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COMUNE DI CASTELNUOVO CILENTO Provincia di Salerno PUC REGOLAMENTO URBANISTICO EDILIZIO COMUNALE ALLEGATO 1 Linee guida per la realizzazione di infrastrutture, attrezzature e verde di uso sociale 1 ALLEGATO 1 Linee guida per la realizzazione di infrastrutture, attrezzature e verde di uso sociale INDICE SCHEDE CL Infrastrutture di collegamento 01. Parcheggi 02. Percorsi ciclopedonali MT Mitigazione degli impatti 01. Barriere fonoassorbenti 02. Bacini di infiltrazione 03. Biofiltri e canali inerbiti 04. Pavimentazione fotocatalitica antismog 05. Ecodotti 06 Fitodepurazione ST Riconoscibilità luoghi e percorsi storici 01. Percorsi fruitivi e didattici 02. Accessibilità e fruibilità contesti ed edifici storici 03. Riqualificazione ambientale dei contesti storicoinsediativi AM Infrastrutture agroambientali 01. Fasce boscate 02. Orti Periurbani 03. Parchi Urbani SP Attrezzature per il gioco e lo sport 01. Aree attrezzate per il gioco e lo svago 02. Aree attrezzate per lo sport all’aperto PL Poli di riferimento comprensoriale 01. Parco fluviale

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 PUC ‐ REGOLAMENTO URBANISTICO EDILIZIO COMUNALE  ALLEGATO 1 Linee guida per la realizzazione di infrastrutture, attrezzature e verde di uso sociale 

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  ALLEGATO 1  Linee guida per la realizzazione di infrastrutture, attrezzature e verde di uso sociale    INDICE SCHEDE   CL  Infrastrutture di collegamento  

01. Parcheggi   02. Percorsi ciclopedonali   

 MT  Mitigazione degli impatti 

01. Barriere fonoassorbenti 02. Bacini di infiltrazione 03. Biofiltri e canali inerbiti 04. Pavimentazione fotocatalitica antismog 05. Ecodotti   06 Fitodepurazione  

ST  Riconoscibilità luoghi e percorsi storici 01. Percorsi fruitivi e didattici 02. Accessibilità e fruibilità contesti ed edifici storici 03. Riqualificazione ambientale dei contesti storico‐insediativi 

 AM  Infrastrutture agroambientali 

01. Fasce boscate 02. Orti Periurbani 03. Parchi Urbani 

 SP  Attrezzature per il gioco e lo sport 

01. Aree attrezzate per il gioco e lo svago  02. Aree attrezzate per lo sport  all’aperto 

 PL  Poli di riferimento comprensoriale   

01. Parco fluviale  

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  1 .   Obie t t i v i  de l l ’ i n te rvento  

 Realizzare aree di sosta di qualità, attraverso scelte progettuali che mirino a scongiurare  la riduzione di tali attrezzature  a semplici  assembramenti di automobili.   2 .   Descr i z ione  

 Da un’area destinata a pubblico parcheggio ci si aspetta soprattutto che sia ben localizzata, capiente e di facile accesso.  Nella predisposizione degli spazi per  la sosta veicolare occorre garantire  la sicurezza e  il comfort degli utenti  e  creare  le  condizioni  affinché  il  parcheggio  diventi  un  luogo  di  facile  e  confortevole  uso  e frequentazione.  3 .   Cara t te r i s t i che   tecn i che  e  pres taz iona l i  

 Mitigare  l’impatto ambientale paesaggistico del parcheggio, attraverso scelte progettuali che tengano conto dei seguenti aspetti:  

 Dimensionamento:  Contenere  le  superfici  destinate  a parcheggio (per evitare fenomeni di spaesamento, degrado, impermeabilizzazione  del  suolo).  E’  opportuno  che  i parcheggi di più ampie dimensioni siano divisibili in modo da limitarne l’utilizzo al solo spazio necessario; 

 Organizzazione distributiva: definire chiaramente  i bordi e  i percorsi pedonali, attraverso  la disposizione di vegetazione arborea.  

Minimizzare le diverse forme d’inquinamento, attraverso scelte progettuali finalizzate alla:   

Riduzione del  grado  di impermeabilizzazione;  Abbattimento  delle  polveri;  occorrerà  aumentare  e qualificare  la presenza dei materiali vegetali (alberi, arbusti, siepi,  prati)  considerando  la  loro  capacità  di  assorbimento delle polveri;  Miglioramento  del  microclima:  ottenibile  attraverso l’introduzione di essenze arboree; 

  

SCHEDA INTERVENTO

CL_01 PARCHEGGI

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Diminuzione dell’inquinamento luminoso;  Risparmio  energetico:  è  raccomandato  l’utilizzo  di    pensiline  fotovoltaiche,  che  produrranno  energia elettrica, utile alle attività principali dell’attrezzatura.  4 .   Mater ia l i  e   tecno log ie  

 Pavimentazione: 

- di ghiaia, la superficie dovrà essere sufficientemente livellata e compatta; - drenanti, a basso impatto ambientale e paesaggistico costruite utilizzando il terreno di risulta, un 

legante ed uno specifico stabilizzante;  recinzioni:  

- siepi  armate  con  l’uso di  essenze  arbustive  compatibili  con  le  caratteristiche  agroforestali del contesto; 

  schermature dal soleggiamento:  

- filari  di  essenze  arboree,  prediligendo  la  conservazione  di  quelle  esistenti  e  l’integrazione  di nuove essenze arboree autoctone, compatibili con le caratteristiche agroforestali del contesto; 

 illuminazione: 

- sistemi a  luce  radente,  con caratteristiche  illuminotecniche e  tipologia di  installazione a basso impatto percettivo. 

 5 .   Campi  d i  app l i caz ione  

 La  realizzazione di parcheggi  a  raso, potrà  effettuarsi  esclusivamente  su  aree  già  impermeabilizzate, sulle quali, incluse le aree già funzionanti, andranno effettuati interventi di de‐impermeabilizzazione e di ripavimentazione con materiali drenanti che consentano la crescita del manto erboso. Occorre sottolineare, che i parcheggi (di qualunque tipo), localizzati nelle aree centrali, non sono ritenuti compatibili  con gli obiettivi prefigurati, poiché essi  comportano  l’incremento dei  carichi veicolari  sulla rete  stradale  circostante,  l’innalzamento  dei  livelli  di  inquinamento  acustico  ed  atmosferico  e  il peggioramento complessivo dei livelli di circolazione e di vivibilità urbana.  6 .   Pr inc ipa l i   r i f e r iment i  normat i v i  

 - Legge 24 marzo 1989, n. 122, Disposizioni  in materia di parcheggi, programma triennale per  le 

aree urbane maggiormente popolate, nonché modificazioni di alcune norme del testo unico sulla disciplina della circolazione stradale (G.U. 6 aprile 1989, n. 80). 

 7 .   Font i  e   r i fe r iment i  

 - Comune di Bologna – “Regolamento Urbanistico ed edilizio”, 

 - Università degli Studi di Catania ‐ Dipartimento di Ingegneria Civile e Ambientale – “Parcheggi ed 

aree di sosta”. 

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 1 .   Obie t t i v i  de l l ’ i n te rvento  

 Attivare  sistemi  di  percorsi  a  basso  impatto  ambientale  (sentieri  e  piste  ciclabili)  che  consentano  di attraversare il territorio in condizioni di sicurezza e di fruire delle risorse paesaggistiche e culturali.  2 .   Descr i z ione  

 Realizzazione di percorsi ciclabili. La tipologia sarà determinata, volta per volta, in funzione dell’ambiente (aree urbane, pubbliche, riservate e rurali) in cui verrà realizzata. Sono  in ogni caso da privilegiare: tracciati  interni a parchi e giardini opportunamente attrezzati, strade locali di quartiere ove siano assunti dispositivi di traffic‐calming, strade rurali a bassa densità di traffico automobilistico.   

  3 .   Cara t te r i s t i che   tecn i che  e  pres taz iona l i  

 Favorire la mobilità ciclistica, alternativa all'uso dei veicoli a motore e in chiave di attività turistica, nelle aree urbane e nei collegamenti con il territorio contermine, attraverso scelte progettuali che rispondano ai  seguenti requisiti:  Riconoscibilità:  i percorsi devono essere facilmente  individuabili. La riconoscibilità si realizza attraverso l’omogeneità  dei materiali e delle soluzioni utilizzate, che devono osservare i criteri di compatibilità con il contesto, con le funzioni e con il pregio delle aree attraversate.  Sicurezza: si tratta di assegnare alle corsie ciclabili adeguate dimensioni e livelli di separazione in sintonia con  i  gradi  di  pericolo  riscontrati  lungo  il  tracciato.  Deve  essere  garantito  un  sufficiente  livello d’illuminazione,  spazi  e  visuali  che  diano  all’utilizzatore  sensazioni  di  serenità.  I  “percorsi‐natura”, realizzati  in  ambito  rurale,  devono  essere  adeguatamente  segnalati  e  mappati  in  modo  da  essere scaricabili attraverso GPS;  Confort:  nel  caso  dei  percorsi  urbani,  sono  estremamente  rilevanti  le  pavimentazioni  che  debbono possedere alcune caratteristiche quali curabilità nel  tempo, buone caratteristiche drenanti, colorazioni 

SCHEDA INTERVENTO CL-02 PERCORSI CICLOPEDONALI

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che ne evidenziano  le  funzioni e  interconnessioni con  la mobilità pedonale e veicolare. La  segnaletica orizzontale  e  verticale,  semaforica  e  direzionale,  deve  essere  posizionata  in modo  tale  da  garantire un’immediata  leggibilità  ed  un’illuminazione  notturna  adeguata.  I  percorsi‐natura  possono  tollerare disomogeneità maggiori, con dislivelli fino al 6‐7%. Va comunque assicurato  il decespugliamento e una manutenzione costante dei tratti sterrati.  Lungo  le  piste  ciclabili  sarà  opportuno  prevedere  dei  punti  di  sosta  per  consentire  la  fermata  senza creare intralcio al flusso dei veicoli, e per permettere la sosta a quanti ne sentano la necessità.  Andranno quindi previste rastrelliere, panchine e una fontanella d’acqua potabile. Risulta, inoltre, opportuno prevedere parcheggi coperti e custoditi, da realizzare prevalentemente nelle aree di interscambio.            Continuità di collegamento: è elemento fondamentale affinché la rete si presenti attrattiva nei confronti dell’utente.  La costanza del percorso dovrà essere ricercata attraverso una serie di scelte progettuali, che vanno dalla semplice  introduzione  della    segnaletica  orizzontale  e  verticale,  alla  realizzazione  di  sottopassi  per bicicletta o passerelle ciclabili.  Rintracciabilità su web: la rete dei sentieri deve essere georeferenziata attraverso GIS e resa accessibile, fruibile e scaricabile on‐line.   4 .   Mater ia l i  e   tecno log ie  

 Pavimentazione (per i percorsi urbani): 

- di ghiaia, la superficie dovrà essere sufficientemente livellata e compatta; - drenanti, a basso  impatto ambientale e paesaggistico, costruite utilizzando  il terreno di risulta, 

un legante ed uno specifico stabilizzante;  barriere laterali:  

- vegetali collocate entro aiuole: per la funzione che deve assolvere, la vegetazione suddetta dovrà essere sufficientemente fitta, compatta e alta abbastanza da costituire anche un ostacolo fisico. E’ da escludere l’utilizzo di specie armate di spine o dalle foglie acuminate; 

- in legno; 

elementi ombreggianti: filari di essenze arboree, che oltre a costituire un rafforzamento della barriera difensiva, ombreggiano la pista offrendo ai ciclisti refrigerio nei mesi più assolati.  

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 5 .   Campi  d i  app l i caz ione  

 Ambiente urbano  Se  la  pista  ciclabile  deve  necessariamente  lambire  la  carreggiata,  sarà  necessario  allestire  tutti  i dispositivi utili a separare i due flussi di traffico.  Tra le tante soluzioni possibili, quella che si ritiene maggiormente interessante è la costituzione di filari di essenze arboree che, oltre a costituire un rafforzamento della barriera difensiva, ombreggiano  la pista offrendo ai ciclisti refrigerio nei mesi più assolati. 

                        

 Aree pubbliche riservate (parchi e giardini)  Sono realizzate solitamente come percorsi ciclabili protetti e condivisi. 

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                   Area rurale In adiacenza alle piste le recinzioni dei fondi devono essere prive di elementi pericolosi come fili spinati, fili elettrici e simili, e gli animali devono essere trattenuti dentro le pertinenze. Lungo i due lati delle piste deve essere mantenuta una zona di rispetto, rinverdita e rimboschita.  6 .   Pr inc ipa l i   r i f e r iment i  normat i v i  

 - Nuovo Codice della strada, D.lgs. 30‐04‐1992, n.285,  - Decreto ministeriale 30 novembre 1999, n. 557, 

 - Regolamento recante norme per  la definizione delle caratteristiche tecniche delle piste ciclabili 

(G.U. n. 225, 26 settembre 2000), - Norme funzionali e geometriche per la costruzione delle strade (Ministero delle Infrastrutture e 

dei  Trasporti,  Supplemento  ordinario  alla  GAZZETTA  UFFICIALE,  Serie  generale  ‐  n.  3  del 04/01/2002), 

 - D.M. 19 aprile 2006 Norme funzionali e geometriche per la costruzione delle intersezioni stradali 

(Gazzetta Ufficiale Serie gen. n. 170 del 24 luglio 2006).   7 .   Font i  e   r i fe r iment i  

 - AA.VV.  “Due  ruote  per  il  futuro. Atti  di  InBici  –  Prima  Conferenza Nazionale  della Bicicletta”, 

Ediciclo -  - R. Formato, “Cicloturismo. Strategie di sviluppo e benefici per le destinazioni turistiche”, Edizioni 

Scientifiche Italiane -  

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- L.Polo ‐ F. Bertran ‐ Vittorio Gianbruni ‐ Regione del Veneto ‐ Segr. Reg. Trasporti , “Manuale per la progettazione dei sistemi di sicurezza stradale e di moderazione del traffico”. 

 - Regione Lombardia – Direzione Generale Territorio e Urbanistica, “Manuale per la progettazione 

della rete ciclabile regionale”.  - Roberto Busi, Luisa Zavanella, “La protezione del pedone negli attraversamenti pedonali”  ‐   ed. 

EGAF.  

- Roberto Busi, Luisa Zavanella “Le normative europee per la moderazione del traffico” ‐ ed. EGAF.  

