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Gli Studi di Settore e Novità fiscali A cura di GIGLIOTTI ANTONIO

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Gli Studi di Settore

e

Novità fiscali

A cura di

GIGLIOTTI ANTONIO

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1. STUDI DI SETTORE: I chiarimenti dell’Agenzia delle Entrate

Gli uffici possono rettificare, in sede di contraddittorio con il contribuente, i maggiori ricavi o

compensi ottenuti applicando gli indici di normalità economica previsti dalla Finanziaria

2007.

Questa una delle novità riguardante gli Studi di settore, illustrata nella Circolare n.31/E del 22

maggio 2007 dell'Agenzia delle Entrate, che detta le regole su come applicare le disposizioni

introdotte sull’argomento con la Finanziaria 2007 e il Decreto Visco-Bersani del luglio 2006.

La circolare fissa, inoltre, i criteri per definire le attività marginali e spiega che non si

sottopongono alla maggiorazione del 3%, nel 2006, gli studi di settore a cui si applicano gli

indicatori di normalità.

1.1 Circolare n. 31/E del 22 maggio 2007

L’Agenzia delle Entrate con la Circolare n. 31/E del 22 maggio 2007 ha fornito chiarimenti circa la

disciplina degli Studi di settore dopo le recenti modifiche normative introdotte dal Decreto Legge n.

223/2006 e soprattutto dall’Articolo 1, commi da 13 a 27, della Finanziaria 2007.

In particolare, nella circolare in commento, l’Agenzia ha affrontato i seguenti temi:

⇒⇒ rettificabilità in sede di contraddittorio dei risultati ottenuti con gli indici di normalità

economica;

⇒⇒ criteri per definire le attività marginali;

⇒⇒ non applicazione nel 2006 della maggiorazione del 3 per cento nei casi in cui si applicano gli

indicatori di normalità;

⇒⇒ applicazione degli studi ai soggetti che chiudono l'attività e ne riaprono una "omogenea" entro 6

mesi;

⇒⇒ esclusione dall'inibizione degli accertamenti presuntivi, nei confronti dei contribuenti congrui,

basati su operazioni finanziarie o presunzioni di acquisto o cessione ai fini Iva.

Vediamo nel dettaglio le questioni principali e le specifiche riportate.

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Indicatori di normalità economica

Sono stati forniti chiarimenti in ordine all'applicazione degli indicatori di normalità economica

previsti dall’articolo 1, comma 14, della Finanziaria 2007, la cui finalità e' quella di segnalare

eventuali anomalie rispetto a comportamenti normali degli operatori del settore.

Dalla circolare in parola si desume che in caso di procedura di accertamento derivante

dall'applicazione degli studi di settore, gli uffici dovranno valutare, ed eventualmente rettificare,

l'importo dei maggiori ricavi o compensi determinati sulla base dell'indicatore rivelatosi

inattendibile, avvalendosi di elementi di valutazione direttamente acquisiti ovvero forniti dal

contribuente in sede di contraddittorio, tenendo eventualmente conto di situazioni di carattere

straordinario che possono aver determinato esiti di ''non coerenza''.

RICORDA

L'incoerenza rispetto ai predetti indicatori determina un incremento dei ricavi o compensi stimati

dalla "funzione di ricavo/compenso"di Gerico, nella misura individuata dal decreto del 20 marzo

2007. Per i titolari di reddito di impresa gli indicatori sono:

1. rapporto tra costi di disponibilità dei beni mobili strumentali e valore degli stessi

2. rotazione del magazzino o durata delle scorte

3. valore aggiunto per addetto

4. redditività dei beni mobili strumentali.

Per gli esercenti attività di lavoro autonomo:

1. rapporto tra ammortamenti dei beni mobili strumentali e valore degli stessi

2. resa oraria per addetto

3. resa oraria del professionista.

La “marginalità economica”

L’Agenzia delle Entrate ha precisato, inoltre, che a riguardo delle imprese che svolgono l'attività in

condizioni di marginalità economica, l'ufficio dovrà tener conto degli effetti penalizzanti che

potrebbero derivare dall'applicazione degli indicatori:

''Valore aggiunto per addetto'' e

''Redditività dei beni mobili strumentali''.

La circolare spiega che i possibili elementi, caratterizzanti per individuare i soggetti che svolgono

l'attività' in condizioni di marginalità economica, sono:

la localizzazione territoriale dell'attività;

le ridotte dimensioni del mercato servito;

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l'età del contribuente;

la limitata dotazione di beni strumentali e/o l'obsolescenza dei beni medesimi;

l'assenza di dipendenti (per le attività dove invece se ne registra, di regola, la presenza);

l'assenza di costi relativi a servizi.

In sede di un eventuale contraddittorio con l’Ufficio sarà, pertanto, utile utilizzare tali elementi quali

motivazioni per contrastare il risultato derivante dall’applicazione degli indicatori di normalità

economica che spesso portano a stime oggettivamente sproporzionate rispetto alla effettiva

situazione del contribuente.

Maggiorazione del 3%

Un altro aspetto di particolare rilievo che emerge dalla posizione espressa dall'Agenzia con la

circolare in parola è quello inerente l'applicabilità della maggiorazione del 3 per cento per il

periodo d'imposta 2006.

L'introduzione, da parte del Dm 20 marzo 2007, dei nuovi indicatori di normalità economica viene

assimilato a una "revisione" degli studi medesimi, comportando un diverso meccanismo di stima dei

ricavi o compensi presunti rispetto a quello in precedenza previsto.

Nella circolare è stato specificato che, per il solo periodo d'imposta 2006, per i soggetti che non

sono congrui per effetto degli indicatori di normalità economica non opera, in linea generale, la

disposizione di cui all'articolo 2, comma 2-bis, del Dpr n. 195/1999, concernente il versamento

della maggiorazione del 3 per cento in sede di adeguamento in dichiarazione.

Sanzioni in caso di omessa o infedele compilazione dei modelli

Si ricorda che i commi 25, 26 e 27 dell'articolo 1 della Finanziaria 2007 hanno previsto importanti

modifiche agli articoli 1 e 5 del D.lgs. n. 471/1997 e all'articolo 32 del Dlgs n. 446/1997, tramite cui

è stata aumentata del 10 per cento la sanzione pecuniaria applicabile in sede di accertamento, ai fini

delle imposte sui redditi, dell'Iva e dell'Irap, per le violazioni relative a:

omessa o infedele indicazione dei dati previsti nei modelli per la comunicazione dei dati

rilevanti ai fini dell'applicazione degli studi di settore;

indicazione di cause di esclusione o inapplicabilità degli studi di settore non sussistenti.

La predetta maggiorazione del 10 per cento si applica alla sanzione-base a condizione che:

⇒ il maggior reddito d'impresa, arte o professione (per le imposte sui redditi);

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⇒ la maggiore imposta o la minore imposta detraibile o rimborsabile (per l'imposta sul valore

aggiunto);

⇒ la maggiore base imponibile (per l'imposta sulle attività produttive)

accertati a seguito della corretta applicazione degli studi di settore, eccedano, rispettivamente, il 10

per cento di quanto dichiarato dai contribuenti.

Le ipotesi di "infedele indicazione dei dati", oltre quelle di non corretta indicazione delle

informazioni che rilevano ai fini della determinazione della "funzione di regressione" comprendono

altresì:

⇒ l'infedele, ovvero, omessa indicazione di quelle variabili che, pur non rilevanti ai fini della

funzione di regressione, incidono, comunque, sulla determinazione del reddito d'impresa o di

lavoro autonomo quali, ad esempio, le quote di ammortamento che potrebbero essere rilevanti

ai fini dell'indicatore di normalità economica relativo alle spese per il godimento dei beni

strumentali mobili.

La circolare n. 31/E/2007 precisa che la condizione del superamento della soglia del 10 per cento,

ai fini dell'applicabilità dell'incremento della misura sanzionatoria, deve ritenersi verificata anche nel

caso in cui i dati rettificati derivanti dall'applicazione di Gerico determinino una minore perdita

d'impresa.

Inibizione degli accertamenti presuntivi In merito ai limiti posti dal nuovo comma 4-bis della legge n. 146 del 19981, introdotto dal comma

17 della Finanziaria 2007, concernente l'inibizione degli accertamento presuntivi nei confronti

1 Il comma 17 dell’articolo 1 della legge finanziaria 2007 ha innovato le previsioni dell’art. 10 della legge n. 146 del 1998 introducendo il nuovo comma 4-bis. Tale ultima disposizione prevede che “Le rettifiche sulla base di presunzioni semplici di cui all'articolo 39, primo comma, lettera d), secondo periodo, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e all'articolo 54, secondo comma, ultimo periodo, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, non possono essere effettuate nei confronti dei contribuenti che dichiarino, anche per effetto dell'adeguamento, ricavi o compensi pari o superiori al livello della congruità, ai fini dell'applicazione degli studi di settore di cui all'articolo 62-bis del decreto-legge 30 agosto 1993, n. 331, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 ottobre 1993, n. 427, tenuto altresì conto dei valori di coerenza risultanti dagli specifici indicatori, di cui all'articolo 10-bis, comma 2, della presente legge, qualora l'ammontare delle attività non dichiarate, con un massimo di 50.000 euro, sia pari o inferiore al 40 per cento dei ricavi o compensi dichiarati.” La norma prevede quindi che, nei confronti dei contribuenti che risultino “congrui” rispetto alle risultanze degli studi di settore (anche per adeguamento in dichiarazione) l’accertamento di tipo presuntivo previsto all'articolo 39, primo comma, lettera d), secondo periodo, del D.P.R n. 600 del 1973, e all'articolo 54, secondo comma, ultimo periodo, del D.P.R. n. 633 del 1972, possa essere effettuato solo al verificarsi di una delle seguenti condizioni: l’ammontare delle attività non dichiarate, derivante dalla ricostruzione di tipo presuntivo, sia superiore al 40% dell’ammontare dei ricavi/compensi dichiarati; l’ammontare delle attività non dichiarate, derivante dalla ricostruzione presuntiva, superi, in valore assoluto,

50.000 euro. Come già chiarito con circolare n. 11/E del 16 febbraio 2007, la previsione del limite dei 50 mila euro e del 40 per cento dei ricavi o compensi dichiarati non costituisce in alcun modo una franchigia. Pertanto, nell’ipotesi in cui l’ammontare accertabile in base alle presunzioni semplici qualificate sia superiore ai predetti limiti, la rettifica dei ricavi e/o dei compensi sarà effettuata nella misura complessiva.

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dei soggetti congrui alle risultanze degli studi di settore, l’Agenzia delle Entrate ha chiarito che

tale l’inibizione non riguarda tutti gli accertamenti.

Nella circolare, in particolare, è stato precisato che la disposizione richiamata riguarda

esclusivamente gli accertamenti fondati sulle modalità di tipo "presuntivo" previste all'articolo

39, primo comma, lettera d), secondo periodo, del Dpr n. 600/1973, e all'articolo 54, secondo

comma, ultimo periodo, del Dpr n. 633/1972.

La limitazione prevista dal comma 4-bis non opera per gli accertamenti basati sulle presunzioni

previste:

⇒ dall'articolo 32, primo comma, n. 2, del Dpr n. 600/1973, e dall'articolo 51, secondo comma, n.

2, del Dpr n. 633/1972 (in materia di rapporti e operazioni finanziarie);

⇒ dal Dpr n. 441/1997 (presunzioni di acquisto o di cessione ai fini Iva).

Relativamente alla definizione dell’accertamento si precisa, inoltre, che la verifica del

superamento dei limiti, previsti dall'articolo 10, comma 4-bis, di 50.000 euro o del 40 per cento dei

ricavi o compensi dichiarati, vanno riferiti, nel caso di accertamento con adesione ai sensi del Dlgs

n. 218/1997, all'ammontare dei ricavi o compensi definito a seguito del contraddittorio con il

contribuente e non a quello, eventualmente superiore, individuato nell'avviso di accertamento

notificato.

Modifica delle cause di esclusione Nella Circolare in commento sono stati forniti anche chiarimenti in merito alla corretta applicazione

della disposizione contenuta al comma 4, lettera b) e comma 1 della legge n. 146/19982 concernente

la nuova disciplina relativa alla parziale limitazione delle cause di esclusione dall'applicazione degli

studi di settore.

In particolare, è stato precisato che la cessazione e il successivo inizio dell'attività entro sei mesi

dalla data di cessazione non determinano causa di esclusione dall'applicazione degli studi di

settore qualora ricorrano contestualmente i tre seguenti requisiti:

1. che l'attività iniziata venga svolta dallo stesso soggetto che precedentemente aveva cessato

l'attività;

2. che l'attività venga nuovamente iniziata entro il termine di sei mesi dalla sua cessazione;

3. che l'attività presenti il carattere della "omogeneità" rispetto a quella preesistente.

2 La nuova formulazione del comma 4 della legge 8 maggio 1998, n. 146, alla lettera b) dispone che, sono esclusi dall’applicazione degli studi di settore i contribuenti “che hanno iniziato o cessato l'attività nel periodo d'imposta. La disposizione di cui al comma 1 si applica comunque in caso di cessazione e inizio dell'attività, da parte dello stesso soggetto, entro sei mesi dalla data di cessazione, nonché quando l'attività costituisce mera prosecuzione di attività svolte da altri soggetti”.

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“Stesso soggetto”

La circolare, in particolare, ha chiarito, interpretando la locuzione "da parte dello stesso soggetto"

utilizzata dal legislatore nella lettera b), comma 4 dell'articolo 10, legge n. 146/1998, che:

per i soggetti diversi dalle persone fisiche tale disposizione non si applica in quanto la

cessazione dell'attività determina l'estinzione della posizione fiscale del soggetto e, quindi, fa venir

meno uno dei requisiti essenziali per l'applicabilità della norma in oggetto

Il termine di 6 mesi

Si evidenzia che, in merito al punto 2, è stato ribadito che il requisito del termine dei sei mesi

ricorre:

⇒ sia nel caso in cui il periodo di cessazione dell’attività ricada per intero nell’ambito

dello stesso periodo d’imposta;

⇒ sia qualora la cessazione e l’inizio entro i sei mesi siano avvenuti a cavallo di due

periodi d’imposta consecutivi.

Sono, pertanto, assoggettati agli studi di settore i contribuenti che cessano la propria attività nel

periodo d’imposta in corso alla data del 31 dicembre e che la iniziano nuovamente, entro sei mesi,

nel periodo d’imposta successivo.

RICORDA

Il computo dei mesi dovrà essere effettuato, a decorrere dalla data di chiusura

dell’attività, risultante dalla comunicazione effettuata all’ufficio finanziario, considerando come

mese intero le frazioni di esso pari o superiori a 15 giorni.

La nuova disposizione si applica anche nei confronti dei soggetti che hanno cessato

l’attività nel corso del periodo d’imposta 2005 e hanno iniziato la stessa attività nel periodo

d’imposta successivo, entro sei mesi dalla data di cessazione.

Requisito della “omogeneità”

Si evidenzia, inoltre, che in relazione al punto 3, come già affermato nella circolare n. 11/E del

2006, è stato ribadito che il requisito della omogeneità dell’attività rispetto a quella preesistente

sussiste se le attività sono contraddistinte da un medesimo codice attività, ovvero i codici attività

sono compresi nel medesimo studio di settore.

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L’evoluzione degli studi di settore

L’evoluzione degli studi di settore può condurre, in alcuni casi, all’accorpamento in un unico studio

di studi precedentemente distinti, qualora le attività ad essi relative abbiano caratteristiche analoghe.

In ultima analisi, evidenziamo che è stato precisato che non incide in alcun modo, ai fini della

verifica dei requisiti necessari all’applicazione della disciplina introdotta dalla nuova formulazione

del comma 4, lettera b) dell’articolo 10 della legge n. 146/1998, la circostanza che l’attività

nuovamente iniziata o proseguita si differenzi dalla precedente in relazione a caratteristiche

quali:

Il requisito dell’omogeneità si realizzerà anche qualora la cessazione ed il successivo

inizio abbiano ad oggetto attività caratterizzate da codici che, sebbene in origine afferenti a

distinti studi di settore, siano confluiti nel medesimo studio a seguito dell’evoluzione.

differente localizzazione in cui l’attività viene esercitata;

modifiche della struttura organizzativa;

diverso numero di dipendenti, etc.

Tali situazioni potranno, però, essere tenute in considerazione, in sede di contraddittorio, ai fini

della corretta valutazione della posizione del contribuente.

Al fine di fornire precisazioni in ordine pratico si ricorda che caso in cui si verifichi una delle

predette ipotesi di cessazione e inizio attività entro sei mesi o di mera prosecuzione dell’attività

nel campo 2 dei quadri RE, RF ed RG di UNICO 2007, non dovrà essere indicato alcun

codice relativo all’esclusione.

In particolare:

il codice 1 deve essere utilizzato solamente in caso di esclusione dall’applicazione dello

studio di settore per inizio attività nel corso del periodo d’imposta e non deve essere indicato,

invece, nel caso in cui tale inizio dell’attività sia avvenuto entro sei mesi dalla precedente

cessazione, ovvero costituisca mera prosecuzione di attività svolte da altri soggetti.

il codice 2 deve essere utilizzato soltanto se si verifica la causa di esclusione relativa alla

cessazione dell’attività nel corso del periodo d’imposta e non quando l’attività sia iniziata

nuovamente entro sei mesi dalla cessazione. In caso di cessazione dell’attività, tuttavia, il

contribuente è tenuto alla compilazione del modello per la comunicazione dei dati rilevanti ai

fini dell’applicazione degli studi di settore, come previsto dal comma 19, secondo periodo, della

legge finanziaria per il 2007. Tali soggetti dovranno comunicare i dati richiesti nel modello,

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quali per esempio beni strumentali, personale dipendente, etc., con riferimento alla situazione

esistente alla data di cessazione dell’’attività.

Novità applicate ai parametri

Ci sembra, infine, utile evidenziare che la circolare in oggetto ricorda che le modifiche, riguardanti

gli studi di settore, in ordine alle cause di esclusione, cessazione e inizio attività entro sei mesi dalla

cessazione, prosecuzione di attività svolte in precedenza da altri soggetti, trovano applicazione

anche nei riguardi dei soggetti tenuti all’applicazione dei parametri, di cui ai commi da 181 a

187 dell’articolo 3 della legge 28 dicembre 1995, n. 549, per effetto della disposizione contenuta

nell’art. 4, comma 1, ultimo periodo, del D.P.R. n. 195 del 31 maggio 1999.

Pertanto, per effetto delle citate modifiche, analogamente a quanto previsto per gli studi di settore,

sono comunque tenuti all’applicazione dei parametri:

i soggetti che hanno cessato e iniziato l’attività entro sei mesi dalla data di cessazione. L’ipotesi

è applicabile anche nel caso in cui la cessazione dell’attività è avvenuta anteriormente al periodo

d’imposta in corso al 31 dicembre 2006 e l’inizio dell’attività sia avvenuto nel corso del periodo

d’imposta 2006, fermo restando la condizione dei sei mesi dalla data di cessazione;

i soggetti che hanno iniziato l’attività nel corso del periodo d’imposta quando la stessa

costituisce una mera prosecuzione di attività svolta da altri soggetti.

ATTENZIONE

I citati parametri continuano a non applicarsi nei confronti dei soggetti con periodo

d’imposta diverso dai 12 mesi.

1.2 Circolare n. 38/E del 12 giugno 2007

L'Agenzia delle entrate con la nuova Circolare 38/E del 12 giugno 2007 detta le istruzioni agli

uffici per la corretta applicazione dei 56 studi di settore approvati il 20 marzo scorso e fornisce

ulteriori chiarimenti in ordine ad alcune novità relative agli studi medesimi.

La circolare in parola dovrebbe completare quelle emanate in precedenza in materia di studi, e in

particolare integrare quella del 22 maggio scorso che di fatto non aiutava a superare tutti i dubbi, in

particolare, in merito alla gestione del contraddittorio da parte degli uffici locali e alla

“grossolanità” degli indici di normalità economica che sembrano non riguardare gruppi omogenei.

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La parte più rilevante della nuova circolare è rappresentata dall’indicazione di una serie di nuove

casistiche che possono essere ricomprese tra le situazioni di marginalità economica quali cause che

possono giustificare eventuali situazioni di non congruità.

Si legge che gli accertatori dovranno valutare con "ragionevolezza" e "attenzione" le ragioni dei

contribuenti nel corso del contraddittorio.

Criteri di applicazione degli studi

Da una prima analisi della circolare si intuisce che il Fisco si è reso conto delle difficoltà che

contribuenti e intermediari stanno incontrando nell’applicazione degli studi potenziati. La Circolare

ribadisce, infatti, con particolare insistenza che in sede di accertamento:

l'applicazione degli studi di settore deve ispirarsi a criteri di "ragionevolezza" tali da evitare la

penalizzazione di contribuenti per i quali il meccanismo presuntivo potrebbe risultare non idoneo a

cogliere le effettive condizioni di esercizio dell'attività.

ATTENZIONE

Si ricorda che il contribuente può rappresentare nel campo "annotazioni" dei dati rilevanti per

l'applicazione degli studi tutti gli elementi idonei a giustificare il mancato adeguamento ai ricavi

o compensi determinati sulla base degli studi.

La non congruità, come la incoerenza rispetto agli indici di normalità, può essere attestata dai

soggetti abilitati alla trasmissione telematica delle dichiarazioni, dai responsabili dell'assistenza

fiscale e dai dipendenti e funzionari delle associazioni di categoria abilitati all'assistenza.

Attività marginali

Particolare attenzione viene riservata alle cosiddette attività marginali. L'Agenzia precisa che la

marginalità economica può essere caratterizzata da una serie di fattori quali:

1. limiti dimensionali e organizzativi per la struttura d'impresa;

2. arretratezza/inadeguatezza delle infrastrutture strumentali e assenza di investimenti anche legati

alla promozione dell'attività;

3. assenza di spese per servizi esterni (non esternalizzazione delle fasi di lavorazione e di

produzione)

4. modalità organizzative di vendita tradizionali e assolutamente estranee a sistemi di rete (assenza

di rapporti di franchising, affiliazione ovvero associazione a gruppi d'acquisto)

5. ridotta articolazione del processo produttivo e bassa capacità di penetrazione sul mercato

6. limiti del mercato di riferimento (ampiezza territoriale e tipologia di clientela)

7. scarsa competitività dei prodotti e dei servizi erogati o non sufficiente capacità produttiva

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8. debolezza rispetto ai canali di approvvigionamento

9. età avanzata del titolare

10. localizzazione territoriale (geografica e di contesto produttivo).

Tutti questi fattori potranno consentire di individuare una gamma di soggetti i cui ricavi o compensi

non sono stimabili con l'applicazione degli studi perchè, in presenza di tali situazioni, l’attività del

contribuente potrebbe porsi quale attività contraria alle logiche di mercato ponendosi

conseguentemente al di fuori del principio di normalità che sottende l'intero impianto metodologico

degli studi stessi.

Nel dettaglio la Circolare precisa che:

per aiutare gli uffici a individuare le condizioni di marginalità economica, è in atto la

predisposizione di uno specifico software che, partendo dagli elementi indicati nel modello dei dati

rilevanti ai fini dell'applicazione degli studi, fornirà un'analisi di massima circa la ricorrenza delle

condizioni di marginalità.

