperienza: ai miei compagni del Triveneto, al semi-nario di Pordenone, alla Caritas diocesana di Concordia-Porde-none e a quella di Agrigento, che ci ha accolti come solo i siciliani sanno fare, e a tutti quelli che leg-gendo questo articolo volgeran-no anche solo un attimo il pensie-ro a chi arriva in Italia pieno di speranze e sogni. E, soprattutto, grazie a quel Dio che irriga le fo-reste che crescono.

Alberto Della Bianca

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La nonna Luciana con la mascotte Ines al Campeggio.

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È ripreso, dopo un anno di pausa, il campo estivo per i chierichetti. Tutto sotto l’auspicio della solida-rietà, condivisione, amicizia, serenità e… TANTA PAZIENZA!!! Lasciamo a loro, i protagonisti asso-luti di una settimana indimenticabile per tutti noi, il piacere di raccontarla.

Alleluia! È arrivato lunedì 30 giugno, si parte per Tramonti di Sotto.Si va in campeggio, pronti per trascorrere una settima-na di vacanze in montagna con i miei amici chierichetti Daniele ed Edoardo lontano da casa. Eccoci arrivati alla casa canonica; la mia camera è una bomba. Prima di dormire scherzavamo e ridevamo a crepapelle da farsi venire il mal di pancia. C’era chi russava, i letti cigolavano, gli animatori erano sempre pronti a fare scherzi, e stando insieme ci eravamo dati dei sopran-nomi divertenti. Ci addormentavamo molto tardi e il risveglio era duro ma una tazza di latte caldo con pane e nutella ci dava la carica necessaria per incominciare la giornata. Non c’era tempo per rilassarsi: giochi, escursioni e partite di calcio, ping-pong, calcetto e schiaccia sette e non mancavano neanche i lavoret-ti con ago e filo guidati dalla stilista Gabriella. Ho passato bellissimi giorni alla cascata e al torrente.

Marco Venier

Nel nome della continuità tra presente e futuro

Al fiume.

Verso la fattoria. Le tre grazie…chierichette.

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Alla latteria.

Le simpatiche cuoche Monia e Stefania

Mascotte Ines e mamma Francesca

GrazieGrazie agli animatori (Elia Buoso, Giacomo Venier, Filippo Villotta, Matteo Demo, Marco Siena e Sa-muele Segatto) ci siamo potuti divertire facendo bellissimi giochi (anche a squadre) e anche nei tor-renti della zona. Siamo passati sotto una cascata, cosa che ci ha fatto rabbrividire perché l’acqua era molto fredda.

Fattoria didatticaDurante una passeggiata siamo capitati davanti a una fattoria didattica e in un recinto all’esterno c’era un asino. Giacomo così approfittò per farsi un selfie (autoscatto) con esso dando sfogo alla sua dote di fotografo.

ScherziGli animatori, oltre a farci divertire al mattino, ci fa-cevano impazzire alla sera!!! Durante la notte i no-stri cari animatori si divertivano a farci tantissimi scherzi come la ghirlanda di scarpe (tutte le scarpe annodate tra loro e appese al muro) e il dentifricio sul viso! Meritano vendetta!

RingraziamentiVogliamo ringraziare la nostra carissima Luciana e tutte coloro che hanno dato una mano a farci vive-re questa meravigliosa esperienza piena di diver-timento (e di buona cucina!!). Ringraziamo il don per essere stato presente in tutta questa splendi-da vacanza e per aver reso ancora più divertenti i giochi serali. Ringraziamo gli animatori per averci rallegrato le giornate e averci fatto divertire. Fac-ciamo i complimenti alle cuoche che sono riuscite a saziarci ogni giorno preparando ogni ben di dio. Grazie a tutti per aver reso una semplice settimana in montagna, una vera e propria vacanza coi fiocchi (e con qualche notte in bianco). E non per ultimo, ma per primo, ringraziamo Gesù, il nostro maestro e accompagnatore di vita, avendo scelto di seguirlo come ministranti.

Edoardo, Daniele e Celeste

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Cari Summaghesi,

Il due giugno, giornata nel ricordo di mons. Lui-gi Padovese nel quarto anniversario del martirio, ha trovato spazio la prima edizione di «Summaga Photography Awards» concorso fo-tografico con tema Natura e volti del Francescanesimo al quale ha fatto seguito una splendida proiezione delle opere all’interno del nostro bellissimo gioiello abbaziale.Dopo la conclusione dei lavori, mi sento in dovere di portare a conoscenza della nostra comunità, che si è arrivati a tale risultarono con la conclusione di un laboratorio di fotografia, svoltosi presso le sale parrocchiali, al quale hanno partecipato giovani Summaghesi e non solo; è a loro che va un ringra-ziamento, ricordando che la cosa più difficile in fo-tografia è rimanere semplici. Rimanere semplici vuol dire non attaccarsi a nul-la… e come fece San Francesco, scegliendo la po-vertà! Cercando lo scopo per il quale siamo in cammino e riconoscere in tutte le creature nostro fratello e nostra sorella.È mio forte desiderio con queste poche parole espri-mere a voi ragazzi il più sentito ringraziamento per tutto il lavoro che avete svolto in questi incontri.Il vostro contributo è stato prezioso e indispensa-bile per il raggiungimento dei traguardi che erano nei programmi e dove vi è stato impegno e concre-tezza. Voglio confermare che per me l’esperienza è stata bella sia professionalmente ed anche dal punto di vista umano. Voglio pensare che le foto fatte sono parole e pensieri non dette, i nostri pensieri pren-dono forma e diventano prima emozioni, poi foto-grafie, e poi parole.Tante parole non sempre rendono interessanti i discorsi... a volte una sola parola o foto-grafia rac-chiude un profondo significato!Solo esplorando e approfondendo ciò che ci circon-da si scopre la bellezza.Ricordando che è questa un’occasione di crescita umana e culturale e i giovani si confermano anco-ra una volta un’importante risorsa per tutti noi e che l’esito positivo della manifestazione prova che questi ragazzi hanno dimostrato un vivo interesse

Summaga Photography Awardse curiosità per la fotografia, che si sono prodigati con partecipazione ed impegno, a loro va l’augurio più sincero per un futuro ricco di soddisfazioni e di importanti traguardi per una crescita uma-na e cristiana sempre più stimolante sulla linea dei va-lori evangelici che davvero contano e danno senso alla vita.Grazie di cuore per il tempo che ci avete dedicato!

Paolo Barbuio, fotografocoordinatore del concorso fotografico

Claudia Drigo«L’infanzia non va dalla nascita a una certa età, quell’età in cui il bambino è cresciuto e mette da parte le cose infantili. L’infanzia è il regno in cui nessuno muore». (Edna St. Vincent Millay).

Eleonora MarzinottoI destini dell’uomo sono come fiumi, alcuni scor-rono veloci, senza incertezza, lungo facili percorsi, altri passano attraverso mille difficoltà ma arriva-no ugualmente al mare, la meta finale è per tutti la stessa…

Filippo VillottaLa vita: colori e forme, in armonia con il creato.

Nico PiasentinVita: ogni germoglio ha diritto di esistere.

Francesca ArgentonLa bellezza della natura. «La vita è un fiume che scorre, non si ferma mai, va sempre avanti».

Nicola PaludettoFiume: lo scorrere lento dell’acqua porta con sé la bellezza antica.

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Eleonora MarzinottoClaudia Drigo

Nico PiasentinFilippo Villotta

Nicola PaludettoFrancesca Argenton

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Mons. Luigi Padovesediscepolo di San Francesco

Il 2 giugno 2014 ci siamo nuova-mente ritrovati, nella nostra Ab-bazia, per ricordare mons. Luigi Padovese a quattro anni dal suo martirio, avvenuto il 3 giugno 2010. Quest’anno lo abbiamo vo-luto ricordare come discepolo di san Francesco.Per intrattenerci su tale impor-tante tema è stato invitato padre Licinio,cappuccino del vicino santuario «Madonna di Fatima» nel nostro capoluogo ed abbiamo avuto il piacere di ospitare anche il fratello di Luigi, Sandro Padovese, con la moglie Liliana. Anche negli anni passati erano stato invitati, ma non avevano mai potuto presen-ziare per la coincidenza di simili momenti commemorativi organiz-zati soprattutto a Roma e a Milano. La serata è stata inoltre allietata dal Coro Ermens che ci ha fatti entrare nella giusto clima proponendoci due canti francescani: La preghie-ra di San Damiano e Il Cantico delle creature ed ha chiuso la serata con L’Inno al Giubileo. Anche l’amico Roberto Alessandrini non ha fatto mancare la sua bella poesia dedica-ta alla figura di mons. Luigi.Il momento di ricordo è stato in-tegrato dalla proiezione di lavori fotografici preparati, dopo un cor-so di alcuni mesi, dai nostri giova-ni di Summaga, proprio sul tema Natura e volti del francescanesimo. L’abbinamento dei due eventi, che prevedeva anche la premiazione dei giovani e valenti autori, è stata cercata e voluta per coinvolgere anche i nostri ragazzi in questo

ricorrente appuntamento per la nostra comunità. Il corso è stato diretto volontariamente dal no-stro concittadino Paolo Barbuio. I risultati sono lodevoli. Di que-sta iniziativa vi parliamo anche a parte in un apposito articolo.Non ci è mancata poi, nemmeno quest’anno, l’attesa ed apprezza-ta conclusione del nostro vescovo emerito, mons. Ovidio Poletto, amico di Luigi.Cosa vuol dire essere discepoli di Francesco, e cosa ha voluto dire questo, in particolare per mons. Luigi? Sulle risposte a queste due domande possiamo dire si sia ar-ticolata l’intera serata.Padre Licinio, parlando storica-mente di Francesco, ha delineato le fasi salienti della “conversio-ne” del Santo di Assisi e della sua missione sviluppatasi nell’ambito della Chiesa e in ubbidienza ad Essa. Con particolare riferimen-to all’ordine dei Frati Minori, ha poi messo in evidenza le carat-teristiche principali del France-scanesimo, ricordando che sono soprattutto la povertà, l’umiltà, l’ubbidienza e la castità; tutte in-serite nel contesto di una vita vis-suta con semplicità.Essere discepoli di Francesco significa quindi far entrare la propria esperienza personale in sintonia con quella del santo d’Assisi. Entrare cioè in quella che si può definire “l’anima” del san-to e poi della coscienza di frater-nità universale che ne è derivata. Padre Licinio, con parole chiare, ci ha ricordato che san Francesco era uomo di pace. Incontrando qualcuno per strada, o entrando in una casa, il Poverello amava

pronunciare questo saluto: «Il Si-gnore ti dia pace»: poteva osare dire questa frase perché France-sco si sentiva uomo libero. Ave-va maturato infatti la sapienza di staccare da sé l’orgoglio, l’ambi-zione che, da giovane, lo voleva cavaliere e uomo stimato nelle contrade di Assisi, per divenire umile pellegrino tra le strade del-la terra. Francesco dimostrò che la vera pace esiste solo in una rela-zione piena e totale tra le creature, una pace interiore che, spezzando ogni confine di razza, cultura e nazione, si integri alla pace socia-le e con Dio, nostro creatore.Abbiamo potuto successivamen-te apprezzare il ricordo di Luigi disegnato con commozione dal fratello Sandro Padovese che quest’anno, come già detto, ha potuto essere tra noi. Ci ha rac-contato dell’infanzia di Luigi, della vita in famiglia e della sua vocazione orientata verso il Fran-cescanesimo fino alla sua ordina-zione episcopale e la sua missione in Turchia. Una descrizione ricca di episodi che tutti ricordavano la grande umanità di Luigi. La com-mossa testimonianza del fratello Sandro, nel percorrere le tappe della vita di mons. Luigi, ci han-no fatto capire il suo legame con Francesco. Lo si può riassumere con queste brevi frasi pronuncia-te, con voce spezzata, da Sandro: «Lui non vedeva che il bello delle persone, si fidava di tutti. Fin da piccolo era amico di tutti… quella era comunque la sua forza». Ri-corda ancora Sandro che, anche quando andava a trovare Luigi in Turchia, rimaneva sempre molto colpito e meravigliato nel vedere

CoME ChICCo dI GrAno

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che quando qualcuno si avvici-nava a Luigi per parlagli, anche se persona di fede diversa, dopo poco regolarmente questa perso-na sorrideva perché sempre gra-tificata dalla semplicità di Luigi e perché messa a suo agio dalle sue parole concilianti e dal suo fare benevolo.Luigi stesso ci conferma tale stile di vita nel suo libro Piccoli dialoghi fra santi di marmo quando, parlan-do di san Francesco, scrive: «Fare invidia con la gioia, sconcertare con la letizia, riscaldare con l’a-more: questa è la strada», disse Francesco d’Assisi. «Soltanto l’incandescenza del nostro entu-siasmo può dare calore a questo mondo […]».Mons. Luigi, come ci ha ricordato, infine, il nostro vescovo emerito, mons. Ovidio Poletto, seppe vive-re fino in fondo la sua vocazione, fino alle conseguenze estreme, fino al suo martirio. La sua testi-monianza sia per noi stimolo per

portare frutto, non un ricordo ste-rile che finisce come un vecchio libro in uno scaffale polveroso. Bello il ricordo che ha di Luigi che, pur nelle difficoltà della sua missione in Turchia, sapeva vive-re appieno le gioie del Vangelo. Particolarmente significativo il momento in cui cita il libro scritto da mons. Luigi Padovese Lo scan-dalo della Croce dove Luigi mette in evidenza nelle sue riflessioni come dalle sofferenze di Cristo sulla Croce potrebbe sorgere la domanda: ma perché il Padre non lo ha liberato? Secondo l’inter-pretazione di mons. Ovidio la ri-sposta che Luigi fornisce è ancora una domanda: ma come può Dio liberare Dio dall’Amore che sta all’origine della Passione? Luigi infatti scrive «La Croce è Amore, Dio non può liberarsi dall’Amore e quindi non ha potuto liberare suo Figlio dalla Croce perché è la Croce la firma di Dio perché cre-diamo all’Amore».

Continua mons. Ovidio: «Ci do-mandiamo allora perché Dio non è intervenuto a salvare mons. Luigi? Ma perché quella morte è una Morte Vincente per Amo-re! E allora lasciamoci arricchire internamente da questo ricordo e da questa ricchezza di testimo-nianza e non vergogniamoci mai della Croce, ma seguiamo Cristo in questa strada che è la strada della grandezza dell’Amore… Ricordando mons. Luigi cerchia-mo di essere capaci di non aver paura, di mostrare come l’Amo-re deve diventare vincente e di portare anche noi la nostra croce, non come un peso sulle spalle, ma come una testimonianza della vita spesa come dono. Perché per amare bisogna pagare un prezzo e chi vuole amare non calcola il prezzo. Noi per questo possia-mo ringraziare ancora una volta mons. Luigi perché ci lascia que-sta lezione stupenda. Il Signore ci aiuti a farne tesoro!».

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LA CONTRADA DELLA CASA ROSSA

Nei primi decenni del secolo scorso, nella picco-la frazione di Summaga, partendo dall’Abbazia e muovendo verso nord, si snodava la Contrada di Via Villa, una delle borgate più vivaci e caratteri-stiche del paese. Al centro della contrada spiccava la casa di Giovanni Milan, dipinta di un bel colore rosso veneziano e arricchita da un cornicione che la distingueva dalle altre case coloniche e per questo diventata nel parlare comune punto di riferimento della contrada.Nella via dimoravano diverse famiglie, spesso as-sai numerose, di queste rimangono testimonianze

ancora vive. Bello è sentire i racconti, anche se per-vasi della povertà di quei tempi, di chi ha abitato questa borgata, i ricordi di momenti della loro vita che a volte assumono un tono poetico, gli intrecci delle parentele, i nomi delle famiglie, delle pro-prietà di quei luoghi che sono profondamente mu-tati nel trascorrere degli anni. Dai «mi me ricuardi» rivive, anche se solo per un momento, lo spirito del tempo.

Luigi Fagotto, per primo, ricorda dove abitava suo nonno Luigi Brunzin, una baracca di legno piantata sulla bassura al termine della strada di campagna, ora Via Risere. Ci parla poi della sua famiglia e del-la casa dove è nato, dei vicinanti e dei dirimpettai, offrendoci uno “spaccato”, condiviso anche da al-tri, del tratto più popolato della borgata.«Abitavo con me papà Giovani e la mama Brunzin San-tina, me soree, la Elsa e ’a Pina, là dee case che adesso le ’se dei Buoso, quei dea vetreria. Asieme a noialtri sta-va anche Ernesto e ’a Letissia Casteet (Castelletto) coi fioi Pino, Elena e ’a Maria, la Gelinda e Giovani Sclip e Antonio Nosea (Nosella), Barba Toni Nosea, come se ’o ciamava, che el vea una casa granda e bastansa tera. El veva sposà la Madaena Lisandro. Lì l’è nati i fioi: Letis-sia, Amabile, Pasquale, Antonio, deto biso, Maria Tere-sa, Marceo e la Gelinda. Pasquale el sposa ’a Filomena Vignando, el va a viver a Porto e diventa asistente ai lavori dei Consorsi de Bonifica; Antonio, deto biso, che sposa ’a maestra Teresa Pigat, corassier del Re Vitorio Emanuele III el tornerà a Summaga con la fameia, nea casa paterna, diversi ani dopo. Marceo invesse, diventa carabinier, el sposa Pellegrini Gorissia e morirà in ser-vissio nel 1935; nel ’38 a Gelinda a sposa Giovani Sclip e qualche ano dopo la va a viver a Trieste per seguir so marìo ferovier ch’el jera sta’ trasferìo là. Praticamente sua sinistra stava i Casteet e a destra stava Toni Nosea e così i divideva anche le camere sora, ma i Casteet i veva una camera soa parché su quealtra stea la Gelinda Nosea prima de sposarse con Giovani Sclip. Andà via Casteet, l’è vignuo la fameia de Rugero Mo-reto, deti anche Bicciato dal cognome dea mama che ’a vignia da Belfiore.Sul spiasso davanti ’a casa, ghe jera l’orto e la vigna e de qua una tettoia che se metea soto i cari e ’na tiesa che no se doperava gnanca mai. Per entrar a casa mia giravo

ti racconto...

Luigi Brunzin e Luigia Dazzan (foto Cordiale Marson).

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sua sinistra e sul fianco dea casa jera el sfondro de Ca-steet, dopo del sfondro, jera la casa mia: cusina, camere e scae interne. Sul dadrio jera ’n’altra vigna grandissi-ma. Di fronte a noialtri ghe jera la concimaia e più sua destra tuti i stavui che se tignìa tuti i porsei. Senpre sul dadrio, daa parte de Nosea, jera ’a staa con tute ’e bestie. Una rete segnava el confine e un portel el comunicava co ’a casa de Pasquale Lisandro (nipote di Maddalena e Antonio). Quindi de fianco a destra jera la casa de Pasquale Lisan-dro e dea Rina, de Nuto e ’a Nina Buoso, genitori dea Cesarina, me santui. In parte dea Cesarina Buoso, sul toc de casa subito dopo, stea Angeo e ’a Maria Buoso, ’l papà e a mama de Lino e ’a Vilma e a l’inissio dea stradea, jera ’a casa lunga dei Stefani: sua prima porta stea Arturo Stefani e ’a Dora coe fie, Flora e Mirela. Su l’altra porta stea ’a Erminia, la Gigia che la se ciamava Amalia, ma i la conosea sol come Gigia e la Aurora, e as-sieme Milio, Alfredo, Olindo che l’è morto tanto zovene,

e infine Giovani co ’a so fameia: la moglie Emilia e le fie Clara e Elda. Lori i jera sempre in staa nostra (quella dei Nosella n.d.r.). La Milia la vendea frutta a casa, e alora, a ’na serta ora, ’a mandava le putee o la ’ndava ea a cior bagigi, un poche de stracacanasse, caroboe, e le magnessi in staa. Dopo, co se ga sposà Alfredo, le ’ndà anche la Sabina a star lì e Renato che el ’se nato lì».

