PSICOFISIOLOGIA E PSICOLOGIA CLINICA Secondo il modello cognitivista costruttivista, orientato alla...

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Tullio Scrimali Sebastiano Maurizio Alaimo PSICOFISIOLOGIA E PSICOLOGIA CLINICA Secondo il modello cognitivista costruttivista, orientato alla logica dei sistemi complessi Istituto Superiore per le Scienze Cognitive Editore

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Il funzionamento della mente umana è stato descritto, secondo l'ottica cognitivistacostruttivista, come un insieme di processi di elaborazioni di informazioni finalizzati acostruire un significato coerente e viabile per la realtà, cioè finalizzato a consentire unbuon adattamento rispetto all'ambiente circostante.Secondo questo modello il funzionamento mentale dell’uomo viene descritto comeorientato a selezionare ed utilizzare le informazioni interne ed esterne per potereelaborare una serie di schemi e mappe cognitive.

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Tullio Scrimali

Sebastiano Maurizio Alaimo

PSICOFISIOLOGIA E PSICOLOGIA CLINICA

Secondo il modello cognitivista costruttivista, orientato alla logica dei sistemi complessi

Istituto Superiore per le Scienze Cognitive Editore

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Enna, Gennaio 2005

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Indice Premessa

pag. 6

Capitolo I

La psicofisiologia: dal laboratorio alla clinica

1.1 Definizione di psicofisiologia

pag. 8

1.2 Cenni storici

pag. 8

1.3 Metodologia

pag. 9

1.4 Attivazione e rilassamento

pag. 11

1.5 Psicofisiologia clinica

pag. 12

Capitolo II Psicofisiologia e Psicopatologia

2.1 Disturbi d’ansia

pag. 13

2.2 Disturbi dell’umore

pag. 15

2.3 Schizofrenia

pag. 15

Capitolo III Attività elettrodermica ed applicazioni cliniche nell’ambito dei disturbi schizofrenici

3.1 L’attività elettrodermica

pag. 19

3.2 Applicazioni cliniche nell’ambito della schizofrenia

pag. 20

Capitolo IV Il biofeedback

4.1 Il biofeedback

pag. 23

4.2 Cenni storici

pag. 23

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Capitolo V

Il biofeedback nella clinica

5.1 I principali tipi di biofeedback

pag. 25

5.2 Il biofeedback elettromiografico

pag. 25

5.3 Il biofeedback termocutaneo

pag. 26

5.4 Il biofeedback della frequenza cardiaca

pag. 27

5.6 Il biofeedback dell’attività elettrodermica

pag. 28

5.7 Il biofeedback elettroencefalografico

pag. 29

5.8 Biofeedback ed iperattività: il caso di Mariolino

pag. 32

Capitolo VI

Metodologia in Psicofisiologia Clinica: il MindLAB

6.1 Dalla teoria alla pratica: il MindLab una apparecchiatura per il monitoraggio e la retroazione biologicadell’attività elettrodermica

pag. 35

6.2 Il MindLAB

pag 35

6.3 Caratteristiche tecniche del MindLAB

pag. 37

6.4 Procedura di evocazione e registrazione delle risposte elettrodermiche di orientamento

pag. 47

6.5 Conclusioni

pag. 48

Capitolo VII

Metodologia in Psicofisiologia Clinica: utilizzazione di procedure informatiche computer assistite

7.1 Informatica e metodologia in Psicofisiologia

pag 50

7.2 Poligrafo computerizzato

pag 50

7.3 La Hart Rate Variabilità (HRV): l’analisi della variabilità nel dominio della frequenza cardiaca

pag. 51

7.4 Valutazione di psicofisiologia clinica dell’attività elettrica degli emisferi cerebrali

pag. 54

Glossario

pag. 60

Bibliografia pag 64

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“Psychologus nemo nisi physiologus” (Johannes Muller)

Premessa Il funzionamento della mente umana è stato descritto, secondo l'ottica cognitivista costruttivista, come un insieme di processi di elaborazioni di informazioni finalizzati a costruire un significato coerente e viabile per la realtà, cioè finalizzato a consentire un buon adattamento rispetto all'ambiente circostante. Secondo questo modello il funzionamento mentale dell’uomo viene descritto come orientato a selezionare ed utilizzare le informazioni interne ed esterne per potere elaborare una serie di schemi e mappe cognitive. I processi attraverso i quali si attribuisce un senso1 rappresentano un aspetto peculiare del sistema cognitivo. Molta attenzione è stata rivolta dagli studiosi cognitivisti a tre distinti ed importanti livelli di analisi: - le strutture cognitive (schemi che guidano l’elaborazione dell’informazione e ritenuti non immediatamente accessibili alla consapevolezza) - i processi (ciò che trasforma l’input percettivo in significato) - i prodotti o contenuti (pensieri ed immagini coscienti) Questi tre livelli di elaborazione dell’informazione, definiscono rispettivamente le modalità e la struttura che viene utilizzata per conoscere il mondo, in che modo queste strutture filtrano e guidano l’elaborazione ed il significato delle informazioni elaborate. Ogni processo cognitivo sollecita una precisa reazione emozionale che assumerà la “tonalità” relativa alla valutazione, assolutamente personale, che il soggetto fa di quelle informazioni. L’assessment psicofisiologico consente di “penetrare” all’interno di questa esperienza soggettiva –cerniera tra mente e soma- che è l’emozione. Attraverso lo studio di alcuni parametri fisiologici, misurando l’intensità e la durata della risposta che segue ad un determinato stimolo somministrato dall’operatore, è possibile definire un profilo, una “fotografia”, dell’assetto emozionale e dello “stile” di reazione davanti ad una difficoltà sconosciuta. Tutto questo, al di là del contributo che può portare all’interno del processo di assessment, appare di grande utilità per la possibilità che offre al clinico di potere

1 È possibile approfondire questo aspetto cruciale anche in “Processi della mente e disagio psichico” di T. Scrimali edito dall’ISSCO e in “Le Storie della Mente” di S. M. Alaimo edito dall’ISPEM.

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confrontare i dati emersi in momenti diversi nel tempo (si pensi al monitoraggio ed alla valutazione dei risultati raggiunti attraverso una psicoterapia, si pensi, ancora, alla possibilità di effettuare dei follow up).

I risultati ottenuti dall’assessment psicofisiologico possono inoltre fornire informazioni utili per la strategia terapeutica. Infatti la presenza di valori molto al di sopra di quelli ritenuti normali possono indirizzare il clinico verso un intervento volto a rendere, attraverso il Biofeedback, più consapevole e più competente il paziente nel controllo dell’ansia.

Un altro ambito di vasto impiego, della psicofisiologia clinica, può essere quello relativo alle perizie (private o d’ufficio ovvero richieste da un Magistrato).

Anche se in Italia non costituisce ancora una metodologia molto diffusa -al contrario degli Stati Uniti- la psicofisiologia clinica può trovare applicazione nel processo diagnostico che sta alla base della stesura di una perizia.

I dati ricavati attraverso l’assessment psicofisiologico, durante un contenzioso, rappresentano parametri oggettivi e, per questo, difficilmente controvertibili.

Negli Stati Uniti la maggior parte delle Assicurazioni non liquidano un indennizzo (relativo a problematiche psicologico-psichiatriche, a seguito di incidenti stradali, traumi sul lavoro, violenze, ecc.) se le richieste non vengono supportate da perizie dettagliate che comprendono anche delle valutazioni dei parametri psicofisiologici.

Nel contesto delle tematiche psicofisiologi è compreso il biofeedback che altro non è che la utilizzazione strutturata e metodica di feedback, solitamente luminosi o acustici, relativi ai parametri fisiologici (biosegnali).

Generalmente è la stessa apparecchiatura che serve per il rilevamento dei parametri fisiologici che consente anche di effettuare delle sedute di biofeedback.

Come si vedrà nella sezione di questa monografia, dedicata all’argomento, il Biofeedback può trovare impiego in una vasta gamma di patologie.

Vale la pena qui di sottolineare come l’uso di questo metodo deve, a nostro giudizio, rientrare all’interno di una psicoterapia. L’uso del biofeedback al di fuori di una griglia di lettura e di significazione rimane, per chi la attua, una esperienza prevalentemente sterile ed inefficace.

Il biofeedback è uno strumento con cui, insieme ad un terapeuta, si può fare psicoterapia; impiegato da solo, si connota invece come un intervento mistificatorio e poco utile. Appare prezioso quindi, se volto alla risoluzione delle problematiche tattiche, come premessa per acquistare un maggior senso di autoefficacia e di competenza che preparino alla rivoluzione del sistema di conoscenza che solo il livello strategico della psicoterapia potrà promuovere e favorire.

Abbiamo cercato, nelle pagine che seguiranno, di presentare delle semplici informazioni sulla psicofisiologia e sul biofeedback. Speriamo che la semplicità e la schematicità con le quali abbiamo trattato questi argomenti possa fornire al lettore un quadro sufficientemente chiaro e comprensibile, senza togliere, alla materia, lo spessore e la complessità scientifica di cui essa è dotata.

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CAPITOLO I

LA PSICOFISIOLOGIA:

DAL LABORATORIO ALLA CLINICA

1.1 Definizione di psicofisiologia La psicofisiologia appartiene al corpus disciplinare della psicologia. La psicofisiologia studia i meccanismi fisiologici che sono alla base dei processi psichici (attraverso la valutazione di biosegnali) e, più nello specifico, studia le relazioni che intercorrono tra i processi mentali e il sistema nervoso che li alimenta. È quindi quella disciplina che si occupa della relazione tra la dimensione psicologica e quella fisiologica, valutando le modificazioni anatomo-funzionali dell’organismo umano. Malgrado le sue origini storiche e metodologiche derivino principalmente dalla psicologia fisiologica e dalla psicologia sperimentale, nel tempo, vari sono stati gli innesti con altre discipline, come quelli con le neuroscienze e con le scienze cognitive. Va anche sottolineato come la psicofisiologia possa fornire un importante apporto alla psicologia clinica. Ci si potrebbe chiedere che differenza passi tra psicologia fisiologica e la psicofisiologia. La risposta, ancora oggi valida, ci viene fornita da Stern (1964) che così si esprime: “in psicofisiologia la variabile che viene manipolata dallo studioso è di tipo psicologico mentre quella dipendente è di tipo fisiologico (es.: viene proposto un calcolo di matematica e si registra il conseguente innalzamento della frequenza cardiaca). Perfettamente il contrario avviene in psicologia fisiologica (es.: la distruzione di alcuni nuclei neuronali provocano una certa reazione psicologica e/o comportamentale)”. 1.2 Cenni storici La prima comparsa del termine “psicofisiologia” in letteratura scientifica con l’attuale senso che gli viene attribuito risale al 1822 ad opera di Nasse. L’origine della psicofisiologia si articola lungo un arco di tempo considerevole ed è difficile segnarne l’inizio ed il percorso. Tuttavia i classici lavori di Tarchanoff (1880) e Fèrè (1888) sulla modificazione dell’attività elettrodermica al modificarsi delle condizioni cognitivo-emotive, così come i classici contributi di Jung (sempre sul rapporto tra modificazione dell’attività elettrodermica conseguenti a variazione delle

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condizioni cognitivo-emotive) rappresentano sicuramente degli apporti fondamentali allo sviluppo, anche su un piano clinico, della disciplina. Tappa importante anche la scoperta dell’Elettroencefalogramma, ad opera di Berger (1929), che segue solo di qualche anno la scoperta dell’Elettrocardiogramma (1903). Sarà, però, solo tra gli anni Cinquanta e Sessanta del XX Secolo che la psicofisiologia si affermerà sempre più. Nel 1960 si costituisce ufficialmente la Society for Psycophysiological Research. Via via gli strumenti di rilevamento si affinano fino ad arrivare alle potenti strumentazioni computerizzate usate odiernamente. Proprio di recente la psicofisiologia si è aperta anche al settore di ricerca biochimico che consente di studiare, non solo le risposte fisiologiche ma anche quelle neurochimiche che, ovviamente ne modulano l’intensità. Un altro settore di studi e ricerche molto promettenti è costituito dalle tecniche di visualizzazione funzionale della attività mentale attuata con metodologie di "brain imagin" quali la risonanza magnetica nucleare 1.3 Metodologia Il nostro organismo produce informazioni attraverso complessi sistemi di segnalazioni connesse al funzionamento delle sue strutture anatomiche. Queste unità di informazione sono denominate biosegnali. I biosegnali si distinguono solitamente in: - elettrici (ECG, EEG, EMG) - non elettrici (modificazioni pressorie, volumetriche, termiche, acido-basiche, ecc.) L’esattezza e l’attendibilità della ricerca psicofisiologica dipende, come per qualsiasi altra disciplina, dal rispetto e dalla correttezza metodologica. Appare quindi indispensabile, sia su un piano sperimentale quanto su un piano clinico, stabilire con chiarezza la variabile psicologica da considerare ed i relativi parametri fisiologici. L’operatore deve quindi prefigurarsi, prima di qualsiasi atto di studio o ricerca, le diverse fasi che costituiranno il setting, clinico o sperimentale che sia. I parametri per poter essere studiati necessitano di una loro suddivisione in classi descrittive e ciò per esigenze di sistematizzazione teorica quanto di esigenze metrologiche.

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Vediamo quali sono le principali suddivisioni. - relativamente al parametro: a) ampiezza b) frequenza c) durata d) quantità di incremento - relativamente a modificazioni temporali e di condizione: a) differenze tra valori pre-stimolo e post-stimolo b) reazioni toniche c) reazioni fasiche. Un particolare approfondimento merita la differenza tra reazioni fasiche e reazioni toniche. Per risposta fasica, si fa riferimento ad una modificazione di attività fisiologica di breve durata che solitamente segue uno stimolo ben identificabile (per es.: un suono in cuffia durante il rilevamento di un parametro) che viene a distinguersi dall’attività di fondo che viene definita tonica. Tra le variabili che più frequentemente vengono studiate e delle quali si evidenziano i parametri tonici e fasici, ricordiamo la frequenza cardiaca e l’attività elettrodermica. All’interno delle reazioni fasiche può essere importante sottolineare la differenza tra:

- reazioni fasiche stimolo-dipendenti - reazioni fasiche aspecifiche

Per ciò che concerne il laboratorio ovvero l’ambiente, dove verranno effettuati i rilevamenti, è opportuno osservare, per quanto possibile, alcune regole:

- isolamento acustico - isolamento elettrico (interferenza elettrica della corrente di rete a 50 Hz) - temperatura (25 +/- 1°C) - umidità (55 +/- 5%).

All’interno degli aspetti metodologici non possono trascurarsi gli artefatti. Viene definito artefatto, un segnale che è captato da un sensore ma che non può farsi risalire alla sua normale fonte di origine. Gli artefatti possono dare luogo ad interpretazioni falsate. Si distinguono solitamente:

- artefatti di natura elettrica - artefatti di movimento - artefatti di natura termica.