Studi definitivi in precedenza sperimentali o monitorati

Relativamente agli studi approvati in via definitiva il 20 marzo scorso e che precedentemente erano

applicati in regime monitorato o sperimentale, viene precisato, con particolare riguardo agli studi

relativi alle attività professionali,

che le attività di controllo per i periodi di imposta 2004 e precedenti dovranno tener conto delle

specifiche disposizioni normative vigenti per tali annualità;

che l'attività di accertamento potrà essere esperita solo previa verifica della "non congruità",

rispetto alle risultanze degli studi "sperimentali" o "monitorati", per almeno due periodi di

imposta su tre consecutivi considerati; tale requisito di "non congruità" dovrà essere

successivamente confermato, in relazione allo stesso triennio, anche a seguito dell'applicazione di

Gerico 2007, sulla base dei dati e delle informazioni riferibili ai periodi d'imposta oggetto di

controllo.

Con riferimento alle annualità per le quali lo studio è stato approvato in via sperimentale o

monitorata, non andranno tenuti in considerazione, ai fini degli eventuali maggiori importi da

accertare sulla base degli studi definitivi, i maggiori componenti positivi derivanti

dall'applicazione degli indicatori di normalità economica previsti al comma 14 della legge

finanziaria per il 2007.

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Indicatori di normalità economica Vengono fornite, inoltre, istruzioni agli uffici in merito alla corretta applicazione degli indicatori di

normalità in sede di accertamento. La circolare precisa che gli uffici, in sede di controllo

dell'annualità 2006:

dovranno utilizzare i risultati più favorevoli al contribuente derivanti dall'applicazione degli

studi revisionati (nel triennio 2007/2009 tutti gli studi vigenti per il periodo d’imposta 2006,

formeranno oggetto delle revisioni evolutive) che tengono conto dei nuovi indicatori, previsti dalla

legge 146 del 1998, rispetto a quelli ottenibili con l'applicazione degli studi che tengono invece

conto dei soli indicatori introdotti con l'ultima finanziaria.

Tale orientamento, secondo l’Agenzia, viene giustificato nella esigenza di assicurare il più

corretto ed efficace utilizzo degli studi di settore in sede di accertamento, dato che le revisioni

devono ( ma noi diciamo“dovrebbero “) rappresentare un aggiornamento e un affinamento degli

studi approvati per il 2006, anche con riguardo agli indicatori di normalità economica.

Nel leggere attentamente la circolare, non possiamo esimerci dal commentare che per “corretta

applicazione” è evidentemente sotto inteso l’esplicito riferimento alla mancata “messa a punto” del

programma Gerico in relazione ai nuovi indicatori di normalità economica in presenza di variabili

non considerate, non proporzionate o dimenticate nel calcolo dei maggiori ricavi.

Ed infatti, in merito alle precisazioni menzionate la circolare fornisce istruzioni agli uffici che

denotano la presa di coscienza, da parte dell’Agenzia, che Gerico molto spesso porta a risultati non

calibrati sulla situazione effettiva.

In particolare:

1. Elevata dotazione di beni mobili strumentali acquisiti mediante contratti di locazione

finanziaria.

L’indicatore “Rapporto tra costi di disponibilità dei beni mobili strumentali e valore degli stessi”,

potrebbe determinare esiti di “non normalità”, con conseguente determinazione di maggiori ricavi,

nell’ipotesi in cui il contribuente utilizzi, esclusivamente o prevalentemente, beni mobili strumentali

utilizzati per effetto di contratti di locazione finanziaria . In tale situazione è consigliata una attenta

valutazione in quanto l’incidenza dei canoni di locazione finanziaria, in rapporto al valore del bene

strumentale, generalmente risulta più elevata.

In sede di contraddittorio, pertanto, l’Ufficio dovrà tener conto di tale circostanza, a

condizione, naturalmente, che essa venga debitamente documentata dal contribuente.

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2. Applicazione degli studi di settore alle imprese con periodo d’imposta inferiore ai 12 mesi.

Riflessi in presenza di Ditte individuali o imprese familiari

L’applicazione degli studi di settore alle imprese con periodo d’imposta inferiore ai 12 mesi

prevede un meccanismo di calcolo che tiene in considerazione il minor numero di mesi nei quali è

esercitata l’attività d’impresa con un automatico ragguaglio ad anno delle cosiddette variabili a

“stock”, ossia di quelle variabili, come ad esempio il valore dei beni strumentali, la superficie dei

locali, etc., che, poiché riferite a valori presenti ad una data prefissata (generalmente 31 dicembre),

non risultano proporzionate al numero di mesi di esercizio dell’attività.

L’operazione in parola viene effettuata, ovviamente, anche ai fini dell’indicatore di coerenza

economica “Valore aggiunto per addetto”, mediante la commisurazione specifica del numero degli

addetti al periodo d’imposta inferiore ai 12 mesi.

Tale commisurazione non riguarda, tuttavia, l’apporto del titolare dell’impresa individuale o familiare. 3. Compensi per soci amministratori di società di capitali.

Il calcolo del “Valore aggiunto” viene effettuato sottraendo dall’ammontare dei ricavi una serie di

costi tra i quali non rientrano le “Spese per lavoro dipendente e per altre prestazioni diverse da

lavoro dipendente afferenti l'attività dell'impresa”.

Per le società di persone i compensi corrisposti ai soci amministratori sono compresi nelle dette

“Spese per lavoro dipendente e per altre prestazioni diverse da lavoro dipendente afferenti l'attività

dell'impresa” e, dunque, non concorrono all’applicazione dell’indicatore, mentre lo stesso non

accade nel caso di compensi corrisposti:

agli amministratori non soci delle società di persone;

agli amministratori delle società ed enti soggetti all’Ires,

in quanto tali spese sono incluse tra le “Spese per acquisti di servizi” che incidono, in

diminuzione sull’indicatore “Valore aggiunto per addetto”.

4. Indicatore “Redditività dei beni strumentali” - studio SM80U (Vendita al dettaglio di

carburanti per autotrazione).

La formula di calcolo dell’indicatore “Redditività dei beni strumentali” prevede che al

denominatore della frazione sia considerato il valore dei beni strumentali indicato al rigo F29 del

quadro degli elementi contabili del modello di comunicazione dei dati rilevanti ai fini

dell’applicazione degli studi di settore; a sua volta tale valore comprende il valore normale al

momento dell’immissione nell’attività dei beni acquisiti in comodato.

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Tale ultimo importo assume spesso valori molto elevati nelle attività di Vendita al dettaglio di

carburanti per autotrazione (studio SM80U), poiché generalmente è uso delle compagnie

petrolifere concedere in comodato ai titolari di tale attività, l’impianto di distribuzione di carburanti

il cui valore è normalmente molto elevato.

5. Componenti negative di carattere fiscale

Ai fini della corretta valutazione della posizione del contribuente e dell’indicatore relativo al “Valore

aggiunto per addetto” e alla “Redditività dei beni strumentali”, l’Ufficio dovrà tenere in

considerazione le ipotesi in cui:

gli indicatori citati presentino situazioni di “non coerenza” derivante dall’indicazione in

dichiarazione di talune componenti negative di reddito, di carattere esclusivamente fiscale (es.

determinate tipologie di agevolazioni fiscali), indicate nel rigo F23 “Altri componenti negativi”

del quadro F. In tali fattispecie, infatti, dette componenti di carattere puramente fiscale,

riducono il valore del numeratore e, conseguentemente, riducono il risultato dell’indicatore di

normalità economica.

6. Valutazione delle rimanenze finali “a costo” – Studio TG69U (Costruzioni)

Per le attività caratterizzate da cicli produttivi che investono più periodi d’imposta, come nel caso

delle attività rientranti nello studio di settore TG69U attività di costruzioni, ai fini dell’applicabilità

degli indicatori “Valore aggiunto per addetto” e “Redditività dei beni strumentali mobili”, occorre

aver riguardo a quelle imprese che effettuano la valutazione delle rimanenze finali relative ad

opere, forniture e servizi di durata ultrannuale in base al criterio del “costo” (previgente

articolo 93, comma 5, del TUIR). Tali imprese, infatti, potrebbero risultare incoerenti ai predetti

indicatori, qualora il valore di tali rimanenze sia particolarmente elevato in rapporto ai ricavi

dichiarati nel corso del periodo d’imposta .

7. Imprese che realizzano immobilizzazioni per lavori interni

Le imprese che effettuano incrementi di immobilizzazioni per lavori interni, Voce A4 del conto

economico, quali imprese appartenenti al comparto dei servizi o delle manifatture, devono indicare i

relativi incrementi nel rigo F04 del modello per la comunicazione dei dati rilevanti ai fini

dell’applicazione degli studi di settore, per un ammontare corrispondente ai costi sostenuti, nel

periodo d’imposta considerato, per la realizzazione di tali beni.

In queste circostanze e in presenza di una situazione di non congruità derivante dall’indicazione di

tali costi nelle varie voci presenti nel quadro F dell’allegato studi di settore, gli Uffici, in sede di

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contraddittorio, valuteranno, verificati i presupposti, di procedere ad una nuova stima dei ricavi,

scomputando tali costi dalle relative componenti negative e, quindi, riapplicare lo studio attraverso il

software Ge.Ri.Co.

8. Valorizzazione, locazione e vendita di beni immobili - Studio TG40

Per le attività di valorizzazione, locazione e vendita di immobili, oggetto dello studio TG40U, si

evidenzia che eventuali disallineamenti potrebbero verificarsi:

nel caso di affitto di terreni ad uso agricolo, potrebbero verificarsi delle situazioni di non

congruità a seguito dell’applicazione degli indicatori di normalità economica, a causa della

particolare determinazione del componente fiscalmente rilevante di questo tipo di attività, che viene

calcolato su base catastale. Tale “non congruità” può essere anche di notevole entità nei casi di

contribuenti che effettuano esclusivamente “affitto di terreni ad uso agricolo”;

per piccole imprese che svolgono l’attività di locazione di un numero esiguo di immobili, se

non di un solo immobile, per gestire la quale non è necessario un particolare e continuativo apporto

lavorativo. In tal caso, dato che l’applicazione dell’indicatore di normalità economica “valore

aggiunto per addetto” presuppone sempre l’esistenza di almeno 1 addetto, ciò potrebbe comportare

una stima di maggiori ricavi non aderente alla effettiva situazione del contribuente.

9. Situazioni particolari riguardanti gli addetti

Nella circolare in commento si legge che nella circolare n. 31/E del 2007 è stato già evidenziato che

l’applicazione dell’indicatore “Valore aggiunto per addetto” potrebbe portare a risultati non

adeguati alla effettiva posizione del contribuente, laddove tra gli addetti siano compresi

apprendisti o soggetti per i quali si siano verificate prolungate assenze per malattia o per

maternità.

Precisazioni per la compilazione e trasmissione del modello dei dati rilevanti ai fini

dell’applicazione degli studi di settore

Di particolare rilievo, ai fini esclusivamente operativi, si evidenziano le precisazione contenuta

nell’allegato 5 della circolare in parola.

Si ricorda che in presenza di cessata attività, ai sensi dell’art. 1, comma 19, secondo periodo, della

legge finanziaria per il 2007, si è tenuti, comunque, all’invio del modello dei dati rilevanti ai fini

dell’applicazione degli studi di settore.

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Come chiarito nella circolare 31/E del 22 maggio 2007 il contribuente che si trova in tale

situazione dovrà fornire l’indicazione del numero dei mesi di esercizio dell’attività nel corso

del periodo d’imposta.

Ci si era dimenticati che nei modelli degli studi di settore non è prevista nessuna casella per tale

indicazione se non relativa all’inizio e/o alla cessazione dell’attività di impresa o di lavoro autonomo

nei casi di mera prosecuzione di attività svolte da altri soggetti.

E’ stato specificato, pertanto, che il contribuente cessato dovrà:

indicare il numero dei mesi di esercizio dell’attività nel corso del periodo d’imposta nella

casella del frontespizio con la sola indicazione del numero dei mesi di esercizio dell’attività senza

tener conto della segnalazione fornita dal diagnostico in sede di trasmissione della dichiarazione, con

la quale si richiede anche l’informazione, contenuta nel frontespizio medesimo, relativa all’inizio e/o

alla cessazione dell’attività di impresa o di lavoro autonomo, nonché alla mera prosecuzione di

attività svolte da altri soggetti.

Un’altra anomalia ai fini dell’applicazione dell’indicatore di coerenza economica resa oraria del

professionista viene riscontrata nel software Gerico in presenza della richiesta dell’indicazione del

dato relativo sia all’anno di inizio dell’attività che all’anno di iscrizione all’albo professionale,

quando esse sono presenti nel modello, di conseguenza, l’omissione di una o entrambe le

informazioni provoca l’intervento del controllo bloccante del software.

Per alcuni studi di settore questo controllo impedisce, nel caso in cui non è prevista l’iscrizione ad un

particolare albo professionale per l’esercizio della propria attività, la corretta compilazione del

modello in cui si richiedono sia l’anno di inizio dell’attività che l’anno di iscrizione all’albo

professionale.

Correttivi

In ultimo si sottolinea che viene confermato anche per il periodo d'imposta 2006 il cosiddetto

"correttivo congiunturale" per i settori del tessile, abbigliamento e calzaturiero, per i comparti del

mobile, dell'occhialeria, dell'oreficeria e gioielleria.

Sempre per il periodo d'imposta 2006, viene confermata, inoltre, l'applicazione dei cosiddetti

correttivi "non automatici" per gli studi relativi a lavorazione della ceramica, meccanica leggera e

pesante, editoria e stampa, farmacie.

1.3 Comunicato stampa del 28 giugno 2007

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Il 28 giugno 2007 è arrivato un nuovo comunicato stampa dell’Agenzia delle Entrate inerente gli

studi di settore.

Lo scopo del comunicato è quello di fornire una serie di esemplificazioni per i contribuenti «non

congrui» che non si adeguano ai risultati di Gerico.

L’Agenzia delle Entrate ha predisposto a tal fine un elenco di riferimento delle cause che

giustificano la eventuale non congruità rispetto alle risultanze degli studi di settore, anche con

riguardo all’applicazione dei nuovi indicatori di normalità, che il contribuente può evidenziare

nel campo ‘Annotazioni’ del modello di comunicazione dei dati rilevanti per l’applicazione degli

studi di settore.

Le situazioni particolari

Nell'elenco sono fornite le descrizioni sintetiche di diverse situazioni "particolari", già enucleate

nelle circolari n. 31/E e 38/E del 2007 ed ora ulteriormente dettagliate, suddivise in tre categorie:

1. non normalità economica riferibile ai singoli indicatori;

2. marginalità economica;

3. altre condizioni particolari o specifiche che possono rendere non attendibili le risultanze

dell'applicazione degli studi.

Indicatori di non normalità economica

L’elenco delle descrizioni riporta anche una casistica esemplificativa delle possibili modalità di

compilazione del campo “Annotazioni” per indicare la categoria e le singole circostanze da

evidenziare. Questo anche al fine della eventuale attestazione resa dai soggetti ammessi ad

effettuarla, come era già stato evidenziato dalla circolare n. 38/E, paragrafo 3, del 12 giugno.

Si sottolinea che a riguardo della non normalità economica degli indicatori:

in relazione a quello dell'incidenza dei costi di disponibilità dei beni strumentali, nel

comunicato stampa in parola, viene evidenziato che potrà essere indicato in dichiarazione che il

disallineamento rispetto all'indicatore deriva ad esempio:

dalla vendita di beni strumentali nel corso dell'anno;

dalla rilevanza di ammortamenti anticipati e/o accelerati;

dai costi per beni in leasing;

per altre situazioni che potranno essere descritte in formato libero

per l'indicatore della rotazione del magazzino o della durata delle scorte, il disallineamento

può essere determinato e indicato in dichiarazione, per esempio, da:

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consistenti approvvigionamenti debitamente documentati di beni di magazzino, eseguiti in

occasione o in prospettiva di più vantaggiose condizioni di mercato (previsione di aumento

dei prezzi di materie e/o campagne sconto promosse dai fornitori etc.);

significativa riduzione della clientela di riferimento;

altre situazioni particolari (da descrivere)

per l'indicatore del valore aggiunto per addetto potrà essere evidenziato:

il ciclo produttivo pluriennale, ad esempio, l'impresa non ha realizzato la vendita

dell'immobile in corso di costruzione;

la strutturale assenza o minima presenza del fattore lavoro, in particolare, per le piccole

immobiliari di gestione;

la presenza significativa di apprendisti;

il numero di giornate retribuite ed esposte nel quadro A del modello studi di settore, desunte

dal modello DM10, non corrispondente alle effettive giornate lavorative per effetto di giornate

di maternità, malattia, eccetera, con indennità a carico del datore di lavoro;

Compensi corrisposti a soci amministratori ed ad amministratori non soci e rilevati in righi del

quadro F del modello studi di settore diversi dal rigo F19 (Spese per lavoro dipendente);

Periodo d'imposta inferiore a 12 mesi per il quale non è previsto il ragguaglio del peso del

titolare;

Significativa presenza di perdite su crediti commerciali o minusvalenze patrimoniali non di

natura straordinaria.

per la Redditività dei beni strumentali:

Ciclo produttivo pluriennale, ad esempio l'impresa che non ha realizzato la vendita

dell'immobile in corso di costruzione;

investimenti operati in fase di avvio dell'attività che non hanno dato luogo a ricavi;

Utilizzo parziale nel processo produttivo di beni già completamente ammortizzati;

Altro (da descrivere).

Marginalità economica

Relativamente ai contribuenti che si trovano in condizioni di marginalità economica, le

esemplificazioni indicate nel comunicato in parola ricalcano quelle evidenziate nella recente

circolare n. 38/E/2007.

Più in particolare, le posizioni di marginalità economica possono essere caratterizzate da un

insieme di fattori risultanti dall’analisi economica, quali in specie:

limiti dimensionali e organizzativi per la struttura di impresa;

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arretratezza / inadeguatezza delle infrastrutture strumentali e assenza d’investimenti anche

legati alla promozione dell’attività;

assenza di spese per servizi esterni (non esternalizzazione delle fasi di lavorazione e di

produzione);

modalità organizzative di vendita tradizionali e assolutamente estranee a sistemi di rete

(assenza di rapporti di franchising, affiliazione ovvero associazione a gruppi d’acquisto);

ridotta articolazione del processo produttivo e bassa capacità di penetrazione sul mercato;

limiti del mercato di riferimento (ampiezza territoriale e tipologia di clientela);

scarsa competitività dei prodotti / servizi erogati e/o non sufficiente capacità produttiva;

debolezza rispetto ai canali di approvvigionamento;

età avanzata del titolare;

stato di salute del titolare;

localizzazione territoriale (geografica e di contesto produttivo);

attività residuale giustificabile in presenza di altri redditi, fondiari, di pensione o di lavoro

dipendente;

Altre condizioni particolari

In relazione, infine, alle altre situazioni che possono rendere non attendibili le risultanze

dell'applicazioni degli studi e che possono essere indicate in dichiarazione, il comunicato

dell'Agenzia evidenzia che:

il contribuente può descrivere, in formato libero, le condizioni particolari o specifiche che

hanno connotato l'esercizio di impresa, quali:

la non normale revisione al ribasso dei prezzi di vendita imposta dalla concorrenza;

la presenza di lavori pubblici che hanno ridotto l'accessibilità al luogo di esercizio

dell'attività;

la delocalizzazione delle attività produttive da parte del committente.

In sintesi per una facile e veloce consultazione si riportano le tabelle sotto elencate.

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NON NORMALITÀ ECONOMICA RIFERIBILE A SINGOLI INDICATORI

Incidenza dei costi di disponibilità dei beni strumentali

⇒⇒ Vendita di beni strumentali nel corso dell’anno ⇒⇒ Rilevanza di ammortamenti anticipati e/o accelerati ⇒⇒ Rilevanza di costi per beni in leasing ⇒⇒ Altro (da descrivere in formato libero)

Rotazione del magazzino o durata delle scorte

⇒⇒ Consistenti approvvigionamenti "debitamente documentati" di beni di magazzino, eseguiti in occasione e/o in prospettiva di più vantaggiose condizioni di mercato (previsione di aumento dei prezzi di materie e/o campagne sconto promosse dai fornitori etc.) ⇒⇒ Significativa riduzione della clientela di riferimento ⇒⇒ Altre situazioni particolari (da descrivere)

Valore aggiunto per addetto ⇒⇒ Ciclo produttivo pluriennale (es: l'impresa non ha realizzato la vendita dell'immobile in ⇒⇒ corso di costruzione) ⇒⇒ Strutturale assenza o minima presenza di fattore lavoro (es: piccole immobiliari di gestione) ⇒⇒ Periodo d'imposta inferiore a 12 mesi per il quale non è previsto il ragguaglio del peso del titolare ⇒⇒ Presenza significativa di apprendisti ⇒⇒ Compensi corrisposti a soci amministratori ed ad amministratori non soci e rilevati in righi del quadro F del modello studi di settore diversi dal rigo F19 (Spese per lavoro dipendente) ⇒⇒ Significativa presenza di perdite su crediti commerciali o minusvalenze patrimoniali non di natura straordinaria ⇒⇒ Numero di giornate retribuite ed esposte nel quadro A del modello studi di settore (desunte dal mod. DM10) non corrispondente alle effettive giornate lavorative (es: esistenza documentabile di giornate di maternità, malattia etc. con indennità a carico del datore di lavoro) ⇒⇒ Altro (da descrivere)

Redditività dei beni

strumentali ⇒⇒ Ciclo produttivo pluriennale (ad esempio l'impresa che non ha realizzato la vendita dell'immobile in corso di costruzione) ⇒⇒ Investimenti operati in fase di avvio dell'attività che non hanno dato luogo a ricavi ⇒⇒ Utilizzo parziale nel processo produttivo di beni già completamente ammortizzati ⇒⇒ Altro (da descrivere)

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MARGINALITÁ ECONOMICA

Situazioni riferibili a condizioni soggettive del titolare

⇒⇒ Età avanzata del contribuente in relazione al tipo di attività svolta ⇒⇒ Stato di salute del titolare ⇒⇒ Attività residuale giustificabile in presenza di altri redditi, fondiari, di pensione o di lavoro dipendente ⇒⇒ Altro (da descrivere)

Situazioni riferibili all’impresa ⇒⇒ Ridotte dimensioni della struttura ⇒⇒ Assenza di investimenti anche se in presenza di attrezzature minimali e/o obsolete ⇒⇒ Assenza di personale dipendente e collaboratori ⇒⇒ Assenza di spese per formazione professionale ⇒⇒ Assenza di spese per promozione dell’attività (pubblicità, propaganda, ecc.) ⇒⇒ Impossibilità di sostenere spese per acquisizione di servizi ⇒⇒ Debole competitività dei prodotti/servizi erogati ⇒⇒ Altro (da descrivere)

Situazioni riferibili al mercato ⇒⇒ Clientela privata di fascia economicamente debole ⇒⇒ Scarso potere contrattuale nei confronti di imprese committenti (es: terzisti) ⇒⇒ Incapacità/impossibilità di diversificare la clientela ⇒⇒ Ridotta articolazione del processo produttivo ⇒⇒ Situazione di crisi del settore economico di riferimento, con impossibilità di operare una riconversione ⇒⇒ Altro (da descrivere)

Localizzazione d’impresa ⇒⇒ Area di mercato con basso benessere e scarso potenziale di sviluppo economico ⇒⇒ Scarsa presenza di infrastrutture etc. ⇒⇒ Situazione d’impedimento al normale svolgimento dell’attività (ridotta accessibilità al luogo di esercizio dell’attività o altro) ⇒⇒ Altro (da descrivere)

ALTRE CONDIZIONI PARTICOLARI O SPECIFICHE CHE POSSONO RENDERE NON

ATTENDIBILI LE RISULTANZE DELL’APPLICAZIONE DEGLI STUDI.

