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PSICOPATOLOGIA GENERALE I Evoluzione del pensiero sistemico e psicopatologia Cenni della psicopatologia secondo l’ICD- 10 e il DSM IV Psicopatologia secondo la prospettiva sistemica

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PSICOPATOLOGIA GENERALE I

● Evoluzione del pensiero sistemico e psicopatologia

● Cenni della psicopatologia secondo l’ICD-10 e il DSM IV

● Psicopatologia secondo la prospettiva sistemica

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● La fondazione del movimento (1952-1961): ● Bell (1951), seguendo l'esempio di Bowlby al

Tavistock di Londra, coinvolse tutta una famiglia in un percorso psico-terapeutico

● Ackerman (1950) parlò di relazioni tra malattie e cure familiari, scrisse il primo articolo (1950) ed un libro sul trattamento familiare(1958), nel ‘57 aprì una clinica dedicata

● Midelfort: 1952, parlò di fattori etnici nella cura, 1957 primo libro su psicoterapia familiare

● Lidz: 1951, studi su relazioni familiari degli schizofrenici

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● Wynne, influenzato da Parsons, intervistò la

prima famiglia nel 1947, elaborò una teoria

sulla struttura familiare dei pazienti

schizofrenici, contatti con Bowen e poi con

Ackerman, Lidz, Jackson

● Bowen, nel 1954 raggiunse Wynne, avviò un

progetto di ricerca sulle famiglie di giovani

schizofrenici, seguiva famiglie, istituì uno dei

primi corsi di formazione psicoterapeutica

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● Whitaker, tra i più irriverenti, dal 1943 coinvolgeva familiari nelle terapie, nel 1946 avviò un progetto di terapia “duale” con le coppie

● Il gruppo di Palo Alto: Bateson, Haley, Weakland, Jackson, Satir. Bateson iniziò gli studi sugli aspetti paradossali della comunicazione, basandosi sulla teoria dei tipi logici di Russell e Whitehead

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● Si spiegavano così affermazioni come “io sto mentendo”, con due livelli logici: il contenuto e il meta-messaggio (mi aspetto che tu creda a quello che dico)

● Nel 1956 Bateson, Jackson, Haley e Weakland pubblicarono “Toward a theory of schizophrenia”, introducendo il concetto di “doppio legame” come determinante familiare della schizofrenia

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● Nel 1956 l’equipe cominciò a vedere

famiglie di schizofrenici, videoregistrandole

● Nel 1957 Jackson incontrò Bell e Fulweiler

che lo iniziarono all’uso dello specchio

unidirezionale per la supervisione

interattiva

● Nel 1959 Jackson fondò il MRI e fu

raggiunto da Virginia Satir che già dal ‘51

seguiva famiglie

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● Nel 1960 Jackson e Ackerman fondarono la

rivista Family Process, con direttore Haley, il

primo numero è del 1962

● Il gruppo di Filadelfia: Boszormenyi-Nagy e

collaboratori fondarono il Family Institute di

Filadelfia, una scuola che formò tanti

professionisti, a Bozszormeny-Nagy si deve

l’approccio psicoterapeutico Contestuale

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● La seconda ondata (1962-1977)

● New York: Ackerman aveva fondato il Family

Institute, un secondo centro prese vita presso

l’Albert Einstein College; un terzo fu il Wiltwyck

School for boys dove Minuchin e altri lavorarono

con giovani delinquenti (Family of the Slums)

● Filadelfia: Minuchin, con Montalvo e Rosman, poi

raggiunto da Haley, iniziarono la supervisione in

diretta, da qui nacque la Terapia Strutturale

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● Speck, allievo del Centro di Filadelfia fu l’iniziatore della Terapia di Rete, intervento a breve termine che prevedeva almeno una volta la convocazione di tutta la famiglia estesa e della sua rete, per poi proseguire con parti di essa

● Boston Family Institute, 1969: Duhl e Kantor crearono forme espressive nuove (sviluppo della scultura familiare)

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● Palo Alto: Watzlawick, Beavin, Jackson,

elaborarono La Pragmatica della

comunicazione umana (1967)

● Dopo il 1967 Watzlawick, Weakland, Fisch,

Bodin costituirono il Brief Therapy Center

del MRI e il modello di terapia breve.

