PUBBLICITÀ E CINEMA: EVOLUZIONE E PROSPETTIVE di ELISA MERLO

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Università Commerciale Luigi Bocconi Corso di Laurea triennale in Economia per Arte, Cultura e Comunicazione A.A. 2012/2013 PUBBLICITÀ E CINEMA: EVOLUZIONE E PROSPETTIVE Docente tutor: Gabriele Troilo Lavoro finale di: Elisa Merlo Matricola: 1519255

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Università Commerciale Luigi Bocconi Corso di Laurea triennale in Economia per Arte, Cultura e Comunicazione A.A. 2012/2013 PUBBLICITÀ E CINEMA: EVOLUZIONE E PROSPETTIVE Docente tutor: Gabriele Troilo

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Università Commerciale Luigi Bocconi

Corso di Laurea triennale in Economia per Arte, Cultura e Comunicazione

A.A. 2012/2013

PUBBLICITÀ E CINEMA: EVOLUZIONE E PROSPETTIVE

Docente tutor: Gabriele Troilo

Lavoro finale di: Elisa Merlo

Matricola: 1519255

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Ringrazio Elsa Molfesi (The Space Cinema), Stefania Cervi (PRS), Samanta Rovatti

(Nielsen Media Research) e, in particolare, Giuseppe Rossetto (International

Cinemamedia UCI) per la disponibilità e la gentilezza.

Un ringraziamento va al Professor Gabriele Troilo per avermi pazientemente seguita

nella stesura di questo lavoro, che dedico ai miei genitori, a mia nonna e a Federico.

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INDICE

INTRODUZIONE  ..................................................................................................................  5  

1.  LA  PUBBLICITÀ  AL  CINEMA:  LE  PECULIARITÀ  DEL  MEDIUM  .............................................  6  1.1  Il  rapporto  di  complementarietà  con  il  mezzo  televisivo  ...........................................................................  6  1.2.  Gli  elementi  di  attrattività  .......................................................................................................................................  8  1.3.  I  fattori  critici  .............................................................................................................................................................  11  

2.  L’ANALISI  DEL  SETTORE  ITALIANO  ................................................................................  14  2.1.  Le  dinamiche  del  settore  tra  il  2004  e  i  2008  ..............................................................................................  15  2.2.  La  crescita  del  2010:  il  ruolo  della  digitalizzazione  e  del  3D  ................................................................  17  2.3.  La  crisi  e  l’uscita  dal  mercato  del  leader  ........................................................................................................  20  2.4.  La  situazione  attuale  ...............................................................................................................................................  21  

3.  LE  CONCESSIONARIE  DEI  CIRCUITI  MAGGIORI  E  I  LORO  SERVIZI  ....................................  24  3.1.  Un  inquadramento  generale  ...............................................................................................................................  24  3.2.  Moviemedia  ................................................................................................................................................................  28  3.3.  Rai  Pubblicità  .............................................................................................................................................................  29  3.4.  International  Cinemamedia  UCI  (ICU)    ...........................................................................................................  30  3.5.  PRS  .................................................................................................................................................................................  33  

CONCLUSIONI  E  PROSPETTIVE  PER  IL  FUTURO  ..................................................................  34  

BIBLIOGRAFIA  E  SITOGRAFIA  ............................................................................................  37  

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INTRODUZIONE

La pubblicità al cinema rappresenta un elemento della strategia media delle aziende

che investono in comunicazione. Il presente lavoro si pone l’obiettivo di aggiornare la

ricerca sull’argomento, alla luce di eventi che, negli ultimi anni, hanno reso molto

instabile il settore della pubblicità cinematografica in Italia. Il processo di

digitalizzazione degli schermi per la proiezione degli spot, avviato nel 2009, ha

arricchito il ventaglio di opportunità offerto alle aziende investitrici, facendo del

cinema un medium più elastico e appetibile. Le ultime pubblicazioni, risalenti al 2010,

non hanno potuto, tuttavia, quantificare l’effetto complessivo che ha avuto

l’introduzione della nuova tecnologia, in termini di variazione degli investimenti

pubblicitari nel più lungo termine. La letteratura disponibile, inoltre, non è aggiornata

alla situazione attuale degli attori competitivi, modificatasi in seguito al fallimento

della concessionaria Opus, a fine 2011. L’uscita dal business della storica leader di

mercato è stata il palesamento di un nuovo crollo, pesantissimo, della raccolta

pubblicitaria sul mezzo cinema. L’impatto degli avvenimenti recenti stimola l’interesse

per una riveduta analisi del settore, al fine di comprenderne lo stato attuale e di

ipotizzarne il futuro.

Nel primo capitolo, una panoramica sulle caratteristiche del grande schermo come

medium pubblicitario consente di evidenziarne i vantaggi e, contemporaneamente, i

limiti. A supporto di un excursus qualitativo sull’evoluzione del settore, segue poi

un’analisi dettagliata della dinamica degli investimenti sul mezzo negli ultimi dieci

anni. Nello specifico, il percorso si snoda lungo tre fasi: l’era della tecnologia

analogica, l’innovazione digitale e la crisi economica, che ha condotto Opus al

fallimento. E’ tracciata, quindi, la configurazione attuale del mercato delle

concessionarie, con l’ingresso di nuovi competitors. Da una comparazione delle

politiche commerciali e con l’ausilio di un’intervista, sono descritti sia gli elementi

comuni dell’offerta pubblicitaria dalle concessionarie sia le strategie messe in atto

dalle singole per il rilancio dell’advertising cinematografico. L’elaborato si conclude

con alcune considerazioni sul futuro della pubblicità al cinema, valutando alcune

direzioni intraprendibili dalle concessionarie per sviluppare le potenzialità del medium

e renderlo più interessante ai potenziali investitori.

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1. LA PUBBLICITÀ AL CINEMA: LE PECULIARITÀ DEL MEDIUM

Escludendo gli incassi dei biglietti staccati, la pubblicità sul grande schermo

rappresenta un’importante fonte di ricavi per gli esercenti, seconda solamente alla

vendita di popcorn e bibite nel foyer. L’offerta di spazi pubblicitari, per tramite delle

concessionarie, e l’erogazione di servizi accessori sono attività d’importanza

strategica per le strutture cinematografiche, in grado di contribuire per più di un terzo

ai ricavi complessivi. I soli incassi al botteghino non garantiscono, infatti, un buon

profitto, poiché i risultati del box office non confluiscono nelle casse dei cinema nella

loro totalità. Gli esercenti sono tenuti, per contratto, a corrispondere ai distributori una

percentuale sui biglietti venduti che, nella prima settimana di proiezione, può

raggiungere il 90%. Percentuali crescenti, comunque variabili caso per caso, sono

accordate agli exhibitors nelle settimane successive, nel tentativo dei distributori di

allungare il più possibile il ciclo di vita del prodotto cinematografico nelle sale. Per

questa ragione, è cruciale per gli esercenti orientarsi verso aree collaterali di

business che generino ricavi maggiormente controllabili. Una di queste è,

propriamente, la pubblicità al cinema.

Se è strategico dal lato dell’offerta, è opportuno esaminare le caratteristiche dello

screen advertising per determinarne il ruolo all’interno del media mix delle aziende

investitrici.

1.1 Il rapporto di complementarietà con il mezzo televisivo Salvo le eccezioni di campagne pensate in via esclusiva per il cinema, che – nel

caso italiano – riguardano in primis la promozione di esercizi locali, la pubblicità sul

grande schermo è un elemento del media mix delle aziende tradizionalmente

complementare alla televisione. La TV e il cinema offrono, infatti, piattaforme

pubblicitarie affini, strutturate in break calcolati in minuti. Lo stesso contenuto

promozionale, nella forma del filmato, può essere trasmesso attraverso il piccolo e il

grande schermo. Da un punto di vista meramente tecnico, cinema e TV potrebbero

sembrare perfetti alternativi agli occhi degli investitori. Tuttavia, le cifre del media

spending sul mercato pubblicitario italiano marcano la netta preferenza del mezzo

televisivo, catalizzatore del 52,6% degli investimenti nel 2012, sul mezzo cinema,

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con una raccolta pubblicitaria corrispondente allo 0,5% del totale.

Ad oggi, fare pubblicità al cinema non è sicuramente una variabile strategica del

media mix di chi investe in pubblicità in Italia. La relazione di complementarietà con

gli investimenti sulla TV è segnalata da una prassi riconoscibile in alcuni meccanismi

di vendita degli spazi pubblicitari. Nello specifico, si fa riferimento alle politiche

commerciali della concessionaria Rai Pubblicità (ex Sipra), che gestisce

contemporaneamente la pubblicità sulle reti televisive nazionali e su un circuito

cinematografico che conta più di cinquecento schermi in Italia. Seppure Rai

Pubblicità abbia una divisione dedicata al mezzo cinema, le vendite cross-media

sono frequenti. Al cliente che acquista secondi di pubblicità in televisione –

tradizionalmente un medium molto costoso - la concessionaria può accordare sconti,

che possono consistere in passaggi omaggio dello spot sugli schermi cinematografici

da questa controllati. Di fatto, il mezzo cinema diventa spesso componente residuale

del media mix di un’azienda che decide di acquistare una tabellare sui canali Rai.

