Deleuze e La Filosofia Costruttivista

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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI CATANIA FACOLTÀ DI LETTERE E FILOSOFIA CORSO DI LAUREA IN FILOSOFIA __________________________________________ DORA GIURDANELLA GILLES DELEUZE E LA FILOSOFIA COSTRUTTIVISTA TESI DI LAUREA Relatore: Chiar.mo Prof. Giancarlo Magnano San Lio _____________________________________________ ANNO ACCADEMICO 2003-2004

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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI CATANIA

FACOLTÀ DI LETTERE E FILOSOFIA CORSO DI LAUREA IN FILOSOFIA

__________________________________________

DORA GIURDANELLA

GILLES DELEUZE

E LA FILOSOFIA COSTRUTTIVISTA

TESI DI LAUREA

Relatore: Chiar.mo Prof. Giancarlo Magnano San Lio

_____________________________________________

ANNO ACCADEMICO 2003-2004

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INTRODUZIONE

Presentare G. Deleuze e le sue opere non è certo

cosa facile, sia perché la sua proposta filosofica si

dispiega su un versante di radicalità e di novità, sia

per la notevole mole di problematiche sulle quali ha

investigato il suo lavoro di maître à penser.

Problematiche di diversa natura che si intersecano, a

volte, in una stessa opera; oppure si può riscontrare

che ogni sua trattazione è attraversata da alcuni

concetti chiave, ma con una forma differente nel

momento in cui entrano a far parte di un altro regime

di segni. Di conseguenza, si è ritenuto opportuno

individuare alcune tappe del suo percorso

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intellettuale che, peraltro, scandiscono alcuni

momenti della sua biografia.

A parte il primo capitolo, nel quale viene descritta la

sua vita dedicata quasi interamente

all’insegnamento, l’articolazione della tesi consiste

di altri cinque capitoli, corrispondenti ad altrettanti

“nodi” di fondamentale importanza dell’opera

deleuziana. Il secondo capitolo tratta il confronto del

filosofo con alcuni autori della storia della filosofia,

che preparano e perfezionano le basi del suo

dispositivo teorico. Il terzo fa ancora parte della

storia della filosofia, ma in esso le tematiche

vengono affrontate autonomamente e preludono già

alla genesi di una originale creazione concettuale,

che assumerà la forma più compiuta nelle sue opere

successive.

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Nel quarto e nel quinto capitolo è il momento del

confronto del suo impianto teorico con altri campi

del sapere e con l’arte. Infine, il sesto evidenzia la

sua maturità con il ritorno a “fare filosofia”,

interrogandosi, anche, sul significato della filosofia

stessa, per mostrare come ogni domanda “sulla”

filosofia sia una domanda posta “alla” filosofia e

come quest’ultima non cessi di divenire negli atti

stessi che sembrano instaurarla1. Nelle conclusioni,

si è cercato di recitare o di “ripetere”, in sintesi, il

gesto filosofico di Deleuze.

1G. Deleuze e F. Guattari, Che cos’è la filosofia?, trad it. a cura di A. de Lorenzis, Torino, Einaudi, 1996, (ed. originale: 1991), appendice di C. Arcuri, «Le ultime lezioni sono già state fatte, da sempre», pag. 235.

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CAPITOLO PRIMO

La formazione

1.1 Gli studi giovanili Gilles Louis Réné Deleuze nasce a Parigi il 18

gennaio 1925, da famiglia benestante il padre,

ingegnere, si occupa di attività imprenditoriali. Negli

anni che precedono lo scoppio del secondo conflitto

bellico, al pari di tanti altri nuclei familiari, la

sicurezza economica dei Deleuze si deteriora. Le

entrate si riducono e costringono ad un

ridimensionamento dello stile di vita che, tra le altre

cose, induce il padre a cambiare lavoro e l’intera

famiglia a trasferirsi nel modesto XVII

arrondissement parigino.

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Gilles Deleuze sfugge così alla tradizione delle

scuole cattoliche private e frequenta gli istituti

pubblici. Durante l’invasione tedesca, Deleuze e il

fratello sono trasferiti a Deuville, in Normandia,

luogo di villeggiatura frequentato dai genitori. Qui

Deleuze frequenta il liceo per un anno e conosce il

giovane professore Pierre Halbwachs, che lo

introduce al piacere della letteratura, ed in

particolare all’incontro con le opere di Charles

Baudelaire, Andrè Gide, Anatole France.

Il fratello più grande, arrestato per attività partigiana,

morì sul treno che lo portava ad Auschwitz.

Ritornato nella capitale, Deleuze continua il suo

percorso di studi al Liceo Carnot. È in questi anni

che Deleuze inizia a leggere testi filosofici.

Compiuti gli studi liceali, asseconda la sua

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inclinazione per la materie umanistiche scegliendo la

facoltà di filosofia.

1.2 La prima formazione filosofica

Deleuze si iscrive alla Sorbona nel 1944 (la sua

classe sarà esentata dal servizio di leva per la

Liberazione). I suoi professori sono Ferdinand

Alquié (studioso di Cartesio, Spinoza e Bergson),

Jean Hyppolite (specialista dell’opera di Hegel) e

Georges Canguilhelm. Fra i suoi compagni di studi

ci sono Michel Butor e Michel Tournier, destinati a

diventare, nella seconda metà del Novecento,

scrittori di fama nazionale.

Nel 1947 egli ottiene il Diplome d’Etudes

Supérieures, con una tesi su Hume che sarà

pubblicata, nel 1953, con il titolo Empirismo e

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soggettività. Saggio sulla natura umana secondo

Hume2. In questi anni, dedicati allo studio di testi

classici per la preparazione del concorso per

l’insegnamento, Deleuze scopre Jean-Paul Sartre, il

filosofo contemporaneo che ammira di più.

Ottiene l’abilitazione in filosofia, nel 1948, e fino al

1957 insegna per quattro anni al liceo di Amiens, per

due al liceo di Orléans e per altri due al liceo Louis-

le-Grand a Parigi.

Nel 1956 si sposa con Fanny (Denise Paule)

Grandjouan, dalla quale ha due figli, Julien (1960) e

Emile (1964). Nel 1957 ottiene un posto come

assistente di Storia della filosofia alla Sorbona.

Partecipa all’opera di Storia della filosofia diretta da

François Châtelet. Tre anni dopo, in qualità di

2 G. Deleuze, Empirismo e soggettività. Saggio sulla natura umana secondo Hume, trad. it. a cura di M. Cavazza, Napoli, Cronopio, 2000, (ed. originale: 1953).

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ricercatore, entra a far parte del CNRS (Centro

Nazionale della Ricerca Scientifica), dove resterà

fino al 1964.

Nel 1962 pubblica Nietzsche e la filosofia3, con cui

contribuisce alla riscoperta dei temi nietzscheani nel

dibattito filosofico. Sempre nel 1962, Deleuze

incontra Michel Foucault. È l’inizio di una grande

amicizia intellettuale. L’anno successivo pubblica

La filosofia critica di Kant4, dove affronta la dottrina

delle facoltà. Nel 1964 ottiene la prima cattedra

all’Università di Lione e pubblica Marcel Proust e i

segni5, la prima opera sulla letteratura, che contiene

numerosi spunti filosofici, che esplorerà nei testi

successivi. Da Proust a Bergson il passo è breve, e 3 G. Deleuze, Nietzsche e la filosofia, trad. it. a cura di S. Tassinari, Firenze, Colportage, 1978, (ed. originale: 1962). 4 G. Deleuze, La filosofia critica di Kant, trad. it. a cura di M. Cavazza, Torino, Cappelli, 1979, (ed. originale: 1963). 5 G. Deleuze, Marcel Proust e i segni, trad. it. a cura di C. Lusignoli, Torino, Einaudi, 1967, (ed. originale: 1964).

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l’anno dopo Deleuze ne affronta le molteplici

implicazioni nell’opera Il Bergsonismo6.

Nel 1967 pubblica uno studio sull’opera di Sacher-

Masoch, Presentazione di Sacher-Masoch7, in cui

anticipa la critica dell’analisi psicoanalitica che

svilupperà in modo più completo negli anni

successivi. Nel 1968 discute e pubblica la tesi di

dottorato Differenza e ripetizione8, sviluppata sotto

la guida di Maurice de Gandillac, nella quale pone il

problema della differenza, sganciandolo dalla sua

tradizionale relazione con l’identità e la negazione.

L’anno successivo esce Logica del senso9, un libro

in cui Deleuze affronta la teoria del senso e il suo

6 G. Deleuze, Il bergsonismo, trad. it. a cura di F. Sossi, Milano, Feltrinelli, 1983, (ed. originale: 1966). 7G. Deleuze, Presentazione di Sacher-Masoch, trad. it. a cura di M. De Stefanis, Milano, Bompiani, 1978, (ed. originale: 1967). 8 G. Deleuze, Differenza e ripetizione, trad. it. a cura di G. Guglielmi, Bologna, Il Mulino, 1972, (ed. originale: 1968). 9 G. Deleuze, Logica del senso, trad. it. a cura di M. De Stefanis, Milano, Feltinelli, 1979, (ed. originale:1969).

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legame con il non-senso attraverso un inconsueto

accostamento tra Lewis Carroll e gli Stoici.

1.3 L’esperienza socio-politica

Nel 1969 si trasferisce al Dipartimento di filosofia

dell’Università di Parigi VIII – Vincennes, a fianco

del suo amico Michel Foucault. Nello stesso anno

avviene l’incontro con Félix Guattari, psicanalista,

allievo di Lacan, impegnato nell’esperienza della

clinica di La Borde. Insieme scriveranno numerosi

testi. È anche l’anno di un’intensa attività politica,

nonostante i gravi problemi polmonari che lo

costringeranno a una delicata operazione. Deleuze

aderisce al Gauche Prolétarienne, al cui interno

conosce vari esponenti maoisti, prende

pubblicamente posizione per la causa palestinese,

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entra in contatto con i movimenti politici della

sinistra italiana, in particolare a Milano, dove

incontra anche alcuni esponenti dell’anti-psichiatria.

L’attività militante confluirà nella elaborazione di

una teoria nuova, quella del desiderio inteso come

forza direttamente sociale e storica. Insieme a

Guattari, Deleuze imposterà questo discorso del

desiderio, affrancato dal bisogno e inteso

unicamente come produzione, ne L’Anti-Edipo10.

Pubblicato nel 1972 il volume provoca un acceso

dibattito culturale, dovuto alla critica radicale nei

confronti della pratica psicanalitica. Riferimento

costante e implicito de L’Anti-Edipo è il pensiero di

Spinoza, cui Deleuze ha dedicato un testo pubblicato

10 G. Deleuze e F. Guattari L’Anti-Edipo, trad. it. a cura di A. Fontana, Torino, Einaudi, 1975, (ed. originale: 1972).

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nel 1970, Spinoza. Filosofia pratica11. In esso

Deleuze si concentra soprattutto sulla teoria degli

affetti delineata nell’Ethica, mettendone in risalto la

scomparsa del soggetto trascendente rispetto alle

passioni che ne scuotono il corpo e i pensieri.

Nel 1975 Deleuze e Guattari pubblicano un altro

libro, questa volta dedicato alla creazione dal punto

di vista linguistico e letterario, intitolato Kafka. Per

una letteratura minore12.

1.4 Le opere della maturità

L’Anti-Edipo viene pubblicato come primo volume

di un’opera che avrà come contesto il secondo titolo

Capitalismo e schizofrenia. Ma il secondo volume

11 G. Deleuze, Spinoza. Filosofia pratica, trad. it. a cura di M. Senaldi, Milano, Guerini e Associati, 1999, (ed. originale: 1970). 12 G. Deleuze e F. Guattari, Kafka. Per una letteratura minore, trad. it. a cura di A. Serra, Milano, Feltrinelli, 1975, (ed. originale 1975).

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uscirà solo dieci anni più tardi, nel 1982, con il titolo

Millepiani13, nel quale gli autori mettono in gioco il

molteplice puro in una logica del divenire, senza

dilungarsi in premesse, giustificazioni, motivazioni o

discorsi sul metodo.

Nel 1981, in occasione della personale del Francis

Bacon a Parigi, la casa editrice che si occupa del

catalogo completo delle sue opere commissiona a

Deleuze una breve Introduzione. Il testo, pubblicato

con il titolo Francis Bacon. Logique de la

sensation14, è, in realtà, un denso trattato

sull’estetica baconiana nonché su tematiche inerenti

all’intera storia della pittura. Subito dopo Deleuze

affronta il tema dell’immagine dal punto di vista

13 G. Deleuze e F. Guattari, Millepiani, trad. it. a cura di G. Passeroni, Roma, Castelvecchi, 1997, (ed. originale: 1982). 14 G. Deleuze, Francis Bacon. Logique de la sensation Vol. I (texte) – Vol. II (peintures), Paris, Editions de la Différence, 1984.

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cinematografico, in due ricchi volumi in cui l’analisi

rigorosa delle riprese si mescola con la concezione

bergsoniana del movimento e del tempo. Il primo

volume, Cinema 1 – L’immagine-movimento15, sarà

pubblicato nel 1983, mentre il secondo, Cinema 2 –

L’immagine-tempo16, due anni dopo.