● Dal 1974 Sluzki, affinò il concetto di doppio

legame, Riskin sviluppò strumenti per la

misurazione di interazioni familiari

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●Galveston: Mc Gregor e Ritchie, Terapia a impatto multiplo (2 giorni, congiunte e individuali)

●Milano: Selvini Palazzoli, Boscolo, Cecchin, Prata, la terapia breve-lunga (10 lunghe sedute, 1 al mese)

●Chicago: 2 centri: Kramer (psicoanalista), Borstein che si ispirò a Whitaker

●1977, si formò la American Family Therapy Association: Bowen, Spiegel, Framo, Spark

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LA PRAGMATICA DELLA COMUNICAZIONE UMANA

Dall’opera di P. Watzlawick, J. H. Beavin e D.D. Jackson, “Pragmatica della comunicazioneumana” (1967), possiamo trarre cenni sullecaratteristiche di ogni interazione tra persone,come quella che si realizza nella relazionepsicoterapeutica. Tali regole dellacomunicazione sono state definite assiomi edandiamo a descriverli per sommi capi

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LA PRAGMATICA DELLA COMUNICAZIONE UMANA

1. Impossibilità di non comunicare. Se consideriamo lacomunicazione come un comportamento occorrericonoscere che non esiste un non comportamento.Qualsiasi manifestazione umana è evidente ai nostriocchi, anche la più passiva ed indifferente. Ognicomportamento ci comunica quindi qualcosa, anche,all’estremo, la volontà di non comunicare. Anche taleatteggiamento dice qualcosa: la persona non vuole onon può comunicare e ciò ci influenza, perché di solitorispettiamo tale messaggio. Questo è quindi il primoassioma, che si può definire metacomunicativo: non sipuò non comunicare.

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LA PRAGMATICA DELLA COMUNICAZIONE UMANA

2. Livelli comunicativi di contenuto e relazione. Ognicomunicazione riguarda un contenuto che viene trasmesso,ma anche una modalità di esprimerlo che evidenzia a chi loriceve, ma anche a chi osserva, una relazione, un modo diconsiderare l’interlocutore della nostra comunicazione. Talerelazione classifica il contenuto, per cui costituisce un livellometacomunicativo. Accade cioè che uno stesso messaggiopossa essere interpretato come pacifico o ironico odoffensivo, a seconda della relazione che il parlante definisceo ha definito con l’ascoltatore. Il secondo assioma affermache ogni comunicazione ha un aspetto di contenuto ed unodi relazione, in modo che il secondo classifica il primo ed èquindi metacomunicativo

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LA PRAGMATICA DELLA COMUNICAZIONE UMANA

3. Punteggiatura della sequenza degli eventi comeorganizzazione degli eventi interattivi e quindi della naturadella relazione. In una sequenza interattiva tra due attori sisusseguono in modo alternato uno stimolo, una risposta edun rinforzo come reazione alla risposta, il quale diviene asua volta uno stimolo che genera a sua volta una nuovarisposta e così via. Si tratta di un’interazione nella quale ognipersona ha un suo punto di vista ed un modo di interpretarele risposte, cosi che risulta praticamente impossibilericostruire una catena di causa ed effetto. La punteggiaturaorganizza quindi l’interazione in corso e lo fa in modi diversia seconda delle culture o dei codici comportamentali esociali. Il terzo assioma riporta dunque che la natura di unarelazione dipende dalla punteggiatura delle sequenzecomunicative tra i partecipanti

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LA PRAGMATICA DELLA COMUNICAZIONE UMANA