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  1 .   Obie t t i v i  de l l ’ i n te rvento  

 Riduzione del disturbo ambientale acustico e contenimento dell'esposizione al rumore entro determinati limiti.  2 .   Descr i z ione  

 Le    barriere  antirumore  rappresentano  il  rimedio  più  diffuso  contro  l'inquinamento  acustico  e  sono ampiamente utilizzate per contenere  la rumorosità di ferrovie, autostrade e viabilità  importanti  in aree extraurbane.  Nel  caso  di  rumore  da  traffico  veicolare  la  barriera  è  la  soluzione  più  utilizzata,  anche  se  si  devono considerare alcune limitazioni. La barriera non è efficace oltre il primo piano degli edifici vicini alle vie del traffico. Infatti, l'efficacia di una barriera è limitata ai soli edifici in ombra rispetto alla sorgente, in pratica a quelle abitazioni o piani a  cui  lo  schermo  toglie  la  vista degli autoveicoli  in  transito. Questo  tipo di intervento di insonorizzazione è efficace essenzialmente in condizioni di campo libero (o simili al campo libero) e quindi per sorgenti poste all'esterno. Solitamente  l'altezza di una barriera antirumore è di circa 2 ÷ 4 m ed  in alcune particolari realizzazioni può arrivare anche ai 5 ÷ 6 m..   3 .   Cara t te r i s t i che   tecn i che  e  pres taz iona l i  

 Caratteristiche medie di una barriera antirumore in legno :  

Assorbimento acustico  Dla (dB)   5 

Isolamento acustico  DLR (dB) 26 

Indice di valutazione dell'isolamento acustico  Rw (dB)  29 

Reflection index  DLRI (dB)  4 

Sound insulation index  DLSI (dB) 26 

 Una barriera correttamente dimensionata dal punto di vista acustico può  introdurre attenuazioni della rumorosità ambientale fino a circa 15 dB(A);  Parete  vegetale  fonoassorbente:  Secondo  la misurazione della banda di  frequenza,  l'insonorizzazione, rispetto al rumore del traffico, ha fatto registrare i seguenti valori: 31 dB (A). Secondo le future norme CEN, EN 1793‐2, la parete vegetale si colloca nella categoria B3 (DLR > 24 dB). Questa è la classe più alta per grado di insonorizzazione.  Le due tipologie di barriere hanno in comune i seguenti vantaggi:  

- Mantenimento delle qualità estetiche ed acustiche nel tempo, - Resistenza agli agenti atmosferici, 

SCHEDA INTERVENTO

MT_01 BARRIERE FONOASSORBENTI

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- Minima manutenzione, - Utilizzo di materiale rinnovabile, riciclabile e proveniente da foreste a rotazione controllata, - Minimo impatto paesaggistico. 

  4 .   Mater ia l i  e   tecno log ie  

 Le  barriere  antirumore  in  legno  sono  generalmente  costituite  da pannellature prefabbricate modulari realizzate  in  legno trattato con procedimenti  speciali  per  resistere  al  deperimento  organico  ed 

evitare la formazione di funghi.  All'interno  dei  pannelli  sono previsti  strati  opportunamente distanziati  tra  loro  di  materiale fonoassorbente e, in alcuni casi, di materiale  fonoisolante.  Il materiale  fonoassorbente 

all'interno  è  composto  sempre  da  panelli  in  fibre  di  legno mineralizzato,  sigillati  con  silicone nella zona di contatto con l'intelaiatura perimetrale.  

 Barriere  antirumore  vegetale:  realizzate  con  materiali  riciclabili  e piante sempreverdi, assicurano un isolamento acustico ottimale che migliora la qualità della vita di uomini e animali. Le  piante,  componenti  la  barriera,  vengono  posizionate direttamente ai piedi della parete e si arrampicano alla costruzione riempita con lana minerale compressa. Come  piante  vengono  usate  rampicanti  e  tappezzanti,  in maggior quantità sempreverdi. 

 5 .   Campi  d i  app l i caz ione  

 Riduzione dell’inquinamento acustico  dovuto a: 

- traffico stradale e ferroviario, - insediamenti produttivi, - attività ricreative e di spettacolo. 

 

  

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 6 .   Pr inc ipa l i   r i f e r iment i  normat i v i  

 - Norme UNI EN 1793‐1 del 1999, 1793‐3 del 1999 e ISO 354 del 1985 (misura in camera vibrante 

del coefficiente di assorbimento acustico as). - Norme UNI EN 1793‐2 del 1999, 1793‐3 del 1999 e  ISO 354 del 1985  (misura del potere  fono 

isolante di barriera antirumore).  8 .   Font i  e   r i fe r iment i  

Siti internet: www.ecobit.it;  www..Alfakel.it; www.matisinsonorizzazioni.com 

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 1 .   Obie t t i v i  de l l ’ i n te rvento  

 Riduzione dell’inquinamento delle acque e dei suoli.  2 .   Descr i z ione  

 Un bacino di  infiltrazione è una zona poco profonda di recapito delle acque, progettata per permettere l’infiltrazione delle acque meteoriche nel suolo. Si pensa che i bacini di infiltrazione abbiano una elevata efficienza  nella  rimozione  degli  inquinanti,  e  nel  permettere  la  ricarica  della  falda  acquifera,  così  da ripristinarne  un  normale  deflusso.  Possono  essere  talora  associati  con  altre  tecniche  specifiche  di depurazione delle acque (es. impianto disoleatore). I dati riguardanti l’effettiva rimozione degli inquinanti da parte dai bacini di infiltrazione non sono molti. In un lavoro di  Schueler (1987) vengono stimate le percentuali di inquinanti rimossi:   

Tabella  1.  Efficacia  della  rimozione  degli  inquinanti  nei  bacini  di  infiltrazione(Schueler, 1987) 

Inquinante  Rimozione dell’Inquinante (%) 

TSS (solidi sospesi totali)  75 

TN (Nitrati)  55 ‐ 60 

Metalli pesanti  85 ‐ 90 

Batteri  90 

  Questa efficienza presuppone che  il bacino sia stato correttamente progettato ed abbia una corretta e costante manutenzione. I  bacini  di  infiltrazione  hanno  alcuni  significativi  limiti.  Se  non  accompagnata  da  una  efficiente manutenzione sono soggetti ad intasamento e ad interramento. In questo caso possono diventare saturi e con acqua stagnante.            

SCHEDA INTERVENTO

MT_02 BACINI DI INFILTRAZIONE

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   3 .   Cara t te r i s t i che   tecn i che  e  pres taz iona l i  

 Suolo:  Il tipo di e  le caratteristiche topografiche sono un   fattore   discriminante per  la scelta di questo tipo di strutture: devono essere significativamente permeabili per assicurare una infiltrazione sufficientemente rapida da ridurre  la stagnazione delle acque, ma non troppo rapida da non consentire un sufficiente trattamento delle acque, creando la possibilità di una contaminazione del suolo.  Inoltre devono presentare una percentuale argillosa maggiore del 20% ed una argilloso‐limosa maggiore del 40%. Fondo  del  bacino  deve  essere  reso  completamente  in  piano  per  permettere  l’infiltrazione  attraverso l’intera area del fondo. Il progettista predisporrà una adeguata distanza di separazione (da 60 cm a 150 cm)  tra  il  fondo del bacino di  infiltrazione e  il punto Massimo di escursione stagionale della  falda, per ridurre il rischio di contaminazione.                  

  4 .   Mater ia l i  e   tecno log ie  

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 Al fine di mantenere una efficiente attività, il bacino necessita di una regolare manutenzione come specificato nella successiva tabella:    

Tabella 2. Attività di manutenzione per i bacini di infiltrazione (fonte: WMI, 1997) 

Attività  Programmazione 

Ispezioni periodiche per verificare lo stato strutturale  Verifica delle aree in erosione  Presenza di eventuale vegetazione morta o in decomposizione  Verifica della presenza di contaminazione di idrocarburi 

Semestrale 

Rimozione di rifiuti e detriti  Stabilizzazione delle sponde in erosione 

Quando necessario 

Disintasare il fondo del bacino  Annuale 

Raschiare il fondo e rimuovere i sedimenti. Ripristinare la sezione filtrante la permeabilità originaria 

Riseminare o piantumare per ripristinare la copertura di suolo Ogni 5 anni 

  5 .   Campi  d i  app l i caz ione  

 Quando per la presenza di una falda idrica superficiale non sia possibile ricorrere all’infiltrazione diretta si predispongono dei bacini di  infiltrazione artificiali  realizzati  con  terreno  filtrante dove  l’acqua viene convogliata.  Possono  essere  sfruttati  anche  bacini  naturali  purché  il  terreno  sottostante  presenti proprietà drenanti.   

    6 .   Pr inc ipa l i   r i f e r iment i  normat i v i  

 - Decreto  1  aprile  2004 Ministero  dell'Ambiente  e  della  Tutela  del  Territorio  ‐  Linee  guida  per 

l'utilizzo dei sistemi innovativi nelle valutazioni di impatto ambientale,   

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- Direttiva CEE 2000/60, - Direttiva CEE 271/91 ‐ concernente il trattamento delle acque reflue urbane, - D.lgs. 152/99 ‐ "Norme in materia ambientale", - D.lgs. 152/06 ‐ Testo Unico Ambientale. 

   7 .   Font i  e   r i fe r iment i  

 - Brown, W.  and  T.  Schueler.  1997.  The  Economics  of  Stormwater  BMPs  in  the  Mid‐Atlantic 

Region. Prepared for: Chesapeake Research Consortium. Edgewater, MD. Center for Watershed Protection. Ellicott City, MD. 

 - Center for Watershed Protection (CWP) 1996. Design of Stormwater Filtering Systems. Prepared 

for: Chesapeake Research Consortium . Solomons, MD. and US EPA Region V. Chicago, IL.  

- Garuti  G.  (2000).  Sistemi  naturali  sostenibili  per  la  riduzione  dell’inquinamento  diffuso  delle acque  nelle  aree  urbane.  In:  Il  ciclo  dell’acqua  nella  pianificazione  del  territorio.  Atti  della giornata a cura di ENEA e Comune di S.Giovanni in Persiceto. 

 - Losa M.,  Tempestini M.  (2005).  Predisposizione  delle  linee  guida  per  la  progettazione  ed  il 

controllo  delle  pavimentazioni  stradali  per  la  viabilità  ordinaria.  Dipartimento  di  Ingegneria Civile, Università di Pisa. 

 - Papiri S., Todeschini S.  (2004). Qualità e controllo delle acque di dilavamento di  infrastrutture 

viarie.  Atti  della  giornata  di  studio  “insediamenti  produttivi  e  infrastrutture”.  Genova,  26 novembre 2004. 

 - Sauli G. (2000). Presidi idraulici e vasche di sicurezza stradale. Le Strade n°12/2000. 

 - Schueler, T. 2000. Comparative Pollutant Removal Capability of Urban  Stormwater Treatment 

Practices: A Reanalysis, Article 64 in The Practice of Watershed Protection. Ellicott City, MD.  

- Reeves, E. 2000. Performance and Condition of Biofilters in the Pacific Northwest, Article 112 in The Practice of Watershed Protection. Center for Watershed Protection. Ellicott City, MD. 

 - Watershed Management  Institute  (WMI) 1997. Operation, Maintenance,  and Management of 

Stormwater Management Systems. Prepared for: US EPA Office of Water. Washington, DC.  

- Schueler,  T.  1987.  Controlling  Urban  Runoff:  A  Practical Manual  for  Planning  and  Designing Urban BMPs. Metropolitan Washington Council of Governments. Washington, DC. 

 - Schueler, T. 2000.  Longevity of  Infiltration Basins Assessed  in Puget Sound. Article 102  in The 

Practice of Watershed Protection. Center for Watershed Protection. Ellicott City, MD.  

 

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 1 .   Obie t t i v i  de l l ’ i n te rvento  

 Riduzione dell’inquinamento delle acque e dei suoli  2 .   Descr i z ione  

 Il  termine  biofiltri  fa  riferimento  ad  una  serie  di  canali  o  trincee  specificamente  studiati  per l’attenuazione del  flusso ed  il trattamento delle acque di ruscellamento superficiale. Esempi di biofiltri sono i Canali inerbiti in generale rivestiti da erba o piante resistenti all’erosione, costruiti per far defluire le acque di pioggia in maniera regolare, sfruttando la capacità della vegetazione di ridurre le velocità di flusso.  I canali  inerbiti sono comunque soprattutto dei sistemi di convogliamento delle acque di prima pioggia studiati per trasportare le acque senza associare quei fenomeni di erosione presenti con elevate velocità di flusso.  

 

 3 .   Cara t te r i s t i che   tecn i che  e  pres taz iona l i  

 Il grado di depurazione raggiungibile dipende soprattutto dal tempo di residenza delle acque nel canale e dal grado di contatto di queste con la vegetazione e con la superficie del terreno. Sono pochi gli studi che riguardano  l’effettiva  efficienza  dei  canali  inerbiti. Uno degli  studi disponibili  (Schueler,  1997)  stima  i valori in:   

Tabella 1. Efficacia della rimozione degli inquinanti nei Canali inerbiti  (Schueler, 1997) 

Inquinante  Rimozione dell’Inquinante(%) 

TSS (solidi sospesi totali)  81 

TN (Nitrati)  38 

Fosfati  29 

Metalli pesanti  14‐55 

Batteri  ‐50 

SCHEDA INTERVENTO

MT_03 BIOFILTRI E CANALI INERBITI

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 Non è ben chiaro perché vi sia la tendenza allo sviluppo dei batteri, una delle possibili spiegazioni è che essi possano prosperare a causa del suolo caldo e umido dei canali. Limiti:  i  canali  inerbiti  non  sono  in  grado  di  trattare  un’area  di  drenaggio  eccessivamente  ampia;  se progettata e messa in opera in modo improprio (es. pendenze non ben calcolate) può avere un potere di rimozione  degli  inquinanti  molto  basso,  infine  necessitano  di  un  rilevante  spessore  di  copertura vegetazionale per funzionare al meglio.  4 .   Mater ia l i  e   tecno log ie  

 Sul fondo del canale è presente uno strato di sabbia con al di sopra del terreno vegetale  inerbito  in cui l’acqua  viene  raccolta  e  trattata.  I meccanismi  di  rimozione  degli  inquinanti  che  intervengono  sono adsorbimento, sedimentazione, filtraggio e bioassorbimento. Gli  inquinanti  possono  essere  rimossi  dalle  acque  attraverso  processi  di  filtrazione  legati  alla vegetazione, per deposizione, oppure  in alcuni casi per  infiltrazione nel  terreno dei nutrienti  in  forma solubile.   La manutenzione  riguarda  in particolare  le  condizioni del manto erboso o  la piantumazione di  specie vegetali, le principali attività sono indicate nella seguente tabella:   

Tabella 2. Attività di manutenzione per i Biofiltri (fonte: WMI, 1997) 

Attività  Programmazione 

Ispezione e correzione di eventuale erosione  Reinserimento di specie vegetali non sufficientemente 

sviluppate Annuale 

Rimozione dei sedimenti accumulati  Rimozione di rifiuti e detriti 

Quando necessario  (non frequente) 

Rasatura dell’erba al fine di mantenere un’altezza di 10‐12 cm 

Quando necessario  (frequente) 

  

  

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 5 .   Campi  d i  app l i caz ione  

 I biofiltri possono trovare applicazione in numerose situazioni. Sono ideali per il trattamento delle acque lungo le grandi arterie stradali poiché si sviluppano lungo delle linee di deflusso.   Non sono,  in generale,  indicati per  le aree densamente urbanizzate poiché necessitano di una superficie relativamente ampia per la messa in opera.   6 .   Pr inc ipa l i   r i f e r iment i  normat i v i  

 - Decreto  1  aprile  2004 Ministero  dell'Ambiente  e  della  Tutela  del  Territorio  ‐  Linee  guida  per 

l'utilizzo dei sistemi innovativi nelle valutazioni di impatto ambientale,   

- Direttiva CEE 2000/60,  

- Direttiva CEE 271/91 ‐ concernente il trattamento delle acque reflue urbane,  

- D.lgs. 152/99 ‐ "Norme in materia ambientale",  

- D.lgs. 152/06 ‐ Testo Unico Ambientale.   7 .   Font i  

 - Brown, W.  and  T.  Schueler.  1997.  The  Economics  of  Stormwater  BMPs  in  the  Mid‐Atlantic 

Region. Prepared for: Chesapeake Research Consortium. Edgewater, MD. Center for Watershed Protection. Ellicott City, MD. 