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1.4 Attivazione e rilassamento L’uomo, come ogni organismo vivente, esibisce delle condizioni diverse che possono collocarsi su un continuum che vedono agli estremi l’attivazione e la disattivazione. L’attivazione presume una serie di fenomeni fisiologici che predispongono all’azione (attacco o fuga che sia), fornendo ad ogni distretto dell’organismo la quantità adeguata di sostanze (ossigeno in primis) che consentono di rispondere alle sollecitazioni dell’ambiente Il rilassamento, al contrario, permette all’organismo di diminuire l’apporto energetico come conseguenza di un variare di alcuni equilibri fisiologici. Vediamo quindi di riassumere i principali mutamenti fisiologici che avvengono nei due momenti citati:

Risposte fisiologiche Attivazione Rilassamento frequenza respiratoria aumento rallentamento cicli respiratori irregolari regolari consumo di O2 aumento diminuzione frequenza cardiaca aumento diminuzione conduttanza cutanea aumento diminuzione tono muscolare aumento diminuzione mutamento vascolare vasocostrizione vasodilatazione attività cerebrale (EEG) desincronizzazione sincronizzazione

I fenomeni di attivazione, di aumento dell’arousal, sono legati alla repentina attivazione di una sezione del sistema nervoso autonomo, la sezione simpatica. La risposta definita come simpatico-adrenergica comporta, quindi, una serie di mutamenti sia di carattere ormonale che fisiologici. Relativamente alla fenomenologia dei processi fisiologici che vengono definiti simpaticotonici o vagotonici possiamo così sintetizzare:

Simpaticotonia Vagotonia Polso elevato Polso lento

Pupille dilatate Pupille ristrette Mani fredde e umide Mani fredde e secche

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1.5 Psicofisiologia clinica La psicofisiologia clinica costituisce una area applicativa della psicofisiologia che è interessata ai processi fisiologici che sono presenti nei principali disturbi psichici (nevrosi, depressione, psicosi, ecc.) e che possono essere studiati nel setting relativo all'assessment ed alla terapia del paziente. Bisogna precisare che la psicofisiologia clinica fa parte integrante della psicologia clinica, ampliandone le sue potenzialità diagnostiche e terapeutiche. Più in particolare la psicofisiologia clinica rivolge la propria attenzione a:

a) le modificazioni fisiologiche che sono correlate ai disturbi psichici; b) i disturbi organici (psicosomatici) che riconoscono anche una eziopatogenesi

psicogena prevalentemente a carattere emozionale. Il compito della Psicofiologia clinica è quello di rilevare le concomitanze fisiologiche dei disturbi psichici e, quando possibile, elaborare dei precisi modelli o teorie. L’utilità che ne deriva, sia su un piano teorico quanto pratico, è costituita dalla possibilità di individuare uno o più indicatori fisiologici (legati ad una certa patologia) ed utilizzarli nel processo clinico, dalla prevenzione alla diagnosi, alla terapia ed al controllo (follow-up).

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CAPITOLO II

PSICOFISIOLOGIA E PSICOPATOLOGIA 2.Disturbi d’ansia L’ansia è un fenomeno del tutto normale e funzionale in ogni individuo. Interessa la psicopatologia solo quando diventa tratto costante della personalità o quanto influenza sensibilmente il comportamento. Solo quando diviene, quindi, una condizione anomala e sproporzionata rispetto all’evento che la genera. Le categorie diagnostiche dell'ansia patologica si possono ripartire, genericamente come segue: 1) Fobie, nelle quali l'ansia cronica costituisce il sintomo fondamentale del complesso quadro psicopatologico (ad esempio agorafobia, tanatofobia, rupofobia, fobie sociali ecc.). 2) Panico, cioè accessi d'ansia improvvisa e d'intensità estrema. 3) Ansia generalizzata o diffusa, con generica incoordinazione comportamentale e cognitiva, non riferita cioè a oggetti o situazioni specifiche, ma estesa ai contesti più diversificati; può essere di durata variabile da settimane a mesi. 4) Ansia da stress (post-traumatica), dopo uno o più episodi a contenuto emotivo drammatico, dirompente. 5) Ansia nei disturbi psichiatrici, in particolare nella depressione (circa nei 3/4 dei casi) ma anche in psicosi di tipo schizofrenico o reattivo. Le manifestazioni psicofisiologiche dell'ansia sono parte intrinseca e determinante di tale condizione psicopatologica. Nonostante l'indiscutibile importanza che nella determinazione dell'ansia e, più in generale, delle emozioni hanno i processi cognitivi (Lazarus, 1966; Lazarus, Avea e Opton, 1970), la centralità delle risposte fisiologiche, prime fra tutte quelle SNA-dipendenti, non può essere messa in discussione. In tal senso l'ansia è stata storicamente (e teoricamente) collegata all'ipotesi dell'attivazione emozionale, spettando quindi al simpatico il ruolo di protagonista (James, 1884; Cannon, 1914; Schachter, 1964; Schwartz, 1978). La tripartizione delle manifestazioni dell'ansia formulata inizialmente da Lang (1968) proprio in campo clinico, in componenti cognitive, fisiologiche e motorie, è rimasta a tutt'oggi la più valida (Birbaumer, 1977; Turner, 1984;).

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In rapida sintesi, i riscontri fisiologici più significativi nel soggetto ansioso sono (Wittling, 1980b): a) incremento del tono muscolare; b) ridotta attività gastrointestinale; c) aumento della sudorazione cutanea; d) diminuzione della secrezione salivare; e) accelerazione della frequenza cardiaca; f) aumento della gittata cardiaca. Tutte queste manifestazioni fisiologiche sono soggettivamente avvertibili (e possono essere raccolte attraverso appositi questionari). Altre non sono percepibili ma oggettivamente rilevabili, quali: g) dilatazione pupillare; h) incremento della diuresi; i) aumentata increzione di catecolamine. Come è stato sostenuto da Lader (uno tra le massime autorità nello studio della psicofisiologia dell’ansia) uno dei punti fondamentali del disturbo d’ansia è costituito dal ritardo nel processo di abituazione, sia a stimoli neutri sia a stimoli specifici (la vista di un serpente per un soggetto con questa specifica fobia). Lader (1967) ha ipotizzato che esiste un rapporto lineare tra gravità della sintomatologia ansiosa e ritardo nell’abituazione. Consideriamo, più in dettaglio, alcuni indici fisiologici. Gli indici cardiovascolari sono, nell’ansia, complessivamente incrementati: - la frequenza cardiaca (FC) di base (senza cioè alcuna sollecitazione), nel soggetto ansioso, è accelerata rispetto ai soggetti non ansiosi in media di 10-20 bpm; - la pressione arteriosa (PAO) è aumentata, più la sistolica della diastolica - il tono dei vasi periferici è frequentemente spostato verso la vasocostrizione come può rilevarsi dalla riduzione della temperatura. A seguito dell’attivazione della sezione simpatica la dilatazione della pupilla permane oltre la cessazione della condizione ansiogena. Nell’attività elettrodermica (uno degli indici più sensibili) la frequenza delle oscillazioni spontanee è molto elevata, sia in condizioni di riposo che in presenza di stimolazioni aspecifiche. È proprio l’attività elettrodermica che subisce un significativo ritardo nel processo di abituazione. L’attività elettrica corticale presenta una riduzione nella quantità delle onde alfa, normalmente presenti in condizione di riposo.

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Il tono muscolare, quantificabile attraverso l’EMG, supera quello del soggetto non ansioso anche in condizioni di riposo 2.2 Disturbi dell’umore Le caratteristiche principali della depressione sono la caduta e l’instabilità del tono dell’umore, la sensazione di vuoto, di inutilità, di angoscia e disperazione, di impossibilità di ricevere aiuto (helplessness), ai quali si accompagna uno vario corredo di sintomi come: disturbi del sonno, dell’alimentazione, abbassamento della libido, rallentamento motorio, affaticabilità, perdita del piacere in generale (anedonia), ecc.. Va segnalato come spesso la depressione (ma anche la schizofrenia) esordisca con insonnia resistente alla terapia (mentre la remissione della patologia con la ripresa del sonno). Consideriamo i principali indici fisiologici. La frequenza cardiaca (FC) tende ad essere accelerata (con la distinzione per la fase agitata (maniacale) dove l’incremento della FC è maggiore e la fase depressiva vera e propria dove ciò è minore). L’attività elettrodermica è complessivamente ridotta, sia dopo stimolazione che durante le fluttuazioni spontanee. L’elettromiogramma mostra un tono muscolare costantemente elevato. La secrezione salivare riveste importanza specifica, in quanto la “bocca secca” è un sintomo patognomico di depressione. Caratteristica è l’inversione della normale ritmicità circadiana, per cui nel depresso aumenta la salivazione alla sera. I livelli plasmatici di cortisolo, che nel soggetto normale sono elevati al mattino, hanno nel depresso un picco maggiore durante la notte; l’indice biochimico più significativo è sicuramente individuabile dalla diminuita biodisponibilità delle catecolamine, in particolare della noradrenalina e della serotonina, nelle sinapsi che utilizzano tale mediatore. 2.3 Schizofrenia La schizofrenia è una forma di psicosi che compromette gravemente le componenti cognitive, emotive e comportamentali. La sintomatologia di più frequente riscontro (Harmatz, 1978; American Psychiatric Association, 1980; Davison e Neale, 1986) può essere suddivisa in:

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1) Disturbi cognitivi: Patologia del pensiero, sia negli aspetti formali, che in quelli contenutistici: formazione dei concetti, capacità di astrazione, coerenza logica, delirio (ad esempio di persecuzione, di riferimento). Patologia percettiva: frammentazione, distorsione percettiva, alterazioni sensoriali (illusioni), allucinazioni (visive, acustiche, tattili). Patologia del linguaggio: povertà della produzione linguistica fino al mutismo, destrutturazione linguistica (incoerenza, neologismi, verbigerazione, ecolalia, ipersimbolismo). 2) Disturbi affettivo-emotivi: Instabilità, discrepanza, alternanza affettiva; depauperamento affettivo fino all'anaffettività; incongruenza emotiva, assenza di risposte a stimoli emotigeni e viceversa; incontrollabilità emotiva; perdita del piacere fisico e generale (anedonia). 3) Patologia del comportamento: Automatismi, stereotipie e manierismi comportamentali; rigidità e postura catatonica. L'importanza e la complessità della schizofrenia hanno ingenerato un quadro classificatorio tra i più intricati. La suddivisione più nota (e forse più solida) a cui si riferisce anche la trattatistica contemporanea, ripartisce la schizofrenia in: ebefrenica (o disorganizzata), catatonica, paranoidea e indifferenziata. L'indagine psicofisiologica ha comprensibilmente insistito sulla schizofrenia più che su qualsiasi altra forma psicopatologica (Venabies, 1975a,b, 1983; Lader, 1975a; Spohn e Patterson, 1979; Mednick e Schulsinger, 1974; Scrimali, 2003). Il nucleo centrale dell'interesse si è formato attorno al costrutto di attivazione e specificamente rispetto al quesito, apparso già negli anni sessanta, se gli indici di attivazione depongano per un'iper o un'ipoattivazione nella condizione schiofrenica. I pazienti schizofrenici si suddividono secondo una distribuzione biomodale: iper-reattivi ed iporeattivi (responders e non-responders). Le caratteristiche psicofisiologiche più significative dei responders sono: - numero elevato delle fluttuazioni spontanee della conduttanza cutanea; - valori di base della conduttanza cutanea superiori alla norma; - maggiore ampiezza delle reazioni elettrodermiche - frequenza cardiaca aumentata

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- pressione arteriosa aumentata - temperatura cutanea aumentata - rallentamento della velocità di abituazione a stimoli ripetuti. Caratteristiche opposte presentano i non-responders. Esistono delle evidenze sperimentali di una compromissione, nello schizofrenico, dell’emisfero sinistro, in particolare del lobo temporale (Gruzelier e Flor-Henry, 1979). Infatti la mano sinistra nello schizofrenico responder presenta una minore reattività elettrodermica della controlaterale (il contrario avviene per i non-responders).

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Tavola riassuntiva delle principali variazioni dei parametri fisiologici nei disturbi psicopatologici.

Parametri Ansia Depressione Schizofrenia responders Schizofrenia non- responders

EMG Incremento tono muscolare

(superiore anche a riposo )

Tono muscolare costantemente elevato

GSR Aumento sudorazione cutanea

(la frequenza delle oscillazioni spontanee

della conduttanza cutanea è molto elevata)

significativo ritardo nel processo di abitazione

Ridotta conduttanza (sia su stimolazione che durante le fluttuazioni

spontanee)

Conduttanza superiore alla norma –Numero elevato fluttuazioni

spontanee Maggiore ampiezza

reazioni elettrodermiche Ridotto tempo di recupero

Al contrario di ciò che figura accanto

FC Acceleraz. frequenza cardiaca

(in media 10-20 bpm in più)

Tende ad essere accelerata (maggiore in fase

maniacale)

Aumentata Al contrario di ciò che figura accanto

PA Aumento gittata cardiaca (aumento della pressione arteriosa, più la sistolica

della diastolica)

Aumentata Al contrario di ciò che figura accanto

EEG Quantità delle onde alfa, a riposo, minore

TEMP Riduzione temperatura cutanea

Aumentata Al contrario di ciò che figura accanto

Tono vasale Vasocostrizione

Pupille Midriasi (dilatazione pupillare) che permane

anche oltre la cessazione della condizione

ansiogena

Saliva Aumento secrezione salivare

Decremento, Bocca secca

Apparato digestivo

Ridotta attività gastrointestinale

Diuresi Aumento della diuresi

Catecolamine Aumentata increzione delle catecolamine

Diminuzione delle caltecolamine

Adrenalina Aumentata

Diminuzione noradrenalina

Cortisolo plasmatico

Aumentato Aumento escrezione urinaria dei corticosteroidi

Serotonina Riduzione

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CAPITOLO III

ATTIVITA’ ELETTRODERMICA ED APPLICAZIONI CLINICHE NELL’AMBITO

DEI DISTURBI SCHIZOFRENICI 3.1 L’Attività elettrodermica Come qualsiasi sistema biologico, la pelle si comporta, approssimativamente, come un resistore. Un rumore improvviso, un profondo sospiro, una domanda, posta al paziente, o un movimento, effettuato da quest'ultimo, sono seguiti, dopo circa 2 secondi, da una caduta della resistenza elettrica di alcuni distretti cutanei. Questa risposta transitoria, comunemente denominata "riflesso psicogalvanico", ha una forma d'onda caratteristica, con un tempo di salita compreso tra 1 e 2 secondi e un tempo di discesa notevolmente più lungo (Edelberg R., 1970). Il versante discendente della forma d'onda può assumere vari aspetti: da una curva che degrada dolcemente ad una ripida discesa (Surwillo W. W., 1967). Il tempo di latenza, che intercorre tra lo stimolo ed il manifestarsi del riflesso psicogalvanico, è dipendente dalla temperatura e dalla parte del corpo che si considera (Scrimali T., Cardillo A., La Naia F., Macauda C., 1977). Un tempo di latenza medio, per una risposta registrata a livello palmare, in una stanza con temperatura confortevole (20° C), si aggira intorno ad 1,8 secondi (Scrimali T., Cardillo A., La Naia F., Macauda C., 1977; Maulsby R. L., Edelberg R., 1960). Il valore della resistenza apparente della pelle può variare, nei diversi individui, tra 10.000 e 500.000 Ohm/cm2 (Venables P. H., Christie M. J., 1973). Lente variazioni nella resistenza, talvolta dell'ordine del 100 - 200%, possono verificarsi nel corso delle modificazioni dello stato di vigilanza e nel passaggio dalla veglia al sonno (Raskin D. C., 1973). Le modificazioni di tipo riflesso possono arrivare al 50% del livello di base, ma, comunemente, si aggirano intorno al 5% - 10% (Edelberg R., 1970). Da quanto detto, appare evidente che esistono due tipi di attività elettrodermica: fasica e tonica (Lacey O. L., 1947; Lacey O. L., Siegel P. S., 1949). Le risposte fasiche sono generalmente indicatrici di rapidi momenti di attivazione, conseguenti ad una risposta di ansia, ad un sommovimento emotivo, ad una situazione conflittuale (Wells F. L., Forbes A., 1911). Il monitoraggio delle risposte fasiche si effettua in varie circostanze, cliniche e sperimentali.