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1.4 Circolare n. 41/E del 6/07/2007

Con la Circolare 41/E del 6 luglio 2007, l'Agenzia delle Entrate fornisce gli ultimi chiarimenti

sull'applicazione degli studi di settore, a seguito dell'approvazione del Decreto Ministeriale 4 luglio

2007, che ha introdotto modifiche in materia di indicatori di normalità economica, e del Dpcm 14

giugno 2007, che ha stabilito la proroga dei termini di versamento per i soggetti che esercitano

attività per cui risultano approvati gli studi di settore.

Il Decreto Ministeriale del 4/07/2007

Il decreto 4 luglio 2007 ha recepito gli accordi raggiunti attraverso una serie di incontri svoltisi tra i

rappresentanti del governo, dell'amministrazione finanziaria e delle categorie firmatarie del

protocollo d'intesa del 14 dicembre 2006, formalizzati, da ultimo, nei comunicati stampa del vice

ministro dell'Economia e delle Finanze del 27 giugno e del 3 luglio 2007

Sembra, dunque, essere giunta a conclusione la vertenza nata in questi mesi fra operatori economici,

che lamentavano l'indiscriminata freddezza del nuovo plug-in degli studi di settore, e il Governo, che

aveva scelto la strada degli indicatori per individuare ricavi, compensi e corrispettivi "fondatamente

attribuibili al contribuente", nel tentativo di rendere più incisiva la lotta all'evasione fiscale.

L'articolo unico del decreto 4 luglio 2007 introduce i commi 1-bis e 1-ter nell'articolo 4 del

decreto 20 marzo 2007, concernente “l’approvazione di specifici indicatori di normalità

economica, idonei all'individuazione di ricavi, compensi e corrispettivi fondatamente attribuibili al

contribuente in relazione alle caratteristiche e alle condizioni di esercizio della specifica attività

svolta".

Descrizione, in formato libero, delle condizioni particolari o delle specifiche situazioni che hanno connotato l’esercizio di impresa quali ad esempio: ⇒⇒ non normale revisione al ribasso dei prezzi di vendita imposta dalla concorrenza, lavori pubblici che hanno ridotto l’accessibilità al luogo di esercizio dell’attività; ⇒⇒ delocalizzazione delle attività produttive da parte del committente; ⇒⇒ Altre

NOTA BENE In questo ambito sono comprese tutte le condizioni particolari e le specifiche situazioni giustificative degli scostamenti dalle risultanze del singolo studio di settore, previste dalla prassi amministrativa.

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Il comma 1-bis del decreto 4 luglio 2007 stabilisce che:

gli accertamenti fondati sugli studi di settore, ai sensi dell'articolo 10 della legge 8 maggio

1998, n. 1463,non possono essere effettuati nei confronti dei contribuenti che dichiarino, anche per

effetto dell'adeguamento previsto dall'articolo 2 del Dpr n. 195 del 1999, ricavi o compensi in misura

non inferiore al MAGGIORE tra i seguenti valori:

il livello minimo risultante dall'applicazione degli studi di settore comprensivo delle

risultanze degli indicatori di normalità economica, di cui al comma 14, articolo 1, della legge

finanziaria per il 2007, pertanto, sulla base dell'analisi della congruità e dell'analisi della normalità

economica.

il livello puntuale di riferimento risultante dalla applicazione degli studi di settore senza

tener conto delle risultanze degli indicatori medesimi, pertanto, sulla base della sola analisi della

congruità.

In riferimento agli studi di settore in vigore nel periodo d'imposta 2006, per i quali trovano

applicazione gli indicatori di normalità economica, di cui all'articolo 1, comma 14, della legge

finanziaria per il 2007, il contribuente è, pertanto, considerato "congruo" alle risultanze degli

studi qualora dichiari, anche per effetto dell'adeguamento, ricavi o compensi per un

ammontare pari o superiore al maggiore dei predetti valori di riferimento.

Ne deriva che l’ufficio non potrà effettuare accertamenti utilizzando i maggiori valori

relativi al ricavo o compenso puntuale di riferimento, scaturenti dall’applicazione degli

indicatori di normalità economica di cui all’articolo 1, comma 14.

Il comma 1-ter, introdotto, all'articolo 4 del decreto 20 marzo 2007, dal decreto 4 luglio 2007,

rimanda alla nozione di congruità definita dalle nuove regole sopra descritte anche ai fini

dell'applicazione della norma di cui all'articolo 10, comma 4-bis della legge n. 146 del 1998,

riguardante la preclusione degli accertamenti analitico-induttivi per i soggetti congrui.

3 Gli accertamenti basati sugli studi di settore, di cui all’art. 62-sexies del D.L. 30 agosto 1993, n. 331 convertito con modificazioni, dalla L. 29 ottobre 1993, n. 427, sono effettuati nei confronti dei contribuenti con le modalità di cui al presente articolo qualora l’ammontare dei ricavi o compensi dichiarati risulta inferiore all’ammontare dei ricavi o compensi determinabili sulla base degli studi stessi.

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La circolare in commento anticipa, pertanto, una significativa innovazione in tema di valenza

probatoria degli studi di settore, in vista dell'approvazione in Senato dell'emendamento all'Atto 1485,

proposto in ossequio agli impegni presi con le Associazioni di categoria dall'organo governativo e

trasfusi nei comunicati stampa del vice ministro dell'Economia e delle finanze del 27 giugno 2007 e

del 3 luglio 2007.

Tale innovazione consiste nella attribuzione alle risultanze degli indicatori di normalità

economica della natura di presunzioni semplici.

La maggiorazione del 3%

La circolare in commento fornisce ulteriori precisazioni in ordine anche all'applicazione della

maggiorazione del 3 per cento, prevista dall'articolo 2, comma 2-bis del Dpr n. 195 del 1999.

Per effetto del decreto 4 luglio 2007, e in linea con quanto precisato nella circolare n. 31/E del 2007,

la maggiorazione del 3 per cento non troverà applicazione, relativamente al periodo d'imposta

2006, qualora il valore di adeguamento in dichiarazione, necessario per evitare l'accertamento

sulla base degli studi, risulti pari al ricavo o compenso minimo stimato da Gerico tenendo conto

degli indicatori di normalità economica.

Nei confronti dei contribuenti che dichiarino ricavi o compensi, anche per effetto

dell’adeguamento in dichiarazione, in misura non inferiore al maggiore dei predetti livelli,

l’accertamento presuntivo, previsto all'articolo 39, primo comma, lettera d), secondo periodo, del

d.P.R n. 600 del 1973, e all'articolo 54, secondo comma, ultimo periodo, del d.P.R. n. 633 del

1972, potrà essere effettuato, alle condizioni stabilite dalla norma in esame, solo nel caso in cui:

⇒⇒ l’ammontare delle attività non dichiarate, derivante dalla ricostruzione di tipo presuntivo,

sia superiore al 40% dell’ammontare dei ricavi/compensi dichiarati,

ovvero

⇒⇒ l’ammontare delle attività non dichiarate, derivante dalla ricostruzione presuntiva superi, in

valore assoluto, 50.000 euro.

Da quanto sopra deriva la necessità per l'ufficio accertatore di motivare l'avviso di

accertamento, fornendo ulteriori elementi probatori, per avvalorare i maggiori ricavi o

compensi derivanti dall'applicazione dei nuovi indicatori, tenendo, comunque, conto delle

specifiche condizioni del contribuente e dell'attività svolta, nonché delle possibili cause

giustificative già evidenziate nelle circolari n. 31/E e n. 38/E del 2007.

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Qualora, invece, tale valore di riferimento risulti pari al ricavo o compenso puntuale determinato con

la sola analisi della congruità (essendo tale ammontare superiore al ricavo o compenso minimo

tenendo conto degli indicatori stessi), il contribuente, alle condizioni previste dalla norma, sarà

tenuto, in caso di adeguamento, al versamento della maggiorazione in parola.

Termini dei versamenti di unico 2007

Nella circolare in commento si illustra, inoltre, la disposizione di cui al decreto del presidente del

Consiglio dei ministri del 14 giugno 2007, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 154 del 5 luglio,

cha ha disposto il differimento, per l'anno 2007, dei termini di effettuazione dei versamenti dovuti

dai soggetti che esercitano attività economiche per le quali sono stati elaborati gli studi di settore.

Tale norma ha previsto lo spostamento del termine del 18 giugno 2007, stabilito per l'effettuazione

dei versamenti derivanti dalla dichiarazione unificata annuale che deve essere presentata dai soggetti

che esercitano un'attività interessata dagli studi di settore:

Il versamento della maggiorazione del 3 per cento in sede di adeguamento in dichiarazione

dovrà essere effettuato solo da parte dei soggetti per i quali la stima dei maggiori ricavi o

compensi non sia influenzata dagli indicatori di normalità economica, di cui al comma 14 della

legge finanziaria per il 2007.

al 9 luglio 2007 senza alcuna maggiorazione;

all'8 agosto 2007 con la maggiorazione dello 0,40 per cento a titolo di interesse corrispettivo.

La proroga riguarda anche:

⇒⇒ i soci delle società di persone;

⇒⇒ gli associati di associazioni tra artisti o professionisti;

⇒⇒ i collaboratori di imprese familiari e i coniugi di aziende coniugali ,di cui all'articolo 5 del

Tuir;

⇒⇒ i soci delle società che hanno optato per il regime di trasparenza fiscale,di cui agli articoli 115 e

116 del Tuir se devono dichiarare un reddito imputato per "trasparenza" da un soggetto che

eserciti un'attività per la quale sia stato approvato lo studio di settore per il predetto periodo

d'imposta.

In merito alla possibilità di rateizzare gli importi dovuti, inoltre, è precisato che il Dpcm 14 giugno

2007 non modifica le modalità e i termini stabiliti dall'articolo 20 del Dlgs n. 241 del 20 luglio 1997.

Pertanto, optando per la rateazione, il termine di versamento della prima rata, coincidente con il

termine di versamento del saldo o dell'acconto, deve intendersi differito, per i soggetti interessati

dalla proroga, al 9 luglio o all'8 agosto, nel caso in cui si sia optato per il pagamento con la

maggiorazione dello 0,40 per cento.

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Per quanto riguarda i termini di versamento delle rate successive alla prima, rimane invariato il

termine previsto dal comma 4 del citato articolo 20 del Dlgs n. 241 del 1997, giorno 16 di ciascun

mese, per i per soggetti titolari di partita Iva, e fine di ciascun mese, per gli altri contribuenti.

Indicatore valore aggiunto per addetto

La circolare, infine, confermando quanto anticipato dal comunicato stampa del vice ministro

dell'Economia e delle Finanze del 3 luglio, ribadisce che nei prossimi studi di settore in

evoluzione, in vigore a decorrere dal periodo d'imposta 2007, di cui al provvedimento del

direttore dell'Agenzia delle entrate del 14 febbraio 2007, l'indicatore "Valore aggiunto per

addetto" verrà utilizzato non per la stima di maggiori ricavi o compensi, bensì ai fini dell'analisi

della coerenza economica dei singoli contribuenti e, pertanto, quale variabile di riferimento per

elaborare liste selettive delle posizioni da sottoporre a controllo.

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2. ELENCO CLIENTI E FORNITORI

2.1 I nuovi esclusi alla luce della legge n. 127/2007La Legge n. 127 del 3 agosto 2007, pubblicata nel Supplemento Ordinario n. 182 alla Gazzetta

Ufficiale n. 190 del 17/08/2007 (e, pertanto, in vigore da sabato 18 agosto 2007), convertendo in

legge il D.L. n. 81 del 2/07/2007 (c.d. decreto “extragettito” o decreto “tesoretto”), vi ha inserito

una nuova disposizione in materia di elenco clienti e fornitori.

Provvedimento del 25/05/2007

L’adempimento, previsto dall’art. 8-bis, comma 4-bis, D.P.R. n. 322/1998 e reintrodotto dall’art. 37,

comma 8, D.L. n. 223/2006, aveva già subìto delle significative semplificazioni ad opera del

Provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate del 25/05/2007.

In particolare, si ricorda che il suddetto Provvedimento ha previsto le seguenti semplificazioni:

La Legge n. 127/2007, di conversione del D.L. sull’extragettito, ha apportato delle ulteriori

semplificazioni all’obbligo di presentazione dell’elenco clienti e fornitori da parte dei titolari

di partita IVA, con ciò sollevando, in taluni casi, delle perplessità circa l’esatta individuazione

dei soggetti esonerati dall’adempimento.

LE SEMPLIFICAZIONI PER GLI ELENCHI 2006-2007

1. Gli elenchi clienti comprendono solo i titolari di partita IVA.

2. E’ sufficiente riportare il numero di partita IVA dei clienti e fornitori.

3. Non devono essere indicate:

le fatture, emesse e ricevute, di importo inferiore a € 154,94, registrate

cumulativamente;

le fatture emesse e ricevute per le quali non è prevista la registrazione IVA;

le fatture registrate cumulativamente nel registro corrispettivi.

4. Non devono essere indicate le note di variazione relative a operazioni di anni

precedenti.

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Si specifica, inoltre, che, per effetto del citato Provvedimento, il termine di trasmissione degli

elenchi 2006 è stato slittato al:

Nuovo comma 3-ter, art. 15, D.L. n. 81/2007

Ora, il nuovo comma 3-ter inserito nell’art. 15 del D.L. n. 81/2007 dalla Legge n. 127/2007 ha

espressamente previsto che:

15 ottobre 2007 per la generalità dei contribuenti

per i contribuenti IVA che nel 2006 hanno

realizzato un volume d’affari non superiore ai

limiti previsti per le liquidazioni trimestrali

15 novembre 2007

per l’anno d’imposta 2006, sono esonerati dall’obbligo di presentare l’elenco clienti e

fornitori:

i soggetti in regime di contabilità semplificata e gli esercenti arti e professioni

a prescindere dalla contabilità adottata, di cui rispettivamente agli artt. 18 e 19,

D.P.R. n. 600/19734;

i soggetti iscritti nei registri nazionali, regionali e provinciali istituiti ai sensi

della Legge n. 383/2000 (associazioni di promozione sociale) e della Legge n.

266/1991 (associazioni di volontariato);

gli iscritti all'anagrafe delle organizzazioni non lucrative di utilità sociale

(Onlus) istituita ai sensi del D. Lgs. n. 460/1997.

per l’anno d’imposta 2007, con decreto del Ministro dell'Economia e delle Finanze da emanare

entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto in questione

(quindi, entro il prossimo 16 settembre 2007), verranno disciplinati i termini e le modalità per la

semplificazione a favore dei suddetti soggetti relativamente all’obbligo di presentazione

dell’elenco clienti e fornitori.

4 Viene confermato, in tal modo, quanto previsto dal maxiemendamento al D.L. n. 81/2007 prima della sua conversione

in legge.

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RICORDA

Si precisa che i soggetti in contabilità semplificata sono:

Imprese minori (art. 18, D.P.R. n. 600/1973):

Società in nome collettivo, società in accomandita semplice, società

equiparate (art. 13, comma 1, lett. c), D.P.R. n. 600/1973);

Persone fisiche che esercitano attività commerciale (art. 13, comma 1, lett. d),

D.P.R. n. 600/1973);

che hanno conseguito ricavi nell’anno precedente (2005, in questo caso) non

superiore a:

•• € 309.874,14, per le imprese aventi per oggetto prestazioni di servizi;

•• € 516.459,90, per le imprese aventi per oggetto altre attività.

Nota bene

Detti contribuenti hanno facoltà di optare per il regime

ordinario – art. 18, comma 6, D.P.R. n. 600/1973.

Esercenti arti e professioni:

Persone fisiche che esercitano arti e professioni (art. 13, comma 1, lett. e),

D.P.R. n. 600/1973);

Società o associazioni tra artisti e professionisti di all’art. 5 del TUIR (art. 13,

comma 1, lett. f), D.P.R. n. 600/1973).

Per questi soggetti è previsto come regime naturale, a prescindere dal volume

d’affari conseguito nell’anno precedente, quello della contabilità

semplificata.

Nota bene

Detti contribuenti hanno facoltà di optare per il regime

ordinario – art. 3, comma 2, D.P.R. n. 695/1996.

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2.2 Regole per la compilazione L’assenza di un modello ministeriale specifico per la compilazione dell’elenco clienti e

fornitori e delle relative istruzioni potrebbe far sorgere dubbi, circa l’inserimento o meno di

alcuni documenti contabili quali:

schede carburanti;

ricevute fiscali;

operazioni ad esigibilità differita;

operazioni con la Repubblica di San Marino e con la Città del Vaticano

fatture riportanti la data del 2006 registrate nella contabilità anno 2007

Il Provvedimento del 25/05/2007

Il Provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate del 25/05/2007, dettando i criteri per

individuare i dati da trasmettere nell’elenco clienti e fornitori, non ha specificato il comportamento

da tenere nel caso si verifichino alcune fattispecie particolari.

Ai fini dell’individuazione di clienti e fornitori, il citato Provvedimento effettua una distinzione tra:

operazioni attive (ovvero di vendita);

operazioni passive (ovvero di acquisto).

Operazioni attive:

Nel caso delle operazioni attive, deve essere indicato “il codice fiscale dei soggetti nei cui confronti

sono state emesse fatture”.

Esclusione delle ricevute fiscali dagli elenchi

Ne deriva che, ai fini della compilazione dell’elenco clienti, non devono essere indicate le

operazioni risultanti da altri documenti che non siano fatture, quali ad esempio le ricevute

fiscali emesse.

Nota bene

A tal proposito, si ricorda che per il 2006 e per il 2007 è sufficiente l’indicazione del

numero di partita IVA.

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Operazioni passive

Nel caso di operazioni d’acquisto, invece, il Provvedimento afferma esclusivamente che il

contribuente dovrà indicare “il codice fiscale e la partita IVA dei soggetti da cui sono stati effettuati

acquisti rilevanti ai fini dell’applicazione dell’imposta sul valore aggiunto”.

Ragioni di logica, pertanto, fanno dedurre che documenti quali le schede carburante non siano

riconducibili all’elenco. Sarebbe, infatti, impossibile inserire, nell’elenco fornitori, documenti non

riconducibili ad uno specifico emittente.

Operazioni ad esigibilità differita

Un altro dubbio riguarda le c.d. “operazioni ad esigibilità differita”, ovvero quelle operazioni

per le quali, ai fini dell’esigibilità dell’IVA e del diritto di detrazione, occorre fare riferimento

non al momento in cui viene effettuata l’operazione, bensì al momento del pagamento del

corrispettivo.

Si tratta, ad esempio, delle cessioni di beni e/o di servizi nei confronti di:

Stato;

enti territoriali;

loro consorzi5.

Il dubbio concerne il momento a cui si debba fare riferimento ai fini della compilazione degli

elenchi, ovvero, se si debba fare riferimento:

alla data della fattura;

oppure, al momento dell’effettivo pagamento (momento in cui si può esercitare il diritto alla

detrazione).

Nota bene

Le fatture di acquisto ad esigibilità differita, infatti, differiscono da quelle ad esigibilità

immediata per il momento in cui sorge il diritto alla detrazione: nel primo caso, infatti, il

diritto alla detrazione è rinviato al momento dell’effettivo pagamento, mentre nel secondo caso

corrisponde al momento della fattura.

Il Provvedimento del 25/05/2007, ha di fatto scollegato il nuovo obbligo di compilazione

dell’elenco clienti e fornitori dal momento dell’effettivo esercizio del diritto alla detrazione,

facendo solo riferimento alla data risultante dalla fattura.

5 Vedasi art. 6, D.P.R. n. 633/1972.

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RICORDA

Ai fini dell’individuazione delle informazioni da trasmettere si prescinde dal momento in cui è

stata contabilizzata l’operazione: il riferimento è all’anno risultante dalla fattura o dalla nota

di variazione, non a quella di registrazione del documento:

Esempio:

Non vi è dubbio, pertanto, che l’indicazione nell’elenco delle fatture ad esigibilità differita

dovrà interessare il periodo di imposta nel quale il documento è stato emesso.

INSERIRE nell’elenco

anno 2006

Fattura di acquisto datata 20.12.2006

e registrata il 31.01.2007

NON rientra

nell’Elenco

Fattura di acquisto datata 31.12.2005

e registrata il 31.01.2006

Esempio

Se un contribuente ha emesso una fattura nei confronti di una Asl nel corso del 2006, ma il

corrispettivo è stato incassato nel 2007, per la compilazione dell’elenco clienti occorre fare

riferimento al momento in cui è stata emessa la fattura. Il contribuente, pertanto, dovrà

inserire i dati relativi alla suddetta operazione nell’elenco clienti relativo al periodo

d’imposta 2006.

Operazioni con la Repubblica di San Marino e la Città del Vaticano

Infine, per quanto riguarda le cessioni di beni verso la Repubblica di San Marino e la Città

del Vaticano, si ricorda che l’art. 71, D.P.R. n. 633/1972 assimila tali operazioni alle

esportazioni.

Il Provvedimento del 25/05/2007 esclude le esportazioni di cui all’art. 8, comma 1, lett. a) e b),

D.P.R. n. 633/1972 dalle operazioni identificabili ai fini della compilazione degli elenchi.

Non vi è dubbio, pertanto, che le cessioni verso San Marino e verso la Città del Vaticano

dovranno essere escluse dall’obbligo in oggetto, essendo assimilate alle esportazioni.

Allo stesso modo, dovrebbero essere escluse dall’indicazione negli elenchi anche le operazioni

di acquisto effettuate nei confronti di tali Stati.

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OPERAZIONI ESCLUSE

DALL’INDICAZIONE NELL’ELENCO CLIENTI E FORNITORI

1) RICEVUTE FISCALI (o altri documenti che non siano fatture);

2) SCHEDE CARBURANTE;

3) CESSIONI/ACQUISTI NEI CONFRONTI DI OPERATORI DELLA REPUBBLICA

DI SAN MARINO E DELLA CITTA’ DEL VATICANO.

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3. RIMBORSO IVA AUTO: nuova proroga al 20 ottobre

Dopo l’incertezza generata dalle diverse disposizioni normative del 2006, a seguito alla sentenza

della Corte di Giustiza UE sull’indetraibilità dell’IVA, l’IVA auto ammessa in detrazione è stata

confermata al 40%.

Nella stessa misura i contribuenti potranno ottenere il rimborso dell’iva auto sugli acquisti

effettuati fino al 13 settembre 2006 con l’invio telematico dell’istanza di rimborso all’Agenzia

delle Entrate entro il 20 ottobre 2007.

Con un Dpcm in fase di stesura definitiva viene stabilito, infatti, uno slittamento dal 20 settembre

al 20 ottobre 2007 del termine per la richiesta di rimborso IVA auto forfetario da parte dei

contribuenti interessati. (Comunicato stampa del’Agenzia delle Entrate del 17/09/2007)

Prossimo adempimento in scadenza

Tutti soggetti passivi che fino alla data del 13 settembre 2006 hanno effettuato nell’esercizio di

imprese, arti o professioni, acquisti ed importazioni di beni e servizi di cui all’art. 19-bis1, comma

1, lettere c) e d), del D.P.R. n. 633 del 1972, possono chiedere il rimborso dell’IVA non detratta,

determinato in misura forfettaria sulla base di specifiche percentuali di detrazione, presentando

entro il 20 settembre 2007, esclusivamente per via telematica, apposita istanza.

