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Quattro passi nel fiume Mostra itinerante sul paesaggio e sull’acqua del Sarca a cura di Fiorenza Tisi Centro Studi Judicaria Agenzia provinciale per la protezione dell’ambiente Catalogo e guida didattica

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Quattro passinel fiume

Mostra itinerante sul paesaggio e sull’acqua del Sarca

a cura di Fiorenza Tisi

Centro Studi JudicariaAgenzia provinciale per la protezione dell’ambiente

Catalogo e guida didattica

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Referenze immagini

Archivio APPA

Cadrobbi Beppo (foto di copertina)

CD ROM La Sarca e l’energia, d&b Ricerche e multimedia

HYDRO DOLOMITI ENEL Srl - Trento

Lappi E. (a cura di), 2008, La piscicoltura nella Judicaria dalle origini alla metà del ‘900, Judicaria n. 69 Dicembre 2008, Centro Studi Judicaria, Tione di Trento

Maino Sara

Malpaga L., Mussi D. (a cura di), 2004, La difesa dalle alluvioni nella Judicaria. Viaggio alla riscoperta delle opere di sistemazione idraulica e forestale nelle valli del Sarca e del Chiese, Centro Studi Judicaria, Tione di Trento

Miserocchi Andrea

Professional Photo di Luigi Bosetti

Scolozzi Rocco

Sistema Informativo Ambiente e territorio della Provincia autonoma di Trento - Stazione del Servizio Urbanistica e Tutela del Paesaggio

TerraitalyTm-©Compagnia Generale Ripreseaeree S.p.A.- Parma / Blom CGR S.p.A. (Compagnia Generale Ripreseaeree)

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INDICE

Prefazione di Graziano Riccadonna 5Prefazione di Chiara Defrancesco 6Prefazione di Gianfranco Pederzolli 7

Il progetto - Fiorenza Tisi 8

PRIMA PARTE - Rocco Scolozzi 13

Note di lettura 13Introduzione - Paesaggio del Sarca - paesaggio culturale 14

Cultura locale: tra società e ambiente 15Il paesaggio in una lettura ecologica: significati tra “risorse” e “bisogni” 16Dinamiche e integrità di paesaggio 17Paesaggio del Sarca 18

Sezione primaLe sorgenti - i paesaggi energetici, movimenti e suoni 19

Exhibit “Le sorgenti” 19Exhibit “Puzzle” 22Exhibit “Doccia acustica” 24Exhibit “Movimento cristallizzato” 25Exhibit “Sommelier d’acqua” 29

Approfondimento 1 - risorse e territorio: i ghiAcciAi 30suggerimento didAttico 1 - “osservo” con l’orecchio 32suggerimento didAttico 2 - suoni d’AcquA 33suggerimento didAttico 3 - sommelier d’AcquA 34suggerimento didAttico 4 - chiAre fresche... etichette, l’AcquA in bottigliA 35suggerimento didAttico 5 - il vero peso di unA bottigliA d’AcquA 37suggerimento didAttico 6 - erosione... in direttA 39suggerimento didAttico 7 - sedimentAzioni... dopo lA tempestA 40

Sezione secondaLa forra - il Sarca meno visibile (...oggi) 41

Exhibit “La forra” 41Il Sarca... muove 44Il Sarca... trasporta 46Il Sarca... distrugge 48Il Sarca... alimenta 50

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Sezione terzaLa foce - i rami fertili del Sarca 52

Exhibit “La foce” 52Exhibit “Carte storiche” 53

Quando lo chiamavamo “la Sarca” 54Il Sarca o la Sarca? 55suggerimento didAttico 9 - mAppA del mio pAesAggio 57

Risorse e territorio: il paesaggio del Sarca e suoi frutti 59Exhibit “Mercato sul fiume” 59

Fiume... funzioni e servizi gratuiti 62I tre exhibit “Intervista al fiume” 62

suggerimento didAttico 10 - funzionAlità fluviAle: intervistA Al fiume 65suggerimento didAttico 11 - pAesAggi e loro risorse, in evoluzione 66suggerimento didAttico 12 - cAcciA Al pArticolAre 68

Sezione quartaBuona condotta... le derivazioni e le centrali idroelettriche 69

Exhibit “Buona condotta” 69Exhibit “Il tunnel della Centrale” 77

Approfondimento 2 - risorse e territorio: risorsA idricA e suA gestione 79suggerimento didAttico 13 - “lAmpAdinA... Ad AcquA: effetti lontAni di distrAzioni vicine” 84

Conclusioni - Paesaggio del Sarca, bene comune 85

SECONDA PARTE - Sara Maino 87

“Voci del fiume” 87Ricerca sonora sulle genti e l’ambiente del fiume Sarcadalla Val di Genova a Torbole sul Garda

suggerimento didAttico 14 - come si può svolgere un’intervistA? 93

Riferimenti bibliografici e approfondimenti 99

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Quattro passi nel fiume...e nel paesaggio judicariense

Lymphae Sarchiades, “Onde del Sarca...”Il poema rinascimentale “Sarca” già attribuito al Bembo, ma più verosimilmente del poeta rinascimentale Niccolò d’Arco, intende rendere un omaggio sentimen-tale al corso d’acqua che nella sua storia è sempre convissuto con le popolazioni judicariensi, nella buona e nella cattiva stella.Quattro passi nel fiume è il nome del progetto realizzato con acume e forte impe-gno dalla dott.ssa Fiorenza Tisi per APPA e Centro Studi Judicaria per avvicinarsi al corso d’acqua. Ma è anche l’invito ad apprezzare, vedere, gustare la mostra itine-rante sul paesaggio e sull’acqua del Sarca, o meglio della Sarca, come chiamavano i nostri nonni il maggiore corso d’acqua che attraversa il Trentino sud-occidentale prima di gettarsi nel lago di Garda e fuoriuscirne - caso unico - con un altro nome, quello di Mincio.Il progetto, del quale la presente opera rappresenta la fedele trascrizione, assem-blata a mo’ di catalogo vero e proprio, intende fare conoscere e fare apprezzare dal largo pubblico il fiume nei suoi aspetti più affascinanti: per questo il lettore-visitatore è invitato a un percorso di esperienze uditive, sensoriali, visive a 360 gradi, per entrare in sintonia con il fiume e con-dividerne la storia, il linguaggio, la stessa essenza.Ed ecco allora gli indovinati “exhibit” che mettono immediatamente in contatto chi affronta il percorso con le storie fluviali che coincidono con la storia del terri-torio attraversato, dalla sorgente a monte di Pinzolo fino allo sbocco benacense di Torbole.È un’esperienza nuova, leggera, fascinosa, giocata sui cinque sensi ma anche sull’adesione sentimentale al progetto, che non esclude ma semmai include an-che l’aspetto più squisitamente scientifico dell’approccio al fiume e alle sue carat-teristiche.

Lymphae Sarchiades, nimis rapaces,furaces nimis invidiaeque lymphae,heu quot carmina bella... mihi abstulistis!

“Onde del Sarca, ahi, troppo impetuose,onde troppo invidiose e ladre, ahi quanti carmi preziosi... mi avete rapito!”

Graziano RiccadonnaPresidente del Centro Studi Judicaria

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Prefazione

E’ con viva soddisfazione che l’Agenzia provinciale per la protezione dell’ambiente saluta la realizzazione del catalogo e guida didattica della mostra itinerante sul fiume Sarca “Quattro passi nel fiume”, frutto della convenzione con il Centro Studi Judicaria per “la collaborazione nell’ambito di attività di educazione, informazione e sensibilizzazione ambientale nel territorio delle Giudicarie e dei territori finitimi”.Capire cos’è un fiume e come funziona, sapere perchè è così importante recupe-rare la naturalità e il buono stato ecologico dei corpi idrici, conoscere la cultura dell’acqua così come viene espressa dall’attuale società, non sono operazioni ba-nali e scontate. Hanno a che fare con l’intrinseco valore dell’acqua e con il signifi-cato più autentico della stessa civiltà umana e dei suoi sviluppi. Eppure, a fronte del moltiplicarsi di informazioni da cui siamo quotidianamente bombardati, è sorprendente constatare quanta poca attenzione venga data, al giorno d’oggi, al valore proprio del fiume.Recuperare una nuova sensibilità nei confronti dell’acqua passa necessariamente attraverso il ruolo dell’educazione e della scuola, attraverso il paziente lavoro di insegnanti, di cittadini e di quanti, attenti ai delicati equilibri del mondo in cui vi-viamo, hanno a cuore che un bene prezioso come l’acqua possa essere tutelato e salvaguardato per le future generazioni, senza dimenticare le culture che l’acqua ha espresso storicamente e localmente.Il ricco contenuto del catalogo e i molti suggerimenti didattici rappresentano una valida proposta per attività pratiche, personalizzabili a piacere.Nel ringraziare quanti hanno reso possibile la realizzazione del volume, frutto di un progetto pluriennale che ha coinvolto varie realtà, si esprime l’auspicio che an-cora altre sedi possano richiedere la mostra nell’ottica della partecipazione e delle sinergie territoriali, per diffondere il messaggio della sostenibilità ambientale in modo concreto e responsabile.

Chiara DefrancesoDirigente Settore Informazione e monitoraggi

Agenzia provinciale per la protezione dell’ambiente

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Prefazione

L’acqua dei fiumi, dei torrenti e dei laghi, segna da sempre l’immaginario delle genti rivierasche con immagini forti e di grande fascino. Immagini che non svaniscono nella quotidianità del rapporto ma rimangono lì, sopite nella loro forza ma sempre pronte ad essere risvegliate.La mostra itinerante “Quattro passi nel fiume” si dà anche lo scopo di servire da spunto evocativo di queste forti sensazioni, e riesce a farlo sommandovi in maniera moderna e molto interessante spunti didattici ed esperienze diverse.Il B.I.M. del Sarca, Consorzio di Comuni che nasce proprio dal rapporto delle Comunità con le acque del fiume che le attraversa, non poteva sottrarsi al fascino di questa esperienza; a maggior ragione nell’attuale stato di maturità del sentire, che assomma la volontà di procurare al territorio uno sviluppo pieno e sostenibile ma anche di coltivare e salvaguardare le radici della nostra cultura ed approfondirne la conoscenza divulgandola quale patrimonio comune.Per questi motivi il B.I.M. del Sarca ha dato volentieri il proprio patrocinio a questa mostra itinerante che, tra gli altri pregi, ha quello di avvicinarsi essa stessa alla gente.L’auspicio, che è anche certezza, è che questa edizione goda della stessa splendida riuscita delle precedenti.

Gianfranco PederzolliPresidente del B.I.M. Sarca-Mincio-Garda

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Il progetto Fiorenza Tisi

Quattro passi nel fiumemostra itinerante sul paesaggio e sull’acqua del Sarca

La mostra itinerante sul paesaggio e sull’acqua del Sarca “Quattro passi nel fiume” viene realizzata nel 2008 dal Centro Studi Judicaria e dall’Agenzia provinciale per la protezione dell’ambiente, a seguito della convenzione “per la collaborazione nell’ambito di attività di educazione, informazione e sensibilizzazione ambientale nel territorio delle Giudicarie e dei territori finitimi” sottoscritta nel 2007.L’obiettivo del progetto è quello di proporre diverse esperienze per avvicinarsi all’ecosistema fluviale ed approfondire la conoscenza del paesaggio, attraverso un percorso multisensoriale che coinvolge molteplici fonti e discipline: dalla geo-logia alla cartografia storica, dalla storia industriale e sociale all’ecologia.La narrazione segue la corrente dell’acqua lungo la valle e lungo le derivazioni, at-traverso gli ostacoli naturali e artificiali, fino alla foce e alle destinazioni d’uso, cer-cando di mantenere uno sguardo panoramico e attento alle relazioni, agli eventi umani e alle dinamiche naturali, tra memoria e contemporaneità.Il fiume Sarca viene presentato nei suoi tre segmenti caratteristici (sorgente, forra, foce), ognuno dei quali corrisponde ad una sezione; vi è inoltre una quarta sezio-ne trasversale, è quella dedicata alle centrali idroelettriche con il relativo sistema di canalizzazione. L’allestimento si compone di “exhibit” (mobili tematici o oggetti curiosi) che possono essere fruiti autonomamente, e quindi facilmente adattabili anche a spazi espositivi insoliti.I visitatori sono invitati ad un percorso di esperienze sensoriali, anche grazie ad immagini video ed allestimenti sonori.La visita consente di ripercorrere il paesaggio del Sarca, lungo tratti e tappe del corso d’acqua più vicino a noi, ma a volte poco osservato e conosciuto solo parzialmente.La storia naturale e quella umana della valle hanno formato un paesaggio cultura-le: un insieme di luoghi e di tradizioni d’uso delle risorse, evoluti insieme. Sta ora alla nostra responsabilità orientare l’attuale e futura evoluzione di questo paesag-gio, in modo sostenibile o meno, tenendo presente che il paesaggio è un bene comune, in delicato equilibrio tra bene privato e bene pubblico. Questa responsa-bilità si basa sulla conoscenza delle risorse e delle dinamiche del territorio.La mostra si rivolge ai turisti, alle scuole, ai residenti; è previsto uno spazio didat-tico e ludico per i più piccini.

Gli exhibit

Il percorso espositivo si compone di 17 exhibit la cui distribuzione può variare a seconda degli spazi espositivi che ospitano la mostra.

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Grazie ad essi viene offerta una lettura multidisciplinare e polisensoriale, che coin-volge il visitatore in una narrazione fatta di esperienze tattili, evocative, uditive, gustative. Ogni oggetto propone una diversa prospettiva della stretta relazione tra i fenomeni naturali e le attività umane. Il paesaggio, entità da conservare e consegnare alle generazioni future, emerge quale possibile protagonista della vita di ognuno.

Sezione “Le sorgenti”- “Le sorgenti” tavola informativa che presenta l’inizio del ciclo dell’acqua;- il “puzzle” presenta la cartografia dell’intero bacino idrografico del Sarca ma è

anche uno strumento didattico e ludico per i più piccini, che possono comporre le tessere del paesaggio;

- la “doccia acustica” con i suoni del fiume;- il “movimento cristallizzato” riferito all’origine delle rocce granitiche dell’Ada-

mello;- il “sommelier d’acqua”, grazie al quale è possibile assaggiare acque di diverse

provenienze.

Sezione “La forra”- Questa sezione si compone di grandi massi: il Sarca muove, il Sarca trasporta, il

Sarca distrugge.

Sezione “La foce”- “La foce” con i rami fertili del Sarca;- “carte storiche” consente il confronto delle carte storiche della foce, da quando

lo chiamavamo “la Sarca” ad oggi.

Sezione “Le derivazioni e le centrali idroelettriche”- La “buona condotta” con la mappa delle derivazioni a scopo idroelettrico;- il “tunnel della centrale” propone la suggestiva atmosfera dentro alle condotte

idriche, nelle viscere delle montagne.

Il “mercato sul fiume” presenta i prodotti tipici del territorio, tra i quali le prugne di Dro, la grappa di Santa Massenza, l’olio del Garda, la trota trentina, le noci del Bleggio...Per ognuna delle tre sezioni che rappresentano il corso del fiume (sorgenti, forra, foce) è stato realizzato un exhibit chiamato “intervista al fiume”, che rappresenta il metodo per definire il giudizio della sua funzionalità ecologica e i servizi gratuiti che ci offre.Sui sassi di feltro, infine, si può stare comodamente seduti.Vi è poi un’ulteriore sezione sonora costituita dall’exhibit “le voci del fiume”: si tratta di un progetto speciale che presenta un’indagine sonora contemporanea.

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Il fiume Sarca viene indagato nel paesaggio umano che fa da cornice al suo fluire, è il protagonista di una serie di storie che sono state raccolte attraverso il metodo dell’intervista, tra la gente delle diverse comunità fluviali dislocate lungo il suo corso, nel tratto compreso tra Pinzolo e Torbole sul Garda. Le persone intervistate sono tredici adulti ed una decina di bambini. Le loro testimonianze raccontano le diverse esperienze e i ricordi delle persone connessi al fiume in un periodo di tempo che va dal 1950 al mese di aprile 2008. Ecco i temi: 1 gita in Val di Genova: la voce dei bambini; 2 la paura delle piene: la voce degli anziani; 3 le centrali: la voce dei tecnici; 4 l’ambiente: la voce della gente; 5 attività economiche: la voce degli artigiani; 6 la pesca, ieri e oggi: la voce degli appassionati.

Le tappe

Evento inauguraleRiva del Garda, Centrale Idroelettrica 10 maggio 2008

Terme di Comano, Antica FonteRiva del Garda, Villino Campi16 maggio - 31 ottobre 2008

Dro, Oasi lago Bagattoli30 giugno - 18 ottobre 2009

Tione, Centro Studi Judicaria9 novembre - 2 dicembre 2012

Dopo essere stata inaugurata nel maggio 2008 con un evento speciale all’interno della monumentale Centrale Idroelettrica di Riva del Garda, la mostra itinerante “Quattro passi nel fiume” è stata successivamente ospitata nelle suggestive sedi delle Terme di Comano e del Villino Campi di Riva del Garda.Il viaggio della mostra è poi proseguito nell’incantevole cornice del “lac dei Baga-toi”, luogo ideale dal quale apprezzare le più suggestive espressioni della morfolo-gia glaciale, percorrendo i sentieri delle Marocche, ammirando le pareti strapiom-banti del monte Casale.Nel corso degli anni la mostra è stata visitata da oltre 13.000 persone ed è stata vivacizzata con un ricco calendario di eventi promossi dalle varie sedi ospitanti: visite guidate, spettacoli, narrazioni, progetti didattici ecc.

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Colophon

Enti promotori e produzione della mostraCentro Studi Judicaria

Provincia autonoma di TrentoAssessorato ai lavori pubblici, ambiente e trasporti

Agenzia provinciale per la protezione dell’ambienteVillino Campi Riva del GardaRete trentina di educazione ambientale per lo sviluppo sostenibile

Collaborazioni nel corso degli anniHYDRO DOLOMITI ENEL S.r.l. - TrentoAzienda Consorziale Terme di ComanoBiblioteca di Valle delle Giudicarie EsterioriEcomuseo della Judicaria “dalle Dolomiti al Garda”Comune di Riva del GardaA.P.T. Terme di Comano - Dolomiti di BrentaIngarda Trentino - Azienda per il turismo S.p.A.Comune di Dro - Assessorato all’ambiente in collaborazione con l’Associazione sportiva pescatori dilettanti Basso Sarca

Ideazione, cura del progetto, coordinamentoFiorenza Tisi

Gruppo di lavoroSabrina BaldoFederica FanizzaPaolo FedelAndrea MiserocchiMaria Rosa MongardiDanilo MussiRaffaello NovelliEleonora OdorizziGraziano RiccadonnaRocco ScolozziFiorenza Tisi

Progetto scientifico, testi espositori, ricerca immaginiRocco Scolozzi

Aspetti qualitativi del fiumeRaffaella Canepel, già Settore Tecnico U.O. Tutela dell’Acqua APPA

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Voci del fiume, ideazione e realizzazioneSara Maino

Progetto grafico e degli allestimentiStudio Minove Riva del Garda, Andrea Miserocchi, Eleonora Odorizzi

AllestimentiArteam S.r.l. TrentoMosquitomedia S.a.s. di Ennio Dalpiaz e C. BolzanoStudio Minove Riva del Garda

Ingegnerizzazione exhibitIdotea S.n.c. Trento

Referenze fotograficheArchivio APPABeppo CadrobbiMaurizio CorradiHYDRO DOLOMITI ENEL S.r.l. - TrentoSara MainoEleonora OdorizziOrtofoto digitali Terraitaly™ - © Compagnia Generale Riprese aeree S.p.A.- ParmaProfessional Photo di Luigi BosettiRocco ScolozziSistema informativo ambiente e territorio della Provincia autonoma di Trento - Stazione del servizio urbanistica

TraduzioniVivienne FrankellAndrea WatzekSegreteria Generale della Provincia - Ufficio Pubbliche Relazioni e Rapporti con l’Estero

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PRIMA PARTERocco Scolozzi

Note di lettura

I testi che seguono, qui integrati da alcuni approfondimenti tematici e da una serie di suggerimenti didattici, sono quelli che hanno accompagnato immagini, pannelli e altri oggetti presenti nella mostra.Lo stile linguistico delle didascalie, volutamente semplificato, a volte persino col-loquiale, vuole offrire una facile e agile lettura per un vasto pubblico. Nella pre-sente pubblicazione si offre anche un secondo livello di lettura, un poco più arti-colato di rimandi e suggestioni; l’intento è quello di stimolare curiosità e proporre spunti di autonomo approfondimento, più che sviluppare in modo esauriente i diversi temi accennati (per i quali esiste già una vasta letteratura). I suggerimenti didattici, da intendersi come indicazioni da cui partire e da adatta-re al singolo programma didattico, consistono in attività (in gran parte sperimen-tate da chi scrive) da svolgere in classe o all’aperto.

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IntroduzionePaesaggio del Sarca - paesaggio culturale

Il paesaggio è un ritratto.João Ferreira Nunes, paesaggista

...un paesaggio che invecchia insieme alla sua popolazione, o al contrarioche non deve invecchiare e deve sopportare le trasformazioni che l’economiae lo sviluppo portano con sé per trovare nuova forza al passaggio del tempo.