4. Comunicazione numerica e analogica; la prima ha unasintassi logica ed efficace per il contenuto ma non spiega ilsignificato della relazione; la seconda possiede unasemantica per la relazione, ma non ha una sintassi perdefinire in modo non ambiguo la natura dei contenuti.Coesistono e sono complementari in ogni comunicazione eagiscono in modo diverso: la comunicazione analogica èpraticamente quella non verbale. Ha la caratteristica di nonpoter negare se stessa, di essere positiva e di esprimersi inmisura discreta, cioè attraverso “qualità” che rappresentanoun oggetto ma in modo impreciso. La comunicazioneanalogica è più arcaica rispetto a quella numerica ed è piùadatta a comunicare le emozioni e le relazioni. Nellacomunicazione analogica non è quindi facile mentire comesuccede in quella numerica in cui le parole esprimono uncontenuto che può essere anche falso

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LA PRAGMATICA DELLA COMUNICAZIONE UMANA

5. Interazione complementare e simmetrica; l’interazionecomplementare si basa sulla differenza di comportamentotra i partecipanti alla relazione; la relazione simmetricaprevede l'uguaglianza dei comportamenti tra i partecipantie minimizza le differenze. La relazione complementarevede due diverse posizioni: una superiore o primaria el’altra inferiore o secondaria (è quello che succede tramedico e paziente per esempio). La relazione simmetricainvece è formata da due interlocutori che sono sullo stessolivello (due medici con lo stesso ruolo per continuarel’esempio di prima). In ogni comunicazione gli scambi sonosimmetrici o complementari (tra amici in un caso, tra padree figlio in un altro) a seconda che siano fondati su diun’uguaglianza o su di una differenza

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● Teoria dei sistemi, prima cibernetica, epistemologia: Bateson e il gruppo di Palo Alto

● La famiglia come sistema cibernetico, omeostasi, sistema governato da regole, es. : il sintomo può essere funzionale a mantenere il sistema familiare unito in caso di possibilità di cambiamento vissute come minacciose

● Il membro sintomatico come delegato che regola l’omeostasi del sistema

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�Comunicazione e metacomunicazione nella

famiglia, teoria dei tipi logici, analogico e

digitale: l’uno “meta” rispetto all’altro

�La teoria del doppio legame: persona che lega,

persona vittima, ingiunzione primaria negativa,

ingiunzione secondaria che è in conflitto con la

prima ad un livello più astratto e come la prima

è rinforzata da segnali di minaccia

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� Ingiunzione terziaria negativa che proibisce alla vittima di abbandonare il campo

� La serie di elementi che si ripete nel tempo, non è più necessaria una volta che la vittima ha imparato a vedere il mondo in termini di doppio legame

� Critiche alla teoria: circolarità e non causa lineare, interazione triadica, altri correlati interattivi come alta intensità affettiva (alta E. E. o ipercoinvolgimento emotivo); difficoltà di provare la causalità del doppio legame

�Resta comunque un concetto fondamentale per la sistemica

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�Problemi: questioni di controllo e di potere, livelli di linguaggio intrapsichico o sistemico, causalità lineare o circolarità

�Dalla morfostasi alla morfogenesi: dalla retroazione negativa a quella positiva, l’amplificazione della deviazione attivata da eventi normativi o meno

�Nozione di informazione: entità discreta, continua, a gradino (può sembrare discontinua ma non esserlo realmente)

� Il cambiamento: 1° ordine (morfostasi), 2°ordine (morfogenesi), il secondo può avvenire a volte se avviene il primo; processo di relazioni e significati o di variazioni casuali?

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● Modello psicoanalitico

● Modello strutturale

● Modello boweniano

● Modelli strategici: terapia strategica (Haley),

terapia breve MRI

● Modelli sistemici: Milano, Ackerman

Institute

● Modelli epistemologici estetici e

pragmatici

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● Terapia strutturale

● Terapia strategica

● Terapia ericksoniana

● Terapia boweniana

● Terapia contestuale

● Terapia focale

● Terapia simbolico esperienziale (Whitaker)

