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Questa opera è stata realizzata dalla Redazione Web Macro

utilizzando estratti dei libri e DVD:

The Turning Point. La Resilienza - DVD e Libro

L’Arte di Comunicare

La Terapia Chelante

Guaritori Russi

L'Invenzione del Padre

Basta Rinunce

La Fabbrica della Manipolazione

La Fine della Sovranità

Matrix Economy

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Ogni traguardo è una nuova partenza.Dal 1987 il nostro Gruppo Editoriale si impegna a diffondere benessere e cono-scenza per corpo mente e spirito, sempre in modo coraggioso e controcorrente. È un traguardo per noi inaugurare il nuovo sito, testimonianza del nostro impegno nello stare al passo coi tempi, pur mantenendo fede ai nostri principi fondanti di benessere, conoscenza e consapevolezza a 360°.

Abbiamo scelto il meglio di Macro, perché tu ottenga il meglio da te stesso.

Per te che ci segui da sempre, da molti anni, o solo di recente, abbiamo pensato di realizzare il progetto VIVERE MACRO, che contiene ogni volta estratti dei nostri migliori best seller. Ogni brano è stato selezionato perché rappresenta un valore, un principio, un consiglio “Macro” che desideriamo regalarti.

Scegliere di vivere in modo Macro è una scelta coraggiosa e responsabile, che porta benessere, salute, consapevolezza e apertura mentale.

Macro pensa in grande.Da sempre abbiamo scelto di essere, in ambito editoriale, “diversi”. Ma la nostra è una diversità che non alza barriere, apre piuttosto a splendidi nuovi orizzonti. Vivere Macro è differente e fa la differenza. Una gran bella differenza!

“I sentieri si fanno viaggiando”. (Gandhi)

Abbiamo intenzione di continuare a scoprire sentieri inesplorati e a creare per-corsi avvincenti. Speriamo di poterlo fare insieme a te. Questi libri di “assaggi” vogliono essere un modo in più per tenerci compagnia durante il viaggio.

Grazie per aver scelto di fare un pezzo di strada con noi.

La Redazione Web Macro

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Trasformarsi e mettersi in viaggio

La primavera avanza, il clima si adegua lentamente alle nostre aspettative e alla nostra voglia di pantaloncini corti e costumi da bagno. Eppure quest’anno sembra che nemmeno il clima, con le sue bizze, abbia più voglia di risponde-re alle nostre più comuni aspettative. Non si può proprio più dare nulla per scontato, nemmeno le stagioni.

Molti di noi hanno la percezione che questa nostra epoca sia un’epoca di trasformazione. Un periodo in cui i vecchi modi di pensare non sono più sufficienti. Le certezze di sempre si sgretolano a colpi di riforme e sotto il peso della crisi. La medicina tradizionale perde colpi e sempre più persone prendo-no consapevolezza che i farmaci non sono la soluzione, anzi, forse sono il vero problema. La fiducia nella politica è sfumata da tempo, ma ora ci rendiamo conto che le cose, nelle alte sfere, sono peggio di come ce le immaginavamo, che esistono sul serio dei piani di manipolazione che ci vedono pedine ignare di un destino prestabilito.

Gli esempi potrebbero continuare all’infinito, ma quelli elencati bastano a capire che siamo in un periodo di crisi, non solo economica, ma soprattutto di valori e conoscenze. Ci sono due modi per reagire alla crisi: arroccarsi al vecchio con imperturbabile nostalgia, e fermarsi; o mettersi alla ricerca di punti di riferimento nuovi e più adatti per orientarsi sul sentiero che si sta delineando, e mettersi in viaggio.

Questo Vivere Macro ti propone alcuni spunti per gettare basi nuove e co-raggiose, alcune delle quali mai esplorate, su temi importanti come la salute, la comunicazione, le relazioni, il lavoro, l’attualità.

Spunti interessanti per mettersi in cammino “con le scarpe adatte” ad affron-tare questa avventura. Non per vantarci, ma noi siamo sempre stati tra quelli che si mettono in viaggio.

Vieni con noi?

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IndiceADATTARSI AI CAMBIAMENTI

in un’epoca di eventi estremi Pagina 6

COMUNICARE INVECE CHE LITIGARE: pratiche di comunicazione compassionevole

Pagina 9

DISINTOSSICAZIONE E PREVENZIONE: danni e rimedi contro i metalli pesanti

Pagina 14

LA MALATTIA NON È UNA CONSEGUENZA INEVITABILE DEL VIVERE.

Siamo nati per vivere senza malattie Pagina 22

LIBERATI DALLE EREDITà SCOMODE: il legame archetipico tra famiglia e malattia

Pagina 27

LE CRISI SONO LE MIGLIORI BENEDIZIONI: torna a fare ciò che ti appassiona

Pagina 33

RICOMINCIAMO A PENSARE CON LA NOSTRA TESTA. La fabbrica della manipolazione mentale

Pagina 43

APRIAMO GLI OCCHI SULL’ATTUALITà: Crisi finanziaria: a che punto siamo veramente?

Pagina 51

100 ANNI D’ILLUSIONI SULL’ECONOMIA MONDIALE Fuori la verità!

Pagina 63

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1ADATTARSI AI CAMBIAMENTI

in un’epoca di eventi estremi

“Siamo tutti viaggiatori impegnati in un percorso e il nostro è un grande viaggio. Esso ci conduce verso un luogo in cui nessuno è mai stato prima. Non esistono guide turistiche né siti Internet che ci indichino esattamente quale aspetto avrà la nostra destinazione o cosa ci servirà di preciso quando la raggiungeremo. Quelli che abbiamo in mano non sono biglietti per una breve escursione in una località esotica da cui possiamo tornare in capo a qualche giorno: sono piuttosto dei biglietti di sola andata. Si tratta di un tipo di viaggio completamente diverso.

Non stiamo solo spostandoci verso un altro punto qualunque della Ter-ra, stiamo invece procedendo verso un altro mondo, nascosto fra le pieghe della nostra vita quotidiana; e sono le scelte che facciamo nel presente, a condurci là. Stiamo sfrecciando in massa nella corsia di sorpasso di una superautostrada che attraversa i confini della tradizione e di credenze, reli-gioni e abitudini del passato. Nel fare ciò, ci accade anche di sorpassare energicamente i limiti di ciò che ritenevamo possibile. Queste esperienze

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Adattarsi ai cambiamenti

sono un vero e proprio passaporto, che ci conduce verso il nuovo mondo che si sta rivelando ai nostri occhi”

(The Turning Point, Gregg Braden - Libro)

GUARDA L’ANTEPRIMA VIDEO DEL DVD The Turning Point. La Resilienza - DVD

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The Turning Point. La Resilienza - DVD

Tratto da:

The Turning Point. La Resilienza - DVDAutore: Gregg Braden

PER APPROFONDIRE LEGGI I NOSTRI POST SULL’ARGOMENTO:> Gregg Braden a Rimini sul filo della resilienza

> Gregg Braden: ”Ci aspettano grandi crisi e grosse opportunità”

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2COMUNICARE INVECE CHE LITIGARE: pratiche di comunicazione compassionevole

RIcOMINcIARE DA cAPO

Quando insorge una difficoltà nelle nostre relazioni e uno di noi è risentito od offeso, una buona pratica da adottare si chiama “ricominciare da capo”, ossia guardare in modo profondo e onesto in noi stessi – i nostri pensieri, le parole e le azioni passate – e creare un nuovo inizio dentro di noi e nelle nostre relazioni con gli altri. Ricominciare da capo ci aiuta a sviluppare la parola gentile e l’ascolto compassionevole perché è una pratica di riconoscimento e apprezzamento degli elementi positivi dell’altra persona. Riconoscere i tratti positivi degli altri ci permette di vedere anche le nostre buone qualità. Insieme a questi tratti positivi, ognuno di noi ha anche aree di debolezza, come parlare spinti dalla rabbia o essere prigionieri delle percezioni erronee.

Come in un giardino in cui l’uno “innaffia i fiori” della gentilezza amo-revole e della compassione che sono nell’altro, al tempo stesso sottraiamo energia ai semi della rabbia, della gelosia e delle percezioni erronee. Possiamo attuare questa pratica ogni giorno, esprimendo alle persone cui tenia-mo il nostro apprezzamento, e chiedendo subito scusa quando diciamo o

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L’Arte di Comunicare

facciamo qualcosa che le ferisce. Possiamo anche far sapere agli altri con gen-tilezza quando ci sentiamo offesi. Una versione più formale di questa pratica potrà essere attuata settimanalmente in famiglia e nell’ambiente di lavoro. Si tratta di un processo in tre fasi: innaffiare i fiori, esprimere rincrescimento e manifestare i propri risentimenti e le proprie difficoltà.

Questa pratica è in grado di impedire che settimana dopo settimana si sviluppi un senso di offesa, e con-tribuisce a mantenere una situazione di sicurezza per tutti, sul posto di lavoro e in famiglia.

Innaffiare i fiori è la prima parte della pratica e consiste semplicemente nel mostrare apprezzamento per gli altri componenti della famiglia o della comunità in cui si lavora. Si prende la parola uno alla volta, aspettando fin-ché ci si sente spinti a parlare. Gli altri lasciano esprimere la persona di turno, senza reagire. È utile tenere un vaso di fiori o un altro oggetto di fronte a sé, mentre si parla, in modo che le parole riflettano la freschezza e la bellezza dei fiori. Durante questa pratica, chi parla riconosce le qualità sane e meravigliose degli altri. Lo scopo non è adulare: dobbiamo dire la verità. Tutti hanno dei punti forti che possono essere considerati con consapevolezza. Nessuno può interrompere la persona che ha in mano i fiori. Ognuno ha a disposizione tutto il tempo di cui ha bisogno, e tutti gli altri praticano l’ascolto profondo. Quando si finisce di parlare, ci si alza e si riporta lentamente il vaso al centro della stanza Non si deve sottovalutare la prima fase, dedicata all’innaffiare i fiori. Quando riconosciamo sinceramente le meravigliose qualità degli altri, è molto difficile perseverare nei nostri sentimenti di rabbia o rancore. Ci ammorbidiamo in modo naturale, e la nostra prospettiva diventa più ampia e più comprensiva della realtà nel suo insieme.

Nella seconda parte della pratica, i partecipanti esprimono rincre-scimento per qualunque azione abbia causato offesa agli altri. Basta una frase detta senza pensare per ferire qualcuno. A volte coviamo risentimenti o dispiaceri di poco conto, che poi crescono perché non abbiamo il tempo di mettere le cose a posto. La pratica del ricominciare da capo è un’oppor-tunità per ripensare a un dispiacere di qualche giorno prima e per annullarlo.

Nella terza parte della cerimonia parliamo dei dispiaceri che ci sono stati inflitti dagli altri. La parola amorevole è essenziale: vogliamo guarire

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Comunicare invece che litigare

la nostra famiglia e la comunità in cui lavoriamo, non danneggiarle. Parleremo con franchezza, ma senza essere distruttivi. Quando siamo seduti fra persone che praticano insieme l’ascolto profondo, le nostre paro-le diventano più belle e più costruttive. Non recriminiamo, né litighiamo mai In questa fase finale della pratica, l’ascolto compassionevole è deci-sivo. Ascoltiamo i motivi di risentimento e le difficoltà altrui con la disponibilità ad alleviare la sofferenza dell’altra persona, non con l’inten-zione di giudicare od opporre le nostre ragioni. Ascolteremo con la mas-sima attenzione. Anche se sentiremo dire qualcosa che non corrisponde al vero, continueremo ad ascoltare in modo profondo per far sì che l’altra persona possa esprimere il suo dolore e rilasciare la tensione interiore. Se replichiamo o correggiamo le sue parole, la pratica non porterà frutto: ci limiteremo ad ascoltare. Se dobbiamo dire all’altra persona che la sua per-cezione non era corretta, lo potremo fare di lì a qualche giorno, in privato e con pacatezza. Poi, alla successiva pratica, anche l’altra persona potrà rettificare il proprio errore, e noi non dovremo dire nulla. Potremo ter-minare la pratica con un momento di silenzio. La sola pratica della prima fase – innaffiare i fiori – può aumentare la felicità e la comunicazione nella tua famiglia e nell’ambiente di lavoro. Non è necessario attuare ogni volta tutte e tre le fasi. Soprattutto se per te la pratica è nuova, sarà efficace de-dicare la maggior parte del tempo a innaffiare i fiori.

Col tempo, a mano a mano che si crea la fiducia, potrai aggiungere gra-dualmente la seconda e la terza parte. Anche quando sarai arrivato a questo punto, non saltare la prima: esprimere apprezzamento è uno dei modi più belli per costruire relazioni forti e piene di calore.

IL DOLcE IN fRIGORIfERO

Uno degli strumenti che possiamo utilizzare per migliorare la nostra comunicazione è un dolce. Non importa se non sei un pasticciere, non hai un dolce o sei allergico al glutine. Si tratta di un dolce molto speciale

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L’Arte di Comunicare

che non è fatto di farina e di zucchero come il pandispagna. Possiamo con-tinuare a mangiarlo, e non finisce mai. Si chiama “il dolce in frigorifero”.Questa pratica è stata creata per aiutare i bambini ad affrontare i litigi dei loro genitori, ma può anche essere usata dagli adulti in una relazione. Quando l’atmosfera diventa pesante e sgradevole, e sembra che una persona stia per perdere il controllo, potrai usare la pratica del dolce per ristabilire l’armonia. Prima di tutto, inspira ed espira tre volte per darti coraggio. Poi rivolgiti alla persona o al gruppo di persone che sembrano turbate, e informale che ti sei appena ricordato di qualcosa. Quando ti chiederanno di dire cosa, potrai rispondere: «Mi sono ricordato che abbia-mo un dolce in frigorifero». La frase “c’è un dolce in frigorifero” in realtà significa: «Per favore, smettiamo di farci del male». Udendo queste pa-role, la persona capirà. Se tutto va bene, ti guarderà dicendo: «Va bene, ora vado a prendere il dolce». Questo è un modo di uscire da una situazione pericolosa senza esprimere giudizi.

Ora la persona turbata ha occasione di ritirarsi dalla lite senza causare altra tensione. Quella persona va in cucina, apre il frigorifero per prendere il dolce e mette a bollire l’acqua per il tè, ascoltando per tutto il tempo il suo respiro. Se in frigorifero non c’è un vero dolce, potrà sostituirlo con qualcos’altro: un frutto, una fetta di pane tostato o qualunque altra cosa a disposizione. Pre-parando lo spuntino e il tè, quella persona potrà anche ricordare di sorridere, un modo per sentirsi più leggeri nel corpo e nello spirito. Mentre sarà seduta da sola in salotto, l’altra persona potrà cominciare a praticare la respirazione consapevole. La collera gradualmente si placherà.

Dopo aver messo in tavola il tè e il dolce, forse tutti si uniranno alla me-renda in un’atmosfera serena e piena di comprensione. Se qualcuno esita a partecipare, lo si potrà blandire dicendo: «Per favore, vieni a prendere un tè con il dolce insieme a me».

