Mecacci - Manuale di Psicologia MANUALE DI PSICOLOGIA GENERALE di Mecacci 1. INTRODUZIONE STORICA....

76
1 MANUALE DI PSICOLOGIA GENERALE di Mecacci 1. INTRODUZIONE STORICA. fin dall’antichità: pensiero filosofico dal 600: le scienze fisiche forniscono i concetti di esperimento e indagine empirica nuova concezione dell’essere umano (superata la visione antropocentrica) ultimi 30 anni dell’800: scienze umane come sapere autonomo, studiate secondo i criteri delle scienze fisiche (studio empirico dell’essere umano) metà del 900: concezione della mente umana come un sistema di elaborazione delle informazioni I. Dalla fisiologia alla psicologia: la Germania. la psicologia si sviluppò in Germania , sotto la spinta della ricerca fisiologica ; Fechner il suo obiettivo principale era dimostrare l’identità tra mente e corpo; ricerca sui processi sensoriali ; la rilevanza dell’opera di Fechner consiste nell’aver mostrato che la sensazione, in quanto fenomeno puramente piscologico, fino a quel momento erroneamente inteso come successione di stati di coscienza che potevano essere conosciuti solo tramite l’introspezione, era qualcosa di oggettivo e materiale, suscettibile di essere misurato; la psicologia poteva divenire una scienza sperimentale , nel senso che era in grado riprodurre e studiare le sensazioni nelle condizioni artificiali del laboratorio; Helmholtz concetto di inferenza inconscia : la percezione completa si ha solo dopo che le sensazioni sono state interpretate dai processi nervosi centrali ripreso dalla scuola di Lipsia (Wundt) prima sistematizzazione a tutte le ricerche che erano state svolte fino ad allora sui processi psicologici; 1879 fondò un laboratorio di ricerca; la psicologia doveva studiare i processi psichici secondo il metodo introspettivo (sperimentatore e soggetto sperimentale coincidono; la validità degli assunti che ne derivano dipende dall’osservazione scrupolosa; offriva spesso dati differenti e questo apparve come il suo lato debole); sintesi creativa o appercezione : tra lo stimolo e la risposta prodotta intervengono diversi processi; a Lipsia si formò la prima generazione di psicologi, provenienti anche da altri stati; Ebbinghaus pensò di poter estendere l’uso del metodo sperimentale allo studio delle funzioni mentali superiori, in particolare della memoria , anche se Wundt aveva dichiarato che ciò non era possibile; era convinto di poter misurare la difficoltà del materiale da apprendere in base al numero di ripetizioni necessarie per apprenderlo; utilizzò sillabe prive di senso poiché queste non comportavano associazioni o significati che avrebbero facilitato il compito di apprendimento puro; giunse a stabilire la curva dell’apprendimento e i principali fenomeni di interferenza che caratterizzano il ricordo; la sua opera assume un particolare significato per lo sviluppo della psicologia in quanto contrastando l’impostazione wundtiana, favorì il sorgere di correnti diverse da quella (es: la scuola di Würzburg) dimostrò che la psicologia poteva far propri gli strumenti elaborati da altre discipline oltre la fisiologia, come la statistica e la matematica venne contrapposta un’impostazione diversa, definita empirica , all’impostazione sperimentale promossa da Wundt; Brentano propose di sostituire allo studio dei contenuti dell’esperienza l’indagine sugli atti stessi dell’esperienza; lascerà importanti tracce nella scuola di Würzburg e nel funzionalismo statunitense; Külpe si allontanò dalla scuola di Lipsia; diede origine alla scuola di Würzburg; il lavoro svolto a Würzburg si differenziò dalle ricerche compiute a Lipsia non solo per quanto riguardava l’oggetto dell’indagine (non era più né la coscienza né la sensazione, ma i processi mentali superiori, cioè il pensiero e il ragionamento), ma anche per il metodo (messi in luce i limiti dell’introspezionismo; uno studio dei contenuti di coscienza apparve sempre più irrealizzabile e ciò contribuì a far sorgere l’interesse per lo studio del comportamento ); la tesi elaborata a Würzburg per cui l’organizzazione del pensiero si sviluppa in gran parte al di sotto del livello di coscienza costituì una conferma per le nascenti scuole psicoanalitiche compiuto il passaggio dalla fisiologia alla psicologia ulteriori contributi della Germania: la teoria psicoanalitica di Freud; teoria della Gestalt LE ILLUSIONI OTTICHE

Transcript of Mecacci - Manuale di Psicologia MANUALE DI PSICOLOGIA GENERALE di Mecacci 1. INTRODUZIONE STORICA....

Page 1: Mecacci - Manuale di Psicologia MANUALE DI PSICOLOGIA GENERALE di Mecacci 1. INTRODUZIONE STORICA. fin dall’antichità: pensiero filosofico dal 600: le scienze fisiche forniscono

1

MANUALE DI PSICOLOGIA GENERALE di Mecacci

1. INTRODUZIONE STORICA. fin dall’antichità: pensiero filosofico dal 600: le scienze fisiche forniscono i concetti di esperimento e indagine empirica nuova concezione dell’essere umano (superata la visione antropocentrica) ultimi 30 anni dell’800: scienze umane come sapere autonomo, studiate secondo i criteri delle scienze fisiche (studio empirico dell’essere umano) metà del 900: concezione della mente umana come un sistema di elaborazione delle informazioni I. Dalla fisiologia alla psicologia: la Germania. la psicologia si sviluppò in Germania, sotto la spinta della ricerca fisiologica; Fechner il suo obiettivo principale era dimostrare l’identità tra mente e corpo; ricerca sui processi sensoriali; la rilevanza dell’opera di Fechner consiste nell’aver mostrato che la sensazione, in quanto fenomeno puramente piscologico, fino a quel momento erroneamente inteso come successione di stati di coscienza che potevano essere conosciuti solo tramite l’introspezione, era qualcosa di oggettivo e materiale, suscettibile di essere misurato; la psicologia poteva divenire una scienza sperimentale, nel senso che era in grado riprodurre e studiare le sensazioni nelle condizioni artificiali del laboratorio; Helmholtz concetto di inferenza inconscia: la percezione completa si ha solo dopo che le sensazioni sono state interpretate dai processi nervosi centrali ripreso dalla scuola di Lipsia (Wundt) prima sistematizzazione a tutte le ricerche che erano state svolte fino ad allora sui processi psicologici; 1879 fondò un laboratorio di ricerca; la psicologia doveva studiare i processi psichici secondo il metodo introspettivo (sperimentatore e soggetto sperimentale coincidono; la validità degli assunti che ne derivano dipende dall’osservazione scrupolosa; offriva spesso dati differenti e questo apparve come il suo lato debole); sintesi creativa o appercezione: tra lo stimolo e la risposta prodotta intervengono diversi processi; a Lipsia si formò la prima generazione di psicologi, provenienti anche da altri stati; Ebbinghaus pensò di poter estendere l’uso del metodo sperimentale allo studio delle funzioni mentali superiori, in particolare della memoria, anche se Wundt aveva dichiarato che ciò non era possibile; era convinto di poter misurare la difficoltà del materiale da apprendere in base al numero di ripetizioni necessarie per apprenderlo; utilizzò sillabe prive di senso poiché queste non comportavano associazioni o significati che avrebbero facilitato il compito di apprendimento puro; giunse a stabilire la curva dell’apprendimento e i principali fenomeni di interferenza che caratterizzano il ricordo; la sua opera assume un particolare significato per lo sviluppo della psicologia in quanto contrastando l’impostazione wundtiana, favorì il sorgere di correnti diverse da quella (es: la scuola di Würzburg) dimostrò che la psicologia poteva far propri gli strumenti elaborati da altre discipline oltre la fisiologia, come la statistica e la matematica venne contrapposta un’impostazione diversa, definita empirica, all’impostazione sperimentale promossa da Wundt; Brentano propose di sostituire allo studio dei contenuti dell’esperienza l’indagine sugli atti stessi dell’esperienza; lascerà importanti tracce nella scuola di Würzburg e nel funzionalismo statunitense; Külpe si allontanò dalla scuola di Lipsia; diede origine alla scuola di Würzburg; il lavoro svolto a Würzburg si differenziò dalle ricerche compiute a Lipsia non solo per quanto riguardava l’oggetto dell’indagine (non era più né la coscienza né la sensazione, ma i processi mentali superiori, cioè il pensiero e il ragionamento), ma anche per il metodo (messi in luce i limiti dell’introspezionismo; uno studio dei contenuti di coscienza apparve sempre più irrealizzabile e ciò contribuì a far sorgere l’interesse per lo studio del comportamento); la tesi elaborata a Würzburg per cui l’organizzazione del pensiero si sviluppa in gran parte al di sotto del livello di coscienza costituì una conferma per le nascenti scuole psicoanalitiche compiuto il passaggio dalla fisiologia alla psicologia ulteriori contributi della Germania: la teoria psicoanalitica di Freud; teoria della Gestalt LE ILLUSIONI OTTICHE

Page 2: Mecacci - Manuale di Psicologia MANUALE DI PSICOLOGIA GENERALE di Mecacci 1. INTRODUZIONE STORICA. fin dall’antichità: pensiero filosofico dal 600: le scienze fisiche forniscono

2

divennero oggetto di indagine sistematica solo nei primi decenni dell’800; cubo di Necker, nel quale la prospettiva del cubo è continuamente reversibile; progressivamente altri esempi di illusioni ottico-geometriche; un’altra classe di illusioni, molto importante per lo sviluppo della ricerca sperimentale in psicologia, fu quella relativa al movimento: illusione della cascata (se si osserva l’acqua della cascata che scorre verso il basso e poi si sposta lo sguardo sulle parti adiacenti rocciose, sembra che le rocce si spostino verso l’alto); si tratta di immagini consecutive, cioè di immagini che si verificano dopo l’osservazione prolungata di un oggetto, hanno caratteristiche opposte agli stimoli che sono stati precedentemente osservati; movimento stroboscopio (Wertheimer): fu per la teoria della forma uno degli esempi più notevoli di come ciò che viene percepito non corrisponda alla somma degli elementi, ma dipenda invece dall’autonoma organizzazione dei processi percettivi II. Dalla fisiologia alla psicologia: la Russia. anche in Russia lo sviluppo della psicologia resta strettamente legato alla fisiologia; studiando i processi fisiologici della digestione nei cani Pavlov scoprì che, accanto ai riflessi incondizionati, costituiti dalla risposta fisiologica ad un certo stimolo, si possono avere anche dei riflessi condizionati, che costituiscono una forma elementare di apprendimento; il condizionamento si verifica quando la risposta appropriata ad un certo stimolo viene trasferita su un altro stimolo, altrimenti neutro, se tale risposta viene opportunamente rinforzata; studio delle condizioni che producono il rinforzo e la sua estinzione; in una prospettiva completamente diversa, Vygotskij elaborò una complessa teoria psicologica imperniata sul presupposto che lo sviluppo della psiche è connesso agli stadi dello sviluppo socioeconomico (teoria storico-culturale); il linguaggio è l’espressione principale della vita psichica umana ed è alla base dei processi di coscienza; i processi psichici superiori, pensiero, linguaggio e memoria, non hanno un’origine naturale, ma sociale III. Dalle scienze naturali alla psicologia: la Gran Bretagna. contrariamente a quanto avveniva in Germania, dove la psicologia si caratterizzava come studio sperimentale volto alla formulazione di teorie, in Inghilterra predominò l’orientamento applicativo da cui derivò la psicologia differenziale; una delle cause che impedirono l’affermarsi della psicologia come disciplina sperimentale sta nella chiusura dell’ambiente accademico a questa impostazione nello studio di problemi della mente che, da sempre, erano patrimonio della filosofia; solo nel 1897 venne fondato il primo laboratorio di ricerca e questa fu la condizione per realizzare il distacco definitivo della psicologia dalla filosofia, anche se in una ben precisa direzione, quella matematica e statistica; Spencer: la psicologia doveva essere considerata una disciplina strettamente legata alle scienze biologiche e allo studio comparato uomo-animale; questa prospettiva troverà un valido supporto nella teoria dell’evoluzione e nelle ricerche comparative sull’espressione delle emozioni negli uomini e negli animali di Darwin; per Galton era possibile distinguere le diverse capacità umane e, tra queste, studiò in particolare l’intelligenza; raccolse i dati che sarebbero stati utilizzati per la formulazione dei primi test d’intelligenza; per le sue ricerche utilizzò i questionari e i metodi della statistica, cui dette contributi originali; l’influenza di Galton fu determinante nell’orientare la ricerca in senso psicometrico, orientamento che trovò la sua massima espressione in Francia, con Binet; Spearman avvalorò la tesi per cui l’intelligenza, identificata nel cosiddetto fattore g, corrispondente ad una capacità generale, poteva essere studiata mediante una serie di prove oggettive; il passaggio dalla filosofia alla psicologia si realizzò con Stout, il quale elaborò una critica dell’associazionismo a favore di una concezione funzionalista, di stampo darwiniano, tesi che precorse alcuni assunti della teoria della Gestalt; Bartlett: l’essere umano classifica e interpreta le informazioni che provengono dall’esterno secondo processi e schemi mentali appresi, in questa prospettiva i dati da ricordare non vengono semplicemente incamerati, ma subiscono una trasformazione e l’evocazione è una ricostruzione che risulta dal nostro atteggiamento nei riguardi dell’intera massa attiva dell’esperienza passata; priva di grandi sistemi, la psicologia inglese, che trovò una tradizione di studi naturalistici su cui si inserì bene la problematica psicologica, si caratterizzò per la pratica sperimentale sempre più perfezionata dall’apporto degli studi matematici e soprattutto per l’orientamento applicativo che ha esercitato un forte vincolo sui problemi della ricerca affrontati

Page 3: Mecacci - Manuale di Psicologia MANUALE DI PSICOLOGIA GENERALE di Mecacci 1. INTRODUZIONE STORICA. fin dall’antichità: pensiero filosofico dal 600: le scienze fisiche forniscono

3

IV. Dalla psicopatologia alla psicologia: la Francia. Ribot considerato il fondatore della psicologia francese soprattutto per l’opera di divulgazione delle ricerche condotte in Inghilterra e in Germania; nel 1889 aprì il primo laboratorio francese; riteneva che la psicologia dovesse essere sperimentale e che proprio nella malattia fosse possibile ravvisare la forma migliore di sperimentazione; Binet fu il primo psicologo sperimentale in senso proprio; anche Janet non tracciò una netta delimitazione tra psicologia normale e patologica; il metodo terapeutico da lui impiegato era la catarsi che consisteva nel far ricordare al paziente in condizioni normali avvenimenti specifici della sua vita passata; scoprì che in stato di ipnosi i pazienti possono ricordare avvenimenti che invece non sono in grado di recuperare alla memoria in stato di veglia; nel 1895 Binet divenne titolare del laboratorio di psicologia fisiologica che era stato attrezzato con tutti gli strumenti usati a Lipsia; formulò una scala metrica dell’intelligenza che consisteva nella classificazione degli individui secondo la capacità dimostrata nel risolvere una serie di prove ai diversi livelli d’età; distinse l’età cronologica dall’età mentale seguendo l’ipotesi di Galton per cui esiste una capacità generale relativa alle varie età dell’individuo; la scala di Binet suscitò l’interesse degli psicologi di tutto il mondo per il suo valore pragmatico: se era stato possibile misurare l’intelligenza, sarebbe stato senz’altro possibile estendere questo metodo allo studio di altri fenomeni psicologici; Piéron identificò l’oggetto d’indagine della psicologia non più nella coscienza, bensì nel comportamento inteso come attività globale degli individui nell’interazione che essi hanno con l’ambiente in cui vivono; Piaget elaborò una teoria generale della conoscenza fondata sul concetto di sviluppo secondo un principio di continuità tra la filogenesi e l’ontogenesi; studio dello sviluppo dell’intelligenza del bambino; come in Inghilterra, tuttavia, il mondo accademico francese rimase sostanzialmente estraneo allo sviluppo della psicologia; complessivamente si può osservare che in Francia la psicologia si è sviluppata in parziale dipendenza dalle teorie inglesi per quanto riguarda la teoria dell’evoluzione che finì per assumere un carattere puramente filosofico-speculativo; inoltre la tradizione di studi matematici favorì lo sviluppo delle tecniche statistiche rendendo la psicologia francese relativamente estranea alla problematica della psicologia di stampo tedesco 800/900: Freud ruolo centrale; si dedicò alla psicopatologia, approfondendo dapprima il trattamento dell’isteria con il metodo dell’ipnosi e successivamente con la tecnica delle associazioni libere e con l’interpretazione del materiale onirico; psicoanalisi; 2 assunti principali: sostanziale continuità tra normalità e patologia mentale; il funzionamento patologico insorge quando nei processi psichici si instaurano dei meccanismi di difesa, di rimozione e di censura che impediscono ai contenuti inconsci, disturbanti e dolorosi, di affiorare al livello della coscienza dando luogo alla sintomatologia patologica ruolo centrale attribuito all’inconscio nel modellare le manifestazioni consce dell’attività psichica; l’inconscio è il luogo della psiche in cui sono riposti desideri, pulsioni ed emozioni che guidano e orientano il comportamento cosciente i contenuti che si sono fissati nell’inconscio sono ricordi, associazioni e desideri infantili retti e guidati dal principio del piacere informato dalle pulsioni; questi materiali provvisti di significato sono dotati di energia pulsionale, la libido, e danno luogo ad un sistema del tutto atemporale e non-razionale, privo quindi di negazione, di contraddizione logica e di incertezza; i contenuti dell’inconscio possono avere accesso alla coscienza solo superando le resistenze opposte dalla censura che applica ad essi delle trasformazioni secondo il processo psichico primario: questo opera per spostamento (un’idea può essere rappresentata nella coscienza da un altro concetto connesso al primo in modo contingente) e per condensazione (quando un’idea viene integrata in un’altra dando luogo ad un simbolo composto); queste 2 trasformazioni si ritrovano nei sogni e, se vengono utilizzate dal pensiero conscio che segue il principio di realtà, danno luogo ai giochi di parole, all’umorismo e all’arguzia costituendo così un accesso all’inconscio; a mezza strada tra la dinamica dell’inconscio e quella del conscio vi è il preconscio, in cui vi sono quei materiali dell’inconscio che non sono completamente rimossi dalla coscienza e che quindi vi restano latenti e disponibili; teoria generale della personalità strutturata in 3 diversi sistemi strettamente interdipendenti:

FREUD E LA SCOPERTA DELL’INCONSCIO

Page 4: Mecacci - Manuale di Psicologia MANUALE DI PSICOLOGIA GENERALE di Mecacci 1. INTRODUZIONE STORICA. fin dall’antichità: pensiero filosofico dal 600: le scienze fisiche forniscono

4

Es caratterizzato dai contenuti inconsci Io che regola le pulsioni dell’Es che possono essere portate sul piano della coscienza in base al principio di realtà Super-io che trova origine nel sistema di premi e punizioni realizzato dai genitori nella valutazione dei comportamenti del bambino, rappresentando quindi il codice morale che si sovrappone all’Io l’Io o il Super-io, di fronte a presunti pericoli, reagiscono con l’angoscia che il soggetto cerca di ridurre in vari modi per eliminare la tensione da essa prodotta; la fonte dell’energia psichica che anima la dinamica della personalità deriva da 2 pulsioni primarie: pulsione di vita (energia lipidica; autoconservazione e sopravvivenza della specie) pulsione di morte (aggressività o masochismo) V. Dall’ecletticismo alla psicologia: gli Stati Uniti. anche negli Stati Uniti, come in Inghilterra e in Francia, fu dalla filosofia che ebbe origine la psicologia; James ne fu il promotore; psicologia sperimentale, originale rispetto a quella che contemporaneamente veniva elaborata in Europa; la prospettiva assunta per definire l’oggetto e il compito della psicologia non si inseriva né nella tradizione della ricerca fisiologica, né in quella della psicometria o della psicopatologia, e neppure in quello dello studio dell’intelletto e delle facoltà in senso filosofico; il punto di partenza della sua concezione fu la teoria dell’evoluzione e, in particolare, lo stretto rapporto tra l’individuo e l’ambiente; ha riconosciuto l’importanza della psicologia sociale e dello studio della personalità; l’indagine psicologica deve attenersi rigorosamente ai fatti, ai dati empirici, senza postulare processi che non possano essere osservati; il metodo di studio dev’essere l’introspezione (non quella prodotta artificialmente in laboratorio che pretende di cogliere aspetti dell’esperienza che non possono essere isolati); il limite di questo metodo, la soggettività, era ben compreso da James, tuttavia era convinto che tale limite potesse essere superato, o compensato, con l’impiego del metodo comparativo; la psicologia di James metteva in luce la ristrettezza problematica degli studi condotti a Lipsia, determinati troppo rigidamente dall’istanza sperimentale, e prefigurava nuove linee di sviluppo che condurranno ad una psicologia di stampo, da una parte, funzionalista, e dall’altra, comportamentista VI. La matrice europea della prima psicologia statunitense. il primo vero laboratorio di psicologia negli Stati Uniti fu quello fondato, nel 1883, da Hall; ontogenesi come ricapitolazione della filogenesi; Titchener, di origine inglese e allievo di Wundt a Lipsia, può essere considerato il più fedele continuatore della psicologia wundtiana nel nuovo continente; la psicologia doveva essere una ricerca di base pura, non una disciplina applicata; il suo oggetto doveva essere l’esperienza considerata dal punto di vista del soggetto che la vive; questa psicologia pura, imparziale e impersonale, come la fisica, aveva lo scopo di formulare leggi esplicative; il metodo non poteva che essere l’introspezione; psicologia di Wundt, definita da Titchener strutturalista; negli Stati Uniti, però, il clima culturale era ormai talmente mutato da far apparire rigido e dogmatico questo tipo di psicologia; alla sua morte non ebbe continuatori e l’ideale wundtiano di psicologia si esaurì nel nuovo clima culturale che aveva reso chiaro che cosa ormai la psicologia non poteva più essere VII. Funzionalismo e pragmatismo. se i limiti del metodo introspettivo favorirono la ricerca di un nuovo metodo, quello comparativo o quello psicometrico, così anche l’oggetto della ricerca doveva mutare: in un caso poteva essere il confronto tra il comportamento animale e quello umano nell’altro le differenze che esistono tra gli individui rispetto ad abilità specifiche per James, Hall e Cattell la coscienza, in quanto meccanismo autosufficiente da un punto di vista funzionale, non era più un oggetto da analizzare e scomporre nei suoi componenti; doveva, invece, essere approfondito lo studio dei meccanismi operativi della coscienza che consentono l’adattamento dell’individuo all’ambiente; la concezione funzionalista, sviluppata a livello filosofico particolarmente da James, assunse con Dewey ( Angell) caratteristiche peculiari: si sviluppò nella corrente filosofica del pragmatismo e la biologia evoluzionistica venne utilizzata per lo studio delle idee considerate come strumenti adattivi dell’organismo (riproponeva sul piano del mentale i concetti di lotta per la

Page 5: Mecacci - Manuale di Psicologia MANUALE DI PSICOLOGIA GENERALE di Mecacci 1. INTRODUZIONE STORICA. fin dall’antichità: pensiero filosofico dal 600: le scienze fisiche forniscono

5

sopravvivenza e di sopravvivenza del più adatto) scuola psicologica funzionalista di Chicago (1892), antitetica a quella strutturalista di Titchener; la psicologia dev’essere una disciplina sperimentale; Carr, successore di Angell; mutato l’oggetto d’indagine, che non era più la coscienza, anche il metodo, l’introspezione, venne riformulato: il nuovo metodo era ancora sperimentale e consisteva nell’osservazione, semplice o controllata, per determinare se il soggetto riesce, o meno, a raggiungere l’obiettivo prefissato e per analizzare le variabili che, di volta in volta, possono ostacolare o facilitare tale conseguimento; nuovo concetto di esperimento di laboratorio nuovo oggetto di studio, cioè il comportamento nella sua globalità e sviluppo di ricerche nel campo della psicologia comparata (esigenza di ricerche oggettive); Thorndike: legge dell’effetto per cui gli atti che in una data situazione producono soddisfazione finiscono con l’essere associati a quella situazione cosicché, quando essa si ripresenta, vi sono maggiori probabilità che gli stessi atti vengano ripetuti rispetto al passato; la risposta appresa è quella che soddisfa uno stato di bisogno dell’animale relativo alla situazione specifica; questa forma di apprendimento non presuppone alcun tipo di attività superiore da parte dell’animale che si limita a reagire alla presenza nell’ambiente di uno stimolo che ha una funzione di rinforzo sulla sua risposta; concezione connessionista: i processi psichici sono costituiti dalle connessioni, innate o acquisite, fra la situazione e la risposta; mentre l’associazionismo tradizionale cercava di cogliere delle associazioni tra i contenuti della mente, il connessionismo analizzò le associazioni tra gli eventi ambientali e le risposte motorie prodotte; analizzato solo ciò che era direttamente osservabile prefigurazione della metodologia comportamentista (Hull e Skinner): ciò che è rilevante è il rapporto tra lo stimolo che suscita la risposta e questa stessa risposta (la psicologia comparata mette in luce le leggi del comportamento animale, che per analogia consentivano una migliore comprensione di quello umano) VIII. La reazione alla crisi: il comportamentismo. 1910: stato di crisi della psicologia determinata: dagli apporti della psicologia animale dal successo delle teorie psicoanalitiche dalla diffusione delle ricerche applicate nello studio delle capacità 2 tentativi volti alla ricostruzione della nuova psicologia

Watson elabora il comportamentismo in Germania la Gestalt rilancia l’antico problema (che trova nella psicologia animale del significato psicologico dell’esperienza e, e comparata un precursore) in particolare, dei fenomeni percettivi totale rifiuto di affrontare il problema della coscienza per l’impossibilità di definirla e descriverla E scelta dell’osservazione del comportamento manifesto; le risposte determinate dall’attività di adattamento all’ambiente costituiscono le funzioni psicologiche, ma i loro aspetti interni, di cui tuttavia si ammette l’esistenza, devono essere ignorati in quanto non sono analizzabili scientificamente, cioè in modo oggettivo; riduzionismo fisiologico (ricondurre quanto più è possibile i processi psichici a quelli fisiologici); gli stimoli erano di carattere fisico mentre le risposte erano di carattere fisiologico; comportamento manifesto dell’organismo; importanza della psicologia animale per lo studio di quella umana; la fortuna della psicologia comportamentista, che diverrà il modello di ricerca prevalente fino alla fine degli anni 50, non dipende solo dagli assunti teorici o dal metodo la cui oggettività è costituita dalla possibilità della sua applicazione a tutti gli esseri viventi dalla ripetibilità dei risultati sperimentali, dalla loro controllabilità e dal fatto che lo sperimentatore e il soggetto dell’esperimento appartengono a 2 sistemi distinti ma piuttosto da una sostanziale affinità questa psicologia e il contesto culturale in cui si inseriva (forniva quelle conoscenze sul comportamento umano che potevano essere utilizzate nella e per la società) IX. La reazione alla crisi: la teoria della Gestalt. in Germania si stavano delineando correnti psicologiche in netta opposizione all’orientamento wundtiano in particolare alcuni studiosi rifiutavano la validità dell’associazionismo per lo studio della

Page 6: Mecacci - Manuale di Psicologia MANUALE DI PSICOLOGIA GENERALE di Mecacci 1. INTRODUZIONE STORICA. fin dall’antichità: pensiero filosofico dal 600: le scienze fisiche forniscono

6

percezione; preferivano la prospettiva secondo cui la percezione non era considerata una semplice combinazione passiva di elementi sensoriali, bensì il frutto di un’attività organizzatrice della mente che agisce sugli elementi dell’esperienza; la forma non è una sensazione, ma è un elemento nuovo che interviene nella percezione; la mente, infatti, dà forma alle sensazioni elementari; utilizzando un metodo che non era l’introspezione, ma l’osservazione semplice, senza cercare di approfondire ciò che poteva essere celato dietro quanto è dato nell’immediato apparire, o manifestarsi, di certi fenomeni (orientamento fenomenologico che si risolveva in una descrizione dell’esperienza libera da ogni preconcetto) teoria della forma, la cui formulazione compiuta avverrà solo tra il 1920-30, anche se può considerarsi già delineata nel saggio sul movimento stroboscopio (apparente) di Wertheimer (percezione del movimento di un punto luminoso in assenza di un suo reale spostamento fisico) dimostra l’infondatezza della teoria associazionista della percezione dal momento che il movimento apparente non poteva essere spiegato come la semplice somma degli stimoli stazionari; la scuola di Berlino, costituita da Wertheimer, Köhler e Koffka, approfondì lo studio dei fenomeni percettivi nella nuova prospettiva della teoria della Gestalt (antiassocizionista, anticausalista e antimeccanicista, si basa sull’assunto che le leggi che governano la vita psichica sono leggi psicologiche non riconducibili a quelle fisiche); l’attività psichica è indipendente, entro certi limiti, dall’esperienza, per cui l’influenza del mondo esterno, cioè il ruolo degli stimoli, ha un carattere di occasione anziché di causa per i processi percettivi; il campo percettivo è organizzato secondo leggi per le quali le parti sottostanno al tutto da cui traggono il loro significato particolare; la percezione diviene un processo estremamente complesso; Köhler dimostrò che anche gli animali hanno un comportamento intelligente se con esso si intende l’insieme dei processi messi in atto per conseguire un fine mediante l’uso di strumenti; Wertheimer distinse il pensiero riproduttivo, basato su conoscenze già acquisite, dal pensiero produttivo che invece è creativo in quanto produce conoscenze nuove; diffusione della teoria della Gestalt negli Stati Uniti (ebbe un ruolo fondamentale nel mitigare il primato della psicologia comportamentista) X. Il neo-comportamentismo. accanto al modello di ricerca watsoniano, si delineò un’altra impostazione, sempre di tipo comportamentista, sotto l’influsso dell’operazionismo (definire i criteri con cui si determina rigorosamente l’applicabilità di un termine in un dato caso al fine di evitare di assumere come vere proprietà false o di postulare entità metafisiche) neocomportamentismo (Guthrie, Tolman, Hull e Skinner); tuttavia l’adesione dogmatica a questo atteggiamento metodologico, di per sé corretto, comporta il rischio che i criteri della correttezza dell’analisi operazionale, vengano assunti anche come convalida dell’adeguatezza dell’interpretazione teorica del fenomeno studiato (il sistema psicologico formalizzato di Hull e la teoria dell’apprendimento di Skinner sono gli esempi più chiari di questa esasperazione che preclude ogni possibilità euristica (relativa alla ricerca); Guthrie elaborò una teoria dell’apprendimento basata sul presupposto che le connessioni tra stimolo e risposta avvengono o per condizionamento o per la formazione di abitudini (associazionista estremo); compito della psicologia è la formulazione di leggi, o generalizzazioni, che possono trovare esemplificazione nel singolo comportamento; senza affrontare il problema dell’azione che l’organismo esercita sull’ambiente; le teorie di Guthrie furono molto criticate, tuttavia, nel clima operazionista dell’epoca, riscosse molto successo; Tolman costituì una reazione positiva al comportamentismo di tipo tradizionale (importanza data alla finalità e all’intenzionalità del comportamento); tra le cause ultime del comportamento e il comportamento effettivamente prodotto si frappone un set di fattori che determinano il comportamento di fatto esibito (variabili intermedie); gli animali possiedono delle mappe cognitive delle situazioni (per formare tali mappe, gli animali apprendono delle relazioni tra segni e significati, cioè delle Gestalt); apprendimento latente: per cui i topi possono acquisire informazioni che utilizzeranno solo in un secondo momento comportamentismo intenzionale; Hull: metodo ipotetico-deduttivo che consiste nel definire induttivamente una serie di postulati o assiomi, tra loro logicamente connessi, da cui dedurre delle conclusioni da sottoporre a verifica empirica per confermare o rifiutare il sistema di leggi così costruito; l’organismo è soggetto ad un continuo processo di adattamento biologico all’ambiente, il comportamento che deriva da questa continua interazione è orientato alla riduzione di

Page 7: Mecacci - Manuale di Psicologia MANUALE DI PSICOLOGIA GENERALE di Mecacci 1. INTRODUZIONE STORICA. fin dall’antichità: pensiero filosofico dal 600: le scienze fisiche forniscono

7

un bisogno relativo alle modificazioni dell’ambiente che possono turbare le condizioni di vita ideali dell’organismo che ricerca stimoli che provocano piacere rifuggendo da quelli che provocano dolore; compito della psicologia è connettere la fisica, che studia le leggi che regolano l’ambiente esterno, e la fisiologia, che studia quelle relative all’ambiente interno, per cogliere la relazione complessa che si instaura tra questi 2 tipi di ambiente durante il comportamento; la soddisfazione dei bisogni primari comporta la sopravvivenza, ma una volta che tali bisogni fondamentali siano appagati, si sviluppa una serie di bisogni secondari, non più volti alla sopravvivenza, che divengono, a loro volta, primari e richiedono di essere appagati; per Skinner ogni forma di generalizzazione è impossibile; non si possono avanzare ipotesi su quanto avviene nell’organismo; scopo della psicologia è stabilire relazioni funzionali tra lo stimolo e la risposta; i problemi metodologici sono relativi esclusivamente alla situazione sperimentale (dev’essere controllata al massimo, per isolare le variabili che, di volta in volta, possono intervenire nel determinare il comportamento); scoperta di un nuovo tipo di condizionamento, definito operante: si verifica quando, nel suo agire nell’ambiente, l’animale stesso rinforza un proprio comportamento spontaneo; il comportamento, pertanto, può essere rispondente, se viene evocato da stimoli noti, oppure attivo, se è prodotto da un condizionamento operante; Skinner può essere considerato l’ultimo esponente del neo-comportamentismo e delle cosiddette scuole psicologiche i limiti della concezione comportamentista, che riduceva l’apprendimento a meccanismi di condizionamento e di rinforzo, sono ormai evidenti dalla fine degli anni 50 la psicologia subisce una profonda trasformazione gli sviluppi in altre discipline (cibernetica, etologia, linguistica) insieme ad un’opportuna accentuazione delle istanze avanzate dalla psicoanalisi, dalla teoria della Gestalt e dalle ricerche degli psicologi che non si riconoscevano nel comportamentismo, faranno definitivamente tramontare l’obiettivo di costruire una teoria del comportamento secondo gli assunti del meccanicismo comportamentista determinante per la realizzazione di tale trasformazione sarà l’adozione di un nuovo linguaggio, quello della teoria dell’informazione che fornirà lo strumento per unificare i fenomeni psicologici indipendentemente dalla loro complessità e consentirà quindi di parlare di quanto avviene nella mente, in quella che per i comportamentisti era una black box, il cui ruolo poteva essere ignorato nello studio del comportamento XI. Prospettive interdisciplinari. verso gli anni 40 si iniziò a pensare alla possibilità di considerare il cervello come un computer molto potente teoria dell’informazione (Shannon e Weaver) teoria cibernetica della comunicazione (Wiener) per delineare uno studio della comunicazione umana e animale in analogia ai sistemi di comunicazione artificiali la cibernetica e la teoria dell’informazione offrono la possibilità di costruire dei modelli artificiali di trasmissione dell’informazione di cui è possibile conoscere lo stato in ogni parte del sistema e che ben si prestano ad avvalorare l’idea che, per analogia, anche altri fenomeni che comportano la trasmissione o la trasformazione di unità significative, come il comportamento umano, possono essere interpretati matematicamente Intelligenza Artificiale (Miller) XII. La psicologia non comportamentista. fin dalla metà degli anni 30 si afferma la psicologia della personalità conferisce alla personalità una nuova dimensione facendo leva proprio su quei fattori che erano stati banditi a priori dall’analisi sperimentale del comportamento; le insufficienze teoriche del comportamentismo e queste nuove acquisizioni orientano l’interesse dei ricercatori verso tematiche precedentemente ignorate perché giudicate irrilevanti e metodologicamente fuorvianti: il linguaggio la motivazione il pensiero

le emozioni la percezione

la ripresa dello studio della percezione negli anni 40 mette in luce il ruolo che in essa ha la motivazione; la percezione e, più in generale, il comportamento, dipende da un’elaborazione centrale che opera una selezione degli stimoli percepiti; negli anni 50 e 60 anche la ricerca etologica (studio del comportamento animale nel contesto naturale) porta ad una riformulazione del problema dell’apprendimento: demolire la falsa contrapposizione tra istinto, ereditario e immutabile, e apprendimento, prodotto dal condizionamento, prospettando una visione articolata a dinamica del problema incentrata sul carattere flessibile del comportamento; Hebb sostenne che la problematica neurofisiologica e quella psicologia si

Page 8: Mecacci - Manuale di Psicologia MANUALE DI PSICOLOGIA GENERALE di Mecacci 1. INTRODUZIONE STORICA. fin dall’antichità: pensiero filosofico dal 600: le scienze fisiche forniscono