Nel 1987 Deleuze lascia l’insegnamento per motivi

di salute, l’anno dopo pubblica La piega. Leibniz e il

Barocco17, in cui delinea una concezione della

materia e della percezione attraverso il modello

estetico della piega.

Nel 1991 pubblica l’ultimo libro scritto con Fèlix

Guattari, Che cos’è la filosofia?18, interessante

15 G. Deleuze, Cinema 1 – L’innagine-movimento, trad. it. a cura di J. P. Manganaro, Milano, Ubulibri, 1984, (ed. originale: 1983). 16 G. Deleuze, Cinema 2 – L’immagine-tempo, trad. it. a cura di L. Rampello, Milano, Ubulibri, 1989, (ed. originale: 1985). 17 G. Deleuze, La piega. Leibniz e il Barocco, trad. it. a cura di Torino, Einaudi, 1992, (ed. originale: 1987). 18 G. Deleuze e F. Guattari, Che cos’è la filosofia?, trad. it. a cura di A. De Lorenzis, Torino, Einaudi, 1996, (ed. originale: 1991).

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trattato sul fare filosofia, intesa come attività di

creazione dei concetti. Fèlix Guattari morirà l’anno

successivo. Nelle ultime interviste Deleuze confida

di voler scrivere su Il Capitale di Marx, ma la sua

condizione di salute peggiora gravemente. Muore la

notte del 4 novembre 1995, lanciandosi dalla finestra

del suo appartamento, nel XVII arrondissemet.

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CAPITOLO SECONDO

Deleuze e la storia della filosofia

2.1 Un nuovo empirismo

Si definisce generalmente l’empirismo come una

dottrina secondo la quale l’intellegibile scaturisce

dal sensibile, tutto ciò che appartiene all’intelletto

deriva dai sensi. Ma questo, afferma Deleuze, è il

punto di vista di coloro i quali si limitano a cercare

nella storia della filosofia dei principi primi astratti.

C’è da dire che alcuni filosofi vi si lasciano

volentieri conquistare e si mettono così a discutere

attorno a ciò che dovrebbe costituirsi come principio

primario (l’essere, l’io, il sensibile?...)19. E, quel che

19 G. Deleuze e C. Parnet, Conversazioni, trad. it. a cura di G. Comolli, Milano, Feltrinelli, 1980, pag. 64 (ed. originale: 1977).

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peggio, altri ancora ambiscono a preservare

un’immagine del pensiero che fanno passare per

filosofia, agenti del potere della filosofia che

giocano un ruolo repressivo nel pensiero; ciò è

dovuto ad un antico rapporto tra filosofia e politica

dominante (Stato), ad un conformismo dell’esercizio

del pensiero ai fini del potere reale ed alle esigenze

dell’ordine stabilito20.

Qualsiasi storia della filosofia ha il suo capitolo

sull’empirismo: Locke e Berkeley vi trovano spazio,

ma c’è in Hume, secondo Deleuze qualcosa di molto

singolare, che richiede un posto d’osservazione

specifico. Deleuze rivaluta le tesi dell’empirismo a

partire da un suo studio, appunto, su Hume –

20 Ibidem, pag. 18.

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Empirismo e soggettività. Saggio sulla natura

umana secondo Hume21.

L’empirismo di Hume, afferma Deleuze, non pone

come essenziale il problema dell’origine della

mente, ma quello di una costituzione del soggetto. Il

suo problema fondamentale è spiegare in che modo

una collezione di idee diventa sistema, o, più

esattamente, in che modo la mente diviene un

soggetto, l’immaginazione una facoltà? L’organismo

e i sensi non posseggono immediatamente, da soli, i

caratteri di una natura umana o di un soggetto:

dovranno perciò riceverli dall’esterno. Hume

afferma continuamente l’identità della mente,

dell’immaginazione e dell’idea. La mente non è

natura e non ha natura. Essa è identica all’idea della

21 G.Deleuze, Empirismo e soggettività. Saggio sulla natura umana secondo Hume, trad. it. a cura di M. Cavazza, Napoli, Cronopio, 2000, (ed. originale: 1953).

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mente. L’idea è il dato in quanto dato, è

l’esperienza. La mente è data. È una collezione di

idee, non un sistema22.

Il Trattato sulla natura umana di Hume mostra che i

due modi in cui la mente è affetta sono

essenzialmente il passionale e il sociale, che si

implicano a vicenda, assicurando l’unità del soggetto

di una scienza autentica; ovvero, il soggetto

empirico è costituito nella mente per effetto di tutti i

“principi” congiunti. Il fatto è, dice Deleuze, che le

cose cominciano a muoversi e ad animarsi solo a

livello del secondo, terzo o quarto principio, e a

questo punto non sono neanche principi23.

Comunque, Hume concepisce due specie di principi:

da un lato quelli di associazione, dall’altro quelli

22 Ibidem, pag. 13. 23 G. Deleuze e C. Parnet, Conversazioni, op. cit., pag. 65.

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della passione. Questi ultimi, sotto certi riguardi,

potranno presentarsi sotto forma di un principio di

utilità. Il soggetto è l’istanza che, sotto l’effetto di un

principio di utilità, persegue uno scopo,

un’intenzione, organizza mezzi in vista di un fine e,

sotto l’effetto dei principi di associazione, stabilisce

relazioni tra idee. La collezione di idee diventa un

sistema quando queste sono organizzate, collegate24.

Deleuze sottolinea il fatto che la questione più

importante sollevata dall’Empirismo è quella delle

relazioni: «Le relazioni sono esterne ai loro

termini»25. Questo vuol dire che le idee non rendono

conto della natura delle operazioni che si fanno su di

esse, in particolare delle relazioni che si stabiliscono

tra loro. I principi di associazione sono solo la

24 G. Deleuze, Empirismo e soggettività, op. cit., pag. 125. 25 G. Deleuze e C. Parnet. Conversazioni, op. cit., pag. 65.

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condizione necessaria. L’associazione delle idee non

spiega perché è evocata questa piuttosto che quella.

Le relazioni trovano la loro direzione, il loro senso

nella passione; l’associazione presuppone progetti,

intenzioni, occasioni, tutta una vita pratica,

un’affettività. Tra l’associazione e la passione c’è il

medesimo rapporto che vi è tra il possibile e il reale,

una volta stabilito che il reale precede il possibile.

L’associazione dà al soggetto una struttura possibile,

solo la passione gli dà un essere, un’esistenza. La

relazione orientata dalla passione può essere definita

come la circostanza particolare per cui giudichiamo

opportuno confrontare due idee, perfino quando

queste sono unite arbitrariamente nell’immagi-

nazione. Solo questa circostanza dà alla relazione la

sua ragione sufficiente, cosicché un insieme di

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circostanze singolarizza sempre un soggetto, poiché

rappresenta uno stato delle sue passioni e dei suoi

bisogni, una ripartizione dei suoi interessi, una

distribuzione delle sue credenze26. Se la relazione

non si separa dalle circostanze, se il soggetto non

può separarsi da un contenuto singolare che gli è

strettamente essenziale, è per il fatto che, nella sua

essenza, la soggettività è pratica. Che non ci sia e

non possa esserci soggettività teorica diventa

proposizione fondamentale dell’empirismo.

Questo primo approccio di Deleuze all’empirismo di

Hume costituisce un’anticipazione di quello che sarà

lo sviluppo successivo della sua architettura

concettuale. Invero, l’empirismo di Deleuze non è

solamente un rifiuto del trascendentale, ma assume

26 G. Deleuze, Empirismo e soggettività, op. cit., pagg. 131-132.

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anche un aspetto attivo: “L’empirismo non è affatto

una reazione contro i concetti, né un semplice

appello all’esperienza vissuta. Esso instaura al

contrario la più folle creazione di concetti che mai si

sia vista o intesa”27. Questa tesi sulla filosofia come

creazione empiristica di concetti sarà ripresa in uno

dei suoi ultimi testi: Che cos’è la filosofia?28, ma

viene sviluppata anche attraverso lo studio di altri

filosofi ai quali Deleuze attribuisce questo

particolare punto di vista empiristico, in particolare

Spinoza e Nietzsche. Un nuovo empirismo viene

realizzato da Deleuze mediante la “costruzione” di

altri concetti fondamentali che attraversano tutte le

27 G. Deleuze, Differenza e ripetizione, trad. it. a cura di G. Guglielmi, Bologna, Il Mulino, 1972, (ed. originale 1968). 28 G. Deleuze e F. Guattari, Che cos’è la filosofia, trad. it. a cura di A. De Lorenzis, Torino, Einaudi, 1996, (ed. originale 1991).

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Page 25: Deleuze e La Filosofia Costruttivista

sue opere. I più importanti sono quello di

“immanenza” e quello di “ecceità”.

Una prima configurazione del concetto di

immanenza, di chiara ispirazione spinoziana, è

contraddistinta da un significato ontologico: c’è

solamente una sostanza, e perciò tutto ciò che esiste

deve essere considerato sullo stesso piano, sullo

stesso livello e deve essere analizzato dal punto di

vista delle relazioni, piuttosto che da quello della sua

essenza. L’immanenza consiste, appunto, di un

campo o piano dove si rilevano solo rapporti di forze

o di movimenti intensivi. Deleuze definisce, nelle

opere della maturità, questo “piano d’immanenza”

come il terreno su cui un filosofo deve costruire i

suoi concetti; anche se, bisogna precisare, questo

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Page 26: Deleuze e La Filosofia Costruttivista

piano non è gia dato così quanto i concetti, ma

entrambi debbono essere concepiti.

Deleuze riporta, a proposito, una frase di Nietzsche:

«I filosofi non devono limitarsi a ricevere i concetti,

a purificarli e a rischiararli, ma devono cominciare

col farli, col crearli, col porli, e cercare di

inculcarli»29.

Il concetto di “ecceità” si contrappone ugualmente al

trascendentale, liberandosi, oltretutto, del dualismo

soggetto – oggetto. Un oggetto, un tavolo per

esempio, invece che essere determinato dalla sua

essenza o idea (Platone), o riferito ad una categoria

trascendentale (Kant), deve considerarsi come una

composizione di forze che lo costituiscono e lo

superano (Nietzsche). Il tavolo non ha un per-sé, ma

29 Ibidem, pag. XIII.

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Page 27: Deleuze e La Filosofia Costruttivista

ha una esistenza in un campo di relazioni che va

oltre il suo significato o controllo. Così, il tavolo

esiste nella cucina di una casa di una famiglia che è

parte di una società capitalistica. Ovvero, il tavolo è

usato per mangiare, è collegato al corpo umano, ad

un articolo commestibile, ecc. Lo stesso può dirsi

del processo di soggettivazione: esso è

immediatamente storico e sociale, afferma Deleuze,

riprendendo le tesi del suo amico Foucault, è

imprescindibile dalle condizioni determinate dai

sistemi di potere e di sapere: “La soggettivazione

non ha niente a che vedere con la «persona»: è

un’individuazione, particolare o collettiva che

caratterizza un avvenimento (un’ora del giorno, un

fiume, un vento, una vita…). È un modo intensivo e

non un soggetto personale. È una dimensione

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Page 28: Deleuze e La Filosofia Costruttivista

specifica senza la quale non si potrebbe né superare

il sapere né resistere al potere”30.

La soggettività, secondo Deleuze, si manifesta come

un effetto, un evento eccedente, un vapore, una

nebbia che si solleva dal terreno o dal campo (di

battaglia) esistenziale: “Le ecceità sono soltanto dei

gradi di potenza che si compongono, ai quali

corrispondono un potere di impressionare e di

venire impressionati, delle affezioni attive o passive,

delle intensità”31. Insomma, l’empirismo radicale di

Deleuze consiste nel considerare il tutto dispiegato

secondo un piano d’immanenza nel quale non si

danno che eventi o ecceità, confacente sempre ad un

mondo, ad un popolo che si attualizza e si esprime in

una soggettività non individuale. Tale empirismo, 30 G. Deleuze, Pourparlers, Paris, Édition de Minuti, 1990 - Intervista a G. Deleuze su M. Foucault di D. Eribon per Le Nouvel Observatour, pag. 135 (trad. mia). 31 G. Deleuze e C. Parnet, Conversazioni, op. cit., pag. 107.

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tratta il concetto come la possibilità dell’incontro tra

l’essere e il mondo, non riconducibile più a un

soggetto trascendente: “La sua forza comincia nel

momento in cui definisce il soggetto: un habitus,

un’abitudine, nient’altro che un’abitudine in un

campo d’immanenza, l’abitudine di dire Io…”32.

2.2 Critica ed etica

Nei suoi primi lavori inerenti la storia della filosofia,

Deleuze esprime un aspetto principalmente critico,

conseguenza del fatto, forse, di essersi molto

occupato di filosofi come Kant e Nietzsche, che per

motivi diversi hanno fatto della critica un loro punto

di forza.

32 G. Deleuze e F. Guattari, Che cos’è la filosofia?, op. cit., pag. 38.

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Page 30: Deleuze e La Filosofia Costruttivista

Deleuze ha dedicato a Kant un’opera, La filosofia

critica di Kant33, di notevole interesse e di estrema

chiarezza per il modo in cui presenta le tre Critiche.

