Psicologia del pensiero matematicoshop.erickson.it/front4/Image/Products/LIBRO_978-88-6137...14...

35
Indice 9 Ringraziamenti 13 Presentazione all’edizione italiana (Bruno D’Amore) 19 Introduzione PRIMA PARTE Discorso sul pensiero 29 CAP. 1 I misteri del pensiero (matematico) 61 CAP. 2 L’oggeivazione 93 CAP. 3 La comognizione: il pensiero come comunicazione 123 CAP. 4 Il pensiero linguistico SECONDA PARTE La matematica come discorso 159 CAP. 5 La matematica in quanto forma di comunicazione 197 CAP. 6 Gli oggei del discorso matematico: di che traa la matematizzazione 231 CAP. 7 Le routine. Come matematizziamo 261 CAP. 8 Esplorazioni, ai e rituali. Per quale motivo matematizziamo 301 CAP. 9 Guardando al passato e al futuro. La soluzione dei vecchi dilemmi e i nuovi che dovremo affrontare 335 Glossario di comognizione 345 Bibliografia

Transcript of Psicologia del pensiero matematicoshop.erickson.it/front4/Image/Products/LIBRO_978-88-6137...14...

Page 1: Psicologia del pensiero matematicoshop.erickson.it/front4/Image/Products/LIBRO_978-88-6137...14 Psicologia del pensiero matematico 3000 a.C., ma per una defi nizione di tale concett

I n d i c e

9 Ringraziamenti

13 Presentazione all’edizione italiana (Bruno D’Amore)

19 Introduzione

PRIMA PARTE Discorso sul pensiero

29 CAP. 1 I misteri del pensiero (matematico)

61 CAP. 2 L’oggett ivazione

93 CAP. 3 La comognizione: il pensiero come comunicazione

123 CAP. 4 Il pensiero linguistico

SECONDA PARTE La matematica come discorso

159 CAP. 5 La matematica in quanto forma di comunicazione

197 CAP. 6 Gli oggett i del discorso matematico: di che tratt a la matematizzazione

231 CAP. 7 Le routine. Come matematizziamo

261 CAP. 8 Esplorazioni, att i e rituali. Per quale motivo matematizziamo

301 CAP. 9 Guardando al passato e al futuro. La soluzione dei vecchi dilemmi e i nuovi che dovremo aff rontare

335 Glossario di comognizione

345 Bibliografi a

Page 2: Psicologia del pensiero matematicoshop.erickson.it/front4/Image/Products/LIBRO_978-88-6137...14 Psicologia del pensiero matematico 3000 a.C., ma per una defi nizione di tale concett

Presentazione all’edizione italiana 13

Siamo di fronte ad un’opera profonda e dott a, di altissimo spessore cultura-le e dunque di grande coraggio, che riassume, in breve ma con dett agli att raenti e signifi cativi, la vita di intenso lavoro, analisi critica e notevole creatività di una delle grandi menti che hanno contribuito a dare credibilità scientifi ca e internazionale a quella disciplina che in Italia va sott o il nome di «didatt ica della matematica».

Come non ricordare subito, infatt i, uno dei più celebri articoli di Anna Sfard, del 1991, che tutt i noi ricercatori abbiamo più volte citato: Sulla doppia natura delle concezioni matematiche: rifl essioni su processi e oggett i come diverse facce di una stessa medaglia (Sfard, 1991)?

In questo famoso articolo, l’Autrice svolge un’analisi epistemologica esemplare nella quale si evidenzia come nello sviluppo formativo dei concett i della matematica vi siano sempre due momenti, quello di una concezione «operativa» (il concett o pensato come strumento) e poi quello di caratt ere analitico o strutt urale (lo stesso concett o pensato come oggett o in sé stesso specifi co di studio). E come ciò avvenga sia nella storia del pensiero, cioè nel-lo sviluppo della storia della matematica, sia nella costruzione apprenditiva dell’individuo.

Se prendiamo come esempio i numeri o le equazioni, si vede bene come tali concett i siano presenti nella storia fi n dall’antichità ma come strumenti, in modo operativo, assai prima che di essi fossero date defi nizioni, fossero analizzati dunque come oggett i stessi specifi ci di interesse per il pensiero matematico. Nel caso delle equazioni, per esempio, usi operazionali sono presenti fi n dal

Presentazione all’edizione italiana

Bruno D’Amore

1

Page 3: Psicologia del pensiero matematicoshop.erickson.it/front4/Image/Products/LIBRO_978-88-6137...14 Psicologia del pensiero matematico 3000 a.C., ma per una defi nizione di tale concett

14 Psicologia del pensiero matematico

3000 a.C., ma per una defi nizione di tale concett o ed un suo studio strutt urale specifi co come oggett o in sé si deve aspett are il Rinascimento.

Si ha come un’alternanza dialett ica e quindi analitica, critica, tra processi ed oggett i che permett e uno sviluppo per così dire in verticale; si presenta un processo, prima o poi lo strumento che gli ha dato origine viene analizzato come concett o in sé, come nuovo oggett o della matematica che merita di essere studiato; su questo si innesta un nuovo meccanismo di costruzione del pensiero che genera concett i di natura sempre più elevata. Tra questi due momenti non c’è opposizione o contraddizione, anzi, come appunto diceva l’Autrice perfi no nel titolo, sono «due facce della stessa medaglia». Da un punto di vista epistemologico, è necessario riuscire a cogliere di un concett o i due aspett i, operativo e oggett uale, per costruirlo appieno, nella sua interezza concett uale, e per assumerlo poi nella sua globale profondità culturale.

Da questo ragionamento non è escluso l’aspett o didatt ico, dato che anche l’apprendimento manifesta questa doppia necessità psicologica e cognitiva per elaborare la conoscenza.

Questo articolo si inserisce nel progett o globale di ricerca di Anna Sfard. Come lei stessa ci dice, infatt i, la sua ricerca «si rivolge allo studio del pensiero dell’essere umano in generale e del pensiero matematico in particolare». La sua ispirazione nasce dalla critica alla «tradizionale dicotomia tra pensiero e parlato», e qui il riferimento ai due giganti Witt genstein e Vygotskij è d’obbligo. L’Autrice defi nisce il pensiero come «forma individualizzata di comunicazione interpersonale», e conia il termine comognizione (commognition), coraggiosa combinazione di comunicazione e cognizione. «Il principio comognitivo implica che la comunicazione verbale, con la sua proprietà distintiva di autoreferenza ricorsiva, può essere la fonte primaria dell’abilità, presente solo negli esseri umani, di accumulare la complessità del loro agire nel passaggio da una gene-razione alla successiva».

La creazione di questa linea di pensiero si basa su un’assidua e densa ricerca empirica nella quale la Sfard analizza con dett agliata perspicacia, assai concretamente esemplifi cata nel libro, lo sviluppo dei discorsi matematici; qui il termine «sviluppo» va interpretato in maniera duplice: nella vita dell’individuo, nel corso della storia. Il punto focale dell’analisi del discorso matematico si specifi ca tutt o att orno al «processo di oggett ivazione» dunque di quei «meccanismi discorsivi che portano alla emergenza di nuovi oggett i matematici». Gli esempi dei quali si serve l’Autrice sono principalmente «lo sviluppo del discorso algebrico, il ruolo della discorsività nei numeri negativi, il primo discorso numerico, il discorso matematico di studenti con disabilità

Page 4: Psicologia del pensiero matematicoshop.erickson.it/front4/Image/Products/LIBRO_978-88-6137...14 Psicologia del pensiero matematico 3000 a.C., ma per una defi nizione di tale concett

Presentazione all’edizione italiana 15

di apprendimento e di studenti considerati particolarmente portati per la ma-tematica e il discorso professionale di insegnanti di matematica della scuola superiore».

Le sue ricerche si sono svolte principalmente in Israele, in Canada e negli Stati Uniti; nel libro sono riportati lunghi, signifi cativi ed intensi scambi di batt ute tra soggett i diversi, a volte interviste a volte dialoghi, all’interno di vari discorsi matematici. La loro analisi è di straordinaria lungimiranza, di intensa lucidità. Tutt i noi possiamo apprendere molto da questi esempi.

L’Autrice, titolare di una catt edra all’Università di Haifa, affi liata all’Uni-versità del Michigan (catt edra di Didatt ica della matematica) e all’Istituto dell’Educazione dell’Università di Londra, ha sempre dichiarato in maniera esplicita e straordinariamente lucida che i suoi interessi di ricerca riguardano la cognizione in matematica, «nella quale il pensiero in generale e il pensiero matematico in particolare sono concepiti come una forma particolare di comu-nicazione»; il discorso matematico ed il suo sviluppo, concepito «att raverso sia lo sviluppo storico sia l’apprendimento individuale all’interno di contesti istituzionali e della vita quotidiana». È sulla base dei risultati della ricerca empirica che propone i successivi sviluppi teorici.

A me piace molto sott olineare la coraggiosa, incredibile semplicità dell’obiett ivo di partenza della ricerca della Sfard, dichiarata da lei stessa: «quali sono le caratt eristiche della matematica che la rendono così diffi cile da essere appresa», il problema numero uno, problema ancora oggi. È per arrivare a dare la risposta a questo quesito che per decenni ha studiato la natura delle concezioni matematiche, rifi utando il fatt o, da molti assunto come frett olosa spiegazione, che le diffi coltà specifi che della matematica dipendano dal fatt o che la disciplina ha alla base un substrato di regole logiche che la rendono sfuggente e inaff errabile. Inoltre, se è vero che l’astrazione matematica non è la sola astrazione possibile, ci si deve chiedere: «In che cosa l’astrazione ma-tematica diff erisce da altri tipi di astrazione, nella sua natura, nel modo in cui si sviluppa e nelle sue funzioni ed applicazioni?».

Sono domande poste con una semplicità ma con una consapevolezza che colpiscono, e alle cui risposte Anna Sfard dedica questo libro, sfrutt ando le sue competenze in matematica e in fi sica, ma anche in storia, fi losofi a, e lin-guaggio, come lei stessa dichiara. Io aggiungerei che da questo libro trapelano competenze notevoli in psicologia ed in tutt o quel che concerne il linguaggio, in tutt i i suoi molteplici aspett i.

Emerge dai suoi studi, pubblicati in numerosi articoli ma focalizzati in questo testo, che l’Autrice dedica il suo sforzo a delineare e dirimere la com-plessità che lega nell’essere umano l’apprendimento ed il pensiero creativo,

Page 5: Psicologia del pensiero matematicoshop.erickson.it/front4/Image/Products/LIBRO_978-88-6137...14 Psicologia del pensiero matematico 3000 a.C., ma per una defi nizione di tale concett

16 Psicologia del pensiero matematico

dando un ruolo costitutivo al linguaggio: «Il pensiero dell’essere umano è un caso particolare dell’att ività comunicativa». In questo approccio, nello specifi co dell’analisi del pensiero matematico, l’origine degli oggett i della matematica e il passaggio (transizione) dal pensiero operazionale a quello strutt urale (reifi cazione), non possono non entrare questioni che hanno a che fare con la semiotica e con l’analisi del discorso; il che ha portato la Sfard a studiare il ruolo (cognitivo) della metafora, «il problema di costruire un focus comune nella comunicazione matematica» e l’analisi della cognizione att raverso l’analisi del discorso.

Ad Anna Sfard interessano anche gli impegni istituzionali e operativi, tanto è vero che ha concretizzato i suoi risultati per quanto concerne l’insegnamento e l’apprendimento dell’algebra di base, ha partecipato allo sviluppo di nuovi curricoli di matematica per la scuola secondaria superiore israeliana ed è stata dirett rice del Israeli Journal for Mathematics Teachers.