Mosè Ricci, architetto

Per secoli lo scorrere delle acque del Sarca ha dato vita a lotte e alleanze tra uomo e fiume. Da una parte il Sarca ha dato forza a macchinari, ha portato acqua alle col-tivazioni, ha favorito le attività produttive; dall’altra, con la forza delle sue acque, ha invaso e danneggiato campi e abitazioni. Alleanze e lotte dipendevano e dipendono oggi dalle relazioni tra uomo e fiume. Quanto più gli abitanti osservavano e imparavano a conoscere il “carattere” del fiume, a gestirne le piene, a non sprecare l’acqua nei periodi di magra, tanto più questo diventava un alleato, una risorsa da condividere. Dove una risorsa ambientale permea il territorio circostante, quando è condivisa e gestita dalle comunità che vivono quel territorio, lì si può parlare di “paesaggio culturale”: un insieme di luoghi e di tradizioni di uso delle risorse, evoluti insieme, in modo sostenibile.Alla base di questa sostenibilità, o durevolezza, ci sono due concetti fondamenta-li: l’auto-limitazione nell’uso delle risorse, la conoscenza approfondita delle stesse risorse. Un esempio di auto-limitazione sono le antiche Regole con cui si gover-nava il taglio dei boschi. Senza le Regole l’antica Comunità di Ledro o la Magnifica Comunità di Fiemme, tra gli esempi più antichi, avrebbero probabilmente consu-mato e perso la risorsa bosco già da molto tempo. Ma entrambe queste comuni-tà erano consapevoli del rischio, perché conoscevano bene le proprie risorse e i tempi di rigenerazione dei loro boschi.Da queste considerazioni nasce il senso della mostra che intende essere un breve percorso di stimoli attorno al paesaggio e al territorio del Sarca. Si sarà raggiunto l’obiettivo se il visitatore-lettore prenderà spunto per riscoprire o approfondire la conoscenza del paesaggio culturale del Sarca. Solo la sua conoscenza, curiosa e attenta, permetterà una sua durevole esistenza.

Prima parte Introduzione

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Cultura locale: tra società e ambiente

Cosa significa “cultura locale”? Perché l’attributo “locale” implica un paesaggio e un ambiente?La cultura è un’insieme di regole, credenze, esperienze condivise ed è trasversale ai diversi livelli della nostra società. La condivisione di queste regole, credenze ed esperienze, definisce l’identità di una comunità locale. Tale identità sfuma man mano che allarghiamo la finestra di osservazione con una perdita di alcuni aspetti condivisi. Così possiamo distinguere facilmente l’identità di un paese nel fondo valle, in alcuni casi l’identità di una valle, mentre l’identità di una regione è più difficilmente percepibile e si basa su aspetti diversi. Come l’identità dipende dagli elementi comuni e condivisi, così diversi elementi determinano la definizione di diverse identità.La cultura ha una matrice ambientale primaria e una matrice sociale secondaria: la matrice ambientale è il paesaggio, o l’ambiente nel significato più ampio, che ha permesso quelle esperienze condivise dai suoi abitanti, che ha “suggerito” le loro credenze, che ha giustificato la definizione di regole. La matrice sociale è l’insieme di modelli sociali e delle loro codifiche locali, o “localizzate”. Ogni processo culturale determina da una parte l’evoluzione del suo paesaggio, dall’altra reagisce e si adatta ad esso. Persino le espressioni più esteriori della no-stra cultura contemporanea, come la moda, non possono fare a meno del conte-sto ambientale. Così, si ha una moda per ogni stagione, una moda per ogni tipo-logia di attività, una moda per ogni luogo: per il lavoro in città o per il lavoro in paese, per il tempo libero in pianura o per il tempo libero in montagna.L’UNESCO ha riconosciuto certi paesaggi importanti come espressione della cul-tura di un popolo e ne ha raccomandato la loro conservazione e valorizzazione. Questi “paesaggi culturali” o “paesaggi storici” rappresentano la testimonianza di passati usi del territorio (o matrice ambientale) che per la loro storia di utilizzo hanno mantenuto una loro identità. I paesaggi culturali sono quindi l’espressio-ne della profonda conoscenza del sistema naturale che l’uomo ha avuto lungo la storia.La cultura permea un territorio fino a definire l’informazione posseduta da un paesaggio; un paesaggio ci dice “qualcosa” al solo guardarlo, al solo en-trarci, ovviamente, bisogna affinare lo sguardo e arricchire gli strumenti di osservazione.Più riferimenti e conoscenze sulle risorse di un paesaggio abbiamo e più riusci-remo a interpretare e capire i segni dell’identità di quel paesaggio. Conoscendo i legami tra risorse territoriali e usi di quelle risorse potremo aspirare ad un loro sviluppo durevole. Quelle società che hanno in qualche modo ridotto la matrice ambientale trovano grandi difficoltà ad evolvere verso modelli sociali durevoli. Al contrario, l’autolimi-tazione è tanto più efficace ed efficiente quanto più è elevato il grado culturale di

Prima parte Introduzione

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una popolazione. Un esempio storico lo si ritrova nei regolamenti della Magnifica Comunità Di Fiemme per i diritti di vicinia: auto-limitazioni all’uso di beni comuni come “pascolo, legnatico, erbatico, caccia, pesca, semina, cavar sabbia e sassi”. An-che nella recente riforma del millenario statuto del Novecento si conservano que-gli stessi principi a cui s’integrano le “nuove” risorse del territorio e i nuovi modi di utilizzare il territorio per il florido turismo di valle. Un altro esempio di oggi, forse anche più radicale, è la recente “regola” urbanistica definita in Baviera sulla com-pensazione ecologica: ogni costruzione o sviluppo urbano, ogni metro quadrato sigillato dal cemento, deve essere compensato da un miglioramento o recupero ambientale.

Il paesaggio in una lettura ecologica: matrice di significati tra “risorse” e “bi-sogni”

Quale aiuto fornisce l’ecologia nell’interpretazione di un paesaggio?Il paesaggio è stato definito anche come “matrice di significati” definiti sulla base delle relazioni tra bisogni e risorse ambientali-territoriali. In altre parole, esiste un paesaggio se c’è un soggetto che lo percepisce e riconosce o instaura una serie di significati. Questi significati sono funzionali alla fruizione o alla riproduzione delle risorse del territorio. In effetti, si riconosce unanimemente il paesaggio del Chian-ti, il paesaggio del marmo di Carrara, per citare i più noti. Rimanendo in provincia di Trento, si può riconoscere il paesaggio delle conifere in val di Fiemme, il paesag-gio del porfido della valle di Cembra, per citare solo i più evidenti. Dietro ai pae-saggi più caratteristici vi sono sempre una o più risorse ambientali significative. Lo stesso vale non solo per l’uomo ma anche per le altre specie animali che con-dividono un territorio: il paesaggio è portatore di significato nella relazione bi-sogno-risorsa. Un pettirosso, quando giunge in un nuovo territorio lo esplora e cerca di “paesare”.Secondo Farina (2004) “paesare” significa proprio orientarsi nello spazio e ri-conoscere le risorse che possono soddisfare un bisogno o localizzare i segni della loro presenza.Così il pettirosso riconosce e individua nel nuovo territorio un certo arbusto come fonte di cibo, un particolare albero come possibile sito per costruirvi il nido, riem-piendo il territorio di significati, costituendo il “proprio” paesaggio. Tale processo di assegnazione di significati a luoghi è simile a quello che muo-ve dalla nostra curiosità ad esplorare una città a noi nuova, una “nuova” valle, un “nuovo” territorio. I “bisogni” come le risorse che li soddisfano, in questo caso, pos-sono essere temporanei, un pasto o un caffè, o astratti, il voler conoscere o il voler vivere un’esperienza diversa, ma non meno concreti. Quando abbiamo individua-to e localizzato le risorse il “nuovo” territorio diventa più “nostro”.

Prima parte Introduzione

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Dinamiche e integrità di paesaggio

Come è un paesaggio “integro” e “durevole”? Il paesaggio è sempre dinamico, evolve con le sue risorse e con i fruitori di queste risorse. Quando una regione perde la propria cultura locale per un evento ecce-zionale (una calamità o una guerra) questa regione va incontro non solo ad un disordine sociale ed economico ma anche ad un disordine ambientale. Ma non è necessaria una guerra o una calamità per cambiare un paesaggio. Anche l’evolu-zione lenta di una cultura determina un cambiamento del “suo” paesaggio. Un uti-lizzo diverso delle risorse ambientali, o di diverse risorse di un territorio trasforma lo stesso paesaggio. Il modo in cui il paesaggio si trasforma influisce sulla stessa integrità, assumendo che il paesaggio è frutto di usi delle risorse e funzioni strutturali per stratificazioni successive. Un paesaggio si può ritenere sostanzialmente integro quando e laddo-ve i processi di trasformazione in atto si fondano sulle matrici paesistiche esistenti e precedenti. In altre parole, esso conserva la propria integrità se i cambiamenti (nuovi processi o nuovi usi di risorse ambientali) integrano i processi di funziona-mento che lo hanno costituito, o potenziano e/o re-interpretano di volta in volta le componenti presenti. Si pensi al paesaggio di molti masi altoatesini: evoluti da abitazioni di agricoltori e allevatori di sussistenza a piccole realtà imprenditoriali dell’agriturismo. In questo paesaggio le risorse rimangono le stesse (pascoli, prati da fieno, orti), ma sono reinterpretate nell’offerta turistica del territorio. Al contrario, la presenza di processi che alterano la struttura profonda di un pae-saggio indica che esso sta perdendo la sua integrità: tale integrità equivale ad una trasformazione che non comporta evoluzione ma piuttosto un cambiamento radi-cale, quasi sempre distruttivo in quanto non rispettoso degli elementi e delle loro relazioni, che hanno costituito la matrice fondativa di quel determinato paesaggio. Un esempio è l’abbandono del pascolo. Il mancato o diverso uso di questa risorsa in molti luoghi del Trentino ha innescato lo sviluppo di arbusti e alberi e la “chiusu-ra” dei prati di montagna. Sebbene la “riconquista” del bosco sia del tutto naturale, il “nuovo” processo rischia di minacciare la presenza di specie vegetali e animali (es. orchidacee e lepidotteri) evolute insieme per secoli al paesaggio alpestre semi-naturale dei prati e pascoli. L’abbandono delle pratiche agricole di montagna ha portato in alcuni casi al dissolvimento della cultura rurale (conoscenza ecologica del pascolo) con conseguenze irreversibili e spesso visibili solo dopo alcuni anni.Nei paesaggi culturali con una notevole matrice ambientale, come quelli dell’ar-co alpino, i processi si influenzano in reti complesse di relazioni, come quelle ecologiche.La complessità di queste relazioni anziché essere un difetto assicura una cer-ta resistenza e flessibilità del sistema.Il paesaggio dei prati verdi e dei pascoli sono una componente molto appariscen-te dei “classici” panorami austriaci, svizzeri e dell’Alto Adige (oltre che del Trenti-

Prima parte Introduzione

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no), ritratti e offerti al mercato turistico. La ricchezza di specie sostenuta da queste aree aperte che interrompono le grandi distese forestali (spesso artificialmente mono-specifiche) è apprezzata da appassionati osservatori e riconosciuta a livello scientifico europeo (vedi i Siti d’Importanza Comunitaria, o SIC). I diversi “valori” attribuiti a questi paesaggi rinforzano la loro tutela, mobilitando risorse e defi-nendo norme di utilizzo compatibile.

Paesaggio del Sarca

Esiste il paesaggio culturale del Sarca? Su quali risorse si basava in passato? Su quali risorse si basa oggi? Quali cambiamenti di utilizzo delle risorse hanno in-nescato la sua trasformazione? Quali “elementi condivisi” hanno dato luogo alla sua identità? Nei prossimi capitoli si presentano elementi e suggerimenti per trat-teggiare possibili e parziali risposte, quelle più esaustive spettano al lettore, con l’augurio per il lettore di essere un buon osservatore di paesaggi.

Prima parte Introduzione

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Sezione primaLe sorgenti - i paesaggi energetici, movimenti e suoni

Exhibit “Le sorgenti”

(Qui) tutto è ampiezza, spazio illimitato, spazio conquistato, spazio di pura natura

contrapposto alla città, dove tutto è spazio limitatospazio costruito, spazio di pura cultura.

Luigi Lombardi Vallauri

Tutto inizia da qui. Qui inizia il ciclo dell’acqua del Sarca, che arriverà al mare Adria-tico, percorrendo il sassoso letto del torrente, lungo il fondo valle, poi scivolando sul limoso fondale del lago di Garda, in seguito serpeggiando nella pianura di Mantova, fino al Fiume Po. Qui inizia il nostro percorso nel paesaggio del Sarca. Percorreremo insieme tratti e tappe del corso d’acqua più vicino a noi e più importante, ma a volte poco osservato e poco conosciuto.

Sezione prima Le sorgenti - i paesaggi energetici, movimenti e suoni

Nevaio presso il lago di Nambrone alla quota di 2440 metri

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Dal “sistema alam-bicco sole-oceani-vento-cielo”, attra-verso gocciolii e stil-licidi sotterranei, si formano e alimenta-no i serbatoi nascosti (ma conosciuti) di acqua dolce liquida e pulita. L’acqua dol-ce è il 3% di quella totale nel globo, di questa parte solo un decimo è liquida, così solo lo 0,3% del totale è acqua dispo-nibile e utile. Parlare di rarità estrema, bellezza, fragilità può sembrare fuori luogo nel nostro paesaggio del Sarca, così ricco di acque. Eppure “la sporchiamo moltissimo, l’acqua pulita è la prima vittima della nostra civiltà”. Se non sentiamo il problema è forse perché siamo fortunati, ma dobbiamo esserne consapevoli.

Sono circa 763 le sorgenti di acqua potabile nel bacino imbrifero del Sarca. Sono tutte uguali le acque di queste sorgenti? La risposta è si e no.È sempre la stessa acqua, che proviene dalle precipitazioni, piogge e nevi, ma molto dipende dal tipo di roccia nel quale s’infiltra e da cui sgorga. Rocce diverse arricchiscono di minerali diversi la stessa acqua, dando luogo a sorgenti di acque effettivamente diverse. Nel bacino del Sarca ci sono due gruppi principali di roccia, facilmente riconoscibili: sedimentarie calcaree (dolomia) e ignee siliciche (gra-nito). Quale tipo di roccia puoi trovare sotto casa? Basta osservare la carta geologica.Le acque provenienti da rocce calcaree sono le più ricche di sali minerali. Le acque potabili di questo tipo sono le più “saporite”. Le acque che scorrono in rocce granitiche, invece, sono così povere di sali minerali che i loro corsi d’acqua ospitano meno organismi e sono generalmente più cristalline. Queste acque, dette oligo-minerali (“oligo” dal greco vuol dire “poco”), sono in genere “insipide” e sembrano dissetare meno. Hai mai notato queste differenze? Da quale tipo di roccia sgorga l’acqua del tuo rubinetto? Da quali rocce nascono le sorgenti comunali?

Exhibit “Le sorgenti”

Sezione prima Le sorgenti - i paesaggi energetici, movimenti e suoni

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Mappa semplificata della geologia del bacino del Sarca

Sezione prima Le sorgenti - i paesaggi energetici, movimenti e suoni

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Exhibit “Puzzle”

Sono tre le sorgenti che originano i tre rami del Sarca. Il primo e più importante ramo è il Sarca di Genova che scaturisce dalla Vedretta della Lobbia, nel gruppo dell’Adamello, e riceve le acque di molti affluenti fra cui il Lares che scende dal ghiacciaio omonimo, il Nardis da quello della Presanella. Il secondo è il Sarca di Nambrone che nasce dalle ultime diramazioni orientali della Presanella. Il terzo è il Sarca di Campiglio che ha origine dalle propaggini occidentali del Gruppo del Brenta. Nei pressi di Carisolo vi è la confluenza del Sarca di Nambrone con il Sarca di Campiglio. Successivamente, sotto Pinzolo, si unisce il Sarca di Genova. Il Sarca prosegue il suo corso lungo la Val Rendena in direzione sud verso Tione, dove riceve le acque del torrente Arnò, quindi piega ad est e attraverso la forra della Scaletta arriva a Ponte Arche. Di nuovo il fiume s’incunea fra rocce calcaree nella forra profonda del Limarò per arrivare nella piana delle Sarche dove, dopo aver piegato nuovamente a sud, sfocia nel Lago di Garda presso Torbole. Le ac-que del Sarca percorrono circa 74 km prima di raggiungere le profondità buie del grande lago.

Sezione prima Le sorgenti - i paesaggi energetici, movimenti e suoni

Exhibit “Puzzle”

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Il paesaggio è un bene comune perché fonte di risorse materiali e non materiali. Esso è sia un bene privato che pubblico e dipende dalle nostre attività. A sua volta, esso influenza la nostra qualità di vita. Il mantenimento e miglioramento di questo bene comune dipende dalla sua conoscenza.Se una risorsa è dimenticata o non più utilizzata (es. un prodotto agricolo locale, o un negozio preferito, un bar) scompare il contesto di produzione che l’ha generata (la campagna, la piccola attività commerciale).Consideriamo un esempio: un parco urbano poco illuminato è evitato dalla maggior parte delle persone, per paura di un’aggressione potenziale. Quel parco sarà progres-sivamente abbandonato. Di conseguenza ne risentiranno la manutenzione ordinaria e quella straordinaria. Infine, diventerà davvero trascurato o poco attraente, e sarà ancora meno frequentato.Così, se passiamo veloci e superficialmente sul territorio del Sarca, se dimentichiamo le relazioni, trascuriamo di conoscere e usare le risorse del nostro paesaggio-territorio, il Paesaggio Culturale del Sarca può scomparire.Appariranno altri paesaggi, ma con caratteristiche diverse.Occorre, allora, ripartire da... qui, fuori, subito, appena usciti, per ri-scoprire e ri-cono-scere il Paesaggio del nostro Sarca.

Sezione prima Le sorgenti - i paesaggi energetici, movimenti e suoni

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Exhibit “Doccia acustica”

Il ciclo dell’acqua, in realtà, non ha un vero inizio ed una vera fine, ogni passaggio è collegato a quello successivo e a quello precedente. Esistono tanti cicli dell’ac-qua quanti sono i paesaggi dell’acqua, dove l’acqua continua incessantemente a scorrere in forme diverse attraverso luoghi, dentro le cose, dentro gli esseri viven-ti. I passaggi dell’acqua sono visibili e invisibili: nel piccolo di una pozza di acqua in alta montagna, che evapora d’estate, nel buio degli interstizi nel terreno di un pascolo o di un campo, nelle profondità delle fessure di una parete rocciosa che alimentano sorgenti e fontane. Ogni passaggio d’acqua risuona nel silenzio, come lo stillicidio da una cascata ghiacciata sospesa nell’aria fredda, intiepidita dal sole primaverile. Il gocciolio che si forma nel silenzio della neve che suda e si fonde. Poi c’è la pioggia che picchietta sui teli delle tende in montagna, o sul tetto di latta della malga. E c’è la pioggia che scroscia, che interrompe un terribile periodo di siccità, la pioggia benedetta che fa cantare i contadini o le tribù che aspettano i monsoni. Ma ci sono anche le onde

calme di un laghetto di monta-gna, mosse dalla brezza che ha portato via le nuvole. Le onde di un torrente che a vederle da vicino o col binocolo hanno creste orlate di spuma come le cime delle montagne orlate di neve, come le onde del mare ma senza risacca. Rivoli e ru-scelli, torrenti e cascatelle sono strumenti musicali, se sappia-mo ascoltarli.

Tutto inizia col movimento.Movimenti improvvisi e cata-strofici o lenti e invisibili. Quanti ne puoi immaginare o ri-cordare osservando un paesag-gio? Per immergerti in questo paesaggio ti proponiamo una doccia un po’ particolare: asciut-ta e non troppo fredda!

Sezione prima Le sorgenti - i paesaggi energetici, movimenti e suoni

Exhibit “Doccia acustica”

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Exhibit “Movimento cristallizzato”

Osservando le pietre di un luogo, “leggendo” i sassi sul greto di un corso d’acqua, si possono intuire le storie più lontane, in qualche caso anche quelle più vicine. Chiedersi da dove viene una pietra è la prima domanda per viaggiare nel tem-po con la curiosità dell’osservatore attento o dello studioso. Nel bacino del Sarca le formazioni rocciose si possono distinguere nelle due categorie principali delle rocce ignee intrusive e delle rocce sedimentarie carbonatiche. Le due categorie ben distinguibili anche ad una veloce osservazione, sono il prodotto di due pro-cessi geologici ben conosciuti. Definita l’origine di una roccia che possiamo avere in mano, la sua forma ci può indicare qualcosa della storia più recente.

In una roccia si può riconoscere un “movimento cristallizzato” pensando alla sua origine. Hai provato a far rotolare una palla di neve o di pasta di pane? Dopo un po’ diventa tondeggiante e liscia. È lo stesso meccanismo per avere un sasso senza spigoli, ma ovviamente ci vogliono alcuni chilometri! L’acqua del torrente, quando è in piena, può far rotolare anche i sassi più grandi, dopo che sono caduti dalle pareti di roccia, per poi depositarli più a valle. Da quel punto

Sezione prima Le sorgenti - i paesaggi energetici, movimenti e suoni

Exhibit “Movimento cristallizzato”

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una successiva piena può prenderli “in carico” e portarli ancora più a valle. Così, piena dopo piena, anche un pezzo di granito o di dolomia appuntito e spigoloso, dopo aver percorso chilometri e chilometri, può avere la forma... di un uovo di dinosauro.Ma il pezzo di granito e di dolomia da dove vengono?”