 - Center for Watershed Protection (CWP) 1996. Design of Stormwater Filtering Systems. Prepared 

for: Chesapeake Research Consortium. Solomons, MD. and US EPA Region V. Chicago, IL.  

- Garuti  G.  (2000).  Sistemi  naturali  sostenibili  per  la  riduzione  dell’inquinamento  diffuso  delle acque  nelle  aree  urbane.  In:  Il  ciclo  dell’acqua  nella  pianificazione  del  territorio.  Atti  della giornata a cura di ENEA e Comune di S.Giovanni in Persiceto. 

  

 

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1 .   Obie t t i v i  de l l ’ i n te rvento  

 Riduzione dell’inquinamento atmosferico.  2 .   Descr i z ione  

 I prodotti fotocatalitici sono materiali in grado di contribuire alla riduzione di inquinanti in atmosfera in relazione alla  loro capacità di accelerare  le reazioni di ossidazione delle sostanze nocive. La fotocatalisi, quindi, non fa altro che accelerare quei processi di ossidazione che avrebbero comunque luogo in natura ad una velocità molto bassa permettendo così la rapida decomposizione degli inquinanti. L’applicazione di tali materiali alle opere civili, in particolare alle pavimentazioni stradali, rappresenta un ulteriore strumento di controllo dell’inquinamento atmosferico e una possibilità che deve essere tenuta in considerazione per  la viabilità urbana che rappresenta una delle principali superfici disponibili. Si ha, quindi,  oltre  ad  una  riduzione  in  sede  primaria  dell’inquinamento  da  traffico,  la  prevenzione  della formazione di inquinanti di tipo secondario.  

  

3 .   Cara t te r i s t i che   tecn i che  e  pres taz iona l i  

 I prodotti  generati dall’ossidazione degli  inquinanti  sono  sostanze  innocue,  per  la maggior parte  Sali, dalla degradazione di  inquinanti  come NOx, COx e  SOx derivano,  rispettivamente,  sali  innocui  come  i Nitrati di Calcio, i Carbonati di Calcio (calcare) e i Solfati di Calcio (gesso); dalle Polveri Sottili, PM10 e PM 2,5, derivano sostanze organiche e inorganiche inattive. Inoltre la degradazione degli NOx da parte della Fotocatalisi contribuisce a ridurre anche  la  formazione delle PM10, delle quali gli NOx sono precursori (frazione secondaria); dalla degradazione del Benzene si originano prodotti innocui.   4 .   Mater ia l i  e   tecno log ie  

SCHEDA INTERVENTO

MT_04 PAVIMENTAZIONE FOTOCATALITICA ANTISMOG

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 Nella produzione viene  impiegata una particolare miscela cementizia (contenente biossido di titanio ed altri additivi speciali) dalle proprietà anti‐inquinamento.  In relazione alla natura del supporto bituminoso si distinguono due tipologie differenti di pavimentazioni fotocatalitiche:   a supporto cementizio: le pavimentazioni bituminose sulle quali il fotocatalizzatore viene applicato sulla superficie  per  mezzo  di  un  supporto  non  cementizio  sono  composte  da  uno  strato  bituminoso tradizionale  sul  quale  il  biossido  di  titanio  viene  applicato  mediante  la  spruzzatura  di  una  resina inorganica all’interno della quale si trova in sospensione. Il materiale fotocatalitico può essere applicato a  freddo,  su  pavimentazione  nuova  o  esistente,  o  a  caldo,  con  successiva  rullatura  della  superficie trattata;    a supporto non cementizio: le pavimentazioni che prevedono invece l’applicazione del biossido di titanio per mezzo di una matrice cementizia possono essere distinte in tre tipologie:   

‐ nella prima la malta cementizia fotocatalitica viene applicata su una pavimentazione bituminosa di tipo chiuso con uno strato superficiale di pochi millimetri, ‐ la seconda prevede la posa di uno strato di conglomerato bituminoso di tipo aperto intasato con malta cementizia fotocatalitica per una profondità di 1‐2 cm, ‐ la terza prevede il completo intasamento dello strato bituminoso.  

 5 .   Campi  d i  app l i caz ione  

 La  pavimentazione  fotocatalitica  antismog  trova  un ottimale  impiego  delle  proprie  caratteristiche  nella pavimentazione delle superfici urbane, soprattutto in aree sottoposte ad intenso traffico con scarso ricambio d’aria.        6 .   Pr inc ipa l i   r i f e r iment i  normat i v i  

 - Decreto  1  aprile  2004 Ministero  dell'Ambiente  e  della  Tutela  del  Territorio  ‐  Linee  guida  per 

l'utilizzo dei sistemi innovativi nelle valutazioni di impatto ambientale, - Direttiva CEE 2000/60, - Direttiva CEE 271/91 ‐ concernente il trattamento delle acque reflue urbane, 

 - D.lgs. 152/99 ‐ "Norme in materia ambientale", - D.lgs. 152/06 ‐ Testo Unico Ambientale. 

 7 .   Font i  e   r i fe r iment i  

 

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- Losa M.,  Tempestini M.  (2005).  Predisposizione  delle  linee  guida  per  la  progettazione  ed  il controllo  delle  pavimentazioni  stradali  per  la  viabilità  ordinaria.  Dipartimento  di  Ingegneria Civile, Università di Pisa. 

 

- De  Rios  G.,Lambrugo  S.,  Bacchi  M.  (2008).  Analisi  sperimentale  per  pavimentazioni  urbane fotocatalitiche. 17° convegno nazionale SIIV. Enna, 10‐12 settembre 2008. 

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  1 .   Obie t t i v i  de l l ’ i n te rvento  

 Mitigazione  degli  impatti  antropici  sulla  fauna,  superamento  della  frammentazione,  creazione  di connettività e, dunque, rafforzamento della rete ecologica. In particolare, l’obiettivo è mitigare l’effetto di barriera ecologica delle principali infrastrutture viarie e ridurre il rischio di collisione tra autoveicoli ed animali in transito sulla carreggiata.  2 .   Descr i z ione  

 Gli ecodotti si configurano come corridoi in grado di ripristinare la continuità tra ecosistemi, separati, per esempio, a causa della realizzazione di opere infrastrutturali, come strade.  Definiti anche come ponti verdi o sovrappassi ecologici, rappresentano gli elementi più importanti per la connessione della rete ecologica. Gli ecodotti consentono di superare barriere, in particolare derivanti da infrastrutture,  e  di  ripristinare  elementi  di  continuità  naturale.  Questo  tipo  di  opere,  mettendo  in relazione  le  unità  ecologiche  esistenti,  altrimenti  frammentate,  svolgono  un  ruolo  essenziale  per  lo sviluppo e il consolidamento della rete ecosistemica ed il recupero di condizioni di maggiore e più diffusa biodiversità.  La realizzazione di ecodotti può produrre effetti di mitigazione attiva e passiva. Nel primo caso si tratta di creare passaggi per la fauna (soluzioni tipologiche di passaggio con le relative opere di corredo: recinzioni, disposizione degli inviti, piantagioni); nel secondo caso si tratta di adottare misure in grado di impedire agli animali l’accesso alla strada (dissuasori ottici riflettenti, barriere olfattive e repellenti sonori, segnaletica stradale “dinamica” attivata da sensori).    

   3 .   Cara t te r i s t i che   tecn i che  e  pres taz iona l i  

 Per  essere  efficace  ai  fini  del  ripristino  della  connettività,  la  realizzazione  di  ecodotti  deve  essere opportunamente  preceduta  da  una  fase  conoscitiva,  condotta  da  esperti  faunistici,  partendo dall’individuazione sul campo delle aree considerate ad alta biodiversità, con descrizione delle comunità faunistiche associate a ogni tipo di habitat e dalla verifica delle strutture vegetazionali che consentono la 

SCHEDA INTERVENTO

MT_05 ECODOTTI

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mobilità delle specie. Una volta  individuati gli spazi d’interesse faunistico e  le rotte di spostamento più probabili della  fauna nell’intorno dell’infrastruttura  lineare è possibile  individuare  i punti di maggiore probabilità di interferenza della strada con la fauna, in corrispondenza dei quali dovranno essere previsti gli  interventi  di  permeabilizzazione  dell’infrastruttura.  Tale  analisi  consente  anche  di  pianificare interventi di  rafforzamento della  rete  ecologica  e di  connessione  con  gli habitat di maggior  interesse faunistico.  Poiché  ogni  gruppo  faunistico  e,  talvolta,  ogni  specie  ha  proprie  esigenze  e  non  esiste  un  sistema “universale” che faciliti il transito (anche se spesso lo stesso passaggio viene utilizzato da specie diverse) è  necessario  dimensionare  e  strutturare  l’intervento  sulle  specie  più  vulnerabili,  analizzando  le  loro preferenze ecologiche per comprendere in quali tratti si possono concentrare i movimenti faunistici.  Ad esempio, i vertebrati, nell’attraversamento di un tunnel, manifestano reazioni diverse: ‐  i  lagomorfi,  specie  tra  le  più  selettive,  evitano  sottopassi  di  piccole  dimensioni  (non  attraversano strutture con meno di 150 cm di diametro) e tunnel in lamiera corrugata; ‐ il tasso, può utilizzare tunnel anche da 50 cm di diametro; ‐ la volpe, richiede tunnel ampi con buona visibilità e substrati naturali alla base; ‐ i piccoli mammiferi, in genere poco selettivi, trovano un ostacolo al passaggio nella presenza di acqua all’entrata; ‐  i rettili, passaggi con substrati naturali relativamente ampi, di  lunghezza moderata e posti allo stesso livello dell’intorno; ‐  gli  anfibi,  migrazioni  riproduttive  stagionali  provocano  morie  di  intere  popolazioni  schiacciate  dai veicoli.  Per  il dimensionamento dei  sottopassi,  la  regola generale è  il cosiddetto  indice di apertura:  (altezza x ampiezza) / lunghezza del sottopasso, ovvero più lungo è il passaggio, più largo deve essere il diametro.   4 .   Mater ia l i  e   tecno log ie  

 Gli ecodotti  sono manufatti artificiali di varia natura,  trasversali alla  sezione  stradale,  che  consentono l’attraversamento  dell’infrastruttura  da  parte  delle  specie  animali;  possono  essere  anche  strutture stradali realizzate per altre funzioni, ma adeguatamente adattate al passaggio della fauna.  La densità degli ecodotti  in corrispondenza dei  flussi biotici  individuati deve essere valutata a seconda della situazione specifica. Generalmente, si ritiene che per i vertebrati maggiori può essere adottata una frequenza minima prudenziale di un passaggio ogni 500 ‐ 1.000 m.. Una media di un sottopasso ogni 250 metri è considerata sufficiente per rendere più permeabile alla microfauna un territorio agricolo.  Le caratteristiche essenziali per l’idonea progettazione di un passaggio sono: ‐ l’ubicazione, ‐ le dimensioni, ‐ il materiale di costruzione della struttura, ‐ il materiale utilizzato per la superficie di calpestio alla base della struttura di attraversamento, ‐  le  misure  complementari  di  adeguamento  degli  accessi,  con  messa  a  dimora  di  vegetazione  e collocazione  di  recinzioni  e  strutture  perimetrali  di  “invito”  per  convogliare  gli  animali  verso  le imboccature dei passaggi.  Tra le tipologie di passaggi per la fauna atti a produrre effetti di mitigazione attiva segnaliamo: 

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‐ tombini di drenaggio; ‐ sottopassi scatolari idraulici; ‐ sottopassi stradali; ‐ sottopassi ad esclusivo uso faunistico; ‐ passaggi per anfibi; ‐ sovrappassi stradali; ‐ sovrappassi ad uso esclusivo per la fauna; ‐ canalette di scarpata.  

  Generalmente  gli  ecodotti  in  prossimità  di  infrastrutture  viarie  consistono  in  strutture  in  cemento armato; per la scelta del materiale vegetale arboreo‐arbustivo utilizzato per la sistemazione a verde degli ecodotti  e  delle  relative modalità  di  impianto  bisogna  far  riferimento  alle  qualità  biotecniche  delle singole specie, alle caratteristiche climatiche della zona e alla particolarità del substrato di coltivazione.  Nella  tabella  seguente  sono  riportate  le  specie  arboree  e  arbustive,  generalmente, utilizzate per  loro caratteristiche biotecniche ai fini del rinverdimento degli ecodotti.  

SPECIE  NOME COMUNE  PORTAMENTO 

Crataegus monogyna Jacq.  Biancospino  arbustivo 

Ligustrum vulgare L.  Ligustro  arbustivo 

Rosa gallica L.  Rosa Serpeggiante  arbustivo 

Cornus sanguinea L.  Sanguinello  arbustivo 

Frangula alnus L.  Frangola  arbustivo 

Rosa canina L.  Rosa Selvatica Comune  arbustivo 

Cornus mas L.  Corniolo  arbustivo 

Rhamnus catharticus L.  Spinocervino  arbustivo 

Prunus spinosa L.  Prugnolo  arbustivo 

Viburnum lantana L.  Viburno  arbustivo 

Acer campestre L. 1  Acero Campestre, Oppio  arboreo (arboreo– arbustivo) 

Prunus avium L. 1  Ciliegio  arboreo (arboreo– arbustivo) 

1 = specie utilizzabili sporadicamente, quando  il modellamento del terreno consente di ottenere uno strato di terreno vegetativo di spessore superiore a 40 cm. 