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3DISINTOSSICAZIONE E PREVENZIONE:

danni e rimedi contro i metalli pesanti

METALLI “PEsANTI” E “TOssIcI”: DEfINIzIONI E DELUcIDAzIONI

Lo stesso metallo, pesante o meno, può, a seconda del dosaggio, essere indispensabile o tossico per l’organismo umano; pertanto, anche i termi-ni “pesante” e “tossico” non sono assolutamente intercambiabili. Ci sono peraltro alcuni metalli che, in qualunque dosaggio, sono “esclusivamente tossici”. Si sente molto parlare, in particolare in collegamento con la terapia chelante, dei “metalli pesanti”. Di che cosa si tratta? Un metallo pesante è un elemento chimico con un peso specifico relativamente alto, superiore a 5,0.

Nel sentir parlare di metalli pesanti e metalli tossici, ci si potrebbe chie-dere se si tratti sempre dello stesso elemento metallico: ebbene, la risposta è “ni”! Ritengo che da qualche decennio il termine “metallo pesante” sia utilizzato in un modo troppo generale e aspecifico. Pare che tra certi autori sia in corso un dibattito attinente non solo alla definizione di metallo pe-sante, ma anche agli elementi che rientrerebbero in questa categoria. A mio

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La Terapia Chelante

avviso sarebbe veramente importante distinguere tra un metallo “pesante” e uno “tossico” in quanto vi è una notevole differenza tra i due. Noto che in generale gli autori, i medici informati e il pubblico, fanno riferimento a “metalli pesanti” quando sarebbe invece più logico, sensato e appropriato dire “metalli tossici”. È per questo motivo che nel libro distinguo netta-mente tra i due; basta leggere le definizioni che seguono per capire il per-ché. Come accennato: un metallo pesante è un elemento chimico con un peso specifico relativamente alto, superiore a 5,0. In linea generale questa definizione è accettata da molti autori. Significa comunque che il metallo è cinque volte più denso dell’acqua, e pertanto l’organismo umano non è in grado di metabolizzarlo o eliminarlo efficacemente se assunto in eccesso. A livello fisiologico e biochimico, però, il nostro organismo necessita di una vasta gamma di determinate sostanze, che possiamo definire come metalli pesanti, come ad esempio il ferro, il rame, lo zinco e altri.

Questi metalli pesanti sono anche noti come oligoelementi. Un oligo-elemento è un elemento chimico che influisce significativamente e sensi-bilmente sul metabolismo, pur essendo presente nell’organismo umano in piccole quantità; in genere si tratta di singoli elementi (come quelli sopra-citati), che entrano a far parte di molecole molto complesse (basti pensare al ferro che si lega all’emoglobina). Per ovvi motivi, se vi è una carenza di uno di questi metalli pesanti, l’organismo ne risente, e in base all’entità della carenza possono insorgere problemi di salute anche seri, come ad esempio una grave anemia da carenza di ferro. Lo zinco, invece, è un co-fattore importante per una serie di processi enzimatici, e la vitamina B12 è biochimicamente attiva solo se un atomo di cobalto si lega all’interno della sua struttura molecolare; ci sono centinaia di esempi come questi nel corpo umano.

Esiste anche per alcuni metalli pesanti la cosiddetta dose raccomanda-ta giornaliera (in inglese, la Recommended Daily Allowance, RDA) che dovrebbe essere assunta quotidianamente per non andare incontro a stati di carenza, e ogni minerale e vitamina ha la sua RDA. Se però si eccede nell’assunzione del metallo pesante, lo stesso metallo può diventare tossico e avere effetti nocivi, per il semplice motivo che l’organismo non è in grado

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Disintossicazione e prevenzione

di metabolizzar lo. Vi è inoltre un’altra categoria di metalli pesanti che vie-ne usata in medicina a scopo terapeutico: il bismuto, l’oro, il gallio, il litio e l’argento. Cito due esempi: l’argento è un antibiotico e anti-infiammato-rio naturale e il litio viene tutt’oggi utilizzato nel trattamento del disturbo bipolare. Naturalmente, anche per questa classe di metalli è fondamentale tenere costantemente monitorato il dosaggio.

Tornando all’esempio del litio, se il dosaggio non è appropriato, posso-no insorgere problemi renali e tiroidei, e anche per l’argento, in particolare se non è nella forma colloidale, un eccesso può provocare gravi problemi. Tornando al dunque: un metallo tossico è invece un metallo che, in qua-lunque quantità, forma composti solubili tossici biologicamente inutiliz-zabili. Mentre un metallo pesante può, come abbiamo visto, diventare tossico per l’organismo se assunto in eccesso, ci sono invece dei metalli esclusivamente tossici in qualunque quantità, come ad esempio il mer-curio, l’alluminio e altri. Tali metalli non svolgono alcuna funzione utile e sono tossici anche in dosaggi infinitesimali.

I puntini sulle “i”: chi potrebbe trarre beneficio da una terapia chelante?

In teoria, tutti coloro che hanno superato i 40 anni e non vivono in isolamento. Il periodo migliore per iniziare una terapia chelante - sempre con le modalità del caso - è quando si è in buona salute. Si tratta a mio avviso di una delle misure di prevenzione più efficaci che possano essere adottate. Vi sono tuttavia delle circostanze in cui anche per persone più giovani e senza particolari problemi di salute sarebbe opportuno ricorrere a una terapia chelante, e in questo contesto rientrano:

• I bambini affetti da disturbi del comportamento e dell’apprendi-mento, da deficit cognitivi e in certi casi da deficit neurologici – at-tenendosi comunque sempre anche ai consigli del pediatra

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La Terapia Chelante

• Coloro che intendono perdere peso, in modo particolare se si tratta (a mio avviso) di più di 2-3 kg

• Le persone intenzionate a invecchiare bene!

• Le donne che stanno pianificando una gravidanza. Nei casi in cui c’è il tempo per pianificare, una delle misure più efficaci per la futu-ra salute del nascituro consiste nel “ripulire” (ovviamente non du-rante la gravidanza ma prima) il corpo materno che lo accoglierà e nutrirà nei mesi di gestazione e poi durante l’allattamento

• Gli adulti affetti da sintomi vaghi e poco chiari (senza diagnosi).

• Gli adulti affetti da malattie cronico-degenerative attenendosi co-munque sempre ai consigli del proprio medico e/o specialista.

• Prima, durante e dopo la rimozione dalla bocca di amalgami al mer-curio. Per quanto il dentista sia esperto in materia e adotti tutte le necessarie precauzioni, è inevitabile che durante l’estrazione un po’ di mercurio si diffonda nell’organismo .

• Le donne nel periodo perimenopausale (all’avvicinarsi della me-nopausa). Si tratta, infatti, non solo di un periodo di riassestamen-to per l’organismo femminile, ma è noto che dopo la menopausa diminuisce comunque la densità delle ossa anche nelle donne non affette dall’osteoporosi. Poiché, come ormai sappiamo, mol-ti metalli, tra cui in particolare il piombo, sono “sequestrati” nelle ossa, quando il tessuto osseo decalcifica, questi metalli sono rilascia-ti e si diffondono nell’organismo.

• Volendo, una terapia chelante farebbe bene anche ai nostri amici quadrupedi! Ovviamente attenendosi ai consigli del loro veterina-rio, e con la consapevolezza che lo stesso vi possa prendere per mol-to stravaganti!

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Disintossicazione e prevenzione

La prevenzione viene prima della cura: è possibile evitare i metalli tossici?

Evitare no, limitare il contatto sì. La prevenzione viene prima della cura... o perlomeno, dovrebbe. Oltre a cercare, con le cautele del caso, di eliminare i metalli tossici accumulati, è di vitale importanza tentare di evitare, o perlo-meno, realisticamente parlando data l’ubiquità della loro presenza, tentare di ridurre nei limiti del possibile le esposizioni a questi metalli e alle altre sostanze tossiche. Non è purtroppo possibile cambiare l’aria che respiria-mo e tanto meno estrarre questi aggressori dall’ambiente circostante. Non è nemmeno il caso di diventare troppo timorosi o fanatici al riguardo, e quanto all’opzione di vivere in un ambiente meno inquinato cambiando casa, lavoro o quant’altro, lo stress indotto da tali cambiamenti potrebbe superare ogni vantaggio che se ne trarrebbe. Vale però la pena di effettuare un minimo di sforzo per cercare di controllare l’ambiente di casa e le sostanze che respiria-mo, ingeriamo e che sono direttamente acontatto con il nostro corpo.

consigli pratici per la quotidianità

Vediamo pertanto come ottimizzare l’ottimizzabile, perlomeno per la cura della nostra persona e in casa nostra, dove abbiamo maggiori possibi-lità di controllo (e purtroppo, a quanto pare, l’atmosfera nelle case è spesso più inquinata di quella che si trova in strade trafficate!) Ecco un elenco di alcune possibili misure/precauzioni:

• se si usano apparecchi condizionatori, fare attenzione alla qualità dei filtri e cambiarli spesso;

• i prodotti naturali per le pulizie domestiche (per lavare piatti, bian-cheria, pavimenti ecc.) costano di più o sono meno efficaci? Perché non alternare perlomeno prodotti “normali” con prodotti naturali? Una volta l’uno, una volta l’altro…;

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La Terapia Chelante

• se per le pulizie domestiche si utilizzano prodotti non naturali, con-viene acquistare confezioni (da 100) di guanti lattice monouso; i guanti di gomma possono essere intrisi dalle sostanze tossiche con le quali sono entrati in contatto (a meno che non se ne utilizzi un paio nuovo tutti i giorni!);

• utilizzare deodoranti che non contengono alluminio, come ho fatto presente più volte; pazienza se d’estate bisogna lavarsi più volte le ascelle!;

• oltre al deodorante, i prodotti usati tutti i giorni per la cura della persona, come bagnoschiuma, shampoo, creme, cosmetici, denti-frici ecc. dovrebbero contenere ingredienti naturali, nella massima misura possibile;

• siete stati in luoghi inquinati oppure avete svolto attività sospette per ciò che riguarda le presenza di metalli tossici e tossine? Conce-detevi un bagno con l’EDTA in polvere!;

• dopo pranzi o cene con cibi o bevande sempre di natura sospetta, assumere uno degli agenti chelanti naturali/EDTA per via orale;

• prestare attenzione alla qualità di vernici, lacche, solventi, colle, paste adesive, paste abrasive, lucidanti, spray, oli lubrificanti, carburanti per macchine utensili, pesticidi ecc.;

• imparare a valutare la presenza di componenti tossici, in particolare nei prodotti utilizzati regolarmente.

Attenzione all’illusione della confezione

Nella sopravvivenza del prodotto più “forte”, le leggi innate del mar-keting prevedono che il consumatore venga inconsciamente attratto dalla confezione, come l’ape dal fiore. Pare che conti solo l’impatto vi-sivo iniziale con la componente grafica e testuale, impatto che esclude

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Disintossicazione e prevenzione

completamente la composizione dei prodotti, che solitamente si trova in scrittura quasi microscopica sul retro delle confezioni. Sono poche le persone che leggono la composizione dei prodotti prima dell’acquisto, e i vari tranelli per attrarre il consumatore sono molteplici. Ad esempio, dopo la grande scritta “NATURALE”, vi è la dizione, naturalmente in caratteri più piccoli, “30% frutta”, e sono pochi coloro che si chiedono “se la frutta è solo il 30%, il restante 70% cos’è?”. Oppure si vede una fragola rossa e succulenta su confezioni di gomme da masticare che tutto contengono tranne che fragole!

Non potendo fare riferimento a nomi commerciali dei vari prodotti, consiglio al lettore di investire un po’ di tempo e pazienza e di documen-tarsi bene circa gli ingredienti degli alimenti e i contenuti dei prodotti di profumeria e per la casa. Questo perché i nomi chimici sono complessi e spesso confondono: a volte un nome chimico impronunciabile non è altro che una sostanza innocua, ma i metalli tossici appaiono quasi sempre in varie vesti chimiche.

Alimentazione metal-free?

Bisognerebbe, a “costo” di affrontare un costo maggiore, ac-quistare dei cibi il più possibile naturali, provenienti da coltivazioni e allevamenti biologici. È vero che anche questi alimenti, inevitabilmente a contatto con aria e acqua inquinata, possono contenere delle tossine, ma almeno non contengono le ulteriori sostanze tossiche (pesticidi e, per gli animali, ormoni e antibiotici) che vengono aggiunte nelle coltivazioni e allevamenti convenzionali.

Come illustrato sopra, alternare perlomeno la spesa (una volta biolo-gica, una volta no) è sempre meglio che niente. Sono poi preferibili gli alimenti all’inizio della catena alimentare, per cui sono consigliabili i vege-tali e gli animali/pesci piccoli che hanno accumulato quantità inferiori di metalli tossici rispetto a quelli più grandi (ad esempio, acciughe e sardine

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La Terapia Chelante

anziché pesce spada). Sarebbero anche da evitare gli alimenti conservati in scatole e barattoli che rilasciano alluminio. Meglio i prodotti in confezioni di vetro. Apriamo un’altra parentesi: quella delle eccitotossine come l’a-spartame (dolcificante artificiale molto diffuso), il glutammato mono-sodico (esaltatore del sapore), conservanti e coloranti vari. Questi possono non solo provocare danni alla salute di per sé, ma potenziano gli effetti tossici dei metalli.

Tratto da:

La Terapia Chelante Autrice: Fiamma Ferraro

PER APPROFONDIRE LEGGI I NOSTRI POST SULL’ARGOMENTO:> Come difenderci dai metalli pesanti e tossici:

intervista all'esperta di Chelazione Fiamma Ferraro

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4LA MALATTIA NON È UNA CONSEGUENZA

INEVITABILE DEL VIVERE. Siamo nati per vivere senza malattie

MEDIcINA INfORMATIVA: LA VIA IDEALE PER OTTENERE LA sALUTE

«È lo spirito che si costruisce il corpo» Friedrich Schiller Dopo il revi-val vissuto negli ultimi decenni dai fiori di Bach, dall’agopuntura, dai sali di Schüßler & Co. nell’ambito della medicina olistica, è ora la volta della “medicina informativa”.

E come era già scritto nella storia della creazione: «In principio era il Verbo», che ha lo stesso significato di: all’inizio c’era l’idea, quindi l’in-formazione. È l’informazione a costruire e a dirigere la materia. Sono le informazioni che, dopo la fecondazione, fanno sapere a una cellula se deve svilupparsi come cellula del fegato o del cuore. Ed è anche l’informazione a farci realizzare le cose. Se volete costruire un tavolo, vi occorre prima l’idea, l’informazione dell’aspetto che dovrà avere questo tavolo. Anche per poter

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Guaritori Russi

costruire la ruota è stato necessario averne prima l’idea. Mentre nel XIX e nel XX secolo ci si è occupati dello studio di concetti come “energia” e “massa”, nel XXI secolo al primo posto c’è la ricerca sul ruolo preponde-rante dell’informazione, e un numero sempre maggiore di fisici quantistici e altri scienziati si dedica a questa tematica. L’elaborazione delle informa-zioni influisce sull’energia, che a sua volta è fondamentale per il nostro campo energetico, l’aura nei suoi svariati strati. Come tutti i campi elet-tromagnetici, anche il nostro campo energetico vibra. Otteniamo ulteriore energia quando, durante la conversione dell’informazione, si produce un aumento della vibrazione. Questo accade per esempio quando il vostro datore di lavoro vi elogia. La vostra vibrazione aumenta e, anche se magari siete già da diversi giorni sotto stress, vi arriva un’ondata di energia che vi consente di portare a termine il progetto con facilità. I complimenti quin-di intensificano la vostra vibrazione energetica. Se invece ricevete una cri-tica, l’energia viene spinta verso il basso, e voi diventate svogliati e stanchi. Avete notato con che rapidità reagiamo alle informazioni provenienti dal nostro ambiente e quanto radicali possono essere gli effetti?