Pratiche della fattispecie sono più comprensibili se si confrontano i listini di Rai

Pubblicità per la televisione e per il cinema (Tabella 1).

Tabella 1. Confronto dei listini di Rai Pubblicità (prezzi al 15 dicembre 2012)

Listino TV Listino cinema Tipologia Tabellare 30" Tabellare 30"

Posizione Ultimo spot all’interno dell’ultimo break di Che tempo che fa (Rai 3)

Ultimo spot prima della proiezione del film

Numero di passaggi 1

3 (media delle proiezioni giornaliere per schermo) per 7 giorni

Prezzo € 80.000,00 € 1.400,00

     Fonte: Elaborazione propria su dati Rai Pubblicità

I prezzi mostrano la differenza tra il valore economico attribuito all’emissione di uno

spot sul piccolo o sul grande schermo. Per il confronto dei listini, è stato preso in

considerazione il periodo natalizio, che abitualmente registra sia un aumento della

spesa pubblicitaria sia picchi di affluenza nelle sale cinematografiche. Si è cercato,

inoltre, di confrontare spazi pubblicitari equivalenti in termini di pregio: un solo

passaggio in prima serata durante una trasmissione mediamente molto seguita costa

circa 80.000 euro; proiettare uno spot nella posizione più prestigiosa – prima

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dell’inizio del film – per sette giorni su uno schermo cinematografico costa 1.400 euro.

E’ evidente allora come per aziende nel settore dell’alimentare o delle

telecomunicazioni, che spendono milioni di euro in campagne TV tramite Rai

Pubblicità, il mezzo cinema possa realmente rappresentare un investimento

residuale.

Benché i prezzi pubblicati siano semplicemente indicativi e l’applicazione di sconti

frequentissima, il risultato della comparazione dei listini stimola un’analisi sulle

criticità e – per contro – sulle potenzialità dello screen advertising.

1.2. Gli elementi di attrattività Il mezzo TV è sovraffollato di spot pubblicitari cui gli spettatori prestano un’attenzione

discontinua. Ciò accade perché lo schermo televisivo è immerso nella realtà

casalinga, dove le frequenti distrazioni rendono la fruizione di TV un’esperienza

intermittente. I break pubblicitari sono, infatti, le scansioni del palinsesto

tradizionalmente designate a trasformarsi in semplici rumori di sottofondo.

Confrontato non solo con la televisione, ma anche con tutti gli altri media, il cinema è

probabilmente la piattaforma pubblicitaria in grado di assicurare i livelli più alti di

attenzione e ricettività degli spettatori. Il setting della sala cinematografica

predispone naturalmente alla concentrazione. Il pubblico pagante si ritrova, infatti, in

una sala buia, di fronte ad un maxi schermo che proietta immagini in movimento a

volumi molto alti. Inoltre, lo stato emotivo del pubblico cinematografico è più incline,

in genere, ad apprezzare spot pubblicitari: entrato in sala, lo spettatore di cinema ha

l’umore rilassato e positivo di chi si prepara a vivere un’esperienza d’intrattenimento.

Una ricerca estensiva condotta da Audimovie nel 2008 fornisce dati puntuali sul

livello di accettazione della pubblicità nella sala cinematografica (Figura 1).

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Figura 1. I valori della pubblicità al cinema

Fonte: Audimovie, Ricerca estensiva periodica sul Cinema (maggio – dicembre 2008)

Circa la metà degli intervistati si trova d’accordo con affermazioni quali gli spot sullo

schermo del cinema sembrano nuovi e più belli o in attesa del film preferisco

guardare uno spot che uno schermo vuoto. Sembra pertanto esserci una tendenza –

come puntualizzato dalla Screen advertising World Association (SAWA) – a

percepire la pubblicità come parte integrante dell’intera esperienza cinematografica. I

primi spot in 3D, lanciati nel 2009 negli Stati Uniti e in Australia e apparsi, come casi

isolati, anche sul mercato italiano, vanno chiaramente in questa direzione. Nel caso

dello spot tridimensionale, infatti, il messaggio pubblicitario si fonde completamente

con l’intrattenimento.

Alcuni case studies1 condotti in Europa, in America e in Oceania da Sawa hanno

cercato di quantificare l’impatto dello screen advertising sulla disposizione dello

spettatore nei confronti della marca pubblicizzata. Una campagna che sfrutti

contemporaneamente il mezzo TV e il mezzo cinema è in grado di aumentare la                                                                                                                1 Screen Adverising World Association, list of case studies: http://www.sawa.com/resources/case-studies

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propensione all’acquisto di oltre il 30% rispetto a uno spot emesso soltanto sul

piccolo schermo. Ancora, le ricerche evidenziano il rapporto di complementarietà del

medium cinema alla TV. Lo screen advertising è uno strumento che potenzia

l’efficacia delle pubblicità televisiva, perché rinforza nella mente degli spettatori

messaggi promozionali sentiti distrattamente in TV. Lo spettatore cinematografico

esposto al messaggio pubblicitario ha una capacità di brand recall superiore, come

hanno verificato indagini condotte da top spenders in comunicazione quali Vodafone

e Birds Eye.

Del resto, oltre a rivolgersi a un pubblico più attento e ben disposto, il cinema

permette di sfruttare realmente le potenzialità comunicative di alcuni filmati

pubblicitari. Le agenzie creative producono per alcuni clienti spot ad alto valore

artistico, che cercano di penetrare in modo più sottile la sfera emozionale dello

spettatore. Molte aziende lanciano commercials in cui è riconoscibile una forte allure

cinematografica (basti pensare ad alcuni spot di aziende cosmetiche e

automobilistiche). Se in televisione, per ragioni di costo, è in genere trasmessa la

versione ridotta da 30” di tali cortometraggi, il cinema, che ha prezzi inferiori e un

break pubblicitario più lungo, ne consente la fruizione integrale in tutta la loro forza

espressiva.

La sala cinematografica si presta inoltre alla sperimentazione di soluzioni

pubblicitarie originali. Come il cinema è momento di condivisione collettiva del film

nelle dimensioni del qui e dell’ora, così può esserlo del messaggio pubblicitario. Nel

momento in cui gli investitori comprano secondi di pubblicità, hanno a disposizione

una sala e un pubblico su cui costruire esempi raffinati di customer engagement. Una

soluzione creativa è stata la campagna Frozen Cinema, lanciata a inizio anno in

alcune sale cinematografiche della Germania dall’organizzazione no - profit Fiftyfifty,

che si occupa di assistenza ai senzatetto. Per stimolare le donazioni, oltre alla

proiezione di una campagna di sensibilizzazione, è stato spento il riscaldamento in

sala. L’obiettivo: far sì che gli spettatori provassero sulla loro pelle il freddo patito in

inverno da chi è senza casa.

L’ambiente del grande schermo, se sfruttato adeguatamente, può offrire occasioni di

contatto uniche, ad alto contenuto esperienziale.

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Nella definizione della strategia media e nella successiva allocazione del budget tra

TV e cinema, le aziende si trovano di fonte ad un trade-off. L’investimento sul mezzo

televisivo comporta un rischio più alto di dispersione del messaggio, perché la

vendita degli spazi avviene spesso nella forma di pacchetti di posizioni distribuite

lungo tutto il palinsesto. La non coincidenza tra tipologia di spettatori esposti e target

del messaggio è più frequente sul mezzo TV che sul cinema. Lo screen advertising,

infatti, si rivolge a un profilo più omogeneo di audience. Secondariamente, da

quando è avvenuto il passaggio al digitale, le concessionarie cinematografiche

offrono agli investitori la possibilità di comunicare in modo più mirato a determinati

target, ad esempio permettendo di abbinare uno spot a un genere cinematografico o

a un titolo specifico.

Fare pubblicità al cinema permette di raggiungere target interessanti. Il pubblico

abituale è, in maggioranza, giovane, urbano e tecnologico, con un reddito medio e un

titolo di studio medio - alto. Si tratta di una fascia di popolazione poco recettiva

all’advertising televisivo e più orientata sul mezzo Internet. Accanto a questo profilo,

che si colloca sulla grande Mappa Eurisko tra l’area giovanile e l’élite, gli over 65

(area marginale) rappresentano una percentuale consistente, circa il 15%,

dell’audience cinematografica.