 Per  quanto  riguarda  l’inerbimento,  è  auspicabile  l’utilizzo  di  specie  ed  ecotipi  locali  spontanei  o naturalizzati erbacei, annuali, biennali o perenni, anche con fiori evidenti o molto evidenti. L’obiettivo è 

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dar vita a composizioni ad elevata valenza naturalistica ed estetico‐paesaggistica, offrendo opportunità per la micro e mesofauna (fiori e nettare per entomofauna impollinatrice e farfalle, semi per gli uccelli e piccoli roditori, ecc.), rendendo più gradevole il paesaggio per la presenza di colori vivaci, contribuendo a stimolare  la  curiosità  e  a  diffondere  la  conoscenza  della  flora  locale  e  l’interesse  per  la  sua conservazione.  Nel  caso di  ecodotti di  grandi dimensioni,  che  sovrastano  infrastrutture  viarie,  spesso,  la  superficie  è sistemata a radura erbosa con collocazione di strisce trasversali di sassi e cumuli di terra per diversificare l’habitat con piccoli ambienti xerofili e facilitare il transito della fauna minore. Lo  spessore  del  terreno  sopra  la  galleria  è,  in  genere,  limitato  a  circa  50‐80  cm  e  non  consente  lo sviluppo di alberi. L’impianto di arbusti è quindi solo ai margini e sui bordi per fornire nascondiglio agli animali in transito.  Nel caso, invece, di sottopassi per favorire il passaggio della fauna è possibile collocare ai lati della pista due  fasce  di  terreno, mantenute  in  terra  e  dotate  di  una  fila  di  sassi  continua  (in  alternativa  i  sassi possono essere interrati in una trincea profonda circa 1 metro, colmata fino a piano campagna).   5 .   Campi  d i  app l i caz ione  

 E’  auspicabile  la  realizzazione  di  ecodotti  in  corrispondenza  della  Fondovalle  Isclero  che,  a  tratti, sovrappone il suo tracciato al corso del fiume stesso.  Per la corretta individuazione tecnica dei tratti stradali su cui intervenire è necessario: ‐  non  interferire  con  gli  habitat  più  sensibili  (es. margini  di  transizione  tra  due  ambienti  ad  ecologia diversa); ‐ valutare il grado di permeabilità ecologica; ‐ individuare i punti di intervento in corrispondenza dei flussi biotici più importanti; ‐ definire  i tratti stradali più critici e progettare  interventi finalizzati alla tutela e al rafforzamento della rete ecologica.  

  6 .   Pr inc ipa l i   r i f e r iment i  normat i v i  

 - Decreto 1 aprile 2004 Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio. – “Linee guida 

per l'utilizzo dei sistemi innovativi nelle valutazioni di impatto ambientale”, - D.Lgs. 152/99 ‐ "Norme in materia ambientale", - D.Lgs. 152/06 – “Testo Unico Ambientale”. 

 

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8 .   Font i  e   r i fe r iment i  

 Siti internet: http://www.regione.piemonte.it/agri/osserv_faun/convegno3_4_05/dwd/semplificate/rivella_vietti.pdf www.comune.pero.mi.it  www.arpa.piemonte.it 

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1. obiettivi 

APPROCCIARE AL PROBLEMA DELL’INQUINAMENTO ED ALLE SUE POSSIBILI SOLUZIONI IN MODO DIVERSO DA QUELLO CHE HA 

CARATTERIZZATO LA CULTURA TECNICA DEL SETTORE DELLA GESTIONE E DEPURAZIONE DELLE ACQUE NEGLI ULTIMI 30 ANNI. 

2. descrizione dell’intervento 

La  fitodepurazione  è  un  trattamento  secondario  delle  acque  reflue,  quindi  un  trattamento  di depurazione,  costituito  da  bacini  riempiti  di  ghiaie  e  da  piante  tipiche  delle  zone  umide, opportunamente  impermeabilizzati. Le piante svolgono un ruolo  importante trasferendo ossigeno dalle parti  aeree  a  quelle  sommerse:  la  penetrazione  delle  radici  all’interno  del  substrato  permette  la creazione di microhabitat aerobici  in ambiente anaerobico,  che  favoriscono  lo  sviluppo di una  ricca e varia flora batterica, che esplica la vera azione degradativa.  

E’  una  tecnologia  economica  perché  attraverso  una  buona  progettazione  si  può  sfruttare  la  forza  di gravità  per  il  convogliamento  dei  reflui  ai  bacini,  in  questo modo  la  richiesta  energetica  è  azzerata, inoltre i costi di manutenzione sono ridotti al falcio delle piante in primavera, se necessario, e a semplici controlli  di  verifica  ai  pozzetti  per  evitare    intasamenti  o  di  analisi  delle  acque.  Per  questi motivi  è considerato un trattamento appropriato.  

TRATTAMENTO APPROPRIATO Termine  introdotto  dalla  Comunità  Europea  con  la  direttiva  91/271/CE,  tradotta  nel  nostro  ordinamento attraverso  il D.Lvo n°152/99, dove nell'allegato 5 al paragrafo titolato "Indicazioni generali si che  i trattamenti appropriati di cui all’articolo 31, comma 2 devono essere individuati con l’obiettivo di:  a) rendere semplice la manutenzione e la gestione;  b) essere in grado di sopportare adeguatamente forti variazioni orarie del carico idraulico e organico; c) minimizzare i costi gestionali. Questa tipologia di trattamento può equivalere ad un trattamento primario o 

ad un trattamento secondario a seconda della soluzione tecnica adottata e dei risultati depurativi raggiunti. Per tutti gli agglomerati con popolazione equivalente compresa tra 50 e 2000 a.e, si ritiene auspicabile il ricorso a  tecnologie  di  depurazione  naturale  quali  il  lagunaggio  o  la  fitodepurazione,  o  tecnologie  come  i  filtri percolatori o impianti ad ossidazione totale. (Ormai esteso agli agglomerati con popolazione <50 a.e.). 

 3. impianti centralizzati e decentralizzati Non ci sono motivi per preferire “pregiudizialmente” una soluzione rispetto ad un’altra, in quanto la scelta dipende da fattori oggettivi. Il primo problema da porsi non riguarda la tecnologia del singolo impianto, ma l’architettura generale dei vari impianti che, a scala di bacino, consenta di raggiungere l’obiettivo di qualità nel corpo idrico recettore. Per fare ciò è necessario rispettare tre condizioni: • minimizzare la circolazione “artificiale” dell’acqua, restituendo l’acqua più vicino possibile al punto di prelievo; • garantire una buona efficacia depurativa (possibilmente contenendo i costi); • permettere il riuso e la corretta reimmissione nei cicli biogeochimici naturali di acqua e nutrienti. 

SCHEDA INTERVENTO

MT_06 FITODEPURAZIONE

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 Il  rispetto della  seconda e della  terza  condizione  (garantire una buona efficacia depurativa,  favorire  il riuso di acqua e nutrienti) dipende da  tanti  fattori, ma è a questo  livello che  la scelta della  tecnologia depurativa  (depurazione  convenzionale  o  naturale  o  una  integrazione  delle  due  tecnologie)  assume grande importanza. Ad esempio, di fronte alla necessità di depurare gli scarichi di una città “compatta” di  100.000  abitanti,  sarà  molto  difficile  (anche  se  teoricamente  possibile)  disporre  delle  aree  per realizzare un sistema di  fitodepurazione. Se  il problema,  invece, è quello di  trattare  i  liquami di centri abitati di piccole dimensioni (in particolare, alcune aree collinari o montane, o un’area urbana diffusa), allora  è  quasi  sempre  vantaggioso  (sia  in  termini  economici  che  ambientali)  ricorrere  alle  tecnologie naturali. L’individuazione del sistema di depurazione più appropriato dipende da tanti fattori, che devono essere considerati con attenzione prima di effettuare una scelta. Gli aspetti fondamentali di cui si deve tenere conto: • portata e tipologia dello scarico, • obiettivo depurativo (in base ai criteri ed al nuovo approccio normativo, di cui s’è detto nei precedenti paragrafi), • localizzazione e caratteristiche morfologiche‐ambientali dei siti, • superfici disponibili, • costi di gestione degli impianti e semplicità costruttiva.  sistemi di fitodepurazione Fitodepurazione (zone umide artificiali): si identifica con il termine fitodepurazione un trattamento naturale, le cui componenti sono costituite da suolo, batteri e piante, della famiglia delle macrofite. I sistemi di fitodepurazione, sperimentati e lungamente studiati a livello internazionale, sono classificati in base al tipo di macrofite utilizzate (galleggianti, radicate sommerse, radicate emergenti) ed alle caratteristiche del cammino idraulico delle acque reflue in: • FWS:  i sistemi a  flusso  libero riproducono, quanto più  fedelmente, una zona palustre naturale, dove l’acqua è a diretto contatto con l’atmosfera e generalmente poco profonda, e le essenze vegetali che vi vengono inserite appartengono ai gruppi delle elofite e delle rizofite; 

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• SFS‐h o HF:  i sistemi a  flusso sommerso orizzontale sono vassoi riempiti con materiale  inerte, dove  i reflui  scorrono  in  senso  orizzontale  in  condizioni  di  saturazione  continua  (reattori  “plug‐flow”)  e  le essenze utilizzate appartengono alle macrofite radicate emergenti; • SFS‐v o VF: i sistemi a flusso sommerso verticale sono vassoi riempiti con materiale inerte, dove i reflui scorrono in senso verticale in condizioni di saturazione alternata (reattori “batch”) e le essenze utilizzate appartengono alle macrofite radicate emergenti. È necessario precisare che tecniche quali l’infiltrazione, la subirrigazione e la percolazione, ampiamente applicate,  negli  ultimi  50  anni,  come  trattamento  di  acque  reflue  provenienti  soprattutto  da  piccole utenze, sono spesso da considerasi inadeguate. Tali tecniche, in realtà, permettono di smaltire un refluo nel terreno e non di trattarlo, con il conseguente rischio di contaminazione delle acque sotterranee; infatti, la loro ammissibilità ed adeguatezza dovrebbe essere verificata in base: alla conoscenza della vulnerabilità delle falde acquifere sottostanti al punto di scarico, alla morfologia dell’area ed alle caratteristiche geotecniche del suolo.  sistemi a flusso sommerso Attualmente, in Europa, sono operativi alcune decine di migliaia di impianti di fitodepurazione, di cui una maggior parte è localizzata in Germania, dove si è scelto, già da molti anni, di utilizzare a scala nazionale le due tecniche a flusso sommerso (HF e VF) per il trattamento delle piccole medie utenze. Tra gli impianti europei, i più diffusi (più del 75%) sono proprio i sistemi HF e VF, utilizzati prevalentemente per il trattamento secondario di acque reflue domestiche e civili (Vymazal ed altri, 1998). Tali sistemi si sono, infatti, dimostrati come i più appropriati, nel contesto europeo, tra le varie tecniche di depurazione naturale, sia per il miglior rapporto tra superficie necessarie ed efficacia di trattamento, sia per il loro inserimento in aree urbane o periurbane o comunque molto a ridosso di insediamenti abitativi. Per il trattamento terziario (o post‐trattamento) di depuratori esistenti si annoverano, invece, numerose esperienze con sistemi a flusso superficiale FWS, che si configurano spesso come la migliore alternativa, quando si ha a che fare con ingenti quantità di acque da trattare con ridotto grado di inquinamento. 

HF I sistemi a flusso sommerso orizzontale HF sono costituiti da vasche opportunamente impermeabilizzate, che vengono riempite di materiale inerte con granulometria prescelta (es. ghiaie), in cui si fanno sviluppare le radici delle macrofite emergenti (comunemente utilizzata la Phragmites australis). Il  flusso di acqua è mantenuto  costantemente al di  sotto della  superficie da uno  speciale dispositivo, venendo così a creare un ambiente prevalentemente anossico, ricco  tuttavia di micrositi aerobici sulle radici delle piante. E’ proprio questa varietà delle condizioni redox del sistema a renderlo estremamente elastico,  versatile  ed  efficiente  a  fronte  di  diverse  tipologie  di  reflui  da  trattare  e  di  variazioni  del contenuto inquinante. 

 Rappresentazione schematica di un sistema a flusso sommerso orizzontale 

 Durante il passaggio dei reflui, attraverso il materiale di riempimento e la rizosfera delle macrofite (che costituiscono un sistema a biomassa adesa), la materia organica viene decomposta dall’azione microbica 

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e l’azoto viene denitrificato, ciò accade se siamo in presenza di sufficiente contenuto organico: il fosforo ed  i metalli pesanti  vengono  fissati per adsorbimento  sul materiale di  riempimento.  I  contributi della vegetazione  al  processo  depurativo  possono  essere  ricondotti  sia  allo  sviluppo  di  una  efficiente popolazione microbica aerobica nella rizosfera sia all’azione di pompaggio di ossigeno atmosferico dalla parte emersa all’apparato radicale e quindi alla porzione di suolo circostante, con conseguente migliore ossidazione del refluo e creazione di una alternanza di zone aerobiche, anossiche ed anaerobiche, con conseguente sviluppo di diverse famiglie di microrganismi specializzati e scomparsa pressoché totale dei patogeni, particolarmente sensibili ai rapidi cambiamenti nel tenore di ossigeno disciolto. I sistemi a flusso sommerso orizzontale assicurano una maggiore protezione termica dei liquami nella stagione invernale, specie nel caso che si possano prevedere frequenti periodi di copertura nevosa. 

 Qualità degli effluenti dopo il trattamento secondario con sistemi HF (medie su 260 impianti europei) 

 

VF  La configurazione di questi sistemi è del tutto simile a quelli appena descritti. La differenza consiste  nel  fatto  che  il  refluo  da  trattare  scorre  verticalmente  nel  medium  di  riempimento (percolazione) e viene  immesso nelle vasche con carico alternato discontinuo, mentre nei sistemi HF si ha un flusso a pistone, con alimentazione continua (approssimabile a un reattore “plug‐flow”).  Questa metodologia con flusso intermittente (reattori “batch”) viene spesso configurata su più vasche  in  parallelo,  che  funzionano  a  flusso  alternato,  in  modo  da  poter  regolare  i  tempi  di riossigenazione  del  letto  variando  frequenza  e  quantità  del  carico  idraulico  in  ingresso,  mediante l’adozione di pompe o di dispositivi a sifone autoadescante, opportunamente dimensionati. Le essenze impiegate sono le stesse dei sistemi a flusso orizzontale (macrofite radicate emergenti). Il medium  di  riempimento  si  differenzia,  invece,  dai  sistemi  a  flusso  orizzontale  in  quanto  si  devono utilizzare  granulometrie  più  fini,  che  permettono  una  lenta  percolazione  delle  acque  e  quindi  una distribuzione quanto più omogeneamente possibile su tutta la superficie del letto. Le sabbie grossolane hanno una adeguata conducibilità  idraulica per una  lenta  filtrazione verticale e offrono,  inoltre, un più vantaggioso  rapporto  tra  volume  occupato  e  superficie  totale  disponibile  per  la  biomassa  adesa  in confronto ai sistemi HF.  