Ecco, questo libro è tutt o ciò. Lei, l’Autrice, suggerisce a chi si interessa di didatt ica della matematica di impegnarsi nella seconda parte del libro, più spe-cifi ca, ma io suggerisco invece una lett ura capillare, globale, dett agliatissima.

Ogni Lett ore lo farà da sé, ma io amo sott olineare alcuni punti nevralgici, quelli che mi hanno colpito di più.

Nel primo capitolo, tra l’altro, l’analisi comparativa del pensiero dei due giganti già ricordati, Vygotskij e Witt genstein, con riferimenti espliciti al dett o, al dichiarato, e perfi no all’implicito; ciò le permett e di giungere alla defi nizione: «il pensiero è la versione individualizzata della comunicazione interpersonale», che risolve tanti problemi, dato che rinvia ad una interazione comunicativa in cui una persona interpreta i ruoli di tutt i gli interlocutori.

Nei capitoli da 1 a 4 si «racconta» la storia del pensiero umano e delle sue interpretazioni, ma al contempo si crea un linguaggio adatt o allo scopo, passando att raverso le controversie tra apprendimento e risoluzione dei pro-blemi e le ambiguità linguistiche, e proponendo la visione comognitiva, già prima ricordata, come risorsa per «curare» i dilemmi e le incertezze. Se è vero che «il linguaggio non è l’unico mezzo att raverso il quale la comunicazione e quindi il pensiero possano aver luogo», la fonte principale della forma di vita umana è la comunicazione verbale.

La prima parte ha dunque uno sviluppo che ancora non entra nella didatt ica della matematica e nelle sue specifi cità, serve solo (solo!) per impo-stare il problema da un punto di vista molto più generale: linguaggi, discorsi, comunicazione, specifi cità umana… Ma poi, nella seconda parte, si entra nel vivo, eliminando una vecchia diatriba su matematica come linguaggio sì/matematica come linguaggio no. L’Autrice propone la matematica come un

Page 6: Psicologia del pensiero matematicoshop.erickson.it/front4/Image/Products/LIBRO_978-88-6137...14 Psicologia del pensiero matematico 3000 a.C., ma per una defi nizione di tale concett

Presentazione all’edizione italiana 17

tipo speciale di discorso per il quale l’approccio comognitivo ha un potere analitico, esplicativo, strutt urale eccezionale. Da qui in poi, chiunque sia interessato alla nascita del pensiero matematico, alla sua comunicazione, al potere discorsivo, non vorrà perdere più una sola parola. Nel capitolo 5 tro-verà la rappresentazione comognitiva della matematica come una forma di comunicazione ben defi nita; nel capitolo 6 una disanima sulla natura e sulle origini del discorso matematico; qui la cosa si fa sempre più interessante, dato che Anna Sfard propone che la matematica sia da intendersi come un sistema autopoietico, cioè tale da stimolare il suo stesso sviluppo e produrre i suoi stessi oggett i; nel capitolo 7 si esaminano i modi della comunicazione matematica che sono unici e specifi ci; nel capitolo 8 se ne analizzano i vantaggi. Ma, con la consapevolezza e la sincerità che sono tipici dei veri ricercatori, l’Autrice specifi ca ed analizza, nel capitolo 9, i problemi rimasti aperti e quelli nuovi che la sua analisi lucida apre.

Alcune delle celebri e fondamentali dicotomie del pensiero, del linguaggio, della comunicazione, della cognizione, dell’apprendimento… vengono qui riproposte, ricordate, studiate e rese evidenti, grazie ad una cura minuziosa e straordinariamente effi cace che viene messa nell’analisi del discorso matema-tico, esemplifi cato in diverse occasioni (talvolta con diffi coltà di traduzione, prima dall’ebraico all’inglese e poi dall’inglese all’italiano). Tutt i gli usuali termini ricorrenti negli studi recenti di didatt ica vengono esposti e studiati: concett o, oggett o (della matematica e del discorso matematico), diffi coltà d’apprendimento, misconcezione, astrazione, reifi cazione, oggett ivazione, soggett ivazione, comunicazione, discorso monologico e dialogico, semiotica, linguaggio, pensiero, mente… Credo che nessuno studioso, nessun ricercatore, nessun insegnante att ivo sfugga all’appello: almeno uno di questi termini è stato da lui usato nel recente passato, per un articolo, per una comunicazione o anche solo per una rifl essione.

Sono certo dunque che questo libro costituisca una straordinaria occa-sione di rifl essione per tutt i noi, insegnanti, ricercatori, studenti, come dicevo all’inizio, perché può essere lett o (o studiato) da varie angolazioni, con diverse prospett ive e con diff erenti necessità: una rifl essione sul proprio lavoro di ri-cerca, una analisi lucida e decisiva su alcuni termini ricorrenti ma non sempre incisivamente delineati o defi niti.

Mi piace far notare la sincerità e allo stesso tempo la lungimiranza dell’Autrice, riportando l’ultima riga del libro, molto signifi cativa e densa: «(…) uno dei punti più importanti da ricordare nella conclusione di que-sto libro è che la storia che ha raccontato non è fi nita prima che ne inizi una nuova».

Page 7: Psicologia del pensiero matematicoshop.erickson.it/front4/Image/Products/LIBRO_978-88-6137...14 Psicologia del pensiero matematico 3000 a.C., ma per una defi nizione di tale concett

18 Psicologia del pensiero matematico

Bibliografi a

Sfard A. (1991), Sulla doppia natura delle concezioni matematiche: rifl essioni su processi e oggett i come diverse facce di una stessa medaglia, «Educational Studies in Mathematics», vol. 22, pp. 1-36.

Maggiori informazioni sulla bibliografi a e sulla ricerca di Anna Sfard possono essere trovate nella sua pagina web personale, all’URL: htt p://construct.haifa.ac.il/~annasd/sfard.htmNella sua pagina web si trovano anche alcuni articoli in linea.

Page 8: Psicologia del pensiero matematicoshop.erickson.it/front4/Image/Products/LIBRO_978-88-6137...14 Psicologia del pensiero matematico 3000 a.C., ma per una defi nizione di tale concett

Introduzione 19

Se proviamo a pensare che il sapere non abbia un’essenza, la cui descrizione spett a a scienziati e fi losofi , e lo consideriamo piutt osto come un

diritt o, secondo i parametri att uali, di credere, allora siamo molto vicini a considerare la conversazione come il contesto fondamentale entro il quale va intesa la conoscenza. La nostra att enzione si sposta dalla relazione fr a

gli esseri umani e gli oggett i della loro indagine alla relazione fr a principi di giustifi cazione alternativi, e da lì ai cambiamenti eff ett ivi di quei parametri

che costituiscono la storia intellett uale.Richard Rorty (1979, pp. 389-390)

Questo libro è il frutt o dei lunghi anni di lavoro che ho dedicato al tenta-tivo di modifi care il mio modo di pensare il pensiero, un compito all’apparenza tanto improbabile quanto quello di distruggere un martello colpendolo con quel martello stesso. In quest’impresa sono stata ispirata da Lev Vygotskij, lo psicologo bielorusso che dedicò la sua vita alla «descrizione degli aspett i unicamente umani del comportamento» (Vygotskij, 1978, p. 1), e da Ludwig Witt genstein, il fi losofo austriaco-britannico convinto che nessun progresso sostanziale potesse essere compiuto in questa direzione a meno di non sott o-porre a una profonda revisione il nostro modo di parlare delle «forme di vita» unicamente umane, e quindi di pensarle.

La mia impresa certamente ambiziosa ha umili origini. Inizialmente ero interessata all’apprendimento e all’insegnamento della matematica. Come molti altri miei predecessori, ero sconcertata da un fatt o che non saprei defi nire meglio che come un capriccio della mente umana: mentre certe persone si

Introduzione

1

Page 9: Psicologia del pensiero matematicoshop.erickson.it/front4/Image/Products/LIBRO_978-88-6137...14 Psicologia del pensiero matematico 3000 a.C., ma per una defi nizione di tale concett

20 Psicologia del pensiero matematico

destreggiavano senza fatica con numeri, poligoni e funzioni, altre al solo sentir parlare di numeri e fi gure geometriche si pietrifi cavano. Molti di coloro che erravano nell’uso di termini e procedimenti matematici sembravano farlo in modo sistematico e sorprendentemente simile. E poi c’era la meraviglia di vedere quali cose strane facevano con i numeri i bambini piccoli prima di imparare un poco per volta a usarli nel modo canonico. Ma la questione che lascia più perplessi è per quale motivo decenni, se non secoli, di tentativi di migliorare l’apprendimento della matematica sembrino non avere sortito alcun eff ett o sostenibile. Dopo essere stata per anni alle prese con questi e altri fenomeni analoghi, mi resi conto che non è possibile risolvere i misteri del pensiero ma-tematico se non si rifl ett e att entamente sul pensiero umano in generale. Finii per interrogarmi con Vygotskij su come le capacità che contraddistinguono l’uomo «si siano formate nel corso della storia umana» e su «come si svilup-pano nel corso della vita dell’individuo» (ibidem).

Presto scoprii che chiunque si avventuri in questo stimolante territorio si condanna a una vita diffi cile. La prima diffi coltà con cui si scontra chi stu-dia lo sviluppo umano è un confl itt o lacerante fra due desideri contrastanti: quello di essere scientifi ci, qualunque signifi cato si dia a questa parola, e quello di catt urare l’essenza dei fenomeni che contraddistinguono in modo unico l’uomo. Tutt e le volte che ci si concentra su una di queste due necessità, l’altra sembra intrinsecamente impossibile da soddisfare. Di fatt o, nel corso della storia, il tiro alla fune fra i due obiett ivi — da un lato quello scientifi co della riproducibilità, del rigore e della cumulabilità e dall’altro quello del rendere giustizia alla complessità dell’«unicamente umano» — ha prodott o un’oscil-lazione fra i poli riduzionista e «gestaltista». Le teorie riduzioniste, di cui il comportamentismo è probabilmente l’esempio più estremo, possono vantare l’operazionalità scientifi ca del loro vocabolario, ma alla fi ne uccidono il loro oggett o scartandone alcune parti vitali. Dal canto opposto, i vygotskiani, con la loro inclinazione socioculturale, consapevoli dell’inutilità di ogni ricerca condott a «sott o la lampada» anziché in quei luoghi oscuri in cui le risposte alle loro domande possono nascondersi veramente, non comunicano le loro fertili idee in modo abbastanza chiaro da stimolare dei programmi di studio ben defi niti.

È quanto mai probabile che oggi il nostro senso di impotenza sia giunto all’apice. Le nuove tecnologie off rono una possibilità di conoscere i fenomeni umani che non ha precedenti e producono prove ad alta risoluzione dell’estre-ma complessità delle forme umane di vita. Grazie alla presenza dei registratori audio e video nel normale strumentario dei ricercatori, la fuggevole azione umana acquista il caratt ere della permanenza e diventa passibile di studio come

Page 10: Psicologia del pensiero matematicoshop.erickson.it/front4/Image/Products/LIBRO_978-88-6137...14 Psicologia del pensiero matematico 3000 a.C., ma per una defi nizione di tale concett

Introduzione 21

mai è avvenuto in passato. Quando viene documentata e trascritt a con cura, anche la conversazione quotidiana più banale dimostra di essere un fenomeno complesso e pieno di sfaccett ature, nonché un’inesauribile fonte di interroga-tivi. Questo ci rende più che mai consapevoli del fatt o che la nostra capacità di analizzare e spiegare è inferiore alla nostra capacità di vedere e osservare. Sott o questo profi lo, la nostra situazione att uale è paragonabile a quella degli scienziati del XVII secolo di fronte all’invenzione del microscopio: quelle lenti ad alta risoluzione che rivelano ciò che non era mai stato notato prima devono ancora essere uguagliate da un apparato analitico altrett anto potente.