1.3. I fattori critici Nonostante queste premesse, il medium cinema riesce ad assorbire una percentuale

molto piccola del media spending delle aziende. Per comprenderne le ragioni, è

opportuno, ancora una volta, confrontare il cinema con la televisione, il mezzo più

affine, e con Internet, l’unico che attualmente raccoglie investimenti in crescita.

Osservando la capacità di copertura dei due media, ossia il numero di persone

appartenenti al target raggiungibili dalla campagna pubblicitaria almeno una volta in

un dato orizzonte temporale, la differenza è abissale.

A fini esemplificativi, basti considerare i dati raccolti da Audimovie per il ciclo di

giugno 2013. La ricerca ha rilevato poco meno di cinque milioni di presenze mensili

sul totale degli schermi italiani (3296), corrispondenti a circa 350 - 500 presenze

settimanali per schermo. Le reti Rai accumulano in media dieci milioni di spettatori in

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una sola serata, mentre un banner sull’homepage di Repubblica.it è visualizzato ogni

giorno da quasi un milione e mezzo di utenti unici. Pertanto, anche se il prezzo di

trenta secondi sul grande schermo è relativamente basso, il costo per mille (CPM),

ossia il costo che l’investitore deve sostenere perché il messaggio promozionale

raggiunga mille persone, è altissimo.

Benché garantisca una più bassa dispersione del messaggio rispetto alla TV, lo

screen advertising comunica a un’audience ridotta e non quantificabile con

precisione.

Per quanto riguarda il primo aspetto, è importante ricordare che le sale

cinematografiche tendono a riempirsi soltanto nei fine settimana, soprattutto in

concomitanza di nuove uscite. Le proiezioni infrasettimanali, al contrario, vedono

intere file di poltrone vuote. Gli investitori pertanto pagano, ad esempio, il prezzo per

180 contatti - che è la capacità di una sala cinematografica di medie dimensioni –

quando lo spot, effettivamente, ne raggiunge meno di metà.

Questa considerazione non è tuttavia sufficiente a spiegare le difficoltà di

ottimizzazione dell’investimento pubblicitario sul cinema. Lo screen advertising non

può dare certezze sul numero di spettatori esposti alle campagne pubblicitarie,

perché non tutti i fruitori del mezzo entrano in sala prima dell’inizio della proiezione

del film. La pubblicità al cinema è, nel concreto, evitabile, per cui gli investitori non

possono fare altro che sperare in un pubblico che non solo arriva al cinema in

anticipo, ma che è anche disposto a entrare in sala.

Il legame tra l’anticipo e la volontà di accomodarsi subito in sala non è immediato: i

multiplex, ad esempio, offrono numerose possibilità a chi arriva troppo presto

(acquisti al bar, intrattenimento con i videogiochi, terrazze per fumatori).

Negli ultimi anni, gli esercenti hanno impiegato alcune tattiche per cercare di indurre

negli spettatori determinati comportamenti.

La prima, la più evidente e sicuramente la più discussa, è stata quella di comunicare

sul sito web del cinema, sulle brochure di programmazione e sui biglietti stessi un

orario di proiezione comprensivo del break pubblicitario (che può durare dai nove ai

venticinque minuti). Delucidazioni sull’orario effettivo d’inizio del film sono apposte a

margine di alcuni biglietti, o semplicemente comunicate su cartelli – non molto visibili

– sistemati del foyer.

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Il sistema descritto ha, in un primo momento, portato più pubblico in sala durante il

break pubblicitario.

Tuttavia, superata la fase iniziale di disorientamento, molti spettatori sembrano aver

reagito alla nuova norma e, consapevoli del meccanismo un po’ subdolo di base,

hanno iniziato a presentarsi al cinema venti minuti dopo l’orario stampato sul biglietto.

Secondariamente, quasi tutte le sale hanno cominciato a proiettare spot al buio,

almeno per la seconda metà del break, con la promessa di rendere più filmico e

impattante lo screen advertising. La scelta, dettata dall’esigenza di potenziare

l’attrattività del medium agli occhi delle aziende, ha avuto un’altra conseguenza. A

luci spente, infatti, è più difficile per gli spettatori trovare il posto assegnato e

muoversi tra le poltrone. Per evitare l’inconveniente, una parte del pubblico

preferisce anticipare l’ingresso in sala e godere, quindi, dei minuti di pubblicità.

I meccanismi descritti hanno certamente scardinato le prassi che regolavano lo

screen advertising fino a metà anni duemila, quando gli spot, proiettati a luci accese,

erano l’unica alternativa allo schermo spento per quegli spettatori che arrivavano al

cinema prima dell’ inizio del film.

Nell’incertezza del risultato di queste tattiche nel lungo termine, solo alcune

concessionarie e alcuni esercenti si stanno orientando a migliorare la qualità dei

break pubblicitari, perché possano davvero diventare occasioni d’intrattenimento.

Unicamente in questo modo è possibile abituare e fidelizzare l’audience allo screen

advertising, quindi garantire contatti agli investitori.

Gli sforzi fatti fino ad oggi, in questo senso, sono stati minimi. Sebbene con la

digitalizzazione degli schermi la qualità degli spot emessi sia nettamente migliorata, il

format del blocco pubblicitario che precede i film rimane rudimentale in molte realtà.

In molte sale, lo screen advertising non è ancora articolato in una forma riconoscibile

e gradevole. Molti break pubblicitari presentano evidenti disomogeneità interne,

perché lo spazio pubblicitario è riempito da un’accozzaglia di spot e trailer, spesso

intervallati da “vuoti” di schermo nero. L’assenza di un qualsiasi rigore logico e la

scarsa cura estetica continuano ad allontanare aziende e pubblico.

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2. L’ANALISI DEL SETTORE ITALIANO

Il presente capitolo è dedicato all’evoluzione del settore nell’ultimo decennio e segue

uno sviluppo scandito da tre momenti: l’era della tecnologia analogica, l’innovazione

digitale e la crisi economica. L’analisi muove da un confronto parallelo tra la dinamica

degli investimenti per l’intero mercato pubblicitario (Figura 2) e l’andamento dei valori

di spesa sul singolo medium cinema (Figura 3), anno per anno. Uno sguardo

dettagliato sulla situazione attuale per il ciclo Gennaio- Maggio 2013 (Figure 4 e 5)

conclude la sezione dell’elaborato.

Figura 2. Andamento degli investimenti pubblicitari per il decennio 2002-2012 (valori in migliaia di euro)

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Figura 3. Andamento degli investimenti pubblicitari sul medium cinema per il decennio 2002-2012 (valori in migliaia di euro)

2.1. Le dinamiche del settore tra il 2004 e i 2008 Fino al 2004, la pubblicità sul grande schermo ha rappresentato circa l’1% del media

spending totale e, dalla metà degli anni ottanta, gli investimenti destinati al medium in

oggetto sono stati in crescita costante. L’anno 2005 ha segnato un momento di

discontinuità, con un calo della spesa sul mezzo cinema dell’8,3% in un mercato

pubblicitario che invece, nel suo complesso, registrava una variazione annuale

positiva intorno al 2%. Nei due anni successivi si è ripetuto lo stesso trend, sintomo

di un progressivo allontanamento degli investitori dallo screen advertising.

A rendere poco attrattivo il mezzo cinema verso la metà degli anni 2000 è stata una

combinazione di fattori riconducibili tanto a caratteristiche intrinseche del medium di

allora quanto a cambiamenti in atto sull’intero mercato pubblicitario. Per quanto

riguarda le prime, ci riferiamo a:

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- costo e rigidità della pianificazione media. Il cinema era tra i mezzi meno flessibili

che componevano il media planning delle aziende. Per passare uno spot nelle

sale cinematografiche era necessaria, prima di tutto, la conversione del filmato in

pellicola 35 mm, il formato standard per la proiezione di fotogrammi sugli schermi

tradizionali. La scelta dello screen advertising era pertanto onerosa per gli

investitori se si considera che, oltre al costo di produzione della campagna

pubblicitaria, bisognava stampare le copie di ogni spot e inviare le classiche

“pizze” a ogni singolo cinema. Si trattava, il più delle volte, di un’incombenza

della concessionaria, che comunque ne riversava il costo sulle aziende clienti. Il

processo di conversione di formato e di consegna dei filmati, inoltre, dilatava

significativamente l’intervallo di tempo tra la definizione del media mix e

l’emissione dello spot sugli schermi. Tipicamente, senza contare i tempi per la

stampa di tutte le copie, uno spot pubblicitario andava on screen un mese dopo

la consegna agli esercenti della pellicola su cui era stato impresso. Tale sistema

congelava la pianificazione media per il mezzo cinema, impedendo di apportare

cambiamenti alla campagna una volta che questa fosse stata definita.