In un intervista Deleuze dichiara: «Il mio libro su

Kant è diverso; mi piace, lo feci come un libro

ricordando un amico, che tenta di mostrare come

lavora il suo sistema, i suoi ingranaggi – il tribunale

della Ragione, gli esercizi legittimi delle facoltà»34.

Nell’approccio di Deleuze alle critiche di Kant, ci

sono comunque elementi di novità che riflettono i

suoi interessi intellettuali – due in particolare. Il

primo è il rifiuto di ogni enfasi della

trascendentalità, in favore di un generalizzato

pragmatismo della ragione. Mentre egli stesso

localizza in Kant lo sviluppo del concetto 33 G. Deleuze, La filosofia critica di Kant, trad. it. a cura di Marta Cavazza, Cappelli, Bologna, 1979, (ed. originale: 1963). 34 G. Deleuze, Pourparlers, op. cit., pagg. 14-15 (trad. mia).

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Page 31: Deleuze e La Filosofia Costruttivista

trascendentale in tutta la sua moderna rilevanza,

sostiene che, anche come facoltà trascendentali,

ragione, intelletto e immaginazione determinano la

sintesi di rappresentazione (conoscenza, desiderio,

sentimento di piacere e dispiacere) solamente in

maniera immanente, per arrivare ai propri fini. Il

secondo elemento distintivo è la convinzione della

importanza centrale della terza Critica, ossia La

Critica del giudizio35. Deleuze argomenta non

soltanto che ci sono conflitti tra l’attività delle

facoltà, e così tra le prime due Critiche, ma anche

che la terza Critica risolve questo problema

proponendo la natura di un accordo libero tra le

facoltà più profondo dei loro conflitti. Il risultato

dell’operazione deleuziana consiste, in definitiva, 35 Questa tesi di Deleuze è opposta a quella di molti studiosi di Kant, che considerano la terza Critica un’opera meno valida delle altre due, come un risultato dell’età avanzata di Kant e delle sue ormai decadenti abilità mentali.

36

Page 32: Deleuze e La Filosofia Costruttivista

nella messa in movimento dell’articolazione

architettonica delle tre Critiche al fine di intendere il

divenire-filosofia del criticismo nella sua

costituzione come metodo trascendentale. Si

potrebbe sintetizzare la procedura deleuziana intorno

a Kant con la formula di “empirismo

trascendentale”36. La peculiare posizione della

Critica del Giudizio permette, inoltre, di intendere

una nuova teoria della finalità, la cui genesi esige

l’accordo tra facoltà, che si produce nel giudizio

riflettente, e la sua determinazione nell’attività

pratica. Ciò dimostra – secondo Deleuze – che Kant

ha trovato la via di una subordinazione armonica

dell’oggetto al soggetto finito, individuando un

fondamento umano finale della stessa dimensione

36 G. Polizzi, Deleuze e la “tradizione” filosofica, in AA. VV., Il secolo deleuziano, Milano, Ed. Mimesis, 1996, pag. 244.

37

Page 33: Deleuze e La Filosofia Costruttivista

teologica. Questo dà alla terza Critica, sostiene

ancora Deleuze, una potenza creativa ed affermativa.

La stessa considerazione va fatta sulla filosofia

critica di Nietzsche: essa non va assolutamente

separata dall’elemento essenziale dell’affermazione.

La grandezza di Nietzsche, secondo Deleuze, sta

nell’aver saputo individuare le forze reattive (il

risentimento e la cattiva coscienza) che hanno

soggiogato e si sono impadronite dell’istinto di

conoscenza o del pensiero, ma soprattutto, nell’aver

operato quella che lui chiamava “trasvalutazione”:

non un cambiamento di valori, bensì un

cambiamento nell’elemento da cui deriva il valore

dei valori. La stima al posto della svalutazione,

38

Page 34: Deleuze e La Filosofia Costruttivista

l’affermazione come volontà di potenza, la volontà

come volontà affermativa37.

Nel suo studio Nietzsche e la filosofia, Deleuze

argomenta sull’ontologia nietzscheana, sul suo

monismo della forza, intesa, però, come pluralità.

Questa forza è solamente forza di affermazione, dal

momento in cui esprime solamente se stessa e tutta

la sua pienezza; ovvero, la forza dice “si” a se stessa.

Il “si” di Nietzsche si oppone al “no” della dialettica.

Nel suo rapporto con un’altra, la forza si fa obbedire,

non la nega, bensì afferma la sua differenza e ne

gioisce. All’elemento speculativo della negazione o

della opposizione, Nietzsche sostituisce quello

pratico della differenza. Il rapporto tra forze, sotto

questo aspetto, viene chiamato volontà (di potenza),

37 G. Deleuze, Nietzsche e la filosofia, trad. it. a cura di S. Tassinari, Firenze, Colportage, 1978, pag. 238 (ed. originale: 1962).

39

Page 35: Deleuze e La Filosofia Costruttivista

che è l’elemento differenziale della forza: “La

volontà di potenza è dunque l’elemento dal quale

derivano sia la differenza di quantità di forze che

siano tra loro in rapporto, sia la qualità che, in

questo rapporto, è propria a ciascuna forza”38. Il

carattere plastico del principio della volontà di

potenza risiede nel suo essere interno a ciò che esso

condiziona, alle forze stesse, nella sua inseparabilità

dalle singole forze determinate che, però, implica un

irriducibile elemento differenziale. Ecco, quindi,

ancora un “empirismo trascendentale” che rende

conto – come in Hume – di una ontologia della

differenza39. Deleuze, leggendo Nietzsche, parte da

questo punto e ne spiega l’intera tipologia critica

38 Ibidem, pag. 84. 39 G. Polizzi, Deleuze e la “tradizione”filosofica, op. cit., pag. 247.

40

Page 36: Deleuze e La Filosofia Costruttivista

(forze reattive, risentimento, cattiva coscienza) su

questa base.

Per Nietzsche l’unico principio possibile, per una

critica totale, è il “prospettivismo”: non c’è fatto o

fenomeno morale, bensì un’interpretazione morale

dei fenomeni; non esistono conoscenze illusorie, ma

la conoscenza stessa è un’illusione, un errore, peggio

ancora, una falsificazione. Soltanto la volontà di

potenza come principio genetico e genealogico,

come principio legislativo, è in grado di realizzare la

critica interna. Essa soltanto rende possibile una

trasmutazione. Nella critica non si tratta di

giustificare, ma di sentire diversamente: un’altra

sensibilità.

Deleuze dimostra il limite in cui Nietzsche rigetta

l’immagine tradizionale o dogmatica del pensiero, la

41

Page 37: Deleuze e La Filosofia Costruttivista

quale confida su un’armonia naturale tra

intellettuale, verità e attività di pensiero. Il pensiero

non è naturalmente correlato alla verità di un tutto,

ma, piuttosto, è un atto creativo, un atto di affezione

di una forza su altre forze. Anche questa lettura che

Deleuze fa di Nietzsche svela, oltre alla sua

caratterizzazione empirica, un’attestazione

costruttivistica del pensiero: vale a dire

l’affermazione di un pensiero come creatività.

Tale affermazione, per Deleuze, assume valore

massimo se utilizzata a proposito delle opere di

Spinoza. Spinoza è “il più filosofo di tutti i

filosofi…la cui Etica è il primo libro sui concetti”40.

La grandezza di Spinoza, viene precisamente dalla

creazione di un regime intero di nuovi concetti che

40 G. Deleuze e F. Guattari, Che cos’è la filosofia?, op. cit., pag. 49.

42

Page 38: Deleuze e La Filosofia Costruttivista

argomentano intorno al rapporto tra le dimensioni

ontologica, epistemologica e antropologica,

coniugando l’univocità dell’essere, quale è espressa

nella teoria della sostanza, con la genesi del senso

nella espressione dell’idea e con la gioia pratica

nell’espressione delle passioni41. In breve, come

recita il titolo di uno dei libri di Deleuze, Spinoza.

Filosofia pratica42, l’Etica si capisce solamente

quando si è visto che è allo stesso tempo teorica e

pratica. Le grandi teorie dell’Etica - unicità della

sostanza, unicità degli attributi, immanenza,

universale necessità, parallelismo, ecc. - non sono

separabili dalle tre grandi tesi pratiche sulla

coscienza, i valori e le passioni tristi. Sotto certi

aspetti, sarebbe anche corretto dire che Deleuze 41 G. Polizzi, Deleuze e la “tradizione”filosofica, op. cit., pag. 250. 42 G. Deleuze, Spinoza. Filosofia pratica, trad. it. a cura di M. Senaldi, Milano, Guarini e Associati, 1999, (ed. originale:1970).

43

Page 39: Deleuze e La Filosofia Costruttivista

legge Spinoza e Nietzsche uno attraverso l’altro,

accentuando la continuità del loro pensiero. Ci sono,

tra Nietzsche e Spinoza, due fondamentali punti

critici in comune. Il primo è la critica della

coscienza. Spinoza sostiene che la coscienza

presume solamente le cause dopo che degli effetti

sono stati percepiti dal nostro corpo. La coscienza

rovescia l’ordine delle cose (“illusione delle cause

finali”). La coscienza fa dell’effetto di un corpo sul

nostro la causa finale dell’azione del corpo esterno;

e fa dell’idea di questo effetto la causa finale delle

azioni. Di conseguenza, essa prende se stessa per

causa primaria e invoca il suo potere sui corpi

(“illusione del libero arbitrio”). E quando la

coscienza non può immaginarsi causa primaria, né

organizzatrice dei fini, essa invoca Dio, dotato di

44

Page 40: Deleuze e La Filosofia Costruttivista

intelletto e di volontà operante secondo cause finali

o liberi decreti, per preparare un mondo a misura

della sua gloria e dei suoi castighi (“illusione

teologica”). Non è sufficiente dire che la coscienza

si fa delle illusioni: essa è inseparabile dalla triplice

illusione che la costituisce: illusione della finalità,

illusione della libertà, illusione teologica. Nietzsche

è strettamente spinozista, quando scrive: “La grande

attività principale è inconscia; la coscienza non

appare d’abitudine che laddove il tutto desidera

subordinarsi ad un tutto superiore; essa è

principalmente la coscienza di questo tutto

superiore, della realtà esteriore a me; la coscienza

nasce in rapporto all’essere di cui noi potremmo

esser funzione, essa è il mezzo di incorporarlo”43.

43 Ibidem, pag. 32.

45

Page 41: Deleuze e La Filosofia Costruttivista

Il secondo punto è la critica della moralità. L’Etica

di Spinoza, secondo Deleuze, costituisce un rifiuto

della distinzione bene/male trascendente in favore,

solamente, di un’opposizione funzionale buono/

cattivo. Bene e male, per Spinoza come per Lucrezio

e Nietzsche, sono illusioni da un punto di vista

moralistico che riducono il nostro potere d’agire e

incoraggiano l’esperienza delle passioni tristi.

L’Etica rovescia il sistema di giudizio.

All’opposizione dei valori (bene/male) si sostituisce

la differenza qualitativa dei modi di esistenza

(buono/cattivo). Buono è quando un corpo compone

direttamente il suo rapporto con il nostro, e, con tutta

o con parte della sua potenza, aumenta la nostra, per

esempio, un alimento. Cattivo, per noi, è quando un

corpo decompone il rapporto del nostro, benché esso

46

Page 42: Deleuze e La Filosofia Costruttivista

si componga con delle nostre parti, ma secondo

rapporti diversi da quelli che corrispondono alla

nostra essenza: così, per esempio, un veleno che

decompone il sangue. L’Etica, per Deleuze, è,

piuttosto, un incitamento a considerare gli incontri

tra corpi sulla base della loro relativa bontà. L’Etica

è una “etologia”, che, per uomini e animali, non

considera in ogni caso che il potere di essere affetti.

Ora, proprio dal punto di vista di una etologia

dell’uomo occorre distinguere, innanzitutto, due tipi

di affezione: le “azioni”, che si esplicano grazie alla

natura dell’individuo affetto e derivano dalla sua

assenza; le “passioni”, che si esplicano attraverso

altro e derivano dall’esterno. La capacità di subire

affezioni si presenta, dunque, come “potenza di

agire”, quando si ritiene che sia appagata da

47

Page 43: Deleuze e La Filosofia Costruttivista

affezioni attive, ma come “potenza di patire”,

laddove sia colmata da passioni. Così, le azioni non

hanno nessuna scala trascendentale per essere

misurate, ma solamente una stima relativa e

un’ottica prospettica nella variabilità di un

continuum buono/cattivo. Finalmente, Gilles

Deleuze vede in Spinoza il rifiuto delle passioni

tristi, mettendole in correlazione alla critica di

Nietzsche sul risentimento e la moralità dello

schiavo. In tutta la sua opera Spinoza non cessa di

denunciare tre generi di personaggi: l’uomo delle

passioni tristi; l’uomo che sfrutta queste passioni

tristi, che ha bisogno di esse per stabilire il suo

potere; l’uomo che si rattrista per la condizione

umana e per le passioni dell’uomo in generale. Lo

schiavo, il tiranno, il prete… trinità moralista.