Dobbiamo quindi operare una distinzione fra energia e informazione, per questo non parliamo di medicina energetica, ma di medicina informa-tiva. Anche le tecniche curative russe rientrano nella medicina informati-va, come pure la guarigione per mezzo di simboli, il Kahi-Healing, la guarigione spirituale, la guarigione quantica e molti altri metodi. Tutti hanno in comune il fatto di esercitare un influsso su un sistema vivente senza utilizzare strumenti fisici, ma lavorando sul piano del puro spirito con l’aiuto della forza creatrice di cui siamo dotati. Digressione: che cos’è in realtà la salute? Naturalmente sappiamo cosa vuol dire la malattia, e crediamo anche di sapere dove siamo malati o da che cosa siamo affetti. Ma come definiamo uno stato sano? Nella logica dei metodi curativi rus-si l’approccio è il seguente: per diventare e rimanere sani ci occorre una concezione “sana” della salute. Quando siamo malati, tendiamo spesso a pensare che la salute ci sia stata sottratta da qualche circostanza esterna, con cui riteniamo di non avere niente a che fare. Di solito non ci sentia-mo neppure responsabili della malattia, e a volte siamo talmente presi dal

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La malattia non è una conseguenza inevitabile del vivere

nostro quadro clinico da non riuscire più a concepire l’idea di un sistema globale sano. Se partiamo dal presupposto che inizialmente la salute sia sempre stata presente, è vero anche quanto segue: sappiamo com’è essere sani, o ne abbiamo avuto coscienza almeno una volta, ma nello stato di malattia ce ne siamo “dimenticati”. Nel momento in cui ha avuto inizio la nostra vita eravamo perfetti, solo che ci siamo dimenticati cosa significa essere sani e integri. Ci manca soltanto l’informazione. Anche il medi-co chiede al paziente malato: «Cosa c’è che non va?». Ma chi o che cosa ci può trasmettere l’informazione mancante? Chi può farci tornare alla me-moria cosa vuol dire essere sani? Qualcuno che cerca la malattia? O forse è più idoneo a farlo qualcuno che capisce la salute e si orienta in tal senso?

In genere i nostri medici cercano di comprendere la malattia e per giun-ta la medicina segue una via singolare: si concentra solo sull’organo, igno-rando che la malattia interessa la persona nella sua globalità, che come sappiamo non comprende solo il corpo. Anche subito dopo la nascita, un individuo è completamente sano dal punto di vista emozionale, solo se è il prodotto dell’unione fra due persone innamorate e se il periodo dello svi-luppo embrionale e il momento del parto sono stati all’insegna della gioia e dell’amore. Genitori e ambiente trasmettono l’informazione di una vita bella e creano così le basi per un organismo sano. Dato che siamo dipen-denti dalle informazioni che ci circondano, è quindi importante chiedersi con una certa frequenza: com’è il mio ambiente? È entusiasta della vita o è limitante? In fin dei conti il nostro modo di pensare è il risultato del nostro ambiente, e dovremmo anche costantemente verificare lo stato dei nostri pensieri quotidiani: sono sani e pieni di gioia di vivere?Spesso non siamo in grado di uscire da soli dal vortice della negatività e abbiamo bisogno di aiuto per riprendere contatto con le informazioni che ci fanno star bene. È proprio qui che interviene la medicina informativa, trasmettendoci di nuovo l’informazione sana e vitale che avevamo smarrito.

Dopotutto la salute perfetta ci spetta di diritto. Essere completamente sani significa essere sani nel corpo e nell’anima, come pure nel campo ener-getico e informativo da cui siamo circondati. Se non stiamo bene, la sfida consiste nell’individuare con precisione dove si è verificata una “informa-

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Guaritori Russi

zione sbagliata”. Spesso il punto in cui è localizzato il disturbo non dice niente sul punto in cui risiede la causa, ragion per cui all’origine di un male al ginocchio possono esserci esperienze che pesano sullo stomaco. Curare lo stomaco o il ginocchio sarebbe quindi un aiuto provvisorio, ma non andrebbe a eliminare la causa, che va cercata sul piano dell’anima. È anche importante scoprire l’avvenimento che sta dietro alla causa. A volte ci si riesce da soli, altre si ha bisogno dell’aiuto di qualcuno. Affinché abbia luogo la guarigione non è tuttavia strettamente necessario che l’accaduto sia spiegabile a livello razionale.

La comprensione del cosiddetto linguaggio dei sintomi è senz’altro uti-le, ma spesso le cause di una malattia sono molto più profonde e comples-se, e forse non hanno nemmeno avuto origine in questa vita, ragion per cui non riusciamo a capirle con la mente. Nel caso in cui l’omeopata vi abbia prescritto un rimedio in globuli ad alta diluizione, vale a dire l’infor-mazione mancante sotto forma di medicinale sottile, la mente non ha nes-suna importanza, poiché la guarigione avviene su tutt’altro piano. Molte persone guariscono dopo la somministrazione di un rimedio omeopatico e dicono: «In effetti non so che cosa mi abbia fatto bene!». E non è neppure necessario che lo sappiano. In ultima analisi è l’anima ad aver bisogno di quella conoscenza, non la mente razionale. Non è il cervello a dare impulso al corpo, bensì l’anima che vive e sperimenta. Può quindi accadere spesso che la nostra razionalità non capisca come avviene la guarigione, ma il piano della coscienza e dell’anima lo capisce e agisce. Ed è su questo piano superiore che lavorano tutti i metodi di medicina informativa, che in un certo senso agiscono come un balsamo per l’anima.

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5LIBERATI DALLE EREDITà SCOMODE:Il legame archetipico tra famiglia e malattia

Ogni fine settimana, ormai da molti anni, tengo degli stage cui parteci-pano circa una decina di persone per volta. Trattandosi di stage terapeutici incontro le situazioni personali più disparate, che variano dal problema fisico a quello psicologico o li contemplano entrambi. In questa esperien-za, ho sempre rilevato che le radici del malessere si trovano nella fami-glia, ivi compresa la malattia fisica. Non a caso, il lavoro che propongo si chiama “psicobio-genealogia” e contempla la dimensione collettiva dell’individuo per spiegarne le manifestazioni soggettive, come sono ap-punto le malattie.

L’individuo è di fatto un sistema complesso che è costruito - oltre che dalla sua innegabile peculiarità - dalle generazioni che l’hanno preceduto, dalla specie biologica e dalla storia evolutiva che l’hanno forgiato, dalla società e dalla cultura cui appartiene. L’importanza cruciale della famiglia risiede nel fatto che essa media le due matrici collettive che costituiscono l’individuo (specie biologica e antropologia) e le consegna a ciascuno, ope-

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rando inoltre in maniera sostanziale anche sulla liberazione o meno del suo potenziale individuale specifico.

Come sa da sempre la psicoanalisi, infatti, l’infanzia influisce sulla vita intera: la triade madre-padre-figlio/a, se non è equilibrata, crea nell’indivi-duo un destino disseminato di fallimenti, depressioni e malattie.Un neo-nato è in primis il frutto di chi l’ha prodotto, del padre e della madre che l’hanno generato: è un frutto acerbo che ancora deve maturare. Questa maturazione dipende da dove il frutto è coltivato - dall’albero da cui sca-turisce - e dall’impronta “semantica” e biologica che gli è stata trasmessa. I genitori portano al figlio una genealogia intera che costituisce il vincolo e la possibilità al contempo del nuovo nato per aprirsi o chiudersi completamente alla vita. Egli è infatti l’esito finale di generazioni e gene-razioni di uomini e donne che hanno vissuto la propria vita e che hanno elaborato nel corso di questa delle risposte che si sono rivelate utili ai fini della sopravvivenza: modi di vivere, di concepire la vita e il mondo, modi di esistere che vengono trasmessi insieme alla stessa vita biologica, all’“essere al mondo”, che ha a sua volta e in parallelo una storia biologica ancora più lunga, ancestrale.

Il legame primordiale che lega il neonato agli antenati genealogici e biologici sono l’ontogenesi e la filogenesi: qualcuno ti ha creato, ti ha dato la vita e allo stesso tempo ti ha inserito in un processo ancora più ampio, la Vita nel suo complesso. L’ontogenesi è l’insieme dei processi mediante i quali si compie lo sviluppo biologico del singolo essere vivente (dall’embrione allo stadio adulto): dipende sia dal genoma che lo caratte-rizza sia dall’ambiente nel quale il processo si svolge. Questo processo di sviluppo, per mezzo dell’informazione codificata nel patrimonio gene-tico (che presenta caratteristiche peculiari che differenziano ciascun essere vivente dagli altri), porta alla formazione di un individuo. L’ontogenesi è in relazione con la filogenesi, ovvero l’evoluzione propria della specie a cui appartiene il singolo essere vivente.

Quando si dice che l’ontogenesi ricapitola la filogenesi si vuole sem-plicemente dire che l’ontogenesi riproduce, soprattutto nel periodo pre-natale, perinatale e nelle prime fasi della crescita, la filogenesi, la quale

Liberati dalle eredità scomode

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L'Invenzione del Padre

è il processo di ramificazione delle linee di discendenza nell’evoluzione complessiva della vita.

La famiglia è, inoltre, un sistema che vive all’interno di un altro sistema, quello della società e della cultura di cui fa parte: anch’essa eredita vincoli e possibilità, gli stessi che trasmette ai suoi figli e alle sue figlie, che sono quindi a loro volta esiti della relazione complessa tra la famiglia e la società in cui questa si è trovata a vivere di generazione in generazione. In altre parole, il neonato è un nuovo nato che contiene tutta la storia della sua specie biologica, della famiglia e della società in cui è nato: ogni neonato è cioè un’emergenza bio-geno-antropologica, è in sostanza una novità che si inserisce in una tradizione.

Se la biologia (conservazione-riproduzione-evoluzione della specie) è un fatto innato e fondamentale - e costituisce quindi una “tradizione”, ogni nuovo individuo rappresenta il frutto di questa tradizione e al tempo stesso una mutazione potenziale, una possibile novità all’interno di una tradizio-ne consolidata. Il neo-nato racchiude in sé tutte le valenze di coloro che gli hanno dato nascita (la “tradizione”), ma racchiude anche la possibilità della mutazione evolutiva - laddove questa risulti necessaria - ovvero la sua novità, quello che ci può essere di diverso nell’ambito del sempre uguale, la nuova potenziale risposta evolutiva.

Ogni neo-nato, ogni individuo, ogni soggetto vive dunque i vincoli della sua genesi e al contempo le possibilità racchiuse in questa sua stessa genesi: i vincoli e le potenzialità del biologico, dello psichico, dell’antropologico, del genealogico e dell’auto-coscienza. Gurdjieff - il noto occultista d’inizio Novecento - basava tutto il suo insegnamen-to sul concetto di “risveglio”: l’essere umano è una “macchina” che può arrivare alla consapevolezza, alla “vera” visione della realtà e di se stesso, tramite l’esplorazione e l’addestramento dei suoi centri: quello intellettuale, quello emozionale e quello corporeo. Il lavoro su questi centri serve a risvegliarli per attivare uno stato di coscienza superiore, l’autocoscienza che si apre a nuove comprensioni e a nuovi sviluppi: la verità di quello che siamo, la scoperta di tutte le enormi possibilità che sono insite in noi stessi.

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Da qui parte, per Gurdjieff, la fine del malessere e del benessere per come ce li hanno imposti e per come li viviamo meccanicamente, la risco-perta del senso della vita individuale come parte indispensabile del grande disegno universale: solo dal risveglio dell’auto-coscienza, dall’inserirsi in quella che Gurdijeff stesso chiamava “ottava ascendente” Nella mia espe-rienza, ho scoperto che dietro ogni malattia c’è sempre - alla fin fine - il divieto di fare qualcosa che desideriamo oppure l’ordine di fare qualcosa che non desideriamo; in altre parole, il divieto di essere quello che siamo e l’ordine di essere quello che non siamo. Tali divieti e ordini fanno parte di quel “codice di legge” inconscio che la famiglia trasmette a ogni neo-nato, al quale questi si adegua necessariamente per la soddisfazione delle sue esigenze primarie, costituite da bisogni fisiologici, di appartenenza, di protezione e d’amore.

Ho constatato che la terapia esige sempre - in prima istanza - la disob-bedienza a questi divieti e a questi ordini, e che per disobbedire è però necessario abbandonare la paura infantile di non essere amati, accolti, sod-disfatti e protetti; vale a dire vincere e abbandonare la paura di non essere accettati, la paura di essere abbandonati. Questa paura infantile - propria di tutti i neonati e di tutti i bambini, la quale segna profondamente la psiche di ogni adulto - è quella che provoca la difficoltà di una presa di co-scienza e l’impossibilità di uscire dal circolo vizioso della malattia. L’adulto non si rende conto di quello che è davvero e continua a cercare - come faceva da neonato e da bambino - di trasformarsi in ciò che gli altri si aspettano e vogliono che lui sia. Persistendo in questa attitudine, frutto dell’insicurezza e dei bisogni propri del bambino privo degli strumenti dell’autocoscienza, ciascuno trasforma la propria bellezza interiore, la sua verità e autenticità, in malattia, la quale si può davvero considerare come l’esito di una lotta tra ciò che siamo e ciò che gli altri (in primis i genitori) esigono da noi.

La salute risiede solo nell’autentico, in ciò che siamo davvero, e non in quello che ci chiedono di essere. Ogni bellezza è tale non perché è bella in base a dei canoni prestabiliti, ma solo perché è autentica, il che significa originale, originaria, “vera”. Da questo punto di vista, anche la malattia

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diventa addirittura “bella”, perché è autentica: essa esprime l’esigenza pri-maria di realizzare il potenziale insito nella persona cui è stato vietato di essere quello che è, la sua voglia di essere diversa da quello che le hanno imposto di essere fin dai suoi rapporti primari.

Per arrivare a essere quello che siamo davvero, per essere autentici - e “belli” - bisogna solo eliminare quello che non siamo, quello che con-tinua a vivere dentro di noi come obbligo e richiesta coercitiva, e non come libertà. Altrove ho scritto che il vero e unico, grande pellegrinaggio che tutti dobbiamo fare è all’interno di noi stessi: in questo contesto tale affermazione mi sembra quanto mai appropriata, perché essere quello che siamo coincide davvero con la salute. La famiglia, la società e la cultura ci creano attitudini e abitudini cui non facciamo nemmeno più caso: man-giamo un certo tipo di cibi e ne evitiamo altri, ci piacciono certe cose e non ce ne piacciono altre, abbiamo dei preconcetti, delle idee, dei sentimenti, dei gesti e delle azioni che ne precludono altri. Ci circondiamo e ci circon-dano sempre le stesse cose, lo stesso tipo di persone, gli stessi ambienti, le stesse modalità di relazione e di intessere rapporti.