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Questi sistemi, relativamente nuovi nel panorama della fitodepurazione, ma già sufficientemente validati grazie  alla  loro  ampia  diffusione  nei  paesi  di  lingua  tedesca,  hanno  la  prerogativa  di  consentire  una notevole diffusione dell’ossigeno  anche negli  strati più profondi delle  vasche,  giacché  la diffusione di questo  elemento  è  circa  10.000  volte  più  veloce  nell’aria  che  nell’acqua,  e  di  alternare  periodi  di condizioni fortemente ossidanti a periodi di condizioni riducenti  

 Rappresentazione schematica di un sistema a flusso sommerso verticale 

 I tempi di ritenzione idraulici nei sistemi a flusso verticale sono abbastanza brevi: la sabbia diminuisce la velocità del flusso, ciò favorisce sia una parziale denitrificazione che l’adsorbimento del fosforo da parte della massa filtrante.  I fenomeni di intasamento superficiale, dovuti al continuo apporto di solidi sospesi e di materia organica, sono auspicati per un primo periodo, in quanto favoriscono la diffusione omogenea dei reflui su tutta la superficie  del  letto,  mentre  devono  essere  tenuti  sotto  controllo  nel  lungo  periodo  onde  evitare formazioni  stagnanti nel  sistema ed una drastica diminuzione delle  capacità ossidative del  sistema  (e quindi,  ad  esempio,  delle  rese  di  nitrificazione).  Le  esperienze  estere  (De Maeseneer,  1997),  su  tali sistemi,  mostrano  comunque  che  non  si  rilevano  fenomeni  di  intasamento  quando  si  utilizza  una alimentazione discontinua  inferiore  al  carico  idraulico massimo del  sistema  con  frequenza  costante  e quando si ha un adeguato sviluppo della vegetazione (l’azione del vento provoca, infatti, sommovimenti della sabbia nella zona delle radici ed intorno al fusto, contrastando i fenomeni occlusivi). 

 Qualità degli effluenti dopo il trattamento secondario con sistemi VF (medie su 30 impianti europei). 

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 Qualità degli effluenti dopo il trattamento secondario con sistemi HF (medie su 14 impianti europei) 

 Campi di applicazione L’applicazione di sistemi naturali costruiti (Constructed Wetlands) per il trattamento delle acque reflue rappresenta ormai una scelta ampiamente diffusa nella maggior parte del mondo. In Italia tale tipologia impiantistica costituisce una soluzione ideale per soddisfare l’esigenza, da un lato, di garantire una maggiore copertura del servizio depurativo, dall’altro di adeguare gli impianti esistenti per il raggiungimento dei nuovi obiettivi attraverso sistemi che non comportino oneri di investimento e di gestione elevati. In questa prospettiva, i sistemi di depurazione naturale, sia per il trattamento secondario che terziario (finissaggio) dei reflui, rappresentano delle valide soluzioni impiantistiche capaci di ottime rese depurative (soprattutto per parametri quali COD, BOD5, solidi sospesi e Azoto), con impatto ambientale e consumo energetico nettamente ridotti rispetto ad altri sistemi depurativi.   

 Campi di applicazione dei sistemi di fitodepurazione 

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I trattamenti terziari sono generalmente applicati a reflui, precedentemente depurati con impianti di tipo chimico‐fisico e/o impianti ad ossidazione (impianti a fanghi attivi, impianti a biodischi, etc.), le cui caratteristiche non soddisfano i limiti imposti dalla normativa italiana ed europea. Infatti, i loro principali obiettivi sono: • abbattimento dell’Azoto, • abbattimento di sostanze organiche che hanno tempi di biodegradabilità lenti e necessitano quindi di tempi di ritenzione più lunghi, • abbattimento del Fosforo, • abbattimento di metalli pesanti, • assicurare un’azione di tampone a eventuali malfunzionamenti degli impianti tecnologici, • affinare la qualità microbiologica e chimica dei reflui.  Schemi di impianto La scelta dello schema di impianto adeguato rappresenta uno dei passi essenziali nell’iter progettuale. Generalmente, la linea acque è molto simile ai comuni impianti di depurazione biologici: si prevede uno stadio di trattamento preliminare (solo nel caso di un’utenza medio‐grande) per l’eliminazione dei solidi grossolani, seguito da una sedimentazione primaria, mentre il sistema di fitodepurazione costituisce lo stadio di trattamento secondario. La differenza fondamentale sta nella linea fanghi: in un impianto biologico tradizionale i fanghi prodotti dal sistema di trattamento secondario vengono in parte ricircolati ed in parte ulteriormente trattati all’interno dell’impianto o conferiti ad un impianto di trattamento più grande, mentre negli impianti di fitodepurazione non si ha alcuna produzione di fanghi a carico dello stadio secondario. Gli unici fanghi prodotti sono quelli derivanti dallo stadio di sedimentazione primaria, che in genere vengono periodicamente rimossi ed adeguatamente smaltiti (ciò potrebbe avvenire anche mediante un trattamento in loco con sistemi di fitodepurazione per la disidratazione dei fanghi). 

 Schema generale di un impianto di fitodepurazione 

  La complessità dei sistemi di pretrattamento dipende essenzialmente dalla natura del refluo che si deve trattare ed ha la funzione di eliminare le parti grossolane, che potrebbero causare indesiderati fenomeni di  intasamento.  Lo  stadio  successivo di  sedimentazione primaria ha,  invece,  la  funzione di  rimuovere buona  parte  dei  solidi  sedimentabili  e  può  essere  costituito  da  una  vasca  Imhoff,  da  una  vasca tricamerale o da una classica vasca di sedimentazione. Il trattamento secondario di fitodepurazione può essere, invece, costituito da una o più vasche di uguale o  diversa  tipologia  (in  quest’ultimo  caso  si  parla  di  sistemi  di  fitodepurazione  “ibridi”  o multistadio), disposte  in  serie  e/o  in  parallelo:  la  configurazione  impiantistica  dipende  da  numerosi  fattori  quali obiettivi depurativi, morfologia dell’area di intervento, natura del refluo, etc.     

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1955.

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  1 .   Obie t t i v i  de l l ’ i n te rvento  

 - Rendere  leggibile  le trasformazioni del territorio focalizzando  l’interesse sul tessuto urbano storico: 

edifici, spazi scoperti e  infrastrutture, conosciute e visibili, nonché su strutture e tracce scomparse nel processo di espansione. 

 - Promuovere  la  conservazione  e  valorizzazione  del  patrimonio  ambientale,  naturale,  culturale  e 

paesistico al fine di rafforzare i sistemi territoriali locali.  - Dotare le amministrazioni di strumenti atti a: 

riconoscere  le  potenzialità  culturali  del  territorio  per  aspirare  all‘accesso  e  fruizione  di  fondi  e finanziamenti; quantificare  preliminarmente  l’entità  degli  interventi  utili  al  processo  di  riqualificazione  del patrimonio storico e paesaggistico;  programmare interventi di recupero urbano ed edilizio e definire piani di gestione e manutenzione.  

- Indirizzare operativamente la valorizzazione di elementi storici in proprietà privata.   2 .   Descr i z ione  

 Il  progetto,  che mira  a  promuove  il  legame  identitario  e  culturale  con  il    territorio,  interviene  sulle modalità pedonali e veicolari, e sull’accessibilità,  in prossimità dei tracciati e delle emergenze storiche, ambientali e paesaggistiche con attenzione anche al superamento delle barriere architettoniche.  I  “sistemi”  con  cui  e  su  cui  si  interviene  sono:  le  attrezzature,  la  segnaletica,  l’illuminazione,  la vegetazione. Particolare cura sarà posta nell’evidenziazione del tessuto storico in relazione alle fasi di trasformazione accertate.   

   3 .   Cara t te r i s t i che   tecn i che  e  pres taz iona l i  

 

SCHEDA INTERVENTO

ST_01 PERCORSI FRUITIVI E DIDATTICI

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Riconoscibilità del “percorso tematico”:  i percorsi devono essere facilmente  individuabili e riconoscibili. La riconoscibilità si realizza attraverso l’omogeneità  dei materiali e delle soluzioni utilizzate, che devono osservare i criteri di compatibilità con il contesto, con le funzioni e con il pregio delle aree attraversate. Continuità:  particolare  importanza  è  data  all’’interazione  visiva  tra  elementi  fisici,  anche  attraverso l’eliminazione  di  sovrastrutture  che  interrompano  la  percezione  ottica  del  percorso.  La  ricerca  della continuità  assume  notevole  importanza  nel  caso  di  siti  archeologici  poiché  consente  di  riconnettere antichi luoghi con antichi tracciati.  Accessibilità: affinché si possa effettivamente fruire di questi luoghi tematici, sarà necessario intervenire sul  sistema  dei  percorsi  veicolari.  La  tipologia  dell’intervento  sarà  determinata,  volta  per  volta,  in funzione degli ambienti in cui verrà realizzata.   La diversificazione dei percorsi gioca un ruolo determinante, contribuendo ad impedire che i diversi flussi veicolari si intralcino. Altro strumento utile allo scopo sono le pedonalizzazioni selettive e gli  interventi di traffic calming.  Occorrerà inoltre favorire la mobilità ciclistica.  4 .   Mater ia l i  e   tecno log ie  

Percorsi: - diversificati per tipologia (urbana, in aree a parco, in aree agricole) da varietà di materiali; - caratterizzati  da  alberature,  che  oltre  a  “qualificare”  i  percorsi  li  rendono  più  confortevoli, 

soprattutto nei mesi estivi.           Illuminazione: 

- differenziata a seconda del contesto (percorso illuminato, input scenografici); - disposta a terra o a parete delle cortine edilizie nel rispetto della proprietà privata; - a    luce radente, con caratteristiche  illuminotecniche e tipologia di  installazione a basso  impatto 

percettivo. Vegetazione: 

- differenziata a seconda del contesto (urbano, in aree a parco, in aree agricole); - quinta vegetale, atta al mascheramento degli episodi urbanistico‐edilizi meno pregiati.  

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 Supporti informativi: 

- cartellonistica direzionale; - pannelli informativi; - cartelli tematici. 

 

 

 

 

 

 

 

Capisaldi viari 

- in pietra; - costituiti da piantumazioni di specifiche essenze locali. 

            5 .   Campi  d i  app l i caz ione  

 - Viabilità nei centri storici, - Sentieristica in aree parco e agricole, - Aree di pertinenza e contigue ad edifici monumentali ed emergenze storico‐architettoniche, 

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- Tracciati storici visibili e scomparsi (centuriazioni, strade rurali, corpi d’acqua tombati, ecc.), - Strade intercomunali che definiscono elemento fisico e storico di continuità, - Piazze, ville comunali, giardini pubblici. 

  6 .   Pr inc ipa l i   r i f e r iment i  normat i v i  

 Ambito amministrativo procedurale: 

- D.L. 22 gennaio 2004, n. 42 Codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell'articolo 10 della legge 6 luglio 2002, n. 137 e s.m.i.; 

- D.lgs. 163/2006 e s.m.i. ‐ Codice dei contratti pubblici ‐ Regolamento di attuazione del Codice dei contratti pubblici (parti in vigore); 

- D.L. n. 30 del 22.1.2004 ‐ Disciplina degli appalti pubblici di lavori concernenti i beni culturali; - D.P.R. 380/2001  e s.m.i. Testo unico per l’edilizia. 

 Ambito applicativo 

- Circolari del MiBAC n. 42 del 5.4.2002 e n. 20 del 16.2.2004; - Direttiva 30 ottobre 2008. Interventi in materia di tutela e valorizzazione dell’architettura rurale 

ai sensi della legge 24 dicembre 2005 e art. 5, comma 1, della legge 24 dicembre 2003, n. 378; - Convenzione europea del paesaggio Firenze 20 ottobre 2000; - Linee guida per il superamento delle barriere architettoniche nei luoghi di interesse culturale. 

  7 .   Font i  e   r i fe r iment i  

 - Progetto ANAS Valbembro: sistemazioni stradali in contesti urbani e extraurbani; 

 - Linee guida per  il superamento delle barriere architettoniche nei  luoghi di  interesse culturale  ‐ 

Commissione per  l’analisi delle problematiche  relative alla disabilità nello  specifico  settore dei beni e delle attività culturali con decreto Mibac del 28.03.2008; 

  - www.roero‐illuminazione.it ‐ Luce e tecnologia nella dimora storica di Villa San Carlo Borromeo;  -  http://www.photoguide.cz/segnale‐stradale‐michelin ‐ Segnali stradali Michelin;  - http://www.danpiz.net/napoli/parchi/Parchi.htm ‐ Parchi e ville di Napoli; 

 - http://www.superabile.it/web/i ‐ Designability Mostra del design accessibile; 

   

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 1 .   Obie t t i v i  de l l ’ i n te rvento  

 Riqualificazione e ri‐funzionalizzazione degli edifici storici e rurali e degli spazi pubblici. L’intervento  sul  patrimonio  edilizio mira  a  realizzare  obiettivi  strategici  favorendo  l’insediamento  di funzioni  ed  attività  compatibili,  in  grado  di  generare  impulso  positivo  ai  fini  della  conservazione  e valorizzazione del patrimonio culturale e paesistico, rafforzando i sistemi territoriali locali. Finalità generale è anche l’integrazione degli spazi aperti e verdi con i tessuti urbanizzati, onde ricercare ogni  potenziale  corridoio  per  lasciar  penetrare  anche  nei  tessuti  urbani,  i  benefici  effetti  della vegetazione.  