Con un comunicato stampa diffuso dall’Agenzia delle Entrate il 17/09/2007, viene ufficializzata

un’ulteriore proroga del termine di presentazione delle domande di rimborso dell’IVA auto

pregressa non detratta.

Il nuovo termine

Il termine, infatti, già prorogato a suo tempo dal 15 aprile 2007 al 20 settembre 2007, subisce ora

un’ulteriore slittamento al 20 ottobre 2007, dando così un mese di tempo in più ai contribuenti

interessati per poter procedere al calcolo del rimborso e presentare la domanda di rimborso

all’Agenzia delle Entrate.

Nota bene

Cadendo il 20 ottobre 2007 di sabato, la scadenza guadagna in automatico due giorni in più,

slittando a lunedì 22 ottobre.

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I motivi della proroga

L’ulteriore proroga è stata decisa per vari motivi:

15 APRILE

2007

D.L. n. 258/2006

nvertito dalla Legg

n. 278/2006)

(co e

20 SETTEMBRE

2007

DPCM 5/04/2007

(pubblicato in G.U. n. 85 del

14/04/2007)

Comunicato stampa del

17/09/2007

(DPCM di prossima pubblicazione)

20 OTTOBRE

2007

l’accavallarsi della scadenza del 20 settembre con quella della dichiarazioni fiscali, per cui

molti contribuenti hanno tralasciato il calcolo di convenienza del rimborso IVA;

la complessità del modello e la necessità, quindi, per molti contribuenti medio-piccoli, di

rivolgersi all’assistenza di un consulente.

Grazie alla possibilità di usufruire di un mese in più di tempo, i contribuenti potranno ora valutare

più attentamente i costi amministrativi e professionali relativi al suddetto calcolo e procedere,

quindi, alla domanda di rimborso.

Nota bene

E’ appena il caso di sottolineare che, con un altro comunicato stampa diffuso dall’Agenzia

delle Entrate lo stesso giorno (17 settembre 2007), è stato affermato che il rimborso Iva auto

spetta anche ai soggetti non residenti che sono privi di un rappresentante legale in Italia e

che non si sono identificati direttamente.

Tali contribuenti devono presentare domanda al centro operativo di Pescara entro il termine

previsto dalla legge (Circolare n. 51/E del 17/09/2007), allegando alla domanda gli originali

delle fatture di acquisto e delle bollette doganali di importazione, nonché una attestazione

rilasciata dall'amministrazione dello Stato membro comprovante la qualità di soggetto d'imposta

del richiedente.

Premessa

La Corte di Giustizia dell’UE, nella sentenza pronunciata il 14 settembre 2006 aveva bocciato la

normativa italiana di cui al vecchio art. 19-bis 1, comma 1, lett. c) e d) del D.P.R. n. 633/72, in

base alla quale l’IVA relativa ai veicoli aziendali non utilizzati ai fini principali dell’impresa

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risultava indetraibile. La Corte di Giustizia UE ha considerato tale normativa in contrasto con

quanto stabilito dall’art. 17, par. 7, della VI Direttiva CEE del 17/05/1977.

Ai fini dell’attuazione della sentenza, il Governo italiano era intervenuto con il D.L. 258 del 15

settembre 2006, convertito poi con modificazioni dalla Legge n. 278/2006. Con tale decreto è stato

previsto che l’IVA dei costi relativi ai veicoli aziendali è “immediatamente detraibile” a partire dai

costi sostenuti alla data del 14 settembre 2006, mentre per quelli sostenuti prima di tale data il

recupero dell’imposta potrà avvenire solo previa apposita richiesta di rimborso da presentare entro il

15 Aprile 2007, (termine successivamente modificato con la data 20 settembre 2007, introdotto

con DPCM del 15 aprile 2007).

Il Provvedimento del 22/02/2007

Successivamente con il Provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate, emanato il

22/02/2007:

È stato approvato il modello che deve essere utilizzato per la richiesta del rimborso

forfetario dell’IVA pagata sugli acquisti, anche intracomunitari, ed importazioni degli autoveicoli e

dei servizi di cui all’art. 19-bis1, lett. c) e d) del DPR n. 633/1972, a seguito della Sentenza della

Corte di Giustizia delle Comunità Europee del 14 settembre 2006,

Sono indicate le modalità per la richiesta del rimborso in misura forfetaria e in misura

analitica.

Rimborso forfettario

Precisamente:

L’istanza di rimborso forfetario deve essere presentata esclusivamente per via

telematica (direttamente o tramite intermediari abilitati), utilizzando il modello disponibile sul sito

intenet www.agenziaentrate.gov.it, entro il 20 settembre 2007.

La detrazione forfettaria è consentita nella misura pari al:

35% → per agricoltura, caccia, sivilcoltura, pesca e piscicoltura;

40% → per gli altri settori di attività;

50% → per i veicoli con propulsori non a combustione interna, indipendentemente dal

settore di attività.

Rimborso analitico

In alternativa alla richiesta di rimborso forfettario potrà essere effettuata apposita istanza di

rimborso analitico da presentare entro due anni, decorrenti dalla data del 15 novembre

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2006 (data di entrata in vigore della Legge n. 278/2006 di conversione del D.L. n. 258/2006),

quindi entro il 15 novembre 2008, correlata della documentazione comprovante il diritto al

rimborso (inerenza dell’impiego dei veicoli all’attività svolta).

In questo caso il contribuente deve individuare analiticamente la misura della detrazione

spettante e chiederne il rimborso presentando in forma cartacea agli uffici dell’Agenzia delle

Entrate apposita istanza ai sensi dell’art. 21 del D. Lgs. n. 546/1992. L’istanza deve essere

corredata dei dati indicanti la misura dell’effettivo utilizzo dell’autoveicolo nell’esercizio

dell’impresa, arte o professione, in base a criteri di reale inerenza, ricavabili dai seguenti

atti:

- documenti di contabilità aziendale da cui possa desumersi la percorrenza del veicolo in

relazione all’esercizio dell’attività d’impresa;

- documentazione amministrativo-contabile nella quale siano indicati gli elementi idonei ad

attestare che il veicolo è stato utilizzato in orari e su percorsi coerenti con l’ordinario

svolgimento dell’attività.

Forfetario

Entro il

20 ottobre 2007 ISTANZA

DI

RIMBORSO Analitico

Entro il

15 Novembre 2008

Si precisa che all’interno della forma di rimborso forfetario si possono individuare due differenti

modalità di compilazione comunque accomunate dall’utilizzo del criterio della detrazione

forfetizzata ma differenziate dalle modalità di conteggio delle eventuali maggiori imposte dirette

dovute:

1. Rimborso Telematico Forfettario

2. Rimborso Telematico Forfettario super semplificato.

Relativamente al punto 1 l’istanza si presenta provvedendo all’indicazione analitica dei crediti Iva

spettanti secondo le percentuali come sopra dettagliate( 35, 40, 50%), eventualmente diminuite

della maggiore Iva per cessione del mezzo e delle maggiori imposte dirette, specifiche per ciascuna

annualità.

Relativamente al punto 2 rispetto alla forma di cui sopra rimangono invariati i termini e le

percentuali mentre si opera una riduzione forfettaria dei crediti per tener conto dell’impatto

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sulle imposte dirette (10%) e dell’eventuale cessione dei mezzi oggetto di rimborso(1%). In

particolare:

i contribuenti per i quali risultasse particolarmente difficoltosa l’indicazione analitica dei

dati relativi alle imposte dirette, potranno omettere di compilare la sezione "Redditi/Irap"

presente nel quadro AR Riepilogo.

In tal caso, gli importi che, per effetto della maggior Iva detratta, sono dovuti a titolo di

maggiori imposte sul reddito (comprese le addizionali comunali e regionali) e di Irap, saranno

indicati nel solo rigo AR42 (Totale maggiori imposte redditi/IRAP).

A tale riguardo si sottolinea che l’azione di controllo da parte dell’Amministrazione Finanziaria

sarà concentrata sui soggetti che nel Rigo A42 abbiano dichiarato maggiori imposte sul reddito e

Irap per un importo inferiore al 10% rispetto a quello indicato nel Rigo AR41( Iva spettante), da

considerare al lordo degli eventuali abbattimenti operanti per effetto della rivendita.

Nel caso di rivendita dei veicoli interessati al rimborso assumeranno, inoltre, rilievo in sede di

controllo le istanze di rimborso che, senza evidenziare nei corrispondenti righi la maggiore Iva

dovuta in relazione alla predetta rivendita, evidenzieranno nel Rigo AR41 a titolo di Iva chiesta a

rimborso , una somma inferiore all’1% rispetto al totale dei Righi AR3, AR13, AR23 e AR33

(sommatoria degli importi della maggiore detrazione delle singole annualità).

Non saranno oggetto di controllo tutte le istanze che presenteranno una riduzione dell’IVA

spettante, nelle seguenti misure:

almeno il 10%, a titolo di maggiori imposte dirette;

almeno l’1%, a titolo di IVA sulla rivendita del veicolo.

Saranno oggetto di verifica tutti quei soggetti che:

nel rigo AR42 abbiano dichiarato maggiori imposte per un importo inferiore al 10%

rispetto a quello indicato nel rigo AR41;

nel rigo AR41 abbiano dichiarato un ammontare IVA chiesto a rimborso (nel caso di

rivendita del veicolo) una somma inferiore all’1% rispetto al totale dei righi AR3,

AR13, AR23, AR33.

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Rimborso auto: le scritture contabili

Il rimborso IVA auto interesserà, anche, le scritture contabili, poiché tutti coloro che presenteranno

le istanze per gli acquisti effettuati fino al 13 settembre 2006 dovranno iscrivere in bilancio, entro

il prossimo 20 settembre, il credito che sorge verso l’erario senza attendere l’effettiva

erogazione.

Le particolari modalità di calcolo del rimborso forfetario per la determinazione dell’ammontare della

detrazione IVA previsto dall’Agenzia delle Entrate rendano, infatti, certo il diritto del

contribuente già al momento dell’invio della domanda.

La richiesta di rimborso dell’IVA di una parte dell’imposta, ovvero, pari al 40% al netto di quanto

già eventualmente detratto, comporta l’annullamento di spese imputate nei bilanci dal 2003 al 2006.

Pertanto, a livello contabile, la contropartita del credito IVA a rimborso è costituita da una voce di

ricavo, costituente una sopravvenienza attiva, da rilevare tra i proventi straordinari del 2007

essendo una rettifica di costi di competenza di precedenti esercizi.

La scrittura contabile da registrare in contabilità è la seguente:

CREDITO IVA (D) a SOPRAVVENIENZA ATTIVA (A)

Il Credito IVA andrà indicato nell’attivo dello Stato patrimoniale tra i crediti tributari (C, II, 4-bis),

mentre la sopravvenienza attiva nel Conto Economico nella parte straordinaria (E, 20).

NOTA BENE

Per quanto riguarda gli acquisti di autovetture ancora in fase di ammortamento la parte della

rettifica ad esse corrispondente sarebbe opportuno che non interessi il conto economico ma

l’importo del cespite iscritto all’attivo, con conseguente stanziamento di minori ammortamenti

dall’esercizio 2007. E’ tuttavia ovvio ed evidente che dato che la modalità di calcolo del credito

avviene in modo unitario e indistinto una simile contabilizzazione risulta di fatto ardua se non

impossibile.

Modalità di tassazione fiscale

E’ da precisare che la sopravvenienza attiva non sarà soggetta a tassazione, poiché ha già

scontato le imposte sul reddito e l’Irap all’interno dell’istanza del rimborso. Infatti, la stessa

circolare n. 28/E del 2007 ha precisato che non ricorrono i presupposti dell’art. 88 Tuir, il quale

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richiede invece la tassazione in capo alle imprese delle sopravvenienze derivanti dal venir meno di

oneri dedotti in anni precedenti.

In sintesi il provento straordinario, che aumenterà il risultato del bilancio civilistico d’esercizio

2007:

non dovrà essere soggetto a tassazione;

dovrà essere oggetto di variazione in diminuzione del modello UNICO 2008.

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4.L’IVA NELLA RIVENDITA AUTO

La nuova percentuale di detraibilità dell’Iva (40%) sull’acquisto dell’autovettura e l’eventuale

presentazione della relativa istanza di rimborso Iva sugli acquisti avvenuti nel periodo 1/1/2003 –

13/9/2006 pongono il problema di come determinare la base imponibile Iva in caso di successiva

rivendita dell’autovettura da parte del professionista o dell’impresa.

Analizziamo di seguito le diverse fattispecie che si possono configurare.

Le percentuali di detraibilità dell’Iva sulle auto

Il 18 giungo 2007 è stata pubblicata sulla G.U. dell’UE la decisione del Consiglio dell’Unione

Europea con la quale l’Italia è stata autorizzata a limitare al 40% il diritto alla detrazione dell’Iva

corrisposta sulle spese relative ai veicoli.

A seguito di ciò la percentuale di detraibilità Iva sull’aquisto delle autovetture distinta per i vari

periodi risulta la seguente:

PERIODO DETRAIBILITA’ IVA

FINO AL 31.12.2000 TOTALE INDETRAIBILITA’

DAL 01.01.2001 AL 31/12/2005 10%

1/1/2006 – 13/09/2006 15%

14/09/2006 – 26/06/2007 DETRAZIONE CON CRITERI DI INERENZA

DAL 27/06/2007 40%

I problemi di una “imposizione a cascata”

La limitata detraibilità dell’I.V.A., secondo quanto chiarito dall’Assonime (circ. n. 51/2007), assolta

per l’acquisto dei veicoli aveva reso opportuna l’emanazione di disposizioni dirette a disciplinare

l’applicazione dell’imposta sulle eventuali successive rivendite di tali veicoli, in particolare per

evitare l’effetto di cumulo che sarebbe derivata dalla piena applicazione dell’imposta a cessioni di

beni per i quali non era stata consentita la corrispondente detrazione dell’imposta afferente il loro

acquisto (c.d. imposizione “a cascata”).

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Tali rivendite, sino all’introduzione della detraibilità parziale (inizialmente del 10%, poi elevata al

15 o al 50%), erano esenti da I.V.A., ai sensi dell’art.10, comma 27 – quinquies, del d.p.r. n. 633

(cesssioni aventi per oggetto beni acquistati o importati senza il diritto alla detrazione totale della

relativa imposta), ma per effetto del ripristino della sia pur limitata detraibilità non avrebbero potuto

rientrare fra quelle considerate da tale norma di esonero. Pertanto, con l’art. 30 della legge n. 388 del

2000 si era disposto che la base imponibile delle cessioni di veicoli acquistati con limitato diritto

alla detrazione deve essere assunta per il 10% (il 15 se l’acquisto ha avuto luogo a partire dal 2006),

ovvero per il 50% se si tratta di veicoli a combustione non interna.

Sentenza Corte di Giustizia Europea

Si ricorda che la sentenza della Corte di Giustizia Europea del 14 settembre 2006 (sentenza C-

228/05) ha dichiarto illeggitima l’indetraibilità Iva (detraibilità parziale del 15%) relativa

all’acquisto delle autovetture prevista dall’art. 19 – bis1 lett. c) e d) del d.p.r. 633/72, in funzione di

ciò è stata data la possibilità ai contribuenti di presentare l’Istanza di rimborso dell’Iva non detratta

per gli acquisti avvenuti nel periodo 1/1/2003 – 13/09/2006.

Analizziamo, di seguito, le diverse ipotesi che si possono realizzare evidenziando il relativo

trattamento fiscale.

Auto acquistata prima del 1.1.2001

In tale prima ipotesi, all’atto dell’acquisto del veicolo, secondo quanto previsto dall’art. 19-bis1),

lett. c), del DPR n. 633/72, il contribuente non ha detratto l’imposta per intero. In tal caso, la

rivendita è soggetta al regime di esenzione, così come previsto dall’art. 10, n. 27-quinquies), del

DPR n. 633/72. Per tale automezzo, inoltre, il contribuente non può richiedere il rimborso

dell’imposta non detratta, ai sensi del DL n. 258/06, in quanto trattasi di acquisto effettuato

prima del 1° gennaio 2003.

Esempio

La società Brios srl ha acquistato in data 10 marzo 2000 un’autovettura con un costo pari a Euro

20.000 + Iva, per un totale quindi di Euro 24.000. Tale automezzo è stato rivenduto in data 26 luglio

2007 al prezzo di euro 5.000. In tal caso, considerando che trattasi di acquisto con Iva totalmente

non detratta, all’atto della rivendita la fattura è emessa come segue:

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Brios SRL Via Bergamo 80 24100 Bergamo

Spett.leSig. Marco Valentini

Via Torino 2024100 Bergamo

Fattura n. 48 del 26.07.2007

Vendita autovettura ………. Targa…….

PREZZO CONCORDATO euro 5.000

Operazione esente Iva ai sensi dell’art.10 27-quinquies del DPR n. 633/72

Acquisto auto Periodo 01/01/2003–13/09/2006

Se l’auto è stata acquistata tra il 01/01/2001 ed il 13/09.2006, secondo quanto disposto dall’art. 30,

co. 4, Legge n. 388/2000, per gli autoveicoli di cui alla lett. c) dell’art. 19-bis 1) del DPR n. 633/72, la

detrazione per l’acquisto operato in tale arco temporale è consentita nella misura del 10% per gli

acquisti effettuati fino al 31.12.2005, e nella misura del 15%, per gli acquisti eseguiti dal 1° gennaio

2006 e fino al 13 settembre 2006.

Coerentemente con tale regime di detrazione parziale, il successivo co. 5 dell’art. 30 prevede che per

la successiva cessione del mezzo, la base imponibile deve essere ridotta nella misura del 90%,

ovvero dell’85%, così da rendere omogeneo l’addebito dell’imposta con la detrazione operata

all’atto dell’acquisto.

MANCATA PRESENTAZIONE DELL’ISTANZA DI RIMBORSO

Se il contribuente non ha presentato l’istanza di rimborso la questione non risulta particolarmente

complicata in quanto ai sensi del citato Art. 30, L. 388/2000 in caso di rivendita la base imponibile

Iva è pari al 10% o al 15%. Tale percentuale di imponibilità si applica sia per le vendite avvenute

prima del 13 settembre 2006 che per quelle avvenute successivamente.

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Esempio 1

Un imprenditore acquista un’autovettura il 5/3/2003 ad un costo di € 10.000 più

2.000,00 € di Iva.

Il contribuente ha effettuato, secondo la normativa in vigore, una detrazione del 10%

pari ad € 200,00.

Il 22/09/2005 tale autovettura viene ceduta per un corrispettivo di € 2.500,00.

La base imponibile su cui calcolare l’Iva sarà data dal 10% del corrispettivo pattuito.

Pertanto la fattura sarà data dai seguenti importi:

Vendita veicolo .........

Quota non soggetta ad Iva

(esente Art.10 27 quinquies DPR 633/72) Euro 2.200,00

Quota Imponibile(10% di E.2.500) Euro 250,00

Iva (20% di 250) Euro 50,00

TOTALE Euro 2.500,00

Cessione imponibile nella misura del 10% ai sensi del comma 5 art.30 Legge

388 del 23.12.2000.

PRESENTAZIONE DELL’ISTANZA DI RIMBORSO

Qualora il contribuente presenta l’istanza di rimborso bisogna distinguere la fattispecie in due

circostanze:

1. Cessione avvenuta prima del 13 settembre 2006

L’Agenzia delle Entrate nel provvedimento del 22 febbraio 2007 ha …previsto che in caso di

rivendita dell’autovettura prima del 13 settembre 2006 e presentazione dell’Istanza di rimborso,

l’Iva da applicare alla vendita dell’auto deve essere calcolata sull’intero corrispettivo pattuito:

“per le cessioni dei veicoli per i quali la base imponibile è stata assunta in misura ridotta ai

sensi dell’art. 30, co. 5, della Legge 23.12.2000, n. 388 e successive modificazioni, i contribuenti che

presentano istanza di rimborso (….), devono operare la variazione in aumento di cui all’art. 26, co.

1, del DPR n. 633/72, senza applicazione di sanzioni e di interessi, assumendo come base imponibile

l’intero corrispettivo pattuito”.

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Quanto sopra sta a significare che pur in presenza di un rimborso pari al 40% dell’imposta non

detratta, la base imponibile della rivendita debba essere assunta per l’intero corrispettivo.

In questo caso quindi non è concessa l’applicazione del principio previsto dell’art. 30, L. 388/2000.

Esempio 2

Riprendiamo il caso esposto nell’esempio 1, in questa seconda ipotesi il contribuente

presenta l’istanza di rimborso e la somma da restituire sarà determinata attraverso il

procedimento esposto di seguito:

Iva da chiedere a rimborso data dal 40% di 2.000,00 meno il 10% già detratto per

un totale di 600,00 (800 – 200);

maggiore Iva da versare a seguito della cessione: in questo caso la base imponibile

Iva è data dal 100% del corrispettivo, quindi 20% di 2.500,00 = 500,00 alla quale

dovrà essere sottratta l’Iva già pagata al momento dell’emissione della fattura (50)

per un totale di 450,00 €.

Nell’istanza di rimborso l’importo che si chiede in restituzione è pari a 150 (600-450).

Nota Bene

Il contribuente che si troverà nella condizione sopra esposta (rivendita dell’auto prima del

13.09.2006 e presentazione dell’istanza di rimborso) non dovrà emettere nota di variazione, in

quanto l’effetto di tale aumento della base imponibile, come visto nell’esempio, va portato

direttamente a decurtazione dell’importo richiesto a rimborso.

2. Cessione avvenuta dopo il 13 settembre 2006

L’applicazione dell’Iva sull’intero corrispettivo prevista dal provvedimento del 22 febbraio 2007 è

limitata alle vendite effettuate prima del 13 settembre 2006 ed in relazione agli automezzi per i

quali sia stato richiesto il rimborso (cfr Circolare Ministeriale 21.05.2007, n.28/E).

....Se la cessione avviene successivamente al 13 settembre 2006 ..........si applica l’art. 30, L.

388/2000 che prevede l’applicazione dell’Iva sulla percentuale dell’Iva recuperata a monte anche se

è stata presentata l’istanza di rimborso.

La percentuale recuperata a monte è data dalla detrazione effettuata al momento dell’acquisto e

dell’Iva chiesta a rimborso mediante presentazione dell’istanza.

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Ipotizzando che sia stata effettuata una istanza che chieda un rimborso che porti la detrazione totale

al 40%, la vendita dell’auto deve essere fattura indicando un imponibile Iva pari al 40% del

corrispettivo.

Circolare Assonime n. 51/2007

Anche l’Assonime (circolare n. 51/2007), sostiene che per le cessioni avvenute dopo il 13 settmbre

2006 si deve applicare l’art. 30, L. 388/2000, in particolare si afferma che “l’ambito di applicazione

del provvedimento è circoscritto alle operazioni che devono essere rappresentate nell’istanza di

rimborso e quindi, per quanto concerne le rivendite dei veicoli per le quali eseguire la variazione in

aumento nell’ambito dell’istanza di rimborso, solo quelle effettuate entro il 13 settembre 2006”.

Question time del 19 settembre 20076

L’applicazione dell’art. 30, L. 388/2000 è stata espresamente prevista dal Ministero

dell’Economia, il quale nel question time del 19 settembre 2007 ha chiarito che:

• per le cessioni avvenute dopo il 13 settembre 2006 l’Iva deve essere

applicata nella stessa percentuale detratta all’acquisto;

• mentre la base imponibile “anomala”, (detrazione 40% e addebito sul

100%), è da applicare solo sulle vendite effettuate fino al 13 settembre 2006 in

caso di presentazione dell’istanza di rimborso.