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● Terapia breve del MRI

● Modello sistemico di Milano

● Terapia comportamentale della famiglia,

Falloon

● Terapia comportamentale della coppia

● Trattamenti psicoeducativi

● Evoluzioni costruttiviste, costruzioniste,

della complessità

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PSICOPATOLOGIA GENERALE

● La psicopatologia nell’approccio sistemico non viene vista come succede nel tradizionale ambito medico psichiatrico, cioè come oggettiva rilevazione di caratteristiche patologiche nel comportamento di un paziente. Si parla di problemi che non vengono connotati come malattie o malfunzionamenti, quanto piuttosto di sintomi che hanno un loro significato, funzionale al sistema, anche quello di essere adattivi secondo particolari condizioni psicologiche e relazionali dei componenti del sistema, secondo le fasi del ciclo vitale

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PSICOPATOLOGIA GENERALE

● I sintomi e i comportamenti stessi che li automantengono costituiscono i principi organizzativi del sistema: assicurano rituali, identità e specificità nei quali il sistema si riconosce e spiega la sua esistenza. Si evidenzia la funzione adattiva del sintomo e la sua comprensione è legata alla ricerca delle regole all’interno della logica del sistema

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PSICOPATOLOGIA GENERALE

● Colui che esprime il comportamento sintomatico non è più solo un paziente ma piuttosto il paziente designato, che porta il disagio di un intero sistema. I sintomi vengono presi in considerazione all’interno di un contesto di retroazioni ricorsive che li auto mantengono. Dapprima sono stati visti come comportamenti comunicativi che tendono ad evitare il cambiamento, in una famiglia che tende a mantenere un proprio equilibrio omeostatico

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PSICOPATOLOGIA GENERALE

● Quindi si osserva come il sintomo esprima il tentativo di andare oltre lo status quo, in un’ottica morfogenetica. Può essere anche un’esperienza di crescita e di individuazione all’interno del sistema. Segnali di malessere utili, un sistema di allarme in un processo di evoluzione fatto di equilibri e squilibri costanti

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● Il sintomo patologico è collegato quindi ad una normalità del percorso di vita, implicando un circuito normalità/patologia più stretto e complementare. Il disagio sembra manifestarsi come risultato di un affrontare la realtà che si realizza in modo problematico. Per alcuni autori (Clark, Dell) tale risultato è legato a limiti troppo stretti imposti dal mito e dalla storia familiare

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PSICOPATOLOGIA GENERALE

● Questa premessa ha riflessi fondamentali sul concetto di diagnosi. La diagnosi di un funzionamento patologico della psiche e del comportamento non è un’osservazione oggettiva, ne tanto meno una proprietà del paziente, quanto piuttosto la descrizione da parte di un osservatore

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PSICOPATOLOGIA GENERALE

● Le critiche sistemiche al concetto di diagnosi sono diverse:

● etichetta senza tempo che blocca la realtà● etichetta che sottolinea la patologia a scapito delle

risorse● uno strumento per separare l’osservatore dall’osservato● una modalità per interrompere una conversazione,

imponendo il controllo sul paziente● un modo per imporre il punto di vista del terapeuta● un modo per autodeterminare le proprie profezie● un alibi quando non si trovano altre spiegazioni● un modo per ricondurre ad una norma

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PSICOPATOLOGIA GENERALE

● L’osservatore che compie la diagnosi non può considerarsi separato dall’oggetto di osservazione, ma è associato , come dice Varela, con il funzionamento dell’unità in quanto componente che la determina. Si rifiuta una categorizzazione semplificata ed esterna.

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PSICOPATOLOGIA GENERALE

● La diagnosi viene vista come un’ipotesi, non un assioma dal quale si parte. E’ necessario fare distinzioni per riconoscere differenze e capire. Tali distizioni riguardano le relazioni, temporalmente e storicamente definite, che includono la posizione dell’osservatore: diagnosi autoriflessive, relazionali e complesse.

● La diagnosi è conoscenza, si esplica in un’azione per cui è essa stessa intervento e l’intervento è compiuto da qualcuno che varia il suo comportamento, il che non lascia indifferente l’altro e la situazione che si crea

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● Ugazio a proposito, riporta che una via privilegiata per comprendere l’organizzazione sistemica che abbiamo davanti è analizzare le relazioni tra sistema osservante e sistema osservato, il che comporta per l’equipe porsi in una posizione autoriflessiva.