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Dal punto di vista clinico, particolare interesse riveste la registrazione delle risposte d'ansia, allo scopo di valutare, in modo oggettivo, la reale risonanza emotiva di situazioni ansiogene (Davis R. C., 1929). Il parametro "Livello basale della Resistenza Elettrodermica" (SRL), costituisce, invece, un indice dello stato generale di attivazione e vigilanza (Malmo R. B., Shagass C., 1949). Un incremento dello SRL è indicativo di un progressivo rilassamento psicofisico, di un processo di distensione generale dell'organismo (Mathews A. M., Gelder M. G., 1969). Il monitoraggio dello SRL appare, quindi, particolarmente utile qualora si voglia oggettivare l'entità del rilassamento psicofisico, conseguito mediante l'apprendimento e la pratica di varie tecniche di autocontrollo (Zappalà E., Paradiso L., Scrimali T., 1976). Paul G. L. ha dimostrato che la notevole distensione psicofisica, prodotta da un breve training di tecniche di rilassamento, è in perfetto accordo con le modificazioni dello SRL (Paul G. L., 1969). La relativa semplicità del monitoraggio del parametro elettrodermico e la notevole massa di informazioni valide ed attendibili che esso è in grado di fornire, sulle attività psichiche, emotive e cognitive, spiega la notevole mole di studi e ricerche esistenti in letteratura Il parametro maggiormente studiato, nell'ambito della attività elettrodermica è costituito dal monitoraggio delle risposte fasiche evocate mediante la somministrazione di pattern di stimoli acustici tonali (tipicamente 20) attuata in modo randomizzato. Oltre al trend del processo di estinzione delle risposte di orientamento, che si registra in questo tipo di trial (abituazione), una certa importanza assumono le registrazione del livello basale di conduttanza (Skin Conductance Level, SCL) e le registrazioni delle risposte fasiche spontanee (Skin Conductance Responses, SCRs). Anche nella nostra personale storia di psicofisiologi la registrazione dell’ attività elettrodermica ha costituito una prima importante tappa, iniziatasi quando, ancora studenti, costruimmo una prima strumentazione per la registrazione dell’attività elettrodermica con la quale iniziammo le prime ricerche di Psicofisiologia, anche con pazienti schizofrenici. 3.2 Applicazioni cliniche nell’ambito della schizofrenia2 Ma quale informazioni è in grado di fornire il monitoraggio del parametro elettrodermico nell'ambito della condizione schizofrenica e quale rilevanza possono avere tali dati ai fini della clinica? La risposta è che questo parametro merita veramente una speciale attenzione, dal momento che le informazione che può fornire, sul paziente e sul suo rapporto con la 2 Questo paragrafo è tratto da “Complessità, Entropia e Cambiamento” di T. Scrimali, edizioni ISSCO, 2002 Enna

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realtà, sono davvero importanti e, soprattutto, potenzialmente molto utili in ambito clinico, stante la semplicità metodologica della tecnica attuabile anche nel setting clinico, e non solo di laboratorio. I dati più significativi, ottenuti fino ad oggi, nei pazienti schizofrenici sono i seguenti: Moltissime ricerche tendono a dimostrare, in termini ormai pressoché inequivocabili, che, mentre nei soggetti sani di controllo, solo una piccola quota, del 5-10%, non esibisce risposte di orientamento a stimoli tonali, ben il 40-50% di pazienti schizofrenici fa registrare questo comportamento, riconducibile ad una alterazione dei processi di human information processing. D'altra parte, anche i pazienti schizofrenici, che dimostrano la presenza di risposte di orientamento, fanno registrare altre anomalie dal punto di vista della attività elettrodermica. Infatti, anche quando le risposte di orientamento sono presenti, esse si estinguono più precocemente o troppo tardivamente rispetto al trend fatto osservare dai soggetti sani di controllo. In ogni caso, anche i pazienti che fanno apprezzare risposte di orientamento palesano livelli di SCL insolitamente elevati, rispetto ai soggetti di controllo. Oltre a ciò, in questi pazienti si registrano altre anomalie psicofisiologiche correlate ad una elevata condizione di arousal, quali incrementi della frequenza cardiaca e della pressione arteriosa sistolica. La differenziazione dei pazienti schizofrenici in responder e non responder, nell'ambito di un trial di elicitazione di risposte elettrodermiche di orientamento, ha trovato un interessante riscontro in ambito clinico. Infatti, i pazienti responders esibiscono prevalentemente una sintomatologia positiva, mentre i non responder sono afflitti, quasi sempre, da sintomi negativi. La registrazione della attività elettrodermica, durante la fase di acuzie dello scompenso psicotico, può costituire un utile parametro, ai fini della prognosi e del monitoraggio della risposta clinica al trattamento farmacologico con neurolettici. Infatti, maggiori sono le anomalie del processo di abituazione durante il trial di evocazione e registrazione delle risposte elettrodermiche di orientamento, sia nel senso di una ritardata estinzione delle risposte che di una precoce scomparsa delle stesse, nonché maggiore appare lo Skin Conductance Level, peggiore sembra essere la prognosi e più ritardata la risposta al trattamento farmacologico. Il monitoraggio della attività elettrodermica appare quindi molto utile nel contesto della clinica, anche in rapporto alla facilità di attuazione della tecnica anche nella situazione di vita reale, al di fuori del Laboratorio. Un altro importante aspetto dello studio del parametro elettrodermico, nei pazienti schizofrenici, è costituito dalla investigazione delle potenzialità di questo marker biologico di essere, oltre che un indicatore di stato della condizione schizofrenica, anche un marker di tratto.

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Una serie di ricerche sono state svolte, in tal senso, nell'ambito della progenie di pazienti schizofrenici, dei parenti stretti, ascendenti e collaterali, nonché i campioni di studenti che venivano successivamente seguiti longitudinalmente per osservare l'eventuale esordio di una psicosi. Queste ricerche tenderebbero a dimostrare la presenza di anomalie dei pattern fasici e tonici della attività elettrodermica anche al di fuori della condizione clinica. Tale dato supporta l'ipotesi che le anomalie della attività elettrodermica siano in rapporto a deficit funzionali strutturali del sistema nervoso centrale che possono costituire la base biologica della vulnerabilità alla schizofrenia. Un ulteriore aspetto interessante, nello studio della attività elettrodermica, è costituito dalla possibilità di effettuare registrazioni bilaterali dalle due mani, con la finalità di studiare i patterns di coerenza funzionale emisferica i quali, secondo un trend recente di ricerca, sembrano essere alterati nei pazienti psicotici. Un altro importante aspetto, relativo al monitoraggio della attività elettrodermica, nei pazienti schizofrenici, in rapporto alla presenza dei parenti, ai fini di definire meglio le caratteristiche del clima emotivo familiare. Ohman, nel 1981, dopo aver effettuato una completa rassegna della letteratura (Ohman A, 1981), era giunto alla conclusione che il parametro elettrodermico era strettamente correlabile alla condizione clinica di stato dei pazienti schizofrenici, con particolare riguardo alle ricadute e agli episodi di scompenso clinico. D'altra parte, Vaughn e Leff, avevano ipotizzato che lo stress, proveniente dall'ambiente, sotto forma, sia di life-events, che di partnership con parenti ad alta Emotività Espressa (Rutter M., Brown G.W., 1966), potesse incrementare l'arousal dei pazienti schizofrenici , e trovarono conferma di tale dato nel corso di una ormai classica ricerca sperimentale (Vaughn C.E., Leff J.P., 1976). La relazione tra arousal, evidenziato tramite il monitoraggio della attività elettrodermica, e l'esposizione dei pazienti schizofrenici, alla presenza di parenti ad alta Emotività espressa, fu poi confermata in una successiva ricerca da Tarrier, Vaughn, Lader e Leff (Tarrier N, Vaughn C., Lader M.H., Leff J.P., 1979). Un altro aspetto, potenzialmente interessante dell'impiego di tecniche psicofisiologiche, nell'ambito dello studio multimodale del clima emotivo familiare, è riconducibile alla valutazione oggettiva dell'emotività dei parenti dei pazienti schizofrenici. Appare infatti plausibile l'ipotesi di lavoro che i parenti, ad alta emotività espressa dei pazienti schizofrenici, siano caratterizzati da elevati livelli di arousal, monitorizzabili mediante la registrazione della attività elettrodermica.

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CAPITOLO IV

IL BIOFEEDBACK 4.1 Il biofeedback Il termine biofeedback deriva dalla combinazione dei termini inglesi biology e feedback. Con esso si fa riferimento ad una procedura sperimentale e clinica che permette, attraverso l’uso di apparecchiature specifiche, di ricavare delle informazioni su alcune funzioni biologiche. Tali informazioni, opportunamente segnalate attraverso dei suoni o delle luci, consentono all’individuo collegato all’apparecchiatura di modulare le reazioni stesse. In buona sostanza la rilevazione strumentale e la osservazione dell'andamento di una o piu' di queste funzioni rende possibile individuare quali atteggiamenti posturali ed emotivi siano associati a queste variabili fisiologiche e quindi diventa possibile modificare queste funzioni col solo ausilio della propria volontà. Le funzioni biologiche di cui si cerca, attraverso il biofeedback, di acquisire il controllo sono, fondamentalmente quelle che vengono definite come “autonome”, quindi, per definizione, non sottoposte al controllo della volontà. Le principali funzioni solitamente monitorate sono:

- la frequenza cardiaca - l’attività elettrodermica - la pressione arteriosa - la temperatura cutanea - l’attività elettrica muscolare - le onde cerebrali (in particolare le onde beta)

Il monitoraggio che viene effettuato attraverso le procedure di biofeedback consentono, al soggetto, di individuare quelle strategie relative alla postura, al tono muscolare, alla respirazione, all’atteggiamento emotivo siano direttamente correlabili con la modificazione subito segnalata dalla macchina (sempre attraverso il suono e/o led luminosi). 4.2 Cenni storici Uno dei primissimi contributi, certamente pionieristici in questo ambito, lo dobbiamo a Jacobson che condusse un interessante studio nel decennio che va dal 1920 al 1930. Egli mise a punto una tecnica di rilassamento durante la quale utilizzava una apparecchiatura elettromiografica, relativamente rudimentale (rispetto alle odierne), che gli consentiva di monitorare lo stato di tensione muscolare dei pazienti.

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attraverso queste misurazioni bioelettriche della tensione muscolare, effettuate durante il rilassamento progressivo, Jacobson riuscì a curare una serie di sindromi psiconevrotiche. Le prime prove sperimentali che l’attività nervosa autonoma, e di conseguenza le principali funzioni biologiche da questa mediate, potessero essere controllate volontariamente furono prodotte intorno agli anno ’60 negli Stati Uniti attraverso gli studi, condotti sugli animali, da Miller. Negli Stati Uniti, all’incirca nello stesso periodo, Snyder, Brener e Kamiya (1968) cercavano di dimostrare che anche nell’uomo potevano essere controllate alcune funzioni biologiche “autonome”3 utilizzando il monitoraggio del parametro da controllare. Verso la fine degli anni ’60 i diversi filoni di ricerca si congiunsero dando luogo alla formazione, nel 1969, della Biofeedback Research Society che, successivamente, nel 1976, cambiò il nome in Biofeedback Society of America. Il crescente interesse per il biofeedback, registratosi intorno agli anni ’70, subisce una battuta d’arresto. Da parte di alcuni studiosi viene aspramente criticato come metodo clinico e ritenuto scientificamente inaccettabile. Per alcuni anni ritorna nei laboratori uscendo dal panorama della clinica. Il declino è probabilmente dovuto ad un uso indiscriminato e forzoso del biofeedback, con aspettative quasi “magiche” e senza un utilizzo appropriato che lo concepisse solo uno strumento all’interno di una psicoterapia e non certo una panacea. A fronte di questo periodo di declino, sotto la spinta della nascita di computer sempre più potenti e meno costosi, dotati di straordinarie capacità di amplificazione ed elaborazione dei dati, sotto l’ulteriore spinta dell’evoluzione tecnica delle bioapparecchiature, il biofeedback riacquista il proprio posto e la giusta dignità all’interno dell’ambito clinico. È giusto precisare che il biofeedback, nella clinica, trova la sua utilità ed esprime le sue potenzialità solo all’interno di un processo psicoterapico. Non è certo pensabile curare un paziente con disturbi d’ansia solo collegandolo ad una macchina. Oggi sono molti i clinici, soprattutto in ambito cognitivo-comportamentale, che fanno uso di queste metodiche che sono capaci di fornire al paziente un valido strumento di coping.

3 Così definite in quanto si pensava che non potessero essere funzioni biologiche controllabili volontariamente.

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CAPITOLO V

IL BIOFEEDBACK NELLA CLINICA

5.1 I principali tipi di biofeedback Ogni tipo di biofeedback, ovvero ogni applicazione di questa metodo clinico ad un diverso parametro o funzione biologica, meriterebbe una specifica trattazione in quanto, per ognuno, esistono moltissimi studi ed applicazioni. Tuttavia ciò esula dalle finalità di questa monografia che mira a fornire un quadro concettuale generale. Di conseguenza, per degli approfondimenti, si rinvia alla vasta letteratura scientifica più specialistica. 5.2 Il biofeedback elettromiografico Scheda di veloce consultazione sul biofeedback elettromiografico

Parametro monitorato

Applicazioni più diffuse

Aree o distretti tipici di rilevamento

Tipo di misura Misura in condizioni di tranquillità

Misura in condizioni di attivazione

Tono muscolare - riabilitazione neuromuscolare

dopo traumi - tecniche di rilassamento

- muscolo frontale - muscolo trapezio

- muscoli dell'avambraccio.

microvolts 2-3 microvolts 20-30 microvolts

Il biofeedback elettromiografico, come la stessa definizione suggerisce, mira a monitorare ed informare l'attività dei diversi gruppi muscolari, allo scopo di potere fornire al paziente un flusso di informazioni continue sulle condizioni dinamiche dello stato di tensione muscolare. Il tono muscolare, che è il parametro monitorato in questo caso, non appartiene all'insieme delle attività mediate dal sistema nervoso autonomo, ma, per la maggior parte dei distretti, rimane sotto il controllo diretto della volontà. L'obiettivo è, ovviamente, come Jacobson stesso aveva dimostrato con le sue ricerche, quello di favorire il rilassamento e la conseguente condizione di distensione. I primi lavori clinici sperimentali si effettuarono intorno alla metà degli anni ’60. Autori come Budzynski e Stoya (1969) attraverso le loro ricerche, riuscirono a dimostrare che i pazienti che ricevevano un feedback acustico, relativo al grado di tensione del muscolo frontale, riuscivano ad ottenere un decremento notevole, in poche sedute, del livello di microvoltaggio registrato avendo, come conseguenza di ciò un effetto di rilassamento generale.

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In termini più strettamente anatomo-fisiologici, l'elettromiogramma misura il livello di scarica delle fibre nervose motorie che innervano il muscolo. Questo livello viene espresso in microvolts ed è direttamente correlato al tono del muscolo. Quando un muscolo è completamente rilassato genera un segnale generalmente non superiore a 2-3 microvolts, a differenza di uno stato di tensione del muscolo che comporta valori di 10 oppure 20 o 30 microvolts in modo continuo. Poiché esistono muscoli che riflettono meglio di altri il grado globale di tensione dell'organismo (e permettono anche di utilizzare solo pochi elettrodi di misura) vi sono dei distretti muscolari più frequentemente monitorati e sono: - il frontale - il trapezio - i muscoli dell'avambraccio. Il biofeedback EMG è anche particolarmente utile per ottenere il rilassamento di gruppi muscolari specifici quali: masseteri nel bruxismo, frontale e muscoli del collo e delle spalle nelle cefalee muscolo-tensive. 5.3 Il biofeedback termocutaneo Scheda di veloce consultazione sul biofeedback termocutaneo

Parametro monitorato

Applicazioni più diffuse

Aree o distretti tipici di rilevamento

Tipo di misura Misura in condizioni di tranquillità

Misura in condizioni di attivazione

Temperatura cutanea

- cefalee - morbo di Raynaud

Mani Gradi °C 32-36 °C Valori inferiori a 28 °C

Il biofeedback termocutaneo nella pratica clinica consiste essenzialmente nel fornire al paziente delle indicazioni relative alla temperatura delle mani con l’obiettivo di divenire più competente nel determinare un aumento della temperatura cutanea periferica. La temperatura cutanea periferica può essere considerata un indicatore abbastanza fedele del livello di attivazione emozionale. Condizioni di stress emotivo provocano infatti una notevole vasocostrizione cutanea periferica mentre il rilassamento, di contro, induce una vasodilatazione. Molti sono gli studi relativi al feedback termocutaneo. Tra i primi possono essere ricordati quelli di Sargent che lo utilizzò nella terapia dell'emicrania (Sargent et al. 1973) e di Surwit che lo utilizzò per la terapia del morbo di Raynaud. Il parametro che il paziente tende a modificare, da un punto di vista più strettamente fisiologico, è il flusso sanguigno nel distretto circolatorio cutaneo, che è a sua volta regolato dal livello di attivazione ortosimpatico. Conseguenza quindi dell’aumento della temperatura cutanea è un maggiore stato di rilassamento psicofisico.