Pensava alle inadeguatezze degli strumenti concett uali Witt genstein, quando, oltre mezzo secolo fa, lamentava lo stato della ricerca sul pensiero umano. «I concett i psicologici non sono che concett i quotidiani», aff ermò, quando invece ciò di cui abbiamo bisogno sono «concett i forgiati di nuovo dalla scienza per i suoi propri fi ni» (Witt genstein, 1980, § 62). Queste parole sembrano avere oggi la stessa forza di quando furono scritt e. In assenza di uno specifi co vocabolario defi nito in termini operazionali, lo studio dell’uomo resta un terreno pieno di dilemmi diffi cili da sciogliere. Limitiamoci a considerare le antiche controversie riguardo allo sviluppo umano che continuano a ripre-sentarsi, anche se con diversi travestimenti, nel corso della storia. Prendiamo, per esempio, il famoso dilemma «natura contro educazione», il problema «mente-corpo» o la controversia sul «transfer di apprendimento». Tutt i questi dilemmi sembrano essere disaccordi che riguardano fatt i empirici, mentre in realtà potrebbero essere una questione di ambiguità lessicale. La nebulosità del vocabolario è la spiegazione più ovvia per la nostra incapacità di superare le diff erenze e mett ere a frutt o il lavoro svolto da altri: senza rendercene conto, probabilmente usiamo le stesse parole — natura, educazione, mente, transfer — in modo diverso. Analogamente, è probabile che la nostra incapacità di catt urare la complessità dei fenomeni umani dipenda dall’inadeguatezza dei nostri metodi analitici, una debolezza che, in assenza di defi nizioni operazionali esplicite, appare incurabile.

A un esame più att ento, la mancanza di operazionalità è soltanto l’inizio del problema del ricercatore. In assenza di defi nizioni chiare, si resta alla mercé delle metafore, cioè di concett i creati trasferendo parole familiari in territori sconosciuti. Di fatt o, se possiamo usare parole come educazione o transfer nel contesto dello sviluppo e dell’apprendimento umano, è perché entrambi i termini ci sono noti att raverso il discorso quotidiano. I servizi resi dalle meta-fore, tutt avia, hanno un prezzo: le regole non scritt e per incorporare il vecchio termine in contesti nuovi si accompagnano a una massa di implicazioni me-taforiche impreviste, alcune delle quali possono interferire con il compito di

Page 11: Psicologia del pensiero matematicoshop.erickson.it/front4/Image/Products/LIBRO_978-88-6137...14 Psicologia del pensiero matematico 3000 a.C., ma per una defi nizione di tale concett

22 Psicologia del pensiero matematico

progredire nella comprensione dei fenomeni osservati. Se l’uso della metafora non può essere impedito — essendo dopo tutt o uno dei principali meccanismi di costruzione del discorso — i rischi delle proiezioni metaforiche possono essere ridott i considerevolmente dotando di defi nizioni operazionali le nozioni di origine metaforica.

Essere espliciti nel proprio modo di usare le parole e fornire i relativi riferimenti operazionali, tutt avia, non è cosa facile. Qualcuno aggira l’ostaco-lo rivolgendosi ai numeri; la precisione della misura sembra essere infatt i un antidoto tanto ovvio per le incertezze delle narrazioni descritt ive! Anziché limitarsi a descrivere cosa fa il bambino quando si misura con i problemi matematici, chi parla «numerese» esamina le soluzioni dell’allievo, le divide in categorie e controlla le distribuzioni. Anziché analizzare gli enunciati di una bambina impegnata in un’operazione aritmetica, costoro ne misurano il quoziente intellett ivo, considerano i suoi voti scolastici e decidono se sulla base dei numeri si può dire che abbia una «diffi coltà d’apprendimento». Si trascura beatamente il fatt o che nel discorso quantitativo i numeri possono avere origine da categorizzazioni altrett anto indefi nite quanto quelle appartenenti al suo omologo «qualitativo» (dopotutt o, non c’è motivo per assumere che le parole che indicano cose da contare, quando non sono defi nite in termini operazionali, siano più operazionali delle altre). Pazienza se nel loro zelante perseguimento della semplicità, dell’ordine e dell’unifi cazione, gli interlocutori di mentalità quantitativa corrono il rischio di sorvolare su diff erenze indivi-duali potenzialmente importanti. È troppo forte la tentazione di credere che i numeri possano dire tutt o e che quando parlano loro non serva preoccuparsi delle parole.

Io invece mi preoccupo delle parole, e questo libro è il frutt o delle mie preoccupazioni. Nonostante il mio amore per i numeri — in fi n dei conti questo è il mio territorio — sono acutamente consapevole dei pericoli di un discorso puramente numerico. La scomoda opzione di operazionalizzare il discorso sulle forme di vita unicamente umane sembra l’unica alternativa percorribile. Nelle pagine seguenti, esaminerò più da vicino alcuni termini fondamentali come pensiero, apprendimento e comunicazione e proverò a defi -nirli ricorrendo a criteri chiari e pubblicamente accessibili. Se questo sforzo di operazionalizzazione desta perplessità — se qualche lett ore protesta, dicendo che il pensiero e la comunicazione sono fenomeni naturali e che quindi non bisognerebbe darsi pena di defi nirli — è il caso di ricordare che la defi nizione è qualcosa che riguarda il nostro modo di parlare del mondo, e non il mondo in quanto tale, e che spett a a noi, non alla natura, decidere come abbinare le nostre parole ai fenomeni. E ai lett ori che pensano che io stia cercando di dir

Page 12: Psicologia del pensiero matematicoshop.erickson.it/front4/Image/Products/LIBRO_978-88-6137...14 Psicologia del pensiero matematico 3000 a.C., ma per una defi nizione di tale concett

Introduzione 23

loro come devono parlare lasciate che spieghi come neppure questo sia vero: voglio soltanto essere intesa nel modo che dico io, alle mie condizioni. Per me, essere esplicita riguardo al modo in cui io uso le parole è semplicemente una questione di «responsabilità concett uale», di impegno per l’effi cacia della mia comunicazione con gli altri.

La concett ualizzazione che mi accingo a presentare può essere conside-rata un’implicazione quasi necessaria di ciò che fu aff ermato esplicitamente da Vygotskij e fu sott inteso da Witt genstein. Il punto di partenza è la tesi vy-gotskiana secondo cui le att ività implementate collett ivamente e storicamente costituite sono evolutivamente precedenti a tutt e le nostre abilità unicamente umane. Essendo una di queste abilità, anche il pensiero umano deve avere un predecessore collett ivo. Evidentemente, l’unico candidato è la comunicazione interpersonale. In questo libro, quindi, il pensiero viene defi nito come la versione individualizzata della comunicazione interpersonale, un’interazione comunicativa in cui una persona interpreta i ruoli di tutt i gli interlocutori. L’espressione co-mognizione, combinazione di comunicazione e cognizione, richiama l’att enzione sul fatt o che la comunicazione interpersonale e il pensiero individuale sono due aspett i dello stesso fenomeno.

Nei nove capitoli che compongono questo libro, l’introduzione alla prospett iva comognitiva è accompagnata da un esame approfondito delle sue conseguenze teoriche e delle sue implicazioni per la ricerca e per la pratica dell’insegnamento. Questo compito viene realizzato in due fasi. La Prima Parte (dal capitolo 1 al capitolo 4) è dedicata al duplice intento di raccontare una storia del pensiero umano e creare un linguaggio in cui questa storia possa essere raccontata utilmente. Dopo avere illustrato una serie di antiche contro-versie che riguardano l’apprendimento e la soluzione di problemi nell’uomo (capitolo 1), e dopo averle ricondott e a certe ambiguità linguistiche (capitolo 2), spiego come la prospett iva comognitiva possa essere una cura almeno per una parte dei dilemmi e delle incertezze che tutt ora persistono (capitolo 3). Dopo avere ribadito più volte che il linguaggio non è l’unico mezzo att raverso il quale la comunicazione e quindi il pensiero possono avere luogo, si giunge ad aff ermare che con ogni probabilità la comunicazione verbale è la fonte primaria delle forme di vita tipicamente umane (capitolo 4). Infatt i, se si dovesse indicare una sola caratt eristica che agli occhi di un ipotetico osservatore extraterrestre potrebbe distinguere l’umanità dalle altre specie, la scelta più probabile sarebbe la nostra capacità di accumulare complessità di azione, cioè il fatt o che le nostre forme di vita, diversamente da quelle di altre specie, evolvono e crescono per complessità e sofi sticazione da una generazione alla successiva, ridefi nendo costantemente la natura e il campo di variazione dello sviluppo individuale.

Page 13: Psicologia del pensiero matematicoshop.erickson.it/front4/Image/Products/LIBRO_978-88-6137...14 Psicologia del pensiero matematico 3000 a.C., ma per una defi nizione di tale concett

24 Psicologia del pensiero matematico

Ora si potrebbe aff ermare che questa crescita graduale è resa possibile dal fatt o che le nostre att ività sono mediate dalle parole. Più specifi camente, grazie a quella speciale proprietà della lingua umana nota con il nome di ricorsività, i discorsi che mediano le att ività, e i testi risultanti, diventano il deposito pri-mario della complessità che va gradualmente accumulandosi. Coerentemente con questa prospett iva, la ricerca sullo sviluppo umano diventa lo studio della crescita dei discorsi.

Nella Seconda Parte ritorno sulle domande che hanno dato l’avvio a questo progett o: utilizzo le lenti comognitive per spiegare uno speciale tipo di discorso chiamato matematica. Scegliendo la matematica io spero di essere in grado di illustrare il potere del modello comognitivo con particolare chia-rezza. Il pensiero matematico è l’oggett o di studio predilett o dagli psicologi sin dall’avvento della ricerca metodica sulla cognizione umana. Generalmente reputata la rappresentazione concreta forse più notevole della capacità uma-na di astrazione e complessità, la matematica è anche un modello di rigore e chiarezza: essa può essere scomposta in strati delineati in modo relativamente preciso e organizzati gerarchicamente che si prestano a molti livelli diversi di impegno e di esecuzione. La tradizione di usare la matematica come ambiente ideale per cercare risposta alle domande generali sul pensiero umano risale a Jean Piaget (si veda ad es. Piaget, 1952) ed è stata proseguita da una varietà di psicologi evolutivi e investigatori di errori, per fi nire, perlomeno per ora, con i teorici socioculturali impegnati a rivendicare il posto del sociale nell’antica triade mondo-società-individuo (si vedano Lave, 1988; Walkerdine, 1988). Per tutt a la storia, gli studiosi della mente umana si sono trovati spesso divisi su questioni di epistemologia e metodologia e sull’interpretazione del signifi cato dei fenomeni osservati, ma sono sempre stati concordi sul fatt o che il pensie-ro matematico fosse un ambiente perfett o per scoprire delle verità generali riguardo allo sviluppo umano.1

Nei quatt ro capitoli dedicati al pensiero matematico, sviluppo la rappre-sentazione comognitiva della matematica come discorso di un certo tipo — come una forma di comunicazione ben defi nita che si contraddistingue per il suo vocabolario, i suoi mediatori visivi, le sue routine e per le narrazioni che produce (capitolo 5). Aff ronto poi le questioni della natura e delle origini del discorso matematico e aff ermo che la matematica è un sistema autopoietico, un sistema che stimola il suo stesso sviluppo e produce i suoi oggett i propri

1 H.J. Reed e J. Lave (1979) presentano argomenti convincenti a favore dell’uso della matematica come «laboratorio» per lo studio del pensiero umano in un loro articolo eloquentemente intitolato Arithmetic as a tool for investigating the relation between culture and cognition (L’aritmetica come strumento per indagare la relazione fr a cultura e cognizione).