La guarigione, la salute, significa cambiare punto di vista riguardo a noi stessi e a tutto questo, che altro non è - alla fin fine - se non il risul-tato della nevrosi di un bambino che vuole essere amato e accettato. L’Io che si ammala e che patisce la malattia è più piccolo d’età rispetto all’adul-to che la vive, ed è quindi una costruzione psichica che è preda del passato e che continua comunque a vivere dentro di noi, proiettandoci nel futuro e annullando così il presente.Un vecchio adagio citato e stracitato dice che per cambiare il mondo è necessario prima di tutto partire da se stessi.

Quello che conserviamo nella memoria – traumi, incomprensioni, sva-lutazioni, emozioni e le immagini di tutto questo - è associato al modo di percepire di quell’essere che eravamo nel momento in cui abbiamo vissuto quelle esperienze. I nostri genitori, rispetto a queste esperienze, rimangono anche oggi tali e quali erano nella nostra infanzia, e quando ricordiamo lo facciamo sempre dal punto di vista infantile del bambino che eravamo. Ogni esperienza del passato ha un “io” e quell’io ha esattamente l’età di quell’esperienza, per cui viviamo accompagnati o dominati da un insie-

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Liberati dalle eredità scomode

me di “io” di diverse età. Tutti questi “io” sono manifestazioni del passato e la finalità di ogni terapia, che deve sempre tendere a trasformare il “ma-lato” nel medico di se stesso (come recita un altrettanto famoso adagio), è accompagnarlo a raggiungere il suo “io” adulto, un “io” che non può abitare in nessun altro luogo che non sia il presente.

Tratto da:

L'Invenzione del PadreAutore: Antonio Bertoli

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6LE CRISI SONO LE MIGLIORI BENEDIZIONI:

torna a fare ciò che ti appassiona

«Ogni onda sa di essere il mare. Ciò che la disfa non la disturba, perché ciò che la infrange la ricrea».

Lao Tzu

Mi dispiace dirtelo, ma se non hai ancora raggiunto dei risultati, oc-corre che inizi a considerare che “forse” l’unico vero impedimento alla tua affermazione sei solo tu (e a seconda del tuo grado di consapevolezza sei libero di alternare il “forse” con un “è possibile” o, addirittura, con un “sicuramen-te”)! Se gli esiti cui giungi sono nulli, significa che nessuno sta cercando di sabotare i tuoi progetti con la stessa efficacia di quanto non stia facendo tu! Ciò accade perché, se tu volessi vederlo, capiresti che nessuno in questo momento della tua esistenza appare maggiormente indisposto a credere in te più di quanto non lo sia già tu! E la vita talvolta può apparire così prevedibile se non hai oppositori... Raramente si presen-terà un’occasione in cui qualcuno vorrà investire su di noi se, con il nostro

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Le crisi sono le migliori benedizioni

comportamento, dimostreremo che proprio noi siamo i primi a non farlo. Ma noi perderemmo tempo con uno che si comporta come noi? Darem-mo delle possibilità a qualcuno che si mostra così inaffidabile? Tuttavia ci lamentiamo di non essere compresi e del fatto che non ci sia nessuno disposto a interessarsi e gioire per le nostre capacità sopite (a cui noi stessi non crediamo)!

Che non ci sia nessuno in grado di riconoscere i nostri sacrifici (che sap-piamo di non aver fatto) o capace di interessarsi alle esperienze che credia-mo di non aver conseguito, agli impegni che pensiamo, non aver sfruttato e ottimizzato al meglio, all’entusiasmo che non siamo riusciti a scoprire e provare... e c’è forse da meravigliarsi? No, decisamente! Per quale assurdo motivo dovrebbero interessarsi ai nostri tentativi di sabotaggio e a quelle qualità che cerchiamo in così tanti modi di mascherare? Nessuno è più interessato alla rinuncia di te stesso, e in special modo lo è quella parte di te che detesta i risultati straordinari che riesci a raggiungere! Questa parte produce e sponsorizza incessantemente “piani B” a suo uso e consumo, e spudoratamente te li propone; e come lo fa? Disprezzando i tuoi “piani A”, ovvero denigrando le tue volontà primarie e spingendoti ad accontentarti di valutazioni da “monte dei pegni”! Nessun altro quanto lei adora le tue abdicazioni, il gelo degli abbandoni che subisci, le tue rese e, indossata la maschera del controllore, è gelosa e preoccupata di tutto quello che potre-sti ottenere dal Nuovo, da quello che ti manca!

Se le cose che ti premono subiscono rallentamenti o battute di arresto, significa che non hai attivato quello che ti avrebbe preservato da imprevisti di quel tipo, che non hai tenuto conto di quello che ti avrebbe garantito nuovi modi di operare. La tua parte oscura si impegna costantemente affinché tu non venga raggiunto da qualcosa che possa contribuire a una fondamentale evoluzione per te! Ti senti solo? Lei ti risponde: “Non sei solo, ci sono io qui con te, chi sta meglio di noi?”. E a volte verrebbe da pensare anche a chi ti osserva che tu goda a stare in sua compagnia. Inin-terrottamente sei sotto il suo controllo e nessuno può avvicinarsi per darti una lima con cui tu possa segare finalmente le sbarre della tua rassegnazio-ne! “Che cosa potrebbe accadere se...? Che cosa rischieresti se..?”.

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Basta Rinunce

Facciamo il punto della situazione: per quale motivo ho voluto provocarti mostrandoti la situazione più pesante di quanto non sia? Perché così facendo sarai tentato a cercare o costruire un’alternativa a quello sce-nario, marciando contro a situazioni travagliate, asfittiche, alle tue storie complicate... Ancora ti definisci sfortunata in amore? No, non lo sei! Ma spesso scegli rapporti che non possono funzionare e attrai persone non disposte a farli procedere. Ti addentri in relazioni che non hanno né capo né coda e quando ti capitava di attrarre per “sbaglio” storie che avrebbero invece potuto avere un senso, allora ti impegnavi a distruggerle! Ma la cosa più bella riguardo il treno dell’amore è che quando ne hai per-so uno, se lo vorrai, potrai subito prenderne un altro. Talvolta hai pianto tutte le lacrime che potevi versare e ti sentivi come intrappolata in quella situazione. La classica principessa prigioniera nella torre di avorio, solo che quella volta la torre era chiusa dall’interno ed eri tu a possederne e nascon-derne la chiave! Saresti potuta uscirne come e quando volevi, ma preferivi macerarti in quella solitudine e facevi di tutto per sentirti così.

Comunque può succedere a tutti di svegliarsi un giorno e accorgersi che quello in cui avevamo creduto non era ciò in cui avremmo dovuto credere. Ma se questo ci capiterà, vorrà dire che sarà avvenuto per la nostra evolu-zione! Un antico e saggio proverbio cinese dice che quando soffiano i venti del cambiamento, qualcuno innalza muri, mentre altri edificano mulini a vento. Ho avuto il privilegio di lavorare con tantissime persone che pro-prio in momenti di crisi hanno creato la loro fortuna e quella dei loro cari! Il padre di una mia amica, nella seconda metà degli anni Cinquanta, dopo aver concluso l’apprendistato per costruire ruote dei carri, si era ritrovato in una realtà dove delle ruote dei carri non importava più nulla a nessuno. Tuttavia, invece di piangersi addosso, decise di creare un’azienda specializ-zata nella costruzione di pianali per camion, i quali, in pochissimo tempo, invasero le strade di tutta la Svizzera, contribuendo all’esplosione indu-striale e alla prosperità dell’intera nazione! I suoi camion erano ovunque e tutt’oggi viaggiano su tutta la rete autostradale svizzera (Lanz e Marti)!

Allora ti prego, smettila di nasconderti “dietro al dito del periodo difficile” e costruisci qualcosa che stupirà tutti, forse persino te stesso!

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Anche se siamo piccoli in un periodo di difficoltà, possiamo trovare le risorse per divenire grandi! Oggi le scuole preparano i ragazzi a fare lavori che presto non esisteranno più! Avrete certo notato i numerosi spot in televisione inerenti la compravendita via Internet o il fatto che tutte le pubblicità in generale siano solite riportare in calce l’indirizzo web o la e-mail della ditta in questione. Il mondo cambia velocemente, come il tempo nelle città di mare. Presto non ci saranno più rappresentanti che si recano dai loro clienti, non ce ne sarà più bisogno: le aziende invieranno informazioni sulle novità via Internet e i clienti comunicheranno ciò di cui hanno bisogno tramite il loro computer. Già oggi, in alcuni casi, il prodotto adoperato viene conteggiato automaticamente mentre passa dalla cassa e il fornitore può sapere in tempo reale la giacenza rimasta. Gli ope-ratori commerciali oramai raggiungono in maniera capillare i loro clienti informandoli addirittura delle loro promozioni via SMS: “Gentile cliente, la informiamo che dall’8 agosto fino al 15 settembre da noi avrà luogo una vendita speciale della nostra collezione primavera, estate con uno sconto creato appositamente per Lei!”. Guardandosi bene dall’usare la parola “sal-di” (sfruttabile solo in certi periodi ben precisi dell’anno) cercano di fatto di salvarsi commercialmente per non affondare.

Il mutamento veloce degli eventi provoca spesso reazioni spasmodiche di paura e allerta tutti i limiti possibili e immaginabili che erano in agguato dentro di noi. Solo l’abitudine al nuovo rasserena e tranquillizza, chi prima e chi dopo! Ma ci vuole tempo per trasformare il nuovo in routi-ne, specialmente se si tratta di un “nuovo” che influisce sulla posizione dei nostri limiti. In Svizzera ogni uomo adulto che ha svolto il servizio militare può tenere e conservare in casa sua tutte le armi ottenute in dotazio-ne: provate a immaginare che cosa accadrebbe se ciò divenisse possibile pure in Italia! Quanto tempo passerebbe prima che venisse percepito come normale? Ad ogni modo, nell’inverosimile caso in cui venissero constatati dei movimenti ostili al di là del confine verrebbero allertati e richiamati alle armi tutti i reggimenti addestrati a quell’evenienza e verrebbe loro or-dinato di presentarsi come forza di opposizione alla frontiera in questione. In maniera analoga, davanti all’ipotesi di un cambiamento, una foltissima

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Basta Rinunce

schiera di resistenze (vedete, non è un caso se si usano le stesse parole utiliz-zate in guerra) verrebbero assoldate dalla nostra parte oscura con lo scopo di avvicinare e sabotare il risultato nuovo che stiamo percependo. Ma un Paese i vicini non se li sceglie. Il filosofo tedesco Theodor Adorno diceva che la più alta forma di maturità la si sperimenta nel sentirsi estranei a casa propria: ospiti per sempre! Questo ci donerebbe un’enorme stabilità. Ma il nuovo, la voglia di maturare, la possibilità di cambiamento rappre-sentano per il nostro ego una vera e propria dichiarazione di guerra.Già nel 1955, nell’anno in cui sono nato io, Einstein affermava che le crisi sono le migliori benedizioni che si possano incontrare! La sua geniale intuizione aveva compreso che solo una crisi ci smuove dal letargo e ci obbliga a guar-dare più a fondo, a vedere la realtà per quella che è! Infatti, solitamente non si pretende un cambiamento quando si rimane a lungo a contatto di una statica e “sicura” realtà.

La crisi, invece, rappresenta la migliore benedizione che possa arrivare a persone o Paesi poiché, se ci riflettiamo un attimo, effettivamente spesso porta progressi, quasi sempre è così. Sempre secondo Einstein, la creatività nasce proprio dalle difficoltà, così come il giorno nasce dalla notte buia e tenebrosa. È proprio a partire dalle crisi che si originano l’inventiva, le scoperte e le grandi strategie. La sua eccelsa mente gli consentiva di affer-mare che chi supera le crisi supera se stesso senza essere superato! Grandi crisi, grandi opportunità! Chi attribuisce alla crisi il proprio insuccesso e i propri disagi inibisce il suo talento e, così facendo, concede maggiori spazi ai problemi che non alle soluzioni. La vera crisi dovrebbe in realtà colpire l’incompetenza, stimolando persone e Paesi a ricercare soluzioni e vie di uscita. «Senza crisi non ci sono sfide e senza sfide la vita è una routi-ne, una lenta agonia. Senza crisi non ci sono meriti. È da essa che affiora il meglio di ciascuno. L’unica crisi che ci minaccia è la tragedia di non voler lottare per superarla!”. Per cui, se obbediremo al richiamo della nostra par-te oscura che vuole ricondurci nel campo di concentramento dove i nostri talenti vengono sviliti, verremo intrappolati e innalzeremo ulteriori mura intorno a noi, le quali ci frustreranno ancor più di quanto non accadesse già in precedenza (così come avviene al detenuto evaso quando viene riac-

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Le crisi sono le migliori benedizioni

ciuffato e ricondotto in carcere, il quale percepirà poi un’aggravarsi della sua condizione restrittiva).

Nessuna pietà, nessun sostegno, nessuna comprensione. Proprio come re-agirebbe qualcuno che finge di amarci nell’evenienza in cui riducessimo ciò che gli diamo (magari per concentrarci di più su quello che al momento ci preme), il quale non mancherebbe di darci degli ingrati che hanno sfruttato la situazione per inseguire i propri scopi e che si sono presto dimenticati di quello che lui/lei aveva “spassionatamente” fatto per noi. Egli si disinteres-serebbe improvvisamente di noi allo scopo di farci sentire in colpa, proprio quando tutto diverrebbe per noi semplicemente perfetto e splendidamente sintonizzato con i nostri desideri e i nostri progetti auspicati.

I rimpianti sono sempre stupidi, compresi quelli che riguardano il dispiacere di non essere riusciti a realizzare nel modo adeguato ciò che dicevamo di voler fare/raggiungere. Quante occasioni abbiamo avuto per fermarci in tempo prima di dire o di fare quella cosa per cui dopo ci siamo a lungo pentiti? Quante possibilità ignorate e sprecate di poter evitare di dire quell’infelice asserzione, quel giudizio, quella considerazio-ne che poi, una volta espressa, è divenuta uno spartiacque inamovibile tra tutto quello che c’era prima e tutto quello che sarebbe stato poi? Quante volte sei stato come un “sole spento” che si chiudeva nella stanza e non voleva più uscirne? Fino a quel momento forse avresti potuto ancora fare qualcosa, ma poi ecco che tutto ti era apparso per sempre perduto.