Sezione prima Le sorgenti - i paesaggi energetici, movimenti e suoni

Sassi di granito

Sassi di feltro

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Un movimento, lento, più antico... come si sono formati i GRANITI.Immagina un magma ribollente, con temperature fino a 1200 °C, spinto verso l’alto da enormi pressioni, nella crosta terrestre. Durante la sua lenta risalita, il magma si raffredda, e raffreddandosi rallenta ancora. Durante questi “momenti”, si cristallizza-no i minerali disciolti nella massa fusa, vischiosa e densa. Quei momenti, in realtà, durano milioni d’anni. La grandezza dei cristalli dipende proprio dalla durata di quei momenti: più sono lunghi, più lento è il raffreddamento, e più grandi possono diven-tare i cristalli. La roccia in cui puoi distinguere i cristalli appartiene alla famiglia del granito (per la precisione granodioriti e tonaliti) e si è formata in un periodo dai 45 ai 30 milioni d’anni fa ed ha anche un nome “proprio”: adamellite.

Sezione prima Le sorgenti - i paesaggi energetici, movimenti e suoni

Nel cuore del gruppo dell’Adamello, il ghiacciaio più esteso delle Alpi italiane

Un movimento impercettibile... come si sono formati i CALCARI.Immagina un fondale marino, dove ogni anno, compiuto il loro ciclo vitale, migliaia di organismi e milioni di microrganismi morendo si depositano e si accumulano. Se l’accumulo dura milioni d’anni, si formano, strato su strato, cumuli di centinaia di me-tri d’altezza, a volte anche migliaia. Mentre si formano gli strati, i resti di questi organi-smi e i sali minerali disciolti nell’acqua marina, compressi dall’enorme peso degli strati sopra, si cristallizzano. Nel nostro caso, la cristallizzazione di questi strati ha formato

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la dolomia, la roccia più comune del gruppo del Brenta e i famosi fossili. Forze simili a quelle che hanno fatto risalire il magma raffreddato e cristallizzato, hanno fatto innalzare questi strati dal fondo marino, a partire da 65 milioni d’anni fa.

Sezione prima Le sorgenti - i paesaggi energetici, movimenti e suoni

Cima Brenta Alta nel Gruppo delle Dolomiti di Brenta

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Exhibit “Sommelier d’acqua”

Bevendo acqua io bevo vita, passato profondissimo, semplicità prima.Luigi Lombardi Vallauri

La molecola dell’acqua è la molecola più semplice: due atomi d’idrogeno e uno d’ossigeno, sembra che non ci possa essere molecola più semplice nelle infinite combinazioni della chimica. Nella storia dell’universo la molecola d’acqua è sta-ta la prima ad essersi formata, solo successivamente sono comparse le altre mo-lecole più complesse. È stupefacente confrontare i tempi nella storia del nostro Pianeta in cui la vita era solo nell’acqua con quelli in cui gli esseri viventi hanno cominciato a vivere sulla terra ferma fuori dall’acqua. Per 3,5 miliardi di anni la vita sulla Terra esisteva solo nell’acqua. Poi, solo 370 milioni di anni fa, i primi animali cominciarono a lasciare l’ambiente acquatico, ma in qualche modo un ambiente acquatico lo portiamo sempre dietro, o meglio, dentro. Il nostro corpo è fatto di acqua e vive di acqua, le nostre cellule sono acquosissime, infatti, la fluidità inter-na è condizione essenziale per la nostra sopravvivenza, per il funzionamento del nostro organismo, per il nostro metabolismo. L’embrione umano è ancora più ac-quoso e vive in un proprio sacco di acqua. Nel corpo più solido dell’adulto il 70% del peso è acqua.Bere acqua, magari da uno dei tanti rubinetti che abbiamo in casa, nella scuola o in ufficio, è un gesto quotidiano, ma non banale né scontato. Non è scontato per tantissime persone nel mondo come anche in Italia, che non dispongono di acqua pulita. L’acqua, poi, non è tutta uguale. Lo sanno i consumatori sensibili alle differenze tra acque “pesanti” e acque “leggere” per l’ambiente (vedi Suggerimenti didattici).

Le tre acque sono diverse? Quali sono le differenze? Odore, sapo-re...Una di queste acque è uscita da una bottiglia di plastica. Sai quante strade ha percorso e quanto carburante ci è voluto per portarla qui? La differenza di gusto, se la senti, vale tutti i chilometri di asfalto percorsi?

Sezione prima Le sorgenti - i paesaggi energetici, movimenti e suoni

Exhibit “Sommelier d’acqua”

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Approfondimento 1 - Risorse e territorio: i ghiacciai

Tesaurizzazione d’acqua, i ghiacciai e i nevaiche alimentano le borracce sotterranee per l’estate.

Luigi Lombardi Vallauri

I ghiacciai del bacino del Sarca sono una risorsa per l’intero territorio, molto più di quel che si può pensare velocemente. Attualmente sono presenti 45 ghiacciai e 17 sono quelli estinti recentemente. Più precisamente, nel gruppo del Brenta si contano 21 ghiacciai in attività e 5 estinti, mentre nell’Adamello se ne contano rispettivamente 24 in attività e 12 estinti. I ghiacciai (o vedrette, antico termine e frequente toponimo) si formano quan-do la permanenza della neve per più stagioni consente la lenta trasformazione del manto nevoso in ghiaccio compatto. Il peso degli accumuli successivi crea poi una crescente pressione che genera una spinta verso valle che fa avanzare il ghiacciaio. Nel suo percorso, il ghiacciaio segue la forma del fondo ma allo stesso tempo incide su di esso e sui versanti delle montagne, dando vita alla nota forma ad U delle valli glaciali. Così il ghiacciaio diventa agente attivo nella formazione del paesaggio. I ghiacciai sono una risorsa direttamente sul luogo: si pensi alla frequentazione da parte di alpinisti e turisti. L’alpinismo nei ghiacciai del gruppo Adamello è testimo-niato già a metà dell’800. Sull’onda di un crescente numero di appassionati sono sorti rifugi, in quota sono stati tracciati sentieri e sono state allestite vie attrezzate. I ghiacciai sono una risorsa indirettamente anche da lontano: formano “i grandi paesaggi a cui l’anima dell’uomo anela, che se scompaiono impoveriscono noi stessi”, dice il filosofo Luigi Lombardi Vallauri. I soli riflessi della presenza dei ghiac-ciai hanno creato un notevole sviluppo del turismo, si consideri ad esempio le maggiori attrazioni della Val di Genova, le cascate di Nardis e di Lares, e lo stesso Sarca. Se non fossero alimentate da vedrette e ghiacciai di notevoli dimensioni sarebbero ben poca cosa rispetto a quello che sono ancora oggi. I ghiacciai svol-gono un ruolo determinante nella regimazione delle acque.E poi i laghi. La maggior parte dei molti laghi del bacino del Sarca hanno un’origi-ne glaciale, recente o antica che sia. I laghi di Cornisello in Presanella, San Giuliano in Adamello, di Molveno sotto il Brenta, per citarne alcuni, attraggono migliaia di visitatori.Con i laghi d’alta quota, i numerosi salti d’acqua costituiscono condizioni ottimali alla produzione di energia idroelettrica. Soprattutto il gruppo Adamello-Presa-nella, poco lontano dalla pianura, ricco di numerosi laghi glaciali trasformabili in serbatoi, con valli discendenti in un breve percorso, divenne dal primo Novecento oggetto di notevole sviluppo e sfruttamento idroelettrico. Oggi quasi tutti i bacini lacustri sono interessati da una rete di canalizzazioni sotterranee che li collega con grandi centrali idroelettriche.

Sezione prima Le sorgenti - i paesaggi energetici, movimenti e suoni

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In questo paesaggio tutto è connesso, ma non si tratta solo di connessioni co-struite tra corsi d’acqua e centrali, agiscono altre connessioni che operano alla scala locale e contemporaneamente a quella globale, nel piccolo delle condotte tra laghetti glaciali allacciati a turbine mastodontiche e nel grande del bilancio termico dell’atmosfera terrestre. La connessione tra elementi di paesaggio a di-verse scale si può intuire contando i ghiacciai estinti, osservando la lenta scom-parsa di quelli rimasti, pensando al cambiamento climatico dovuto all’aumento di anidride carbonica prodotta dai combustibili fossili. Un’altra connessione, forse (poco) più indiretta, la si dovrebbe intuire guardando alvei semiasciutti di torrenti una volta importanti e spesso gonfi e pensando che per tenere accesa una sola lampadina magari inutilmente (o una spia stand-by, una televisione, ecc.) bisogna incanalare in tubazioni e turbine, togliere dai torrenti circa un litro d’acqua al secondo. È importante tenere presente queste intuizioni in tutte le nostre azioni.

Sezione prima Le sorgenti - i paesaggi energetici, movimenti e suoni

Esempio di sorgente

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Suggerimento didattico 1 - “oSServo” con l’orecchio

ObiettivoL’obiettivo educativo mira a far acquisire la consapevolezza della presenza dell’ac-qua nel nostro quotidiano. L’obiettivo specifico dell’attività è allenare all’ascolto dei suoni dell’acqua in diversi ambienti, attraverso uno stimolo di curiosità e di-vertimento.

MaterialiContenitori d’acqua e oggetti domestici come bottiglie di vario tipo, bacinelle; canovacci o asciugamani per ovviare ad eventuali effetti collaterali.

SvolgimentoRegistrare, rilevare i rumori dell’acqua nel proprio quotidiano a casa, ponendo l’attenzione su come e in quanti modi, tutti i giorni, si utilizza l’acqua. Si consi-glia di sperimentare/ascoltare alcuni rumori in classe per suggerire un esempio di ascolto. Gli alunni devono poi ricreare in classe un particolare rumore sentito, riprodotto con oggetti domestici (percuotendo, svuotando in un certo modo contenitori od altri oggetti). Per la riuscita dell’attività è importante richiedere una notevole pre-cisione nella descrizione dell’evento sentito e riprodotto, oltre che nell’esecuzione “musicale”. In modo tale da non accontentarsi, per esempio, di “un oggetto che casca in acqua”, ma chiedere (e fare in modo che chi ascolta si chieda) quale og-getto, da quale altezza, per quali motivi, e così via. Come conclusione si propone un gioco di ascolto in cui la sfida è tra gli ascoltatori e rumoristi. Vince chi riesce a far riconoscere meglio le situazioni.

NotaIl gioco può essere sviluppato fino a comporre una sequenza di rumori cercando di raccontare anche senza parole una storia... sonora.

Sezione prima Le sorgenti - i paesaggi energetici, movimenti e suoni

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Suggerimento didattico 2 - Suoni d’acqua

ObiettivoOsservare gli utilizzi dell’acqua, allenare all’ascolto e all’osservazione.

MaterialiUn registratore digitale per ogni gruppo (molti lettori economici di file in formato mp3 hanno la possibilità di registrare suoni, come anche molti cellulari), un let-tore di file audio (è sufficiente anche un semplice computer con uscita audio o amplificato).

SvolgimentoNella prima fase la consegna ai singoli alunni o piccoli gruppi è di ascoltare e re-gistrare la più grande varietà possibile di suoni collegati all’acqua (es. in luoghi diversi, da diversi utilizzi). La consegna può essere suddivisa in partenza per am-bito sonoro, indirizzando la ricerca (ascolto e registrazione) ad esempio in casa, all’aperto, vicino al parco o nei pressi del torrente. Nella seconda fase i suoni registrati sono condivisi in classe, anche attraverso un gioco a domande in cui vince chi riesce a fare indovinare i luoghi e le situazioni registrate.

NotaL’attività si presta a diversi gradi d’approfondimento, adeguando la complessità ai differenti livelli scolastici. Per i più grandi si suggerisce, sempre per gruppi, di arri-vare alla composizione di una storia sonora, o più semplicemente di una situazio-ne. Si tratta di montare con semplici programmi (disponibili gratuitamente in rete, es. Audacity, un programma di editing audio libero, http://audacity.sourceforge.net/) una sequenza di tracce sonore scegliendo tra quelle riportate in classe grazie alla ricerca. Si può ricreare il sonoro di una situazione di uso dell’acqua o di spre-co (lavo i denti, lavo un bicchiere d’acqua, lasciando il rubinetto completamente aperto) oppure si può raccontare, con più fantasia, una storia sonora (un’idea: il viaggio di una monetina che casca in un tombino durante una pioggia torrenzia-le...).

Sezione prima Le sorgenti - i paesaggi energetici, movimenti e suoni

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Suggerimento didattico 3 - Sommelier d’acqua

ObiettivoRiflettere sul consumo dell’acqua in bottiglia. Obiettivo specifico dell’attività è af-finare il gusto... per l’acqua locale (se è veramente migliore).

MaterialiAcque di diversa provenienza, commerciali e non (es. dai rubinetti della scuola, da fontane o dall’acquedotto di comuni vicini ma con diversi substrati geologici).

SvolgimentoNella prima fase si propone una “palestra del gusto”: una fase di allenamento e preparazione (per “diventare sommelier d’acqua”). Vengono fatte assaggiare in classe diverse soluzioni di acqua e sale e di acqua e zucchero, verificando insieme agli alunni quale è la minima quantità di sale e di zucchero disciolti percepita in classe. Le quantità vanno rivelate solo alla fine e confrontate sempre con un cam-pione “bianco” (senza sale né zucchero) sconosciuto agli assaggiatori. Si preparano e si dispongono diverse acque per l’assaggio guidato. La guida do-vrebbe evidenziare differenze organolettiche, eventualmente anche olfattive e visive.

NotaL’attività si presta ad approfondimenti di chimica (es. concetto di soluzione liqui-da) e fisiologia umana (es. il gusto e le papille gustative, l’olfatto).

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Esempio di sorgente

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Suggerimento didattico 4 - chiare freSche... etichette, l’acqua in bottiglia

ObiettivoLeggere e capire le etichette delle acque commerciali (di cui l’Italia è stata dal 1990 fino ad almeno il 2002 il più grande produttore al mondo!). Riflettere sulle differenze tra acqua locale pubblica e acqua commerciale.

MaterialiEtichette di acque commerciali, dati delle analisi chimico-fisiche sull’acqua pota-bile del comune (solitamente disponibili presso lo stesso comune), collegamento internet.

SvolgimentoNella prima fase, la consegna individuale è di raccogliere alcune etichette di ac-qua commerciale (possibilmente quella comprata dalla famiglia, senza comprar-ne apposta). La raccolta può essere fatta anche tramite internet (ci sono collezio-nisti di etichette, in questo caso basterebbe recuperare le immagini e stampar-le). La ricerca deve includere l’acqua dell’acquedotto comunale, raccogliendo le informazioni generalmente riportate sulle etichette dell’acqua in bottiglia quali

Sezione prima Le sorgenti - i paesaggi energetici, movimenti e suoni

Quattro marchi d’acqua imbottigliata in Provincia di Trento (da “acqua2o - collezionismo eti-chette acque minerali e altro” http://www.acqua2o.it)

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residuo fisso, pH, calcio, nitrati (dati disponibili presso l’ufficio tecnico del comune o il gestore della distribuzione). Nella seconda fase, in classe, si condividono i risultati della ricerca. Le etichette vengono confrontate e suddivise per categorie secondo le informazioni riportate sulle etichette stesse come: distanza di provenienza o imbottigliamento dal luogo di consumo/acquisto, data di imbottigliamento, data delle analisi fisico-chimiche, residuo fisso, calcio, nitrati. Può essere interessante visualizzare su una mappa con fili colorati le diverse distanze tra luogo d’imbottigliamento e luogo di consumo/acquisto.Sono disponibili utili siti sulla qualità delle acque commerciali, sulla lettura delle etichette e sulle soglie di legge per i vari composti chimici segnalati nelle etichet-te: - Guida all’interpretazione dell’etichetta d’acqua minerale: http://www.acqua2o.it/a_varie/etichetta/etichetta.htm,http://www.sviluppoeconomico.gov.it/pdf_upload/documenti/phpvAC3wk.pdf ;A proposito di composizione chimica, un cenno ai nitrati. Generalmente una pre-senza di nitrati è un segno di contaminazione della falda o della sorgente da parte di attività umane (allevamento, agricoltura e concimazione, nei casi peggiori an-che scarichi fognari). Il limite di legge italiano per le acque potabili è di 45 mg/l, il livello d’attenzione per i neonati definito dall’OMS è di 10 mg/l. Per il principio di precauzione, quindi, meno ce n’è meglio è. In alcune acque in bottiglia la quantità di nitrati è cresciuta negli anni...

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Suggerimento didattico 5 - il vero peSo di una bottiglia d’acqua

ObiettivoRiflettere sul peso ambientale del consumo di acqua locale pubblica e di acqua commerciale. Obiettivo specifico: far conoscere l’approccio dell’analisi al ciclo di vita di un prodotto (LCA, Life Cycle Assessment).

MaterialiEtichette di acque commerciali, collegamento internet, bilancia con risoluzione di 1 grammo.

SvolgimentoS’inizia valutando quanto pesa una bottiglia d’acqua, pesando effettivamente al-cune bottiglie possibilmente di diverse marche e materiali (plastica, vetro). A par-tire dalle informazioni riportate sulle etichette (distanza di provenienza o imbot-tigliamento) si propone un’analisi guidata dei consumi diretti e indiretti di risorse ambientali legati al consumo di una bottiglia di acqua commerciale. L’analisi deve considerare tutto il percorso produttivo e la destinazione finale della bottiglia: im-bottigliamento, imballaggio, trasporto, vendita, acquisto, consumo, smaltimento. La complessità delle analisi deve essere tarata al livello scolastico. Ad un primo livello di approssimazione, si possono considerare solamente le di-stanze. Sapendo che mediamente un TIR consuma un litro di gasolio ogni 5 km percorsi, si può calcolare grossolanamente la quantità di carburante consumata per ogni etichetta. Affinando il calcolo si può considerare il numero approssimati-vo di bottiglie trasportate in un viaggio, si può ottenere la quantità di carburante speso per la singola bottiglia. Nel suo viaggio un TIR consuma anche pneumatici, ogni 10.000 km circa è necessario un cambio di pneumatici. Anche questo cambio contribuisce al “vero peso” della bottiglia di partenza. Poi c’è il consumo di carbu-rante per andare a comprare la bottiglia in negozio, per portare quella bottiglia a casa. Infine si consuma carburante per portarla via, per smaltirla in discarica o in impianto di riciclaggio. Ad un livello più complesso, ogni fattore può essere anche convertito in chilo-grammi di anidride carbonica emessi, così facendo altri fattori possono essere in-clusi, quindi sommati e confrontati.

NotaNon è necessario giungere ad un’analisi completa ed approfondita; ci si può fer-mare al calcolo delle distanze. L’importante è annotare e visualizzare in modo in-teressante tutti i numerosi passaggi che compie una bottiglia d’acqua naturale per arrivare sulla nostra tavola. Riguardo al calcolo dell’anidride carbonica prodot-ta dai nostri consumi sono disponibili molti materiali anche didattici in internet, spesso associati al tema dell’impronta ecologica. Alcuni siti utili:

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- FuturEnergia Homepage:http://www.futurenergia.org

- Ecological Footprint Calculator:http://www.bestfootforward.com/footprintlife.htmhttp://footprint.wwf.org.uk/

- European commission - Environment - Climate change - How can you control climate change?http://ec.europa.eu/environment/climat/campaign/index_en.htm

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http://www.mfe.govt.nz/publications/about/environz/environz-mar08/page5.html

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Suggerimento didattico 6 - eroSione... in diretta

ObiettivoComprendere il fenomeno erosione e i meccanismi di contenimento naturale dell’erosione. Obiettivo specifico: simulare e osservare l’effetto erosivo della piog-gia su superfici vegetate e non. MaterialiCapiente contenitore d’acqua (ideale un annaffiatoio da giardinaggio), due cas-sette del tipo usato per la frutta, terra o sabbia, zolle di erba (o paglia, se l’erba non è disponibile).SvolgimentoLe due cassette sono riempite di terra, in una sola si aggiunge la copertura di zolle di prato. Entrambe poi sono appoggiate su un uguale spessore in modo da creare una pendenza. Le due cassette rappresentano due diversi scenari: un versante di montagna (o un suolo) senza copertura vegetale, un versante (o un suolo) coper-to da vegetazione. In un luogo adeguato, su una cassetta alla volta, si versa, da diverse altezze e con diversa velocità, l’acqua. Le diverse altezze di caduta dell’acqua e le diverse velo-cità simulano la potenza erosiva di diverse intensità di pioggia. È importante far prefigurare agli alunni (chiedendo loro) l’effetto dell’acqua nei due scenari.Un interessante approfondimento può essere la pesatura delle due cassette, prima e dopo la pioggia. Ciò permette di stimare quantitativamente l’erosione provocata: l’erosione, infatti, è solitamente misurata in kg o quintali per ettaro di suolo perso in un anno.NotaL’attività si presta ad approfondimenti sul tema del suolo, spesso sottovalutato nei programmi scolastici quanto nella gestione del territorio. Dal suolo dipendo-no gran parte dei cicli biogeochimici a scala planetaria. La stessa vita sulla Terra dipende dai pochi centimetri di spessore di suolo “vitale”. Recentemente (2007) l’Unione Europea ha iniziato il percorso per proporre una direttiva apposita per proteggere e conservare la risorsa suolo.In una simulazione poco più complessa si potrebbe ricreare uno o più profili di suolo (es. strati di humus, ghiaia e sassi), per rappresentare le componenti del suo-lo: l’orizzonte O (orizzonte di materiale organico in via di decomposizione), A (oriz-zonte caratterizzato dall’accumulo di sostanza organica humificata), B (orizzonte arricchito di argilla e altri elementi), C (orizzonte o strato minerale di materiale non consolidato) e D (orizzonte costituito dalla roccia dura e compatta). Dopo la pioggia simulata si confrontano i diversi impatti.Uno sviluppo ulteriore dell’esperienza potrebbe includere l’osservazione e ricerca nel territorio di fenomeni di erosione (magari vicino ai corsi d’acqua, o dopo una forte pioggia nei frutteti o vigneti diserbati e in pendenza), per osservarne le for-me e le dinamiche.