8

sovrappongono senza che l’una possa ridursi all’altra: al fisiologo spetta il compito di ricavare i dati circa il funzionamento delle parti del sistema nervoso, allo psicologo quello di porre in relazione tali acquisizioni con i comportamenti nel tentativo di ricavare nuovi dati dalla divergenza tra il comportamento effettivamente osservato e quello prevedibile in base alle conoscenze già possedute; per rendere conto della plasticità del cervello, cioè della modificabilità dell’attività cerebrale attraverso l’esperienza, Hebb sostenne che tra i neuroni si formano nuove interconnessioni; affrontare il problema del comportamento non come di una singola attività considerata astrattamente, bensì di un insieme di segmenti di comportamento, correlati tra loro e con gli elementi esterni che ne sono all’origine (modello psicofisiologico); Miller, per quanto in una prospettiva comportamentista, presenta un’indagine sul linguaggio inteso come mezzo sociale di comunicazione che apre nuove e più adeguate prospettive allo studio del comportamento linguistico; l’ottica interdisciplinare con cui Miller tratta del linguaggio e del processo di comunicazione pone in rilievo l’esistenza di una stretta relazione tra i processi interni all’organismo e il linguaggio che ne è l’espressione riorientamento nello studio della psicologia XIII. La psicologia cognitivista. come per la psicologia sperimentale è possibile indicarne l’inizio con la fondazione del laboratorio di Lipsia, anche per il cognitivismo si può indicare una data precisa: nel 1956 si tenne un convegno in cui furono presentate 3 relazioni che avrebbero cambiato il modo di concepire l’oggetto dell’indagine psicologica che non sarà più solo il comportamento, ma anche la mente da cui quest’ultimo trae la propria organizzazione: Newell e Simon: primo passo verso lo sviluppo dell’Intelligenza Artificiale e della simulazione dei processi cognitivi poiché sia i sistemi naturali che quelli artificiali possono imparare dallo loro passata esperienza migliorando le prestazioni, si può dire che i programmi dei calcolatori euristici forniscono il modello dei processi cognitivi simulati (l’esperienza viene intesa come un apprendimento definito dalle forme di apprendimento utilizzate per le esperienze precedenti); gli eventi passati insieme ai meccanismi strutturali, cioè i processi cognitivi da cui dipendono le trasformazioni dell’informazione, definiscono una nuova concezione di essere umano basata sulla sua capacità di elaborare forme sempre nuove e più complesse di adattamento all’ambiente e di riflessione intelligente linguista Chomsky: ci dev’essere una predisposizione biologica allo sviluppo del linguaggio, una sorta di meccanismo che realizzi quel sistema innato di regole, la grammatica, che dà luogo alla produzione solo di frasi ben formate; la linguistica dev’essere considerata una branca della scienza cognitiva il cui compito è lo studio dei processi cognitivi che avvengono all’interno della mente Miller, notando che i risultati convergenti di un buon numero di ricerche indicavano nel magico numero 7 più o meno 2 il limite di capacità della memoria immediata, affermava che l’essere umano è un elaboratore a capacità limitata Broadbent offriva un modello di come può avvenire l’elaborazione di un’informazione: l’informazione in ingresso viene filtrata e trasmessa a successivi stadi di elaborazione che consentono il passaggio dall’input all’output; questo nuovo modo di considerare il comportamento veniva definito comportamentismo soggettivistico dal momento che tra gli stimoli (input) e le risposte (output) era necessario frapporre un sistema centrale, il soggetto, che organizza i rapporti tra gli stessi input e output; teoria dell’elaborazione umana dell’informazione: organizzazione caratterizzata dai diversi stadi di elaborazione cui l’informazione è sottoposta prima nei registri sensoriali poi nella memoria a breve termine infine in quella a lungo termine proprio il carattere sequenziale dell’elaborazione umana dell’informazione induceva a utilizzare i tempi di reazione nello studio dei processi cognitivi (a tempi di reazione più lunghi corrisponde un’elaborazione più complessa); negli anni 60 il panorama della ricerca psicologica era articolato in 3 diverse direzioni che avevano una rilevanza molto diversa: se lo studio dei processi cognitivi secondo la teoria dell’elaborazione umana dell’informazione era la direzione di ricerca più seguita lo studio della simulazione, per quanto molto promettente, era appena avviato

Page 9: Mecacci - Manuale di Psicologia MANUALE DI PSICOLOGIA GENERALE di Mecacci 1. INTRODUZIONE STORICA. fin dall’antichità: pensiero filosofico dal 600: le scienze fisiche forniscono

9

mentre erano pochi e oscurati dal successo della teoria prevalente gli studi degli psicologi che non si riconoscevano totalmente nella concezione dell’elaborazione umana dell’informazione dalla metà degli anni 60 la teoria dello sviluppo cognitivo di Piaget cominciò a diffondersi ampiamente; da una prima fase in cui la ricerca privilegiava l’identificazione delle strutture nelle quali avviene l’elaborazione dell’informazione, si passa, all’inizio degli anni 70, ad una seconda fase in cui viene prestata maggior attenzione alla dimensione funzionale del sistema cognitivo superamento del carattere sequenziale dell’elaborazione dell’informazione teoria del ciclo percettivo (Neisser): necessità di studiare i processi cognitivi in contesti ecologicamente validi, intendendo con ciò le situazioni naturali e reali in cui hanno luogo i processi cognitivi per quanto venga mantenuto il nuovo linguaggio della teoria dell’informazione, si incominciò ad avvertire la ristrettezza delle soluzioni offerte dalla nuova metafora con cui la psicologia aveva riformulato il suo oggetto di studio e anche l’implicito riduzionismo del modello dei processi cognitivi che ne era scaturito XIV. La scienza cognitiva. sintomatico di questo disagio e della necessità di arricchire il quadro interpretativo dell’attività cognitiva fu il progetto della scienza cognitiva studio interdisciplinare dell’attività cognitiva nel suo complesso (psicologia, filosofia, Intelligenza Artificiale, neuroscienze, linguistica, antropologia); fiducia nella simulabilità dei processi cognitivi analizzati al livello della rappresentazione mentale, ma fu proprio su questo aspetto che si accenderà un intenso dibattito, dal quale emergerà, anziché un consenso, una varietà di posizioni contrastanti su come si possa definire la rappresentazione; al contempo, nelle neuroscienze si affermò un nuovo modello di simulazione, basato sul funzionamento delle reti neurali, che portò allo sviluppo del connessionismo (l’elaborazione avviene in parallelo su tutti gli input e produce un output che è funzione sia delle interazioni tra tutti gli input sia del peso che ha ciascuno di essi), che si contrapponeva ai modelli della simulazione simbolica

2. I METODI DELLA PSICOLOGIA SCIENTIFICA. I. La conoscenza scientifica e le sue trasformazioni nel tempo. antico pensiero greco: la conoscenza ottenuta attraverso l’esperienza veniva svalutata; la conoscenza vera era identificata con la conoscenza razionale teologi cristiani medioevali: ritenevano che la forma di conoscenza certa e vera fosse quella fondata sulla verità rivelata e contenuta nelle Sacre Scritture epoca moderna (500/600): primato della conoscenza fondata sull’esperienza; le conoscenze esclusivamente fondate su concetti e deduzioni da concetti possono essere logicamente corrette, ma non necessariamente predicono qualcosa che possa essere verificato con l’esperienza; tali errori si possono evitare se l’analisi dell’esperienza è condotta in modo rigoroso sapere scientifico: insieme di affermazioni sul mondo che emergono dall’esperienza, ma che sono elaborate in forma razionale II. I criteri di scientificità secondo l’ideale moderno di scienza. secondo l’ideale moderno di scienza, un processo di conoscenza, per essere valido e certo, deve rispettare alcuni importanti criteri: empiricità e oggettività pubblicità (osservabili da tutti nello stesso modo) e misurabilità dei dati osservativi è la fisica ad offrire uno schema di riferimento su cui si costruisce questo ideale di scienza che ne stabilisce le diverse fasi: osservazione formulazione delle ipotesi verifica delle ipotesi attraverso la sperimentazione (importante è la caratteristica della ripetibilità dell’esperimento e cioè se qualsiasi ricercatore può ripeterlo nello stesso modo, ottenendo i medesimi risultati) formulazione di principi o leggi (identificano la relazione causale che esiste tra un certo fenomeno e le sue condizioni) e teorie scientifiche (capaci di spiegare un ambito vasto e complesso di fenomeni e le loro relazioni) e cioè generalizzazione dei risultati

Page 10: Mecacci - Manuale di Psicologia MANUALE DI PSICOLOGIA GENERALE di Mecacci 1. INTRODUZIONE STORICA. fin dall’antichità: pensiero filosofico dal 600: le scienze fisiche forniscono

10

lo schema logico che regola la formulazione dei principi, delle leggi e delle teorie è un modello esplicativo, causale e deterministico e può essere riassunto dalla proposizione se A allora e sempre B; si propone di individuare le cause reali che necessariamente danno luogo ad un certo fenomeno; per questo le leggi scientifiche, una volta individuate, hanno un valore assoluto, universale e sovrastorico III. Come la pensiamo oggi. l’ideale contemporaneo di scienza si è in parte modificato e ciò è avvenuto a partire dalla fine dell’800; fu la fisica stessa a metterne in crisi alcuni capisaldi: empiricità dei fenomeni da indagare (fenomeni così piccoli da non essere percepibili; il confronto con l’esperienza non era più un punto di partenza, ma un punto di arrivo della ricerca); al metodo induttivo (generalizzazione di dati osservativi dopo che sono stati messi alla prova con procedure sperimentali) si affianca il metodo ipotetico-deduttivo (deduzione, o derivazione da una certa concezione teorica, non necessariamente fondata sull’osservazione, di una serie di conseguenze osservabili che possono essere messe alla prova dell’esperienza) concetto di oggettività (teoria della relatività di Einstein: mette in dubbio l’utilizzabilità di categorie di riferimento assolute, affermando che esse vanno invece considerate dipendenti dal sistema di riferimento in cui è collocato un osservatore) sicura fiducia nel carattere rigidamente deterministico delle leggi fisiche (alcuni fenomeni fisici hanno margini di libertà e quindi possono essere spiegati soltanto con leggi probabilistiche) se A allora B, con un certo livello di probabilità (questo non implica che la scienza debba rinunciare alle leggi, poiché tale principio, anche se più debole del precedente, stabilisce comunque un livello soglia di probabilità al di sopra del quale la legge dev’essere accettata) IV. Scienza e psicologia. è solo verso la fine dell’800 che alcuni psicologi si proposero di attuare una trasformazione radicale della loro disciplina per portarla nell’ambito della conoscenza scientifica (psicologia scientifica); per essere accettata nell’ambito della scienza, la psicologia doveva dunque fare i conti con dei criteri rigidi di scientificità scienze della natura scienze umane scienze del generale, cioè capaci di scoprire leggi che regolano l’andamento di vasti ambiti di fenomeni

scienze del particolare, cioè più interessate alla conoscenza del caso singolo piuttosto che alla scoperta di leggi generali

scienze esplicative, capaci cioè di spiegare oggettivamente i fenomeni identificando le loro cause

scienze comprensive, cioè come modalità di conoscenza fondate su intuizioni soggettive, non riconducibili a catene causali oggettive

per molto tempo la psicologia, in quanto conoscenza della soggettività, venne considerata una scienza umana incapace di raggiungere i livelli di certezza e generalizzazione delle scienze della natura; il dibattito tra gli psicologi è stato aspro e le posizioni estreme che ha assunto sono state rappresentate negli anni: sostenitori di un oggettivismo puro: riconoscevano come oggetto legittimo della psicologia scientifica soltanto fatti oggettivamente osservabili ed alcuni di essi li riconducevano a fatti neurofisiologici (la psicologia fisiologica russa); altri autori, in particolare quelli di orientamento comportamentistico, ritenevano che la psicologia dovesse studiare soltanto il comportamento osservabile sostenitori di un soggettivismo puro (Wundt e gli strutturalisti): rivendicavano la necessità di studiare, seppure con il massimo rigore e controllo, l’esperienza soggettiva stessa per scoprire le leggi secondo le quali essa si organizza e si struttura

un tentativo di mettere in relazione mondo soggettivo e mondo oggettivo fu compiuto dai sostenitori della psicofisica (Weber e Fechner) che cercarono di scoprire le leggi che mettevano in

Page 11: Mecacci - Manuale di Psicologia MANUALE DI PSICOLOGIA GENERALE di Mecacci 1. INTRODUZIONE STORICA. fin dall’antichità: pensiero filosofico dal 600: le scienze fisiche forniscono

11

relazione le variazioni del mondo fisico oggettivo e quelle del mondo psichico soggettivo, proponendo criteri indiretti di misura delle variabili psichiche attraverso le misure di variabili fisiche una prospettiva che ha permesso di affrontare in modo più efficace il problema del rapporto tra soggettivismo e oggettivismo è stata quella dell’operazionismo psicologico (anche concetti soggettivi quali pensiero, emozione, sentimento, intelligenza, possono essere studiati oggettivamente se si descrivono le operazioni concrete attraverso le quali questi fenomeni possono essere osservati e misurati) per studiare oggettivamente un fenomeno soggettivo si devono predisporre dei protocolli osservativi in grado di cogliere e misurare quelle che si possono ragionevolmente considerare le conseguenze, o le manifestazioni oggettive, di quel fenomeno soggettivo il mondo soggettivo è stato tradizionalmente studiato anche in un modo più semplice, attraverso i resoconti verbali che le persone ne fanno; resta aperto il problema della fedeltà del resoconto, per cui esso non può essere considerato sicuramente equivalente al contenuto psichico a cui si riferisce (può però esser reso più affidabile con adeguate metodologie); inoltre, anche se i soggetti intervistati possono in parte mascherare quello che veramente pensano, una tendenza comune, se realmente esiste tra i soggetti, emergerà comunque al di là delle differenze individuali e delle diverse strategie di mascheramento un altro modo utilizzato è il metodo simulativo (elaborato dalla scienza cognitiva): ambito di ricerca interdisciplinare applicato allo studio dei processi mentali (la mente umana può essere studiata paragonandola ad un calcolatore elettronico metodo costruttivo, vale a dire studio della mente attraverso la costruzione di modelli teorici che ne simulano il funzionamento e che possono essere trasformati in programmi per calcolatori) principali tradizioni di ricerca: la più antica è la ricerca in laboratorio (fine 800), interessata allo studio di fenomeni psichici ben delimitati analizzati con metodo sperimentale; furono studiate inizialmente funzioni psichiche quali la sensazione, la percezione e la memoria e, successivamente, funzioni più complesse ricerca sul campo: studio del più vasto ambito sociale, utilizza principalmente metodologie di tipo osservativo o sondaggi di opinione ricerca in ambito clinico: studio degli aspetti patologici del mentale, con l’utilizzo di metodologie diverse, da quella sperimentale a quella osservativa e di ricerca-intervento in tempi più recenti si è aggiunta la ricerca della scienza cognitiva, diversa dalle precedenti perché strettamente legata all’uso del calcolatore elettronico V. La ricerca in laboratorio e il metodo sperimentale. per molti anni, la psicologia scientifica si identificò con la psicologia sperimentale realizzata in laboratorio, poiché questo tipo di psicologia sembrava avere una maggiore dignità e offrire maggiori garanzie di scientificità: PRO: il laboratorio è un ambiente artificiale e controllato, dove il ricercatore può sia osservare, sia provocare risposte motorie, verbali, psicofisiologiche, procedendo alla loro registrazione e misurazione con strumenti adeguati; le variabili in gioco possono essere isolate, controllate e riprodotte fuori dal contesto in cui naturalmente si manifestano; ciò permette di individuare quale effetto una variabile può avere su di un’altra CONTRO: artificiosità delle situazioni sperimentali che vengono create in laboratorio e carattere parcellare e limitato dei fenomeni che vi si studiano un esperimento è valido quando effettivamente mette alla prova le ipotesi di partenza e cioè realmente indaga il nesso tra certi effetti e le loro cause supposte; è necessario mettersi in guardia dalle possibili insidie che possono minare la validità di un esperimento (il verificarsi di effetti che non sono riconducibili direttamente e totalmente alle variabili che noi pensiamo di aver messo in gioco organizzando l’esperimento) vanno dunque seguite alcune regole importanti: isolamento e controllo delle variabili scelta casuale del campione

Page 12: Mecacci - Manuale di Psicologia MANUALE DI PSICOLOGIA GENERALE di Mecacci 1. INTRODUZIONE STORICA. fin dall’antichità: pensiero filosofico dal 600: le scienze fisiche forniscono

12

assegnazione casuale dei soggetti ai gruppi sperimentali variabili: possibili variazioni misurabili di un certo fenomeno sotto indagine: quantitative o qualitative variabili indipendenti o fattori: variabili dalle quali si ritiene dipenda il fenomeno che si sta studiando livelli delle variabili indipendenti: i diversi valori che le variabili indipendenti assumono nell’esperimento, a causa dell’intervento dello sperimentatore che le manipola variabili dipendenti: costituiscono il fenomeno che si sta studiando e che si vuole spiegare e di cui si misurano le variazioni in funzione del valore dei livelli della o delle variabili indipendenti condizioni o trattamenti: condizioni in cui i vari gruppi di soggetti sono posti nell’esperimento e che dipendono dai diversi livelli che assume la variabile indipendente nei termini del modello esplicativo causale, le variabili indipendenti sono l’explanans (causa del fenomeno), quelle dipendenti l’explanandum (effetti di quella causa); gli esperimenti possono essere: ad un fattore, quando è in gioco una sola variabile indipendente a più fattori, quando sono in gioco 2 o più variabili indipendenti in molti casi è utile introdurre un gruppo di controllo, cioè un gruppo a cui il trattamento, o i trattamenti, sono vengono somministrati; questo serve a verificare in modo sicuro se il o i trattamenti hanno effetti reali sui soggetti; è indispensabile quando abbiamo un’unica variabile indipendente ad un solo livello in un esperimento ideale, i soggetti dovrebbero essere reperiti attraverso una scelta casuale dall’universo, cioè dall’intera popolazione a cui appartengono; implica che ogni soggetto abbia la stessa probabilità di essere scelto e non va confusa con la scelta a caso, che consiste nel prendere i primi soggetti che capitano a tiro senza alcun criterio; la scelta casuale e la numerosità dei soggetti garantiscono che si disponga di un campione rappresentativo della popolazione, o universo di riferimento; rappresentativo significa che il campione scelto riproduce fedelmente, seppure in forma ridotta, le caratteristiche della popolazione da cui è stato estratto e questo fatto, a sua volta, garantisce che le conclusioni dell’esperimento sono generalizzabili all’intera popolazione; per motivi pratici le cose non vanno quasi mai così, perché sia la scelta casuale, sia la grande numerosità del campione sono troppo dispendiose e in molti casi veramente impossibili da realizzare nella campionatura si scelgono perciò criteri che conciliano la rappresentatività con l’economicità e che sono indicati spesso come criteri di scelta ragionata: criterio di scelta di unità tipo: scegliamo un ristretto numero di soggetti tipici, cioè delle persone che posseggono in maniera media, o normale, certe importanti caratteristiche ritenute utili per eseguire il compito sperimentale; occorre naturalmente conoscere preliminarmente i valori medi campionamento per quote: anche in questo caso occorre conoscere le caratteristiche generali di una popolazione, sapere cioè come essa è distribuita in relazione a certe variabili determinanti; note queste caratteristiche e le loro proporzioni nell’universo, si estraggono casualmente dalla popolazione gruppi ridotti di soggetti con la condizione che queste proporzioni si mantengano nel campione si possono organizzare 2 tipi di disegni sperimentali: disegno tra i soggetti ciascun gruppo è sottoposto ad un solo trattamento; l’assegnazione dei soggetti ai gruppi avviene casualmente; non si deve confondere l’estrazione casuale del campione con l’assegnazione casuale dei soggetti del campione ai gruppi; si tratta di 2 fasi successive della ricerca; se ben strutturato, è quello che offre più garanzie disegno entro i soggetti tutti i soggetti vengono assegnati ad un solo gruppo e questo gruppo viene sottoposto a tutti i trattamenti; non è ovviamente possibile studiare l’effetto dei trattamenti in modo indipendente, poiché, essendo essi applicati a tutti i soggetti, non si può escludere che ognuno di essi influenzi l’altro, per un effetto cumulativo; per evitare comunque che il possibile reciproco effetto dei trattamenti crei degli errori sistematici, si ricorre ad alcune strategie, tra le quali le più utilizzate sono il cambiamento dell’ordine e della sequenza delle prove (ordine delle prove: si intende che una prova sia presentata per prima, seconda, terza, .. ; sequenza delle prove: si intende la posizione relativa di ciascuna

Page 13: Mecacci - Manuale di Psicologia MANUALE DI PSICOLOGIA GENERALE di Mecacci 1. INTRODUZIONE STORICA. fin dall’antichità: pensiero filosofico dal 600: le scienze fisiche forniscono

13

prova rispetto alle altre e cioè da quale altra prova è preceduta o seguita ciascuna delle prove effettuate); nonostante le minori garanzie che può offrire, ha un notevole vantaggio, cioè quello di essere meno dispendioso e di più facile realizzazione

l’uso dell’uno o dell’altro disegno, oltre che da problemi di convenienza, dipende anche dagli obiettivi della ricerca quasi esperimenti: esperimenti in cui il ricercatore non può variare a suo piacere, cioè controllare, la variabile indipendente, oppure, pur lavorando con più gruppi, non può assegnare i soggetti casualmente a questi gruppi (es: la variabile del genere M/F); questi limiti riducono la variabilità dell’esperimento e quindi la possibilità di poter considerare sicuri e generalizzabili i risultati esperimenti su casi singoli: caso limite di esperimento entro i soggetti in cui la numerosità del gruppo è uguale a uno; anche in questo caso dobbiamo arrivare a disporre di misure ripetute; si calcola la linea base della variabile dipendente (le misure della linea di base hanno una funzione paragonabile a quella del gruppo di controllo) VI. La ricerca sul campo: le inchieste. mentre la ricerca di laboratorio si applica in modo preferenziale allo studio delle singole funzioni psichiche considerate separatamente, la ricerca sul campo è più interessata all’individuo nella sua totalità, studiato nel contesto in cui egli vive; non è teoricamente impossibile progettare un esperimento sul campo, ma la sua realizzazione è sicuramente più difficile e comunque possibile solo in situazioni ben delimitate, in cui si può avere un relativo controllo delle variabili in gioco senza dover intervenire in modo manipolativo; quando ciò non è possibile è preferibile utilizzare altre modalità di indagine inchieste condotte con questionario ricerche osservative il fine generale delle inchieste è quello di studiare e conoscere l’opinione o gli atteggiamenti di gruppi di persone in relazione a determinati argomenti o problemi; particolarmente utilizzate in psicologia sociale; lo strumento utilizzato più spesso è il questionario, un insieme organizzato di domande volte a far emergere l’opinione dei soggetti su determinati temi la situazione sperimentale ideale permette di evidenziare rapporti causali; la controllabilità del contesto della ricerca, nel caso della ricerca sul campo e, in particolare, di un’inchiesta, è notevolmente minore rispetto all’esperimento di laboratorio; il contesto di un’inchiesta è il contesto sociale per questi motivi, quello che le inchieste mettono in evidenza non sono rapporti causali, ma rapporti di connessione tra variabili (2 variabili sono connesse tra loro quando le variazioni dell’una e dell’altra sono legate da qualche tipo di relazione); le relazioni sono di diverso tipo a seconda che si applichino a variabili quantitative o qualitative e sono espresse da diverse misure statistiche, quali gli indici di concordanza, di correlazione, di regressione, di contingenza; la decisione su quale variabile, tra 2 che risultano essere connesse, sia la causa e quale invece sia l’effetto spetta all’interpretazione del ricercatore, il che non è sempre un compito facile; per evitare conclusioni errate ci si deve limitare a constatare che i 2 fenomeni sono notevolmente connessi tra loro; per saperne di più occorrerebbe approfondire ulteriormente l’indagine in una dimensione temporale, proprio per capire quale dei 2 fenomeni si è verificato prima domande in forma aperta in forma chiusa prevedere una risposta libera prevedere un numero definito di risposte

alternative predisposte dal ricercatore + garantiscono maggiore validità al questionario, poiché raccolgono direttamente l’opinione dei soggetti intervistati

+ sono più facili da esaminare e non richiedono intereventi interpretativi

Page 14: Mecacci - Manuale di Psicologia MANUALE DI PSICOLOGIA GENERALE di Mecacci 1. INTRODUZIONE STORICA. fin dall’antichità: pensiero filosofico dal 600: le scienze fisiche forniscono

14

— sono più difficili da analizzare in termini quantitativi poiché vanno interpretate e categorizzate dal ricercatore, che non riuscirà ad isolare completamente, in questo lavoro, la sua personale soggettività

— sono meno valide, poiché costringono i soggetti a scegliere tra opinioni alternative indicate dal ricercatore

vanno utilizzate quando si ha una conoscenza molto scarsa di ciò che la gente pensa o fa in relazione ad un certo tema e dunque non si possono prevedere alternative realistiche di risposta

vanno utilizzate nella situazione contrarie e, a queste condizioni, garantiscono la validità del questionario

spesso si utilizzano in un’indagine pilota, o preliminare, su un piccolo gruppo

dall’analisi di ciò che i soggetti rispondono nell’indagine pilota, si ricavano poi le categorie di alternative possibili per delle domande a risposta chiusa, da utilizzare nell’indagine vera e propria

c’è in tutti un comune atteggiamento di protezione della propria sfera privata che induce spesso, se non a mentire, quanto meno a modificare parzialmente quello che si vorrebbe dire, ma non si ritiene prudente dire (desiderabilità sociale delle risposte, che fa sì che le persone che rispondono tendano a rappresentarsi come persone normali, non devianti, e cioè delle unità tipo che condividono con il loro contesto sociale abitudini, sistemi di credenze, valori, comportamenti e attitudini) per controllare, per quanto possibile, la tendenza a mentire: occorre dare alla persona che risponde la certezza che il questionario che compila è, e resterà, rigorosamente anonimo dovrebbe essere evitata la compilazione in presenza dell’intervistatore, o anche la consegna del questionario, compilato privatamente, nelle mani del ricercatore l’invio del questionario per posta è quello che garantisce al meglio l’anonimato, anche se c’è il grande problema dei ritorni il modo più semplice per risolvere il problema è quello di scegliere un gruppo di soggetti rappresentativi di una certa popolazione, convocarlo e procedere ad una somministrazione anonima e collettiva del questionario, poi raccolto in busta chiusa da più persone contemporaneamente le modalità di somministrazione e di raccolta vanno spiegate prima della compilazione per creare un’atmosfera di fiducia VII. La ricerca sul campo: i metodi osservativi. la ricerca osservativa è, più delle inchieste, lontana dal metodo sperimentale, perché non implica nessuna manipolazione di variabili e nessuna assegnazione di soggetti a gruppi; si fonda sulla semplice osservazione di determinati comportamenti di singoli o di gruppi nel contesto in cui si svolge la loro vita quotidiana; questo metodo si ispira al cosiddetto metodo etologico con cui si studia il comportamento animale; è stato applicato anche al comportamento umano, ma non senza grossi problemi, primo fra tutti il rispetto della sfera privata delle persone; le ricerche osservative possono essere distinte in base a più parametri, dai quali deriva il loro livello di oggettività e precisione; i principali sono: delimitazione chiara di ciò che si vuole osservare grado di coinvolgimento del ricercatore nel contesto osservativo strumentazione utilizzata per registrare i comportamenti preparazione di una buona griglia di osservazione il livello di oggettività e di precisione più alto di un’osservazione si ottiene quando il ricercatore non è per nulla coinvolto nel contesto (strumenti adeguati per la registrazione del comportamento possono essere la videocamera, la cinepresa, il magnetofono); il livello è minore quando il ricercatore è coinvolto nel contesto osservativo e registra il comportamento per iscritto, durante o dopo la fase osservativi

Page 15: Mecacci - Manuale di Psicologia MANUALE DI PSICOLOGIA GENERALE di Mecacci 1. INTRODUZIONE STORICA. fin dall’antichità: pensiero filosofico dal 600: le scienze fisiche forniscono

15

(precisione e oggettività diminuiscono ancora se il ricercatore non ha preliminarmente definito in modo chiaro ciò che vuole osservare e non dispone di una buona griglia di osservazione) si va piuttosto alla ricerca di certe regolarità nei comportamenti umani, in determinati contesti, alle quali attribuire un senso; un altro obiettivo è di studiare le relazioni tra le unità comportamentali che emergono dall’osservazione; ipotesi definite nascono dall’osservazione e riguardano sia il senso che ipoteticamente si attribuisce a certe sequenze comportamentali, sia le relazioni che le legano: il prosieguo dell’osservazione permetterà di confermarle o di disconfermarle ambiti umani in cui questo metodo è stato frequentemente utilizzato: osservazione dei bambini molto piccoli osservazione dell’interazione precoce madre-bambino se si vuole osservare un fenomeno piuttosto limitato, l’osservazione può essere continua e riferirsi a tutta la durata del fenomeno se siamo interessati ad osservare l’interazione madre-bambino, la cosa è più complessa: sono necessarie osservazioni campionarie rappresentative, nel loro insieme, dell’intero periodo preso in esame se siamo interessati a studiare l’evoluzione di un certo fenomeno, o comportamento, nel tempo, si hanno 2 scelte: osservazione longitudinale osservazione trasversale restando all’esempio dell’osservazione della coppia madre-bambino, possiamo scegliere di osservare un medesimo gruppo di coppie in momenti successivi: quando i bambini hanno una settimana, un mese, 2 mesi di vita

possiamo condurre l’osservazione contemporaneamente su gruppi diversi di coppie: uno in cui i bambini hanno un settimana, uno in cui hanno un mese, uno in cui ne hanno 2

nei 2 casi si mantengono costanti i periodi osservati si mantengono costanti anche i soggetti osservati i soggetti osservati variano avremo un disegno di ricerca entro i soggetti, poiché le osservazioni e le misure vengono ripetute sulle stesse persone

avremo un disegno tra i soggetti, poiché ogni osservazione e ogni misura sono applicate ad un solo gruppo di soggetti

la scelta dell’uno o dell’altro disegno dipenderà dalle specifiche esigenze della ricerca o dalle risorse di soggetti disponibili VIII. La ricerca in ambito clinico. la psicologia generale studia le principali funzioni psichiche e ha come oggetto un’unità tipo, cioè l’uomo medio (interessata agli aspetti più generali del funzionamento psichico) psicologia clinica: si interessa alla sofferenza e al disagio, che costituiscono elementi di deviazione dalla norma e sono più che mai connessi alla singolarità degli individui; secondo Quételet e Galton, le caratteristiche umane (fisiche e psicologiche) si distribuiscono secondo una curva indicata dal matematico Gauss come normale, cioè intorno ai loro valori medi media G = campo d’interesse dello psicologo generalista C = campo d’interesse dello psicologo clinico C — G — C cercare regolarità in ciò che appare come estremamente differenziato e variegato (la sofferenza e il disagio)

Page 16: Mecacci - Manuale di Psicologia MANUALE DI PSICOLOGIA GENERALE di Mecacci 1. INTRODUZIONE STORICA. fin dall’antichità: pensiero filosofico dal 600: le scienze fisiche forniscono

16

attraverso questa individuazione di regolarità, formulare ipotesi e teorie per la comprensione di uno stato di disagio usare queste stesse teorie come strumento per promuovere un cambiamento positivo della persona che prova sofferenza e a lui si rivolge in cerca di aiuto sono i compiti fondamentali dello psicologo clinico anche in psicologia clinica si possono effettuare ricerche utilizzando metodi sperimentali, quasi sperimentali, inchieste ed osservazioni spesso allo psicologo clinico è richiesta una diagnosi, o dell’intera personalità, o di alcuni aspetti e abilità di un soggetto: la richiesta è frequente per lo psicologo che lavora in un ospedale generale può essere il magistrato a richiedere la diagnosi di un imputato di un grave reato su richiesta stessa dell’utente o, nel caso di minori, dei suoi genitori anche per la diagnosi si può seguire una procedura di ricerca induttiva: in una prima fase osservativa si raccolgono alcuni elementi che, alla luce di una particolare teoria psicologica della personalità o del funzionamento psichico, sembrano particolarmente significativi a partire da questi, si formulano delle ipotesi diagnostiche che poi si confermano o disconfermano con l’utilizzo di strumenti appropriati (es: colloquio approfondito e mirato) in tutti i casi, nella procedura diagnostica un soggetto singolo viene analizzato sulla base di una qualche teoria e confrontato con dei gruppi di riferimento che sono quelli su cui è stata fatta la taratura dei test, utilizzati per arrivare alla diagnosi; anche nel caso in cui l’unico strumento sia il colloquio avviene un confronto: lo psicologo, infatti, confronta il suo paziente anche con tutti i pazienti che ha conosciuto in precedenza; la diagnosi è una procedura di ricerca, ma certo non è una ricerca sperimentale; la validità di una diagnosi dipende dal suo grado di oggettività e questa dipende dall’affidabilità degli strumenti utilizzati, ma anche, in grande misura, dall’abilità, dalla preparazione e dall’esperienza dello psicologo clinico la psicoterapia è una forma di cura della sofferenza e del disagio di natura psicologica che non si avvale dell’uso di farmaci e che viene realizzata attraverso la relazione e l’interazione tra un paziente e un terapeuta (nel caso in cui i pazienti siano molti si parla di psicoterapia di gruppo); l’obiettivo ultimo è un processo di cambiamento; questo, però, non si può realizzare se non attraverso un preliminare processo di conoscenza della personalità del paziente, delle sue modalità relazionali e delle possibili cause del suo disagio la psicoterapia rappresenta un caso limite dei disegni di ricerca sui casi singoli: il terapeuta è il ricercatore che osserva, il paziente è l’oggetto dell’osservazione; ci sono però differenze notevoli tra la psicoterapia e la ricerca sui casi singoli: scopo: la ricerca ha soltanto l’obiettivo di conoscere il caso e non di intervenire su di esso; la psicoterapia si propone di conoscere per cambiare modalità osservative: l’osservazione sul caso singolo può essere pubblica, può servirsi di misure oggettive e non richiede che si instauri una particolare relazione affettiva tra osservatore e osservato; la relazione paziente-terapeuta è invece privata, è inoltre di natura empatica, cioè effettiva (questo, ovviamente, va a scapito di un’osservazione oggettiva) quello che invece può accomunare la psicoterapia e la ricerca su casi singoli è il fatto che anche lo psicoterapeuta formula delle ipotesi e cerca di verificarle o falsificarle attraverso l’osservazione del paziente e l’interazione con lui; le ipotesi sono formulate generalmente a partire da una teoria e quest’ultima, a sua volta, deriva dalla formalizzazione dell’esperienza di uno o più autori la psicoterapia non è pubblica e si fonda sull’osservazione, o sull’intuizione, del singolo terapeuta negli scorsi decenni, la scientificità della pratica psicoterapeutica è stata spesso messa in dubbio e l’efficacia dei suoi risultati negata o considerata indimostrabile sviluppo di molte ricerche volte a

Page 17: Mecacci - Manuale di Psicologia MANUALE DI PSICOLOGIA GENERALE di Mecacci 1. INTRODUZIONE STORICA. fin dall’antichità: pensiero filosofico dal 600: le scienze fisiche forniscono

17

darle maggiore fondatezza e rigore metodologico attraverso l’uso di procedure che potessero intervenire a più livelli, e che quindi: dessero maggiore concretezza empirica a costrutti teorici a volte troppo astratti e indeterminati, attraverso proposte condivise di operalizzazione dei loro aspetti fondamentali (es: serie di operazioni e comportamenti osservabili nel paziente) rendessero più oggettiva l’osservazione di quanto avviene nella relazione terapeutica, per dare un carattere più pubblico ai dati di questa osservazione introducessero criteri condivisi per la valutazione del cambiamento terapeutico curassero la formazione dei terapeuti ai metodi osservativi IX. L’ambito e il metodo di ricerca della scienza cognitiva. molto diverso dalla ricerca di laboratorio, sia per la definizione dei suoi oggetti che per i metodi utilizzati, è l’ambito di ricerca della scienza cognitiva (filone di ricerca interdisciplinare, sviluppatosi negli ultimi decenni grazie agli apporti della psicologia dei processi cognitivi, delle neuroscienze, dell’informatica, della cibernetica, degli studi sull’Intelligenza Artificiale); il presupposto centrale è l’idea che la mente umana possa essere descritta e studiata come se fosse un calcolatore elettronico, e i processi psicologici che producono conoscenza come processi di elaborazione delle informazioni paragonabili a quelli compiuti da un calcolatore il metodo utilizzato è di tipo ipotetico-deduttivo perché la ricerca inizia con la costruzione di teorie della mente che si ispirano al calcolatore elettronico da queste teorie vengono dedotti modelli più specifici relativi ad un qualche processo mentale limitato questi modelli vengono sottoposti a verifica con il metodo simulativo (costruzione di modelli simulativi dei processi mentali stessi); quello che distingue l’approccio della scienza cognitiva dall’approccio operazionista, accettato dalla gran parte delle scuole psicologiche, può essere riassunto in 2 punti fondamentali: l’operazionismo ritiene che il mentale possa essere studiato attraverso i suoi esiti comportamentali sottoponibili ad operazioni di osservazione e misura la scienza cognitiva ritiene che il mentale vada studiato in quanto tale e non solo attraverso i suoi esiti comportamentali la verifica della validità dei modelli simulativi avviene in 2 momenti: trasformazione del modello di un certo processo mentale in un programma di calcolo implementabile su un calcolatore elettronico verificare quanto quello che il calcolatore fa in base a quel programma sia simile a quello che fa un uomo quando attiva quel determinato processo mentale simulato dal calcolatore differenze interne tra le varie correnti della scienza cognitiva: Intelligenza Artificiale dura: la verifica di un modello simulativo va fatta solo sui suoi esiti e questi vanno considerati validi se sono non solo simili, ma addirittura migliori di quelli a cui giungerebbe un uomo Intelligenza Artificiale morbida: è importante che un modello simuli fedelmente non solo gli esiti di un processo mentale, ma anche le procedure intermedie; gli esiti devono essere non migliori, ma veramente simili a quelli umani connessionismo (filone di ricerca più recente): rappresenta la mente come l’attività organizzata di un insieme complesso di innumerevoli connessioni tra neuroni e ritiene che questa struttura sia simulabile in altrettanto complessi programmi per calcolatori (reti neurali); non si tratta solo di simulare il funzionamento del cervello, ma anche la sua struttura, perché si ritiene che un certo funzionamento dipenda strettamente da una certa struttura, che impone facilitazioni e vincoli in realtà, oggi non è ancora possibile costruire modelli così realistici e così simili al cervello, poiché i calcolatori di cui disponiamo sono ancora molto lontani dal riprodurre la complessità del cervello umano (che è in grado di elaborare in parallelo molte informazioni; mentre i calcolatori lavorano serialmente)

Page 18: Mecacci - Manuale di Psicologia MANUALE DI PSICOLOGIA GENERALE di Mecacci 1. INTRODUZIONE STORICA. fin dall’antichità: pensiero filosofico dal 600: le scienze fisiche forniscono

18

vantaggi del metodo simulativo svantaggi ha il merito di offrire nuovi strumenti teorici e applicativi che hanno lo scopo di penetrare nel buio della "black box", cioè all’interno dei meccanismi mentali inosservabili, ed è in grado al contempo di offrire garanzie di scientificità in questo arduo studio degli aspetti interni della mente

prendendo come modello esplicativo della mente umana il calcolatore elettronico, questo metodo rischia di appiattire la mente stessa sul calcolatore e cioè di descriverla non tenendo conto delle sue proprie caratteristiche, legate al funzionamento del cervello, ma di descriverla tenendo conto delle caratteristiche di funzionamento di un calcolatore