Luigi racconta, inoltre, che dall’altro lato della stra-da, oggi casa Alessandrini, abitavano: Maria Fon-tanel, vedova di Sante Sclip, il figlio di lei, Tini, con la moglie Elisabetta Trevisiol e la loro Giuseppina, Toni e Cina Piasentin con i figli Ugo, Ferruccio e Anna; la stalla di questi ultimi confinava con la pro-prietà di Giovanni Milan, dove sorgeva la famosa “casa rossa” nella quale viveva con la moglie Fran-cesca Colavit e i figli Paolo, Luigi, Antonio e Maria (Mariuta Miana). Spesso a Luigi venivano affidate delle mucche da condurre al pascolo nel prato vici-

Matrimonio di Anna Zanet con Giovanni Marson (foto Cordiale Marson). Si riconoscono: Ettore Zanet (il secondo da sinistra) marito di Amalia Zanet e, accanto a Ettore, Luigia (Juta) e Bruna, sorelle di Elio. Dietro a Ettore la sorella Marcella, sposata Fontanel, e Maria Zanon, maritata con Mario Zanet; alla loro sinistra Aldo Zanet. Alla destra dello sposo, Giovanni Marson, c’è Dina, sposata Barbuio. Alla sinistra della sposa, Anna Zanet, c’è Cordiale. Dietro agli sposi Amalia Zanet in Zanet (col fazzoletto nero) con accanto Maria Brunzin in Zanet, Gennarino Zanet, Primo Zanet. In prima fila, sulla destra: Elio accanto al padre Antonio, fratello di Ettore.

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no alla casa di Gaspare Vignando «che el gaveva drio ’a strada e le rive tutti persegheri. Lì a mesogiorno, un bot, ae do che el saveva che noialtri se ’ndava par cercar de portar via i perseghi, lu el gera sempre presente e el te faseva corer ogni volta che se rivava lì. El jera teribie».La sorella di Luigi, Pina, al pascolo portava, invece, le oche e per questa incombenza doveva recarsi fino all’ampia golena del fiume, dopo la casa dei Bortolot-to, perché quei prati, erano “terre comuni”. «Una volta jera miseria e no se sprecava gnente. I consava el radicio coe frisse de porsel ’ndae ranseghe e bisognava stroparse el naso, star fora de casa lì sentai sul marciapìe, stroparse el naso per non sentir l’odor de ransego che le saveva che se no no te ia faseva mia a mandar ’sò el radicio».Quando tornavano a casa, i ragazzi si trovavano per giocare con gli amici:«El ritrovo sul curtivo da noi el ’sera el pi’ bel. Tuti i tosati i jera tuti quanti lì ala sera che i se trovava par cia-colar e schersar, se imparava a fumar, se imparava tute ’e maegrassie: solo tosati. I Piccolo con Vittorino, Severino, Cucchia, Mario e Ice Trevisan, e lì vigniva anca Rico Savatin, Angeo Savatin.Se jera senpre in tanti. Me ricorde ’na sera che se inpa-rava a far la sigareta, Mario Trevisan je ga messo dentro

polvere de sparo sua sigareta: “Dai iea fumemo, ia fume-mo, ia fumemo, fin che l’ultima tirada la me ’se tocada a mi e come la go ciapada in boca: pum! La ’se scopiada e le sparìo ’a sigareta daa boca».Il ricordo più bello di quel tempo però è l’amicizia nata in quegli anni «in quel ghetto lì, col Gion (Gio-vannino Milan), Ciano Nascimben, Sergio Baldo, Fer-ruccio Piasentin, Elio Piccolo, Mario Piccolo; dopo jera tutti i Marsinoti: Toni, Pino, Celie. Dopo dea parte de qua jera Ice Trevisan, Mario Trevisan, Severino Piccolo, Vittorino Piccolo, Gino Zanin, e altri che adesso no me vien su».

Altro numeroso nucleo di famiglie della borgata è quello ricordato da Luigia Zanet. «Son nata sua casa colonica che se trova ancora ogi dopo ’a curva dea strada del Tiepul, alora proprietà Dal Moro. Quea jera la casa natale di Antonio, Etore, Luciano, Oli-vo, ’a Maria e ’a Marcea, tuti mesadri de Giorgio Dal Moro. El nostro paron, Giorgio dal Moro, el veva 65 campi a Summaga più quei dove che abito adesso, quei de Barbuio, Lorenzon, Barbui e Marian.Antonio jera papà mio, de Elio, Primo, Giorgio e ’a Bru-na; Etore e la Malia Zanet jera genitori de Bruno, dea

1938. Matrimonio di Giovanni Sclip e Gelinda Nosella. Si riconoscono da sinistra: Ernesto Sclip (Tini), Mario Bonvicini, Erminia Sclip, Gelinda Nosella, Giovanni Sclip, Elena Nosella, Flora Bonvicini, Giuseppina Sclip, Amelia Elisabetta Trevisiol, Carolina Sclip, Plamira Sclip, Maria Fontanel (mamma degli Sclip).

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Anna che l’à sposà Giovani Marson, nevodo de don Pie-ro Marson, paroco de Sumaga, de Mario che sposa la Maria Zanon mama dea Adele, Guido e ’a Silvana, Ge-narino, Aldo che sposa la Maria Brunsin, Giuseppe che sposa Clelia Fagotto; Luciano Zanet sposa Zanet Clotil-de e dopo l’è ’ndà star a Noiari; Olivo che el se à sposà do volte, la Marcea che sposa Luigi Fontanel e ’a Maria che la ga sposà Toni Brunsin. Toni Brunsin el stava coe soree Santina e Mariuta su ’na baraca costruìa da so papà Luigi lavia del Reghena. La Mariuta la ga sposà Aldo Zanet e ’se la mama dea Paola e Sergio. La ie fea amor a Aldo e alora Aldo el me mandava mi a portarje ’e lettere… ciapeve el stradon che passava drio casa mia e, scavesa campi, riveve fin là: feve ’a pusti-na mi! Quando che l’è sposada, le ’ndà Primo e Bepi col caro e i bo ’sò per la strada de fango dea bonifica (quea di fronte al consorzio agrario) a tirarla fora da là per andar dopo in ciesa a pìe. I do cugini i ’se ’ndai volentieri a tirar fora ’a Maria perché i se à dito: “Co ’ndemo a casa, oggi sì che faremo un bon pranzo!” E invesse Nadain Zanet, quel sensa un bras, el se à mes vissin del cuoco Santin Barbuio e el ie à fat un scherso metendoie sua minestra l’onto del rosto. Altro che bon pranzo!».

Lo zio Luciano, lasciata la casa paterna dopo il ma-trimonio con Clotilde va ad abitare da Nosella, nel-le due stanze attigue a Castelletto (che in seguito saranno occupate dalla famiglia di Giovanni Luigi Fagotto) ed è interessante quello che racconta Bru-no Zanet: «Luciano el se à comprà la bicicletta nova raggranellando i soldi ricavati dalla vendita delle pelli di talpa all’omo dei ossi. Questi passava di casa in casa trainando un carretto agganciato alla bici-cletta gridando: “Strasse, ossi, ferovecio, pel de por-sel...” (il crine del maiale serviva per fare spazzole e pennelli, le pelli delle talpe e dei conigli, erano pagati di più o di meno a seconda dell’integrità del bene».Luigia prosegue nel suo racconto ricordando che dietro alla casa abitavano due famiglie: la più vici-na, quella di Rico e Teresa Piccolo, con i figli Aldo, Mario, Carlo, Elio e Giovanni, emigrato questo poi in Francia, e la seconda, dall’altro lato della stessa casa, la famiglia Brun.A distanziare la casa di Rico e Teresa Piccolo e la sua, dice Luigia, vi era una stradina di campagna

che arrivava fino al fiume laddove c’era la baracca della famiglia Martin, con tanti figli e tanta mise-ria; prestavano qualche modesto lavoro in cambio di un piatto di minestra e contavano sulla genero-sità di chi, in quei poveri tempi, era un po’ meno povero. Il loro ricordo si ferma allorquando la fa-miglia intera si è trasferita a Pradipozzo, mentre una figlia, Luigina, trovava occupazione in qualità di aiutante presso la farmacia S. Antonio del dott. Scarpa a Portogruaro.Anche Rico e Teresa Piccolo vivevano in povertà, e a volte bussavano alla finestra della cucina di casa sua per chiedere qualche cosa per “imbastir” la cena.In Via Villa oltre lo svincolo di Via Tiepolo, sulla destra insistevano altre quattro abitazioni in ade-renza fra loro, dove abitavano le famiglie Baldo, Gianduzzo, gli zii di Luigia i Fontanel, e per ultima la famiglia Baruzzo. «La nona la ne diseva: “Tosatee

Maria Zulian in Zanet.

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ciapè, porteie là a vostra sia, e la ne dava fassi de canoi par brusar, che i veva tanta miseria. Me ‘sia la gera soa, che el ‘sio el jera in guera, e no ’a veva tanto coraio, a voeva che me cugina Dina ’a ’ndesse a dormir là de ea. E me cugina no ’a voeva e ’a se lamentava: “Ma cosa me disea a nona”...».

Dietro questa casa, e che attualmente si trova a ri-dosso dell’autostrada, c’era il fabbricato colonico di proprietà del dott. Gino Dal Moro, dove abitava la famiglia Fagotto, con contratto di mezzadria, com-posta da Secondiano, Sante, Domenico, Ernesto e Antonio.Luigia ricorda anche la famiglia Nosella che abi-tava in via Villa, precedentemente menzionata da Luigi Fagotto, e, in particolare barba Toni, il vec-chio Antonio che in avanzata età superò poi i cen-to anni e non potendo più camminare molto si fece costruire un triciclo con il quale andava anche in

chiesa, lasciando il mezzo incustodito sul sagrato. Non c’è ragazzino di quell’epoca che non avesse approfittato dell’occasione e non fosse salito su quel mezzo, difficile da condurre, con inevitabili rovinose cadute.Pieno di tenerezza è, invece, il racconto di quan-do ancor bambinetta, dimenticando le fatiche delle faccende domestiche, degli interminabili rammen-di e dei campi, Luigia ripensa alla sua mamma in-tenta nell’impastare e cuocere il pane nei dì di festa. Con il sorriso sulle labbra e quasi risentendo nell’a-ria il profumo del pane appena cotto di allora, Lu-igia ricorda come la mamma, dopo aver preparato l’impasto, puliva ben bene il piano del focolare, al-lontanando la cenere, le braci e il fuoco, appoggia-va il bandon, riparo metallico della superficie pulita dal diretto contatto con il fuoco e che poi, una volta riscaldato, irradiava calore, e disponeva i piccoli pani per la cottura, modellando questi a rosetta, belli da vedere oltre che buoni da mangiare.

In quegli anni morivano soprattutto bambini. «Quando che moriva un picinin i vigniva da me mama, che la Maria la veva man de oro i diseva, e a ie faseva tanti fioreti de carta. Li faseva e dopo ghe i dava par sto picinin. La gera bravissima par tuto e dopo el Signor l’à ciolta masa bonora.Credo che la manualità de me mama la abbia anca mi, perché ie feve le savatute a Giorgio che somejava un per de scarpute coi fioruti ricamai desora.La mama mia l’è morta che mi veve quindese ani e do Giorgio. A sera l’è morta me mama e la notte in sogno l’è vignua a dirme che rincure el putel e dopo mi me son solo inpegnada par la fameia. Se jera sinque fradei, miseria, sensa mama e dopo a casa lì in fameia. Il divertimento era il ritrovarsi la sera, soprattutto d’estate, tosate e tosati drio un rival, cantando canzoni popolari o le Ave Maria sul curtivo vardando el cielo. Quea volta le stee, la luna, i coori del cielo i me pareva tanto pi’ bei de adesso!». (Continua…).

Lucia Segato

Secondiano Fagotto con la famiglia: Secondiano Fagotto, la moglie Santa Zucchetto e, da sinistra, i figli Emilio (emigrato in America nel 1930), Teresa e Maria.

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Prima Confessione

Domenica 23 marzo i bambini della terza elementare hanno ricevuto il Sacramento della Prima Confessione. Per Veroni-ca, Luca, Gloria, Mattia, Greta, Alberto, Davide, Mattia, Ales-sia, Simone, Emanuele, Aurora, Nicola, Luca, Van Hai e Sveva è stato un giorno impossibile da dimenticare e una tappa fon-damentale nel loro percorso di cristiani. Erano così emozionati da non riuscire a esprimere la loro fe-licità. Alla fine della cerimonia si sono sentiti veramente toc-cati nel profondo del loro cuo-re e il pensiero è stato, per tutti: «Dopo la Confessione mi sono sentito più libero e leggero, e consapevole di dover maggior-mente rispettare tutti». Un grazie ai genitori, ai nonni, e a tutti coloro che hanno par-tecipato alla cerimonia, che si è

FEStE dI CAtEChESIsvolta in un clima sereno e gio-ioso! La festa è continuata poi in oratorio, dove si è tenuto un momento conviviale.

Monia e Patrizia

Prima Comunione

Dopo un anno di catechesi, du-rante il quale abbiamo spiegato le parti, i segni, le formule della celebrazione della Santa Messa, l’importanza del raccoglimento in preghiera, l’osservanza del digiuno, dei gesti e dell’abbi-gliamento nel rispetto di Gesù, siamo arrivati al grande giorno: la Prima Comunione. In noi, catechiste, c’era un misto di emozione ed agitazione, sen-tendo la responsabilità nei con-fronti di questi bimbi che, con interesse, hanno partecipato al cammino di preparazione verso

l’Eucarestia. Ed eccoli così, l’11 maggio 2014, in fila indiana ed accompagnati dai propri geni-tori, vestiti di bianco e croce al petto (come quella del nostro papa Francesco). I loro occhi esprimevano sentimenti più svariati: gioia, trepidazione, an-sia per il giorno che è arrivato e che tanto hanno aspettato.Questo grande primo incontro con Gesù, ha avuto inizio do-nando il giglio che reggevano in mano e rispondendo «Eccomi!» quando don Giuseppe ha chia-mato ognuno di loro per nome. La liturgia è proseguita con fat-tiva partecipazione dei bambini e dei genitori fino al momento più significativo: ricevere l’O-stia consacrata. Auguriamo a tutti che il grande dono ricevuto con l’Eucarestia rimanga impresso per sempre nei loro cuori.

Michela e Chiara

Prima Confessione

Luca BandiziolMattia de FilippoAlberto DrigoGreta FantinelDavide IbrioliGloria BuosoVeronica BaldoMattia LazzarettoAlessia MilanSimone MioEmanuele MutAurora ScapinNicola SegattoVan Hai SimonattoLuca SimonattoSveva Ruffini

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Prima Comunione

Martina BandiziolSara BoattoAnna CremascoMarco FagottoEdoardo FerraressoIris Malozzi-SantamariaBenedetta MartinMartina MorettinDaniele NadalinAsia NascimbenAlessandra PegoraroIlaria VenierMarco VenierErica ZamberlanBianca Zucchet

foto Paolo Barbuio

Santa Cresima

Il giorno 22 febbraio 2014 è stato, per noi ragazzi di seconda supe-riore, un giorno speciale e impor-tante. Davanti a genitori, familia-ri, amici, padrini, madrine e alla comunità di Summaga, siamo di-ventati cristiani adulti, ricevendo il sacramento della Cresima. L’an-no di preparazione per ricevere questo importante sacramento è stato piacevole, interessante e divertente. Con le catechiste Ni-ves e Carmen ed il parroco don Giuseppe, abbiamo trattato vari argomenti legati al sacramento e approfondito ciò che già conosce-vamo. Uno dei tanti è stato l’acro-nimo “CO.S.A.CE” che significa comunione, servizio, annuncio e celebrazione. Questo ci fa capire che d’ora in poi noi saremo par-te della Chiesa. Durante la pre-parazione, ci siamo recati nella comunità di San Quirino, dove abbiamo pregato e ascoltato la te-

stimonianza di giovani attivi nella vita cristiana. Questa esperienza è stata significativa perché ha rap-presentato il passo decisivo per la Cresima. Quando il giorno della Cresima è finalmente arrivato, eravamo tutti molto emoziona-ti e pronti per ricevere lo Spirito Santo. Durante la cerimonia ab-biamo partecipato alla messa e ognuno svolgeva il proprio com-pito. Dopo aver ricevuto il Sa-cramento, siamo diventati parte della comunità cristiana. D’ora in poi ci impegneremo a partecipa-re vivamente alle attività parroc-chiali. Concludiamo ringraziando le catechiste Nives e Carmen, per la loro disponibilità e i loro inse-gnamenti, don Giuseppe, che ci ha accompagnato durante questo percorso, i genitori, i padrini e le madrine, i quali ci sono stati vicini e ci hanno sostenuto. Infine il no-stro più sentito ringraziamento va al nostro vescovo Giuseppe Pelle-grini, che ci ha onorati della sua

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Santa Cresima

Alessia Diamante Federica Drigo Giorgia Erbetti Fabio Moro Carolina Nascimben Mattia Paolin Giulia Pegoraro Kevin Pravato Riccardo Sera Anna Simonatto Elia Simonatto Carolina Stival Gaia Terrezza Elisabetta Venier Elia Zanconato

foto Paolo Barbuio

presenza e ha reso questo giorno indimenticabile.

Elisabetta, Giulia e Carolina

Santa Cresima per le ragazze e i ragazzi del ’99

La festa comincia alle ore 16.00 di sabato 22 novembre 2014 con l’incontro privato tra il vescovo mons. Giuseppe Pellegrini e il gruppo dei cresimandi.Il vescovo Pellegrini vede attor-no a sé un gruppo di giovani con il volto sorridente, emozionato e trepidante nell’attesa di ricevere il sacramento della Cresima con l’effusione dello Spirito Santo.Tutti intenti a ripassare, ognu-no per il proprio ruolo, ciò che dovranno fare nei vari momenti della Messa, ma nello stesso tem-po anche molto attenti a ciò che il Vescovo diceva loro. La cresima è una tappa o un traguardo?

I ragazzi hanno capito: senza dubbio, una tappa… il cammi-no di fede continua. La cresima non è la festa di addio alla comu-nità; è il giorno della promessa, dell’eccomi. Si è adulti nella fede, certamen-te più responsabili della propria scelta. Sono ormai delle piccole donne e dei piccoli uomini penso con estrema commozione mentre li guardo e li presento al vescovo:Monsignor vescovo,le nostre ragazze e i nostri ragazzi che oggi si presentano davanti a noi, hanno iniziato la loro preparazione frequentando il catechismo fin dalla prima elementare continuando con impegno il loro cammino di prepara-zione alla Cresima.Gli incontri di catechismo erano un momento di crescita per loro ma an-che per me, che vedevo nei loro occhi la bellezza della loro anima, la lumi-nosità e la trasparenza del loro cuore, dietro ad una curiosità verso questa “Fede non tangibile”, che però cresce-

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va a poco a poco dentro di loro.Accanto al loro essere, mi passi il termine “vivaci”, c’era l’intelligenza pulita di chi con una semplice battuta voleva capire cosa significa la parola fede, come mantenere un dialogo con Dio, come essere un bravo cristiano…Le risposte c’erano già attraverso l’e-sempio delle famiglie, rifugio sicuro e dove all’interno si trovava la serenità e l’amore… ma ora con il sacramento della Cresima che li consacra a Dio

rendendoli segni di un “Sacramento d’Amo-re” ci sarà una scelta consapevole di cristiani adulti che è solo l’ini-

zio… e che li porterà verso il progetto

di Dio.

È giunto il momento di presentare con orgoglio i miei ragazzi e le mie ragazze del ’99.Rispondendo «Eccomi» con voce forte e sicura, intendono esprimere il desiderio di seguire Gesù e di vivere nella sua amicizia:filippo villotta, marco sangion, giulia brugnera, matteo demo, ro-berta di pietro, luca falcomer, va-lentina milanese, sebastiano buso-lin, marco siena, larisa suciu, luca gerolin, giorgia miorin, andrea babbo, gloria zamberlan, giacomo venier, filippo samassa.L’augurio per tutti loro è di rimanere saldi nel cammino della fede con la ferma speranza nel Signore.Questo è il segreto per il cammino di tutti noi!

Alla fine della cerimonia viene donata a tutti i cresimandi una poesia di Madre Teresa di Cal-cutta.