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Suggerimento didattico 7 - Sedimentazioni... dopo la tempeSta

ObiettivoOsservare e capire il processo di sedimentazione.

MaterialiAcqua, terra (humus, strato di foglie marcescenti o simili), sabbia di diversa granu-lometria (argilla, sabbia fine, grossolana, ghiaia, ciottoli), contenitori per l’acqua trasparenti (es. bacinella trasparente, vaschette o simili). Ideale raccogliere i mate-riali all’aperto (es. nel bosco, nel giardino) insieme alla classe.

SvolgimentoSi riempie a metà il contenitore con la terra e la sabbia raccolta, poi la seconda metà con acqua. Si mescola energicamente il tutto, cercando di sospendere tutti i materiali. Dopo la sospensione si annota il tempo e si lascia sedimentare, an-che per uno o più giorni (se presente sabbia fine o argille). La sedimentazione crea una separazione per granulometria e densità dei diversi materiali sospesi. Si annotano le diverse velocità di sedimentazione dei differenti materiali, ovvero il tempo trascorso per riuscire a distinguere la loro separazione dall’acqua sul fon-do. Quest’osservazione è resa più facile se si dispongono diversi contenitori, uno per i materiali miscelati insieme, gli altri per osservarli singolarmente.

NotaL’attività si presta ad approfondimenti di geologia e successive osservazioni all’a-perto (es. osservazione dei corsi d’acqua dopo una pioggia o foto di diversi fiumi europei e tropicali: ogni colore dell’acqua denota la sospensione di materiali di-versi).

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Sezione seconda La forra - il Sarca meno visibile (...oggi)

Sezione secondaLa forra - il Sarca meno visibile (...oggi)

Exhibit “La forra”

Nel suo corso accoglie ora rivi, perenni, ora fiumi di qualche considerazione,e passando per mezzo la Valle di Rendena tiene linea quasi meridionale; indi col

rivolgersi a mattina divide un tratto di fertile terra ed amena, fin che calando per angusta valle e fessure profonde di rocce sbocca sopra una pianura detta le Sarche.

da “Le memorie di padre Cipriano Gnesotti”, 1786

Tracce di epoche passate e di coraggiose lotte con il fiume caratterizzano i paesaggi di questo tratto di Sarca, che scorre da Tione fino al “Pian del Sarca”. Qui il Sarca spesso si nasconde agli occhi distratti dell’automobilista ma anche agli abitanti di oggi, insi-nuandosi nelle forre, in tratti stretti di valle dai lati scoscesi e pareti rocciose.La discesa del Sarca non è sempre stata placida e timida, come oggi possiamo osser-vare, per la poca acqua nel greto. Passaggi profondi, fragorose cascate, luoghi difficili da visitare ma che nascondono spettacoli naturali, sconosciuti ai più. Anche questo è il Sarca, un torrente che può fare molte altre cose oltre che semplicemente “scendere”.

Exhibit “Forra”

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Sezione seconda La forra - il Sarca meno visibile (...oggi)

Il paesaggio del Sarca visto in velocità... scompare

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Sezione seconda La forra - il Sarca meno visibile (...oggi)

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Il Sarca... muove

Se oggi il Sarca alimenta le centrali idroelettriche, una volta il Sarca muoveva mulini idraulici, brillatoi da orzo, frantoi per olive, pestini per gesso e per ossa da concime, gualchiere per la battitura della lana di Loden, segherie alla veneziana, mantici e ma-gli delle fucine dei fabbri.Nel periodo del Concilio (metà del Cinquecento) solo nella valle Rendena sono testi-moniati 30 impianti tra mulini, fucine e segherie. Ma già prima erano diffuse macchi-ne ad acqua nel bacino del Sarca: uno dei primi mulini documentati in Trentino risale

Mulini nel periodo 1194-1297

Mulini nel periodo 1300-1400

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Mulini nel periodo 1500-1600

Mulini nel periodo 1600-1800

al 1194 proprio a Riva - Arco. E tra le prime segherie ad acqua sono nominate quelle di Ceniga del 1305. Per aumentare la potenza dell’acqua sulle ruote si costruivano sbarramenti completi o laterali sul corso d’acqua, detti “ussare”, che innalzavano il livello dell’acqua accu-mulandola e scaricandola, attraverso canali, sulle ruote. Così operarono le ussare di Ponte Arche e di Arco.Una curiosità: già in passato l’acqua era una risorsa contesa! Pochi anni dopo il primo mulino documentato (nel 1210) è registrata la distruzione di un mulino sul Sarca ad Arco, perché impediva la pesca!

Sezione seconda La forra - il Sarca meno visibile (...oggi)

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Il Sarca... trasporta

Cercasi capo conduttore!Pur non avendo una portata sufficiente al trasporto su barca, il Sarca era usato ugual-mente per trasportare a valle i tronchi, di cui c’era grandissima richiesta da parte della Serenissima.Nel 1417 la fluitazione lungo il Sarca è segnalata per i danni agli argini dovuti proprio ai tronchi trascinati dalla corrente. Tutti i torrenti in realtà erano utili a questo scopo, anche sul piccolo torrente Ponale i tronchi erano trascinati a valle e portati a Riva dall’omonimo porticciolo. Come facevano se non c’era abbastanza acqua per far fluitare i pesanti tronchi? Si provocavano delle piene artificiali, dopo aver accumulato masse d’acqua, con la costruzione di sbarramenti, temporanei o permanenti, chiamati serre o stùe. Con esse si era in grado di trasportare il legname a valle, per lo meno a singhiozzo.Dove costruiresti una stùa lungo il Sarca?Come in tutti i torrenti importanti c’era all’epoca il “capo conduttore delle legne”, re-sponsabile della fluitazione e che coordinava i ratiarii, gli addetti al trasporto su zat-tere, e i contadori. Cosa facevano questi ultimi, secondo te?

Per secoli il legname ha raggiunto i suoi mercati sull’acqua, una pratica economi-camente vantaggiosa nata anche dall’esigenza di supplire alla mancanza di strade carrozzabili. La fluitazione è propriamente questo: il trasporto di tronchi galleg-

“È curioso il modo in cui vien fatta la Serra, e terribile quello per cui si fa la me-nata.L’acqua del rio è scarsa e di poca forza, insufficiente a spingere innanzi una gros-sa massa di legni; onde si pensò di accrescerne il volume e l’impeto...Nelle parti superiori del monte il fiumicello deve scorrere fra strette ed altissime sponde rocciose dopo esser uscito da ben ampi bacini.Ora chiudendo per mezzo di provvisorie dighe infra quelle sponde la via dell’ac-qua, questa si allarga per entrare a questi vasti bacini e se ne fa un gran serba-toio.Levate a un tratto le serre, esce poscia da quello con forza indescrivibile facendo tremar le rive e portando a sé dinnanzi tutto quello che incontra. I fusti di im-mensi alberi e i grossi ceppi, gettati prima nel letto del torrente, vengono traspor-tati con mirabile celerità...Per evitare qualche disgrazia si costuma di far pervenire all’altare tutti i valligiani del dì e dell’ora che si hanno a toglier le dighe, ma non sempre vi si riesce.”

Da Aa.Vv., 1980

Sezione seconda La forra - il Sarca meno visibile (...oggi)

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gianti lungo i corsi d’acqua. Le tecniche per fluitare variavano secondo la morfo-logia delle valli, l’idrologia dei corsi d’acqua e la natura del legname da fluitare. Il legname, tagliato in pezzi (bore), era avviato ai corsi d’acqua, facendolo scivolare lungo le pendici dei monti nei canaloni o nelle piste costruite da tronchi scor-tecciati. In caso di portata insufficiente, il corso d’acqua veniva ostruito da uno sbarramento di legname, questo particolare tipo di diga si chiamava “stùa”. La stùa era costruita in luoghi adatti, nelle strettoie delle valli, dette per questo motivo “chiuse”, i tronchi venivano ammassati subito a monte della stùa. Quando il mo-mento era adatto alla fluitazione per via delle piogge o del disgelo, gli sbarramen-ti venivano improvvisamente aperti. Grazie alle piene, provocate artificialmente con il rilascio dell’acqua accumulata, i tronchi venivano trasportati anche lungo i torrenti minori. Era un lavoro molto duro, che richiedeva grande esperienza da parte dei boscaioli che sovrintendevano alla fluitazione. Essi dovevano, infatti, di-sincagliare i tronchi che, durante il trasporto, si fossero arenati e accatastarli nel porticciolo di arrivo, in genere presso una segheria a valle, nonché controllare il buon andamento della fluitazione. Dato che era fatto obbligo di evitare danni alle persone o alle cose durante la fluitazione del legname, si doveva sottoscrivere e richiedere il permesso alle autorità competenti per svolgerla. Il permesso molte volte obbligava ad approntare, in posti particolari, opere di difesa dai tronchi flui-tati, soprattutto in prossimità di ponti o derivazioni di rogge.Prima di essere trasportato, il legname era marcato con sigle particolari. Prima di aprire le “stùe”, era d’obbligo avvisare con congruo anticipo la popolazione, onde evitasse di trovarsi nei paraggi. Ogni fluitazione di legname si chiamava “condot-ta” e il permesso di svolgerla veniva richiesto dal proprietario del legname.Per avere un’idea della fluitazione e dei suoi pericoli si riporta una testimonianza storica di una regione diversa da quelle del bacino del Sarca ma con indiscutibili analogie.

Il Sarca nel bacino di Ponte Pià

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Il Sarca... distrugge

Io sono colui che nasce nelle aeree Alpi, e in meinnumerevoli monti scaricano il peso delle nevi;

dalle cime strappando macigni.dal poema del XVI sec. attribuito a Niccolò d’Arco

Già i primi storici insediamenti stabili erano esposti alle periodiche piene del Sarca. Nel Medioevo l’avvicinamento dei villaggi alle acque correnti, dettate dalle necessità d’approvvigionamento idrico e di movimento delle ruote da mulino, dovette essere accompagnato dalla costruzione di innumerevoli “roste”: argini dapprima rustici, poi sempre più perfezionati. La prima certa testimonianza di eventi catastrofici risale al 1500: con la cronaca di una terribile inondazione del Sarca nell’alta Val Rendena. Nu-merose furono le notizie successive fino alla storia recente delle alluvioni nel Novecen-to (prima fra tutte quelle del 1966).

Una curiosità: negli ulti-mi cento anni, facendo un’analisi degli anni in cui è stato riscontrato il maggior numero di eventi calamitosi cen-siti, questi sono risulta-ti essere il 1951, 1960, 1966, 2000 (in assolu-to il più “calamitoso” con un totale di 1609 eventi) e 2002. Ad essi corrispondono eventi calamitosi ecceziona-li (grandi alluvioni e numerose frane) che hanno provocato gravi danni su tutto il territo-rio trentino.

L’erosione del rio Bedù di S. Valentino minaccia la canonica di Villa Rendena, da Malpaga e Mussi (a cura di), 2004

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Forra del Limarò(Professional Photo di Luigi Bosetti)

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Il Sarca... alimenta

“Piscaria, sive revendum, iacens super Sarcam, et in Sarca, iuxta lacum Toblini”“Vivaria pro tenendis piscibus in viva, quae sunt in fovea burgi Castelli.”

Tovazzi Giangrisostomo, 1473, da Lappi (a cura di), 2008

Il Sarca ha sostenuto un’altra risorsa storica del territorio: la fauna ittica e, grazie all’ingegno di alcuni personaggi, la piscicoltura. Riguardo a quest’ultima, il territo-rio della Judicaria ha avuto addirittura un primato nazionale. Probabilmente per la prima volta in tutta Italia, in Val di Ledro, nel 1858 si compivano, a cura di Ago-stino Zecchini, i primi esperimenti di fecondazione di uova di varie specie ittiche pescate nel lago. Da quel primo tentativo prese avvio la realizzazione di diversi incubatoi e stabilimenti ittiologici, il primo a Torbole, al quale ne seguirono altri come a Balbido, Vigo Lomaso, Campiglio, Tenno, Giustino. A quell’epoca, tenere il pesce vivo in vasche non era una novità. In Trentino, tra il XIII e il XV secolo, sono documentate diverse “pischarie” a Trento, Sarche, Torbole, Riva e Arco. A partire dal primo Seicento è noto che i Lodron tenevano peschiere sul Caffaro e sul Chiese e i conti d’Arco nei loro possedimenti nell’Archese. Le pe-schiere più che allevamenti erano vasche, pozze e canali laterali sbarrati di corsi d’acqua dove si conservava vivo il pescato, per poterlo consumare o vendere suc-cessivamente. Questo tipo di canale era usato sul Sarca anche per i gamberi di fiu-me, si chiamava allora “gambarera”: vi si collocavano i gamberi di fiume catturati nei dintorni. Un documento del 1555 testimonia una “gambarera” presso il ponte grande sul Sarca sotto Cares.L’allevamento industriale della trota si diffuse nel territorio nell’Ottocento per ri-solvere un grave problema. In tempi di magri regimi alimentari, il pesce dei tor-renti era un’importante fonte di proteine. La fame induceva a pescarlo con ogni mezzo lecito e non lecito, tanto che a fine Ottocento moltissimi torrenti erano completamente saccheggiati del pesce. Don Francesco Canevari, curato di Torbo-le, avendo avuto notizia degli esperimenti condotti da Agostino Zecchini al Lago

Da Lappi (a cura di), 2008: “La piscicoltura nella Judicaria dalle origini alla metà del ‘900”

Sezione seconda La forra - il Sarca meno visibile (...oggi)

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di Ledro, si recò a visitarlo e lo convinse e tentare di introdurre e sviluppare la piscicoltura nel Trentino. Nel 1879 fu fondata la “Società di Pescicoltura di Torbo-le”. Alla piscicoltura fu riconosciuto il compito di contribuire al ripopolamento del patrimonio ittico dei laghi e dei torrenti, tanto che fu sostenuta prima dalla Dieta di Innsbruck, quindi dal Consiglio Provinciale d’Agricoltura per il Tirolo. Lo stabili-mento di Torbole contribuì al ripopolamento non solo del Sarca ma anche di molti altri fiumi del Trentino: Noce, Novella, Rabbies, Meledrio, Arnò, Brenta e Fersina. Lo stabilimento esportava uova embrionate anche a molte piscicolture italiane, in particolare a Belluno, Roma, Firenze Brescia, Sassari e Cagliari, e fu addirittura apprezzato e più volte premiato in Svizzera e in Germania. L’impianto di Torbole fu anche scuola, lì furono istruiti e formati tecnici che anda-rono a fondare lo stabilimento ittiologico a Predazzo. Dal successo di Torbole e di Predazzo, si pensò di potenziare i risultati per il ripopolamento di altri corsi d’ac-qua in altre zone, tanto che nel 1896 erano attivi incubatoi di valle a Vigo Lomaso, Bersone, Condino, Giustino, Taio e Malè.Per un interessante approfondimento si rimanda alla pubblicazione a cura di En-nio Lappi (2008), “La piscicoltura nella Judicaria dalle origini alla metà del ’900”: un’esauriente raccolta di vicende e dati sull’evoluzione degli impianti di pescicol-tura.

Il Sarca in Bassa Rendena

Sezione seconda La forra - il Sarca meno visibile (...oggi)

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Sezione terzaLa foce - i rami fertili del Sarca

Exhibit “La foce”

Il Sarca sbocca sopra la pianura fin che calando per angusta vallee fessure profonde di rocce sbocca sopra una pianura detta le Sarche,

bagna le terre del Contado di Arco e mette nel Lago di Garda anticamente detto Lacus Benacus (...) Molte ville sono sparse abitate da numerosa gente

amante della fatica, dedita ad esercitarsi in arti ed in agricoltura.da “Le memorie di padre Cipriano Gnesotti”, 1786

Il Sarca, raggiunta la Valle dei Laghi, sembra acquietarsi. Qui il torrente selvaggio delle forre viene addomesticato: a tratti incanalato in un rigido corso di argini retti, suddiviso in una serie di canali o rogge. Si può dire che il Sarca si estende dappertut-to nella piana, come radici... al contrario: che anziché succhiare acqua dal terreno la distribuisce, attraverso la rete di canali, capillarmente a tutte le attività che l’uomo svolge ormai da tempo. Il torrente da minaccia è passato ad alleato delle attività pro-duttive e risorsa anche per il tempo libero. Alcuni si ricordano ancora di aver fatto abitualmente il bagno nel Sarca. Oggi molti turisti pedalano lungo le sue rive. Oggi c’è, però, il rischio che venga trascurato, che la sua presenza sia sfuocata dalle nostre frette, i suoi rami nascosti dai nostri edifici.

Sezione terza La foce - i rami fertili del Sarca

Exhibit “La foce”

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Exhibit “Carte storiche”

Il corso del Sarca non è sempre stato come lo vediamo oggi. Ogni corso d’acqua si fa strada, urta, erode, scava il percorso che più gli aggrada. Quando non limitato da ussare, stùe e roste, il Sarca appena poteva si riprendeva tutto il terreno perduto. Com’era il suo corso 100 anni fa? E 500 anni fa? È possibile ricostruire la storia recente dalle precise cartografie dei cartografi au-stro-ungarici del 1860 in poi. Più indietro si ha a disposizione spesso un’interpreta-zione soggettiva del corso del Sarca piuttosto che una rappresentazione corretta. Qui si mostra una sequenza di immagini cartografiche prodotte lungo un periodo di 600 anni che riportano l’evoluzione del tratto finale del Sarca.

Sezione terza La foce - i rami fertili del Sarca

Exhibit “Carte storiche”

Dal confronto di queste antiche mappe e rappresentazioni pittoriche si può intuire l’evoluzio-ne delle foci del Sarca. In passato probabilmente vi era un vero e proprio delta ramificato

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Quando lo chiamavamo “la Sarca”Il Sarca ha acquisito la forma attuale grazie agli interventi dell’uomo lungo i secoli. Le roste venivano utilizzate per sottrarre ampie zone inondabili, dette ischie, ai corsi d’acqua, per la coltivazione. Il Pian del Sarca tra Toblino e Dro era un’immen-sa ischia sconvolta periodicamente dalle piene del fiume, già nel XVI secolo. Per l’impulso dei signori di Madruzzo si eressero gli argini per bonificare la piana tra il lago di Toblino e l’abitato di Pietramurata, a scopo agricolo. Nel 1803 si fece il primo “taglio del Sarca” a partire dal territorio di Pietramurata. Gli interventi di taglio e rettifica continuarono durante tutto quel secolo fino ai primi decenni del Novecento. Al 1912 risale le rettifica della parte terminale pres-so la foce a Torbole.Interessante è notare come il Sarca ha avuto un naturale andamento sinuoso o meandriforme (vedi mappe storiche). Ma quando in tempi recenti si è ritenuto di raddrizzare il suo corso per dedicare spazio a nuove attività agricole, il fiume ha poi provato a “riconquistare” i terreni sottratti, durante le piene. Nel 16 settembre 1960 il fiume inondò nei pressi del Ponte Gobbo i terreni che gli uomini gli aveva-no sottratto attraverso la secolare opera di bonifica del Pian del Sarca.

Sezione terza La foce - i rami fertili del Sarca

Incisione di Johann Christoph Steinberg (1708), da Turri (a cura di), 1997

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Il Sarca o la Sarca?Sono giuste entrambe le due denominazioni, entrambe antiche e usate nel pas-sato. E nemmeno nel passato ci si decideva per l’una o per l’altra denominazione. Il padre Cipriano Gnesotti nelle sue memorie (1786) parla di “due fiumi considere-voli, la Sarca e il Clifi” (Chiese). Nel poema del XVI sec. attribuito a Niccolò d’Arco “il Sarca” è “colui che nasce nelle aeree Alpi”. Il femminile “La Sarca” trae origine dalla radice “ser/sar” - scorrere, quindi dall’eti-mo femminile con il significato di acqua corrente, derivante a sua volta da un ter-mine celtico relativo a una divinità. Alla medesima radice dovrebbero rifarsi anche diversi altri idronimi come il lombardo Serio e il lucano Sarno. Il nome al femminile è tuttora in uso nei dialetti di alcuni paesi lungo il suo corso. Il maschile in passato sembra essere usato principalmente dagli intellettuali come derivazione “colta” del latino. Nonostante anche in latino comparisse al femminile.

