Quattro Papi e Un Concilio 140504lavalle

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 Quattro Papi e un Concilio di Raniero La V alle in “http://ranierolavalle.blogspot.it/ ” del 2 maggio 2014 La retorica dei “quattro papi”, due in cielo e due in piazza san Pietro, ha dominato la rappresentazione mediatica delle canonizzazioni papali del 27 aprile; ma non si potrebbe capire il significato profondo di tale evento se si restasse alla superficie della sua spettacolarità e non si entrasse nel clima di estrema discrezione e intensità che papa Francesco ancora una volta ha saputo creare nella piazza, e di cui è stata espressione la essenzialissima e scarna omelia da lui pronunciata al Vangelo. Ciò ha fatto della canonizzazione di Giovanni XXIII e di Giovanni Paolo II non la celebrazione trionfale di due nuovi eroi della fede, portati agli onori degli altari perché ne traesse più lustro la Chiesa, ma un atto f ondativo di una Chiesa capace di entrare nella sofferenza del mondo e chiamata a rinnovarsi nel capo e nelle membra. Papa Francesc o ha individuato infatti nelle piaghe del Cristo, che so no anche le piaghe del mond o, la matrice e il contesto di questa abbondante santità che è scaturita dal soglio pontificio; e ha ricondotto a un’unica origine sia la testimonianza di papa Giovanni, sia quella di papa Wojtyla che le è seguita, sia la travagliata storia della Chiesa degli ultimi cinquant’anni, sia quel riunirsi a Roma di un milione di persone per celebrare i due papi, sia il compito assegnato al suo stesso pontificato: e quest’ unica origine è la docilità allo Spirito Santo in forza della quale Giovanni XXIII ha convocato il Concilio.  Nel convoca re il Concilio papa Giov anni non si è me sso infatti alla guida de lla Chiesa come un  pastore condu ce il gregge ma, se condo Franc esco, “si è lasciato condurre”, e d è stato per la Ch iesa “una guida guidata, guidata dallo Spirito. Questo è stato il suo grande servizio alla Chiesa; per questo - ha aggiunto Francesco - a me piace pensarlo come il papa della docilità allo Spirito Santo”. Qui naturalmente c’è l’elogio della virtù personale di Angelo Roncalli, ma riguardo alla Chiesa questo vuol dire una cosa sola: che il Concilio è stato convocato dallo Spirito Santo, che il Concilio è stato, ed ancora è, per quanto ne seguirà nella Chiesa, opera di Dio. Questa affermazione è risuonata nella liturgia di piazza san Pietro, coinvolgendo quattro papi, due in cielo e due in terra, un milione di fedeli e non fedeli lì presenti e l’intera Chiesa cattolica idealmente quella mattina unita a quella piazza. Ed è un’affermazione bruciante e dirimente se si  pensa che qualche sche ggia di vecchia C hiesa scismatica aveva definito il Con cilio “la peggiore sciagura occorsa alla Chiesa nei suoi duemila anni di storia”, e se si pensa che anche la Chiesa fedele, anche la Chiesa costituita in autorità, si era fatta intimidire da quell’anatema, era stata titubante e incerta nella ricezione ed attuazione del Concilio e infine l’aveva indebolito e snervato negandolo come “evento” e infilandolo nel conflitto delle interpretazioni, delle “ermeneutiche” di continuità o di rottura. Ma perché lo Spirito Santo, servendosi della docilità di san Giovanni XXIII, ha voluto il Concilio? Per condannare qualche errore, per dirimere qualche disputa, per ribadire vecchie formule di scontate dottrine? No, questo lo aveva già escluso papa Giovanni nel suo discorso di inaugurazione del V aticano II l’11 ottobre 1962: per questo non c’era bisogno di un Concilio. Il compito era ben  più impegnativo, a veva una porta ta epocale. Ciò c he lo Spirito Santo vo leva, chiedend o la collaborazione dei papi era – ha detto papa Francesco – “ripristinare e aggiornare la Chiesa secondo la sua fisionomia originaria, la fisionomia che le hanno dato i santi nel corso dei secoli”. Ripristinare vuol dire che se ne era allontanata; e allora il Concilio doveva riconosce re e correggere ciò che si era sbagliato; e appunto lo ha fatto: basti pensare alla ritrovata dottrina sulla libertà, alla tesi lasciata cadere che non c’è salvezza fuori della Chiesa romana visibile, al superamento dell’antropologia che faceva dell’uomo caduto un reietto da Dio e di Dio un creatore che aveva revocato i suoi doni originari. E aggiornare vuol dire rimuovere e riformare, liberarsi delle cose vecchie e fare le cose nuove; e appunto il Concilio ha intrapreso a farle, a cominciare dalla liturgia e dalle sue lingue, dall’ecumenismo, dalla sinodalità, anche se ancora con primissimi passi.