- impossibilità di comunicare a target selezionati. Gli investitori erano obbligati ad

acquistare lo spazio pubblicitario di tutte le sale entro il circuito cinematografico

presidiato dalla concessionaria di riferimento, senza la possibilità di abbinare il

proprio spot pubblicitario a un determinato film o di optare per qualsiasi altra

forma di personalizzazione dell’investimento.

- assenza di sistemi di rilevazione e monitoraggio affidabili. A metà degli anni

2000 e soltanto fino ai tempi più recenti, il settore cinematografico utilizzava

sistemi poco trasparenti di rilevazione delle presenze in sala. Prima della nascita

della società Audimovie (2007) con il compito di attuare un lavoro imparziale e

sistematico di raccolta dati, le rilevazioni erano in genere autocondotte dagli

esercenti – i rilevati stessi - che fornivano risultati spesso distorti. Per gli

investitori era pertanto difficile stimare la reach plausibile di un messaggio

pubblicitario proiettato in sala. Oltre al fatto che i numeri divulgati dai circuiti

cinematografici non dessero affidabilità alcuna, era - e lo è ancora - impossibile

rilevare il numero esatto di contatti raggiunti da uno spot al cinema. E’, infatti,

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com’è stato già chiarito, a totale discrezione dello spettatore scegliere se entrare

o no in sala prima dell’inizio del film.

In aggiunta, l’assenza di qualsiasi forma di certificazione delle campagne emesse

imponeva alle aziende che investivano sul mezzo - o alle agenzie media per loro

tramite – l’invio in loco di ispettori, che chiaramente rappresentava un costo

aggiuntivo.

La promessa di spettacolarità restava quindi l’unico elemento davvero accattivante

dello screen advertising. Tuttavia, poche concessionarie erano attente a controllare

gli esercenti sulla qualità di proiezione delle campagne pubblicitarie, spesso

compromessa dalle luci accese, da un volume altalenante e dalla deformazione

delle proporzioni dei filmati.

Gli inconvenienti citati hanno spinto le aziende a guardare altrove e, nello specifico,

ad investire meno sul mezzo cinema e più su internet, medium in ascesa. Nel 2005

gli investimenti sull’online registravano un aumento del 18% rispetto al 2004, una

variazione andata per buona parte a detrimento del mezzo cinema (- 8,3%). Un dato

preoccupante, giacché gli altri media tradizionali chiudevano l’anno a cifre positive.

L’online sopperiva a molte delle mancanze dello screen advertising, dando la

possibilità di lanciare a costi contenuti, con grande flessibilità e tracciabilità,

campagne indirizzate a target specifici. Internet si imponeva come soluzione di

investimento più appetibile di molti media tradizionali, specialmente con riferimento a

un medium rigido, costoso e difficilmente monitorabile com’era il cinema a metà

dello scorso decennio. La crescita del 10% dell’intero mercato pubblicitario nel 2008

è interamente riconducibile allo spostamento della maggior parte degli investimenti

sull’online. Le spese sul mezzo cinema, nello stesso anno, registravano una

contrazione del 16,4%. L’anno successivo è terminato per il cinema con una

decrescita meno accentuata (- 4,4%), in una situazione di crisi dell’interno mercato,

segnato dal crollo degli investimenti sulla carta stampata.

2.2. La crescita del 2010: il ruolo della digitalizzazione e del 3D Dopo il rallentamento del declino osservato nel 2009, il 2010 ha chiuso registrando

una forte inversione di tendenza nella dinamica degli investimenti pubblicitari sullo

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screen advertising. A dicembre, la spesa sul medium cinema riportava una

variazione incrementale del +12,12% rispetto all’anno precedente. Il 2010 è stato un

anno positivo per l’intero mercato pubblicitario, rivitalizzato dal rigonfiamento dei

budget in comunicazione delle aziende operanti nei settori della cura della persona

(+14%), dell’alimentare (+13,6%), delle bevande e alcolici (+10,4%) e delle

automobili (+3%); settori che, inoltre, sono tradizionalmente tra i top spenders in

pubblicità sul grande schermo. Tuttavia, un incremento così ragguardevole della

spesa sul mezzo cinema, secondo solo alla crescita degli investimenti su Internet (+

20%), è degno di un’analisi più approfondita. Si tratta, infatti, di un dato molto positivo

per un medium che era stato così poco attrattivo negli anni precedenti.

La ripresa è stata soprattutto conseguente a una rivoluzione che ha interessato

l’intero settore cinematografico a fine anni duemila: la digitalizzazione delle sale. In

reazione alla progressiva diminuzione dei ricavi, le concessionarie maggiori (allora

Opus Proclama, Moviemedia e Sipra) hanno provveduto gradualmente, a partire dai

primi mesi del 2009, all’installazione nelle sale dei loro circuiti di proiettori per la

riproduzione di filmati pubblicitari nel nuovo formato digitale.

Con la nuova tecnologia, si è conclusa l’era della proiezione degli spot su pellicola

35mm e dei costi di produzione, copia e distribuzione ad essa connessi. Grazie al

digitale, agli investitori è richiesto solamente l’invio telematico di un file Digital Audio

Tape (DAT), lo stesso spedito alle concessionarie che gestiscono la pubblicità per il

mezzo televisivo. Accorciando i tempi di consegna del materiale, sì è data

all’inserzionista, o all’agenzia media che opera per lui, l’opportunità di progettare una

pianificazione media che combini efficacemente televisione e cinema. Il vecchio

sistema impediva, infatti, di definire nello stesso momento una campagna

multimediale per un lancio parallelo su entrambi i mezzi. L’intero processo di stampa

e invio delle pizze per lo screen advertising richiedeva, infatti, oltre un mese, mentre

il periodo che intercorre tra la consegna e la proiezione dei materiali per il medium

televisivo è di circa una settimana.

Con l’introduzione del sistema digitale, il medium cinema è diventato elastico. Dalla

fissità della pianificazione mensile valida senza distinzione per la globalità del circuito

e per tutta l’offerta di titoli cinematografici, le aziende hanno iniziato a concludere con

le concessionarie contratti lampo, fino a pochi giorni prima della proiezioni, dai

Page 20: PUBBLICITÀ E CINEMA: EVOLUZIONE E PROSPETTIVE di ELISA MERLO

  19  

contenuti altamente personalizzati. La vendita di spazi pubblicitari confezionati su

misura degli inserzionisti ha permesso di limitare la dispersione del messaggio

tramite la selezione dell’audience più recettiva, caso per caso. Nel concreto, la nuova

flessibilità ha permesso ai clienti delle concessionarie di proiettare le proprie

campagne nelle sale di località geografiche selezionate e di accostarle a determinati

generi o, addirittura, a specifici titoli cinematografici.

Anche le concessionarie minori, che gestiscono la vendita di spazi con gli

inserzionisti locali, hanno beneficiato dell’installazione dei proiettori digitali da parte di

Opus, Sipra e Moviemedia. Il 2010 ha segnato l’inizio dell’abbandono del formato

che, tradizionalmente, ha contraddistinto la pubblicità locale al cinema: la diapositiva,

spesso nella variante della diapofilm (un’immagine fissa filmata e impressa sulla

pellicola 35mm). Tali concessionarie, che nella maggior parte dei casi si occupano

anche della realizzazione degli spot per i clienti, hanno riplasmato la propria offerta

orientandosi sui filmati in digitale. Il medium cinema ha raccolto nuovi investimenti,

perciò, anche grazie agli inserzionisti locali, richiamati da un nuovo modo di fare

pubblicità più flessibile, meno costoso e indubbiamente più coinvolgente della statica

diapositiva, che annienta le migliori potenzialità del grande schermo.

Il rinnovamento nell’ambito dello screen advertising è avvenuto in contemporanea

delle prime installazioni, da parte degli esercenti, di proiettori per la visione di film in

3D (validi anche per l’emissione di spot in 2D). Il trend del cinema tridimensionale –

che, di fatto, utilizza una tecnologia conosciuta fin dagli anni cinquanta - è stato

ripreso dalle major americane nel tentativo di arginare il fenomeno della pirateria e,

conseguentemente, di riportare audience nelle sale. L’uscita in Italia dei primi titoli in

3D nell’ultimo trimestre del 2009 (Up, L’era Glaciale e A Christmas Carol) ha attirato

circa tre milioni di spettatori in più rispetto al 2008. L’effetto dirompente del 3D sulle

presenze in sala si è verificato tuttavia a inizio 2010, con l’uscita del grande successo

commerciale Avatar. Dal lato dell’investimento pubblicitario, tra gennaio, in

corrispondenza dell’arrivo di Avatar, e fine marzo, segnato dal successo al

botteghino del film 3D Alice in Wonderland, il cinema ha avuto una crescita del 32%.