● Il pattern di collegamento tra sistema terapeuta e sistema paziente e le aspettative verso la terapia permettono di ricostruire le dinamiche del sistema osservato e di formulare ipotesi per le indicazioni di trattamento

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PSICOPATOLOGIA GENERALE

● Come tale l’ipotesi è soggetta a esami successivi, può essere arricchita o modificata, ma è la costruzione dell’osservatore nella relazione con l’osservato e non può tenere tutto sotto controllo, in linea con quanto sostenuto da Bateson, troppa coscienza e controllo razionale possono bloccare il processo.

● Si tratta di un sistema terapeutico in azione, non di un soggetto che registra delle caratteristiche o comportamenti su di un oggetto di osservazione sempre uguale a se stesso

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● Si aggiunge che non è epistemologicamente corretto parlare di malfunzionamenti, perché si implicherebbe un modo ottimale di funzionare del sistema. Il concetto di patologia appartiene all’osservatore, mentre i sistemi si comportano in maniera coerente alla loro logica interna, alla loro organizzazione.

● Il sintomo diviene una necessità del sistema emergente in un certo passaggio evolutivo. Tale sintomo può essere un disequilibrio per una logica interna al sistema, ma può essere un equilibratore per il contesto più allargato.

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● Secondo l’ottica costruttivista, abbandonando il modello omeostatico per quello evolutivo, non si parla tanto di psicopatologia ma di problemi che organizzano il comportamento di un sistema, come dice Goolishian. Non si da’ una conoscenza oggettiva della patologia, anzi il tentativo di scoprirla contribuisce alla sua creazione.

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● Scopo della terapia non è correggere ciò che non funziona, ma reinnescare il flusso evolutivo del sistema. Un modo utile per iniziare a osservare il sistema può essere quello di partire dal problema presentato, che permette di prendere in considerazione i soggetti che sono coinvolti nella sua definizione e che collaborano a mantenerla.

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PSICOPATOLOGIA GENERALE

● Si prendono le distanze anche dai modelli di terapia sistemica che pongono ipotesi che portano linearità tipo causa – effetto, sulla nascita dei sintomi, visti come il risultato di alleanze invisibili, miti familiari che producono ruoli rigidi, di influenze generazionali e di carenze di differenziazione

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PSICOPATOLOGIA GENERALE

Il sintomo non è causato dalla organizzazione familiare. La scelta del sintomo può essere anche casuale, ma perché venga scelto e mantenuto deve colludere con le dinamiche del sistema in cui il paziente è immesso. Ogni comportamento può essere definito desiderabile o indesiderabile socialmente e così vale anche per la psicopatologia

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● Il problema può essere addirittura mantenuto e rinforzato attraverso il consenso sociale. Un comportamento deviante ne è un esempio (come lo è la stessa definizione “deviante”), come anche la tossicodipendenza o l’alcolismo. Creiamo il mondo attraverso il linguaggio e le ridondanze che osserviamo hanno più a che fare con i nostri criteri di analisi, con le nostre scelte, che con la sola situazione esterna

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PSICOPATOLOGIA GENERALE

● D’altronde un certo grado di linearità non è eliminabile, se non altro per il livello logico e linguistico delle nostre spiegazioni, che sono delimitate dalla loro forma (possiamo rappresentare e con questo ridurre i fenomeni, non possiamo riportarli così come li viviamo, anche con linguaggi analogici che sono più immediati).

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PSICOPATOLOGIA GENERALE

● Una descrizione come quella presente in un’ipotesi è sempre una scelta, una punteggiatura operata dall’osservatore e conoscere vuol dire anche tener conto del come si conosce. Con questo non si vuol dire di rinunciare ad avere visioni anche lineari dei problemi presentati, ma di essere consapevoli della loro parzialità e di utilizzarle come griglie non definitive e assolute.

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PSICOPATOLOGIA GENERALE

● Del resto considerare il sistema determinato dal problema può essere a sua volta limitativo e lineare. Quello che osserviamo avviene nell’interazione e in essa si succedono comportamenti diversi che prendono vita nella relazione stessa.