   2 .   Descr i z ione  

 I centri storici sono considerati risorsa primaria ai fini dell’identità culturale e della qualità del quadro di vita  attuale  e  futuro  della  popolazione.  Sono  considerati  insediamenti  ancora  vivi  e  comunque  da mantenere vitali, pertanto sono soggetti a trasformazioni d’uso specialmente se atti a preservare la loro tradizionale  centralità.  Le  nuove  funzioni  devono  necessariamente  adattarsi  alle  condizioni  tipo‐morfologiche  senza  alterarne  la  natura  strutturale.  In  particolare  si  riconosce  oggi  ai  centri  storici  la vocazione  di  assolvere  funzioni  di  supporto  e  servizio  alla  fruizione  del  sistema  dei  beni  ambientali, naturalistici e paesaggistici.   3 .   Cara t te r i s t i che   tecn i che  e  pres taz iona l i  

 Come conferma la letteratura e la normativa di settore, per edifici e giardini storici si prevede: 

la  salvaguardia e  il  recupero dell’articolazione e della morfologia originaria: parti edificate, gli spazi a giardino, le aree di pertinenza; 

il ripristino del rapporto con il contesto attraverso idonei interventi sugli elementi vegetazionali; 

la  corretta  applicazione  delle  regole  che,  a  seconda  dei  casi,  concernono  la  conservazione,  il restauro,  il consolidamento,  il  recupero,  la  rifunzionalizzazione,  la manutenzione  straordinaria, ecc.; 

l'impiego di materiali riferibili o integrabili alla tradizione locale. 

SCHEDA INTERVENTO

ST_02 ACCESSIBILITA’ E FRUIBILITA’ CONTESTI ED EDIFICI STORICI

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 La  riqualificazione degli spazi pubblici  scoperti  (strade e piazze) attraverso  interventi di arredo urbano prevedendo  l'ampliamento  dei marciapiedi,  la  piantumazione  di  essenze  arboree,  idonei  elementi  di arredo; La  fruizione  degli  edifici  e  degli  spazi  pubblici  è  subordinata  all’accessibilità  dei  luoghi,  pertanto  sarà necessario  intervenire  sul  sistema dei percorsi veicolari.  La  tipologia dell’intervento  sarà determinata, volta per volta, in funzione delle diverse condizioni e problematiche in cui verrà realizzata. Strumenti utili allo scopo sono le pedonalizzazioni selettive e gli  interventi di traffic‐ calming.     4 .   Mater ia l i  e   tecno log ie  

 Spazi urbani: 

- diversificati per tipologia da varietà di colore e/o materiale; - caratterizzati  da  alberature,  che  oltre  a  “qualificare”  i  percorsi  li    rendono  più  confortevoli, 

soprattutto nei mesi estivi; - pulizia visiva delle cortine storiche.  

 

  Illuminazione: 

- differenziata a seconda del contesto (percorso illuminato, input scenografici); - disposta a terra o a parete delle cortine edilizie nel rispetto della proprietà privata; - a    luce radente, con caratteristiche  illuminotecniche e tipologia di  installazione a basso  impatto 

percettivo.  

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Recinzioni: - trasparenti; - elementi vegetali: siepi, aiuole ed alberature. 

 Vegetazione: 

- differenziata a seconda del contesto; - quinta vegetale, atta al mascheramento degli episodi urbanistico‐edilizi meno pregiati; - piantumazione di essenze dalla presenza documentata. 

 5 .   Campi  d i  app l i caz ione  

 - edifici monumentali ed emergenze storico‐architettoniche; - strade, piazze, ville comunali, giardini pubblici. 

 6 .   Pr inc ipa l i   r i f e r iment i  normat i v i  

 Ambito amministrativo procedurale: 

- D.L. 22 gennaio 2004, n. 42 Codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell'articolo 10 della legge 6 luglio 2002, n. 137 e s.m.i.; 

 - Dlgs 163/2006 e s.m.i. ‐ Codice dei contratti pubblici ‐ Regolamento di attuazione del Codice dei contratti pubblici (parti in vigore); 

 - D.L. n. 30 del 22.1.2004 ‐ Disciplina degli appalti pubblici di lavori concernenti i beni culturali; 

 - D.P.R. 380/2001  e s.m.i. Testo unico per l’edilizia. 

 Ambito applicativo 

- Circolari del MiBAC n. 42 del 5.4.2002 e n. 20 del 16.2.2004;  

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- Direttiva 30 ottobre 2008. Interventi in materia di tutela e valorizzazione dell’architettura rurale ai sensi della legge 24 dicembre 2005 e art. 5, comma 1, della legge 24 dicembre 2003, n. 378; 

 - Convenzione europea del paesaggio Firenze 20 ottobre 2000; 

 - Linee guida per il superamento delle barriere architettoniche nei luoghi di interesse culturale. 

  7 .   Font i  e   r i fe r iment i  

 Recupero del centro storico di Acerenza (PT)  ‐ http://blog.acerenza.info 

Parchi e ville di Napoli: il Virgiliano ‐ http://www.danpiz.net/napoli/parchi/Parchi.htm 

Via Appia ‐ Foto ‐ Sito della Provincia di Roma 

Villa comunale di Lecce ‐ Foto ‐ http://www.misura5‐1.it/prgVillaComunale.aspx 

Chiesa di Melpignano, Grecia Salentina ‐ www.cicloamici.it/grecia_salentina.htm 

Dimora storica di Villa San Carlo Borromeo ‐ http://www.magazine.voiaganto.it 

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 1 .   Obie t t i v i  de l l ’ i n te rvento  

 - Promuovere  la  conservazione  e  la  valorizzazione  del patrimonio  ambientale, naturale,  culturale  e 

paesistico al  fine di rafforzare  i sistemi  territoriali  locali. Questo rientra nell’ambito di un obiettivo generale  di  integrazione  degli  spazi  aperti  e  verdi  con  i  tessuti  urbanizzati,  onde  ricercare  ogni potenziale  corridoio  per  lasciar  penetrare  anche  nei  tessuti  urbani  densi,  i  benefici  effetti  della vegetazione. 

 - Indirizzare operativamente  la valorizzazione di elementi storici  in proprietà privata con eventuali 

possibilità di connessione con spazi pubblici.  2 .   Descr i z ione  

 Il progetto, che mira a promuovere  il legame  identitario  e  culturale  con  il  territorio,  interviene  sulle  modalità pedonali e veicolari e sull’accessibilità, in  prossimità  dei  tracciati  e  delle emergenze  storiche;  con  attenzione anche  al  superamento  delle  barriere architettoniche.  Il  “sistema”  attraverso  cui  si interviene è il verde urbano, uno degli 

strumenti privilegiati per riordinare moltissime delle funzioni degli spazi pubblici.   3 .   Cara t te r i s t i che   tecn i che  e  pres taz iona l i  

 Accessibilità: affinché  si possa effettivamente  fruire degli  spazi pubblici  sarà necessario  intervenire  sul sistema dei percorsi veicolari. La tipologia dell’intervento sarà determinata, volta per volta,  in funzione degli  ambienti  in  cui  verrà  realizzata.  La  diversificazione  dei  percorsi  gioca  un  ruolo  determinante, contribuendo ad impedire che i diversi flussi veicolari si intralcino. Altro strumento utile allo scopo sono le pedonalizzazioni selettive e gli  interventi di traffic calming.   Particolare attenzione sarà posta al superamento delle barriere architettoniche.   Continuità tra  spazi: 

- pubblici  e  privati:  ovviamente  si  tratta  di  una  continuità  prevalentemente  percettiva  tra  gli elementi.  La  ricerca della  continuità  spaziale deve  fare necessariamente  leva  sulla promozione di interventi  che mirano  alla  riqualificazione di  cortine  edificate. Un  ruolo determinante    giocano  le recinzioni  degli  edifici  privati,  che  dovrebbero  permettere  la  percezione  delle  corti  e  dei  giardini interni. - pubblici: la connessione  tra spazi pubblici è ricercabile attraverso interventi di arredo urbano e ridisegno degli spazi scoperti. Anche in questo caso gioca un ruolo determinante l’interazione visiva tra  elementi  fisici,  che  va  ricercata  anche  attraverso  l’eliminazione  di  sovrastrutture  che 

SCHEDA INTERVENTO

ST_03 RIQUALIFICAZIONE AMBIENTALE DEI CONTESTI STORICO-INSEDIATIVI

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interrompono  la  percezione  del  percorso.  Risulta  inoltre  indispensabile  il  recupero  spaziale  dei sagrati delle chiese e degli slarghi in chiave pedonale.  

Riconoscibilità  : si realizza attraverso  l’omogeneità dei materiali e delle soluzioni utilizzate, che devono osservare i criteri di compatibilità con il contesto, con le funzioni e con il pregio delle aree attraversate.  4 .   Mater ia l i  e   tecno log ie  

Percorsi: - diversificati per tipologia da varietà di colore e/o materiale; - caratterizzati  da  alberature,  che  oltre  a  “qualificare”  i  percorsi  li    rendono  più  confortevoli, 

soprattutto nei mesi estivi.  

         Illuminazione: 

- differenziata a seconda del contesto (percorso illuminato, input scenografici); - disposta a terra o a parete delle cortine edilizie nel rispetto della proprietà privata; - a    luce radente, con caratteristiche  illuminotecniche e tipologia di  installazione a basso  impatto 

percettivo. Recinzioni: 

- trasparenti; - elementi vegetali: siepi, aiuole ed alberature.  

          Vegetazione: 

- differenziata a seconda del contesto; - quinta vegetale, atta al mascheramento degli episodi urbanistico‐edilizi meno pregiati; - piantumazione di essenze dalla presenza documentata. 

     

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           5 .   Campi  d i  app l i caz ione  

- Viabilità nei centri storici, - Aree di pertinenza e contigui ad edifici monumentali ed emergenze storico‐architettoniche, - Tracciati storici visibili e scomparsi (centuriazioni, strade rurali, corpi d’acqua tombati, ecc.), - Strade intercomunali che definiscono elemento fisico e storico di continuità, - Piazze, ville comunali, giardini pubblici. 

 

  6 .   Pr inc ipa l i   r i f e r iment i  normat i v i  

 Ambito amministrativo procedurale: 

- D.L. 22 gennaio 2004, n. 42 Codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell'articolo 10 della legge 6 luglio 2002, n. 137 e s.m.i.; 

- D.lgs. 163/2006 e s.m.i. ‐ Codice dei contratti pubblici ‐ Regolamento di attuazione del Codice dei contratti pubblici (parti in vigore); 

- D.L. n. 30 del 22.1.2004 ‐ Disciplina degli appalti pubblici di lavori concernenti i beni culturali; - D.P.R. 380/2001 e s.m.i., Testo unico per l’edilizia. 

Ambito applicativo: - Circolari del MiBAC n. 42 del 5.4.2002 e n. 20 del 16.2.2004; - Direttiva 30 ottobre 2008. Interventi in materia di tutela e valorizzazione dell’architettura rurale 

ai sensi della legge 24 dicembre 2005 e art. 5, comma 1, della legge 24 dicembre 2003, n. 378; - Convenzione europea del paesaggio Firenze 20 ottobre 2000; - Linee guida per il superamento delle barriere architettoniche nei luoghi di interesse culturale. 

 7 .   Font i  e   r i fe r iment i  

- Sito della Provincia di Roma ‐ via Appia – Foto; 

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- Siti internet: - http://blog.acerenza.info ‐  Recupero del centro storico di Acerenza ( PT);   - http://www.danpiz.net/napoli/parchi/Parchi.htm ‐ Parchi e ville di Napoli: il Virgiliano; - http://www.misura5‐1.it/prgVillaComunale.aspx ‐ Villa comunale di Lecce; - www.cicloamici.it/grecia_salentina.htm ‐ Chiesa di Melpignano, Grecia Salentina; 

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Bosco urbano

Parco Urbano

Verde di quartiere

Arredo Verde

  

1 .   Obie t t i v i  de l l ’ i n te rvento  

 L’uso della vegetazione è finalizzato a: 

- Riammagliare le discontinuità spaziali del tessuto urbano; - Migliorare la qualità ambientale; - Ristabilire il contatto tra la natura e le persone. 

  2 .   Descr i z ione  

 La realizzazione di ampie superfici  in ambito urbano di fasce di vegetazione con alberi ad alto fusto ad elevata  densità  di  impianto  consente  la  formazione  di  luoghi  meta‐naturali  all'interno  del  tessuto urbano. A differenza dei parchi urbani o del verde di quartiere, qui non vi sono attrezzature e, anche la manutenzione e la cura sono ridotte all'essenziale.   

         

3 .   Cara t te r i s t i che   tecn i che  e  pres taz iona l i  

 La  fascia  di  vegetazione  è  l’infrastruttura    verde  dominante  in  questo  tipo  di  intervento,  da  essa  si sviluppano e si innestano le altre tipologie di verde seguendo un gradiente di naturalità 

  

      

        Grado di naturalità  La forestazione urbana è anch’essa una infrastruttura Verde, altamente flessibile e modellabile che si presta a molteplici soluzioni  nel contesto urbano a seconda degli obiettivi proposti.  Miglioramento  della qualità del paesaggio urbano: Aumento della biodiversità; Riduzione dell'inquinamento acustico; 

SCHEDA INTERVENTO

AM_01 FASCE BOSCATE

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Specie Nome comune Famiglia QuantitàQuercus ilex Leccio Fagacee 40Quercus pubescens Roverella Fagacee 15Fraxinus ornus Orniello Oleacee 30Fraxinus angustifolia Frassino ossifilo Oleacee 38Pyrus piraster Perastro Rosacee 35Prunus amygdalus Mandorlo Rosacee 35Celtis australis Bagolaro Ulmacee 30Ulmus minor Olmo Ulmacee 35Populus alba Pioppo bianco Salicacee 23Salix caprea Salicone Salicacee 15Ostrya carpinifolia Carpinella Betulacee 34Acer campestre Acero Aceracee 35Cercis siliquatrum Albero di Giuda Leguminose 35

Piante di 1° Grandezza (Altezza >20 m) Piante di 2° Grandezza (Altezza 10-20 m) Piante di 3° Grandezza (Altezza <10 m)

Specie Nome comune Famiglia QuantitàPrunus spinosa Prugnolo Rosaceae 100Prunus cerasifera Mirabolano Rosaceae 100Crateugus monogyna Biancospino Rosaceae 20Rosa canina Rosa selvatica Rosaceae 70Spartium junceum Ginestra Leguminosae 100Coronilla emerus Emero Leguminosae 100Cotinus coggygria Scotano Anacardiaceae 100Pistacia lentiscus Lentisco Anacardiaceae 100Cornus sanguinea Sanguinella Cornaceae 100Viburnum tinus Lentaggine Caprifoliaceae 100Myrthus communis Mirto Mirtacee 100Eleagnus angustifolia Eleagno Eleagnaceae 10

Intercettazione delle polveri sottili e gli altri agenti inquinanti; Modifiche  microclima (raffrescamento); Compensazione emissioni di anidride carbonica.  4 .   Mater ia l i  e   tecno log ie  

 Criteri di composizione arborea:  

 La  disposizione  degli  alberi  che compongono  la  fascia  boscata prevede una disposizione 'a tetto' con un spina centrale occupata da alberi di 1°  grandezza  principalmente  dei sempreverdi  (Quercus  ilex)    per esercitare  una  costante  azione  di mitigazione  visiva  e  di  filtro  di polluenti  e  rumore  anche  durante  il periodo  invernale.  Ai  lati  dell'  asse, alberi  di  2°  e  3°  grandezza  con caratteristiche  estetiche  più  spiccate (fioriture  primaverili).  Una  variazione del piano verticale nella struttura della fascia  influisce  positivamente  sulla diversificazione  di  nicchie  ecologiche per  la  fauna  (entomofauna  e avifauna). L’intervento  prevede  l’impiego esclusivo  di  piante  autoctone mediterranee  ed  il  rapporto quantitativo  tra  le  diverse  specie  è stato  stabilito  tenendo  conto  della regola  del  30‐20‐10  (<30%  di  piante della  stessa  Famiglia,  <20%  di  piante dello  stesso  Genere,  <10%  di  piante della stessa specie – Santamour ,1990)  per  realizzare  un  bosco  urbano  con un’equilibrata varietà vegetale. Per  le aree  classificate  come  verde  stradale valgono  gli  stessi  criteri  con  la differenza  che  le  specie  impiegate hanno un habitus arbustivo.  