Page 14: Psicologia del pensiero matematicoshop.erickson.it/front4/Image/Products/LIBRO_978-88-6137...14 Psicologia del pensiero matematico 3000 a.C., ma per una defi nizione di tale concett

Introduzione 25

(capitolo 6). Proseguo con un esame att ento dei modi di comunicare unici della matematica (capitolo 7) e dei vantaggi che essi off rono (capitolo 8). In tutt o il libro dedico una particolare att enzione alla questione di come nasce il discorso matematico e di come e perché successivamente si evolve. La concezione della matematica come discorso, e quindi come forma di att ività umana, permett e di identifi care i meccanismi comuni allo sviluppo storico della matematica e al suo apprendimento individuale. Dett o tutt o ciò, ritorno ai dilemmi iniziali e mi chiedo se la prospett iva comognitiva abbia fornito la soluzione auspicata. Al contempo, mi interrogo su una nuova serie di enigmi; su alcuni di essi si sta già lavorando, mentre altri aspett ano ancora di essere trasformati in domande adatt e alla ricerca (capitolo 9). Nel corso di tutt o il libro, le rifl essioni teoriche sono intervallate da numerosi casi empirici. Ancorché prevalentemente mate-matici, gli esempi sono piutt osto elementari e facilmente fruibili da chiunque conosca l’abbiccì di questa materia. Il taglio matematico non dovrebbe quindi scoraggiare i lett ori che matematici non sono, e neppure quelli a cui questa materia evoca ansia. Vale la pena anche rilevare che il libro può essere lett o in modi diversi, a seconda delle necessità e degli interessi: chi è interessato più che altro alla teoria del pensiero umano potrà trovare ciò che cerca nella Prima Parte, dove i riferimenti alla matematica sono scarsi; chi invece lo legge perché è interessato al pensiero matematico può indirizzarsi dirett amente alla Seconda Parte. Il Glossario alla fi ne del volume fornisce a chi ne avesse eventualmente bisogno una spiegazione concisa dei principi teorici e delle espressioni fon-damentali qui adoperate.

Page 15: Psicologia del pensiero matematicoshop.erickson.it/front4/Image/Products/LIBRO_978-88-6137...14 Psicologia del pensiero matematico 3000 a.C., ma per una defi nizione di tale concett

Discorso sul pensiero

Prima parte

Page 16: Psicologia del pensiero matematicoshop.erickson.it/front4/Image/Products/LIBRO_978-88-6137...14 Psicologia del pensiero matematico 3000 a.C., ma per una defi nizione di tale concett

I misteri del pensiero (matematico) 29

Un […] fatt o ci deve sorprendere, o piutt osto ci sorprenderebbe se non ci fossimo troppo abituati: come mai ci sono persone che non capiscono la

matematica? Se la scienza si appella soltanto alle regole della logica, quelle accett ate da tutt e le menti benfatt e, come mai ci sono così tante persone

totalmente refr att arie ad essa?Henri Poincaré (1952, p. 47)

La matematica, oltre a essere piena di misteri, è un mistero di per sé. Chiunque ne sappia qualcosa probabilmente ha delle domande da fare. La maggior parte di noi si meraviglia per quanto la matematica sia astratt a e si chiede come sia possibile aff rontare una cosa tanto complessa e distaccata da tutt o ciò che è tangibile come questa. La preoccupazione di coloro che riesco-no a gestire tale complessità, come fece il matematico e fi losofo della scienza francese Henri Poincaré, è l’esatt o opposto: i pochi fortunati che «parlano matematica» con la stessa disinvoltura con cui conversano nella loro madre-lingua fanno molta fatica a capire le diffi coltà altrui. Sembra che nella nostra vita da un certo punto in poi la comprensione matematica diventi un fenomeno «tutt o o niente» — o ce l’hai o non ce l’hai — e il fatt o di trovarsi da una di queste due parti appare così naturale che non si è in grado di immaginare che cosa signifi chi essere dall’altra.

Ma gli aspett i sconcertanti della matematica vanno ben oltre. La lett eratura sul pensiero umano è piena di enigmi tenaci che la riguardano. Alcuni di essi sono ben noti e alimentano il dibatt ito da molto tempo; altri att endono anco-

I misteri del pensiero (matematico)

1

Page 17: Psicologia del pensiero matematicoshop.erickson.it/front4/Image/Products/LIBRO_978-88-6137...14 Psicologia del pensiero matematico 3000 a.C., ma per una defi nizione di tale concett

30 Psicologia del pensiero matematico

ra un esame più att ento e approfondito. Lasciate che faccia qualche esempio dell’uno e dell’altro tipo: ognuna delle cinque storie che seguono comincia con una breve descrizione di una controversia ben documentata e prosegue con ulteriori domande inquietanti che dovrebbero aff acciarsi alla nostra mente nel momento in cui riusciamo a vedere una situazione familiare sott o una luce insolita. Per il momento non verranno suggerite soluzioni e alla fi ne del capitolo alcuni lett ori potranno sentire di essere stati lasciati in sospeso, provando fasti-dio. Vorrei quindi chiedervi di avere pazienza: dovrete continuare a dibatt ervi nei dilemmi che sto per presentare fi no alla fi ne del libro. In questo capitolo intendo descrivere le malatt ie che affl iggono la ricerca att uale sul pensiero e preparare il terreno per diagnosticarne l’origine. Il tentativo di applicare una soluzione avrà luogo nei capitoli seguenti. Spero che il lungo viaggio verso una migliore comprensione del pensiero non sia meno gratifi cante del premio che aspett a alla fi ne.

Il dilemma del numero

Certi fenomeni misteriosi connessi alla matematica possono essere osservati già nei primi stadi dello sviluppo infantile. Alcuni dei più discussi e meglio conosciuti furono notati e documentati per la prima volta dallo psico-logo svizzero Jean Piaget (1952). Per dirla nel linguaggio di Piaget, i bambini piccoli non conservano i numeri; non sono cioè consapevoli del fatt o che un mero riordinamento spaziale non cambia la cardinalità di un insieme di oggett i (oppure, più semplicemente, nella misura in cui nulla è stato raggiunto e nulla è stato tolto, il processo di conteggio, se ripetuto, fi nisce sempre con la stessa parola-numero).

Nei bambini, la consapevolezza della conservazione del numero viene verifi cata con l’aiuto di compiti appositi. In uno di questi, si mostrano al bambino due insiemi numericamente equivalenti di palline disposte in righe parallele di uguale lunghezza e densità. La corrispondenza biunivoca delle palline è quindi facilmente visibile nel momento in cui si rivolge al bambino la domanda seguente: «Quale riga ha più palline?». Viene riferito che in questa situazione anche i bambini più piccoli forniscono la risposta att esa. A questo punto una delle righe viene estesa in modo che divenga più lunga senza che il numero degli elementi che la compongono diventi maggiore, e si rivolge al bambino la stessa domanda di confronto. Sulla base della loro prestazione, si ritiene che la maggior parte dei bambini di quatt ro o cinque anni si trovino allo stadio «preconservativo»: invitati a confrontare le righe di lunghezza diversa,

Page 18: Psicologia del pensiero matematicoshop.erickson.it/front4/Image/Products/LIBRO_978-88-6137...14 Psicologia del pensiero matematico 3000 a.C., ma per una defi nizione di tale concett

I misteri del pensiero (matematico) 31

anche quelli che in precedenza hanno risposto «nessuna ne ha di più» ora rispondono indicando quella che è stata allungata. Questo fenomeno appare particolarmente sorprendente alla luce del fatt o che all’età di quatt ro anni la maggior parte dei bambini padroneggia già l’arte di contare fi no a 10 o a 20.1 Perché mai dei bambini che sanno contare corrett amente non usano questa loro capacità quando si chiede loro: «Quale delle due righe ha più palline?». «Non conservano ancora il numero» è una risposta tradizionale piagetiana. La sconcertante scoperta di Piaget e le sue diagnosi hanno stimolato una lunga serie di studi ulteriori, in cui a bambini di quatt ro o cinque anni venivano sott oposti dei compiti che potevano essere risolti meglio con l’aiuto del conto, come il confronto fra insiemi o la costruzione di insiemi numericamente equivalenti. Tutt i questi studi hanno confermato almeno una delle osservazioni di Piaget: ancorché capaci di contare, i bambini tendono a eseguire certi compiti ado-perando metodi non numerici, che il più delle volte li portano a raggiungere risultati «impropri».

Per decenni, questi fenomeni e la loro interpretazione piagetiana hanno generato un ricco dibatt ito (Mehler e Bever, 1967; McGarrigle e Donaldson, 1974). Per esempio, secondo Margaret Donaldson e James McGarrigle, i bam-bini potrebbero avere almeno due validi motivi per cambiare le loro risposte dopo la modifi ca nella disposizione delle serie, nessuno dei quali si traduce in una «incapacità di conservare il numero». Innanzitutt o, sembra plausibile che anziché rapportare le parole «ha più» alla cardinalità degli insiemi, i bambini prestino att enzione alle proprietà immediatamente visibili delle righe, come la lunghezza. In secondo luogo, secondo le regole del gioco di apprendimento-insegnamento ampiamente praticato sia nelle scuole che a casa dei bambini, la stessa reiterazione della domanda può essere interpretata dai piccoli intervistati come un suggerimento di rispondere in modo diverso (Mehan, 1979).

Nel tentativo di conoscere più a fondo questo fenomeno, la collega Irit Lavie e io abbiamo avviato uno studio sul pensiero numerico incipiente.2 I nostri «soggett i» sono stati la fi glia di Irit, che si chiama Roni e ha quatt ro anni, e

1 Questa padronanza è stata descritt a da Rochel Gelman e colleghi (Gelman e Gallistel, 1978) come la capacità di osservare i tre principi del conteggio: il principio della corrispondenza biunivoca, che consiste nell’assegnare esatt amente una parola-numero a ciascun elemento dell’insieme che viene contato; il principio dell’ordine costante, che consiste nel pronunciare sempre le parole-numero nella stessa disposizione lineare; e il principio della cardinalità, cioè la consapevolezza del fatt o che il conteggio corrett o dell’insieme dato, se ripetuto, deve fi nire con la stessa parola-numero.

2 Si tratt a di uno studio longitudinale in corso dal 2002. Eynat, che Roni conosce sin dalla nascita, è fi glia di amici dei suoi genitori. I membri di entrambe le coppie sono professionisti colti. L’evento ha avuto luogo a casa di Roni. Per un resoconto dett agliato della prima parte di questo studio si veda Sfard e Lavie (2005).

Page 19: Psicologia del pensiero matematicoshop.erickson.it/front4/Image/Products/LIBRO_978-88-6137...14 Psicologia del pensiero matematico 3000 a.C., ma per una defi nizione di tale concett

32 Psicologia del pensiero matematico

Eynat, una sua amica di sett e mesi più grande (fi gura 1.1) e la nostra intenzione era quella di condurre un esperimento simile a quello descritt o sopra: avremmo chiesto alle bambine di confrontare degli insiemi di oggett i.

Fig. 1.1 Roni e Eynat.

Anche se alla fi ne il nostro studio ha prodott o risultati non diversi da quelli ott enuti da Piaget e dai suoi seguaci, esso è divenuto altresì una fonte di nuovi dilemmi di cui non si è mai parlato in passato. Una situazione tratt a da questo studio basta a esemplifi care certi aspett i delle prestazioni dei bambini che nelle ricerche precedenti non sono stati segnalati. L’episodio 1.1 descritt o sott o è l’inizio della prima conversazione fra le due bambine e la madre di Roni, che è durata 20 minuti. Essa ha avuto luogo a casa di Roni. Alle bambine sono stati presentati due insiemi di biglie all’interno di due scatole chiuse identiche, le cui pareti non trasparenti ne impedivano la vista.3

Episodio 1.1 Confr onto fr a insiemi di biglie

Parlante Ciò che è stato detto Ciò che è stato fatto

1. Madre Vi ho portato due scatole. Lo sapete cosa c’è dentro le scatole?

Mette due scatole identiche chiuse e non trasparenti, A e B, sul tappeto vicino alle bambine.