48

Page 44: Deleuze e La Filosofia Costruttivista

L’Etica traccia il ritratto dell’“uomo del

risentimento”, per il quale ogni felicità è un’offesa e

che fa dell’impotenza e della miseria la sua unica

passione44. Vi è, dunque, una filosofia della “vita”,

in Spinoza: essa consiste nel denunciare tutto ciò che

ci separa dalla vita, tutti quei valori trascendenti

rovesciati contro la vita, legati alle condizioni e alle

illusioni della nostra coscienza.

L’etica spinoziana emerge da questo lavorio di

connessione concettuale come un positivo esercizio

affettivo in alternativa alla morale del diritto

costituito. Etica atea e culto della vita corroborano

una filosofia dell’immanenza radicale, che

oltrepassa le “passioni tristi” e trova gli spazi per

44 È un singolare angolo di approccio, quello di Deleuze, all’Etica di Spinoza: piuttosto che enfatizzare le strutture teoriche fondate nelle prime sezioni, egli enfatizza la seconda parte del libro (particolarmente la parte V) che consiste in argomenti dal punto di vista di modi individuali, evidenziando l’importanza della realtà individuale piuttosto che la forma, e del pratico piuttosto che il teoretico.

49

Page 45: Deleuze e La Filosofia Costruttivista

una potenza di vita gioiosa e concreta, per una “gaia

scienza” della “grande identità” Spinoza-

Nietzsche.45

2.3 Bergson e Leibniz: il concetto di virtuale

Il concetto di virtuale, introdotto da Deleuze nei suoi

studi sulle opere di H. Bergson, si muove nella

direzione opposta a quella del significato corrente. Il

suo uso più comune, affermatosi come oggetto di

dibattito teorico in questi ultimi trent’anni,

proveniente dagli studi sull’intelligenza artificiale e

sulla computer graphics, si identifica con un nuovo

tipo di copia o di simulazione del reale.

45 G. Polizzi, Deleuze e la “tradizione”filosofica, op. cit., pag. 253.

50

Page 46: Deleuze e La Filosofia Costruttivista

Ovviamente Deleuze non parlava di virtuale nel

senso di ciò che è costruito dal computer, ma

ricavava questo concetto all’interno di una serie di

tematiche bergsoniane: l’immagine-materia, la

durata, la memoria. Questo gli permise di riflettere

anche, come vedremo in seguito, sullo statuto

filosofico dell’immagine cinematografica46. Infatti,

il concetto di virtuale non è affrontato da Deleuze

rispetto alla sua potenzialità rappresentativa dello

spazio, ma a partire dalle nozioni di tempo e di

movimento. Egli ci dice che già all’inizio del

pensiero bergsoniano, nella tesi di dottorato, Essai

sur le donneés immediates de la coscience del 1889,

la durata è il sentimento del proprio cambiamento

46 Deleuze ha dedicato due volumi al cinema: Cinema 1. L’immagine-Movimento trad. it. a cura di J. P. Manganaro, Milano, Ubulibri, 1984, (ed. originale: 1983); Cinema 2. L’immagine-Tempo, trad. it. a cura di L. Rampello, Milano, 1989, (ed. originale: 1985).

51

Page 47: Deleuze e La Filosofia Costruttivista

radicale nel tempo e rappresenta la temporalità

autentica. La durata non è solo esperienza vissuta; è

anche esperienza allargata, separata: condizione

dell’esperienza. La durata ci presenta una

successione soltanto interna, priva di esteriorità47.

Essa è un dato immediato che la mediazione

dell’intelligenza tenderebbe a spazializzare. Secondo

Deleuze, l’immediatezza del dato “durata” è soltanto

virtuale: esso va riguadagnato, va ritagliato dal misto

che ci offre l’esperienza48, impedendo la traduzione

in spazio. La scomposizione del misto spazio-tempo

ci rivela due tipi di “molteplicità”49. Una è

rappresentata dallo spazio: è una molteplicità di

47 G. Deleuze, Il bergsonismo, trad. it. a cura di F. Sossi, Milano, Feltrinelli, 1983, pag. 31 (ed. originale: 1966). 48 Ciò che nell’esperienza si dà è sempre un misto di spazio e di durata. 49 G. Deleuze, Il bergsonismo. op. cit., pag. 33: “Il termine molteplicità non viene qui usato come un vago sostantivo corrispondente alla nota nozione filosofica di Molteplice in generale, Per Bergson non si tratta affatto di opporre il molteplice all’Uno, ma al contrario di distinguere due tipi di molteplicità”.

52

Page 48: Deleuze e La Filosofia Costruttivista

esteriorità, simultaneità, di differenziazioni

quantitative, di differenze di grado, discontinua e

attuale. L’altra si presenta nella durata pura; è una

molteplicità interna, di successione, di

discriminazioni qualitative o di differenze di natura,

continua e virtuale50. Questo iniziale dualismo di

Bergson viene sviluppato più compiutamente in

quello che Deleuze considera il suo capolavoro,

Matière e Mémoire. La materia non ha né virtualità,

né potenza nascosta, per cui possiamo identificarla

con l’“immagine”, con una molteplicità sempre

crescente di impressioni e/o idee che ne

costituiscono la rappresentazione oggettiva. La

memoria, invece, è il virtuale come sintesi di una

molteplicità di durate successive, che costituiscono il

50 Ibidem, pag. 32.

53

Page 49: Deleuze e La Filosofia Costruttivista

soggettivo. All’oggettività della materia, composta

spazialmente di differenze di grado, corrisponde la

soggettività della durata, le cui differenze di natura

contengono la possibilità di un passaggio aperto

verso una durata ontologica e testimoniano di una

virtualità “inseparabile dal movimento di

attualizzazione”51. Tra la materia e la memoria, tra il

presente e il passato, per Bergson, deve esserci una

differenza di natura, non di grado. Il passato non è il

presente che non c’è più, un grado inferiore del

presente. Il passato continua ad essere. Ma il

presente non è l’essere: è l’attuale, dunque l’utile e

l’attivo. Il passato, al contrario, è la virtualità

dell’inutile, dell’inattivo. Ma non per questo cessa di

essere. Anzi, dice Deleuze, esso in un certo senso si

51 Ibidem, pag. 36.

54

Page 50: Deleuze e La Filosofia Costruttivista

identifica con l’essere in sé, con un Tutto nella

durata: “C’è quindi un «passato in generale» che non

è il particolare passato di questo o quel presente, ma

che esiste come elemento ontologico, passato eterno

e di ogni tempo, condizione per il «passaggio» di

ogni presente particolare. Il passato in generale

rende possibili tutti i passati. Bergson dice che prima

di tutto noi ci ricollochiamo nel passato in generale:

in questo modo descrive il salto nell’ontologia.

Saltiamo realmente nell’essere, nell’essere in sé,

nell’essere in sé del passato”52.

La durata comprende in sé la totalità del passato,

essa è “coesistenza virtuale”. L’idea di una

coesistenza virtuale di tutti i livelli del passato viene

estesa all’intero universo: l’idea non comprende più

52 Ibidem, pagg. 50–51.

55

Page 51: Deleuze e La Filosofia Costruttivista

solo il mio rapporto con l’essere, ma il rapporto di

tutte le cose con l’essere: “Tutto si svolge come se

l’universo fosse una Memoria straordinaria”53.

La soggettivazione, tema caro a Deleuze, attraverso

Bergson, risulta, allora, come un processo di

attualizzazione del virtuale.

Deleuze riporta la famosa immagine del “cono

rovesciato”54 di Bergson per descrivere, nei suoi vari

aspetti, la dinamica del ricordo nel suo duplice

movimento di attualizzazione dall’immagine-ricordo

all’immagine-percezione e viceversa; vengono così a

distinguersi - senza contraddizione - un inconscio

psicologico, nel quale il ricordo si trova in via di

attualizzazione, e un inconscio ontologico, ricordo

53 G. Deleuze, Il bergsonismo, op. cit. pag., 71. 54 Secondo quest’immagine, il ricordo è rievocato attraverso un movimento di roto-traslazione: la memoria si porta nella sua totalità contratta verso il presente (traslazione), per poi presentarsi nel suo aspetto più utile (rotazione).

56

Page 52: Deleuze e La Filosofia Costruttivista

puro e virtuale. Virtuale è, così, sia quella

dimensione di passato da estrarre dalla memoria, per

essere attualizzata e personalizzata nel ricordo, che

quella dimensione attraverso la quale è possibile

concettualizzare il Tutto.

Contro ogni filosofia della positività attuale,

meccanicista o finalista, Deleuze asserisce che il

Tutto non è mai dato attualmente, ma possiede una

realtà, è reale senza essere attuale, “ci libera dalla

gabbia dell’attuale, allargando le dimensioni di

realtà piuttosto che sostituirvi un elemento di

artificio, di simulazione, come avviene

comunemente”55. Ma questo Tutto non smette di

attualizzarsi e di differenziarsi in base a linee

divergenti, ognuna delle quali corrisponde ad un

55 Intervista di F. Coscia a P. A. Rovatti nell’ambito della manifestazione «La memoria ribelle», pubblicata sul quotidiano Il Mattino 7 maggio 2003.

57

Page 53: Deleuze e La Filosofia Costruttivista

determinato livello della totalità virtuale

(“evoluzione creatrice”). La realtà positiva e

creatrice della differenziazione recupera il carattere

ontologico e vitale del virtuale, lungo una linea

corrispettivamente deleuziana: lungo la direzione

dell’umano, Deleuze conclude la descrizione del

processo di differenziazione prodotto dallo slancio

vitale sottolineando la dimensione sociale, etica e

religiosa dell’attività creatrice negli uomini. In tal

modo, durata, memoria e slancio vitale trovano il

loro punto di unione intorno ad un concetto di

virtualità interno alla ontologia differenziale

dell’evento56.

Questo concetto di virtuale secondo Deleuze è anche

la principale chiave di lettura per un’opera della sua

56 G. Polizzi, Deleuze e la “tradizione” filosofica, in op. cit., pag. 260

58

Page 54: Deleuze e La Filosofia Costruttivista

maturità, nella quale, dopo quasi un ventennio, si

occuperà di un altro personaggio della storia della

filosofia – Leibniz. Solamente che in questa opera,

La piega. Leibniz e il Barocco57, egli collega il

concetto di virtuale, oltre che ad una dimensione

dello spirito (la sintesi temporale), ad una

disposizione interna dell’anima – la piega. La figura

della piega esprime un nuovo concetto creato da

Deleuze attraverso le opere di Leibniz, ma, bisogna

precisare, questo concetto era stato già introdotto da

Deleuze in un suo studio precedente su Foucault, a

proposito del rapporto a sé e dei modi di

soggettivazione. Lì, egli definiva la piega come

incorporamento del fuori nel dentro: “Pensare

significa piegare, raddoppiare il fuori in un dentro

57 G. Deleuze, La piega. Leibniz e il Barocco, trad. it. a cura di Ed. Einaudi, Torino, 1992, (Ed. originale: 1987).

59

Page 55: Deleuze e La Filosofia Costruttivista

coestensivo… Pensare significa collocarsi nello

strato del presente che funge da limite… Ma ciò

significa pensare il passato così come esso si

condensa nel dentro, nel rapporto con sé (c’è un

greco in me, o un cristiano…). Pensare il passato

contro il presente, resistere al presente, non per un

ritorno ma «a vantaggio, spero di un tempo

avvenire» (Nietzsche), e cioè rendere il passato

attivo e presente al fuori, affinché accada finalmente

qualcosa di nuovo e il pensare giunga al pensiero”58.

Le pieghe in Leibniz, ci dice Deleuze, sono

nell’anima, e non esistono se non nell’anima che le

include; ma è altrettanto vero che esse non possono

realizzarsi se non nel dispiegamento in un universo

materiale: “La piega separa o passa tra la materia e

58 G. Deleuze, Foucault, trad. it. a cura di P. A. Rovatti e F. Sossi, Milano, Feltrinelli, 1987, pagg. 119-120, (ed. originale: 1986).

60

Page 56: Deleuze e La Filosofia Costruttivista

l’anima, l’esterno e l’interno… È una virtualità che

non smette di differenziarsi: si attualizza nell’anima

ma si realizza nella materia… Ma differenziandosi si

disperde da entrambe le parti: la piega si differenzia

in pieghe, che si insinuano e fuoriescono

all’esterno… Ripiegamenti della materia sotto la

specie di esteriorità, pieghe nell’anima sotto la

specie di chiusura”59. Nella piega Deleuze trova, più

in generale, la figura del barocco, momento basilare

della cultura moderna: pieghe infinite di materia e di

spirito tengono lontane le filosofie dell’essenza,

oltrepassando il cartesianesimo: “La piega non

simula soltanto tutte le materie che diventano anche

materie di espressione, seguendo scale, velocità e

vettori differenti (le montagne e le acque, le carte, le

59 G. Deleuze, La piega. Leibniz e il Barocco, op. cit., pagg. 53-54.

61

Page 57: Deleuze e La Filosofia Costruttivista

stoffe, i tessuti viventi, il cervello), ma determina e

fa apparire la forma, ne fa una forma

dell’espressione, Gestaltung, l’elemento genetico o

linea infinita d’inflessione, la curva variabile

unica”60.