Cinzia Drigo

Le Cresime del 22 novembre 2014

Prima fila, da sinistra: Luca GerolinMatteo DemoFilippo SamassaFilippo Villottail vescovo mons. Giuseppe PellegriniLarisa SuciuGiorgia MiorinValentina MilaneseRoberta Di PietroMarco Sangion

Seconda fila, da sinistra:Luca FalcomerGiacomo VenierSebastiano BusolinMarco Sienala catechista Cinziadon Giuseppemons. UmbertoAndrea BabboGloria ZamberlanGiulia Brugnera

foto Paolo Barbuio

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Il giorno più bello? Oggi.L’ostacolo più grande? La paura.La cosa più facile? Sbagliarsi.L’errore più grande? Rinunciare.La radice di tutti i mali? L’egoismo.La distrazione migliore? Il lavoro.La sconfitta peggiore? Lo scoraggiamento.I migliori professionisti? I bambini.Il primo bisogno? Comunicare.La felicità più grande? Essere utili agli altri.Il mistero più grande? La morte.Il difetto peggiore? Il malumore.La persona più pericolosa? Quella che mente.Il sentimento più brutto? Il rancore.Il regalo più bello? Il perdono.Quello indispensabile? La famiglia.La rotta migliore? La via giusta.La sensazione più piacevole? La pace interiore.L’accoglienza migliore? Il sorriso.La miglior medicina? L’ottimismo.La soddisfazione più grande? Il dovere compiuto.La forza più grande? La fede.Le persone più necessarie? I genitori e la comunità cristiana.La cosa più bella del mondo? L’amore.Madre Teresa di Calcutta

Come una piccola matitaSono come una piccola matita nelle Sue mani, nient’altro.È Lui che pensa.È Lui che scrive.La matita non ha nulla a che fare con tutto questo.La matita deve solo poter essere usata.

Madre Teresa di Calcutta

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Il giorno più bello

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Quando don Giuseppe mi ha chiesto di aiutarlo nel cammino delle coppie che si avviano al matrimonio, ho accettato, anche se avevo molti dubbi al riguardo. Alcuni legati al fatto che mia moglie non poteva par-teciparvi per tenere i bimbi, altri legati più al ruolo che avrei avuto in tali incontri…Dieci erano gli incontri nei quali si affrontavano temi per far riflettere le persone sul passo che stava-no per compiere. Alcune coppie erano timide, altre più grintose, ma tutte sono partite con la voglia di mettersi in gioco. Ho colto in molti occhi un vivo de-siderio di aprirsi e confrontarsi. Gli incontri con gli esperti sono quelli che hanno avuto maggior succes-so, soprattutto quello con la psicologa che cercava di dare alle coppie un modello di confronto non basato sulle proprie attese, ma aperto all’altro e alla sbaglia-ta abitudine di voler cambiare le persone.Con il pas-sare delle settimane notavo però, che gli incontri più legati alla parte religiosa non aveva più un effetto accattivante ai loro occhi e la luce di conoscenza che prima brillava lasciava il posto a un tacito ascolto dei contenuti senza più voglia di mettersi in gioco. La routine aveva preso il sopravvento. Ho notato ciò che da anni si richiede, un cambia-mento di forma della “catechesi” se vogliamo essere “nuovi” testimoni. Un tesoro sono stati questi incon-tri perché ho potuto toccare con mano quanta sete

di senso vi sia nelle persone e la ricerca sincera di trovarlo. D’altra parte ho riscontrato quello che già avevo visto nei gruppi giovani, che le parole lascia-no il tempo che trovano, anche se sono giuste e belle. Non c’è sete di parole ma di senso, che oggi è nasco-sto dalle parole stesse, ma si rivela in modo migliore attraverso la testimonianza. Una testimonianza che non ti rilega però a semplice spettatore, ma che ti mette in gioco per trovare la tua strada. Le aperture che papa Francesco sta facendo “devo-no” essere la base di una nuova proposta cristiana, che non può non partire dalle varie forme di cate-chesi degli adulti, base dei nuovi cristiani che ver-ranno. Una catechesi che parta dai bisogni reali delle persone e dalle loro storie, non da dogmi o dottrine che seppur basilari vengono dopo, non come impor-tanza ma come contenuti da esporre. È l’incontro con Gesù Cristo e la sua parola di salvezza che devo-no precedere ogni altro annuncio o testimonianza. Non possiamo richiedere alle persone che una volta fatto l’annuncio lo facciano subito proprio. C’è una strada da percorrere che non è prefissata a priori per ciascuno di noi, poiché siamo tutti diversi e abbiamo desideri, bisogni, modi di pensare diversi che ci con-durranno in luoghi differenti.Come nella didattica richiesta oggi nelle scuole, l’a-pertura alla relazione e al confronto sono il punto di

partenza per la costru-zione di comunità che possa costituire il perno del nostro domani. Non lasciamoci sfuggire la possibilità di costruire qualcosa di nuovo fin-ché abbiamo una tradi-zione che ci supporta, perché lasciata passare questa generazione, la prossima avrà ben pochi punti di contatto con il nostro mondo simbolico e di fede.

P.R.

In cammino verso il matrimonio

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1 22 settembre 2013 - Donald Moimas e Sara Miglioranza - S. Mar-tino del Carso, Sagrado (Go)

2 29 giugno 2014 - Gianluca Porcu, Appuntato scelto dei Carabi-nieri, e Paola Cannata si sono uniti in matrimonio nella nostra splendida Abbazia. La cerimonia è stata caratterizzata dal pas-saggio sotto le sciabole di un picchetto di Carabinieri in Grande Uniforme. (Fotoreporter, Vinicio Scortegagna).

3 Massimiliano Salmaso e Nicoletta Battaglini

4 7 Settembre 2014 - Milena Mascarin e Andrea Bertacche.

5 Luca Mazzon e Samantha Zanet

Il GIorno PIù BEllo

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25º, 40º, 50º e 60º di matrimonio. 24 coppie di sposi hanno festeggiato, contenti di ritrovarsi, alcuni dopo tanti anni, ognuno con i propri ricordi e speranze. Sempre splendida la commissione famiglia per il rinfresco e l’addobbo in chiesa.

7 dICEMBrE: “FEStA dEllA FAMIGlIA”

40°

25°

50°

60°

Nozze d’oro per Giovanna Zanin e Narciso Martin (20 giugno 2014)

Il 25 maggio Attilio Bellamio e Adelina Ceolin hanno celebrato il loro 40º di matrimonio con figli, nipoti e amici.

AnnIvErSArI

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Nozze d’argento per Paolo Simonatto e Monia Zoppelletto.

La classe 1969

Il 2 dicembre la classe 1944 festeggia i settant’anni.

Claudio Gerolin e Graziana Barbon festeggiano le nozze di smeraldo.

Il 5 ottobre la classe 1954 festeggia i sessant’anni.

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Prove di cantoMetto il naso fuori della porta... brrrr, che freddo… Come si sta bene al calduccio della mia casetta a sentir lo scoppiettio del pezzo di legna che arde nella cucina economica. Sono titubante se andare o no alle prove di canto… m’imbottisco bene e… via.L’ambiente delle prove è freschetto, sembra di essere in pescheria. Si incomincia: vocalizzi… mai fatti… pazienza, avanti con il canto. «Nella culla…», «Alt! Ma quante volte ho detto… “nella” con due elle!». Si ricomin-cia. La direttrice: «Ma lei là dietro… canti o dormi?» mangio castagne!! «Se andiamo avanti così per Na-tale non saremo pronti, dai fate i bravi…». San Gino e Santa Maria la Longa ci hanno salvato.Ma quanto volume hanno perso i nostri polmoni? La professoressa: «Fate i bravi, quest’estate con venti giorni di alta montagna, avremo modo di ritemprar-

ci, allora i polmoni, con tre settimane di svago, cam-minate, salite, discese, pianure, aria fresca, saranno così ben rinforzati, pronti a riprendere il canto».

Cari ricordi…È doveroso esprimere il grazie più sentito ai tantis-simi nostri predecessori che nel tempo si sono alter-nati nella cantoria, lasciando la terra per unirsi alle corali celesti a cantare la Gloria del Signore.Purtroppo anche ai nostri tempi non lontani, siamo rimasti orfani di alcuni coristi. Sentiamo il dovere di citarne la perdita e che ora sono tra i più nell’e-terna gloria:Ermens Baruzzo, organista, Giuseppe Milan, Lino Segatto (Nini), Andrea Nosella, Giuseppe Giorda-no, Lucia Pauletto in Grigoletto, Giuseppe Pierasco.A tutti questi cari amici, che ci hanno allietato col loro insostituibile canto, vada la più sentita gratitu-dine, certi che da lassù continuano con noi a lodare il Padre.

Il Coro Ermens

Coro Ermens

Tramonti di Sotto: un momento di svago tra le nostre impareggiabili belle montagne.

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Mauricio dal Brasile…

Qualche mese fa abbiamo ricevu-to da Limeira (Brasile) la richiesta del certificato di nascita di Paolo Scantimburgo, un nostro compa-esano nato nel 1850, trisnonno di Mauricio Baio (il richiedente). Ci siamo attivati immediatamen-te nelle ricerche e nell’archivio parrocchiale abbiamo trovato sia la registrazione dell’atto di matrimonio degli avi Domenico Scantimburgo ed Elena Zampe-se, genitori del trisnonno Paolo (11 febbraio 1836) sia il certifica-to di nascita di quest’ultimo (18 giugno 1850).Immaginiamo quanto possa es-sersi emozionato Mauricio nel riceverli, infatti prontamente ci

ha scritto: «Mamma Mia!!!! Che Meraviglia!!!! Che bella notizia siamo moltissimo contenti!!!». Sono trascorsi troppi anni per-ché Mauricio possa aver raccolto testimonianze dirette di pensie-ri e sentimenti dei suoi avi, ma certamente si sarà incuriosito e avrà cercato di immedesimarsi in loro; avrà cercato di immaginare la Summaga di due secoli fa, avrà rivissuto le dure giornate dei tri-snonni, occupati nel lavoro dei campi, avrà pensato alle voci che parlavano delle “Meriche”, alla decisione poi di partire in cerca di fortuna e al viaggio in vapo-re… Era l’anno 1888. Paolo, la moglie Erminia Visintin, sposata a San Stino nel 1875 e i loro figli han-

no trascorso quaranta giorni su quella nave; quale caleidoscopio di emozioni contrastanti avranno provato scrutando il mare: dolo-re per gli affetti lasciati, entusia-smo per l’avventura intrapresa, paura per l’ignoto a cui andava-no incontro, speranza di trovare una situazione migliore e ancora nostalgia e desiderio…!Paolo ed Erminia avevano ac-colto l’anno precedente l’invito del rappresentante del governo brasiliano che prometteva be-nessere e ricchezza agli italiani che fossero emigrati per lavorare nelle piantagioni di caffè e nella costruzione delle ferrovie. Forse per questo nel riferire la profes-sione esercitata nelle pratiche per ottenere il passaporto Paolo ave-

Paesaggio di Dois Corregos. (Foto Ugo Perissinotto).

UnA FInEStrA SUl Mondo

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va dichiarato anche la condizio-ne di falegname oltre a quella di contadino. Con la Richiesta d’e-migrazione fu comunicata anche la destinazione: Dois Corregos, ma certamente gli Scantimburgo non sono stati informati detta-gliatamente sulla situazione che avrebbero incontrato: piantagio-ni sterminate di caffè da coltivare col solo lavoro delle braccia! Spe-ravano di guadagnare molti soldi con la ”commissione” (una par-te) della vendita annuale del rac-colto, conosciuto in quel tempo

come “l’oro verde” e una volta ritornati in Italia, comprare una casa e un piccolo podere. Non sappiamo se tutta la fami-glia partì e arrivò sana e salva a destinazione, se qualcuno ri-nunciò a partire o morì durante il viaggio o si aggregò clandesti-namente alla coppia di Summaga per espatriare. Nel bollettario dei dati personali per il rilascio dei passaporti, in-fatti, Paolo dichiarò di voler par-tire portando con sé la moglie e i figli Giovanna, di anni 9, Anto-

nio, di anni 8, Maria di anni 5 e Giovanni di anni 1, ma nelle me-morie familiari finora ricostruite da Mauricio non c’è traccia delle due sorelle, si ricordano solo An-tonio e Giovanni.Arrivati al porto di Santos, Paolo, Erminia e i figli presero un treno fino a São Paulo, capitale della provincia, e si recarono all’Ho-spedaria de Imigrantes, centro di accoglienza predisposto dal go-verno brasiliano dove ebbero la possibilità di lavarsi, riposarsi, rifocillarsi e dove vennero regi-strati (nome, cognome, età, na-zionalità, porto di Partenza, città di destinazione e nome del pro-prietario della fazenda a cui erano destinati).Dopo qualche giorno di perma-nenza nell’Hospedaria, si rimi-sero in viaggio e, preso un altro treno da São Paulo, arrivarono a Dois Corregos, dove iniziò la loro nuova vita. Al loro arrivo in Brasile Paolo e Erminia non hanno “trovato la Merica”: giorno per giorno han-no consumato la loro vita nel duro lavoro dei campi, da “sole-a-sole”, in una terra lontana e

Il duomo di Dois Corregos. (Foto Ugo Perissinotto).

Veduta dei pascoli e delle colline attorno alla città di Dois Corregos. (Foto Ugo Perissinotto).

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sconosciuta dove non c’era quasi niente, senza possibilità di torna-re indietro… Lì nacquero altri due figli Luiz (1890) e Pedro (1892) che avreb-bero assicurato nel futuro nuova forza lavoro.Alla fine dell’Ottocento la migra-zione dalla nostra regione verso il Brasile era stata massiccia e così i nostri compaesani ebbero l’occasione di frequentare e fare amicizia con altri veneti. Proba-bilmente con loro crearono mo-menti di incontro nei quali rivi-vere usi e costumi della patria lontana, mentre i giovani stabili-vano nuove relazioni. Luiz, il bisnonno di Mauricio, conobbe e sposò nel 1909 Maria Trevisan (nata a Verona nel 1890). Dalla loro unione nacquero die-ci figli: Afonso, Adelina, Alaide, Elena, Erminia, Irene, Luiz, Lou-rdes, Gugliardo e Jacyra (la non-na di Mauricio). Dopo anni di sacrifici, la fami-glia, che nel frattempo si è molto allargata, è riuscita a riscattarsi dalla povertà ed ha raggiunto quel benessere che era stato pro-messo ai progenitori.

Gli Scantimburgo del Brasile, giunti ormai all’ottava genera-zione, hanno cominciato a bene-ficiare di un maggiore sviluppo economico e sociale a partire dalla quarta generazione, scrive Mauricio: molti fra i discendenti di Paolo ed Erminia oggi sono avvocati, dottori, ingegneri, in-segnanti, proprietari di negozi. Una parte della famiglia, i figli più vecchi di Luiz, è rimasta a Dois Corregos, ma molti Scan-timburgo, in cerca di opportunità di lavoro maggiori, hanno lascia-

to le campagne, trasferendosi in città più grandi: Brotas, Bauru, Limeira, Iracemápolis… Le nuove generazioni sono grate per tutto ciò che è stato traman-dato loro, soprattutto per l’esem-pio di vita, semplice, religiosa, dignitosa e onesta. Di questi sentimenti Mauricio si fa oggi interprete, tributando ai coraggiosi antenati di Summaga che hanno speso tutta la loro vita per i figli e la famiglia, un dove-roso omaggio: «Grazie Avi, Mille Grazie Sempre a Tutti Voi!!!».

Veduta dell’ingresso della città. Il cartello recita: qui comincia la poesia. (Foto Ugo Perissinotto).

La nuova stazione ferroviaria di Dois Corregos, costruita nel 1912, cent’anni dopo. (Foto Ugo Perissinotto).

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Dois Corregos

La città di Dois Corregos, situata nello Stato di São Paulo, prende il nome da due piccoli affluenti (córregos, in portoghese) del fiu-me Ribeirão do Peixe: il córrego Fundo e il córrego Lajeado. Il nucleo che diede origine alla città, a metà del secolo XIX, era denominato Pousada de Dous Corregos, punto di sosta per i

viaggiatori e i pionieri che si dirigevano verso le terre ine-splorate dell’interno. Verso il 1856, due grandi proprietari di fazendas donarono il terreno per l’edificazione della Chiesa del Divino Espírito Santo e la città cominciò a crescere intorno ad essa, passando in seguito a chia-marsi semplicemente Dois Cor-regos. Nel 1886 venne inaugurata la

stazione e la cittadina di recen-te formazione (nel 1870 contava un migliaio di abitanti) vide l’i-nizio del suo boom economico e demografico. Nel 1887 il console vi contava «165 italiani compre-si 120 addetti alla costruzione delle ferrovie», propensi «a col-locare le loro economie nel com-mercio o a ritornare in patria a riprendere l’aratro piuttosto che a internarsi in queste foreste». Il più ricco era il signor Fran-cesco Bettini, proprietario di terreni e case, giunto nella zona nel 1870 e tra gli emigranti della nostra zona, oltre agli Scantim-burgo, si potevano incontrare i Minetto di Lison, i Brunzin di Concordia, i Pauletto di Concor-dia e Portogruaro… Negli anni seguenti lo sviluppo della caffeicoltura e l’abolizione della schiavitù favorì un forte afflusso di coloni italiani nella zona determinando l’apertura di un’Agenzia consolare e Dois Córregos venne considerata alla fine dell’Ottocento una delle più

Emigranti italiani in posa nell’Hospedaria di San Paolo. (Foto Guilherme Gaensly, Memorial do Imigrante).

La prima stazione di Dous Corregos nel 1886.

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L’atto di nascita di Paolo Scantimburgo. (Archivio parrocchiale di Summaga).

La cedola del bollettario passaporti con la firma di Paolo Scantimburgo. (Archivio storico del Comune di Portogruaro).

promettenti città del Leste Pau-lista, grazie anche alla sua posi-zione geografica che ne faceva un importante incrocio di linee ferroviarie che collegavano va-rie regioni e Stati brasiliani. La ferrovia fu, nella metà del secolo XIX, determinante per la econo-mia nazionale e generò grandi cambiamenti nel sistema di tra-sporto, ancora più significativi nel territorio paulista. Lo Stato di San Paolo, arricchito con il caffè, insieme con la ferrovia e l’emigrazione europea, divenne la grande elica dell’economia nazionale dalla seconda metà del XIX secolo.Oggi Dois Corregos è una tran-quilla cittadina di circa 26.000 abitanti, nota in Brasile anche per il Festival internazionale della poesia. Situata a 673 metri sul livello del mare, circondata da una grandis-sima zona verde con riserve eco-logiche, foreste vergini, molti fiu-mi e cascate richiama gli amanti delle molte attività eco-turistiche (pesca sportiva, alpinismo, escur-sionismo, canyoning).Con la meccanizzazione, l’agri-coltura ha perso molti addetti e ridotto nel corso del tempo le coltivazioni di caffè e canna da zucchero, mentre si è afferma-

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ta la coltivazione delle noci di macadâmia (una noce durissi-ma che si può spezzare solo con un’apposita macchina) dal sapo-re delicato e totalmente priva di colesterolo. Se la produzione di zucchero e alcool rimane l’attivi-tà economica principale della cit-tà, seguita dall’industria del le-gno e del mobile, la coltivazione delle noci di macadâmia, giunte in Brasile dalla natia Australia nella metà degli anni Trenta, ha fatto di Dois Corregos la “capita-le” nazionale della noce, con una produzione che è pari al 35% di quella brasiliana. Il gelato alla macadâmia è una delle preliba-tezze della regione.

La raccolta del caffè in una piantagione, 1900-1923. (Foto Frank and Frances Carpenter Collection, Library of Congress).

Noci di macadamia sgusciate.

Una delle caratteristiche panchine sponsorizzate della piazza, ricorda Gugliardo, nipote di Paolo Scantimburgo. (Foto Ugo Perissinotto).