è stato applicato alla modellizzazione di vari, seppure limitati, processi cognitivi, quali il riconoscimento di forme, i processi di astrazione e la formazione dei concetti, la soluzione dei problemi, l’apprendimento dei giochi

vengono trascurati sia gli aspetti "caldi" della mente, come le emozioni e i sentimenti, sia gli aspetti più intrinsecamente soggettivi, come la consapevolezza e l’intenzionalità, perché non è possibile simularli su calcolatore

sono stati costruiti anche modelli simulativi forniti di una competenza specifica, limitata ma molto approfondita. Si tratta dei cosiddetti sistemi esperti, cioè sistemi capaci di compiere attività molto specialistiche in ambiti ristretti, spesso utilizzati in medicina e in biologia. Questi sistemi sono utilissimi strumenti che si affiancano alle competenze umane, naturalmente più vaste

un modo sicuro che la scienza cognitiva ha a disposizione per evitare degli eccessi è quello di evitare di porsi come prospettiva unica sul mentale, cioè come unico metodo in grado di studiarlo e come unica teoria in grado di spiegarlo, rimanendo sempre aperta a tutto ciò che proviene dalle altre prospettive e dagli altri approcci metodologici

3. LA MISURAZIONE IN PSICOLOGIA. I. Le prime misurazioni dei fenomeni psichici. il concetto di misurazione dei fenomeni (la descrizione della loro dimensione quantitativa) è alla base del concetto moderno di scienza (600); possibilità di misurare i fenomeni dopo averne identificato le dimensioni adeguate da quantificare fine 800: misurazione anche in psicologia il fisiologo Helmholtz fu un pioniere dello studio della relazione tra fenomeni fisiologici e psichici, introducendo una tecnica originale per stimare la velocità della trasmissione degli impulsi lungo le fibre nervose (velocità di conduzione nervosa); Helmholtz misurò il tempo di reazione, cioè l’intervallo che separa lo stimolo dalla risposta, e constatò che esso era tanto più lungo quanto maggiore era la distanza tra il punto stimolato e il sistema nervoso centrale cui veniva trasmessa la stimolazione; dividendo la distanza (in metri) tra 2 punti stimolati per la differenza dei 2 tempi di reazione relativi ottenne una stima della velocità di conduzione nervosa di circa 100 m/sec, un dato che si accorda con stime più recenti, ottenute mediante tecniche di misurazione molto più raffinate; misurando il tempo di reazione per diversi tipi di risposte riflesse, stimò anche il tempo supplementare richiesto per compiere azioni di cui si è consapevoli il fisiologo Weber introdusse il concetto di soglia differenziale, detta anche soglia appena percettibile, con il quale indicava la minima differenza percepibile tra 2 stimoli; determinò che la soglia differenziale è proporzionale all’intensità assoluta degli stimoli utilizzati (rapporto di Weber) i soggetti sono capaci di identificare come diversi 2 stimoli che si differenziano per un valore (soglia differenziale) che rappresenta una percentuale costante della misura di riferimento Fechner, allievo di Weber, derivò la legge di Weber-Fechner, secondo cui, ad esempio, la sensazione di aumento di peso è la stessa sia passando da 50 a 100 g, sia da 20 a 40 g o da 200 a 400 g; per sviluppare la sua equazione, Fechner aveva bisogno di un punto di riferimento, che identificò nel valore minimo di intensità di uno stimolo percepibile, da lui definita come soglia assoluta delineò 3 metodi per identificare la soglia assoluta:

Page 19: Mecacci - Manuale di Psicologia MANUALE DI PSICOLOGIA GENERALE di Mecacci 1. INTRODUZIONE STORICA. fin dall’antichità: pensiero filosofico dal 600: le scienze fisiche forniscono

19

metodo dei limiti, consistente in 2 procedure indipendenti e complementari; l’una consisteva nel far variare lo stimolo in senso regolarmente crescente (a partire da un valore inferiore a quello della soglia, subliminale, che il soggetto non rileva) fino a che il soggetto non afferma di rilevarlo; l’altra procedura consiste nel far variare lo stimolo in senso regolarmente decrescente (a partire da un valore superiore a quello della soglia, sopraliminale, che il soggetto rileva) fino a che il soggetto non afferma di non essere più in grado di rilevarlo; la somministrazione ripetuta di entrambe queste procedure permette di confrontare le soglie relative a stabilire la soglia assoluta; la procedura crescente tende a produrre valori inferiori a quella decrescente e viceversa (questa differenza viene detta errore di abitudine) metodo degli stimoli costanti, elaborato per ovviare a questo errore e consiste nella

somministrazione in ordine casuale di stimoli di diversa intensità; la tabulazione dei valori consente di stimare l’intensità alla quale corrisponde la rilevazione dello stimolo nel 50% dei casi, che viene assunto come soglia assoluta metodo dell’aggiustamento (metodo dell’errore medio), consiste nel chiedere al soggetto di

regolare lui stesso il valore dell’intensità dello stimolo (stimolo di confronto) per uguagliarla all’intensità di una altro stimolo (stimolo standard) la proliferazione di metodi di misurazione della soglia assoluta è un chiaro indizio della difficoltà di definire un valore fisso dovuta alla variabilità causata da numerosi fattori sia interindividuali (es: diversa acuità sensoriale di un individuo rispetto ad un altro) sia intraindividuali (es: maturazione, stanchezza, momenti diversi della giornata e, come vedremo, fattori psicologici, in particolare cognitivi, emozionali e motivazionali) ritenendo che le differenze di reazione fra i soggetti fossero da attribuire alle differenze nei tempi con i quali ciascun soggetto eseguiva le varie operazioni mentali, il fisiologo Donders elaborò una strategia per misurare il tempo necessario per compiere ciascun tipo di operazione (tempo di reazione) decise così di procedere sperimentalmente: in analogia con quanto era stato messo in evidenza da Helmholtz (occorre un tempo determinato per la trasmissione dell’impulso nervoso che causa il movimento e le operazioni vengono eseguite in sequenza: un’operazione è effettuata solo dopo che è stata completata la prima), Donders ipotizzò che: il primo compito avrebbe richiesto una sola operazione il secondo avrebbe richiesto 3 operazioni il terzo 2 operazioni sottraendo il tempo impiegato per il secondo (metodo sottrattivo), si poteva stimare il tempo necessario per eseguire l’ulteriore operazione necessaria nel terzo compito rispetto al secondo; sottraendo il tempo impiegato per il primo da quello impiegato per il secondo, si poteva stimare il tempo necessario per eseguire l’operazione necessaria nel secondo compito rispetto al primo; il tempo necessario per eseguire la prima operazione era quello più breve questa prospettiva di ricerca fu subito applicata in numerosi esperimenti; in seguito la tecnica dei tempi di reazione fu abbandonata dopo numerose obiezioni alla sua validità (in particolare venne criticato il presupposto che l’inizio dell’operazione successiva avvenisse esattamente alla conclusione della precedente); solo negli anni 40 questa tecnica fu ripresa, divenendo uno dei principali metodi di indagine usati dalla psicologia cognitivista per studiare i tempi di elaborazione relativi ai vari processi mentali II. Sviluppi recenti della psicofisica. il modello proposto da Fechner, basato sulla stima delle soglie differenziali (piccoli cambiamenti dell’intensità dello stimolo) a diversi livelli di intensità della sensazione fu criticato negli anni 50 da Stevens; questo psicologo propose un metodo più diretto per stabilire le relazioni tra intensità fisica dello stimolo e sensazione relativa (chiedere ai soggetti di esprimere una valutazione comparativa di stimoli di intensità fisica diversa) sebbene avesse verificato empiricamente che per la maggior parte degli stimoli poteva essere confermata sostanzialmente la legge di Fechner, Stevens trovò però una

Page 20: Mecacci - Manuale di Psicologia MANUALE DI PSICOLOGIA GENERALE di Mecacci 1. INTRODUZIONE STORICA. fin dall’antichità: pensiero filosofico dal 600: le scienze fisiche forniscono

20

relazione tra intensità fisica e sensazione soggettiva; il differente andamento della relazione tra intensità fisica dello stimolo e sensazione soggettiva ha un forte valore adattivo le 3 diverse procedure codificate da Fechner per identificare la soglia assoluta riflettevano la difficoltà di identificare un’intensità stabile per la stimolazione di soglia; a fattori di ordine fisiologico, si possono aggiungere altri aspetti più propriamente psicologici (di ordine cognitivo e motivazionale) che diventano evidenti nella condizioni di incertezza del soggetto è necessario tenere conto di un ulteriore tipo di errore, il falso allarme (il soggetto rileva, con certezza e senza malafede, un segnale che non esiste), oltre a quello già considerato, definibile come mancata rilevazione o insuccesso (lo stimolo viene trasmesso ma non percepito) ora 4 alternative: il segnale è presente e il soggetto lo rileva (successo) il segnale è presente e il soggetto non lo rileva (insuccesso per mancata rilevazione) il segnale non è presente e il soggetto dice che c’è (falso allarme) il segnale non è presente e il soggetto dice che non c’è (negazione corretta) secondo la teoria che è derivata da questo tipo di approccio, la teoria della rilevazione del segnale, la rilevazione di uno stimolo qualsiasi equivale alla distinzione di un segnale da un rumore di fondo; man mano che il livello di intensità si abbassa, la sensazione relativa tenderà a confondersi con gli effetti di altri debolissimi stimoli ambientali; in tali condizioni il soggetto farà emergere una sua tendenza a rispondere in un certo modo: se vorrà essere sicuro di rispondere solo quando uno stimolo è presente tenderà a commettere degli errori di omissione se invece non vorrà farsi sfuggire nessuno stimolo tenderà a commettere dei falsi allarmi questa tendenza è importante da stimare, perché un soggetto prudente potrebbe essere ritenuto caratterizzato da una soglia più elevata rispetto ad un soggetto più audace è possibile arrivare a stimare la discriminabilità di un segnale variando sistematicamente le conseguenze delle risposte positive dei soggetti: in un caso si potrebbe premiare il soggetto per un successo più di quanto non lo si punisca in caso di falso allarme un caso opposto potrebbe essere quello in cui il premio in caso di successo è inferiore alla punizione in caso di fallimento III. Le scale di misura. le diverse caratteristiche delle variabili utilizzabili in psicologia suggerirono a Stevens di proporre una classificazione delle scale di misura organizzata in modo gerarchico; questa classificazione comprende 4 livelli di misurazione, ognuno dei quali gode di tutte le proprietà del livello immediatamente inferiore più una proprietà che lo differenzia da quest’ultimo: 1. scale nominali: più che misurare, classificano le variabili in categorie; non è possibile che un individuo appartenga a classi diverse (mutua esclusività delle categorie); presupposto che le classi siano tra loro qualitativamente diverse 2. scale ordinali: esiste una dimensione che permette di ordinare le variabili tra di loro; con questa classificazione non è possibile risalire a differenze quantitative tra le classi 3. scale ad intervalli: hanno in più la proprietà di quantificare e prendere in considerazione anche le differenze tra i soggetti (in psicologia: il QI) 4. scale di rapporto: godono di tutte le proprietà, compresa quella dei rapporti; pertanto su questo tipo di variabili possono essere eseguite tutte le operazione a nostra disposizione (un esempio tipico è costituito dal tempo; in psicologia tuttora non esistono) il sonno è un interessante esempio di ricerca psicofisiologica; le ricerche sperimentali sui diversi aspetti psicologici del sonno possono esser fatte risalire addirittura agli anni 60 dell’800; ma fu solo negli anni 30, con la scoperta dell’elettroencefalogramma, che fu definitivamente abbandonata l’idea che il sonno

IL SONNO: BREVE STORIA DELLA SUA MISURAZIONE

Page 21: Mecacci - Manuale di Psicologia MANUALE DI PSICOLOGIA GENERALE di Mecacci 1. INTRODUZIONE STORICA. fin dall’antichità: pensiero filosofico dal 600: le scienze fisiche forniscono

21

fosse uno stato essenzialmente omogeneo vennero descritti 5 stadi distinti del sonno venne poi identificato e descritto il sonno REM (rapid eye movements = movimenti oculari rapidi), distinto dal sonno non-REM (NREM) la classificazione della profondità del sonno NREM si basa su una definizione di stadi che tiene conto della percentuale del tempo occupata dalle onde lente; questa classificazione misura pertanto la profondità del sonno sulla base di misure di onde che rientrano in una certa categoria selezionata in modo convenzionale; consente un ordinamento degli stadi di sonno in funzione della loro profondità; ma, non consentendo altri tipi di confronto, dev’essere considerata come una classificazione appartenente alla categoria delle scale ordinali; i progressi tecnologici hanno consentito di misurare in modo più preciso le caratteristiche delle oscillazioni dell’EEG, fornendo così valori esprimibili in unità di misura che rientrano nelle misure delle scale di rapporto; si è dimostrato che la reattività dei soggetti agli stimoli ambientali non dipende solo dal tipo o dallo stadio di sonno, oppure dalle caratteristiche fisiche degli stimoli stessi, ma anche dalle loro caratteristiche cognitive significative per il soggetto; durante il sonno REM il soggetto è in grado di esercitare una certa forma di controllo sull’ambiente e può svegliarsi facilmente in caso di necessità, mentre durante il sonno NREM non è altrettanto capace di effettuare discriminazioni e si sveglia solamente se sottoposto a stimoli di elevata intensità la percezione del tempo soggettivo in rapporto al tempo oggettivo ha costituito un importante oggetto di impostazione gestaltista o in ambito clinico; nella psicologia sperimentale il tempo ha assunto tanto il ruolo di variabile dipendente (in quanto consente di produrre il trascorso dei processi mentali) quanto quello di variabile dipendente; il ruolo del tempo come fattore che influenza i processi psicologici è emerso quando sono state applicate alle funzioni mentali quelle osservazioni che avevano portato alla scoperta dei ritmi biologici nell’intero mondo vivente e quindi alla costituzione della cronobiologia come disciplina autonoma: una prima applicazione è stata nello studio di un rilevante aspetto comportamentale, il ritmo sonno-veglia, che ha un andamento ciclico di circa 24 ore, da cui il termine ritmo circadiano parallelamente si è sviluppato l’interesse per i ritmi relativi alla vigilanza e all’efficienza nelle prestazioni da oggetto di ricerca di base sono diventati un campo di studi con applicazioni pratiche di rilevante interesse sociale (es: nell’ambito scolastico o in quello dell’organizzazione del lavoro); la cronopsicologia ha fornito contributi preziosi studiando l’efficienza delle principali funzioni cognitive tanto in relazione ai ritmi sonno-veglia, dipendenti dal tempo, quanto in relazione al tempo esterno: la vigilanza e l’attenzione hanno un andamento crescente nella giornata, interrotto da una diminuzione temporanea, tra le 14 e le 16, con un massimo nel pomeriggio, sostanzialmente parallelo all’andamento della prestazione in compiti che richiedono la memoria a lungo termine le massime prestazioni per la memoria a breve termine sono raggiunte già nelle prime ore del mattino, per poi subire un calo nel corso di tutta la giornata la creatività da i massimi risultati nel corso delle ore notturne oltre ai ritmi circadiani, la cronopsicologia si è anche interessata ai ritmi ultradiani (durata inferiore alle 24 ore) e infradiani (durata superiore alle 24 ore, es: il ciclo mestruale) IV. Attendibilità e validità. attendibilità di una misurazione: corrisponde alla sua affidabilità, cioè alla sua capacità di fornire misure simili se viene applicata più volte, magari in condizioni diverse, allo stesso oggetto; un modo

SONNO REM E SONNO NREM

LA CRONOPSICOLOGIA

Page 22: Mecacci - Manuale di Psicologia MANUALE DI PSICOLOGIA GENERALE di Mecacci 1. INTRODUZIONE STORICA. fin dall’antichità: pensiero filosofico dal 600: le scienze fisiche forniscono

22

semplice in cui viene valutata è quello di ripeterla più volte su di un campione composto da individui diversi (una tecnica di misura sarà tanto più attendibile quanto più i punteggi dei diversi soggetti saranno simili non solo nelle ripetizioni, ma anche nei loro rapporti reciproci); una caratteristica che potrebbe creare confusione con l’attendibilità è la sensibilità oltre all’attendibilità nel tempo è importante l’attendibilità interna, o omogeneità (tra le misurazioni in tempi successivi) l’attendibilità non ci garantisce che tale prova misuri proprio quello che si voleva misurare (criterio della validità); mentre si può affermare che una misura non attendibile non è neppure valida, non è vero il contrario: infatti una misurazione attendibile non è necessariamente valida

ciò deriva dal fatto che per misurare molte dimensioni utilizziamo strumenti indiretti, spesso solo per motivi di praticità, talvolta per difficoltà a misurare direttamente un fenomeno; però, quando utilizziamo metodi di misurazione indiretti dobbiamo accertarci della loro validità; gli aspetti principali che definiscono la validità di uno strumento di misura sono 3: validità di contenuto: lo strumento che noi utilizziamo deve contenere elementi che si riferiscano all’obiettivo della misurazione validità del criterio: si riferisce alla correlazione tra le misure ottenute con il nostro strumento e altre misure ottenute in occasioni indipendenti con strumenti di provata pari validità validità del costrutto: si riferisce ai presupposti teorici sui quali si basa la nostra misura V. Statistica descrittiva e inferenziale. l’elevata variabilità dei fenomeni psichici e comportamentali, dovuta anche all’elevato numero dei fattori da cui sono influenzati, fa sì che anche le misure siano estremamente variabili; la statistica ci aiuta a descrivere, rappresentare, comprendere e interpretare le misure dei fenomeni psichici e comportamentali

statistica descrittiva statistica inferenziale

la statistica descrittiva fornisce gli strumenti per la descrizione e la rappresentazione dei risultati; i risultati di un gruppo vengono riportati con un valore che esprime la tendenza centrale del gruppo e un valore che ci informa sulla dispersione dei punteggi dei singoli soggetti attorno a questa tendenza centrale; 3 misure della tendenza centrale: media: valore ottenuto sommando i punteggi ottenuti dai singoli soggetti diviso per il numero dei soggetti mediana: valore ottenuto dal soggetto che si situa nel punto centrale di una graduatoria, cioè dal soggetto che all’interno del gruppo si caratterizza per aver ottenuto il punteggio superiore a quello di metà del gruppo e inferiore a quello dell’altra metà, ovviamente lui escluso (si dispongono i punteggi in ordine decrescente e si guarda qual è il punteggio che si trova al centro della distribuzione) (se il numero dei casi è pari, la mediana è costituita dalla media dei 2 punteggi centrali) moda: valore riportato dal numero più elevato di soggetti una rappresentazione molto utilizzata è l’istogramma di frequenze, nel quale vengono riportati sull’ascissa (asse x) i valori ottenuti e sull’ordinata (asse y) il numero di soggetti che hanno ottenuto quel valore; la distribuzione delle frequenze si ottiene distribuendo i dati in intervalli di classe uguali fra loro e ci permette di costruire l’istogramma; la curva che si ottiene può avere diverse forme, che già permettono, a colpo d’occhio, di farsi idee molto precise sulle caratteristiche del gruppo; la curva può avere un solo picco (unimodale) ed essere più o meno simmetrica; un tipo particolare di curva unimodale e simmetrica è la curva normale o gaussiana (le 3 misure della tendenza centrale coincidono); ci permette anche di calcolare un indice di variabilità o di dispersione, detto deviazione standard, che tra l’altro può dirci quanto è rappresentativa una misura della tendenza centrale: se la variabilità è scarsa, i casi individuati non si discostano molto dalla media se invece la variabilità è elevata, l’uso della media come valore rappresentativo ci offre minori garanzie

Page 23: Mecacci - Manuale di Psicologia MANUALE DI PSICOLOGIA GENERALE di Mecacci 1. INTRODUZIONE STORICA. fin dall’antichità: pensiero filosofico dal 600: le scienze fisiche forniscono

23

i valori inferiori alla media di almeno 2 deviazioni standard e quelli al di sopra della media di almeno 2 deviazioni standard sono considerati i valori estremi, rispettivamente al di sotto e al di sopra della norma statistica la statistica inferenziale ci permette di stimare sia il rischio di trovare una differenza tra 2 o più gruppi di dati quando questa non esiste (errore di primo tipo, o alfa) sia quello di non trovare una differenza quando invece esiste (errore di secondo tipo, o beta); convenzionalmente si ritiene che il livello di rischio sia accettabile quando si hanno meno di 5 probabilità su 100 di cadere nell’errore; un altro uso frequente della statistica inferenziale è quello di verificare se 2 misure sono tra loro correlate; si può calcolare un coefficiente di correlazione, che può assumere valori compresi tra -1 (correlazione negativa, per cui le 2 misure sono inversamente correlate tra loro) e +1 (correlazione positiva, per cui le 2 misure sono direttamente correlate tra loro); la matrice di dispersione è un grafico composto dai 2 dati che si vogliono confrontare (sull’asse x e y) e da alcuni puntini che rappresentano contemporaneamente i punteggi x e y di ogni soggetto VI. La psicometria. psicometria (misura della psiche): insieme di conoscenze e di tecniche che sono state sviluppate nell’ambito della psicologia scientifica per misurare aspetti e dimensioni dei processi psichici; un test psicometrico è una misura obiettiva e standardizzata di un campione di comportamento: misura obiettiva significa che lo strumento è stato costruito in modo tale che esso può essere applicato anche da operatori diversi e che il valore ottenuto non è influenzato dalla caratteristiche individuali dell’operatore o da altri fattori esterni la standardizzazione di un test si riferisce alla messa a punto di una serie di strumenti operativi, basati sul diverso peso da dare ai singoli elementi (item) che lo costituiscono, al fine di avere una misura che tenga conto delle caratteristiche generali della popolazione cui viene applicata per quanto riguarda il campione di comportamento, ci si riferisce proprio ai singoli item, che devono essere un campione rappresentativo del comportamento che si vuole studiare (solo quel campione di comportamento e non altri comportamenti)

4. IL CERVELLO E LA MENTE. I. La questione della coscienza. il comportamento e la mente animale, in condizioni sia normali che patologiche, sono direttamente connessi al funzionamento del sistema nervoso; il termine psico indica subito per le neuroscienze uno stato di conoscenza ancora insoddisfacente; la mente indica complesse proprietà emergenti del sistema nervoso, proprietà causate dal suo funzionamento; molti studiosi usano le parole mente e cervello in modo interscambiabile, anche se certe proprietà del cervello non rientrano nel concetto di mente normalmente inteso; altra proprietà emergente del sistema nervoso di difficile trattazione e definizione è quella che viene chiamata coscienza (� concetto di veglia o di basso livello di attenzione e di sonno) 2 tipi: coscienza del qui e ora (vecchie strutture del cervello) coscienza autobiografica (parte evolutivamente più nuova del cervello) II. Il cervello: cenni sull’anatomia e sul funzionamento. il cervello non è solo strumento di conoscenza, esso rappresenta tutta la nostra conoscenza; nel cervello esiste infatti una rappresentazione ordinata e precisa del corpo, del quale alcune parti, come le mani e le labbra, sono molto rappresentate, mentre altre, come la schiena, lo sono meno (metafora cerebrale del corpo, che descrive le nostre sensazioni e i nostri movimenti: homunculus); le sensazioni o i movimenti provenienti dalla metà sinistra del corpo sono controllati dalla corteccia destra, e viceversa; una rappresentazione più estesa di una parte del corpo dell’homunculus indica che un’area cerebrale più vasta (corrispondente ad un maggior numero di neuroni) è devoluta al controllo sensoriale, o al controllo motorio, di quella parte del corpo: più grande significa sensorialmente o motoriamente più raffinato; fenomeno dell’arto fantasma (perché la rappresentazione cerebrale dell’arto è ancora intatta);

Page 24: Mecacci - Manuale di Psicologia MANUALE DI PSICOLOGIA GENERALE di Mecacci 1. INTRODUZIONE STORICA. fin dall’antichità: pensiero filosofico dal 600: le scienze fisiche forniscono

24

la stimolazione elettrica della corteccia cerebrale evoca sensazioni e causa movimenti in parti ben precise del corpo in relazione alle aree stimolate; in tempi recenti si è paragonato il cervello ad un calcolatore, ma si sono ottenute spesso descrizioni sostanzialmente scorrette delle funzioni nervose, dovute all’errore o all’eccessiva semplificazione delle assunzioni iniziali; l’insuccesso di questi tentativi è dovuto anche al fatto che i sistemi biologici si rinnovano ogni momento in struttura e funzione; la struttura del cervello è microscopicamente simile in tutti gli uomini, per essendovi delle apprezzabili differenze da individuo ad individuo (es: il peso, differenze a livello della struttura macroscopica); è composto da un numero enorme di cellule nervose, o neuroni; ogni neurone comunica con un gran numero di altri neuroni formando numerosissime connessioni, o sinapsi (ogni sinapsi è un piccolo mondo computazionale, dove vengono vagliati messaggi e prese decisioni sulla loro trasmissione); le funzioni della corteccia cerebrale sono molteplici (ogni area è specializzata); il sistema nervoso centrale ha una struttura in larga parte simmetrica ed è composto da

encefalo midollo spinale

si divide in varie strutture, corticali e sottocorticali; la corteccia cerebrale, composta dai 2 emisferi cerebrali, è divisa in 4 lobi: frontale, parietale, temporale e occipitale III. Lo sviluppo del sistema nervoso. le proprietà del cervello sono acquisite, cioè il cervello è una tabula rasa sulla quale l’esperienza scrive la sua storia, oppure sono innate?? i geni che controllano la struttura del cervello sono meno di 100 mila, e con differenze minime tra l’uomo e la scimmia, mentre il numero di neuroni e delle connessioni sinaptiche è enormemente più grande nell’uomo; è l’attività stessa del cervello che controlla la stabilizzazione e l’eliminazione delle connessioni nervose, così come anche l’espressione di determinati geni; alcuni studiosi propongono che lo sviluppo del cervello, e in particolare della corteccia, avvenga per una selezione simile alla selezione darwiniana, con l’eliminazione di alcune connessioni nervose; l’attività elettrica del cervello, e in particolare l’attività guidata dall’esperienza sensoriale, contribuirebbe alla scelta combinatoria dei geni che presiedono alla sviluppo sviluppo morfologico e ambiente fisico e culturale entrano in relazione tra di loro nel determinare l’enorme capacità di apprendimento del cervello subito dopo la nascita i neuroni cominciano a formarsi molto presto durante lo sviluppo fetale; le sinapsi cominciano a formarsi 2 mesi prima della nascita; alla nascita il numero di sinapsi nell’uomo è del tutto paragonabile a quello osservato nell’adulto, ma nei primi anni di vita avviene uno strano processo: le connessioni sinaptiche dapprima si moltiplicano fino a raggiungere un numero che è anche 3 o 4 volte maggiore di quello osservato nell’adulto e poi si riducono progressivamente (morte neuronale ≠ necrosi, che avviene in caso di lesioni o di altre cause patologiche) il significato di questo fenomeno è ancora misterioso; la ragione dell’eliminazione sta probabilmente nel fatto che, al livello della sua connessione con le altre cellule, il neurone riceve un cibo opportuno, chiamato fattore neurotrofico, che lo tiene in vita; lo sviluppo del cervello è stato studiato anche usando le tecniche moderne di brain imaging, o neuroimaging, che misurano il metabolismo cerebrale, ritenuto proporzionale all’attività elettrica dei neuroni e in particolare delle connessioni sinaptiche; occorre comunque chiarire che non esiste nessuna dimostrazione che correli positivamente la densità sinaptica, o il metabolismo cerebrale, alla prestazioni del cervello (quantità di cervello non significa necessariamente qualità) sembra che per un normale sviluppo del cervello occorrano esperienze normali, che si possono trovare nelle famiglie più ricche come in quelle più povere; non sembra che una super-educazione abbia effetti

IL MITO DEI PRIMI 3 ANNI

Page 25: Mecacci - Manuale di Psicologia MANUALE DI PSICOLOGIA GENERALE di Mecacci 1. INTRODUZIONE STORICA. fin dall’antichità: pensiero filosofico dal 600: le scienze fisiche forniscono

25

importanti sulle prestazioni cerebrali dei bambini in senso positivo, né in quello negativo; va detto però che ambienti particolarmente inadatti e poveri di stimoli possono avere effetti negativi sullo sviluppo cerebrale IV. I moduli cerebrali. in particolare a livello corticale, ma non solo, il cervello mostra esempi di organizzazione modulare; molti ricercatori hanno messo in evidenza alcune caratteristiche di questa organizzazione nel sistema visivo, dove i gruppi di neuroni si specializzano per determinare funzioni in modo relativamente indipendente dai neuroni circostanti; queste specializzazioni possono riguardare una determinata caratteristica dello stimolo; la modularità ha aspetti molto interessanti a livello corticale, dove in seguito a lesioni patologiche o di origine traumatica si ha la perdita di una determinata funzione; queste specializzazioni corticali possono essere rilevate anche studiando la circolazione cerebrale con i moderni mezzi di brain imaging (le regioni cerebrali coinvolte in determinate funzioni aumentano l’attività nervosa e, conseguentemente, il loro metabolismo e la loro circolazione, apparendo come più intensamente o diversamente colorate nelle immagini prodotte dal calcolatore); la modularità delle aree corticali (specializzazione) non è mai completa, nel senso che esisterebbe un determinato modulo, e solo quello, per una certa funzione le tecniche di brain imaging indicano sempre un aumento della circolazione anche in aree diverse da quella ritenuta più direttamente responsabile estrapolazioni in campo psicologico, soprattutto per quanto riguarda l’intelligenza: alcuni psicologi (Gardner) sostengono che esistono molteplici forme di intelligenza: eccellere in un tipo di intelligenza, non significa eccellere nell’intelligenza nel suo complesso; anche nella sua struttura paramodulare, il cervello è come una casa: tutte le parti sono parti essenziali della stessa struttura; il migliore funzionamento cerebrale in senso biologico, e forse anche sociale, si ha quando le funzioni dei diversi moduli si sviluppano e funzionano armonicamente V. Plasticità nella prima infanzia e periodo critico. plasticità del sistema nervoso: capacità dei circuiti nervosi di variare la loro struttura e la loro funzione in risposta agli stimoli sensoriali e consentire l’adeguamento all’ambiente delle strutture nervose, incluso l’apprendimento di nuove informazioni e le loro memorizzazione; questa proprietà riguarda in particolare la corteccia cerebrale; è una proprietà particolarmente attiva nella prima fase della vita postatale, ma dura per tutto il corso della vita, seppure in modo molto ridotto periodo critico (tempo di sintonizzazione del mondo cerebrale con il mondo esterno); a mondi diversi corrispondono cervelli diversi: se una determinata modalità sensoriale non riceve un’idonea stimolazione dal mondo esterno durante il periodo critico, essa non si sviluppa adeguatamente e non si sviluppa affatto VI. Plasticità del sistema nervoso nell’adulto. prima si credeva che il cervello, una volta finito il periodo di sviluppo e il periodo critico, diventasse una macchina definitiva, stabile, non più programmabile; le ricerche di questi ultimi 10 anni hanno messo in luce che anche il cervello adulto, seppure in modo molto ridotto, dimostra di essere ancora plastico; miglioramento delle abilità percettive o motorie in seguito ad esercizio; questo perfezionamento corrisponde alla riorganizzazione e all’ingrandimento dell’area corticale coinvolta nell’esercizio (es: nelle persone che apprendono a leggere in Braille si verifica un’espansione della rappresentazione della zona cutanea corrispondente al dito indice impiegato per la lettura) VII. Plasticità in seguito a lesione periferica. è stata dimostrata in soggetti adulti una massiccia riorganizzazione delle cortecce sensoriali e motorie dopo la riduzione della stimolazione proveniente dalla periferia nel caso di lesioni periferiche o amputazioni; primi studi sulle scimmie (la lesione di un nervo periferico determina la comparsa di una zona corticale silente corrispondente alle cellule che sono state deprivate dei segnali provenienti dai recettori; in seguito, però, tale zona silente praticamente scompare perché le sue cellule corticali cominciano a rispondere alla stimolazione della cute adiacente a quella deprivata delle fibre afferenti; si produce una riorganizzazione della mappa somatosensoriale: le cellule corticali che facevano parte, per

Page 26: Mecacci - Manuale di Psicologia MANUALE DI PSICOLOGIA GENERALE di Mecacci 1. INTRODUZIONE STORICA. fin dall’antichità: pensiero filosofico dal 600: le scienze fisiche forniscono

26

esempio, della rappresentazione del palmo della mano rispondono ora alla stimolazione delle dita); tali modificazioni plastiche possono essere particolarmente rapide ed avvenire nell’ambito di pochi giorni; nell’uomo ad esempio fenomeno dell’arto fantasma il fatto che il cervello rimanga plastico, pone il problema se sia utile o addirittura necessario un esercizio cerebrale mirato a tenere il cervello in allenamento e in buona forma sì, è utile perché: circuiti nervosi lasciati inoperosi diventano meno efficienti, talvolta con la conseguenza della perdita funzionale o strutturale di connessioni sinaptiche è noto anche l’inverso e cioè che un notevole traffico di impulsi nervosi nel circuito mantiene le connessioni in buona salute (e in speciali casi di allenamento può addirittura aumentare) l’allenamento cerebrale serve soprattutto a mantenere un funzionamento di base e a rallentare il fisiologico deterioramento della funzione nervosa che comunque inesorabilmente progredisce con l’età

5. DALLA PERCEZIONE ALLA COSCIENZA. I. Sensazione, percezione e cognizione. la percezione, intesa come elaborazione cognitiva dell’informazione sensoriale che perviene ai nostri organi di senso, è il risultato di una serie di processi complessi che si realizzano in modo automatico e implicito; ciò che percepiamo sono dei prodotti cognitivi che, pur fondandosi sull’informazione sensoriale, vanno al di là di questa informazione di base quali sono i meccanismi coinvolti in questo tipo di operazione?? sensazione: fasi iniziali dell’elaborazione dell’informazione, che comprende sia l’attività dei recettori sensoriali situati nei nostri organi di senso, sia la trasmissione dei segnali prodotti dai recettori lungo le strutture sottocorticali fino alle aree corticali; nei primi studi (prima metà dell’800) si considerava la sensazione come una forma di percezione; attualmente invece si circoscrivono i processi sensoriali a quelle attività di ricezione, conversione e trasmissione dell’informazione nelle strutture dei sistemi sensoriali senza che il soggetto ne sia consapevole o intervenga attivamente nella ricerca dell’informazione nell’ambiente; gli organi di senso funzionano come una finestra sul mondo attraverso la quale passa una gamma ristretta di informazione percezione: integrazione delle attività svolte dai diversi neuroni localizzati in aree diverse della corteccia; è strettamente legata ad altri processi, come l’attenzione, la memoria e il linguaggio

la cognizione è un sistema integrato di elaborazione e produzione di informazione, anche se vi sono sottoinsiemi con funzioni specifiche; tuttavia, la psicologia cognitiva ritiene che la sensazione e la percezione si distinguano soprattutto al livello dell’identificazione e del riconoscimento dello stimolo; nel fenomeno della percezione intervengono processi cognitivi come la memoria e l’immaginazione; oltre a questi 2 processi, ne interviene anche un altro: la selezione dell’informazione che permette di utilizzare nel modo più economico ed efficace le risorse operative della mente, necessariamente limitate (attenzione); il sapere che stiamo percependo qualcosa implica un altro processo mentale, molto complesso, che si chiama coscienza; questi processi avvengono in stretta interazione tra di loro, assieme agli altri (memoria, pensiero e linguaggio) II. La percezione uditiva. nella specie umana la capacità di elaborare l’informazione sonora ha permesso di sviluppare 2 fondamentali processi cognitivi: linguaggio verbale musica fin dalla prima infanzia gli esseri umani sono immersi in una rete di relazioni sociali strettamente legate alla comunicazione verbale e sonoro-musicale; la storia dell’umanità si è fondata per molti secoli sulla comunicazione orale; i recettori del sistema uditivo sono localizzati nella membrana basilare dell’orecchio interno le vibrazioni della membrana basilare prodotte dalle onde sonore pervenute dall’orecchio esterno causano una flessione delle cellule ciliate e questo movimento, a sua volta, dà origine ad un impulso elettrico; esiste una specializzazione del sistema dei recettori uditivi per i valori specifici della frequenza dei suoni; la specializzazione continua ad essere presente anche nelle altre

Page 27: Mecacci - Manuale di Psicologia MANUALE DI PSICOLOGIA GENERALE di Mecacci 1. INTRODUZIONE STORICA. fin dall’antichità: pensiero filosofico dal 600: le scienze fisiche forniscono