La piega, proprio dello stile del pensare barocco,

sostituisce lo stile del meccanicismo e

dell’essenzialismo, sia in qualità di multiplo del

continuo (nella materia), che in qualità di multiplo

della libertà (nell’anima)61. La descrizione

deleuziana procede mettendo in campo tutti i

possibili orizzonti di attivazione della piega: logico,

matematico, ontologico, psicologico, fisico e anche

musicale. Ma, rimanendo alla nostra tematica, ciò

che risulta convergente tra Bergson e Leibniz sta

60 Ibidem, pag. 53. 61 G. Polizzi, Deleuze e la “tradizione filosofica, in op. cit., pag. 260.

62

Page 58: Deleuze e La Filosofia Costruttivista

solo nel processo di soggettivazione. C’e sempre

un’anima (un soggetto) che include al suo interno,

che coglie dal suo punto di vista, l’evento del fuori:

“Noi procediamo dall’inflessione all’inclusione in

un soggetto, come dal virtuale all’attuale,

l’inflessione definisce la piega, ma l’inclusione

definisce il soggetto, cioè quello che avviluppa la

piega, la sua causa finale, il suo atto compiuto”62.

Sia in Bergson che in Leibniz Deleuze rileva che il

passaggio dal mondo al soggetto avviene tramite una

torsione che impone l’attualizzazione del mondo nei

soggetti, ma anche il rapporto tra soggetti e mondo

nei sensi di una virtualità che si attualizza.

Inflessione e inclusione distinguono il movimento

62 G. Deleuze, La piega . Leibniz e il Barocco, op. cit., pag. 34.

63

Page 59: Deleuze e La Filosofia Costruttivista

che fa sì che le pieghe del mondo si esprimano a

partire da quelle dell’anima.

Ancora una volta emerge l’ancoraggio ontologico

della filosofia leibniziana, tutta giocata nella

dinamica tra virtuale e attuale: il mondo di Leibniz è

virtualità pura, “pura inflessione come idealità”63,

puro predicato, pura riserva degli eventi.

63 Ibidem, pag. 156.

64

Page 60: Deleuze e La Filosofia Costruttivista

CAPITOLO TERZO

La filosofia della differenza

3.1 La differenza in sé Fin dall’inizio della sua attività di filosofo, Deleuze

si è proposto di continuare il programma

nietzscheano di un “rovesciamento del platonismo”,

ossia di un rovesciamento delle forme tradizionali

del pensiero, e più specificatamente della

rappresentazione, che costituisce il centro e il

termine comune della metafisica, della teoria della

conoscenza, della logica e della morale

tradizionale64. Questo proposito assume la sua forma

più compiuta in un suo testo del 1968, Differenza e

64 D. Fusaro, Gilles Deleuze, sul sito “La filosofia e i suoi eroi” (www.filosofia.3000.it).

65

Page 61: Deleuze e La Filosofia Costruttivista

ripetizione65, che è ritenuto ormai un classico del

pensiero contemporaneo. La differenza e la

ripetizione, o meglio, un certo modo di concepire la

differenza, la ripetizione e il rapporto tra l’una e

l’altra, sono le strutture entro le quali si è

cristallizzata la visione occidentale dell’essere come

rappresentazione. Colgo, comprendo, rappresento un

fenomeno in quanto ne individuo il ripetersi, al

variare delle circostanze, ovvero il ripetersi con

differenze, la ripetizione assoggettata alla differenza

e la differenza legata alla ripetizione. Tutto questo

insieme, poi, si offre alla generalità del concetto,

dell’universale. Lo scopo di Deleuze, in quest’opera,

è riuscire a pensare la realtà come gioco di

differenze, analogia, identità, ma anche farci pensare

65 G. Deleuze, Differenza e ripetizione, trad. it. a cura di G. Guglielmi, Bologna, Il Mulino, 1972, (ed. originale: 1968).

66

Page 62: Deleuze e La Filosofia Costruttivista

la ripetizione stessa come gioco di differenze66.

Come egli stesso ha scritto, nella Prefazione del

libro, la sua ricerca si volge alla riformulazione dei

concetti di “differenza pura” e di “ripetizione

complessa”. Concetti che inevitabilmente si trovano

in questa “avventura” deleuziana, secondo una

chiara ispirazione al non facile concetto di “eterno

ritorno” nel pensiero nietzscheano. La tesi centrale

di Deleuze è che l’identità non esiste come principio

primo, ma come principio secondo, principio

“divenuto”, che gira attorno al differente: tale

sarebbe la natura di una rivoluzione copernicana che

apre alla differenza la possibilità di un suo concetto

66 P.A. Rovatti, Deleuze, oltre l’effimero, articolo pubblicato sul quotidiano la Repubblica del 16 febbraio 1998.

67

Page 63: Deleuze e La Filosofia Costruttivista

proprio, invece di mantenerla sotto il dominio di un

concetto in generale posto già come identico67.

Da Platone a Heidegger, Deleuze argomenta, la

differenza non è stata accettata per suo conto, ma

solamente dopo la comprensione tramite il

riferimento agli oggetti stessi-identici, che fa della

differenza una “differenza tra…”. Deleuze tenta di

invertire la situazione e di comprendere la differenza

in sé. Possiamo afferrare la sua argomentazione

partendo dall’analisi che egli fa della famosa triade

platonica: idea, copia e simulacro. Per definire

qualcosa come coraggiosa, bisogna che sia riferita

all’idea di coraggio - identica a sé stessa, quest’idea

non contiene null’altro. Atti coraggiosi e persone

coraggiose possono essere giudicati, così,

67 G.Deleuze, Differenza e ripetizione, op. cit., pag. 73.

68

Page 64: Deleuze e La Filosofia Costruttivista

dall’analogia con quest’idea. Ci sono anche,

comunque, coloro che imitano atti coraggiosi,

persone che usano il coraggio come fonte di

guadagno personale, per esempio. Questi atti non

sono copie del coraggio ideale, ma, piuttosto,

contraffazioni, distorsioni dell’idea. Essi non sono

riferiti all’idea in modo analogo, ma cambiano l’idea

stessa, la fanno degenerare. Platone ha

frequentemente argomentato in proposito, dice

Deleuze, dall’uomo di stato (il Dio-pastore, il re-

pastore, il ciarlatano) al sofista (il saggio, il filosofo

sofista)68. Il problema che attraversa tutta la filosofia

di Platone è sempre di misurare rivali, di selezionare

i pretendenti, di distinguere la copia dai simulacri:

“Tutto il Platonismo è costruito su questa volontà di

68 Ibidem, pag. 106.

69

Page 65: Deleuze e La Filosofia Costruttivista

scacciare i fantasmi o simulacri, identificati nello

stesso sofista, demone, insinuatore o simulatore,

falso pretendente sempre mascherato e spostato”69.

La tradizione filosofica, cominciando da Platone ed

Aristotele, si è schierata a favore del modello e della

copia, e ha risolutamente lottato per escludere il

simulacro da ogni considerazione, o rifiutandolo

come un errore esterno (Cartesio), o assimilandolo

ad una forma più alta, tramite un’operazione

dialettica (Hegel). Ma, dal momento in cui la

differenza è subordinata allo schema modello/copia,

essa può solamente essere considerata tra gli

elementi che le danno una connotazione interamente

negativa, come un non-questo.

69 Ibidem, pag. 206.

70

Page 66: Deleuze e La Filosofia Costruttivista

In contrapposizione, Deleuze suggerisce che se noi

volgiamo la nostra attenzione ai simulacri, il regno

dell’identico e dell’analogia è destabilizzato: “In

effetti, per simulacro, non si deve intendere una

semplice imitazione, ma piuttosto l’atto attraverso

cui l’idea stessa di un modello o di una posizione

privilegiata si trova contestata e rovesciata. Il

simulacro è l’istanza che comprende la differenza in

sé…”70. La sua esistenza è immediata, esso stesso è

differenza immediata. È per questa ragione che

Deleuze sostiene che una vera filosofia della

differenza non possa nascere se non a partire dal

rovesciamento del platonismo. L’essere dei

simulacri è l’essere della differenza, ed ogni

simulacro è il suo modello.

70 Ibidem, pag. 117.

71

Page 67: Deleuze e La Filosofia Costruttivista

Ci si potrebbe chiedere, a questo punto, come

possiamo parlare di un essente, di qualcosa che è

differenza in sé. Secondo Deleuze non c’è un’unità

ontologica e intrinseca. Egli riprende l’idea di

Nietzsche secondo la quale l’essere è divenire: c’è

una differenza intrinseca nella differenza stessa, il

differente differisce da sé stesso in ogni caso. Tutto

quello che esiste diviene solamente, e non è mai.

La sola identità è quella prodotta dalla differenza,

ma come potenza seconda. E Nietzsche con l’eterno

ritorno non voleva dire altro. Ritornare è l’essere,

ma soltanto l’essere del divenire. L’eterno ritorno

non fa tornare «lo stesso», è vero, invece, che il

tornare costituisce il solo stesso di ciò che diviene.

72

Page 68: Deleuze e La Filosofia Costruttivista

Una siffatta identità, prodotta dalla differenza, si

determina come ripetizione71.

3.2 Differenza contro dialettica

La disputa di Deleuze contro una certa tradizione

filosofica, in verità, non ha per oggetto Platone,

quanto Hegel. Sebbene questa sua posizione critica

sia chiaramente evidente in tutte le sue opere, la

rivalutazione della differenza in sé acquista una

connotazione precisa nel contrasto con la dialettica

di Hegel, che rappresenta lo sviluppo più estremo

della logica dell’identico. La dialettica, dice

Deleuze, è un caso esemplare di asservimento della

differenza al negativo: nell’identità idealistica

hegeliana, ogni differente è pensato come il negativo 71 Ibidem, pag. 73.

73

Page 69: Deleuze e La Filosofia Costruttivista

ed è perciò sottoposto alla dominanza dell’identico.

Attraverso il dominio del negativo, la dialettica

riesce ad integrare ed a neutralizzare le differenze,

esattamente come la ragione metafisica classica, che

esorcizza le differenze creando generalità, leggi,

principi universali. Come nella logica classica della

rappresentazione, anche nella dialettica sopravvive il

dualismo (essere/non-essere, originale/copia). La

dialettica nel suo procedimento generale prende le

differenze specifiche, le differenze in sé e nega il

loro essere individuale immolandolo sull’altare di

un’unità superiore: “Sotto la piattezza del negativo

c’è il mondo della «disparità»”72. Non ci sono

determinazioni della differenza in sé in un’unità più

alta che comprenda la differenza. Qui Deleuze si

72 Ibidem, pag. 426.

74

Page 70: Deleuze e La Filosofia Costruttivista

richiama alla sua ontologia spinozista e nietzschiana

di un’unica sostanza espressa in una molteplicità di

modi, scrivendo la famosa frase: “Una sola voce

suscita il clamore dell’essere”73.

Hegel è noto anche per aver asserito che la

negazione dialettica è il motore della storia,

portando a compimento il travestimento della storia

come realizzazione dello spirito assoluto. Per

Deleuze la storia non è un elemento teleologico, la

direzione di una realizzazione, questo è soltanto

un’illusione della coscienza: “La Storia non passa

attraverso la negazione, e la negazione di negazione,

ma attraverso la decisione dei problemi e

l’affermazione delle differenze, senza per questo

73 Ibidem, pagg. 64-65.

75

Page 71: Deleuze e La Filosofia Costruttivista

tuttavia essere meno cruenta e crudele. Solamente le

ombre della Storia vivono di negazione”74.

In conclusione, Deleuze, in considerazione

dell’aspetto etico, denuncia come un’ontologia

basata sul negativo faccia delle affermazioni etiche

una possibilità secondaria, derivata: “Tutto questo

non sarebbe nulla senza le implicazioni pratiche e i

presupposti morali di tale snaturamento”75.

3.3 Ripetizione e tempo

Per Deleuze il nodo centrale nella considerazione

della ripetizione è il tempo. Come la differenza, la

ripetizione è sottoposta alla legge dell’identico, ma

anche ad un modello precedente di tempo: ripetere

una frase vuol dire, tradizionalmente, dire due volte 74 Ibidem, pag. 428. 75 Ibidem, pag. 428.

76

Page 72: Deleuze e La Filosofia Costruttivista

la stessa cosa, in momenti diversi. Questi momenti

devono essere loro stessi uguali ed imparziali, come

se il tempo fosse un piano, una distesa informe. Così

la ripetizione è stata considerata, essenzialmente,

come l’idea tradizionale della differenza nel tempo,

inteso comunemente come successione di momenti.

Deleuze si chiede se, data la rinnovata comprensione

della differenza in sé, non si possa riconsiderare

anche la ripetizione. Ma, qui c’è anche un

imperativo: se noi consideriamo il tempo basato

sulla logica tradizionale della ripetizione, arriviamo

ancora una volta allo stesso identico punto. Così, la

critica di Deleuze sull’identità deve riconsiderare la

questione del tempo.