Sezione terza La foce - i rami fertili del Sarca

I Consorzi acquatici dell’Alto Garda

Le opere di bonifica hanno permesso un discreto sviluppo dell’agricoltura locale, come si vedrà più avanti. Questo grazie all’opera di numerosi consor-zi, o comprensori, nati nell’area dell’Alto Garda, soprattutto dopo l’alluvione del 1882: - Consorzio del Torrente Varone (costituito nel 1816)- Consorzio Vallone nel comune di Nago (1836)- Consorzio Fitta Vecchio di Oltresarca (1897)- Consorzio Fitta di Romarzollo (1844)- Consorzio Fitta di Pattone (1855)- Consorzio Fitta di Ceniga (1875)- Consorzio di difesa contro il torrente Albola nel comune di Riva (1872)- Consorzio di difesa dal Sarca presso la Moletta-Arco(1890)- Comprensorio Daino e Sezioni (1870)- Consorzio Lori-Linfano (1889)- Consorzio di irrigazione di Fies (1890)- Consorzio della Picciosa a Dro(1897)- Consorzio Fibbiè di Oltresarca (1880)- Consorzio di difesa delle campagne di Maza e Merizzo contro il Fiume Sar-

ca (1892)- Consorzio di difesa delle campagne di Brazzera contro il fiume Sarca (1894)

Da CD ROM “La Sarca e l’energia”

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Secondo il “Dizionario toponomastico tridentino” (Lorenzi, 1932) il termine Sarca si trova negli Atti di San Vigilio (472): “cum pervenissent ad fluviam no-mine Sarcham”, “et dicitur in fluvium qui dicitur Sarca”. Il Lorenzi cita un au-tore veronese del 1625: “nasce dai laghi di Nambino e ritorto un ramo l’altro ramo in val di Genova, la Sarcha”. Specificatamente Sarca condivide l’etimo-logia con alcuni altri corsi d’acqua: at-ach l’Adige, var-ach il Varro o Varone, sar-ach la Sarca.

Sezione terza La foce - i rami fertili del Sarca

Il Sarca nei pressi di Tione

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Suggerimento didattico 9 - mappa del mio paeSaggio

La storia della cartografia, se interpretata come descrizione di uno spazio, è lun-ghissima; ha verosimilmente preceduto la scrittura (si pensi ai graffiti preistorici della cosiddetta “mappa di Bedolina” in val Camonica). La cartografia rappresenta il “desiderio universale di rappresentare lo spazio in cui si vive e ci si muove; di ordinare il mondo stabilendo una correlazione tra i luoghi, funzionalizzando la distanza” (Zumthor, 1995). Questo bisogno può essere letto in senso ecologico: la “correlazione tra i luoghi” e il “funzionalizzare le distanze” è un modo di dire che l’uomo come organismo co-sciente cerca, riconosce e localizza le risorse, stabilisce e riconosce delle relazioni spaziali e funzionali. Così fanno anche gli altri animali, come si è detto, quando “paesano”. Un luogo è molto di più che una superficie, insieme di elementi naturali e costruiti giustapposti. Un luogo include memorie, spesso collettive, azioni e relazioni, valo-ri e risorse, e comporta numerosi e complessi significati molto più vicini alla perce-zione cognitiva/emotiva che non all’estensione spaziale, oggetto della geografia.

ObiettivoRiconoscere le relazioni risorse-bisogni di un paesaggio, quindi l’origine dei si-gnificati sedimentati in un territorio, studiare e capire il processo di “paesamen-to”. Nello specifico si propone di esplicitare il proprio paesaggio, evidenziando le risorse riconosciute da ognuno, localizzate rispetto ai propri bisogni quotidiani, siano essi primari e concreti o indiretti e astratti.

MaterialiCarta e materiali da disegno, carta topografica (opzionale) e macchina fotografica.

SvolgimentoDopo un’introduzione al concetto di “paesare” si chiede agli studenti di annotare e rappresentare individualmente tutte le proprie “risorse” e i propri “bisogni” del proprio paesaggio quotidiano, ad esempio: bisogno “giocare a basket” -> risorsa “palestra”, bisogno “collezionare giochi elettronici” -> risorsa “negozio preferito”. Si tratta, in altre parole, di definire gli elementi costitutivi degli ambienti vissuti. Poi, in plenaria, ogni studente presenta, se vuole, agli altri il proprio “paesaggio”. Successivamente si cerca di comporre più paesaggi in unica mappa di paesaggi (non necessariamente un’unica mappa per tutta la classe), con appunti, schizzi, disegni, fotografie, colori e divertimento. Per la raccolta di materiali si consiglia una camminata di osservazione guidata con la classe e osservazioni individuali.Questa mappa rappresenterà il modo in cui il gruppo vede, percepisce, attribuisce valore al proprio paesaggio. Per costruirla assieme si cerca, inoltre, di rispondere a domande che descrivano quali sono i caratteri di questi luoghi (paesaggi, alberi,

Sezione terza La foce - i rami fertili del Sarca

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case, strade, acque, animali, personaggi, saperi, storie...) e perché sono per noi significativi. Lo sviluppo dell’attività prevede di evidenziare se ci sono luoghi che sono inclusi in più paesaggi, che sono “paesaggi comuni”. Un’ideale conclusione potrebbe consistere in una lettura in classe e commento della Convenzione Euro-pea del Paesaggio, dove si afferma il paesaggio come bene comune.

NotaIl tema di fondo è quello delle mappe culturali che nascono dalla riflessione, dal ricordare camminando, dal mettere assieme le relazioni esistenti ed esistite tra gli elementi di un territorio, in un processo che contempla tutti i passaggi dall’indivi-duazione del contenuto fino alla sua rappresentazione. Queste mappe sono map-pe speciali perché emergono da un’estrema quanto preziosa soggettività, perché cambiano il punto di vista, perché esprimono le modalità con cui ognuno si rap-porta al proprio ambiente e gli attribuisce valori e importanza. L’atto creativo di comporre una tale mappa è un percorso sia personale che collettivo, “strumento creativo che con vivacità ed efficace spontaneità è in grado di rinsaldare e rico-struire in termini attuali il legame fondamentale tra le persone e i luoghi”.Per approfondimenti e materiali si vedano per esempio: - Ecomusei, patrimonio, territorio, comunità:http://www.ecomusei.net- Mappa di comunità: http://www.mappadicomunita.it- Convenzione europea del Paesaggio: http://www.darc.beniculturali.it/ita/paesaggio/Convenzione%20europea%20del%20Paesaggio.pdf

Sezione terza La foce - i rami fertili del Sarca

Risultato di una cam-minata d’osservazione guidata: sono state rac-colte osservazioni sulla percezione ed elementi naturali come “appunti non scritti” di quelle per-cezioni

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Risorse e territorio: il paesaggio del Sarca e suoi frutti

Exhibit “Mercato sul fiume”

Io mi identifico col mio paesaggio, col mio appezzamento e il mio frutteto

e lo sento in profondità. Espen, 2008

L’agricoltura è l’attività che più influenza il paesaggio, ma allo stesso tempo ne dipende. La gestione rurale del territorio, dei suoli e delle acque ha modellato da secoli forme del territorio e creato paesaggi. La storia tra territori e agricoltura è stata una storia di co-evoluzione radicata negli stessi processi ecosistemici; nelle Alpi, infatti, la biodiversità è più ricca proprio dove c’è stata, e perdura, una gestio-ne umana tradizionale del territorio. Molte specie di animali si sono adattate e poi specializzate all’ambiente rurale e ora dipendono dai delicati equilibri di un’agri-coltura eterogenea e non intensiva.Le fertili terre del Sarca hanno favorito e sostenuto un’originale tradizione agricola e lo sviluppo di una diversificata produzione di prodotti alimentari. Queste risorse sono a loro volta una risorsa per il turismo eno-gastronomico. Si riportano di se-guito alcuni cenni ai principali prodotti locali.

Risorse e territorio: il paesaggio del Sarca e suoi frutti

http://www.stradedelvinodeltrentino.it

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Castagne di DrenaLa coltivazione del castagno è storica, viene descritta in un libro sulla statistica del Trentino, stampato nel 1852. La castagna dipende dalla presenza di particolari sedimenti alluvionali e glaciali in quanto necessita di un substrato acido.

Broccolo di TorboleNon esistono broccoli uguali a quelli di Torbole: si tratta, infatti, di una pianta adat-tata e diversificata nelle campagne di Torbole e di Santa Massenza e che non si pre-sta al trasferimento, salvo perdere le sue peculiari caratteristiche organolettiche.

Ciuiga del BanaleÈ un salame, tipico prodotto del territorio di San Lorenzo in Banale. La ciuiga è composta da carne suina macinata ed amalgamata a rape locali cotte. La storia della ciuiga è fatta risalire all’incirca al 1875, quando fu per la prima volta prodotta e proposta da un macellaio del paese di San Lorenzo in Banale: Palmo Donati. Il nome “ciuiga” nel dialetto locale indica le pigne degli abeti la cui forma ricorda quella del salume che ne ha preso il nome.

Grappa di SarcheL’arte di “lambiccar” è tradizione di famiglia nel piccolo paese di Santa Massenza, “dove ci sono più distillerie che case”: qui si conservano intatti i borghi antichi, le stradine, le antiche case e soprattutto molte delle vecchie distillerie.

Vino NosiolaÈ un pregiato vino bianco la cui zona di produzione elettiva è la Piana di Toblino. Il nome deriva dal termine dialettale “Nosiol” ed è stato conferito al vino grazie al retrogusto di nocciola che lascia in bocca.

Noci del BleggioLa storia ci segnala che nell’anno 1579 vi fu una scaramuccia, in una località messa a noci tra i paesi di Fiavé e di Dasindo nelle Pievi di Lomaso, fra soldati tedeschi e paesani delle Giudicarie. Ciò testimonia, se non altro, che la coltivazione della noce del Bleggio affonda le sue radici fin dal Rinascimento. Sono leggermente più piccole delle noci comuni ma più saporite, sono molto utilizzate per preparare i dolci, come il tipico dolce natalizio trentino Zelten.

Olive del GardaLa coltura dell’olivo nell’Alto Garda risale a tempi antichissimi e storicamente la sua presenza è documentata già a partire dal VII e VIII secolo. Il clima particolar-mente mite consente la coltivazione dell’ulivo nella posizione più settentrionale in Europa. Nella zona dell’Alto Garda le varietà (cultivar) d’ulivo maggiormente utilizzate sono: Frantoio, Casaliva, Leccino, oltre che cultivar autoctone quali Pen-dolino, Raza, Favarol e Rossanel.

Risorse e territorio: il paesaggio del Sarca e suoi frutti

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Patate del LomasoSono una coltivazione tradizionale nella conca delle Giudicarie ai piedi del Parco Na-turale Adamello Brenta. Sono coltivate le vecchie e tradizionali varietà di montagna.

Polenta di StoroOttenuta con la farina gialla di Storo, da mais granoturco della varietà Marano coltivato anche nelle aree del Lomaso e nel fondo valle di Tione. Famosa è la Po-lenta carbonera, sempre fatta con la farina gialla di Storo, con aggiunta di salame (fatto rosolare nel vino rosso), burro, e diversi tipi di formaggio stagionato come la Spressa delle Giudicarie.

Prugne di DroDa considerarsi un ecotipo locale di susina, cresce sui terreni di origine alluvionale e glaciale portati dal Sarca. In particolare, la susina di Dro si differenzia nettamen-te da altri tipi di susina per l’elevato contenuto in acidi organici e per l’elevato contenuto vitaminico.

Spressa delle GiudicarieUno dei più antichi formaggi della montagna alpina, può fregiarsi dell’iscrizione nel Registro delle Denominazioni di Origine Protetta. I primi riferimenti storici ri-salgono a tempi molto antichi, come dimostra la “Regola di Spinale e Manez” del 1249. La “Spressa da polenta” è oggi prodotta nel caseificio di Pinzolo con latte e fieni provenienti solo dalle valli Giudicarie e dalla Val di Ledro.

Risorse e territorio: il paesaggio del Sarca e suoi frutti

Exhibit “Mercato sul fiume”

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I tre exhibit “Intervista al fiume”

I corsi d’acqua sono ecosistemi che ospitano animali e piante, e svolgono funzioni importanti per l’uomo. Per esempio, influiscono sul microclima, ricaricano le falde ac-quifere, distribuendo nel tempo e nello spazio l’acqua delle piogge, mantenendo le nostre riserve d’acqua potabile. Inoltre, i corsi d’acqua sono in grado di auto-depurare l’acqua da inquinanti organici. Essi ci rendono dei veri e propri “servizi ecosistemici” gratuiti, ma che hanno anche un valore economico.Ovviamente ci sono differenze tra un corso d’acqua artificiale ed uno naturale: hanno una diversa capacità di fornirci questi servizi, in altre parole sono più o meno “ecolo-gicamente funzionali”. Da cosa dipende la loro funzionalità?La funzionalità ecologica di un corso d’acqua dipende essenzialmente da due fattori: dal suo territorio e dalla sua diversificazione. Il corso, infatti, risente della qualità ambientale del territorio che attraversa: la presen-za di scarichi di attività inquinanti si manifesta subito nella qualità dell’acqua. La diversificazione del corso riguarda la ricchezza di micro-habitat per microrgani-smi, piante e animali che con le loro catene alimentari e relazioni ecologiche auto-depurano l’acqua da composti, come nitrati e fosfati, responsabili dell’eutrofizzazione di laghi e mari. Più è diversificato il corso e più numerosi sono i micro-habitat, quindi più catene alimentari e più capacità di auto-depurazione.

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Exhibit “Intervista al fiume”

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Foto area esposta nell’exhibit “Intervista al fiume” (immagine TerraitalyTm-©Compagnia Ge-nerale Ripreseaeree S.p.A.- Parma)

2particolare

1particolare

La diversificazione può essere longitudinale (immagina di tagliare e osservare il fiu-me lungo la corrente): il fondo può essere piatto e artificiale o avere raschi, pozze e correntini. La diversità trasversale riguarda, invece, quella tra le sponde (immagina la sezione del fiume in un punto tra sponda e l’altra). Un fiume può avere, per esempio, le sponde strette e rettilinee di cemento o larghe anse con vegetazione arborea.Se siamo attenti osservatori possiamo valutare la funzionalità del nostro corso d’ac-qua più vicino, basta chiederglielo... con un’intervista particolare. Ricercatori hanno definito un’intervista di 14 domande da rivolgere al nostro torrente... possibilmente con i piedi dentro! Si tratta di dedurre le risposte che ci sono suggerite dal nostro corso d’acqua, osservando attentamente i particolari del suo letto e del suo intorno. Con questa intervista si definisce l’Indice di Funzionalità Fluviale.Si propone una versione semplificata ma coerente dell’Indice di Funzionalità Fluviale (versione 2007). Si tratta di osservare attentamente i particolari delle foto aeree evi-denziati e valutare la situazione di quella porzione di territorio, in base alle caratteri-stiche riportate nel questionario. Ad ogni risposta corrisponde un punteggio, la som-ma dei punteggi ci dà un giudizio sulla funzionalità, quindi sulla qualità ecologica. Quale tratto è il più funzionale? Cosa contribuisce a renderlo tale?

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Punti

1) IL TERRITORIO CIRCOSTANTE

a) Coperto da foreste e boschi 20

b) Prati, boschetti, coltivazioni miste, case sparse 10

c) Aree urbanizzate e/o coltivazioni omogenee (es. frutteti, vigneti) 1

2) CONTINUITÀ DELLA VEGETAZIONE RIPARIA (CIRCOSTANTE AL FIUME)

a) Senza interruzioni, alberi lungo tutto il tratto 20

b) Con interruzioni, alberi e arbusti sparsi 10

c) Suolo nudo, vegetazione rada, senza alberi 1

3) AMPIEZZA DELLA VEGETAZIONE RIPARIA

a) Ampiezza della vegetazione maggiore di 10 m 15

b) Ampiezza della vegetazione tra 2 e 10 m 5

c) Assenza di vegetazione 1

4) DIVERSITÀ TRASVERSALE (DA SPONDA A SPONDA)

a) Ampio alveo (apparentemente) naturale, con sponde lontane dall’acqua e naturali 25

b) Alveo con tratti di sponda artificiale, che durante le piene sono a contatto con l’acqua 10

c) Sezione con sponde artificiali sempre a contatto con l’acqua 1

5) DIVERSITÀ LUNGITUDINALE CORRENTE (RASCHI POZZE E MEANDRI)

a) Ben distinguibili diverse forme 20

b) Lunghe pozze, che separano pochi raschi, o pochi meandri 10

c) Percorso raddrizzato, non si distingue più di una forma prevalente 1

Punti Classe Giudizio

5 - 19 V pessimo

20 - 39 IV scadente

40 - 59 III mediocre

60 - 79 II buono

80 - 100 I ottimo

Il punteggio finale può variare da un minimo di 5 ad un massimo di 100 punti.In base alla somma dei punti ottenuti si ricava il giudizio secondo la tabella.

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Scheda sull’IFF semplificato

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Suggerimento didattico 10 - funzionalità fluviale: interviSta al fiume

ObiettivoAcquisire elementi d’ecologia e morfologia fluviale, conoscere il concetto di fun-zionalità ecologica di un corso d’acqua e applicarlo per valutare un caso reale. In particolare, l’attività si propone di far osservare e riconoscere la morfologia di un corso d’acqua e la struttura della vegetazione riparia, per dedurne il grado di funzionamento. MaterialiScheda di valutazione-osservazione (IFF semplificato), cartografia topografica, corda metrica, (eventualmente) immagine aerea dell’area di studio (disponibile presso Portale Cartografico Trentino, http://www.gis.provincia.tn.it, o tramite Go-ogle Maps and Google Earth), (possibilmente) stivali alti in gomma per cammina-re nel torrente.SvolgimentoL’osservazione sul campo deve essere preceduta da un’introduzione essenziale sulla cartografia e sulla morfologia fluviale. In classe si studia sulla carta topogra-fica il corso d’acqua che si andrà a valutare. L’obiettivo è descrivere il contesto del corpo d’acqua e anticipare alcuni elementi che andranno verificati con l’osserva-zione sul campo. Dato che va compilata una scheda per ogni tratto omogeneo, il risultato atteso di questa prima valutazione è farsi un’idea di quante schede do-vranno essere riempite e quindi portate in campo.Durante l’uscita, camminando lungo gli argini, si cercherà di definire dei tratti omogenei e riconoscerli segnandoli sulla carta. Dopo una prima osservazione guidata, si può dividere il lavoro in gruppi assegnando a ciascun gruppo un tratto di torrente e una scheda da compilare. Ogni gruppo fotografa il proprio tratto così da poterlo ricordare e confrontare con gli altri, una volta ritornati in classe. Nella compilazione della scheda ogni gruppo dovrebbe anche disegnare il profilo o sezione trasversale del corso, in modo da definire il grado di artificializzazione dell’alveo.Note L’attività è adattabile in modo molto ampio ai diversi livelli scolastici. Ad un livello adatto alla scuola elementare si possono distinguere, per esempio, solo le forme: prati/arbusti/alberi della vegetazione e linee/meandri del corso d’acqua. Nelle scuole superiori ci si può basare direttamente sull’indice completo nella versione aggiornata, riportato nel manuale ufficiale disponibile all’indirizzo internet:http://www.appa.provincia.tn.it/appa/pubblicazioni/-Acqua/pagina22.html.Il manuale è anche un esauriente compendio d’ecologia fluviale, usato anche come materiale didattico. Infine, il tema della funzionalità fluviale si presta a vari approfondimenti, quali idrologia e sistemazione idraulica delle reti idrografiche, biologia degli ecosistemi acquatici e gestione dell’ittiofauna, gestione del territorio e servizi ecosistemici.

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Suggerimento didattico 11 - paeSaggi e loro riSorSe, in evoluzione

ObiettivoConoscere le risorse ambientali caratterizzanti il proprio territorio, intuire i proces-si che le sostengono. In altre parole, comprendere che il paesaggio è costituito da elementi e processi, fisici e antropici, connessi e interdipendenti e che l’intervento dell’uomo (e il non intervento) su uno solo di questi elementi si ripercuote a cate-na su tutti gli altri.

MaterialiFotocopie di carta topografica dell’area di studio, carte tematiche relative al ri-schio idrogeologico, carte vegetazionali, carte faunistiche, (eventualmente) pro-gramma di visualizzazione e analisi di mappe tematiche digitali (software GIS).

