Quadrimestrale di archeologia subacquea e navale · XI,1. Gennaio - Aprile 2005 3 ra di compensare...

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Quadrimestrale di archeologia subacquea e navale Sped. in abb. post. 70% - Autorizz. Filiale di Bari - Anno XI, n. 1 (31), Gennaio - Aprile 2005 L’Arcangelo Raffaele Archeologia subacquea nel golfo di Finlandia L L a Russia è stato l’ultimo dei paesi baltici ad intraprendere ricerche riguardanti il suo patrimonio sto- rico sommerso. Può sembrare strano sapendo che i fondali del Golfo di Fin- landia e del Lago Ladoga sono conside- rati tra i più importanti cimiteri di navi affondate, che si sono conservate magni- ficamente grazie alle acque fredde e rela- tivamente dolci. Va sottolineato che mal- grado le acque non siano particolarmen- te chiare, il recupero di oggetti costitui- sce un’attività molto importante, sia come documento diretto per gli studiosi di sto- ria che per gli appassionati di immersio- ni sui relitti storici. Oggi, pur essendo state avviate ricerche sistematiche, le scoperte ed i risultati dei sondaggi continuano ad essere difficil- mente prevedibili. Almeno già dal VI secolo d.C., era nota una rotta mercanti- le che attraverso il Golfo di Finlandia ed il Lago Ladoga univa i territori del Mar Baltico con quelli del Mar Caspio. Duran- te i secoli VIII-X, essa venne poi conso- lidata dagli antichi abitanti della Norve- gia e, attraverso di essa, l’Europa setten- trionale riceveva rifornimenti, soprattut- to di argento. Si calcola che durante quel Corsi, Convegni: Bordighera, CMAS, Palermo Notizie: Mercure Ricerche in corso: Progetto ANSER Speciale: Ricerca e didattica nel Salento Musei: Genova Parchi: Baia e Gaiola Recensioni e segnalazioni bibliografiche Relitto Meloria A. Rilievo dei blocchi concrezionati © 2005 Edipuglia s.r.l., vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale

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Q u a d r i m e s t r a l e d i a r c h e o l o g i a s u b a c q u e a e n a v a l eSped. in abb. post . 70% - Autorizz. Fil iale di Bari - Anno XI, n. 1 (31), Gennaio - Aprile 2 0 0 5

L’Arcangelo Raffae leA r c h e o l o g i a s u b a c q u e a

n e l g o l f o d i F i n l a n d i a

LLa Russia è stato l’ultimo dei paesibaltici ad intraprendere ricercheriguardanti il suo patrimonio sto-

rico sommerso. Può sembrare stranosapendo che i fondali del Golfo di Fin-landia e del Lago Ladoga sono conside-rati tra i più importanti cimiteri di naviaffondate, che si sono conservate magni-ficamente grazie alle acque fredde e rela-tivamente dolci. Va sottolineato che mal-grado le acque non siano particolarmen-te chiare, il recupero di oggetti costitui-sce un’attività molto importante, sia comedocumento diretto per gli studiosi di sto-ria che per gli appassionati di immersio-ni sui relitti storici.Oggi, pur essendo state avviate ricerchesistematiche, le scoperte ed i risultati deisondaggi continuano ad essere difficil-mente prevedibili. Almeno già dal VIsecolo d.C., era nota una rotta mercanti-le che attraverso il Golfo di Finlandia edil Lago Ladoga univa i territori del MarBaltico con quelli del Mar Caspio. Duran-te i secoli VIII-X, essa venne poi conso-lidata dagli antichi abitanti della Norve-gia e, attraverso di essa, l’Europa setten-trionale riceveva rifornimenti, soprattut-to di argento. Si calcola che durante quel

Corsi, Convegni: Bordighera,CMAS, Palermo

•Notizie: Mercure

•Ricerche in corso: Progetto ANSER

•Speciale: Ricerca e didattica

nel Salento•

Musei: Genova •

Parchi: Baia e Gaiola•

Recensioni e segnalazionibibliografiche

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periodo, di circa tre secoli, ne vennero impor-tate trecento tonnellate, equivalenti a 15milioni di marchi. Successivamente, tale rottasi rivelò molto importante per i commercidelle città appartenenti alla Lega anseatica.Nel secolo XVII rappresentò un fattore fon-damentale per l’economia del regno di Sve-zia e, fino al principio del XVIII secolo, sitrasformò nella principale via commercialedell’Impero russo.Lungo questa rotta, ogni anno affondavanodecine di navi. Non era considerato una sor-presa che nel giro di poche ore un’intera flot-ta fosse naufragata nel corso di una tempesta.Nell’autunno del 1743, di ritorno dalla Fin-landia, in sette ore affondarono 17 navi daguerra russe, e, nell’inverno del 1747, in solequattro ore, 26 mercantili colarono a picconella rada di Narva. Un disastro ancora mag-giore si verificò nel 1721, quando durante l’e-vacuazione delle navi russe dalla Finlandia intre mesi affondarono più di cento imbarca-zioni, di cui 64 in una sola notte.Negli ultimi quindici anni l’archeologoAndrei Lukoskhov, sulla scorta di sistemati-che ricerche d’archivio, è stato in grado dicreare un catalogo ed un atlante dei principaliresti sommersi individuati in quelle zone,potendone tuttavia documentare circa il 25-30%, malgrado la registrazione di più di die-cimila presenze. Il suo lavoro è risultato prezioso quando, nel2002, a San Pietroburgo, ha avuto inizio ilprogetto denominato “Il mistero delle naviaffondate” finalizzato all’indagine dei relittisommersi nelle acque della Russia nord-occi-dentale. Il progetto è patrocinato da “Gaz-prom” e realizzato dal “Centro educativo-metodico di S. Pietroburgo” in collaborazio-

ne con l’Istituto di storia della cultura mate-riale dell’Accademia delle scienze della Rus-sia, oltre ad altre partecipazioni tra le quali ilgruppo televisivo “Shkola” (scuola) interes-sato a realizzare una serie di filmati sulla sto-ria dei paesi del Mar Baltico prendendo spun-to dalle navigazioni e dai relitti navali. Gliinizi furono assai promettenti, poiché con unaspedizione durata nove mesi furono localiz-zate un centinaio di presenze che dimostra-rono la validità delle informazioni raccolte inprecedenza. Fu possibile tuttavia investigaresoltanto 25 relitti, appena 5 dei quali sono poistati esaminati più dettagliatamente. In realtà, dato l’approssimarsi della ricorren-za del terzo centenario della nascita di SanPietroburgo, si pensò di girare un film su alcu-ne navi affondate nei primi anni di vita dellacittà, durante il regno di Pietro il Grande.Nella banca-dati costituita dalle notizie d’ar-chivio c’erano informazioni su circa 400affondamenti avvenuti tra il 1703 ed il 1724,ma il più interessante tra essi è sembrato quel-lo indicato sotto il titolo “Informazione del-l’indagine sulla controversia fra tre mercan-ti olandesi ed i contadini del vice-ammiraglioKrius, che avevano reclamato la terza partedella mercanzia da essi stessi recuperata dallanave olandese imprigionata nel ghiacciopresso le isole Berezovy nell’anno 1724”. Il motivo della disputa fu il fatto che all’ini-zio di dicembre del 1724, all’entrata meri-dionale dello stretto di Biorkesund (dove orasi innalzano le piattaforme petrolifere “Pri-morski” e “Visokinski”), alcuni contadinidella tenuta “miza Sarapnia” trovarono unanave intrappolata nel ghiaccio della quale “sivedeva soltanto una piccola parte dell’albe-ro maestro”. Questa tenuta, oggetto di un

dono reale, dal 1720 apparteneva al vice-ammiraglio norvegese Cornelius Krius e, inesecuzione di suoi ordini, in tre settimane, 18contadini avevano recuperato dalla nave 350tonnellate di balle di pelli, che in realtà rap-presentavano solo una piccola parte del carico. Successivamente si presentò in quel luogo ilrappresentante del mercante olandese Her-mann Meyer, a reclamare la restituzione delcarico recuperato, ma senza volere pagare illavoro fino ad allora effettuato per il recupe-ro delle merci. Proprio per questa sua indi-sponibilità a pagare il lavoro dei contadini ladisputa finì in giudizio. L’esame degli atti delprocesso ha posto in evidenza particolariinsospettabili e di grande interesse.In primo luogo, è risultato che il Meyer avevadichiarato che la nave si chiamava “Arcan-gelo Raffaele” e che era finita in secco con abordo il padrone Johan Smit; ma nella docu-mentazione doganale del 1724 non figuraalcuna nave con tale nome. Vi si trova inve-ce il riferimento ad una nave “Arcangelo Raf-faele”, arrivata a Lubecca con il suo carico il27 settembre a nome di Hermann Meyer eripartita dalla città il 15 ottobre. Il capitanodella nave si chiamava Johan Smit. In secondo luogo, dai documenti doganalidell’ “Arcangelo Raffaele”, risultava che essatrasportava un carico di 130 balle di pelli, unadi panno, due di tessuto filato e 50 barili dilardo. Ne conseguiva che il carico dichiaratonon coincideva con la testimonianza di quan-to era stato recuperato dai contadini, mentreera in base a quello che Hermann Meyer eJohan Smit reclamavano la restituzione.Dopo di che, insperatamente, in gennaio ilMeyer pagò al vice-ammiraglio Krius peravere salvato il carico 1200 rubli, una sommacolossale a quei tempi dal momento che lapaga giornaliera di un contadino era di cin-que copechi.In terzo luogo, risultava incomprensibilecome la nave, che era partita da Cronstadt il15 ottobre, potesse essere rimasta intrappo-lata tra i ghiacci al principio di dicembre, valea dire 45 giorni dopo, dal momento che il tra-gitto tra Cronstadt e Biorkesund si faceva abi-tualmente in un giorno, molto raramente indue o tre. Inoltre, tutte le imbarcazioni cheerano partite da Cronstadt dopo l’“Arcange-lo Raffaele” avevano potuto attraversare ilGolfo di Finlandia senza problemi ed inassenza di ghiaccio. Per questo si decise diapprofondire le ricerche d’archivio ed, infi-ne, si giunse a ricostruire una vicenda sor-prendente, con risvolti drammatici. HermannMeyer risultò essere stato il mercante di mate-rie prime più importante di San Pietroburgo,ai cui ordini rispondevano annualmente unatrentina di navi. Tuttavia, il 1724 fu disastro-so; all’inizio dell’anno, sue navi dirette versoSan Pietroburgo affondarono nel Golfo diFinlandia con i rispettivi carichi. Successiva-mente, mercanti inglesi gli avevano impedi-to di vendere un carico di stoffe importateoffrendo agli acquirenti russi analoghe mercia minor prezzo. Hermann Meyer decise allo-

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Carta del Golfo di Finlandia

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ra di compensare le perdite dandosi al con-trabbando. La nave era quindi partita da Cron-stadt dichiarando alla dogana un carico insi-gnificante e, invece, per 40 giorni rimasenascosta all’ancora durante il giorno, caricadi mercanzie da trasportare di notte. Per que-sto tardò tanto che alla fine rimase intrappo-lata nei ghiacci di novembre. Quando fu tro-vato il relitto, Hermann Meyer dichiarò unfalso nome della nave in modo che le auto-rità russe non potessero confrontare le mer-canzie che trasportava con quelle registratenei documenti doganali. Naturalmente, stava rischiando molto nel recla-mare la restituzione del carico recuperato.All’inizio di novembre, Hermann Meyervenne a trovarsi invischiato in una storiasgradevole. L’imperatore, nel rendersi con-to che l’imperatrice Caterina le era infedelecon Guglielmo Monso, decise di fare im-piccare l’amante di sua moglie. Tuttavia,Pietro (il Grande) non desiderava gli si at-tribuisse l’epiteto di cornuto e fu così cheGuglielmo Monso fu giustiziato dopo esse-re stato accusato di corruzione: la lista diquelli che lo avevano corrotto iniziava conHermann Meyer, che era stato aiutato neisuoi affari in quanto compaesano. Quindiper Meyer era estremamente pericoloso es-sere compromesso in un’operazione di con-trabbando, ma ad aggravare il tutto si ag-giunse il suo reclamare la restituzione del ca-rico. Va aggiunto che in quel momento eglisperava che l’imperatore venisse a mancare,essendo gravemente malato fin dal 26 no-vembre. Ma, alla fine l’imperatore si ripre-se e ordinò di investigare sullo strano casodelle differenza delle mercanzie. Assai op-portunamente perciò, al principio di gennaioil Meyer pagò con quella esorbitante sommaal vice-ammiraglio Krius, il prezzo del si-lenzio da parte sua. Dopo di ciò del cariconon venne mai più fatta menzione, l’impe-ratore ebbe una grave ricaduta e, con buona