3 La conversazione ha avuto luogo in ebraico. Nella traduzione mi sono sforzata di conservare certi modi di dire particolari delle bambine (per esempio, «questa è la più grande di questa» e «è più enorme di quella»).

(continua)

Page 20: Psicologia del pensiero matematicoshop.erickson.it/front4/Image/Products/LIBRO_978-88-6137...14 Psicologia del pensiero matematico 3000 a.C., ma per una defi nizione di tale concett

I misteri del pensiero (matematico) 33

Parlante Ciò che è stato detto Ciò che è stato fatto

2. Roni Sì, biglie.

3a. Madre Esatto, nelle scatole ci sono delle biglie.

3b. Madre Voglio che mi diciate in quale scatola ci sono più biglie.

Mentre dice ciò, indica la scatola A vicino a Eynat e poi la scatola B.

3c. Eynat Indica la scatola A, più vicina a lei.

3d. Roni Indica la scatola A.

4. Madre In questa? Come fai a saperlo? Indica la scatola A.

5. Roni Perché questa è più grande di questa. È di più.

Mentre dice «di questa» indica la scatola B, più vicina a lei.

6. Madre Eynat, come fai a saperlo?

7. Eynat Perché… perché è più enorme di quel-la.

Ripete il movimento che ha fatto Roni per indicare la scatola B quando ha detto «di quella».

8. Madre Sì? Questa è più enorme di quella? Roni, tu che cosa dici?

Ripete il movimento che ha fatto Roni per indicare la scatola B quando ha detto «di quella».

9. Roni Anche che questa è più enorme di questa.

Ripete il movimento che ha fatto Roni per indicare la scatola B quando ha detto «di quella».

… … …

10a. Madre Volete aprire e scoprirlo? Apriamo e guardiamo che cosa c’è dentro. Forza, date un’occhiata.

10b. Roni Afferra improvvisamente la scatola A, che è più vicina a Eynat e che prima è stata scelta come quella che contiene più biglie.

11. Roni 1 … 1 … 1 … 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8. Apre la scatola A e conta correttamente.

12. Eynat 1, 2, 3, 4, 5, 6. Apre la scatola B e conta correttamente.

13. Madre Allora, che cosa dite?

14. Roni 6.

15. Madre 6 cosa? Tu dici 6 cosa? Che cosa signifi ca «sei»? Spiega.

16. Roni Che questo è troppe.

17. Madre Che questo è troppo? Eynat, tu che cosa dici?

18. Eynat Che anche questo è un po’.

19. Madre Che ti sembra un po’? Dove pensi che ci siano più biglie?

(continua)

(continua)

Page 21: Psicologia del pensiero matematicoshop.erickson.it/front4/Image/Products/LIBRO_978-88-6137...14 Psicologia del pensiero matematico 3000 a.C., ma per una defi nizione di tale concett

34 Psicologia del pensiero matematico

Parlante Ciò che è stato detto Ciò che è stato fatto

20. Roni Penso qui. Indica la scatola A, che ora è vicina a lei (e nella quale ha trovato otto biglie).

21. Madre Pensi qui? E tu, Eynat, cosa pensi?

22. Eynat Anch’io qui.

Come previsto dalla madre, le bambine hanno dimostrato una piena padronanza del conto. Ciò nonostante, non si sono prese la briga di contare le biglie oppure di aprire le scatole quando è stato chiesto loro di confrontarne i contenuti non visibili. La loro reazione immediata è consistita nello scegliere una delle scatole chiuse ([3c], [3d]). Non solo hanno fatt o questa mossa immediata e si sono trovate concordi nella loro decisione, ma sono anche state perfett amente capaci di «giustifi care» la loro azione in un modo che sarebbe potuto apparire adeguato se non fosse per il fatt o che non avevano un fondamento a cui ancorare le aff ermazioni comparative «questa è più grande di questa» ([5]), «è più enorme di quella» ([7]) e «questa è più enorme di quella» ([9]). Se la madre sbigott ita sperava che la sua indagine sulle ragioni delle scelte ([4], [6], [8]) avrebbe sollecitato l’apertura delle scatole e il con-teggio delle biglie, si è dovuta rapidamente disilludere: alla fi ne nulla è servito e ha dovuto chiedere esplicitamente di farlo ([10a]).

Oggi siamo così avvezzi al fatt o che «bambini che sanno contare possano non ricorrere al conteggio per confrontare degli insiemi rispett o al numero» (Nunes e Bryant, 1996, p. 35) che l’episodio sopra descritt o può non sor-prenderci, perlomeno a una prima lett ura. Eppure, il fatt o di sapere che cosa i bambini di solito non fanno non è suffi ciente a spiegare che cosa invece fanno eff ett ivamente. L’insistenza delle nostre piccole intervistate nel decidere quale scatola «ha più biglie» senza eseguire esplorazione alcuna è un enigma — un enigma che non è stato rilevato né spiegato negli studi precedenti. A diff erenza di quanto accade nei compiti di conservazione, Roni e Eynat hanno fatt o le loro aff ermazioni a proposito dell’ineguaglianza senza vedere realmente gli insiemi, quindi non possiamo att ribuire le loro scelte ad alcuna diff erenza visibile fra gli oggett i del confronto. Né possiamo considerare la loro sorprendente de-cisione come motivata dalla regola «Domanda ripetuta signifi ca “Cambiare risposta!”»: le bambine hanno scelto una delle due scatole identiche già al primo giro di domande, prima che la madre avesse la possibilità di reiterare la loro richiesta. Beh — qualcuno potrebbe dire — stavano giocando a un gioco di indovinelli. Questo vorrebbe dire che le bambine sapevano che avrebbero

(continua)

Page 22: Psicologia del pensiero matematicoshop.erickson.it/front4/Image/Products/LIBRO_978-88-6137...14 Psicologia del pensiero matematico 3000 a.C., ma per una defi nizione di tale concett

I misteri del pensiero (matematico) 35

dovuto verifi care la loro congett ura contando i contenuti delle due scatole. Tutt avia, nessuna delle due è sembrata veramente propensa a eseguire tale procedura di verifi ca, e quando alla fi ne lo hanno fatt o, non hanno dato alcun segno di preoccuparsi di verifi care se la risposta presente corrispondesse alla precedente scelta dirett a. Per giunta, l’ipotesi di un gioco di indovinelli, anche se confermata, lascia comunque molte domande senza risposta: perché le bambine si sono trovate così perfett amente d’accordo sulle loro scelte anche se esse sembravano arbitrarie? Che cos’è che evidentemente ha reso la scatola scelta così altamente desiderabile? (Si noti che entrambe le bambine hanno voluto questa scatola per sé; si veda, per esempio, [10b].) Perché dopo avere preso le loro decisioni apparentemente inspiegabili le bambine sono state capaci di rispondere alla richiesta di una giustifi cazione? Su quali basi hanno aff ermato che la scatola da loro scelta è «la più grande» o «più enorme»? Si possono fare congett ure di vario tipo per cercare di rispondere a tutt e queste domande, ma sembra che un vero progresso nella nostra comprensione delle azioni infantili connesse ai numeri non abbia molte probabilità di avvenire, a meno che non vi sia un qualche cambiamento fondamentale nel nostro modo di pensare il pensiero numerico.

Sembra che per fare i conti con questi e con altri fenomeni simili sia necessario andare oltre l’impostazione piagetiana. Infatt i, se nelle ricerche precedenti troviamo pochi elementi che ci aiutino a spiegare quel che abbiamo osservato in questo studio, è probabilmente perché i ricercatori guidati dalla teoria non prestano att enzione ad altro che a quelle azioni dei loro intervistati che già loro hanno classifi cato in anticipo come rilevanti per il loro studio, e per il ricercatore piagetiano la conversazione che precede l’apertura delle scatole può essere messa da parte come un puro e semplice «rumore». L’analisi della seconda metà dell’evento potrebbe persino indurlo ad aff ermare che Roni e Eynat avevano una padronanza soddisfacente dei confronti numerici, anche se non è questa la visione che emerge quando la seconda parte dell’episodio viene analizzata nel contesto della prima.

Il dilemma dell’astrazione (e del transfer)

La spiegazione più comune dell’insuccesso diff uso nella matematica di tipo scolastico più avanzata ne invoca il caratt ere altamente astratt o. L’astrazione, la specialità degli scienziati in generale e dei matematici in particolare, è un’att ività che ha sempre goduto di grande stima, apprezzata per la sua capacità di produrre utili generalizzazioni. Si è creduto che se le persone si impegnano nel pensiero

Page 23: Psicologia del pensiero matematicoshop.erickson.it/front4/Image/Products/LIBRO_978-88-6137...14 Psicologia del pensiero matematico 3000 a.C., ma per una defi nizione di tale concett

36 Psicologia del pensiero matematico

astratt o nonostante la sua diffi coltà, lo fanno a causa della naturale tendenza della mente umana a organizzare la propria esperienza con l’aiuto di strutt ure e modelli unifi canti. Può quindi sorprendere che ultimamente l’idea di astrazione abbia acquisito una catt iva reputazione. A dire il vero, i problemi non sono cominciati oggi. L’idea di astrazione ha tolto il sonno ai fi losofi e agli psicologi sin dalla nascita delle loro discipline, e da secoli è possibile udire certe voci critiche che richiamano l’att enzione sui dilemmi concett uali prodott i dall’astrazione. Eppure mai prima d’ora qualcuno aveva proposto di eliminare semplicemente il termine astrazione dal discorso sull’apprendimento (Lave e Wenger, 1991).

Per farsi un’idea dei fenomeni che hanno scosso la fi ducia dei ricercatori nella propensione umana all’astrazione, consideriamo il breve episodio verifi -catosi nel contesto di uno studio sui venditori ambulanti brasiliani condott o da Teresinha Nunes, Annalucia Schliemann e David Carraher (Nunes, Schliemann e Carraher, 1993, p. 24). M., che ha 12 anni e vende noci di cocco al prezzo di 35 cruzeiro ciascuna, viene avvicinato da un cliente.

Cliente: Vorrei prendere quattro noci di cocco. Quant’è?M.: Sono centocinque, più trenta, cioè centotrentacinque… una noce di

cocco viene trentacinque… cioè… centoquaranta!

Un po’ di tempo dopo, al ragazzino viene chiesto di svolgere il calcolo numerico 4x35 senza fare alcun riferimento dirett o alle noci di cocco o al denaro.

M.: Quattro moltiplicato per cinque fa venti, riporto due; due più tre fa cinque, che moltiplicato per quattro fa venti. [Risposta scritta: 200]

Il nuovo risultato, così clamorosamente diverso dal precedente, può ap-parire sconcertante a chiunque conosca l’abbiccì della matematica. Per dirla con le parole dei ricercatori stessi, «Com’è possibile che dei bambini capaci di risolvere un problema di calcolo nella situazione naturale non riescano a risolvere lo stesso problema quando esso viene avulso dal suo contesto?» (p. 23). Risolvere «lo stesso problema» in situazioni diverse signifi ca essere capace di vedere le due situazioni come se fossero, in un certo senso, le stesse, o perlomeno come suffi cientemente simili da consentire l’applicazione dello stesso algoritmo. La capacità di notare la «stessità» (o anche solo la somiglian-za) è la sostanza dell’astrazione, e la capacità di astrarre è considerata parte integrante della facoltà umana di «trasferire la conoscenza» — di riciclare vecchie procedure per la soluzione di problemi in situazioni nuove. Ciò che ha sconcertato gli autori dello studio brasiliano è il fatt o che quest’ultima ca-pacità sembrava essere assente in M., come del resto praticamente in tutt i gli altri giovani venditori ambulanti da loro intervistati.