        

Asse centrale

Elementi laterali

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5 .   Campi  d i  app l i caz ione  

Fascia di vegetazione:  Andranno collocate ai Margini  delle reti infrastrutturali di collegamento  (Autostrade,  Strade  Provinciali,  Ferrovie, aree  incolte tra  le rampe degli   svincoli stradali) al fine di introdurre  un  elemento  di  identificazione  territoriale,  di mitigare l’impatto del traffico veicolare. Barriere verdi:  Inserite  nelle  aree  produttive  mitigheranno  l’impatto visivo  delle  strutture  industriali  e  fungeranno  da  filtro rispetto agli inquinanti ed ai rumori. 

   6 .   Pr inc ipa l i   r i f e r iment i  normat i v i  

 *“Le soluzioni proposte sono misure frutto dei principi e degli obiettivi sulla sostenibilità e la salvaguardia dell' ambiente espressi da importanti trattati internazionali quali la Convenzione Europea del Paesaggio, La Carta di Aalborg, Agenda 21, Il protocollo di Kyoto)".   7 .   Font i  e   r i fe r iment i  

 Siti internet: 

- www.isaitalia.org  ‐ Società Italiana di Arboricoltura - www.cfu.sperimentilab.com ‐ Centro Forestazione Urbana - http://www.parchiperkyoto.it/  - http://www.azzeroco2.it/  

  

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  1 .   Obie t t i v i  de l l ’ i n te rvento  

 - Razionalizzare ed organizzare l’attività di coltivazione di orti in ambiti periurbani per autoconsumo;  - Estendere  l'accesso di questa pratica ad un numero maggiore di  categorie sociali;  - Rafforzare la funzione di volano culturale e di riferimento identitario alla storia agricola del territorio.   2 .   Descr i z ione  

 Studi hanno mostrato quanto sia forte la coltivazione di frutta e verdura per l'autoconsumo da parte dei cittadini  nonostante  sia  condotta  su  superfici  ridotte  e  talvolta  in  ambienti  poco  consoni.  L'orto  ha quindi  un  valore  sociale  e  culturale,  in  particolare  per  i  più  anziani,  che  possono  cosi  sopperire all'alienazione dell'inattività lavorativa e rinnovare  quella memoria di sapori e profumi di una agricoltura tradizionale, ormai scomparsa, di cui essi rimangono i custodi. La coltivazione della terra ha perso il suo significato ancestrale di fatica e sacrificio e si è trasformato  in una ricerca di benessere psico‐fisico e di riavvicinamento alla natura, di cui le amministrazioni devono necessariamente tenerne  conto.               3 .   Cara t te r i s t i che   tecn i che  e  pres taz iona l i  

 Conservazione  dell’agroecosistema  residuo:  è  opportuno  scegliere  un  frazionamento  irregolare  per mantenere la configurazione dell’agromosaico attuale conservando l’impostazione paesaggistica.  Dimensionamento: le aree per la coltivazione degli orti periurbani, vengono ipotizzate pari alla superficie di un ettaro, il quale sarà suddiviso in lotti di dimensioni variabili (50‐400 mq) che andranno a costituire i singoli orti.  

SCHEDA INTERVENTO

AM_02 ORTI PERIURBANI

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Perimetrazione del Polo di Orti periurbani: utilizzando fasce boscate che favoriscono  l’isolamento delle coltivazioni rispetto agli  agenti inquinanti garantendo produzioni più salubri.                    4 .   Mater ia l i  e   tecno log ie  

 Elementi di arredo, strutture di ricovero e servizi;  Area attrezzata per il compostaggio;  Materiale vegetale: da scegliersi e procurarsi dai conduttori degli orti, supporto dell’Orto Storico per  le antiche varietà.  5 .   Campi  d i  app l i caz ione  

 Le aree più idonee in cui collocare gli orti saranno individuate in base alla loro attuale diffusione ed alla presenza di un’agricoltura tradizionale residua.               6 .   Pr inc ipa l i   r i f e r iment i  normat i v i  

 

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*“Le soluzioni proposte sono misure frutto dei principi e degli obiettivi sulla sostenibilità e la salvaguardia dell'ambiente espressi da  importanti trattati  internazionali quali  la Convenzione Europea del Paesaggio, La Carta di Aalborg, Agenda 21, Il protocollo di Kyoto)".   7 .   Font i  

 Siti internet:  

- www.parconord.milano.it/ ‐ 32k ‐ Parco nord di Milano  

- http://www.provincia.mi.it/parcosud/index.jsp ‐ Parco Agricolo Sud, Milano  

- http://www.effettoterra.org – Sportello di supporto ai consumi sostenibili ed eco‐compatibili  

- http://www.communitygarden.org/    

- http://www.lcrc.on.ca/index.html      

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  1 .   Obie t t i v i  de l l ’ i n te rvento  

 La  scelta  della  tipologia  della  vegetazione  da  impiegare  nelle  aree  a  verde  attrezzato  e  fruibile  sarà determinata, volta per volta, in funzione degli interventi da realizzare.   2 .   Descr i z ione  

 L'  opportuna    scelta  delle  specie  vegetali  (alberi/arbusti)  è  basata  sulla  conoscenza  della  qualità  del suolo, del microclima, del contesto paesaggistico e della modalità di associazione delle piante in base alle loro esigenze di coltivazione (1° Criterio). Il passo successivo prevede di considerare le qualità estetico‐ornamentali nel range di piante individuate (2° Criterio). L'ultimo livello di azione nella scelta è di selezionare quelle specie vegetali che per le loro caratteristiche agroecologiche  possono    amplificare  la    percezione  dell'ambito  progettuale  (es.  specie  per  verde sportivo, aree giochi, piste ciclabili, etc.) (3° Criterio). E'  possibile  impiegare  specie  alloctone  purché  in  accordo  con  il  primo  criterio  descritto  (grado  di autctonicità).   3 .   Cara t te r i s t i che   tecn i che  e  pres taz iona l i  

 Adattabilità ambientale;  Valore ornamentale;  Percezione del luogo;  Aree ricreative nei parchi urbani:  

Schema   progettuale:  grandi  aree prative aperte,  con  maggiore  densità  di vegetazione verso l'esterno (cortine verdi) e  alberi  in  gruppi  di  3/5  individui,  per consentire la massima fruibilità nel gioco e nel  relax  ed  avere  a  disposizione  zone d'ombra naturali per il ristoro estivo. Impiegare  alberi  a  foglia  caduca  per garantire  una  maggiore  luminosità  nel periodo invernale. 

   

SCHEDA INTERVENTO

AM_03 PARCHI URBANI

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I° Criterio II° Criterio III° CriterioAlberi

X X XX X XX X XX XX XX X

ArbustiX X XX X XX X XX X X

Pyrus calleryana 'Chanticleer'Prunus 'Pissardi'Albizzia julibrissinMelia azedarchQuercus cerrisFraxinus ornus

Osmanthus fragransTeucrium fruticansPoligala myrtifoliaLantana camara

  Aree gioco per parchi urbani:  Schema  progettuale: aree con disposizione diffusa  di  alberi  isolati  tra  gli  arredi  ed  i giochi,  per  creare  un  contesto  più articolato e funzionale all'attività ludica. Impiegare  alberi  a  foglia  caduca  (per  la luminosità invernale) con fioriture attraenti 

e fragranti stimolando  la percezione dei giovani utenti.  

   4 .   Mater ia l i  e   tecno log ie  

 Si riporta l'elenco di alcune specie arboree ed arbustive a titolo esemplificativo.   

  Aree gioco: ipotesi  di  specie  utilizzabili:       

Arbutus unedo Ginkgo biloba Pinus pinea Prunus 'Pissardi'Albizzia julibrissin Gleditsia triacanthos Pinus halepensis Punica granatumBrachychiton spp. Jacaranda mimosaefolia Pinus pinaster Pyrus calleryana 'Chanticleer'

Casuarina equisetifolia Kolreuteria paniculata Melia azedarch Schinus molleCatalpa bignonioides Lagerstroemia indica Morus alba Sophora japonicaCeratonia siliqua Liriodendron tulipifera Quercus suber Sorbus domesticaCercis siliquatrum Magnolia grandiflora Quercus cerris Tilia tomentosaChorisia speciosa Malus 'Profusion' Paulownia tomentosa Zelkova serrataCinnamonum camphora Cupressus sempervirens Platanus acerifolia Zizyphus jujuba

Abelia grandiflora Cytisus spp. Hebe spp. Osmanthus spp.Anisodontea capensis Echium fastuosum Hippophae rhamnoides Philadelphus virginalisAtriplex halimus Eleagnus angustifolia Lantana camara Phyllirea angustifoliaBerberis spp. Erythrina crista-galli Lavanda angustifolia Pittosporum tobiraBuddleja Escallonia macrantha Leptospermum scoparium Polygala myrtifoliaCallistemon spp. Euonymus japonicus Mahonia aquifolium Rhaphiolepis indicaCalycanthus spp. Feijoa sellowiana Metrosideros excelsus Rosmarinus officinalisCeanothus spp. Forsythia Nandina domestica Teucrium fruticansChaenomeles japonica Grevillea spp. Neriun oleander Westringia fruticosa

Alberi

Arbusti

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       5 .   Campi  d i  app l i caz ione  

 Parchi urbani, aree attrezzate, verde di quartiere  

 6 .   Pr inc ipa l i   r i f e r iment i  normat i v i  

 - Parchi Urbani – L.R. 17, 2003.  

*“Le soluzioni proposte sono misure frutto dei principi e degli obiettivi sulla sostenibilità e la salvaguardia dell'ambiente espressi da  importanti trattati  internazionali quali  la Convenzione Europea del Paesaggio, La Carta di Aalborg, Agenda 21, Il protocollo di Kyoto)".  7 .   Font i  

 Siti internet:  

- http://www.comune.torino.it/verdepubblico/   - http://www.parconord.milano.it  - http://www.stadtentwicklung.berlin.de ‐ Tiergartenpark, Berlino - http://www.paesaggio.net/  

 

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 1 .   Obie t t i v i  de l l ’ i n te rvento  

 Ampliamento  dell’offerta di servizi per il tempo libero, attraverso la dotazione di attrezzature all’aperto per lo svago e l’esercizio fisico dei residenti. La  finalità  dell’intervento  è  quello  di  rendere  più  vivibile  il  territorio  nel  quale  si  abita, ma  anche  di migliorare la qualità della vita dei cittadini, di costruire spazi e occasioni di relazione e aggregazione che oggi spesso mancano. 

  2 .   Descr i z ione  

 L’intento  del  progetto  è  di  rendere  l’area  idonea  ad  un  uso sociale, soffermando l’attenzione sia sul mondo dell’infanzia che su  quello  degli  anziani,  cercando,  comunque,  di  soddisfare  al contempo le necessarie ed imprescindibili richieste di fruizione a larga scala.  L’intervento,  pertanto,  è  volto  a  coniugare  gli  aspetti  della sostenibilità con quelli della qualità ambientale, da un punto di vista naturale, ludico e sociale.  La  tipologia sarà determinata, volta per volta,  in  funzione degli 

ambienti (urbani, pubblici, riservati e rurali) in cui verrà realizzata.  E lement i  che  compongono   l ’ a rea  g ioco :   

- area  g ioco  e   re lax ;  - campo  d i  bocce ;  - parchegg i  a   raso ;  - parchegg i  de l l e  b ic i ;  - at t rezza ture  complementar i .    

3 .   Cara t te r i s t i che   tecn i che  e  pres taz iona l i  

 Incentivare  i  contatti  sociali : curare  ed  incentivare  i  contatti  sociali  per  tutte  le  fasce  d’età,  a  questo scopo si dovrebbero progettare e costruire aree d’incontro con adatte infrastrutture (panchine, tettoie, sedute informali per bambini ed adolescenti, ecc.).  Posizionamento e orientamento: le aree gioco dovrebbero offrire possibilità al gioco in tutte le stagioni e quindi caratterizzate da  zone soleggiate, zone ombreggiate, zone protette dal vento e dalla pioggia.  

SCHEDA INTERVENTO

SP_01 AREE ATTREZZATE PER IL GIOCO E LO SVAGO

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Spazi  definiti:  le  zone  gioco  andranno  differenziate  con  l’impiego  di  arbusti  e  alberi.  Si  dovrebbero combinare vaste aree aperte e multifunzionali con piccole aree ben definite con  funzioni di sosta e di ritiro.  Sicurezza:  le misure  di  sicurezza  sono  da  valutare  insieme  alle  funzioni  ludico‐didattiche  delle  aree adibite al gioco ed in funzione all’età degli utilizzatori. L’area adibita al gioco deve essere recintata nelle zone confinanti con aree pericolose (parcheggi auto, ferrovie,  scarpate  scoscese),  vanno  ricercate  soluzioni  progettuali  che  prediligano    siepi  fitte  e staccionate.  Area gioco e relax:  attrezzature  da  gioco:  Per  lo  sviluppo  dei  cinque  sensi  dei  bambini  si  dovrebbero  adottare  oltre  alle attrezzature, materiali naturali (sabbia, acqua, sassi, corteccia, legno, ghiaia, vegetazione). Le aree da gioco potrebbero assecondare  l’andamento del  terreno, conservando colline, avvallamenti, nicchie,  ecc.  in  quanto  offrono  stimoli  importanti  per  il movimento.  Le  aree  gioco  per  i  più  piccoli dovrebbero essere facilmente controllabili dagli adulti.  Le attrezzature da gioco dovrebbero essere raggruppate per fascia d’età, e dovrebbe essere prevista  la formazione di percorsi ludici.          Campo di bocce:  organizzazione distributiva:  il campo “svolge”  il  ruolo di centro di aggregazione dei  frequentatori degli spazi  pubblici,  per  questo  motivo  l’area  circostante  dovrà  essere  caratterizzata  da  strutture  di intrattenimento (ad esempio panchine e tavolini per  il gioco delle carte) protette dal soleggiamento da alberature.  