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La rilevazione della temperatura viene effettuata mediante una piccola sonda posta a contatto della pelle. Al di là del valore assoluto della temperatura, che è abbastanza variabile da soggetto a soggetto, è opportuno concentrarsi sulle modificazioni della temperatura rispetto al valore iniziale della seduta di biofeedback. I valori che generalmente possono considerarsi nella “norma” sono compresi fra 32 e 36 gradi C°. Al di sotto dei 28 C°, dopo avere escluso la presenza di cause organiche obiettive, può essere utile effettuare il biofeedback della temperatura. Nella terapia della cefalea l’applicazione clinica del feedback termocutaneo ha trovato un buon riscontro ritenendo che esista una precisa relazione tra bassa temperatura cutanea delle mani ed inizio della crisi cefalalgica. La vasodilatazione seguente all’innalzamento della temperatura cutanea, in una percentuale considerevole, stronca sul nascere l'episodio cefalalgico. Il feedback termocutaneo è utilizzato anche nella terapia del morbo di Raynaud ed in questo caso diventa possibile inibire o moderare il vasospasmo presente nelle crisi, inducendo una vasodilatazione e incrementando la circolazione sanguigna nelle dita. 5.4 Il biofeedback della frequenza cardiaca Scheda di veloce consultazione sul biofeedback della frequenza cardiaca

Parametro monitorato

Applicazioni più diffuse

Aree o distretti tipici di rilevamento

Tipo di misura Misura in condizioni di tranquillità

Misura in condizioni di attivazione

frequenza cardiaca - disturbi d’ansia - tachicardia essenziale

dito della mano bpm (numero di battiti per minuto)

72 bpm Superiori a 85 bpm

Il parametro della frequenza cardiaca può essere monitorato attraverso l’uso della tecnica che prende il nome di fotopletismografia. Le più moderne apparecchiature consentono di ricavare due parametri: la frequenza cardiaca e lo stato di vasodilatazione (o di vasocostrizione) periferica in base all'ampiezza del segnale registrato. Quando l'ampiezza è ridotta è presente uno stato di vasocostrizione altrimenti, se l'ampiezza del segnale è maggiore, è presente uno stato di vasodilatazione. Il feedback della frequenza cardiaca è utilizzato nella terapia delle aritmie soprattutto di tipo tachicardico (Engel et al.1974). Come per ogni parametro, il concetto di valore normale non può essere preso con assolutezza, tuttavia una frequenza cardiaca compresa fra 60 e 90 bpm (battiti per minuto) può essere considerata normale, mentre oltre i 90 bpm, in condizioni di riposo, implica una condizione di tachicardia che potrebbe essere trattata efficacemente col biofeedback.

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5.6 Il biofeedback dell’attività elettrodermica Scheda di veloce consultazione sul biofeedback dell’attività elettrodermica

Parametro monitorato

Applicazioni più diffuse

Aree o distretti tipici di

rilevamento

Tipo di misura Misura in condizioni di tranquillità

Misura in condizioni di attivazione

resistenza/conduttanza della pelle

- disturbi d’ansia polpastrelli delle dita delle mani

Kohms microsimens

1- 10 microsiemens

>10-30 micorosiemens

L’attività elettrodermica è uno dei parametri a cui di più si sono interessati, già da molto tempo, gli psicologi, sia in ambito sperimentale quanto clinico. Infatti la semplicità del rilevamento insieme alla fedeltà nel monitoraggio di minimi mutamenti emotivo/comportamentali ne hanno decretato l’ampio successo. La pelle umana si comporta approssimativamente come un resistore. Se si piazzano due elettrodi sulla superficie cutanea (tipicamente su due dita vicine di una mano) e si applica ad essi una debole corrente costante, si genera un voltaggio da cui è possibile calcolare la resistenza apparente della pelle. L’attività elettrodermica può essere misurata come resistenza oppure come misura utilizzando il suo reciproco e cioè la conduttanza. Si tratta infatti valori inversamente proporzionali (al salire della resistenza la conduttanza diminuisce e viceversa). Stimoli di tipo emozionale esterni (un rumore improvviso, un sospiro, una frase o una parola detta da qualcuno) che generano un incremento dell’attivazione, solo per capirci, provocano contestualmente una rapida caduta della resistenza ed ovviamente un innalzamento della conduttanza. Questa risposta transitoria, che prende il nome di riflesso psicogalvanico, ha una forma d'onda caratteristica con un tempo di salita di circa 1-2 secondi ed un tempo di discesa di circa 5-6 secondi. Questo e' il tempo necessario affinché il valore della resistenza elettrica ritorni al livello pre-stimolo. Questo effetto dipende anche dalla temperatura e tende a scomparire se la temperatura ambiente supera i 32 gradi centigradi. La temperatura ideale per registrare i riflessi psicogalvanici è di circa 20-28 gradi. Il valore assoluto della conduttanza elettrica della pelle può variare nei diversi individui e nelle diverse situazioni fra 0.5 e 35 microsiemens. Questo valore assoluto viene chiamato Skin Conductance Level (SCL). A titolo indicativo, valori di conduttanza inferiori a 10 microSiemens sono da considerarsi normali in individui rilassati, se il soggetto è agitato e nervoso (per un

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motivo qualsiasi) la conduttanza cutanea si incrementa progressivamente, e può arrivare a valori compresi fra i 10 e i 35 microsiemens. In questi casi, può essere molto utile effettuare una tecnica di rilassamento che porterà ad un abbassamento del valore della conduttanza elettrica cutanea. Sotto l'azione di stimoli emotivi (sia positivi che negativi) si hanno modificazioni veloci del valore della resistenza elettrica della pelle che in genere non superano il 5-10%. Queste modificazioni veloci possono essere registrate e sono chiamate Risposte Fasiche. Esse possono essere utili ad evidenziare la comparsa di una attivazione emozionale. Esistono sostanzialmente due tipi di attività elettrodermica, analizzabili in termini di conduttanza: a) L'attività tonica, esprime il valore assoluto della conduttanza elettrica cutanea, e costituisce un indice dello stato generale di attivazione del sistema nervoso dell'organismo. Il valore tonico è più basso se l'individuo è tranquillo e rilassato. Se invece è agitato e nervoso, aumenta la sudorazione cutanea e si incrementa la resistenza elettrica della pelle. b) L'attività fasica, cioè le rapide risposte provocate da stimoli prettamente emozionali, sensoriali o ideativi, come descritto in precedenza. Gli strumenti più moderni per il feedback dell’attività elettrodermica permettono di misurare contemporaneamente, sia l'attività tonica, che quella fasica, presentandole separatamente su un display. In campo clinico l’attività fasica permette per esempio di compilare in un primo tempo una gerarchia di situazioni-stimolo nei soggetti fobici, e poi di somministrare il feedback per ridurre la risposta fobica in presenza dello stimolo. 5.7 Il Biofeedback elettroencefalografico Scheda di veloce consultazione sul biofeedback elettroencefalografico

Parametro monitorato

Applicazioni più diffuse

Aree o distretti tipici di rilevamento

Tipo di misura

Misura in condizioni di tranquillità

Misura in condizioni di attivazione

onde cerebrali -insonnia -ideazione ossessiva -terapia deficit dell'attenzione -terapia dell'ansia.

scalpo Hz varia in relazione al tipo di onda

varia in relazione al tipo di onda

ll biofeedback EEG è un procedimento consistente nel monitorare l'attività elettroencefalografica allo scopo di far acquisire al paziente la possibilità di controllare il tipo di ritmo EEG, per esempio per aumentare il ritmo Alfa e Theta, oppure altri parametri EEG.

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Le più importanti indicazioni cliniche sono le seguenti: - insonnia (Hauri et al. 1976) - ideazione ossessiva (Fuller 1977) - terapia dei Deficit dell'Attenzione - terapia dell'Ansia. Il ritmo Alfa (8-12 Hz) consiste in onde elettriche prodotte dal nostro cervello alla frequenza di circa 10 Hz (oscillazioni al secondo) e la sua importanza nasce dalla constatazione che i soggetti impegnati in esercizi di rilassamento psicofisico, ad occhi chiusi, ma in veglia, fanno registrare alti livelli di attività EEG di tipo Alfa (Wallace et al. 1972). L'obiettivo che si persegue è la possibilità di raggiungere più agevolmente condizioni psicofisiche di distensione, autocontrollo e benessere interiore mediante l’acquisita competenza nel produrre onde Alfa. Il paziente viene istruito a chiudere gli occhi e a rilassarsi. L'attività EEG viene rilevata tramite una opportuna apparecchiatura mediante elettrodi d'argento disposti sullo scalpo in posizioni quali i lobi frontali, o temporali. Questa sede è più adatta per il training Alfa essendo il ritmo Alfa più forte ai lobi temporali. L’apparecchiatura analizza il segnale EEG e fornisce un feedback acustico quando il pattern rilevato coincide con una determinata frequenza ed ampiezza del segnale EEG. Non può essere utilizzato un feedback visivo in quanto il ritmo Alfa viene abolito dall'input sensoriale visivo. Il biofeedback Alfa può essere vantaggioso anche per soggetti normali che vogliano aumentare il loro livello di autocontrollo, e di lucidità mentale. Il ritmo Alfa è un buon indicatore di una mente non impegnata in alcun compito, rilassata, sgombra da pensieri, ma sveglia e pronta a recepire stimoli sensoriali. L'apertura degli occhi o forti rumori fanno cessare il ritmo Alfa che viene sostituito dal ritmo Beta. Il ritmo Theta (4-8Hz) può essere utilizzato come biofeedback. Il Theta è un ritmo cerebrale che appare spontaneamente in prossimità del passaggio dalla veglia al sonno. Per questo motivo, di norma è un ritmo che non è possibile prolungare a volontà (come l'Alfa) ma il training Theta permette piano piano di ottenere e mantenere questo ritmo senza sprofondare nel sonno. Di norma è più difficile effettuare il training Theta rispetto all'Alfa, quindi è bene utilizzare questa tecnica solo in soggetti che abbiano già effettuato con successo il training Alfa.

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Il feedback Low-Beta (12-18Hz) è invece molto utile per la terapia del Deficit d'Attenzione nei bambini iperattivi. A questo scopo si effettua ad occhi aperti, con contemporanea somministrazione di feedback visivo ed acustico. Gli elettrodi si applicano in sede temporale, per evitare la forte presenza di artefatti da movimenti oculari che si avrebbe in sede frontale. Lo scopo di questo feedback è aumentare la ampiezza delle onde Low-Beta e nello stesso tempo diminuire l'ampiezza delle onde Theta (4-8Hz) che risultano eccessive nei bambini affetti da Deficit dell'Attenzione ed Iperattività. Questa terapia basata sul feedback è una tra le poche alternative alla terapia farmacologica. Il feedback dell'Alfa come rapporto attività lobo Destro/Sinistro Studi recenti svolti negli Stati Uniti mostrano che è possibile utilizzare delle tecniche alternative per la terapia della depressione (in taluni casi anche dell'ansia e dello stress in genere). Una tra le tecniche più recenti è stata proposta da Peter Rosenfeld e nasce dalla osservazione che i soggetti affetti da depressione presentano in genere una maggiore attività sul lobo frontale destro rispetto al sinistro, mentre nei normali il livello di attività Alfa è più simile nei due lobi. Rosenfeld sostiene che possono raggiungersi migliori risultati, nel trattamento della depressione, effettuando un tipo di feedback in cui viene fornito un suono (feedback) quando la quantità di Alfa sul lobo sinistro supera quella di destra. Questo tipo di biofeedback è consigliato per i soggetti che abbiano allo stesso tempo sintomi depressivi ed una maggiore ampiezza Alfa sul lobo fronto-temporale destro. Il feedback della Coerenza Frontale Soggetti che presentano una significativa sintomatologia ansiosa presentano tipicamente un basso valore della coerenza frontale (valore sotto 55 circa). È proprio questa la ragione che giustifica il feedback della Coerenza Frontale. Questo feedback viene fornito quando il valore della coerenza aumenta nel range normale (da 60 a 80 circa). Aumentare la coerenza frontale è, quindi, l’obiettivo da raggiungere a partire dal valore iniziale che il paziente presenta. Il feedback della Coerenza Frontale si effettua ad occhi chiusi con gli elettrodi posizionati in sede frontale. È consigliato nei pazienti che presentano, come si diceva, sintomi ansiosi e che mostrano contemporaneamente un valore della sincronia frontale sotto 60.

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Il feedback della Coerenza Fronto-Temporale destra Si è osservato che nei soggetti depressi e sotto stress, la coerenza omolaterale del lobo destro fra le posizioni frontale e temporale, è più alta (valore oltre 40) rispetto al valore medio dei normali (che vale 10-30 circa). Per questa ragione viene ritenuto utile il biofeedback della Coerenza Fronto-Temporale che viene effettuata ad occhi chiusi, con due elettrodi uno in sede frontale destro e l'altro in sede temporale destro. L’obiettivo è quello di abbassare il valore della coerenza fronto-temporale destra, fino a valori di circa 10-20. Consigliato nei pazienti che presentano una sintomatologia secondaria a stress e che abbiano un valore della coerenza fronto-temporale destra superiore a 40. 5.8 Biofeedback e iperattività: il caso di Mariolino Sembra utile riportare brevemente un caso clinico relativo ad un particolare disturbo facente parte del gruppo, secondo il DSM IV, dei Disturbi da Deficit di Attenzione e da Comportamento Dirompente. Il bambino del quale racconteremo, è stato affetto da una patologia congenita e costretto all’ospedalizzazione precoce nei primi suoi tre anni di vita. Com’è noto, il disturbo di attenzione consiste in una facile distraibilità e difficoltà a portare a termine i propri compiti e ad organizzare i propri impegni. Caratteristiche dei bambini con disturbo dell’attenzione sono l’incapacità di controllo sul proprio comportamento e la mancata previsione delle conseguenze dell’impulsività delle azioni messe da loro in atto. Altra peculiarità è il totale fallimento di alcune tradizionali modalità educative, ad esempio della lode, per modellare il soggetto ad un comportamento più funzionale. Mariolino è stato seguito presso l’Istituto Scientifico di Psicologia “Edgar Morin”. Prime sedute di osservazione clinica - L’osservazione viene effettuata in maniera strutturata. Mariolino entra nella stanza dei giochi e si avvicina agli operatori con fiducia e sorridente. Interagisce con loro e risponde alle domande postegli in maniera corretta e congrua per tono affettivo. È di aspetto pulito, curato e ordinato, si esprime con linguaggio sintatticamente corretto. Il gioco è fantasioso ed attraverso esso Mariolino esprime una forte quota di aggressività, autosvalutazione ed impulsività, è iperattivo, tende a perdere l’attenzione con facilità, ma l’attività esplorativa è comunque mantenuta per conoscere l’ambiente. Il piccolo evidenzia anche una tendenza a comportamenti di tipo reiterativo. Attraverso il gioco delle marionette Mariolino drammatizza la sua esperienza di ospedalizzazione esprimendo attraverso esso, la sua impotenza nei confronti degli interventi medici che ha dovuto subire in tenera età e il sentirsi aggredito in maniera invasiva da questi.