SvolgimentoNella prima fase si propone un brainstorming (vedi http://it.wikipedia.org/wiki/Brainstorming) sulle risorse ambientali del proprio territorio-paesaggio, sia quello personale (analogamente a quanto fatto nel suggerimento didattico “Mappa del mio paesaggio”) sia quello condiviso dalla comunità locale. Per esempio si può rispondere a domande come: cosa vorremo conservare? O migliorare o trasforma-re? Cosa non esiste più e ci dispiace? Si può anche riflettere su quali risorse cerca-no o trovano i visitatori di questo territorio, ad esempio i turisti (Perché arrivano? Cosa trovano?).Definite le risorse, per gruppi, si cerca di “mapparle”, cioè di localizzarle su una carta geografica colorando a matita le relative aree, con colori diversi quante sono le risorse. Il risultato atteso è una o più mappe tematiche che possono anche ri-guardare una sola risorsa per volta. Prima è bene definire una comune legenda che associ colori e risorse in modo uniforme per tutti i gruppi. Nella seconda fase si cerca di individuare i processi di cambiamento del paesag-gio, sia in termini di cambiamento di uso del suolo (es. conversione delle aree coltivate in area urbana) sia in termini di cambiamento di risorsa-processo (es. abbandono di un parco o abbandono dello sfalcio di un prato e conseguente crescita di arbusti). In questa fase sarebbe utile raccogliere osservazioni dirette, interpellare diversi “attori” del proprio territorio (interviste ad agricoltori, forestali, architetti), e consultare diverse fonti di dati (comune, servizi e uffici provinciali, relativi siti internet). Se possibile localizzare i processi o gli effetti di essi, i cambia-menti in atto e recenti su altre carte topografiche.Nella terza fase si cerca di analizzare le relazioni qualitative tra i cambiamenti e le risorse attuali, chiedendosi se i primi rinforzano le seconde, se costituiscano una minaccia. Definite alcune relazioni, si cerca di costruire una mappa concettuale in cui si visualizzano catene di cause-effetti ed eventuali feed-back positivi o ne-gativi.

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Fiume... funzioni e servizi gratuiti

Nella conclusione si cerca di ipotizzare scenari futuri, immaginando possibili con-seguenze dei processi in atto sulle risorse attuali. In particolare, nel caso in cui alcune risorse appaiano essere minacciate, si riflette per gruppi su quali misure di prevenzione, mitigazione dei danni o compensazione potrebbero essere messe in atto.

Nota Anche questa attività si presta ad un’ampia possibilità di adattamento, dagli ulti-mi anni delle scuole elementari agli ultimi delle superiori. In particolare per que-sti ultimi (licei, istituti tecnici) si propone l’uso di strumenti informatici quali pro-grammi GIS (Geographical Information System, o Sistemi Informativi Territoriali) per trattare l’informazione geografica e produrre dati originali (cartografie tema-tiche), eventualmente con l’uso di GPS cartografici. Tra i vari programmi open-source gratuitamente disponibili in rete si consiglia QuantumGIS (www.qgis.org) o MapWindow (http://www.mapwindow.com) per la facilità d’uso e la qualità di materiali didattici.

http://www.casentino.toscana.it/ecomuseo/mapparaggiolo.htm

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Suggerimento didattico 12 - caccia al particolare

ObiettivoOsservare elementi del “proprio” paesaggio. In particolare si intende allenare ed esercitare all’osservazione dei propri luoghi attraverso un “grande” gioco.

MaterialiCarta e materiali da disegno (in alternativa: macchina fotografica digitale).

SvolgimentoSi tratta di un gioco collaborativo da svolgersi all’aperto, in cui gli studenti pos-sano liberamente muoversi, per esempio in un’area pedonale in paese/città, in parchi urbani o boschi. L’importante è che l’area di gioco sia ben conosciuta dai ragazzi e abbastanza ampia da non essere completamente visibile dal punto di partenza. La zona di gioco è divisa in due parti e assegnata a due squadre. Entro un limite di tempo ogni squadra esplora il proprio territorio alla ricerca di un particolare in-teressante e significativo. Ogni componente della squadra deve trovare il proprio (es. un albero strano, una panchina usata spesso, l’angolo di una piazzetta dalla quale si passa sempre). Individuato il “particolare” si cerca di ritrarlo a matita, o fotografarlo. In un secondo momento si radunano le squadre, si condividono i particolari e si verifica se i “particolari” sono conosciuti anche dagli altri componenti del gruppo. Dopo, si consegnano all’altra squadra i disegni o le foto dei particolari, ci si scam-bia il territorio e si cerca di localizzare tutti i “particolari” interessanti dei compo-nenti dell’altra squadra. La “missione” è compiuta se almeno una squadra riesce a far riconoscere tutti i propri luoghi all’altra squadra (con i soli disegni o fotografie).

NotaIl gioco si presta ad approfondimenti successivi sulla cartografia, sulla storia e sui beni storici/architettonici del proprio paese. Può essere propedeutico ai sugge-rimenti didattici sopra descritti o anche posto a conclusione degli stessi. Per la riuscita del gioco è bene non svelare da subito tutte le fasi né stimolare la rivalità tra squadre (per vincere, i ragazzi potrebbero fare apposta dei pessimi disegni). Al gioco giova un’ambientazione fantastica, in cui si suggerisce una motivazio-ne all’esplorazione (“siamo geografi/esploratori, dobbiamo segnalare ad altri che verranno, i luoghi più importanti...”).

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Sezione quartaBuona condotta... le derivazioni e le centrali idroelettriche

Exhibit “Buona condotta”

Cosa può fare l’acqua? Cadere, muovere, erodere... accendere una lampadina!Dove c’è movimento c’è energia: energia cinetica o potenziale che può essere trasfor-mata in energia elettrica. In quota, vicino alle sorgenti, le acque del bacino del Sarca sono subito utilizzate per fare energia.Il sistema di captazione è costituito da un canale di gronda in galleria, lungo 46,5 km, con 13 punti principali di presa: la prima dal torrente Gavardina a quota 1150 m, poi dagli altri torrenti immissari, come Vadaione, Sarca di Campiglio, Giustino, Varcè, Bianco, Laone, Bedù. L’acqua derivata è condotta verso il lago di Molveno, mediante due ponti-canale e in galleria attraverso il gruppo del Brenta. Da qui, con un salto di 553 metri, cade sulle turbine di S. Massenza, che colpisce alla velocità di 360 m/s (la stessa velocità di un proiettile!).L’energia dell’acqua, sia trasformata in idroelettrica che in movimento di pale e mu-lini, ha costituito il fondamento dello sviluppo industriale e produttivo del Trentino. In particolare l’energia idroelettrica è stata intensamente sfruttata, già a partire dei primi del Novecento.

Sezione quarta Buona condotta... le derivazioni e le centrali idroelettriche

Exhibit “Buona condotta”

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I percorsi “nascosti” del Sarca

Sezione quarta Buona condotta... le derivazioni e le centrali idroelettriche

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Il Trentino Alto-Adige, negli anni ’50 del Novecento, ospi-tava più di un quinto della po-tenza idroelettrica installata in tutta Italia. L’utilizzo delle risorse idroelettriche si era già sviluppato a partire dal secolo precedente, grazie al territorio “costituito in gran prevalenza da rocce impermeabili, alla fre-quenza di strettoie, condizioni tutte favorevoli all’utilizzazio-ne idroelettrica”, come diceva uno studio del 1911 (dal titolo significativo “Le forze d’acqua alpine”). Un’altra testimonianza dello storico sfruttamento idroelettrico è riportata dalla Rivista “Trentino” nell’aprile del 1929.Tale sviluppo, però, ha avuto degli “effetti collaterali” sul territorio.Gli effetti sul paesaggio sono stati imponenti, tanto da mutare la rete idrografica, in alcuni casi l’aspetto di intere valli, e addirittura il microclima. Il sistema di cana-lizzazioni realizzato dalla Società idroelettrica Sarca-Molveno (SISM) ha deviato dal naturale corso le acque dell’Adamello-Presanella/bacino del Sarca verso il lago di Molveno, e poi verso la grande centrale di Santa Massenza (una delle maggiori d’Europa). Questa deviazione ha trasformato il lago naturale di Molveno, di origi-ne glaciale, in un serbatoio semiartificiale. A tutt’oggi, tale deviazione, che passa da parte a parte il gruppo del Brenta e porta velocemente acque fredde nel lago di Santa Massenza, ha irreversibilmente modificato il microclima di quest’ultimo, un tempo particolarmente favorevole. Santa Massenza era una rinomata località presso i nobili austriaci per il suo clima mite, le acque dell’omonimo lago erano così tiepide da essere piacevolmente balneabili. D’altra parte, la canalizzazione

sotterranea ha consentito di preserva-re la valle più importante per quantità di acque: la val di Genova.Negli anni successivi alla costruzione di condotte e centrali (anni ‘50 e ‘60), tali “effetti collaterali” cominciavano ad essere percepiti e divenivano ar-gomento di un crescente dibattito. Lo sfruttamento idroelettrico aveva comportato la costruzione di opere allo scopo di captare e allacciare tutti i corsi d’acqua fino ai più piccoli rivi. Un eccessivo sfruttamento comportava il rischio di provocare un vero e proprio

Sezione quarta Buona condotta... le derivazioni e le centrali idroelettriche

“La SIT, Società Industriale Trentina, prima di iniziare i recenti lavori delle due nuove Cen-trali idroelettriche di Toblino e di Fies, conta-va tre Centrali. La prima, sul torrente Fersina, entrò in funzione tra i primi impianti in Euro-pa, nel 1889; la seconda, sul fiume Sarca, a Fies, fu messa in esercizio nel 1909; la terza (a Dro) pure sul Sarca nel 1924.”Dalla rivista “Trentino”, aprile 1929 “I due nuovi impianti idroelettrici della Sit sul Sarca”.

“Il numero delle centrali in attività al 31 dicembre 1956 era in tutta la Regione di 268 con una complessiva potenza elettrica efficiente di oltre 2 milioni di kW e una producibilità me-dia annua di 6.739 milioni di kWh”.Da “L’economia industriale della regio-ne Trentino-Alto Adige. IV. L’industria elettrica.” Indagine diretta dal prof. Um-berto Toschi, Parte III: Monografie vol. II, Arti Grafiche Saturnia, 1958. Da CD ROM “La Sarca e l’energia”.

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drenaggio e inaridimento delle zone soprastanti, lasciando a secco quelle inferio-ri. Inoltre, la distribuzione dei benefici dell’idroelettrico, come spesso accade nello sfruttamento di risorse ambientali, sollevava dei conflitti.Il Consorzio dei Comuni Giudicariesi, in quegli anni, lo definiva “uno dei proble-mi più fondamentali ed importanti della Regione”. I danni dell’idroelettrico erano considerati “incalcolabili” e ne facevano le spese i bisogni della popolazione locale e le altre attività che dipendevano dal territorio. Per questo motivo, il Consorzio richiedeva un risarcimento economico. I seguenti documenti descrivono chiaramente il dibattito e i timori degli abitanti.

Dalla relazione svolta dal presidente del Consorzio dei Comuni della Provincia di Trento dott. Carlo Bleggi al Convegno di Pinzolo del 7 giugno 1965: “Lo sfruttamento idroelettrico del bacino dell’Alto Sarca”.

“Fino a questo momento la Valle di Genova e le montagne che le fanno corona sono rimaste non contaminate e saggiamente custodite dalle comunità locali; è nostro dovere evitare che questo patrimonio venga gravemente danneggia-to e tolto a quel suo naturale sviluppo come valorizzazione turistica, non sol-tanto alla nostra generazione, ma a quelle future. Non ci sembra giusto che un patrimonio tale debba o possa essere sfruttato per un solo scopo, quale quello elettrico-industriale che non crea ricchezza permanente fra le comunità locali, se non modesti e transitori benefici, ma anche riservato per lo sviluppo turistico a favore delle comunità valligiane residenti e a queste arreca una costante fonte di reddito per un auspicato sviluppo economico.”

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Dal testo “Ragguagli ed osservazioni in riguardo ad un importante problema del settore idroelettrico regionale presentate dal Consorzio dei Comuni Giudicariesi”; la lettera fu scritta dal rag. Alfiero Andreolli, in qualità di presidente del Consorzio dei Comuni Giudicariesi il 30 ottobre 1951.

“È da tutti risaputo che uno dei problemi più fondamentali ed importanti della Regione Trentino-Alto Adige è quello dello sfruttamento elettrico delle grandi ri-sorse idriche locali.L’importanza del problema non deriva soltanto dalla circostanza che sono in gioco ricchezze immense, ma soprattutto dal fatto che lo sfruttamento idrico su scala nazionale impoverisce talune vallate, al punto da comprometterle nel loro normale sviluppo. Ne è esempio impressionante la regione Giudicariese, ove tutti i corsi d’acqua, fino i più trascurabili, sono stati raccolti in sfruttamenti idrici grandiosi, toglien-dosi così alla regione stessa la possibilità di mantenere o di creare anche la più piccola centrale elettrica, con gravissime conseguenze sullo sviluppo dell’arti-gianato ed industria locali, forse compromesso per sempre.Ciò a prescindere dagli imponenti e notori danni cagionati all’agricoltura, la quale va a perdere i vantaggi dei tradizionali sistemi di irrigazione, e viene influi-ta dalle trasformazioni dell’ambiente con conseguenze incalcolabili.E tanto più il problema è grave, in quanto generalmente incide su popolazioni povere, le quali abbisognano per la loro vita di tutte le risorse locali, nessuna esclusa.”

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Impianti idroelettrici in un documento del 1958

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Profili schematici delle condotte sul Sarca e dal lago di Ledro

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Cartografia generale degli impianti idroelettrici del Sarca

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Exhibit “Il tunnel della Centrale”

La situazione degli impianti alla fine degli anni ’50 era la seguente:

Impianti in esercizio al 31 dicembre 1957

Comune e data d’inizio del funzionamento

Corso d’acqua derivato

Portata media

(mc/sec)

Salto teorico

(m)

Produzione media annua

(milioni di KWh)

Dro Dro (1923) Sarca 25,20 51,40 68,0

Fies Dro (1908-1930) Sarca 24,57 55,90 75,0

La Rocca Breguzzo (1954) Arnò 1,49 191,15 20,0

Nembia S. Lorenzo B. (1957) Sarca 12,54 55,18 39,0

Ponte Pià Stenico (1907-1955)Rii Bianco, Cugol,

Barbison0,868 164,5 9,0

Prabi Arco (1894) Sarca 5,031 5,05 2,0

Riva Riva s/G (1928 1956)Lago Ledro

Ponale3,30

0,476581,8243,6

85,0

S. Massenza Vezzano (1952-1956)A.Sarca-Molveno

Medio Sarca15,574

8,349553,0

202,70650,0

Varone Tenno (1908) Cascata Varone 0,337 91,50 1,5

Da “L’economia industriale della regione Trentino-Alto Adige. IV. L’industria elettrica.” Inda-gine diretta dal prof. Umberto Toschi, Parte III: Monografie vol. II, Arti Grafiche Saturnia, 1958. Da CD ROM “La Sarca e l’energia”.

In opposizione ad un ulteriore sfruttamento, che avrebbe coinvolto (e sconvolto) quasi tutti i laghetti di alta montagna, presero posizione numerosi enti ed asso-ciazioni quali Touring Club Italiano, Sovraintendenze, Italia Nostra, WWF, Ministeri, politici locali e non, CAI-SAT, semplici cittadini, giornalisti e uomini di cultura.Questa presa di posizione è un esempio concreto di consapevolezza delle risorse territoriali locali, espressione di cultura locale condivisa ed elemento fondamen-tale di un “paesaggio culturale”, come definito nei paragrafi precedenti.Frammenti di storia e anche un problema più che attuale, a cui si aggiunge una domanda di riflessione: fino a che punto è sostituibile una risorsa ambientale con un risarcimento od uno sviluppo economico?

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Per quel che riguarda le conseguenze più specificatamente connesse con la costruzione di un sistema di sfruttamento delle acque di così grande estensione come quello di S. Massenza va ricordato:

1. Il prosciugamento delle sorgenti, ed il conseguente abbassamento della falda freatica connesso alla minore portata riscontrabile sull’asta fluviale.

2. Lo stravolgimento del regime idrico del bacino.

3. L’aumento del pericolo d’inquinamento delle acque per la riduzione delle portate e quindi la minor capacità di diluizione dei fattori inquinanti con un peggioramento qualitativo delle acque stesse.

4. La modificazione degli ecosistemi dei laghi causata dall’immissione di grandi quantitativi d’acqua aventi temperatura notevolmente inferiore a quella del bacino.

5. La modificazione del microclima.

6. La riduzione del valore estetico del paesaggio, elemento d’importanza fondamentale in zone a vocazione turistica.

Da Atti del convegno “Il fiume: la sua vita, la nostra vita”, Gruppi spontanei delle Giudicarie, 1990.

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Exhibit “Il tunnel della Centrale”

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Approfondimento 2 - Risorse e territorio: risorsa idrica e sua gestione

Inquadramento climaticoPer comprendere meglio la risorsa idroelettrica accennata sopra, è utile soffer-marsi brevemente sul bilancio idrico del bacino del Sarca; vale a dire chiedersi quanta acqua è disponibile, o meglio: quanta acqua fluisce nel paesaggio del Sar-ca e come viene usata? Il bacino del Sarca copre una superficie di circa 1025 km2 e riceve in media 1180 mm di pioggia ogni anno (poco sopra la media provinciale, 1111 mm). Ovviamen-te esistono differenze nello spazio (tra i luoghi) e nel tempo (nelle stagioni, negli anni e anche durante gli stessi eventi di pioggia). Dal grafico delle precipitazioni medie mensili (per la provincia) si può notare un periodo più secco, in inverno, e due periodi più piovosi, a fine primavera e in autunno.

0102030405060708090

100110120130140

gen feb mar apr mag giu lug ago set ott nov dic

mm

Precipitazioni medie mensili nella provincia - dati da PGUAP, Piano Generale di Utilizzazione delle Acque Pubbliche (PAT, 2006)

Per il bacino del Sarca si possono notare delle differenze significative nella distri-buzione delle piogge tra i diversi luoghi. Le maggiori precipitazioni avvengono nella parte occidentale del bacino imbrifero e in un massimo localizzato nella zona di Madonna di Campiglio. Nelle precipitazioni medie di gennaio (variano da 21,6 a 73,7 mm di pioggia) e in quelle di ottobre (oscillanti tra 86,0 e 238,9 mm) si osservano gli stessi massimi. Ma nel mese più piovoso dell’anno (ottobre) la distribuzione delle precipitazioni si differenzia in modo più netto tra le zone che in quello meno piovoso (gennaio).

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Precipitazioni medie del mese di ottobre e di gennaio, temperature medie mensili annue (gennaio 1990-dicembre 1999)

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Due variabili che differenziano ulteriormente il paesaggio e i suoi processi sono la temperatura media annua (su 120 mesi) e la radiazione solare. Queste influen-zano direttamente il ciclo locale dell’acqua e il bilancio idrico generale (es. evapo-traspirazione). In generale la temperatura media è inversamente proporzionale alla quota, nella parte bassa del bacino si aggiunge l’effetto mitigatore del lago di Garda. La radiazione solare ha invece effetti più visibili sul clima locale o sul micro-clima, a scala di singolo versante delle montagne.

Gestione delle acque del Sarca Il Sarca, dopo 74 km di percorso, in corrispondenza della foce ha una portata media di circa 30 mc/sec su base annua. Poco a monte della foce viene restituita tutta l’acqua deviata dalle condotte nel circuito delle centrali, così che la porta-ta in questo punto è quella naturale. “Tale portata non è affatto disprezzabile ma lo scarto fra portate minime e massime a causa del suo carattere torrentizio può variare anche di 20 volte”, si scriveva in uno studio del 1922 (Ministero dei Lavori Pubblici - Consiglio Superiore delle Acque Pubbliche, vol. IV, anno 1922, fascicolo 4 annali, Tipografia del Senato, Roma). A quell’epoca a Pietramurata la sua portata media era di 25 mc al secondo, con magre normali di 11 e minime constatate di 5,5 mc. In quegli anni si doveva ancora costruire il sistema di cap-

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Mappa della radiazione solare media annua (gennaio 1990-dicembre 1999)

Mappa delle temperature medie, su 120 me-die mensili (gennaio 1990-dicembre 1999)

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tazione e sfruttamento idroelettrico di Santa Massenza. Emerge quindi che già prima delle derivazioni le portate del Sarca erano molto variabili, definendo un carattere (o regime) fortemente torrentizio. Oggi la portata del Sarca è in gran parte programmata a tavolino in base alle esigenze della rete elettrica nazionale e degli altri utilizzi. L’utilizzo delle acque del Sarca, la loro ripartizione tra utenti è oggi disciplinata e coordinata dal Piano Generale di Utilizzazione delle Acque Pubbliche (PGUAP). Con tale Piano emanato con decreto del Presidente della Repubblica nel 2006, la Provincia autonoma di Trento disciplina l’uso della risorsa idrica (derivazioni e attingimenti) e la regolazione dei corsi d’acqua. Il PGUAP è anche una notevole raccolta di dati, analisi e pareri elaborati da Enti locali trentini, Autorità di Bacino del Po, dell’Adige e dell’Alto Adriatico, due Regioni limitrofe e dalle parti sociali interessate negli utilizzi delle acque. Il Piano, infatti, raccoglie le più aggiornate conoscenze sulla disponibilità e utilizzazione della risorsa idrica ed evidenzia le interrelazioni esistenti fra essa, i bisogni della popolazione, la qualità dell’ambien-te e del paesaggio.

Derivazioni idriche nel bacino del Sarca - elaborazione da dati PGUAP (PAT, 2006)

Idroelettrico Non - Idroelettrico

Superficiali e sorgenti (m3/s) 79,82 14,61

Acque sotterranee (m3/s) - 6,76

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Un’altra fonte di alimentazione parti-colarmente significativa è la falda sot-terranea, nella doppia veste di riserva idrica pregiata e di accessibile fonte di approvvigionamento per le varie atti-vità, in particolar modo nei fondovalle più ampi. Le portate prelevate dal sottosuolo mediante i circa 5.000 pozzi presenti in Trentino, possono essere quantifi-cate in circa 60 m3/s, corrispondenti ad un volume annuo su tutto il territo-rio di 1,9 miliardi di m3 (Tabella 3).