La vita intera a volta non basta a riparare certe scelte, e non perché tu non voglia, ma magari perché chi ti aveva concesso la prima occasione si rifiuterà di dartene una seconda. Ricorda, quello che è accaduto è già stato! Comunque sia andata non ti meriti il tuo odio, così come non se lo merita nessun altro. Lascia stare quello che non hai saputo/potuto/voluto fare in passato, va bene così. D’accordo, lo sappiamo bene che se ti fosse possibile rimediare, lo faresti! Ma quello che conta ora è che tu formuli pensieri migliori e che limiti le energie della tua parte oscura, lasciando il minor spazio possibile alle paure e ai giudizi negativi che esprimi su te stesso, poiché quella tua parte è ghiotta di simili patemi. Se non provassi-mo di queste sensazioni, quella nostra parte da obesa si ritroverebbe auto-

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Basta Rinunce

maticamente messa a regime: la dieta dell’ego. Basta fornirle manicaretti ipercalorici a base di paure! Difatti, questa nostra parte si finge imponente e più grande di quello che è perché vive in un mondo dove l’angoscia è l’aria stessa! Si prende terribilmente sul serio, insomma!

Ogni volta che vorrai ampliare il raggio di azione della tua vita essa si paleserà con il tentativo di scoraggiarti e di sabotarti! Hai mai visto nelle fiere di paese quegli artisti di strada che camminano sui trampoli? Sono altissimi e sembrano davvero giganteschi! Tuttavia, ti è mai capitato di ve-dere in quelle trasmissioni televisive dove propongono sketch divertenti come finiscono questi trampolieri alla minima distrazione? Per terra! E in modi non certo simpatici! Oppure, hai mai visto negli intervalli durante le partite di rugby o di football americano quei “pupazzoni” colorati che ballano attorniati dalle ragazze ponpon? Sono enormi ma non hanno una grande visibilità e quindi basta un minimo ostacolo per farli cadere in modi ridicoli! Ecco, pensa a questi due esempi quando la tua parte peg-giore si mostrerà nella sua massima forma! Sembra grande ma non lo è! Basterà che tu muova uno solo dei tuoi muscoli in direzione del tuo obiet-tivo e lei evaporerà come neve al sole. Ora sai che sei ricca! Ora sei pronta a reagire! Forse ti eri semplicemente stancata di te, di essere stata così paziente, hai subìto, hai cercato di far vedere la differenza, ripensavi con amarezza a quello che avresti potuto avere, alle meravigliose situazioni che avresti potuto vivere, alle straordinarie opportunità che avresti potuto concretizzare; ripensavi ovvero a quello che potresti esattamente avere ora che hai deciso di riconoscerti le facoltà che possiedi!

Sei mai entrato in un ristorante dove notoriamente non si mangiava bene solo perché magari era vicino a casa tua e il tuo frigorifero era rimasto vuoto? Uno di quei ristoranti dove sei certo di poter trovare sempre un tavolo libero poiché il cibo e il servizio non sono propriamente un granché. Poi capita, invece, che quel ristorante cambi gestione e da quel momento in avanti divenga affollatissimo, tanto che per te diviene quasi un’impresa riuscire a trovare un posto in cui sederti. Ecco, questo è quello che potrebbe capitare alla tua esistenza se invece di ricorrere al tuo ego ogni volta che qual-cosa sembra non funzionare ti sforzerai invece di trovare una soluzione guar-

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Le crisi sono le migliori benedizioni

dando il tutto con la tua mente divina, facendo riferimento ai tuoi pensieri più elevati! Nei momenti di difficoltà, se riesci ad andare incontro al prossimo senza andare contro te stesso, il risultato sarà assicurato! Prendi coscienza delle tue possibilità e accetta “l’oscillazione della tua autostima”, come quando rileggi qualcosa che hai scritto o ascolti la tua voce registrata. Incoraggia i primi segnali del tuo cambiamento: prima non saresti mai andata a lavorare senza trucco! Siamo onesti, non saresti nemmeno andata a far colazione nel bar sotto il tuo ufficio, perché lì avresti potuto incontrare il CDA della tua azienda. Tuttavia oggi lo hai fatto e perciò sei contenta. Ecco che hai agito in modo differente! Se sei un uomo, invece, potresti per la prima volta usufruire dell’orario flessibile (che nella tua azienda esiste da 16 anni e del quale, pur avendo decine e decine di ore in più, mai avevi ap-profittato) per fare un salto al mare e pranzare sulla spiaggia tra i gabbiani, socchiudendo gli occhi per mettere a fuoco l’orizzonte, godendo delle onde che sembrano arrivare fiere sulla battigia. Forse è a causa del tuo buonumore che sembrano arrivarti doni importanti, come le cornucopie che i colo-nizzatori riportavano ai regnanti dai Paesi conquistati per testimoniarne la ricchezza. Quelle barche colorate e quell’odore di salsedine che non avresti mai percepito dal tuo ufficio ti parlano di altre ricchezze incommensurabili, quelle che solo vivendo il presente si possono ottenere. Quel bicchiere di vino bianco diventa la celebrazione della vita, quel cibo profumato ti ricorda che a quell’ora, senza la tua risoluta decisione, saresti di certo stato in mensa a consumare il tuo tristissimo pranzo per “intolleranti a molte cose” (forse pure alla vita stessa)! E invece sei lì! Oggi si celebra il cibo!

Questo è vivere come se non ci fosse mai un ultimo giorno, è accorgersi per forza che la vita è adesso, è trascorrere in maniera creativa e accettabile ogni giorno che ci troviamo davanti. Questo serve per ricordarci che possiamo sempre scegliere, che niente è già stato scritto a caratteri indelebili e che quello che manca possiamo sempre aggiungerlo a quello che già abbiamo! Per agire, basta decidere il come.. Suggerimento Scegli di fare il lavoro che ti piace. Sei ancora in tempo, lo sei sempre! Si trascorrono già troppe ore a fare qualcosa per cui ci pagano e che tentiamo spasmodicamente di far collimare con quello che sentiamo intimamente! Inizia a informarti e a valutare per capire se sia

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Basta Rinunce

ancora possibile fare questa scelta. Verifica se provi passione ed entusiasmo per quello che fai. Se così non è, abbi rispetto di te, chiediti se sei ancora in tempo per concederti un’altra possibilità, una possibilità migliore!

Tratto da:

Basta RinunceAutore: Tiberio Faraci

PER APPROFONDIRE LEGGI I NOSTRI POST SULL’ARGOMENTO:> VIVI OGGI IL FUTURO CHE SOGNI.

Il nuovo manuale pratico di Tiberio Faraci: Corso per amare te stesso.

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7RICOMINCIAMO A PENSARE

CON LA NOSTRA TESTA: la fabbrica della manipolazione mentale

«L’Ortodossia consiste nel non pensare - nel non aver bisogno di pensare. L’Ortodossia è inconsapevolezza».

(George Orwell, 1984)

«Oggi l’arte del controllo dei cervelli sta diventando una scienza. E chi pratica tale scienza sa quel che sta facendo e perché; ha per guida teorie e

ipotesi ben fondate su massicce prove sperimentali».

(Aldous Huxley, Ritorno al Mondo Nuovo)

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La Fabbrica della Manipolazione

«Dimenticare tutto quello che era necessario dimenticare, e quindi ri-chiamarlo alla memoria nel momento in cui sarebbe stato necessario, e

quindi dimenticarlo da capo: e soprattutto applicare lo stesso processo al processo stesso. Questa era l’ultima raffinatezza: assumere coscientemente l’incoscienza, e quindi da capo, divenire inconscio dell’azione ipnotica or ora compiuta. Anche per capire il significato della parola “bispensiero”

bisognava mettere, appunto, in opera il medesimo».

(George Orwell, 1984)

DA UN INcUbO ALL’ALTRO

In una lettera del 21 ottobre 19491, Aldous Huxley ringraziava l’ex allievo dell’Eton College, George Orwell, per avergli spedito una copia del suo nuovo romanzo 1984. Huxley si mostrava entusiasta del manoscrit-to, ma si permetteva di notare la differenza sostanziale tra il modello di dittatura “dolce” da lui stesso immaginato in Mondo Nuovo, pubblicato diciassette anni prima, e quello invece cupo e “sadico” descritto da Orwell:

«La filosofia della classe al potere in 1984 è una forma di sadismo portato alle estreme conseguenze e verso la sua soluzione logica: andare oltre il sesso e negarlo. Credo che le oligarchie troveranno forme più efficienti di governare e soddisfare la loro sete di potere e saranno simili a quelle descritte in Il Mondo Nuovo».

Huxley si mostrava convinto che in un prossimo futuro i governanti avrebbero assunto la forma della dittatura dolce, in quanto avrebbero tro-vato nell’ipnotismo e nei metodi farmacologici della psichiatria un’arma decisiva per piegare le menti e il volere delle masse. Un’ipotesi, questa, che il romanziere inglese avrebbe confermato nel 1958, nel suo saggio Ritorno al Mondo Nuovo. Il materialismo e «la volontaria ignoranza dei nostri padri», spiegava Huxley nella missiva, avevano solo fatto slittare «di cin-

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Ricominciamo a pensare con la nostra testa

que o sei generazioni» la rivoluzione globale, in quanto i politici non si erano ancora convinti ad abbracciare l’ipnosi e i barbiturici come forma di manipolazione di massa. Il momento però stava arrivando, profetizzava Huxley, perché la psicoanalisi, dopo il fallimento di Freud, stava di nuovo recuperando l’ipnosi come metodo di cura. Grazie a questo cambio di rot-ta, il potere si sarebbe presto convinto a ricorrere all’ipnosi e alle tecniche di condizionamento farmacologico per controllare e manipolare le masse, in modo da attuare quella che Huxley definiva «the ultimate revolution»: «Entro la prossima generazione chi tiene le redini del mondo scoprirà che il condizionamento infantile e l’ipnosi indotta dalle droghe sono strumenti di dominio ben più efficaci di armi e prigioni. E che la sete di potere può essere soddisfatta nella sua pienezza inducendo le persone ad amare il loro stato di schiavitù, piuttosto che ridurle all’obbedienza a suon di frustate e calci. Insomma, penso che l’incubo descritto in 1984 sia destinato a evol-versi in quello descritto in Il Mondo Nuovo, se non altro come esito di una necessità di maggiore efficienza».

Huxley concludeva la lettera ammettendo però il rischio incombente di una guerra atomica o biologica, «nel cui caso dovremmo confrontarci con incubi di ben altra natura».

DALLA sUGGEsTIONE MEDIATIcA AL “bI-PENsIERO”

Nel 1964, un altro autore, l’esoterista italiano Elémire Zolla, metteva in guardia contro il potere dell’ipnosi e della manipolazione mentale su larga scala, scrivendo: «Per ottenere un successo sul mercato basta che una frazione minima di pubblico venga indotta a comportarsi in un certo modo. Poco importa che la maggioranza resista alla dipendenza, posto che sappia farlo».

L’analisi di Zolla non si limitava alla suggestione della pubblicità nel campo dei consumi, ma spiegava nel dettaglio le diverse metodologie di

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La Fabbrica della Manipolazione

quella che definiva una vera e propria «guerra contro la libertà umana», portata avanti da persuasori occulti, che rende possibile «influire sul sub-conscio e quindi sul comportamento senza che l’uomo possa difendersi». E aggiungeva: «Alle sciagure che hanno gravato da sempre sulla vita dell’uo-mo, la morte, la malattia, la vecchiaia, la fame, s’è aggiunta in questo seco-lo una disgrazia meno vistosa, ma forse proprio per questo più disperante: la riduzione dell’uomo a strumento passivo di accorte manipolazioni. Le dittature hanno tentato di plasmare artificiosamente i giovani, la tecnica dell’imbottimento dei crani ha tentato di spegnere nelle masse ogni spon-taneità, ma ora la nuova tecnica pubblicitaria, e in particolare la pubblicità subliminale, si sono imposte in modo discreto e letale».

Nello stesso periodo, anche il filosofo Herbert Marcuse, nel suo ca-polavoro L’uomo a una dimensione. L’ideologia della società industriale avanzata, analizzava le tecniche di “aggressione” contro la libertà delle masse - «Una confortevole, levigata, ragionevole, democratica non-libertà prevale nella civiltà industriale avanzata, segno di progresso tecnico» è l’incipit dell’opera - e delineava un ordine sociale che appare totalitario, il quale permea di sé ogni aspetto della vita dell’individuo e, soprattutto, ha “inglobato” anche quelle forze, come la classe operaia, un tempo ritenute “antisistema”.

In questo modello, la vita dell’individuo si riduce al bisogno atavico di produrre e consumare, senza possibilità di resistenza. Marcuse denuncia-va il carattere repressivo della società industriale avanzata, che appiattisce l’uomo alla dimensione di mero consumatore, reso tanto euforico quanto ottuso dalla suggestione alla quale è costantemente esposto, la cui sola li-bertà è la possibilità di scegliere tra prodotti diversi.

La società tecnologica avanzata riduce tutto a sé e condiziona i bisogni primari dell’uomo sostituendoli con quelli artificiali, asservendo così ogni dimensione “altra” al potere capitalistico: «Il pensiero a una dimensione è promosso sistematicamente dai potenti della politica e da coloro che li riforniscono di informazioni per la massa. Il loro universo di discorso è popolato da ipotesi autovalidantisi, le quali, ripetute incessantemente da fonti monopolizzate, diventano definizioni o dettati ipnotici».

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Ricominciamo a pensare con la nostra testa

È in questo senso che Marcuse formulava la condanna della tecnologia, la quale conterrebbe già insita nella sua natura un’ideologia di dominio.

Il processo di costituzione della falsa coscienza prevede il livellamento “scientifico” del pensiero e delle forme di comportamento a una dimensio-ne: essi cioè vengono definiti e imposti dal sistema, richiamando quel mec-canismo di condizionamento mentale che Orwell immaginava in 1984, ossia il “bi-pensiero” (in inglese doublethink).

Ora, pure se in maniera meno “violenta”, anche nella società di cui parla Marcuse, le idee, le aspirazioni e gli obiettivi che trascendano le di-rettive del potere vengono respinti, schiacciati o ricondotti all’interno del sistema. Il livellamento ideologico avviene perlopiù con facilità, in quanto l’individuo è abituato fin dall’infanzia a plasmare i propri interessi, pensieri e azioni in base a ciò che gli è richiesto dal sistema.

L’individuo, cioè, attraverso una forma di mimesi, si identifica come parte del tutto. L’identificazione dell’individuo con la sua società lo conduce in-fatti a immedesimarsi di riflesso con il tutto, senza il quale non può vivere.

Ciò ovviamente porta all’alienazione degli individui che «si identifi-cano con l’esistenza che è loro imposta e trovano in essa compimento e soddisfazione. Questa identificazione non è illusione ma realtà. La realtà, d’altra parte, costituisce uno stadio più avanzato di alienazione. Quest’ulti-ma è diventata completamente oggettiva; il soggetto dell’alienazione viene inghiottito dalla sua esistenza alienata».

Al “paradigma della violenza” tipico del XX secolo si sostituisce così il “paradigma del controllo”, come se dopo avere distrutto, umiliato e terro-rizzato la popolazione fosse l’ora di gettare la basi per la sua sorveglianza. Il controllo sociale è radicato proprio nei falsi bisogni, che esso ha prodotto nelle nuove generazioni.