  4 .   Mater ia l i  e   tecno log ie  

 Recinzioni:  

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- siepi  armate  con  l’uso di  essenze  arbustive  compatibili  con  le  caratteristiche  agroforestali del contesto; 

 schermature dal soleggiamento:  - filari  di  essenze  arboree,  prediligendo  la  conservazione  di  quelle  esistenti  e  l’integrazione  di 

nuove essenze arboree autoctone, compatibili con le caratteristiche agroforestali del contesto; illuminazione: 

- sistemi a  luce  radente,  con caratteristiche  illuminotecniche e  tipologia di  installazione a basso impatto percettivo; 

pavimentazione area gioco: - pavimentazioni naturali come sabbia, il prato, il tappeto erboso, la corteccia, il ghiaino; - pavimentazioni sintetiche antishock; 

terreno di gioco: dovrà possedere  un fondo con buone capacità di drenaggio, per consentire un rapido deflusso ed assorbimento dell’ acqua piovana.  5 .   Campi  d i  app l i caz ione  

 Queste attrezzature andrebbero  inserite  in maniera  capillare  sul  territorio, prediligendo  realtà ad alta densità abitativa.   Realizzare questi servizi all’interno dei quartieri significa agevolare  la frequentazione da parte di bambini ed anziani, che rappresentano i maggiori fruitori dei parchi. Dotare aree  residenziali di attrezzature    contribuisce a  rendere   vivibile  il  territorio nel quale  si abita, migliorare  la  qualità  della  vita,  costruire  spazi  e  occasioni  di  relazione  e  ricostruirei  il  senso  di appartenenza al territorio.  6 .   Pr inc ipa l i   r i f e r iment i  normat i v i  

 - UNI EN 1176‐1 Attrezzature per aree da gioco ‐ Requisiti generali di sicurezza e metodi di prova; - UNI EN 1176‐3 Attrezzature per aree da gioco ‐ Requisiti aggiuntivi specifici di sicurezza e metodi 

di prova per gli scivoli; - UNI EN 1176‐6 Attrezzature per aree da gioco ‐ Requisiti aggiuntivi specifici di sicurezza e metodi 

di prova per le attrezzature oscillanti; - UNI EN 1177 Rivestimenti di superfici di aree da gioco ad assorbimento di impatto ‐ Requisiti di 

sicurezza e metodi di prova.   7 .   Font i  e   r i fe r iment i  

 Siti internet: 

- www.sarba.it/immagini_prodotti/pdf/8.pdf ‐ Guida alla pianificazione e gestione dei parchi delle aree da gioco all’aperto; 

- www.parconord.milano.it/ ‐ 32k  ‐ Parco nord di Milano.  

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1 .   Obie t t i v i  de l l ’ i n te rvento  

  Ampliamento    dell’offerta  di  servizi  per  il  tempo  libero, attraverso la dotazione di attrezzature all’aperto per lo svago e l’esercizio fisico.     

 2 .   Descr i z ione  

 L’intento  del  progetto  è  di  rendere  l’area  idonea  ad  un  uso  sociale,  soffermando  l’attenzione  sulle attività sportive all’aperto.  L’intervento,  pertanto,  è  volto  a  coniugare  gli  aspetti  della  sostenibilità  con  quelli  della  qualità ambientale, da un punto di vista naturale, ludico e sociale.  E lement i  che  compongono   l ’ a rea  spor t i va  a l l ’ aper to :   

- campi  da  g ioco   (basket ,   tenn i s ,  ca l ce t to ) ;  - p i s ta  d i  pat t inagg io ;  - p i s ta  per   l ’ a t l e t i ca ;  - ve lodromo;  - parchegg i  a   raso ;    - parchegg i  de l l e  b ic i ;  - at t rezza ture  complementar i .  

 

 

 

      3 .   Cara t te r i s t i che   tecn i che  e  pres taz iona l i  

 Incentivare l’attività sportiva all’aperto:  attraverso cui stimolare i contatti sociali per tutte le fasce d’età. Ogni attrezzatura installata dovrebbe avere la rispettiva area di sosta e di incontro.  

SCHEDA INTERVENTO

SP_02 AREE ATTREZZATE PER LO SPORT ALL’APERTO

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Posizionamento e orientamento: le aree che compongono l’attrezzatura devono essere utilizzate in tutte le stagioni e quindi caratterizzate da zone soleggiate, zone ombreggiate, zone protette dal vento e dalla pioggia.  Sicurezza:  le  misure  di  sicurezza  sono  da  valutare  insieme  alle  funzioni  ludico‐sportive  delle  aree. Particolare  cura  è  consigliata  nella  scelta  della  pavimentazione:  è  l’attrezzo  sportivo  più  importante, deve  prevenire  gli  infortuni.  La  scelta  della  pavimentazione  ha  ricaduta  anche  sugli  aspetti  sportivi, ecologici,  igienici  ed  estetici.  Importante  per  la  sicurezza  è  anche  la  scelta  del  tipo  di  illuminazione artificiale,  gli  impianti male  e  irregolarmente  illuminati  non  permettono  la  valutazione  corretta  delle distanze  e  delle  velocità  e  sono  pertanto  più  frequentemente  causa  di  infortuni.  Altro  aspetto fondamentale riguarda  le distanze di sicurezza  intorno ai campi sportivi e ai singoli attrezzi. Le zone di sicurezza devono essere libere da oggetti mobili o fissi, quali pali dell’illuminazione, banchine, ecc.      4 .   Mater ia l i  e   tecno log ie  

 Pavimenti per la pratica dello sport:  

- Erba naturale, offre generalmente un’ottima protezione. Per poter utilizzare a  lungo un campo con manto in erba naturale, è fondamentale che la manutenzione sia periodica.  

 - Erba  sintetica, grazie a un  intasamento di  sabbia  silicea e granulato di gomma, dispongono di 

ottime caratteristiche ammortizzanti.   - Manto  sintetico,  ha  delle  ottime  caratteristiche  ammortizzanti,  è  piano,  richiede  poca 

manutenzione ed è duraturo. Grazie all’elasticità vengono ridotte  le sollecitazioni che agiscono sull’atleta. 

 - Terra battuta, a seconda dell’umidità, i pavimenti in terra battuta (pavimento di sabbia, in terra 

rossa, in marna) dispongono di differenti caratteristiche ammortizzanti e di buone caratteristiche antifrizione. 

 - Trucioli di  legno,  i pavimenti  in  trucioli di  legno  sono morbidi ed è perciò difficile  camminarvi 

sopra.  Inoltre  i pavimenti vecchi diventano melmosi quando piove. Pertanto vi è bisogno di un ben  funzionante  sistema  di  scarico  delle  acque.  Tali  pavimenti  vengono  impiegati particolarmente per le piste da corsa (pista finlandese) con fondo naturale.  

 - Asfalto, i pavimenti bituminosi sono duri e si prestano solo per attività sportive quali gli sport su 

rotelle.  Tali  pavimenti  sono  privi  di  capacità  ammortizzante  (assorbimento  della  forza)  e  si ripercuotono pertanto negativamente sull’apparato locomotore.  

 Selezione di pavimenti sportivi dal punto di vista della protezione:  

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Illuminazione degli  impianti  sportivi: è  vincolata da precise esigenze da  cui è  impossibile prescindere. Queste purtroppo lasciano poco spazio a modifiche nei progetti che possano portare ad un minore livello di  inquinamento  luminoso, a differenza di quanto accade per gli altri  impianti di  illuminazione esterna quale quella  stradale  che  sono da questo punto di  vista  facilmente migliorabili. Quindi  l'illuminazione degli impianti sportivi se non opportunamente e accuratamente progettata può costituire una notevole sorgente di inquinamento luminoso ed ottico.  

Attrezzature  complementari:  ospiteranno  spogliatoi,  docce  e  servizi  igienici.  Bisognerà  operare  scelte progettuali finalizzate al contenimento della superficie coperta e alla ricerca di qualità architettonica, con l’uso di tecniche e tecnologie proprie dell’architettura bioclimatica.   5 .   Campi  d i  app l i caz ione  

 Queste attrezzature andrebbero  inserite  in maniera capillare sul  territorio, dotare aree di attrezzature contribuisce a  rendere   vivibile  il  territorio nel quale  si abita, migliorare  la qualità della vita, costruire spazi  e  occasioni  di  relazione  e  ricostruire  il  senso  di  appartenenza  al  territorio. Ottimale  sarebbe  la collocazione nell’immediate vicinanze di scuole e palestre.   6 .   Pr inc ipa l i   r i f e r iment i  normat i v i  

 - Norme UNI 9316 (Impianti sportivi ‐ Illuminazioni per riprese a colori‐Prescrizioni); - Norme di sicurezza per la costruzione  e l'esercizio degli impianti sportivi. D.M. 25.8.1989 e D.M. 

18.3.1996.  7 .   Font i  e   r i fe r iment i  

 - Roberto Giuseppe Romano – “Manuale per la progettazione estemporanea” – ed. Dei. 

Siti internet : - www.sarba.it/immagini_prodotti/pdf/8.pdf ‐ Guida alla pianificazione e gestione dei parchi delle 

aree da gioco all’aperto, - www.parconord.milano.it/ ‐ 32k  ‐ Parco nord di Milano, 

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- www.bfu.ch/PDFLib/770_43.pdf  ‐  Impianti polisportivi all’aperto (per  le scuole e  le associazioni sportive). 

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 1 .  Obie t t i v i  de l l ’ i n te rvento  La nozione di infrastruttura verde propone, per gli ambiti del bacino fluviale dell’Alento un progetto di sviluppo  e  miglioramento  che  mette  a  sistema  le  diverse  componenti  settoriali,  la  componente ecologica,  quella  economica  dell'attività  agricola,  quella  storico  culturale,  quella  legata  alla  fruizione sportiva e ricreativa, realizzando un sistema di paesaggi di alta qualità.  

   2 .  Desc r i z ione  

 Per  infrastruttura  verde  s'intende,  una  rete  attrezzata  che  assolve  alla  duplice  funzione:  corridoio ecologico,  in quanto sistema di paesaggi naturali che migliorano il patrimonio di diversità biologica e la qualità  ambientale  locale;  rete  di  accessibilità  e  di  fruizione  pubblica,  in  quanto  sistema  di  percorsi preferibilmente  verdi,  che  deve  consentire  di  accedere  con  sicurezza,  a  piedi  o  in  bicicletta,  ad  una molteplicità  di  attività  sportive,  ricreative  e  lavorative,  percorrendo  luoghi  godibili  di  alta  qualità ambientale e paesaggistica. Le due reti anzidette si integrano con la rete dei beni storici, incorporata nel territorio e costitutiva del paesaggio storico e della rete del tessuto rurale e agricolo precedentemente delineati.    3 .  Cara t ter i s t i che   tecn i che  e  pres taz iona l i  

Il  progetto  prevede  prioritariamente  interventi  in  linea  con  le  norme  di  attuazione  del  PTCP,    che comprendono: 

ricostruzione e/o potenziamento dei boschi  ripariali del  fiume e dei  suoi  affluenti principali  e secondari; 

ricostituzione  dei  boschi  misti  di  valle,  in  particolare  lungo  tutte  le  fasce  pedemontane,  in continuità  con  le  fasce  ripariali dei  corsi d’acqua principali  anche  attraverso  interventi  volti  a favorire l’espansione spontanea della vegetazione forestale; 

ricostruzione e/o mantenimento degli elementi vegetazionali  (siepi,  filari, boschetti, ecc.)  tipici del paesaggio agrario, in particolare nelle aree a seminativo lungo i corsi d’acqua principali; 

SCHEDA INTERVENTO

PL_02 PARCO FLUVIALE

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mantenimento e potenziamento della vegetazione naturale in area agricola (boschetti, arbusteti, cespuglieti) lungo il corso d’acqua; 

interventi di miglioramento paesistico con particolare riferimento alle sistemazioni tradizionali e alle trame storiche,  presenti; 

interventi di  integrazione  tra  il  sistema ambientale e naturalistico del bacino  fluviale e  le aree verdi urbane e periurbane. 

 Il progetto di Parco fluviale, prevede inoltre: 

lo sviluppo di un itinerario verde e il collegamento agli interventi precedentemente illustrati per il settore agricolo e agrituristico; 

la creazione di aree attrezzate per  attività sportive all’aria aperta e attività di gioco e di svago; 

la  conversione  e  rifunzionalizzazione  dell’area  prospiciente,  per  lo  sviluppo  delle  funzioni  di accoglienza (foresteria, ostello, aree attrezzate per lo sport, altro). 

  

   4 .  Mater ia l i  e   tecno log ie  

 E’ ipotizzabile esclusivamente l’uso di material naturali e tecnologie leggere per strutture e attrezzature. Le opere strutturali e di  ingegneria  idraulica dovranno  fare  riferimento prevalentemente a  tecniche di ingegneria  naturalistica.  Dovranno  prevedersi  inoltre  opere  di mitigazione  degli  impatti  (rif.  schede allegate),  anche  di  ultima  generazione  per  il  settore,  come  gli  ecodotti,  necessari  a  ripristinare  le condizioni di continuità di corridoi ecologici nel caso di  frammentazioni determinate dalla presenza di infrastrutture (strada di fondovalle, ponti di attraversamento, infrastrutture energetiche, ecc.).   

       5 .  Campi  d i  app l i caz ione  

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Il  bacino  fluviale  e  gli  affluenti  principali  e  secondari,    intesi  come  corridoio  ecologico  della  rete provinciale e regionale, compresi gli ambiti  in cui risulta  la presenza di pozzi e sorgenti. Gli ambiti che gravitano direttamente o indirettamente sul sistema idrografico, dal tessuto insediativo agricolo a quello urbano e industriale. 6 .   Pr inc ipa l i   r i f e r iment i  normat i v i  

Piano Regionale di Tutela delle acque 

Piano stralcio dell’assetto idrogeologico  

NTA Piano Territoriale provinciale   7 .   Font i  e   r i fe r iment i  

- CIRF, La riqualificazione fluviale in Italia (2006) Mazzanti editori - Regione Lombardia, IRER ‐ Riqualificazione fluviale bacino del Seveso - Regione Piemonte ‐ Parco Fluviale del Po Torinese - Comune di Savignano ‐ Rifunzionalizzazione dell’ambito fluviale del Panaro - Regione Puglia ‐ Azioni strategiche per il Contratto di fiume dell'Ofanto - http://www.comune.torino.it/verdepubblico - http://www.parconord.milano.it  - http://www.stadtentwicklung.berlin.de ‐ Tiergartenpark, Berlino - http://www.paesaggio.net/