Esempio 3

Il contribuente indicato negli esempi precedenti cede l’autovettura il 5 settembre 2007.

La percentuale detratta è pari al 40% (10% detratta a monte e 30% chiesta a rimborso).

Al momento della cessione il corrispettivo da assoggettare ad Iva sarà pari al 40% pertanto la

fattura sarà data dai seguenti importi:

Vendita veicolo .......

Quota non soggetta ad Iva

(esente Art.10 27 quinquies DPR 633/72) € 1.300,00

Quota imponibile( 40% di 2.500,00) € 1.000,00

Iva (20% di 1.000,00) € 200,00

TOTALE € 2.500,00

Cessione imponibile nella misura del 40% ai sensi del comma 5 art.30 Legge 388 del

23.12.2000.

6 Vedi appendice.

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Nota bene

Il contribuente che si trova nell’ultima situazione esposta ( rivendita dopo il 13.09.2006 e

presentazione dell’istanza di rimborso) deve emettere una nota di variazione in aumento per

effetto del recupero dell’imposta a suo tempo non detratta.

La nota di variazione deve essere emessa al momento in cui il diritto al rimborso è riconosciuto.

PERIODO

ACQUISTO AUTO

PRESENTAZIONE

ISTANZA RIVENDITA AUTO

APPLICAZIONE

IVA

PRIMA DEL 13

SETTEMBRE 2006 100%

SI DOPO IL 13

SETTEMBRE 2006 40%

PRIMA DEL 13

SETTEMBRE 2006 10%

01/01/2003

-

31/12/2005

NO DOPO IL 13

SETTEMBRE 2006 10%

PRIMA DEL 13

SETTEMBRE 2006 100%

SI DOPO IL 13

SETTEMBRE 2006 40%

PRIMA DEL 13

SETTEMBRE 2006 15%

01/01/2006

-

13/09/2006

NO DOPO IL 13

SETTEMBRE 2006 15%

Auto acquistate dopo il 13 settembre 2006

Per le auto acquistate dopo il 13 settembre 2006, il regime di detraibilità Iva è distinto nei due

seguenti periodi:

14 settembre 2006 – 26/06/2007 detrazione con criteri di inerenza;

dal 26/06/20007 detrazione del 40%.

Il DL n. 258/06 ha modificato il disposto dell’art. 19-bis1, lett. c), del DPR n. 633/72, disponendo

che solamente a far data nella pubblicazione nella G.U.U.E. dell’autorizzazione concessa all’Italia

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dal Consiglio dell’Unione europea, la detrazione sarà limitata alla percentuale richiesta dall’Italia e

avallata dal Consiglio stesso. Tale autorizzazione, come noto, è stata concessa con delibera del 18

giugno scorso, pubblicata nella G.U.U.E. del 27 giugno scorso.

Nel periodo “transitorio”, ossia quello che inizia dopo la sentenza della Corte di Giustizia, quindi dal

14 settembre, e termina il giorno antecedente alla citata pubblicazione in G.U.U.E, ossia il 26

giugno, la detrazione doveva essere operata in misura pari all’effettivo utilizzo aziendale del mezzo, in

base ai criteri stabiliti dall’art. 19 del DPR n. 633/72.

A seguito della decisione del 18 giugno scorso del Consiglio Ue, a decorrere dal 27 giugno 2007 la

detrazione torna ad essere limitata “oggettivamente”, ossia a prescindere dall’effettivo utilizzo

aziendale o extra-aziendale. La percentuale di detrazione è pari al 40%.

Pertanto per le cessioni delle autovetture, acquistate dopo il 14 settembre 2006 ma entro il 26 giugno

2007, il corrispettivo percepito sarà imponibilie Iva per la percentuale corrispondente a quella

detratta all’acquisto. Mentre, per le cessioni delle autovetture acquistate dopo il 27 giugno 2007 la

percentuale di imponibilità Iva sarà pari al 40%.

AUTOVETTURA BASE IMPONIBILE IVA ALLA

CESSIONE

Acquistata tra il 14 settembre 2006 e

il 26 giugno 2007

Percentuale corrispondente a quella

detratta all’acquisto

Acquistata dal 27 giugno 40%

Dubbi irrisolti Pur se sono diverse le questioni in merito all’argomento già risolte, diversi sono ancora i dubbi in

attesa di una risposta.

Acquisto auto in leasing

Difficoltà esistono, infatti, nel quantificare la base imponibile della cessione di auto acquisite in

leasing, qualora vi siano percentuali di detrazione applicate in modo differente per i canoni e per il

riscatto.

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Esempio - Ipotizziamo il caso dell’acquisto di un auto in leasing, in cui vi sia la presenza di canoni

fino al 13 settembre 2006 con presentazione di istanza di rimborso del 40%, e successivo riscatto a

maggio del 2007, sul quale si è detratta l’Iva con una percentuale “inerente” al 90%.

In tale ipotesi l’Iva recuperata a monte è stata pari al 40% per quanto riguarda i canoni di leasing e

del 90% per quanto riguarda il riscatto.

In tale circostanza è ancora da chiarire quale sia la quota da utilizzare per la fattura di rivendita

(40%, 90% o una media?).

A parere di chi scrive dovrebbe essere corretto effettuare una proporzione tra l’Iva detratta sui

canoni e quella sul riscatto da cui ricavare la percentuale media di Iva detratta e conseguentemente

riassoggettare in caso di vendita dell’auto la parte imponibile così in percentuale determinata.

Quanto sopra in conformità ai principi espressi in sede comunitaria, ed in particolar modo alla

posizione della Corte di Giustizia Ue nella sentenza del 4.10.1995, la dove è stato precisato che in

caso di inerenza parziale di un bene, alla detrazione parziale in sede di acquisto deve

corrispondere un assoggettamento altrettanto parziale all’atto della rivendita.

Del resto, tale soluzione è sposata anche dal legislatore, laddove all’art. 30, co. 5, della Legge n.

388/2000, ha stabilito che in presenza di detrazione parziale del 10% o del 15%, la successiva

vendita debba essere assoggettata ad Iva in proporzione a tali percentuali. In sede di rivendita di una

auto sulla quale sono state operate differenti detrazioni di imposta l’assoggettamento ad Iva non

potrà che essere proporzionale alla percentuale di imposta detratta al momento dell’acquisto.

Acquisto auto ante 2003

Ulteriore aspetto non specificatamente chiarito ma per il quale si ritiene che non sussistono dubbi è il

caso relativo alla rilevanza della detrazione sull’acquisto a prescindere, cioè dalle percentuali

applicate per spese successive.

Esempio – Veicolo acquistato nel 2002 (fuori quindi dal rimborso) con detrazione al 10%, il

recupero al 40% dell’Iva su carburanti e spese accessorie, si ritiene che non dovrebbe intaccare il

criterio che limita la base imponibile alla percentuale originaria. In sostanza in caso di rivendita la

base imponible IVA dovrebbe essere del 10%.

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APPENDICE

Interrogazione n. 5-01451 Leo: Regime IVA delle cessioni di autoveicoli usati. TESTO DELLA RISPOSTA

Con il question time in esame, la S.V. Onorevole chiede di sapere se la disposizione contenuta

nel paragrafo 4 del provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate del 22 febbraio 2007,

che prevede che «...i contribuenti che presentano istanza di rimborso ai sensi dei punti 1 e 2 del

presente provvedimento devono operare la variazione in aumento di cui all’articolo 26, primo

comma, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, senza applicazione

di sanzione e di interessi, assumendo come base imponibile l’intero corrispettivo pattuito», sia

applicabile anche agli acquisti effettuati a partire dal 14 settembre 2006, data di emanazione della

sentenza della Corte di Giustizia relativa alla causa C-228/05.

Chiede, pertanto, se possa ritenersi che le richiamate disposizioni del provvedimento del

Direttore dell’Agenzia delle entrate siano applicabili solo alla rivendita di veicoli acquistati entro

il 13 settembre 2006 senza costituire l’espressione di un principio di carattere generale.

In proposito, l’Agenzia delle entrate ha fatto presente che, in base all’orientamento espresso dalla

Corte di Giustizia (causa C-291/92), nel sistema dell’IVA deve ritenersi insito il principio

secondo cui per la rivendita di beni che sono stati destinati in parte ad uso privato e in parte ad

uso professionale, e per i quali l’IVA sull’acquisto è stata detratta solo sulla parte riferibile

all’uso professionale la base imponibile è limitata alla percentuale dell’imponibile corrispondente

a tale utilizzo, dovendo ritenersi che per la restante parte il cedente opera quale privato

consumatore.

Pertanto, le richiamate disposizioni del provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate

del 22 febbraio 2007 trovano applicazione limitatamente alle rivendite di veicoli acquistati

rivenduti entro il 13 settembre 2006, con limitato diritto alla detrazione, per i quali è chiesto

rimborso forfetario della maggior IVA detraibile.

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5. FABBRICATI: imputati anche al terreno

gli ammortamenti pregressi Con l’art. 1 del D.L. n. 118/2007, è stato previsto che gli ammortamenti e le quote capitali dei

canoni di leasing dedotti in relazione a fabbricati fino al periodo di imposta precedente a quello in

corso al 4.7.2006 devono essere imputati proporzionalmente al costo del fabbricato e al costo

dell’area su cui il fabbricato insiste, anziché essere prioritariamente imputati al solo costo

del fabbricato

Scomputo del terreno

Secondo quanto previsto dall’articolo 2 del decreto legge 262/20067 “ai fini del calcolo delle quote

di ammortamento deducibili, il costo complessivo dei fabbricati strumentali deve essere assunto

al netto del costo delle aree occupate dalla costruzione e di quelle che ne costituiscono

pertinenza”.

Calcolo del valore del terreno

Per il calcolo del valore del terreno bisogna distinguere tre diverse fattispecie:

FATTISPECIE 1

L’acquisto dell’immobile è stato rappresentato in bilancio indicando un valore unico.

In tale ipotesi il valore fiscalmente riconosciuto del terreno è pari al 20% (o 30% per i fabbricati

industriali) del costo complessivo.

FATTISPECIE 2

L’acquisto dell’immobile è stato rappresentato in bilancio indicando due valori distinti, uno per il

terreno ed uno per la costruzione.

In questo caso il costo fiscalmente riconosciuto da attribuire all’area sarà pari al maggiore tra i due

seguenti importi:

o il valore dell’area indicato in bilancio;

o il valore che deriva dall’applicazione del 20% (o 30%) al costo totale dell’immobile (area più

fabbricato).

7 Il comma 18 dell'articolo 2 del decreto 262/2006 ha riformulato i commi 7 ed 8 dell'articolo 36 del d.l. n. 223 del 2006, che recano disposizioni volte a rendere fiscalmente indeducibile l'ammortamento delle aree occupate da costruzione, introducendo altresì il comma 7-bis all'interno del medesimo articolo 36

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FATTISPECIE 3

Il contribuente ha acquistato prima l’area e poi ha proceduto con la costruzione del fabbricato.

In quest’ultima ipotesi il valore fiscalmente riconosciuto dell’area è pari a quello indicato nell’atto di

compravendita.

Norma retroattiva

Tali disposizioni si applicano a decorrere dal periodo d’imposta in corso alla data di entrata in

vigore del decreto (2006) anche per le quote di ammortamento e i canoni di leasing relativi ai

fabbricati acquistati o acquisiti a partire da periodi precedenti.

Pertanto, lo scomputo del terreno deve essere effettuato anche per i fabbricati acquisiti prima del

2006. Per tali fabbricati si pone il problema di come devono essere ripartite le quote di

ammortamento pregresse.

Secondo la prima interpretazione data dal legislatore, il fondo ammortamento pregresso doveva

essere totalmente imputato al fabbricato. Il costo fiscalmente riconosciuto del fabbricato ancora

da ammortizzare doveva, pertanto, essere decurtato degli ammortamenti dedotti fino al periodo

d'imposta precedente a quello in corso alla data del 4 luglio 2006.

Ammortamento pregresso

Nota bene

Con l’approvazione del D.L. 118/200,7 il principio di imputazione degli ammortamenti e delle

quote capitali dei canoni di leasing, dedotti nei periodi di imposta precedenti,

proporzionalmente al costo dell’area e al costo del fabbricato che su di essa insiste implica

che, anche per i fabbricati posseduti in proprietà o in leasing da anni e, quindi, in larga parte già

“fiscalmente recuperati” mediante il processo di ammortamento del costo o di deduzione dei

canoni, l’impatto dei co. 7 e 7-bis dell’art. 36 del DL 223/2006 non può andare oltre alla

neutralizzazione della deducibilità della specifica quota parte di ammortamento o di quota capitale

del canone di leasing riferibile al periodo di imposta, senza dunque negativi effetti di

“trascinamento” degli ammortamenti dedotti prima dell’entrata in vigore delle nuove norme.

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Sul punto si vedano gli esempi di calcolo che seguono.

Esempio 1

Un immobile del costo di 100.000,00 € viene acquistato nel 2000.

Tale immobile viene ammortizzato con una quota di ammortamento del 3%.

Al 31/12/2005 tale immobile risulta cosi rappresentato in bilancio:

Immobile Fondo ammortamento immobile

100.000,00 15.000,00

Al 31/12/2006 viene effettuato lo scomputo del valore del terreno applicando la percentuale

forfettaria del 20%:

Terreno 20.000,00 (20% di 100.000,00);

Fabbricato 80.000,00 (80% di 100.000,00).

Il fondo ammortamento pregresso verrà ripartito proporzionalmente:

Fondo ammortamento terreno 3.000,00 (20% di 15.000,00);

Fondo ammortamento fabbricato 12.000,00(80% di 15.000,00).

Esempio 2

Un contribuente nel 1995 acquista un’area fabbricabile per € 50.000,00.

Nel 2000 su tale area fabbricabile viene completata la costruzione di un fabbricato al costo di

150.000,00 € che in tale anno entra in funzione e quindi ammortizzato al coefficiente del 3%.

Al 31/12/2005 tale immobile risulta cosi rappresentato in bilancio:

Immobile Fondo ammortamento immobile

200.000,00 30.000,00

Al 31/12/2006 viene effettuato lo scomputo del valore del terreno attribuendo all’area il costo

effetivamente sostenuto:

Terreno 50.000,00 (costo sostenuto per l’acquisto dell’area);

Fabbricato 150.000,00 (costo della costuzione del fabbricato)

Il costo del terreno è pari al 25% dato da

costo terreno/costo terreno + costo costruzione

50.000,00/200.000

Il costo del fabbricato è pari al 75% dato da

costo costruzione/costo terreno + costo costruzione

150.000/200.000

Il fondo ammortamento pregresso verrà ripartito proporzionalmente:

Fondo ammortamento terreno 7.500,00 (25% di 15.000,00);

Fondo ammortamento fabbricato 22.500,00(75% di 15.000,00).

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Vantaggio per il contribuente

Mediante questa nuova disposizione il contribuente viene favorito sotto il punto di vista fiscale.

Infatti, attibuendo una parte del fondo pregresso al terreno, il valore fiscalmente deducibile del

fabbricato risulta più elevato, il contribuente gode quindi di una maggiore deduzione.

La circostanza che la “correzione” del terzo periodo del co. 8 dell’art. 36 del DL 223/2006 sia

stata attuata dal legislatore mediante una norma di interpretazione autentica implica che tale

“correzione” risulta applicabile fin dall’originaria introduzione della norma interpretata, con

conseguenti riflessi anche sulla determinazione del reddito di impresa e della base imponibile

IRAP per il periodo di imposta in corso al 4.7.2006.

Posto che, per effetto di reiterate proroghe, i termini di presentazione delle dichiarazioni dei redditi e

dell’IRAP per tale periodo di imposta non sono ancora scaduti alla data di entrata in vigore del DL

118/2007, i contribuenti possono tenere conto del nuovo quadro interpretativo già in sede di

presentazione del Modello UNICO 2007.

I contribuenti che, per effetto della norma di interpretazione autentica, si sono ritrovati legittimati a

dichiarare sul modello UNICO 2007 un reddito di impresa ed una base imponibile IRAP minore di

quella che viceversa sarebbe dovuto essere determinata sulla base dell’iniziale lettura del terzo

periodo del co. 8 dell’art. 36 del DL 223/2006, possono trovarsi in una delle seguenti situazioni con

riferimento al periodo di imposta 2006:

• se hanno versato le relative imposte sul reddito (IRPEF o IRES) e IRAP, dovute a saldo per il

2006, calcolandole su basi imponibili determinate applicando la “vecchia interpretazione”, ne

discende in sede di UNICO 2007 un’eccedenza di versamento dalla quale consegue nel quadro RX

un credito verso l’Erario utilizzabile in compensazione secondo le regole ordinarie;

• se viceversa già in sede di versamento delle imposte sul reddito (IRPEF o IRES) e IRAP,

dovute a saldo per il 2006, i contribuenti hanno effettuato i calcoli su basi imponibili determinate

applicando la “nuova interpretazione” (circostanza che può essersi verificata per quei soggetti i cui

termini di versamento sono scaduti successivamente al 4.8.2007, ma anche per coloro i quali hanno

versato le imposte antecedentemente a tale data nella convinzione che il modo corretto di procedere

fosse quello poi avallato dall’intervento agostano del legislatore), nessun particolare riflesso si

genera sul modello UNICO 2007.

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Si vedano gli esempi di calcolo che seguono.

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In questo modo il valore fiscalmente deducibile del fabbricato non è più zero ma diventa:

Al 31/12/2006 quindi il contribuente può dedurre una quota di ammortamento pari a 2.100,00

(3% di 70.000,00).

In questo modo al contribuente risulta da pagare una minore imposta di 693,00 € (33% di

2.100,00).

Essendo tale imposta già stata pagata entro il 20 luglio 2007 (oppure entro l’8 agosto 2007) tale

maggiore somma dovrà essere indicata nel quadro RX e chiesta a rimborso oppure

compensata con un altro tributo.

70.000 (valore del fabbricato) – 56.400 (f.do amm. fabbricato)=

13.600,00

Esempio

Una società relativamente ad un fabbricato industriale presenta i seguenti dati:

valore di iscrizione in bilancio pari a 100.000,00 €

acquistato nel 1979

ammortizzato ad una aliquota del 3%.

Con l’applicazione della percentuale di scorporo del 30% il terreno risulta essere valutato

30.000,00 €.

Fabbricato: 70.000,00

Terreno: 30.000,00

Calcoliamo ora le quote di ammortamento già dedotte in passato:

la quota di ammortamento è pari a 3.000,00 (3% di 100.000,00 = 3.000,00);

il fabbricato è stato ammortizzato per 26 anni.

Quote di ammortamento già dedotte: 78.000,00 (3.000,00 x 26)

La situazione che si presenta è la seguente:

Terreno 30.000,00

Fabbricato 70.000,00

Quote già dedotte: 78.000,00

Secondo l’interpretazione data in origine le quote deducibili negli anni successivi sono pari a 0 in

quanto il fabbricato è già stato completamente ammortizzato.

78.000,00 (fondo ammortamento già dedotto) >70.000,00 (valore fabbricato)

Secondo la nuova interpretazione il fondo di 78.000,00 deve essere così ripartito:

Fondo ammortamento terreno 23.400,00 (30% di 78.000,00);

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Contratti di leasing

Si ricorda che lo scomputo del terreno deve essere effettuato anche nel caso in cui il fabbricato

venga acquisito mendiante un contratto di leasing.

Applicando l’interpretazione data in origine dal legislatore secondo cui le quote dedotte in

precedenza erano totalmente imputabili al fabbricato, per calcolare la quota deducibile del canone di

leasing era necessario effettuare il seguente procedimento:

1. determinazione dell’importo massimo deducibile dei canoni, operazione che consiste nel

calcolare il valore capitale del fabbricato (in base al costo del concedente) a cui deve essere

sottratto il valore capitale del costo del riscatto;

2. calcolo della differenza tra il valore sopra determinato e l’importo complessivo dei canoni

dedotti nel passato (che comprendono anche il valore capitale riferibile al terreno);

3. suddivisione dell’importo calcolato sub b) in base agli anni di residua durata del contratto

(considerando che il differenziale della quota capitale del canone diventa riferibile,

figurativamente al terreno e quindi va reso indeducibile).

Nota bene

Attraverso la nuova interpretazione il procedimento sopraesposto non risulta più necessario e lo

scomputo del terreno avviene semplicemente applicando la percentuale di indeducibilità del

20% (o 30%) alla quota capitale del canone di leasing.

Le quote capitali dei canoni di leasing dedotte fino al periodo di imposta 2005 devono ora essere

imputate proporzionalmente al rimborso del costo dell’area e al rimborso di quello del fabbricato

con la conseguenza che diviene irrilevante il numero di periodi da cui è già in essere il

contratto di leasing.

Riflessi sul bilancio

Per quanto concerne le imprese tenute ad approvare un rendiconto o bilancio d’esercizio, ove in sede

di calcolo delle imposte dovute queste abbiano stanziato quale costo dell’esercizio 2006 un

ammontare di imposte sul reddito e di IRAP superiore a quello che è poi risultato dovuto in sede di

UNICO 2007, per effetto della sopravvenuta norma interpretativa di cui al DL 118/2007, è

necessario rilevare nel bilancio dell’esercizio in corso al 4.8.2007 una sopravvenienza attiva (non

imponibile) pari al minor carico fiscale emerso in sede di dichiarazione rispetto a quello accantonato

nel conto economico del bilancio.

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6. AUTO AZIENDALI: reintrodotta la deducibilità parziale dei costi

Il Decreto Legge n. 81, articolo 15-bis, ha reintrodotto per le imprese la parziale

deducibilità dei costi delle auto non strumentali.

Nella determinazione del reddito di lavoro dipendente si considera il 30 per cento, e non più il

50, del costo forfetario dell'auto ricevuta in uso promiscuo dal datore di lavoro, risultante

dall'applicazione delle tabelle Aci.

In materia di redditi d'impresa, per gli automezzi aziendali non strumentali viene ripristinata una

parziale deducibilità.

E’ stata innalzata, inoltre, al 40 per cento la percentuale di deducibilità per le auto dei

professionisti.

6.1 D.L. n. 81/2007 e reddito di lavoro dipendente

L’articolo 15-bis, comma 7, lettera a), del Decreto Legge n. 81/2007, relativamente al reddito di

lavoro dipendente, ha modificato l'articolo 51, comma 4, lettera a) del Tuir, che disciplina la

determinazione della componente in natura della retribuzione (fringe benefit) quando tale

componente deriva dalla concessione in uso promiscuo ai dipendenti di autoveicoli, di motocicli e

ciclomotori, sia per fini personali che aziendali, cosiddetto uso promiscuo.

In particolare, la nuova norma prevede che:

⇒⇒ nella determinazione del reddito di lavoro dipendente si consideri il 30 per cento, in luogo

del 50 per cento fissato dal Decreto Legge n. 262 del 2006, del costo forfetario risultante

dall'applicazione delle tabelle Aci.