sorte di H. Meyer, questa volta morì, il 28gennaio, cosicché il giudizio fu dapprimarinviato e poi dimenticato. I retroscena del-la vicenda sono tornati alla luce soltanto 279anni dopo, fornendo ottimo argomento peruna ricostruzione cinematografica. Le ricerche del relitto hanno preso avvio dallenotizie d’archivio che, tenuto conto dei nume-rosi cambiamenti dei toponimi dal 1724 adoggi, hanno consentito dapprima la localiz-zazione della zona del naufragio e quindi diprocedere ad una indagine più dettagliata, conl’impiego di un side scan sonar collegato conGPS, fino ad individuare i contorni delloscafo ligneo della nave, a 15 metri di profon-dità. Successivamente furono realizzate foto-grafie e valutate le dimensioni del relitto(lungo 29 metri e largo 8, con portata di 350-400 tonnellate).Analisi del legno, effettuate con il metodo delC14, indicavano che gli alberi erano statitagliati tra il 1650 e il 1680; le ceramiche recu-perate dal relitto, fabbricate in qualche zonasettentrionale dell’attuale Germania, si data-vano non oltre la fine del XVII secolo; i mat-toni refrattari del forno di bordo, contrasse-gnati da timbri a forma di chiave con le let-tere SP, erano stati prodotti dalla famosamanifattura denominata “casa di San Pietro”,attiva in Lubecca nel secolo XVII; anche i tipidelle pulegge e dei sostegni da ponte ricon-ducevano a quesll’epoca. Infine, l’archeolo-go Piotr Sorokin era riuscito a sapere chel’”Arcangelo Raffaele” era stato costruito inun cantiere di Lubecca nel 1693.Per procedere nei lavori di scavo e di recu-pero si perforò il ghiaccio praticandovi unforo di 70 centimetri al di sopra del quale fumontato un tendone per i sommozzatori; unaltro, subito accanto, fungeva da deposito perle attrezzature. Vari sponsors, come la societàrussa “Gazprom” e la finlandese “Hekla” edaltri hanno in diverso modo aiutato l’orga-nizzazione, mentre i lavori subacquei sono

stati condotti dall’impresa “Baltiiski Bris”.Un elemento negativo è stato costituito dallavicinanza, a soli 600 metri, di una piattafor-ma petrolifera, ma seri problemi derivavanosoprattutto dalle continue modificazioni dellostato del ghiaccio, in continuo alterno movi-mento (una sorta di un enorme pendolo inlenta oscillazione), anche a causa dei fortiventi. La temperatura dell’acqua (tra 0 e + 1C°), consentì almeno una buona trasparenzaed immersioni di 30-40 minuti. Tra i varimateriali recuperati, ne sono risultati di par-ticolare interesse alcuni provenienti dallacucina, come un barile di ceci, uno che avevacontenuto lardo (del carico o consumato abordo?) ed un piatto con la data del 1696. Unfotomosaico dello scafo, insieme a tutte leinformazioni derivate dalle immersioni, haconsentito di farsi un’idea del tipo della nave,che l’alto castello di prua, tre alberi di note-voli dimensioni, la proporzione (tra 3:1 e 4:1)tra lunghezza e larghezza e varie altre carat-teristiche indicavano probabilmente come unflauto (flute, fliut), imbarcazione olandese dacarico assai comune nel XVII secolo. A.L.

La Redazione ha accolto questo scritto del-l’archeologo russo Andrei Lukoshkov con sod-disfazione. Le ricerche in corso in Russia nonhanno ancora la diffusione internazionale chemeriterebbero, nonostante presentino indubbielementi di interesse, ovviamente storico maanche tecnico, per le particolari condizioniambientali. Se la pubblicazione di questo arti-colo, in forma adattata, è stata resa possibile,lo si deve ad un accurato e complesso lavorodi traduzione: prima dal russo in spagnolo diIeva Reklaityte (Università di Saragozza), poidallo spagnolo in italiano del prof. Piero A.Gianfrotta (Università della Tuscia-Viterbo);entrambe le versioni sono state riviste a curadel prof. Manuel Martín-Bueno (Università diSaragozza).

Archeolog ia subacqueaa Bord ighera

PPresso la sede dell’Istituto Internazio-nale di Studi Liguri a Bordighera, siè svolto dal 13 al 18 giugno un corso

intensivo di archeologia subacquea, a con-clusione della seconda edizione della Scuo-la Interdisciplinare delle MetodologieArcheologiche (SIMA), iniziata lo scorsoottobre sugli scavi di Albintimilium (Venti-miglia), con il sostegno della FondazioneCARIGE. Partendo da quanto delineato, e in granparte realizzato, da Nino Lamboglia finoalla sua scomparsa nel gennaio del 1977,sono stati trattati i principali temi della

ricerca e della metodologia archeologicasubacquea: prospezione, rilevamento,scavo, alta profondità, relitti, commerci,architettura navale, topografia marittima,conservazione e musealizzazione. Il corso, coordinato da Daniela Gandolfi(Istituto Internazionale di Studi Liguri) e daPiero A. Gianfrotta (Università di Viterbo),cui hanno partecipato 30 allievi provenien-ti da molte regioni italiane, è stato apertoda Giuseppina Spadea, Soprintendente Ar-cheologo della Liguria. Si sono alternaticome docenti Carlo Beltrame (Universitàdi Venezia), Hélène Bernard (DRASSM,

Marsiglia), Fede Berti (Museo Archeologi-co di Ferrara), Giulia Boetto (Centre C. Jul-lien, Aix-en-Provence), Andrea Camilli(Soprintendenza Archeologica,Firenze), Rubens D’Oriano (So-printendenza Archeologica,Sassari- Olbia), Enrico Felici(Università di Viterbo), Lui-gi Fozzati (Soprintenden-za Archeologica, Vene-zia), Xavier F. Nieto(CASC, Girona), Giu-liano Volpe (Università diFoggia).

CORSICONVEGNIINCONTRI

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Corsi CMAS

IIl Comitato scientifico della C.M.A.S.,Confédération Mondiale des ActivitésSubaquatiques, in collaborazione con la

Federación Andaluza de Actividades Suba-cuáticas (FAAS), organizza corsi secondogli standard C.M.A.S. per subacqueo scien-tifico (CSD) e subacqueo scientifico avan-zato (CASD).I corsi sono rivolti a subacquei di compro-vata esperienza in attività scientifica subac-quea e che abbiano rapporti professionalicon istituzioni dalle finalità scientifiche,dotati di brevetto e di età superiore a 18anni; si terranno nel centro di immersioneCRISED, nei pressi di Almería (Spagna),dal 12 al 17 settembre 2005 e vedrannoimpegnati istruttori di immersione scienti-fica C.M.A.S. Saranno ammessi 15 parte-cipanti; in caso di un numero maggiore dirichieste verrà data precedenza a subacqueicon titolo universitario scientifico, a perso-nale di istituzioni o a coloro che partecipa-no a progetti di ricerca. Le iscrizioni chiu-dono il 30 giugno.Scopo del corso è l’introduzione alle tecni-che di base della ricerca scientifica subac-quea teorica e pratica. Al termine verrà

svolto un esame teorico di valutazione. Lalingua principale è lo spagnolo, integratocon strumenti didattici in inglese.Il programma è così articolato: Il subac-queo scientifico, normativa; Sicurezza:prevenzione e salvamento; Gestione e pia-nificazione; Tecniche di uso generale;Tecniche specifiche. Per la parte pratica:Topografia subacquea, Prospezione, Posi-zionamento, Raccolta di campioni e datiin oceanografia, biologia, geologia earcheologia, Tecniche ausiliarie, Tecnichedi ripresa fotografica e video.Il titolo di Subacqueo ScientificoC.M.A.S. attesta la capacità di far parte diun gruppo di ricerca scientifica subac-quea, mentre il titolo di Subacqueo Scien-tifico Avanzato conferisce la competenzadi organizzare un gruppo. La C.M.A.S.sottolinea come questi titoli certifichinosolamente un livello di addestramento: icontenuti non prevedono perciò aspetticome attitudine medica, norme di sicurez-za e limiti di profondità, temi che sonoregolati dalle leggi nazionali. La certifica-zione C.M.A.S. attesta una competenzache promuova la circolazione tra operatori

scientifici tra paesi dove abbia sede unafederazione C.M.A.S. per partecipare aprogetti di ricerca subacquea con autore-spiratore. E.F.

Per informazioni e modalità di parteci-pazione: C.M.A.S. Headquarter, vialeTiziano 74, 00196 Roma; fax: 06-32110595; e-mail: [email protected].

Incontr i d i a rcheologia navale al Palazzet to Mirto di Palermo

IIl 2 marzo 2005 si è discusso a Palermopresso la sede della Soprintendenza delMare a Palazzetto Mirto, della nave

arcaica di Gela, durante l’incontro “Ipotesiricostruttiva della Syrakosia la nave di Gero-ne. Il relitto arcaico di Gela”. L’incontro èstato il terzo appuntamento dell’iniziativa “Imercoledì di Palazzo Mirto” organizzatidalla Soprintendenza del Mare, nella perso-na di Sebastiano Tusa, con l’intento di sta-bilire un ponte tra le istituzioni e il territo-rio, vale a dire tra gli addetti ai lavori e gli

appassionati del mare, associando gli aspet-ti etnoantropologici e naturalistici a quelliarcheologici. Due gli interventi principali:la soprintendente ai Beni culturali e ambien-tali di Caltanissetta, Rosalba Panvini, hadelineato le caratteristiche della nave diGela, tra i pochi relitti arcaici in buono statodi conservazione. Risalente al primo ven-tennio del IV secolo a.C., è un’imbarcazio-ne di tipo a guscio, lunga 21 metri e larga 7,con un pregevole carico di ceramiche atti-che, anfore da trasporto e vari oggetti che

permettono di ricostruire l’ipotetica rottadella nave. Marco Bonino, docente diArcheologia navale presso il polo decentra-to di Trapani dell’Università di Bologna, haposto l’attenzione sull’ammiraglia dellaflotta siracusana, la Syrakosia, la cui esi-stenza è documentata solo da testimonianzeletterarie, in particolare di Ateneo, un gram-matico del III secolo che trascrisse la piùlunga descrizione di una nave antica attri-buita al cronista Moschione per volere diGerone II di Siracusa. P.P.

BIBLIOTHECA ARCHAEOLOGICA (n.15)Marta Giacobelli (a cura di)LEZIONI FABIO FACCENNA. CONFERENZE DI

ARCHEOLOGIA SUBACQUEA (III-V CICLO)© 2003, f.to 21x30, pp. 142, ill. b/n., ril.ISBN 88-7228-404-X € 25,00

BIBLIOTHECA ARCHAEOLOGICA (n.12)ATTI DEL II CONVEGNO NAZIONALE DI

ARCHEOLOGIA SUBACQUEA. (CASTIGLIONCELLO 7-9 SETTEMBRE 2001).© 2003, f.to 21x30, pp. 312, ill. b/n., ril.ISBN 88-7228-367-1 € 60,00

Insulae Diomedeae n.1Bruno Fabbri, Sabrina Gualtieri, Giuliano Volpe (a cura di)TECNOLOGIA DI LAVORAZIONE E IMPIEGHI DEI MANUFATTIAtti della 7a Giornata di Archeometria della Ceramica© 2005, f.to 21x30, pp. 156, ill. b/n, e col., bross.ISBN 88-7228-424-4 € 40,00

Insulae Diomedeae n.2Elizabeth DeniauxLE CANAL D’OTRANTE ET LA MÉDITERRANÉE ANTIQUE ET MEDIÉVALEColloque organisé à l’Université de Paris X - Nanterre© 2005, f.to 21x30, pp. 108, ill. b/n, bross.ISBN 88-7228-418-X € 30,00

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NOVITÀ

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Seconda campagna d i scavosul re l i t to del M e r c u r e

NNell’agosto 2004, il Dipartimentodi Scienze dell’Antichità e delVicino Oriente dell’Università

Ca’ Foscari, assieme alla Soprintenden-za per i Beni Archeologici del Veneto(ufficio NAUSICAA), ha condotto unoscavo archeologico sottomarino sul relit-to del Mercure, localizzato a sette migliada Punta Tagliamento, al confine tra leacque venete e quelle friulane, e a 18metri di profondità.L’operazione è stata possibile grazie adun finanziamento della Città di LignanoSabbiadoro e ad una sovvenzione dellaFondazione di Venezia (Bando Beni Cul-turali), nonché alla collaborazione deiNuclei Sommozzatori dei Vigili delFuoco e dei Carabinieri di Trieste. Hannopartecipato alla missione: C. Beltrame(direttore); S. Caressa (direttore tecnico),D. Gaddi (archeologo, collab. Dip.S.A.V.O.); F. Dossola (sommozzatore,NAUSICAA); T. Lanave, S. Moschella,A. Canalini (studenti Università Ca’Foscari); E. Ferlizza (studentessa Univer-sità della Tuscia); A. Rosso ed E. Gordini(geologi); G. Merighi (fotografo).Si è trattata di una delle prime esperien-ze di ricerca nel campo dell’archeologianavale per un ateneo italiano e di unarara occasione di formazione pratica nelsettore per alcuni studenti con brevettosubacqueo avanzato. A questi due aspet-ti si aggiunge quello della tutela; essen-do infatti il giacimento esposto all’im-patto della pesca a strascico e ai clande-stini, le operazioni di quest’anno hannopermesso di recuperare i manufatti mag-giormente a rischio.Il Mercure è un brick (un due alberi, adun ponte) francese affondato, il 22 feb-braio 1812, da una flotta inglese nelcorso della Battaglia di Grado. La flottafrancese, composta da tre brick di scortaal vascello da 74 cannoni Rivoli, dapoco varato in Arsenale, si era infattiavventurata fuori del porto di Malamoc-co nella notte del 21 febbraio. Il vascelloVictorius e il brick Weasel, che l’atten-devano al varco, si misero in caccia.Intorno alle 3 del mattino il Mercurevenne raggiunto e, dopo soli 40 minutidi cannoneggiamento, saltò in aria.Poche ore dopo, il Rivoli dovette arren-dersi e venne inglobato nelle forze ingle-si. Fu questo un episodio cruento - mori-rono infatti circa 400 marinai - e tragicoper Napoleone, in quanto dovette abban-donare ogni speranza di contrastare lasupremazia inglese sull’Adriatico. La scoperta del relitto si deve ad un

NOTIZIE

Fase di recupero delle carronate

Fase di documentazione fotogrammetrica

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Operazioni di quotatura

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peschereccio che nel 2001 “pescò” una“carronata” ossia uno dei 16 pezzi di arti-glieria a canna corta con cui era armato ilMercure. Data e nome dell’ingegnerecostruttore della nave, presenti sulla culat-ta, permisero di identificare i resti.