Page 24: Psicologia del pensiero matematicoshop.erickson.it/front4/Image/Products/LIBRO_978-88-6137...14 Psicologia del pensiero matematico 3000 a.C., ma per una defi nizione di tale concett

I misteri del pensiero (matematico) 37

Si potrebbe cercare di spiegare questi risultati dicendo semplicemente che il principale motivo per cui le prestazioni dei bambini brasiliani in strada erano diverse da quelle fornite in situazioni di tipo scolastico è che la loro scolarizzazione era insuffi ciente. Si può comprendere l’incapacità di M. di aff rontare il compito astratt o alla luce della sua pressoché totale mancanza di apprendimento scolastico. Eppure resta la questione del perché nella situazione che richiama la scuola il bambino non abbia utilizzato lo stesso algoritmo che aveva applicato tanto effi cacemente in strada. La domanda diventa ancora più spinosa se si considerano i risultati di altri studi transculturali e transituazionali, dalla maggior parte dei quali è emerso che persone estremamente abili nella soluzione di problemi matematici quotidiani possono avere considerevoli dif-fi coltà nell’apprendimento degli equivalenti astratt i delle procedure adoperate nella vita reale. Consideriamo, per esempio, i risultati dello studio condott o da Michael Cole e colleghi in Liberia negli anni Sessanta. Sebbene i Kpelle osservati dai ricercatori dimostrassero una grande scioltezza nelle operazioni su quantità di riso e nelle transazioni in denaro, sembravano quasi del tutt o refratt ari alla matematica scolastica. «Gli insegnanti si sono lamentati del fatt o che, quando presentavano un problema del tipo 2 + 6 = ?, come esempio durante la lezione, e poi chiedevano di calcolare 3 + 5 = ? in una verifi ca, gli allievi tendevano a protestare perché la verifi ca gli sembrava ingiusta, dal momento che conteneva materiale di cui non si era parlato a lezione» (Cole, 1996, p. 73. Si vedano anche Cole et al., 1971; Hoyles et al., 2001; Lave, 1988; Scribner, 1997; Scribner e Cole, 1981). Anche riconsiderando le sue osservazioni a distanza di tempo, Cole non riesce a superare lo sconcerto:

Gli interrogativi emersi da queste osservazioni mi accompagnano ancora oggi. Giudicati att raverso il modo in cui risolvono dei rompicapo o studiano matematica a scuola, i Kpelle sembrano tonti; giudicati considerandone il comportamento nei mercati, sui taxi e in molti altri contesti, sembrano intelligenti (perlomeno più intelligenti di un turista statunitense). Come fa una persona ad essere così stupida e così intelligente al contempo? (Cole, 1996, p. 74)

Questi risultati non sono diversi da quelli di molti altri studi transculturali e transituazionali, specialmente quelli sui lavoratori di un negozio di vendita all’ingrosso di latt icini (Scribner, 1997), statunitensi alle prese con acquisti o impegnati in una dieta (Lave, 1988) e commercianti nepalesi (Beach, 1995). In un nostro studio abbiamo riscontrato che un bambino può avere diffi coltà ad associare procedure matematiche quotidiane e astratt e, anche se ha una conoscenza suffi ciente della matematica scolastica. Consideriamo, per esem-pio, due estratt i di un’intervista con un dodicenne del secondo anno della

Page 25: Psicologia del pensiero matematicoshop.erickson.it/front4/Image/Products/LIBRO_978-88-6137...14 Psicologia del pensiero matematico 3000 a.C., ma per una defi nizione di tale concett

38 Psicologia del pensiero matematico

scuola primaria di secondo grado,4 che chiamerò Ron. Nella prima parte della conversazione, il bambino interpretava il ruolo di commesso di un negozio e l’intervistatrice quello di una cliente. I prodott i erano rappresentati da cartellini su cui era scritt o il nome del prodott o con il relativo prezzo. Il «venditore» e «l’acquirente» avevano a disposizione una certa quantità di monete e banco-note vere. Nell’episodio che segue, il commesso sta calcolando la somma che l’acquirente deve pagare avendo chiesto tre scatolett e di tonno da 4,99 shekel ciascuna e due bott iglie di acqua minerale da 1,10 shekel cadauna.5

Episodio 1.2 Uso della procedura di arrotondamento e della distributività6

67. Intervistatore: Tre scatolette di tonno e due bottiglie d’acqua.

Operazione necessaria: 3 x 4.99 IS + 2 x 1,10 IS (IS sta per Israel Shekel, cioè Shekel Israeliano)

68. Ron: [....]6 Due e venti [2, 20] [.....................] Posso arrotondare il totale?

69. Intervistatore: Mi dica soltanto quanto dovrei pagare.

70. Ron: [..................] Credo che faccia 17 [IS] e 17 agora. [17, 17] [.....] Forse no. Vediamo. Ho calcolato questo come 5… Fa 15, perché ho moltiplicato per 3. Tolgo 3 agora dal 99, e fa 14 e 97 agora. Ho sommato i 97 agora e i 20 agora dell’acqua e ciò signifi ca che devo sommare uno shekel e 17 agora. Sono già 15 e 17 agora. Ho aggiunto i 2 shekel dell’acqua e così ho ottenuto 17 shekel e 17 agora.

Esegue:3 x 5 IS = 15 IS15 IS – 3 AG = 14,97 IS97 AG + 20 AG = 1,17 IS14 IS + 1,17 IS = 15,17 IS15,17 IS + 2 IS = 17,17 IS

I compiti di acquisto sono stati seguiti da altri di tipo puramente numeri-co, uno dei quali consisteva nel calcolare 24 x 9. Ron ha eseguito l’operazione basandosi sulla proprietà distributiva e senza usare la procedura di arrotonda-mento, che avrebbe potuto fornire il risultato più rapidamente.

192. Ron: [legge] 24 moltiplicato per 9 [......] 20 moltiplicato per 9 fa 180. 9 moltiplicato per 4 fa 36. 80 + 36 fa [.........] 116. 180 più 36 fa 226.

24 x 9

4 Il colloquio è stato condott o in ebraico da Liron Dekel (2003) nel contesto della sua tesi di master.5 Lo shekel israeliano (IS) è l’unità monetaria di Israele; uno shekel equivale a 100 agora.6 I puntini fra parentesi quadre indicano delle pause; due puntini equivalgono a una pausa nel discorso

di un secondo.

Page 26: Psicologia del pensiero matematicoshop.erickson.it/front4/Image/Products/LIBRO_978-88-6137...14 Psicologia del pensiero matematico 3000 a.C., ma per una defi nizione di tale concett

I misteri del pensiero (matematico) 39

Nonostante la sua abilità nell’applicare la procedura di arrotondamento e nello sfrutt are la distributività, che il ragazzo ha dimostrato sia qui che nei compiti precedenti con il denaro, Ron non è ricorso a questi metodi quando ha cercato di eseguire un calcolo più complesso, 49 x 16.

196. Ron: 40 moltiplicato per 16. 40 moltiplicato per 10 fa 400. 9 moltiplicato per 6 fa 54. Fa 454.

4 x 100 = 4009 x 6 = 54400 + 54 = 454

197. Intervistatore: È giusto?

198. Ron: Perché no?

L’intervistatore ha aspett ato pochi minuti e poi ha deciso di indurre il ragazzo a usare la procedura di arrotondamento.

199. Intervistatore: Guarda ancora l’espressione. Ci sono altri numeri simili che potresti…

49 x 16

200. Ron: In che senso?

201. Intervistatore: 49 è come…

202. Ron: [.....] 64? 64 era un numero ottenuto in uno dei compiti puramente numerici precedenti

203. Intervistatore: Ti ricordi che cosa abbiamo fatto durante gli acquisti?

204. Ron: [.......] Quando avevamo 99 agora? Guarda i prezzi scritti sui car-tellini dei prodotti

205. Intervistatore: Sì. Che cosa abbiamo fatto quella volta?

206. Ron: Abbiamo tolto un agora… Sono 50 mol-tiplicati per 10 meno [....] ho trasformato il 49 in 50 [….] 50 moltiplicato per 10 fa 500 [....] e 50 moltiplicato per 6 fa 300. Fa 800 [....]; e poi… 166? No, 346.

50 x 10 – …50 x 10 = 50050 x 6 = 300500 + 300 = 800800 – 166?800 – 346?

207. Intervistatore: Sottrai 346?

208. Ron: Sì, 346.

La diffi coltà che ha ora Ron nell’utilizzare la procedura di arrotondamento e la proprietà distributiva, diffi coltà che contrasta in modo eclatante con la

Page 27: Psicologia del pensiero matematicoshop.erickson.it/front4/Image/Products/LIBRO_978-88-6137...14 Psicologia del pensiero matematico 3000 a.C., ma per una defi nizione di tale concett

40 Psicologia del pensiero matematico

disinvoltura da lui dimostrata applicandole entrambe alla situazione di «vita reale», può essere dovuta alla diversità dei numeri coinvolti. Tutt avia, potreb-be anche essere una conseguenza del fatt o che questa volta i calcoli sono stati eseguiti sui numeri «nudi e crudi» e non sulle monete e le banconote familiari che evidentemente hanno mediato — o nella loro forma reale o soltanto in quella immaginata — il calcolo di vita reale precedente, per non parlare della possibilità che Ron potrebbe semplicemente non avere alcun motivo per associare i compiti numerici scritt i sulla carta con le transazioni in denaro. Dopo tutt o, a scuola i compiti numerici vengono eseguiti per dimostrare che si padroneggiano le procedure di calcolo formali, e non semplicemente per produrre una risposta. Qualunque ne sia la ragione, il punto è capire cosa si possa fare per superare questa compartimentazione di tecniche.

Secondo molti ricercatori, la gran mole di dati che evidenziano la forte dipendenza delle azioni umane dalle situazioni in cui esse hanno luogo sembra indebolire l’assunto alla base dei curricoli scolastici, secondo il quale i concett i e procedimenti astratt i, una volta appresi, saranno facilmente «trasferiti» a situazioni nuove ogni qual volta se ne presenti la possibilità:

I recenti studi sull’apprendimento […] mett ono in discussione […] la possibilità di separare ciò che viene appreso dal modo in cui si apprende e si utilizzano gli apprendimenti. L’att ività nel contesto della quale la cono-scenza viene sviluppata e manifestata, si aff erma oggi, non è separabile né secondaria rispett o all’apprendimento o alla cognizione. E non è neppure neutra. Al contrario, essa è parte integrante di ciò che viene appreso. Si potrebbe dire che le situazioni coproducono la conoscenza att raverso l’att ività. L’apprendimento e la cognizione, possiamo aff ermare oggi, sono sostanzialmente situati. (Brown, Collins e Duguid, 1989, p. 32)

Le critiche che ne derivano ai concett i di astrazione e transfer sono da moderate a radicali — si va dal sott olineare gli errori comuni nella nostra comprensione del concett o all’ipotizzarne l’assoluta insostenibilità. Nella versione radicale, la nozione di astrazione, considerata praticamente insepa-rabile dal problema della generalità della conoscenza e dal concett o di transfer dell’apprendimento, viene accusata di portare con sé nella ricerca cognitiva certi assunti taciti destinati a corromperla. Così, per esempio, i teorici che per primi proposero di concett ualizzare l’apprendimento in termini di par-tecipazione a certe pratiche ben defi nite anziché in termini di «acquisizione di conoscenza» aff ermarono di «sfi dare… il senso stesso dell’astrazione e/o della generalizzazione» e di «rigett are le lett ure convenzionali della genera-lizzabilità e/o dell’astrazione della «conoscenza»» (Lave e Wenger, 1991, p. 37). Nella versione moderata, la proposta non è tanto di abbandonare l’idea

Page 28: Psicologia del pensiero matematicoshop.erickson.it/front4/Image/Products/LIBRO_978-88-6137...14 Psicologia del pensiero matematico 3000 a.C., ma per una defi nizione di tale concett

I misteri del pensiero (matematico) 41

di astrazione, quanto piutt osto di essere più consapevoli dei rischi di una sua concett ualizzazione incauta e delle sue applicazioni superfi ciali. A proposito delle animate controversie fra coloro che vorrebbero conservare l’idea di astrazione nella sua concezione tradizionale e coloro che vorrebbero rigett arla, James Greeno scrive: «Sulla questione dell’astrazione […] il disaccordo […] riguarda le formulazioni teoriche, non le aff ermazioni empiriche» (Greeno, 1997, p. 13). E più avanti,

[anche se] le rappresentazioni astratt e possono facilitare l’apprendimento quando gli allievi condividono le convenzioni interpretative che ne go-vernano l’uso […] l’insegnamento astratt o può anche essere ineffi cace rispett o a certi scopi importanti se ciò che viene insegnato in classe non comunica certi concett i importanti e il valore delle espressioni simboliche e dei procedimenti.