Auto uso promiscuo: deducibilità per l’impresa

Per quanto riguarda i veicoli dati in uso promiscuo ai dipendenti, ovvero, come detto, da utilizzare

sia per esigenze lavorative che per quelle personali, l'articolo 15-bis, comma 7, lettera b), del

decreto in oggetto, ha modificato l'articolo 164, comma 1, lettera b-bis del Tuir, stabilendo che:

⇒⇒ nella determinazione del reddito d'impresa o di lavoro autonomo sarà possibile, a regime,

dedurre soltanto il 90 per cento delle spese e degli altri componenti negativi relativi ai mezzi di

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trasporto a motore indicati nel citato articolo 164 del Tuir, e sempre che i veicoli siano stati

concessi in uso ai dipendenti per la maggior parte del periodo d'imposta.

Si sottolinea, inoltre, che la deduzione del 90 per cento sarà applicabile, a regime, dal periodo

d'imposta in corso al 27 giugno 2007, mentre si potrà considerare ai fini del versamento della

seconda o unica rata di acconto 2007 il solo 65 per cento delle spese e degli altri componenti

negativi sostenuti per il periodo di imposta 2006.

6.2 D.L. n. 81/2007 e reddito d’impresa

L’articolo 15-bis, comma 7, lettera b), del decreto in oggetto, con riferimento al reddito d'impresa

ha modificato, inoltre, l'articolo 164, comma 1, lettera b) del Tuir, prevedendo la deducibilità del

40 per cento delle spese e degli altri componenti negativi relativi ad autovetture e autocaravan,

di cui alle lettere a) e m) dell'articolo 54 del Decreto 30 aprile 1992, n. 285, ciclomotori e

motocicli.

In particolare, sono previste ora due percentuali di deducibilità:

⇒⇒ 40 per cento, che troverà applicazione dal periodo d'imposta in corso alla data del 27

giugno 2007 e, quindi, in sede di compilazione dell'Unico 2008 e di versamento in acconto

dell'Irpef, Ires e Irap 2008;

⇒⇒ 20 per cento, che si applica per il periodo d'imposta in corso alla data del 3 ottobre 2006 e

che, senza determinare una rielaborazione dell'Unico 2007, potrà essere fatta valere in sede di

versamento , entro il 30 novembre 2007, della seconda o unica rata di acconto dell'Irpef, Ires e Irap

2007.

ATTENZIONE

La percentuale di deducibilità applicabile ai soggetti esercenti attività di agenzia o di

rappresentanza rimane fissata all'80 per cento.

6.3 D.L. n. 81/2007 e reddito di lavoro autonomo

Il citato articolo 15-bis, comma 7, lettera b), è intervenuto, con riferimento al reddito di lavoro

autonomo, anche sul limite di deducibilità delle sopraccitate spese, sostenute nel caso di esercizio

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di arti e professioni in forma individuale o associata. E’ stato previsto un aumento di deducibilità

dal 25 al 40 per cento.

Per i professionisti sono state previste due percentuali di deducibilità:

⇒⇒ 40 per cento, che troverà applicazione dal periodo d'imposta in corso alla data del 27

giugno 2007 e quindi in sede di compilazione dell'Unico 2008 e di versamento in acconto dell'Irpef,

Ires e Irap 2008;

⇒⇒ 30 per cento, che si applica per il periodo d'imposta in corso alla data del 3 ottobre 2006

e che, senza determinare una rielaborazione dell'Unico 2007, potrà essere fatta valere in sede di

versamento, entro il 30 novembre 2007, della seconda o unica rata di acconto dell'Irpef, Ires e Irap

2007.

Si riporta di seguito un grafico riepilogativo di facile consultazione.

IMPOSTE DIRETTE - DEDUCIBILITA’

( valori in percentuale)

Soggetto Tipologia ANTE

DL. 262/2006

UNICO 2007 post DL 262/06

UNICO 2007

recupero con

acconto 11/07

A REGIME

da UNICO

2008

Veicolo strumentale e a uso pubblico 100 100 100 100

Veicolo concesso ad uso promiscuo 100 Limitata al

fringe benefit 65 90

IMPRESA Veicolo non strumentale 50 Indeducibilità

di tutti i costi 20 40

AGENTI E RAPPRESENTAN

TI DI COMMERCIO

Veicolo 80 80 80 80

ESERCENTI ARTI E PROFESSIONI

Limitatamente ad un solo veicolo 50 25 30 40

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7. SOCIETÀ NON OPERATIVE: ultimi chiarimenti

Il divieto per le società non operative di utilizzare in compensazione con altri tributi l'eccedenza

di credito risultante dalle dichiarazioni Iva, opera relativamente alle dichiarazioni presentate a

partire dal periodo d'imposta 2006 (Unico 2007).

(Risoluzione n. 225/E del 10 agosto 2007)

7.1 Divieto di compensazione del credito IVA a partire dal periodo di imposta

2006

Come noto nell'ambito della tassazione del reddito di impresa, il legislatore ha previsto un regime

particolare di determinazione della base imponibile per i contribuenti, società ed enti di ogni tipo

residenti e non residenti con stabile organizzazione in Italia, che si considerano "non operativi" in

relazione al mancato superamento del relativo "test di operatività".

Le limitazioni all’utilizzo del credito IVA

Per i contribuenti sottoposti alla disciplina delle società di comodo, che risultano non operativi, in

base alle disposizioni attualmente in vigore l'eccedenza Iva risultante dalla dichiarazione annuale:

non può essere chiesta a rimborso;

non può essere utilizza in compensazione8 (cfr. articolo 17, D.lgs. 9/7/1997, n. 241);

non può essere ceduta (cfr. articolo 5, comma 4-ter, Dl 14/3/1988, n. 70);

non può essere riportata ulteriormente in avanti nei periodi di imposta successivi, se il

contribuente risulta non operativo per tre periodi di imposta consecutivi e non abbia effettuato

nel medesimo periodo operazioni rilevanti ai fini Iva, per un importo almeno pari a quello

risultante dall'applicazione delle percentuali forfetarie richieste dalla disciplina in esame.

Ris. Min. N°225 del 10/08/2007

La Risoluzione in commento indica la decorrenza di quanto appena evidenziato facendo seguito

a una istanza di interpello presentata da una società risultata "non operativa" nei periodi di imposta

2005 e 2006, che ha utilizzato in compensazione dei propri debiti tributari un credito Iva nella

dichiarazione dei redditi relativa al 2005.

8 Il contribuente può ottenere, invece, fermo restando il possesso dei requisiti previsti nell'articolo 38-bis del Dpr

26/10/1972, n. 633, il rimborso dell'eccedenza Iva previsto dal medesimo articolo per periodi inferiori all'anno (cfr circolare n. 25/E del 2007, paragrafo 7).

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Con l'entrata in vigore delle nuove disposizioni che, come detto, impediscono alle società non

operative la possibilità di compensare l'eccedenza Iva9 con gli altri tributi risultanti dalla

dichiarazione, il contribuente nutriva dubbi sulla correttezza del comportamento seguito nella

dichiarazione presentata per l'anno 2005.

L'Amministrazione Finanziaria ha:

1. preliminarmente ricordato che:

la norma originaria, nell'introdurre delle penalizzazioni a carico dei contribuenti "non

operativi", escludeva la possibilità di chiedere il rimborso dell'eccedenza del credito

risultante nella dichiarazione presentata ai fini Iva relativa all'anno in cui il soggetto

risultava non operativo. Tale disposizione, attualmente in vigore, è stata implicitamente

abrogata, in quanto trasfusa nel comma 4 dell'articolo 30, legge n. 724/199410, a opera

dell'articolo 35, comma 15, del Dl n. 223/2006;

2. risposto al contribuente facendo proprio il parere della Cassazione sentenza

17 Giugno 2005, n. 13079), in base al quale:

l'espressione "eccedenza di credito risultante dalla dichiarazione", da considerasi "a

prescindere dall'anno di maturazione dei crediti che la compongono", si riferisce

all'eccedenza risultante dalla stessa dichiarazione in cui avviene la compensazione.

Il divieto di compensazione del credito Iva nell'unico 2007 può riguardare solo l'eccedenza

Iva relativa all'anno 2006 quale risulta dal modello 2007.

Le nuove norme contenute nel decreto n. 223/2006, pertanto, si applicano alle dichiarazioni

presentate nel corso dell'anno 2007, anche se emerge un’eccedenza Iva a credito, formata in

tutto o in parte da credito maturato nel periodo d’imposta 2005 o in anni a quest’ ultimo

precedenti .

Esempio. - Un contribuente risulta “non operativo” in occasione di Unico 2007, redditi 2006. Al

31/12/2006 ha un credito Iva di 75.000 euro, di cui 25.000 euro si riportano dal 2005. il

contribuente non potrà utilizzare in compensazione per effetto delle nuove disposizioni, l’intero

importo di 75.000 euro in quanto trattasi di credito Iva che emerge da Unico 2007, a prescindere

che 25.000 euro si riportano dal periodo d’imposta 2005.

9 L'articolo 35, comma 15, in particolare, impedisce ai soggetti sottoposti alla disciplina in esame la compensazione

"orizzontale". 10 Tale ultima disposizione, in particolare, stabilisce che per i soggetti non operativi l'eccedenza di credito

risultante dalla dichiarazione presentata ai fini dell'imposta sul valore aggiunto non è ammessa al rimborso, né può costituire oggetto di compensazione o di cessione.

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La dichiarazione delle nuove disposizioni

Precisamente, sul punto, l'Agenzia delle Entrate ha sottolineato che le nuove disposizioni hanno

efficacia a partire dal periodo di imposta in corso "alla data di entrata in vigore"11 del predetto

decreto legge, cioè il 4 luglio 2006.

In particolare, il divieto alla compensazione, in dichiarazione, dell'eccedenza Iva con gli altri

tributi interessa:

• i contribuenti che nella medesima annualità d'imposta risultino "non operativi"

• le dichiarazioni relative ai periodi di imposta successivi al 2005.

Il divieto di compensazione non riguarda i crediti Iva risultanti dalle dichiarazioni

relative ai periodi di imposta precedenti quello di entrata in vigore della nuova norma di

cui al Decreto Visco-Bersani (cioè, il 2006).

In particolare, le nuove disposizioni trovano applicazione a decorrere dal periodo

d'imposta in corso alla data del 4 luglio 2006 e, quindi, a partire:

• dal 1° gennaio 2006, per i soggetti con periodo di imposta coincidente con l'anno

solare

• dall'inizio del periodo di imposta in corso alla data del 4 luglio 2006, per i soggetti

con periodo di imposta a cavallo.

11 Art. 35, comma 16, D.L. n. 223/2006.

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8. Cessazione Rapporto Di Agenzia: accantonamenti indeducibili

Con le recenti sentenze 24 novembre 2006, n. 24973 e 30 gennaio 2007, n. 1910, la sezione

tributaria della Corte di Cassazione è tornata a pronunciarsi in merito alla deducibilità ai fini della

determinazione del reddito d’impresa, degli accantonamenti ai fondi per indennità suppletiva di

clientela e per indennità meritocratica.

Sentenza n. 24973 del 2006 della Corte di Cassazione

Con la citata sentenza n. 24973 del 2006, la Cassazione ha statuito che non sono deducibili, dal

reddito di impresa della casa mandante, gli accantonamenti effettuati, in vista della possibile

corresponsione agli agenti e rappresentanti di commercio al venir meno del rapporto, della

cosiddetta “indennità suppletiva di clientela”.

Ciò in quanto la corresponsione di tale indennità costituisce, a differenza dell’indennità di

fine rapporto, un onere soltanto eventuale.

Da ciò la conclusione della Suprema Corte che l’indennità in questione è deducibile solo

nell’esercizio in cui venga concretamente corrisposta, secondo il generale principio sancito

dall’articolo 75, comma 1, secondo periodo, del TUIR, nella formulazione ante 1° gennaio

2004, ora vedasi articoli 64 e 109 del TUIR.

Secondo i giudici di legittimità, l’indennità suppletiva di clientela corrisposta dal

preponente, ragguagliata alle provvigioni relative agli affari conclusi e soggetta a particolari

regole e limitazioni previste dagli accordi economici collettivi succedutisi nel tempo, che non

trovano corrispondenza nella disciplina legale della indennità di fine rapporto, è connotata

dall’incertezza dell’obbligo del preponente alla sua corresponsione. La stessa costituisce,

in pendenza del rapporto di agenzia, un costo meramente eventuale “ sia nell’an che nel

quantum”, come tale non accantonabile fiscalmente e, quindi, non deducibile dal reddito

d’impresa, manifestando, invece, la qualità di componente negativo deducibile solo

nell’esercizio in cui venga concretamente corrisposta.

Si ricorda che l’indennità è dovuta solo se il rapporto a tempo indeterminato si scioglie su

iniziativa della casa mandante per fatto non imputabile all’agente.

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La sentenza n. 24973 del 2006, da ultimo confermata dalla pronuncia n. 1910 del 2007, va a

consolidare l’orientamento della Cassazione espresso anche con la sentenza 18 novembre 2005,

n. 24443.

Sentenza n. 10221 del 27/06/2003 della Corte di Cassazione

Tale orientamento si contrappone a quello rappresentato dalla sentenza 27 giugno 2003, n.

10221, a cui l’Agenzia delle Entrate aveva aderito con Risoluzione n. 59/E del 9 aprile 2004. Con

tale pronuncia, la Corte di Cassazione aveva affermato che, in base alle disposizioni di cui

all’articolo 70, comma 3, del TUIR, nella formulazione anteriore al 1° gennaio 2004, le norme di

cui ai commi 1 e 2 del medesimo articolo 70, che disciplinano gli accantonamenti di quiescenza e

previdenza, si applicano fra l’altro anche alle indennità percepite per la cessazione del rapporto di

agenzia delle persone fisiche, tra le quali rientra l’indennità suppletiva di clientela. Pertanto,

l’eventuale natura aleatoria di detta indennità, derivante dalla disciplina del contratto collettivo,

non consentirebbe all’ufficio tributario di contestare in radice la legittimità dell’accantonamento,

ma solo di determinarne il “quantum” sulla base di criteri statistici.

Sul punto, il recente e ormai consolidato orientamento della Cassazione si afferma, invece,

che il comma 1 dell’articolo 70 consente la deducibilità soltanto:

delle “quote maturate nell’esercizio”;

l’indennità in questione non matura affatto in costanza di rapporto di lavoro

perché il relativo diritto trova la sua fonte genetica soltanto nell’eventuale illegittimità, per

non imputabilità all’agente o rappresentante della causa dello stesso, dello scioglimento del

rapporto di agenzia, diversamente dall’indennità di fine rapporto in ordine alla quale la

cessazione del rapporto di lavoro costituisce solo una condizione di esigibilità (Cass., Sez.

lav., 10 agosto 2005, n. 16826) del relativo trattamento.

Consentire, pertanto, l’accantonamento di somme in vista dell’eventuale futuro sorgere della

corrispondente obbligazione (incerta, quindi, al momento dell’accantonamento) non solo nel

quando ma, soprattutto, nell’an debeatur, si traduce:

se ragguagliato a tutti i rapporti in essere: nella sottrazione dell’accantonamento alla

tassazione per la parte dello stesso che non sarà mai utilizzata per corrispondere l’indennità in

questione, non essendo questa dovuta per la sola semplice risoluzione del rapporto, ma, come

detto, per il verificarsi di un evento futuro (iniziativa della casa mandante per fatto non

imputabile all'agente);

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se ragguagliato (come suggerito dalla richiamata Cass. n. 10221 del 2003) a meri

“criteri statistici”: in una inammissibile forma di assicurazione del rischio costituito

dall’eventuale verificarsi della specifica fattispecie (non imputabilità all’agente del fatto che

determina la risoluzione del rapporto) unicamente in presenza del quale la contrattazione collettiva

prevede l’erogazione dell’indennità in questione (cfr. Cass. n. 24973 del 2006).

Con la sentenza n. 24973 del 2006, i giudici della Cassazione hanno in particolare evidenziato

come la tesi che ammette la deducibilità fiscale dell’indennità suppletiva di clientela “non trova

conforto nella “funzione” (“sostituire il mancato reddito derivante dalla cessazione del rapporto

”) che si assume svolta dall’indennità de qua atteso che il problema giuridico è dato sempre e

solo dalla individuazione, anche al fine di determinare l’esercizio (fiscale) di competenza, del

momento di “maturazione” dell’ emolumento e tale momento può coincidere unicamente con il

sorgere del diritto, quindi con la cessazione del rapporto ”.

Circolare n. 42 del 6 luglio 2007

Con la Circolare n. 42/E del 6 luglio 2007, l'Amministrazione finanziaria è tornata ad

occuparsi, a distanza di circa tre anni, della questione concernente la deducibilità degli

accantonamenti effettuati per l’eventuale corresponsione dell'indennità suppletiva di clientela e

della indennità meritocratica all'atto di cessazione del rapporto di agenzia, ritenendo, sulla scorta

della recente giurisprudenza di legittimità, come sopra argomentato, non più sostenibile la tesi

interpretativa contenuta nella risoluzione n. 59/E del 9 aprile 2004.

Tale documento di prassi chiariva che, ai sensi del combinato disposto dei commi 1 e 4

dell'articolo 105 del Tuir, nella formulazione vigente dal 1° gennaio 2004, l'accantonamento ai

fondi per indennità di cessazione del rapporto di agenzia, valorizzato nelle sue diverse

componenti, indennità di risoluzione, indennità suppletiva e, se ne ricorrono i presupposti,

indennità meritocratica, era riconosciuto fiscalmente deducibile nei limiti dell'importo

massimo previsto dall'articolo 1751, terzo comma, del Codice civile.

Inoltre, poiché le disposizioni contenute nei citati commi 1 e 4 dell'articolo 105 del Tuir erano

identiche a quelle che erano contenute nei commi 1 e 3 dell'articolo 70 del Tuir, nella

formulazione vigente fino al 31 dicembre 2003, disciplinanti la medesima tipologia di

accantonamenti anteriormente alle modifiche apportate dal decreto legislativo 12 dicembre 2003,

n. 344, la stessa risoluzione n. 59/E del 2004 aveva rilevanza anche in relazione alle

controversie pendenti sulla questione della deducibilità degli accantonamenti in argomento.

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La posizione allora assunta era in sintonia come detto con il previgente orientamento della

Suprema corte (Cassazione, sezione V, 27 giugno 2003, n. 10221., sezione V, 16 maggio 2003, n.

7690).

Come sopra argomentato, la più recente e consolidata giurisprudenza di legittimità (sezione V, 18

novembre 2005, n. 24443; 24 novembre 2006, n. 24973; 30 gennaio 2007, n. 1910) ha affermato

l'indeducibilità dei predetti accantonamenti, sulla base del presupposto che l'indennità suppletiva

di clientela rappresenta un costo meramente eventuale sia nell'an che nel quantum, come tale non

accantonabile fiscalmente e, quindi, non deducibile dal reddito d'impresa, manifestando, invece,

la qualità di componente negativo deducibile solo nell'esercizio in cui venga concretamente

corrisposta.

Conseguentemente al superamento della precedente posizione, l’Agenzia ora ritiene che le

somme accantonate ai predetti fondi possono essere dedotte solo nell'esercizio in cui

vengono effettivamente corrisposte all'agente o al rappresentante di commercio.

La Circolare 42/E/2007 in commento contempla, inoltre:

la possibilità, per il contribuente che abbia dedotto gli accantonamenti in base alla

previgente interpretazione, di rettificare la dichiarazione ai sensi dell'articolo 2,

comma 8, del Dpr n. 322/1998, entro il 31 dicembre del quarto anno successivo a

quello di presentazione della dichiarazione originaria;

la possibilità di avvalersi del ravvedimento operoso, ai sensi dell'articolo 13 del

decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472;

tenuto conto dell'incertezza relativa alla portata e all'ambito di applicazione delle

disposizioni del Tuir, la possibilità di non applicare sanzioni e interessi moratori,

ai sensi degli articoli 6, decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472, e 10, comma 2,

legge 27 luglio 2000, n. 212, nei confronti di quei contribuenti che abbiano

dedotto gli accantonamenti in argomento successivamente alla emanazione della

risoluzione n. 59/E del 2004.

Si rileva, infine, che la posizione assunta con la circolare in argomento ribadisce quanto era già

stato affermato, in vigenza del Dpr 29 settembre 1973, n. 597, con la risoluzione 21 luglio 1980,

n. 120, che escludeva espressamente la possibilità dell'accantonamento delle quote in argomento,

sulla base del presupposto che "la corresponsione dell'indennità (suppletiva di clientela)...

compete all'agente o rappresentante di commercio soltanto in determinate e limitate circostanze

connesse al verificarsi di particolari situazioni, per cui la possibilità di un accantonamento

generalizzato non si ritiene giustificata".

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9. 36%: Manodopera non obbligatoria nella Fattura D’acconto

9.1 Risoluzione n 167/E del 12 luglio 2007

L’Agenzia delle Entrate, nella Risoluzione n. 167/E del 12 luglio 2007 ha affrontato alcune

questioni di carattere operativo legate alla applicazione delle disposizioni di cui all’articolo 1 della

legge n. 449 del 1997 più volte modificata e che disciplina, come noto, l’agevolazione consistente

nella detrazione Irpef del 36% per gli interventi di ristrutturazione edilizia.

La risoluzione scaturisce da una istanza di interpello con cui l'Amministrazione finanziaria è stata

chiamata a rispondere su diverse questioni legate all’argomento, alcune delle quali, in realtà, già

affrontate in precedenti documenti di prassi.

Due di queste questioni riguardano il tetto di spesa, pari a 48mila euro, su cui applicare la detrazione.

Si ricorda, brevemente, che tale limite:

1. a decorrere dal 1° ottobre 2006 "si riferisce alle singole unità immobiliari sulle quali sono

stati effettuati gli interventi di recupero e, pertanto, prescinde dal numero degli aventi diritto alla

detrazione". La circolare n. 28/E, infatti, aveva già precisato che "il limite sul quale calcolare la

detrazione Irpef è ora fissato espressamente nella sua misura massima e complessiva in relazione

all'immobile e va suddiviso tra i soggetti che hanno diritto alla detrazione"

2. è unico anche se gli interventi di ristrutturazione interessano non solo l'unità abitativa, ma

pure le pertinenze della stessa. Al riguardo viene richiamata la recente risoluzione n. 124/E del 4

giugno 2007.

Risoluzione n 184/E del 2002

Infine, il richiamo alla Risoluzione n. 184/E del 2002, per rispondere alla terza e ultima delle

questioni che si possono ormai definire chiare.

In presenza di diversi beneficiari, nell'iter procedimentale finalizzato a ottenere la detrazione:

⇒⇒ è sufficiente che gli adempimenti richiesti dalla norma siano posti in essere da uno solo

degli aventi diritto, mentre ai restanti rimane l'onere di indicare nel modello di dichiarazione dei

redditi il codice fiscale del primo.

Costo della manodopera in fattura

Nella risoluzione n. 167/E/2007, per la prima volta, è stata, invece, affrontata la questione

riguardante l'indicazione anche nella fattura d'acconto del costo della manodopera.

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L'obbligo di evidenziare nella fattura il costo della manodopera era stato inserito dall'articolo 35,

comma 19, del Dl n. 223/2006, a pena di decadenza dal beneficio della detrazione.

L’Agenzia delle Entrate ha chiarito come non sia causa di decadenza l’assenza di tale

indicazione nella fattura d’acconto, fermo restando l’obbligo di evidenziare il costo della

manodopera nella fattura emessa a titolo di saldo, nella quale dovrà farsi riferimento al costo relativo

alla manodopera impiegata per l’intera esecuzione dei lavori, tenendo conto anche della manodopera

impiegata da eventuali subappaltatori.