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La Fabbrica della Manipolazione

L’ALIENAzIONE DELLO sPETTAcOLO sEcONDO DEbORD

I falsi bisogni indotti nei cittadini creano individui spersonalizzati, che diventano meri “consumatori” globali.

Secondo lo scrittore e regista marxista francese Guy Debord, i consu-matori ormai alienati, piuttosto che fare esperienze dirette, si accontenta-no di osservare nello “spettacolo” tutto ciò che a loro manca: «Più egli [il consumatore; N.d.A.] contempla, meno vive; più accetta di riconoscersi nelle immagini dominanti del bisogno, meno comprende la sua propria esistenza e il suo proprio desiderio».

Ciò accade perché ad alienare l’uomo, non sono più, come si poteva pensare ai tempi di Marx, l’oppressione diretta del padrone e il feticismo delle merci, bensì lo spettacolo, che Debord definisce come «un rapporto sociale fra individui mediato dalle immagini». Una forma di assoggetta-mento psicologico totale, in cui ogni singolo individuo è isolato dagli altri e assiste, nella più totale passività, allo svilupparsi di «un discorso ininter-rotto che l’ordine presente tiene su se stesso, il suo monologo elogiativo. È l’autoritratto del potere all’epoca della gestione totalitaria delle condizioni di esistenza».

Lo spettacolo, di cui i mass media sono solo una delle molte espressio-ni, è parte fondante della società contemporanea ed è il responsabile della perdita, da parte del singolo, di ogni tipo di individualità, personalità e creatività umana.

Non si deve credere, però - chiarisce Debord - che lo spettacolo sia un’in-venzione del capitalismo moderno. Esso si produce ogniqualvolta vi sia nella società una separazione gerarchica tra il Potere e le masse, ma solo nell’epoca moderna i governanti hanno accumulato i mezzi sufficienti, oltre che per dominare la società, anche per plasmarla secondo i loro interessi.

Rientra nello spettacolo anche la creazione di un “antagonismo di fac-ciata” tra sistemi sociali che in realtà sono solidali tra loro. È questo il caso della Guerra Fredda, definita da Debord come «divisione dei compiti spet-

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tacolari». La contrapposizione in due blocchi mondiali è in realtà fittizia, giacché vuole convincere gli individui che esistono solo quei due modelli di società, i quali in verità hanno più affinità che differenze, essendo entrambi basati sulla logica capitalistica e sul dominio gerarchico di una classe.

Si rientra così nella classica strategia del divide et impera - cui abbia-mo accennato nell’introduzione – che contraddistingue il modus operandi dell’ideologia mondialista: creare fazioni in apparenza contrastanti e op-poste (partiti, movimenti religiosi, correnti di pensiero ecc.), sulle quali far convergere due schieramenti della popolazione che si danno battaglia, inconsapevoli del meccanismo, mentre il Potere centrale, quello vero, go-verna super partes.

Spiega il filosofo Raimondo Galante: «La disinformazione [di un siste-ma totalitario; N.d.A.] mira a creare un’idea di verità nettamente conforme alle esigenze del mantenimento del potere costituito e può essere definita dalle due sottocategorie spettacoli debordiane di “segreto generalizzato e di falso indiscutibile”. La spersonalizzazione invece ha lo scopo di indebolire al massimo la coscienza individuale e rafforzare l’identità del gruppo che coincide con quella del potere dello Stato e può essere definita da altre due sottocategorie spettacolari: “la fusione economico-statale e l’alterazione della percezione del tempo denominata da Debord l’eterno presente” che mira a cancellare o alterare irreparabilmente la memoria del passato»13.

Esattamente come accade in 1984, ove, tramite il meccanismo del bi-pensiero, la storia viene continuamente riscritta. Se Orwell scriveva: «Chi controlla il passato controlla il futuro. Chi controlla il presente controlla il passato», Debord osserva che la cancellazione della storia è un elemento strutturale per la sussistenza di un totalitarismo: «La società burocratica to-talitaria vive in un presente perpetuo, in cui tutto ciò che è avvenuto esiste per essa soltanto come spazio accessibile alla sua polizia».

Quando nel 1988 tornerà ad analizzare lo spettacolo, nei Commentari sulla Società dello Spettacolo, Debord osserverà che la società si è ormai completamente spettacolarizzata, mischiandosi ad ogni aspetto della realtà. La società è dominata dalle immagini falsificate, che si sostituiscono alla realtà facendo scomparire qualsiasi possibilità di attingere la verità al di

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là della falsificazione continua che la ricopre. Ciò determina la scomparsa del concetto di storia, e quindi anche del concetto di “democrazia”. La finzione della democrazia è mantenuta in vita solo attraverso la creazione di un nemico comune, che cela la separazione gerarchica tra il Potere e le masse. È questo, il ruolo del terrorismo: «Questa democrazia così perfetta fabbrica da sé il suo inconciliabile nemico, il terrorismo. Vuole infatti es-sere giudicata in base ai suoi nemici piuttosto che in base ai suoi risultati. La storia del terrorismo è scritta dallo Stato; quindi è educativa. Natural-mente le popolazioni spettatrici non possono sapere tutto del terrorismo, ma possono sempre saperne abbastanza da essere convinte che, rispetto al terrorismo, tutto il resto dovrà sembrare loro abbastanza accettabile, e comunque più razionale e democratico».

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Ricominciamo a pensare con la nostra testa

Tratto da:

La Fabbrica della ManipolazioneAutori: Enrica Perucchietti, Gianluca Marletta

PER APPROFONDIRE LEGGI I NOSTRI POST SULL’ARGOMENTO:> Club Bildeberg: Estulin rivela chi c’è dentro e i suoi piani per il controllo

della popolazione

> Club Bilderberg: Daniel Estulin ci spiega cos'è e come si muove nell'ombra

> Dopo Bilderberg, ecco la verità sull’Istituto Tavistock. I retroscena rivelati da Estulin

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8APRIAMO GLI OCCHI SULL’ATTUALITà:

crisi finanziaria: a che punto siamo veramente?

Innanzitutto, torniamo indietro. Il punto di partenza della crisi del 2008 è stato, da un lato, la deregolamentazione quasi totale delle pras-si dei mercati finanziari e, dall’altro, la comparsa di “Paesi emergenti”, a cominciare dalla Cina, che si sono accaparrati una parte crescente della produzione mondiale, grazie al dumping salariale. Quella concorrenza, che spiega anche le delocalizzazioni, ha comportato un calo generale dei red-diti nei Paesi occidentali; calo, che i nuclei familiari sono stati incoraggiati a compensare con un indebitamento crescente, che si supponeva potesse loro permettere di conservare il proprio tenore di vita. Ovviamente, le cose non sono andate affatto così, e il sistema è crollato quando i mancati pa-gamenti si sono accumulati. È quello che è accaduto negli Stati Uniti con la crisi dei crediti ipotecari (subprimes). Gli Stati sono stati allora costretti a indebitarsi a loro volta, per impedire al sistema bancario di sprofondare; il problema dell’indebitamento privato si è così tramutato nel problema dell’indebitamento pubblico, tanto più in fretta in quanto i deficit pubbli-ci si erano accumulati anche per altre ragioni, in primo luogo fiscali.

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Apriamo gli occhi sull’attualità

All’inizio del 2012, l’euro era praticamente ai limiti dell’esplosione.La Commissione europea e la Bce erano quindi obbligate a reagire.

In quale modo? Dopo essersi fatta lungamente pregare, la Bce ha infine accettato di svolgere il ruolo di “prestatore di ultima istanza”, imponendo però una stretta “condizionalità” ai suoi prestiti e continuando a rifiu-tarsi di prestare direttamente agli Stati (i prestiti avverranno attraverso l’intermediazione delle banche, che vi aggiungeranno il proprio tasso di interesse), al contrario, ad esempio, di quanto fa la Riserva federale ame-ricana. In questo contesto, due eventi molto importanti si sono verifi-cati nel 2012.

IL MEs, UN IMPEGNO IRREVOcAbILE

Il 2 febbraio 2012, i governi della zona euro hanno firmato a Bruxelles un nuovo trattato europeo, che ha istituito il MES, il cui capitale, ini-zialmente fissato in 80 miliardi di euro, dovrebbe essere progressivamente aumentato fino a 700 miliardi, ovvero cinque volte il bilancio annuale dell’Unione europea. Ogni Paese membro dovrà contribuire a questo ca-pitale in ragione del proprio PIL, giacché l’articolo 9 del trattato prevede che «i membri del MES si impegnano in maniera irrevocabile e incondi-zionata a versare i fondi richiesti dal direttore generale nei sette giorni che seguono la ricezione della suddetta richiesta». Se il capitale del MES rag-giungerà 700 miliardi di euro, la Francia, ad esempio, dovrà contribuirvi per il 20,4%, ovvero nella misura di 142,7 miliardi di euro; l’Italia dovrà pagare 125,3 miliardi, la Spagna 83,3 miliardi e così via. Queste somme non saranno contabilizzate nei debiti pubblici degli Stati, mentre questi ultimi dovranno comunque contrarre dei prestiti per trovarle. Il MES po-trà inoltre decidere di rivedere al rialzo il contributo di ciascuno degli Stati membri, senza che questi possano dire una parola. In Germania, la Corte costituzionale di Karlsruhe ha tuttavia limitato a 190 miliardi di euro gli impegni di quel Paese nei confronti del MES.

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La Fine della Sovranità

Per il proprio finanziamento, il MES potrà inoltre fare appello al mer-cato dei capitali, il che significa che sarà a sua volta assoggettato ai giudizi delle agenzie di rating. Le banche, che potranno contrarre prestiti all’1% dalla Bce, concederanno prestiti al MES a un tasso d’interesse nettamente superiore, dopo di che il MES presterà agli Stati a un tasso ancora più eleva-to. Con il denaro ottenuto, gli Stati potranno successivamente rimborsare le banche o liberarsi sui mercati finanziari degli interessi dei loro debiti. Que-sto significa che, in ultima analisi, le banche daranno agli Stati, imponendo interessi, del denaro, che consentirà a quei medesimi Stati di rimpinguare le casse di quelle stesse banche. Una situazione davvero surreale, la cui causa prima, com’è noto, è la proibizione fatta agli Stati, a partire dal 1973, di con-trarre prestiti a interesse minimo o nullo con le loro banche centrali, il che li ha posti sostanzialmente alle dipendenze del settore privato.

cON LA cONDIscENDENzA DEGLI ELETTI sOcIALIsTI

La nuova istituzione si presenta come una sorta di FMI, e del resto fa del FMI insediato a Washington un partner permanente. Dal 2013 infatti ha preso il posto degli strumenti costituiti in precedenza per fare fronte alla crisi, a partire dal Fondo europeo di stabilità finanziaria, che era stato creato nel maggio del 2010. La Francia ha ratificato quel trattato sin dal 21 febbraio 2012, quando Nicolas Sarkozy era ancora presidente della Repubblica, con la benevola astensione della stragrande maggioranza degli eletti socialisti.

Sul piano giuridico, il MES introduce nel funzionamento dell’Unione europea un nuovo concetto: la “condizionalità”, che è da tempo uno dei princìpi di base del FMI. Ciò significa che un’assistenza finanziaria potrà essere accordata solo agli Stati richiedenti che si impegneranno, a titolo di contropartita, a mettere in opera un programma di “riforme” o di “ag-giustamenti strutturali” conforme alle esigenze liberali: privatizzazione dei settori pubblici redditizi, cali dei salari, diminuzione della spesa pubblica,

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Apriamo gli occhi sull’attualità

deregolamentazione tariffaria, soppressione di qualunque intralcio alla li-bertà di circolazione dei capitali e via dicendo. L’articolo 12 (capoverso 1) precisa che «il MES può fornire a un membro del MES un sostegno alla stabilità, subordinato a una stretta condizionalità adattata allo strumento di assistenza finanziaria scelto. Tale condizionalità può assumere la forma, in particolare, di un programma di aggiustamento macroeconomico».

Le cose sono dunque chiare. I Paesi aiutati, perdendo ogni autono-mia, dovranno accettare le condizioni che verranno loro imposte, salvo sprofondare nella recessione e nella miseria. Quando un Paese solleciterà il sostegno del MES, sarà la Commissione europea, in collegamento con la Bce e il FMI, a stimare il rischio incorso dalla zona euro.

Se il sostegno verrà concesso, sarà ancora la Commissione, sempre in colle-gamento con il FMI e la Bce, a negoziarne i termini con lo Stato richiedente.

Il MES sarà diretto da un Consiglio dei ministri delle Finanze, ribat-tezzati “governatori”. Sarà totalmente indipendente tanto dal Parlamento europeo quanto dai Parlamenti nazionali, i suoi archivi e le sue sedi saran-no inviolabili e non potrà essere oggetto di procedimenti giudiziari. I “go-vernatori” potranno adire la Corte di Giustizia dell’Unione europea, unica istanza competente, contro uno Stato membro contravvenente.

Il MES, presentato come un meccanismo di cooperazione e di soli-darietà, è quindi in realtà un meccanismo di aggiustamento strutturale macroeconomico, un’istituzione che, con il pretesto di apportare un aiuto finanziario agli Stati membri, ha la vocazione a imporre in tutta la zona euro una politica di rigore e di austerità.

IsTITUzIONALIzzATA LA DELAzIONE fRA sTATI

Un secondo trattato, il TSCG dell’Unione europea, è stato firmato a Bruxelles il 2 marzo 2012 da 25 governi ed è entrato in vigore il primo gennaio del 2013. Direttamente collegato al precedente, esso obbliga gli

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La Fine della Sovranità

Stati membri a sottomettersi a una “regola d’oro”, nella fattispecie una limitazione dei deficit allo 0,5% del loro PIL al di fuori delle fluttuazioni congiunturali (e non più al 3%, come previsto dai “criteri di convergenza” del trattato di Maastricht). La stessa “regola” specifica che il debito degli Stati non deve più oltrepassare il 60% del PIL. Dato che tale soglia è supe-rata quasi dappertutto (in Francia si è al 90%), tutti gli Stati sono chiamati in causa. L’articolo 4 del TSCG stabilisce che un Paese il cui debito sia superiore al 60% del suo PIL dovrà ridurre ogni anno quella percentuale di almeno un ventesimo dello scarto con il 60%. La Francia, ad esempio, dovrà fare uno sforzo di bilancio supplementare dell’1,5% ogni anno, l’I-talia uno sforzo del 3%. Poiché il debito pubblico francese ammonta oggi a circa 1700 miliardi di euro, ciò significa che dovrebbe sbloccare ogni anno 85 miliardi di euro, ovvero un quinto del bilancio dello Stato, e que-sto senza contare il pagamento degli interessi correnti che, con quasi 50 miliardi all’anno, costituisce ormai il primo bilancio dello Stato assieme all’Educazione nazionale! Ai termini dell’articolo 7 del TSCG, la Com-missione europea sarà l’unico giudice dell’adeguamento delle politiche di bilancio all’obiettivo di riduzione dei deficit e l’unica entità a potere de-cidere, in ultima istanza, sulla modalità di calcolo e sulla valutazione del “saldo strutturale”.