● Tutte le ridondanze che osserviamo sono date dai nostri criteri di distinzione e dalle nostre categorie descrittive, costruzioni socialmente avallate. Non si rinuncia alla diagnosi differenziale, anzi è bene conoscere le griglie diagnostiche, ma considerandole un punto di vista possibile.

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PSICOPATOLOGIA GENERALE

● Nella ricostruzione di un problema, dalla visione concentrata sul paziente si passa alla osservazione delle relazioni familiari, per analizzare poi la danza delle definizioni reciproche che mantiene il problema.

● Il passo successivo è quello di considerare anche noi terapeuti come partecipanti alla definizione del problema e al suo tentativo di soluzione che può contribuire a mantenerlo e quindi continuare con l’autoriflessione sui nostri criteri per tentare altre ipotesi.

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PSICOPATOLOGIA GENERALE

● Osserviamo il problema e il tipo di configurazione che assume il sistema nelle sue interazioni e nelle descrizioni che i suoi componenti ne fanno. La prospettiva sistemica enfatizza l’essere autonomi e attivi dei sistemi, con aspetti adattivi ed evolutivi.

● Aspetti che evolvono nel tempo, anzi co-evolvono nella relazione con i contesti. Aspetti di tipo biologico, psicologico, sociale che sono ormai accettati comunemente nell’ambito delle scienze psicologiche e dei servizi sanitari.

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PSICOPATOLOGIA GENERALE SISTEMICA

● Le sindromi psicopatologiche secondo la prospettiva sistemica.

● Osserviamo i significati che emergono dalle descrizioni dei pazienti e da quelle dei terapeuti. Le descrizioni dei sistemi pazienti si costruiscono nel tempo sulla base di esperienze che si compiono in un contesto di apprendimento, che primariamente è quello familiare.

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PSICOPATOLOGIA GENERALE SISTEMICA

Il sintomo, con il significato che si porta dietro, emerge da contesti che si ripetono, ma può essere scelto anche su basi casuali, in qualche maniera comunque legato al disagio attraversato.

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PSICOPATOLOGIA GENERALE SISTEMICA

I contesti di apprendimento permettono alla persona di costruirsi un significato, una spiegazione che può essere plausibile o utile per il soggetto che la opera.

La relazione che si crea nel tempo e in diverse situazioni ambientali, con se stessi e con il mondo esterno, è unica come esperienza e come descrizione che l’individuo si costruisce

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PSICOPATOLOGIA GENERALE SISTEMICA

Non si parla quindi di comportamenti criterio che ci danno informazioni sulla presenza o meno di patologia, ma di modalità di relazione ed esperienza

Tali modalità si incrociano con contesti interattivi e la persona si spiega ciò che vive in un certo modo, tale da influenzare i suoi comportamenti, con un significato adattivo o addirittura evolutivo rispetto a quanto vissuto

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PSICOPATOLOGIA GENERALE SISTEMICA

Disturbi alimentari psicogeni

Nelle relazioni familiari si osserva oscillazione tra iperprotettività e indifferenza che si traduce in ambiguità tra attaccamento e distacco affettivo. Il desiderio di coinvolgimento, il bisogno di essere approvati nelle relazioni è contraddetto dalla paura dell’abbandono, della critica; vi è il timore di deludere e di rimanere delusi, per cui si ricerca una perfezione impossibile e si fugge il rischio di non valere niente.

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Il sistema familiare e relazionale è caratterizzato da relazioni di protezione e di distacco contraddittorie tra loro, che partecipano al vissuto di non definizione e confusione tra: desiderio di protezione e timore della solitudine da una parte e capacità di autoaffermazione e autonomia dall’altra

Ne emerge un’oscillazione tra desiderio di approvazione/perfezione/vicinanza affettiva e paura della critica e del rifiuto/delusione e timore di deludere

Tale oscillazione si esprime attraverso alterate percezioni delle sensazioni interne del corpo che sono confuse, fame, fatica, termoregolazione

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Fobie

Inizialmente sono stati descritti due modelli nelle coppie con fobici: il primo con rigida complementarietà, con il paziente in posizione one-down; il secondo con il paziente in posizione one-up, iperattivo e fuggitivo. Sono distinte in due tipi: la prima è definita agorafobia (bisogno di iperprotezione) e la seconda claustrofobia (bisogno di libertà). In realtà vengono riportati spesso casi misti rispetto a queste due polarità.