Tale ultima precisazione si ricollega al contenuto della circolare n. 11/E del 2007, nella quale è stato

chiarito che l’adempimento in questione non sia necessario solo nel caso in cui chi effettua i lavori è

il titolare dell’impresa individuale.

Non vi è decadenza dell’agevolazione Irpef sulle ristrutturazioni edilizie se il costo della

manodopera non viene indicato sulle fatture di acconto: l’obbligo riguarderà, comunque,

la fattura di saldo.

Il documento di prassi in commento ha affrontato, inoltre, nuovamente, la questione relativa alle

"parti comuni".

Circolari n. 121/E del 1998 e n. 95/E del 2000

Dalle Circolari n. 121/E del 1998 e n. 95/E del 2000, infatti, si poteva desumere che la locuzione

"parti comuni", utilizzata dal legislatore nell'articolo 1117, comma 1, del Codice civile, andasse

considerata "in senso oggettivo, e non soggettivo", e, pertanto, fosse corretto parlare di parti comuni

a due o più unità immobiliari, anche se di proprietà di un solo soggetto.

La risoluzione n. 167/E/2007, però, ha aggiunto un'importante precisazione:

⇒⇒ perché possa parlarsi di "parti comuni", le unità abitative devono essere necessariamente

due o più, altrimenti l'aggettivo "comuni", riferito a muri maestri, scale, tetti, portone, eccetera,

non avrebbe un senso, per quanto l'edificio sia costituito, oltre che dall'unità abitativa, anche da

pertinenze.

Il concetto di parti comuni presuppone la presenza di più unità immobiliari funzionalmente

autonome. Nel caso di una unità abitativa e di due pertinenze di proprietà di un solo soggetto, non

si potrà parlare di limite di spesa riferito alle parti comuni. Conseguentemente, troverà applicazione

il solo limite generale di 48 mila euro previsto dalla legge.

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10. Ristrutturazioni distinte per le parti del condominio

Il contribuente che ristruttura un immobile ha diritto alla detrazione Irpef del 36% delle spese

sostenute entro il limite di 48.000,00 €.

Se l’immobile è un appartamento la ristrutturazione delle parti comuni del condominio è

considerata autonoma, pertanto non influenza il limite di 48.000,00 € che spetta a ciascun

condomino sui lavori di ristrutturazione effettuati sui propri appartamenti.

(Risoluzione n. 206 del 3 agosto 2007)

Ristrutturazione edilizia

L’art. 1 della legge n. 449 del 27/12/1997 e successive modificazioni, prevede la detrazione

dall’Irpef dovuta del 36% delle spese sostenute per la realizzazione sulle parti comuni di edifici

residenziali e sulle singole unità immobiliari residenziali di qualunque categoria, anche rurale, di una

serie di interventi di recupero del patrimonio edilizio.

Le agevolazioni tributarie riguardano interventi di recupero del patrimonio edilizio relative:

agli interventi di cui all'articolo 2, comma 5, della legge 27 dicembre 2002, n. 289, e successive

modificazioni;

agli interventi di cui all'articolo 9, comma 2, della legge 28 dicembre 2001, n. 448, nel testo

vigente al 31 dicembre 2003.

Limite di spesa

Il D.L. n. 223/2006 convertito dalla legge 248/2006 ha stabilito che il limite del 36% di detraibilità

ai fini IRPEF debba essere calcolato su una spesa di importo massimo pari a € 48.000 “per

abitazione”.

Ciò significa che, indipendentemente dal numero dei soggetti interessati dal sostenimento delle spese

di recupero, il limite di spesa sarà di € 48.000 per ogni abitazione, e non per ogni soggetto che ha

sostenuto le spese.

In tale modo, è stata superata l’interpretazione data dalla C.m. n. 57/E/1998, in cui si affermava che

il limite di spesa su cui applicare la percentuale di detrazione andava riferito alla persona fisica e alla

singola unità immobiliare sulla quale sono stati effettuati gli interventi di recupero. In caso di

comproprietà o contitolarità del diritto reale o di coesistenza di più diritti reali, ciascun

comproprietario o contitolare, indipendentemente dalla percentuale di possesso, poteva calcolare la

detrazione sempre, nei limiti sopra indicati, in relazione alle spese sostenute ed effettivamente

rimaste a carico.

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La C.m. n. 28/2006 ha invece affermato, alla luce della norma introdotta dal comma 35-quater, che

il limite sul quale calcolare la detrazione IRPEF è fissato espressamente nella sua misura massima

e complessiva in relazione all'immobile e va suddiviso tra i soggetti che hanno diritto alla

detrazione.

Dal 1° ottobre 2006

=

€ 48.000 per abitazione

(poi va suddiviso tra i soggetti che hanno diritto

alla detrazione)

Fino al 30 settembre 2006

=

€ 48.000 per persona che ha sostenuto la

spesa TETTO MASSIMO DI SPESA su cui

calcolare la detrazione IRPEF

Parti comuni condominio

Un condomino può subire dei lavori di ristrutturazione sia nelle parti comuni che per le singole unità

immobiliari.

Nota bene

Il limite massimo di spesa su cui calcolare la detrazione spettante in relazione ai lavori sulle

parti comuni del condominio non è influenzato dalle spese sostenute dal singolo condomino

per effettuare dei lavori di ristrutturazione sul singolo appartamento.

(Agenzia delle Entrate Risoluzione n. 206 del 3/8/2007)

La distinzione tra i due tetti di spesa è dovuta al fatto che le “spese relative ai lavori sulle parti

comuni sono oggetto di un’autonoma previsione agevolativa quindi devono essere considerate in

modo autonomo”

In questo modo il contribuente gode di un doppio limite su cui calcolare la spesa della

ristrutturazione per cui godere della detrazione.

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Più precisamente:

Spese per la ristrutturazione delle

parti comuni 48.000 €

Spese per la ristrutturazione del

singolo appartamento48.000 €

Presentazione della comunicazione

Si ricorda che il contribuente per poter godere della detrazione deve comunicare l’inizio dei lavori

all’Agenzia delle Entrate12.

La comunicazione d’inizio lavori va inviata in busta chiusa mediante raccomandata senza ricevuta

di ritorno a: AGENZIA DELLE ENTRATE

Centro Operativo di Pescara

Via Rio Sparto, 21

65129 - Pescara

La comunicazione deve essere presentata:

PRIMA DELL’INIZIO DEI LAVORI generalmente

ANCHE DOPO LA DATA DI INIZIO

LAVORI, ma ENTRO I TERMINI DI

PRESENTAZIONE DELLA

DICHIARAZIONE DEI REDDITI per

l’anno nel quale si intende fruire della

detrazione.

nel caso di acquisto di box

o posti auto pertinenziali

12 Nel caso di interventi su parti comuni condominiali di edifici residenziali, la comunicazione all’Agenzia delle

Entrate dell’inizio dei lavori può essere trasmessa o dall’amministratore del condominio oppure da uno dei condomini.

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11. Compensazioni in F24 vigilate

Il Provvedimento delle Entrate, in fase di pubblicazione in G.U., attuativo dell'art. 1, commi 30 e

31, Legge n. 296/2006 prevede che l'utilizzo del credito nell'F24 di importo superiore a 10 mila

euro per anno solare dovrà essere preventivamente comunicato all'Agenzia delle Entrate, che

potrà vietarlo in caso di inattendibilità dei dati o di debiti a ruolo scaduti per almeno 1.000 euro.

Premessa

In attuazione dell'art. 1, commi 30 e 31, della Legge n. 296/2006 (Finanziaria 2007), un

Provvedimento delle Entrate, in fase di pubblicazione in G.U., prevede che la compensazione del

credito in F24 di importo superiore a 10 mila euro per anno solare13 dovrà essere

preventivamente comunicata all'Agenzia delle Entrate.

Soggetti obbligati

Il nuovo adempimento interessa tutti i titolari di partita Iva che intendono effettuare

compensazioni orizzontali ex artt. 17 e 25 del D. Lgs. n. 241/97 oltre 10 mila euro in ciascun

anno solare. Pertanto, il contribuente dovrà conteggiare il proprio plafond annuale; più

precisamente, una volta raggiunti i 10mila euro, anche con più operazioni tutte al di sotto di quella

cifra, egli dovrà chiedere l’autorizzazione a compensare.

Nota bene

La comunicazione non dovrà essere effettuata per le compensazioni verticali. Ad esempio, la

compensazione del debito IVA di periodo con il credito IVA precedente non dovrà essere segnalata.

Comunicazioni

La comunicazione all’Agenzia delle Entrate deve essere effettuata:

entro il quinto giorno lavorativo precedente al primo versamento con compensazione

qualora l'importo che si intende utilizzare superi il limite complessivo di 10 mila euro già all'inizio

dell'anno;

13 Dalla Finanziaria 2007 sembrava, invece, emergere senza dubbi che il limite dei 10mila euro fosse riferito alle singole

operazioni di compensazione.

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oppure, entro il quinto giorno lavorativo precedente quello della compensazione,

qualora il superamento del limite avviene in corso d’anno;

In caso di aumento o diminuzione, in corso d'anno, dei crediti compensabili, va presentata una

comunicazione sostitutiva entro il quinto giorno lavorativo precedente quello dell'operazione di

compensazione che determina la variazione.

La comunicazione preventiva riguarderà i crediti maturati in materia di:

IVA;

IMPOSTE SUI REDDITI;

IRAP.

Esempio

La Alfa srl, dopo aver predisposto la dichiarazione annuale IVA con un saldo a credito di 60.000,00

Euro, invia la comunicazione preventiva all’Agenzia delle Entrate al fine di utilizzare questo importo

per la compensazione in F24. A giugno, però, la stessa società rileva in UNICO 2007 un credito

IRES per 30.000,00 Euro. Allo scopo di utilizzare anche quest’ultimo in compensazione la società

Alfa srl dovrà presentare una comunicazione sostitutiva della precedente per far emergere il maggior

credito compensabile.

Limite massimo di compensazione

Il limite massimo compensabile nell'anno è quello risultante dall'esito dell'ultima comunicazione

validamente presentata e, in caso di errori od omissioni, è possibile annullare la comunicazione

precedente ed inviarne una nuova. In tale ipotesi, l'eventuale silenzio-assenso o il diniego da parte

dell’Agenzia delle Entrate restano privi di effetto.

Effetti a partire del 2007 con l’entrata in vigore del Provvedimento

Dopo la data di entrata in vigore del Provvedimento, la comunicazione dovrà essere inviata dai

contribuenti che intendono utilizzare importi superiori a 10 mila euro, entro il quinto giorno

lavorativo precedente quello della prima operazione di compensazione, senza però considerare le

compensazioni effettuate nella prima parte dell’anno.

La comunicazione deve essere sottoscritta e deve contenere l'indicazione dell'importo dei crediti

oggetto di compensazione in ciascun anno solare, suddiviso per ogni singola tipologia di imposta, i

dati del contribuente e del soggetto che la presenta.

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In fase di prima attuazione, i crediti da indicare sono quelli derivanti da eccedenze di versamento

Iva, Ires e Irap, compensabili ex art. 17 D.Lgs. n. 241/97.

Invio della comunicazione

La comunicazione, che avrà come oggetto l’ammontare complessivo della compensazione che il

contribuente intende effettuare nell’anno, potrà essere inviata telematicamente (tramite Entratel o

Fiscoline):

dal contribuente;

da intermediari abilitati.

L'invio sarà attestato dalle Entrate mediante ricevuta telematica e, in caso di scarto, l'Agenzia ne

segnalerà i motivi.

Risposta da parte dell’Agenzia delle Entrate

Il contribuente può effettuare le compensazioni nei limiti indicati nella comunicazione inviata

qualora, entro tre giorni lavorativi dalla ricezione della stessa, l'Agenzia non comunichi

telematicamente motivato diniego, totale o parziale.

Nota bene

Il sabato è considerato giorno lavorativo.

Pertanto, alla comunicazione del contribuente farà riscontro la risposta dell’Agenzia delle Entrate,

che potrà avere i seguenti esiti:

silenzio assenso, in caso di mancata risposta delle Entrate entro il terzo giorno lavorativo

successivo a quello di comunicazione;

diniego parziale,

diniego totale.

Il provvedimento di diniego dovrà essere:

⇒ motivato;

⇒ inviato sempre al terzo giorno lavorativo successivo a quello della comunicazione.

Nota bene

Il diniego comunicato oltre entro tre giorni lavorativi dalla ricezione vale solo per le

compensazioni non ancora operate entro il quinto giorno successivo alla ricezione.

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Ai fini del diniego, l'Agenzia effettua una verifica «tecnico-formale della richiesta di

compensazione» e ne controlla l'attendibilità sulla base dei dati in suo possesso. Allo stesso fine,

l'Agenzia verifica se il contribuente risulta inadempiente all'obbligo di pagamento di cartelle

notificate per ruoli, concernenti tributi di competenza dell'agenzia, emessi successivamente

all'1/1/2000, per importo complessivo pari o superiore a mille euro.

Il diniego è disposto per importo pari a quello:

dei crediti non utilizzabili;

delle somme iscritte a ruolo, il cui termine di pagamento sia scaduto da più di 60 giorni e per

le quali non siano stati disposti provvedimenti di sospensione o di rateizzazione.

Il diniego totale della compensazione è disposto quando dal controllo risulta che le somme indicate

nella comunicazione:

non spettano;

non trovano riscontro nelle dichiarazioni e nelle comunicazioni del contribuente.

In caso di diniego, le compensazioni superiori a 10 mila euro eventualmente operate sono

indebitamente effettuate a tutti gli effetti di legge.

Critiche in merito

Il provvedimento in bozza presenterebbe dei rischi per:

1. eccesso di delega;

2. violazione dei principi dello statuto del contribuente con l’introduzione di un nuovo

obbligo a carico dei contribuenti e con decorrenza anteriore a 60 giorni dalla sua entrata in vigore.

Per quanto riguarda il primo punto, l’interpretazione del Provvedimento sembra in contrasto con

quanto affermato nel testo della Finanziaria 2007, all’art. 1, comma 30, il quale si riferiva

espressamente alla “….operazione di compensazione per importi superiori a 10 mila euro…...”,

lasciando intendere che la comunicazione preventiva dovesse essere presentata solo se la singola

compensazione eccedesse tale limite e non che la stessa, sommata a quella precedentemente

effettuate, superi il suddetto limite.

Per quanto riguarda il secondo punto, invece, il Provvedimento dell’Agenzia prevede che per l’anno

2007 il nuovo obbligo di comunicazione preventiva sarà efficace a decorrere dal trentesimo giorno

successivo a quello di pubblicazione in Gazzetta Ufficiale dello stesso Provvedimento. Pertanto, il

Provvedimento istituisce un nuovo adempimento che avrebbe decorrenza prima di 60 giorni dalla

sua entrata in vigore, violando l’art. 3, comma 2, della L. n. 212/2000 (Statuto del Contribuente).

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12. Soggetti in franchigia: invio dei corrispettivi entro il 25 settembre Entro il 25 settembre 2007, i contribuenti in regime di franchigia IVA dovranno effettuare il

primo invio telematico dei corrispettivi.

Si ricorda, inoltre, che è stato pubblicato in G.U. n. 179 del 3/08/2007 il Provvedimento del

Direttore dell’Agenzia delle Entrate che definisce le modalità tecniche e i tempi per la trasmissione

telematica dei corrispettivi dei soggetti in regime di franchigia.

(Comunicato stampa dell’Agenzia delle Entrate del 24/07/2007)

L’art. 32-bis, D.P.R. n. 633/1972, introdotto dall’art. 37, comma 17, D.L. n. 223/2006 (convertito

dalla Legge n. 248/2006) e modificato dalla Finanziaria 2007 (Legge n. 296/2006), ha previsto un

nuovo regime di franchigia IVA.

In particolare, il comma 1 dell’art. 32-bis, D.P.R. n. 633/1972 ha individuato i contribuenti che

rientrano nel regime di franchigia IVA nei seguenti soggetti:

I contribuenti persone fisiche esercenti attività

commerciali, agricole e professionali che,

nell'anno solare precedente:

hanno realizzato o, in caso di inizio di attività,

prevedono di realizzare un volume di affari

non superiore a 7.000 euro;

non hanno effettuato o prevedono di non

effettuare cessioni all'esportazione.

CONTRIBUENTI IN REGIME

DI FRANCHIGIA IVA

(art. 32-bis, comma 1,

D.P.R. n. 633/1972)

Nota bene

Il regime di franchigia IVA si estende di anno in anno, fatto salvo il diritto del contribuente

di optare per il regime ordinario per almeno un triennio.

- esoneri

Ai sensi di quanto previsto nella suddetta norma e nel Provvedimento attuativo del 20/12/2006, i

contribuenti che si avvalgono del regime di franchigia sono esonerati da:

⇒⇒ il versamento dell’IVA;

⇒⇒ tutti gli altri obblighi previsti dal D.P.R. n. 633/1972, ad eccezione dei seguenti

adempimenti:

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- adempimenti

numerazione e conservazione delle fatture di acquisto e delle bollette doganali;

certificazione dei corrispettivi;

comunicazione telematica dei corrispettivi;

integrazione delle fatture d’acquisto in relazione alle operazioni per le quali assumono la

qualifica di debitori d’imposta e versamento integrale dell’imposta stessa (è precluso, infatti,

il diritto alla detrazione);

rettifica a seguito del mutamento di regime.

Comunicato stampa del 24/07/2007

In merito all’obbligo di certificazione e comunicazione telematica dei corrispettivi, un comunicato

dell’Agenzia delle Entrate del 24/07/2007 ha ricordato che sono proprio i contribuenti minimi in

franchigia i primi a dover adempiere a tale obbligo.

Il primo invio dei dati, infatti, dovrà avvenire entro il 25 settembre 2007, per i corrispettivi

conseguiti dal 1° gennaio al 31 agosto 2007.

A regime, invece, la trasmissione delle informazioni dovrà essere effettuata entro il giorno 25

del mese successivo a quello di riferimento.

CORRISPETTIVI CONSEGUITI DAL 1°

GENNAIO 2007 AL 31 AGOSTO 2007:

INVIO DEI DATI ENTRO IL 25 SETTEMBRE

A REGIME:

INVIO DEI DATI ENTRO IL 25 DEL MESE

SUCCESSIVO A QUELLO DI RIFERIMENTO

TRASMISSIONE

CORRISPETTIVI

per i contribuenti minimi

in franchigia

Il comunicato ha annunciato, inoltre, la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del Provvedimento del

Direttore dell’Agenzia delle Entrate, poi avvenuta in data 3/08/2007, G.U. n. 179, con cui si

definiscono le modalità tecniche e la tempistica della trasmissione telematica dei corrispettivi

mensili dei soggetti “minimi in franchigia”. Tale Provvedimento fa seguito a quello del 20 dicembre

2006 in materia.

Dati da comunicare

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In particolare, il comunicato, anticipando i contenuti del Provvedimento, ha precisato che i soggetti

obbligati dovranno comunicare i seguenti dati:

codice fiscale;

numero di Partita Iva speciale14 attribuito dall’ufficio, solo se già registrata in Anagrafe

Tributaria;

mese solare di riferimento;

ammontare complessivo dei corrispettivi conseguiti nel mese di riferimento;

presenza di cessioni all’esportazione nel mese di riferimento.

Modalità di trasmissione

Con riferimento alle modalità di trasmissione delle informazioni, i contribuenti potranno:

utilizzare il servizio telematico Entratel o Internet (Fisconline) e i software di controllo

forniti dall’Agenzia delle Entrate, rispettando le specifiche tecniche allegate al

provvedimento;

avvalersi degli intermediari abilitati alla trasmissione telematica delle dichiarazioni.

Il caso Un professionista che emette unicamente fatture e che si trova in regime di franchigia è obbligato

all’invio telematico dei corrispettivi entro il prossimo 25 settembre 2007?

Il nuovo regime di franchigia IVA applicabile a decorrere dall’anno 2007 e che riguarda le

persone fisiche – impresa o professionista.

L’Agenzia delle Entrate richiede la trasmissione dei corrispettivi per i soggetti in franchigia, al

fine di poterne monitorare il giro d’affari (comunicato stampa 24/07/2007), cosa altrimenti

impossibile considerato l’esonero dall’invio della dichiarazione e della comunicazione annuale.

Peraltro, lo stesso art. 32-bis, al comma 12, prevede l’obbligo di trasmissione:

→→ per i soggetti ai quali si applica il regime fiscale di franchigia IVA

(senza distinzioni soggettive);

14 A seguito della prima comunicazione dei dati, prevista dal decreto direttoriale di cui al comma 15, l'ufficio

attribuisce infatti un numero speciale di partita IVA (comma 5 dell’art. 32-bis del D.P.R. n. 633/1972). Pertanto, i soggetti che intendono avvalersi del regime in questione devono comunicare il possesso dei requisiti prescritti attraverso la dichiarazione di inizio e variazione attività di cui all’art. 35, D.P.R. n. 633/1972.

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→→ dell’ammontare complessivo delle operazioni effettuate (senza

distinzioni oggettive tra scontrino, ricevuta fiscale e fattura).

Con il Provvedimento del 20/12/2006 (punto 5) e la C.M. n. 28/2006 (punto 52.5), usando il

termine “corrispettivi” oggetto di trasmissione telematica, era stata generata la confusione che

l’obbligo di trasmissione telematica riguardasse unicamente i corrispettivi dei commercianti al

minuto, cioè tutti i soggetti di cui all’art. 22, D.P.R. n. 633/1972 con obbligo di tenuta del registro

dei corrispettivi, ed infatti:

il D.L. n. 223/2006, all’art. 37, commi da 33 a 37, ha introdotto la trasmissione dei

corrispettivi per i soggetti di cui all’art. 22 del D.P.R. n. 633/1972, cioè commercianti al

minuto (la norma ha delimitato l’ambito soggettivo);

i corrispettivi richiamano il cosiddetto “registro dei corrispettivi” (art. 24 del D.P.R. n.

633/1972) riservato ai commercianti al minuto.

La comunicazione all’Agenzia delle Entrate deve, invece, riguardare:

→→ sia la ditta individuale/impresa, che il professionista;

→→ l’importo complessivo dei ricavi (fattura o ricevuta fiscale o

scontrino).

Professionista in franchigia: emette fattura senza iva Alla luce di quanto sopra, il professionista che rientra nel regime di franchigia IVA e che emette

fattura, non assoggetta l’imponibile all’IVA - ex art. 32-bis, D.P.R. n. 633/1972 –, ma rientra

comunque nell’obbligo di trasmissione telematica dei corrispettivi; pertanto, deve trasmettere

telematicamente le fatture emesse.

Per le stesse motivazioni sopra esposte, sarà obbligato all’invio telematico anche l’imprenditore

individuale (ad es. artigiano), che lavora esclusivamente per delle imprese ed emette soltanto delle

fatture.

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12. TRASMISSIONE TELEMATICA DEI CORRISPETTIVI

Con un comunicato stampa del 10 settembre 2007 è stata rinviata la trasmissione

telematica dei corrispettivi da parte dei contribuenti con volume d'affari superiore a 7.000

euro. Per il via libero, si attende il regolamento che dovrà disciplinare le modalità di rilascio

delle certificazioni dei corrispettivi non aventi valore fiscale in correlazione alla loro

trasmissione in via telematica. Slitta, pertanto, il primo invio che un precedente comunicato

stampa del 30 aprile 2007 aveva fissato al 25 settembre 2007. L'obbligo è confermato invece,

entro lo stesso 25 settembre, per i contribuenti “ minimi in franchigia” .