La sua argomentazione procede attraverso tre

modelli di tempo e riferisce il relativo concetto di

77

Page 73: Deleuze e La Filosofia Costruttivista

tempo ad ognuno di loro. Il primo tempo è come un

cerchio. Il tempo circolare è il tempo mitico e

stagionale, la ripetizione dello stesso dopo che il

tempo è passato attraverso i suoi punti cardinali.

Questi punti possono essere le semplici ripetizioni

naturali, come il sole che sorge quotidianamente, il

movimento dalla primavera all’estate, o gli elementi

della tragedia, che operano ciclicamente, suggerisce

Deleuze. C’è un senso di destino e di teleologia, nel

concetto di tempo come cerchio, come successione

di istanti governati da una legge esterna. Quando il

tempo è considerato in questo modo, Deleuze

disserta, la ripetizione è data soltanto dall’abitudine.

Il soggetto sperimenta il passare ciclico dei

momenti, e l’abitudine appresa fa sì che il senso del

tempo divenga come un continuo presente.

78

Page 74: Deleuze e La Filosofia Costruttivista

L’abitudine è, così, sintesi passiva dei momenti che

creano il soggetto.

Il secondo modello di tempo è collegato da Deleuze

a Kant. Kant libera il tempo dal modello circolare,

proponendolo come una forma impostata

sull’esperienza sensoria, nella Critica della ragione

pura. Per Deleuze questo inverte la situazione,

collocando gli eventi nel tempo (come su una linea

retta), piuttosto che lasciando vedere la catena degli

eventi che costituiscono il tempo nel passaggio dei

momenti presenti. L’abitudine non può avere nessun

potere, secondo questo modello di tempo, nessun

ritorno. Ci deve essere un processo attivo di sintesi

che fa degli istanti passati una rappresentazione

significativa di ciò che è accaduto. Deleuze chiama

questo processo sintesi attiva della memoria.

79

Page 75: Deleuze e La Filosofia Costruttivista

Abitudine dissimile, la memoria non si riferisce al

presente, ma al passato che non è mai stato

presente, dal momento in cui sintetizza una forma in

se stessa che mai esistette prima dell’operazione76.

I romanzi di Marcel Proust sono, per Deleuze, lo

sviluppo più profondo della memoria come passato-

puro, o nella terminologia di Proust, come «tempo

ritrovato». La ripetizione ha, così, un senso attivo in

linea con la sintesi, in questo secondo modello di

tempo – questo, nondimeno, la salva dall’essere lo

stesso un’operazione di identità. La ripartizione

kantiana consiste in uno sforzo supremo per salvare

il mondo della rappresentazione richiamandosi a una

nuova identità dell’io, con l’estrema conseguenza di

frazionare il soggetto in due: l’io della memoria,

76 Ibidem, pagg. 136-137.

80

Page 76: Deleuze e La Filosofia Costruttivista

come risultato del processo di sintesi, e l’io

dell’esperienza, come semplice ricettività sensoria77.

Deleuze sostiene che entrambi i modelli di

ripetizione la schiaccino al servizio dell’identico, e,

invece, fa di essa un processo secondario nei

confronti del tempo.

Il terzo modello di tempo che Deleuze propone tenta

di fare della ripetizione stessa la forma del tempo.

Per fare ciò, Deleuze riferisce i concetti di differenza

e di ripetizione l’uno all’altro. Se la differenza è

l’essenza di ciò che esiste, generando la grande

diversità in tutto ciò che esiste, nessuno dei primi

due modelli può rendere conto di ciò per la loro

insistenza sulla possibilità e sulla necessità della

sintesi della differenza nell’identità.

77 Ibidem, pag. 146.

81

Page 77: Deleuze e La Filosofia Costruttivista

È solamente quando gli esistenti sono ripetuti come

qualcosa d’altro che la loro disparità è rivelata. Di

conseguenza, la ripetizione non può essere compresa

come ripetizione dello stesso, risultando così liberata

dalla domanda della filosofia tradizionale. Deleuze

torna al concetto nietzscheano di eterno ritorno per

dar corpo alla concezione della ripetizione come

forma pura del tempo. Esso non va considerato come

un movimento ciclico, come ritorno dell’identico.

Come forma del tempo, l’eterno ritorno è, per

Deleuze, quella ripetizione che differisce in sé

stessa, o, nella terminologia di Nietzsche, la

ripetizione di quegli esseri il cui essere sta

divenendo: “Il soggetto dell’eterno ritorno non è lo

82

Page 78: Deleuze e La Filosofia Costruttivista

stesso ma il differente, non il simile ma il dissimile,

non l’uno ma il molteplice…”78.

La ripetizione come terza sintesi del tempo prende la

forma dell’eterno ritorno. Tutto ciò che esiste come

un’unità non ritorna, ritorna solamente ciò che

differisce in sé stesso: “La differenza vive nella

ripetizione”79. Così, mentre l’abitudine è il tempo

del presente e la memoria il tempo del passato, la

ripetizione, come eterno ritorno, è il tempo del

futuro. La superiorità di questa definizione della

ripetizione come tempo ha due sostanziali vantaggi,

nell’argomentazione di Deleuze. Il primo è che la

differenza si mantiene intatta nel suo movimento di

differire da sé stessa. Il secondo è anche più

rilevante nel suo significato: se quello che differisce

78 Ibidem, pag. 204. 79 Ibidem, pag. 128.

83

Page 79: Deleuze e La Filosofia Costruttivista

ritorna, l’eterno ritorno, quindi, opera

selettivamente, e questa selezione è un’affermazione

della differenza, piuttosto che un’attività di

rappresentazione o di unificazione basata sul

negativo, come in Hegel.

3.4 L’immagine del pensiero

Nello stesso testo, Differenza e ripetizione, Deleuze

affronta anche un’altra importante questione

filosofica, il problema delle presupposizioni (e

quindi del cominciamento: “Difatti cominciare

significa eliminare tutti i presupposti”80).

Un esempio è la celebre frase di Cartesio sul

Discorso sul metodo: «Il buon senso è la cosa più

uniformemente condivisa al mondo… la capacità di

80 Ibidem, pag. 211.

84

Page 80: Deleuze e La Filosofia Costruttivista

giudicare correttamente e distinguere il vero dal

falso, che è ciò che uno chiama comune senso della

ragione, è naturalmente uguale in tutti gli uomini»81.

Per Cartesio il pensiero ha un naturale orientamento

verso la verità; come per Platone, l’intelletto è

naturalmente orientato verso la ragione e ricorda la

vera natura di ciò che esiste. Questo, per Deleuze, è

un’immagine del pensiero.

Sebbene le immagini seguano la forma comune di

un “ognuno sa…”, noi non siamo essenzialmente

consapevoli di esse. Piuttosto, esse operano a livello

sociale e inconscio, agendo “tanto più efficacemente

in silenzio”82.

Deleuze intraprende un’analisi completa

dell’immagine filosofica e tradizionale del pensiero, 81 R. Cartesio, Discorso sul metodo, trad. a cura di A. Carlini, Bari, Laterza, 1969, pag. 41. 82 Ibidem, pag. 271.

85

Page 81: Deleuze e La Filosofia Costruttivista

elencando alcune caratteristiche che, in tutti gli

aspetti della ricerca filosofica, implicano la

subordinazione del pensiero ad un principio imposto

esternamente. Egli vi include la buona natura del

pensiero, la priorità del modello o il riconoscimento

come mezzo del pensiero, la sovranità della

rappresentazione sugli elementi immaginari nella

natura e nel pensiero, la subordinazione della cultura

al metodo. Tutti questi implicano una natura del

pensiero, un “telos”, un significato e una logica della

pratica. Queste caratteristiche schiacciano il pensiero

sotto un’immagine dello stesso e del similare nella

rappresentazione, ma, soprattutto, tradiscono

profondamente ciò che vuole dire pensare e alienano

i due poteri della differenza e della ripetizione, del

86

Page 82: Deleuze e La Filosofia Costruttivista

cominciamento filosofico e del nuovo inizio83.

Questo passo del libro è fondamentale per

comprendere il modo in cui Deleuze valuti i concetti

di identità e di tempo della filosofia tradizionale e

come egli intenda superarli: la sua rifondazione di

differenza e ripetizione è stata possibile attraverso

questa critica. Un altro aspetto che si ricollega ai

precedenti deriva dalla critica di Nietzsche al

pensiero occidentale. Quando Nietzsche mette in

dubbio le presupposizioni più generali della

filosofia, egli dice che questi sono essenzialmente

morali; solamente la moralità è capace di

convincerci che il pensiero ha una natura buona e il

pensatore una volontà buona e che solamente il

buono può fondare l’affinità supposta tra il pensiero

83 Ibidem, pag. 271.

87

Page 83: Deleuze e La Filosofia Costruttivista

e il vero. Come abbiamo già constatato a proposito

di Hegel, il problema è che questa immagine del

pensiero è al servizio di forze pratiche, politiche e

morali; non è semplicemente una questione della

filosofia, separata dal resto del mondo. Alla

domanda “perché abbiamo questa immagine del

pensiero?” Deleuze e Nietzsche rispondono che si

tratta di un’immagine morale e che essa è al servizio

del potere; ma c’è anche un problema più intrinseco,

che sarà sviluppato pienamente da Deleuze più

avanti (in Che cos’è la filosofia?), cioè che il

pensiero in sé è pericoloso.

In contraddizione alla bontà naturale del pensiero

nell’immagine tradizionale, Deleuze dice che il

pensiero è come un incontro: “Qualche cosa nel

88

Page 84: Deleuze e La Filosofia Costruttivista

mondo ci costringe a pensare”84. Questo incontro ci

riporta all’impotenza del pensiero stesso ed evoca il

bisogno di un pensiero che si raffronti con la

violenza e la forza di questi incontri. L’immagine

tradizionale del pensiero ha sviluppato, come ha ben

rilevato Nietzsche in Genealogia della morale, una

sorta di reazione alla minaccia che questi incontri

offrono. Noi possiamo considerare l’immagine

tradizionale del pensiero, quindi, come un sintomo

di questa violenza. Risulta, così, che il rapporto tra

filosofia e pensiero deve avere due aspetti

correlativi: l’attacco all’immagine morale e

tradizionale del pensiero, ma anche il movimento

verso la comprensione del pensiero come auto-

produzione. È in questo secondo aspetto che il

84 Ibidem, pag. 227.

89

Page 85: Deleuze e La Filosofia Costruttivista

pensiero si fa veramente pericoloso, perché un

pensiero senza immagine, che non si riferisce a

nessuna rappresentazione di potere, conduce fuori

dalle pastoie esegetiche e morali e si apre ai rapporti

di forze reali, alle problematiche sociali, all’attualità

della storia, comunque in divenire. Un pensiero più

direttamente prossimo all’articolarsi dell’esperienza

creativa e innovatrice dell’uomo, ed il solo capace

di accostare la differenza in se stessa e la ripetizione

complessa.

90

Page 86: Deleuze e La Filosofia Costruttivista

CAPITOLO QUARTO

Filosofia e scienze sociali

4.1 Filosofia e psicanalisi

A partire dal 1969, l’anno in cui conosce Felix

Guattari85, Deleuze intraprende tutta una ricerca che

lo porta ad occuparsi di problematiche “non-

filosofiche”, che assumeranno una rilevante

importanza nelle sue opere successive. Deleuze,

infatti, sosteneva che “il non-filosofico si trova nel

cuore della filosofia forse più della filosofia

85 Felix Guattari nasce a Parigi nel 1930. Già dai tempi del liceo manifesta un forte interesse nei confronti della psichiatria. È a quegli anni che risale l’amicizia con Jean Oury, psichiatra di orientamento fenomenologico con il quale in seguito dirigerà la clinica di La Borde. Fondamentale, nel definire il suo percorso intellettuale, è stato l’incontro con lo psicanalista Jacques Lacan. Nel 1969 Guattari entra a far parte dell’École freudienne come membro analista. Oltre alla sua attività nella clinica, svolge anche un’intensa attività politica; a partire dagli anni Sessanta, diviene uno dei principali animatori del gruppo Opposition de gauche, una sorta di federazione di carattere non partitico fra diverse realtà della sinistra radicale.

91

Page 87: Deleuze e La Filosofia Costruttivista

stessa…”86, e la sua fondamentale importanza è

dovuta al fatto di “forzare” la filosofia a pensare, a

produrre nuovi concetti.

L’incontro con Guattari segna l’inizio di una

fruttuosa collaborazione che si concretizza in diverse

opere scritte insieme. La prima di queste è un libro

tra i più letti e dibattuti degli anni Settanta: L’Anti-

Edipo87. Come il titolo stesso del libro lascia intuire,

il suo punto di partenza è una risoluta critica della

teoria e della prassi psicoanalitica. Tuttavia, come

già si è visto per le altre opere di Deleuze, la critica,

il momento negativo non è mai isolato, ma serve a

preparazione per un movimento concettuale

affermativo. Proprio per il tipo di critica a cui viene

sottoposto il discorso psicoanalitico, il testo eccede 86 G. Deleuze e F. Guattari, Che cos’è la filosofia?, op. cit., pag. 31. 87 G. Deleuze e F. Guattari, L’Anti-Edipo, trad. it. a cura di A. Fontana, Torino, Einaudi, 1975, (ed. originale: 1972).