Il picco d’investimenti è stato quindi il risultato della situazione favorevole in cui si è

trovato il settore cinematografico, animato da due novità, la digitalizzazione e il 3D,

che hanno riacceso la curiosità nel mercato pubblicitario. Molte aziende hanno

Page 21: PUBBLICITÀ E CINEMA: EVOLUZIONE E PROSPETTIVE di ELISA MERLO

  20  

approfittato delle nuove opportunità di abbinamento degli spot a titoli cinematografici

molto attesi, che sembravano promettere grandi affluenze incoraggiate dal fenomeno

del 3D. La crescita del medium per il 2010 ha seguito l’incremento del numero di

biglietti staccati (oltre il +10% a fine 2010).

2.3. La crisi e l’uscita dal mercato del leader La ripresa del medium cinema è stata rapida ma transitoria. La crisi economica ha

imposto tagli consistenti ai budget in comunicazione delle aziende, e, a fine 2011, il

grande schermo ha registrato un calo dei ricavi pubblicitari pari al 25,5%. La brusca

caduta è stata prova del fatto che digitalizzazione e tecnologia 3D, per quanto

potessero sembrare i segnali di prospettive migliori per lo screen advertising, non

sono state capaci di assorbire l’urto della crisi sull’intero mercato pubblicitario.

Nel dicembre 2011, la messa in liquidazione della concessionaria Opus ha reso

manifeste le grandi difficoltà del mezzo cinema. Nata negli anni cinquanta e pioniera

del processo di digitalizzazione nelle sale italiane, Opus gestiva oltre seicento

schermi su tutto il territorio nazionale. In particolare, aveva in concessione i maggiori

circuiti di multiplex, The Space Cinema e UCI Cinemas, che insieme raccolgono circa

il 40% degli spettatori totali. Rispetto alle due contendenti – Sipra e Moviemedia -

con cui si spartiva il mercato, Opus vantava quindi le cifre più alte di presenze per

schermo.

Attraverso un contratto di concessione annuale, Opus commerciava spazi pubblicitari

per conto di The Space e UCI, corrispondendo a questi circa dieci milioni di euro di

minimo garantito (dati UCI), qualsiasi fossero i ricavi effettivi di vendita. Nel rapporto

economico tra concedente e concessionaria, potevano inoltre aggiungersi clausole

che definivano riaggiustamenti del minimo garantito sulla base degli spettatori

registrati nelle sale. Il rischio sostenuto da Opus era pertanto piuttosto alto, per la

forte dipendenza della concessionaria dalle dinamiche del mercato pubblicitario e

dall’andamento dell’audience cinematografica.

A pesare sul fallimento di Opus non sono stati tanto i numeri di audience,

complessivamente in lieve flessione nel 2011, quanto la forte contrazione della

raccolta pubblicitaria. Il fatturato di Opus, che si stima fosse inferiore ai venti milioni

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  21  

di euro nel mese di dicembre, non era sufficiente alla copertura dei minimi garantiti

spettanti alle due catene di Multiplex. UCI Cinemas, per assicurare la continuità del

servizio agli investitori, ha colmato immediatamente il vuoto lasciato da Opus con il

lancio di International Cinema Media UCI, concessionaria interna totalmente

controllata da UCI Italia. Per quanto riguarda The Space Cinema, il circuito si è

affidato alla concessionaria Visibilia da febbraio a dicembre 2012. Dal 2013, la

concessionaria di riferimento è PRS, precedentemente attiva sui media Radio e TV.

Il 2012 è stato un anno di passaggio per il settore dell’advertising sul grande

schermo, sconvolto dal fallimento di Opus e dall’aggravamento della crisi economica

italiana. I ricavi sul mezzo cinema hanno registrato minimi storici, con investimenti

inferiori ai quaranta milioni di euro.

2.4. La situazione attuale Figura 4. Andamento degli investimenti pubblicitari nel 2013 – mese per mese (valori in migliaia di euro)

Page 23: PUBBLICITÀ E CINEMA: EVOLUZIONE E PROSPETTIVE di ELISA MERLO

  22  

Figura 5. Andamento degli investimenti pubblicitari sul medium cinema nel 2013-

mese per mese (valori in migliaia di euro)

Benché nel mese di gennaio 2013 gli investimenti pubblicitari sul totale dei media

abbiano registrato una variazione del -15,4% rispetto a gennaio 2012, il mezzo

cinema è andato in controtendenza con un incremento degli investimenti del 28,6%.

La variazione positiva è attribuibile al lancio sul grande schermo di nuove campagne

pubblicitarie da parte di alcune aziende automobilistiche, Fiat in primis con due nuovi

filmati per il modello Fiat Panda, e alla proiezione nelle sale di spot elettorali in vista

delle elezioni politiche.

Il mese di febbraio ha segnato invece un brusco calo degli investimenti sul mezzo

cinema con una variazione del -18,7% rispetto al 2012. Il risultato è in perfetta

tendenza con quelli rilevati per gli altri mezzi. Nel mese di marzo è continuato il trend

negativo, con valori del - 43,6% per il cinema e del – 22,6% per il totale del mercato.

I valori di febbraio e marzo, tanto sul mezzo cinema quanto sul settore della

comunicazione nel suo complesso, sono il riflesso del restringimento dei budget in

pubblicità delle aziende di molti settori (alimentari, automobili, abbigliamento,

telecomunicazioni e farmaceutici).

Page 24: PUBBLICITÀ E CINEMA: EVOLUZIONE E PROSPETTIVE di ELISA MERLO

  23  

Il mese di aprile ha invece segnato un lieve rallentamento del declino con un

riassestamento della flessione del cinema al valore del - 20%, più vicino a quello di

febbraio. È opportuno sottolineare che, in una congiuntura economica sfavorevole

come quella attuale, i dati rilevati da Nielsen per la pubblicità nella sala

cinematografica sembrano seguire l’andamento negativo degli investimenti su tutti i

media, senza particolari scostamenti: ad aprile, ad esempio, la TV ha registrato un

calo del 19%.

Una crescita degli investimenti in screen advertising, seppur contenuti, ha interessato

il mese di maggio. La raccolta pubblicitaria sul mezzo ha ricevuto uno stimolo dalle

attese di crescita dell’audience cinematografica in vista della Festa del Cinema.

Effettivamente l’evento, che ha offerto ingressi nelle sale a prezzo ridotto (3 euro per

gli spettacoli 2D e 5 euro per i 3D) nella settimana dal 9 al 16 maggio, ha generato

un incremento degli spettatori del 66%.

La situazione della pubblicità al cinema nel prossimo futuro è incerta: la crisi

economica ha infatti neutralizzato rapidamente l’esplosione dei ricavi del 2010, che

sembravano indicativi di una nuova crescita al mezzo, dopo anni di declino.

L’andamento altalenante della raccolta pubblicitaria del 2013 non permette di fare

considerazioni plausibili. Le stime elaborate da Nielsen prevedono una chiusura

d’anno al valore del -10,8% per l’intero mercato pubblicitario, alla luce del

rallentamento della flessione negli ultimi mesi e in previsione del consueto aumento

della raccolta di pubblicità a novembre e a dicembre.

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  24  

3. LE CONCESSIONARIE DEI CIRCUITI MAGGIORI E I LORO SERVIZI 3.1. Un inquadramento generale Moviemedia, Rai Pubblicità, International Cinemamedia UCI e PRS, aderenti alla

società Audimovie, hanno in gestione la raccolta pubblicitaria della maggior parte

delle strutture cinematografiche in Italia. Considerate complessivamente, le quattro

concessionarie si spartiscono la vendita degli spazi su 2170 schermi:

• Moviemedia, presente in tutte le regioni italiane, è leader di mercato con 913

sale, per lo più appartenenti a multiplex (soltanto il 4% degli schermi si

riferisce a cinema monosala);

• Rai Pubblicità conta 514 schermi, con una forte presenza in Italia centrale

(34%) e nel Nord Ovest (30%). Ha in gestione strutture multischermo e molte

delle sale storiche di Milano, Torino e Roma;

• International Cinemamedia UCI (ICU) gestisce la pubblicità di 37 multiplex

UCI, presenti soprattutto in Lombardia, Marche e Piemonte, per un totale di

384 schermi;

• PRS presiede totalmente il circuito The Space Cinema (359 sale, la maggior

parte nel Nord Italia).

Figura 6. Quote di mercato per concessionaria in base al numero di sale (2170)

Fonte: Elaborazione propria su dati delle concessionarie

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  25  

A Luglio 2013, circa l’80% degli schermi è digitalizzato, tanto per la proiezione di film

quanto per la trasmissione di spot pubblicitari. I cinema ancora legati alla vecchia

tecnologia rientrano totalmente nei circuiti di Moviemedia e di Rai Pubblicità, poiché

UCI e The Space Cinema hanno completato il processo di digitalizzazione.