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seconda superiore delle parroc-chie di Summaga, Pradipozzo e Lison. L’impegno e l’entusiasmo delle catechiste hanno dato frutti significativi: hanno aderito più di 250 ragazzi, accompagnati da ge-nitori e nonni. È stata una espe-rienza toccante per i ragazzi che continuano a parlarne con molto entusiasmo. A tutti sono stati do-nati una collana con il Tau1 e un piccolo rosario con l’immagine della Madonna. La dedicazione sarà ripetuta ogni anno nel mese di ottobre.Altra iniziativa del gruppo: gio-vedì 11 dicembre è stato presen-tato in abbazia un inginocchia-toio, ora collocato davanti alla statua della Madonna, dove ogni fedele che lo desidera potrà fer-marsi a pregare individualmen-te e chiedere l’aiuto del Signore, con l’intercessione di Maria, per superare momenti di sofferenza e turbamento e potrà anche inserire nell’apposita cassetta un biglietto con la sua supplica affinché que-sta, durante le sante messe e gli incontri di preghiera del grup-

Nel 2011 un gruppo di pellegri-ni di Summaga e Pradipozzo ac-compagnati da don Giuseppe si è recato in pellegrinaggio a Medju-gorie. I giorni vissuti in ritiro spirituale nei luoghi dell’appari-zione hanno sanato molte ferite e appagato così gli animi tanto che, al ritorno, i partecipanti hanno deciso di continuare assieme l’e-sperienza della meditazione. Da allora il gruppo, guidato da don Giuseppe, animato da Maurizio Bagnariol e Claudia Codemo, si riunisce in abbazia a Summaga il secondo giovedì del mese, per l’adorazione del Santissimo e la recita del santo rosario. (Le locan-dine sono esposte nelle bacheche dell’unità pastorale e del santua-rio della Madonna di Fatima di Portogruaro). Il gruppo, aperto a tutti, ha richiamato da subito fedeli da vari paesi anche lontani e si è fatto promotore di inizia-tive molto significative, fra que-ste, il 27 di ottobre 2014, la Con-sacrazione a Maria Santissima dei nostri bambini, dalla prima elementare fino ai giovani della

GrUPPo MArIAno LA CONSACRAZIONE DEI NOSTRI BAMBINI ALLA MADONNA

po, venga presentata al Signore. La prima volta, in preparazione al Natale, i fedeli hanno pensato non di chiedere, ma di offrire a Maria una “rinuncia” a una cat-tiva abitudine, a un sentimento non buono, a qualcosa che inari-disce il cuore; si sono impegnati a creare dentro di sé uno spazio più accogliente a ricevere il Sal-vatore. Alla fine dell’incontro ognuno ha ricevuto in dono un delizioso angioletto a immagine dell’angelo custode, posto dal Si-gnore accanto ad ogni uomo per illuminarlo e sorreggerlo nelle prove della vita. Altre iniziative sono già pro-grammate dai coordinatori e un nuovo segno è stato donato l’otto gennaio, in occasione del primo incontro del 2015.

G.B.

1. Tau è considerato simbolo della redenzio-ne e della Croce. I primi cristiani utilizzarono il segno del tau come simbolo della Croce ove Cristo fu crocifisso.

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All’inizio del terzo millennio l’Assemblea genera-le dell’Onu intese promuovere il 2001 come Anno Internazionale del Volontariato per valorizzare l’operato di quelle persone che sono “abbastanza coraggiose da battersi per una causa”, per usare le parole di Kofi Annan, ex Segretario Generale delle Nazioni Unite.Sono trascorsi parecchi anni da allora, ma non sono passati inutilmente. Un piccolo segmento di quei milioni di “persone coraggiose” è presente nel nostro Comune, nelle nostre frazioni, nelle no-stre famiglie. Sono i volontari della Onlus Su.Pra.Li.Ma.

GruPPo voLoNtArI Su.PrA.LI.MA. oNLuSL’Associazione, costituita nel 2011 per sopperire alla mancanza di strutture nella periferia ovest della città, ha lo scopo di prestare assistenza mo-rale e materiale alle persone che vivono in situa-zione di disagio. I volontari, autisti dell’automezzo dell’associazio-ne, provvedono al trasporto gratuito delle perso-ne autosufficienti, di ammalati che abbisognano di cure specifiche, terapie, visite, analisi o altro, accompagnandoli presso le strutture sanitarie di riferimento. Il mercoledì, le persone che ne hanno fatta richie-sta, sono condotte al centro ematico per le analisi del sangue.I volontari Su.Pra.Li.Ma. sono presenti anche la domenica, su richiesta dei servizi sociali, per il trasporto al Centro Anziani di persone con pro-blemi di salute che desiderano trascorrere qualche ora di svago tra amici o, sempre su richiesta dei servizi sociali, per far fronte all’emergenza caldo nel periodo estivo. Nel 2014 è stato acquistato un nuovo automezzo che permette anche il trasporto di persone non autosufficienti. Il vecchio automezzo, dopo aver macinato migliaia di chilometri, è andato in pen-sione, sostituito da questo munito di pedana mon-tacarichi. Un grosso impegno finanziario.Una sfida da vincere tutti assieme trovando il tempo giusto: il tempo della solidarietà!

Foto ricordo della benedizione dell’automezzo.

Il gruppo delle volontarie. Il nuovo automezzo dotato di pedana montacarichi.

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«Noi, reduci dalla Russia, saremo tra i primi a sfilare all’adunata de-gli Alpini di Pordenone». Ad an-nunciarlo con fierezza è Luigi Goi di Summaga, classe 1922, novan-tadue anni compiuti la scorsa set-timana, radiotelegrafista della di-visione alpina Tridentina. Tra gen-naio e febbraio 1943, dopo il crollo del fronte sul Don, prese parte tra grandi sofferenze alla ritirata di Russia, percorrendo a piedi oltre 700 Km di steppa innevata.

La marcia a -30°«La nostra marcia – ricorda – è iniziata il 29 gennaio da Izjum, cit-tadina sul fiume Donez a sud-est di Karkov». Il suo reparto inizial-mente era formato da circa 800 uo-mini, che, sotto la guida di un ca-pitano, avanzavano in fila indiana disegnando sulla neve bianca un lungo serpentone grigio. Sembra-va che dovessero marciare per soli tre giorni, per raggiungere a piedi una stazione ferroviaria, invece la loro odissea durò un mese.«Iniziammo sotto una bufera di neve. Ci avevano dato il cibo suf-ficiente per soli tre giorni». Ad at-

tenderli non c’era però alcun tre-no. Devono andare avanti a piedi.«Fame – aggiunge – pidocchi, sfi-nimento, minacce di congelamen-to con il rischio imminente di mo-rire. Percorrevamo tra una venti-na ed una trentina di chilometri al giorno, spesso nella bufera di neve, con oltre 30 gradi sotto zero. Per giungere in salvo potevamo contare solo sulle nostre forze».

La fame e la solidarietàPer il cibo i soldati si rivolgevano alle famiglie di contadini ucrai-ni, trovando quel poco che c’era: patate, verze, cavoli. I soldati si incoraggiavano ed aiutavano a vi-cenda. Luigi ricorda in particolare un commilitone di Summaga, ra-diotelegrafista anche lui: «Era un mio grande amico, Gino Lanaro, scomparso una decina di anni fa. Facemmo tutta la ritirata insieme. Mi sostenne nei momenti di scora-mento. Era più forte di me. Se mi sono salvato lo devo anche a lui».Videro grandi gesti di solidarietà, ma anche atti di violenza.

Le tappe in RussiaLuigi, sulla base degli appunti, ha ricostruito i nomi di alcune locali-tà attraversate: Kunje, Andrejew-ka, Oslanj, Balakleja, Merewka, Romnj, Priluki. La loro sfibrante marcia sulla neve ebbe termine alla stazione ferroviaria di Nie-skin, sulle retrovie a nord-est di Kiev, il 28 febbraio, dopo aver at-traversato in diagonale, da sud-est verso nord-ovest un bel pezzo di Ucraina. Alla fine il gruppo conta-va solo trecento persone.Il reparto di Luigi Goi era arriva-to in Russia, a Rossoch nei pressi

Il testimone della storia LUIGI GOI, radiotelegrafista e reduce di Russia

del Don, la vigilia di Natale del 1942, dopo 20 giorni di viaggio in tradotta ferroviaria da Verona. Doveva sostituire in prima linea i soldati logorati dai combattimenti precedenti, ma un’offensiva rus-sa provocò una nuova rottura del fronte. Il comando ordinò imme-diatamente il loro arretramento rispetto alla linea del fuoco. Fino quasi metà gennaio il reparto si trincerò a Walujki, a sud-ovest di Nikolajewka. Il 14 gennaio giunse un altro ordine di ripiegamento, sempre in treno, fino ad Izjum, luogo da cui due settimane dopo sarebbe iniziata la marcia. Fortu-natamente si trovavano fuori dal-le zone che sarebbero state accer-chiate dai russi, quella che sarebbe stata la tragica sacca del Don. Dal 29 gennaio al 28 febbraio per por-si in salvo avrebbero dovuto solo camminare sulla neve.

Testimone della storiaLe vicende di Luigi e del suo repar-to si intrecciano così con quelle più conosciute, raccontate da numero-si libri. Nella prima metà del mese di gennaio l’esercito russo aveva completato lo sfondamento del fronte, provocando la ritirata dal Don di tutte le truppe italiane. Il ripiegamento vide in testa la divi-sione alpina Tridentina. I russi con i carri armati minacciavano l’accer-chiamento dei reparti in ritirata. Il 26 gennaio a Nikolajewka ci fu l’ul-tima azione di sfondamento, con la divisione Tridentina che ruppe l’accerchiamento permettendo al resto delle truppe italiane, pur con enormi perdite, di ripiegare.

A.M.

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Anno 2014

Sono state tante le iniziative proposte durante l’anno: • Commemorazione dei martiri delle foibe, vitti-

me dell’odio e della violenza.• Festeggiamenti dei 100 anni del signor Guerrino

Arreghini: auguri dai combattenti e dalla comu-nità.

• Sistemazione della sede per renderla più acco-gliente.

• Omaggio all’Unita’ d’Italia e alle Forze Armate nella ricorrenza del 4 novembre, posticipato a domenica 9. È stata celebrata la S. Messa a suf-fragio di tutti i morti in guerra, i cui nomi sono scolpiti nel nostro monumento a imperitura me-moria, e dei soci morti della nostra Sezione.

Il sindaco, Antonio Bertoncello, al monumento ha deposto poi la corona e ha reso onore ai caduti.

notIzIArIo dEllA SEzIonE CoMBAttEntI E rEdUCI

Nell’occasione è stato comunicato il nuovo Consi-glio della Sezione che d’ora in poi sarà aperta ai simpatizzanti tesserati.È seguito il “rancio” consumato da Cà Menego con estrazione dei premi di una lotteria.

Un memore pensiero ai soci che ci hanno lasciato: • Nel febbraio scorso mancò a tutti il caro Luigi

Faorlin, nobile figura di un uomo giusto, ha co-nosciuto il duro lavoro per sopperire al bisogno della numerosa famiglia. Alla fine della sua vita, ha subito l’amputazione di una gamba, duris-simo doloroso triste momento, sempre assistito dalla figlia Paola e dai suoi cari.

• Il 16 giugno è mancato Giuseppe Pierasco. Face-va parte del coro dell’Abbazia con una bella voce di basso. Un male lento e incurabile lo distrusse con dolorosi interventi, lasciando la moglie, figli e una lunga parentela, in un struggente dolore.

• Il 25 ottobre scorso, ha raggiunto i suoi cari, Lu-igi Miglioranza, consigliere della nostra sezione. Luigi è l’ultimo soldato summaghese che a soli 19 anni, conobbe gli ultimi giorni di guerra. A lui e alla sua famiglia e congiunti, il nostro cordo-glio.

• Il 25 dicembre è mancata Iolanda Sandrin ved. Demo. Le nostre più sentite condoglianze ai con-giunti e parenti tutti.

• È deceduto Luigi Tusei, Consigliere ultracente-nario della Sezione, vivido esempio di amor pa-trio e dedizione alla famiglia, resterà indelebile il ricordo nella tua Sezione! Il monumento com’ è nato, con colonnine unite tra loro con tubi in ferro.

Frontespizio delle parole dell’inaugurazione.

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Un SAlUto E Un CoMMIAto

Alzabandiera presso la sede della sezione.

Ricordiamo infine tutti i soldati che hanno dato il sangue per la Patria, per i prigionieri, gli internati, per gli scampati allo sterminio dell’Istria, per tutte le famiglie che hanno sofferto a causa delle guerre; a tutti loro vada il nostro pensiero e la nostra pre-ghiera.Un vivo grazie ai benefattori e a quanti si adopera-no per la Sezione.

Luigi Goi

La nostra sezione chiude un periodo di settant’anni sempre diretta da combattenti e reduci. Siamo rimasti in cinque: due ul-tracentenari, un infermo impos-sibilitato, due ultra novantenni, Goi e Mascarin.

Per limiti di età i Combattenti e Reduci lasciano la guida della Sezione ai giovani simpatizzan-ti. Sono state indette nuove ele-zioni tra i simpatizzanti tesserati e rinnovato il Consiglio ora così composto:

Il presidente Goi e il vice pre-sidente cav. Mascarin, saran-no presidente e vice presidente onorari.

Presidente della Sezione è stato eletto Ardesio Bozzato, vice pre-sidente Roberto Miglioranza.Segretario: Natale Vignando; alfiere: Luigi Barbon; mons. Umberto Fabris assistente spi-rituale.

Consiglieri: Roberto Alessandri-ni, Oriana Bardella Basso, Da-nilo Bozza, cav. Giorgio Bravin,

Luciano Bravin, Idilio Buoso, Bruno Fagotto, Franco Lisandro, Marisa Vignando Leandrin, Ma-rio Zavattin, oltre a Paolo Gonel-la e Nadia Andreetta Demo.Ora il comando passa ai più gio-vani che non avranno più que-sto nome ma saranno soci della Sezione Combattenti e Reduci di Summaga. Ci si arrende sempre con un po’ di nostalgia, rammarico, com-mozione…Ricordando con rispetto e gra-titudine gli otto presidenti che hanno retto con senso del dove-re la nostra associazione, con-segno al socio Ardesio Bozzato, nuovo presidente dal 9 novem-bre 2014, la fascia del comando della Sezione. Onorala!

Chiediamo con affetto al nuovo direttivo di non dimenticarci e ringraziamo per la vostra vici-nanza in tutti questi anni in cui avete dimostrato lo stesso nostro sentimento verso la nostra cara Patria.

Luigi Goi

Cav. di Vittorio V. Luigi Zanin 1947 capogr. a Portogruaro 1961-1967 pres. a Summaga

Cav. Ufficiale Sante Luigi Zadro

1967-1970

Cav. Giovanni Giuseppin1970-1971

dimissionario

Cav. Narciso Papais1972-1990

Cav. Giovanni Nosella1990-1993

Cav. Germano Severino Bravin1993-1996

Cav. Enrico Buso1997-2001

Cav. Luigi Goi2001-2014

I PRESIDENTI DELLA SEZIONE

DAL DOPOGUERRA AD OGGI

* * *

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15 settembre 1914-2014100 anni del carissimo socio Guerrino Arreghini

Un vero plebiscito d’amore per la festa dei tuoi 100 anni.Attorniato da tutti i tuoi familiari, amici, larga pa-rentela, dal sindaco, don Umberto, ma soprattutto dagli ex combattenti che ti hanno fatto corona con i vessilli della Patria per la quale hai indossato la divisa militare per unirti ai commilitoni al fronte.Profugo dall’Istria dove avevi raccolto una repu-tazione esemplare. Al rientro in Italia hai dovuto rifarti una posizione da zero.L’attestato che la Sezione Combattenti e Reduci di Summaga ti conferisce, è un premio delle sofferen-ze subite, ma anche al servizio che hai dato alla Pa-tria e la forza d’animo per rifarti una vita di onestà e di lavoro.Caro Guerrino, che il prosieguo della tua vita sia lieto e sereno.

Per la Sezione Combattenti e per tutta la comunità

Il Presidente

I 100 AnnI dI GUErrIno ArrEGhInI

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Nato il 15 settembre 1914 festeg-gia con i familiari, parenti, cono-scenti ed amici il raggiungimento dei 100 anni.Guerrino Arreghini è conosciuto nel Portogruarese per aver eser-citato l’attività di agente d’affa-ri in mediazione per oltre ses-sant’anni. Punto di riferimento e consigliere per grandi aziende agricole, imprenditori immo-biliari, lavoratori a mezzadria, commercianti, enti pubblici e pri-vati. Racconta con orgoglio che in tanti anni di attività mai un affare trattato con la sua mediazione ha dovuto ricorrere ad azioni legali. Erano tempi in cui una stretta di mano alla presenza del mediato-re aveva maggior valore di tanti scritti o contratti attuali.

Cent’anni in pilloleCon lucidità riassume solo qual-che punto importante della sua vita: sarebbe troppo lunga, dice.Iniziò da ragazzino a lavorare in un panificio, prima a Pradipozzo poi a Summaga, alzandosi alle due di notte, scontrandosi lungo il cammino con i tanti cani che spesso lo inseguivano e la paura di questi animali l’hanno accom-pagnato per sempre. Il salario era misero, ma il pane era assicura-to per tutta la famiglia: in quegli anni di miseria era già molto.

In IstriaNel 1939 si trasferisce in Istria e apre una florida attività com-merciale. Lì conosce Elda Mille-voi che diventerà sua moglie nel 1943.

Il rientroLe tragiche vicende politiche di quel periodo lo costringono ad abbandonare tutto e rientrare in Italia come profugo istriano, con la moglie e una sola valigia. Bisognava ricominciare tutto da

capo, ma non si perde d’animo, la voglia di fare è tanta e l’ini-ziativa non manca. Inizia così la professione di mediatore che ha svolto fino a pochi anni fa.

GuerrINo ArreGhINI, ceNt’ANNI e NoN SeNtIrLI (dal settimanale «Il Popolo»)

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Medaglia di bronzo al V.M. salvò un colonello

Per ricordare il Centenario della Grande Guerra sono già sorti alcuni Comitati, alcuni a livello regionale come nel Veneto e nella Provincia di Trento, altri sono ancora nella fase costituente. La prima guerra mon-diale (1914-18) costituisce un evento che ha cambiato la storia dell’Europa e che ha segnato anche il destino del territorio della diocesi di Concordia.Tanti eventi drammatici hanno avuto per protagoni-sti i sacerdoti: vestirono il grigioverde ben diecimila presbiteri e quindicimila chierici. Molti di loro furo-no anche decorati al Valor Militare, oppure ottennero riconoscimenti per gli eroici comportamenti durante il tremendo anno dell’occupazione austro-ungarica. Alcune belle figure di sacerdoti diocesani – comprese quelle degli insigniti – sono state ricordate con una serie di articoli, pubblicati da «Il Popolo» negli anni 2007 e 2008. I decorati al V.M. furono: don Baldassare Gallo Moschetta (Medaglia d’Argento e Medaglia di Bronzo), don Marcello Gardin (Medaglia d’argento e Medaglia di Bronzo), don Tarcisio Martina (due me-daglie d’argento, oltre una terza concessa dal governo belga), don Luigi Janes (due medaglie di bronzo), don Ludovico Giacomuzzi (Medaglia di Benemerenza dei Cappellani militari, cittadinanza onoraria di San Pier d’Isonzo e altri sei riconoscimenti) e don Gioacchino Muccin (Medaglia di Bronzo). Altri sacerdoti otten-nero l’onorificenza di Cavalieri della Corona d’Italia per meriti patriottici, come don Michele Martina, don Giovanni Ciriani, don Tommaso Gerometta. Anche a don Giacomuzzi e don Janes fu conferita quest’ulte-riore decorazione.Due diversi e rarissimi riconoscimenti, unici nell’in-tero territorio diocesano, furono concessi a due nostri sacerdoti: Don Ruggero Coletti (1879-1932), cooperatore a San Stino durante il periodo bellico e quindi parroco di San Lorenzo di Arzene, ebbe la Medaglia d’Argento per i Benemeriti delle Terre Liberate, per aver collabo-rato con la «Giovane Italia», il servizio d’informazioni della III Armata e per aver coraggiosamente posto in salvo dei nostri ufficiali dei Servizi d’informazione. La proposta fu presentata dalla Commissione Parla-

don AntonIo PICColo (1875-1942) E lA GrAndE GUErrAmentare d’inchiesta per le terre redente dal nemico, confluita nel 1923 nel Ministero dell’Interno.Don Antonio Piccolo (1875-1942) è l’unico civile ad aver ottenuto la Medaglia di Bronzo al V.M., su pro-posta di un tenente colonello da lui ospitato, a rischio della vita, a un mese dalla rotta di Caporetto del 24 ot-tobre 1917. Ecco cosa riporta l’albo delle motivazioni:«Piccolo don Antonio, da Portogruaro (frazione Summaga) (Venezia), parroco di Tesis (Udine). Ospitava, per una not-te, nella propria casa, un tenente colonello di Stato Mag-giore che tentava di raggiungere le nostre linee fornendogli anche utili indicazioni per l’attuazione del suo tentativo, e tutto ciò mentre erano presenti nel villaggio truppe germa-niche, ed il bando del nemico comminasse la pena di mor-te per tale ospitalità. Sospettato il giorno seguente, veniva sottoposto ad un interrogatorio e, per parecchio, a frequenti visite inquisitorie».La motivazione delle medaglie al V.M. deve riferirsi a un unico fatto, in questo caso segnalato motu propriu da comandante presente al fatto (altre volte su segna-lazione, vagliata poi dalla Commissione Onorificen-ze), ma don Piccolo pose in salvo anche alcuni soldati rimasti al di qua dal Piave e lo stesso attendente del tenente colonello. Si trattava di Francesco Munari della Corte Brà, il Capo di Stato Maggiore dell’eroi-ca 63ª Divisione – un’unità che aveva attaccato stre-nuamente e ripetutamente nella ritirata la Deutsche Jager Division prussiana, composta di truppe scelte e di grande fama – comandata dal maggiore generale Francesco Rocca. In precedenza il drammatico salva-taggio dei due ufficiali era riuscito a don Tommaso Gerometta, allora curato di Campone, quando erano rimasti imbottigliati, con qualche centinaio dei loro uomini, in Val d’Arzino. Furono tutti periodicamente rifocillati dal curato, forniti di abiti civili procurati in una vasta area, informati sugli spostamenti dell’eser-cito occupante e fatti allontanare verso il Piave, con precisi riferimenti sulle canoniche ospitali. Il generale Rocca, trovò via via alloggio da una dozzina di par-roci, finì arrestato col suo attendente nella campagna portogruarese, vicino a Giussago di Portogruaro, tra-vestito da contadino, tradito dagli stivali “di lusso” dai quali non si era separato. In tasca gli fu trovato un taccuino di appunti, anche se in parte cancellati su insistenza di don Martin, parroco di San Nicolò di Portogruaro, l’ultimo ad averlo accolto in canonica.