27

strutture del sistema uditivo, nelle regioni sottocorticali e corticali; l’informazione sonora proveniente dall’ambiente esterno è costituita da sequenze e combinazioni di frequenze diverse, che sono riconosciute grazie alle competenze cognitive del cervello; per elaborare questa informazione complessa occorre che i neuroni delle aree uditive e di altre regioni della corteccia cerebrale interagiscano tra loro, integrino quindi le analisi che ciascun neurone ha compiuto in modo specifico; se per il linguaggio verbale risulta che vi è una forte dominanza di un emisfero sull’altro (sinistro), per la musica sembra necessaria l’integrazione tra le funzioni dei 2 emisferi seppure con una tendenza alla dominanza funzionale dell’emisfero destro III. La percezione visiva. l’identificazione di un oggetto visivo implica 2 processi (descrizione e confronto) che sono i 2 principali stadi di elaborazione dell’informazione visiva: nello stadio primario sono implicati i processi visivi che descrivono lo stimolo, indipendentemente dal significato dell’oggetto (studiati per la prima volta dalla Gestalt nei primi decenni del 900) nello stadio secondario (di elaborazione cognitiva) vengono implicati processi più complessi: attraverso il confronto con le tracce depositate in memoria (tracce mnestiche), una configurazione-stimolo viene identificata come un oggetto noto vi sono 2 tipi di elaborazione: dal basso verso l’alto: si fonda su un’analisi delle parti che sono presenti nello stimolo ed è guidata dai dati sensoriali; l’identificazione avviene dopo che sono state colte e analizzate le informazioni contenute nello stimolo dall’alto verso il basso: si fonda sulle tracce contenute in memoria dall’osservatore; si utilizzano le conoscenze acquisite in precedenza e, sulla base di queste, l’osservatore formula un’ipotesi in relazione a quali oggetti hanno maggiore probabilità di essere presenti in quel momento qualsiasi percezione richiede un’interazione tra l’informazione sensoriale e le conoscenze possedute relative allo stimolo; la misura in cui intervengono questi 2 processi dipende dal grado di conoscenza che si ha dell’oggetto in esame e dal contesto in cui esso è inserito per l’identificazione di uno stimolo visivo la forma sembra una proprietà essenziale, più importante di altri attributi come il colore, la grandezza o l’orientamento; la descrizione delle caratteristiche salienti di un oggetto è depositata in memoria; tuttavia, per identificare un oggetto occorre anche che vi sia una quantità minima di informazione nell’ambiente; le proprietà fondamentali di uno stimolo visivo analizzate dai neuroni delle aree corticali visive sono: frequenza spaziale* lunghezza d’onda orientamento# movimento * il sistema visivo umano è sensibile ad una ristretta gamma di frequenze spaziali (frequenze spaziali basse = informazione sulla configurazione globale dello stimolo, alte = suoi dettagli); attraverso una sequenza di fotografie sottoposte a filtraggio spaziale (frequenze spaziali basse alte) si passa gradualmente dalla percezione di una configurazione-stimolo poco riconoscibile ad una che viene riconosciuta in tutti i suoi dettagli # per alcuni studiosi l’identificazione di un oggetto è indipendente dall’orientamento con cui si presenta; teoria indipendente dal punto di vista, cioè indipendente dai modi in cui l’osservatore ha visto lo stesso oggetto nel corso della sua esperienza secondo altri ricercatori, invece, la rappresentazione dell’oggetto è depositata in memoria con uno specifico orientamento, detto anche orientamento canonico; l’identificazione di un oggetto rovesciato avverrebbe perché nella mente dell’osservatore sarebbe stata operata una rotazione dell’immagine fino alla sua coincidenza con la traccia mestica

Page 28: Mecacci - Manuale di Psicologia MANUALE DI PSICOLOGIA GENERALE di Mecacci 1. INTRODUZIONE STORICA. fin dall’antichità: pensiero filosofico dal 600: le scienze fisiche forniscono

28

un’altra teoria sostiene che in memoria è depositato più di un orientamento dello stesso oggetto; la proprietà dell’orientamento assume un peso diverso a seconda del tipo di stimoli, animali o veicoli, vegetali o utensili; l’analisi dell’orientamento è quindi legata alla classe, o categoria, cui appartiene l’oggetto le teorie che sono state proposte dagli anni 50 fino agli ultimi decenni sulle componenti fondamentali di una configurazione-stimolo (pattern) depositate in memoria ai fini della sua identificazione, hanno avuto come punto di partenza il superamento di una concezione a suo tempo abbastanza diffusa, nota come teoria del confronto di sagoma: il pattern sarebbe identificato confrontandolo sistematicamente con le varie sagome disponibili fino a trovare la sagoma che gli corrisponde meglio il limite evidente è che non spiega come si possano identificare configurazioni-stimolo diverse per grandezza, orientamento, forma, .. paradossalmente, occorrerebbe aver memorizzato un numero elevatissimo di sagome relative a tutte le variazioni possibili dei pattern; inoltre non consentirebbe di riconoscere nuove versioni di uno stimolo delle quali non si posseggono sagome in memoria, oppure versioni di cui non si ha mai avuto esperienza prima sviluppati nuovi modelli esplicativi: teoria dell’analisi delle caratteristiche: si basò sull’assunto che lo stimolo visivo è costituito da un insieme di caratteristiche, proprietà e attributi essenziali che lo distinguono rispetto ad un altro; la descrizione strutturale basata sull’analisi delle caratteristiche avrebbe dovuto consentire di superare il problema della variazione di alcuni parametri dello stimolo Selfridge ideò un programma per computer per l’identificazione di pattern: Pandemonium, perché ipotizzava che alcuni demoni-neuroni sarebbero specializzati per riconoscere caratteristiche specifiche; il modello prevedeva una sequenza di stadi in cui gruppi di demoni specializzati svolgono una serie di operazioni: registrazione dell’immagine, rilevazione delle linee, elaborazione cognitiva, decisione finale che porta all’identificazione Gibson elaborò un sistema di identificazione delle lettere dell’alfabeto: il riconoscimento di una lettera avverrebbe confrontando le caratteristiche contenute nella lettera-stimolo con quelle proprie delle varie lettere dell’alfabeto (proprietà depositate nella memoria); quanto più 2 lettere condividono le stesse caratteristiche, tanto più sarebbe possibile confonderle le teorie basate sull’analisi delle caratteristiche ebbero una notevole diffusione perché concordavano con le scoperte neurofisiologiche sull’esistenza di neuroni della corteccia visiva specializzati nell’analisi di caratteristiche specifiche dello stimolo negli anni 70 si diffuse anche l’ipotesi che esistessero neuroni (unità cognitive), o gruppi di neuroni, molto in alto nella gerarchia degli stadi di elaborazione cognitiva, dedicati al riconoscimento di stimoli complessi: animali, vegetali, utensili, facce per quanto l’ipotesi di sistemi neuronali specializzati per l’elaborazione di specifiche classi di oggetti visivi sia stata riproposta dopo i risultati delle ricerche con le tecniche di neuroimmagine, resta ancora da chiarire quali siano le proprietà dello stimolo che vengono analizzate ai fini della sua identificazione secondo gli orientamenti più recenti non verrebbe effettuata una scomposizione e/o ricomposizione delle caratteristiche dello stimolo (teorie dell’analisi delle caratteristiche); l’elaborazione cognitiva che produce l’identificazione si fonderebbe piuttosto sull’interazione e integrazione tra le varie componenti fisiche dello stimolo, sulle loro relazioni strutturali secondo la teoria dell’integrazione delle caratteristiche di Treisman, la percezione di un oggetto: richiede in primo luogo la registrazione di alcune caratteristiche salienti dello stimolo; il primo

stadio, definito individuazione delle qualità primarie, è automatico e implica un’elaborazione parallela (rilevazione simultanea di tutte le qualità primarie relative a tutti gli stimoli presenti nel nostro campo visivo) solo quando si realizza successivamente l’integrazione di queste qualità in componenti di ordine

superiore si ha la percezione dell’oggetto; il secondo stadio, definito integrazione delle qualità primarie, implica un processo controllato dall’attenzione e coinvolge un’elaborazione seriale un’altra teoria è stata proposta da Biederman: contrariamente ad altre teorie (Treisman) che si focalizzano sulle fasi iniziali del processo percettivo, la teoria del riconoscimento per componenti privilegia uno stadio più avanzato lungo la direttrice dal basso verso l’alto; il processo percettivo iniziato con l’individuazione e l’integrazione delle qualità primarie deve necessariamente prevedere un’ulteriore

Page 29: Mecacci - Manuale di Psicologia MANUALE DI PSICOLOGIA GENERALE di Mecacci 1. INTRODUZIONE STORICA. fin dall’antichità: pensiero filosofico dal 600: le scienze fisiche forniscono

29

integrazione di ordine superiore che conduca all’individuazione delle parti o componenti di un oggetto; assume che un oggetto consista di un insieme di componenti o semplici volumi chiamati geoni; il riconoscimento di un oggetto dipende dall’identificazione dei geoni che lo compongono e dalle relative relazioni spaziali che vi intercorrono l’informazione visiva è costituita dalla luce riflessa dagli oggetti che cade sulla retina, uno strato di recettori localizzato sulla superficie interna dell’occhio; i coni si attivano maggiormente durante la visione diurna e sono specializzati per la forma e il colore; i bastoncelli si attivano in condizioni di basso livello di luminosità (visione crepuscolare) le teorie psicologiche dominanti nel primo decennio del 900 sostenevano che la percezione di un oggetto era il prodotto dell’associazione e della combinazione di elementi sensoriali distinti la teoria della forma, o teoria della Gestalt, sviluppatasi dopo le ricerche di Wertheimer sulla percezione del movimento apparente, sostenne invece che la percezione non dipende dagli elementi, ma dalla strutturazione di questi elementi in un insieme organizzato (Gestalt = forma, struttura, pattern); l’organizzazione prevale sugli elementi, li struttura in un insieme per cui essi diventano una figura che si differenzia dal resto (lo sfondo) del campo di stimolazione; Wertheimer descrisse varie leggi dell’organizzazione percettiva, in base alle quali ogni forma è una figura che si stacca dallo sfondo in base ad una particolare organizzazione degli elementi; il triangolo di Kanizsa (uno dei principali esponenti italiani della teoria della forma) è un esempio di figura dai contorni illusori, non presenti nel campo di stimolazione, è la dimostrazione di come la mente percepisca una forma anche se mancano alcuni elementi sensoriali il riconoscimento di queste figure illusorie e di quelle incomplete è stato interpretato dagli psicologi cognitivisti secondo un’ipotesi costruzionista: la mente vede le figure in base a schemi e tracce mnestiche che essa sovrappone sugli elementi o, in altri termini, la figura è costruita dalla mente sulla base degli elementi sensoriali disponibili i processi mentali possono essere studiati con metodi differenti, ma i risultati più importanti della psicologia contemporanea sono stati conseguiti in ricerche nelle quali si potevano confrontare dati ottenuti con metodiche e tecniche diverse: metodo del tempo di reazione (registrazione del tempo che intercorre tra la presentazione dello stimolo e la risposta data dal soggetto) cronometria mentale: la misurazione dei tempi impiegati dalla mente per compiere l’elaborazione dell’informazione ci si può chiedere se la differenza nel tempo di elaborazione riguarda lo stadio primario, relativo alle caratteristiche fisiche (i 2 tipi di stimoli potrebbero essere diversi per forma, grandezza, ..), oppure lo stadio secondario, o cognitivo, necessario per decidere che lo stimolo presentato è un animale e non un veicolo o viceversa si pongono degli elettrodi sulla testa del soggetto e si registrano le variazioni di potenziale elettrico che si generano dopo la presentazione degli stimoli (queste risposte elettrofisiologiche sono denominate potenziali correlati ad eventi o ERP); permette di indagare i processi interni alla mente, i processi non manifesti, non visibili, inaccessibili all’indagine sperimentale (contrariamente alla tecnica del tempo di reazione) negli ultimi 2 decenni, è stato possibile localizzare quali parti del cervello sono coinvolte nei vari processi cognitivi attraverso l’impiego sia delle registrazioni intracraniche su pazienti sia delle tecniche di neuroimmagine su soggetti normali oppure su pazienti a seconda della localizzazione della lesione, si produce un disturbo specifico dei processi cognitivi IV. Il riconoscimento di facce.

IL SISTEMA VISIVO

LA PERCEZIONE DECONDO LA TEORIA DELLA GESTALT

BOX n. 4. TECNICHE DI RICERCA

Page 30: Mecacci - Manuale di Psicologia MANUALE DI PSICOLOGIA GENERALE di Mecacci 1. INTRODUZIONE STORICA. fin dall’antichità: pensiero filosofico dal 600: le scienze fisiche forniscono

30

la faccia è probabilmente la configurazione-stimolo più importante per la specie umana; fin dai primi giorni di vita il bambino entra in relazione con il mondo esterno attraverso la faccia della madre o di un adulto; la faccia diverrà in seguito una fonte importante di comunicazione degli stati emotivi, il canale principale della comunicazione non verbale; negli ultimi decenni condotte molte ricerche sui processi responsabili dell’identificazione delle facce: le ricerche condotte sulle scimmie hanno individuato alcune cellule della corteccia temporale inferiore che sono specializzate per il riconoscimento della facce altre ricerche hanno affrontato il problema di quali siano le caratteristiche fisiche rilevanti per l’identificazione di una faccia; le frequenze spaziali sono indubbiamente la caratteristica fondamentale; un neonato differenzia la faccia da altre configurazioni-stimolo molto presto, ma potrà discriminare una faccia da un’altra soltanto qualche mese più tardi ci sono molti dati sugli effetti delle lesioni cerebrali in persone adulte e sullo specifico disturbo della percezione visiva denominato prosopoagnosia (mancato riconoscimento delle facce): questi pazienti riconoscono che quello che vedono sono delle facce, ma non sanno di chi sono, neppure se si tratta di facce a loro familiari la specializzazione neuronale per il riconoscimento delle facce è considerata uno degli esempi tipici di organizzazione a moduli della corteccia cerebrale: ogni modulo è un insieme organizzato di neuroni che hanno funzioni diverse, ma allo stesso tempo interagiscono tra loro ai fini dell’elaborazione di una particolare classe di stimoli: modulo per le facce, per il linguaggio verbale, ..; un danno ad una particolare regione corticale può distruggere un modulo, e di conseguenza la capacità di elaborare l’informazione relativa, mentre viene conservata la capacità di elaborare altri tipi di informazione mediante i moduli rimasti integri V. La categorizzazione dell’informazione. una delle aree di ricerca più importanti della psicologia cognitiva contemporanea riguarda la relazione tra i processi di percezione e i processi di categorizzazione: ci riferiamo in primo luogo al fenomeno per cui di fronte ad una variazione continua di una dimensione o di una proprietà fisica dello stimolo, l’osservatore percepisce regioni discontinue o discrete* tuttavia attualmente questo problema riguarda anche la discriminazione tra oggetti relativamente simili sul piano fisico, ma che vengono distinti in base a caratteristiche di tipo cognitivo# * l’esempio più chiaro riguarda la categorizzazione dei colori; il colore è una proprietà percettiva che dipende da una caratteristica fisica dello stimolo visivo, la lunghezza d’onda; il sistema visivo della specie umana ha una ristretta finestra sensoriale per lo spettro elettromagnetico; il continuo della variazione in lunghezza d’onda è percepito come composto da regioni cromatiche qualitativamente diverse, chiamate aree focali: area del rosso, del blu, ..; in tutte le culture i colori vengono percepiti secondo categorie distinte in relazione al livello di sviluppo della propria lingua: nelle culture più povere linguisticamente esistono solo 2 categorie una cultura più avanzata avrà anche il nome per gli altri colori, secondo una progressione precisa # il processo di categorizzazione avviene anche a livelli cognitivi più complessi, nei casi in cui non si tratta tanto di segmentare il continuo di una qualità fisica (come il colore), ma di distinguere stimoli tra di loro relativamente simili, di raggrupparli o differenziarli da altri stimoli; se vediamo un oggetto per strada e lo identifichiamo come un cane, sono intervenuti vari processi che hanno portato alla sua identificazione (analisi delle sue caratteristiche fisiche) e al suo confronto con una traccia depositata in memoria; questa traccia ci permette di riconoscere che lo stimolo è un cane sia che vediamo un alano o un bassotto; il cane rappresenta il tipo o prototipo della classe di animali che sono appunto i cani; i tipi specifici di cane rappresentano gli esemplari concreti del prototipo più astratto cane; ci sono almeno 2 problemi: 1) relazione tra il prototipo e gli esemplari 2) relazione tra i vari prototipi

Page 31: Mecacci - Manuale di Psicologia MANUALE DI PSICOLOGIA GENERALE di Mecacci 1. INTRODUZIONE STORICA. fin dall’antichità: pensiero filosofico dal 600: le scienze fisiche forniscono

31

1) lo stimolo viene assegnato ad una categoria in base ad un numero limitato di caratteristiche fondamentali descritte nel prototipo; queste caratteristiche descriverebbero il prototipo della categoria; molte ricerche sono state dedicate ad individuare il processo di formazione del prototipo e quindi della scelta progressiva delle caratteristiche rilevanti; vi sono 2 modelli principali: il primo si basa sul concetto statistico di moda, per cui il prototipo di riferimento con cui confrontare l’informazione in entrata è dato dall’esemplare che si è presentato con maggiore frequenza all’osservatore l’altro si basa sul concetto statistico di media, per cui il prototipo è dato dai valori medi degli attributi principali (es: pelo, muso, zampe, coda, ..) degli esemplari che si sono presentati all’osservatore nel corso della sua esperienza il prototipo di cane è un cane medio che non troviamo in natura; tuttavia, quando ci viene presentato lo identifichiamo certamente come un cane, anche se questo specifico esemplare non esiste

2) l’altro problema fondamentale è costituito dall’organizzazione di categorie diverse tra loro; uno dei modelli fondamentali è quello presentato dalla Rosch che descrive un’organizzazione con 2 dimensioni: nella dimensione verticale vi sono 3 livelli: sovraordinato, base e subordinato (es: strumento musicale, chitarra, chitarra folk); lungo la dimensione verticale si va dal generale al particolare o viceversa nella dimensione orizzontale si può entrare ad ogni livello e descrivere qual è l’esemplare più tipico di altri (es: al livello di base relativo alla categoria strumento musicale l’esemplare più tipico è forse proprio la chitarra, mentre al livello subordinato tra le varie chitarre potremmo indicare la chitarra folk) questa organizzazione dei prototipi, che può essere concepita come una rete, o come un albero gerarchico, è stata oggetto di studio approfondito nelle ricerche relative alla memoria semantica a partire dalla fine degli anni 60: in questi primi studi era stata messa in evidenza l’organizzazione gerarchica ed erano stati studiati i temi di elaborazione necessari per compiere le operazioni cognitive ai vari livelli della rete attualmente si ritiene che i principi di funzionamento della rete siano dipendenti da una suddivisione molto più generale tra categorie: tra la macrocategoria degli oggetti viventi e la macrocategoria degli oggetti non viventi; questa nuova concezione dell’organizzazione delle categorie ha avuto origine dalle ricerche su pazienti cerebrolesi e sono stati confermati attraverso ricerche di neuroimmagine; la differenziazione tra le 2 macrocategorie sarebbe fondata su tipi diversi di elaborazione, che sarebbero basati, per gli animali e i vegetali, sui dettagli visivi e, per le cose non viventi, sugli aspetti funzionali e strumentali; nella formazione del prototipo sembra comunque importante l’orientamento che le cose, viventi e non viventi, hanno normalmente nello spazio VI. L’immaginazione. è come se avessimo internamente uno schermo sul quale proiettiamo una diapositiva: quella relativa alla rappresentazione prototipica di un oggetto che abbiamo nella nostra memoria; su questo schermo vediamo l’oggetto, ma questa figura non è data da uno stimolo esterno: è un prodotto mentale, un’immagine; le immagini visive sono il prodotto di un processo cognitivo che solo nell’epoca dello sviluppo del cognitivismo è stato considerato un processo a sé; tale processo viene denominato immaginazione (≠ immaginazione creativa, attività mentale creativa che sconfina nella fantasia); l’immaginazione ha molte proprietà strutturali e funzionali analoghe a quelle della percezione: come gli occhi esplorano lo spazio esterno, così vi è una sorta di occhio interno che compie un’operazione di esplorazione sulle immagini che compaiono sullo schermo mentale come il campo visivo che abbiamo davanti agli occhi ha un’estensione limitata, così anche lo schermo mentale ha un’estensione definita, con una parte centrale in cui le immagini appaiono più nitide (un contributo fondamentale per lo sviluppo delle ricerche sull’immaginazione venne dagli esperimenti di rotazione mentale: i soggetti immaginavano i 2 oggetti e li facevano ruotare nel loro spazio mentale tridimensionale fino a quando potevano verificare se le 2 immagini si sovrapponevano o no; il compito di rotazione richiedeva tanto più tempo di esecuzione quanto maggiore era la differenza angolare tra i 2 disegni)

Page 32: Mecacci - Manuale di Psicologia MANUALE DI PSICOLOGIA GENERALE di Mecacci 1. INTRODUZIONE STORICA. fin dall’antichità: pensiero filosofico dal 600: le scienze fisiche forniscono

32

sebbene vi siano forti analogie tra la percezione e l’immaginazione, sono state però messe in evidenza anche delle differenze importanti sui relativi processi visuo-spaziali; secondo la teoria del doppio codice di Paivio, le operazioni fondate sull’informazione visiva (esterna nella percezione e interna nell’immaginazione) si distinguono dalle operazioni fondate sull’informazione verbale; sebbene entrambi i codici intervengano nei processi della cognizione umana, vi sarebbero notevoli differenze individuali, con persone che privilegiano il codice visivo e altre il codice verbale nella rappresentazione del mondo e nella soluzione dei problemi VII. L’attenzione. attenzione selettiva: processo attivo secondo cui l’attenzione seleziona un determinato tipo di informazione (in base a interessi e aspettative) e focalizza su di esso i processi di elaborazione cognitiva anni 50, Broadbent: per spiegare perché, rispetto al flusso di stimoli in entrata la mente operasse solo su alcuni di essi, suppose che intervenisse un sistema di filtraggio; il filtro avrebbe operato in relazione alle finalità, ai compiti e alle aspettative del soggetto, selezionando gli stimoli rilevanti e scartando quelli irrilevanti; questa selezione sarebbe avvenuta dopo una prima analisi delle caratteristiche fisiche degli stimoli

le ricerche della psicologia cognitiva si sono quindi spostate gradualmente, a cominciare dagli anni 80, dallo studio dell’attenzione come selezione di informazione (attenzione selettiva) al problema dell’attenzione distribuita su più compiti (attenzione divisa): tra le ricerche più interessanti ci furono quelle di Hirst e Kalmar: i soggetti potevano prestare attenzione simultaneamente a 2 compiti di natura diversa, compiendo un minor numero di errori che nella situazione in cui i 2 compiti erano uguali interferenza strutturale: l’esecuzione di un compito interferisce sull’altro se essi condividono lo stesso tipo di elaborazione, ad esempio verbale (come memorizzare informazione verbale trasmessa dall’esterno, mentre si legge ad alta voce il brano di un libro) è in questo caso che interverrebbe l’attenzione selettiva: l’attenzione si sposta ora su un compito ora su un altro l’attenzione può essere divisa più facilmente, e con minore effetto sulla prestazione, se i compiti riguardano abilità diverse o se vengono utilizzate risorse cognitive diverse; in questo contesto di ricerche l’attenzione non è considerata come un’unica risorsa, ma come un sistema di organizzazione di risorse cognitive che vengono dislocate in funzione della complessità del compito e delle istruzioni:

il compito che riceve la quota di risorse sufficiente per una prestazione ottimale, o che comunque viene privilegiato (es: guidare l’automobile), è definito compito primario

il compito che riceve la quota residua di risorse, e che perciò non sarà eseguito allo stesso livello di prestazione, viene definito compito secondario (es: ascoltare la radio mentre si guida) curve POC (molto diffuse nelle ricerche di psicologia cognitiva applicata, nelle quali si studia la dislocazione delle risorse attentive in situazioni complesse) distinzione tra elaborazione controllata ed elaborazione automatica, cioè tra azioni compiute sotto il controllo continuo dell’attenzione, in modo consapevole, e operazioni svolte rapidamente senza l’impiego di risorse attentive studiato anche il processo per cui si passa da azioni controllare ad azioni automatiche (come quando si apprende a guidare l’automobile) questa distinzione non è più al centro dell’interesse dei ricercatori attuali se nel modello di Broadbent l’attenzione era un sistema di filtraggio dell’informazione in entrata, nei modelli attuali essa è considerata un sistema di controllo delle operazioni cognitive (sistema attenzionale supervisore): l’attenzione interviene nella selezione tra un processo cognitivo e l’altro qualora questi siano in conflitto tra loro (selezione competitiva) VIII. La coscienza. la ricerca svolta nei laboratori di psicologia sperimentale alla fine dell’800 e nel primo 900 era spesso fondata sul metodo dell’introspezione; esso era strettamente legato alla consapevolezza da parte del

Page 33: Mecacci - Manuale di Psicologia MANUALE DI PSICOLOGIA GENERALE di Mecacci 1. INTRODUZIONE STORICA. fin dall’antichità: pensiero filosofico dal 600: le scienze fisiche forniscono

33

soggetto del lavoro psichico che stava eseguendo il comportamentismo sostenne che il metodo introspettivo, fondato sulla coscienza, non permetteva di acquisire dati oggettivi e verificabili sui processi psichici: alla dimensione soggettiva e privata dei fatti della coscienza si preferiva la dimensione oggettiva e pubblica dei dati del comportamento manifesto fino agli anni 60 la coscienza non comparve più come tema delle ricerche di psicologia: un nuovo interesse si sviluppò grazie ai risultati delle ricerche sui pazienti con cervello diviso (persone alle quali, per motivi terapeutici, erano state sezionate le connessioni del corpo calloso che uniscono i 2 emisferi cerebrali); questi pazienti erano coscienti delle operazioni mentali che compivano sulla base di quanto avevano appreso e memorizzato con un emisfero; successivamente, essendo state sezionate le connessioni interemisferiche, se si presentavano di nuovo gli stessi oggetti, ma questa volta per essere elaborati dell’emisfero diverso da quello precedente, il paziente non riconosceva gli oggetti e non era cosciente di averli già riconosciuti con l’altro emisfero; si ritenne così che la coscienza in questi pazienti si fosse divisa nei 2 emisferi e che quindi si potesse affermare che la sua unità, quale è tipica delle persone normali, era il risultato dell’integrazione tra le operazioni mentali compiute separatamente nei 2 emisferi un’altra fonte d’interesse era costituita dalle ricerche sugli stati di coscienza intesi come momenti di un continuo che andava dal coma al sonno profondo alla semiveglia alla veglia; nello stato di veglia si distingueva un sottostato di massima vigilanza o attenzione al quale sarebbe corrisposta nei soggetti umani la consapevolezza delle proprie operazioni; per molti ricercatori contemporanei la coscienza viene invece concepita nei termini di un sistema di controllo attenzionale delle operazioni mentali la relazione tra lobi prefrontali e coscienza è stata riproposta di recente da Shallice nel suo modello del sistema attenzionale supervisore: ci sono pazienti che, pur elaborando correttamente l’informazione esterna e essendo capaci di richiamare le tracce mnestiche relative ad un compito, non sono capaci di eseguire il compito stesso in modo pianificato e coordinato (così come anche nei bambini le regioni prefrontali maturano le loro connessioni con le altre regioni cerebrali non prima dei 4/5 anni) la nozione di coscienza si lega a quella di metacognizione, un sistema di pianificazione e controllo delle operazioni cognitive un’altra importante area di ricerca attuale in psicologia cognitiva riguarda la distinzione tra processi cognitivi consci (manifesti) e processi cognitivi inconsci (non manifesti); si ritiene che molte operazioni cognitive si verifichino senza che il soggetto ne sia consapevole; inconscio cognitivo in un esperimento la distinzione tra processi consci e inconsci è stata studiata in un compito di identificazione di figure non complete: sebbene il soggetto dica di non saper identificare la figura, una precoce onda positiva segnala invece che qualche operazione (ignota al soggetto stesso) è stata attivata per le figure vecchie, ma non per quelle nuove; gli ERP sono quindi utilizzati per studiare i processi cognitivi di cui il soggetto non è cosciente

6. APPRENDIMENTO E MEMORIA. senza apprendimento non può esserci adattamento e senza adattamento non esiste probabilità di sopravvivenza; l’uomo è riuscito a sovvertire, parzialmente, le regole dell’evoluzione: diventa sempre più spesso un adattamento della natura alle esigenze della specie; benché l’apprendimento scolastico riveste un’indubbia importanza per la vita degli esseri umani, dobbiamo sforzarci di pensare all’apprendimento in termini molto più ampi: l’apprendimento riguarda molteplici aspetti dello sviluppo psicologico di un individuo ed è il risultato dell’interazione di numerosi processi cognitivi: è esso stesso considerato un processo cognitivo che si integra con altri processi, quali la percezione, l’attenzione, la memoria, il linguaggio e il pensiero, ed è influenzabile dalle caratteristiche personologiche e motivazionali, oltre che dagli stati emotivi di chi apprende I. Condizionamento classico. i primi studi sul condizionamento sono da attribuire al fisiologo Pavlov (primi anni del 900): fu studiando i meccanismi della digestione che ebbe modo di osservare come un cane salivasse alla sola vista del cibo, cioè prima ancora di averlo in bocca (in qualche modo aveva imparato ad anticipare la risposta); questa semplice osservazione indusse Pavlov a verificare la possibilità di innescare la

Page 34: Mecacci - Manuale di Psicologia MANUALE DI PSICOLOGIA GENERALE di Mecacci 1. INTRODUZIONE STORICA. fin dall’antichità: pensiero filosofico dal 600: le scienze fisiche forniscono

34

salivazione in seguito alla presentazione di stimoli completamente diversi da quello che normalmente suscita questa tipo di risposta la sequenza di stimoli che ha preceduto la risposta di salivazione può essere descritta in modo formale: viene presentato uno stimolo neutro (SN: la luce si accende dietro la finestra) dopo pochi secondi viene presentato lo stimolo incondizionato (SI: il cibo) e si elimina lo stimolo neutro (si spegne la luce) compare la risposta incondizionata (RI: l’animale emette la saliva in modo abbondante) la salivazione è una risposta incondizionata perché non vi è alcun apprendimento legato a specifiche condizioni, ma la semplice attuazione di un riflesso innato; se si ripete per un certo numero di volte la sequenza SN-SI-RI e poi si elimina la presentazione del cibo (SI), si ottiene ugualmente la risposta di salivazione, vale a dire quando si accende la luce il cane saliva la risposta di salivazione è diventata una risposta condizionata (RC), cioè una risposta emessa in determinate condizioni, mentre la luce, originariamente SN, è diventata ora uno stimolo condizionato (SC) il periodo durante il quale si viene esposti a ripetute presentazioni della sequenza SN-SI-RI prende il nome di fase di acquisizione; in questo stadio la presentazione combinata della luce (SN) e del cibo (SI) aumenta o rinforza l’associazione fra 2 stimoli e quindi aumenta l’associazione fra SC e RC se, una volta instauratasi l’associazione fra luce e salivazione, non si presenta mai lo stimolo condizionato (luce) associato a quello incondizionato (cibo), la risposta condizionata (salivazione) tende a sparire: questo fenomeno prende il nome di estinzione è sufficiente riproporre per poche volte l’associazione SC-SI per riattivare il legame fra SC e RC; talvolta il legame associativo si riattiva senza dover presentare SC e SI in sequenza; questo fenomeno, che prende il nome di recupero spontaneo, viene attualmente spiegato come effetto dell’estinzione dalla possibilità che si verifichino condizionamenti di secondo livello deriva il principio della generalizzazione, in base al quale stimoli simili allo stimolo condizionato provocano risposte condizionate: ciò aiuta a comprendere la capacità degli organismi viventi di reagire a nuovi stimoli purché questi non si discostino troppo da quelli familiari il principio di discriminazione è complementare alla generalizzazione: anziché imparare a reagire allo stesso modo di fronte a stimoli simili si impara a non fornire una data risposta quando gli stimoli differiscono in modo sensibile dallo stimolo condizionato originale II. Condizionamento operante. nel condizionamento classico non si apprende un nuovo comportamento ma, semplicemente, si impara a fornire una risposta già nota a stimoli che solitamente non producono quel tipo di risposta; gli studi sul condizionamento classico sono utili per comprendere alcune regole dell’apprendimento, ma sono di limitata rilevanza applicativa condizionamento operante: in una data situazione metto in atto un determinato comportamento (risposta) in seguito al quale ricevo una ricompensa e ciò mi indurrà ad assumere il medesimo comportamento ogni volta che mi troverò in quella data situazione (la probabilità che una certa azione venga ripetuta dipende dalle sue conseguenze); i primi studi sul condizionamento operante risalgono alla fine dell’800 e si devono a Thorndike che cercò di dimostrare l’esistenza di forti somiglianze fra i processi di apprendimento degli umani e quelli degli animali (la situazione sperimentale era così strutturata: un gatto affamato veniva posto in una gabbia la cui porta era chiusa da un chiavistello; appena fuori dalla gabbia veniva collocato, in modo che non fosse raggiungibile dal gatto, un pezzo di pesce) quanto più il gatto veniva sottoposto alla procedura sperimentale, tanto minore era il numero di movimenti inutili per aprire la porta (poco alla volta, il gatto aveva imparato ad aprire la porta per raggiungere il cibo); Thorndike non considera l’apprendimento del gatto un processo di tipo intelligente, perché si tratta di un procedimento per prove ed errori; al rafforzamento di una sequenza comportamentale appresa è stato dato il nome di legge dell’effetto: è in base alla legge dell’effetto che, fra tutte le risposte a caso fornite da un organismo, vengono selezionate soltanto quelle che hanno conseguenze positive

Page 35: Mecacci - Manuale di Psicologia MANUALE DI PSICOLOGIA GENERALE di Mecacci 1. INTRODUZIONE STORICA. fin dall’antichità: pensiero filosofico dal 600: le scienze fisiche forniscono

35

benché i primi studi sul condizionamento operante si debbano a Thorndike, le applicazioni più interessanti sono da attribuire a Skinner, considerato l’esponente più noto del comportamentismo (il setting sperimentale (Skinner box) è costituito da una gabbia dotata di una leva che registra l’intensità della pressione esercitata su di essa; un topo affamato, introdotto nella gabbia, durante la sua attività esplorativa preme casualmente la leva e il dispositivo registra la forza di pressione esercitata; in seguito, la leva viene collegata ad un distributore di cibo, in modo che ad una pressione su di essa corrisponda l’emissione di una pallina di cibo (rinforzo): il topo, che preme nuovamente per caso la leva, riceve il cibo e immediatamente dopo torna a premere la leva, esercitando una pressione maggiore, a conferma del fatto che l’atto di premere la leva non è più casuale, ma volontario) anche nel condizionamento operante si verificano i fenomeni di estinzione e di discriminazione osservati nel condizionamento classico; le tecniche di condizionamento possono essere impiegate per instaurare nuovi comportamenti; tuttavia, se ogni volta che vogliamo far apprendere qualcosa di nuovo dovessimo attendere che casualmente si verifichi il comportamento oggetto dell’apprendimento, i tempi sarebbero per forza di cose lunghissimi per ridurre i tempi di apprendimento, si ricorre quindi alla tecnica detta del modellamento (rinforzare quei comportamenti che si avvicinano a quello desiderato) i rinforzi che rispondono a bisogni fondamentali, come il cibo, prendono il nome di primari: se il condizionamento operante avvenisse solo in seguito a rinforzi primari, osserveremmo ben pochi casi di apprendimento, dato che i rinforzi primari non sono poi così comuni ma se si associa ad un rinforzo primario un altro stimolo, quest’ultimo può diventare un rinforzo secondario: grazie all’impiego dei rinforzi secondari è possibile instaurare nuovi comportamenti con maggiore facilità; l’apprendimento negli esseri umani è in gran parte legato a rinforzi di varia natura (spesso non rispondenti a bisogni di tipo fisiologico, per esempio essere lodati, vedere riconosciuta la propria abilità, ..), preferibilmente di tipo positivo (premi) anziché negativo (punizioni); un rinforzo positivo fornisce un’informazione precisa: quello che hai fatto va bene; un rinforzo negativo indica solo ciò che non si deve fare in una certa situazione, ma non insegna cosa è bene fare in quella certa situazione; gran parte delle applicazioni delle tecniche di condizionamento operante sono state fatte con gli animali; alcune di queste, sviluppate in periodo bellico, non ebbero il tempo di essere impiegate, anche se l’addestramento aveva fornito ottimi risultati: addestramento di piccioni che dovevano scartare le pillole di forma non sferica in uscita da una linea di produzione di una casa farmaceutica i piccioni rappresentano anche l’arma vincente dei servizi di emergenza dei guardacoste americani III. Come elaboriamo l’informazione. negli studi sul condizionamento ci si limita a far generare determinate risposte da stimoli di varia natura: l’attenzione è focalizzata sullo stimolo (informazione in ingresso o input) e sulla risposta (informazione in uscita o output); in linea con quanto sostenuto dai comportamentisti, secondo i quali sarebbe possibile studiare solo ciò che è direttamente osservabile, non si avanzano ipotesi sui meccanismi implicati nell’elaborazione dell’informazione che sicuramente avviene tra le percezione dello stimolo e la produzione della risposta la rivoluzione cognitivista ha avuto il merito di spostare l’interesse sui processi di elaborazione dell’informazione, non osservabili direttamente, ma inferibili a partire dai cambiamenti che si presentano nelle risposte al variare degli stimoli proposti; anche se questo approccio, tipico dell’orientamento Human Information Processing, ha dimostrato i propri limiti, è utile per farsi un’idea generale; ogni informazione proveniente dall’esterno è elaborata a livello cognitivo; in questo processo sono implicate diverse funzioni cognitive, molte delle quali operano in parallelo e in tempi rapidissimi: reiterazione input attenzione codifica

APPLICAZIONI DEL CONDIZIONAMENTO OPERANTE

memoria sensoriale

memoria a breve termine

memoria a lungo termine

Page 36: Mecacci - Manuale di Psicologia MANUALE DI PSICOLOGIA GENERALE di Mecacci 1. INTRODUZIONE STORICA. fin dall’antichità: pensiero filosofico dal 600: le scienze fisiche forniscono

36

recupero informazione perduta per decadimento o interferenza (riconoscimento, rievocazione) questa rappresentazione grafica ha lo scopo di facilitare la comprensione del percorso che l’informazione compie:

1) un’informazione deve innanzitutto essere recepita dagli organi sensoriali e tradotta in segnali comprensibili per il sistema di elaborazione (trasduzione sensoriale) in modo da essere disponibile per i processi percettivi che interpreteranno l’informazione in base all’esperienza e alla situazione in cui si verifica la percezione; solo una parte dell’informazione sensoriale è elaborata percettivamente; questa selezione è necessaria per non portare al collasso il sistema di elaborazione; il risultato della selezione viene successivamente sottoposto a processi di percezione; anche in tale fase si assiste ad una selezione dell’informazione che in questo caso è dovuta all’attivazione di meccanismi di inibizione, grazie ai quali le informazioni ridondanti e/o confusive, quindi inutili per interpretare cognitivamente i segnali sensoriali, non vengono interpretate percettivamente; anche la quantità di risorse attentive a disposizione può concorrere a ridurre la quantità di informazione disponibile per l’elaborazione