Ogni volta che la Commissione europea scoverà un “deficit strutturale”1 nel bilancio di uno Stato, quest’ultimo dovrà mettere in atto un mecca-nismo di correzione “automatica”. L’articolo 5 del testo del TSCG preci-sa infatti che ogni Paese oggetto di una procedura concernente un deficit giudicato eccessivo dovrà porre in atto un «programma di partenariato di bilancio ed economico che comporti una descrizione dettagliata delle rifor-me strutturali da istituire e realizzare per assicurare una correzione effettiva e duratura del suo deficit».

Se la Commissione europea lo reputerà necessario, la Corte di Giustizia dell’Unione europea sarà chiamata in causa. Non potendolo fare la Com-missione stessa, questo ricorso verrà presentato da un altro Stato membro, o di propria iniziativa o su invito della Commissione. Così viene istituzio-nalizzata la delazione fra Stati. La Commissione, in questo modo, potrà

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emettere sanzioni contro uno Stato il cui deficit di bilancio superi il 3% del suo PIL; tali sanzioni potranno arrivare fino allo 0,1% del PIL (ovvero, per la Francia, 2 miliardi di euro) e verranno applicate in modo quasi au-tomatico, dal momento che soltanto una maggioranza qualificata dei Paesi firmatari (72, dei votanti nel Consiglio dell’Unione europea) avrà la facoltà di opporvisi. Meglio ancora: il Paese implicato nel caso non avrà il diritto di partecipare al voto! Per misurare fino a che punto sanzioni di questo tipo siano probabili, va ricordato che nel 2011 il deficit pubblico è arrivato in Italia al 3,9%, in Francia al 5,2%, in Spagna all’8,5%.

Una rinegoziazione fantasma Ritenendo che la fiscalità sia legata alla sovranità nazionale, la Gran Bretagna e la Repubblica Ceca si sono rifiuta-te di firmare il TSCG, ben ché entrambi i Paesi appartengano all’Unione europea, il che non ha del resto creato alcun problema, dato che gli stessi Stati firmatari avevano fissato a dodici ratifiche (su venticinque) la soglia, che avrebbe consentito l’entrata in vigore del trattato.

Poco prima di essere eletto presidente della Repubblica, François Hollande aveva annunciato l’intenzione di “rinegoziare” il testo che isti-tuiva il TSCG, al fine di ottenere che vi venissero incluse le considera-zioni relative alla crescita. In realtà, fin dal momento in cui quel trattato era stato firmato dalla Francia, non c’era più niente da rinegoziare; tutt’al più, il governo francese poteva rifiutarsi di ratificarlo, cosa che ovviamen-te non ha fatto.

Al vertice europeo del 28-29 giugno 2012, François Hollande ha dun-que accettato di ratificare il Patto di bilancio europeo, sostenendo di avere avuto alcune “concessioni”, in particolare dalla Germania. Avendo ottenu-to l’aggiunta di un codicillo sulla crescita, egli ha presentato quel protocol-lo aggiuntivo come una vittoria personale e, nel contempo, una giustifica-zione per ratificare il trattato. Tale affermazione è, nei fatti, ridicola, dato che la “concessione” ottenuta si riduce a un impegno di soli 120 miliardi di euro scaglionati su tre anni: una “elemosina”, per riprendere le parole di Jacques Sapir. Una simile somma – che si scompone in 55 miliardi rialloca-ti sulla base dei crediti del Fondo europeo di sviluppo regionale (FEDER) già programmati per il 2012-2013, 60 miliardi di ipotetici nuovi prestiti al

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settore privato da parte della Banca europea di investimento e 5 miliardi di obbligazioni, destinati a finanziare progetti di infrastrutture – costituisce infatti soltanto lo 0,85% del PIL europeo (circa 12.000 miliardi di euro), mentre i provvedimenti nazionali di austerità ammontano già a 240 mi-liardi l’anno.

Il “patto di crescita” adottato su richiesta del capo di Stato francese, inoltre, non è accompagnato da alcun obiettivo preciso, in termini di cre-scita o di impiego, né François Hollande è stato seguito nella richiesta di creare delle “eurobbligazioni” (gli eurobonds), che avrebbero consentito ai Paesi più fragili della zona euro di ottenere prestiti a tassi non proibitivi, dal momento che la Germania non ci teneva a figurare fra i Paesi obbligati a fornire la propria garanzia; inoltre, non è stato ottenuto alcun accordo in merito alla tassazione delle transazioni finanziarie. In definitiva, come ha detto Jean-Pierre Chevènement, «nessuno di questi provvedimenti è in grado di controbilanciare l’effetto deflattivo del mercato e di invertire la marcia verso la recessione che oggi si è intrapresa»2.

Il Parlamento francese alla fine ha ratificato il TSCG l’8 ottobre 2012, con 477 voti contro 70 (su 568 votanti), il che significa che la maggio-ranza dei deputati dell’opposizione di destra ha votato come la maggio-ranza dei deputati della sinistra al potere; ciò dimostra che, sull’essen-ziale, erano pienamente d’accordo. Quel voto ha consentito al governo francese di sottrarsi alla richiesta di referendum, che era stata presentata dagli avversari del trattato.

Cosa pensare, della “regola aurea” consistente nel mirare al “deficit zero”? Apparentemente, pare di buonsenso: è preferibile non spendere più di quanto si guadagna, ma il problema è che non si può assimilare il bi-lancio dello Stato a quello di un nucleo familiare. Uno Stato è tenuto a fare investimenti a lungo termine che, non potendo essere finanziati dal-le sole entrate correnti, come le imposte, devono necessariamente esserlo tramite prestiti. Lo scaglionamento nel tempo delle entrate e delle spese è necessario agli investimenti in prospettiva futura, come la transizione ecologica e sociale dell’economia, la lotta contro la disindustrializzazio-ne e le delocalizzazioni e così via (ricordiamo inoltre che, ad avviso dei

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keynesiani, il rilancio della crescita dev’essere ricercato non nel consumo, ma in investimenti pubblici a elevato rendimento). Orbene: le politiche di rigore o di austerità portano con sé una contrazione dei fondi disponibili per gli investimenti; il TSCG vieterà dunque qualunque politica di lungo periodo, che esiga un finanziamento tramite prestiti.

UN “cOLPO DI sTATO EUROPEO”

Benché l’articolo 1 del TSCG lo presenti come destinato a «rafforzare il coordinamento delle politiche europee», i suoi promotori non si sono neanche posti il problema di capire come ridurre l’eterogeneità delle eco-nomie nazionali in Europa - mentre è ogni giorno più evidente che la po-litica monetaria non può essere la stessa nei Paesi del Nord e in quelli del Sud dell’Europa, dato che i Paesi membri della zona euro hanno economie strutturalmente divergenti – anzi, hanno ragionato come se ognuno di quei Paesi potesse adottare la medesima politica economica e di bilancio, esistesse un livello ottimale unico di deficit pubblico, tutti i Paesi avessero le stesse possibilità di esportare, potessero tutti diventare competitivi quan-to lo è il più competitivo fra loro (la Germania) e via dicendo, facendo in tal modo lo stesso errore commesso al momento della creazione dell’euro: non tenere conto della disparità delle economie nazionali.

Soprattutto, però, l’adozione del TSCG equivale a un totale esproprio di ciò che rimaneva della sovranità degli Stati. Con questo trattato, si pas-sa infatti da un regime di sorveglianza a una collocazione sotto controllo attivo della politica economica e finanziaria degli Stati, cui si aggiunge un regime di sanzioni automatiche. Il MES e il TSCG hanno in comune il fatto di proseguire sulla via di uno smantellamento delle istituzioni de-mocratiche e di un abbandono dei modelli sociali europei. I Parlamenti nazionali si vedono amputare una delle principali ragion d’essere: il po-tere di decidere le entrate e le spese dello Stato, ruolo ormai trasferito alla Commissione europea, mentre i contenziosi tra Stati saranno ormai

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di competenza della Corte di Giustizia dell’Unione europea. Come ha dichiarato Gaby Charroux, deputato e sindaco comunista di Martigues, «così consegniamo direttamente le chiavi della nostra politica economica e di bilancio ai tecnocrati di Bruxelles e scivoliamo verso il governo dei giudici e, in maniera ancora più decisiva, verso una forma morbida, giuri-dicamente corretta, di dittatura finanziaria».

Dal momento che la perdita di indipendenza degli Stati in materia di bilancio è, come abbiamo visto, “irrevocabile e incondizionata”, non è esagerato, da questo punto di vista, dire che l’adozione del TSCG segna una data storica: la fine dell’autorità suprema dei Parlamenti nazionali in materia di bilancio, che era uno dei fondamenti della democrazia. Con questo nuovo trattato, l’Europa intera viene posta sotto la tutela di una nuova autorità priva di qualsiasi legittimità democratica, che assegna il potere ai mercati finanziari, rendendoli completamente liberi di imporre ai popoli le proprie esigenze; per questo motivo, si stabilisce che gli Stati membri debbano inserire la regola dell’equilibrio di bilancio e il meccani-smo incaricato di applicarla nella loro Costituzione o, in mancanza di tale possibilità, in un dispositivo costrittivo e permanente, a proposito del qua-le si specifica che «non sarà assoggettato alla deliberazione parlamentare». È quanto ha esplicitamente dichiarato Angela Merkel: «La regola aurea sarà costrittiva e verrà applicata in maniera permanente. Le regole non devono in alcun caso essere cambiate da una nuova maggioranza parlamentare».

In altre parole, saranno sottratte alla decisione democratica. I Parla-menti conserveranno quindi solo formalmente la facoltà di dibattere su-gli orientamenti di bilancio, votare i bilanci e controllarne la messa in opera, dato che non potranno più farlo liberamente.

LA MAcchINA PER RIcATTARE

Quello a cui stiamo assistendo è davvero l’esproprio puro e semplice della politica economica e di bilancio, insieme a un massiccio trasferimen-

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to dei poteri dei governi instaurati democraticamente a istanze prive di rappresentatività. Lo scopo finale è quello di sottrarre agli Stati ogni margi-ne di manovra che consenta loro di conservare l’indipendenza. Si è potuto parlare di «colpo di Stato europeo» (Raoul Marc Jennar). Il trasferimento a istanze decisionali europee, non soggette ad alcun controllo democratico, di poteri normalmente connessi alla sovranità popolare è infatti paragonabile a un colpo di Stato. A essere sovrani sono ormai i mercati finanziari.

Globalmente, si può dire che la soluzione adottata per fare fronte alla crisi finanziaria è consistita nel mettere in piedi una governance tecnocratica - una «governance economica comune»3 - che si impone tanto ai governi quanto agli Stati, il cui obiettivo è far loro adottare di forza delle politiche corrispondenti alle esigenze liberali. In materia di “solidarietà europea”, il TSCG organizza di fatto la garanzia, da parte degli Stati, dei grandi interessi finanziari privati, e questo non fa altro che incoraggiare la speculazione che è in gran parte all’origine della crisi; non prevedendo, beninteso, alcuna restri-zione alla totale libertà di circolazione dei capitali, esso consacra il potere dei mercati finanziari, invece di tentare di disserrarne la presa.

Come diceva un umorista, è stato proprio nel momento in cui come mai prima erano sembrati vicini al divorzio che gli Stati europei hanno deciso di aprire un conto in banca comune! Nel corso di questi ultimi anni, si era potuta vedere nella crisi un’offensiva di grande ampiezza lanciata dai mercati finanziari contro gli Stati. Ora non siamo più a quel punto, come dimostra l’ascesa al potere di ex impiegati della Goldman Sachs ad Atene, a Roma o a Francoforte sul Meno. Come dice Emmanuel Todd, «i ricchi non si battono contro gli Stati, si battono per controllarli ancora meglio. Bruxelles, i merca-ti, le banche, le agenzie di valutazione americane: questi nasi falsi camuffano la presa del potere politico, su scala mondiale, dei più ricchi. [ ] Oggigiorno lo Stato è prioritariamente uno Stato di classe. Il capitalismo finanziario con-trolla nuovamente gli Stati. […] Le banche, che controllano anche i mezzi di pagamento dei cittadini, hanno preso lo Stato in ostaggio per conto dei loro ricchi azionisti. […] Lo Stato diventa una macchina per ricattare le popola-zioni a beneficio dei più ricchi».

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LA “fOLLIA” DELLA POLITIcA DI AUsTERITà

Alcuni hanno interpretato la creazione del TSCG come una sorta di “federazione della zona euro”. Noi, personalmente, non abbiamo niente contro il principio di un’Europa federale, ma bisogna pur vedere che la federalizzazione evocata, in questo caso, non è che un sembiante di fede-ralizzazione finanziaria e di bilancio. Una simile federalizzazione non ha alcun senso, se non costituisce il prolungamento di una vera federalizza-zione politica. Instaurare una governance finanziaria federale in assenza di un’Europa politicamente federata è un non senso, e lo è maggiormente in quanto, mentre la Commissione europea, che non ha alcuna legittimità democratica, si insedia più che mai nella posizione di una sorta di governo per default dell’Unione europea, la Banca centrale continua a beneficiare del nocivo status di organismo indipendente. Per questo motivo, Jürgen Habermas, in un testo che ha fatto un certo rumore, si è pronunciato a favore di una vera integrazione politica dell’Europa. Non bisogna tuttavia farsi illusioni: una federalizzazione totale dell’Europa – politica, economi-ca e di bilancio – implicherebbe dei trasferimenti finanziari dalle zone ad alta competitività alle zone a bassa competitività (l’unione monetaria di-verrebbe allora un’unione di trasferimenti), che potrebbero rappresentare, per la Germania, una cifra dall’8% al 12% del suo PIL, sacrificio che essa non è ovviamente disposta ad accollarsi.

I provvedimenti adottati saranno quantomeno efficaci? Ci sono valide ragioni per dubitarne. Tutti i meccanismi messi in atto dal 2010 per disinnescare la crisi, l’hanno aggravata invece di ridurla. Dopo la Gre-cia, la crisi si è estesa all’Irlanda, poi al Portogallo, alla Spagna e all’Italia, in attesa della Francia. La creazione del MES e del TSCG non costituirà un’eccezione. La ragione principale di ciò sta nel fatto che la politica di au-sterità è solo una «follia» (l’espressione è di Paul Krugman), che finisce per impoverire i popoli e metterli in ginocchio, senza peraltro dare agli Stati la possibilità di ridurre i loro deficit o rientrare dal debito.

Dovrebbe essere facile capirlo: più l’austerità è la regola, più la popo-

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lazione si impoverisce; più il potere d’acquisto diminuisce, più l’attività economica rallenta; più la disoccupazione si estende, più anche le entrate fiscali (tasse, contributi) diminuiscono. Il risultato finale è quindi opposto a quello che si supponeva: lungi dal vedere la propria situazione economica risollevarsi, gli Stati la vedono invece deteriorarsi sempre più, mentre le in-sopportabili condizioni di vita imposte ai loro popoli rischiano in ogni mo-mento di tradursi in esplosioni di collera o in scosse politiche incontrollabili.