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I significati di perdita di protezione e di perdita di libertà/indipendenza sembrano centrali nella percezione dell’esperienza del paziente, che risponde con paura e ansia. Attaccamento protettivo ed esplorazione indipendente sono vissuti come inconciliabili: l’uno esclude l’altro allo stesso tempo, rinunciare alla presenza dell’altro è libertà, ma anche solitudine di fronte ai pericoli, mentre rinunciare ad essere liberi in cambio di protezione diviene soffocante.

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Disturbo ossessivo compulsivo

I significati in conflitto sono “buono” vs “cattivo”. Dal punto di vista emotivo si osserva alternanza tra la paura e la rabbia. Se prevale la prima si ha uno sviluppo più depressivo, se prevale la seconda è più paranoideo. Si osserva l’incapacità di tollerare l’espressione diretta di ostilità in sé e negli altri. I genitori sono spesso essi stessi ossessivi, non tollerano l’espressione di ostilità.

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Il problema fondamentale è di evitare l’impatto di sé sugli altri e viceversa, cosa temuta per le sue implicazioni nell’interazione e in definitiva per la scarsa stima di sé, cercando mantenere l’innocenza mediante i processi cognitivi.

L’affetto erompe internamente in un’implosione affettiva che distrugge i processi cognitivi deputati all’elaborazione delle esperienze che potrebbero minacciare l’autostima.

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Depressione

Gli studi sulla depressione si sono concentrati primariamente sulle coppie in cui era presente un depresso. Diverse ricerche hanno riscontrato una maggior presenza di depressi nelle coppie sposate, con un partner non depresso che aumenta la sua autostima. In queste coppie sembra esserci una forte complementarietà.

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Forme comunicative frequenti sono la squalifica ed il paradosso, che nelle famiglie con paziente depresso assumono forme particolari. Con la squalifica si riduce o si annulla l’atto comunicativo precedente. La squalifica si osserva anche nella famiglia dello schizofrenico ma è incongruente e contemporanea con diversi canali comunicativi. La squalifica del depresso è invece sequenziale, cioè due affermazioni contenute nella stessa interazione che si contraddicono apertamente (senza ambiguità).

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Entrambi i coniugi sembrano utilizzarla per auto squalificarsi e squalificare l’altro, anche se con modalità differenti. I messaggi paradossali vedono il partner del depresso invitare lo stesso a prendere iniziative, per cui è in una situazione indecidibile (prende iniziative solo se non le prende, non prende iniziative solo se le prende). Il depresso non si limita a ricevere il messaggio ma risponde mantenendo la situazione: “dimmi tu cosa devo fare”.

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Psicosomatica

La malattia è intesa come comunicazione del corpo all’interno di un contesto interattivo di apprendimento nel quale appare bloccata la verbalizzazione delle emozioni. Il conflitto non può essere detto, c’è una costrizione della funzionalità emozionale.

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Caratteristiche delle relazioni: invischiamento, iperprotettività, rigidità, resistenza al cambiamento, soglia molto bassa di tolleranza del conflitto, evitamento raccolto nei sintomi del paziente designato. C’è un fattore biologico facilitante.