92

Page 88: Deleuze e La Filosofia Costruttivista

ampiamente l’ambito settoriale, per coinvolgere un

ampio spettro di problematiche. L’ambizione de

L’Anti-Edipo è alta, ed esplicitamente formulata:

ripartire dalla scoperta freudiana dell’inconscio per

percorrere la via, oltre le impasse di Edipo, di una

psichiatria materialista88: “La grande scoperta della

psicanalisi è stata quella della produzione

desiderante dell’inconscio. Ma, con Edipo, questa

scoperta è stata occultata da un nuovo idealismo:

all’inconscio come fabbrica si è sostituito un teatro

antico; alle unità di produzione dell’inconscio si è

sostituita la rappresentazione…”89.

Deleuze e Guattari, con la loro strumentazione

concettuale, vogliono promuovere una logica del

88 Deleuze e Guattari definiscono una psichiatria materialistica caratterizzandola con una duplice operazione: introdurre il desiderio nelle dinamiche storico-sociali, introdurre il processo di produzione materiale nel desiderio. 89 G. Deleuze e F. Guattari, L’Anti-Edipo, op. cit., pag. 26.

93

Page 89: Deleuze e La Filosofia Costruttivista

desiderio e della produzione reale che stabilisca il

primato della storia sulla struttura. All’inizio del

libro si parla di macchine: la dimensione

dell’inconscio si struttura a partire dal comporsi, in

combinazioni mutevoli, sempre distanti

dall’equilibrio di un sistema, di una moltitudine di

macchine desideranti. La macchina viene opposta

alla struttura, e rimanda alla contingenza e alla

finitudine della connessione tra una serie di flussi e

cesure: “Che errore aver detto l’(es). Ovunque sono

macchine, per niente metaforicamente: macchine di

macchine, con i loro accoppiamenti, colle loro

connessioni. Una macchina-organo è innestata ad

una macchina-sorgente: l’una emette un flusso che

l’altra interrompe.”90 Per chiarire il concetto di

90 G. Deleuze e F. Guattari, L’Anti-Edipo op. cit., pag. 3.

94

Page 90: Deleuze e La Filosofia Costruttivista

“macchina desiderante”, bisogna comunque partire

da una chiarificazione del secondo termine. In

effetti, buona parte de L’Anti-Edipo ruota intorno

alla ridefinizione della nozione di desiderio.

Innanzitutto, il desiderio, secondo Deleuze e

Guattari, va inteso non più nelle forme private

antiche (il desiderio come acquisizione) né in quelle

cosmiche lucreziane (la Voluptas come forma

generatrice dell’universo), né in quelle penitenziali

del mondo cristiano (il desiderio è ciò di cui si può

parlare, sotto la specie del corpo peccaminoso e

colpevole, nei modi regolamentati della

confessione), né in quelle scenico-teatrali ( il

desiderio è il «ritorno del rimosso» nello spazio

ambiguo e controllato della scena), né, infine, in

quelle medico-penali a partire dal XVIII secolo

95

Page 91: Deleuze e La Filosofia Costruttivista

(nelle varie codificazioni anatomico-patologiche,

neurologiche, coi loro correlati giuridici). Il

desiderio dà impulso alla macchina. E la macchina

desiderante non è niente di tutto questo: il desiderio

non è iscritto in alcun organismo, non è correlato ad

alcun soggetto (il soggetto è prodotto dalla macchina

come un pezzo adiacente), non manca di nulla, non

significa nulla, ma produce e funziona. Non è facile

comprendere cosa si intende per macchine

desideranti: Deleuze e Guattari ne operano il

montaggio mettendo insieme i pezzi lavorativi

(oggetti parziali91, il corpo senza organi92 e il pezzo

91 Diversamente dal ricondurre gli oggetti parziali alle figure globali dei genitori, quanto teorizzato nella prassi psicoanalitica, Deleuze e Guattari li considerano come elementi costitutivi, ingranaggi delle macchine desideranti (ad esempio: il seno non è solo oggetto parziale della madre, ma anche la soglia di un flusso di latte che si concatena alla bocca dell’infante). 92 Deleuze e Guattari definiscono così il corpo senza organi: “…non è una proiezione; nulla a vedere con il proprio corpo, o con un’immagine del corpo. È il corpo senza immagine… è un uovo: è attraversato da soglie, da latitudini, da longitudini, da geodetiche, è attraversato da gradienti che segnano i divenire e i passaggi, le destinazioni di colui che si sviluppa. Nulla è qui rappresentativo ma tutto è vita e vissuto”, Ibidem, pag. 21.

96

Page 92: Deleuze e La Filosofia Costruttivista

adiacente, il soggetto); tre tipi di energie (la libido, il

numen, la voluptas); tre modi di sintesi (sintesi

connettive d’oggetti parziali e flussi, disgiuntive di

singolarità e catene, congiuntive di intensità e

divenire). Le macchine desideranti sono macchine

molecolari che funzionano nell’infrastruttura, come

macchine produttive sociali, per quanto con un

regime diverso, connettendo e tagliando flussi (come

stati di puro divenire), oggetti parziali (tutto ciò che

viene localmente investito dalla libido, senza

riferimento ad alcuna totalità mancante), incrociando

trasversalmente catene e segmenti di catene

polivoche ed eterogenee. È importante, a questo

punto, la distinzione tra molare e molecolare

formulata dai due autori. L’ordine molare

corrisponde alle stratificazioni che delimitano gli

97

Page 93: Deleuze e La Filosofia Costruttivista

oggetti, i soggetti, le rappresentazioni e i loro sistemi

di riferimento. L’ordine molecolare, al contrario,

riguarda i flussi, il divenire, le transizioni di fase, le

intensità. Per semplificare, si potrebbe distinguere

tra segmenti e flussi, il cui regime è rispettivamente

molare e molecolare. Ogni organizzazione sociale si

compone di segmenti e di flussi, di flussi che

fuggono e di segmenti, organizzati in linee molari

secondo configurazioni variabili, che li bloccano. Il

livello molare – stato, ceto, nazione o classe, per

esempio – opera per linee di codificazione binarie

che rallentano e irrigidiscono i flussi molecolari,

stratificandoli in strutture segmentarie. I flussi, a

loro volta, investono, con il loro procedere

molecolare le sedimentazioni molari, provocando

oscillazioni, slittamenti, fratture, riconfigurazioni. I

98

Page 94: Deleuze e La Filosofia Costruttivista

due livelli sono inestricabilmente connessi, ma si

presentano come due differenti regimi di

funzionamento macchinico, come due diversi modi

di investimento del desiderio, corrispondenti a due

aspetti dell’inconscio, molare e molecolare. La

macchina desiderante è, allora, l’inconscio che

produce, un inconscio orfano, prepersonale, non-

umano, senza colpa, senza mancanza, senza

credenze, non terrorizzato dalla famiglia, dallo Stato,

da Edipo. Edipo, dicono Deleuze e Guattari, è

l’insieme delle operazioni che fanno passare il

desiderio dal piano della produzione a quello della

rappresentazione, dal piano reale a quello simbolico

e immaginario. Non è tanto la famiglia borghese ad

aver generato l’Edipo, ma, piuttosto, è al contrario,

un dispositivo complesso, penale, giuridico, ad aver

99

Page 95: Deleuze e La Filosofia Costruttivista

tagliato il sociale dal privato, ad aver isolato la

famiglia dal corpo sociale, ad aver innestato il corpo

dei genitori sul corpo dei bambini nella crociata anti-

masturbazione (famiglia borghese), ad aver separato

il corpo dei bambini da quello dei genitori

(campagna anti-incesto nella famiglia proletaria), ad

aver medicalizzato e psicologizzato i rapporti

genitori-bambini (teorie della perversione, della

degenerazione e della normalità), ad avere, infine,

codificato nei dispositivi raffinati, ontogenetici e

filogenetici dell’Edipo (interdetto dell’incesto come

accesso al desiderio): la famiglia come fabbrica di

«corpi docili», i genitori come agenti delegati del

controllo e della repressione93.

93 Ibidem, pag. XXVIII (Introduzione di A. Fontana).

100

Page 96: Deleuze e La Filosofia Costruttivista

A partire dai dispositivi d’iscrizione del desiderio,

Deleuze e Guattari procedono a delineare una teoria

delle formazioni sociali, individuandone tre

momenti principali: la società primitiva inscrive il

desiderio sul corpo della terra, la società barbarica

sul corpo del despota, la società capitalistica sul

corpo del capitale-danaro. La prima codificazione

dei flussi di desiderio avviene sul corpo della terra

(scrittura in piena carne – supplizi e sacrifici,

filiazione e alleanza matrimoniale), alla quale viene

sovrapposta la codificazione dispotica (la nascita di

Edipo, gran Significante dispotico, la nascita dello

Stato, l’emersione della legge dell’interdetto), infine,

l’assiomatizzazione capitalistica: i flussi vengono

decodificati in un primo momento di

101

Page 97: Deleuze e La Filosofia Costruttivista

deterritorializzazione e subito riassiomatizzati nelle

territorialità cliniche dell’Edipo familiaristico 94.

4.2 Capitalismo e schizofrenia

L’ultima parte de L’Anti-Edipo, come si è visto,

prelude ad un impegno, da parte degli autori, in una

nuova stagione di ricerca analitica rivolta al campo

sociale, con tutte le conseguenze immediatamente

politiche. Deleuze e Guattari si propongono di

documentare questa loro nuova esperienza in un

altro volume, continuazione de L’Anti-Edipo, che

sarà pubblicato otto anni dopo con il titolo 94 Territorializzazione, deterritorializzazione e riterritorializzazione sono termini correlativi, coefficienti variabili la cui portata eccede l’uso che si fa di essi in etologia o etnologia. Nelle parole di Guattari, a cui si deve l’invenzione di quei concetti, “il territorio può essere relativo sia a uno spazio vissuto, sia a un sistema che il soggetto percepisce come ‘casa mia’. Il territorio è sinonimo di appropriazione, di soggettivazione chiusa su se stessa. Il territorio può deterritorializzarsi, aprirsi, essere coinvolto in linee di fuga, oppure franare e distruggersi. La riterritorializzazione consisterà quindi nel tentativo di ricomposizione di un territorio coinvolto in un processo deterritorializzante”, F. Guattari, Piano sul pianeta, trad. it. a cura di M. Guareschi, Verona, Ombre corte, 1997, pag. 102, (ed. originale: 1982).

102

Page 98: Deleuze e La Filosofia Costruttivista

Millepiani95. Entrambi i volumi portano un

sottotitolo comune - Capitalismo e schizofrenia - a

sottolineare una comune tematica di fondo, anche se

esposta in modo alquanto diverso e senza

un’evidente continuità. Un’altra caratteristica

comune sta nella complessità della trattazione: il

pensiero dei due autori, nei due volumi, incontra vari

campi delle scienze sociali, dalla psicoanalisi

all’antropologia, alla storia, ma anche ambiti

artistici, letteratura, pittura e musica, in una sintesi di

notevole potenza teorica. Il punto di partenza è

l’analisi dei sistemi sociali.

Una formazione sociale è definita, da Deleuze e

Guattari, come un sistema di strategie che cercano

continuamente di codificare i flussi prodotti dalle

95 G. Deleuze e F. Guattari, Millepiani, trad. it. a cura di G. Passeroni, Roma, Castelvecchi, 1997, (ed. originale: 1982).

103

Page 99: Deleuze e La Filosofia Costruttivista

macchine desideranti, e di trattare come nemico ciò

che, in rapporto ad essa, si presenta come un flusso

non codificabile, perché ancora una volta mette in

questione tutta la terra, tutto il corpo della società. In

altri termini, codificare i flussi è l’azione

fondamentale di ogni società, anche se, Deleuze e

Guattari precisano, fa eccezione, forse, la nostra

società capitalistica: “C’è un paradosso

fondamentale del capitalismo come formazione

sociale: se è vero che il terrore di tutte le altre

formazioni sociali è stato quello dei flussi

decodificati, il capitalismo si è costituito

storicamente su una cosa incredibile, e cioè su tutto

ciò che incarnava il terrore di tutte le società:

l’esistenza e la realtà dei flussi decodificati; e ne ha

104

Page 100: Deleuze e La Filosofia Costruttivista

fatto il proprio affare”96. Il capitalismo non ha

potuto costituirsi che attraverso una congiuntura, un

incontro di flussi decodificati di ogni genere: ci sono

volute condizioni straordinarie al termine di processi

di decodificazione formatisi al declino della

feudalità, affinché avvenisse il congiungimento tra il

flusso del capitale nascente deterritorilizzato e la

mano d’opera dei lavoratori deterritorializzati. Il

capitalismo si è costituito sul fallimento di tutti i

codici e le territorialità precedenti. Esso è

l’universale di tutte le società in un senso molto

preciso, ciò che tutte le società non avevano smesso

di scongiurare, perché sarebbe stata la loro rovina:

“Il fatto è che, come abbiamo visto, il capitalismo è

certo il limite di ogni società, in quanto opera la

96 G. Deleuze, lezione su Millepiani, nel corso di filosofia a Vincennes, 16/11/1971.

105

Page 101: Deleuze e La Filosofia Costruttivista

decodificazione dei flussi che le altre formazioni

sociali codificavano e surcodificavano. Tuttavia ne è

il limite o il taglio relativi, perché sostituisce ai

codici un’assiomatica estremamente rigorosa che

mantiene l’energia dei flussi svincolata sul corpo del

capitale… deterritorializzato”97. Ciò che decodifica

con una mano, assiomatizza con l’altra98: “E la

potenza del capitalismo risiede proprio in questo: la

sua assiomatica non è mai saturata, ed è sempre in

grado di aggiungere un nuovo assioma agli assiomi

precedenti”99.