Moviemedia, PRS e UCI affidano a concessionarie minori la vendita degli spazi

destinati agli inserzionisti locali; Rai Pubblicità, invece, la gestisce internamente. Per

quanto riguarda le tipologie di accordo con le sale presidiate, escludendo il caso di

ICU per l’atipicità del rapporto con il controllante UCI, le concessionarie comprano

dai cinema in media 10-15 minuti di break pubblicitario e corrispondono ai singoli

esercenti percentuali sui ricavi. Queste possono essere calcolate frazionando gli

introiti per il numero delle strutture cinematografiche del circuito, con aggiustamenti

in base all’audience (è il caso di Moviemedia), oppure sul numero di spettatori (Rai

Pubblicità). Negli ultimi tre anni, in seguito alla rivoluzione digitale, le concessionarie

hanno ristrutturato l’impaginazione dei break pubblicitari in loro gestione (figure 7, 8,

9 e 10), abbandonando il sistema basato esclusivamente sulla vendita di tabellari

indifferenziate e arricchendo la propria offerta con prodotti personalizzati.

Figura 7. Impaginazione pubblicitaria di Moviemedia (durata: 15 minuti)

Fonte: politica commerciale 2013 di Moviemedia

Figura 8. Impaginazione pubblicitaria di Rai Pubblicità (durata: 9 minuti)

Fonte: politica commerciale 2013 di Rai Pubblicità

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  26  

Figura 9. Impaginazione pubblicitaria di International Cinemamedia UCI (durata: 25

minuti)

Fonte: politica commerciale 2013 di International Cinemamedia UCI

Figura 10. Impaginazione pubblicitaria di PRS (durata: 11 minuti)

Osservando la strutturazione dei format curati da Moviemedia, Rai Pubblicità, ICU e

PRS emergono alcune scelte condivise, quali la collocazione della pubblicità locale

(o framescreen) in prima posizione e l’alternanza di spot commerciali ai trailer

cinematografici (ad eccezione di PRS, che colloca le pubblicità dei film in un unico

modulo dedicato). Per quanto riguarda i trailer, è opportuno precisare che la loro

negoziazione non è di competenza delle concessionarie, ma degli esercenti, nel

momento in cui definiscono gli accordi di distribuzione dei prodotti cinematografici

con le majors. Nelle impaginazioni pubblicitarie delle tre concessionarie sono

riconoscibili, inoltre, alcune tipologie di prodotto comuni:

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  27  

- tabellare indifferenziata inserita in una sezione specifica: Pubblicità Nazionale

(Moviemedia), Break Trailer (Rai Pubblicità), CinEmotion (UCI) e Break Tabellare

(PRS). Gli spazi pubblicitari degli spot sono venduti a moduli settimanali (ICU,

Rai Pubblicità e PRS) o mensili (Moviemedia) con la possibilità di acquisto di

singole sale e di programmazione di campagne geo referenziate. Non è prevista

per il cliente – almeno formalmente – la possibilità di scegliere la posizione dello

spot entro il blocco pubblicitario di riferimento;

- modulo bisettimanale Segui il Film: il filmato è mostrato soltanto all’interno del

break pubblicitario che precede la proiezione di determinati titoli, a scelta

dell’inserzionista. Consente una comunicazione mirata, perché basata sulla

ricerca di una coincidenza tra spettatori di determinati film e acquirenti di certi

beni di consumo. Segui il Film vuole essere, inoltre, il prodotto privilegiato da

quei clienti che intendono potenziare l’efficacia delle attività di product placement.

Un caso recente è quello del marchio Omega, che ha creato un orologio in

edizione limitata indossato dal personaggio di James Bond nell’ultimo film di 007,

Skyfall. Con Segui il Film, Omega ha intercettato l’attenzione dell’audience sul

prodotto ancora prima dell’inizio dello spettacolo, con la proiezione di uno spot

soltanto nelle sale in cui Skyfall era in programmazione.

ICU, sfruttando la piattaforma web della catena UCI, offre un pacchetto cross-

media che prevede, oltre allo screen, il posizionamento di un banner sulla

scheda film dedicata al titolo scelto.

Dal 2013, le concessionarie, con ICU pioniera, hanno introdotto per Segui il Film

il sistema dell’ audience garantita: il modulo è venduto fornendo una stima dei

contatti raggiungibili, sulla base degli spettatori previsti nelle due settimane di

flight. Se durante la campagna l’audience effettiva è inferiore alla stima, è

prevista una proroga della proiezione dello spot fino al raggiungimento dei

contatti promessi;

- spot in ultima posizione: Golden spot (Moviemedia), Top spot (Rai Pubblicità),

Super spot (ICU) e Superspot (PRS). L’ultima posizione commerciale è venduta

a modulo bisettimanale ed è, in genere, preceduta da sigla. Da un’analisi dei

listini prezzi delle concessionarie, l’ultimo spot è un prodotto piuttosto costoso

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  28  

(tra i 2000 e i 4000 euro a schermo per 14 giorni), in quanto garantisce

l’audience più numerosa.

Il portafoglio di servizi proposti dalle concessionarie comprende anche molteplici

attività below the line, spesso complementari alla pubblicità sul grande schermo in

un’ottica di comunicazione integrata. Le soluzioni below the line sfruttano l’intero

ambiente cinematografico nella forma di affissioni, cartonati, corner ed esposizioni (di

cui il settore automobilistico è investitore frequente), sampling per la prova di prodotti,

floor graphic e sistemi touch screen (totem).

Esaminate le caratteristiche trasversali alle singole concessionarie ed evidenziati gli

elementi comuni d’offerta, saranno ora messi in luce le peculiarità dei businesses di

Moviemedia, Rai Pubblicità, International Cinemamedia UCI e PRS.

3.2. Moviemedia La concessionaria Moviemedia è stata protagonista di una scalata nel campo della

pubblicità cinematografica, che l’ha portata, da start up che era a fine 2006, a leader

di mercato per numero di schermi gestiti. Moviemedia si è imposta in una situazione

piuttosto turbolenta in cui versava il settore cinematografico a fine anni 2000, tanto

dal lato degli attori pubblicitari quanto dal lato degli esercenti. Nel 2007 la

concessionaria ha trovato il suo primo partner nel circuito Warner Village Cinema,

che aveva sperimentato per qualche mese una forma di autogestione della vendita

pubblicitaria, a seguito dell’uscita dal mercato della concessionaria di riferimento

(Publikompass). Forte della notorietà della catena Warner, Moviemedia ha raccolto

nel corso degli anni il bacino pubblicitario di molti multisala cittadini e di multiplex in

tutta Italia. Dal 2010 Moviemedia non è più concessionaria di riferimento per Warner

Village Cinema, che ha concorso, insieme al circuito Medusa Multisala, alla nascita

di The Space Cinema (di proprietà di Mediaset e Benetton).

Fino a fine 2011, Moviemedia ha progressivamente eroso le quote di mercato di

Opus, sempre più concentrata sulla gestione pubblicitaria dei colossi UCI e The

Space, e di Sipra: dal 2009 al 2011 gli schermi di competenza sono aumentati del

42%.

Negli ultimi due anni, Moviemedia si è affermata come prima concessionaria

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  29  

multimediale per l’entertainment cinematografico: oltre a gestire la vendita degli spazi

screen, cura la raccolta pubblicitaria dell’emittente televisiva Coming Soon TV, del

canale Radio Cinema, dei siti web dedicati alle strutture del circuito e di una rosa di

magazine online di approfondimento. Vendendo pacchetti personalizzabili che

connettano i mezzi internet, TV, grande schermo a proposte below the line, la

concessionaria offre al cliente canali di contatto che s’inseriscono nell’intera

evoluzione dell’esperienza cinematografica, dal processo d’informazione e scelta del

titolo, fino all’uscita dalla sala.

Da ottobre 2012, Moviemedia ha inserito nella propria politica commerciale il sotto

circuito Luxury, che riunisce alcune sale storiche dei centri cittadini e che è pensato

per investitori operanti nel settore dell’alta gamma. Luxury amalgama le

caratteristiche del modulo a target con alcuni elementi dell’ iniziativa speciale,

confezionata per le singole aziende clienti. L’offerta permette ai clienti di acquistare

interamente un break pubblicitario di otto minuti, che anticipa la proiezione di film

idonei a intercettare un’audience precisa: adulta, elitaria, ad alto reddito e che

predilige il cinema d’autore. Per la stagione autunnale 2013, ad esempio, l’iniziativa è

abbinata alle nuove uscite filmiche di Luc Besson, Woody Allen e Roman Polanski.