Tratto da:

La Fine della Sovranità Autore: Alain de Benoist

PER APPROFONDIRE LEGGI I NOSTRI POST SULL’ARGOMENTO:> Uscire o no dall’euro? Alain de Benoist denuncia le mosse

per impedire questa scelta

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9100 ANNI D’ILLUSIONI

SULL’ECONOMIA MONDIALE: Fuori la verità

IL “GRANDE INGANNO”

«L’intera economia mondiale si basa attualmente su gigantesche pirami-di di debiti che si appoggiano le une sulle altre in un equilibrio instabile.

Non si era mai assistito nel passato a un accumulo così importante di promesse di pagamento».

Maurice Allais «Era gente così primitiva che non sapeva come guada-gnare se non lavorando».

Joseph Addison Viviamo costantemente in un’illusione. Nell’idea che ci sia un sistema che funzioni al meglio e che distribuisca equamente la ricchezza prodotta da chi lavora. Che si faccia garante dei valori condivisi. Che gestisca il denaro così che non possa essere contraffatto.

Almeno tu apri gli occhi! Non è così semplice. Non basta lavorare per aumentare il benessere, bisogna capire il contesto in cui ci troviamo.

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Matrix Economy

cent’anni di illusione

Ti starai chiedendo: da quanto tempo stiamo vivendo in questo folle si-stema? Da quando sono nate le banche centrali che hanno ottenuto la pos-sibilità di gestire e “produrre” il denaro in regime di monopolio, togliendo le riserve auree? In ogni Stato la data è diversa, ma più o meno, parlando di Europa, America e Giappone, da un centinaio di anni.

Troppo pochi per vedere chiaramente il risultato di questo sistema, ma abbastanza per aver spazzato via tutti quelli che si sono trovati a gesti-re le ultime grandi crisi, quelle degli anni Venti. Non si impara mai dalla storia perché si è portati a pensare che “questa volta è diverso”. Leggerlo su un libro non è come viverlo. Si continua sempre a pensare che si possa effettivamente produrre ricchezza dal nulla.

Anche questa volta non è diverso, l’illusione è solo molto più “grande”, perché la mancanza dell’oro come riserva, la globalizzazione e la velocità con la quale si possono “produrre” elettronicamente e trasferire soldi tra Paesi diversi è tale per cui questa volta l’illusione è a livello globale.

stati finanziariamente irresponsabili

In tutto questo i politici “nuotano” favolosamente. Quasi tutti i Paesi che vivono in questo sistema sono finanziariamente irresponsabili. Cosa significa? Tu spenderesti più di quello che guadagni? Andresti a indebitarti all’infinito sapendo di non poter mai rimborsare quella cifra? Sottoscrive-resti dei pagherò “allo scoperto”? Alzeresti continuamente il tuo tenore di vita pur non potendo permettertelo? Andresti a offrire consulenza ai tuoi amici sulla loro gestione finanziaria, visti i grandi successi che hai ottenuto fino a ora? Bene, questo è quello che fa la maggior parte degli Stati.

Se vai a controllare gli indebitamenti dei Paesi, scoprirai che America, quasi tutti gli Stati europei e Giappone accumulano continuamente debiti. E il rapporto con il loro prodotto interno lordo aumenta costantemente.

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Altri Paesi “in via di sviluppo”, come Cina, Russia e Brasile, stanno facendo altrettanto.

Benvenuti nel club di quelli che stampano ricchezza!

Questo grafico mostra la percentuale di debito pubblico rispetto al PIL:

Come puoi notare, tutti i Paesi sviluppati sono super indebitati.Si potrebbe sostenere che è proprio l’indebitamento che porta ricchez-

za, ed è vero almeno in una prima fase, ma poi i nodi vengono al pettine, il conto di ciò che hai preso a credito fino a oggi lo devi pagare, e quel giorno arriva, sempre. Si dice che in economia non esistono pasti gratis, ed è vero. In una prima fase di produzione del denaro si vive sempre al di sopra delle proprie possibilità.

Si stampa nuovo denaro. Si gonfiano delle bolle (immobili, borsa). L’in-flazione arriva sempre dopo e in buona parte si riesce a farla scontare ad al-tri Paesi, l’America insegna. Tutti vivono immersi in una certa irrazionale euforia, si pensa di aver trovato una nuova alchimia finanziaria per cui tutti possono diventare ricchi e all’infinito. I comportamenti dello Stato, degli imprenditori e dei cittadini diventano irresponsabili. Il sistema del debito si gonfia, perché in una fase di espansione monetaria la controparti-ta è sempre il debito. Ma un sistema basato sul debito ha un limite. Quello che succede è che tutto questo denaro a buon mercato finisce in settori via via sempre meno produttivi. Tramite la spesa pubblica si mantengono grandi sacche di inefficienza, di assistenzialismo ed episodi di cliente-

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lismo. Inoltre, all’aumentare della massa di denaro gestita da parte del governo aumentano proporzionalmente anche i fenomeni di corruzione. Tutto questo a un certo momento diventa insostenibile e va in crisi. A que-sto punto solitamente intervengono banche centrali e governi stampando nuovo denaro per tappare le falle. Ma tutto ciò che ottengono è solamente guadagnare un altro po’ di tempo da quello che è un inevitabile declino. Un’implosione del sistema che non può tecnicamente reggere.

La maggior parte degli economisti, a questo punto, sostiene che la poli-tica dovrebbe semplicemente stampare più soldi e fornire, attraverso la spe-sa pubblica, quella liquidità che sembra mancare. Ma peccano di ingenuità e dimenticano cosa causa una continua produzione di nuovo denaro dal nulla: cattiva allocazione del capitale. Si finiscono per finanziare progetti poco interessanti, si permette allo Stato di mantenere una certa inefficien-za, assieme a politiche di assistenzialismo, oltre a favorire la corruzione. Tutto questo sistema non può reggere, ed è questo che va in crisi, non la disponibilità di moneta. È inutile stampare nuovo denaro per perpetuare il sistema che crea la crisi, non si fa altro che peggiorare la situazione che sarà molto più difficile da risolvere in futuro. Ma d’altra parte il sistema cerca sempre di salvare se stesso, e lo farà sempre. Un sistema basato sul debito cercherà di salvaguardare soprattutto i debitori, e infatti i debiti, quelli grandi, non sono fatti per essere restituiti.

I debiti non si pagano, si rinnovano

Non c’è alcuna possibilità che tutti i debiti erogati nel mondo venga-no rimborsati. A partire da quelli degli Stati sovrani. Tutto il meccanismo si sostiene sul fatto che i debiti debbano essere continuamente rinnovati. Questo è reso possibile dal fatto che il denaro non manca mai e viene stam-pato in continuazione, ma solo per qualcuno. Almeno fino a che il sogget-to debitore non diventi particolarmente insolvente. E mi sto riferendo al fatto di non riuscire a rimborsare neanche la quota di interessi.

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Il sistema Ponzi della finanza mondiale

Tutto il sistema finanziario globale è una grande catena di Ponzi.Carlo Ponzi è stato un noto truffatore che in America, negli anni Ven-

ti, raccoglieva denaro e garantiva il rendimento degli investimenti con la raccolta di nuovo capitale. È stato calcolato che il sistema Ponzi arricchi-sce una persona a scapito di nove che impoverisce. Quindi la ricchezza si re-distribuisce a un 10% delle persone coinvolte nell’attività, e porta via denaro al restante 90%.

Il più grande esperimento economico di sempre

Non era mai successo nella storia dell’uomo che, contemporaneamen-te, praticamente tutti gli stati cominciassero a stampare denaro dal nulla illimitatamente. Oggi stiamo vivendo in un laboratorio scientifico e siamo cavie umane oggetto di un grande esperimento. Il sistema truffa costante-mente i lavoratori e i risparmiatori tramite la gestione del denaro.

A questo punto possiamo tranquillamente sostenere di avere a che fare con monete disoneste. L’euro, il dollaro, la sterlina ecc. sono tutte mone-te false, non c’è alcun valore dietro, non rappresentano nessuna quota di lavoro prodotta (in quanto vengono emesse a debito e non a credito), ma circolano liberamente perché siamo tutti obbligati, con la forza, a utilizzar-le. E sono ampiamente disoneste perché nel momento in cui vengo emesse rubano potere di acquisto a chi ha un risparmio e chi ha un reddito fisso.

Quale sistema monetario ideale?

Parlando di denaro, e quindi nei fatti di un credito compensativo, dif-ficilmente troveremo una soluzione perfetta. Qualcuno troverà sempre il modo per manipolarla e rubare un po’ di potere di acquisto agli altri, o

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tenderà a non pagare i propri debiti cercando di socializzare le perdite. Ma sicuramente una moneta di una quantità limitata e non corruttibile funzionerebbe molto bene. Le monete con riserva aurea avevano queste caratteristiche. E nonostante i detrattori dell’oro come base monetaria so-stengano che è di una quantità troppo limitata per poter supportare l’at-tuale economia globale, per citare il noto economista Ludwig Von Mises possiamo dire che «qualsiasi base monetaria di qualsiasi quantità può fun-zionare bene, poiché sono i prezzi che si adeguano».

chi garantisce chi?

Avrai notato che spesso, durante le ricorrenti crisi finanziarie (sareb-be più corretto definirle monetarie), ci sono annunci del tipo «Il sistema bancario in soccorso dei titoli di stato», e altre volte: «Lo Stato opererà un salvataggio a favore della banca x».

Ma allora, chi salva chi? Chi è in grado di correre in aiuto a chi? Sono gli Stati che sono in grado di salvare le banche o è il sistema bancario in grado di aiutare gli Stati? È una barzelletta, ma a livello mediatico funziona sempre. I depositanti, i cittadini e anche gli imprenditori si sentono più “ga-rantiti” e il sistema può andare avanti ancora un po’. Fino alla prossima crisi.

La generazione attuale, che non ha vissuto grandi crack bancari o de-fault degli Stati, fino a qualche anno fa poteva anche pensare di vivere al sicuro con i propri soldi. Ma dopo la crisi del 2008 dovevi proprio essere vissuto in ritiro in Tibet per almeno cinque anni per non esserti accorto della forte instabilità del sistema.

Non c’è alcuna garanzia. Il denaro a corso forzoso unito al sistema della riserva frazionaria fa sì che non ci siano abbastanza soldi per tutti. I depo-siti bancari non ci sono. Nell’epoca attuale un deposito bancario è in realtà un prestito fatto alla banca, che a sua volta lo “presta” più di una volta. Di denaro disponibile c’è n’è solo una piccola riserva. Si chiama appunto “ri-serva frazionaria”, e in Europa la frazione può essere dell’1%! E in questo

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caso, se venisse richiesto in prelievo più di un euro su cento, il sistema crollerebbe. Si, lo so, la banca centrale potrebbe sempre stamparne di nuo-vi e fornirli alle banche, ma con quale velocità? E con quali conseguenze poi per la massa monetaria circolante? Ricorda che la quantità di denaro che circola cambia sempre le carte in tavola.

La realtà è che il sistema non può essere garantito, da nessuno.Nel 2008, nel bel mezzo della crisi bancaria irlandese, il Primo mi-

nistro di quel Paese, Brian Cowen, si affrettò a dichiarare che i depositi presso le banche erano garantiti dallo Stato. Ma non fece bene i conti, non aveva coscienza di quanto fosse enorme quella massa monetaria. Lo scoprì purtroppo più tardi, quando l’Irlanda, a seguito di quel “salvatag-gio”, andò in bancarotta.

come siamo finiti qui?

Nessuno Stato è mai riuscito a imporre una moneta a corso forzoso dal nulla, solitamente il processo parte da una monetamerce scelta dal popolo per agevolare gli scambi. E questo è quello che è successo anche oggi.

Funziona più o meno come segue.All’inizio commerciare senza una moneta certa e riconosciuta è difficile,

ci si improvvisa con il baratto. Si scambiano beni e servizi in cambio di altri beni e servizi, ma i cambi sono molto opinabili, lasciati alla trattativa del momento, e visto che non sempre si riescono a trovare i tipi di prodotti necessari, si ricorre anche al credito (o debito). A differenza di quello che i più ritengono, il debito e il baratto sono cresciuti insieme, il debito non è solo una conseguenza dell’utilizzo più sofisticato della moneta.

Dopo un po’ di tempo in cui si utilizza il baratto, solitamente emergono alcune merci particolarmente adatte allo scambio fine a se stesso. Sono, per così dire, merci più commerciabili di altre e che in molti sono disposti ad accettare in quanto sanno che troveranno facilmente da piazzarle. Nel corso della storia si è usato il sale (da cui il termine di salario), il grano, le

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pecore, le conchiglie e poi i metalli preziosi. Per farla breve possiamo so-stenere che alla fine tutte le civiltà hanno trovato nei metalli preziosi una merce di scambio ideale. E l’oro è stato eletto come il migliore tra i metalli preziosi per alcune sue caratteristiche peculiari. Col tempo un po’ tutte le merci sono state prezzate in riferimento al loro controvalore in oro.

Si sapeva così quanto valeva in oro 1 kg di pesce, una spada, una pecora, e così via. Sono nati così i prezzi. Poi l’oro è stato sostituito da certificati di deposito che ne identificavano l’esistenza, chiamati, anche, note del banco di deposito, da cui poi il nome di banconote.

Alle banconote ogni Paese ha assegnato un nome: dollaro, sterlina, lira, pesos, rublo ecc. Tutte queste banconote avevano un controvalore in oro. A lungo andare i cittadini si dimenticarono dell’oro e cominciarono a ra-gionare in termini di dollaro (o sterlina, marco ecc.). Quindi i prodotti non erano più prezzati in termini di oro, ma di quanti dollari. Dopodiché gli stati cominciarono a confiscare l’oro e a toglierlo dalla circolazione, e la banconota diventò una fiat money, ovvero basata semplicemente sulla fiducia in essa. Ed ecco che il sistema ha continuato a funzionare anche dopo la sparizione dell’oro. Anche se questo particolare ai più non è ancora oggi noto.

Mai sarebbe potuta nascere una moneta dal nulla che fosse stata in grado di dare un prezzo alle cose. Non funziona così. Ci dev’essere sempre un pregresso in cui il mercato elegge un bene di scambio comunemente accettato, assegna i prezzi in base ad esso, poi il mezzo viene trasformato in certificato cartaceo, e poi viene fatto sparire il mezzo e rimane la carta.

conclusioni

Viviamo in un sistema che ci obbliga a lavorare per ottenere un potere di acquisto che nel tempo ci viene tolto. Le monete che utilizziamo perdono costantemente valore. Una volta potevamo contare sul risparmio per garan-tirci un futuro, oggi dobbiamo diventare bravi a investire e a fare business.

Matrix Economy

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Questo è un grande esperimento fatto con cavie umane: noi.Non c’è più nulla dietro al denaro, non c’è più oro o altra riserva di

valore.Il problema della moneta-carta è che storicamente torna sempre al

suo valore intrinseco: cioè zero. Ma non possiamo estraniarci da questo sistema, ci siamo dentro e siamo obbligati a utilizzarlo. Ma se imparerai le regole potrai metterti “dalla parte del banco”.

Tratto da:

Matrix EconomyAutore: Roberto Gorini

100 Anni d’illusioni sull’economia mondiale

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Depurati dagli eccessi delle feste

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