Nel 2001, NAUSICAA organizzò unaprima campagna di estrema urgenza, affi-dando la direzione a chi scrive, che permi-se di rintracciare il relitto e di identificarealtre carronate sparse su una vasta areadel fondale.Con la campagna del 2004 si è continuatolo scavo sul nucleo centrale del relittoeseguendo anche una documentazionefotogrammetrica. Inoltre, grazie alla colla-borazione dell’impresa La Dragaggi diChioggia, della Capitaneria di Porto edella Marina Militare (Museo Navale) diVenezia, è stato possibile recuperare tredelle otto carronate note che sono stateportate all’Arsenale in attesa di restauro.Il nucleo centrale del relitto quest’anno harivelato delle sorprese interessanti. Ilcumulo di pani di zavorra concrezionaticon palle di cannone ed altri oggetti,documentato nel 2001, ha lasciato il postonello scavo, spintosi più a nord, a nume-rosi oggetti tra cui munizioni, di variocalibro, per colpi a raffica, chiavarde echiodi di bronzo appartenenti allo scafo evarie pulegge di manovre.In quest’area, è emerso anche un tratto difiancata dello scafo. La carena è rivestitada una lamina di rame inchiodata, caratte-ristica protezione delle navi dell’epoca.Le condizioni di giacitura del relitto fannoben sperare in una buona conservazionedell’opera viva dello scafo.Nel corso delle prospezioni della vastissi-ma zona di naufragio (circa m 150 x 50),è stata scoperta un’area costituita da panidi ghisa della zavorra perduti dalla nave.

Il lavoro è stato eseguito per mezzo diun’imbarcazione da lavoro di m 10(“Castorino 2”) e di una piccola barcaappoggio.Per la prossima estate la Città di Lignanoha in programma una mostra sul relittomentre chi scrive punterà anche al prose-guimento dello scavo sia per finalità diricerca sia per garantire agli studenti inte-ressati all’archeologia marittima un’op-portunità unica di formazione.La notevole attenzione prestata dai massmedia all’iniziativa, sia stampa localesia RAI regionale e prossimamentenazionale, si spera possa invogliareeventuali privati a finanziare un’attivitàche difficilmente può contare solo surisorse pubbliche.

C.B.

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Chiavarde in bronzo per il collegamento deivari elementi dello scafo del Mercure

Puleggia in legno con boccola di bronzo di bozzello

BIBLIOGRAFIA:

C. Beltrame, D. Gaddi, Report on thefirst research campaign at the wreckof the Napoleonic brick, Mercure,Lignano, Udine, in The InternationalJournal of Nautical Archaeology31.1, 2002, pp. 60-73.C. Beltrame, D. Gaddi, Resocontodella prima campagna di indaginesul relitto del brick napoleonicoMercure (Lignano – UD), inA.I.A.Sub. (a cura di), Atti del IIConvegno nazionale di archeologiasubacquea, (Castiglioncello 2001)Bari 2003, pp. 125-134.

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P roge t to ANSER :comunicare la memor ia de l Medi te r raneo

CCon il seminario “Comunicare la me-moria del Mediterraneo” svoltosi aPisa il 29-30 ottobre 2004 si è con-

clusa la rassegna di ricerche e scambi diesperienze svoltisi in quest’ultimo annonell’ambito del progetto ANSER, coordi-nato dalla Regione Toscana. A conclusio-ne del ciclo dei seminari internazionali, nelseminario di Pisa si è cercato di mettere afuoco un tema trasversale ma di primariaimportanza: la valorizzazione di questo pa-trimonio.Il seminario è stato suddiviso in tre sessio-ni: Strumenti, Esperienze e Progetti.La prima sessione è stata dedicata al ruolodella comunicazione e dei suoi strumenti,che vanno dall’impianto di una visione sto-rica alle tecniche specifiche che favorisco-no la diffusione delle conoscenze, alla fun-zione educativa e culturale dei musei e del-le istituzioni che hanno il compito di con-servare il patrimonio per renderlo accessi-bile al pubblico. Ha dato inizio alle relazioni Béat Arnold(Service et musée d’archéologie, Neuchâ-tel), tracciando il percorso che ha condottolo scafo della chiatta gallo-romana di Be-

vaix dalla sua scoperta nel 1970 fino all’at-tuale esposizione. La storia dell’imbarca-zione, lunga 20 metri e costruita con quer-ce abbattute nel 142 d.C., corre parallela-mente a quella della ricerca archeologicanel cantone di Neuchâtel e del museo in cuiè esposta, che da piccolo e polveroso mu-seo locale è divenuto l’ampio e modernomuseo “Laténium” (nome ispirato dal cele-bre sito di La Téne), vincitore nel 2003 delPremio dei musei del Consiglio d’Europa. Forte carattere interdisciplinare ha avuto illavoro svolto nell’ambito del progetto AN-SER dal gruppo coordinato da MarinellaPasquinucci (Università di Pisa), che hapresentato i principali risultati delle ricercherelative alla cartografia storica del litoraletoscano, all’elaborazione di immagini satel-litari, all’iconografia della costa e degli in-sediamenti portuali toscani dal XVI alXVIII sec. e il modello batimetrico di duesettori della Toscana costiera. Si tratta di ri-cerche che integrano indagini geomorfolo-giche, paleogeografiche, archeologiche estoriche, con l’applicazione di tecnichedia-gnostiche non distruttive. Non pochi spunti di riflessione ha suscitatoil contributo di Philippe Jockey (Università

Il Progetto ANSER

Relitto C di Punta Ala. Rilievo dello scafo

Il progetto europeo ANSER (Antiche rotte marittime del Medi-terraneo) ha coinvolto la maggior parte dei paesi che si affaccia-

no sul bacino occidentale del Mediterraneo, con l’obiettivo divalorizzarne il patrimonio archeologico e culturale marittimo. Alcentro degli interessi del progetto sono le antiche rotte del Medi-terraneo, legate alla presenza di porti e approdi, relitti e altri giaci-menti subacquei, tutti elementi che hanno consentito di raccogliereun’ingente quantità di informazioni sugli scambi intercorsi tra lediverse sponde di questo mare. Il progetto ha cercato di proporresoluzioni innovative per una valorizzazione non distruttiva di que-sto patrimonio e per migliorarne la fruizione pubblica, promuo-vendo inoltre una rete stabile di cooperazione tra le amministra-zioni e le istituzioni dei paesi coinvolti.Tra le iniziative scientifiche promosse dal progetto si segnalano i se-minari internazionali, oltre quello conclusivo svoltosi a Pisa qui pre-sentato, che hanno sviluppato il confronto diretto tra gli specialisti:

• Il contesto paleoambientale dei porti e degli approdi antichi(Alicante, 14-15 novembre 2003); • Le strutture degli antichi porti e degli approdi (Ostia Antica, 16-17 aprile 2004);• Le attività umane dei porti antichi e degli approdi (Marsiglia14-15 maggio 2004); • Rotte e porti del Mediterraneo dopo la caduta dell’Imperoromano d’Occidente, Continuità e innovazioni tecnologiche e fun-zionali (Genova, 18-19 giugno 2004).

Tre corsi internazionali sono stati dedicati alla formazione di gio-vani neolaureati e alla qualificazione professionale di operatori delpatrimonio archeologico:

• Tecnologie e metodologie innovative per lo studio e il restaurodei materiali archeologici, a cura dell’Istituto di Fisica ApplicataIFAC-CNR di Firenze (Castiglioncello, Livorno, 31 maggio-5 giu-gno 2004);• Metodologie e tecnologie applicate alle ricerche archeologichesubacquee, a cura della Regione Lazio e della Soprintendenza peri Beni Archeologici di Ostia (Roma, 7-11 giugno 2004);• Nuove tecnologie per l’archeologia subacquea a cura del-l’Ayuntamento de Villajoyosa (Villajoyosa, Alicante, 3-14 luglio2004).

Uno degli intenti del progetto è stato quello di coniugare la con-servazione del patrimonio culturale con la gestione delle risorse:su questo si fonda un’iniziativa che ha visto il contributo di tutti ipartenaires del progetto, la creazione del database ARCHEO-MED, riguardante l’archeologia marittima, con un repertorio diporti, approdi antichi e relitti, associato alla realizzazione di unacartografia numerica di questi contesti, per condividere un sistemainformativo comune, del quale è stato definito il formato ed è ini-ziata l’implementazione, che consenta la consultazione simultaneain internet di tutti gli archivi gestiti autonomamente dai singolipartner.

RICERCHEIN CORSO

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della Provenza), che ha tracciato un profilostorico della rappresentazione dell’archeo-logia nel Mediterraneo dal XV sec. ai no-stri giorni. Al di là della loro evidenza ma-teriale, le vestigia archeologiche sono pas-sate e passano nella storia per mezzo dellaloro immagine, sia essa grafica, fotograficao videografica. Un’immagine che quasi maiè oggettiva e che coinvolge anche un altroattore-regista, l’archeologo, che spesso nonha esitato a rubare le scena a ciò che docu-mentava. Strettamente legati alla ricerca archeologi-ca subacquea in Toscana sono stati i suc-cessivi interventi di Franca Cibecchini(Università di Pisa) e Pamela Gambogi (So-printendenza per i Beni Archeologici dellaToscana, responsabile del Nucleo operativosubacqueo). Nel primo è stata tracciata agrandi linee la storia dell’evoluzione del-l’archeologia subacquea in Toscana, daiprimi interventi di Nino Lamboglia tra la fi-ne degli anni ’50 e i primi anni ’60 ai no-stri giorni. Un quadro che ha permesso dipresentare una prima valutazione sullo sta-to delle conoscenze del patrimonio som-merso, sull’attuale stato di conservazionedei numerosi giacimenti indagati nel corsodell’ultimo cinquantennio e, di conseguen-za, di valutarne le possibilità di pubblicafruizione, in situ o tramite musealizzazione.Il secondo intervento è stato centrato so-prattutto sull’attività svolta negli ultimi die-ci anni dal Nucleo Operativo Subacqueodella Soprintendenza Archeologica dellaToscana. Dopo i grandi scavi degli anni ’80(Relitto del Pozzino, Giglio Porto e Giglio