2) una volta superata questa prima selezione, l’informazione viene passata in 3 distinti magazzini di memoria: la memoria sensoriale, quella a breve termine e quella a lungo termine; ciascun magazzino differisce dagli altri per come l’informazione viene conservata, per la durata dell’immagazzinamento e per la quantità di informazioni conservate; il passaggio nei 3 tipi di memoria è obbligato; durante il passaggio da un magazzino al successivo si può verificare un’ulteriore perdita di informazione attribuibile, in gran parte, ad interferenze nei processi di codifica: le interferenze possono essere di natura esterna (presenza di fattori di disturbo, eccessivo carico di lavoro del sistema mnestico, ..) o interna (scelta errata delle strategie di codifica ottimale, interferenza del materiale appreso in precedenza); le difficoltà in fase di codifica dell’informazione sono alla base dei problemi di recupero dal magazzino a lungo termine 3 differenti tipi di memoria a lungo termine: procedurale episodica semantica IV. La memoria sensoriale. Sperling ha dimostrato l’esistenza di una memoria sensoriale, o registro sensoriale esistenza di una memoria iconica a capacità illimitata (tutto quello che vedo viene fotografato e immagazzinato) e di brevissima durata (dopo 1/2 secondi l’informazione decade) in grado di conservare l’informazione come copia letterale degli stimoli sensoriali; la componente iconica della memoria sensoriale riveste una certa importanza quando lo stimolo viene presentato per tempi brevissimi, ma è meno rilevante nella vita quotidiana in cui gran parte delle fissazioni durano a sufficienza perché l’informazione passi ai successivi stadi di elaborazione senza transitare nella memoria sensoriale; si ipotizza che, oltre alla componente iconica, nel magazzino sensoriale vi sia una componente ecoica, che conserverebbe, sempre come copia conforme all’originale, l’informazione acustica V. La codifica dell’informazione. perché un’informazione venga memorizzata è necessario prestare attenzione (se dovessimo tentare di immagazzinare tutte le informazioni che ci bombardano nella stessa unità di tempo, il nostro sistema di elaborazione collasserebbe) la nostra attenzione può variare in funzione di diversi fattori: condizioni fisiologiche fattori ambientali interferenti differenze individuali

Page 37: Mecacci - Manuale di Psicologia MANUALE DI PSICOLOGIA GENERALE di Mecacci 1. INTRODUZIONE STORICA. fin dall’antichità: pensiero filosofico dal 600: le scienze fisiche forniscono

37

solo una parte delle informazioni che transitano per il registro sensoriale può disporre di risorse attentive e quindi ha qualche probabilità di transitare nella memoria a breve termine in virtù di quali meccanismi avviene questo passaggio?? la nostra attenzione svolge una funzione di selezione dell’informazione che prescinde dalle cause fisiologiche, ambientali e individuali; quest’opera di selezione è stata associata all’idea di filtro e, più recentemente, si sono ipotizzati meccanismi di selezione di tipo inibitorio (non accetto i dati irrilevanti per la comprensione dell’informazione) e eccitatorio (le informazione che accedono ai livelli successivi di elaborazione sono le sole ad essere rilevanti ai fini della comprensione) prestare attenzione è una condizione necessaria ma non sufficiente per memorizzare un’informazione processo di codifica dell’informazione (un sistema di codifica è un modo di rappresentare la realtà che può essere più o meno legato alla natura dello stimolo e utilizza linguaggi simbolici di rappresentazione) data la complessità delle informazioni che in genere siamo chiamati ad apprendere, la scelta del codice da utilizzare non è sufficiente, di per sé, a garantire un buon apprendimento strategie di codifica (modalità di apprendimento diverse), possono essere molto semplici, come ripetere più volte ciò che si deve imparare, o raggiungere livelli di complessità piuttosto elevati, come costruire associazioni bizzarre fino a giungere all’impiego di vere e proprie mnemotecniche (strategie e tecniche per ricordare nomi, eventi, discorsi, ..) dalla loro efficacia dipende la bontà dell’apprendimento e, quindi, la possibilità di immagazzinare e, in un secondo tempo, recuperare l’informazione (l’apprendimento sarà tanto migliore quanto più saremo stati capaci di scegliere la strategia ottimale per un particolare tipo d’informazione) benché esistano diversi tipi di codifica, quelli più comunemente utilizzati sono il codice verbale (conserviamo l’informazione grazie ad una descrizione verbale sintetica o di tipo perifrastico) e quello per immagini (utilizziamo una rappresentazione mentale di tipo iconico) l’informazione può essere codificata usando l’uno o l’altro dei codici, ma l’impiego della doppia codifica garantisce un miglior apprendimento perché l’informazione viene elaborata 2 volte (Paivio) VI. Memoria a breve termine e memoria di lavoro. (magazzino temporaneo preposto alla codifica dell’informazione) esistenza di un secondo magazzino nel quale avvengono i processi di codifica: memoria a breve termine (nelle prime teorizzazioni veniva descritto come un magazzino temporaneo a capacità limitata, in grado cioè di conservare, nella stessa unità di tempo, un numero limitato di informazioni per un tempo massimo di 30 secondi); l’informazione, proveniente dal magazzino sensoriale, viene codificata e conservata nella memoria a breve termine: se sosta in questo magazzino per un tempo sufficiente, passa nel magazzino successivo, quello a lungo termine, in cui viene conservata; in caso contrario decade si è ipotizzato l’esistenza di un sottomagazzino (buffer di reiterazione), che può essere raffigurato come una libreria dotata di ripiani: la prima informazione viene immagazzinata occupando il primo ripiano, la successiva occupa a sua volta il primo ripiano spingendo la prima informazione sul secondo, e così a seguire; quando il numero di informazioni supera il numero dei ripiani disponibili, la prima informazione viene eliminata dal buffer per fare spazio ad altre; la capacità della memoria a breve termine, cioè il numero di informazioni che possono essere conservate contemporaneamente nel buffer, prende il nome di span di memoria ed è solitamente compreso fra 5 e 9, in media 7, elementi; il concetto di buffer di reiterazione consente di spiegare 2 fenomeni: effetto primacy: tendenza a ricordare più frequentemente i primi elementi della lista (legato all’avvenuta memorizzazione nella memoria a lungo termine) effetto recency: tendenza a ricordare più frequentemente gli ultimi elementi della lista (sarebbe il risultato di una semplice lettura dalla memoria a breve termine)

IL DOPPIO CODICE

Page 38: Mecacci - Manuale di Psicologia MANUALE DI PSICOLOGIA GENERALE di Mecacci 1. INTRODUZIONE STORICA. fin dall’antichità: pensiero filosofico dal 600: le scienze fisiche forniscono

38

nel corso degli anni il modello di Atkinson e Shiffrin (quello dello schema) è stato sottoposto a verifiche e criticato da più parti, pur dovendo riconoscere l’efficacia esplicativa: l’esistenza di codifiche verbali e per immagini e il conseguente impiego di codici acustici e visivi ha spinto alcuni ricercatori ad ipotizzare distinti meccanismi di reiterazione Baddeley preferisce al termine memoria a breve termine quello di memoria di lavoro che sarebbe costituita da 2 insiemi asserviti: circuito articolato, preposto all’elaborazione dell’informazione verbale blocco per appunti visuo-spaziale, che si occupa dell’informazione visuo-spaziale ci sono evidenze sperimentali che confermano l’esistenza di 2 meccanismi distinti per l’elaborazione del materiale verbale e di quello visuo-spaziale; il modello della memoria di lavoro prevede anche una terza struttura con funzione di controllo: esecutivo centrale, che avrebbe il compito di gestire le risorse attentive e regolare il funzionamento dei 2 sistemi assertivi (l’esistenza di questa terza struttura è meno certa delle precedenti) importanza dell’attenzione nel determinare l’efficacia del processo di codifica sia in fase di selezione dell’informazione, sia per quanto riguarda le risorse destinate all’apprendimento del materiale; nella memoria di lavoro il ruolo dell’attenzione è fondamentale; gli esperimenti sull’attenzione divisa hanno dimostrato la possibilità di eseguire contemporaneamente 2 compiti diversi purché relativamente semplici: all’aumentare della complessità dei compiti i soggetti tendono a sceglierne uno, concentrandovi le proprie risorse attentive, e a trascurare l’altro; un buon livello di attenzione consente di cogliere gli elementi caratteristici del materiale da apprendere dando la possibilità di scegliere la strategia di codifica ottimale; attenzione significa attivazione del sistema cognitivo, cioè predisposizione all’attività cognitiva in tal senso l’attenzione dipende, oltre che dalla nostra volontà, dall’efficienza fisiologica che può variare in funzione dell’età di fattori occasionali (affaticamento da stress, depressione) l’attenzione entra in gioco però anche nella fase di recupero dell’informazione VII. Il recupero dell’informazione. l’informazione che subisce per un tempo sufficiente il processo di reiterazione viene depositata nella memoria a lungo termine (caratterizzata da una capacità teoricamente illimitata e dalla possibilità di conservare l’informazione per un tempo indefinito, purché non intervengano danni cerebrali); Squire distingue fra: memoria dichiarativa (memoria episodica E quella semantica) memoria non dichiarativa (memoria procedurale) per poter parlare di apprendimento è necessario che le informazioni possano essere recuperate nella nostra memoria e rese disponibili per ulteriori elaborazioni; il recupero dell’informazione dipende dalla bontà dell’immagazzinamento l’efficacia dell’apprendimento dipende dalle risorse attentive a disposizione dalla capacità di cogliere gli elementi rilevanti dell’informazione dalla scelta della strategia dalle condizioni emotive in cui avviene l’apprendimento

l’efficacia del recupero è legata alla capacità di cogliere indizi alla capacità di creare associazioni alla capacità di impiegare strategie di recupero complementari a quelle utilizzate in fase di codifica alla situazione emotiva del soggetto

la possibilità di recuperare un’informazione dipenderà anche dalla frequenza con cui accediamo a quell’informazione; il recupero dalla memoria a lungo termine non è necessariamente letterale: solo una parte di ciò che apprendiamo può essere immagazzinata come copia dell’originale, per il resto

ATTENZIONE E MEMORIA

Page 39: Mecacci - Manuale di Psicologia MANUALE DI PSICOLOGIA GENERALE di Mecacci 1. INTRODUZIONE STORICA. fin dall’antichità: pensiero filosofico dal 600: le scienze fisiche forniscono

39

effettuiamo un processo di ricostruzione, in base al quale quanto è stato appreso subirà ulteriori modifiche VIII. Memoria procedurale. la memoria procedurale è preposta alla conservazione delle sequenze comportamentali (script o copioni) atte a raggiungere determinati scopi; l’esecuzione delle sequenze comportamentali avviene in modo automatico, senza che ci sia un effettivo controllo; solo la decisione di eseguire un’azione può essere un processo controllato IX. La memoria episodica. i ricordi riferiti a situazioni, eventi, persone particolari che abbiano la caratteristica di essersi verificati una sola volta nella vita vengono conservati nella memoria episodica (conserva anche la prima volta di un avvenimento che può successivamente ripetersi nel tempo); i ricordi immagazzinati nella memoria episodica sono caratterizzati da una codifica multimodale, che utilizza cioè più codici, da una particolare vividezza e sono spesso fortemente connotati emotivamente una prima distinzione riguarda i compiti di riconoscimento: i soggetti devono riconoscere fra un certo numero di stimoli quelli che sono stati presentati loro in precedenza (stimoli target) quelli di rievocazione, o richiamo: i soggetti devono rievocare liberamente gli stimoli target (i compiti di riconoscimento sono più facili di quelli di rievocazione) una seconda distinzione riguarda la volontarietà dell’apprendimento: quando i soggetti sanno che il compito consiste nel valutare la loro capacità di memorizzare il materiale, si è di fronte a misure della memoria esplicita quando invece i soggetti vengono istruiti ad eseguire un compito e poi vengono sottoposti ad una verifica del materiale appreso, allora si parla di compiti di memoria implicita (non sempre sapere di dover apprendere qualcosa garantisce un buon apprendimento: le persone emotive, quelle indecise e gli anziani tendono ad avere prestazioni mnestiche migliori in compiti impliciti e peggiori in quelli espliciti) X. La memoria semantica. la memoria semantica è la memoria preposta alla conservazione delle nostre conoscenze, siano esse state acquisite attraverso lo studio sistematico o per mezzo dell’esperienza diretta; le informazioni sono conservate prevalentemente, ma non esclusivamente, in modo verbale; è di vitale importanza per lo svolgimento delle nostre attività quotidiane, che richiedono un continuo richiamo delle conoscenze acquisite; spesso il ricordo è il risultato di un’opera di ricostruzione, che si avvale delle conoscenze conservate nella memoria semantica, in cui un elemento rievocato funge da indizio per la rievocazione di altri elementi ad esso connessi per via associativa; la memoria episodica e quella semantica appartengono ad una più generica memoria dichiarativa: questa viene anche indicata come memoria preposizionale (per distinguerla dalla memoria procedurale o non dichiarativa); la differenza fra memoria semantica e memoria episodica consiste nel fatto che la prima è costituita da proposizioni generali, indipendenti dal momento in cui sono state apprese, mentre la seconda è rappresentata da proposizioni ben collocate nel tempo XI. La memoria prospettica. la memoria prospettica è preposta a conservare i piani d’azione in modo che l’ottimazione dei tempi e degli spazi, frutto della pianificazione, venga tradotta in atti concreti; entra in gioco in gran parte delle nostre azioni quotidiane; si avvale delle conoscenze conservate in memoria semantica e di elementi

COMPITI DI MEMORIA

Page 40: Mecacci - Manuale di Psicologia MANUALE DI PSICOLOGIA GENERALE di Mecacci 1. INTRODUZIONE STORICA. fin dall’antichità: pensiero filosofico dal 600: le scienze fisiche forniscono

40

dedotti dalla memoria episodica, trae giovamento dall’esperienza acquisita e necessita di una memoria di lavoro efficiente (cali di prestazione nei soggetti molto giovani e nei più anziani) nell’ambito della memoria episodica gli studiosi hanno dedicato particolare attenzione alla memoria autobiografica: ricordi di eventi sperimentati personalmente, che sarebbero organizzati gerarchicamente nella struttura cognitiva, per livelli più o meno ampi, ognuno inserito negli altri; il loro studio presenta degli evidenti problemi metodologici, visto che è quasi sempre impossibile verificare l’autenticità del materiale raccolto; si è rilevato un aumento dei ricordi autobiografici, nei soggetti di oltre 50 anni, in relazione agli eventi accaduti molto tempo prima, quando avevano un’età tra i 20 e i 30 anni: questo fenomeno, che prende il nome di reminescenza, può essere dovuto, da un lato, alla maggiore efficienza fisiologica che caratterizza la prima età adulta e, dall’altro, al maggior numero di avvenimenti emotivamente, socialmente e culturalmente rilevanti propri di questo periodo della vita alla memoria di eventi remoti: ricordo di avvenimenti socio-storici accaduti durante la vita di un individuo: guerre, avvenimenti o personaggi politici, campioni sportivi, attori, cantanti, persone di cultura, ..; la memoria di eventi remoti si conserva sino ai 75 anni, e i ricordi meglio conservati si riferiscono al periodo in cui i soggetti avevano fra i 20 e i 30 anni: anche in questo caso si osserva il fenomeno della reminescenza XII. Perché dimentichiamo. distinguere fra dimenticare ciò che è stato realmente appreso (dimenticanza) e ciò che crediamo di avere appreso (mancato apprendimento) sulle cause della perdita di informazione nella memoria a lungo termine si avanzano le seguenti ipotesi: mancato utilizzo di certi contenuti della memoria (teoria del disuso, decadimento della traccia) impiego di strategie di recupero non congruenti con quelle con le quali è stata effettuata la codifica (in questo caso non si assume che l’informazione sia stata cancellata dalla memoria, ma che venga meno la capacità di recuperarla) presenza di grandi quantità di informazioni in memoria (teoria dell’interferenza) condizioni emotive in cui è avvenuto l’apprendimento e/o avviene il recupero (blocco emotivo, rimozione) XIII. I disturbi della memoria. esiste una serie di disturbi della memoria di maggiore gravità, dovuti a cause diverse: invecchiamento trauma fisico o emotivo patologia neurologica o psichica il disturbo di memoria più noto è l’amnesia, nelle sue 2 forme: retrograda, cioè l’impossibilità temporanea o definitiva di recuperare ricordi del nostro passato, e anterograda, cioè la difficoltà a ricordare gli avvenimenti recenti; entrambe possono essere causate da un trauma, anche emotivo (l’amnesia è in genere circoscritta all’episodio traumatico); i disturbi di memoria sono il primo sintomo della demenza, anche se da soli non possono giustificare una diagnosi di demenza (la cui incidenza aumenta con l’avanzare dell’età): demenza di Alzhimer (sono tipici i disturbi della memoria e del linguaggio e la perdita dell’orientamento) demenza vascolare o multinfartuale forme di demenza causate da forme infettive (AIDS e malattia di Creutzfeldt-Jacob) morbo di Parkinson malattia di Huntington soggetti intossicati da sostanze quali solventi e insetticidi, metalli pesanti quali piombo, manganese e mercurio, veleni come l’arsenico, nonché gli alcolisti pseudodemenza depressiva

MEMORIA AUTOBIOGRAFICA E MEMORIA DI EVENTI REMOTI

Page 41: Mecacci - Manuale di Psicologia MANUALE DI PSICOLOGIA GENERALE di Mecacci 1. INTRODUZIONE STORICA. fin dall’antichità: pensiero filosofico dal 600: le scienze fisiche forniscono

41

7. LINGUAGGIO E COMUNICAZIONE.

I. Mente, cultura e società. gli esseri umani sanno parlare gli esseri umani sanno di saper parlare il fenomeno linguistico deve la sua radice enigmatica: alla sua ambivalenza: il parlare è una condotta che unifica e insieme separa; infatti, se nei suoi aspetti più generali è una caratteristica che identifica tutta, e soltanto!, la specie Homo Sapiens; nei suoi aspetti particolari, invece, il parlare traccia divisioni tra aree geoculturali, ceti socio-professionali, generazioni, .. alla sua complessità: nel parlare si intrecciano processi di varia natura e a diversi livelli di pertinenza scientifico-disciplinare è utile organizzare l’indagine attorno a 3 nodi problematici di grande interesse psicologico: linguaggio e mente lingua e cultura discorso e società II. L’uomo vive anche di segni. il linguaggio verbale è una potenzialità specifica della mente che consente agli uomini di conoscere il mondo e di comunicare fra loro; il filosofo Cassirer ha argomentato che l’uomo è un animale simbolico ed è soprattutto il parlare a proiettare gli esseri umani nella semiosfera, cioè in un mondo di relazioni costituito da vari sistemi di segni e da diverse procedure di costruzione di senso; ma la specie umana non dispone soltanto del linguaggio verbale i segni operano secondo diversi principi, che ci consentono anche di raggrupparli in grandi classi: i segnali enfatizzano la capacità dei segni di attrarre l’attenzione dei destinatari (es: è tale il sistema di segni che regola la circolazione stradale) i sintomi enfatizzano la capacità dei segni di manifestare stati interni all’emittente, come le intenzioni o le emozioni (es: parlare a voce alta e tremare sono un sintomo di collera) i simboli fanno risaltare la capacità dei segni di rappresentare la realtà, simulandola e insieme modellandola III. Comunicazione verbale e non verbale. pur essendo una manifestazione unica di capacità cognitiva e interazionale, il linguaggio non è un sistema di segni isolato, bensì si intreccia a molte altre condotte non verbali, che supportano, commentano, contestualizzano ciò che le persone dicono; i principali sistemi di segni non verbali sono stati esplorati da alcune subdiscipline della semiotica, cioè della scienza che indaga sui modi in cui è possibile comunicare mediante segni: la prossemica mostra che la stessa disposizione dei corpi nello spazio fisico può avere valore comunicativo la cinesica indaga la mimica e la gestualità (gesti classificabili in rituali, emblemi, gesti illustratori, gesti espressivi di stati emotivi, gesti regolatori, gesti adattivi o manipolatori del sé) la paralinguistica indaga il potenziale comunicativo della voce, cioè gli aspetti prosodici che definiscono il modo di parlare proprio di ognuno. IV. La matrice biopsicologica del linguaggio. se si osserva la forma e la disposizione del canale vocale nell’uomo si rilevano numerose caratteristiche funzionali alla condotta verbale; il motore del linguaggio è collocato a livello cerebrale: l’aumento del rapporto ponderale cervello-corpo umano, avvenuto nel corso dell’evoluzione, ha messo a disposizione della specie umana ampie zone di corteccia cerebrale per il controllo dell’attività cognitiva e la gestione

Page 42: Mecacci - Manuale di Psicologia MANUALE DI PSICOLOGIA GENERALE di Mecacci 1. INTRODUZIONE STORICA. fin dall’antichità: pensiero filosofico dal 600: le scienze fisiche forniscono

42

di un repertorio molto variegato di relazioni socio-comunicative; alcune prove empiriche sembrano validare l’ipotesi di un bioprogramma per l’attivazione del linguaggio: una delle più convincenti è la lateralizzazione della corteccia cerebrale, per cui l’emisfero sinistro ha delle aree specializzate per il controllo della parola sia nei destrimani che nei mancini tale processo sembra concludersi con la pubertà, che in base a molti indizi può considerarsi la fase del ciclo di vita che chiude il periodo critico per lo sviluppo ottimale della competenza linguistica:

una prima prova è fornita dall’esperienza dell’apprendimento delle lingue straniere un secondo indizio è costituito dal diverso esito delle microlesioni cerebrali: se prima della

pubertà, possono progressivamente ridursi fino a scomparire del tutto, se dopo la pubertà, i disturbi linguistici risulteranno non più recuperabili autonomamente e richiederanno il supporto di una logoterapia permanente (che talvolta può risultare insufficiente)

l’indizio più avvincente proviene dall’esperienza dei cosiddetti bambini selvaggi una seconda prova è sostenuta da Bickerton con l’argomento che i bambini allevati in un pidgin lo trasformano in un creolo: le lingue pidgin sono delle forme espressive che si generano quando gruppi linguistici differenti entrano in contatto per dare corso a delle transazioni economiche; il pidgin è una varietà linguistica caratterizzata da:

composizione mista tra lessico della lingua dell’altro e schemi grammaticali della propria, con esiti di estrema povertà sintattica

assenza di una comunità che la parli come propria lingua madre quando vengono meno queste 2 caratteristiche, il pidgin diventa un creolo, cioè una varietà linguistica ibrida, riconosciuta da una comunità come ambiente primario della propria socializzazione e identificabile per specifiche regolarità grammaticali l’esistenza del periodo critico per il linguaggio parrebbe confermata dal fatto che gli adulti restarono bloccati nel loro pidgin impoverito e non riuscirono mai ad assimilare la speciale grammatica del creolo hawaiano inventata dai loro figli gli animali ricorrono a qualche sistema di segnali (visivi, uditivi, olfattivi) sia per comunicare all’interno della propria specie, che per regolare i loro rapporti con le altre specie; si tratta per lo più di un ristretto numero di interazioni geneticamente determinate, che riguardano specifici segmenti dell’esperienza di vita; la natura fissa e meccanica dei comportamenti animali situa tali sistemi di comunicazione nell’ambito degli istinti

la prospettiva evoluzionistica adottata anche in psicologia del linguaggio obbliga a verificare se, e fino a che punto, la capacità linguistica sia un complesso affinamento dei sistemi di comunicazione animale: le ipotesi avanzate fanno oscillare il dibattito tra le opposte ipotesi della continuità e della discontinuità: per la teoria della selezione naturale, il linguaggio non è altro che il semplice risultato dell’evoluzione dei sistemi di comunicazione animale, ma ciò non toglie che esso sia divenuto qualcosa di unico, un modulo distintivo del funzionamento mentale dell’uomo per molti importanti aspetti, le parole non sono affatto assimilabili ai gridi di allarme che le scimmie emettono per segnalare la presenza di predatori dell’ambiente circostante analisi delle proprietà che caratterizzano la condotta linguistica degli uomini: si è proposto un elenco di caratteristiche distintive, volte a definire il linguaggio umano (ovviamente, alcune proprietà sono più rilevanti di altre nel definire l’unicità del linguaggio; alcuni di questi tratti sono presenti anche nella comunicazione animale; soltanto nel linguaggio umano vi è la compresenza di tutti questi tratti e ciò genera l’ulteriore proprietà della onniformatività: tutto ciò che può essere significato può trovare una qualche espressione nel linguaggio umano): Tratti distintivi Sintesi esplicativa canale vocale-uditivo la sostanza primaria del linguaggio è la catena sonora

I TRATTI DISTINTIVI DEL LINGUAGGIO

Page 43: Mecacci - Manuale di Psicologia MANUALE DI PSICOLOGIA GENERALE di Mecacci 1. INTRODUZIONE STORICA. fin dall’antichità: pensiero filosofico dal 600: le scienze fisiche forniscono

43

trasmissione a distanza e recezione direzionale

i suoni prodotti sono percepibili entro un certo spazio e chi li riceve è in grado di localizzarne la provenienza

transitorietà le onde sonore del segnale non lasciano tracce intercambiabilità gli individui sono sia emittenti che riceventi feedback totale chi parla può ascoltarsi, così da controllare il segnale specializzazione nel parlare non si espleta un’altra funzione fisiologica semanticità i segnali sonori sono strumenti per significare qualcosa arbitrarietà il rapporto significante-significato è convenzionale carattere discreto la catena sonora si articola in unità distinte (foni) distanziamento nel parlare ci si può riferire a contesti non esperiti apertura il sistema della lingua è produttivo di novità (creatività) trasmissione culturale le lingue vivono nelle forme della cultura, non nei geni dualità di strutturazione gli elementi minimi sono di 2 tipi: fonemi e morfemi prevaricazione nel parlare si può mentire riflessività la lingua consente di parlare della lingua (livello "meta") apprendibilità è possibile imparare più di una lingua

soprattutto a metà 900 si è cercato di rispondere a questa domanda con numerose ricerche; la questione della possibilità di insegnare a parlare agli animali si scontra con 2 difficoltà: limiti inerenti al canale fonatorio limiti che scaturiscono dalla natura del linguaggio, che non è soltanto un modo di comunicare, ma anche un sistema di modellazione primaria della realtà, cioè una pratica di costruzione di senso le competenze comunicative delle scimmie sono comunque molto diverse dall’uso che i bambini fanno del linguaggio: anzitutto balza agli occhi la brevità delle frasi in secondo luogo, le frasi prodotte sono relative ad un ambito di esperienza molto ristretto 2 risultati sembrano comunque certi: per quanto sorprendente si sia rivelato finora l’accostarsi di alcuni animali al linguaggio umano, il loro linguaggio rimane talmente primitivo da risultare incomparabile con ciò che riesce a fare un bambino per quanto siano sviluppate, al punto da potersi avvicinare (pur con i dovuti sostegni) alle forme più elementari del linguaggio umano, le capacità comunicative degli animali appaiono slegate e arretrate rispetto alle loro capacità generali di intelligenza negli ultimi tempi la questione delle scimmie parlanti ha perso parte del suo interesse, giacché non può dimostrare quella condizione di co-costruzione tra più persone del significato che è decisiva per l’intenzionalità del linguaggio umano: la capacità di capire il mondo (fisico e sociale) attraverso il linguaggio sembra destinata a rimanere una caratteristica specifica dell’uomo V. I bambini crescono nella lingua. un ambito importante di ricerche psicolinguistiche riguarda il modo in cui i bambini imparano a parlare; la facilità con cui i bambini di tutto il mondo fronteggiano un’impresa così complessa come imparare a parlare ha indotto a pensare che si tratti di un comportamento biologicamente innescato, ma non è possibile sottovalutare l’influenza dell’ambiente relazionale e sociale; i bambini padroneggiano la loro lingua materna in poco tempo; in tale impresa prodigiosa sono sorretti non solo da un bioprogramma, ma anche dal fatto di avere dei tutor linguistici che in genere si prodigano per agevolare il loro percorso: infatti, gli adulti tendono ad adottare una varietà di lingua (detta motherese), caratterizzata da frasi brevi, semplici e ripetute, che vengono prodotte molto lentamente, accentuando il profilo intonazionale

POTREMO PARLARE CON LE SCIMMIE??

Page 44: Mecacci - Manuale di Psicologia MANUALE DI PSICOLOGIA GENERALE di Mecacci 1. INTRODUZIONE STORICA. fin dall’antichità: pensiero filosofico dal 600: le scienze fisiche forniscono

44

e dilatando le pause tra le singole parole quasi a isolarle; essi ricorrono anche al baby talk, cioè sfruttano le risorse coniate dai loro bambini per creare una speciale sintonia interazionale ed emotiva Mesi Tappe raggiunte 1 il bambino dà segni di risposta ai suoni 2 sorride se stimolato; suoni vocalici, gutturali 4 lallazione: borbottii e gorgoglii 6 balbettio 8 modelli intonazionali 9 giochi gestuali (cucù) 11 la prima vera parola (usata come nome) 12 enunciati monotematici 15 pronunzia dalle 4 alle 6 parole 18 enunciati diramatici (lunghezza media dell’enunciato) 21 ha un vocabolario di circa 50 parole 24 comincia l’interiorizzazione sistematica della grammatica 27 interrogazioni, negazioni 30 usa i pronomi in modo appropriato 36 usa circa 250 parole; forma frasi di 3 parole 60 costruzioni rare e complesse 120 linguaggio maturo

poiché tutti i bambini inseriscono il loro originale percorso di acquisizione all’interno di tale scansione di fasi, è lecito ritenere che il processo risponda a precisi vincoli inerenti al modo di funzionare della mente umana: balbettio: suoni composti dall’unione ripetuta di una consonante e una vocale; per ogni singolo bambino sono privi di significato; lo stesso non può dirsi per i genitori, i quali li interpretano come densi di progettualità comunicativa al primo anno, i bambini sono nella fase degli enunciati monotematici o olofrasi: si esprimono per singole parole che per loro manifestano una precisa intenzione comunicativa; protorichieste e protoasserzioni; il significato delle prime parole non ha un riferimento concettuale univoco, per cui non individuano un oggetto in modo chiaro e distinto, come è per l’adulto; le prime parole evocano un complesso, poiché il bambino collega ad un certo suono qualche caratteristica percettiva e funzionale che gli consente di identificare tutta una serie di entità; tale generalizzazione semantica mette a durissima prova le strategie interpretative degli adulti verso i 18 mesi i bambini cominciano ad unire le parole a 2 a 2 (enunciato dirematico), abbozzando cioè una prima struttura sintagmatica e realizzando una più ricca gamma di intenzioni comunicative; è una prima manifestazione della grammatica universale, empiricamente riscontrabile in molte lingue diverse; essa è detta a perno perché una delle 2 parole ha una posizione fissa, con funzione di cardine dell’enunciato, mentre l’altra è variabile; il linguaggio dei bambini si caratterizza per il suo stile telegrafico, cioè ridotto all’essenziale di morfemi lessicali accentati, privi di morfemi flessivi e funzionali l’evoluzione del linguaggio infantile non esibisce soltanto un progressivo arricchimento strutturale, ma anche un potenziamento funzionale Halliday individua negli enunciati dei bambini un ramificarsi del loro potenziale di significato secondo: la funzione strumentale (ciò che dicono serve ad ottenere qualcosa) regolatrice (serve a controllare il comportamento altrui) interazionale (serve a stabilire relazioni interpersonali) personale (serve ad abbozzare la loro identità) euristica (vale come richiesta di spiegazioni: "dimmi perché!") immaginativa (consente loro di fantasticare mondi possibili) informativa (vale come resoconto di come stanno le cose)

ACQUISIZIONE O APPRENDIMENTO??

Page 45: Mecacci - Manuale di Psicologia MANUALE DI PSICOLOGIA GENERALE di Mecacci 1. INTRODUZIONE STORICA. fin dall’antichità: pensiero filosofico dal 600: le scienze fisiche forniscono

45

a prima vista l’acquisizione della lingua materna può essere assimilata ai processi di apprendimento innescati dall’imitazione e dal modellamento (punto di vista adottato da Skinner)

se lo sviluppo della competenza linguistica viene impostato in questi termini riduttivi e meccanici, si finisce con l’oscurare gli aspetti più creativi dell’impresa compiuta da ogni bambino (critica del famoso linguista Chomsky) la mente umana è marcata da una predisposizione a trattare informazione linguistica: già alla nascita il bambino attiva un Dispositivo per l’Acquisizione della Lingua (LAD) che, di fase in fase, lo guida nell’individuare le espressioni linguistiche ben formate si spiega con il fenomeno dell’ipercorrettivismo (o sovrageneralizzazione della regola): in tutte le lingue si registrano enunciati di bambini che applicano le regole della lingua anche nei casi in cui sono previste eccezioni la polemica tra Skinner e Chomsky ha dato slancio all’approccio cognitivista in psicolinguistica, ma anche la tesi innatista di Chomsky ha alimentato molteplici discussioni le principali critiche sono prodotte su 2 fronti: da una parte c’è chi sottolinea che non è necessario ipotizzare un dispositivo specifico per l’acquisizione linguistica, perché il modo in cui i bambini progrediscono nella loro competenza linguistica è controllato da procedure più generali che si applicano anche ad altre abilità cognitive dall’altra, c’è chi fa notare che non è sufficiente fare appello all’innesco biologico del LAD, perché l’acquisizione di tale competenza avviene anche grazie ad un Sistema di Supporto per l’Acquisizione del Linguaggio (LASS) per Bruner, sono i formati delle interazioni tra il bambino e colui che lo accudisce a sostenere l’attribuzione di significato a ciò che si dice un altro momento cruciale di discussione sul linguaggio infantile aveva già coinvolto 2 giganti della psicologia nei primi decenni del 900: Piaget distingue nel linguaggio del bambino prescolare una forma egocentrica (dimostra che il bambino non è in grado di cogliere la differenza tra il suo punto di vista e quello degli altri) e una forma socializzata Vygotskij: critica anzitutto l’impostazione teorica data da Piaget allo sviluppo psichico del bambino, che muoverebbe dall’individuale al socializzato: questo modo di vedere considera primario il supporto biologico e secondaria la sfera delle relazioni sociali per quanto riguarda la questione specifica del linguaggio egocentrico, Vygotskij dissente nell’interpretazione della sua funzione e del suo destino: per Piaget, il linguaggio egocentrico si limita ad accompagnare ciò che i bambini fanno e scompare all’età in cui di solito vanno a scuola; per Vygotskij, invece, il linguaggio egocentrico è uno stadio intermedio nel passaggio dal linguaggio esteriore (sonorizzato) al linguaggio interiore (per sé), per cui spesso ha per il bambino la funzione cognitiva di fronteggiare una situazione di difficoltà o di aiutarlo a prendere coscienza dei problemi (funzione che permane nell’adulto) VI. Le strutture della lingua. ogni lingua è un sistema che governa un lessico (un numero indefinito di parole) secondo una grammatica (un numero imprecisato di regole); la teoria di Chomsky sottolinea la distinzione tra: competenza (come dev’essere attrezzata la mente per fronteggiare il fenomeno complesso della lingua) esecuzione (ciò che di fatto avviene nell’uso della lingua) conoscere una lingua vuol dire anzitutto saper identificare quali suoni sono potenzialmente significativi per essa; nella ricca molteplicità delle serie possibili di suoni ogni lingua ne estrae alcuni (da 20 a 40 circa) che considera come atomi di senso fonemi: suoni che di per sé non hanno significato, ma operano da tratti sonori minimi in grado di differenziare significati (l’individuazione dei fonemi di una

Page 46: Mecacci - Manuale di Psicologia MANUALE DI PSICOLOGIA GENERALE di Mecacci 1. INTRODUZIONE STORICA. fin dall’antichità: pensiero filosofico dal 600: le scienze fisiche forniscono

46

lingua può avvenire mediante la prova di commutazione); non tutte le lingue danno valore agli stessi fonemi alfabeto: tentativo di riprodurre tali suoni fondamentali in segni grafici (grafemi), secondo una corrispondenza biunivoca, con alcune eccezioni per ogni lingua vi sono regole precise che stabiliscono diverse possibilità di composizione tra i fonemi (combinazioni fonologiche) mettendo insieme i fonemi, si passa ad un livello superiore di organizzazione linguistica: i morfemi (composti fonetici dotati di un significato minimo); l’unità lessicale minima è la parola, che si configura come una sequenza di fonemi accettabile e dotata di significato in una determinata lingua; essa può essere composta da più morfemi; sono le regole morfologiche a garantire che una certa sequenza di suoni potrebbe costituire una parola dotata di senso in quella lingua; una parola è formata essenzialmente dal morfema radice e dal morfema flessivo; le regole morfologiche controllano il principale meccanismo di produzione delle parole soprattutto attraverso i morfemi derivazionali, che in italiano possono essere prefissi, quando vengono inseriti prima del morfema radice, e affissi, quando vengono posti dopo VII. La competenza sintattica. quando le persone parlano dispongono le parole in precise totalità strutturate: le frasi; la sintassi descrive il tipo di regole che mettono in grado il parlante-ascoltatore ideale di una lingua di distinguere le frasi accettabili (perché ben formate) in quella determinata lingua da quelle inaccettabili; la possibilità di costruire frasi sintatticamente ben formate, ma prive di senso chiarisce l’autonomia del componente sintattico sostenuto da Chomsky; la competenza sintattica abilita i parlanti a muoversi dalla struttura superficiale alla struttura profonda delle frasi (e viceversa); fin dalla nascita, la mente umana è equipaggiata con un analizzatore sintattico, che induce a seguire 2 tipi di regole: regole della struttura sintagmatica, in base alle quali noi sappiamo come passare dal livello più astratto, rappresentato dal simbolo F (frase), al livello più concreto, che prevede l’inserimento lessicale regole trasformazionali, che specificano il tipo di organizzazione da assegnare passando dalla struttura profonda alla struttura superficiale; viene considerata psicologicamente primitiva, al livello della struttura profonda, la forma attiva; al livello della struttura superficiale possono manifestarsi la forma attiva, o le forme negative e interrogative, prodotte secondo precise regole di trasformazione dalla forma attiva VIII. Il significato. conoscere il lessico di una lingua vuol dire averne memorizzato le regole semantiche, cioè sapere in quali condizioni le parole realizzano il loro potenziale di significato e, quindi, si possono usare: la prima differenza è interna alla logica del segno e consiste nel non appiattire il significato delle parole sulla loro possibilità di riferimento una seconda differenza consiste nel fatto che le parole hanno un doppio profilo di significato, poiché hanno una denotazione (nocciolo concettuale di ciò che viene comunemente inteso con esse) e una connotazione (una serie di valenze aggiuntive che evocano le varie sfumature emotive, sociali e personali legate al loro uso effettivo) una nota tecnica d’indagine usata dagli psicologi per misurare il significato connotativo delle parole è il differenziale semantico la questione del significato può essere affrontata anche dal punto di vista delle relazioni tra le unità lessicali: tra 2 parole ci può essere un rapporto di sinonimia, di antonimia, di iponimia e iperonimia, di omonimia-omofonia (quest’ultima proprietà non va confusa con la polisemia) ogni singola parola non rispecchia soltanto il modo di conoscere la realtà a cui le persone si riferiscono, ma il suo significato rende anche conto del tipo di articolazione che presenta l’area semantica a cui appartiene vi sono parole che, per essere comprese nel loro significato completo, hanno bisogno di una conoscenza extralinguistica: sono le espressioni deittiche (es: qui, là, oggi, ieri, domani, l’anno prossimo, io, tu, ..)