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Questo provocò un lungo periodo di carcerazione a Spilimbergo a don Giovanni Battista Graziussi, par-roco di Claut, oltre al fermo di don Giuseppe Nonis, parroco di Barcis, rimasto poi confinato e in continua attesa di processo fino alla Vittoria. Nelle carceri di Spilimbergo erano incarcerati altri due sacerdoti della diocesi di Ceneda.Mentre il Rocca, camuffato da contadino, poteva pas-sare inosservato (aveva 55 anni, ma il suo aspetto stu-diato era quello di un vecchio), il Munari (in seguito generale comandante della 2ª Brigata di Cavalleria «Pozzuolo del Friuli» e poi della 2ª Divisione Cele-re in Albania), non ancora quarantenne, dava subito nell’occhio, poiché il Bando Cadorna aveva imposto a tutti gli uomini validi, dai 14 ai 60 anni, di oltrepassa-re la linea del Piave. La presenza del ten. col. Munari nella canonica di Tesis fu notata e «qualcuno in paese non tenne il silenzio». Don Piccolo fu chiamato pres-so un comando austriaco. Vollero sapere chi avesse ospitato. Egli parlò di un fornitore di buoi vicentino, tagliato fuori durante la ritirata, rimasto con lui una sola notte, e poi andato non sapeva dove. Subì nuovi interrogatori e continui sopralluoghi, di sorpresa, a ogni ora del giorno e della notte, ma gli ultimi soldati rimasti in zona erano alloggiati presso gente fidata in case discoste dal paese. Dopo la guerra fu decorato, ricevendo la medaglia con la più grande modestia e la conservò soprattutto come il ricordo di un atto ispi-rato dal cuore, senza dar peso al rischio: «Appena ap-pena posso dire d’aver fatto il mio dovere». Tuttavia il suo fisico restò fortemente segnato.Teresa, la figlia del Munari, si recò per decenni a tro-vare don Piccolo e don Gerometta, quale segno di riconoscenza per la salvezza del padre, finito nelle mani del nemico a metà dicembre 1917, sulla sponda del Piave che intendeva attraversare.Don Antonio Piccolo nacque a Summaga, in borgata Noiare, il 3 settembre 1875 da Domenico e Elisabetta Bozza, una buona famiglia fortemente religiosa. Ap-passionato allo studio e all’approfondimento, entrò in seminario all’età di dodici anni e fu ordinato sacer-dote il 4 giugno 1899, fu quindi “compagno di messa” del futuro card. Celso Costantini. Fu cappellano a Por-cia per meno di due anni, in seguito curato a Coltura (1901–1908) e parroco di Tesis di Vivaro (1908-1922). Dall’aprile 1922 fu dapprima vicario parrocchiale e poi parroco di Fontanafredda, (2600 anime al suo arrivo) fino alla fine dei suoi giorni terreni. Come in tutta la diocesi, la ricostruzione post-bellica era stata

appena avviata e i posti in cui mettere le mani erano tanti, comprese le riparazioni alla chiesa parrocchiale, alle chiese di San Giorgio di Villadolt e di S. Maria Assunta di Ceolini, oltre all’oratorio dell’Assunta di Ronche, bisognosi d’immediato intervento conserva-tivo, mentre la prebenda parrocchiale era considerata veramente misera. La casa canonica, di proprietà co-munale, era «in stato di bisogno di riparazione», ma i lavori di ristrutturazione inizieranno solo nella pri-mavera del 1929. Persona sensibile viveva le preoc-cupazioni sociali dei giovani e dei bisognosi, ai quali poteva soltanto offrire amore e conforto. Negli anni i tanti impegni legati al ministero divennero sempre più faticosi per la salute malferma, aggravata da pe-riodiche crisi cardiache che lo costringevano ad as-sentarsi per periodi anche lunghi, e negli ultimi anni ciò aveva influito anche sul suo carattere. È ricordato come un sacerdote tenace e semplice, dal cuore gene-roso, vissuto umilmente. Il 23 febbraio 1942, a seguito di una crisi cardiaca, venne ricoverato all’Ospedale di Sacile. Rientrato in parrocchia per celebrare la mes-sa di Pasqua, alle 22,30 di mercoledì 22 aprile 1942, mentre recitava le preghiere nel tinello, il suo cuore si fermava. I parrocchiani vegliarono la salma a tur-no, deposta dopo i partecipati funerali nella chiesa di San Giorgio di Villadolt al cimitero (antica sede par-rocchiale), traferita nel 2010 nella cappella funeraria riservata ai parroci e adiacente alla stessa chiesa.

Gianni Strasiotto

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Ancora una volta, il 6, 7 e 8 giugno 2014, la gene-rosa terra piemontese ospita i bersaglieri per l’an-nuale Raduno Nazionale, appuntamento al quale la Sezione di Portogruaro e l’affiatato gruppo di Summaga non rinunciano mai. Quel Piemonte, allora Regno di Sardegna, che ha dato i natali al nostro fondatore e tenuto a battesi-mo l’istituzione del glorioso Corpo nel lontano 18 giugno 1836. La prima volta, per noi, nell’Astigia-no e nel Cuneese. Si è capito fin da subito che c’era assonanza con l’ambiente. Come dire, una simbio-si perfetta tra la specialità più speciale dell’Arma

EMozIonI dAl 62° rAdUno nAzIonAlE dEI BErSAGlIErI dI AStI

di Fanteria - i Bersaglieri -, e le eccellenze locali conosciute in tutto il mondo: Asti e gli spumanti, Alba, città delle cento torri, Sua Maestà il tartufo, la nutella e il torrone… Queste sono le Langhe, patrimonio d’Europa. Sulle sue colline punteggiate di vigneti, spicca-no torri diroccate e castelli ben conservati come quello di Barolo, noto anche per le memorie della marchesa Giulia di Barolo, cui rendeva visita Sil-vio Pellico, suo consigliere ed ospite, custodite tra le sue mura, o quello di Grinzane Cavour, piccolo comune dominato dall’imponente castello medie-vale, già in passato proprietà della famiglia Ca-vour. Il nome del piccolo borgo rende omaggio dal 1916 allo statista risorgimentale Camillo Benso che di Grinzane fu sindaco per diciassette anni.Passan veloci i baldi bersaglieri, le piume al vento sor-ridenti ognor... Il nostro “andar per langhe” termi-na con l’arrivo della giornata più attesa: la sfilata di domenica 8 giugno ad Asti.Piume baciatemi la guancia ardente, che al bacio un fremito nel cuor si sente… Così i nostri bersaglieri, summaghesi e non, hanno sfilato per le vie di Asti, sede del 62° raduno nazionale quest’anno dedica-to al giovane Maggiore dei Bersaglieri Giuseppe La Rosa, ultimo soldato italiano caduto in missio-ne di pace in Afghanistan l’8 giugno dello scorso anno.

Panorama dal Castello di Grinzane.

Aldino, Elvio e Sergio col labaro.

Veduta dall’hotel Barolo.

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QUATRO CIACOLE CO UN MONUMENTO

Ogni volta che vegno a San Donà,magari de pressa, par un momento,bersaglier mio, sempre me so fermàSul Piave, davanti al to monumento.Ti xe sempre là in alto sul piedistal,col tempo bruto o belo,col to fusil in mane in in testa el to capelo.Quanti ricordi, quanta nostalgiade tempi che no tornarà mai più,de quel che me ga contà la mama miae che ga segnà la me lontana zoventù.Gera ’na domenega matina,la piassa de Mestre brilava soto el sole mi, ancora tanto picenina,estasiada vardavo tuto quel splendor:Stendardi e bandiere fora dai balconii faseva ‘na mata alegria col so sventolar,da lontan se sentiva un sòno de tronbonie intanto le campane tacava a scampanar.“Varda, xe drio rivar i bersaglieri- dise co emossion me mama – no xe un sogno, quei tosi xe veri”e la ga tacà a contarme ‘na storia,che me pareva strana.‘Na storia longa, piena de fieressa,che parlava de tenpi duri e tristi,de fede, de forsa, de coragio e de destressa,de eroi che, cussì tanti, no se ne ghe n’à mai visti:“tanti de lori xe morti nela guera,i gera conpagni, amighi, megio de fradei,soldai senplici o capitani, che par la so bandierai ga lotà, ne la speransa de tenpi più bei.Se po nel mondo capita disgrassie o gran tormenti,par aiutar, curar e consolar,i bersaglieri xe senpre presentie da tuti i se fa stimar, lodar e amar”.Ècoi de corsa, co la fanfara in testa,le piume al vento se voria tocar,se siga “eviva”, se bate le man e se fa festa,le trombe che sona fa tuto un slussegar.Da quel momento de forte emossion,i bersaglieri no go mai desmentegà,cussì le so storie, le so gesta e le so cansona scuola a tanti putei ghe go insegnà.Xe passà el tenpo e anca el me cuorse ga verto a la magia de l’amor,vestia da sposa, col bel velo bianco,all’altar ghe gera un bersalier al me fianco.

Annalisa Pasqualetto BruginEd. Il libretto del bersagliere – 2011

Passa! Le piume al vento l’Italia nel cuor! Squilla con ardimento fanfara d’amor! Ormai l’entusiasmo ha contagiato chiunque risvegliando sentimenti di amor patrio e di affetto verso le forze armate e verso i bersaglieri che nella bella città hanno vis-suto ed operato per quasi cinquant’anni. Asti, infatti, dal 1905 al 1929, fu sede del IX Reggi-mento Bersaglieri in quella grande caserma nota come il “Casermone”, ora sede del nuovo tribu-nale della città. Al 9° bersaglieri fu aggregato Gio-vanni Carlo Bergoglio, il nonno di Jorge Mario Bergoglio (S.S. papa Francesco) che gli raccontò gli orrori della guerra sul Piave vissuti da bersa-gliere in armi.

Stanco magari è il corpo ma l’anima è ancor tesa, ver-so l’ascesa dell’italo valor! Piume ridetemi la gloria, i canti, e ripetetemi: Italia avanti! Sono emozioni che lasciano il segno.

“Asti 2014, SUMMAGA PRESENTE!” e promes-se… “Rimini 2015, CI SAREMO”!

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Entusiastica e commovente è sta-ta da parte mia, di don Gino e di un gruppo di pellegrini di Sum-maga e Pradipozzo la presenza, domenica 19 ottobre 2014, in piazza S. Pietro alla beatificazio-ne di papa Paolo VI.Fanno ormai parte delle espressioni comuni le parole di Paolo VI, pronunciate ad una riunione del Consiglio per i Laici nel 1974: «L’uomo con-temporaneo ascolta più volentie-ri i testimoni che i maestri, o, se ascolta i maestri è perché sono dei testimoni».Paolo VI è stato proclamato Bea-to della Chiesa Universale a con-clusione del Sinodo straordinario sulla Famiglia. Penso che papa Francesco abbia compiuto un ge-sto indovinatissimo, non soltanto perché ha indicato al mondo un luminoso testimone di santità e di dedizione assoluta a Gesù e alla sua Chiesa, ma anche perché ha ricollocato sul candelabro una fulgida luce di sapienza e di au-

torevolezza per tutta la Chiesa. Paolo VI è stato un gigante che ha guidato la nave della Chiesa attraverso tempi affascinanti ma anche drammatici, come scrisse lui stesso nel suo testamento. È stato diritto al suo posto di gui-da in circostanze complesse ed inedite, ecclesiali, sociali, politi-che. Basterebbe ricordare la sua testimonianza ai funerali di Aldo Moro, assassinato dalle Brigate Rosse. Ha incontrato incompren-sioni e ostilità, perfino denigra-zioni, con travisamenti incom-prensibili del suo pensiero. Ha conosciuto resistenza nel mondo dei benpensanti laicisti, ma anche dei credenti. Eppure ha donato al mondo una testimonianza di fe-deltà luminosa e disinteressata, ha diffuso nel mondo un raggio intensissimo di luce evangelica, manifestando a tutti in Chi egli riponeva la sua forza, e Chi fosse la stella del suo operare.L’opera svolta da papa Montini

nei quindici anni del suo servizio è stata di una vastità immensa, sul piano teorico e su quello pra-tico, e sarebbe davvero presun-tuoso da parte mia tentare, qui, anche solo un semplice indice di questa azione.Vorrei ricordare soltanto alcuni doni che questo papa ha realizza-to, offerto e lasciato come speci-fica eredità: seppe sapientemente condurre in porto il Concilio Ecu-menico Vaticano II, indicando orientamenti profetici al futuro cammino della comunità dei cre-denti e una più chiara coscienza della Chiesa su se stessa; il rinno-vamento senza rotture con le sue tradizioni, l’unità con i fratelli se-parati, il dialogo con tutti.Significativi e forti alcuni gesti come quello di offrire la tiara per i poveri e regalare la sua auto, durante un viaggio in India, per le opere caritative di Madre Te-resa; l’abbraccio (il primo dopo mille anni) con il patriarca or-todosso Atenagora in occasione del primo pellegrinaggio in Terra Santa (primo papa nella terra di Gesù) e quello con l’arcivescovo anglicano di Canterbury Michael Ramsey.

PAPA PAolo vI BEAto dEllA ChIESA UnIvErSAlE

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Con una serie di primati, aprì la strada all’attività apostolica dei suoi successori fuori dall’Italia e dall’Europa: si fece pellegrino a Efeso in Turchia e a Fatima; si recò in America Latina e in Afri-ca; fu il primo papa a parlare alle Nazioni Unite e al Consiglio Ecu-menico di Ginevra.Albino Luciani, suo successore con il nome di Giovanni Paolo I, un mese dopo la sua morte, affer-mò: «Paolo VI ha reso alla Chie-sa, in quindici anni, servizi enor-mi. Gli effetti si vedono in parte già adesso, ma io credo che si ve-dranno specialmente nel futuro».E Benedetto XVI, il 3 agosto 2008, nel trentesimo anniversa-rio della sua morte, disse: «Qua-le supremo Pastore della Chiesa, Paolo VI guidò il popolo di Dio alla contemplazione del volto di Cristo, Redentore dell’uomo e

Anche quest’anno decidiamo di fare la solita gita, ma gli anni passano e allora programmiamo di andare a Gorizia e dintorni per far un viaggio più breve.La giornata è splendida.Una volta giunti a Gorizia incontriamo la nostra guida e con lei scopriamo che ci sono tante cose da vedere, molte di più di quelle che pensavamo: il ca-stello, il duomo, la chiesa barocca di S. Ignazio, la Fontana del Nettuno e tanto altro ancora.Percorrendo la strada panoramica, che ci offre una vista meravigliosa sui vigneti del Collio, ci rechia-mo a Cormons per il pranzo. Procediamo poi per Gradisca d’Isonzo, incantevo-le centro, ricco di testimonianze storiche, tra cui il duomo barocco e la Loggia dei Mercanti.Raggiungiamo infine Palmanova, dove la guida ci spiega la storia della città. Entrata a far parte del Regno d’Italia nel 1866, fu costruita dai Veneziani come baluardo contro i Turchi e venne in seguito occupata anche da Napoleone. E così, dopo una passeggiata nella sua bellissima piazza, ci avviamo

per tornare a casa e ci fermiamo, come consuetudi-ne, per la cena, che è sempre un momento irrinun-ciabile di allegria. Rientriamo a Summaga un po’ stanchi, ma felici per aver visto ancora un pezzetto della nostra bella Italia.

Gabri

Signore della storia… Al centro di tutto, sempre Cristo: al centro delle Sacre Scritture e della Tradi-zione, nel cuore della Chiesa, del mondo e dell’intero universo».Una centralità sempre voluta e cercata, come testimonia una pre-ghiera proposta nel lontano 1955, nella lettera pastorale alla sua dio-cesi di Milano che terminava così:

«Tu ci sei necessario, o Cristo, o Signore, o “Dio con noi”, per im-parare l’amore vero e camminare nella gioia e nella forza della tua carità, lungo il cammino della no-stra vita faticosa, fino all’incontro finale con Te amato, con Te atteso, con Te benedetto nei secoli».

don Giuseppe

SUMMAGhESI In GItA A GorIzIA - 4 MAGGIo 2014

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Anche quest’anno, in occasione della tradizionale Castagnata, giunta alla 14ª edizione, Giovanni Falco-mer ha esposto nella seicentesca chiesa di Santa Eli-sabetta una selezione della sua ricchissima collezione di immagini devozionali. Circa un migliaio i pezzi in mostra, tutti aventi per soggetto Maria Madre di Dio nelle sue innumerevoli raffigurazioni. Ai visita-tori, appassionati, devoti o semplicemente curiosi, è stato offerto un piccolo viaggio tra storia, arte e pietà popolare attraverso i luoghi di culto più affascinan-ti del nostro Paese. La SS. Immagine della Madonna di Summaga, la Maria Addolorata che si venera nel-la chiesa di S. Francesco a Rovigo, la Beata Vergine del Frassino di Peschiera del Garda, l’Immagine del-la Madonna del Conforto venerata nella cattedrale di Arezzo, la Beata Vergine del Molino protettrice di Lugo di Romagna… sono mille le località, note e meno note, testimoni di fede e di bellezza, che la collezione di Giovanni Falcomer ci invita a scoprire e visitare, cogliendo la diffusa presenza mariana. E sono tante le storie che i “santini” sono in grado di raccontare… antichi e moderni, sono legati a momen-ti speciali della vita di ciascuno di noi. Chi non ne ha mai ricevuto in dono o posseduto uno? Racchiudono ciascuno una propria storia, legata spesso a chi lo ha posseduto e custodito in vita e toccano i sentimenti di chi li accosta a momenti gioiosi, a testimonianze di fede, ma spesso nascondono storie di sofferenza. C’è poi l’aspetto artistico, la bellezza dell’oggetto, la curiosità e il fascino che esercitano oggetti giunti a

noi, passando di mano in mano attraverso secoli e ge-nerazioni. Sono ricordi dei sacramenti ricevuti, tracce personali che recano con sé, sotto forma di preghiere, propositi e raccomandazioni di vita cristiana, ricordi di eventi mondiali (come le guerre, con i santini che il soldato portava con sé a protezione, accanto alla foto dei propri cari) ed eventi locali, riconoscimento e gratitudine per i pericoli scampati, grazie ricevute. Pensiamo che collezionisti ed estimatori di questo ge-nere di “opere d’arte” siano persone di spiccata sen-sibilità, persone che riconoscono nelle immaginette sacre il bisogno dell’uomo di ogni tempo di credere e “toccare” il soprannaturale.

Santi, santini... santità

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se, innaffiati dal brulé e dalla pinza. Sempre attesa anche la befana per i più piccoli e gran-di che scende sorridente svo-lazzando con la sua scopa dal campanile dell’Abbazia, pieno il cesto di regali.6 gennaio: Solennità dell’Epi-fania: alle ore 15, in un’abbazia gremita di fanciulli e genitori, benedizione della Santa Infanzia e bacio a Gesù Bambino con pre-miazione del concorso Presepi in famiglia.9-12 gennaio: Si è svolta nei lo-cali dell’oratorio l’annuale mo-stra e il concorso nazionale dei canarini. Sempre numerosi i vi-sitatori e gli espositori giunti an-che da fuori regione Veneto.14 gennaio: Incontri sul Vange-lo di S. Giovanni. Un piccolo gruppo di summaghesi inizia a partecipare ad una serie di dieci incontri, insieme ad altre perso-ne delle parrocchie della forania, presso il Palazzo Vescovile nella Sala delle Capriate, in via Semi-nario a Portogruaro.