Campese), alle ricerche sulle Secche dellaMeloria nei primi anni ’90 fino alle campa-gne annuali svolte dal 1998 a Punta Ala, chehanno permesso di indagare oltre cinque re-litti antichi. Insieme a queste campagne si-stematiche, si segnalano alcuni interventi diconservazione in situ di particolari reperti,come il restauro e la manutenzione in acquadi una base di colonna in marmo all’Ar-gentarola (Grosseto), e le operazioni legateall’utilizzo di tecnologie innovative, comela prospezione del relitto profondo Elba Sud(-177 m) in collaborazione con la Comex diMarsiglia. Xavier Nieto (direttore del CASC, Girona)ha portato la testimonianza di un tentativoriuscito di visite guidate a giacimenti ar-cheologici sottomarini, quello del porto diAmpurias. È stato qui creato un percorso ar-cheologico subacqueo che permette di visi-tare le strutture sommerse del porto e alcu-ni “oggetti” rappresentativi, nuotando in su-perficie e abbattendo così molti dei proble-mi di sicurezza creati dall’immersione conautorespiratore (vd. L’archeologo subac-queo, n. 30).Alcune problematiche legate ai metodi, pra-tiche e prospettive per la valorizzazione delpatrimonio culturale marittimo euro-medi-terraneo, sono state esposte da Anna Misia-ni (Istituto per il Mediterraneo, iMed). L’at-tività dei partners, coordinati dall’iMed, siè inquadrata soprattutto nella realizzazionedella Guida metodologica per lo svilupposostenibile del patrimonio sommerso. Gra-biella Garzella (Università di Pisa) ha chiu-so la prima sezione presentando un bilancio

delle realizzazioni e prospettive createsigrazie alla mostra “Pisa ed il Mediterra-neo”, sia a livello d’iniziative locali chescientifiche. Nella seconda sezione del seminario,“Esperienze”, sono stati presentati alcuniesempi di valorizzazione del patrimoniomarittimo Mediterraneo, scegliendo tra leesperienze ritenute più significative a livel-lo locale, nazionale e internazionale. RafaelAzuar ha presentato il rinnovato Museo Ar-queológico Provincial di Alicante(MARQ), che ha avuto il riconoscimento di“Museo dell’anno 2004” dall’EuropeanMuseum Forum sotto gli auspici del Consi-glio d’Europa, all’interno del quale un’inte-ra sala è stata dedicata all’archeologia su-bacquea. Hassan Limane (Ministero per laComunicazione e la Cultura del Marocco)ha illustrato invece come la valorizzazionedi uno dei siti archeologici più importantidel Marocco, Lixus, centro portuale apertoal commercio grazie anche alla produzionedi pesce conservato, sia possibile solo gra-zie a collaborazioni locali, nazionali ed in-ternazionali e possa costituire un veicolo disviluppo economico e sociale per la regio-ne. Tornando a questioni di musealizzazio-ne, Myriame Morel (Musèe d’Histoire deMarseille) ha presentato una sintesi sui pro-blemi di trattamento, conservazione e valo-rizzazione dei materiali organici impregna-ti d’acqua affrontati a Marsiglia negli ulti-mi decenni. Ha chiuso gli interventi Massi-mo Zucconi (Parchi Val di Cornia s.p.a.)con l’esperienza di gestione imprenditoria-le del patrimonio culturale e ambientalepubblico realizzata dalla Parchi Val di Cor-nia s.p.a., impresa che gestisce ben sei par-chi (archeologici e naturali), con alcuni mu-sei e centri di documentazione, oltre ad unavasta gamma di servizi turistici associati(ostelli, ristoranti, parcheggi etc.). Alle re-lazioni è seguita una tavola rotonda, nellaquale sono stati discusse in particolare laconservazione e la valorizzazione delle im-barcazioni antiche e più in generale del pa-trimonio marittimo.Alla terza sezione, “Progetti”, è stata dedi-cata la seconda giornata, particolarmentedensa di interventi e conclusasi con una vi-sita al cantiere delle navi di Pisa.Tre sono i grandi progetti per il patrimonioarcheologico subacqueo e navale di Vene-zia presentati da Luigi Fozzati (Soprinten-denza per i Beni Archeologici del Veneto -NAUSICAA). Il primo riguarda la costitu-zione di un magazzino che possa accoglie-re in maniera definitiva l’ingente quantitàdi reperti, anche di notevoli dimensioni,recuperati grazie alla ricerche archeologi-che avviate dal 1986 a Venezia e nellaLaguna Veneta. La scelta è caduta sull’Iso-la del Lazzaretto Nuovo, che unisce facilitàdi accesso e di residenza in loco per glistudiosi alla presenza di ambienti giàrestaurati e subito disponibili, dove possonotrovare posto tra i 100.000 e 1.000.000

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Ricostruzione di uno scavo subacqueo al MARQ di Alicante

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manufatti. Tempi maggiori richiederà inve-ce la costituzione a Venezia di un Labora-torio per il Restauro di Manufatti Subac-quei (LARMS). L’area ideale è stata indi-viduata in un capannone del complessodell’Arsenale, che possiede anche lo spazioutile per il restauro della galea del XIII sec.di San Marco in Boccalama ed è dunquegià in corso di definizione la convezionecon la marina Militare che possiede lazona. Infine, si prevede l’istituzione sull’I-sola del Lazzaretto Vecchio del “MuseoNazionale di Archeologia della città e dellaLaguna di Venezia”, tuttora incredibilmen-te mancante in una città così ricca di storia.Il progetto Archeomar bandito dal Ministe-ro dei Beni Culturali ha quale principaleobiettivo la realizzazione di una moderna edaggiornata cartografia vettoriale ed unabanca dati delle evidenze storico-archeolo-giche subacquee, come ha spiegato Massi-mo Capulli. I risultati sono stati sinora su-periori alle aspettative, con la scoperta didecine di relitti inediti e il preciso posizio-namento di centinaia di siti d’interesse sto-rico-archeologico, tra cui due relitti d’etàimperiale rinvenuti intatti ad alta profonditàvicino a Capri. Timothy Gambin (Foundation for Interna-tional Studies) ha proposto la creazione diun percorso storico-culturale attorno aBoumarrad, uno dei più antichi porti diMalta, con l’intento di valorizzare non so-lo le strutture portuali ma anche le attivitàumane che si sono sviluppate attorno adesse. Il porto si trova vicino ad uno deicentri turistici dell’isola, ma tale area è sta-ta spesso tagliata fuori dalle attività cultu-rali. Si tratterebbe del primo esempio di ta-le genere nell’isola, un percorso che po-trebbe offrire ai turisti e ai locali la possi-bilità di visitare una sorta di museo viven-te e nel contempo costituire un’attrattivaculturale di particolare interesse nelle sta-gioni di minor affollamento turistico.Il Progetto Caleta del Centro de ArqueologíaSubacuática dell’Andalusia, è stato espostoda Carlos Alonso Villalobos. La propostad’intervento ha lo scopo finale di creare nel-l’ambito del Centro de Arqueología Suba-cuática, che ha sede a Cadice, un laborato-rio per la sperimentazione dei problemi po-sti dall’accessibilità e allo stesso tempo dal-la conservazione del patrimonio marittimo.La creazione di un itinerario subacqueo gui-dato ai numerosi reperti storico-archeologi-ci presenti nelle acque della caletta prospi-ciente il centro è, ad esempio, solo uno deimolti interventi previsti da questo progetto.La complessa storia di Baia sommersa, dairecuperi casuali all’avvio della ricercascientifica fino alla costituzione dell’areamarina protetta nel 2002 (D.I. 7.08.2002),è stata illustrata da Paola Miniero (Soprin-tendenza per i Beni archeologici di Napolie Caserta) (vd. in questo fascicolo a p.19).Con l’istituzione del Parco Sommerso learee di Baia sommersa e di Gaiola sono

tutelate sia per la componente archeologicasia per quella ambientale. Altra importantenovità è che per la prima volta l’Entegestore è una Soprintendenza archeologica,con un suo proprio bilancio che permette laprogrammazione degli obiettivi scientificie di tutela, ma anche di disciplinare le atti-vità previste nei due Parchi d’intesa con laCapitaneria. In quest’ambito si cerca dipromuovere uno sviluppo socio-economicocompatibile, privilegiando le attività tradi-zionali e le imprese locali. Tra le iniziativesvolte con tali obiettivi rientra l’indaginedel fondale marino mediante l’utilizzo delsistema di rilevamento integrato multi-beam, che ha permesso una nuova e preci-sa mappatura delle strutture presenti. Gli ultimi tre interventi sono stati dedicatiad altrettanti complessi e costosi cantieri discavo di relitti interrati, attualmente in cor-so. Rubens D’Oriano (Soprintendenza per iBeni archeologici di Sassari e Nuoro), ha ri-percorso le varie fasi dello scavo dei relittidel Porto di Olbia (cfr. L'archeologo su-bacqueo n. 21), i risultati ottenuti e le tec-niche di restauro (con l’innovativo metodotramite “impregnazione degli amidi”) degliscafi lignei. Di cinque dei relitti principali(tre del V sec. d.C. e due medievali) è pre-vista l’esposizione nel Museo Archeologi-co di Olbia, la cui edificazione è appena ter-minata. Per adattare l’edificio alle nuoveesigenze espositive si è semplicemente pro-gettato di coprire la grande corte centrale,in origine uno spazio aperto, in modo da po-tervi alloggiare i relitti, il primo dei qualisarà esposto entro il 2005.Daniela Giampaola (Soprintendenza per iBeni archeologici di Napoli e Caserta) eVittoria Carsana (Istituto Suor Orsola Be-

nincasa) hanno illustrato la storia e lo sca-vo archeologico del porto di Neapolis (vd.L'archeologo subacqueo nn. 29, 30) sottol’attuale piazza Municipio, dove sono sta-ti rinvenuti due relitti della seconda metàdel I sec. d.C. ed un terzo affondato tra lafine del II-inizi III sec. d. C. Tutti sono sta-ti recuperati e, in attesa del restauro, sonoconservati in un capannone attrezzato eclimatizzato, messo a disposizione dal Co-mune di Napoli. È in corso di studio lapossibilità di esporre i rinvenimenti nel-l’ambito di una struttura museale. Ha chiu-so il convegno, Andrea Camilli (Soprin-tendenza per i Beni archeologici della To-scana) anche in funzione della visita alcantiere delle navi di Pisa prevista per ilpomeriggio. Al cantiere di scavo, non piùd’emergenza, verranno associati una seriedi laboratori connessi allo studio dei re-perti, dedicato in particolare alla ceramicae alla petrografia. Sono inoltre in via direalizzazione alcuni edifici a lato del can-tiere destinati al laboratorio sul legno ba-gnato, dove si potrà procedere al tratta-mento delle numerose imbarcazioni, allasperimentazione delle varie tecniche di re-stauro e al trattamento dell’enorme quan-tità di reperti organici. La realizzazione diuno spazio museale adeguato ad accoglie-re le navi sarà preceduto da una serie diiniziative tematiche, tra cui il riallestimen-to di una mostra temporanea. L’obiettivofinale è non solo quello di valorizzare econservare il patrimonio archeologico maanche di sviluppare una serie di servizi ag-giuntivi e di programmi di formazione pro-fessionale e didattica.

F.C.

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Rilievo con multibeam

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DDal 1 al 18 settembre 2004 si è svol-to il primo Cantiere Didattico di Ar-cheologia Subacquea nell’ambito

delle attività “estive” programmate dall’U-niversità di Lecce. L’aggettivo “didattico” non è accessorio. Chiscrive ha molto insistito sulla dimensione for-mativa di quest’intervento: non si è volutosolamente mettere in atto un progetto di ricer-ca aperto anche a studenti, ma anche avviareuna proposta di ridefinizione dell’insegna-mento di Archeologia Subacquea, per orarelegato in una formula esclusivamente teo-rica, malgrado afferisca a pieno titolo al set-tore della Metodologia della ricerca scienti-fica. Che l’indagine subacquea si ponga comefase essenziale nel processo formativo uni-versitario (e sottolineo universitario), è unassunto ribadito più volte su queste pagine(vd. L’archeologo subacqueo nn. 17 e 20).Poter proporre una formazione superiore inarcheologia subacquea che comprendesseanche un tirocinio, esperienze di scavo e rela-zioni con il mondo del lavoro significhereb-be contribuire a riscattare i pesanti ritardi chel’Italia ha accumulato in questo ambito rispet-to ad altri paesi nella definizione di una figu-ra professionale specializzata.Queste premesse spiegano la tipologia del-l’intervento e la scelta dei giacimenti inda-gati: si è condotta una campagna di prospe-zioni, controlli e rilievi di evidenze lungo lacosta della Puglia meridionale che, per posi-zione e profondità, risultavano congenialiall’impostazione di un cantiere didattico.Com’è noto, per la legislazione italiana chiorganizza un’immersione ne ha una respon-sabilità anche penale: ciò, tra l’altro, spiegale difficoltà di gestione e di direzione di uncantiere archeologico in acqua. Abbiamoescluso, per questo primo anno, l’attuazionedi un vero e proprio scavo, principalmenteper mancanza di fondi, ma anche per darcimodo di graduare l’esperimento, rodarci escegliere successivamente sulla base dell’e-sperienza acquisita. I dati sono stati più cheincoraggianti, in primo luogo per l’adesionedi un folto gruppo di studenti dell’Universitàdi Lecce, selezionati tra aspiranti anche dialtri Atenei e specializzandi della Facoltà lec-cese. Hanno partecipato 21 studenti in duegruppi impegnati 10 giorni ciascuno; sonostate effettuate complessivamente ben 333

ore di immersione. Le esercitazioni di survey(anche con uso del metal detector) e di rilie-vo (tramite trilaterazione, coordinate carte-siane, reticolo di dettaglio) hanno interessa-to relitti (sia relativamente al carico che airesti degli scafi) e strutture sommerse, oltre aevidenze di altro genere. Oltre ai rilievi è statarealizzata documentazione video-fotograficaa cura di Fernando Zongolo, Davide Cafa-rella e Cristiana Zongoli. Hanno inoltre col-laborato il Gruppo Ricerche Subacquee “N.Lamboglia” di Brindisi, ed in particolareLuigi Zongoli, Desiderio Camassa e Fernan-do Zongolo, la società Naukleros, PatrizioIndino e Giuseppe Pipitone, Erica Florido,Maurizio Di Bartolo e Viviana Iannuzzi.Debitamente assistiti, gli studenti hannolavorato anche sugli aspetti tecnici dell’im-mersione e sui protocolli della sicurezza.Nonostante le potenzialità archeologiche dialcuni giacimenti e il carattere didattico del-l’intervento non si sono potute adottare stra-tegie e strumenti di indagine innovativi, nel-

l’ottica della sperimentazione metodologica,per i costi che avrebbero comportato, e ci siè perciò limitati a trasmettere “nozioni” dibase. L’intervento è stato condotto nell’ambito diuna collaborazione – “cementata” con unaconvenzione – tra il Dipartimento di BeniCulturali dell’Università di Lecce (in parti-colare il prof. Cosimo Pagliata) e la Soprin-tendenza per i Beni Archeologici della Puglia(che si coglie qui l’occasione per ringrazia-re) che ha come fine precipuo l’incrementodelle conoscenze sul patrimonio archeologi-co subacqueo della Puglia e l’aggiornamen-to della Carta Archeologica Subacquea a curadella scrivente. In quest’ottica, i risultati (chesi spera di presentare integralmente nei pros-simi mesi in una mostra a Lecce) sono statisuperiori alle aspettative: si sono infatti pre-cisate entità e caratteristiche di alcuni siti noti(è il caso di Torre S. Sabina, Saturo, Torre S.Andrea, Cala Padovano di Mola), mentre altrisi sono individuati e analizzati in seguito a

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A rcheo log ia subacquea e Un ive r s i t à :U n c a n t i e r e d i d a t t i c o d i p r o s p e z i o n e

e r i l i evo ne l l a Pug l i a mer id iona le

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Carta generale dei siti esaminati

SPECIALE: RICERCA E DIDATTICA NEL SALENTO

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recentissime segnalazioni. Questa esperien-za, in conclusione, ha permesso di coglierein misura significativa le potenzialità archeo-logiche del mare pugliese; inoltre, la maggiorparte dei giacimenti esaminati (o ri-esamina-ti) potrebbe, con pochi accorgimenti e buonavolontà da parte delle Istituzioni, essere resaaccessibile al turismo archeologico.