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Assessment - Sono state previste per il bambino tre o quattro sedute successive per la valutazione psicodiagnostica e psicopedagogica, al fine di potere progettare un intervento personalizzato. Tutti i dati dei test somministrati a Mariolino evidenziavano il deficit attentivo e la difficoltà di concentrazione. Emergevano altresì l’aggressività, il senso di inadeguatezza e di bassa autostima che erano stati anche ben evidenziati durante i colloqui e l’osservazione del bambino. Poiché il Q.I. di Mariolino era da ritenersi nella norma ed era stata accertata l’assenza dei segni di una possibile sindrome dislessica, l’ipotesi diagnostica convergeva verso un disturbo dell’attenzione. Terapia/Intervento - Operativamente, gli obiettivi del piano educativo personalizzato progettato per Mariolino, furono i seguenti: abilitazione-riabilitazione dell’attenzione e della concentrazione, miglioramento della coordinazione visuo-motoria e consolidamento dei concetti topologici (che il piccolo non aveva potuto acquisire in quanto prerequisiti previsti nel programma della scuola dell’infanzia). Attraverso un intervento cognitivo-comportamentale istruimmo un training di esercizi che venivano realizzati ogni seduta in questo modo: poiché un obiettivo importante da fare raggiungere a Mariolino era l’autocontrollo sul proprio comportamento per il cambiamento del locus of control da esterno ad interno, la seduta riabilitativa prevedeva un training di autoistruzione verbale che realizzava la soluzione del compito selezionato attraverso la comprensione e la spiegazione dello stesso, l’individuazione dei possibili modi di risolverlo, la scelta e la realizzazione della strategia, l’autocontrollo del procedimento e la scelta di un altro, eventuale, percorso in caso di non risoluzione del compito. Durante il compito il bambino, infatti, dapprima con l’esempio esplicito da parte nostra, successivamente in maniera autonoma, si dava delle autoistruzioni esplicite (es.: “adesso disegno un cerchio, lascio un quadretto, poi faccio un triangolo, lascio un quadretto….”). Tra gli altri strumenti, di significativo rilievo è stato l’utilizzo del Biofeedback computerizzato delle onde cerebrali (onde beta). Le sedute, con cadenza bisettimanale, avevano la durata di 20-25 minuti ciascuna. All’inizio, le prime 4 sedute, hanno avuto una durata inferiore che si è, progressivamente, allungata fino a raggiungere i 20 minuti circa. Mariolino non ha incontrato molta difficoltà nel farsi posizionare gli elettrodi sullo scalpo, in zona temporale, ed ha partecipato con curiosità a tutte le operazioni legate alla specifica metodica, prendendolo come un gioco “serio”. La consegna è stata la seguente: “come vedi ci sono dei fili che collegano degli elettrodi, posti sulla tua testa, con questo computer. Non c’è nessun rischio che tu possa prendere una scossa elettrica, naturalmente. Tutto ciò che devi fare e cercare di far scendere queste barrette colorate, qui sul monitor, facendole arrivare sotto questa linea. Se riuscirai a fare questo potrai ascoltare una bella canzoncina di Walt Disney.” “Ma cosa devo fare per riuscirci?”

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“Non è difficile, prevede solo un pò di impegno, basta soltanto che tu stia il più tranquillo possibile, ben fermo e concentrato su queste barrette, pronto a sentire la canzoncina”. Come può immaginarsi non è stato semplice “placare” l’indomabile energia di Mariolino, e “bloccarlo” sulla poltrona, specialmente per le prime sedute. Tuttavia, partendo inizialmente da target più semplici (riduzioni di poche unità di misura in Hz) il piccolo paziente ha cominciato ad apprendere quali meccanismi erano alla base dell’abbassamento di quelle barrette colorate. Presto è divenuto una specie di gioco con tanto di sfida e di premio finale. Il software permette infatti di inserire qualsiasi file musicale e di attivarlo secondo dei livelli soglia pre impostati. L’inizio ed il mantenimento della musica rappresenta il feedback acustico che “premia” il soggetto per avere raggiunto un maggior livello di rilassamento. Questa metodologia, già usata con successo in molti altri casi simili, ha permesso a Mariolino di acquisire, nel tempo, una maggiore competenza nel controllare la propria reattività e, di divenire, via via, sempre più capace di focalizzare la propria attenzione sul feedback fornito dall’apparecchiatura. Anche al di fuori dal training, in alcuni momenti di particolare irrequietezza, veniva ricordato a Mariolino di provare a fare ciò che solitamente faceva davanti al computer del Laboratorio di Psicofisiologia; molto spesso, questo è bastato a ridimensionare l’iperattività ed a recuperare l’attenzione verso il compito prestabilito. Risultati raggiunti Alla prima verifica, realizzata dopo cinque mesi di training, Mariolino aveva acquistato consapevolezza delle proprie modalità di comportamento, era in grado di riconoscere quando tendeva a non mantenere l’attenzione, aveva acquistato un maggior senso di autostima e si percepiva come capace e competente, riconosceva le proprie emozioni e le esprimeva con naturalezza (tutto questo, ovviamente, non solo per via del Biofeedback!). (Si ringraziano la dott.ssa Silvana Carà, psicologo, Responsabile Area Psicologia evolutiva ISPEM e l’ins. Teresa Costanza, Responsabile delle attività di Riabilitazione Disturbi dell’apprendimento e Deficit Neurocognitivi dell’ISPEM, che hanno seguito il caso di Mariolino qui riportato).

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CAPITOLO VI

METODOLOGIA IN PSICOFISIOLOGIA CLINICA: IL MindLAB

6.1 Dalla teoria alla pratica: il MindLab una apparecchiatura per il monitoraggio e la retroazione biologicadell’attività elettrodermica Nei capitoli precedenti abbiamo visto come sia possibile, attraverso idonee apparecchiature, rilevare vari parametri fisiologici (biosegnali). Abbiamo definito inoltre, se pure sinteticamente, i confini e le potenzialità dell’assessment psicofisiologico come anche del biofeedback. In questo capitolo presenteremo una serie di informazioni tecniche con particolare riferimento ad una specifica strumentazione relativa al monitoraggio ed alla retroazione biologica della attività elettrodermica, il MinLAB. Questa strumentazione costituisce il risultato di anni di studi e di ricerche, svolte presso la Clinica Psichiatrica della Università di Catania e presso i laboratori dell'Istituto Superiore per le Scienze Cognitive da Tullio Scrimali, uno degli Autori di questa monografia. Dopo aver individuato gli standard scientifici di base della strumentazione si è lavorato a lungo per ottenere una apparecchiatura compatta, di facile impiego e, soprattutto, economica e facilmente reperibile (il MindLAB può essere agevolmente acquisito grazie al web all'indirizzo: www.psychothech.it). La possibilità di rendere più diffusa la pratica della Psicofisiologia clinica è strettamente legata alla disponibilità di strumentazioni che abbino tali caratteristiche. Occorre precisare, comunque, che quanto verrà descritto e spiegato in merito al MindLAB costituisce comunque la tematica di base comune ad ogni apparecchiatura scientificamente valida per psicofisiologia clinica. 6.2 Il MindLAB

Il MindLAB costituisce una strumentazione per Psicofisiologia clinica, basata sul monitoraggio dell’attività elettrodermica exosomatica. La realizzazione di questo apparato, recentemente brevettato da Tullio Scrimali e interamente prodotto a Catania nel distretto della cosiddetta Etna Valley, costituisce il risultato di un lungo lavoro di progettazione, ingegnerizzazione e sperimentazione, finalizzato alla realizzazione di una strumentazione in grado di riunire in sé le caratteristiche di maggiore validità ed efficacia.

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Il MindLAB si presenta come una apparecchiatura professionale, perfettamente integrabile nel setting clinico ambulatoriale in Psicologia clinica, Psichiatria, Psicoterapia e Riabilitazione. La sua compattezza e portabilità lo rendono inoltre ideale per attività terapeutiche e riabilitative da svolgersi in contesti operativi quali strutture riabilitative residenziali e setting di gruppo. Le caratteristiche dell’apparecchio sono state studiate anche in funzione della didattica relativa alla Psicofisiologia clinica e al Biofeedback. La potenza del feedback acustico, la fedeltà dell’amplificazione audio, la elevata visibilità dei display visivi ne rendono possibile la perfetta utilizzazione anche con un numeroso gruppo-classe. Infatti, il MindLAB è stato ampiamente sperimentato, anche, in questo ambito, nel Corso di Laurea di Medicina della Università di Catania, presso il Corso di Laurea in Scienze e Tecniche Psicologiche di Enna, presso il Diploma Universitario di Riabilitazione Psichiatrica e Psicosociale, presso la Scuola ALETEIA e in un grande numero di corsi di livello universitario anche a livello internazionale (Stati Uniti, Repubblica Ceca, Polonia, Giappone)

Questa immagine mostra due studenti della Facoltà di Scienze e Tecniche Psicologiche dell’Università di Enna, che sotto la supervisione del docente, si esercitano praticamente con il MindLAB.

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Il MindLAB può essere utilizzato anche nel contesto scolastico, sia nell’insegnamento curriculare, che di sostegno. Nel primo caso l’utilizzazione della strumentazione può essere preziosa per la dimostrazione agli studenti del rapporto mente-cervello, per lo studio della dinamica emotiva e per l’apprendimento della tematica dell’autocontrollo. Nel sostegno l’utilizzazione del MindLAB e la pratica del biofeedback possono contribuire a migliorare l’autocontrollo emotivo e comportamentale. E’ possibile, in tal modo, nello studente diversamente abile, lo sviluppo di maggiori competenze cognitive e relazionali con conseguente incremento della self-efficacy. Numerose esperienze sono state condotte anche nell’ambito della Medicina sportiva. In questo contesto il MindLAB consente di attuare sofisticate strategie di allenamento basate sull’autocontrollo emotivo e cognitivo capaci di ottimizzare la performance motoria, mentale ed agonistica dell’atleta in ogni ambito sportivo. Il MindLAB si compone di una serie di dispositivi in grado di attuare i seguenti processi:

- monitoraggio della attività elettrodermica exosomatica, tonica e fasica - retroazione biologica continua al paziente (biofeedback) della attività

elettrodermica - I feedback erogati sono acustico (modulato in frequenza) e visivo (barra di led

colorati) - campionamento e registrazione dei dati relativi al monitoraggio della

conduttanza elettrodermica, da parte dell’operatore, ai fini della compilazione di dettagliati protocolli di seduta

- somministrazione di stimoli acustici al fine di elicitare risposte fasiche di orientamento nel paziente che vengono registrate a fini diagnostici.

6.3 Caratteristiche tecniche del MindLAB

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La misurazione della conduttanza elettrodermica viene effettuata mediante un sistema che utilizza un amplificatore operazionale ad alta impedenza. La corrente applicata agli elettrodi è bassissima, dell’ordine dei 400 microampere. Ciò consente di minimizzare al massimo la polarizzazione degli elettrodi nel corso del monitoraggio della attività elettrodermica. La misurazione viene effettuata con lettura continua della conduttanza, in microsiemens, su un ampio display grafico a 128 x 64 punti retro illuminato. La portata dello strumento va da 0.1 a 38.5 microsiemens. La misura consente di apprezzare variazioni minime di 0,1 microsiemens. Display Visivo: a barra di led bilaterale a dieci punti con zero centrale. Audio: suono armonico, modulato in frequenza da 100 a 5000 Hz. Amplificatore e altoparlante interno di alta qualità, con potenza di uscita di 3 watt r.m.s. Tale elevata potenza audio è stata realizzata al fine di rendere possibile la didattica del biofeedback e le esercitazioni in ambienti, come le aule universitarie affollate e, quindi, con notevole noise di fondo. Campionatore E’ possibile impostare tre intervalli temporali: 5, 10 e 20 secondi. L’accuratezza del timer è dell’ordine di +/- 10%. Stimolatore acustico E’ in grado di erogare stimoli acustici in cuffia dalle seguenti caratteristiche: Tono ad onda quadra secondo le specifiche della curva di Fletcher e Munson Intensità 80 decibel. Durata: 440 millisecondi. Deviatore off, on, charge Serve per l’accensione e lo spegnimento della strumentazione. E’ stato progettato in modo da impedire accensioni accidentali durante il trasporto con conseguente scaricamento delle batterie. Ruotando il deviatore verso destra si attiva il procedimento di carica quando il MindLAB è collegato, tramite il suo alimentatore alla rete.

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Bilanciamento (Balance) Questo comando e la relativa funzione sono molto importanti ai fini di una corretta ed efficace utilizzazione di una strumentazione per biofeedback della attività elettrodermica. Il parametro elettrodermico exosomatico è soggetto, nei vari individui, a notevoli differenze individuali. Al fine di poter erogare, in ogni momento, al paziente, un feedback acustico (suono emesso dalla strumentazione) e visivo (modalità di accensione dei led) è necessario che lo strumento sia bilanciato in modo che i segnali di feedback si trovino nel range dei loro ambiti di variazione possibile. Per rendere più chiaro questo fondamentale concetto useremo un esempio: quello di una bilancia provvista di un quadrante che permette una pesata di un chilogrammo e di due piatti. Su uno dei piatti viene collocato ciò che si vuole misurare, sull’altra dei “pesi” che servono, appunto, a bilanciare. Infatti, se il quadrante della bilancia va da zero a 1 kg, qualora tentassimo di misurare qualcosa che pesi 1,5 kg, la lancetta della bilancia arriverà al fondo scala (1 kg) e non potrà andare oltre. Come faremo per riportare la lancetta dentro la scala dello strumento? Metteremo sull’altro piatto della bilancia un peso di 1 kg; in tal modo la lancetta tornerà dentro la scala, segnalando 0,5 Kg. Poiché la funzione dei display analogici è quella di segnalare al paziente le variazioni della attività elettrodermica, l’operatore dovrà regolare il comando di bilanciamento in modo da tenere i display sempre all’interno del range di lettura. Per ritornare all’esempio precedente, bilanciare significherebbe aggiungere o togliere pesi dal piatto della bilancia. Per una semplice ed intuitiva manipolazione del comando di bilanciamento il senso di rotazione è sincronizzato con lo spostamento dei led sulla barra. Quindi, una rotazione in senso orario fa spostare i led verso destra; una rotazione in senso antiorario farà spostare i led verso sinistra. Il comando è costituito da un potenziometro di precisione multigiri che consente una accurata regolazione. L’impiego del comando di bilanciamento serve altresì per fare comprendere al paziente come varieranno le informazioni fornite dai display analogici.

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Per simulare al paziente gli incrementi della conduttanza (quindi della tensione emotiva) si deve far girare la manopola verso destra, per far comprendere cosa accadrà, in caso di rilassamento, è necessario ruotare la manopola verso sinistra. Ogni volta che si interviene sul comando di bilanciamento, occorre segnalare al paziente che le variazioni che si osservano a livello dei display non sono prodotte da lui ma dall’operatore. In definitiva, appena gli elettrodi saranno stati collegati al paziente, si azionerà il comando di bilanciamento per portare l’informazione visiva dei led a centro scala. In tal modo il sistema di display potrà iniziare a segnalare al paziente le variazioni della sua conduttanza elettrodermica. Subito dopo sarà opportuno simulare al paziente gli aumenti e le diminuzioni dell'arousal, sempre intervenendo sul comando di bilanciamento. Per finire, sarà opportuno posizionare l’indicazione visiva nella parte destra del display e chiedere al paziente di iniziare a tentare di fare ridurre l’arousal facendo spostare i led accesi verso sinistra e la frequenza del suono verso le tonalità più basse e fino allo spegnimento del suono stesso. Se la conduttanza del paziente varia tanto da portare l’indicazione visiva e acustica all’estremo limite alto (attivazione emotiva) o basso (rilassamento), occorre intervenire sul comando di bilanciamento riportando l’indicazione luminosa e acustica verso il centro scala e ponendo fine alla situazione di “fuori-scala”. Anche in questo caso fornire al paziente l’informazione che si sta intervenendo sul comando bilanciamento e che la variazione dell’informazione che si produrrà è il risultato dell’intervento dell’operatore e non della variazione della conduttanza. Sensibilità (Sensitivity) Anche questo comando e la funzione su cui interviene sono critici, insieme al bilanciamento precedentemente descritto. Ciascun individuo può esibire variazioni della conduttanza elettrodermica molto diverse. Alcuni soggetti mostrano variazioni elevate, altri molto piccole. Oltre a ciò, variano le condizioni di impiego della strumentazione. In certe circostanze, per esempio all’inizio del training, si vogliono visualizzare al paziente anche piccole variazioni. Successivamente, quando il paziente avrà imparato a modificare il livello di conduttanza, sarà opportuno ridurre la sensibilità. La regolazione della sensibilità deve inoltre tenere conto della necessità di mantenere entro la scala le variazioni dei display analogici, acustico e visivo.