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Il Concilio Vaticano II è sempre al centro di questioni.....

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  • Quattro Papi e un Conciliodi Raniero La Valle

    in http://ranierolavalle.blogspot.it/ del 2 maggio 2014La retorica dei quattro papi, due in cielo e due in piazza san Pietro, ha dominato la rappresentazione mediatica delle canonizzazioni papali del 27 aprile; ma non si potrebbe capire il significato profondo di tale evento se si restasse alla superficie della sua spettacolarit e non si entrasse nel clima di estrema discrezione e intensit che papa Francesco ancora una volta ha saputo creare nella piazza, e di cui stata espressione la essenzialissima e scarna omelia da lui pronunciata al Vangelo. Ci ha fatto della canonizzazione di Giovanni XXIII e di Giovanni Paolo II non la celebrazione trionfale di due nuovi eroi della fede, portati agli onori degli altari perch ne traesse pi lustro la Chiesa, ma un atto fondativo di una Chiesa capace di entrare nella sofferenza del mondo e chiamata a rinnovarsi nel capo e nelle membra. Papa Francesco ha individuato infatti nelle piaghe del Cristo, che sono anche le piaghe del mondo, la matrice e il contesto di questa abbondante santit che scaturita dal soglio pontificio; e ha ricondotto a ununica origine sia la testimonianza di papa Giovanni, sia quella di papa Wojtyla che le seguita, sia la travagliata storia della Chiesa degli ultimi cinquantanni, sia quel riunirsi a Roma di un milione di persone per celebrare i due papi, sia il compito assegnato al suo stesso pontificato: e quest unica origine la docilit allo Spirito Santo in forza della quale Giovanni XXIII ha convocato il Concilio. Nel convocare il Concilio papa Giovanni non si messo infatti alla guida della Chiesa come un pastore conduce il gregge ma, secondo Francesco, si lasciato condurre, ed stato per la Chiesa una guida guidata, guidata dallo Spirito. Questo stato il suo grande servizio alla Chiesa; per questo - ha aggiunto Francesco - a me piace pensarlo come il papa della docilit allo Spirito Santo.Qui naturalmente c lelogio della virt personale di Angelo Roncalli, ma riguardo alla Chiesa questo vuol dire una cosa sola: che il Concilio stato convocato dallo Spirito Santo, che il Concilio stato, ed ancora , per quanto ne seguir nella Chiesa, opera di Dio. Questa affermazione risuonata nella liturgia di piazza san Pietro, coinvolgendo quattro papi, due in cielo e due in terra, un milione di fedeli e non fedeli l presenti e lintera Chiesa cattolica idealmente quella mattina unita a quella piazza. Ed unaffermazione bruciante e dirimente se si pensa che qualche scheggia di vecchia Chiesa scismatica aveva definito il Concilio la peggiore sciagura occorsa alla Chiesa nei suoi duemila anni di storia, e se si pensa che anche la Chiesa fedele, anche la Chiesa costituita in autorit, si era fatta intimidire da quellanatema, era stata titubante e incerta nella ricezione ed attuazione del Concilio e infine laveva indebolito e snervato negandolo come evento e infilandolo nel conflitto delle interpretazioni, delle ermeneutiche di continuit o di rottura.Ma perch lo Spirito Santo, servendosi della docilit di san Giovanni XXIII, ha voluto il Concilio? Per condannare qualche errore, per dirimere qualche disputa, per ribadire vecchie formule di scontate dottrine? No, questo lo aveva gi escluso papa Giovanni nel suo discorso di inaugurazione del Vaticano II l11 ottobre 1962: per questo non cera bisogno di un Concilio. Il compito era ben pi impegnativo, aveva una portata epocale. Ci che lo Spirito Santo voleva, chiedendo la collaborazione dei papi era ha detto papa Francesco ripristinare e aggiornare la Chiesa secondola sua fisionomia originaria, la fisionomia che le hanno dato i santi nel corso dei secoli. Ripristinare vuol dire che se ne era allontanata; e allora il Concilio doveva riconoscere e correggere ci che si era sbagliato; e appunto lo ha fatto: basti pensare alla ritrovata dottrina sulla libert, alla tesi lasciata cadere che non c salvezza fuori della Chiesa romana visibile, al superamento dellantropologia che faceva delluomo caduto un reietto da Dio e di Dio un creatore che aveva revocato i suoi doni originari. E aggiornare vuol dire rimuovere e riformare, liberarsi delle cose vecchie e fare le cose nuove; e appunto il Concilio ha intrapreso a farle, a cominciare dalla liturgia edalle sue lingue, dallecumenismo, dalla sinodalit, anche se ancora con primissimi passi.