Cala Padovano - Mola (Ba)

Cala Padovano, a 3 km a nord dal centro abi-tato di Mola di Bari (litoranea Torre a Mare-Mola), è caratterizzata da una piccola eprofonda insenatura, allo sbocco di una lamadi modeste dimensioni e da una scoglierapiuttosto bassa e poco frastagliata. È notasoprattutto per una villa romana tardore-pubblicana, costruita sul finire del II sec.a.C. e abbandonata nei primi del II sec. d.C.:scavata dalla Soprintendenza tra gli anni1990 e 1995, è stata interpretata come “man-sio”, stazione di posta lungo la via Traiana-Calabra, che fonti locali individuano pocolontana dalla villa stessa. La prospezioneaveva come finalità precipue il controllodella segnalazione di un molo, citato dallefonti storiche e l’individuazione di ulteriorievidenze archeologiche subacquee. Le pro-paggini della roccia, che dalla terraferma sispingono verso il mare aperto, hanno unandamento SE-NW e per le loro dimensio-ni e la loro regolarità possono aver rappre-sentato una base naturale ottimale sullaquale impostare e costruire una sorta di ante-murale posto a protezione della cala.Infatti, quello che abbiamo visto sott’acquasembra probabilmente potersi interpretarecome una costruzione a pietre perse, nel trat-to iniziale sud-orientale smantellata e quindidiscontinua, che diviene più riconoscibileprocedendo verso nord. Ai massi, per lo piùinformi, isolati o embricati a gruppi di due otre, che si dispongono lungo quest’allinea-mento parallelo alla costa, subentra un dossoallungato costituito da pietrame di medie egrandi dimensioni. Alla fine di questo seg-mento la struttura appare più conservata, datala presenza di grandi blocchi parallelepipediche sembrano lavorati (m 3.70 (asse n-s) x1.60 x 0.80). Almeno quattro di essi appaio-no giustapposti e affiancati sul lato lungo;sembrano in parte poggiare sul dosso di pie-trame più minuto ma sul lato più esterno; nonsono infatti piani: la faccia superiore, incli-nata, è a – 1 m ca. La base della breve scarpa è a – 3 m circa sullato interno. Sul fondo, ingombro di pietra-me derivante probabilmente dalla distruzio-ne della struttura per il moto ondoso, si indi-vidua chiaramente un avvallamento, inter-pretabile come un canale probabilmentenaturale (il paleoalveo della lama?), conandamento sinuoso, il cui passaggio coinci-de significativamente con l’interruzionedella struttura. Non è da escludere che una struttura simila-re potesse svilupparsi nel settore nord-occi-

dentale dell’insenatura, con andamento sem-pre parallelo alla linea di costa, per chiudereanche qui lo specchio di mare prospiciente lavilla. Infatti, dopo uno “iato”, coincidente,come si è detto, con il passaggio del canale,sono nuovamente presenti alla stessa bati-metria massi di varie dimensioni, che rag-giungono in maniera discontinua e caotica ilcostone nord-occidentale. Potrebbe peraltroqui trattarsi semplicemente dei resti di unascogliera naturale, fortemente esposta aiventi dominanti.Il fondo è cosparso di materiali ceramici,soprattutto frammenti di anfore e di cerami-ca comune; sono ora in fase di studio, masembrano rimandare all’arco cronologico difrequentazione della villa, tra la tarda Repub-blica e l’alto Impero. Alla prospezione subac-quea ha fatto seguito una ricognizione a terra,lungo la spiaggia ad ovest della lama, dinan-

zi e oltre i resti della villa: la stretta fasciacostiera è fortemente incisa da cave e davasche per la produzione del sale.

Giancola (Br)

Un intervento di rilievo ha interessato il relit-to rinvenuto da D. Cafarella e C. Zongoli inlocalità Giancola, a nord di Brindisi, quasi incorrispondenza dell’attuale foce del canale,a circa 50 m dalla battigia e alla profonditàdi m 1,70; i resti lignei giacciono su un fondosabbioso (ciottoloso nella parte sottostante)di cm 60-70 di spessore, prossimo ad un rial-zo del fondale dovuto alla presenza di unasecca. La porzione superstite dello scafo è ribaltataed orientata SW - NE. Sono stati messi in evi-denza 5 corsi di fasciame per una lunghezzadi ca. m 4 e nove ordinate. Queste, che hanno

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Cala Padovano. I blocchi dell’antemurale

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Giancola. Il rilievo dei resti lignei

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sezione quadrangolare di 8 x 10 cm, presen-tano il foro di biscia (cm 4 x 6) verso l’alto,a prova della posizione capovolta dell’im-barcazione. La curvatura dell’opera viva sug-gerisce l’esistenza di un’ulteriore porzione difiancata sotto i sedimenti. Il fasciame è acco-stato a paro e fissato “a mortasa e tenone”. Lemortase sono larghe cm 10 circa e distanti cm15-20; i tenoni, come al solito, risultano bloc-cati con caviglie lignee. Sono peraltro visibi-li sulla superficie esterna del fasciame anchele caviglie più grandi per il fissaggio delleordinate al guscio.Com’è noto, l’area di Giancola conosce, negliultimi due secoli della Repubblica un inten-so sviluppo. L’approdo è stato, come adApani, essenzialmente funzionale alle pro-prietà fondiarie e alle loro manifatture, in par-ticolare a tre nuclei di fornaci, che sembrano,sulla base di dati stratigrafici, risalire alla fine

del II sec. o - tutt’al più - agli inizi del I sec.a.C., e raggiungere, con alterne vicende, laprima età imperiale. Il “caricatore” servivaper un primo trasporto via mare fino al portodi Brindisi, dal quale i grandi carichi di anfo-re salpavano alla volta degli empori del Medi-terraneo, sia occidentale che orientale.

Torre Chianca di Lecce

A Torre Chianca, la marina a nord di Lecce,si trovano almeno tre relitti, messi in luce damareggiate e solo pochi mesi fa individuati esegnalati – prima alla Soprintendenza, poiall’Università – da Gianfranco Quarta.La posizione dei relitti, distanti dalla riva m70-100 e tra loro m 150-200, è significativaper la loro formazione. Sono infatti spiag-giati, in questo caso perfettamente allineati inun “truogolo”, come i geologi chiamano l’av-

vallamento del fondale parallelo alla costa, ilcanale qui compreso tra la battigia e la barrapiù vicina. Le imbarcazioni, quasi sicura-mente in tre momenti diversi, conclusero illoro viaggio probabilmente in modo analo-go: in occasione di una mareggiata – che quiraggiunge intensità notevoli – si arenarono inbasso fondale presso la battigia e vi furonoabbandonate; il moto ondoso le dispose poidi traverso, parallele alla riva. Gli studi diCarlo Beltrame sui relitti spiaggiati ha messoin evidenza le peculiarità di questa categoria:un eccezionale stato di conservazione degliscafi e dei materiali organici e la presenza dioggetti notevoli, caratteristiche che contra-stano con l’apparente vulnerabilità; causasarebbe il veloce processo di copertura, dovu-ta al moto ondoso, particolarmente turbolen-to in prossimità della riva, che, a contatto conlo scafo, produrrebbe un’azione di rimesco-lio e scavo tale da farlo sprofondare e tra-sformarlo in una “trappola” per i sedimenti ela posidonia. Il primo relitto (A) è attualmente ricoperto.Nel corso delle ricognizioni effettuate dal-l’autore del rinvenimento prima e dal grup-po dell’Università di Lecce poi, è stato recu-perato materiale fittile e metallico. Parzial-mente libero risultava invece, ancora a set-tembre, il relitto B, un’imbarcazione di etàromana a fasciame portante e con l’assem-blaggio dei corsi del fasciame a paro, cioè conmortase e tenoni. Emergono dai sedimenti leestremità della chiglia, con battura e innestodel torello, fissato anche con chiodi di bron-zo, e parte della fiancata orientale (sono visi-bili almeno otto corsi di fasciame). La chi-glia, conservata per una lunghezza di circa m13, è orientata NNO-SSE. La maglia delle ordinate appare molto rego-lare e serrata: distano circa cm 15 e hannosezione perfettamente squadrata. Recanosulla faccia superiore gli intagli per il para-mezzale, scomparso. Interessante è la presenza di resti organici:alcuni sembrano potersi identificare, ad unprimo sommario esame, con datteri e nocciolidi olive; sono apparsi resti ossei, rimasti insitu. I resti vegetali sono rimasti invischiatinella pece che calafatava il fondo della stiva.Sono stati recuperati nell’area materiali ete-

Torre Chianca di Lecce. Il relitto C: la parte meridionale

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Torre Chianca di Lecce. Il relitto B: resti di datteri (?) e ossa

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rogenei, che non aiutano, in questa fase deltutto preliminare, a circoscrivere il rangecro-nologico; ricordiamo, tra gli altri, numerosiframmenti anforari e monete, oltre ai chiodi,rinvenuti in grande quantità. Resti di un probabile carico sono invece statiindividuati nel giacimento C. Si tratta delrelitto più in evidenza, parzialmente copertoda pietre di medie dimensioni, probabilmen-te la zavorra delle nave; anche in questo casosi sono viste entrambe le estremità della chi-glia, distanti circa m 13; è visibile inoltre ilparamezzale, lungo m 7.60 e largo m 0.35,scalzato dalla posizione originaria e ruotatoperpendicolarmente all’asse della chiglia. Ilsettore meridionale, non occultato dai sedi-menti, mostra parzialmente entrambe le fian-cate, e almeno sette ordinate. Alcuni son-daggi di pulizia tra la parte scoperta e il para-mezzale, e nell’area a nord di quello, dove ilriporto sabbioso è consistente, hanno indivi-duato il fasciame esterno, per cui l’opera vivasembra in buona parte conservata.Tutta l’area del giacimento è cosparsa dimateriali fittili; un numero cospicuo di fram-menti appartiene ad anfore prodotte in Tuni-sia e importate in Italia a partire dalla fine delII secolo (forma Africana II C). Significativesono le tracce di ceneri e di combustione conannerimento da fuoco che appare sulla mag-gior parte dei frammenti, che portano adincludere tra gli eventi che possono aver con-dotto al naufragio e/o all’abbandono dellanave anche un incendio.

S. Cataldo (Le)

Anche le strutture sommerse a S. Cataldo enella vicina località di S. Giovanni sono stateoggetto di una ricognizione. La parte finaledel grande molo che Pausania attribuisce ad

Adriano, demolita e rasata, giace sotto lasabbia della battigia e in parte sotto il livel-lo del mare; la prospezione subacquealungo il percorso, ricalcato da una strutturaquattrocentesca, ha individuato lungo il latosettentrionale dell’opera, nel tratto fino a50-70 metri dalla riva, vari blocchi ancorain situ del filare più esterno; inoltre, sonovisibili numerosi blocchi lavorati, molti deiquali frammentari, in posizione di crollo. Ilpessimo stato di conservazione è dovutoanche alla demolizione effettuata per reim-piegare i blocchi nella scogliera antemura-le di un nuovo molo, i cui lavori furono inau-gurati l’ 8 maggio 1901 (nonostante l’op-posizione dell’illustre studioso Cosimo DeGiorgi, all’epoca Regio Ispettore dei Monu-menti) e mai terminati. Tale molo incom-piuto seguiva un tracciato ad L, con gomi-to pronunciato, ben leggibile nelle fotoaeree e accuratamente esaminato nel corsodella prospezione. La fondazione in acquadella nuova struttura vede l’impiego, comeperaltro specificato nei documenti d’archi-vio, sia di massi artificiali di calcestruzzo,sia di massi naturali ricavati dal vecchioMolo Adriano. La parte terminale era rap-presentata da un “isolotto” tuttora in posto,con ruderi del muraglione soprastante; taleisolotto o platea, così come il tratto più pros-simo, è costituito da assise sfalsate di bloc-chi pertinenti alla struttura romana. Il molomoderno, che nelle aspettative della comu-nità doveva incrementare i traffici cittadi-ni, si rivelò ben presto una trappola peralghe e sabbia; lo specchio acqueo, chiusodal braccio ad L, si trasformò in una palu-de impraticabile sia dalle imbarcazione chedai bagnanti; per tentare di ovviare se ne ini-ziò l’abbattimento già pochi anni dopo,intervento peraltro mai completato.