Se certi fenomeni come quelli descritt i sopra debbano essere intesi come una dimostrazione del caratt ere intrinsecamente e inevitabilmente situato dell’appren-dimento resta una questione controversa. La discussione sulla natura e il posto dell’astrazione nel pensiero umano continua, e non mostra alcun segno di essere sul punto di approdare a conclusioni defi nite.7 Ad ogni modo, qualunque siano l’interpretazione e le conclusioni tratt e dagli studi transculturali e transituazionali, una cosa è certa: i risultati di questi studi ci pongono di fronte a un dilemma. Da un lato, sembrano esserci buoni motivi per dubitare dell’effi cacia di ciò che Greeno chiama «apprendimento astratt o», di cui il tipo di apprendimento che ha luogo durante le lezioni di matematica è un buon esempio; dall’altro, anche se spesso è deludente nei suoi risultati immediati, questo tipo di apprendimento continua ad apparire la via più rapida per un’utile riorganizzazione delle pratiche che costituiscono la nostra vita.8 Infatt i, né la civilizzazione del genere umano né le nostre att ività quotidiane si sarebbero potute sviluppare così come le co-nosciamo se non esistesse la nostra capacità di astrarre e generalizzare.9

7 Si vedano, per es., Brown et al. (1989), Lave (1988), Lave e Wenger (1991); si veda anche il recente dibatt ito su «Educational research»: Anderson et al. (1996), Cobb e Bowers (1999), Donmoyer (1996), Greeno (1997), Sfard (1998).

8 A questo punto sono dovute due precisazioni. Innanzitutt o, quando parlo di apprendimento di tipo scolastico (anziché semplicemente di apprendimento scolastico) ciò che voglio sott olineare è che quello che conta veramente, in questo contesto, è la natura di questo apprendimento e non l’ambiente in cui esso ha luogo. In secondo luogo, per non dare l’impressione di sostenere che l’utilità quotidiana sia l’unica possibile giustifi cazione per l’apprendimento scolastico, vorrei chiarire che, se circoscrivo la presente discussione alla questione delle conseguenze pratiche della matematica scolastica, lo faccio soltanto perché questo è il tema intorno al quale ruota la controversia att uale.

9 A coloro che tendono a rigett are quest’ultima aff ermazione sulla base delle loro obiezioni in merito alla direzione presa dalla nostra civilizzazione, voglio dire che il mio att eggiamento è di apertura alla conoscenza e non normativo. Si può essere contenti o dispiaciuti per lo stato di cose att uale, ma

Page 29: Psicologia del pensiero matematicoshop.erickson.it/front4/Image/Products/LIBRO_978-88-6137...14 Psicologia del pensiero matematico 3000 a.C., ma per una defi nizione di tale concett

42 Psicologia del pensiero matematico

Il dilemma delle misconcezioni

Alcune diffi coltà con la matematica sono diff use e ben note a ogni inse-gnante. Nonostante la loro diff usione, molte di esse sono una continua fonte di disorientamento. Fra i fenomeni più interessanti che si riscontrano quoti-dianamente durante le lezioni di matematica ci sono quelli noti con il nome di misconcezioni. Ci troviamo di fronte a una misconcezione ogni volta che un allievo utilizza un certo concett o, ammett iamo una funzione, in un modo che, benché sistematico e invariante att raverso i contesti, diff erisce dal modo in cui lo stesso concett o viene adoperato dagli esperti. I ricercatori interpre-tano questo fenomeno come un segno del fatt o che i bambini, nel processo di apprendimento della matematica, tendono a «crearsi dei loro signifi cati — signifi cati che non sono aff att o appropriati» (Davis, 1988, p. 9). L’espressione non appropriati si riferisce non tanto alla coerenza interna del pensiero degli allievi, quanto piutt osto alle possibili disparità fra le concezioni degli allievi e le versioni generalmente accett ate delle stesse idee. Così, per esempio, gli studi hanno ripetutamente dimostrato che la stragrande maggioranza degli studenti di scuola secondaria tendono a essere convinti della natura algoritmica delle funzioni. Tale convincimento persiste nonostante il fatt o che la defi nizione, che la maggior parte dei discenti è in grado di ripetere senza diffi coltà, non chiama in causa alcuna sorta di «regolarità» comportamentale (Malik, 1980; Markovits, Eylon e Bruckheimer, 1986; Sfard, 1992; Vinner e Dreyfus, 1989). Analogamente, com’è noto, i bambini piccoli credono che l’operazione della moltiplicazione debba necessariamente incrementare il numero moltiplicato e che la divisione debba necessariamente rendere il numero diviso più piccolo (Fischbein, 1987; 1989; Fischbein, Deri, Nello e Marino, 1985; Harel, Behr, Post e Lesh, 1989). Le particolari nozioni di un bambino tendono a essere coerenti fra loro e a volte sono molto diffi cili da modifi care. Tutt o ciò è stato ampiamente documentato (Smith, diSessa e Rochelle, 1993; Confrey, 1990).10

Sebbene oggi la nostra conoscenza dei modi in cui i bambini concepiscono numeri, funzioni, dimostrazioni e altri concett i matematici sia straordinaria-

nessuno può negare che la cultura umana è ciò che ci distingue dalle altre specie e che tale unicità merita l’att enzione dei ricercatori. Un problema che sembrerebbe necessitare ancora di ulteriori approfondimenti è il meccanismo att raverso il quale l’apprendimento di tipo scolastico produce una riorganizzazione duratura delle att ività umane e una consequenziale crescita incessante della loro complessità.

10 Si vedano anche gli studi su altri concett i connessi: per esempio, sulle immagini dei concett i (Tall e Vinner, 1981; Vinner, 1983) o sui modelli taciti (Fischbein, 1989); si veda anche la fi orente ricerca, strett amente correlata, sul cambiamento concett uale (Schnotz, Vosniadou e Carretero, 1999; Vosnia-dou, 1994).

Page 30: Psicologia del pensiero matematicoshop.erickson.it/front4/Image/Products/LIBRO_978-88-6137...14 Psicologia del pensiero matematico 3000 a.C., ma per una defi nizione di tale concett

I misteri del pensiero (matematico) 43

mente ricca, ci sono molte questioni che la teoria delle misconcezioni lascia aperte. Per esempio, è diffi cile non continuare a stupirsi del fatt o che alcune misconcezioni si ritrovino identiche in bambini che parlano lingue diverse, imparano con insegnanti diversi e seguendo curricoli diversi, e usano libri di testo diversi. Come mai i bambini «che si fanno idee sbagliate» si trovano d’accordo fra loro sul modo di non essere d’accordo con la defi nizione? Una ribellione ben coordinata contro le regole generalmente accett ate d’uso delle parole come questa non può essere ignorata come se fosse soltanto un «erra-re» accidentale.

Il fenomeno delle misconcezioni è noto anche in altri ambiti del sapere, specialmente in scienze, ma in matematica l’evidente regolarità dei modi di pensare «errati» lascia particolarmente perplessi. Infatt i, il fatt o che molti bambini abbiano delle misconcezioni rispett o alla Terra può essere spiegato dicendo che il contesto di classe non è l’unica e forse neppure la più infl uente fonte di conoscenze riguardo alla Terra. Le esperienze personali di un bam-bino nel mondo sono il «materiale» primario di cui sono fatt e le sue idee sulla Terra. Siccome queste esperienze sono simili nelle diverse persone, non ci si meraviglia se anche le misconcezioni «private» delle persone sono simili fra loro. Tutt avia, non sembra possibile applicare questa spiegazione ai concett i matematici, molti dei quali sono ignoti ai bambini nel momento in cui cominciano ad apprenderli a scuola. Pertanto, come possiamo spiegare la «deformazione» ben coordinata di una nozione, ammett iamo, come quella di funzione, che, quando viene presentata a scuola per la prima volta non ha alcun corrispett ivo evidente nel mondo reale? È ancora più sconcertante notare la strana somiglianza che sussiste fra le misconcezioni dei bambini e le prime versioni degli stessi concett i comparse nel corso della storia. Così, per esempio, nelle prime defi nizioni le funzioni sono semplicemente formule.11 In questo caso c’erano delle ragioni per aff ermare che le funzioni esprimono certe regolarità algoritmiche — un’aff ermazione che oggi può essere considerata una misconcezione. Come fanno certi concett i matematici astratt i creati da matematici ad assumere una vita propria e a cominciare a dett are ai loro creatori quel che devono pensare? Perché i bambini di oggi pensano nello stesso modo in cui pensavano i matematici del passato?12

11 Una delle prime defi nizioni fu formulata nel 1718 da Johann Bernoulli: «Chiamo funzione di una grandezza variabile una quantità composta in maniera qualunque da questa grandezza variabile e da costanti». Successivamente, nel 1737, Eulero la defi nì «un processo analitico» (Kline, 1980).

12 Per una rifl essione sulle analogie fra evoluzione storica e sviluppo ontogenetico del pensiero matema-tico, si vedano Piaget e Garcia (1989) e Sfard (1992; 1995). L’idea che tali analogie dovessero esistere fu uno degli assunti fondamentali alla base dell’epistemologia genetica piagetiana.

Page 31: Psicologia del pensiero matematicoshop.erickson.it/front4/Image/Products/LIBRO_978-88-6137...14 Psicologia del pensiero matematico 3000 a.C., ma per una defi nizione di tale concett

44 Psicologia del pensiero matematico

I problemi della nozione di misconcezione non fi niscono qui. Oltre a essere compresa in modo insuffi ciente, sembra avere soltanto un valore limitato come strumento esplicativo che dovrebbe aiutare a spiegare che cosa avviene veramente quando i bambini si cimentano con problemi matematici. L’episodio seguente, tratt o dal Montréal algebra study,13 illustra un tentativo non riuscito di risolvere un problema, il quale, sebbene apparentemente coinvolga delle misconcezioni, non può essere spiegato soltanto in base a esse. Due dodicen-ni, Ari e Gur, cercano di risolvere insieme un problema di una lunga serie che dovrebbe avviarli al pensiero algebrico e aiutarli nell’apprendimento delle funzioni. I ragazzi sono alle prese con la prima delle tre domande riportate nella fi gura 1.2.

(1) Che valore ha g(6)? ________

(2) Che valore ha g(10)? ________

(3) Agli allievi di seconda è stato chiesto di scrivere un’espressione per la funzione g(x).

Evan ha scritto g(x) = 5(x – 1) Amy ha scritto g(x) = 3(x – 3) + 2(x – 2) Stuart ha scritto g(x) = 5x – 5

Chi ha risposto correttamente? Perché?