1 gennaio: Solennità di Maria Madre di Dio e giornata mondia-le della Pace. Abbiamo invocato lo Spirito Santo Veni Creator… per-ché ci sostenga in opere di pace.5 gennaio: Si è svolta in abba-zia la liturgia della benedizione dell’acqua, del sale e della frutta. Alla sera il tradizionale falò epi-fanico e la lotteria per benefi-cenza organizzati da «Viviamo Summaga» in collaborazione con il gruppo AVIS summaghe-

Cose di casa nostra 3 febbraio: Il gruppo dei cre-simandi, insieme ai genitori e padrini, partecipa in Cattedrale a Concordia all’incontro di pre-ghiera e di riflessione con tutti i cresimandi della Forania di Portogruaro in preparazione al sacramento che riceveranno du-rante l’anno nelle loro singole parrocchie.3 febbraio: Memoria di S. Bia-gio: Santa messa e tradizionale benedizione della gola.15 febbraio: I ragazzi/e cresi-mandi con i genitori e i padri-ni hanno partecipato, presso la casa dei padri Francescani di Be-tania a S. Quirino, ad una veglia penitenziale in preparazione della Cresima.5 marzo: Con l’imposizione del-le Sacre Ceneri inizia la Quare-sima, periodo in preparazione alla S. Pasqua. Sempre numerosi i fedeli presenti e che partecipa-no ogni venerdì alla Santa Mes-sa pomeridiana e alla successiva Via Crucis. 11 marzo: Tutte le persone che in Forania sono intervenute agli in-contri sul Vangelo di S. Giovan-ni hanno partecipato in Abbazia all’ultimo incontro su il tema: I segni pittorici e la fede. Tutti han-no contemplato gli affreschi che si riferivano al Vangelo e all’Apo-calisse di S. Giovanni.31 marzo: Si svolge in Abbazia la Via Crucis per tutte le classi di catechismo, dalla I elementare alla II superiore.24 marzo: Mons. Ovidio Polet-to, Vescovo Emerito, presiede in Abbazia la Veglia di preghiera mondiale in memoria dei mis-sionari martiri, ricordando spe-cialmente mons. Luigi Padovese.Così si esprimeva il settimanale diocesano il Popolo:

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«La celebrazione annuale di una Giornata di preghiera e digiuno in ricordo dei missionari martiri, ci riporta ad una data speciale: il 24 marzo 1980, mentre celebrava l’Eucarestia, venne ucciso Mon-signor Oscar Romero, Vescovo di San Salvador (El Salvador). Da questo evento, ogni 24 mar-zo, si fa memoria di quanti lun-go i secoli hanno dato la propria vita proclamando il primato di Cristo e annunciando il Vangelo fino alle estreme conseguenze.Anche ai nostri giorni, in tante

parti del mondo, tanti fratel-li e sorelle vengono uccisi solo perché cristiani. […] La Chiesa di Summaga ha un valore par-ticolare per la nostra Chiesa di Concordia-Pordenone: è la par-rocchia di origine di Mons. Lu-igi Padovese, vescovo ucciso in Turchia il 3 giugno del 2010».7 aprile: In Abbazia precetto pa-squale della Guardia di Finanza della Provincia di Venezia. La S. Messa è stata presieduta dal cappellano regionale. I finanzie-ri si sono complimentati con il coro Ermens per i canti.18 aprile: I giovani di Azione Cattolica come ormai da tradi-zione hanno animato la Via Cru-cis del Venerdì Santo. Tantissi-mi fedeli con commozione, alla fine della Via Crucis si sono ac-costati al crocifisso per il bacio.27 aprile: Il gruppo di giovani che hanno partecipato a Roma alla canonizzazione di papa Gio-vanni XXIII e Giovanni Paolo II hanno lasciato alla Comunità questo messaggio: «noi giovani, partiti per la canonizzazione di giovanni xxiii e giovanni paolo

ii, vi portiamo nel cuore ed af-fidiamo a loro le preghiere di ognuno di voi».28 aprile: In Abbazia si è svolto un concerto pianistico dell’Ope-ra Metropolitana: al pianoforte Giulia Rossini (premio Venezia 2012). 17 maggio: Un folto gruppo di Suore della diocesi di Vicen-za hanno visitato con interesse l’Abbazia scoprendone i tesori racchiusi.17 maggio: I ragazzi/e di I supe-riore con genitori hanno parte-cipato ad un ritiro a Concordia: Scoprire le nostre radici cristiane.17 maggio: Anche i nostri gio-vani con entusiasmo han parte-cipato alla raccolta straordinaria diocesana di indumenti usati pro Caritas.18 maggio: Si conclude l’anno Catechistico con l’augurio di ri-trovarci a settembre.22 maggio: Nella Chiesetta «Madonna della Pace» dove c’è l’affresco che ritrae la Santa, S. Messa in onore di Santa Rita da Cascia con la benedizione delle rose.

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2 giugno: Quarto anniversario del martirio di mons. Luigi Pa-dovese. Il tema della commemo-razione: L’anima del francescane-simo, relatore padre Licinio del Santuario Madonna di Fatima di Portogruaro. Nel corso della se-rata c’è stata la proiezione e pre-miazione dei lavori fotografici eseguiti da giovani di Summaga sul tema Natura e volti del france-scanesimo. 8 giugno: Per la buona volontà di alcuni genitori si è svolta la 2ª festa della famiglia. Bellissima

giornata passata nell’amicizia, giochi, canti e allegria. 13 giugno: S. Messa serale, pro-cessione con la statua e benedi-zione del pane per venerare S. Antonio di Padova; numerosa la partecipazione dei devoti.19 giugno: Nella solennità del Corpus Domini, S. Messa alle ore 20:30 con la processione del-la Sacra Specie per la via princi-pale. 21 giugno: Gli «Amici delle Bocce» hanno dato il via uffi-ciale presso i campi parrocchiali

alla attività ricreativa che coin-volge tante persone lungo tutta l’estate e oltre.28 giugno: Un folto gruppo (cir-ca 120 persone) degli «Amici del Mauria», tutti ex militari facen-ti parte della 3ª Brigata Missili Aquileia, 13 btg. T. Mauria con sede nella Caserma Capitò, han-no visitato con vivo interesse la nostra Abbazia.6 luglio: Il coro delle «Rondi-nelle» trascorre una settimana a Tramonti di Sotto tra canti, sce-nette, giochi, passeggiate e man-giate succulente, preparate dalle fantastiche cuoche.12 luglio: Si è celebrato l’an-niversario della consacrazione della chiesetta «Madonna della Pace» in via Villa. S. Messa se-rale e rinfresco preparato dalla borgata nell’ospitale cortile del-le vetrerie Buoso.18 luglio: Presso il capitello del-la famiglia Scala si è recitato il Santo rosario in onore di Maria SS., come è apparsa a Santa Ca-terina Labouré, apostola della “medaglia miracolosa”. Come ogni anno numerosi i parteci-

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panti. Sempre splendido il buf-fet e il ricordo donato dai signori Scala.16 agosto: S. messa serale pres-so la chiesetta «Madonna del-la Pace» per onorare S. Rocco, questo santo laico, segno di im-mensa carità verso il prossimo ammalato.24-28 agosto: Il coro «Ermens» in Tramonti di Sotto trascorre qualche giorno in allegra com-pagnia prima di ricominciare il suo servizio nel canto alla litur-gia parrocchiale.25-31 agosto: Si svolge la setti-mana finale del GREST estivo. Tanti gli entusiasti partecipanti che si sono ritrovati a giocare con spirito di sana competizione e divertimento. Con l’imman-cabile “Pedalata” e mostra dei lavori di cucito e ricamo con-fezionati nel mese di luglio da numerose bambine e ragazze è terminata Estate ragazzi 2014. 28 agosto: Concerto in Abbazia, nell’ambito del Festival Interna-zionale della musica, del quar-tetto per archi Noctis che ha de-buttato nel 2014 alla Sala Nervi

in Vaticano. Valentina Busso ed Elisa Schack, violini; Margheri-ta Sarchini, Viola; Michelangelo Maffucci, violoncello; Musiche da Brahms a Shostakovich. 28 settembre: Si è svolto l’an-nuale pellegrinaggio a Castel-monte, finalmente baciato dal sole per tutta la giornata. Me-mori del diluvio dell’anno scor-so non si può che esser grati al Signore. 4-5 ottobre: Tutto il Gruppo Scout di Concordia ha trascor-so a Summaga il pomeriggio di sabato, pernottato in oratorio, e fatti i “passaggi” nella mattinata di domenica.5 ottobre: Si è svolta la Festa Pa-tronale della nostra parrocchia. La statua della Madonna è stata portata in processione lungo la via principale del paese.26 ottobre: Presentazione a tutte le SS. Messe del piano pastorale diocesano.15 novembre: Giornata di ritiro dei cresimandi con i loro geni-tori e padrini e madrine presso il Convento Francescano di Be-tania a S. Quirino. Si è celebrato

il sacramento della penitenza in preparazione della Cresima.16 novembre: Si è svolta la Fe-sta del ringraziamento. Sempre bellissima l’Abbazia adornata dai frutti della terra. Il presiden-te del consorzio di bonifica ha illustrato le difficoltà del nostro fragile territorio e dei prodot-ti agricoli, poco remunerativi a causa di leggi di mercato.30 novembre: Entrando in chie-sa tutti hanno visto il grande striscione con la scritta Viviamo l’avvento. Ad alcuni non è pia-ciuto per l’estetica ma…8 dicembre: Giornata e festa del tesseramento dell’A.C. In par-rocchia sono presenti tutti i rami in cui si articola l’associazione.16 dicembre: Inizio dell’ottava-rio solenne in preparazione del S. Natale.20 dicembre: I ragazzini/e di prima media, in oratorio, si sono cimentati in una recita natalizia.21 dicembre: Benedizione dei Gesù Bambino che sono poi stati posti a Natale nei nostri presepi in famiglia. Alla sera, si è svolto il grande Concerto di Natale applaudito e apprezzato da tutti i presenti con i cori par-rocchiali «Le Rondinelle», «Voci dell’abbazia» e «Ermens».22 dicembre: Novena di Natale animata dai ragazzi dell’Azione Cattolica. Una bellissima rap-presentazione natalizia che ha coinvolto i partecipanti.23 dicembre: Il coro «le Rondi-nelle» è presente nella Residen-za per Anziani di Villanova per donare momenti di gioia natali-zia agli ospiti.31 dicembre: Te Deum di ringra-ziamento. Ci siamo ritrovati in tanti a ringraziare il Signore per l’anno trascorso.

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Ieri ero al mare con la mia ni-potina, e guardandola correre gioiosa sulla spiaggia, mentre la rincorrevo, ho risentito la bellez-za del nostro corpo “antico”… il richiamo più possente che ci viene dai nostri bambini quando sono per diventare fanciulli. Se corrono nella luce sembra che questa s’irradi dalle loro om-bre, che sia anch’essa corporea. Se si fermano e volgono in su il loro viso dai grandi occhi aper-ti a guardarci, ci prende la sen-sazione di un miracolo vivente, quello dell’infinito stellare che si raccoglie nel cerchio di una pu-pilla, e comprendiamo la gioia di Raffaello o di Murillo nel ri-trarli con le ali al dorso. La mano si distacca dal polso e sembra un boccio appena dischiuso in peta-li di dita. Il gesto non li distac-ca dal mondo intorno: sembra, anzi, che la vasta realtà in ogni

sua manifestazione floreale si sia trasformata in loro. I bambini non hanno che la meraviglia del proprio corpo…Ma non sempre è così… pur es-sendo cosciente che un segreto divino si nasconde sotto ogni forma umana… i bambini non dovrebbero soffrire per alcun motivo al mondo… eppure sono infiniti. Ma di questo mi risale alla memoria il mito di un poeta giapponese che, a forza di scava-re la terra, finì col cogliere con le dita insanguinate, la prima rosa di una primavera sepolta. E que-sta è la speranza.Ecco allora una breve poesia che voglio dedicare al piccolo Tom-maso che dalla nascita sta com-battendo un male “terribile” e che ora pare sia in via di miglio-ramento. Immensi auguri, Tom-maso, con il cuore di noi tutti… e una preghiera

Un bambinodavanti a un prato fioritovorrebbe cogliere qualche fioresotto il cielo colorato…a tratti ondeggiae segue il movimento lievedella brezzacome fosse una carezzaattesa…si volge sorridentea cercarne uno… Gesù…il più bello e delicato…colori intonati e intensiimmagina….per poi decidere…semmai abbia la fortunadi regalargli lo sguardocatturatoda concreta ma fragilebellezza.

IL SoGNo dI toMMASo

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Se un giorno i miei figli mi chie-dessero come ho passato la mia gioventù e che luoghi ho fre-quentato potrei dire che …A Summaga dalla seconda metà degli anni Settanta e per buona parte degli anni Ottanta c’erano due luoghi di incontro tra i gio-vani: la parrocchia governata da don Umberto e il bar Stefani ge-stito dalla Tina e Juti.Due posti completamente dif-ferenti, ma che, per una curiosa coincidenza, si vedevano fre-quentati quasi dalle stesse per-sone: prima ci si trovava in par-rocchia e poi si andava al bar. Il comune denominatore era la capacità del parroco e dei due gestori di amare le persone che frequentavano i loro locali. Un affetto disinteressato che si per-cepiva, che era tangibile e che molto spesso veniva ricambiato.Tralascio l’analisi dei luoghi par-rocchiali e mi concentro invece sul bar Stefani.Mi sono chiesto spesso quale fos-se stata la formula magica adot-tata da Tina e Juti per riempire sempre il loro locale con nuove generazioni di persone; cosa ac-comunasse gente anziana con ragazzi giovani; perché un loca-le del genere fosse così amato da tanti, non solo del nostro paese, ma anche da gente che veniva da fuori.È sempre stato un luogo dove tutti si sentivano come a casa propria, dove Tina e Juti erano come una mamma e un papà e dove i frequentatori erano un po’ i fratelli e i cugini di una grande famiglia.

Al bar Stefani abbiamo fatto co-lazione, passato interi pomerig-gi, trascorso lunghe serate, fatto nuove conoscenze, giocato a car-te, raccontano storie e barzellette, pianificato le nostre serate e le nostre vacanze; era il posto dove qualcuno esibiva la propria “mo-rosetta” e dove altri trovavano rifugio dopo qualche delusione d’amore. I tempi erano diversi, non esisteva il cellulare allora; i due padroni di casa diventavano così i referenti per lasciare mes-saggi, per indicare luoghi di ap-puntamento (se passa Tizio dica, per cortesia, che siamo a Fossalta a giocare a biliardo). Era un modo semplice per stare in compagnia, per condividere delle situazioni comuni e per realizzare gli stessi obiettivi; il bar di Juti e della Tina era un po’ come le stalle o i cor-tili di un tempo: i ragazzi si riu-nivano e passavano in semplicità una serata. Nessun segreto, solo voglia di stare assieme, parlando e fantasticando di cose concrete o anche, tutta la sera, di sole scioc-chezze. Qualcuno dei più grandi aveva l’automobile e la metteva a disposizione di tutti quelli che ci potevano entrare: allora nei perio-di estivi si poteva anche andare in spiaggia o durante i mesi freddi al cinema a Pordenone. Chi non tro-vava posto nelle auto restava al bar, senza problemi, inventandosi una serata fatta di chiacchere, car-te e gelati confezionati. La Tina era poi famosa per i suoi frappè e per le sue buonissime cioccolate ottenute grazie a una miscela segreta che solo lei e Juti conoscevano; non di rado

sbagliava - apposta - le dosi, co-sicché ci invitava a berne una parte per poi rimpinguare la tazza o il bicchiere: che persona stupenda!! La sua vita semplice era composta da Juti, dalla sua famiglia e dal bar con tutti i suoi bizzarri frequentatori. Alcuni erano entrati maggiormente nel suo cuore e lei lo dimostrava con piccoli gesti, come ad esempio versare lo zucchero nella tazzina del caffè o portando il giornale appena questi si sedeva al tavo-lo. Posso dire con grande com-mozione, e senza grande meri-to, che anch’io sono stato uno di quei fortunati. Juti, invece, si concedeva, come unica distra-zione, la partita casalinga del Portogruaro, squadra nella qua-le aveva militato in gioventù.È forse difficile spiegare ai gio-vani d’oggi quale fosse il ruolo e il significato del bar Stefani, così come lo intendevamo noi: le cartoline che arrivavano dalle caserme o dai posti di villeggia-tura erano il nostro Facebook e molto spesso dalle ferie si torna-va con un ricordino che puntual-mente la Tina appendeva alla parete del bar o lo disponeva nella vetrina assieme alle coppe dei tornei di calcio e alla foto di Juti in veste da calciatore.Purtroppo il tempo passa ineso-rabile e oggi il bar Stefani è chiu-so; la cosa stupenda è che invece il bar della Tina e di Juti - il no-stro bar - resterà per sempre nei cuori delle persone che lo hanno frequentato, vissuto e amato.

Beppino Martin

C’era una volta il bar Stefani...

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Quando mi è stato chiesto di scrivere un pensiero sul bar di Tina e Juti, come in un lampo, mi sono ritornati alla mente mille ricordi impossibili da cancellare. Potrei trascorrere ore a racconta-re tutti i ricordi che ho impres-so dentro di me, tutti i momenti che ho passato in quel bar che per me, e per molti altri, era come una seconda casa. Quante domeniche e quanti pomerig-gi trascorsi lì dentro anche solo guardando la televisione e man-giando i mitici toast della Tina. Quante ore abbiamo trascorso seduti nei tavolini fuori a parla-re e ridere… ovviamente sempre sotto lo sguardo vigile di Juti che ci controllava e osservava da dietro il bancone. Anche da più

grandi, l’ultima tappa della sera-ta (…non si rincasava mai dopo le ore 23…) era sempre da loro, che ci aspettavano per coccolarci un po’ con l’ultimo cappuccino della giornata accompagnato da una pastina confezionata. La nostra presenza li rendeva feli-ci, ma anche tanto sereni, tant’è che, mentre noi scherzavamo allegramente, loro ne approfitta-vano per sedersi davanti alla te-levisione fino ad addormentarsi spalla contro spalla, uno accanto all’altra.Non molto tempo fa, passando davanti al bar ho deciso di fer-marmi per un saluto veloce… Juti al momento non sembrava avermi riconosciuto, ma dopo, come sempre faceva, ha chiama-

to Tina che era in cucina dicen-dole: «Tina, ’sé qua ’a Michela, vien a salutarla…!».Oggi un po’ ci rattrista quan-do passiamo davanti al bar e lo vediamo tutto chiuso… ma nei cuori di tutti noi che lo abbiamo vissuto sappiamo che quell’an-golo di Summaga, “il bar di Juti e la Tina”, non potrà mai essere dimenticato…

Michela Drigo

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Cordiale MarsonQualche anno fa abbiamo avuto modo di incontrare e conoscere Cordiale Marson, già pluriottua-genario, che ci fece rivivere con i suoi “ricordi fotografici” l’at-mosfera di Summaga dell’altro secolo. Cordiale era un “perso-naggio” originale ed eclettico che ha testimoniato con la sua vita come “non sotterrare i talenti”, ma moltiplicarli, e questo soprat-tutto nelle avversità… Era molto legato al nostro paese e sperava presto di dedicare a Summaga una mostra fotografica, mentre ringraziava per i riconoscimenti passati, non ultimo il sevizio a Telepordenone accanto all’amico Luigi Goi. Ci dispiace non abbia potuto farlo, perché ci ha lasciato il 16 novembre.Cordiale Marson era nato a Chions il 10 settembre 1922. Pe-nultimo di quindici figli, a solo sei anni rimase orfano di padre. La vita, già prima non semplice, diventò per lui ancora più dura: fu sottoposto alla disciplina im-posta dai fratelli e al lavoro dei campi. Le difficoltà tuttavia non piegarono il suo spirito, lo por-teranno invece a sviluppare la creatività che lo contraddistinse. A quindici anni, manifestò ad un amico l’intenzione di partire per il Piemonte in cerca di fortuna, ma lo zio don Pietro, venutone a conoscenza e preoccupato per questa decisione prematura, lo portò con sé a Summaga, dove rimarrà fino al compimento del diciottesimo compleanno, nel