Agricolo Civile Industriale Pescicoltura Altro TotaleBacino [m3/s] [m3/s] [m3/s] [m3/s] [m3/s] [m3/s]Adige 18,10 16,69 5,21 0,31 0,95 41,25Avisio 0,20 0,15 0,30 0,30 0,06 1,01Brenta 1,76 0,88 0,69 1,03 0,1 4,46Chiese 0,13 0,11 0,28 2,65 3,17Fersina 0,34 0,67 0,14 0,09 0,07 1,31Noce 0,48 0,88 0,32 0,20 0,03 1,92Sarca 2,99 1,03 1,96 0,65 0,142 6,76Cismon 0,04 0,03 0,01 0,08Vanoi 0,04 0,04Astico 0,01 0,01Cordevole 0,06 0,06Totale Provincia 24,00 20,46 9,01 5,21 1,38 60,07

Tabella 3: Derivazioni idriche con prelievo da acque sotterranee

Le portate riferite ai prelievi d’acqua dalla falda sotterranea mediante poz-zi, come evidenziato dal Piano, risul-tano alquanto approssimate in quanto il catasto dei pozzi nel 2002 non con-teneva tale valore che quindi è stato desunto dalla capacità delle pompe in-stallate. Aggregando le portate ricava-te dalle concessioni idriche riferite sia ad acque superficiali che sotterranee, si ricavano le proporzioni tra le prin-cipali tipologie d’uso come rappresen-tate nella figura.

Entrando nel merito dei singoli usi, per quelli idroelettrici si può eviden-ziare la capillare presenza sul territo-rio di grandi e piccoli impianti, attra-verso i quali si realizza una produ-zione energetica annua che si attesta mediamente sui 4 miliardi di chilowat-tora. Tale produzione è fornita per la quasi totalità dalle grandi derivazioni idroelettriche, costituite da circa 25 centrali, che vengono alimentate me-diante la derivazione da circa 160 ope-re di presa. Riguardo agli utilizzi agricoli si può af-fermare che il quantitativo complessi-vamente concesso è superiore all’effet-tivo fabbisogno irriguo del territorio

agricolo trentino, stimato dal Piano generale di utilizzazione delle acque pubbliche, nella misura di 21,1 m3/s. Si deve però tener conto del fatto che le utilizzazioni agricole private sono ancora molto diffuse (22,9 m3/s), in particolare nelle zone di fondovalle o nelle zone decentrate rispetto a quel-lo con maggiore vocazione agricola, e complessivamente sono prevalenti sia come numero che come portate complessivamente concesse, rispetto a quelle consorziali (15,7 m3/s); questo comporta certamente la mancanza di quelle economie idriche di scala rap-presentata dalla gestione consorziale. Bisogna inoltre sottolineare come,

Portate concesse per i principali usi con prelievo sia da acque superficiali che sotterranee

Portate concesse in Provincia di Trento per i principali usi, con prelievo sia da acque superficiali che sotterranee - dati da PGUAP, Piano Generale di Utilizzazione delle Acque Pubbliche (PAT, 2006)

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Dettagli di derivazione idrica non idroelettrica (in m3/s) - da dati PGUAP (PAT, 2006)

Agricolo Civile Industriale Pescicoltura Innevamento Altro

Superficiali e sorgenti (m3/s) 2,24 1,96 0,59 9,71 0,001 0,09

Acque sotterranee (m3/s) 2,99 1,03 1,96 0,65 - 0,142

Percentuale del non-idroelettrico 24,5% 14,0% 11,9% 48,5% 0,0% 1,1%

Attualmente l’utilizzo idroelettrico interessa quasi l’80% delle acque del bacino del Sarca, poco meno della percentuale a scala provinciale. Tra gli utilizzi non idroelettrici la pescicoltura interessa quasi la metà dell’acqua, a seguire ci sono l’agricoltura, l’uso civile e l’utilizzo industriale. Ovviamente ognuno di questi utilizzi “consuma” acqua in modo diverso. A parte le quote perse per vaporizzazione (processi industriali) o assor-bimento vegetale ed evapo-traspirazione (agricoltura), la maggior parte dell’acqua prelevata viene restituita a valle dell’utilizzo. Ciò che cambia è la qualità dell’acqua in uscita (es. scarichi delle vasche di allevamento, scarichi fognari, scarichi industriali). Questa qualità influenza l’usabilità dell’acqua per altri utenti, inclusi gli ecosistemi. Le norme di attuazione del Piano hanno il concreto obbiettivo di armonizzare il ciclo artificiale con il ciclo naturale delle acque, di salvaguardare la disponibilità e l’uso delle risorse idriche insieme alla qualità ecologica e paesaggistica degli ambienti acquatici, di potenziare la difesa del suolo, la funzionalità idrologica e la sicurezza idraulica del territorio (PGUAP, 2006). In altre parole, il Piano si propone di rispondere alle nuove esigenze eco nomiche e di qualità della vita delle popo-lazioni trentine secondo i principi dello sviluppo sostenibile. Il risultato atteso è quello di migliorare i processi che condizionano la disponibilità e la qua lità at-traverso l’incentivazione di un uso sostenibile ed il risparmio delle risorse idriche superfi ciali e sotterranee. La strategia complessiva del Piano si articola in cinque strategie e relative azioni:1. razionalizzazione degli usi idrici (es. bilancio idrico come strumento di valuta-

zione delle concessioni, riduzione delle perdite);2. salvaguardia delle riserve pregiate (es. protezione dei ghiacciai, limitazioni d’u-

so dei laghi in quota, contenimento dei prelievi dalle falde acquifere);3. aumento diffuso della qualità delle acque (es. incremento dei deflussi minimi

vitali, rinaturalizzazione degli alvei, potenziamento della rete di depurazione);4. riduzione del rischio idrogeologico (es. nuova disciplina urbanistica delle aree

a rischio);5. miglioramento degli ecosistemi fluviali (es. tutela urbanistica degli ambiti flu-

viali, promozione delle tecniche di ingegneria naturalistica).Tra i risultati più visibili dell’attuazione del Piano vi è la garanzia (obbligo per i gesto-ri delle centrali idroelettriche) di conservare una minima portata nei torrenti definita sulla base delle esigenze degli ecosistemi. Questo è il significato di Deflusso Mini-mo Vitale (DMV): una portata minima garantita per permettere la sopravvivenza di ecosistemi, pesci ed altri esseri viventi che dipendono dall’acqua di fiumi e torrenti.

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Suggerimento didattico 13 - “lampadina... ad acqua: effetti lontani di diStrazioni vicine”

ObiettivoOsservare che tra torrenti, laghetti, valli, o per canalizzazioni e centrali idroelettri-che, il ciclo dell’acqua è interamente connesso, senza interruzioni.Le modifiche su una parte influenzano tutte le altre parti, attraverso una catena di cause ed effetti. Tali modifiche solitamente innescano effetti da monte a valle. Un primo esempio molto visibile: lo sbarramento di laghi e torrenti modifica il regime idraulico del corso d’acqua a valle. Quali sono le conseguenze secondarie o indirette? Alcune azioni possono avere effetti in qualche modo da valle a monte. Per tenere accesa una lampadina da 100 W si deve far cadere approssimativamente da un’al-tezza di 10 metri un litro di acqua ogni secondo. E quando l’acqua è pregiata...Sprecare elettricità significa tenere in funzione più a lungo una centrale idroelet-trica, quindi deviare più acqua dai laghi in quota verso le condotte. Quali sono gli effetti indiretti di lasciare una luce accesa per nulla? Quanti litri devono scorrere per soddisfare i consumi della classe, della casa o della scuola?

SvolgimentoSi propone una lettura attenta dei consumi energetici della scuola, per almeno alcuni mesi richiedendo la bolletta elettrica o l’accesso ai contatori della scuola. Sarebbe interessante verificare dei cambiamenti in diversi periodi dell’anno (es. in alcune settimane di inverno e di primavera, magari prima e dopo un percor-so educativo sul risparmio energetico). Sarebbe inoltre didatticamente efficace rendersi conto di cosa vuol dire un litro d’acqua al secondo facendo prove con i rubinetti nella scuola, misurando la velocità di riempimento di un secchio o di una bacinella con un cronometro (dopo aver graduato il recipiente).

MaterialiUna breve scheda usata per il rapido calcolo sopra esposto e contenente interes-santi approfondimenti è scaricabile all’indirizzo:www.energialab.it/downloads/Schede/idroelettrica.pdf

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ConclusionePaesaggio del Sarca, bene comune

"Paesaggio” designa una determinata parte di territorio, così come è percepita dalle popolazioni, il cui carattere deriva dall'azione di fattori naturali e/o umani e dalle loro interrelazioni... componente essenziale del contesto di vita delle popolazioni,

espressione della diversità del loro comune patrimonio culturale e naturale e fondamento della loro identità.

da “Convenzione Europea del Paesaggio”, artt. 1 e 5

Il territorio ad oggi risulta essere una delle nostre risorse più preziose, fondamen-tale per la produzione alimentare, l’energia, il turismo, il tempo libero e l’abita-zione. La diversificazione della produzione, suoli di buona qualità, disponibilità di risorse idriche di qualità sul lungo termine e una ricca biodiversità sono la mi-gliore assicurazione contro i cambiamenti climatici, le infestazioni delle colture, le epidemie del bestiame ed anche una protezione dalla fluttuazione dei prezzi dei beni agricoli sul mercato mondiale.I territori del fondo valle alpino stanno subendo rapidi cambiamenti. Spesso que-sti cambiamenti sono caratterizzati da una ridotta prospettiva delle strategie che si concretizza in una diffusione delle aree residenziali, produttive e delle infra-strutture, che si contendono reciprocamente lo spazio limitato a scapito di altri usi e degli ecosistemi. Il paesaggio è un bene comune, allo stesso tempo privato e pubblico. Da esso dipende la nostra qualità di vita, a sua volta esso dipende dalle nostre attività. La conservazione e valorizzazione di questo bene comune dipende dalla sua cono-scenza e dalla nostra fruizione consapevole. Il paesaggio culturale del Sarca, emergente dall’uso storico delle proprie risorse territoriali, non è immune da questi processi. Un paesaggio ecologicamente so-stenibile richiede che la sua futura struttura possa supportare i processi ecologici che hanno contribuito a formarlo, a produrre le risorse locali e a facilitarne la frui-zione. In queste pagine, e lungo la mostra, abbiamo visto dove nasce il Sarca e il percor-so nascosto delle sue acque sotto le montagne e nelle condotte. Abbiamo pro-vato ad ascoltare e ricordare i suoni dell’acqua nei suoi ambienti e nel nostro uso quotidiano. E ci siamo chiesti che sapore ha la nostra acqua, se è diversa da quella imbottigliata a tanti chilometri di distanza. Sbirciando dai tubi di una condotta abbiamo intuito come tutto sia collegato, allacciato non solo da fili elettrici ma da catene di cause ed effetti, che qualche volta “salgono” da valle a monte: quando per esempio una luce lasciata accesa inutilmente richiede di derivare e “intubare” più acqua dai torrenti.

Conclusione Paesaggio del Sarca, bene comune

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Abbiamo poi viaggiato nella storia antica e recente dei rapporti dell’uomo con il Sarca. L’uomo ha sfruttato da secoli la potenza motrice delle sue acque, mentre doveva contemporaneamente affrontare la sua potenza distruttrice, riparandosi dal suo carattere torrentizio e riparando ripetutamente i danni delle sue piene. Per comprendere meglio questa storia abbiamo dato un rapido sguardo alle diverse rappresentazioni cartografiche delle sue foci. La storia giunge a noi con i prodotti locali, tradizionali ed originali risorse di questo territorio, oggi valorizzati nei per-corsi enogastronomici. La storia riparte da qui. La conservazione e valorizzazione del paesaggio riguardano l’intero territorio, tut-ti “gli spazi naturali, rurali, urbani e periurbani... sia i paesaggi che possono essere considerati eccezionali, sia i paesaggi della vita quotidiana”. Se una risorsa è dimenticata o non più utilizzata (es. un prodotto agricolo locale, o un negozio preferito) scompare il contesto che l’ha generata (la campagna, la piccola attività commerciale). Ad esempio se un parco urbano è evitato dalla mag-gior parte delle persone, per paura o disinteresse, quel parco sarà progressiva-mente abbandonato, ne risentirà la sua manutenzione. Infine, diventerà davvero trascurato, meno attraente, e sarà ancora meno frequentato. Così se passiamo velocemente e superficialmente nel territorio del Sarca, se di-mentichiamo le relazioni, i processi, se trascuriamo di conoscere e usare le sue risorse, il Paesaggio Culturale del Sarca potrà scomparire. Appariranno altri pa-esaggi, ma con altre caratteristiche, forse basati su diverse risorse o usi differenti delle stesse. Questi paesaggi saranno più o meno stabili, durevoli, nella misura in cui saranno compatibili con i processi ecologici nel territorio, nella misura in cui saranno complementari ai desideri e bisogni di tutti i suoi abitanti.

Il paesaggio chiede di essere il ritratto di una società.

Mosè Ricci, architetto

Conclusione Paesaggio del Sarca, bene comune

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SECONDA PARTESara Maino

“Voci del fiume”Ricerca sonora sulle genti e l’ambiente del fiume Sarcadalla Val di Genova a Torbole sul Garda

Si apprende con l’udito ossia in modo più immediato che dalla parola scritta ...con l’udito si riceve la parola, o il gemito, il sussurro che ci è destinato.

Maria Zambrano, Chiari del bosco

Presentazione“Voci del fiume” è una ricerca sulle fonti orali e sui suoni dell’ambiente del fiume Sarca, finalizzata alla realizzazione di una rappresentazione sonora, della durata di cinquanta minuti, per la mostra “Quattro passi nel fiume”.La ricerca ha preso spunto dal desiderio di ampliare gli obiettivi della mostra, inse-rendo anche una visione storica del paesaggio fluviale, con l’ausilio di fonti orali. Le testimonianze raccolte si propongono di arricchire ed integrare le informazioni proposte negli exhibit del percorso espositivo. Accanto alle analisi del fiume e del suo ambiente dal punto di vista geologico, climatico, culturale, perché non consi-derare allora anche le storie, inscritte nella geografia di quel territorio, raccontate direttamente dalla viva voce delle persone?Scopo dell’indagine è la rappresentazione sonora di un paesaggio culturale ed umano fra passato e presente, che contribuisca a testimoniare le trasformazioni del Territorio e i cambiamenti nell’uso della risorsa Acqua.

Percorso del fiume Sarca

Seconda parte Ricerca sonora sulle genti e l’ambiente del fiume Sarca dalla Val di Genova a Torbole sul Garda

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Il progetto di raccolta e di elaborazione dei suoni e delle vociIl progetto di ricerca e raccolta delle fonti orali si è svolto nel mese di aprile 2008.Il fiume Sarca, indagato nel paesaggio umano che fa da cornice al suo fluire, è il protagonista di queste storie, raccolte attraverso il metodo dell’intervista. Le per-sone intervistate sono tredici adulti ed una decina di bambini. Esse sono state scelte tra la gente delle numerose comunità fluviali nel tratto compreso tra la Val di Genova e Torbole sul Garda, cioè tra la Sorgente e la Foce del Sarca. Le loro testimonianze, le loro memorie e le loro storie sono, a vario titolo, lambite dalla vita del fiume, in un periodo di tempo che va dal 1950 al mese di aprile 2008.

ObiettiviAlcuni degli obiettivi alla base di quest’indagine sonora: rintracciare e valorizzare aspetti della memoria individuale e collettiva nelle varie attività umane legate al Sarca, nelle trasformazioni sociali ed economiche avvenute nella seconda metà del Novecento ed in epoca recente; ricercare come sia cambiata anche la perce-zione dell’ambiente fluviale; dare voce alla voce delle comunità, alle storie che consentono di ritrovare tratti comuni nei racconti della gente.L’indagine racchiude le voci di generazioni diverse, stimolate a raccontare e a rac-contarsi sullo sfondo del fiume Sarca, a narrare i cambiamenti di un paesaggio culturale passato e presente. Anche attraverso i racconti orali della sua gente, il fiume richiama all’attenzione e alla consapevolezza dell’ambiente in cui viviamo e al patrimonio della collettività, materiale ed immateriale, che siamo chiamati a custodire e a difendere.

Installazione “Voci del fiume”

Seconda parte Ricerca sonora sulle genti e l’ambiente del fiume Sarca dalla Val di Genova a Torbole sul Garda

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ElaborazioneDopo la raccolta delle interviste, la loro trascrizione scritta, che va riconsegnata all’intervistato per la sua approvazione, e il riversamento su computer, si passa al montaggio vero e proprio delle storie sonore, attraverso un editor come Final Cut, o Sound Studio oppure Audacity. Ogni storia può contenere più voci, suoni e rumori dell’ambiente, che illustrano le fasi più salienti dei cambiamenti e delle trasformazioni nel paesaggio, nel modo di vivere un ambiente.La voce del fiume è, dunque, il filo conduttore di questa opera sonora, laborioso prodotto di un lungo processo di ascolto, selezione e commistione. L’ascoltatore potrà immergersi in questo paesaggio sonoro traendone, di volta in volta, di sto-ria in storia, di onda in onda, ricche e vitali suggestioni.

Rino Battisti, una delle persone intervistate, mostra il manifesto “La Sarca”, iniziativa di sensibi-lizzazione per la difesa del fiume svolta negli anni ‘80 del Novecento ad Arco

Seconda parte Ricerca sonora sulle genti e l’ambiente del fiume Sarca dalla Val di Genova a Torbole sul Garda

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I temi delle interviste e dell’opera sonora “Voci del fiume”È il fiume Sarca, o “la Sarca”, il protagonista delle sei storie, destinate all’installazio-ne raffigurata, che racchiudono le voci di generazioni diverse.

Toccando leggermente uno dei pannelli, dove indicato dalla manina, si dà inizio all’ascolto di una traccia sonora.

Installazione “Voci del fiume”

Pannello dell’installazione

Seconda parte Ricerca sonora sulle genti e l’ambiente del fiume Sarca dalla Val di Genova a Torbole sul Garda

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Ecco i temi dei sei pannelli sonori:

L’ambiente: la voce della gente

Temi: il rapporto col fiume, com’è cambiato l’ambiente, il fiume come il mare, sul Sarca con Franca Rame, quando le donne lavavano i panni nei fiumi.Testimonianze di: Anna Mosca, Caderzone; Z.A. Tione; Gilberto Nabacino, Tione; Alvise Vittori, Trento; Stefano Trenti, Arco; Paolo Serafini, Ponte Arche; Maria Ap-polloni, Ponte Arche.Durata traccia: 7’32.

Gita in Val di Genova: la voce dei bambini

Temi: emozioni sull’acqua, un progetto didattico, “la Sarca”, le ‘scoperte’ scientifi-che dei bambini e delle bambine, i sassi.Testimonianze di: bambini e bambine delle classi primarie della Val Rendena, una maestra, una operatrice del Parco Naturale Adamello Brenta durante una uscita in Val di Genova.Durata traccia: 6’55.

La paura delle piene: la voce degli anziani

Temi: nostalgia di un rumore, le piene del Sarca, le passerelle sul fiume nelle Giu-dicarie.Testimonianze di: Maria Appolloni, Ponte Arche; Paolino Scalfi, Preore; Gilberto Nabacino, Tione; Al-vise Vittori, Trento; Z.A., Tione.Durata traccia: 8’08.

Le centrali: la voce dei tecnici

Temi: le centrali idroelettriche, le dighe, le captazioni, i rilasci.Testimonianze di: Alvise Vittori, Trento; Gilberto Nabacino, Tione; Rino Battisti, Arco; Anna Mosca, Caderzone; Maria Appolloni, Ponte Arche; Stefano Trenti, Arco.Durata traccia: 8’53.

Seconda parte Ricerca sonora sulle genti e l’ambiente del fiume Sarca dalla Val di Genova a Torbole sul Garda

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Attività economiche: la voce degli artigiani

Temi: la pescaia e la pescicoltura di Torbole, attività economiche a Tione e Ponte Arche, la vetreria e la pescicoltura di Tione, l’antica vetreria di Carisolo.Testimonianze di: Alvise Vittori, Trento; Gilberto Nabacino, Tione; Maria Appolloni e Paolo Serafini, Ponte Arche; Manuela Bonfioli, Carisolo.Durata traccia: 9’37.

La pesca, ieri e oggi: la voce degli appassionati

Temi: come si diventa pescatori, le risalite della trota lacustre, il sistema delle cac-ciate, la qualità dell’acqua, i guardiani del fiume, la valorizzazione di un territorio, la forra del Limarò - il parco fluviale, come è cambiata la pesca.Testimonianze di: alcuni bambini dell’Alta Val Rendena; Stefano Trenti, Arco; Alvise Vittori, Trento; Paolo Serafini, Ponte Arche; Maria Appolloni, Ponte Arche.Durata traccia: 7’17.

Seconda parte Ricerca sonora sulle genti e l’ambiente del fiume Sarca dalla Val di Genova a Torbole sul Garda

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Suggerimento didattico 14: come Si può Svolgere un’interviSta?