Page 47: Mecacci - Manuale di Psicologia MANUALE DI PSICOLOGIA GENERALE di Mecacci 1. INTRODUZIONE STORICA. fin dall’antichità: pensiero filosofico dal 600: le scienze fisiche forniscono

47

le parole a valenza presupposizionale sono ancora più subdole sotto il profilo semantico, perché è come se avessero un significato a doppio fondo: gioco tra il fuoco enunciativo e lo sfondo di ciò che è dato per scontato; queste parole incorporano nel significato lessicale il meccanismo basilare dell’organizzazione del discorso, formulabile come una continua negoziazione tra il noto, o dato, e il nuovo un altro aspetto rilevante della questione semantica è dato dal fonosimbolismo, o iconismo linguistico; il principio costitutivo del segno linguistico è l’arbitrarietà: i suoni delle parole (significanti) si collegano a certi concetti (significati) soltanto per convenzioni accettate per lo più in modo inconsapevole e passivo dalla massa parlante; tuttavia, dovendo essere percepiti, i significati linguistici possono conservare un loro potere marginale di evocazione del significato, come sembra avvenire in quelle parole che definiamo onomatopeiche (tali forme sonore restano pur sempre delle interpretazioni e non delle imitazioni di una presunta realtà oggettiva, altrimenti dovrebbero essere le stesse nelle varie lingue); le parole delineano un profilo sonoro che può essere assimilato a dei contorni figurativi, anche quando non possiamo far valere la traccia di alcun significato per esse a rendere ulteriormente complicata la questione del significato è anche la relazione, non sempre trasparente, tra le parole selezionate (significato dell’enunciato) e l’intenzione con cui possono essere pronunciate dal parlante (significato dell’enunciatore) consiste in una serie di scale a 7 punti costruite da aggettivi antonimi; alla persona si richiede di valutare ciò che una certa parola evoca in lei mediante l’attribuzione di un punteggio in ognuna delle scale; i giudizi rilevati con tali scale strutturano il significato connotativo delle parole, il quale appare correlato con molte variabili importanti dell’indagine psicologica, quali l’età, il genere, la personalità, l’identità sociale IX. Linguaggio e pensiero. l’intreccio tra pensiero e linguaggio è intricatissimo e può essere esplorato in molteplici modi, a cominciare dal modo in cui le persone hanno accesso al loro lessico mentale; la mente accede al lessico in 2 modalità differenti, a seconda che si sia nel ruolo di parlante o in quello di ascoltatore il Modello Logogen proposto da Morton descrive una procedura di accesso automatico al lessico mentale, che passa attraverso l’analisi delle semplici caratteristiche fisiche delle parole; ogni scatto del dispositivo Logogen rende più bassa, e quindi più agevole da superare, la soglia necessaria a riconoscere la parola; il formato cognitivo della parola è il concetto, cioè lo schema che organizza la conoscenza del mondo evocata da una certa parola; concetti concreti sono più facili da acquisire dei concetti astratti; la più piccola unità cognitiva che possa valere come asserzione sul mondo non è la parola, bensì la proposizione, che si manifesta come frase pensare implica mettere in relazione un concetto con almeno un altro: ciò di cui si dice qualcosa e ciò che se ne dice: argomento (o soggetto, o tema) e predicato (o rema) sono i termini che individuano i 2 poli indispensabili alla relazione del pensare-parlare; le proposizioni si organizzano in reti a formare modelli mentali che contengono la nostra comprensione di come stanno le cose nel mondo fisico e sociale e guidano le nostre interazioni il priming (letteralmente: azione di innesco) consiste nell’esecuzione agevolata di operazioni cognitive concernenti materiale verbale, dovuta alla percezione subliminale di una parola anche se non adeguatamente percepita, quella parola opera da preattivatore di attenzione, per cui seleziona il relativo schema categoriale (tale fenomeno non conferma i timori di una persuasione subliminale, che spesso viene ascritta tra le armi della pubblicità) X. Lingua e cultura. la lingua è strettamente intrecciata alla cultura sotto molti aspetti, perché attraversa le complesse procedure con cui le varie comunità umane organizzano la loro esperienza del mondo le lingue umane esprimono la natura delle cose o si reggono su convenzioni storico-sociali??

IL DIFFERENZIALE SEMANTICO

IL PRIMING

Page 48: Mecacci - Manuale di Psicologia MANUALE DI PSICOLOGIA GENERALE di Mecacci 1. INTRODUZIONE STORICA. fin dall’antichità: pensiero filosofico dal 600: le scienze fisiche forniscono

48

gli antropologi Sapir e Whorf hanno elaborato la teoria della Relatività Linguistico-Culturale (ipotesi Sapir-Whorf), secondo cui la lingua pone forti vincoli sul modo in cui ogni comunità culturale può concepire il mondo: la ricchezza lessicale e l’organizzazione grammaticale di una determinata lingua disegnano l’orizzonte entro cui la realtà potrà essere concettualizzata dalla cultura della comunità che la parla; Whorf si spinge fino a sostenere che la lingua determina direttamente la rappresentazione del mondo sottoposta a diverse critiche concettuali e a numerosi controlli empirici: nella sua versione radicale, secondo cui la lingua determina la rappresentazione della realtà, tale ipotesi risulta non soltanto infalsificabile, quindi arbitraria, ma comporta che ogni comunità linguistico-culturale sia chiusa all’interno del suo universo simbolico e che la traduzione interlinguistica sia una pratica pressoché illusoria (si è dimostrato che la capacità di percepire i colori non dipende dal numero di parole messe a disposizione dal lessico) nella sua versione moderata, i sistemi linguistici mettono a disposizione delle persone (e delle comunità culturali) i modelli interpretativi che le orientano nella costruzione della loro realtà di riferimento; MA la lingua non è una camicia di forza imposta alle persone dal loro vivere in una determinata comunità sociale, ma piuttosto una serie di lenti necessarie a sostenere la nera scatola mentale le parole non sono semplici etichette, ma modelli interpretativi e potenziali argomentativi XI. Funzioni e varietà della lingua. a che serve parlare?? funzione espressiva: rendere noti i propri pensieri, manifestare ciò che si prova, rendere percepibile all’esterno il proprio vissuto privato appellativa: rivolgersi ad altri, tentando di modificarne la mente o il comportamento rappresentativa: descrivere un mondo di riferimento, cioè costruire un modello della realtà da cui ci si sentone impegnati fatica: parlarsi per il semplice piacere di farlo e di rinsaldare la propria relazione poetica: attribuire valore estetico a certi risultati della propria produzione verbale metalinguistica: riflettere sulla lingua che si usa le principali forme di variazione della lingua sono dovute: all’evoluzione temporale (per cui si possono distinguere locuzioni antiquate, correnti o appena coniate) alla distribuzione dei parlanti sul territorio (per cui si possono riconoscere forme dialettali o parlate locali) alla differenziazione delle situazioni e dei tipi di relazioni che si stabiliscono tra i parlanti quest’ultima variazione è regolata dalla definizione dei registri, per cui distinguiamo modi di espressione informale (conversazioni tra amici) e modi di espressione formale un ulteriore livello di variazione sostanziale è rappresentato dalle lingue settoriali o speciali, nelle quali è raccolta l’esperienza del mondo che le persone fanno in base alla loro professione (ogni lingua settoriale rende operativo un principio di differenziazione psicologica dei gruppi in noi verso loro) XII. Il farsi del discorso nella conversazione. la conversazione è l’evento prototipico delle interazioni comunicative con cui gli uomini gestiscono il progetto di dare senso al mondo e a loro stessi; il discorso è un’attività di enunciazione di senso ancorata ad un orizzonte culturale di attese condivise e specificate di volta in volta da un determinato contesto; le componenti della lingua (lessico e grammatica) sono dei potenziali di senso; per trasformarli in atti comunicativi, le persone che interagiscono fanno riferimento ad una situazione enunciativa, o contesto; le principali coordinate del contesto sono di natura spazio-temporale; tuttavia, il contesto situazionale non è solo un ambiente fisico condiviso, ma anche un ambiente socio-relazionale-culturale; pertanto, poiché deve radicarsi in un contesto, anche se si realizza come pratica individuale, la logica del discorso è sociale; molto rilevanti sono le riflessioni relative al meccanismo della turnazione, cioè alle regole che le persone hanno interiorizzato per controllare reciprocamente il

Page 49: Mecacci - Manuale di Psicologia MANUALE DI PSICOLOGIA GENERALE di Mecacci 1. INTRODUZIONE STORICA. fin dall’antichità: pensiero filosofico dal 600: le scienze fisiche forniscono

49

modo in cui alternarsi nel parlare (permette alle persone di partecipare in modo abbastanza ordinato alla conversazione); il modo di conversare dipende anche dal formato interazionale che vincola le persone ad adottare obiettivi almeno parzialmente e temporaneamente condivisi; aspetti costanti ed universali della conversazione: fenomeno della sequenza complementare (o coppia adiacente): questa si ha quando ciò che uno dice ha un’alta rilevanza condizionale per ciò che dirà l’altro; il mancato rispetto delle aspettative sollevate dalla sequenza complementare è caricato di senso la conversazione è possibile perché i partecipanti si attengono ad un principio di cooperazione (regola della quantità, della qualità, della relazione, del modo) le interazioni comunicative rispettano tale impianto anche quando si ha una conversazione aggressiva; la forza di tale impianto è tale da dare un senso anche alla violazione evidente di uno di queste massime, come accade nelle implicature conversazionali: molte tattiche interazionali, come la metafora o l’ironia, funzionano grazie alla capacità delle persone di capire ciò che non viene detto, leggendo le intenzioni del parlante; la frequenza con cui ognuno interviene in una conversazione e l’ampiezza temporale che riesce a dare ai propri contributi sono indicatori dell’immagine di sé che vuole offrire agli altri la nozione di atto linguistico è assunta come preliminare da ogni indagine interessata a far luce sulla dinamica delle reali intenzioni verbali in cui le persone sono coinvolte nella vita quotidiana la teoria standard distingue 3 aspetti, o modalità, di realizzazione dell’atto linguistico, che si configura come: atto locutorio: l’atto di dire qualcosa atto illocutorio: è ciò che si fa nel dire qualcosa (un chiaro indicatore è l’intonazione) atto perlocutorio: è ciò che si fa con il dire qualcosa (non avrebbe molto senso parlare se non si mirasse anche a produrre degli effetti sugli altri) (persuadere) nella sua totalità, l’atto linguistico può realizzarsi in 2 modalità: diretta: quando c’è congruenza tra il significato delle parole e lo scopo per cui sono prodotte indiretta: quando non c’è corrispondenza immediata tra le parole dette e la meta intenzionale che le sorregge, ma il parlante confida nelle capacità inferenziali del suo interlocutore la griglia concettuale dell’atto linguistico non è esente da critiche, poiché la nozione cardine di forza illocutoria non è definita chiaramente e comunque non basta a far trasparire l’intenzione del parlante: spesso solo il riferimento al contesto consente di chiarire che cosa sta facendo il parlante nel dire certe parole XIII. Accordi e conflitti. di solito si tende a considerare la relazione di coppia (uomo-donna, genitore-figlio, ..) come prototipo degli eventi comunicativi alcuni disturbi riscontrabili nella relazione di coppia (blocchi emotivi, ostilità, rotture) sono l’esito di routine comunicative minate da paradossi pragmatici, cioè da richieste sostanzialmente impraticabili; alcune disfunzioni derivano dal fatto che le persone possono non concordare sul modo di attivare i principi della comunicazione, cioè gli schemi interpretativi degli eventi comunicativi quotidiani: non si può non comunicare ogni evento comunicativo è bifacciale, in quanto veicola contenuti e registra relazioni, cioè fornisce delle notizie e ne stabilisce il valore per le persone, dà informazioni e chiavi per interpretarle l’evento comunicativo in cui sono coinvolte 2 persone può essere segmentato in fasi diverse, non sempre coincidenti (punteggiatura) le persone possono comunicare mediante sistemi di segni retti da logiche differenti e con potenzialità diverse

ATTI LINGUISTICI

Page 50: Mecacci - Manuale di Psicologia MANUALE DI PSICOLOGIA GENERALE di Mecacci 1. INTRODUZIONE STORICA. fin dall’antichità: pensiero filosofico dal 600: le scienze fisiche forniscono

50

ogni evento comunicativo posiziona i partecipanti nella dimensione del potere interpersonale, che ha i suoi estremi nell’aspirazione all’uguaglianza fra diritti e doveri (relazione simmetrica) e nel riconoscimento della disparità (relazione complementare) ogni evento di comunicazione interpersonale ha carattere sistemico, per cui gli effetti di certe posizioni retroagiscono sulle loro cause in una relazione circolare il significato di ciò che avviene in un incontro interpersonale è dialogico, perché è il risultato di una costruzione congiunta; di per sé il conversare richiede un impegno a cooperare che è precedente alla distinzione del rapporto con l’altro in termini positivi o negativi (amore/odio); anche per litigare bisogna essere (almeno) in 2 a parlarsi con intenti lesivi: se in un diverbio l’altro non capisce come ingiuriosa una mia espressione, cioè se non collabora a darle l’intenzione offensiva con cui è stata enunciata, ciò che dico non ha senso; alcune forme di conflitto possono favorire una crescita di conoscenza e di adattamento reciproco, ma quelle più frequenti si manifestano con veri e propri attacchi al proprio interlocutore, al fino di metterlo in difficoltà XIV. Capire per capirsi. per comprendere un discorso, occorre attivare contemporaneamente molte procedure; la competenza ricettiva della lingua è più ampia e precoce di quella produttiva; per capire, occorre che la persona sia vigile, abbia accesso non solo al lessico mentale, ma anche ad uno sfondo di conoscenze sul mondo fisico e sociale che costituiscono la sua enciclopedia; l’intero processo ha carattere inferenziale, cioè si regge sulla capacità di individuare informazioni implicite nel discorso e di anticiparne le conclusioni; anche la comprensione del discorso è guidata dal principio di cooperazione, che impegna le persone a collaborare per rendere sensato ciò che dicono (di solito le persone fanno in modo che ciò che dicono sia chiaro, perché hanno tutto l’interesse di essere capite; altrimenti fenomeni di fraintendimento e, quindi, di fallimento comunicativo); tuttavia, vi sono circostanze in cui il principio di cooperazione operante nelle massime che regolano la conversazione viene messo in mora e ciò può avvenire sia in forma nascosta che palese: a volte la violazione delle regole comunicative dev’essere occultata, come nelle menzogne e nelle seduzioni, nei raggiri e negli inganni, che sono tutte situazioni in cui il vero intento del parlante non dev’essere capito altre volte, invece, il parlante mette in chiara evidenza la sua volontà di non rispettare questa o quella massima conversazionale, perché reputa che in tal modo l’interlocutore può capire meglio ciò che intende dire un mero evidente aggiramento del principio di cooperazione si verifica allorquando il parlante è costretto a ricorrere a forme di comunicazione equivoca, cioè quando non soddisfa l’attesa del suo interlocutore di essere chiaro la comprensione del significato di un enunciato o di un testo rimane un traguardo piuttosto lontano per le potenzialità dei computer; le maggiori difficoltà si incontrano nel riprodurre l’uso flessibile che la mente sa fare della conoscenza del mondo e nel rendere di volta in volta disponibile il quadro contestuale pertinente XV. Dire per spiegarsi. se capire i discorsi è un’attività così complessa, farli non lo è da meno; l’attività del parlare può essere descritta nei suoi elementi costitutivi, cioè gli atti linguistici, poiché per certi scopi può essere utile rintracciare gli indizi intenzionali legati alle proposizioni; ma per altri scopi può essere utile indicare le forme globali che essa assume, cioè i vincoli derivanti dal suo rientrare in un certo genere discorsivo le principali procedure psicologiche che consentono la composizione degli atti linguistici nelle strutture di un genere discorsivo sono il narrare e l’argomentare (qualsiasi attività linguistica rappresenta un equilibrio tra i 2 principali moduli espressivi del narrare e dell’argomentare) il parlare corrisponde a 2 modi di funzionare della mente:

POTREMO PARLARE CON I COMPUTER??

Page 51: Mecacci - Manuale di Psicologia MANUALE DI PSICOLOGIA GENERALE di Mecacci 1. INTRODUZIONE STORICA. fin dall’antichità: pensiero filosofico dal 600: le scienze fisiche forniscono

51

il testo argomentativo rivela un modo di pensare-parlare che consiste fondamentalmente nel fornire dei dati a sostegno di una conclusione il testo narrativo rivela un modo di pensare-parlare che impegna le persone a rispettare la consequenzialità della vita e dell’azione per gli psicologi cognitivisti la mente è come un computer, poiché non fa altro che immagazzinare informazioni, codificarle e rievocarle quando servono gli psicologi contestualisti ritengono riduttiva tale analogia, perché la mente non si limita a registrare eventi, ma tenta di trovarne un senso l’attività umana del pensare è un dibattimento tra un determinato argomento e il suo contrario aderire alla metafora dibattimentale/oratoria del pensiero vuol dire che la spiegazione di ciò che noi facciamo in quanto soggetti di attività psichica non è racchiusa unicamente nei principi di funzionamento delle reti neurali, ma risponde anche ai vincoli e alle strategie della negoziazione del significato in un contesto storico-culturale dato; tutto ciò che io intendo è sempre l’esito di un confronto argomentativo XVI. Esito, dunque esisto. quando le persone parlano, il flusso dei suoni non è sempre stabile e uniforme; la mente del parlante è impegnata in una serie di procedure tra loro connesse; di solito tutti questi processi si svolgono in modalità sincrona con il farsi del discorso, ma talvolta comportano un tale accumulo di informazione da elaborare, che il computer mentale va momentaneamente in pausa o sfrigola in farfugli esitativi possono verificarsi vari tipi di pause: quando le interruzioni della catena sonora sono percepibili come silenzio, abbiamo delle pause vuote le pause piene, invece, sono delle brevi interruzioni nella catena fonematica, che vengono coperte da vocalizzi (mhm) o da segregati vocali come sbadigli, risatine, grugniti le pause di giuntura, infine, sono quegli attimi di silenzio che si verificano quando il parlante deve articolare insieme i sintagmi di una frase o le frasi all’interno di un più vasto segmento testuale alcuni parlanti e alcuni contesti sono maggiormente esposti ai fenomeni di esitazione; quando un individuo esita nel parlare, sta implicitamente dichiarando di essere impegnato a pensare come dire meglio altri riscontri sui processi cognitivi del parlare sono forniti dalla possibilità di incorrere in errori; Freud inserì i lapsus languae tra i possibili modi di manifestarsi dell’inconscio; ipotesi degli psicologi cognitivisti: se osserviamo la varia tipologia di errori che normalmente di commettono nel parlare (anticipazioni, posticipazioni, permutazioni, fusioni) risulta che il lapsus rivela l’incepparsi della corrispondenza tra pianificazione ed esecuzione del discorso; i fenomeni di esitazione non raggiungono il livello della consapevolezza perché le risorse attentive della persona sono impegnate a fronteggiare il sovraccarico cognitivo o emotivo sperimentato nel parlare; tuttavia, c’è una situazione in cui la persona è costretta a prendere consapevolezza del fatto di esitare, cioè quando non riesce a dire una certa parola, proprio quella che gli serve in quel momento lì e che per giunta ammette di avere sulla punta della lingua: quando una persona è in tale condizione, dispone in effetti di molte informazioni su quella parola un primo criterio distingue tali disturbi in evolutivi e duraturi: alcune difficoltà di comunicazione verbale sono legate ad una particolare fase del ciclo di vita, per cui possono scomparire col tempo; altre manifestazioni di anomalia tendono a persistere un altro criterio differenzia i disturbi in periferici e centrali: alcuni deficit sono dovuti a qualche imperfezione nella forma o nella funzionalità dell’apparato

BOX n. 8. IL MODELLO ORATORIO DELLA MENTE

I DISTURBI DEL LINGUAGGIO

Page 52: Mecacci - Manuale di Psicologia MANUALE DI PSICOLOGIA GENERALE di Mecacci 1. INTRODUZIONE STORICA. fin dall’antichità: pensiero filosofico dal 600: le scienze fisiche forniscono

52

vocale-uditivo, altri deficit nell’organizzazione del linguaggio derivano da lesioni di alcune aree della corteccia cerebrale, dovute a patologie neurologiche o vascolari e a traumi cranici le patologie del linguaggio più note sono: sordità: la perdita, parziale o totale, dell’udito comporta una difficoltà o l’impossibilità di articolare suoni (è molto utile insegnare loro una forma gestuale di comunicazione) balbuzie: è un incepparsi continuo del meccanismo fonoarticolatorio, per cui risulta alterato il ritmo dell’eloquio dislessia: difficoltà, più o meno grave, a riconoscere la possibile traduzione grafica dei suoni e, quindi, a tradurre i fonemi in grafemi afasie: disturbi specifici nella comprensione e produzione del linguaggio causati da lesioni ad aree corticali specifiche (lo studio di tali disturbi ha consentito di individuare le aree della corteccia cerebrale che sono interessate al controllo della parola) Sindrome Sintomi Natura del deficit Area danneggiata Afasia di Broca

discorso non fluente; agrammatismo (sono omesse spesso le parole funzionali, che rendono scorrevole il discorso, come articoli, ausiliari, morfemi flessivi, coniugazione dei verbi)

la persona capisce, ma si esprime molto lentamente, a grande fatica e in modo confuso, poiché sono alterate la pianificazione e la produzione del discorso

parte posteriore del lobo frontale inferiore

Afasia di Wernicke

la persona si esprime facilmente e in fretta, ma la comprensione uditiva è povera

ancorché fluente, il discorso non è coerente; alterati i modelli fonetici delle parole

metà posteriore dell’area temporale

Afasia di conduzione

difficoltà nel reperire le parole non c’è connessione tra i modelli fonetici e l’area di produzione

fascicolo arcuato (fascio di fibre che connette il loro temporale a quello frontale)

Afasia globale

sono disturbate tutte le funzioni del linguaggio

sono danneggiati tutti i componenti dell’elaborazione linguistica

larga parte dei lobi frontale e temporale

XVII. Oralità, scrittura, multimedialità. ciò che gli uomini sanno del loro linguaggio dipende in gran parte dalla loro appartenenza a società alfabetiche; per le società a cultura orale i discorsi sono eventi o modi dell’agire e come tali sono intrisi di potere; per la cultura scritta, invece, i testi sono strumenti per rappresentare una certa conoscenza del mondo e di sé; leggere e scrivere sono le pratiche prototipiche organizzate dalle società alfabetiche in contesti formali di insegnamento-apprendimento della lingua, gestiti dall’istituzione scolastica; imparare a leggere e a scrivere comporta una trasformazione complessiva delle operazioni mentali; il modello standard proposto per spiegare i processi attivati nella lettura mette a disposizione delle persone 2 possibili strategie: via lessicale: comporta che, nel riconoscere una parola, il lettore sappia anche come si pronuncia; è praticata per leggere le parole irregolari via fonologica: impegna il lettore a combinare i risultati di una verifica nel sistema di conversione grafema-morfema; è praticata per leggere le parole non disponibili nel lessico mentale o le non parole leggere e scrivere istituiscono abilità che generano una nuova forma di soggettività, in quanto l’individuo può sperimentare un maggiore controllo sui meccanismi sociocognitivi di questo nuovo modo di comunicare; le abilità di lettura e scrittura favoriscono anche il consolidarsi di una consapevolezza metalinguistica, che sono ulteriormente favoriti dalla multimedialità che caratterizza la maggior parte delle pratiche comunicative attuali XVIII. La costruzione sociale del senso.

Page 53: Mecacci - Manuale di Psicologia MANUALE DI PSICOLOGIA GENERALE di Mecacci 1. INTRODUZIONE STORICA. fin dall’antichità: pensiero filosofico dal 600: le scienze fisiche forniscono

53

le scelte linguistiche costruiscono l’identità personale e sociale degli individui, in quanto rendono più o meno trasparente come essi si collocano nella rete dei resoconti che la società mette a disposizione per spiegare gli eventi; anzitutto la pratica sociale del parlare genera gli schemi cognitivi con cui le persone danno un assetto ordinato (e spesso gerarchico) alla loro esperienza del mondo; le varie forme del parlare consentono agli individui di vivere in un universo consensuale, nel quale tutti sanno di potersi avvalere di memoria, atteggiamenti, valori ed emozioni comuni, che stabiliscono appunto il senso comune; i discorsi rendono operative le rappresentazioni sociali, cioè quelle specifiche modalità conoscitive con cui gli individui e i gruppi negoziano il significato da dare alla realtà; i discorsi di tutti i giorni collegano le persone alla struttura sociale, per cui sono veicoli di ideologie; l’ideologia penetra nei discorsi quotidiani soprattutto attraverso gli stereotipi, cioè delle generalizzazioni eccessive che esprimono una valorizzazione (positiva o negativa) di un oggetto socialmente rilevante, sia esso un’etnica, un gruppo, una professione o una situazione; di solito gli stereotipi alimentano i pregiudizi, cioè delle interpretazioni ingiustificate adottate dagli individui e dai gruppi per proteggersi dalla paura degli altri (la forma più pericolosa del pregiudizio riguarda l’appartenenza etnica) alcune ricerche hanno evidenziato una tendenza sistematica delle persone ad esprimere in un certo modo il favoritismo verso il proprio gruppo di appartenenza; se si è costretti a dare una valorizzazione negativa di un certo evento, allora il proprio posizionamento, cioè il tipo di relazione che si ha rispetto ai 2 gruppi coinvolti, comporta anche delle tendenze a formulare in un certo modo la spiegazione di ciò che è avvenuto; ogni scelta linguistica adotta un particolare repertorio interpretativo che contiene giudizi di valore e indicazioni circa la condotta da seguire; nel loro parlare, le persone esercitano una forma di potere simbolico; Bernstein ha ipotizzato che la stratificazione sociale comporti anche un diverso potenziale espressivo e che l’insuccesso scolastico cui sono esposti i bambini provenienti da strati sociali più poveri sia dovuto essenzialmente alle condizioni di svantaggio comunicativo in cui avviene la loro crescita tale teoria del deficit linguistico fu contrastata da Labov, il quale propose una teoria della differenza, secondo cui ogni strato sociale ha il proprio potenziale comunicativo, adeguato alle sue specifiche condizioni di vita: il potere di cui ognuno si rivela dotato nel parlare non è una qualità stabile, ma si lega ad un’immagine di sé che dev’essere sempre confermata dagli altri e quindi è esposta a critiche, revisioni, contestazioni

8. INTELLIGENZA E PENSIERO. I. Le teorie implicite dell’intelligenza. alcuni studiosi hanno cercato di individuare le cosiddette teorie implicite dell’intelligenza, ossia i complessi di opinioni che ogni individuo possiede circa l’intelligenza cercando di raggruppare le caratteristiche attribuite all’intelligenza, Stenberg ha individuato le seguenti categorie: capacità di soluzione dei problemi (capacità di ragionamento logico, di individuare relazioni tra le idee e di approfondirle, di adattarsi alle situazioni e di mantenere una mentalità aperta) abilità verbale e competenza sociale (tolleranza verso gli altri, interesse per il mondo circostante, capacità di giudizio e capacità di riconoscere i propri errori, curiosità e puntualità) il concetto di intelligenza è relativo al contesto culturale cui si appartiene e che, in particolari ambiti, esso include elementi che vanno oltre i temi classicamente studiati dalla psicologia del pensiero; le persone usano le proprie teorie ingenue per la valutazione delle capacità altrui II. Tipi di intelligenze. le impostazioni di Binet (studio dell’età mentale) e di Stern (studio del QI), tese a ricavare un’unica misura dell’intelligenza, presuppongono che questa sia una capacità generale e omogenea che si manifesta in modo simile nei diversi campi cui l’individuo si applica

l’idea che l’intelligenza non sia un’abilità monolitica, ma che vi siano invece forme diverse di intelligenza, andò affermandosi soltanto in seguito, soprattutto grazie agli apporti dell’impostazione

Page 54: Mecacci - Manuale di Psicologia MANUALE DI PSICOLOGIA GENERALE di Mecacci 1. INTRODUZIONE STORICA. fin dall’antichità: pensiero filosofico dal 600: le scienze fisiche forniscono

54

fattorialistica: secondo questa prospettiva, l’intelligenza è considerata una struttura articolata, scomponibile in parti, chiamate fattori, le quali corrispondono a distinte abilità che possono essere messe in luce attraverso appropriate metodologie sperimentali e di analisi statistica se si parte dell’assunto che l’intelligenza sia un’entità composta da vari elementi, il problema diventa quello di stabilire quanti e quali sono i suoi fattori: una teoria parsimoniosa (e in parte ancora vicina all’idea di intelligenza unica) è quella di Spearman, che prevede 2 soli tipi di fattori: un fattore generale (o fattore g), riferito ad un’abilità presente in tutti i compiti intellettivi, e alcuni fattori specifici propri dei diversi compiti un’altra bipartizione è proposta da Cattell che distingue tra intelligenza cristallizzata (riflette l’effetto dell’acculturazione) e intelligenza fluida (fa riferimento ad abilità che non sono trasmesse dalla cultura) Vernon distingue invece nell’intelligenza un’attitudine verbale-scolastica (collegata al linguaggio e al calcolo matematico) e un’attitudine pratico-operativa (corrispondente alle abilità spaziali e manuali) Thurstone individua 5 attitudini intellettive primarie: ragionamento astratto, ragionamento spaziale, abilità numerica, fluidità di pensiero, significato verbale le ultime tipologie citate suggeriscono l’idea che l’intelligenza si differenzi secondo l’ambito in cui si trova ad operare in questa prospettiva, Gardner sostiene la cosiddetta teoria delle intelligenza multiple, in cui si continua a considerare l’intelligenza come composta da abilità distinte, che però non sono intese come fattori specifici per dominio: tali abilità si riferiscono non soltanto, come avveniva nelle teorie sopra esposte, alla sfera intellettiva, bensì sono individuate, come avviene nelle teorie implicite, in una maggior varietà di campi ipotizza l’esistenza di 7 forme di intelligenza: linguistica musicale logico-matematica spaziale

corporea intrapersonale interpersonale

Gardner ha ipotizzato anche l’esistenza di 2 ulteriori intelligenze, denominate naturalistica spirituale, o esistenziale III. Architetture dell’intelligenza. abbiamo sinora considerato un modo orizzontale di intendere l’organizzazione dell’intelligenza, un modo che porta ad individuare tipi di intelligenze poste, per così dire, sullo stesso piano, una di fianco all’altra l’intelligenza può essere però articolata anche in senso verticale, ipotizzando vari livelli una concezione di questo genere è stata elaborata da Guilford: secondo questo psicologo le varie capacità mentali sono ordinate secondo 3 assi: operazioni: attività di base che la mente compie con le informazioni che riceve dai sistemi percettivo-sensoriali contenuti: fanno riferimento alla natura delle informazioni prodotti: si riferiscono alla forma assunta dall’informazione quando viene elaborata dalla mente, cioè ai risultati dell’applicazione di un’operazione ad un contenuto

Page 55: Mecacci - Manuale di Psicologia MANUALE DI PSICOLOGIA GENERALE di Mecacci 1. INTRODUZIONE STORICA. fin dall’antichità: pensiero filosofico dal 600: le scienze fisiche forniscono

55

una teoria recente dell’intelligenza è la teoria triarchica di Stenberg: questa si compone di 3 sotto-teorie: teoria contestuale: definisce l’intelligenza in rapporto all’ambiente esperienziale: studia l’interazione tra l’individuo e i compiti che deve affrontare componenziale: cerca di individuare i meccanismi mentali di base, le componenti, appunto, dell’intelligenza le componenti sono unità elementari di trattamento dell’informazione, unità che compiono una singola specifica operazione mentale, e sono organizzate su 3 livelli: meta-componenti: sono responsabili dell’organizzazione generale del pensiero componenti di prestazione: sono quelle che permettono di realizzare i piani stabiliti a livello di meta-componenti componenti di acquisizione di conoscenze: sono utili per affrontare situazioni che si presentano per la prima volta IV. Pensare per analogie. di fronte ad una situazione nuova, l’operazione mentale più economica consiste nel cercare nell’esperienza passata degli elementi che possano essere trasferiti (transfert) al caso presente; un tipo di transfert è dato dal ragionamento per analogia: questo si basa sull’applicazione di conoscenze relative ad una situazione nota ad una situazione non nota, attraverso un processo che permette di individuare una serie di corrispondenze tra la prima e la seconda; l’analogia di proposizione può essere così espressa: A sta a B come C sta a D però, nella vita di tutti i giorni, capita raramente di trovarsi di fronte a situazioni così ben delineate come le analogie di proporzione per studiare sperimentalmente questo genere di casi, viene impiegata una procedura che prevede una fase di acquisizione (viene presentata la source, ossia uno stimolo che contiene un’idea utile all’esecuzione del compito successivo) e una fase di problem-solving (viene presentato il target, un problema ambientato in un contesto molto diverso da quello della source, che tuttavia può essere risolto applicando un principio che è in essa incluso) attraverso questo tipo di procedura è stato possibile individuare, nella soluzione di un problema per via analogica, 3 passaggi: costruzione della rappresentazione mentale della source e del target proiezione della source sul target: tale proiezione inizierebbe con il rilevamento di alcune corrispondenze tra le 2 rappresentazioni che si estenderebbe poi anche agli altri aspetti generazione di un piano di soluzione per il target attraverso l’applicazione di azioni descritte nella source tale piano di soluzione viene intesto come uno schema, cioè una struttura organizzata gerarchicamente in uno stato iniziale (comprendente i vincoli della situazione, le risorse disponibili), l’obiettivo da raggiungere e la strategia per raggiungerlo; si ragiona per analogia quando ci si accorge che source e target sottendono, ad un livello astratto, o profondo, il medesimo schema e che quindi ciò che è servito nella prima può risultare utile anche nella seconda (non è facile rilevare spontaneamente le corrispondenze tra source e target, perché questi presentano caratteristiche di superficie diverse, trattandosi di situazioni con differente contenuto) V. Ragionamento induttivo. pensiero induttivo: da vari casi particolari ricaviamo una conclusione generale: una semplice forma di induzione è data dalla formazione dei concetti; un concetto è un’entità che sussume tutti gli elementi che condividono certe proprietà; i concetti non sono stabiliti sulla base di un elenco di caratteristiche, ma sono organizzati secondo somiglianze di famiglia; possono essere intesi come insiemi sfumati, in cui vi sono elementi prototipici che si collocano nell’area centrale, in quanto possiedono le proprietà che maggiormente ricorrono negli esemplari della categoria, anche se non sono proprietà definitorie ed elementi non prototipici che si collocano alla periferia, in zone che sfumano in quelle di altre categorie

Page 56: Mecacci - Manuale di Psicologia MANUALE DI PSICOLOGIA GENERALE di Mecacci 1. INTRODUZIONE STORICA. fin dall’antichità: pensiero filosofico dal 600: le scienze fisiche forniscono

56

il pensiero induttivo non porta soltanto a costruire concetti, ma anche a formulare ipotesi; i soggetti tendono a formulare ipotesi molto specifiche e propendono a confermare le proprie ipotesi, anziché a falsificarle, strategia che sarebbe più vantaggiosa VI. Ragionamento deduttivo. quando si possiede un principio generale, si può compiere il percorso inverso dell’induzione: la deduzione, consistente nel ricavare conclusioni particolari da affermazioni generali: una forma di deduzione è il ragionamento condizionale, che si attiva quando occorre stabilire se un enunciato generale è applicabile ad un caso particolare sono possibili 2 tipi di errori:

tendenza a validare un principio attraverso casi positivi e non attraverso esempi falsificanti errore dell’affermazione del conseguente che induce a ritenere simmetrico il rapporto di

implicazione logica presente nel principio (così come essere mamma implica essere donna, ma essere donna non implica essere mamma) si è meno indotti a commettere errori di questo genere se il compito viene presentato, mantenendo la medesima struttura logica, con riferimento a situazioni concrete e familiari un’altra forma di deduzione è data dal sillogismo categoriale, struttura logica in cui, date 2 premesse, in cui si enunciano 2 rapporti nei quali ricorre il medesimo termine (termine medio), si trae una conclusione in cui non compare il termine medio anche in questo caso si possono produrre degli effetti psicologici che portano a commettere degli errori:

uno di questi è l’effetto atmosfera, secondo cui le premesse creano una sorta di aspettativa che induce il soggetto, per esempio, a ritenere corretta una conclusione del medesimo tipo delle premesse

in altri casi è il contenuto delle deduzioni sillogistiche a trarre in inganno: se una conclusione scorretta dal punto di vista logico è conforme a ciò che accade abitualmente nel mondo, si è portati a considerarla valida (e viceversa) VII. Ragionamento probabilistico e presa di decisione. il nostro pensiero non è chiamato soltanto a inferire conclusioni certe; molte volte deve compiere previsioni circa eventi il cui verificarsi è verosimile ma non è assicurato in questi casi si tratta di stimare la probabilità di ottenere certi risultati e su questa base prendere decisioni; vi sono principi logici e leggi statistiche che permettono di stabilire il grado di probabilità di certi eventi, ma il nostro pensiero non vi si adegua sempre; perché si incorre nell’errore detto fallacia della congiunzione (viene stimato meno probabile il verificarsi di un evento rispetto al verificarsi di tale evento in congiunzione con un altro evento)?? perché quell’evento ci sembra più rappresentativo dell’idea che ci siamo fatti; talvolta l’errore dipende non dall’euristica (strategia di pensiero) dalla rappresentatività, ma dall’euristica della disponibilità, ossia dalla facilità con cui riusciamo a farci venire in mente un caso che possiede determinate caratteristiche; queste fallacie nelle stime di probabilità possono tradursi in incongruenze nella presa di decisione VIII. Lo spazio del problema. è possibile formulare una descrizione generale di come procede il pensiero?? è ciò che si è tentato di fare nella prospettiva dell’elaborazione dell’informazione (o dell’HIP: Human Information Processing), proponendo un modello generale di problem-solving la soluzione di un problema richiede che vengano definiti i seguenti elementi: stato iniziale stato finale che si intende raggiungere gamma di operatori (ossia delle azioni) che possono essere applicati allo stato del problema al fine di trasformarlo vincoli che pongono condizioni ulteriori, rispetto al semplice raggiungimento dello stato finale, perché il processo solutorio possa dirsi soddisfacente (es: raggiungere lo stato finale con il più basso numero possibile di passaggi) si viene così a costituire lo spazio del problema, rappresentato da tutti gli stati che potenzialmente sono raggiungibili, a partire da quello iniziale, attraverso l’applicazione degli operatori disponibili; assume la