1941. Furono tre anni, dal 1937 al 1941, ricchi di avvenimenti, rap-porti umani ed amicizie determi-nanti per la sua formazione. Era ammirato dai nuovi compaesani per l’indipendenza, l’intrapren-denza e l’originalità, diventando però la spina nel fianco della sio-ra Gigia, domestica tuttofare di don Pietro. Cordiale, infatti, era sempre in movimento, una ne

pensava e cento ne faceva. «Alla sera, dopo aver dato la buona-notte, saliva nella sua camera e, legata una corda al balcone, si calava giù, comparendo di lì a poco in piazza con la sua sgan-gherata bicicletta a dar spettaco-lo di acrobazie, alternando giochi e trucchi con destrezza sotto lo sguardo divertito degli amici». Un’altra sua passione era caval-

Il MAGo dEllo SCAtto

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care. Lasciava che lo zio andasse a schiacciare il rituale pisolino del dopo pranzo e lui si infilava nella stalla, fasciava con stracci ben bene gli zoccoli del puledro, perché, uscendo, non facesse ru-more e via attraverso la vigna, i campi, gli argini, al galoppo! Approfittava poi di ogni occa-sione per giocare a pallone: «Le partite erano tirate allo spasimo e siccome non c’era il campo, ogni prato, falciato o meno, diventava un rettangolo di gioco. Memora-bili le partite con l’Azzano X e col Portogruaro». Fu proprio in una partita col Portogruaro che Cor-diale con azioni travolgenti capo-volse il risultato da 3-1 a 3-4! Chi lo ha visto giocare giura che «era fortissimo: univa classe, veloci-tà, tiro da competere con quotati miliardari del calcio attuale». (L. Alessandrini, «Qui Summaga»). Nel 1939 il fratello Pietro, con il quale aveva un rapporto privi-

legiato, reduce dalla campagna d’Africa, gli portò un regalo ec-cezionale: una macchina fotogra-fica con autoscatto. Questa macchina diventerà nuo-vo strumento di curiosità e di-stinzione fra gli amici; grazie ad essa oggi conserviamo ritratti e momenti di vita di tanti sum-maghesi che ricorrono nelle narrazioni dei nostri vecchi (ha regalato con molta generosità a Summaga questi scatti che ave-va conservato con cura dentro un contenitore particolare, pre-servandoli dall’umidità e dall’u-sura): giovani dell’Azione Cat-tolica, abitanti e famiglie di via Pramorin, Maute, Villa, Ghetto… Ritornato a Chions, Cordiale non ha smesso di “ritrarre” e, un po’ per risparmiare, ma sopratutto per dar sfogo alla sua creatività, escogitò un sistema per fissare su un unico negativo centinaia di soggetti, senza mai rivelare come

ci riuscisse! Nelle sue foto si ri-trovano i volti di intere genera-zioni che periodicamente si risco-prono in fotomontaggi e originali composizioni, realizzati per due pubblicazioni-ricordo (C. Mar-son, Dieci anni d ricordi. Memorie documentate da 200 fotografie nei 10 anni della mia gioventù. 1936-1946, Tip. Sagittaria, Concordia 1994; Nostalgici ricordi degli anni 1930-40-90 con 140 fotografie, Tip. Sagittaria, Concordia 1996). Per tanto tempo, Cordiale ha pure coltivato il suo hobby di acro-bata, girando varie piazze con compagnie teatrali importanti e conoscendo artisti famosi e negli ultimi anni ha fissato i momenti più importanti sia affettivi che artistici della sua colorita esisten-za in simpatiche video-cassette (alcuni video si possono vedere su Youtube).

L.M., U.P.

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Il libro, edito nella ricorrenza del 60°anniversario dell’Avis comunale, presenta temi pensati e scritti dai nostri ragazzi delle scuole superiori, pensie-ri semplici, frutto di quella riflessione spontanea che è tipica dei nostri adolescenti; proprio queste caratteristiche ci permetteranno di gustare fino in fondo tutti gli elaborati. Ovviamente non si può, né si deve, dimenticare che i temi sono la punta dell’iceberg del progetto della Borsa di Studio intitolata al mai dimenticato dott. Valentino Moro, ovvero di colui che ha fatto della scelta del dono il suo modello di vita, riu-scendo a trasferirlo a tutti gli avisini.Appare chiaro che con queste prospettive di fon-do, partecipare ad una borsa di studio, con la elaborazione di una tema ha permesso ai nostri ragazzi di accostarsi ad una realtà importante ma, soprattutto, di dare un contributo – anche se piccolo – allo sviluppo dell’attività dell’Avis, che per i donatori del Portogruarese significa “Centro Trasfusionale”.Gli elaborati, qui riportati, sono stati stampati in ordine di anno, senza alcuna classifica, proprio perché sono tutte testimonianze di pensiero e di approfondimento, con un’unica categoria di me-rito: la bravura.

IL doNo dI uN PeNSIero - IL doNo dI uNA vItAL’Avis Comunale di Portogruaro ha voluto predi-sporre questa pubblicazione, proprio per diffon-dere ancora di più le proprie linee guida, le fina-lità che si propone, insomma “la vita” che scorre nelle “vene” di questa meritevole associazione.Nel corso degli incontri con gli studenti, prima della scelta del titolo, questi sani principi sono sta-ti portati alla loro attenzione, per cui coloro che si sono cimentati hanno colto spunti, interrogativi, certezze verso un’Associazione che forse neanche conoscevano.La loro lettura, ci consentirà di apprezzarne la schiettezza e la freschezza di chi sta crescendo ed è aperto al nuovo. Saranno in futuro donatori? Non è dato sapere, certamente saranno ragazzi, alcuni ormai avviati agli studi universitari, più consapevoli, cui l’Avis nel suo piccolo ha dato dei convincimenti, ed ecco perché, forse leggendo questi elaborati, anche noi adulti possiamo nutrirci delle loro riflessioni e maturare scelte significative.

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cALeNdArIoNell’occasione sono stati premiati alcuni alunni delle classi 5e delle scuole primarie «Cesare Batti-sti» di Summaga e «4 Novembre» di Portogruaro che hanno partecipato al concorso Disegna l’Avis. Il gruppo Avis di Summaga ha voluto ricordare questo evento con un Calendario inserendo tutti i disegni degli alunni della scuola «Cesare Battisti».

dI tAPPo IN tAPPo... PLAStIcA o tAPPo dI vINo?

Ci passano tra le mani continuamente. E con-tinuamente, senza pensarci, li gettiamo, cre-dendo non abbiano alcun valore. Un tappo di bottiglia in plastica pesa in media 2,5 grammi: per un chilo ne occorrono circa 400. I tappi di plastica attualmente sono pagati 0,15 Euro al Kg. e dal 2005 ne sono state raccolte quasi 50 tonnellate. Anche se compensate modesta-mente, le raccolte di tappi hanno permesso di devolvere alla «Via di Natale» più di 8.000 euro.La «Casa Via di Natale» di Aviano è una strut-tura di accoglienza costituita da appartamenti riservati alle persone in trattamento oncologi-co e ai loro familiari. L’ospitalità e l’assistenza sono totalmente gratuite, sostenute anche con le raccolte di tappi di plastica. Dal 2012 si è af-fiancata anche la raccolta di tappi di sughero.Si può ben dire che a Summaga la raccolta si sia allargata a macchia d’olio, il passapa-rola apre sempre nuovi rivoli di raccolta, è un’ondata di buona volontà e generosità che coinvolge tante persone. Un’iniziativa – appa-rentemente così di nicchia, così minuta – che appassiona perché piace molto che quel sem-plice gesto – il metter via un tappetto di pla-stica – possa far del bene, e poco importa che occorrono un sacco di energie per giungere al risultato finale. La solidarietà nasce anche da piccoli gesti, una goccia nell’oceano, ma senza di essa l’oceano avrebbe una goccia di meno, magari colorata, magari fatta a forma di coperchietto.

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Ruggero Simonato ci inoltra la mail di don Vittorio Brunello a lui diretta, nella quale lo informa sulle novità del suo ministero. Sappiamo che molti sono i parrocchiani che leggono con piacere sue notizie e per questo ci permettiamo di riportare integral-mente il testo.

Grazie per gli auguri che contraccambio vivis-simi. Dallo scorso 22 febbraio sono diventato parroco di tre parrocchie: Malonno, Paisco e Loveno. Di Malonno potrai trovare notizie sul Web, mentre Paisco e Loveno formano un piccolo comune sulla strada che conduce al passo del Vivione che collega la Valle Camonica alla Val-le di Scalve. Ti chiederei due favori: un saluto cordiale a mons. Umberto; la comunicazione del mio nuovo indirizzo alla redazione di Qui Summaga.Il mio nuovo indirizzo è: piazzale chiesa, 6 - 25040 Malonno (BS).Grazie di tutto.Ti auguro un sereno 2015.don Vittorio.

trAGedIA dI uNA GuerrA...

CorrISPondEnzA

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In occasione degli ottant’anni di Maurice (2 no-vembre 2013, primogenito di Antonio Boscari e Ida-Elisabetta Lisandro, emigrati nel 1932 a Mon-tauban, in Francia, dopo il loro matrimonio, ci è stata inviata una foto delle famiglie dei cugini tut-tora colà residenti.

È stata una sorpresa bellissima. Alcuni li avevamo conosciuti quando ancora la zia Bettina – tanti anni fa - veniva a Summaga a trovare i fratelli Giacomo, Donato, Anna, Antonio, Pasquale e Giacinta, coi cugini Bruno e Denis ci vediamo annualmente.Vi ringraziamo di cuore per averci fatto questo “regalo di Natale”.

Pensiamo di far cosa gradita facendo partecipi tut-ti i parenti Boscari e Lisandro, anche i più lontani, divulgando la foto attraverso il «Qui Summaga». Con affetto, Franco e Lucia Lisandro.

SALutI dAI BoScArI-LISANdro dI MoNtAuBAN (FrANcIA)

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Il limone, il principale fra tut-ti gli agrumi, ha la sua patria nell’India settentrionale ma già nell’VIII secolo a.C. lo si trovava diffusamente coltivato in tutto il sud-est asiatico.Con la caduta dell’Impero Roma-no decadde l’uso degli agrumi e i limoni vennero dimenticati e non più coltivati fino a che non furono reintrodotti nel bacino del Mediterraneo ad opera degli Arabi.Iniziò così una coltivazione in-tensa specialmente nella zona della Sicilia e della Spagna.Il limone, denominazione scien-tifica Citrus limonum L. è un pic-colo albero alto dai tre ai sei me-tri, sempreverde.Fa parte della famiglia delle Ru-tacee, cui appartengono anche arance, mandarini, bergamotti, cedri, pompelmi.Del limone si usa tutto il frutto, sia la polpa per il succo, sia la scorza, quest’ultima prevalente-mente per ricavare l’olio essen-ziale.Il succo di limone è ricco di acido citrico, limonene, vitamina C, A, B e PP.L’acido citrico e i citrati (sali) in esso contenuti sono dei na-turali regolatori di acidità. II gruppo delle vitamine B è im-portante per l’equilibrio nervoso, per la nutrizione e per l’equi-librio della pelle. La vitamina A è importante per mantenere i tessuti giovani e per la crescita. La vitamina C (100 gr. di limone ne contengono 40-50 mg) è un antiossidante fondamentale con-tro i radicali liberi e agisce sulle

ghiandole endocrine. La vitami-na PP protegge i vasi circolatori.Il frutto del limone, che rap-presenta la parte della pianta utilizzata ai fini terapeutici, è un perfetto integratore dell’ali-mentazione per la presenza di citroflavoni, sostanze protettrici dell’elasticità dei vasi sanguigni e in particolare dei capillari.Il succo contiene dal 5% all’8% di acido citrico, ma non produce una reazione acida nell’organi-smo bensì si tramuta in reazione basica.Contrasta l’invecchiamento dei tessuti, fluidifica il sangue e lo depura.Il succo del limone ha una poten-te azione disinfettante, previene lo sviluppo di batteri, cura l’arte-riosclerosi, l’ipertensione arterio-sa, l’artrite, i problemi circolatori e renali, scioglie i calcoli renali e vescicali.Un altro pregio è quello di esse-re fortemente digestivo, gli acidi organici in esso contenuti sti-molano i movimenti peristaltici dello stomaco e la produzione di succhi gastrici stimolando altresì i vasi sanguigni che irrorano la mucosa dello stomaco.Insostituibile in cucina, il limone è ampiamente usato in fitotera-pia, nell’industria farmaceutica, nell’industria dei liquori, in pa-sticceria, per la produzione di bi-bite dissetanti, in profumeria e in cosmetica.L’essenza che si estrae dal frutto del limone è uno scrigno di pro-prietà; stimola la mente, dona equilibrio e armonia, rivitalizza coloro che sono stanchi e, nello

stesso tempo calma gli irrequieti e placa i nervosi.Possiamo considerare questa es-senza un tonico del sistema ner-voso centrale.L’essenza di limone ha inoltre proprietà benefiche su fegato, stomaco, intestino e pancreas….

Forme d’uso

Nell’ambiente di lavoro o nello studio l’utilizzo di olio essen-ziale (O.E.) di limone migliora le attività razionali, il calcolo mate-matico, apre la mente allo studio, alla concentrazione e alla comu-nicazione interpersonale.Possiamo preparare una miscela stimolante con 5 gocce di O.E. di Limone e 5 gocce di O.E. di pino silvestre da vaporizzare nella stanza per prevenire la stanchez-za e aumentare il rendimento in-tellettivo.Per migliorare la concentrazione nello studio 5 gocce di O.E. di li-mone e 2 gocce di O.E. di menta.Contro stati infettivi e infiamma-tori della bocca e della gola e in presenza di afte, si possono fare sciacqui o gargarismi con 2-3 gocce di O.E. di limone in mezzo bicchiere di acqua bollita prece-dentemente.

IL LIMoNe (citrus limon L.)

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In caso di influenza, raffreddore, si-nusite sono consigliati suffumigi, che si effettuano versando in una bacinella di acqua molto calda 2 gocce di O.E. di limone, 2 gocce di O.E. di eucalipto e 2 gocce di O.E. di pino silvestre.L’Olio Essenziale di limone è cica-trizzante, astringente, rassodante, migliora la circolazione venosa e linfatica, rende più forti le pareti di vasi e capillari ed è utilizzato con successo contro geloni, herpes, verruche, pelle grassa, micosi…

Basta aggiungere qualche goccia di essenza in una garza di cotone bagnata per notare a breve i mi-glioramenti.È consigliato utilizzare sempre olio essenziale di limone estratto dai frutti coltivati con metodo di agricoltura biologico e biodina-mico.In questo modo c’è la sicurezza di non avere tracce di antiparas-sitari pericolosi per l’organismo.

Consiglio per gli sportivi

Consumate mezzo limone cru-do, prima dell’attività fisica. Le vostre prestazioni miglioreranno e preverrete l’insorgere di dolori muscolari.Inoltre per potenziare il lavoro muscolare durante l’allenamento si può massaggiare sul corpo pri-ma dell’attività una miscela di 20 gocce di O.E. di limone assieme a 100 ml. di olio di mandorle dolci.

Cinzia Drigo, naturopata

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lAUrEE

Nicole Passador, nata a Por-togruaro il 12 ottobre 1989, residente a Summaga. Laurea magistrale in Giurisprudenza presso l’Università degli Studi di Trieste, con 110 e lode.

Il giorno 23 giugno 2014 Elena Simonatto si è laureata a pieni voti in Filologia e Letteratura italiana presso l’università Ca’ Foscari di Venezia, con una tesi intitolata Nel nome del padre. Miti e figure paterne da Le cose fondamentali a 1q84.

Tessa Molent Riccardo Dazzan Enrico Maria Onorio Formentini

Davide Reghenaz Melissa Florean Linda Falvo

Ilaria Salmaso Lia Lisandro Andrea Pastorini

Isabel Fornaro Elena Sartori

Il volto dei nostri bambini

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Tessa Molentdi Gianni e Michela Sponga

Riccardo Dazzandi Roberto e Sara Borsoi

Mia Brunzindi Roberto e Alessandra De Michiel

Enrico Maria, Onorio Formentinidi Stefano Maria e Monica Sonego

Ilaria Bianca Maria Salmasodi Massimiliano e Nicoletta Battaglini

Lia Lisandrodi Carlo ed Angela Bettucci

Andrea Pastorinidi Roberto e Marta Brun

Davide Reghenazdi Francesco e Daniela Pasqual

Melissa Floreandi Marco e Sara Rezzadore

Alice Porcudi Gianluca e Paola Cannata

Leonardo Giolodi Andrea e Federica Bravo

Linda Falvodi Paolo e Cristina Nosella

Leonardo Pavandi Andrea ed Ester Amore

Isabel Fornaro di Natalino e Silvia Simonato

Elena Sartori di Luca Paolo e Cristina Vivan

BAttESIMI MAtrIMonI dEFUntI

ANAGrAFe PArrocchIALe

Liddy Gertrud Henzel✝ 04-01-2014

Luigi Faorlin✝ 05-02-2014

Lucia Pauletto in Grigoletto✝ 12-02-2014

Francesca Volpato in Trevisan✝ 17-02-2014

Loredana Simaz in Zavattin✝ 08-04-2014

Licia Boccalon ved. Drigo✝ 10-04-2014

Giuseppe Pierasco✝ 16-06-2014

Luigi Goi ✝ 10-08-2014

Aldo Arreghini✝ 26-08-2014

Laura Bozza✝ 10-09-2014

Guido Zordan✝ 12-09-2014

Gianni Vello✝ 12-10-2014

Luigi Miglioranza✝ 25-10-2014

Olga Gennaro ved. Bonfanti✝ 11-11-2014

Onorina Bozza ved. Falcomer✝ 29-11-2014

Enrico Buso✝ 29-11-2014

Maurizio Vello✝ 03-12-2014

Iolanda Sandrin ved. Demo✝ 25-12-2014

«Signore, da chi andremo ? Tu hai parole di vita eterna» Gv 6, 68

Massimiliano Salmaso con Nicoletta Battaglini

Luca Mazzon con Samantha Zanet

Denis Pantarotto con Francesca Segato

Gianluca Porcu con Paola Cannata

Luca Carnieletto con Elisa Vignandel

Marco Gambin con Beatrice De Franceschi

Andrea Bertacche con Milena Mascarin

Pietro Badanai con Monica Cescon

Emanuele Mirizzi con Nadia Teresa Moro

Silvio Borsari con Annarita Pauletto

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lI rICordIAMo Con AMorE nEllA PrEGhIErA

Luigi Faorlin n. 04.07.1920 m. 05.02.2014

Liddy Gertrud Henzeln. 12.10.1927 m. 04.01.2014

Lucia Pauletto in Grigoletton. 13.12.1940 m. 12.02.2014

Francesca Volpato in Trevisann. 06.08.1970 m. 17.02.2014

Licia Boccalon ved. Drigon. 07.02.1924 m. 10.04.2014

Loredana Simaz in Zavattinn. 20.11.1956 m. 08.04.2014

Giuseppe Pierasco n. 07.09.1940 m. 16.06.2014

Luigi Goi (Juti)n. 18.05.1925 m. 10.08.2014

Laura Bozzan. 21.04.1967m. 10.09.2014

Aldo Arreghinin. 28.07.1942m. 26.08.2014

Guido Zordan n. 17.02.1926m. 12.09.2014

Gianni Vellon. 10.06.1950m. 12.10.2014

Olga Gennaro ved. Bonfantin. 11.11.1931m. 11.11.2014

Luigi Miglioranzan. 24.11.1923m. 25.10.2014

Onorina Bozza ved. Falcomern. 12.10.1927m. 29.11.2014

Enrico Buson. 31.01.1920m. 29.11.2014

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rICordIAMo AnChE...

Maurizio Vellon. 12.01.1953m. 03.12.2014

Iolanda Sandrin ved. Demon. 21.05.1923 m. 25.12.2014

Marzia Quattrinn. 2.12.1924

m. 10.11.2014

Don Giuseppe Andreonn. 21.05.193223.10.2013.