Ci sono diversi modi per intervistare una persona. Proverò a descrivere il metodo che ho seguito per farmi raccontare le storie che costituiscono la Storia delle “Voci del fiume” i cui brani sono contenuti in questo catalogo.Nel mese di aprile 2008, dopo parecchie telefonate a biblioteche, enti e parchi, ho finalmente contattato alcune persone da intervistare. Ho preso la mia auto e mi sono recata varie volte nelle Valli Giudicarie, in Val Rendena e in Val di Genova, lì dove nasce il Sarca. Per ogni giornata avevo fissato almeno due o tre interviste, lasciando del tempo a disposizione tra l’una e l’altra per fare domande alla gente, contattare altre persone e raccogliere ulteriori testimonianze.

ObiettivoRaccogliere e valorizzare la storia di vita di una e più persone, come metodo di conoscenza umana, storica, culturale di un luogo, ambiente, città o tema partico-lare. Obiettivo specifico: educare alla capacità di ascolto e di relazione, affinare il desiderio di ricerca e di trasmissione dell’esperienza di vita.

MaterialiPer intervistare qualcuno occorrono: un registratore digitale, un quaderno di ap-punti e una penna, per segnare ciò che vi colpisce e tanta pazienza e voglia di ascoltare.

SvolgimentoPersonalmente ho imparato un metodo che si chiama qualitativo e consiste nell’evitare di tempestare di domande il testimone; bisogna attendere, lasciargli, o lasciarle il tempo necessario affinché il ricordo emerga e abbia voglia di essere raccontato. Così ogni intervista dura più o meno due ore. Naturalmente dovrete prepararvi in anticipo una scaletta di domande di riferimento, a seconda dell’argomento che avete scelto.Si comincia chiedendo al testimone di raccontare chi è, quando è nato e da dove viene, tanto per inquadrare la sua storia di vita in una cornice temporale, sapere quanti anni ha e che tipo di esperienze ha avuto.Potete sperimentarlo anche voi, provando ad intervistarvi a turno, in classe, o ad intervistare la maestra o i vostri nonni.Ma non dobbiamo farci prendere dalla fretta: bisogna avere la pazienza di farsi raccontare spontaneamente i fatti, fino ad arrivare a quelli che più ci interessano, come questo, ad esempio:

Seconda parte Ricerca sonora sulle genti e l’ambiente del fiume Sarca dalla Val di Genova a Torbole sul Garda

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AV: [...] Quando io ero ragazzino il fiume era sempre imponente. D’estate, me lo ri-cordo, arrivava quasi al bordo del prato. Perché d’estate si scioglieva la neve e quand’era la sera aumentava di un metro o due il fiume. Veniva giù un’acqua...una bella acqua! [...] Mi ricordavo un fiume e qui, oggi, ce n’è un altro.

ST: Mi ricordo che mia mamma andava a lavare i panni nel Rimone quando io ero ragazzino. [...] Come mia mamma c’erano tante altre signore del paese di Pietra-murata che andavano a lavarsi i panni nel Sarca e nel Rimone. In quegli anni là sicuramente anche verso il paese di Dro e di Arco le signore andavano a lavare i panni nel fiume.

Col passare del tempo e con la fiducia che si instaura tra chi ascolta e chi raccon-ta, avvengono delle cose straordinarie. Perché quando una persona, anziana o giovane che sia, si mette a raccontare di sé, delle proprie esperienze e capisce che si può fidare e che la sua storia sarà custodita, accade che ti trasmetta delle emozioni uniche, degli insegnamenti, anche. Succede che la sua storia individuale diventa un po’ anche la nostra, o ci ricorda in qualche modo la storia di qualcun altro; diventa di tutti.Ecco per esempio:

PSe: Mi è capitato ancora di vedere nella zona di Dro, Ceniga, dove c’è quel bellissimo ponte romano, lì sotto c’è la gente che va in spiaggia. [...] Noi andavamo e an-diamo in mezzo alla val Marcia a Lisana a fare il bagno d’estate. Ed è una delle mete dove i giovani vanno.

GN: In riva al fiume c’è una chiesetta in località Vat, e sotto c’è un gorgo molto gran-de, che noi in dialetto chiamiamo boion, dove tutti i tionesi da ragazzi andava-no a fare il bagno. Il mese di agosto era pieno di ragazzi. Per il resto dell’anno ben difficilmente circolavano da quelle parti.

AV: Io lì a Linfano... da ragazzo s’andava di corsa a fare il bagno nel Sarca, perché era più comodo e più vicino, con l’acqua freddissima. [...] Poi, beh, ho fatto anche l’attore cinematografico sul Sarca!

Ognuno racconta quel che ricorda, quel che ha vissuto. La propria vita. Tante testi-monianze possono concorrere a ricostruire un quadro, un affresco di un periodo, che contribuiscono, insieme alle altre testimonianze, documenti storici, cartogra-fie, immagini, videoriprese, a conservare la memoria di come eravamo. Ciò può insegnare qualcosa di diverso dalla nostalgia: può rappresentare un modello di vita da tenere presente per vivere ora e costruire il futuro con più consapevolezza. Dare un passato al futuro, ecco. Sul rapporto con la natura, l’ambiente ed il fiume. Sul rapporto con la gente, con le cose.Nel nostro caso abbiamo costruito il quadro di un fiume, il Sarca, che era un fiume libero e selvaggio, con le proprie regole e per questo faceva anche paura. Un fiu-me che dagli anni ’50 in poi è stato oggetto di prelievi per la costruzione delle cen-

Seconda parte Ricerca sonora sulle genti e l’ambiente del fiume Sarca dalla Val di Genova a Torbole sul Garda

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trali idroelettriche; il bisogno di lavoro, di inventare delle attività economiche che sostituissero quelle vecchie ha modificato profondamente l’ambiente fluviale:

GN: [...] In tutte le Giudicarie non c’è un torrente che non sia stato captato. RB: [...] hanno smembrato l’acqua. E lì hanno portato via una ricchezza, ma è stata

una ricchezza per l’Italia. L’hanno ben adoperata. Pensa in proposito che quan-do è andata in funzione la centrale Santa Massenza, la prima che è andata in funzione, allora addirittura esportavamo corrente in Francia.

AV: [...] effettivamente importante allora era che ci fossero queste società idroelet-triche che facevano le dighe e la gente che poteva andare a lavorare, veder una lira. Quello era un po’ il motivo, senza critiche, perché così era la vita.

Il fiume è sostanzialmente cambiato:

AV: [...] come è modificato? In maniera, direi, fondamentale. La prima cosa che si cercava di fare era la cosiddetta bonifica, cioè rettificare il fiume. [...] Più il per-corso è lungo più hai autodepurazione e la possibilità, sotto l’aspetto pescato-rio, di produrre più proteine. [...] Fonte primaria è fonte di energia. E allora qui cominciamo a vedere la snaturalizzazione di quel che è il percorso del fiume, l’uso dell’acqua. Nell’ambito del Sarca non abbiamo salvato neanche un fiumi-ciattolo, che non sia captato sopra o sotto, in modo da essere non più naturale al cento per cento.

GN: [...] sono stati eretti degli argini al Sarca, quindi è stato irregimentato. Anche qui la parte naturale se ne va. Anche su queste opere ci sarebbe da discutere. Se da un lato proteggono l’attività umana, perà dall’altra forse il fiume avrebbe biso-gno di esondare con le sue piene.

Ed è cambiato pure il rapporto con il fiume:

AM: [...] il rapporto col fiume è cambiato. Noi abbiamo tanta villeggiatura, d’estate tu vai al nostro campo sportivo (a Caderzone) col fiume che passa molto vicino, i turisti scendono, sempre col preavviso, non si sa mai che rilascino la diga in val Genova. Ci sono moltissimi bambini, anche signore, che vanno lì e fanno, dicia-mo, la spiaggia! Perché i bambini giocano con la sabbia... [...] I locali non è che abbiano tanto tempo per questo, perché quando noi abbiamo il turismo siamo anche più impegnati. [...]

ZA: [...] certo l’acqua è scarsa. Vedo che anche la gente lungo il fiume ci va, a volte a prendere il sole. Pescatori adesso scarseggiano, un tempo se ne vedevano molti. C’erano un sacco di stradine in fondovalle, lungo il Sarca. Non erano asfaltate, erano di terra battuta, si girava molto bene a cavallo. Poi hanno incominciato ad asfaltarle ed è diventato difficile percorrerle.

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Si approfondisce il punto di vista della gente sul fiume sotto vari aspetti:

AV: La popolazione come vedeva il Sarca? Lo vedeva come qualcosa da temere, quando c’erano queste piene improvvise; lo vedeva come apportatore di limo fertile nelle varie ischie che si susseguono nel corso del fiume; lo vedeva come pesca, cioè come proteine alla popolazione. [...] chè erano valli che facevano fa-tica ad andare avanti, insomma emigravano. Però il Sarca in sé stesso qualcosa dava. La gente non moriva di fame; l’ho visto anche in altre zone del Trentino, pescavano qualcosa, con le mani magari.

AM: [...] Prima (il fiume) lo sentivamo nostro (quando potevamo accedere all’alveo). [...] Io faccio la ciclabile Caderzone-Mortaso e nel passare ogni volta osservo i pescatori o qualche uccellino che è proprio lì su un sassolino o su un sassone. Ti vedi questo piccolino lì che aspetta o che cinguetta e mi godo questa cosa, soprattutto all’imbrunire.

E poi, potete anche fare delle domande mirate, senza mai interrompere, mi racco-mando! Semmai cercando di dirigere “dolcemente” il testimone verso l’argomen-to che desiderate. Posso assicurarvi che avvengono dei miracoli, talvolta, perché il testimone si mette a raccontare proprio quello che avreste voluto sentire. È una tecnica fortemente educativa, vi insegna ad ascoltare attentamente una persona che potrebbe scegliervi come depositaria della sua storia. E questo vi rende unici e rende unico il rapporto che si stabilisce con quel testimone.È qualcosa di magico. Come quando la vostra mamma vi raccontava le favole. A me accade così anche adesso, anche se sono grande. Al posto delle favole ci sono le storie delle persone. A volte si fa fatica ad ascoltare, a volte meno. Ma è un mon-do tanto ricco quello delle storie!

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NotaTutti i frammenti di interviste sono presi dalla rappresentazione sonora “Voci del fiume”. Per consentire la maggiore divulgazione di un progetto come questo, si possono inventare tante modalità diverse per proporre le voci raccolte e trasfor-mate in storie: spettacoli teatrali, installazioni, trasmissioni radiofoniche, sul Web, il podcasting.Per approfondimenti si veda il set fotografico su Flickr, su cui trovare le immagini dell’exhibit “Voci del fiume” e un audio di esempio da ascoltare:http://www.flickr.com/photos/saramaino/sets/72157605682337271/

Bambino: (se ascolto l’acqua) ... mi viene in mente la vita, la bellezza...Maestra: [...] che rumore fa l’acqua?B: ...fa lo sgorgo.B: [...] eccolo! Che bello! Tieni questo sasso, non lo fare cadere. Due,

quattro anche!Maestra: c’è un’acqua cristallina!B: quello là ho visto che è andato contro un plecottero. Io ne ho trovato uno!Operatrice Parco Naturale Adamello Brenta: questo qua è un predatore.Maestra: La qualità di questi progetti è proprio quella di sensibilizzare i bam-

bini a vedere il loro ambiente naturale in modo diverso e anche a comprendere che questa Sarca che loro sentono è il loro fiume, il fiume che attraversa la loro valle.

B: guarda che bello questo sasso!!B: e cosa c’entra!

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Il percorso del fiume Sarca sulla mappa di Google con i luoghi dove sono state raccolte le 13 interviste per la ricerca Voci del fiume:http://maps.google.it/maps/ms?ie=UTF8&hl=it&source=embed&msa=0&msid=106582610283508702527.00044c3f78f1cd0ce2db6&ll=46.026397,10.926418&spn=0.553985,1.060181&z=10

Dal portale Flickr, una mappa con le foto dell’installazione Voci del fiume e la sua collocazione:http://www.flickr.com/photos/saramaino/2492518827/in/set-72157605682337271/

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Riferimenti bibliografici e approfondimenti

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Lorenzi E., 1932, Dizionario toponomastico tridentino, rist. Forni, Sala Bolognese (Bo)Malpaga L., Mussi D. (a cura di), 2004, La difesa dalle alluvioni nella Judicaria - Viaggio alla riscoperta delle opere di sistemazione idraulica e forestale nelle valli del Sarca e del Chiese, Centro Studi Judicaria, Tione di TrentoMantovani S. (a cura di), 2006, La ricerca sul campo in educazione. I metodi qualitativi, Bruno Mondadori, MilanoMastrelli Anzilotti G., 2003, Toponomastica trentina: i nomi delle località abitate, Provincia autonoma di Trento - Servizio beni librari e archivistici, TrentoMottana A., Crespi R., Liborio G., 1996, Minerali e rocce, Arnoldo Mondadori, MilanoMussi D., Nabacino G. (a cura di), 2007, L’allevamento bovino nelle Giudicarie tra ‘800 e ‘900, Judicaria n. 66 Dicembre 2007, Centro Studi Judicaria, Tione di TrentoOlagnero M., Saraceno C., 1993, Che vita è. L’uso dei materiali biografici nell’analisi sociologica, Carocci, RomaPAT, 2005, Progetto ARCA - Archivio Storico online degli Eventi Calamitosi della Provincia Autonoma di Trento, http://www.protezionecivile.tn.it/arcaPAT, 2006, Piano Generale di Utilizzazione delle Acque Pubbliche (PGUAP) - Relazione illustrativa, Trento, pp.80 (www.pguap.provincia.tn.it)Pelli M., 2004, Dentro le montagne: cantieri idroelettrici, condizione operaia e attività sindacale in Trentino negli anni cinquanta del Novecento, Fondazione Museo Storico del Trentino, TrentoPortelli A., 1985, Biografia di una città, Einaudi, TorinoPortelli A., 2001, Quando le parole vengono incontro. In: Mi ricordo, supplemento a Diario della settimana, 27 gennaio 2001, http://dust.it/articolo-diario/quando-le-parole-vengono-incontro/Portelli A., 2002, Un lavoro di relazione. Osservazioni sulla storia orale, http://libur.tripod.com/Portelli2.htmRasio R., Vianello G., 1995, Classificazione e cartografia del suolo, CLUEB, BolognaŠebesta G., 1991, La via del legno, in G. Šebesta, Scritti Etnografici, Museo Usi e Costumi Gente Trentina, S. Michele all’Adige (Tn)Šebesta G., 1997, La via dei mulini, dall’esperienza della mietitura all’arte di macinare, Museo Usi e Costumi Gente Trentina, S. Michele all’Adige (Tn)Sottovia L., 2005, Il degrado del pascolo cause e possibili rimedi, Terra Trentina, n. 2, febbraio 2005Taylor D., 1999, Le storie ci prendono per mano, Frassinelli, MilanoTeofili C., Clarino R. (a cura di), 2008, Riconquistare il paesaggio. La Convenzione Europea del Paesaggio e la Conservazione della Biodiversità in Italia, WWF Italia, Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, RomaTurri E. (a cura di), 1997, Le terre del Garda - Immagini del lago nella cartografia (sec- XIV - XX), Il Sommolago-Cierre, BresciaVon Droste B., Platcher H., Rossler. M. (eds.), 1995, Cultural landscapes of universal value, Gustav Fischer, JenaVos W., Stortelder Q., 1992, Vanishing Tuscan landscapes. Landscape Ecology of a sub-mediterranean-montane area (Solano Basin, Tuscany, Italy), Pudoc Scientific Publisher, Wageningen (The Netherlands)Zumthor P., 1995, La misura del mondo. La rappresentazione dello spazio nel Medio Evo, Il Mulino, Bologna

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Collana “Judicaria Summa Laganensis”diretta da Graziano Riccadonna

1. Antonio di seclì, Giuseppe Papaleoni (1863-1943). Storico delle Giudicarie. Contributo biografico e bibliografico con un’aggiunta di lettere inedite. Presentazione di Vincenzo Calì - 1985.

2. mAuro grAzioli, giAnni poletti, grAziAno riccAdonnA, cesAre bertAssi, christoph von hArtungen, Garibaldiner. Realtà e immagini della campagna garibaldina del 1866. Presentazione di Paolo Prodi - 1987.

3. silviA mArchiori scAlfi, Saone e le Giudicarie. Scritti inediti e rari - 1991.

4. Angelo frAnchini, Trentini Tirolesi negli Usa 1947-1951. Contributi all’anagrafe dei Trentini Tirolesi in America da “Risveglio” di giovAnni AmistAdi. In appendice “Verso il sogno americano”. - 1995.

5. pAsquAle pizzini, La verità de Simon Sega. Modi di dire a Roncone e in Giudicarie. Disegni di Adriano Maffei - 1996.

6. guido boni, Tione e le Giudicarie. Scritti editi ed inediti - 2000.

7. lorenzo mAlpAgA, dAnilo mussi, La difesa dalle alluvioni nella Judicaria. Viaggio alla riscoperta delle opere di sistemazione idraulica e forestale nelle valli del Sarca e del Chiese - 2004.

8. giAn grisostomo tovAzzi ofm, L’archivista lomasino. A cura di Ennio Lappi e p. Remo Stenico. - 2004.

9. bAsilio moscA, Quasi un romanzo. Storie di emigranti- 2005.

10. dAnilo mussi (a cura di), La “Trisa”: 50 anni protagonisti dell’Emigrazione - 2005.

11. Autori vAri, Recupero dell’artigianato delle valli alpine. Atti del Convegno “Tra/Montani” di Condino, settembre-ottobre 2005. - 2006.

12. Autori vAri, Donne in guerra 1915-1918. La Grande guerra attraverso l’analisi e le testimonianze di una terra di confine, Atti del Convegno di Tione di Trento, 5 novembre 2005 - BIM del Chiese, Ecomuseo della Valle del Chiese-Museo Storico Italiano della Guerra - 2006.

13. dArio colombo, Boemia. L’esodo della Val di Ledro 1915-1919. Unione dei Comuni della Valle di Ledro - 2008.

14. itAlo frAnceschini, L’alpeggio in Val Rendena tra Medioevo e prima età moderna. Presentazione di Gian Maria Varanini, a cura di Graziano Riccadonna, Comune di Pinzolo - 2008.

15. Ludovico Lodron. Un personaggio del Cinquecento tra mito e storia. Atti del Seminario tenuto a Trento, Palazzo Lodron di via Calepina, 17 novembre 2007 - 2008.

16. Cent’anni di merletti a Javrè. 1907-2007. Atti del Convegno “L’arte del merletto dal Trentino alla Dalmazia” - Comune di Villa Rendena - 2008.

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17. Fra Alberto da Cimego e Margherita la bella. Settecentesimo anno dal rogo di Fra Dolcino. Atti del Convegno 23 giugno 2007, a cura di Graziano Riccadonna e Marco Zulberti - Ecomuseo della Valle del Chiese - Circolo Culturale “Quatar sorele” - 2009.

18. Archeologia lungo il Chiese. Nuove indagini e prospettive della ricerca preistorica e protostorica in un territorio condiviso fra Trentino e Lombardia. Atti del 1° convegno interregionale, Storo 24-25 ottobre 2003, a cura di Elisabetta Mottes, Franco Nicolis, Gianni Zontini - Provincia Autonoma di Trento - 2009.

19. dArio colombo, Meraviglioso lago. L’affascinante storia del lago di Ledro dalla palafitte ai giorni nostri - Unione dei Comuni della Valle di Ledro - 2009.

20. giovAnni segAntini nellA culturA di fine ottocento, Atti del Convegno di Studi di Arco, 26 settembre 2008, a cura di Giovanna Nicoletti - Comune di Arco - 2009.

21. ennio lAppi, El pont de l’èra - Ecomuseo della Judicaria, Istituto Comprensivo Giudicarie Esteriori - 2009.

22. ricordi di pApà luigi ferrAri. Vita dei primi anni del Novecento, la Grande guerra e la Boemia, a cura di Umberto Giacometti - Comune di Ledro/Cassa Rurale di Ledro - 2010.

23. Alois moriggl, Lodovico Lodron, l’eroe di famiglia protagonista nella storia del Cinquecento, tr. e note di Gianni Poletti, Associazione di Promozione Sociale Il Chiese - 2010.

24. Strada nelle antiche carte e nella memoria della gente, a cura di Alberto Baldracchi, Coro Azzurro di Strada, Circolo Culturale e ASUC di Strada - 2010.

25. Il tempo del sole. Viaggio alla scoperta degli orologi solari della Valle dei Laghi, Giudicarie, Bagolino e Val Vestino, Alto Garda e Ledro, a cura di Danilo Mussi, 2011. Con saggio inedito di Giuseppe Tavernini sulla gnomonica.

26. giAnni poletti, roberto codroico, frAncA bArbAcovi, Ludovico l'eroe. I Lodron nella storia europea dei secoli XV e XVI, Provincia Autonoma di Trento, Regione Autonoma Trentino-Alto Adige/Sűdtirol - 2011

27. Quattro passi nel fiume. Mostra itinerante sul paesaggio e sull'acqua del Sarca, a cura di Fiorenza Tisi, Agenzia provinciale per la protezione dell'ambiente - 2012

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Ottobre 2012Grafica 5 - Arco (TN)