Torre S. Andrea (Le)

Una prospezione ha interessato la suggestivainsenatura di Torre S. Andrea (Le), oggettodi segnalazioni di subacquei già negli annipassati. Per la prima volta è stata condotta unaricognizione sistematica, articolata in duegruppi, in particolare lungo i fianchi dellabaia e oltre l’imboccatura a sud. Al centro ilforte apporto sabbioso oblitera le tracce, men-tre si individuano concentrazioni di materia-le fittile ai piedi della falesia meridionale,soprattutto nella caletta a sud dell’imbocca-tura. La presenza di questo materiale è daricondurre ad una frequentazione della baiacome approdo occasionale (non ci sono evi-denti strutture portuali ma la conformazionedella costa offre riparo dai marosi) legata adattività di pesca, o come “caricatore” di ser-vizio agli insediamenti rustici che si sonoindividuati nel territorio, particolarmente fre-quenti nella piena età imperiale. É stato rac-colto il materiale più significativo: si tratta inlarga parte di anfore (corinzia A e B, grecoi-talica recente, Lamboglia 2 e tipi di transi-zione, ovoidale adriatica di produzione salen-tina – c.d. “di Brindisi” – Dressel 2-5, tardo-rodia, Late Roman 2, Late Roman 4 o anforadi Gaza), e di alcuni frammenti di ceramicafine (un frammento di vernice nera, sigillataafricana), ceramica comune dipinta e dafuoco. Si segnala anche un frammento dilamina plumbea con tracce di fori per chiodi.

Le naves lapidariae: Torre Chianca diPorto Cesareo e S. Pietro in Bevagna

Esercitazioni di rilievo si sono svolte su que-sti carichi marmorei, ben noti e documentati(anche recentemente, nel corso di interventieffettuati dalla Soprintendenza).

S. Cataldo. Il molo adrianeo: blocchi som-mersi del fianco settentrionale

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Torre Chianca di Porto Cesareo. Le colonne

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Il più meridionale si trova in loc. Scala diFurnu-Torre Chianca, a NW di Porto Cesa-reo (Le), appena fuori la direttrice che con-giunge la scogliera su cui sorge Torre Chian-ca con l’isolotto “Lu Scueiu”. Il carico è costi-tuito da cinque colonne monolitiche, in posi-zione perfettamente parallela, orientate in dire-zione NS e distanti tra loro ca. m 0.50, incro-state di depositi calcarei; lunghe m 9, con undiametro che oscilla tra cm 70 e 100, sono dimarmo cipollino di Carystos (sono stati prele-vati e analizzati dei campioni). L’altro è ubicato lungo la costa ionica a circam 100 dalla spiaggia di S. Pietro in Bevagna,in corrispondenza della foce del fiume Chi-dro, tra m 4 e 6 di profondità.Il giacimento occupa un’area di circa mq 148,con l’asse longitudinale in direzione N-S. Écostituito da un carico di manufatti marmo-rei: 24 sarcofagi (rispetto alle indagini deglianni ‘60 un nuovo sarcofago di dimensioniminori è stato rinvenuto a 30 m ca. dalla spiag-gia, seminsabbiato) in posizione inclinata sulfondo, di forma e dimensioni diverse: in parterettangolari, alcuni dei quali doppi, da sepa-rare a destinazione, altri singoli, con una pare-te più spessa (dal pezzo di marmo “in ecces-so” si poteva ricavare il coperchio), in partea vasca (lenòs), i minori inseriti in quelli piùgrandi, per economizzare lo spazio disponi-bile. Analisi archeometriche effettuate sucampioni dei sarcofagi a vasca hanno accer-tato che si tratta di un marmo dolomitico,bianchissimo, a cristalli medio-grandi, dallecave di Capo Vathy sull’isola di Taso.

Saturo (Ta)

La prospezione effettuata a Saturo ha fornitonuovi dati di grande interesse. Il sito è bennoto: il promontorio tra la baia di Saturo,situata 12 km a SE di Taranto e la baia gemel-la di Porto Perone a sud, conosce fasi di occu-

pazione a partire dalla prima età del Bronzofino ad epoca imperiale, quando vi si impian-ta una villa maritima, i cui resti visibili risal-gono però al III sec. d.C. La lussuosa resi-denza, dotata anche di strutture termali, sus-siste fino al VI, come documentano i son-daggi più recenti. L’obiettivo dell’intervento era il controllodella diga frangiflutti posta a protezione dellabaia, oggetto di una prima pubblicazione adopera di M. Lazzarini. Come già descrivevail Lazzarini, è una costruzione a pietre sciol-te, che spicca dal costone meridionale del-l’insenatura e descrive un tracciato curvilineoverso ovest, addossandosi e sfruttando un gra-dino del banco roccioso sommerso. Ha l’a-spetto di un aggere a sezione trapezoidale,largo a metà del percorso m 17.5, lungo uncentinaio di metri circa, ed alto da m 1 a 3-3,5nella parte terminale. Il fondale, nella parteinterna della baia, a nord del cumulo, rag-giunge circa 5 metri, mentre è meno profon-do all’esterno, tra l’arco descritto dall’ante-murale e lo sperone roccioso che chiude il pro-montorio a SE (-m 2,5- 2,7). All’altezza delgomito l’opera si conserva in maniera impo-nente, mostrando il dosso di pietrame ancoraben compatto ed una scarpa che degrada ripi-damente verso est. La gettata di pietre sciol-te, per le sue caratteristiche di semplicità edergonomia, è un tipo di costruzione subac-quea diffuso in tutte le epoche e le aree costie-re per realizzare le grandi dighe antemurali;stringenti paralleli si rintracciano semprenello Ionio, a Torre S. Gregorio, dove è pre-sente una struttura analoga, probabilmentecoeva. Un ottimo confronto in area tirrenica,sebbene a scala maggiore, è costituito dallagettata frangiflutti di Cosa (odierna Ansedo-nia), o meglio, del Portus Cosanus, che fungeanche da base per un allineamento di plinti incementizio, resti di un molo a piloni e riem-pimenti. Esempio celebre grazie alle fonti, ma

non individuato dalla ricerca archeologica, èl’antemurale di Civitavecchia, antica Cen-tumcellae, così come ce lo descrive Plinio infase di costruzione nel porto voluto da Traia-no. Si tratta di opere che in origine dovevanoemergere per assolvere alla loro funzione.Particolarmente interessante è quindi il datorelativo alla profondità: a Saturo la sommitàdell’antemurale si trova attualmente tra – m2,30 e 2,50; a Torre S. Gregorio rileviamoquote analoghe. Lazzarini attribuisce la dif-ferenza di altezza all’azione distruttiva delmoto ondoso, che avrebbe disperso il pietra-me soprattutto nella parte interna della baia.Ciò è in parte vero, ma nuovi spunti sonoofferti da un’ulteriore evidenza: vari cumulidi tegoloni ed embrici presenti all’estremitàNW dell’antemurale, sulla superficie esoprattutto ai margini di quello, nel punto incui, cioè, la gettata di pietre va a morire sulbanco roccioso. Tegulae ed embrices sonofortemente concrezionati in vari insiemi, ilmaggiore dei quali risulta piuttosto esteso (m8 x 6) e si presentano accatastati, sovrappostio affiancati; sono evidentemente resti di uncarico di laterizi, un relitto che trasportavamateriali da costruzione, forse insieme adanfore, o che aveva anfore nella dotazione dibordo. Sono proprio i contenitori individuatia “marcare” il momento del naufragio: tra lafine del II ed il I sec. a.C.Una volta verificata questa datazione, avre-mo a disposizione un marker eccellente dellivello del mare al momento del naufragio,livello che doveva essere necessariamenteinferiore a quello attuale. Considerate le dif-ferenze di misurazione causate dalle maree el’azione di dilavamento dovuta al moto ondo-so, un’escursione del livello del mare di m1,50-2 sembra costante lungo la sponda ioni-ca del Salento.

R.A.

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S. Pietro in Bevagna. Il rilievo dei sarcofagi Saturo. La scarpa interna dell'antemurale

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IIl quartiere Galata, che oggi ospita ilMuseo del Mare, costituiva l’Arsenalein cui la Repubblica di Genova costrui-

va e varava la propria flotta. Anticamentechiamato Arcate Nuove, era un edificio na-to espressamente per costruire, manuten-zionare e riparare galee. Le altezze, le lar-ghezze e le pendenze dell’architettura sonoin funzione delle forme e delle dimensionidelle galee.Il salone d’ingresso accoglie il visitatorecon una teca che racchiude un enormemodello della t/n Raffaello (1965). Oltre almodello, si trovano nel salone la bigliette-ria ed il giftshop. Altri bookstore sono pre-senti ai diversi piani.Il Museo è dislocato, infatti, su quattropiani (compreso il piano terra), attraverso iquali si snoda un percorso cronologico etematico; ogni piano è dedicato ad un dif-ferente modo di andar per mare. I primi trepiani comprendono ciascuno cinque sale,di varia grandezza e sistemazione, ognunadelle quali è ‘a tema’. L’ultimo piano èdedicato ad una mostra sui transatlantici.La maggior parte del materiale è esposto inteche, mentre pannelli esplicativi - oltrealle indispensabili didascalie - sono dispo-sti in punti opportuni delle sale.

PIANO TERRA ‘Epoca del Remo’Sala 0 Il porto di Genova nel XVI secolo.Quattro grandi quadri illustrano situazionie momenti diversi nel porto di Genova. Ilprimo quadro, molto conosciuto, riprodot-to in numerose pubblicazioni, è la “Vedutadella città di Genova nel 1481” di Cri-stoforo Grassi, del 1597. Seguono altre duetele attribuite al Grassi: “Escavazione delfondo marino fra i ponti Spinola e Calvi”,anch’esso del 1597, e “Lavori di escava-zione nella darsena delle galee nel 1545”,della seconda metà del XVI secolo. Infine,di Dyonis Martens, “Escavazione delfondo marino del Mandraccio”, dell’ultimoquarto del XVI secolo.Dopo i quadri è visibile, a pavimento, uncorto trave ligneo con catena di ferro cheesemplifica gli elementi modulari checomponevano le ‘catenarie’ utilizzate perchiudere l’ingresso del porto.Sala 1 Genova e Cristoforo Colombo.Questa sala ospita, al centro, i modellidella Santa Maria, della Niña e dellaPinta. Lungo le pareti sono dislocate vetri-ne con un planisfero nautico del 1500;repliche di astrolabi, quadranti e balestri-glie; lettere e ritratti (presunti) di Cristofo-ro Colombo nonché il ‘Codice dei Privile-

gi’ del navigatore ligure. Entro una teca incristallo e legno intagliato dorato è conser-vata un’ampolla che contiene le ceneri diCristoforo Colombo.Sala 2 Antico arsenale: schiavi, forzati e

buonavoglia. Da un quadro della metà delXVII secolo, attribuito a G.Batta Costan-zo, che mostra “Il porto di Genova allametà del Seicento. Rilievo batimetrico” èstato ricavato un modellino dell’Arsenale,

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I l Museo de l mare Galata d i G e n o v a

MUSEI

Elemento modulare di catenaria per la chiusura dell’ingresso al porto

Modellino dell’Arsenale di Genova alla metà del Seicento

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posto a fronte del quadro. Pannelli cilindri-ci con figure a grandezza quasi naturalesono relativi ai soggetti della sala (schiavi,forzati e buonavoglia, vita in darsena).Da enumerare ancora un reggitorcera, untritone ligneo policromo dal volto di piratabarbaresco (fine XVII-inizi XVIII secolo),un modellino di galea, una catena da forza-to di galea ed altri quadri.Sala 3 Armeria della darsena. Sui due latidella sala, protetti da inferriate, ci sonoarmi ed altri oggetti relativi all’armeria.Una buona parte dei pezzi sul lato di sini-stra riguarda le corazze con le quali eranoequipaggiati i soldati imbarcati tra la finedel XVI e quasi tutto il XVII secolo. Sitratta, in particolare, di corsaletti, armature

leggere (15 Kg) composti da due parti (pet-torale e dorsale) che coprivano il tronco elasciavano libere le gambe. Ci sono poi elmi (morioni, sia a cresta chea punta; zuccotti e borgognotte), scudi epicche. Nella parte destra della sala figura-no bombarde, palle litiche, bauli metallici emortai marmorei per la preparazione dellapolvere nera.Su una scaffalatura lignea posta in fondoalla sala sono esposte altre bocche da fuoco(carronate, cannoncini, cannoni, falconetti,petriere).Sala 4 La Galea genovese sullo scalo dialaggio. In questo vano è alloggiata unagalea ricostruita a grandezza naturale. Sitratta di una tipica galeotta ‘ponentina’,

variante minore della più conosciuta efamosa galea ‘sottile’, rimessa su taccatelignee in uno degli scali originali che siaffacciavano sul bolago - il bacino internodell’Arsenale - oggi interrato. La ricostru-zione in scala 1:1 è stata effettuata nell’am-bito del ‘Progetto Galea’, che ha presoavvio nel 1999, ed eseguita dal cantierebelga Lowyck NV di Ostenda. Una fianca-ta della ricostruzione è stata lasciata privadi fasciame esterno per rendere possibile lavisione dell’interno dello scafo.Nella sala ci sono anche due teche condisegni di galee, un modello di galea, unacorazza, una spada, un fanale di corona-mento da galea ed una cariatide ligneapolicroma.