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Isteria

La disfunzione si manifesta livello fisico ma la struttura sottostante è psichica

Il rapporto fra le due strutture, fisica e psichica è l’oggetto di osservazione

Bateson la definisce come un errore di traduzione del messaggio analogico, un ritorno all’analogico

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Il linguaggio numerico ha una sintassi logica efficace ma manca di una semantica

Il linguaggio analogico, arcaico e primario nell’uomo, ha la semantica ma non dispone di una sintassi adeguata, il messaggio rimane ambiguo senza una specificazione contestuale, per cui occorre una traduzione dall’uno all’altro

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Secondo Bateson e Jackson nella formazione dei sintomi isterici si ha una ritraduzione del materiale già numerizzato nel modulo analogico: in altre parole il pensiero ritraduce in termini analogici i suoi contenuti

Ciò può comportare degli errori che danno origine alla sintomatologia fisica

Da queste teorie pochi altri passi in avanti

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Dipendenze Patologiche

Primi studiosi in questo campo: Minuchin e Haley

Minuchin: modello di lettura della devianza in famiglie svantaggiate

Haley: processo di distacco dalla famiglia non riuscito

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Con Minuchin si sono fatte alcune ipotesi sulla famiglia del tossicodipendente: disimpegnate oppure eccessivamente invischiate

Altre ipotesi parlavano di funzionalità del sintomo all’interno del conflitto della coppia genitoriale, caratterizzata da perifericità del padre e centralità della madre

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Alcune caratteristiche:

Alto grado di conflittualità nei rapporti interpersonali

Madri iperprotettive ed indulgenti

Padri deboli e passivi, freddi e ostili

Tossicodipendenti come soggetti che non sono riusciti ad integrare la loro crisi adolescenziale

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Genitori con l’abitudine ad abusare di alcol e di farmaci

Stanton e Todd hanno condotte molte ricerche sulla struttura familiare del tossicodipendente:

Il paziente designato è strettamente coinvolto con il genitore del sesso opposto, mentre c’è una frattura conflittuale con quello dello stesso sesso e fra i due genitori

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Diversamente dalle famiglie a transazione schizofrenica, i conflitti e le alleanze sono dichiarati e agiti apertamente

I comportamenti sintomatici costituiscono una pseudo-individuazione, creando una mediazione tra autonomia e dipendenza con la famiglia di origine

Contribuisce all’illusione di individuazione il comportamento competente nella sottocultura del tossicodipendente

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Dalle ricerche emerge che la tossicodipendenza costituisce un disturbo non specifico, che si mette a disposizione dei conflitti interpersonali e/o intrapsichici più diversi

L’uso delle sostanze, sul piano motivazionale, può essere considerato come un tentativo di autoterapia

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La famiglia del borderline

L'esperienza nella famiglia di origine sembra caratterizzata da una relazione nella quale la separazione viene vista come una minaccia alla quale i genitori rispondono con un aumento della protezione o punendo i tentativi di essere indipendente

Se il bambino si mostra dipendente viene al contrario premiato

Si parla di stile di vita sado-masochistico nel quale il soggetto si difende da un esperienza che non integra oggetti buoni e cattivi, in un ruolo forzato dove impara a proteggere i genitori dalle proprie ansie, apprendendo un modello di comportamento passivo-aggressivo, che

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Il paziente borderline è terroizzato dall'idea che coltiva di abbandonare il suo ruolo ed è perseguitato dai sensi di colpa ogni volta che ci prova

Si forma un'immagine negativa di sé con atteggiamenti critici verso se stesso ed auto-distruttivi, che sono così insopportabili da essere negati.

La negazione è un meccanismo principale che persiste a lungo e che ostacola la costruzione di una relazione di fiducia con se stesso e con gli altri

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Schizofrenia

Riferimenti alla teoria del doppio legame (Bateson e al.), alla disconferma del sé, alla pseudo reciprocità (Wynne), alla complementarietà dei bisogni patologic (Bozsormenyi-Nagy), alla bassa differenziazione del sé lungo almeno tre generazioni (Bowen), al divorzio emotivo tra una madre dominatrice e un padre inadeguato (dove la coppia non c'è e i genitori stanno in rapporto con i figli) (Whitaker e al.)

Haley parlava di tentativo di controllare la relazione senza assumersene la responsabilità

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Bibliografia

Watzlawick P., Beavin J. H., Jackson D. D. (1967) La pragmatica della comunicazione umana, Astrolabio (1971), Roma

Selvini Palazzoli M., Boscolo L., Cecchin G., Prata G., (1975) Paradosso e controparadosso, Feltrinelli, Milano

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Grazie