Page 57: Mecacci - Manuale di Psicologia MANUALE DI PSICOLOGIA GENERALE di Mecacci 1. INTRODUZIONE STORICA. fin dall’antichità: pensiero filosofico dal 600: le scienze fisiche forniscono

57

forma di un grafo; la soluzione del problema è data dalla sequenza di operatori che possono trasformare lo stato iniziale del problema in quello finale nel rispetto dei vincoli dati; risolvere un problema significa trovare la strada che dallo stato iniziale permette di raggiungere lo stato finale o goal (obiettivo); è possibile adottare 2 tipi di strategie: gli algoritmi e i metodi euristici la procedura algoritmica consiste nell’esplorazione sistematica di tutte le possibili vie di soluzione, scegliendo uno dei possibili stati che seguono allo stato iniziale, a partire da tale stato si esplora uno di quelli che sono raggiungibili e così di seguito finché o si trova la soluzione o ci si imbatte in un punto cieco, in quest’ultimo caso si retrocede al penultimo stato esplorato e si imbocca un altro percorso un’altra strategia algoritmica suggerisce invece di analizzare tutti gli stati che si diramano da quello iniziale, si procede quindi analizzando tutti i successivi possibili stati intermedi raggiungibili da tale primo livello di stati e così via sino ad identificare uno stato che corrisponda alla soluzione le procedure descritte assicurano sempre, prima o dopo, il raggiungimento della soluzione, ma richiedono tempo e fatica perché esigono che siano provate tutte le possibili trasformazioni nell’impossibilità, o difficoltà, di applicare un algoritmo, si può tentare l’attivazione di una strategia euristica; il termine euristica è qui impiegato per designare le procedure che contribuiscono a ridurre la ricerca di una soluzione rispetto all’esplorazione di tutte le alternative possibili: ciò viene perseguito limitando il numero delle alternative da esaminare a quelle che sembrano avere maggiori probabilità di successo; non essendo prese in considerazione tutte le possibili sequenze di mosse, non vi è la certezza di giungere alla soluzione, né di giungervi attraverso la via ottimale IX. Metodi euristici. una prima strategia euristica è l’arrampicata sulla collina: si scelgono gli stati intermedi più vicini al goal una seconda euristica è il subgoaling, consistente nell’individuare un sotto-obiettivo il cui raggiungimento è preliminare al conseguimento dello stato finale e nel concentrarsi sulla ricerca della strada per arrivare a tale sotto-obiettivo una terza strategia consiglia, stabilito lo stato iniziale e la meta finale, di ridurre progressivamente la distanza tra i 2 stati un’ultima strategia euristica è la ricerca all’indietro; si ha una ricerca in avanti quando si applica, come negli esempi sinora considerati, un operatore allo stato attuale del problema per produrre un nuovo stato; si attua la ricerca all’indietro quando, anziché partire da uno stato iniziale per pervenire al goal, si procede partendo dallo stato finale per individuare quali operatori vi conducano X. Il pensiero divergente. nelle situazioni sinora considerate vi è uno stato iniziale che dev’essere trasformato in un ben definito stato finale; in altri casi il pensiero non ha una precisa idea dell’obiettivo da raggiungere; si avverte che ciò che è disponibile è inadeguato ma non si sa ancora bene che cosa si vuole ottenere perché il punto di arrivo non è già dato, ma dev’essere trovato o inventato in questi casi il pensiero deve diventare creativo pensiero divergente pensiero convergente pensiero divergente viene attivato nelle situazioni che permettono un’unica risposta pertinente

è attivato nelle situazioni che permettono più vie di uscita o di sviluppo

rimane circoscritto entro i confini della situazione e segue le linee interne alla situazione stessa rispettando o utilizzando regole già definite e codificate

va al di là di ciò che è contenuto nella situazione di partenza, ricerca in varie direzioni e produce qualcosa di nuovo

si tratta di situazioni per le quali non c’è un’unica risposta corretta, non occorre riferirsi a regole o all’esperienza passata

Page 58: Mecacci - Manuale di Psicologia MANUALE DI PSICOLOGIA GENERALE di Mecacci 1. INTRODUZIONE STORICA. fin dall’antichità: pensiero filosofico dal 600: le scienze fisiche forniscono

58

(si possono immaginare casi mai sperimentati), si possono prospettare soluzioni che evadono dai termini del problema, il quale viene così impostato in una nuova ottica

secondo Guilford, i principali aspetti che contraddistinguono il pensiero divergente sono: fluidità: capacità di produrre tante idee, senza riferimento alla loro qualità o adeguatezza flessibilità: capacità di passare da una successione o catena di idee ad un’altra, da una categoria di elementi ad un’altra originalità: capacità di trovare idee insolite, cioè idee cui in genere le altre persone non pervengono elaborazione: capacità di percorrere sino in fondo la linea di pensiero intrapresa; affinché un’idea originale possa produrre risultati apprezzabili occorre che l’intuizione iniziale venga sviluppata sino a giungere ad una formulazione rapportabile allo specifico problema in relazione al quale essa è sorta valutazione: capacità di selezionare, tra le varie idee prodotte, quelle più pertinenti agli scopi questa visione del pensiero creativo, basata sulla produzione ricca di idee e sulla loro valutazione, è presente anche in concezioni più recenti secondo Johnson-Laird la creatività si fonda sulla generazione casuale di idee e sulla loro selezione; esistono 2 tipi di selezione: il primo è definito neo-darwiniano, in quanto prevede un primo stadio in cui le idee vengono generate in modo casuale e un secondo stadio in cui esse vengono valutate secondo certi criteri: sopravvivono solamente le idee che superano questa valutazione il secondo è neo-lamarckiano, perché la produzione delle idee è guidata da un criterio: in questo caso si generano soltanto idee all’interno di un ambito prefissato è un metodo ideato da Osborn per sviluppare la creatività nell’ambito dell’organizzazione aziendale e nel campo delle innovazioni tecnologiche; riguarda la terza e la quarta fase della soluzione di un problema e si compone di 2 momenti: il primo è un momento produttivo in cui, dato un problema, viene chiesto di proporre in relazione ad esso il maggior numero possibile di idee, non importa quanto adeguate alla soluzione il secondo momento è di tipo valutativo: le idee proposte vengono giustificate e selezionate in base alla propria efficacia durante il brainstorming è importante che l’individuo rispetti il principio del differimento del giudizio: egli deve esprimere liberamente, senza porsi alcun limite, quanto gli passa per la mente, evitando di formulare valutazioni ed evitando di inibire o abbandonare idee che possano sembrargli fuori luogo, bizzarre o ovvie; il brainstorming si basa infatti sulla convinzione che quanto maggiore è la ricchezza e la varietà delle idee emerse, tanto maggiore è la probabilità di trovare suggerimenti interessanti e nuovi XI. Associazioni creative di idee. un aspetto che aiuta a caratterizzare il pensiero creativo è rappresentato dal particolare tipo di legame che collega un elemento mentale ad un altro; Mednick ha proposto di identificare la creatività con la capacità di stabilire associazioni remote, ossia mettere insieme in modo utile idee usualmente non collegate tra loro, combinare in modo nuovo e inconsueto elementi disparati che apparentemente hanno poco in comune tra loro la visione associazionistica della creatività è stata ripresa in tempo recenti da vari autori: secondo Weisberg il soggetto creativo, di fronte ad un problema, cerca di recuperare informazioni dalla propria memoria per immaginare possibili soluzioni (ruolo attivo del soggetto) su questa linea, Simonton postula l’esistenza di elementi mentali che, combinandosi, danno luogo a configurazioni; così, possono intervenire delle variazioni nel modo con cui gli elementi si combinano; le variazioni creative dipendono dalla numerosità degli elementi mentali posseduti e dalla forza delle associazioni che si stabiliscono tra questi

IL BRAINSTORMING

Page 59: Mecacci - Manuale di Psicologia MANUALE DI PSICOLOGIA GENERALE di Mecacci 1. INTRODUZIONE STORICA. fin dall’antichità: pensiero filosofico dal 600: le scienze fisiche forniscono

59

anche Schank vede all’opera nel pensiero creativo un meccanismo associativo: la creatività emerge quando, invece di cercare una spiegazione tipica per l’evento, si prende come punto di partenza un altro evento simile a quello originario ma abbastanza diverso perché conduca ad un altro genere di idee esistono varie tecniche per incrementare la creatività che si basano su principi di tipo associazionistico: il metodo delle relazioni forzate consiste nel porre in relazione 2 elementi al fine di farne scaturire un terzo (esempio del leggere sdraiati a letto) un utilizzo sistematico della combinazione degli elementi del problema si ha con l’analisi morfologica: la procedura richiede inizialmente di scomporre il problema da risolvere nei suoi aspetti o punti principali; successivamente tali elementi vengono combinati tra loro in modo casuale, al fine di produrre associazioni che possono rivelarsi particolarmente utili (esempio del nuovo veicolo da inventare) XII. Il pensiero produttivo e la ristrutturazione. la creatività talvolta sembra dipendere da un cambiamento nella visione complessiva della situazione il pensiero che porta ad individuare in ciò che è dato qualcosa di nuovo è stato chiamato dagli psicologi della teoria della Gestalt pensiero produttivo modalità di pensiero riproduttive, le quali portano il soggetto a riprodurre meccanicamente procedimenti precedentemente appresi; il pensiero produttivo non è contraddistinto né dal procedere per tentativi né dalla riattivazione automatica di una risposta consolidata, ma dall’emissione istantanea di una nuova risposta a seguito di un insight (intuizione): il soggetto ha una sorta di illuminazione e la situazione gli si presenta improvvisamente in una nuova luce e diviene immediatamente evidente qualche suo nuovo aspetto prima non avvertito o non considerato; il pensiero riproduttivo si limita invece alla registrazione, talvolta automatica, degli aspetti superficiali, senza una reale comprensione della struttura; nonostante i tentativi di riportare la ristrutturazione a processi di tipo associazionistico, o nell’ottica Human Infomation Processing, pare innegabile la presenza nel pensiero di momenti critici, in cui si attuano delle svolte cognitive di tipo qualitativo che portano a comprendere la situazione in modo diverso sono vari gli ostacoli che si contrappongono alla ristrutturazione: fissità: fa sì che alcuni elementi del problema mostrino una certa resistenza alla trasformazione: essi paiono essere dati come immutabili (una forma particolare è la fissità funzionale, vale a dire la tendenza ad impiegare gli elementi del problema secondo il loro uso comune, o tradizionale, mentre la soluzione richiede invece che tali elementi vengano impiegati in un ruolo insolito) meccanizzazione del pensiero: consiste nella tendenza a ripetere la medesima strategia già attuata con successo nel passato, anche se la situazione attuale permette l’applicazione di una strategia diversa e maggiormente economica atteggiamento latente: una persona con un proprio caratteristico modo di rispondere ad una certa categoria di problemi è portata a rispondere ad un diverso genere di problemi secondo la medesima modalità, anche se questa ora non è più pertinente direzione: il persistere in una strategia improduttiva oltre agli ostacoli sopra ricordati, la soluzione di un problema può risultare impedita da fattori di ordine linguistico (certe espressioni verbali che compaiono nell’enunciato del problema, che di per sé permettono una duplice interpretazione, tendono ad essere decodificate in un unico senso così da nascondere la soluzione) l’emergere di idee innovative segue improvvisamente ad un periodo in cui il problema in questione era stato abbandonato come si spiega questo fenomeno?? una prima spiegazione chiama in causa l’affaticamento: gli individui che possono avvalersi di un periodo di sosta si riposerebbero, cosicché potrebbero in seguito riprendere il problema con maggior efficienza; altri sostengono che accadrebbe proprio l’opposto: i soggetti si avvantaggerebbero del

L’INCUBAZIONE

Page 60: Mecacci - Manuale di Psicologia MANUALE DI PSICOLOGIA GENERALE di Mecacci 1. INTRODUZIONE STORICA. fin dall’antichità: pensiero filosofico dal 600: le scienze fisiche forniscono

60

periodo di interruzione per compiere ulteriori tentativi di soluzione (il periodo di incubazione potrebbe inoltre aumentare la probabilità che si verifichino eventi esterni che possono aiutare la soluzione) secondo un’altra interpretazione, si sostiene che il periodo di incubazione serve alla persona per dimenticare le direzioni improduttive precedentemente imboccate dal pensiero infine, viene anche ipotizzato che la mente, quando il problema viene abbandonato, continui a lavorarvi sopra, ma in una modalità inconscia XIII. Pensiero e metacognizione. la metacognizione indica l’insieme delle riflessioni che l’individuo è in grado di compiere circa il funzionamento della mente, propria e altrui; nella mente si può innanzitutto individuare un primo livello di contenuti e di processi, quello della cosiddetta cognizione, in cui sono collocabili le operazioni delle quali un individuo si avvale per svolgere funzioni quali dedurre, prendere decisioni, ..; al di sopra della cognizione si ritiene sussista un ulteriore livello di attività psichica, quello della metacognizione, collegato alla consapevolezza e alla conoscenza che noi abbiamo di quanto avviene nella mente al livello inferiore; vi è anche un aspetto più attivo della metacognizione che fa riferimento alla possibilità di attingere a ciò che si sa, o si presume di sapere, circa il modo di funzionare della mente per controllare i propri processi di pensiero; le abilità collocate a livello di meta-componenti sono le seguenti: saper definire la natura del problema o della situazione che si deve affrontare selezionare le fasi necessarie per la soluzione la strategia pertinente

la rappresentazione mentale adeguata delle informazioni saper distribuire le risorse intellettive saper verificare la soluzione

altri elementi metacognitivi riguardano la valutazione della facilità o semplicità del compito, la stima del tempo, dell’impegno, dello sforzo e del carico mentale richiesto per l’elaborazione cognitiva, il riconoscimento delle potenziali fonti di difficoltà e di errore; la rilevazione dei vantaggi e dei limiti connessi a certi tipi di materiali e di processi mentali e l’esame delle risorse che sono a disposizione; l’essere coscienti delle proprie capacità, abitudini e preferenze, il senso di insicurezza o di padronanza che suscitano certi compiti o che scaturisce da certe strategie, il tipo di emozioni e di motivazioni che si collegano all’attivazione di determinati processi mentali quanto più l’individuo è metacognitivamente competente, tanto più ha successo nei compiti di ragionamento

9. MOTIVAZIONE ED EMOZIONE. la motivazione ha a che fare con ciò che ci spinge ad agire: essa si riferisce infatti alle forze che dirigono e sostengono il comportamento, rendendolo possibile; è strettamente legata alle emozioni I. Le teorie dell’istinto. la nozione di istinto è stata spesso utilizzata per esprimere il carattere naturale della motivazione; è stata applicata dagli studiosi del comportamento animale di ispirazione etologica per denominare dei pattern (modelli) comportamentali innati, a carattere automatico ed involontario, innescati da stimoli specifici (stimoli-segnale); fissi, in quanto non appresi, non modificabili dall’apprendimento e rigidi alcuni studiosi hanno sostenuto che anche nella nostra specie vi sono alcuni tipi di risposta, ovviamente molto semplici, che sembrano essere innati ed avere le stesse caratteristiche di immodificabilità del comportamento istintivo, come i riflessi (es: il riflesso di suzione del neonato), oppure talune espressioni facciali (come il sorriso) naturalmente, però, le analogie con le osservazioni compiute nel mondo animale non devono far dimenticare le differenze enormi con il comportamento umano, che è molto sensibile all’apprendimento e alla cultura; inoltre, la nozione di istinto appare alquanto inappropriata per poter rendere conto della variabilità, complessità e differenziazione comportamentale della nostra specie; sono soprattutto gli psicologi che si ispirano alla teoria evoluzionistica che attribuiscono maggiore importanza ai fattori innati e cercano di spiegare comportamenti anche complessi come determinati da tali fattori innati, geneticamente trasmessi

Page 61: Mecacci - Manuale di Psicologia MANUALE DI PSICOLOGIA GENERALE di Mecacci 1. INTRODUZIONE STORICA. fin dall’antichità: pensiero filosofico dal 600: le scienze fisiche forniscono

61

II. Le teorie della riduzione delle pulsioni. le pulsioni, o pulsioni primarie, sono, come gli istinti, innate (non apprese); tuttavia, diversamente dagli istinti, possono mostrare un grado di variabilità interindividuale molto elevato e possono dar luogo a differenze sensibili anche nello stesso individuo, in situazioni diverse; si manifestano in modo automatico; si tratta di bisogni organici, che si manifestano come degli stati corporei spiacevoli, che richiedono, con maggiore o minore intensità e urgenza, di essere alleviati Cannon ha proposto una teoria, detta omeostatica, secondo la quale tutte le pulsioni tenderebbero all’equilibrio; le teorie della riduzione delle pulsioni si basano sull’idea che il comportamento sia guidato dalla necessità di mantenere il più possibile una situazione di equilibrio e che quindi cerchi di riprodurlo in risposta ai cambiamenti imposti dall’ambiente; quando l’equilibrio viene interrotto, si genera una pulsione, che predispone e spinge l’organismo ad intraprendere un’azione capace di stabilirlo; fa riferimento alla dimensione naturale del comportamento e alle sue caratteristiche biologiche, ma, diversamente dalla teoria degli istinti, riconosce l’importanza dell’apprendimento; le pulsioni diventano anzi fonte importante di apprendimento, dando luogo ai fenomeni cosiddetti di rinforzo; si distinguono le pulsioni primarie (come la fame o la sete, dove cibo e acqua funzionano come rinforzi primari per l’apprendimento) dalle pulsioni secondarie (es: il bisogno di denaro), che sono inizialmente apprese, ma che successivamente funzionano esattamente come quelle primarie, generando appunto uno stato di bisogno che dev’essere soddisfatto III. Teorie dell’arousal e dell’incentivo. vi sono molte circostanze nelle quali gli individui sembrano motivati piuttosto dall’esigenza di rompere che da quella di ristabilire un equilibrio; molti comportamenti curiosi o esplorativi non danno luogo ad alcuna riduzione delle pulsioni, anzi, al contrario, accrescono il livello di attivazione dell’organismo i teorici dell’arousal (specie di livello generale di attivazione di diversi sistemi fisiologici) ritengono che la motivazione abbia a che fare non solo con la riduzione, ma anche con l’accrescimento dell’attivazione, e che in definitiva ne rappresenti una forma di regolazione; queste teorie sostengono che le persone siano motivate non tanto ad abbassare l’arousal, quanto piuttosto a mantenerlo ad un livello ottimale; questo livello ottimale di stimolazione non è uguale per tutte le persone: generalmente, comunque, gli individui cercano di aumentarlo quando esso è basso (es: sono eccessivamente rilassati) e di abbassarlo quando è alto (e sono quindi sovra-attivati); la legge di Yerke-Dodson dice che un arousal moderato favorisce un buon livello di prestazione; livelli eccessivi di arousal sono invece considerati dannosi, specialmente per quanto riguarda l’attività cognitiva la teoria dell’incentivo, diversamente dalle precedenti, è particolarmente centrata sul ruolo svolto dagli stimoli ambientali sul comportamento, più che su quello di componenti motivazionali interne; secondo questa teoria, il comportamento è regolato da una relazione costi-benefici; il valore degli incentivi non è comunque indipendente dagli stati interni dell’individuo (es: l’acqua avrà un diverso ruolo incentivante se l’animale è assetato oppure no); gli incentivi sono particolarmente importanti nell’apprendimento basato sul condizionamento e possono dar luogo alla formazione di motivi condizionati IV. L’alimentazione. la fame è una delle più note pulsioni primarie; si pensa che nello stomaco (ma non solo) vi siano dei recettori speciali, in grado di analizzare chimicamente il cibo e di segnalare i risultati al cervello; può capitare, inoltre, che le nostre regolazioni falliscano (disturbi alimentari); l’ipotalamo laterale ed il nucleo ventro-mediale sono particolarmente importanti nel controllo della fame e della nutrizione: sembra che questi 2 centri interagiscano tra loro, equilibrandosi, per mantenere un punto di riferimento nel peso corporeo (teoria del punto di regolazione), come una specie di termostato; naturalmente il comportamento alimentare, specialmente nella specie umana, è determinato non soltanto da fattori di tipo biologico: gusto varietà

voglie modo di presentazione del cibo

Page 62: Mecacci - Manuale di Psicologia MANUALE DI PSICOLOGIA GENERALE di Mecacci 1. INTRODUZIONE STORICA. fin dall’antichità: pensiero filosofico dal 600: le scienze fisiche forniscono

62

aspetti di natura culturale

età

disturbi alimentari: quei comportamenti che si distaccano in misura notevole (in eccesso o in difetto) dalle richieste biologiche dell’organismo e dagli standard culturali, determinando talvolta anche variazioni patologiche del peso corporeo; possono, e spesso lo sono, essere associati ad altri tipi di disturbo, di natura psicologica obesità: è ormai certo che vi siano fattori predisponesti; si ipotizza che le persone obese mangiano di più perché sono relativamente insensibili agli stimoli interni, cioè alle sensazioni di fame, mentre sono molto più dipendenti dagli stimoli esterni (es: la quantità dell’offerta di cibo); si ipotizza anche che nelle persone obese il punto di regolazione del peso sarebbe spostato verso un valore più alto del normale; il solo fatto di essere a dieta provoca un senso continuo di deprivazione e un’attività cognitiva esageratamente centrata sul cibo anoressia nervosa (progressiva inappetenza, fino a raggiungere livelli di denutrizione patologica) e bulimia nervosa (alternanza di abbuffate e di vomito o assunzione di potenti lassativi): entrambe sono caratterizzate da un timore eccessivo per il peso corporeo; le cause di questi disturbi non sono ancora completamente conosciute; certamente essi trovano un rinforzo nella cultura contemporanea, che valorizza la snellezza della linea V. La sessualità. gli studiosi hanno a lungo discusso se il sesso debba essere considerato una pulsione biologica, come il cibo e la sete: in effetti, la grande varietà di costumi sessuali nelle differenti popolazioni farebbe pensare che la sessualità dipenda piuttosto dall’apprendimento e dalla cultura; tuttavia, la componente biologica, ed in particolare quella ormonale, ha un ruolo tutt’altro che trascurabile; gli ormoni sessuali (femminili = estrogeni, maschili = androgeni, tra cui il più importante è il testosterone) hanno un’importanza fondamentale nel desiderio e nell’attivazione sessuale; ciascun ormone sessuale è presente in entrambi i sessi, che differiscono tra di loro soprattutto per la quantità; la differenziazione sessuale (dimorfismo) è presente nell’ipotalamo; importanti differenze nel ciclo della risposta sessuale nell’uomo e nella donna; successione dell’atto sessuale: fase di eccitamento, fase di plateau, fase dell’orgasmo, fase di risoluzione (posizione di rilassamento, periodo refrattario) il desiderio sessuale non è soltanto una questione di ormoni, l’attività mentale dell’individuo e le norme culturali hanno un’influenza considerevole: preoccupazioni troppo invadenti impediscono di godere appieno e persino di portare a termine, o anche solo di iniziare, l’atto sessuale; sono spesso decisive le attribuzioni che l’individuo (uomo o donna) dà alla propria attivazione sessuale, o comunque a quei sintomi che sono assunti come caratteristici del desiderio sessuale; le persone hanno attività sessuali non soltanto per rispondere ad un’eccitazione fisiologica (spesso sono spinte da motivazioni di tipo psicologico; molto spesso le persone hanno rapporti sessuali contro voglia, perché si sentono forzate dalla situazione); vi sono anche i casi di violenza vera e propria (le cause sono solo in parte legate al desiderio sessuale; lo stupro è una manifestazione di aggressività, più che di sessualità); per quanto la sessualità abbia un evidente fondamento biologico (del resto è collegata alla funzione riproduttiva), essa appare modulata in modo estremamente vario nelle diverse culture e nelle diverse epoche storiche; i criteri di giudizio si manifestano non solo nei comportamenti esplicitamente sessuali, ma in genere nei rapporti tra i sessi e persino nell’abbigliamento; anche nella stessa cultura possono esservi differenti rappresentazioni e regolamentazioni della sessualità, ad esempio in relazione agli ambienti sociali, ai ruoli sessuali codificati e, naturalmente, all’età; i ruoli sessuali sono profondamente cambiati con lo sviluppo economico, con il crescente inserimento professionale della donna e con lo sviluppo delle tecniche di controllo delle nascite

I DISTURBI ALIMENTARI

L’ORIENTAMENTO SESSUALE

Page 63: Mecacci - Manuale di Psicologia MANUALE DI PSICOLOGIA GENERALE di Mecacci 1. INTRODUZIONE STORICA. fin dall’antichità: pensiero filosofico dal 600: le scienze fisiche forniscono

63

l’attività sessuale nella nostra specie è prevalentemente eterosessuale e svolge una funzione essenziale nella riproduzione; l’eterosessualità è anche sostenuta culturalmente; vi è comunque una quota non lieve, anche se difficile da quantificare in modo preciso (in parte anche per il sanzionamento sociale), di persone che hanno un orientamento diverso, detto omosessuale, in quanto rivolto a persone del proprio sesso; vi sono comunque anche persone che, pur avendo un orientamento prevalentemente eterosessuale, oppure omosessuale, occasionalmente hanno comportamenti di orientamento diverso; l’omosessualità, ritenuta normale in alcune culture, è considerata tuttora ripugnate in altre; nella cultura occidentale l’omosessualità è stata a lungo considerata come una manifestazione di anormalità (epoca nazista); considerata una forma di malattia mentale, fu cancellata dalla classificazione dei disturbi mentali solo nel 1973; oggi la situazione, almeno nell’Occidente europeo e nordamericano, è molto cambiata, anche se non è ancora facile, per gli individui di orientamento omosessuale, dichiarare pubblicamente la propria scelta; recentemente si sono ricercate prove che dimostrino l’origine biologica dell’omosessualità; anche l’impatto degli ormoni sessuali sull’orientamento sessuale ha trovato conferma in alcune ricerche; a favore dell’ipotesi biologica dello sviluppo dell’orientamento sessuale sono anche la relativa insensibilità dell’omosessualità a trattamenti di tipo psichiatrico (quando essa era ancora ritenuta una malattia mentale), sia la scarsa influenza riscontrata sull’orientamento sessuale di bambini affidati a persone omosessuali; al momento non si può sostenere con sicurezza che l’orientamento sessuale sia determinato biologicamente, o almeno non esclusivamente VI. Attaccamento e amore. sentirsi in contatto, anche fisico, con un individuo amato (la madre, ma anche altri adulti che si prendono cura di lui) è un bisogno fondamentale (altrettanto primario come il cibo) dei piccoli della nostra specie e di altri primati (bisogno di attaccamento); la deprivazione del contatto fisico con la madre, anche quando siano disponibili nutrimento e cure adeguate, può avere conseguenze molto gravi nei bambini (anche a lungo termine e dare luogo a problemi di natura comportamentale o psicologica); le madri e le altre figure di attaccamento rappresentano una base sicura per l’esplorazione dell’ambiente: questa è una condizione fondamentale per lo sviluppo cognitivo ed affettivo successivo del bambino; tra i 7 e i 9 mesi i bambini presentano reazioni di ansia dell’estraneo e di ansia della separazione studiata utilizzando una particolare tecnica, detta della strange situation 3 diverse tipologie di attaccamento: sicuro evitante: il bambino sembra non fare differenza tra la madre e l’estraneo; non protesta quando la madre si allontana, né fa particolari feste quando ritorna ansioso ambivalente: il bambino protesta quando viene lasciato, ma oppone resistenza al contatto con la madre, si mostra arrabbiato e non si lascia consolare questi differenti stili di attaccamento sono collegati al rapporto che la madre ha avuto col bambino già dai primi mesi, anche se non soltanto ad esso (le forme di attaccamento insicuro non sono principalmente collegate a delle cure insufficienti, ma con il tipo di comportamento (poco sensibile o non responsivo) delle madri); recentemente si è collegato l’amore adulto all’attaccamento quella basata sull’attaccamento non è l’unica tipologia concernente l’amore si distinguono spesso l’amore romantico, o appassionato, immediato, instabile e tormentato, caratterizzato soprattutto dal desiderio sessuale e dalla possessività, e l’amore di compartecipazione, che si sviluppa tra pari, basato sul rispetto e sulla reciprocità, più stabile e duraturo; Stenberg ha distinto 3 ingredienti fondamentali dell’amore: passione (caratterizzata dall’eccitamento sessuale e dall’euforia) intimità (caratterizzata della comprensione e dall’affetto) impegno (caratterizzato dalla reciprocità e lealtà interpersonale) queste dimensioni appaiono generalmente ben comprese e condivise dalle persone e nelle diverse culture; secondo Stenberg, le varie forme dell’amore risultano da mescolanze di questi ingredienti fondamentali; un amore completo, o ideale, dovrebbe comprendere tutti e 3 gli ingredienti, anche se

Page 64: Mecacci - Manuale di Psicologia MANUALE DI PSICOLOGIA GENERALE di Mecacci 1. INTRODUZIONE STORICA. fin dall’antichità: pensiero filosofico dal 600: le scienze fisiche forniscono

64

sono possibili differenti modulazioni in base ai diversi periodi di vita; le ricerche non evidenziano diversità particolari tra i 2 sessi rispetto agli stili amorosi; piuttosto, uomini e donne possono differire, in rapporto ai diversi ruoli e copioni (script) sessuali, nel modo in cui esprimono l’amore, o nei significati attribuiti, ad esempio, all’intimità o alla reciprocità; una relazione valida si basa su una dialettica tra prossimità e lontananza VII. Motivazioni cognitive e sociali. il comportamento umano non è rigidamente fissato nell’istinto, ma è orientato verso il raggiungimento di scopi, che gli assicurano la direzionalità necessaria; normalmente ci proponiamo più scopi: alcuni possono far parte di un’unica catena, rispetto alla quale gli scopi più concreti rappresentano delle condizioni per raggiungerne altri, più generali ed astratti, posti gerarchicamente più in alto; in alcuni casi, fanno parte di catene diverse e possono anche entrare in conflitto tra di loro; un ruolo essenziale è svolto dalle nostre aspirazioni, in quanto queste influenzano notevolmente le aspettative circa i risultati del nostro comportamento; la misura in cui le nostre aspettative saranno confermate o meno costituisce un feedback importante per modificare il nostro comportamento e renderlo più efficace: se lo scarto dal risultato atteso è troppo alto, è possibile che si perda fiducia nella possibilità di raggiungere lo scopo e magari si rinunci a perseguirlo, adottandone un altro, percepito come più raggiungibile; Weiner ha analizzato le componenti cognitive dei processi di attribuzione della causalità del successo e dell’insuccesso: cause interne ed esterne (al soggetto) cause stabili ed instabili cause controllabili e non controllabili l’impegno è una causa interna variabile e controllabile, mentre l’abilità è una causa interna, stabile e non controllabile (se l’individuo attribuirà il suo insuccesso ad un impegno insufficiente, e non alla mancanza di abilità, persevererà nel suo scopo e si sentirà motivato ad impegnarsi di più la volta successiva; se, al contrario, attribuirà l’insuccesso ad una mancanza di abilità, oppure ad un compito troppo difficile (causa esterna, stabile e incontrollabile), sarà indotto a rinunciare; un aspetto altrettanto importante della motivazione è il mantenerli nonostante gli insuccessi e cercare le strategie più opportune per raggiungerli senza dovervi rinunciare Deci e Ryan hanno distinto una motivazione intrinseca, che ci spinge a svolgere delle attività per se stesse, senza ricercare una ricompensa esterna, da una motivazione estrinseca, che dipende invece da ricompense adeguate; molti comportamenti (esplorazione di nuove attività, gioco, ..) si basano prevalentemente o esclusivamente su motivazioni intrinseche; motivazione intrinseca ed estrinseca non sono però necessariamente in accordo: sebbene sembri che premiare un’attività che si fa già spontaneamente possa renderla ancora più piacevole, vi sono ricerche che mostrano, al contrario, come dare troppi premi possa avere effetti diversi da quelli attesi (esempio del disegnare per i bambini); l’uso dei rinforzi attiva infatti una motivazione estrinseca, regolata dall’esterno: essa può dare anche risultati molto efficaci, specie in situazioni in cui gli individui debbano fare cose che non li attraggono, o che non farebbero se non dietro ricompensa, ma raramente duraturi, senza il supporto di motivi maggiormente intrinseci VIII. La motivazione al successo. un ruolo molto importante è svolto dal bisogno di successo (o di realizzazione) gli individui con bisogno di successo elevato differirebbero dagli altri per: un maggiore coinvolgimento nei compiti assunti un desiderio intenso alla riuscita conseguentemente si impegnerebbero più a fondo tratterebbero dai successi ottenuti una più intensa soddisfazione sarebbero più preoccupate riguardo alle loro prestazioni e al loro livello di abilità

tenderebbero a scegliere compiti in cui i risultati possano essere chiaramente individuati preferirebbero il parere, anche critico, di persone competenti a quello, più benevolo, di persone amiche, ma non competenti

Page 65: Mecacci - Manuale di Psicologia MANUALE DI PSICOLOGIA GENERALE di Mecacci 1. INTRODUZIONE STORICA. fin dall’antichità: pensiero filosofico dal 600: le scienze fisiche forniscono

65

elaborerebbero piani dettagliati per il futuro preferirebbero affrontare i problemi senza chiedere aiuto

si mostrerebbero maggiormente capaci di posticipare le ricompense attese

il bisogno di successo si formerebbe già durante l’infanzia, in rapporto allo stile educativo ricevuto; il bisogno di successo, benché in gran parte modellato durante l’infanzia, resta suscettibile di miglioramento anche in età più avanzata, impegnando i giovani in programmi in cui vengano incoraggiati a sviluppare maggiori aspettative circa le loro attività e più fiducia nella capacità di raggiungere scopi accuratamente pianificati; oltre alle pratiche di socializzazione infantile e scolastica, anche l’ambiente culturale può favorire o scoraggiare lo sviluppo di una motivazione al successo (mentre le culture dei paesi occidentali fortemente industrializzati tendono ad incentivare lo sviluppo del bisogno di successo, altre culture (come quelle orientali) incoraggiano altri tipi di motivazione); differenze importanti sono state riscontrate anche tra uomini e donne (generalmente le donne mostrano punteggi più bassi di motivazione al successo); paura del successo: incapacità di andare fino in fondo per conseguire obiettivi molto elevati e tendenza a tirarsi indietro quando la meta è relativamente vicina; anche nella nostra cultura, nonostante il ruolo della donna sia radicalmente cambiato, il successo professionale delle donne non è particolarmente incoraggiato; le pratiche di socializzazione infantile hanno sempre riprodotto una situazione di inferiorità della donna: le donne sono abituate ad attribuire i propri fallimenti a mancanza di abilità, mentre i maschi a mancanza di impegno la motivazione e la soddisfazione sul lavoro non dipendono unicamente da una paga adeguata, ma il lavoratore è motivato anche da altri fattori (interesse del compito, riconoscimento individuale, bisogno di appartenenza al gruppo, rapporti umani soddisfacenti); anche per quanto riguarda le motivazioni sul lavoro vi sono differenze culturali molto grandi: spesso si contrappongono le culture industriali orientali (specie quella giapponese) a quella occidentale (nei paesi a cultura occidentale ad alto sviluppo industriale, i rapporti fortemente gerarchizzati sono meno accettati; gli studiosi da tempo individuano una maggiore diffusione nella nostra cultura di motivazioni puramente strumentali (legate alla paga e al reddito) IX. Il senso di autoefficacia. per Dweck gli scopi possono essere ricondotti a 2 classi fondamentali: scopi di prestazione (performance), che implicano cioè la ricerca di un giudizio favorevole sulla propria competenza scopi di apprendimento (learning), che implicano invece la ricerca di un aumento della propria competenza alcuni studiosi hanno distinto 2 principali modelli cognitivo-motivazionali di risposta: il primo, fondamentalmente disadattivo, denominato senza aiuto (helpless), consiste nel rifiuto delle difficoltà e nel deterioramento della performance di fronte agli ostacoli il secondo, più adattivo, denominato orientato alla competenza (mastery oriented), consiste nel cercare le situazioni impegnative e nel mantenere una tensione dopo il fallimento scopi di performance modello helpless scopi di apprendimento modello di competenza più adattivo una focalizzazione sull’apprendimento rende le persone meno ansiose e lo svolgimento del compito come più piacevole; sentirsi competenti ed efficaci è un motivo importante per gli individui; Bandura ha condotto un vasto programma di ricerca finalizzato a scoprire che cosa promuove negli individui il senso di autoefficacia (self-efficacy) e a mostrare come questa sia importante in una grande varietà di situazioni interpersonali e sociali, nel mondo del lavoro e nei comportamenti connessi con la salute:

LE MOTIVAZIONI SUL LAVORO

Page 66: Mecacci - Manuale di Psicologia MANUALE DI PSICOLOGIA GENERALE di Mecacci 1. INTRODUZIONE STORICA. fin dall’antichità: pensiero filosofico dal 600: le scienze fisiche forniscono