1° PIANO ‘Età della Vela’Sala 5 Galleria delle galee. Il corridoio,con pannelli relativi alle galee (vita dibordo, remeggio, bocche da fuoco, cibo,ecc.), permette, tramite delle balconate,una visione dall’alto e dal fianco di sinistradella galea ricoverata nella sala sottostante(sala 4).Sala 6 La galleria superiore della galea. Sitratta di una piccola sala di passaggio dallaquale è possibile un buon colpo d’occhio,da prua, della galea sottostante.Nella galleria trova posto anche un notevo-le modello didattico, lungo circa quattrometri, di galea a 26 banchi, come quelleche si costruivano nell’Arsenale.Sala 7 Andrea Doria e l’arrivo dell’argen-to. Dipinti (di battaglie, di personaggi,vedute - di Savona, di Chios, dell’Isola diTabarca - ecc.), acqueforti, cartine, unaspingarda, un astrolabio, un notturlabio ealtro.Al centro della sala, ricostruzione dellascena ‘A. Doria e l’arrivo dell’argento’ incui si notano due casse-forzieri per il tra-sporto dei metalli preziosi.

Armeria. Lato destro

Armeria. Bombarda

Armeria. Scaffalatura con bocche da fuoco

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Dal passaggio che porta alla sala succes-siva si accede ad un balcone che permet-te una vista della galea dall’alto e dallato di dritta.Sala 8 Geografi e cartografi. Vetrine conatlanti e carte geografiche.Notevoli, in due grosse teche poste al cen-tro della sala, un globo terrestre ed unglobo celeste, entrambi opera di VincenzoMaria Coronelli. I globi sono costituiti daacqueforti (del 1688) montate su cartapestaricoperta di gesso, su telaio ligneo (dellafine del XIX secolo).Sala 9 La galleria dei dipinti di marina.Dipinti di marina (battaglie, vascelli, naviin costruzione), disegni di velieri, modelli-ni (uno è un modello votivo di vascelloveneto a due ponti, da 48 cannoni), piani dicostruzione (del Royal Oak, vascello ingle-se di Terzo Rango, costruito nell’Arsenaledi Plymouth nel XVIII secolo, e di ‘India-man’, tipo di nave per il commercio con leIndie, anch’esso del XVIII secolo).

2° PIANO ‘Età dei Brigantini’Sala 10 Genova e l’età delle rivoluzioni.Dipinti, cartine, modelli di navi, carteggi.In particolare, sono da annotare: il model-lo di un pinco genovese del XVIII secoloarmato in cappa; una cassa lignea damarinaio (metà del XVIII secolo) con unascena raffigurante Giuditta e Olofernedipinta sulla parte interna del coperchio;una polena policroma raffigurante un’a-quila con le ali raccolte; un ex-voto (pre-sumiamo), privo di didascalia, costituitoda un singolare modello di nave dall’ap-parenza naïf.Al centro della sala, su un grosso ripiano

che rappresenta la superficie del mare,emergono, variamente disposti e visibilidalla linea di galleggiamento in su, tremodelli: di un vascello francese di Secon-do rango da 76 cannoni (fine XVIII secolo)e delle fregate sarde San Michele (XIXsecolo), da 54 cannoni, e Regina (metà delXIX secolo).Sala 11 Avventure di viaggio per mare enaufragi. Al centro della sala c’è una lanciaalberata (‘baleniera’ dell’Ottocento) con laprua rivolta ad uno schermo sul quale vieneproiettato un filmato che fa rivivere virtual-mente gli sballonzolamenti - seguiti dall’e-sperienza di un naufragio - di una nave inbalia di una tempesta. Le scene di maremosso sono corredate dal sonoro dei fischidel vento e del ruggire del mare, mentre inlontananza si profila l’ombra minacciosa diCapo Horn.Sala 12 Il mare e la scienza. Strumentazio-ne nautica (bussole), da rilevamento (teodo-liti, sestanti, ottanti, quadranti, sferoscopio,circoli), idrografica (mareografo) e meteo-rologica (barometri). Carte nautiche. Atti-vità dell’Istituto Idrografico della Marina edei costruttori di strumenti nautici.Sala 13 Vita di bordo nei velieri. Techecon modellini e polene. L’elemento dimaggior spicco della sala è però il briganti-no-goletta Anna, che emerge dal pavimen-to all’altezza della linea di galleggiamento.Una rampa consente la salita sul ponte. Abordo è possibile vedere l’argano per sal-pare le ancore, il tambuccio per scenderenegli alloggi dei marinai, la cucina-sala dapranzo, una lancia di salvataggio, la cabinadel comandante-sala nautica, la timoneria.Sala 14. Progettare e costruire le navi.Sono qui illustrate le varie fasi che riguar-

dano la costruzione di un natante. Sonostati riallestiti l’ufficio del direttore delcantiere (arredato con mobili d’epoca, conmodelli e disegni); l’ufficio dei disegnatori(con modelli, mezzi-modelli, modelli par-ziali, disegni, attrezzi da disegno); la fale-gnameria del cantiere (con utensili e mac-chinari di fine Ottocento-inizi Novecento).Al suolo la figura della proiezione ‘vertica-le’ (ordinate) di un piano di costruzionerappresenta la ‘sala a tracciare’, il localepiù ampio del cantiere, in cui si riproduce-vano in scala 1:1 le linee di costruzione inbase alle quali si ‘tracciavano’, con le cur-vature volute, i pezzi di carpenteria.Nell’altra metà della sala c’è lo scheletroligneo di un natante, impostato sui tacchi, arappresentare l’ormai avvenuto inizio dellacostruzione vera e propria. Un accenno aparte viene riservato all’attività del calafato.

3° PIANO ‘Transatlantici’A questo piano si trova la mostra “Transa-tlantici. Scenari e sogni di mare”, allestitanell’ambito di Genova ‘Capitale Europeadella Cultura nel 2004’. L’esposizioneaffronta il tema sotto molteplici risvolti -tecnologici, artistici, sociali, storici, dicostume - e costituisce l’occasione per rivi-vere una delle epopee di Genova quale‘Capitale del mare’.Sala 1 Partono i bastimenti. Proiezionimultimediali con scene d’imbarco di pas-seggeri di prima classe, emigranti, merci,bestiame. In una teca, ‘Bardo di Scozia’,polena del piroscafo Cambria (1844).Sala 2 Emigranti. Proiezione in b/n conscene d’imbarco, di viaggio e di sbarco diemigranti. Modelli di piroscafi: Aquila(1889), Vincenzo Florio (1880), City ofNew York (1860).Sala 3 Prima classe. Proiezione a colori sutre schermi di scene ricostruite - interpreta-te da attori - di imbarco, pranzo, ballo,festa a bordo. Modelli dei piroscafi Savoia(1898) e Deutschland (1900) e della t/nImperator (1913) e campana di bordo diquest’ultima.Sala 4 Ricollocata in questo punto la veratimoneria di un piroscafo.Sala 5 Alberghi galleggianti. Video conscene di propaganda - oggi diremmo ‘pub-blicità - che le compagnie di navigazionecommissionavano per promuovere le pro-prie attività e transatlantici.Sala 6 1914/1918. Siluri e torpedini. Videoin b/n dell’affondamento del Lusitania,silurato il 7 Maggio del 1915 dall’U-Boot20, e sulle navi mimetizzate. Esposto unsiluro di tipo B (1914-18), ad aria com-pressa, del silurificio Schwarzkopff. In unateca si possono osservare modellini, quadrinonché vesti e salvagente di uno dei super-stiti del Lusitania.Sala 7 Città galleggianti. Video che illustrai momenti di vita a bordo di un nuovo tipodi passeggero: il turista. Sezione longitudi-

Galea vista dal basso

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nale della t/n Duilio (1924) e due grossimodelli di turbonavi (uno del Giulio Cesa-re, 1932).Sala 8 Traversando l’oceano. Sul pavimen-to di questo vano, che costituisce un pas-saggio alla sala successiva, viene proiettatala superficie del mare appena mosso (ancheda un punto di vista tattile si ha l’impressio-ne di trovarsi su una superficie fluida). Laproiezione comprende anche la costa euro-pea, all’ingresso del corridoio, e quellaamericana, all’uscita. Tra le due coste com-paiono e scompaiono, a tratteggio rosso, lerotte di transatlantici quali il Rex, ilBremen, il Normandie e il Queen Mary. Insuperficie appaiono e scompaiono anchestrumenti nautici, naufraghi che si aggrap-pano a relitti, mammiferi marini che affio-rano, bottiglie galleggianti, flussi d’aria.Sala 9 All’uscita del passaggio è esposto ilTrofeo del Nastro Azzurro (Hales’Trophy), disegnato da Henry Pidduck erealizzato da James Dickson, assegnatoalla nave che copriva il tragitto attraversol’Oceano Atlantico impiegando il minortempo (vinto per la prima volta dal Rex nel1933). Proiezione di video b/n e colore.Sala 10 Transatlantici in guerra. Video b/nsull’affondamento del Rex e teca conmodelli di transatlantici (Normandie, Ile deFrance e altri) e quadri. Impatto emotivosuscita la vista della campana di bordo delRex, unico pezzo superstite dopo il bom-bardamento della nave avvenuto nel 1944.Sala 11 E la nave va ... Cinematografia,con proiezione di spezzoni di film, sui tran-satlantici.Sala 12 Navi di carta. Video con le locan-dine pubblicitarie dei viaggi e dei serviziofferti dai transatlantici.In una sala di passaggio sono esposti imodelli delle tt/nn Conte Biancamano(1949) e France 3 (1960).Le successive due sale sono dedicateall’affondamento dell’Andrea Doria.Sala 13 Collisione a dritta. Grosso modellodell’Andrea Doria, inclinato sulla fiancatadi dritta, in corso d’affondamento dopo lacollisione con lo Stockolm la sera del 25Luglio 1956, alle ore 23,10. Grande emo-zione suscita la statua di Andrea Doria,scultura in bronzo del 1953 di GiovanniPaganin, affondata con la nave omonima erecuperata dal subacqueo americano DanTurner. A soffitto, proiezione a colori chemostra un’allegoria dei naufragi: si vedonooggetti che affondano, ma si ha la sensazio-ne che risalgano verso la superficie.Sala 14 Quella notte a Nantucket. Videocon le immagini dell’affondamento del-l’Andrea Doria e con le testimonianze disuperstiti. In una teca, coppia di polenepolicrome raffiguranti divinità marine edeffige di Michelangelo.Sala 15 Vita a bordo. Video a colori, su treschermi, con immagini di viaggio e di vita abordo dei turisti dei moderni transatlantici.Sala 16 Ultimi transatlantici. Ultima sta-

gione, tra gli anni ’60 e ’70, dei transatlan-tici: video b/n e colori e teca contenente ilmodello della t/n Eugenio Costa (1966).Sala 17 Arrivi. Scrutando, con binocolirotanti montati su piedistalli, uno schermosu cui è proiettata la superficie del mare siscorgono all’orizzonte, tra piccole nuvole,miraggi di mete possibili.La visita al Museo termina, di fatto, qui,ma salendo ancora di due piani si accedealla terrazza panoramica (l’Osservatorio),circondata da una grande struttura di cri-stallo a cielo aperto, dalla quale si ha unavista a 360° del porto e della città diGenova, le cui case vengono lambitedalle acque del porto e si distendono sullecolline a quest’ultimo addossate.Si percepisce nettamente - almeno così cipare - che l’allestimento del Museo non èancora del tutto completato, per cui giu-dizi ed impressioni debbono ritenersiprovvisori, anche in considerazione delfatto che la mostra sui transatlantici, cheal momento costituisce una parte impor-tante dell’esposizione complessiva, ètemporanea (chiuderà il 9 Gennaio 2005).Auspichiamo che la mostra, dato il suointeresse, possa divenire permanente,anche se ci rendiamo conto che molti deipezzi più importanti sono probabilmentein prestito.Gli spazi museali sono notevoli, ma sfrut-tati in maniera adeguata. C’è armonia trapassaggi, spazi vuoti e volumi occupatidagli oggetti esposti. Questi ultimi sonoscelti in modo ottimale, sia qualitativa-mente che quantitativamente, senzasovraffollamento di reperti delle sale edelle teche. I testi dei pannelli sono sem-plici e chiari e della giusta lunghezza.