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Se la sensibilità è eccessiva, piccole variazioni della situazione emotiva porteranno presto i display fuori scala, se la sensibilità è troppo bassa, si stenterà ad osservare le variazioni. L’impostazione della sensibilità influisce sulla regolazione del bilanciamento. Se la sensibilità è elevata piccole rotazioni del comando di bilanciamento provocheranno notevoli spostamenti sul display analogico. Se la sensibilità è impostata su valori bassi, allora il comando di bilanciamento potrà essere manipolato con spostamenti maggiori. Per la scelta ottimale della sensibilità quando si inizia il training, per la prima volta, con un nuovo paziente, si consiglia di procedere nel seguente modo: Regolare inizialmente la sensibilità sul valore intermedio “3”, posizionare, grazie al comando di bilanciamento i display al centro scala e chiedere al paziente di effettuare un breve sospiro. Questa manovra dovrebbe far sposare verso destra i led di 2-4 unità. Se la variazione è maggiore conviene ridurre la sensibilità, se la variazione è minore sarà opportuno incrementare la sensibilità. Ogni cambiamento della sensibilità, impostata durante il training, dovrà essere comunicata al paziente, affinché egli comprenda che la mutata dinamica del display è riconducibile alla diversa impostazione della strumentazione. Volume Regola il livello di uscita del feedback sonoro per un impiego flessibile ed ottimale del MindLAB. La strumentazione è stata dotata di un potente amplificatore audio di elevata fedeltà di riproduzione ai diversi livelli di frequenza. In alcune situazioni può essere opportuno eliminare del tutto il feedback acustico. Per tale ragione il comando di regolazione è stato predisposto in modo tale da rendere muto l’audio quando ruotato completamente verso sinistra. Il livello sonoro del display acustico è stato progettato per potere erogare potenze di uscita sufficienti per dimostrazioni didattiche da attuare in ambienti grandi e rumorosi, come aule universitarie ed istituti didattici. Display analogico a led (Analog display) E’ costituito da 10 led colorati lineari. Fornisce in tempo reale un feedback visivo analogico dell’andamento del parametro elettrodermico.

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Display digitale a cristalli liquidi (Microsiemens) Fornisce in tempo reale la lettura del Livello di Conduttanza Basale (Skin Conductance Level; SCL) momento per momento. Questo dato consente di quantificare immediatamente la condizione di arousal del paziente e di seguirne l’andamento nel tempo sia nel corso della seduta, che a distanza di più sedute. La lettura del display digitale, è come già detto, sempre in linea con il valore istantaneo della conduttanza del paziente e non risente delle operazioni di bilanciamento. Il range di lettura è compreso tra 0.1 e 38.5 microsiemens. La minima variazione apprezzabile è di 0,1 microsiemens. Alla fine di questo capitolo sono riportati i valori medi individuati in un ampio gruppo di soggetti tramite l’uso del MindLAB. Impostazione delle due possibili opzioni: trigger acustico campionamento dati, oppure stimolatore acustico Trigger visivo per il campionamento dati (Timer display) Il MindLAB è provvisto di una sezione deputata a consentire all’operatore di acquisire e memorizzare, in forma grafica, i dati di ogni seduta. La realizzazione di grafici di seduta svolge una importante funzione terapeutica, consentendo al terapeuta di monitorizzare obiettivamente i progressi del paziente. Poiché, nelle prime fasi del trattamento, il paziente tende sistematicamente a negare i progressi conseguiti, tendendo a sostenere che tutto è restato uguale, appare della massima importanza poter esibire i grafici di seduta che documentano obiettivamente le progressive diminuzioni dell’arousal ottenute, sia nelle varie sedute che da una seduta all’altra. Il sistema prevede un trigger visivo costituito da una spia rossa che si illumina allo scadere di ogni intervallo di campionamento (5, 10 o 20 secondi). Ogni volta che si illumina il trigger l’operatore provvederà ad acquisire il valore del display digitale per riportarlo sui protocolli di seduta. Trigger acustico per il campionamento dati (Timer Earphone) Fa parte del sistema di segnalazione all’operatore dello scadere dei singoli intervalli di campionamento del dato elettrodermico. Il sistema è complementare a quello visivo. Se l’operatore indossa una cuffia collegata all’apposita uscita, predisposta sulla strumentazione e denominata “Timer Earphone”,

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sarà informato automaticamente da un bip dello scadere di ogni singolo intervallo di campionamento. Per ascoltare in cuffia il bip del timer acustico il deviatore “Acoustic Stimuli” deve essere posizionato su “off”. Impostazione dell’intervallo di campionamento (Timer set - Sec.) Consente di scegliere tra tre intervalli: 5, 10, 20 secondi. Ovviamente più frequente è il campionamento, più accurata sarà la registrazione dei dati ma anche più impegnativa per l’operatore. L’intervallo di 10 secondi sembra costituire un buon compromesso nella maggior parte della situazioni di training. L’intervallo di 5 secondi è particolarmente utile quando si vuole ottenere una registrazione più accurata, quello di 20 secondi lascia tempo all’operatore per dedicarsi maggiormente a seguire il training. Attivatore dello stimolatore acustico (“Acoustic stimuli "on" e "start") Il MindLAB comprende una sezione di stimolazione acustica che può essere utilizzata per due finalità diverse che vengono di seguito descritte. La sezione di stimolazione viene attivata spostando il commutatore su "on", i singoli stimoli vengono erogati pressando il pulsante "start". Stimolatore acustico come strumento per il coping training Nell’ambito di questa prima utilizzazione, gli stimoli acustici vengono erogati al paziente come informazione perturbante e stressante. Specialmente i pazienti fobici vivono la procedura di stimolazione acustica come eccessivamente negativa e perturbante. Pertanto si propone il razionale secondo il quale, durante il training, il paziente sarà “bombardato” con i toni erogati dalla strumentazione. Ogni somministrazione del suono provoca immancabilmente notevoli incrementi della conduttanza che il paziente osserva come feedback sul display analogico visivo. Il paziente deve imparare che può controllare e ridimensionare le proprie risposte emozionali piuttosto di attuare come gli è congeniale, tattiche di evitamento. Per lo svolgimento ottimale di questa metodologia occorre utilizzare il Visual Feedback Remoto.

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In tal modo il paziente verrà dotato di una cuffia e il setting provvederà che egli abbia di fronte il Visual Feedback Remoto mentre il display acustico del MindLAB sarà escluso. L’operatore prenderà posto alla scrivania con il MindLAB posizionato in modo che il paziente non possa osservare quando egli presserà il pulsante per somministrare lo stimolo acustico perturbante. Il paziente osserverà le variazioni indotte da ogni stimolo. L’operatore deve rispettare un congruo intervallo di tempo prima di somministrare un nuovo stimolo. Dovrà essere saggiata la reazione del paziente e soprattutto sarà opportuno fare concettualizzare al paziente come ha vissuto lo stimolo e come pensa di regolarsi. Questa concettualizzazione è importante perché riflette i modelli operativi interni del paziente fobico, basati sulla paura, sulla sovrastima degli eventi perturbanti, sulla bassa self efficacy e sulla adozione sistematica di tattiche di evitamento piuttosto che di coping. Stimolatore acustico ai fini della evocazione e registrazione delle risposte elettrodermiche di orientamento In questa circostanza si attua lo studio della configurazione delle risposte elettrodermiche evocate. Tale configurazione è utile a livello diagnostico nello studio di alcune patologie come per esempio, nella schizofrenia. La procedura di elicitazione delle risposte elettrodermiche evocate che proponiamo è la seguente. Si somministrano 20 stimoli acustici, tramite cuffia, ad intervalli pseudorandomizzati compresi tra 10 e 30 secondi secondo una scheda pre-programmata. La erogazione degli stimoli avverrà da parte dell’operatore, rispettando gli intervalli programmati dalla scheda e utilizzando il trigger visivo. Lo stimolo verrà somministrato all’accensione della spia rossa del trigger visivo dopo il numero di intervalli previsti dalla scheda di stimolazione. Maggiori dettagli su questa procedura possono esser trovati, più avanti, in un apposito paragrafo. Elettrodi Gli elettrodi vanno applicati sui polpastrelli delle dita indice e medio della mano dominante.

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Le stringhe di velcro non devono essere serrate troppo, per non comprime i vasi sanguigni, provocando una sgradevole sensazione di pulsazione, ma nemmeno collocate tanto lasche da permettere movimenti degli elettrodi che provocano artefatti. Gli elettrodi vanno applicati senza interporre nessun medium conduttore. Come preparazione della cute basterà una leggera detersione con una salvietta imbevuta di un detergente delicato (del tipo che si utilizza per i bambini). Alcuni soggetti possono esibire una cute delle mani insolitamente secca e con bassa attività elettrodermica. Ciò può dipendere da un eccessivo uso di detersivi o da disidratazione della cute. In questi casi l’attività elettrodermica è molto ridotta. Prima di applicare gli elettrodi, in questi casi è bene applicare sulle mani del paziente una crema idratante e effettuare un massaggio per un perfetto assorbimento. Subito dopo è possibile applicare gli elettrodi. Occorre comunque utilizzare sensibilità elevata della strumentazione. Gli elettrodi devono essere puliti con alcool dopo ogni utilizzazione. Per evitare la rottura del sottile filo, che collega la placchetta dell’elettrodo al cavo principale, maneggiare il set con cura, evitando di applicare torsioni o tensioni sul cavetto. Foglio per la rappresentazione grafica dei dati campionati Il foglio riporta un diagramma cartesiano. Sulle ordinate sono indicati i valori della conduttanza, espressi in microsiemens, sulle ascisse i valori del tempo in secondi. Ogni divisione delle ascisse equivale a 10 secondi; ogni divisione delle ordinate equivale ad un microsiemens. Utilizzando il sistema di campionamento, precedentemente descritto, l’operatore disegnerà un puntino in corrispondenza della intersezione dei valori ad ogni intervallo di campionamento

La presa, denominata “Acoustic Stimuli Earphone”, posta sul pannello posteriore del MindLAB, serve per somministrare i toni acustici a 60 decibel, con funzione di perturbazione durante il coping training, oppure, nelle procedure di evocazione delle risposte fasiche di orientamento, ai fini dello studio della configurazione delle risposte elettrodermiche evocate.

E’ opportuno utilizzare una cuffia “chiusa” con caratteristiche di alta fedeltà. Qualora fosse munita di controllo del volume, esso deve essere regolato sui valori massimi durante l’utilizzazione con MindLAB.

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Setting Il MindLab costituisce il risultato di lunghe e accurate ricerche e sperimentazioni sulle condizioni cliniche di impiego. La disposizione dei comandi è stata studiata per una ottimizzazione delle procedure e per la massima ergonomia per l’operatore. Sostanzialmente sono possibili due tipologie di setting. Alla scrivania Non richiede l’impiego di accessori. L’operatore sarà seduto alla scrivania e MindLAB posizionato sul lato destro della stessa in modo che sia agevole manipolare i vari comandi e, in particolare, il bilanciamento. Lo strumento sarà disposto ad angolo retto rispetto al lato maggiore della scrivania. Il paziente sarà fatto sedere sul lato sinistro della scrivania. Rispettando questa disposizione del setting, si ottengono i seguenti risultati:

- Sia il paziente che l’operatore hanno una chiara visione dei display visivi. - L’operatore può intervenire facilmente sui comandi. - L’operatore può facilmente posizionare gli elettrodi sulla mano destra del

paziente che risulterà la più vicina alla scrivania. Saranno possibili operazioni di registrazione dell’attività elettrodermica durante il colloquio clinico senza dover cambiare posizione. Sulla chaisse longue Richiede necessariamente l’utilizzazione dell’accessorio denominato Visual Feedback Remoto. Il paziente si dispone su una chaisse longue per psicoterapia. Il MindLAB viene sistemato su una piccolo tavolo (ottimale un compatto porta-computer) a fianco del paziente. L’operatore prende posto su una poltrona a fianco del paziente. L’operatore ha accesso operativo e visivo al pannello anteriore del MindLAB mentre il paziente osserva i dati relativi al display visivo sul Visual Feedback Remoto, posizionato proprio davanti la chaisse long e collegato con un cavo di sufficiente lunghezza al MindLAB.

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6.4 Procedura di evocazione e registrazione delle risposte elettrodermiche di orientamento L’attuazione della procedura dell’evocazione e registrazione della attività elettrodermica exosomatica fasica di orientamento costituisce una metodica, sperimentale e clinica, in grado di indagare i processi di human information processing in varie condizioni patologiche, allo scopo di evidenziarne le alterazioni e di monitorarne il rimedio durante il trattamento del paziente. Una delle procedure consigliate è quella che può essere riassunta nel modo seguente. Occorre utilizzare il “Foglio di lavoro per la registrazione delle risposte elettrodermiche exosomatiche”. Una scheda denominata “Scheda per la somministrazione degli stimoli acustici” servirà da guideline per l’attuazione della procedura di erogazione degli stimoli acustici. Il paziente viene fatto accomodare in un setting nel quale non può osservare il pannello anteriore del MindLAB. Una buona organizzazione del setting è quella in cui l’operatore è seduto alla scrivania, con il MindLAB posizionato di fronte, mentre il paziente è seduto oltre la scrivania. Il paziente, dopo la applicazione degli elettrodi, riceve la seguente consegna: Ora lei ascolterà 10 suoni tramite la cuffia che sto per porle sul capo. Dopo una prima breve fase di silenzio, durante la quale dovrà tentare di rilassarsi mentalmente e fisicamente, ascolterà dei toni nella cuffia. Quando li sente non deve fare nulla, solo continuare a rilassarsi. Dopo aver spiegato la consegna al paziente, l’operatore procederà nel modo seguente: Posizionare il selettore dell’intervallo di campionamento su 10”; Disporre il deviatore “Off-Acoustic Stimuli” su “Acoustic Stimuli”; Annotare a questo punto il valore della conduttanza; Cominciare a contare le accensioni del Timer display, seguendo la scheda di stimolazione; Somministrare 10 toni, pressando ogni volta, il pulsante “Start”; Subito prima della somministrazione del primo tono annotare di nuovo il valore della conduttanza;

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Prendere nota del valore dello Skin Conductance Level dopo il primo tono Osservare, subito dopo la somministrazione di ogni tono, il display digitale e annotare la variazione della conduttanza (per esempio: + 0,3). Annotare altresì lo SCL dopo il 5° e il 10° stimolo, come riportato nel foglio di lavoro.

6.5 Conclusioni Il MindLAB consente di attivare procedure, sperimentali e cliniche di Psicofisiologia, incrementando le prestazioni terapeutiche, riabilitative, diagnostiche e di ricerca in numerose aree quali Psichiatria, Medicina, Psicologia Clinica, Riabilitazione, Pedagogia, Pedagogia clinica e Medicina sportiva. Allo scopo di incrementare i dati e le ricerche relativi all’impiego del MindLAB, è stato istituito anche un centro di documentazione scientifica dove confluiscono osservazioni suggerimenti, dati sperimentali e clinici ed ogni notizia che può risultare utile per lo sviluppo della strumentazione e della metodologia.