La concessionaria offre in esclusiva una comunicazione monobrand, con una spinta

all’integrazione della pubblicità screen con soluzioni below the line in sala

(distribuzione di sample, esposizioni, coprisedili).

3.3. Rai Pubblicità Rai Pubblicità, attiva dagli anni venti del secolo scorso e conosciuta come Sipra fino

a fine maggio 2013, è la concessionaria pubblicitaria del gruppo Rai. La società, oltre

ad avere in gestione i canali televisivi, le stazioni radio, il mobile e i siti web Rai, ha

nel suo portafoglio oltre cinquecento schermi cinematografici. Nonostante l’ampiezza

del circuito, il cinema contribuisce minimamente all’indotto totale della concessionaria.

Con un presidio multicanale, Rai Pubblicità è volta al commercio di spazi cross-

media, con cinema, web e radio subordinati al più lucroso mezzo televisivo. A questo

proposito, con particolare riferimento al cinema, ci riferiamo a quanto scritto a

proposito di Rai Pubblicità nel capitolo 1. Pur vendendo un break pubblicitario breve

(nove minuti) e non particolarmente articolato nella sua strutturazione, Rai Pubblicità

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  30  

si distingue dai competitors per alcune esclusive: i framescreen, i moduli per genere

cinematografico e l’offerta estiva.

Rai Pubblicità è l’unica concessionaria maggiore a regolare direttamente i contatti

con i piccoli inserzionisti locali. In quest’area di business, Rai Pubblicità fornisce

anche un servizio di realizzazione di spot a prezzi contenuti (circa 500 euro). I filmati

pubblicitari (framescreen), montati come sequenze di immagini fisse legate da effetti

di transizione, ripropongono, in formato digitale, l’impatto visivo tipico delle

diapositive tradizionali.

La concessionaria propone, in alternativa al prodotto Segui il Film, l’acquisto di

moduli settimanali a target, che permettono l'accostamento della campagna a film

riconducibili a un genere cinematografico specifico (Family and Kids, Action,

Romantic, Cinema d’autore, Italian’s), quindi a target ben identificabili dal punto di

vista socio – demografico.

Summer special è un prodotto esclusivo di Rai Pubblicità, con cui la concessionaria

tenta di trovare una soluzione al vuoto di domanda di spazi pubblicitari nella stagione

estiva. Infatti, se negli Stati Uniti i mesi estivi registrano picchi di affluenza al cinema

– al punto che luglio, al pari di novembre, è il mese prescelto per l’uscita di molti

blockbusters – nelle estati italiane il numero di spettatori cinematografici è più che

dimezzato. Diminuiscono, per diretta conseguenza, le aziende interessate ad inserire

il cinema nel proprio media plan, a conferma della forte stagionalità degli investimenti

sul mezzo. Summer Special, con un modulo a dodici settimane, consiste

nell’acquisto di pubblicità tabellare su un circuito di sessantaquattro arene

cinematografiche, ossia i cinema all’aperto, situate in località marittime e in città

d’arte italiane.

3.4. International Cinemamedia UCI (ICU) 2 In seguito al fallimento di Opus, UCI ha deciso di costituire una concessionaria

pubblicitaria interna, International Cinemamedia Uci, per garantire agli investitori

pubblicitari la continuità del servizio di emissione. I contenuti degli inserzionisti che si

erano rivolti a Opus sono stati trasferiti sui terminali di UCI, che prima ricevevano

                                                                                                               2  Sulla base di un’intervista gentilmente concessa dal Dottor Giuseppe Rossetto, responsabile di ICU  

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  31  

soltanto i trailer cinematografici. Oggi ICU gestisce la vendita degli spazi di 37

multisala UCI (384 schermi) sui 42 totali (5 multiplex sono affidati a Rai Pubblicità). Il

circuito di riferimento raccoglie circa il 17% degli spettatori totali.

La scelta di UCI di non affidarsi nuovamente ad esterni è stata dettata dall’esigenza

di evitare l’interruzione operativa del servizio che la ricerca di una nuova

concessionaria avrebbe necessariamente comportato. Secondariamente, Terrafirma

Capital Partners, la holding inglese proprietaria dei circuiti UCI in Europa, aveva già

sperimentato la soluzione della concessionaria in seno alla catena in altri paesi

europei.

La vendita di spazi per tramite di una concessionaria interna permette a UCI di

abbattere le spese di intermediazione e di controllare direttamente i ricavi pubblicitari,

senza esporsi al rischio di credito nei confronti di un attore esterno. Inoltre, la

coincidenza sostanziale – non formale – di concessionaria ed esercente facilita

l’accertamento degli standard qualitativi di emissione degli spot. Chiaramente, una

scelta come quella fatta da UCI (e da Warner Village a suo tempo) è realistica

soltanto per circuiti di grandi dimensioni: un cinema monosala non ha le risorse né la

forza contrattuale per attivare un progetto simile.

Nel tentativo di arginare il brusco calo degli investimenti sul medium, ICU persegue

una strategia orientata all’ottimizzazione del pre show in termini di estetica del format

pubblicitario. La logica di fondo è quella di offrire agli spettatori uno spazio che abbia

lo stesso percepito dell’esperienza cinematografica: uno spettacolo prima dello

spettacolo, proiettato a luci spente anche se a un volume leggermente più basso.

Nell’ormai diffusa consapevolezza che l’orario di proiezione comunicato è

comprensivo dei venticinque minuti di pubblicità, per ICU è sembrato essenziale

abituare il pubblico a un format di screen advertising piacevole e identificabile nelle

sue parti. Gli sforzi della concessionaria hanno pertanto riguardato la costruzione di

un format gradevole, che potesse attirare gli spettatori a entrare in sala prima della

proiezione effettiva e che, quindi, fosse più appetibile anche a potenziali investitori.

Quest’attenzione all’elemento estetico si è tradotta primariamente nella

configurazione di un break a scatola piena, che fosse omogeneo, grazie all’uniformità

dei volumi e delle dimensioni dei filmati, e continuo. Il senso di continuità è reso dalla

presenza di brevi clips di transizione, a copertura dei momenti di schermo nero che

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  32  

intervallano la successione degli spot. Questi inserimenti (Mettetevi comodi!, Segui il

Film e Il film sta per cominciare), della durata di cinque secondi, anticipano

all’audience in sala l’evoluzione dei contenuti del break, aumentandone

l’accettazione. Una scelta di questo genere parte da un assunto forte: il pubblico

tende a essere disorientato e infastidito da un blocco di filmati promozionali di cui

non conosce né la scansione né la dilatazione temporale.

Comunicare, abituare e intrattenere sono quindi le leve su cui punta ICU. Per

spingere ulteriormente in questa direzione, nel management della concessionaria c’è

la visione di importare nel format pubblicitario alcuni elementi propri del mezzo

televisivo: l’idea dell’annunciatrice che comunica in anticipo i contenuti, il momento

del quiz e le rubriche tematiche.

In questa ricerca di spettacolarità del pre show, si inserisce la partnership che ICU ha

recentemente stretto con Kawasaki. Nel periodo tra giugno e agosto 2013, gli

schermi del circuito UCI Cinemas hanno trasmesso due spot della durata di circa tre

minuti, prima disponibili solo in rete, dei modelli Z800 e Ninja ZX-6R. Kawasaki ha

potuto elevare ad anteprima assoluta sul grande schermo la proiezione di due

cortometraggi ad alto contenuto creativo e di forte impatto cinematico. I due filmati,

oltre ad essere troppo lunghi e costosi per una presentazione sul mezzo TV,

sarebbero stati poco valorizzati dal piccolo schermo.

Il Disney pre show, dedicato alle nuove uscite della casa di produzione è un

contenuto distintivo del break pubblicitario delle sale UCI. La gestione della

partnership con Disney non è tuttavia di competenza della concessionaria. Il pre

show è, infatti, assimilabile ai trailer cinematografici, il cui inserimento nel break è

negoziato direttamente da UCI Cinemas con le majors.

Un obiettivo di ICU per il 2013 riguarda l’introduzione di un sistema di certificazione

alle aziende investitrici delle campagne emesse. ICU ha intenzione di riprodurre per il

cinemotion un software simile a quello che il circuito UCI utilizza per attestare alle

majors l’effettiva proiezione dei trailer.