  • Dunque con le canonizzazioni del 27 aprile la Chiesa stata portata a ricongiungersi direttamente alla Chiesa di papa Giovanni e del Concilio. E ci non pu che dare adito a nuove speranze non soloper la Chiesa ma anche per lumanit di domani. Nellaprire il Concilio papa Giovanni aveva spinto lo sguardo anche oltre la Chiesa, e aveva detto che la Provvidenza ci stava conducendo a un nuovo ordine di rapporti umani, che per opera degli uomini e per lo pi al di l delle loro aspettative, si andava volgendo verso il compimento di disegnisuperiori e inattesi. Non si sa da dove papa Giovanni ricavasse questa visione cos promettente del futuro, ma se anchessa nasceva da un impulso dello Spirito, certo non poteva trattarsi di un ottimismo di maniera. Poi ce ne siamo dimenticati e il mondo e la Chiesa sono caduti nella pi profonda afflizione, e anzi si andato affermando nella nostra cultura, cos come nella politica e nelleconomia, un cupo pessimismo antropologico, come se non ci fosse niente da fare per risanare la storia. Ma se oggi si riprende quel cammino iniziato cinquantanni fa, torna ad affacciarsi quella prognosi o, se si vuole, quella profezia. Papa Francesco si ricollega ad essa facendo un enorme investimento su Dio e sulluomo: su Dio in quanto tutto misericordia e perdono, e sullumanit in quanto viene chiamata a mettere in campo la straordinaria risorsa che stata finora inutilizzata e nascosta, e cio la risorsa dei poveri. cos che il privilegio dei poveri sale sul trono di Pietro, non per una scelta politica del papa, ma per una scelta preferenziale che prima di tutti, come dice la Evangelii Gaudium, fatta da Dio. E se i poveri sono chiamati ad essere protagonisti di storia, allora la storia pu prendere unaltra strada. su questa scelta teologica ed antropologica che si innesta la novit portata da papa Francesco che mentre da un lato rinnova lannuncio di fede, dallaltro chiama in causa le culture del mondo, le culture popolari, e mette allordine del giorno un cambiamento del sistema dei rapporti sociali. Egli ha avuto il coraggio di delegittimare lintero sistema economico mondiale definendolo come uneconomia che uccide e denunciandolo come un sistema che esclude grandi masse di uomini e di donne trattandoli come avanzi e come scarti.Se il cristianesimo non un gingillo per anime pie una tale analisi e un tale impegno di cambiamento che fossero davvero fatti propri dalla Chiesa non potrebbero che avere enormi conseguenze nella vita pubblica. Come ci potr essere tradotto in azioni politiche e storiche, come potr passare nella realt concreta delle dinamiche umane, culturali e politiche, non sappiamo. Non ve ne un programma gi tracciato. Ma proprio questo il compito delle generazioni che oggi si affacciano alla vita, ed il compito non solo dei cattolici o dei cristiani, ma di tutti gli uomini. solo dallo sforzo congiunto di tutti infatti che potr venire quel nuovo ordine di rapporti umani che il Concilio ha preconizzato e che natura e storia attendono gemendo nelle doglie del parto.

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