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Valori medi dello Skin Conductance Level (SCL)

(Relativi ad un campione di 412 soggetti normali)

I fascia di età Dagli 11 ai 15 anni

globale

8.0 ± 5.6 Maschi 8.0 ± 5.0

Femmine 8.0 ± 6.4

II fascia di età Dai 16 ai 25 anni

globale

6.8 ± 4.9 Maschi 7.2 ± 4.8

Femmine 6.4 ± 4.9

III fascia di età Dai 26 ai 60 anni

globale

3.8 ± 3.3 Maschi 3.9 ± 3.8

Femmine 3.6 ± 2.5

IV fascia di età over 60 anni

globale

2.0 ± 1.1

Maschi 1.9 ± 1.1 Femmine 2.2 ± 1.2

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CAPITOLO VII

METODOLOGIA IN PSICOFISIOLOGIA CLINICA: UTILIZZAZIONE DI PROCEDURE

INFORMATICHE COMPUTER ASSISTITE 7.1 Informatica e Metodologia in Psicofisiologia clinica Oggi sono disponibili una vasta gamma di apparecchiature che, come il MindLAB, permettono il rilevamento e l’amplificazione di biosegnali e il loro feedback (acustico o visivo che sia). Alcune di loro permettono il rilevamento, anche contemporaneo, di più tipi di biosegnali. L’utilizzo delle potentissime capacità di calcolo dei computer permettono, attraverso l’uso di software dedicati, l’analisi in tempo reale di diversi parametri che, nello studio –in particolare- dell’attività cerebrale, si sono dimostrati davvero di straordinaria utilità clinica. Molte delle immagini e delle metodiche, riportate in questo capitolo, fanno riferimento a casi clinici studiati presso il Laboratorio di Psicofisiologia Cognitiva dell’Istituto Superiore per le Scienze Cognitive di Enna e presso il Laboratorio di Psicofisiologia Clinica e Sperimentale dell’Istituto Scientifico “Edgar Morin” di Caltanissetta, attraverso l’utilizzo del Visual Energy Tester prodotto dall’Elemaya. 7.2 Poligrafo computerizzato Viene così definita un’apparecchiatura che consente il rilevamento contemporaneo di più biosegnali. Il Poligrafo è entrato nella leggenda ribattezzato come Macchina della verità poiché è stato usato, specialmente negli Stati Uniti, come strumento di indagine durante gli interrogatori da parte degli inquirenti. Il presupposto è quello di riuscire a registrare, nel soggetto inquisito, quelle minime alterazioni psicofisiologiche successive a domande inerenti l’attività criminale. La Macchina della verità, dopo una prima fase di ottimismo, è stata giudicata inaffidabile. Veniamo, nella pagina, seguente, ad un esempio di rilevamento poligrafico.

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La figura riporta la videata relativa ad una registrazione poligrafica. È ben osservabile come il soggetto sottoposto all’esame si sia progressivamente, nell’arco dei 60’’ che vengono visualizzati, rilassato. I valori, relativamente ai vari parametri, sono tutti nella norma.

L’esempio, a cui fa riferimento la figura è relativo ad una fase dell’assessment psicofisiologico per valutare il livello basale di alcuni parametri biologici4. In questo caso, come può vedersi, sono state simultaneamente rilevate:

- l’attività elettrodermica (GSR) sia nella dimensione dell’attività tonica che in quella dell’attività fasica

- l’attività muscolare (in questo caso della regione frontale) (EMG) - la frequenza cardiaca (FREQ) - la temperatura (TEMP)

7.3 La Hart Rate Variability (HRV): l’analisi della variabilità nel dominio della frequenza cardiaca La frequenza cardiaca è la misura del numero medio di battiti cardiaci al minuto (comunemente indicato con bpm). Naturalmente, come qualsiasi parametro che riguarda le funzioni vitali, esso appare costantemente soggetto a variazioni del ritmo . Infatti, in realtà, il tempo che intercorre fra un battito cardiaco e l'altro, non è costante, ma cambia in continuazione. Come è stato precedentemente accennato, l’attivazione del sistema Simpatico è la normale risposta dell'organismo a una situazione di allarme, lotta, stress, mentre, al contrario, il Sistema Parasimpatico rappresenta la normale risposta dell'organismo ad una situazione di calma, riposo, tranquillità ed assenza di pericoli e stress. 4 I rilevamenti sono stati effettuati presso il Laboratorio di Psicofisiologia clinica e sperimentale dell’Istituto Scientifico di Psicologia “Edgar Morin” di Caltanissetta.

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La Heart Rate Variability (HRV) è una tecnica che consente di misurare ed analizzare la variabilità della frequenza cardiaca. Se da una parte, in ambito cardiologico, permette di valutare il rischio di aritmie cardiache e di infarto, da un punto di vista psicofisiologico permette di conoscere il bilanciamento dell'attività fra il sistema nervoso Simpatico e Parasimpatico. In generale, un individuo sano mostra una buon grado di variabilità della frequenza cardiaca, ovvero un buon grado di adattabilità psicofisica alle diverse situazioni. Il nostro corpo, in ogni momento, si trova in una situazione determinata dall'equilibrio o dalla predominanza di uno di questi due sistemi. Il rilevamento della HRV In ambito psicofisiologico la frequenza cardiaca viene misurata mediante un sensore fotopletismografico applicato ad un dito. Il sensore fotopletismografico funziona attraverso l'emissione e la captazione di luce infrarossa, che è assorbita dal sangue. Il sensore rileva le variazioni cicliche del tono pressorio nei capillari delle dita, che rappresentano abbastanza fedelmente il battito cardiaco. I dati rilevati vengono digitalizzati e successivamente analizzati da un software molto complesso che provvede a calcolare la distanza esatta fra un battito cardiaco e l'altro (questa distanza viene espressa in millisecondi) ed in questo modo si può creare un diagramma che esprime la distanza R-R fra un battito e l'altro. Questo diagramma viene chiamato TACOGRAMMA.

Questa figura, così come le due successive, fanno riferimento allo studio di un soggetto di 75 anni. L’esame risulta essere nella norma.

Ulteriori analisi permettono poi di misurare lo Spettro di Potenza del Tacogramma (che rappresenta le componenti di frequenza del tacogramma, e contiene le informazioni essenziali per arrivare alla stima del bilanciamento fra Simpatico e Parasimpatico).

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Lo Spettro di potenza (nel dominio delle frequenze) esprime la potenza delle frequenze comprese fra 0.01 e 0.4 Hz. La potenza (Power) viene espressa in millisecondi al quadrato.

Le ricerche compiute negli ultimi 15 anni, hanno permesso di distinguere tre sotto-bande di frequenze, chiamate rispettivamente: 1) VLF (Very Low Frequency) frequenze comprese fra 0.01 e 0.04 Hz. Questa banda appare essere l’espressione dell’attività del Sistema Nervoso Simpatico e particolarmente influenzata dai cambiamenti nella termoregolazione, e dalle preoccupazioni e dai pensieri ossessivi (worry and rumination) 2) LF (Low Frequency) frequenze comprese fra 0.04 e 0.15 Hz. Espressione dell'attività del Sistema Nervoso Simpatico, e all'attività di regolazione dei barocettori. 3) HF (High Frequency) frequenze comprese fra 0.15 e 0.4 Hz. Espressione dell'attività del Sistema Nervoso Parasimpatico. Particolarmente influenzata da parte del ritmo e della profondità della respirazione. Il rapporto fra Simpatico e Parasimpatico viene misurato dal rapporto fra LF/HF. Benché non vi sia unanime accordo sulla definizione dei range di normalità, facendo riferimento ai valori utilizzati da una delle piu' avanzate ditte americane nel settore della HRV (la CARDIOLOGIX nel loro software HeartScanner), si riportano gli standard di riferimento: Frequenza Cardiaca = 59 - 96 b/m Dev. Standard = 78 - 220 ms (millisecondi) Ln (TotalPower) = 7.2 - 9.1

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Ln (Power VLF) = 6.6 - 8.6 Ln (Power LF) = 5.9 - 8.0 Ln (Power HF) = 3.8 - 7.0 Rapporto LF/HF = 0.6 - 10 Quella che segue è una immagine relativa ad un Tacogramma comprensivo dello Spettro di Potenza in un soggetto con un normale bilanciamento dell’attività autonomica (Simpatico-Parasimpatico). Il bilanciamento può essere ancora più facilmente colto, intuitivamente, nel Diagramma (parte in alto a destra) dove la posizione del cerchietto evidenzia il bilanciamento delle due sezioni.

7.4 Valutazione di psicofisiologia clinica dell’attività elettrica degli emisferi cerebrali. L’elettroencefalogramma Come è ormai noto la superficie dell'encefalo è sede di potenziali bioelettrici spontanei che vengono a modificarsi a seconda dello stato di riposo o di attività del soggetto. Dobbiamo ad Hans Berger molto di ciò che oggi conosciamo, infatti fu proprio lui, nel 1929, a sviluppare la prima tecnica di registrazione EEG, e a descrivere le diverse caratteristiche dell'attività normale, fra le quali il ritmo Alfa. I potenziali elettrici dell'EEG possono essere registrati nell'uomo mediante elettrodi applicati sul cuoio capelluto. L'attività elettrica così raccolta viene inviata ad un apposito apparecchio (elettroencefalografo) che provvede ad amplificarla notevolmente e a registrarla. Il tracciato che si ottiene consiste in onde di vario voltaggio e frequenza, che possono essere analizzate e/o registrate anche mediante tecniche computerizzate.

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\Le onde EEG sono caratterizzate da una frequenza, espressa in cicli per secondo (Hz) e da una ampiezza, espressa in microvolts (uV). Mediante questi due parametri si distinguono 4 ritmi fondamentali: Beta, Alfa, Theta, Delta, che nel normale tracciato EEG di un soggetto, sono sempre presenti, in proporzioni diverse a seconda dell'attività mentale prevalente.

Ritmi Frequenza Voltaggio Beta 13-40 Hz 5-10 uV Alfa 8-13 Hz 10-25 uV

Theta 4-8 Hz 25-100 uV Delta 1-4 Hz 50-250 uV

Il ritmo Alfa è il ritmo che compare nel rilassamento progressivo, ad occhi chiusi, quando la mente non è impegnata in compiti particolari e gli input visivi e sonori sono assenti o ridotti. I soggetti ansiosi possono esibire difficoltà a produrre ritmo Alfa ad occhi chiusi. In ogni dato individuo tuttavia la frequenza Alfa dominante è notevolmente costante nel tempo, variando al massimo di 1 Hz. Il ritmo Beta indica la presenza di un’attività mentale, sia causata da stimolazione sensoriale, così come da pura elaborazione mentale (calcoli, ragionamenti, pensieri etc.). Il ritmo Theta può essere registrato fisiologicamente dal lobo parietale e temporale di soggetti giovani. Nelle prime settimane di vita il bambino mostra solo attività di tipo Theta e Delta; le onde Alfa compaiono attorno ai 18 mesi. Man mano che il bambino cresce, aumenta la presenza di ritmo Alfa, fino a quando esso diventa il ritmo dominante ad occhi chiusi nella maggior parte degli adulti. Il ritmo Delta consiste di onde a bassa frequenza ed elevato voltaggio: in questo caso il tracciato EEG è assai sincrono, poiché tutte le parti dell'encefalo sembrano battere all'unisono. Nello stato di sonno le onde Theta e Delta sono fisiologiche, in altre circostanze esse assumono un schietto significato patologico, come quando vengono registrate nel coma.

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EEG e Potenziali evocati5 Negli ultimi anni la registrazione dei potenziali evocati è divenuta, progressivamente, uno dei metodi di studio più diffusi nei laboratori di Psicofisiologia. Un segnale specifico viene "estratto" dal "rumore" di fondo, costituito dall'attività EEG spontanea, mediante il metodo di "fare la media" ("averaging", appunto) tra un certo numero di configurazioni elettroencefalografiche concomitanti a particolari periodi di tempo che sono in relazione alla somministrazione di vari stimoli sensoriali (Moore J. E., 1983). Nell'ambito dei potenziali elettrocencefalografici evocati si distinguono: A) Risposte visive B) Risposte somatosensoriali C) Risposte uditive

Nell'ambito delle componenti più tardive ("long latency componentes") dei potenziali evocati, particolare interesse riveste, agli occhi dello psicofisiologo clinico, la componente P300, così definita per la sua polarità positiva e la sua latenza media, che è di circa 300 millisecondi, con un range che varia dai 250 ai 400 millisecondi (Pritchard W. S., 1981).

La prima descrizione di questo tipo di onda fu fornita da Sutton ed Altri, nel corso di un simposio organizzato, nell'ambito della American Psychological Association, a Los Angeles (Sutton S., Braren M., Zubin J., John E. R., 1965).

In questa circostanza, Sutton S. ed Altri descrissero la P300 come una componente dei potenziali elettroencefalografici evocati che veniva elicitata da stimoli sensoriali capaci di ridurre lo stato di incertezza del soggetto. In un successivo lavoro, apparso nel 1967 (Sutton S., Tueting P., Zubin J., John E. R., 1967) gli stessi Autori precisarono che le caratteristiche della P300 non dipendevano dalle particolarità fisiche dello stimolo ma, piuttosto, dalla quantità e dall’importanza, per il soggetto, delle informazioni apportate dallo stimolo.

A circa 30 anni dalla prima descrizione della P300, si può dire che il maggior contributo di questo parametro elettroencefalografico è stato fornito alla Psicofisiologia Cognitiva alla quale ha permesso di sviluppare, in senso sperimentale, il paradigma dell'human information processing (Klinke R., Fruhstorfer H., Finkenzeller P., 1968; Ruskin D. S., Sutton S., 1978). In campo clinico, i risultati sono stati più limitati e, comunque, ci si trova ancora in un ambito sperimentale. Uno dei motivi della difficoltà di trasporre, sul piano pratico, i dati sperimentali della P300 è individuabile, a nostro parere, nelle differenze metodologiche osservabili nei vari Autori e nella mancanza di una routine operativa costante, efficace e relativamente 5 Questo paragrafo è tratto da “Complessità, Entropia e Cambiamento” di T. Scrimali, edizioni ISSCO, 2002 Enna.

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semplice da applicare in campo clinico. Dallo studio della letteratura emergono, infatti, per la elicitazione della P300, i seguenti paradigmi: "odd-ball" (Ritter W., Vaughan H. G., 1969) "detection of near-threshold signal" (Hillyard S. A., Squires K. C., Bauer J. W., Lindsay P. H., 1971) "time-reaction" (Ritter W., Simson R., Vaughan H. G. Jr., 1972; Davis H., 1964) Negli ultimi anni abbiamo svolto una serie di ricerche tendenti a studiare la P300 in pazienti psichiatrici, nevrotici e psicotici, confrontati con gruppi omogenei di controllo. La registrazione della P300 nei pazienti psicotici, si è rivelata una linea di ricerca promettente, sia per le sue implicazioni euristiche, che per le possibili utilizzazioni cliniche A tal proposito occorre però sottolineare come, quasi dieci anni fa, Callaway affermasse già che la ricerca di relazioni significative tra diagnosi psichiatrica, intesa in senso tradizionale, e parametri relativi ai potenziali elettroencefalografici evocati, costituisse una linea di studio poco utile e suggeriva, invece, l'utilizzazione di tale strumento di indagine all'interno di un approccio non descrittivo ma, piuttosto, esplicativo della condizione schizofrenica (Callaway E., 1979). Successivamente, Callaway ha continuato a lavorare allo sviluppo di un paradigma esplicativo della condizione psicotica, giungendo a formulare, con Naghdi (Callaway E., Naghdi G., 1986), un modello improntato alle teorie dell'"Human Information Processing". Tale modello prende dalla descrizione, nell'uomo, di due differenti meccanismi di elaborazione dell’informazione: il "Sistema 1", definito come "canale a capacità limitata" e il "Sistema 2", caratterizzato, invece, da attività "parallele", cioè dalla capacità di elaborare, in modo automatico, contemporaneamente, più serie di informazioni. Il primo sistema è caratterizzato, inoltre, dal fatto di agire nell'ambito della consapevolezza dell'individuo e di essere attivato intenzionalmente. Il secondo sistema svolge, invece, attività più automatiche che si mantengono al di fuori del campo della coscienza. Inoltre, dei due sistemi, il primo, è particolarmente diretto dai dati informativi esterni, mentre il secondo è guidato da parametri di memoria. Nell'ambito delle modalità di acquisizione della informazione, il primo sistema si avvale del modulo digitale ed il secondo, invece, di quello analogico. Volendo collegare questo paradigma psicofisiologico a quello psicologico strutturalista, secondo il quale esistono due modalità differenti di svolgimento delle attività conoscitive, definite: "esplicita" e "tacita", possiamo affermare che il "Sistema 1" agirebbe nell'ambito della conoscenza esplicita, mentre il "Sistema 2" opererebbe nel contesto di modalità tacite.