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  33  

3.5. PRS PRS, concessionaria dal portafoglio multimediale, da Gennaio 2013 ha inserito nella

propria offerta il mezzo cinema, quando è diventata riferimento per il circuito The

Space Cinemas. In pochi mesi di attività, PRS è riuscita a dare nuova organicità alla

vendita pubblicitaria della catena di multiplex, dopo la breve esperienza della

concessionaria Visibilia, che ha colmato lo stallo di attività conseguente al fallimento

di Opus. Dall’analisi della prima politica commerciale presentata per il primo

semestre del 2013, l’offerta di soluzioni per la pubblicità al cinema è piuttosto basica,

senza elementi esclusivi sia nell’above sia nel below the line. Fa eccezione il

prodotto Premium Spot, uno spazio pubblicitario dedicato ad un unico commercial

che precede la proiezione dei trailer cinematografici. Gestendo, come ICU, un

circuito monobrand, la concessionaria PRS è facilitata nella definizione e nel

controllo della qualità del format pubblicitario, scandito da cornici di apertura e di

chiusura dei vari moduli che compongono il break.

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CONCLUSIONI E PROSPETTIVE PER IL FUTURO

Il medium cinema versa in una situazione di forte instabilità. Nel corso di soli tre anni,

il settore della pubblicità sul grande schermo ha vissuto una rapida ripresa e una

altrettanto fulminea crisi. Il processo di rinnovamento alimentato dalla digitalizzazione

e il record di presenze nelle sale 3D del 2010 lasciavano ben sperare in un rilancio

sostenuto dello screen advertising, rimodellato da radicali cambiamenti e reso più

competitivo sul mercato dei media pubblicitari. Poi, il tracollo degli investimenti in

pubblicità, sintomo della crisi economica, ha avuto effetti catastrofici sul cinema.

E’ complicato definire quanto delle perdite in investimenti sia conseguenza del

peggioramento della situazione economica attuale e quanto, invece, sia il segnale

dello scarso interesse verso un medium che, nonostante le profonde innovazioni

degli ultimi anni, sembra non garantire la migliore ottimizzazione degli investimenti

rispetto ad altri canali di comunicazione.

Ad ogni modo, in vista di una sperabile risoluzione delle difficoltà che persistono sul

mercato pubblicitario in generale, le concessionarie dovrebbero attivarsi per

correggere alcune falle che ancora compromettono i pregi del mezzo cinema.

Come è già stato puntualizzato, il vero punto di forza dello screen advertising è una

spettacolarità che promette efficacia. Il cinema consente alla comunicazione

pubblicitaria di inserirsi in un momento di consumo esperienziale, pertanto è

necessario che lo spot si integri nell’atmosfera della sala senza distonie, e che cerchi,

anzi, di emulare l’ impatto emotivo dato da un film. Lavorare sulla qualità dei format

pubblicitari ed esercitare un controllo capillare sugli esercenti sono essenziali a

questo fine, soprattutto per concessionarie che presiedono circuiti multi brand.

Secondariamente, nonostante vi sia stato un aggiornamento delle politiche

commerciali con un ventaglio di prodotti molto più desiderabile rispetto al periodo pre

- digitale, l’offerta può ancora arricchirsi, perchè esistono occasioni di segmentazione

ancora inespresse. In primis, i listini delle concessionarie tendono a vendere

pacchetti di spazi che non differenziano le proiezioni infrasettimanali da quelle dei

weekend, che registrano audience dissimili in termini sia quantitativi sia qualitativi.

Una considerazione analoga può essere fatta per le diverse tipologie di pubblico

attratte al cinema in differenti orari di programmazione nel corso di una giornata.

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Ancora, concessionarie come Rai Pubblicità e Moviemedia, che gestiscono un

portafoglio di cinema dalle caratteristiche non uniformi, potrebbero offrire occasioni

commerciali diversificate sulla base della tipologia di sale e dei profili degli spettatori

abituali. Per citare un caso, basti pensare che Rai Pubblicità, solo in Lombardia, si

occupa contemporaneamente della raccolta pubblicitaria per sale storiche milanesi

(Anteo, Apollo, Arlecchino tra le tante) e per multiplex (Skyline). Le due categorie

presentano configurazioni architettoniche, programmazioni e audience di riferimento

molto dissimili. Potrebbe pertanto essere utile promuovere la vendita di spazi per

sotto circuiti classificati in base alla tipologia, garantendo agli inserzionisti la

collocazione ottimale dei messaggi promozionali, per limitarne il più possibile la

dispersione. Un primo tentativo in questa direzione è stato fatto da Moviemedia con il

circuito Luxury, di cui si è già discusso. Tuttavia sul mezzo cinema, a causa degli alti

costi per contatto, una targetizzazione troppo raffinata non è una scelta prudente: per

questo, ad esempio, una segmentazione del circuito per tipologia è da considerare

soltanto in alternativa alla geotargetizzazione.

Definiti quali possano essere i margini di miglioramento perseguibili dall’offerta above

the line, è necessario dedicare qualche riflessione sul recente fenomeno del 3D e

all’impatto che questo potrebbe avere sul futuro dello screen advertising. Fare della

proiezione di spot in 3D la punta di diamante dell’offerta commerciale delle

concessionarie non è molto ragionevole nella situazione attuale. Sembra, infatti, che

l’entusiasmo delle aziende per la realizzazione di filmati pubblicitari in 3D da lanciare

sul mezzo cinema si sia spento. I maggiori investimenti raccolti dalle agenzie creative

per il confezionamento di spot stereoscopici hanno avuto concentrazione massima

nel 2010, anno d’oro per il 3D. Sono state Barilla, Fiat, Unieuro, Acer e Disaronno ad

approfittare del rilancio della tecnologia sul grande schermo. Tra il 2011 e il 2013,

pochissime aziende hanno scelto questa soluzione (Bistefani, Caffè Mauro, Enel,

AVIS), per lo più spinte dalla nascita del pacchetto Sky 3D, che ha consentito la

veicolazione dello spot tridimensionale anche sui televisori compatibili. Allo stato

attuale, l’opportunità di fare advertising in 3D non è l’elemento su cui le

concessionarie dovrebbero puntare per stimolare la ripresa degli investimenti sul

medium. Complice la crisi, realizzare uno spot in 3D (con i suoi costi che, seppur in

diminuzione, sono ancora piuttosto sostenuti) non è conveniente agli occhi degli

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investitori. Non lo è ancora di più se si tiene conto che, anche nel caso

dell’advertising in 3D, è emersa la tendenza ad appaiare il mezzo cinema al mezzo

TV. E’ plausibile, quindi, che il trend dell’advertising stereoscopico segua l’evoluzione

delle vendite dei televisori adatti a supportare la tecnologia. A metà 2013, lo scenario

non è positivo: gli schermi della categoria fanno fatica a penetrare tanto il mercato

italiano quanto quello statunitense. Ad oggi, i rari esempi di screen advertising in 3D

restano retaggio dei colossi americani della grande distribuzione, quali Pedigree e

Birds Eye; e si rivolgono, in ogni caso, al pubblico estero.

Per favorire una ripresa del settore, le concessionarie dovrebbero continuare sulla

strada di un rafforzamento del legame tra le iniziative above e below the line.

Pubblicizzare pacchetti all inclusive aiuterebbe a superare il limite più forte connesso

al solo acquisto degli spazi screen, che scoraggia gli investimenti sul mezzo: il

raggiungimento di un’audience poco quantificabile, che non corrisponde al numero di

biglietti staccati. L’allestimento di corner espositivi e di prova dei prodotti, la

distribuzione di sampling e tutte le varietà di affissione coinvolgono, infatti, l’intero

ambiente cinematografico e hanno la capacità di intercettare tutti gli spettatori, prima,

durante l’intervallo e dopo la proiezione dei film. Dalla combinazione studiata di

screen advertising e attività below the line deriva, quindi, un’offerta unica e

competitiva, che solo il mezzo cinema è in grado di proporre.

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BIBLIOGRAFIA E SITOGRAFIA

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Brigida F., Baudi Di Vesme P. e Francia L. (2004), Media e pubblicità in Italia, Franco Angeli Editore, Milano

Chahal M., Blockbuster ads in a digital age, “Marketing week”, 12/6/2012, Vol. 35 edizione 51, pp. 20-21

Leto di Priolo F., Salvemini S. e Timpone A. (2010), La pubblicità sul grande schermo: prospettive di sviluppo e nuove opportunità, Quaderni Ask, Università Commerciale Luigi Bocconi, Milano

Vogel H.L. (2010), Entertainment Industry Economics: A Guide for Financial Analysis, Cambridge University Press; 8 edition

SITOGRAFIA

www.moviemedia.it

www.ucicinemas.it

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www.primaonline.it

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Dati Audimovie, reperibili su:

http://indagine.audimovie.it/Planning.aspx?rpt=1

Ricerche Audimovie, reperibili su:

http://indagine.audimovie.it/newsCms.aspx?sezi_cd_sezi=377

Dati Nielsen Media Research, reperibili su:

http://www.primaonline.it/category/dati-e-cifre/dati_cifre_pubblicita/