L’illuminazione, naturale in certe aree delMuseo, è per lo più artificiale, soffusa enon forte. In alcuni punti, tuttavia, soprat-tutto in prossimità delle salette di proie-zione, è insufficiente e non permette, o loconsente con difficoltà, di leggere age-volmente le didascalie oppure di coglieree distinguere bene i particolari di deter-minati oggetti.Gli interventi architetturali moderni sul-l’edificio (cemento a vista, metallo evetro, con poco legno) sono invece deci-samente deludenti. La grande struttura dicristallo che avviluppa tutto l’edificiorende, in particolare agli ultimi piani(dove ci sono vetri opacizzati) e nell’Os-servatorio, l’atmosfera soffocante (soprat-tutto in senso calorico). Un’occasionepersa ci pare, in particolare, quella di averchiuso completamente sui lati la terrazzapanoramica anziché lasciarla all’aria aper-ta, frapponendo un diaframma vitreo tral’osservatore ed il paesaggio.

P.D.A.

Argano per salpare le ancore del brigantino-goletta Anna

Galata Museo del Mare, Calata De Mari 1(Darsena, Via Gramsci), 16126 - Genova

tel. 010-2345655/5574004; fax 010-2345565;

[email protected]

ORARIOmarzo-ottobre 10.00/19.30 (tutti i giorni);agosto 10.00/19.30 (venerdì 10.00/22.00);

novembre-febbraio 10.00/18.00la biglietteria chiude un’ora prima

Chiuso il lunedì

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estensione del parco archeologico già pre-sente sul promontorio al quale si accedeattraverso la galleria lunga 700 metri notacome “Grotta di Seiano” . Il parco a terra rac-chiude i resti monumentali di un odeion e diun teatro oltre al settore prettamente resi-denziale della villa che Vedio Pollione vollelasciare in eredità ad Augusto. Il parco som-merso racchiude la pars maritima della villacon peschiere ninfei e strutture portuali. La Soprintendenza per i beni archeologiciper le province di Napoli e Caserta – l’at-tuale Ente gestore provvisorio dei due par-chi sommersi – ha già attivato una serie diprogrammi di ricerca e di tutela sia archeo-logici che biologici per approfondire ulte-riormente le conoscenze storico-ambientalidelle due aree. A.B.

cessione per i serviziaggiuntivi alla Soc.Baia Flegrea. Il ParcoSommerso di Baia siestende lungo il lito-rale di Bacoli e Poz-zuoli, nel tratto com-preso tra la testata delmolo di limite meri-dionale del porto diBaia (molo OMLIN)e il molo di LidoAugusto (Pozzuoli)ed è diviso in trezone: riserva inte-grale (A), generale(B), parziale (C); tre diversi livelli di prote-zione che regolano le attività consentite. I fon-dali del parco racchiudono uno dei siti archeo-logici più suggestivi: l’antica Baia famosa perle ville residenziali e le numerose sorgenti ter-mali (zona A), il Portus Iulius circondato damagazzini e botteghe destinati alle derrate ali-mentari per il rifornimento di Roma e a spe-zie, profumi e sete provenienti dall’Oriente(zona B) e la Secca Fumosa, così detta per lapresenza di fumarole e di sorgenti di acquacalda, caratterizzata da 28 massicci piloni(pilae) che si innalzano dal fondo a protezio-ne di un’area della quale si conosce ancoratroppo poco per identificarne l’antica fun-zione (zona C).Il Parco sommerso di Gaiola si articola inzona A (riserva integrale) e zona B (riservagenerale) e racchiude al suo interno quantoancora si conserva in mare del Pausilypon (dacui deriva il toponimo moderno di Posillipo),la villa di Publio Vedio Pollione, ricco e quan-to mai discusso cavaliere del periodo augu-steo. Il Parco sommerso è oggi la naturale

NNell’agosto del 2002 sono stati istitui-ti lungo la costa napoletana il “ParcoSommerso di Baia” ed “il Parco som-

merso di Gaiola”, per la tutela e la valoriz-zazione dell’ambiente marino e del patrimo-nio archeologico sommerso che caratteriz-zano questi tratti del litorale napoletano. L’i-stituzione è avvenuta con decreto intermini-steriale del Ministero dell’Ambiente e dellaTutela del Territorio di concerto con i Mini-steri per i Beni e le Attività Culturali, di quel-li delle Infrastrutture e dei Trasporti e dellePolitiche agricole e forestali, d’intesa con laRegione Campania (D. I. n. 304 del7.08.2002).La molteplicità degli enti è dovuta alla varietàdi argomenti che l’istituzione dei parchitocca, avendo tra le finalità • la tutela archeo-logica • la conservazione ambientale • ladivulgazione, anche con programmi didatti-ci, delle conoscenze ecologiche e biologichedegli ambienti marini e del patrimonioarcheologico sommerso • la realizzazione diprogrammi scientifici per lo studio delle aree,la promozione di uno sviluppo socio-econo-mico compatibile attento a sostenere le atti-vità tradizionali locali. A Baia, in particola-re, l’istituzione di un Parco Sommerso, este-so per 176 ettari, rappresenta la felice con-clusione di interventi di salvaguardia e tute-la da parte della Soprintendenza archeologi-ca di Napoli e Caserta, iniziati nel 1987 conil vincolo archeologico del porto di Baia edella costa flegrea, poi affiancato da una seriedi ordinanze della Capitaneria di Porto, finoalla consegna alla Soprintendenza di unospecchio di mare di 80.000 mq, già interdet-to al transito commerciale, per finalità di tute-la, valorizzazione e fruizione, ed oggi in con-

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Per informazioni: Parco Sommerso diBaia, Castello di Baiatel. 081.3723760 www.areamarinaprotettabaia.it

I p a r c h i s o m m e r s id i Baia e Gaiola

PARCHI

Antonelli Benito - Taranto Astolfi Massimiliano - TorinoBottoni Ugo - RomaCarrera Francesco - Calci (Pi)Copertari Aimone - Potenza Picena (Mc)Corbyons Francesco - RomaCrupi Umberto - TorinoD'Atri Valeria - RomaDe Salvo Lietta - Messina

Di Napoli Rampolla Federica - RomaGiuffrè Gaetano - Lipari (Me)Hobart Peter - RomaIcimar - San Teodoro (Nu)Lucano Massimo - TorinoMagnifico Claudia - Statte (Ta)Manacorda Daniele - RomaMantelli Cristina - RomaMarras Paolo - Tertenia (Nu)

Migliorati Luisa - RomaPancani Eckhart Luigi - RomaPasquinucci Marinella - PisaPeruzzi Laura - Cortona (Ar)Rossi Giorgio - Cavarzere (Ve)Rozzi de Hieronymis Carlo - Casalecchio (Bo)Sanna Barbara - OristanoToniolo Alessandra - PadovaVitelli Marco - Roma

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X,3 . Se t t embre - Dicembre 2004

IIl volume rende conto della lunga attivitàdi ricerca, di protezione e di promozionedelle conoscenze dei materiali archeolo-

gici di provenienza sottomarina da parte di unpersonaggio, Juan Bravo Pérez, il cui nome èlegato alle prime attività subacquee e alla faseiniziale dell’archeologia subacquea, sul fini-re degli anni ’50 e l’inizio degli anni ‘60 delsecolo scorso, quasi ovunque prevalente-mente effettuate da subacquei sportivi e dalvolontariato. Nel caso di Juan Bravo siambientano nell’area dello Stretto di Gibil-terra, periferica non solo geograficamente,rispetto a quelle regioni dove maggiormenteandava prendendo consistenza l’archeologiasubacquea (la Liguria, la Provenza, oltre adiniziative, dapprima individuali e poi semprepiù organizzate, anche in Grecia e in Turchia).Era una fase per molti aspetti sperimentale,sia per quanto riguardava le attrezzature e lapratica dell’immersione, sia per la conoscen-za delle testimonianze archeologiche subac-quee, come ad es. le ancore di pietra ed i ceppidi piombo, la cui funzione tecnica veniva viavia precisandosi anche attraverso tentativi diricostruzione nei quali si cimenta con suc-cesso anche lo stesso Bravo. Dai suoi recu-peri e dal risultato dei suoi studi, pubblicatiper lo più in riviste sportive (come «CRISRevista del mar», paragonabile al nostro«Mondo sommerso»; un articolo anche nella«Rivista di Studi Liguri» XXX, 1964) pren-de corpo la sezione dedicata all’archeologiasubacquea nel museo archeologico di Ceuta.

Il volume, oltre a notizie sulla vita e sull’atti-vità dell’Autore, nella prima parte raccogliegli interventi presentati da studiosi e amici inoccasione di un incontro celebrativo tenutosia Ceuta. In particolare, quelli di D. BernalCasasola su J. Bravo e l’archeologia di Ceuta,di J. Blánquez Pérez su J. Bravo e l’archeo-logia subacquea in Spagna, di J. Ramon sulleanfore fenicio-puniche di Ceuta, di M. Mar-tin Bueno sulle ancore antiche dello Stretto diGibilterra in rapporto ad alcune intuizioni sulloro funzionamento. Nella seconda parte ven-gono ristampati alcuni articoli di J. Bravo.

P.A.G.

L’ARCHEOLOGO SUBACQUEOQuadrimestrale di archeologia subacquea e navaleSpedizione in abbonamento postale 70%Autorizzazione del Tribunale di Bari

n. 1197 del 9.11.1994Direttore responsabile:

Giuliano VolpeRedazioni:• Roma: Via Tripolitania 195, 00199• Bari: c/o Edipuglia srl, via Dalmazia 22/B,

70050, Bari - Santo Spirito.Tel. 080-5333056, fax 080-5333057 Internet: http://www.edipuglia.it/arcsub/

I collaboratori di questo numero:Francesco Paolo Arata (F.P.A.); Rita Auriemma(R.A.); Carlo Beltrame (C.B.); Alessandra Benini(A.B.); Franca Cibecchini (F.C.); Piero Dell’Amico(P.D.A.); Enrico Felici (E.F.); Piero Alfredo Gian-frotta (P.A.G.); Andrei Lukoshkov (A.L.); ManuelMartín Bueno (M.M.B.); Paola Puppo (P.P.); IevaReklaityte (I.R.); Giuliano Volpe (G.V.).

Le illustrazioni di questo numero: Pp. 1 e 7-9: R. Gugliemini; A. Pareti, Archiviofotografico Soprintendenza per i Beni Archeologi-ci della Toscana; F.C., P. Miniero; pp. 5-6: C.B.;G. Merighi; pp. 10-14: R.A.; pp. 15-18: P.D.A.;Carlo Brizzi.

I collaboratori sono invitati a consegnare gli arti-coli (dattiloscritto e dischetto con indicazione delprogramma utilizzato, e illustrazioni) secondo lescadenze sotto indicate. La redazione non si impe-gna a restituire dattiloscritti e materiale illustrativonon richiesti. La redazione potrà apportare alcunemodifiche necessarie a uniformare l’articoloall’impostazione del giornale.Il giornale esce tre volte all’anno:1. gennaio-aprile:

chiusura in redazione: 31 dicembrein distribuzione a marzo

2. maggio-agosto:chiusura in redazione: 30 aprilein distribuzione a luglio

3. settembre-dicembre:chiusura in redazione: 30 settembrein distribuzione a novembre

Abbonamento annuale (3 fascicoli): € 12,00, estero€ 18,00. Un fascicolo: € 5,00. Abbonamento sosteni-tore (Italia ed estero): € 27,00 e oltre (in ogni fasci-colo, e sul sito internet, sarà pubblicato l'elenco deisostenitori).L'abbonamento può essere effettuato in ogni momento,dando diritto ai tre fascicoli dell'anno in corso, con ver-samento su c/c postale n. 18790709 intestato a Edipu-glia s.r.l. o con assegno bancario intestato a Edipuglias.r.l. o con carta di credito (CartaSI, Visa, Mastercard,Eurocard) indicando il numero e la data di scadenzadella propria carta. L'abbonamento, salvo revoca scrit-ta a fine anno, si ritiene automaticamente rinnovato.

Progetto grafico:Paolo Azzella - Quorum Italia - Bari

Grafica e impaginazione:Luca Loreto - Edipuglia - Bari - S.Spirito

Illustrazioni:Fotolito 38 - Bari

Stampa:La Nuova Tecnografica - Modugno (Ba)

ISSN 1123-6256

© 2005 Edipuglia srlvia Dalmazia 22/B

70050 Bari-S.Spiritotel. 080-5333056, fax 080-5333057

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D. Bernal (ed. científica), Juan Bravo y laarqueología subacuática en Ceuta. Unhomenaje a la perseverancia, Ed. Institu-to de Estudios Ceutíes, Ceuta 2004, pp.324 con illustrazioni in b. & n. e a colori.

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