Narciso Bravin n. 8.12.1924m. 3.4.1986

Claudio Bravin n. 19.7.1959m. 29.4.1994

Luigia Zanot ved. Vellon. 21.3.1920 m. 27.4.2011

Luciano Vellon. 18.5.1942m. 2.10.2011

Severina Bottos in Zoppelletto n. 29.12.1916m. 6.11.1982

Germano Zoppelletton. 14.4.1908m. 2.10.2009

Carlo Stival n. 22.10.1954m. 10.10.2014

(Prata di Pordenone)

Marino Zoppelletton. 7.11.1941m. 1.09.2002

Cordiale Marsonn. 10.09.1922m. 16.11.2014

(Pordenone)

Luigi Tusein. 29.01.1913m. 28.12.2014

(Concordia Sagittaria)

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In ricordo di...ANNA MARZINOTTO

Nonna ci ha sempre chiesto di trattenere le lacrime, ha cercato pian piano di farci capire che la morte a volte è una soluzione, che lei aveva già dato e che era tempo di lasciare spazio alla sua famiglia, che presso la sua casa ha sempre trovato un punto d’incon-tro. Sì, la sua famiglia le ruotava intorno perché da lei coglieva un’energia che faceva sembrare le cose più facili.Quando la penso non posso non ritornare bambino, a quella picco-la casa dove abitava, ai profumi della sua cucina, a quelle patatine fritte tagliate a rotelle, alle polpet-te che tanto era desiderosa di far mangiare ai suoi nipoti, alle terrine di gnocchi preparati a mano. Non posso non pensare al suo orto, alla “cuiera” di fragole, a quanta pas-sione impiegava su quel piccolo pezzetto di terra che con tanta fa-tica ha abbandonato, a quelle me-lanzane sott’olio che con amore sapeva preparare. Il suo segreto in cucina gliel’ho chiesto e mi ha det-to che stava nella pazienza.

Mi ricordo che quando noi nipoti andavamo da lei, ci dava dei ges-setti colorati e noi ci divertivamo a colorare il marciapiede, oppure andavamo a sbirciare nella “ca-sonetta”, dietro casa, un vero e proprio magazzino, se mancava qualcosa era là dentro.Ma la cosa che l’ha sempre con-traddistinta era quella di salutar-ci ogni volta con un bacio sulla fronte. Finché ha potuto ha parte-cipato attivamente alla vita della comunità, ci teneva, anche nella distribuzione di questo giorna-lino parrocchiale, e nella scuola dove ha lavorato ha lasciato un segno in docenti, studenti e colle-ghi per la sua simpatia e forse an-che perché aveva la generosità di dare uno spuntino a quei ragazzi che dimenticavano la merenda a casa, sicuramente in loro rimarrà la bidella preferita.Nella sua piccola casa ha trascor-so i più begli anni, era una casa viva e a me da bambino piaceva l’idea che lì potesse aprire un bar, “bar da Anna”, perché la cliente-la l’aveva, una marea di caffè ha offerto al via vai di persone che andavano a trovarla, l’ospitalità è sempre stata una sua dote. Le persone andavano da lei perché aveva un dono, quello di essere di compagnia, di rallegrare, di tra-sformare anche le cose più difficili in un insegnamento, di far capire che la vita non è di sole gioie ed è per questo che bisogna saperla vivere sfruttando i momenti più belli. Sapeva dar consiglio per-ché le sue le aveva vissute, quan-te volte ho sentito la sua storia, e sono convinto di non conoscerla

ancora tutta, bastava darle il via e lei partiva a raccontare e lo faceva con semplicità e col sorriso sulle labbra quando, invece, la sua vita è stata tutt’altro che facile. Come faceva a rivivere quei mo-menti con quella spensieratezza ho sempre faticato a capirlo, e spesso mi lasciava di stucco con certe frasi sulla vita, sulle perso-ne, sul fatto che a volte per vive-re bene sia meglio lasciar perdere le cose spiacevoli che ci vengono fatte. Ripensandoci, però, ho for-se capito cosa le rendeva facile il raccontare, era il fatto di avercela fatta e di avere lì con lei la sua più grande soddisfazione, i suoi figli, di essere riuscita nonostante tutto a salvaguardare loro. Per loro si è data coraggio giorno dopo giorno, ha fatto sacrifici, ha stretto i denti ma così è riuscita a tenere insieme la sua famiglia; quei racconti non raccontavano le sue disavventure, ma la sua vittoria. Ha dimostrato loro talmente tanto amore che le sono sempre stati accanto, in uno scambio reciproco di un qualcosa che non a tutti è dato capire, fino alla fine sono stati lì e hanno spe-rato che tutto potesse andare per il meglio, il legame tra loro non si sfi-brerà mai, perché è nelle difficoltà che nascono i legami più forti. Sarà difficile non soffrire un po’ ricor-dando la sua voce, il suo sorriso, il suo essere se stessa, forte, sicura e vivace, ma al contempo semplice, dolce e riflessiva: cercheremo di soffocare questo dolore ripensando a quando ci diceva che non avreb-be voluto vederci star male. Uno degli ultimi giorni che era a letto mi ha detto: «Davide mi han-no riempito il terrazzo di fiori bel-lissimi, finché stavo bene mi pia-ceva andare a vederli, ma ora che io sto così male, anche se potessi

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vità, religiose e civili, alle quali era solita dedicarsi con amore e altruismo.Era amica di tutti ma, riservata e non esigente, prestava attenzio-ne a ciò che riguardava gli altri cercando di non attirare la curio-sità altrui nei confronti della sua persona. Composta come sem-pre, non bramava le lodi e non compiva alcuna azione che non fosse dettata dal più delicato sen-timento del cuore.Il suo sguardo lucido e sincero, la dolcezza del suo sorriso, assai raramente si tramutavano in tri-stezza. Ed è per questo, cara Lu-cia, che non te ne sei andata via così presto per niente.Ho un nodo alla gola, mi fa man-care il respiro, gli occhi diventa-no lucidi. Cinque mesi senza di te, sono volati via e forse non mi rendo conto che non ti potrò più vedere. Solo di sera, prima di ad-dormentarmi, ti parlo ancora e spero di poterti sognare serena e confortante, come solo una mam-ma sa essere.Bastano poche parole per de-scriverti: pulita dentro… piena di paure per chi amavi, ma così coraggiosa nella consapevolezza della malattia.Ti ricorderò sempre sorridente, genuina e con tanta bontà in fon-do al cuore.E non passa giorno che mi chie-do… perché mamma te ne sei an-data così presto?

Chiara

Tante sono le cose da scrivere: la prima è che eri una donna sem-plice e semplici erano le cose che amavi. Amavi la tua famiglia pri-ma di tutto, avendo cresciuto in modo esemplare quattro figlie,

trasmettendo loro i valori più importanti, la nostra speranza è di avere ereditato, almeno un po’ della tua semplicità, umiltà e pa-zienza.Mamma eri onesta, capace di dire solo cose vere, eri di poche parole, ma sapevi ascoltare sen-za giudicare. Eri timida…si…ma anche determinata ad affrontare il destino, come ti giungeva. Eri sempre allegra, con il sorriso sul-le labbra; cantavi in ogni momen-to del giorno. E ora vogliamo pensare che ancora sia così: che lassù, nel tuo spazio di cielo, tu lo sai facendo e che il nostro udito possa ancora cogliere la tua voce, che tanto ci manca.

La tua famiglia

Cara Lucia,tutte le persone che hanno avu-to modo di conoscerti ti hanno amata e stimata. Eri una donna semplice e onesta, un’anima buo-na piena di fede. In tanti abbiamo potuto apprezzare il tuo sorriso inestinguibile e il tuo volto rag-giante che trasmetteva gioia. Eri sempre pronta e disponibile con tutti, e disposta a fare una simpa-tica chiacchierata con chiunque. Cantavi, con la tua bellissima

alzarmi e andare là, non ci andrei, perché quei fiori sarebbero troppo belli e io mi sentirei ancora più ab-battuta». Ed ecco che lo scorso in-verno si è portato via sia la bellez-za di quei fiori che lei, ma mentre non ho la certezza che quei fiori rifioriranno ogni anno, ho la si-curezza che il seme che ha messo in noi in questi anni sopravvivrà per sempre, anzi è già sbocciato in noi, alimentato dal suo ricordo.L’abbiamo amata e continueremo a farlo.

Davide

LUCIA PAULETTO

Così le parole toccanti della sua famiglia e di una amica a testi-monianza: Credo non servano tante parole per ricordare Lucia: l’abbiamo conosciuta tutti come una donna vera, leale e sincera, disponibile ad aiutare il prossimo sempre con il sorriso. E anche se adesso non c’è più è come se non se ne fosse mai andata: recatevi sulla sua tomba e soffermatevi un at-timo su quel sorriso… è sempre lei… lei che, instancabile com’era in vita, sicuramente ora ci aiuta anche da lassù.Il male che la colpì e che lei sop-portò con una grazia e una forza d’animo fuori dal comune non bastò a piegare il suo carattere. Lucia non lasciò trapelare alcu-na ombra e alcuna sofferenza, nemmeno nei momenti più duri. Sopportò il dolore con una fiera rassegnazione e una serenità in-teriore che le concesse di celare a chiunque la propria sofferenza.La malattia, purtroppo, la co-strinse ad allontanarsi dalle atti-

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voce, nel coro della parrocchia, e ora Gesù ti ha accolta nella sua casa celeste per cantare con gli angeli le canzoni che intonavi quaggiù.Eri madre, moglie e nonna prodi-ga e premurosa. Semplicemente meravigliosa. Sarai sempre nei nostri cuori Lucia, e ti immagi-niamo lassù che ci guardi e pre-ghi per noi. Grazie, cara amica, dell’esempio di amore, carità e bontà che ci hai lasciato.

La tua amica Adelia

PER TE LUCIAChe hai considerato vivere il dolore.

Adesso è un altro tempo…ma come l’oleandro che è sempre verdeporteremo addossoil profumo del tuo sorriso.A te che ci hai insegnato nella vitaa smussare gli angolia saperla cogliere ed accettarequando è acerba… aspra… salata… e apprezzarne i suoi lati dolcicentellinandoli in giuste dosi.Radiosa sia l’oasiove l’anima tua ora soggiornaperché su questa terra fosti vita…amatacome il ricordo che restadella tua umana essenza.

Per quale ragione piangertise adesso hai raggiunto la meritataricompensa…che lassù esiste un’altra vita…che hai sconfitto tu la mortein quel letto ad altra dimensione…sospesa e intangibile come i fioriche amavi tanto….e nonostante tu sia oltre… altrovenell’eternità nascosta…tutte le volte che crederemo…che saremo capaci di sfidarla la vita…tenere testa alle avversità del destino…anche alloratuin tutte quelle voltesarai in mezzo a noi solertee con un passo indietro come hai fattosempreci farai da scudo col tuo sorriso.

Carissima Lucia,ti dedico queste poche righe di saluto e ringraziamento a nome di tutto il “Coro Ermens” di cui hai fatto parte con passione e de-dizione. È estremamente diffici-le mettere su carta queste parole cariche di dolore e commozione: parlare di te e della gioia con cui ti sei dedicata al nostro coro è terri-bilmente doloroso, seppure ricco di emozione.Ci hai dovuto abbandonare du-rante la preparazione dei canti di Natale, costretta a rinunciare a quel canto che per te era vita. Era impossibile non notare la tua as-senza, era lacerante non sentire la tua voce così dolce, chiara, forte.Era devastante, soprattutto, non aver più tra noi una donna di tale nobiltà d’animo e piena di fede nella Divina Provvidenza.Porteremo sempre dentro di noi il ricordo della tua bontà e del tuo sorriso, della serenità che trapelava dal tuo volto anche nei momenti più bui, di quel canto così melodioso da poterti affi-dare senza esitazione i ruoli da solista.Ora ci piace immaginarti mentre canti fra gli angeli del Paradiso e, grati per averti avuto fra noi, ci stringiamo ai tuoi cari in un commosso abbraccio.Grazie Lucia.

Juti

Come da volontà della famiglia Grigoletto, le somme raccolte in memoria della cara Lucia sono state devolute al CRO di Avia-no, alla Comunità delle Suore Dimesse di Padova e all’associa-zione «In cammino con Maria» di Jesolo. Riportiamo qui sotto il testo della mail ricevuta da Suor

Fulgenzia Comunità delle Suore Dimesse di Padova:«Carissimi amici, ringraziamo di cuore quanti hanno contribu-ito all’opera di carità secondo il desiderio di mamma Lucia.Nel nostro ambiente tutto è mol-to prezioso e anche la più piccola goccia può dare un grande aiuto.Con la vostra offerta siamo in gra-do di pagare il primo trimestre di scuola a una nostra sorella Africa-na che si prepara ad essere analista di laboratorio. Abbiamo bisogno di suore preparate per continuare l’opera da noi iniziata tanti anni fa.Il dispensario qui è come un Day Hospital, si cura l’ammalato che poi continua il trattamento a casa. Da noi vengono i poveri, co-loro che non possono permetter-si un medico privato, per questo vogliamo che le nostre sorelle si preparino a fare un servizio con la competenza dovuta e tanto amore per la persona bisognosa.Grazie per averci incoraggiate in questo e grazie alla famiglia di Lucia per avere pensato alla no-stra missione.Il Signore vi benedica!

Cordialmente Sr Fulgenzia

e comunità delle Suore Dimesse di Padova

L’associazione «In cammino con Maria» di Jesolo, ringrazia la famiglia di Lucia per avere contribuito con una donazione all’opera di sostegno di famiglie in difficoltà. Con la somma devo-luta siamo riusciti a fare la spesa e pagare bollette a chi in questo momento, per vari motivi, non è in grado di farlo.Grazie per aver pensato a noi.

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inserita attivamente nella nostra comunità, facendo immediata-mente parte del Consiglio pasto-rale. Ce la ricordiamo sorridente entrare in sala con il suo compu-ter sottobraccio, sistemarsi, regi-strare gli interventi e compilare i verbali senza tentennamenti, precisando con sicurezza le pro-poste. Alla domenica partecipa-va puntuale alla messa dome-nicale con il marito Cristiano e nella nostra abbazia ha portato al fonte battesimale la sua pri-mogenita. Nei quattro anni che è rimasta nel nostro paese, prima di trasfe-rirsi a Portogruaro, si è rivelata “lievito” fecondo, prendendo, con discrezione, iniziative im-portanti quali il rinnovamento dell’Azione Cattolica.Adorava stare con i bambini e l’insegnamento era per lei una vocazione; insegnava, con gran-de competenza, Matematica alle scuole medie «Pascoli» di Porto-gruaro, ma soprattutto riusciva a coinvolgere con il suo entusia-smo anche gli studenti più di-stratti. La sua vita è stata piena e costruttiva, ma troppo breve: il 3 luglio, a soli 39 anni, ha lasciato la sua adorata famiglia: il mari-to, due figlie di soli 3 e 6 anni. La

FRANCESCA VOLPATO

In ricordo di Francesca, poche pa-role che escono dal profondo del cuore, ma che non serviranno a colmare quel grande vuoto che c’è ora nella sua famiglia dopo la sua fulminea dipartita. Era una donna semplice, buona e riservata, ma chi ha potuto conoscerla sa che nel bisogno si poteva contare sul suo aiuto e sostegno.In questa breve esistenza è riuscita a realizzare il suo più grande so-gno: la famiglia, per lei motivo di tanta felicità e soddisfazione. I figli da crescere, incoraggiare e seguire, il marito da attendere al ritorno del lavoro e sostenere nel suo hobby: la musica. Ora questa famiglia ha un angelo speciale e personale che li protegge e veglia su di loro. Il suo ricordo vive e vivrà in me per sempre come in quelle persone che le erano veramente amiche.Ciao Francesca.

Un’amica

LAURA BOZZA

Cara Laura,ora che sei volata in cielo speria-mo che gli angeli possano acco-glierti tra le loro braccia e coc-colarti, tu che hai sempre dato

amore, dispensato consigli, ora verrai ricambiata.Tu forse non lo sai, ma in questi ultimi mesi ci hai fatto un regalo preziosissimo: ci hai permesso di apprezzare le più piccole cose e di scrollarci di dosso piccolezze sen-za senso; e questo regalo lo por-teremo sempre con noi insieme al ricordo della tua forza e tenacia così ben celati nella tua dolcezza.Sei stata un’amica affidabile, di-sponibile e riuscivi sempre a tirar fuori il lato positivo nelle persone e situazioni più complicate.La tua forza di volontà resterà sem-pre impressa in noi e, quando nel nostro cammino troveremo delle difficoltà, penseremo a te e tutto sembrerà più semplice. Come dice-vi sempre tu «il nostro destino è già scritto dalla nascita».Noi siamo grati al Signore per aver incrociato i nostri destini con il tuo. Grazie Laura, veglia su di noi.

Elena e Daniele

SILVIA FLABOREA

Abbiamo conosciuto Silvia nel 2005, quando, neosposa, si è tra-sferita da Concordia a Summa-ga. Disponibile e ottimista, si è

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testimonianza della sua vita spe-sa nell’amore sarà per loro fonte di forza e coraggio per continua-re a camminare nella fede, sicuri di non essere mai soli! La comunità tutta di Summaga condivide il pensiero dei suoi amici: «Ci hai attraversato l’ani-ma!»

Il Consiglio Pastorale

MARZIA QUATTRIN

Marzia Quattrin, la “Signorina Marzietta”, come ci piace an-cora ricordarla, il 10 novembre, alla soglia dei novant’anni, ha risposto alla chiamata del padre. «Io sono pronta, Signore per sta-re sempre con te» era solita dire quando sentiva il cuore affaticato e il respiro affannoso e nel suo te-stamento scrive: «Chiedo perdo-no e ringrazio tutti. Nella bontà e misericordia del Signore pongo la mia fi ducia».

Era nata a Zoppola nel 1924; arri-vò a Summaga nel lontano 1956 a fi anco del fratello don Natale, appena nominato parroco, e vi restò fi no al 1969, quando si tra-sferì con lui a Castel d’Aviano. Ha sempre mantenuto negli anni un legame affettivo con il nostro paese e in particolare con alcuni amici che si sono fatti suoi por-tavoce, riportando in paese i mo-menti signifi cativi della Casa di Riposo di Castions, dove si era ritirata nel 2010 e di cui è rima-sta una convinta animatrice fi no a pochi mesi fa. Mostrava con entusiasmo agli altri ospiti il «Qui Summaga» e nell’occasione ricordava con gio-ia le persone conosciute ed episo-di del tempo passato. La sua vita è stata percorsa da una profonda spiritualità, da grande sensibili-tà umana e cristiana. Al centro della sua vita e cuo-re della sua fede c’era il grande amore per Gesù, un forte e ricer-cato desiderio di piacere a lui,

di comprendere e di compiere la sua volontà. Sempre disponi-bile, attiva, discreta, vicina alle famiglie e persone in diffi coltà, ha speso tutta la vita accanto al fratello don Natale e ad altri sa-cerdoti come collaboratrice pre-ziosa delle attività pastorali. A lei e a don Natale il nostro grazie e una preghiera per comprende-re, a loro imitazione, la “nostra vocazione” con il sorriso sulle labbra e la gioia nel cuore!

Orazione alla SS. Vergine del Carmine

O beatissima Vergine Immacolata, decoro esplendore del carmelo, Tu che guardi conocchio di particolare bontà chi veste ilbenedetto Tuo abitino, guarda benignamenteanche me e ricoprimi col manto della Tuamaterna protezione.Fortifica la mia fiacchezza col Tuo potere,illumina le tenebre della mia mente con laTua sapienza. Accresci in me la fede, lasperanza e la carità.Adorna l’anima mia di tali grazie e virtù,che sia sempre cara al divin Tuo figlio e a te.Assistimi in vita, consolami in morte con laTua amabilissima presenza e presentamiall’augustissima Trinità come Tuo figlio e servo devoto, per eternamente lodarti ebenedirti in paradiso. Amen.

Preghiera di Giuseppina Conte Valeri

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ENTRATE USCITE

offerte per celebrazioni sacramentali 2.985,94 imposte e assicurazioni 4.491,02

offerte in “memoria di” 2.495,00 stipendi e contributi 8.035,40

offerte “buon cuore summaghese” 9.501,00 spese gestionali 21.136,63

offerte per attività caritative 1.000,00 attività parrocchiali 12.819,22

offerte per bollettino “qui Summaga” 6.066,00

offerte per opere parrocchiali 13.627,65

totale 35.675,59 46.482,27

Il Consiglio Pastorale ha accolto l’invito di più parrocchiani a sintetizzare per voci le offerte. L’elen-co analitico viene esposto sulla bacheca parrocchiale.

Per agevolare il lavoro della redazione si chiede cortesemente di presentare gli articoli in cd o penna usb, fornendo se possibile una copia in cartaceo o allegando una versione in pdf. Chi non può conse-gnare il materiale direttamente all’uffi cio parrocchiale può spedirlo via email all’indirizzo [email protected] specifi cando nell’oggetto il titolo dell’articolo.

Le immagini a corredo degli articoli vanno numerate e fornite di didascalie, indicando possibilmen-te la data, l’autore/il proprietario della foto e i soggetti ritratti. Le scansioni devono avere una riso-luzione minima di 300 dpi. Le foto digitali di cattiva qualità non saranno prese in considerazione.

lA GEnEroSItÀ dEI SUMMAGhESI

coLLABorAZIoNe coN IL BoLLettINo

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