66

l’autoefficacia si sviluppa innanzitutto con l’esperienza di acquisire nuove abilità e di superare degli ostacoli: anche qualche insuccesso è necessario, perché se si ha sempre successo, si tende ad aspettare dei risultati immediati e a scoraggiarsi troppo presto importanti sono gli esempi forniti da modelli di persone percepite come simili a sé che hanno avuto successo ed hanno superato delle difficoltà anche l’incoraggiamento da parte di altri e la consapevolezza di aver fatto quello che si doveva fare consentono di superare i risultati temporaneamente negativi è importante la percezione di potersi mantenere calmi e rilassati anche in condizioni di tensione e di stress le motivazioni umane sono molto più numerose e varie di quelle descritte: vi sono infatti anche la motivazione alla chiusura (bisogno di una conoscenza definita e non ambigua), la motivazione al potere (desiderio di dominare e influenzare le altre persone); la motivazione all’affiliazione (desiderio di stare insieme con altre persone e adeguarsi alle richieste del gruppo), la motivazione all’appartenenza (ricerca dell’aggregazione ad un gruppo del quale ci si sente membri) un’utile classificazione dei bisogni è quella proposta da Maslow, che ha descritto una piramide dei bisogni (è lungi dall’essere esaustiva; è altresì semplicistica l’idea che i bisogni vengano realizzati secondo una sequenza gerarchica; tuttavia, può essere un utile riferimento per cogliere i collegamenti tra i vari motivi): 1. bisogni biologici (come quelli di cibo, acqua, aria) 2. di sicurezza (come quelli di attaccamento) 3. affettivi e di appartenenza (il far parte di gruppi sociali e avere valide relazioni affettive con altre persone) 4. di stima e considerazione (essere persone ben considerate ed onorate) 5. di autorealizzazione (essere capaci di esplorare e sviluppare le relazioni con altri, seguire degli interessi per motivi intrinseci e non per status o per ottenere il consenso, ..) X. Che cos’è un’emozione?? i contributi che hanno maggiormente influenzato la riflessione teorica sulle emozioni sono stati indubbiamente quelli offerti da: Darwin: inquadrò lo studio delle emozioni all’interno della teoria evoluzionistica, mostrando la continuità tra le emozioni (o meglio le espressioni emozionali) nel mondo animale e tra questo e l’uomo; studio basato sull’osservazione oggettiva del comportamento; carattere intrinsecamente adattivo delle emozioni, loro natura biologica e innata (le espressioni emotive sarebbero universali e non variabili culturalmente) Freud: elaborò le sue idee prevalentemente all’interno di un contesto terapeutico, di cura delle nevrosi; servono a proteggersi dalla sofferenza emotiva; natura ambivalente delle emozioni; tipico della tecnica psicoanalitica è l’uso della narrazione come strategia di elaborazione delle emozioni James: rovesciò una tradizione secolare affermando che le emozioni erano piuttosto la percezione dell’attivazione corporea innescata da stimoli ambientali a carattere emotivo la concezione, propria del senso comune, secondo cui le emozioni sarebbero reazioni irrazionali, disgregatrici del comportamento, appare ormai superata dalle teorie moderne, che guardano alle emozioni come a risposte adattive dell’organismo alle sollecitazioni ambientali; nell’uomo l’adattamento non può più essere affidato a semplici reazioni riflesse o istintuali che, per la loro rigidità, non consentirebbero di reagire in modo appropriato ad un ambiente complesso ed altamente dinamico le emozioni operano invece una dissociazione tra stimoli e risposte, a partire dalla quale la condotta dell’organismo diventa più lenta, ma più varia e flessibile i vantaggi di questa separazione sono rappresentati dal fatto che: si interpone una sia pur breve latenza tra l’evento-stimolo e la risposta una risposta appropriata può essere preparata velocemente

RAPPORTI TRA MOTIVI

Page 67: Mecacci - Manuale di Psicologia MANUALE DI PSICOLOGIA GENERALE di Mecacci 1. INTRODUZIONE STORICA. fin dall’antichità: pensiero filosofico dal 600: le scienze fisiche forniscono

67

le funzioni che vengono riconosciute generalmente alle emozioni sono molteplici: capacità di determinare rapidamente i cambiamenti fisiologici necessari per sostenere le risposte adattive dell’organismo preparazione all’azione funzioni sociali e più specificamente interpersonali, come la possibilità di coordinarsi e di cooperare comunicando i propri piani e le proprie intenzioni attraverso l’espressione gli studiosi di ispirazione cognitivista sottolineano inoltre: funzione di modificazione dell’attività cognitiva, ad esempio l’interruzione dell’esecuzione dei piani in corso e il riorientamento alla condotta con la segnalazione di nuove priorità le emozioni possono essere viste appunto come segnali non preposizionali (cioè privi di contenuto informativo) capaci di settare rapidamente l’individuo in un dato modo (a livello cognitivo, fisiologico, comportamentale), rendendolo pronto a reagire adattivamente alla situazione ambientale; sono una potente e sofisticata interfaccia tra l’organismo e l’ambiente, in grado di mediare fra le situazioni costantemente mutevoli e le risposte comportamentali dell’individuo; sono anche potenti mezzi di comunicazione quali e quante sono le emozioni?? secondo i sostenitori delle teorie evoluzionistiche, le emozioni sarebbero relativamente poche (6 o al massimo 10) e costituirebbero delle entità discrete, cioè distinte le une dalle altre e caratterizzate da configurazioni ben specifiche, a livello espressivo, fisiologico, motivazionale ed esperienziale: esse sono dette anche emozioni fondamentali, o di base, e sarebbero innate e perciò uguali in tutte le culture (felicità, tristezza, paura, rabbia, disgusto, sorpresa); tutti gli altri nomi di emozioni si riferirebbero ad emozioni derivate (o complesse, perché aggiungono un contenuto preposizionale, cioè una valutazione di sé in un specifico contesto situazionale), che dipenderebbero maggiormente dalla cultura e dall’apprendimento secondo le teorie costruzionistiche, le emozioni non avrebbero invece un’origine biologica, ma culturale: esse dipenderebbero sostanzialmente dal linguaggio e dalla struttura dei valori di una data società; come tali, esse sarebbero infinite, o comunque variabili secondo le culture gli autori di ispirazione cognitivista connettono le emozioni al cosiddetto appraisal (valutazione cognitiva), e ritengono che le diverse emozioni siano connesse a differenti profili valutativi XI. Le teorie delle emozioni. benché vi siano molte teorie, tutti gli studiosi sono d’accordo sul fatto che le emozioni sono dei sistemi complessi, comprendenti molteplici componenti che vengono attivate insieme: vissuti soggettivi che accompagnano le nostre emozioni; essi sono sempre caratterizzati da una particolare valenza (positiva o negativa) dell’emozione valutazione cognitiva dell’avvenimento che è all’origine della nostra emozione, di cui stima l’impatto rispetto ai nostri scopi o interessi componenti fisici che accompagnano le reazioni emotive e preparano fisiologicamente l’organismo a reagire all’evento le emozioni sono inoltre caratterizzate da un’espressione (soprattutto, ma non esclusivamente) facciale, con la quale segnaliamo le nostre emozioni e le nostre intenzioni comportamentali agli altri individui nel volto e con movimenti del nostro corpo e attiviamo sempre anche una tendenza all’azione, che ci spinge a reagire in un certo modo all’evento: come un impulso a fare qualcosa, più che un’azione diretta

CLASSIFICAZIONE DELLE EMOZIONI

Page 68: Mecacci - Manuale di Psicologia MANUALE DI PSICOLOGIA GENERALE di Mecacci 1. INTRODUZIONE STORICA. fin dall’antichità: pensiero filosofico dal 600: le scienze fisiche forniscono

68

non vanno trascurati gli effetti sull’attività cognitiva e sul pensiero dell’individuo, attività che viene rivolta verso particolari aspetti della situazione e distolta da altri diversamente da altri fenomeni affettivi (come gli stati dell’umore o gli atteggiamenti), le emozioni sono concepite come fenomeni transitori (anche se capaci di produrre effetti che durano nel tempo), connessi ad eventi specifici

1. la prima e più nota delle teorie fisiologiche è quella formulata alla fine dell’800 da James, detta anche teoria periferica delle emozioni: quando nell’ambiente si verifica un avvenimento emotivamente rilevante, questo provoca in modo diretto un’attivazione fisiologica (arousal) a livello periferico, la cui percezione, da parte dell’individuo, dà luogo all’esperienza emotiva

questa teoria fu poi criticata da Cannon, in quanto i visceri hanno una sensibilità poco elevata, troppo lenta e soprattutto poco differenziata per rendere conto della diversità delle esperienze emotive la teoria periferica non si è estinta con James: ad essa si collegano infatti, direttamente o indirettamente, ipotesi più recenti, come quella cosiddetta del feedback facciale o la teoria vascolare dell’efferenza emotiva alla teoria periferica di James, si contrappone l’altra teoria fisiologica fondamentale, detta centrale, di Cannon: i centri di attivazione, controllo e regolazione delle emozioni sono piuttosto localizzati a livello centrale, nella regione talamica circuito (limbico) di Papez: zone del cervello considerate i centri di elaborazione e controllo delle emozioni secondo la teoria del feedback facciale, le espressioni facciali forniscono informazioni propriocettive, motorie, cutanee e vascolari, capaci di influenzare il processo emotivo: nelle sue versioni più forti, quest’ipotesi sostiene che il feedback facciale sia capace di generare da solo l’esperienza emotiva una versione meno estrema ha invece sostenuto che il feedback facciale aumenta l’intensità dell’emozione se, dunque, diverse ricerche mostrano una certa capacità di modulazione dell’esperienza emotiva da parte del feedback facciale, resta però il fatto che questa non è comunque assoluta, né sono del tutto chiari i meccanismi con cui avviene tale influenza

2. le teorie evoluzionistiche si ispirano alle idee e agli studi di Darwin sull’espressione delle emozioni negli animali e nell’uomo: sottolineato la continuità e la somiglianza delle espressioni emotive umane con quelle del mondo animale (in particolare dei primati) e hanno sostenuto che le emozioni sono risposte adattive innate, uguali in tutte le culture e indipendenti dell’apprendimento; le emozioni avrebbero un ruolo molto importante nell’adattamento delle specie all’ambiente (funzione sia comunicativa, sia di preparazione ad azioni utili per la sopravvivenza) teorie delle emozioni di base, o fondamentali, le quali propongono una differenziazione categoriale delle emozioni, viste come stati discreti, universali e, in definitiva, innati: esisterebbe un numero relativamente ristretto, e comunque finito, di emozioni (per Ekman sono 6: rabbia, disgusto, paura, tristezza, felicità e sorpresa), ben demarcate dalle altre e tali da non poter essere confuse

3. teorie costruzionistiche: posizione radicalmente opposta a quella dei sostenitori delle emozioni di base; le emozioni non vanno intese come entità biologiche determinate, ma come costruzioni sociali; sono infatti il linguaggio e la struttura dei valori delle società a determinare le emozioni, come è del resto testimoniato dall’analisi del lessico emotivo, che mostra come le loro denominazioni varino sensibilmente nelle varie epoche storiche e nelle diverse culture; numerosi studi

IPOTESI PERIFERICHE DELLA GENERAZIONE DELL’EMOZIONE

Page 69: Mecacci - Manuale di Psicologia MANUALE DI PSICOLOGIA GENERALE di Mecacci 1. INTRODUZIONE STORICA. fin dall’antichità: pensiero filosofico dal 600: le scienze fisiche forniscono

69

interculturali hanno fornito ampia evidenza della diversità e specificità delle emozioni nelle diverse culture per Ekman, e in genere per gli studiosi di scuola evoluzionista, le emozioni fondamentali sono controllate da programmi neuronali innati, uguali in tutte la specie; le differenze che talvolta si riscontrano, tra una cultura e un’altra, sono soltanto dovute alle regole con le quali le culture stesso codificano il modo in cui le emozioni debbano venire espresse (regole di esibizione) per altri studiosi invece vi sono delle emozioni non universali (la rabbia, un’emozione ritenuta di base, è praticamente sconosciuta presso gli esquimesi Inuit; in altre culture, vi sono emozioni a noi del tutto sconosciute, come l’amae giapponese, che può essere descritta come una sorta di dipendenza (piacevole) che gli individui adulti ricercano nei loro rapporti con gli altri) la contrapposizione di punti di vista biologici e costruzionisti è probabilmente inadeguata, in quanto le emozioni sono sia biologiche sia costruite socialmente

4. teorie cognitive: concezioni che ritengono che la cognizione abbia un ruolo essenziale nella generazione delle emozioni agli inizi degli anni 80 è stata molto vigorosa la polemica tra Zajonc, sostenitore della priorità dello stimolo (lo stimolo, immediatamente dopo la registrazione sensoriale, dà luogo ad una risposta affettiva) Lazarus, sostenitore della priorità della cognizione (una sia pur minima elaborazione della valenza e della rilevanza per gli scopi è indispensabile perché si produca una reazione emotiva) le teorie cognitive sono generalmente alquanto indifferenti, se non contrarie, all’idea delle emozioni universali e innate; radicalizzando il concetto di componenzialità, nella loro concezione, le emozioni fondamentali sono semplicemente alcune combinazioni essenziali di diverse componenti di base; secondo le teorie cognitive le diverse emozioni possono essere differenziate tra di loro in base al profilo emergente dalla combinazione di alcune dimensioni valutative, o di appraisal (come la novità, la piacevolezza, la controllabilità dell’evento da cui ha origine l’emozione) dette anche teorie dell’appraisal; le emozioni sono adattive: esse insorgono, infatti, nelle situazioni in cui accade qualcosa d’importante per l’individuo e servono a prepararlo e a motivarlo a rispondervi adattivamente; le emozioni non sono semplici risposte agli stimoli situazionali (cioè non sono simili ai riflessi), ma rispecchiano le implicazioni personali di una persona, le sue conoscenze, la sua esperienza passata (per questo motivo le reazioni emozionali di individui diversi alla stessa situazione non sono identiche, così come la reazione dello stesso individuo potrà essere diverse in situazioni simili tra loro); l’emozione è attivata dalla valutazione cognitiva, da parte dell’individuo, degli effetti che le circostanze produrranno sul suo benessere il risultato di questa valutazione modella e organizza le altre componenti della risposta emozionale; gli stati emozionali sono dunque virtualmente infiniti, ma ciò non esclude che possano esservi alcune configurazioni più frequenti di altre, in quanto costituiscono la risposta a situazioni maggiormente ricorrenti nel corso dell’adattamento

5. teorie psicoanalitiche: si ricollegano alla concezione elaborata da Freud all’inizio del 900, partendo dalle sue esperienze psicoterapeutiche; benché l’influenza delle sue idee sia ancora notevole e l’impianto generale di esse sia ancora ben riconoscibile, e benché il riferimento alla psicopatologia e al contesto psicoterapeutico siano ancora fondamentali, le teorie recenti si sono molto evolute: innanzitutto hanno cercato di integrarsi maggiormente nella cultura più strettamente psicologica, in particolare nella psicologia dello sviluppo, favorendo il confronto (e la contaminazione) con le altre teorie psicologiche (specialmente quella cognitivista), con le neuroscienze e, naturalmente, con la teoria evoluzionistica

ESISTONO EMOZIONI UNIVERSALI??

Page 70: Mecacci - Manuale di Psicologia MANUALE DI PSICOLOGIA GENERALE di Mecacci 1. INTRODUZIONE STORICA. fin dall’antichità: pensiero filosofico dal 600: le scienze fisiche forniscono

70

hanno notevolmente allargato il proprio orizzonte, includendo nell’ambito del proprio interesse le emozioni cosiddette quotidiane, ad esempio l’analisi della solitudine, della nostalgia, dell’invidia e della gelosia l’orientamento psicoanalitico continua a guardare alle emozioni non come a fenomeni di breve durata, legati a situazioni ambientali transitorie, ma come a fenomeni di lunga durata, con un’origine essenzialmente interna, pur se in un contesto interpersonale, come elaborazione di relazioni affettive in cui i processi di tipo inconscio sono ancora dominanti e l’ambivalenza è un tratto intrinseco XII. Biologia delle emozioni. le nostre emozioni non sono soltanto eventi mentali, ma toccano anche, e spesso violentemente, il nostro corpo; James, alla fine dell’800, suggerì addirittura che le emozioni non fossero altro che la percezione dei nostri cambiamenti fisiologici oggi sappiamo che James sopravvalutava la nostra capacità di riconoscere ciò che accade nel nostro corpo (le persone infatti non sono accurate nel riportare le proprie esperienze fisiologiche e spesso commettono degli errori perché non vi hanno normalmente accesso, anche se tali descrizioni possono essere altamente condivise per effetto di schemi sociali comuni) il Sistema Nervoso Autonomo (SNA) ha un ruolo fondamentale nel provocare una serie di modificazioni fisiologiche che accompagnano spesso vistosamente le emozioni; esso invia informazioni tra il cervello e molti organi del nostro corpo, di cui modula l’attività, incrementandola oppure diminuendola in questo modo coordina l’attività dei nostri organi in modo da rendere disponibili al corpo le risorse di cui ha bisogno; si articola in 2 sottosistemi: simpatico: stimola le funzioni che producono energia (implicato nelle situazioni di emergenza) parasimpatico: svolge una funzione detta antagonista, perché cerca, all’opposto, di risparmiare energia (implicato nelle situazioni di recupero) le emozioni possono attivare entrambi questi sistemi dalla prima formulazione della teoria di James in poi, si è cercato di individuare se le emozioni possano esser differenziate dal punto di vista psicofisiologico: Cannon sosteneva che le diverse emozioni fossero caratterizzate da un pattern di attivazione fisiologica unica, comune a tutte; all’ipotesi del carattere indifferenziato dell’arousal aderirono i sostenitori della teoria cognitivo-attivazionale tuttavia, per quanto appaia ancora oggi difficile differenziare in modo stabile e sicuro da un punto di vista fisiologico le varie emozioni, vi sono sufficienti evidenze di un certo grado di differenziazione tra le emozioni di paura e rabbia, e tra le emozioni a qualità positiva e negativa il riconoscimento della valenza emotiva (positiva o negativa) dello stimolo avviene dopo che l’informazione è pervenuta ad è stata elaborata dell’amigdala (una struttura del sistema limbico) a seconda della provenienza dell’informazione all’amigdala, è possibile distinguere 2 vie: via talamica (o via bassa): invia un’informazione molto povera dello stimolo, ma sufficiente ad iniziare una risposta emotiva indifferenziata, non necessariamente compatibile con la situazione stimolo (attributi emotivi) via corticale (o via alta): invia invece un’informazione molto più dettagliata dello stimolo e serve al soggetto per preparare una risposta adeguata ad esso (attributi semantici) modello della doppia via di LeDoux negli anni 60 riscosse grande interesse il modello cognitivo-attivazionale di Schachter e Singer: questo modello conciliava il punto di vista jamesiano, che sosteneva l’importanza dell’attivazione fisiologica autonomica nella generalizzazione dell’esperienza emotiva, con quello di Cannon, che ne affermava

IL MODELLO COGNITIVO-ATTIVAZIONALE

Page 71: Mecacci - Manuale di Psicologia MANUALE DI PSICOLOGIA GENERALE di Mecacci 1. INTRODUZIONE STORICA. fin dall’antichità: pensiero filosofico dal 600: le scienze fisiche forniscono

71

invece il carattere indifferenziato; questo modello affermava che, perché si verifichi un’emozione, occorrono necessariamente 2 ingredienti: attivazione fisiologica (arousal), che viene rappresentata come indifferenziata (come la monetina che si usa nei juke-box, che vale per tutte le canzoni) cognizione, che è invece specifica della situazione, rende diverse le varie esperienze emozionali e permette di etichettarle con dei nomi specifici (felicità, paura, rabbia) (come i diversi tasti del juke-box, che permettono la selezione delle singole canzoni) intesa come una conoscenza di tipo causale, che consente di attribuire al tipo di situazione nella quale si trova l’individuo (specialmente di interazione sociale) lo stato di attivazione fisiologica da lui vissuto la dimostrazione sperimentale, al di là della limitatezza e lacunosità dei risultati, ha dato luogo a molti tentativi di replica ed ha ispirato molti originali filoni di ricerca (come quelli cosiddetti dell’attribuzione erronea, o del transfert di eccitazione, nei quali l’individuo è indotto ad attribuire o trasferire ad altra causa, anche non emozionale, la propria attivazione fisiologica); essa era basata sulla manipolazione indipendente dell’attivazione fisiologica (attraverso un’iniezione di epinefrina, un sostanza attivante il SNA) e della cognizione (attraverso la costruzione di vere e proprie trappole interazionali, in cui un complice dello sperimentatore aveva il compito di ingannare i soggetti, inducendoli ad attribuire il proprio stato di attivazione a delle specifiche condizioni situazionali di tipo emotivo); la principale aspettativa era che un’emozione si sarebbe attivata soltanto nelle condizioni nelle quali erano simultaneamente presenti l’arousal e la cognizione, ed in particolare in quelle condizioni nelle quali i soggetti non potevano attribuire la propria attivazione all’iniezione di epinefrina; non tutte le previsioni furono confermate; tuttavia, ciò non impedì a questa ricerca di restare uno degli esperimenti maggiormente citati e più classici della psicologia delle emozioni XIII. Espressione e decodifica delle emozioni. le mimiche facciali sono di gran lunga la forma di espressione delle emozioni più studiata a livello neuropsicologico (ruolo predominante dell’emisfero destro maggiore espressività della metà sinistra del volto); molto importante è la capacità, da parte degli individui, di riconoscere le varie espressioni emozionali e il loro significato molti elementi che fanno supporre che tale capacità sia organizzata in forma modulare: accertata dissociabilità delle espressioni facciali dal vissuto emotivo indipendenza del riconoscimento dell’identità del volto da quella del significato emotivo dell’espressione lo stesso tipo di dissociabilità caratterizza il riconoscimento della prosodia, che può veicolare nello stesso tempo informazioni emotive oppure linguistiche vi sono molti modi in cui possiamo comunicare le nostre emozioni: linguaggio altri modi, non meno potenti, anche se molto meno flessibili, perché meno controllabili dalla volontà dell’individuo: le espressioni del nostro volto, ma anche l’intonazione vocale, le posture (comunicazione non verbale) sono stati soprattutto gli studiosi di impostazione evoluzionistica che si sono interessati alle espressioni facciali; essi sono infatti convinti che le espressioni siano universali e possano essere riconosciute (decodificate) in contesti culturali anche molto distanti tra loro Ekman e Friesen hanno messo a punto un particolare metodo, detto FACS, che ha consentito loro di individuare le espressioni facciali tipiche delle principali emozioni, in particolare per le 6 emozioni ritenute di base, o fondamentali, da questi 2 autori (felicità, sorpresa, tristezza, rabbia, disgusto, paura) basandosi principalmente su compiti di riconoscimento, nei quali agli individui era richiesto di decodificare espressioni facciali prototipiche delle varie emozioni, raffigurate in speciali tavole fotografiche, Ekman, Frieser e molti altri studiosi ritengono di aver potuto dimostrare il carattere universale e innato delle espressioni emotive diversi autori hanno sollevato obiezioni, soprattutto di tipo metodologico: si tratta di riconoscimento a scelta forzata

Page 72: Mecacci - Manuale di Psicologia MANUALE DI PSICOLOGIA GENERALE di Mecacci 1. INTRODUZIONE STORICA. fin dall’antichità: pensiero filosofico dal 600: le scienze fisiche forniscono

72

artificialità della procedura per spiegare le differenze tra le diverse culture nel modo di esteriorizzare le emozioni, hanno introdotto il concetto di regole di esibizione: le variazioni tra le diverse culture non sono sostanziali, ma si limitano a differenze nell’intensità o nel controllo dell’espressione e forse nell’esperienza soggettiva meno studiate delle espressioni facciali, anche per la maggiore complessità dei metodi di studio adottati, sono le modificazioni nel respiro, nella fonazione e nell’articolazione dei suoni, che danno luogo a variazioni vocali utili per il riconoscimento delle emozioni (eppure la letteratura scientifica ha individuato, a proposito della decodifica di messaggi vocali, un’accuratezza media non inferiore a quella delle espressioni facciali) XIV. L’appraisal. secondo gli psicologi di orientamento cognitivo, le emozioni sono in genere attivate da una valutazione cognitiva; il termine appraisal è definito come un elemento che: completa la percezione permettendo di valutare in modo immediato, automatico e quasi involontario la presenza o l’assenza di un oggetto, o evento, e il suo carattere di positività o negatività produce la tendenza a fare qualcosa il sistema di valutazione è molto semplice, in quanto si basa su 3 sole dimensioni dicotomiche: presenza o assenza dell’oggetto sua natura benefica o nociva proprietà di facilitare il raggiungimento di uno scopo positivo o l’evitamento di qualcosa di dannoso per la teoria dell’appraisal, le emozioni sono fenomeni adattivi; in quanto tali, esse adempiono a delle precise funzioni, principalmente autoregolative: regolare l’attenzione: questa funzione, con la quale l’individuo viene messo all’erta circa di avvenimenti significativi è ampiamente inconscia e preattentiva; in quanto tale, il sistema è rapido, ma molto poco informato funzione motivazionale: la risposta emozionale prepara l’individuo e lo motiva ad affrontare l’evento che ha provocato l’emozione (questa funzione richiede invece una descrizione molto dettagliata dello stimolo situazionale, perché solo in questo caso può predisporre l’individuo a reagire appropriamente ad esso; pertanto, il sistema non può essere né pre-attentivo, né inconscio) distinti 2 tipi di elaborazione, corrispondenti alle 2 diverse funzioni dell’emozione, che non è difficile collegare con quanto detto a proposito di LeDoux e delle 2 vie, talamica e corticale, di attivazione dell’amigdala: processamento schematico: trova un esempio nel priming (facilitazione) e nella propagazione dell’attivazione; si tratta di processi veloci e automatici, che possono attivare molti tipi di memoria simultaneamente (in parallelo); operano al di fuori dalla consapevolezza e richiedono pochissime risorse attentive, non dipendono dalla volontà e sono quindi rigidi; non dipendono totalmente dall’informazione verbale, ma possono basarsi su qualsiasi tipo di informazione venga memorizzata: qualunque indizio (cue) sensoriale può fungere da facilitatore (primer); quando è attivata una qualsiasi di queste memorie sensoriali, tutta l’informazione immagazzinata, si rende subito disponibile e può essere ulteriormente elaborata anche in modo cosciente processamento concettuale: è invece coscio e pressoché esclusivamente verbale; è quindi più flessibile, ma più lento; funziona solo in modo sequenziale e lineare e perciò assorbe molte risorse attentive; la dipendenza dall’informazione semantica è insieme il punto di forza e il punto di debolezza del processamento concettuale: da un lato, infatti, essa lo rende più flessibile, potente, astratto e quindi creativo; dall’altro, però, il processamento concettuale è largamente insensibile a tutte le trasformazioni che non siano presentate semanticamente (come gli stimoli sensoriali)

Page 73: Mecacci - Manuale di Psicologia MANUALE DI PSICOLOGIA GENERALE di Mecacci 1. INTRODUZIONE STORICA. fin dall’antichità: pensiero filosofico dal 600: le scienze fisiche forniscono

73

i 2 tipi di processamento interagiscono tra loro il registro rileva e combina i significati valutativi generando una risposta emozionale basata su ciò che ritiene sia lo stato del mondo valutato; quando l’emozione è sufficientemente intensa, si registra a livello coscio un vissuto soggettivo i modelli più recenti dell’appraisal ritengono che l’elaborazione cognitiva debba essere concepita in modo più complesso e differenziato: è infatti ormai comunemente accettato che nell’emozione non sia implicato un unico tipo di elaborazione e che questa vada vista come operante a più livelli tra di loro interagenti uno dei modelli più noti è quello descritto da Leventhal e Scherer, che individuano 3 differenti livelli di elaborazione: sensomotorio: include le capacità primarie di risposta emozionale dell’individuo e genera i primi comportamenti emotivi osservabili schematico: prototipi delle situazioni emozionali concettuale: permette di situare gli eventi emotivi in una prospettiva temporale a lungo termine il concetto di coping (fronteggiamento), molto applicato in psicoterapia, indica le strategie con cui l’individuo affronta la situazione emotiva; se ci troviamo di fronte ad un problema che provoca in noi una risposta emotiva, possiamo innanzitutto cercare di affrontarlo utilizzando una strategia focalizzata su di esso: lo affrontiamo direttamente, facendo ricorso alle risorse di cui disponiamo; se questo non è possibile, possiamo adottare una strategia focalizzata sull’emozione, rivolta cioè a controllare gli effetti negativi di una reazione emotiva troppo intensa: accettare il confronto prendere le distanze autocontrollarsi cercare il sostegno sociale

accettare la responsabilità fuggire ed evitare pianificare la soluzione rivalutarsi positivamente

collegato alle regole di esibizione, troviamo l’emotion work: tutte quelle strategie con le quali gli individui si sforzano di assumere l’atteggiamento emotivo più appropriato alle diverse situazioni sociali, oppure alle aspettative connesse al ruolo esercitato; si tratta di un vero e proprio lavoro, svolto su se stessi e sul proprio comportamento, che può essere notevolmente affinato dall’esperienza, ma anche da uno specifico addestramento; si applica non solo al dominio dell’espressione, ma anche all’esperienza interna dell’individuo, motivo per il quale vengono usate anche altre denominazioni, come regole dei sentimenti oppure dominio esercitato sui sentimenti; anche se ci sembra di essere poco sinceri, la buona educazione e la sensibilità, ma anche talvolta l’ipocrisia, ci spingono spesso a modificare volontariamente le nostre espressioni emotive XV. Emozione e memoria. benché sia evidente che vi è uno stretto rapporto tra emozioni e memoria, non è facile definire un rapporto generale tra di loro, che possa rendere conto di tutti i fenomeni studiati: un primo tipo di relazione si basa sull’intervento dell’attenzione: noi prestiamo più attenzione agli stimoli salienti emotivamente e ciò dà luogo conseguentemente ad un miglior ricordo un elevato arousal provoca un restringimento dell’attenzione e una minore sensibilità agli altri stimoli presenti nell’ambiente; i meccanismi invocati nell’elaborazione emozionale sono piuttosto di tipo pre-attentivo; a questo processo pre-attentivo può far seguito una maggiore focalizzazione attentiva Bower ha indicato negli effetti di stato-dipendenza (accoppiamento dell’emozione al momento dell’apprendimento e a quello del recupero) e di congruenza (corrispondenza tra la valenza affettiva dello stimolo al momento in cui ha agito e lo stato affettivo al momento del recupero) una seconda via fondamentale attraverso cui l’emozione può influenzare il ricordo le conferme empiriche all’effetto di stato-dipendenza appaiono oggi complessivamente piuttosto modeste; l’effetto di congruenza appare invece meglio documentato, almeno per quanto riguarda i ricordi autobiografici; anche se è molto difficile isolare l’effetto di congruenza da quello di stato-dipendenza oggi, da parte di alcuni studiosi,

REGOLAZIONE DELLE EMOZIONI: IL COPING E L’EMOTION WORK

Page 74: Mecacci - Manuale di Psicologia MANUALE DI PSICOLOGIA GENERALE di Mecacci 1. INTRODUZIONE STORICA. fin dall’antichità: pensiero filosofico dal 600: le scienze fisiche forniscono

74

si comincia comunque a proporre modi alternativi di spiegazione degli effetti di congruenza, che prescindono dal primato della valenza affettiva; una caratteristica importante dei ricordi emotivi appare essere la cosiddetta persistenza (i ricordi emotivi si dimenticano più lentamente); i dati sperimentali non confermano dunque l’ipotesi della rimozione, o almeno ne limitano la portata generale ciò nonostante, nella pratica clinica si riscontrano spesso casi di vera e propria amnesia psicogena, cioè casi di deterioramento anche molto grave della memoria in soggetti che abbiano avuto esperienze emotive molto intense o estreme (è possibile ricordare l’emozione senza ricordare le caratteristiche dell’evento emotivo) il tema della testimonianza ha suscitato un grande interesse in psicologia ed è uno degli argomenti centrali della psicologia giuridica; l’esperienza testimoniale comporta la capacità di rievocare e riferire il ricordo di un evento spesso altamente emozionale o, al limite, traumatico; le condizioni di esposizione all’evento e le caratteristiche disposizionali, stabili o temporanee, del testimone, possono falsare la percezione di quanto accade; inoltre, la memoria di un evento di rilevanza emotiva è ben lontana dall’essere un attendibile ritratto dell’accaduto; il dibattito sulla relazione tra emozione e memoria è complesso: alcuni studiosi hanno sostenuto che l’emozione danneggia inequivocabilmente la memoria, provocando amnesie retrograde da cui non è più possibile recuperare il materiale originario altri studiosi ritengono invece che sia possibile recuperare ricordi di eventi traumatici anche a distanza di molti anni da quando questi sono accaduti le reiterazioni post-evento di materiale emozionale possono incidere notevolmente sul ricordo; il testimone può tendere a semplificare il ricordo e a renderlo coerente con gli schemi abituali di esperienza; gli interrogatori possono produrre un notevole effetto di suggestione; XVI. La condivisione sociale del ricordo emotivo. la persistenza dei ricordi emotivamente più intensi o traumatici si traduce spesso in un’insopprimibile necessità di parlare dell’evento che è alla loro origine; gli psicologi clinici considerano tale ruminazione, almeno in una certa misura, un sintomo della sofferenza emotiva, ma la pongono in qualche modo in relazione al processo di recupero emotivo, in quanto il confronto, pure se forzato, con l’evento emotivo o traumatico, ne consente la progressiva elaborazione ed assimilazione; finché il vissuto emotivo non si attenua, o non viene in qualche modo elaborato, il ricordo continua a riproporsi in modo intrusivo e insopprimibile; è necessario un intenso lavoro di elaborazione cognitiva, volto a ristabilire l’equilibrio compromesso; le emozioni comportano frequentemente una perturbazione dell’equilibrio anche nelle relazioni interpersonali; comunicare ad un’altra persona la propria emozione produce, oltre che molteplici effetti sociali (sostegno, intimità interpersonale, ..) anche importanti effetti cognitivi, concorrendo a strutturare la propria conoscenza emozionale, tanto che alcuni autori hanno addirittura coniato il termine di script emozionali; le emozioni implicano necessariamente anche una dimensione interpersonale e sociale flashbulb memory (ricordo fotografico): ricordo vivido, dettagliato e persistente delle circostanze di apprendimento di un evento pubblico significativo; gli individui conservano dettagliatamente e a lungo non solo il ricordo dell’evento in sé, ma anche le circostanze in cui hanno appreso la notizia in origine, si ipotizzava che il contesto di apprendimento di un evento pubblico rilevante fosse ricordato in modo inusualmente vivido per effetto della sorpresa e dell’impatto emozionale; la consequenzialità, intesa come possibilità dell’evento di produrre conseguenze significative sulla vita dell’individuo o gruppo sociale cui appartiene, era considerata l’altra determinante essenziale; in seguito,

LA TESTIMONIANZA

FLASHBULB MEMORY

Page 75: Mecacci - Manuale di Psicologia MANUALE DI PSICOLOGIA GENERALE di Mecacci 1. INTRODUZIONE STORICA. fin dall’antichità: pensiero filosofico dal 600: le scienze fisiche forniscono

75

le reiterazioni dell’accaduto, ossia le discussioni con altre persone e la ruminazione mentale, interverrebbero a consolidare la traccia mnestica accanto a questa lettura del fenomeno, altri autori enfatizzano il ruolo dei fattori ricostruttivi a ricomporre questo dibattito, alcuni studiosi hanno posto l’emozione come cardine del processo di formazione della flashbulb memory; tanto le valutazioni cognitive che precedono e provocano l’emozione, quanto gli effetti di condivisione sociale e ruminazione mentale dell’emozione agirebbero come determinanti (l’inaspettatezza non è più considerata un requisito irrinunciabile) la flashbulb memory è stata recentemente applicata anche a eventi privati e a eventi pubblici non traumatici o positivi e alla ricerca sulla memoria collettiva gli script emotivi sono astrazioni di episodi emotivi reali, possono variare in modo notevole secondo la situazione, sono strettamente legati alla cultura e possono essere concepiti come delle rappresentazioni stereotipate, socialmente condivise, di episodi emozionali 1. fine 800: psicologia scientifica (Fechner, Weber, Wundt, Ebbinghaus, scuola di Würzburg) 2. prima metà del 900

Stati Uniti strutturalismo: inaugurato da Wundt in Germania e proseguito negli U.S.A. dal suo allievo

Titchener; riconosciuto come il primo modello di psicologia sperimentale (laboratorio); metodo introspettivo

funzionalismo: inaugurato da James e Dewey; interpreta i fenomeni psichici non come elementi disgiunti fra loro, ma come funzioni mediante le quali l'organismo si adatta all'ambiente sociale e fisico; evoluzionismo di Darwin

comportamentismo: il comportamento esplicito è l'unica unità di analisi scientificamente studiabile della psicologia (Watson)

scuola sovietica riflessologia: condizionamento (Pavlov)

Europa psicologia della Gestalt: detta anche psicologia della forma; rifiuta di suddividere l'esperienza

umana nelle sue componenti elementari e tende a considerare l'interezza più che le singole componenti; quello che noi sentiamo è il risultato di una precisa organizzazione; i medesimi principi di organizzazione guidano anche i nostri processi di pensiero

Freud e la psicoanalisi 3. anni 40-70: dalla psiche alla mente

neocomportamentismo: si differenzia dal comportamentismo watsoniano per accogliere idee cognitiviste o anche psicoanalitiche fine dell'utopia comportamentista cognitivismo: ha come obiettivo lo studio dei processi mediante i quali le informazioni vengono acquisite dal sistema cognitivo, trasformate, elaborate, archiviate e recuperate; la percezione, l'apprendimento, il problem solving, la memoria, l'attenzione, il linguaggio e le emozioni sono i processi mentali studiati; studia il funzionamento della mente come elemento intermedio tra il

GLI SCRIPT EMOZIONALI

Page 76: Mecacci - Manuale di Psicologia MANUALE DI PSICOLOGIA GENERALE di Mecacci 1. INTRODUZIONE STORICA. fin dall’antichità: pensiero filosofico dal 600: le scienze fisiche forniscono

76

comportamento e l'attività cerebrale prettamente neurofisiologica; il funzionamento della mente è assimilato a quello di un software che elabora informazioni (input) provenienti dall'esterno, restituendo a sua volta informazioni (output); nasce verso la fine degli anni 50 in contrapposizione al comportamentismo cognitivismo HIP: Human Information Processing scienza cognitiva: fine anni 70; orientamento a carattere interdisciplinare; studio della mente costruttivismo: approccio alternativo al comportamentismo; considera le costruzioni mentali con cui essa si adegua alle esperienze percepite