La proroga

Slitta l'obbligo di trasmissione telematica dei corrispettivi per tutti gli operatori commerciali

con un giro d'affari superiore a 7.000 euro.

L'adempimento, in precedenza annunciato con il comunicato stampa dell'Agenzia delle Entrate del

30 aprile 2007, è attualmente sospeso in attesa che venga definito il Regolamento atto a disciplinare

le modalità di rilascio delle certificazioni dei corrispettivi, non aventi valore fiscale, in

correlazione alla loro trasmissione in via telematica.

Resta, invece, confermato l'obbligo di trasmissione telematica dei corrispettivi per i

contribuenti "minimi in franchigia" a partire dal 25 settembre 2007.

Dati da inviare telematicamente

I dati da inviare telematicamente all’agenzia delle Entrate, utilizzando i servizi telematici Entratel,

Internet (Fisconline) o eventualmente avvalendosi anche degli intermediari abilitati alla trasmissione

telematica delle dichiarazioni, riguarderanno:

tutti i corrispettivi relativi alle operazioni imponibili, non imponibili ed esenti, a eccezione

di quelli conseguiti a seguito di cessioni di beni ammortizzabili e di passaggi di beni e servizi tra

attività separate nell’ambito della stessa impresa, atteso che l’articolo 32-bis rimanda al concetto di

“volume d’affari” conseguito o conseguibile di cui all’articolo 20 del Dpr n. 633/1972 (circolare n.

28/E del 4 agosto 2006);

l’ammontare dei corrispettivi complessivi delle cessioni di beni e delle prestazioni di servizi

realizzati in ciascun mese, nonché l’effettuazione di cessioni all’esportazione.

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Al provvedimento del 18 luglio 2007, è allegato un tracciato tecnico, che si compone di tre record:

⇒⇒ record di testa, nel quale indicare:

il codice fiscale (dato obbligatorio):

la partita Iva speciale del contribuente (dato non obbligatorio);

i dati anagrafici identificativi del contribuente;

l’anno di riferimento della comunicazione;

i dati dell’intermediario che effettua la trasmissione per il soggetto obbligato e l’indicazione, in

questa ultima ipotesi, se trattasi di una comunicazione predisposta dal contribuente stesso ovvero

dall’intermediario;

⇒⇒ record di dettaglio, che evidenzia gli elementi contabili relativi alla trasmissione telematica dei

corrispettivi:

il mese al quale si riferisce la comunicazione;

l’importo complessivo delle operazioni effettuate nel periodo di riferimento;

la presenza o meno di cessioni all’esportazioni;

⇒⇒ record di coda, che sostanzialmente riprende tutte le informazioni già indicate nel record di

testa.

Si comunica che è ancora in corso di predisposizione il software di controllo necessario alla

verifica della congruenza dei dati trasmessi con quanto previsto dalle specifiche tecniche allegate al

provvedimento.

La trasmissione telematica dei corrispettivi, per i contribuenti contribuenti minimi in franchigia,

persegue l’obiettivo di consentire il monitoraggio costante, ai fini della fuoriuscita dal relativo

regime, del volume d’affari conseguito dal contribuente e dell’effettuazione di eventuali

esportazioni.

I contribuenti minimi in franchigia dovranno effettuare la trasmissione telematica dei

corrispettivi entro:

il giorno 25 del mese successivo a quello di riferimento.

ATTENZIONE La comunicazione dovrà essere inviata anche per i mesi per i quali non vi sono corrispettivi,

sia nell’ipotesi di mancata effettuazione di operazioni attive, sia nell’ipotesi di effettuazione di

operazioni attive stornate da operazioni di segno opposto.

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Per quanto riguarda il primo invio dei corrispettivi conseguiti:

i soggetti minimi in franchigia, che a partire dal 1° gennaio 2007 sono in possesso dei

requisiti per l’applicabilità del regime, procederanno con la trasmissione telematica delle

informazioni richieste entro il 25 settembre 2007 indicando i corrispettivi conseguiti dal 1°

gennaio al 31 agosto (provved. del 18/07/2007);

i soggetti che iniziano l’attività successivamente al 1° gennaio 2007 e ritengono di

possedere i requisiti previsti dall’articolo 32-bis invieranno i dati relativi al periodo di

riferimento.

ESEMPIO

Il contribuente che ha iniziato l’attività il 20 aprile 2007 effettuerà la prima comunicazione

entro il 25 settembre 2007, e i corrispettivi da dichiarare saranno quelli conseguiti nel periodo

20 aprile – 31 agosto 2007; il contribuente che avvierà l’attività il 13 ottobre 2007 effettuerà il

primo invio entro il 25 novembre 2007, e i dati da trasmettere saranno quelli relativi al periodo

13 ottobre – 31 ottobre 2007.

Si ricorda, inoltre, che è consentita la trasmissione di una comunicazione in sostituzione di

un’altra precedentemente inviata, purché essa si riferisca al medesimo periodo di riferimento e la

sostituzione avvenga, previo annullamento della comunicazione precedentemente inviata, non oltre

15 giorni dal termine di comunicazione dei dati da sostituire.

Si evidenzia, infine, che il comunicato stampa del 10 settembre 2007 ha ricordato che le aziende

della grande distribuzione, il cui primo invio dei corrispettivi telematici sarebbe scaduto proprio il

25 settembre, possono optare, come previsto dalla legge finanziaria del 2005 di cui all’art. 1,

commi dal 429 al 43115, per la trasmissione telematica dei corrispettivi seguendo le modalità

operative e il tracciato telematico contenuti nel provvedimento del Direttore dell'Agenzia

delle entrate dell' 8 luglio 2005, con effetto sostitutivo dell’obbligo di rilasciare scontrini e

ricevute.

15 L’articolo 1, commi da 429 a 431 della legge 30 dicembre 2004, n. 311 (legge finanziaria 2005) ha previsto, per le

imprese che operano nel settore della grande distribuzione, la possibilità di trasmettere telematicamente,

all’Agenzia delle entrate, l’ammontare complessivo dei corrispettivi giornalieri delle cessioni di beni e delle

prestazioni di servizi effettuate.

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14.Il Fringe benefit per l’uso promiscuo dell’auto

Premessa

Il D.L. n. 81 del 2 luglio 2007 convertito dalla legge n. 127 del 3 agosto 2007 ha previsto, a partire

dal periodo d’imposta 2007, che il “fringe benefit” da tassare in capo al dipendente per l’uso

promiscuo dell’autovettura aziendale deve essere dato dal 30% calcolato sulla Tariffa Aci per 15.000

Km.

L’impresa per l’autovettura data in uso promiscuo al dipendente potrà dedurre il 90% dei costi

sostenuti senza alcun limite.

Questione

La disciplina relativa alle autovetture concesse in uso promiscuo al dipendente aveva subito nel

corso del 2006 una modifica portata dal D.L. n. 262/2006 convertito dalla Legge n. 286/2006.

Successivamente con l’introduzione del D.L. n. 81/2007 convertito dalla Legge n. 127/2007 ha

portato un’ulteriore modifica a tale disciplina (vedi tabella di seguito).

Le nuove norme entrano in vigore dal periodo d’imposta in corso al 27 luglio 2007

Auto in uso promiscuo ai dipendenti

DEDUCIBILITA’

DEI COSTO

DELL’AUTO

SOSTENUTI

DALL’IMPRESA

limitata all’importo che

costituisce il reddito di

lavoro dipendente (fringe

benefit) a prescindere dalla

durata dell’uso promiscuo e

alle somme rimborsate al

dipendente

deducibilità del 90% a

condizione che l’utilizzo

promiscuo dell’auto duri per

la maggior parte del periodo

d’imposta.

Nota bene

Il costo può essere dedotto

senza alcun limite

Fringe benefit

L’art. 51 del Tuir individua una serie di benefit in natura, che concorrono alla formazione del reddito

di lavoro dipendente in misura agevolata.

Si tratta di valori che sono soggetti a tassazione in busta paga sulla base di particolari criteri di

determinazione forfetaria dell’imponibile.

Tra i benefit tassati in busta paga il legislatore ha previsto anche l’uso promiscuo, da parte del

dipendente, del veicolo aziendale per fini personali o familiari.

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In particolare quando l’utilizzo dell’auto avviene:

1) in parte, per scopi aziendali, (es:trasferte);

2) in parte per scopi personali (auto utilizzata il sabato e la domenica).

Si determina un fringe benefit quando il dipendente utilizza l’autovettura gratuitamente.

Art. 52 comma 4 lett. a) Tuir

“per gli autoveicoli indicati nell’art. 54, comma 1, lett. a), c) e m), del decreto legislativo 30

aprile 1992, n. 285 i motocicli e i ciclomotori concessi in uso promiscuo, si assume il 30%

dell’importo corrispondente ad una percorrenza convenzionale di 15.000,00 Km calcolato sulla

base di tabelle nazionali Aci ……. al netto degli ammontari eventualmente trattenuti al

dipendente.

Secondo quanto previsto dalla Legge n. 127/2007, dal 2007 il calcolo del fringe benefit torna pari al

30% della Tariffa Aci per 15.000,00 Km

Calcolo del fringe benefit

Ai sensi dell’art. 52, comma 4 lett. a) del Tuir, per calcolare il fringe benefit per l’anno 2007

occorrerà moltiplicare l’indennità chilometrica indicata nella Tabella per 4.500,00 (30% di 15.000).

2007

30% Tariffa Aci per

15.000,00 Km

Esempio

Auto: Alfa 147 1.6/16V TS

Indennità chilometrica: 0,505478

Fringe benefit 2007: 4.500,00 X 0,505478 = 2.274,65 €

L’importo calcolato secondo il metodo sopraesposto è forfetario pertanto prescinde dalla percorrenze

realmente effettuate dal dipendente per fini extra aziendali sia nel caso in cui tali percorrenze siano

superiori a 4.500,00 Km, oppure, inferiori.

Nota bene

Se il veicolo utilizzato dal dipendente non risulta nella tabella Aci per calcolare il benefit sarà

necessario utilizzare i dati relativi al modello che, per le caratteristiche risulta più simile (C.M.

327/1997)

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Secondo l’Amministrazione Finanziaria (Circolare n. 326/E/1997), poiché il valore del benefit è

determinato forfetariamente in base ad una presunzione legislativa assoluta, nessun abbattimento

dello stesso spetta al dipendente che sostenga a proprio carico costi tra quelli alla base di

commisurazione del costo di percorrenza fissato dall’Aci.

Somme addebitate

L’ammontare che sarà sottoposto a ritenuta deve essere determinato al netto delle somme

eventualmente addebitate, dal datore di lavoro, al dipendente per l’utilizzo dell’auto.

Esempio

Importo annuo fringe benefit: € 1.500,00;

Somma addebitata al dipendente: € 200,00;

Fringe benfit da tassare: € 1.300,00 (1.500 – 200).

Nota bene La sola fatturazione dell’importo richiesto al dipendente per l’uso dell’auto non consente la

riduzione del benefit da tassare, in quanto è obbligatorio entro la fine dell’anno procedere a

regolare il pagamento di tali somme.

Se la somma annuale degli importi addebitati al dipendente risulta superiore all’ammontare risultante

dalla tabella Aci il benefit da tassare risulterà pari a zero16.

Regime Iva degli addebiti

Gli addebiti si quantificano al lordo dell’Iva, ciò determina l’obbligo di assoggettare ad Iva le

somme addebitate mediante l’emissione di una apposita fattura.

Ragguaglio all’anno

L’importo del benefit secondo le tabelle Aci è calcolato su base annuale. Vista la periodicità mensile

dei compensi erogati al dipendente l’importo calcolato dovrà essere diviso per dodici.

Se l’utilizzo promiscuo dell’autovettura è inferiore a 12 mesi la somma calcolata secondo le tabelle

Aci dovrà essere ragguagliata al periodo di utilizzo dell’auto.

16 Tenendo conto della franchigia di esenzione di 258,23 € annui il benefit diventa non imponibile anche se le somme addebitate risulta inferiore all’importo derivante dalla tabella Aci per una somma non eccedente 258,29 €, a condizione che il dipendente non abbia conseguito altri benefit.

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Esempio

Periodo utilizzo auto: 260 giorni;

Fringe benefit annuale: 1.500,00 €;

Ragguaglio all’anno:

260/365= 0,712; 0,712 X 1.500,00= 1.068,5 €;

Fringe benefit da tassare: € 1.068,5

Costi deducibili per l’impresa

Con l’approvazione della legge n. 127/2007 i costi relativi all’auto data in uso promiscuo ai

dipendenti, per il 2007, possono essere dedotti dall’impresa nella misura pari al: 90%

Per il periodo d’imposta 2006 invece la deducibilità era limitata al fringe benefit riconosciuto al

dipendente.

2007

Solo fringe benefit 2006

90%

La modalità di acquisizione dell’autovettura non influisce nella possibilità di dedurre il costo,

pertanto l’autovettura può essere acquisita mediante compravendita, oppure mediante leasing,

ovvero mediante locazione o noleggio.

I costi che possono essere dedotti corrispondono a:

• ammortamento;

• spese di manutenzione e riparazione;

• carburanti e lubrificanti;

• assicurazione;

• bollo auto;

• spese del garage;

• spese di pedaggio autostradale.

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Nota bene

La deducibilità dei costi non è limitata a:

a) costo di acquisto del veicolo;

b) canone di locazione finanziaria;

c) canone di locazione o noleggio.

Durata dell’uso promiscuo

L’utilizzo promiscuo dell’autovettura da parte del dipendente deve avvenire per la maggior parte

del periodo d’imposta.

Se il periodo coincide con l’anno solare, la concessione in uso dovrà risultare per almeno 183 giorni.

Al fine del conteggio della durata dell’utilizzo veicolo da parte del dipendente nel

periodo d’imposta non è necessario che tale utilizzo sia avvenuto in modo continuativo

ne che il veicolo sia stato utilizzato da parte dello stesso dipendente.

In caso di acquisto o cessione del veicolo in corso d’anno, la concessione in uso promiscuo ai

dipendenti deve avvenire rispettivamente per la maggior parte del periodo decorrente dal momento

dell’acquisto fino al termine del periodo d’imposta ovvero per la maggior parte del periodo

decorrente dall’inizio dell’esercizio fino alla data della cessione del veicolo (maggior parte del

periodo di possesso).

Esempio

Una società con periodo d’imposta coincidente con l’anno solare, il 1/7/2007 acquista

un’autovettura da dare in uso promiscuo al dipendente.

La società potrà godere della deduzione del 90% dei costi relativi all’autovettura se tale auto

sarà data in uso promiscuo al dipendente per almeno 93 giorni.

Se il veicolo è stato dato in uso promiscuo ai dipendenti per un periodo inferiore alla maggior parte

del periodo d’imposta le spese e gli altri componenti negativi sono deducibili secondo i criteri

ordinari di deducibilità delle autovetture (40%, limite di 18.075,99).

Nota bene

L’utilizzo da parte del dipendente deve essere provato mediante idonea documentazione.

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Auto concesse ad amministratori

Per le autovetture concesse in uso agli amministratori non è prevista la deducibilità del 90% dei costi

ma si applicano i criteri ordinari previsti dall’art. 164 del Tuir, più precisamente:

• deduzione parziale del 40%;

• limite di deduzione di € 18.075,99.

Per quanto riguarda il benefit da tassare in capo all’amministratore la disciplina da applicare

corrisponde a quella prevista per i dipendenti, pertanto il fringe benefit sarà dato dal 30% della

Tariffa Aci per 15.000,00 Km.

Ai sensi dell’art. 95 del Tuir il fringe benefit tassato in capo all’amministratore costituisce una spesa

integralmente deducibile.

Anche ai fini Irap il benefit tassato in capo al dipendente risulta integralmente deducibile, in quanto

si tratta di un costo sostenuto per l’acquisizione di beni e servizi costituenti elementi accessori della

retribuzione non classificabili nelle voci B9 e B14 del conto economico.

Esempio

Auto concessa in uso promiscuo all’amministratore:

costo: 30.000,00 €;

spese d’uso 5.000,00 €;

fringe benefit 4.500,00 €.

Per calcolare il costo fiscalmente deducibile è necessario effettuare il seguente procedimento:

Limite di ammortamento deducibile

0,25 X 18.076,00 = 4.519;

Costi totali deducibili

ammortamento + spese d’uso = 5.000,00 + 4.519,00 = 9.519,00

Limite di spesa deducibile

Costi totali deducibili – fringe benefit = 9.519,00 – 4.500,00 = 5.019,00

Applicazione della percentuale di deducibilità ridotta:

0,4 X 5.019,00 = 2.007,6 €

Costo deducibile relativo all’autovettura: 2.007,6

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15. ANTIRICICLAGGIO – ultime novità

15.1 Divieto di trasferimenti di contanti per importi superiori a 12.500 euro, le

novità in arrivo I trasferimenti di denaro contante (oggi ammessi fino a 12.500 euro) saranno vietati da 5mila

euro in sù: potranno, però, essere eseguiti tramite banche, Poste e istituti di moneta elettronica. Per

le operazioni veicolate dai Money Transfer, la soglia scende a 2mila euro.

La norma

L’art. 7 del D. Lgs. n. 56/2004 (normativa sulla limitazione della circolazione del contante e dei titoli

al portatore), in vigore dal 14 marzo 2004, impone ai professionisti, nonché agli intermediari

finanziari che abbiano avuto notizia di violazioni dell’art. 1, del D.L. n. 143/1991, di segnalarle entro

trenta giorni al Ministero dell’Economia e delle Finanze. In particolare, l’articolo citato prevede,

che non si possono effettuare, a qualsiasi titolo, tra soggetti diversi, trasferimenti di denaro, di

libretti di deposito bancari o postali al portatore o di titoli al portatore in euro o in valuta estera,

quando l’importo da trasferire è complessivamente superiore a 12.500 euro.

Destinatari

Il divieto interessa tutti, sia privati cittadini, sia professionisti e sussiste indipendentemente dalla

natura (lecita o illecita) dell’operazione alla quale il trasferimento si riferisce.

Si pensi, ad esempio, ai casi di acquisti per contanti in un’unica soluzione di beni superiori ai 12.500

euro, ai prestiti per contanti, agli apporti dei soci nelle società ecc..

Lo scopo di tale disposizione è chiaramente preventivo, in quanto rivolto ad obbligare il

dirottamento di transazioni significative (eccedenti la soglia dei 12.500 euro) verso gli intermediari

abilitati, affinché negli archivi da essi tenuti ne resti traccia che consenta di risalire al loro autore.

La violazione in esame si realizza nel momento in cui il trasferimento intercorre tra “soggetti

diversi”; tra soggetti, cioè, costituenti distinti centri di interesse.

Sono responsabili tutti i soggetti che hanno effettuato il trasferimento, per cui sia colui che ha dato la

somma in questione, sia colui che ha ricevuto, in quanto con il suo comportamento ha contribuito ad

eludere il fine della legge.

Qualora, invece, uno dei due soggetti in parola è un intermediario abilitato (banca, posta, ecc..)

nessuna violazione viene commessa. Quindi, ad esempio, se una persona porta in banca o in ufficio

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postale una somma per contanti superiore ai 12.500 euro, nessun addebito può essere rilevato, dal

momento che si è in presenza di un intermediario.

L’intermediario abilitato

L’intermediario abilitato è colui (banca, posta, ecc..) che, per legge o per effetto di provvedimento

amministrativo, è svincolato dai limiti relativi all’uso del denaro e dei titoli al portatore nelle

transazioni ed alla circolazione degli altri mezzi di pagamento (art. 4 del D. Lgs. n. 56/20047).

Le operazioni pericolose

Sono sicuramente da considerare effettuate tra soggetti diversi e, quindi sanzionabili, qualora le

somme dovessero superare la soglia di legge:

i passaggi di denaro tra soci e società (es. conferimenti, finanziamenti o pagamento di

dividendi);

i passaggi di denaro tra cliente e professionista per pagamento di parcelle, per l’effettuazione di

versamenti fiscali, contributivi, previdenziali, ecc..;

il pagamento a fornitori di fatture in contanti.

Attenzione

Si ritiene opportuno precisare che l’inosservanza del divieto non incide assolutamente sulla

regolarità e validità dell’operazione compiuta che, quindi, rimane salva.

La sanzione

Nell’ipotesi in cui si realizza la suddetta violazione, che costituisce un illecito amministrativo, si

applica una sanzione pecuniaria in misura dall’1% al 40% dell’importo trasferito.

Limitazione all’uso del contante

Divieto di effettuare tra soggetti diversi

Trasferimenti di:

• denaro;

• libretti di deposito bancari o postali al portatore;

• titoli al portatore in euro o in valuta estera.

Quando l’importo da trasferire è complessivamente superiore a 12.500 euro

Transazioni in contanti

Si ricorda che l’obbligo della segnalazione in questione riguarda esclusivamente le transazioni in

contanti in quanto, nel caso di infrazioni riguardanti assegni bancari, assegni circolari, libretti al

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Page 91: Gli Studi di Settore - progredi.it VII incontro.pdf · 1. STUDI DI SETTORE: I chiarimenti dell’Agenzia delle Entrate Gli uffici possono rettificare, in sede di contraddittorio con

portatore o titoli similari, le segnalazioni devono essere effettuate dalla banca che li accetta in

versamento e da quella che effettua l’operazione.

Il divieto di trasferimento di denaro contante e titoli al portatore ricorre qualora il valore da

trasferire risulti complessivamente superiore alla soglia dei 12.500 euro.

Per una corretta definizione dell'avverbio “complessivamente”, così come precisato dall’UIC, la

giurisprudenza ha ritenuto che, posta la mancanza di una espressa delimitazione temporale nella

legge, il “criterio oggettivo” (riferito alla cumulabilità, nell'ambito dello stesso trasferimento, di

varie specie di mezzi di pagamento) è da considerarsi riferimento principale, pur riconoscendo che

anche elementi di natura temporale (che si riferiscano alla cumulabilità di più trasferimenti in un

dato arco di tempo) possono essere presi in considerazione attraverso una valutazione caso per caso

alla luce delle finalità della legge antiriciclaggio.

In funzione di ciò, nell’ipotesi di una fattura di 20.000 euro pagata in contanti a 30, 60, 90 giorni,

può non costituire violazione dell'art. 1, in quanto la pluralità di pagamenti a scadenze prefissate è

frutto di una ordinaria dilazione di pagamento che scaturisce dal preventivo accordo delle parti.

In sostanza secondo i recenti chiarimenti dell’UIC si possono escludere le infrazioni di cui all’art.1

del d.m. 141 in presenza di pagamenti frazionati, anche in contanti ma frutto di uno specifico

accordo tra le parti.

Le novità in arrivo

Nella bozza di decreto legislativo che recepisce la terza direttiva anti-riciclaggio (2005/60/Ce) sono

previste delle importanti novità in materia.

Infatti se a seguito di quanto sopra, il decreto legislativo n. 197/1991 aveva vietato i trasferimenti di

contanti sopra i 12.500 euro, non effettuati tramite un intermediario abilitato, il provvedimento in

arrivo abbassa la soglia a 5 mila euro. Tale limite è destinato a scendere fino a 2mila euro per le

operazioni veicolate dai Money Transfer, i centri utilizzati soprattutto dagli immigrati per mandare il

denaro in patria. Tale limite può salire fino a 5mila euro qualora il soggetto che ordina l’operazione

consegna all’intermediario copia di documentazione idonea ad attestare la congruità dell’operazione

rispetto al profilo economico dello stesso ordinante.

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