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Nella schizofrenia, secondo Callaway e Naghdi, il "Sistema 2" funzionerebbe regolarmente, mentre il "Sistema 1" sarebbe afflitto da difficoltà notevoli ad operare correttamente. Ciò comporterebbe un prevalere delle funzioni interpretative della realtà, di tipo analogico ed inconsapevole, con deficit, più o meno gravi, delle modalità digitali, consapevoli ed esplicite. Di recente, abbiamo svolto, nel nostro Laboratorio di Psicofisiologia, alcune ricerche tendenti ad evidenziare e documentare sperimentalmente, le caratteristiche patologiche, più sopra descritte, delle modalità di processamento dell’informazione sensoriale nei pazienti schizofrenici (Scrimali T., Grimaldi L., Rapisarda V., 1988). I risultati delle nostre ricerche hanno dimostrato che la P300 degli schizofrenici appare significativamente ridotta di ampiezza (Scrimali T., Grimaldi L., Rapisarda V., 1988). Lo studio dei potenziali elettroencefalografici evocati "legati all'evento", nelle psicosi, costituisce, a nostro parere, uno dei settori più promettenti dell'indagine psicofisiologica (Duncan C. C., 1989). Recenti lavori tendono, infatti, a dimostrare che la P300, elicitata secondo modalità sensoriali visive, possa costituire un marker "di stato" della condizione psicotica, in quanto si modifica parallelamente al miglioramento clinico (Duncan C. C., 1988). Al contrario, la P300, evocata mediante pattern di stimoli acustici, appare come un probabile indicatore di "tratto", rispetto alla condizione dissociativa (Duncan C. C., Morihisa J. M., Fawcett R. W., Kirch D. G., 1987). Lo studio dei potenziali elettroencefalografici evocati "legati all'evento", costituisce uno dei settori più promettenti dell'indagine psicofisiologica nella schizofrenia. Anormalità significative della P300 sono state dimostrate in numerose ricerche iniziate all'inizio degli anni settanta, effettuate con pazienti schizofrenici e anche da dati proventi dal nostro Laboratorio. Tali anormalità riguardano l’ampiezza che è ridotta e la latenza che appare aumentata. Nell'ambito delle diverse tipologie dei patterns di elicitazione, si è evidenziato che i pazienti schizofrenici dimostrano un deficit maggiore nell'ambito delle routine di elaborazione di stimoli acustici, rispetto a quelle che comportano stimoli visivi e tale dato è stato messo in evidenza con la maggiore prevalenza e persistenza delle allucinazioni acustiche rispetto a quelle visive. Un altro aspetto importante della ricerca sui potenziali evocati, legati all'evento nella schizofrenia, è la valutazione di quanto tali parametri possano essere correlati alla condizione di tratto o alle dinamiche di stato. Tale aspetto è stato investigato, per la prima volta, compiutamente, da Duncan et Al nel 1987 e i risultati delle ricerche di questi Autori hanno suggerito che la P300 elicitata con modalità visive potrebbe essere un marker di stato, mentre la P300, evocata da stimoli acustici sarebbe un potenziale marker di tratto.

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L'evoluzione della P300 è stata messa in rapporto al trattamento neurolettico e Duncan ha individuato una significativa correlazione tra il miglioramento clinico provocato dalla somministrazione di neurolettici e l'incremento dell'ampiezza della P300, elicitata visivamente. Un altro dato, molto interessante, è che alcuni pazienti non-risponders clinicamente ai neurolettici, dimostravano una persistente ridotta ampiezza della P300 visiva. La P300, elicitata acusticamente, invece, non si modificava sostanzialmente nemmeno dopo il miglioramento clinico, attivato dal trattamento neurolettico. Tale dato, del resto, concorda pienamente con la persistenza delle allucinazioni acustiche anche in condizioni di remissione clinica durante le quali invece le allucinazioni visive, in genere, scompaiono. EEG a 4 derivazioni Esistono delle apparecchiature computerizzate capaci di registrare l’attività cerebrale a partire solo da 4 elettrodi. Sono apparecchiature capaci di specifiche valutazioni, prime tra queste lo studio della coerenza emisferica. Oggi sono utilizzati sistemi basati sull’analisi automatica della frequenza (Trasformata di Fourier) che consentono un’analisi dello spettro EEG che viene risolto nelle sue numerose frequenze caratteristiche. Altre analisi ancora più sofisticate sono le funzioni di calcolo della coerenza, che consentono di calcolare il grado di similitudine fra due segnali EEG registrati in posizioni diverse dello scalpo, e di comparare, per esempio, l'attività degli emisferi destro e sinistro del cervello oppure due punti dello stesso emisfero (Molnar, Weiss e Geisler, 1959; Holodov e Livanov, 1975; Koukkou, 1993). Esempi di registrazione ed analisi dell’attività cerebrale (EEG). Questa valutazione, in particolare, può fornire una indicazione di massima circa la presenza di Ansia, Depressione, Squilibrio dell’attività fra i due emisferi cerebrali.

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GLOSSARIO6

6 Alcuni termini qui riportati sono stati estratti dal Glossario presente in “Le Storie della Mente” di S. M. Alaimo, edizioni ISPEM, 2004 Caltanissetta.

Abituazione (habituation) Progressiva diminuzione di una reazione a seguito di ripetuta presentazione di uno stimolo. Allarme (reazione di ) È una reazione che si viene a caratterizzare per un’attivazione della sezione simpatica del SNA con incremento adrenalinico e noradrenalinico. Arousal Termine che viene spesso usato come sinonimo di attivazione ma che si distingue da questa per le caratteristiche di risposta fasica a stimoli, interni o esterni, scatenanti (l’attivazione rappresenta la generalità del fenomeno avendo caratteristiche quindi più toniche) (vedi attività fasica e tonica). È solitamente caratterizzato da midriasi pupillare e presenza di attività Beta all’EEG. Artefatto Viene definito artefatto un segnale che è captato da un sensore ma che non può farsi risalire alla sua normale fonte di origine. Attività fasica e tonica Le risposte fasiche sono generalmente indicatrici di rapidi momenti di attivazione (arausal), conseguenti ad una risposta di ansia, ad un sommovimento emotivo, ad una

situazione conflittuale (Wells F. L., Forbes A., 1911). Il monitoraggio delle risposte fasiche si effettua in varie circostanze, cliniche e sperimentali. L’attività tonica si distingue dalla fasica indicando una condizione di fondo che misura più generalmente uno stato di attivazione. Baseline Misurazione di una variabile fisiologica prima che venga presentato uno stimolo o in fase di assessment prima dell’inizio di un trattamento. Biofeedback Il termine biofeedback deriva dalla combinazione dei termini inglesi biology e feedback. Con esso si fa riferimento ad una procedura sperimentale e clinica che permette, attraverso l’uso di particolari apparecchiature, di ricavare delle informazioni su alcune funzioni biologiche. Tali informazioni, opportunamente segnalate attraverso dei suoni o delle luci, consentono all’individuo collegato all’apparecchiatura di modulare le reazioni stesse. Catecolamine Dopamina (DA neurotramettitore) e norepinefrina (noradrenalina, neurotrasmettitore presente oltre che

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nel cervello anche in molti bottoni terminali di fibre postgangliari della sezione simpatica del SNA). Coping (fronteggiamento) R. Lazarus nel 1966 introdusse in psicologia questo termine. Con questo termine si definiscono una serie di strategie, cognitive e comportamentali realizzate da un individuo in una situazione di stress imprevisto. Generalmente il coping si può distinguere in due distinte componenti: la gestione dei problemi e la gestione delle emozioni. Nella gestione dei problemi l’individuo cerca di liberarsi di questi ultimi, in quella delle emozioni cerca di liberarsi della sofferenza e lo stress connessi al problema. Si presume che le persone gestiscano i problemi quando le situazioni sono modificabili, se impossibilitati a farlo, invece, si attivano per ridurre lo stress attraverso la rivalutazione cognitiva e lo spostamento dell’attenzione dal problema. Costruttivismo È un approccio teorico che enfatizza il ruolo attivo del soggetto nella conoscenza. Si differenzia dall’innatismo per l’importanza che viene attribuita all’interazione con l’ambiente e dall’empirismo per l’importanza attribuita alle caratteristiche del soggetto più che a quelle del reale. Desensibilizzazione progressiva Tecnica usata in terapia comportamentale al fine di superare delle paure eccessive verso un oggetto ansiogeno. Consiste nella sostituzione dell’ansia con uno stato di rilassamento attraverso l’esposizione graduale alla situazione o all’oggetto temuto. Emozione

Reazione affettiva che provoca modificazioni a livello psichico, vegetativo e somatico determinata da uno stimolo ambientale. Estinzione Dinamica che porta gradualmente all’eliminazione di una certa risposta. Evitamento (e Fuga) Comportamento conseguente a situazioni stimolo aversative e rinforzato dall’attenuazione delle conseguenze negative temute. Può essere fatta la distinzione tra Evitamento passivo (quando non c’è un comportamento di avvicinamento alla situazione) ed Evitamento attivo (quando viene fatta un’azione per prevenire la situazione). Fading Modalità di apprendimento per tappe basata su stimoli che forniscono sempre meno aiuto al soggetto. Gruppo di controllo In una ricerca sperimentale è il gruppo che non viene esposto alla variabile indipendente. In questo caso i risultati del gruppo vengono utilizzati come termine di paragone e riferimento per la valutazione degli effetti del trattamento (variabile indipendente) sperimentale. Gruppo sperimentale In una ricerca sperimentale è il gruppo esposto alla variabile indipendente. Heart Rate Variability (HRV) È una tecnica per misurare ed analizzare la variabilità della frequenza cardiaca. La HRV fa riferimento alla naturale variabilità della frequenza cardiaca in risposta a diversi fattori, alcuni di loro spesso presenti contemporaneamente, quali il movimento, il ritmo del respiro, gli stati emozionali (come l’ansia, lo stress, la rabbia), rilassamento, particolari

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pensieri, e così via. Essendo la HVR correlata con l’interazione tra il Sistema Simpatico e quello Parasimpatico il suo studio consente, fra l’altro, di avere una serie di utili informazioni psicofisiologiche relative allo stato di attivazione o di rilassamento di un soggetto. Orientamento (risposta di) Risposta da parte di un soggetto a seguito di una stimolazione ambientale improvvisa ed inattesa. Tale risposta si caratterizza su un piano cognitivo per un incremento dell’attenzione e su quello fisiologico per via dell’aumento di funzioni che dipendono dal SNC e dal SNA. Marker psicofisiologi nella schizofrenia Per marker biologico si intende, innanzi tutto, un indicatore di malattia, facilmente monitorizzabile e possibilmente quantificabile, il quale può avere significato causale ma anche soltanto fenomenico. Si definisce marker di tratto un parametro biologico, presente nei soggetti che svilupperanno una schizofrenia o che si trovano in una fase di remissione o anche di guarigione e che quindi è legato a qualche caratteristica di base del funzionamento del sistema nervoso centrale, piuttosto che alle condizioni di scompenso clinico. Nel caso in cui, invece, il parametro biologico si manifesti durante una fase clinica della malattia, esso dovrà essere considerato un marker di stato. Psicofisiologia (in inglese Psychophysiology, in tedesco Psychophysiologie, ed in francese Psychophysiologie) Branca della psicologia che studia le risposte fisiologiche ad una sollecitazione di carattere psicologico.

Ritmo Alfa Ritmo che compare nell’EEG in fase di rilassamento progressivo, ad occhi chiusi, quando la mente non e' impegnata in compiti particolari e gli input visivi e sonori sono assenti o ridotti. Ritmo Beta Indica, durante EEG, la presenza di una attività mentale, sia causata da stimolazione sensoriale, così come da pura elaborazione mentale (calcoli, ragionamenti, pensieri etc.). Ritmo Delta Consiste di onde a bassa frequenza ed elevato voltaggio: in questo caso il tracciato EEG è assai sincrono, poiché tutte le parti dell'encefalo sembrano battere all'unisono. Ritmo Tetha Il Theta è un ritmo cerebrale che appare spontaneamente in prossimità del passaggio dalla veglia al sonno. Variabile “…Insieme di proprietà che si escludono a vicenda: il colore dei capelli o il sesso sono delle variabili perchè le proprietà ‘biondo’ e ‘bruno’, ‘maschio’ e ‘femmina’ si escludono a vicenda. Questi esempi potrebbero però dare l’impressione che le variabili siano soltanto dicotomiche. Esse in realtà non si basano solo su proprietà dicotomiche, come il sesso, ma anche su proprietà graduali e misurabili con la serie dei numeri. L’altezza ed il peso, ad esempio, sono variabili misurabili in termini di centimetri o di chili. Anche in questi casi le proprietà sono escludentisi, nel senso che una persona alta cm 172 non è alta né cm 171 né cm 173 né nessun altra misura d’altezza.” (Kanizsa, Legrenzi, Sonino, 1983)

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Variabile dipendente Variabile (in genere una misura del comportamento) che, durante un esperimento psicologico, si pensa che vari al cambiare di una o più variabili indipendenti. Variabile indipendente Fattore di un esperimento che il ricercatore cambia in modo sistematico per causare un effetto sulla variabile dipendente

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Tullio Scrimali Psichiatra, Psicologo e Psicoterapeuta Docente di Psicoterapia presso il Corso di Laurea in Medicina e Chirugia della Facoltà di Medicina della Università degli Studi di Catania. Docente di Psicologia Clinica II e di Clinica delle Dipendenze presso il Corso di Laurea in Scienze e Tecniche Psicologiche della Libera Università Kore, Enna. Fondatore eresponsabile del Laboratorio di Psicofisiologia clinica presso la Clinica Psichiatrica della Università di Catania Direttore e Didatta della Scuola di Specializzazione in Psicoterapia ALETEIA ad orientamento cognitivo. Fondatore e Direttore dell' Istituto Superiore per le Scienze Cognitive Enna. E-mail: [email protected]

Sebastiano Maurizio Alaimo Psicologo e Psicoterapeuta. Specialista in Psicoterapia (orientamento cognitivo). Direttore dell'Istituto Scientifico di Psicologia “Edgar Morin” onlus. Già collaboratore della Cattedra di Psicologia Sociale Università degli Studi di Palermo. Professore a contratto presso l'Insegnamento di Psicologia clinica II del Corso di Laurea in Scienze e Tecniche Psicologiche della Libera Università Kore, Enna. Docente presso la Scuola di Specializzazione in Psicoterapia ad orientamento Cognitivo ALETEIA di Enna. E-mail: [email protected]