Fig. 1.2 Episodio della pendenza, foglio per gli esercizi.

X g(x)

0 -5

1 0

2 5

3 10

4 15

5 20

Nel foglio per gli esercizi, la funzione g(x) è stata introdott a con l’aiuto della tabella parziale dei valori e la domanda richiede di trovare il valore di g(6), che non compare nella tabella. Prima di proseguire, suggerisco al lett ore di considerare att entamente la conversazione tra Ari e Gur e di cercare di rispondere alle seguenti domande: i ragazzi sanno come aff rontare il proble-ma? Dimostrano di comprendere la situazione in modo soddisfacente? La collaborazione fra loro dà un contributo evidente al loro apprendimento? Se uno dei due incontra delle diffi coltà, qual è la natura del problema? Come lo

13 Questo studio, condott o da Carolyn Kieran e da me, fu implementato negli anni 1992-1994 in una scuola secondaria di secondo grado di una zona ricca di Montréal. Lo scopo della sequenza didatt ica, che comprendeva 30 sessioni ed era stata appositamente progett ata per la realizzazione di questo studio, era di introdurre gli allievi all’algebra e al contempo studiarne il modo di costruire i concett i algebrici e verifi care certe ipotesi sui possibili modi per stimolare queste costruzioni. Il presente epi-sodio è tratt o dal ventunesimo incontro. In Kieran e Sfard (1999) e Sfard e Kieran (2001a; 2001b) è possibile trovare ulteriori informazioni sullo studio e una diversa lett ura dell’episodio qui riportato.

Page 32: Psicologia del pensiero matematicoshop.erickson.it/front4/Image/Products/LIBRO_978-88-6137...14 Psicologia del pensiero matematico 3000 a.C., ma per una defi nizione di tale concett

I misteri del pensiero (matematico) 45

si potrebbe aiutare? Quale potrebbe essere un metodo effi cace per superare o prevenire del tutt o le diffi coltà che sta incontrando?

Episodio 1.3 Ricerca del valore di una funzione

1. Ari Aspetta, come facciamo a trovare la pendenza? No, no, no, no. Pendenza, no, aspetta, l’intersezione è 5 negativo. Pendenza.

2. Gur Di che cosa parli?

3. Ari Sto parlando di questo…

È 5.

Indica il -5 nella colonna di destrasposta gli occhi in direzione della riga successiva.

4. Gur Non importa se è su (borbotta).

5. Ari 5x. Giusto? Scrive la formula g(x) = 5x – 5 sul suo foglio per gli esercizi.

6. Gur Che cos’è quella? Indica l’espressione.

7. Ari È la formula, così puoi calcolarlo.

8. Gur Oh. Come l’hai trovata quella formula?

9. Ari E sostituisci x con 6.

10. Gur Oh, ok, io…

11. Ari Guarda. Per il, uhm, la pendenza, è lo zero.Ah, no, l’intersezione è lo zero.

Indica lo 0 nella colonna di sini-stra.

12. Gur Oh, sì, sì, sì. Così trovi il tuo.

13. Ari E poi vedi quanto c’è tra ognuno, come fra zero e quell’altro.

Mentre dice «ognuno», Ari indica entrambe le colonne; mentre dice fra «zero e quell’altro» indica la colonna x.

14. Gur E la pendenza è, quindi la pendenza è 1. Allo zero scritto nella colonna di destra corrisponde 1 a sinistra.

15. Ari Ehm? No, la pendenza, vedi devi guardare lo zero…

Fa un cerchio intorno allo zero nella colonna x sul foglio di Gur.

16. Gur Oh, quello zero, ok. Quindi la pendenza è -5.

17. Ari Sì. E…

Page 33: Psicologia del pensiero matematicoshop.erickson.it/front4/Image/Products/LIBRO_978-88-6137...14 Psicologia del pensiero matematico 3000 a.C., ma per una defi nizione di tale concett

46 Psicologia del pensiero matematico

18. Gur E come bisogna fare per trovare gli altri?

19. Ari Guarda di quanto scende come abbiamo fatto prima. Quindi cala di uno in uno. Quindi poi è facile. Questa è, ah… di cinque in cinque. Guarda, cala di uno in uno, quindi basta che guardi qui.

Prima indica la colonna x («cala di uno in uno»), poi la colonna g(x) («di cinque in cinque») e poi di nuovo la colonna g(x) («guarda qui»)

20. Gur Oh, quindi è 5.

21. Ari Sì, 5x positivo.

22. Gur 5 negativo.

23. Ari Ma capisci?

24. Gur 5 negativo. Sì, sì, ok. Quindi quant’è g (6)?

25. Ari 5 moltiplicato per 6 fa 30, sommi 5 negativo e fa 25. Quindi abbiamo fatto giusto.

26. Gur No, ma è… in questa colonna qui? Indica la colonna x.

27. Ari Sì.

28. Gur Oh, allora ho capito.È 30.Quant’è g (10)? … 40

Scrive «30».Passa alla domanda successiva sul foglio per gli esercizi.

29. Ari 20, ah 40. No, 45.

30. Gur No.

31. Ari 45

32. Gur …perché 20…

33. Ari 10 moltiplicato per 5 fa 50, meno…

34. Gur Beh, 5 dà 20, quindi 10 deve dare 40. Indica i due dati nell’ultima riga.

35. Ari Moltiplicato per 5. Evidenzia con un cerchio il 10 in g(10) sul foglio di Gur.

36. Gur Oh, si fa così. Ok, proviamo a trovarlo.

37. Ari Sì.

38. Gur Perché pensavo che siccome 5 dà 20. Indica ancora l’ultima riga della tabella.

39. Ari È 45. Sì.

40. Gur (borbotta) Quindi è 45.

Page 34: Psicologia del pensiero matematicoshop.erickson.it/front4/Image/Products/LIBRO_978-88-6137...14 Psicologia del pensiero matematico 3000 a.C., ma per una defi nizione di tale concett

I misteri del pensiero (matematico) 47

Basta una scorsa alla trascrizione per rendersi conto che Ari procede senza esitazioni ed effi cacemente, mentre Gur non è in grado di aff rontare il compito. Per giunta, benché le abilità algebriche di Ari appaiano adeguate, la conversazione che accompagna il processo di soluzione non sembra essere d’aiuto per Gur.

Fin qui tutt o bene: la domanda di base riguardo all’effi cacia generale dei tentativi messi in att o da Ari e Gur risolvere il problema non solleva particolari diffi coltà. Incontriamo delle diffi coltà quando cerchiamo di andare oltre que-sta rozza valutazione e osiamo cercare di comprendere più a fondo il modo di pensare dei ragazzi. Proviamo, per esempio, a diagnosticare di che natura sono le diffi coltà di Gur. La prima cosa da dire è probabilmente che «Gur non com-prende il concett o di funzione» o, per la precisione, che «Non capisce proprio a che cosa si riferiscano la formula e la tabella, che rapporto c’è fra loro e come dovrebbero essere utilizzate nel presente contesto». Benché sia certamente vera, questa aff ermazione ha un potere esplicativo ridott o. Ciò che Tolstoij scrisse a proposito dell’infelicità sembra valere anche per la mancanza di comprensione: chiunque sia incapace di comprendere «non comprende» a modo suo. Non facciamo grandi passi avanti se non siamo in grado di dire nulla di specifi co a proposito della particolare natura della mancanza di comprensione di Gur.

Invece di chiederci se gli allievi capiscono, chiediamoci ora in che modo capiscono. È qui che la nozione di misconcezione torna utile. Potremmo dire, per esempio, che la concezione di funzione che ha Gur, a diff erenza di quella del suo compagno, è ancora piutt osto imperfett a. Se ora diamo un’occhiata alla trascrizione ci rendiamo conto che il suo difett o ci è noto: la sequenza [28-34] dimostra che Gur crede erroneamente nell’idea di proporzionalità, secondo la quale i valori di una funzione dovrebbero essere proporzionali ai valori dell’ar-gomento.14 «L’errore della proporzionalità» è così diff uso da essere comparso persino in una popolare sitcom televisiva, Friends. In un episodio, una persona cerca di impedire a un diciott enne di sposare una quarantaquatt renne e gli dice: «È molto più vecchia di te. E pensa al futuro: quando avrai 36 anni, lei ne avrà 88». «Sì, lo so», risponde il ragazzo.

Il fatt o che Gur abbia questa ben nota misconcezione riguardo alla funzione, per quanto sia certamente signifi cativo, non sembra soddisfare il nostro bisogno di trovare una spiegazione. La spiegazione che fa appello alla misconcezione ci lascia al buio rispett o a molti aspett i della conversazione precedente e, più in particolare, per quanto concerne le ragioni alla base delle

14 La convinzione dell’idea di proporzionalità è una variante della ben nota misconcezione secondo cui tutt e le funzioni dovrebbero essere lineari (si vedano, per esempio, Markovitz et al., 1986; Van Dooren, DeBock, Janssens e Verschaff el, 2005; Vinner e Dreyfus, 1989).

Page 35: Psicologia del pensiero matematicoshop.erickson.it/front4/Image/Products/LIBRO_978-88-6137...14 Psicologia del pensiero matematico 3000 a.C., ma per una defi nizione di tale concett

48 Psicologia del pensiero matematico

scelte e delle risposte di Gur. La misconcezione che certamente svolge un ruolo nell’ultima parte della conversazione non spiega le prime reazioni di Gur alla nozione di formula. Queste reazioni sembrano tanto inaspett ate quanto poco utili. Per giunta, per quanto sia ovvio che Gur si sforzi di comprendere, e sebbene i concett i che egli vorrebbe comprendere non sembrino essere molto complessi (infatt i, cosa potrebbe esserci di più elementare del principio che basta inserire un numero nella formula per calcolare il valore della funzione per quel numero?), tutt i i suoi sforzi si dimostrano stranamente ineffi caci — non sembrano aiutarlo ad avvicinarsi anche di poco alla comprensione della soluzione che Ari continua a cercare di spiegargli. Non è facile stabilire quale genere di intervento da parte del compagno più competente potrebbe essergli veramente d’aiuto.

Questo esempio sembra raff orzare la conclusione che emerge dai nostri due dilemmi precedenti: per comprendere quel che fanno le persone mentre sono impegnate nel pensiero matematico (o, per quanto ci interessa, in qua-lunque altra cosa) non abbiamo soltanto bisogno di dati ulteriori ma anche, e sopratt utt o, di chiavi di lett ura più raffi nate, organizzate in teorie del pensiero e dell’apprendimento più penetranti.

Il dilemma delle diffi coltà di apprendimento

Nell’ambito della tradizione prevalente, si ritiene che l’insuccesso nell’ap-prendimento derivi da certe inadeguatezze dei processi cognitivi individuali. Alcune di queste, come quelle che producono le comuni misconcezioni appena descritt e, sono reputate «normali»; vengono cioè considerate delle perturba-zioni relativamente lievi, naturali e quasi inevitabili di un processo di crescita della conoscenza altrimenti lineare. Certe altre vengono prese come un segno di una condizione più seria conosciuta come diffi coltà di apprendimento. Dal punto di vista storico, questa distinzione aff onda le radici nella vecchia dicotomia natura/educazione che presuppone la possibilità di distinguere i fenomeni che hanno origine da fatt ori biologici da quelli che derivano da infl uenze ambientali. Di fatt o, la decisione di distinguere certi casi di apprendimento ineffi cace da tutt i gli altri ha origine dalla convinzione che alcune diffi coltà indichino un «difett o cognitivo» su basi neurologiche (Kose, 1974). Nel corso del tempo questo approccio si è dimostrato problematico da vari punti di vista, e la ricerca risultante è incappata in varie diffi coltà.

Innanzitutt o, come conseguenza della distinzione proposta, le diffi coltà di apprendimento in matematica sono state studiate da due comunità professio-