Tutto ad un tratto ci sono, ad esempio, dei giovani

che non rispondono al codice: cominciano ad avere

un flusso di capelli che non era previsto, che si fa 97 G. Deleuze e F. Guattari, L’Anti-Edipo, op. cit., pag. 279. 98 Ibidem, pagg. 281-299. Deleuze e Guattari dissertano sul fatto di distinguere l’operazione di assiomatizzazione capitalistica da quella della codificazione dei sistemi sociali precedenti, dandone due ragioni, delle quali l’una rappresenta una sorta di impossibilità morale, l’altra un’impossibilità logica. 99 Ibidem, pag. 284.

106

Page 102: Deleuze e La Filosofia Costruttivista

allora? Si cerca di ricodificarlo, si aggiunge un

assioma, si cerca di recuperare… Se il capitalismo,

riprendendo Deleuze e Guattari, è il limite relativo di

ogni società, “la schizofrenia al contrario è certo il

limite assoluto, che fa passare i flussi allo stato

libero su un corpo senza organi desocializzato. Si

può dire che la schizofrenia è il limite esterno del

capitalismo, o il termine della sua tendenza più

profonda, ma che il capitalismo stesso non funziona

se non a condizione di inibire questa tendenza, o di

respingere e di spostare questo limite, sostituendovi i

propri limiti relativi immanenti che non cessa di

riprodurre su larga scala”100. Da questo punto di

vista, la schizofrenia viene considerata da Deleuze e

Guattari come un processo rivoluzionario e non nel

100 Ibidem, pag. 279.

107

Page 103: Deleuze e La Filosofia Costruttivista

suo statuto di malattia mentale, ed è per questo che

loro teorizzano un nuovo metodo di indagine

analitica, la schizoanalisi, con il compito positivo di

scoprire in un soggetto la natura, la formazione e il

funzionamento delle sue macchine desideranti,

indipendenti da ogni interpretazione, come queste si

innestano nelle macchine sociali e alla luce del

rapporto che vi intrattengono: “La schizoanalisi

intenderebbe opporre una prospettiva orientata verso

una «apertura processuale» in grado di rilanciare i

flussi di desiderio oltre le configurazioni

consolidate. Una processualità che assume

esplicitamente un procedere fatto anche di

riterritorializzazioni, che tuttavia non intende

scontare come definitive”101.

101 M. Guareschi, Gilles Deleuze Popfilosofo, Milano, Shake Edizioni Underground,

108

Page 104: Deleuze e La Filosofia Costruttivista

La contrapposizione tra capitalismo e schizofrenia,

come recita il sottotitolo, comune ai due volumi –

L’Anti-Edipo e Millepiani – risulta, quindi, evidente.

Da una parte la macchina capitalistica, sistema

molare di riterritorializzazione del desiderio,

dall’altra il divenire microfisico, l’irriducibilità dei

flussi desideranti ad ogni territorialità data, la

molteplicità molecolare che non presuppone alcuna

unità o soggetto: “Le soggettivazioni, le

totalizzazioni, le unificazioni sono al contrario

processi che si producono e appaiono nelle

molteplicità… La storia universale della contingenza

vi guadagna una più grande varietà”102.

2001, pag. 78. 102 G. Deleuze e F. Guattari, Millepiani, op. cit., pag. 11, (prefazione degli autori all’edizione italiana).

109

Page 105: Deleuze e La Filosofia Costruttivista

4.3 Filosofia e politica

Il pensiero deleuziano, nel suo complesso, è

attraversato da un’intensa passione politica. Il

proposito di ribaltare il platonismo, di affermare il

molteplice e la differenza, di sfuggire all’immagine

dogmatica del pensiero, di sottrarre il movimento

alla dissimulazione della dialettica è infatti

inscindibile dall’esigenza di produrre macchine

concettuali in grado di rilanciare le tematiche della

trasformazione sociale o, come egli stesso

dichiarava, del “divenire rivoluzionario”.

Il primo percorso filosofico di Deleuze delineava già

un progetto di rinnovamento radicale, ma le sue

conseguenze immediatamente politiche saranno

sviluppate soprattutto a partire da L’Anti-Edipo e

dall’incontro con Guattari. Tuttavia, per quanto

110

Page 106: Deleuze e La Filosofia Costruttivista

riguarda Deleuze, non si deve parlare di una filosofia

politica, intesa come ambito distinto e dotato di una

propria, autonoma razionalità, ma di una filosofia

che, anche negli aspetti apparentemente tecnici,

assume una valenza immediatamente politica.

In una delle ultime interviste, G. Deleuze dichiarava

di essere rimasto, per molti versi, un marxista,

affermando il suo disinteresse per una filosofia

politica che non fosse centrata sull’analisi della fase

capitalistica: “Ciò che più ci interessa in Marx, è

l’analisi del capitalismo come sistema immanente

che non cessa di spingere i suoi propri limiti, e che li

ritrova sempre a scala ingrandita, perché il limite è il

Capitale stesso”103. E proprio su Marx, Deleuze

lavorava prima di morire: Grandeur de Marx doveva

103 G. Deleuze, Pourparles, op. cit., pag. 232, (trad. mia).

111

Page 107: Deleuze e La Filosofia Costruttivista

essere il titolo del suo ultimo libro, rimasto

incompiuto. Il proposito di questa opera era di

recuperare l’analisi critica marxista della società

capitalistica per rilanciarla in relazione

all’emergenza dell’attualità, liberandola dalle

impasse e dal falso movimento della dialettica.

Per Deleuze, una società si definisce e deve essere

valutata criticamente, non a partire dalle sue

contraddizioni, ma dalle linee di fuga da cui è

percorsa. Un esempio di ciò è l’Europa d’oggi: i suoi

uomini politici faticano non poco a uniformare

regimi e regolamenti, ma d’altra parte può risultare

imprevedibile e sorprendente quello che succederà

per l’allargamento dei limiti comunitari; ovvero, si

potrebbe dire che l’Europa è già sorpassata prima di

cominciare, sorpassata per i movimenti che vengono

112

Page 108: Deleuze e La Filosofia Costruttivista

dall’Est. Queste, dice Deleuze, sono delle serie linee

di fuga104.

Un’altra espressione della problematica sociale

viene individuata da Deleuze nei movimenti

minoritari, che costituiscono una variabile ben più

importante dei conflitti di classe, ormai peraltro

superati. C’è da precisare che minoranza e

maggioranza non si distinguono dal numero. Una

minoranza può essere più numerosa della

maggioranza. Ciò che definisce la maggioranza è un

modello al quale bisogna conformarsi: per esempio,

l’europeo medio, adulto, maschio, abitante di città

etc. Tanto che una minoranza non va riferita ad un

modello, è un divenire, un processo. Quando una

minoranza si crea modelli è perché vuole divenire

104 Ibidem, pagg. 232-233.

113

Page 109: Deleuze e La Filosofia Costruttivista

maggioranza ed è inevitabile per la sua

sopravvivenza (per esempio, avere uno stato, essere

riconosciuti, imporre i propri diritti). Ma la sua

potenza viene da ciò che essa ha saputo creare e che

passerà più o meno nel modello, senza dipenderne. Il

popolo è sempre una minoranza creatrice, anche

quando conquista la maggioranza: le due cose

possono coesistere perché non vivono sullo stesso

piano. Tra i segmenti che strutturano il livello

molare (maggioranza) e i flussi che percorrono

molecolarmente il sociale (minoranza), non c’è una

differenza di scala, ma di natura, così come non

esiste contraddizione fra loro, ma una continua

interazione all’interno della quale entrambi

acquisiscono la loro specifica natura. È in questo

gioco che accadono i processi di mutazione e di

114

Page 110: Deleuze e La Filosofia Costruttivista

trasformazione sociale. Il molecolare e la minoranza

si posizionano, quindi, come concetti operativi di

una politica del divenire, di una micropolitica o

politica delle minoranze che non rimuove o esclude

l’orizzonte molare o macropolitico, ma lo assume su

un piano differente.

Infine, Deleuze e Guattari introducono come

strumento di trasformazione sociale, ciò che

chiamano “macchina da guerra”. Questo nuovo

concetto non è definito tanto costituire una sorta di

cavallo di Troia, ovvero per servire la guerra, ma

“per una certa maniera di occupare, di riempire lo

spazio-tempo, o di inventare nuovi spazi-tempo: i

movimenti rivoluzionari (non si considerano

abbastanza, per esempio come l’ O.L.P. ha dovuto

inventare uno spazio-tempo nel mondo arabo), ma

115

Page 111: Deleuze e La Filosofia Costruttivista

anche i movimenti artistici sono tali macchine da

guerra”105.

La macchina da guerra, i divenire minoritari, le linee

di fuga, si generano all’interno dello spazio

dell’apparato di stato. Ma lo stato opera per

successive riconfigurazioni inseguendo la logica

immanente dello sviluppo capitalistico e traducendo

in termini molari i movimenti molecolari che si

agitano ovunque.

Già si profilava, in questi passaggi dell’opera di

Deleuze e Guattari, il presagio della crisi attraversata

dal potere statalista nelle società contemporanee:

quella che si è soliti definire come globalizzazione,

lungi dal dissolvere lo stato, ne ridefinisce la

funzione al ribasso, rivelandone l’incapacità nel

105 Ibidem, pag. 233.

116

Page 112: Deleuze e La Filosofia Costruttivista

padroneggiare i flussi di merci, di capitale, di

informazione, di tecnologia che lo eccedono

irrimediabilmente. La globalizzazione si costituisce

come un problema del nostro tempo, del passaggio

in cui siamo, peraltro posta con grande chiarezza da

Deleuze, nel momento in cui parlava di transizione

dalle società disciplinari alle società di controllo.

In breve, per Deleuze i luoghi di “internamento” (la

famiglia, la scuola, la fabbrica, il carcere) a cui

veniva affidato il disciplinamento dei soggetti sociali

cedono il passo a qualcosa di nuovo: un meccanismo

che dovrà affrontare sempre più la sparizione delle

frontiere e le esplosioni delle bidonville e dei ghetti,

capace di dare la posizione di un elemento in un

ambiente aperto – animale in una riserva, uomo in

una città –, dove ciò che conta non è più la barriera,

117

Page 113: Deleuze e La Filosofia Costruttivista

ma il computer che ritrova la posizione di ciascuno,

lecita o illecita, ed opera un controllo universale.

Tuttavia, non bisogna cedere a questa tendenza

deprimente e apocalittica emergente dalle situazioni

politiche odierne, suggerisce Deleuze: “Invece di

scommettere sull’eterna impossibilità della

rivoluzione e sul ritorno fascista di una macchina da

guerra in generale, perché non pensare che un nuovo

tipo di rivoluzione sta per diventare possibile, e che

tutte le specie di macchine mutanti, viventi,

conducono delle guerre, si congiungono e tracciano

un piano di consistenza che mina il piano di

organizzazione del Mondo e degli Stati? Infatti,

ancora una volta, il mondo e i suoi Stati non sono

padroni del loro piano più di quanto i rivoluzionari

non siano condannati alla deformazione del loro… Il

118

Page 114: Deleuze e La Filosofia Costruttivista

problema del futuro della rivoluzione è un brutto

problema, dal momento che fino a quando lo si

continua a porre, si troveranno sempre altrettante

persone che non diventano rivoluzionarie, e dal

momento che tale problema è fatto proprio per

soffocarne un altro, vale a dire quello del divenire-

rivolizionario della gente, a tutti i livelli e in ogni

luogo”106.

106 G. Deleuze e C. Parnet, Conversazioni, op. cit., pag.173.

119

Page 115: Deleuze e La Filosofia Costruttivista

CAPITOLO QUINTO

Filosofia e arte

5.1 Sulla letteratura

Deleuze ha scritto ampiamente sulla letteratura e non

ha mai smesso di confrontarsi con essa. Lo

testimoniano le sue monografie su Proust, Sacher-

Masoch, Kafka. Ha dedicato anche brevi saggi ad

altri diversi autori come Lawrence, Beckett, Artaud,

Jarry, Melville, in parte pubblicati nella raccolta

Critica e clinica107; e, ancora, un capitolo del libro

Conversazioni108 dal titolo “Sulla superiorità della

letteratura anglo-americana”. Ma non solo. I

riferimenti nel campo letterario si inseriscono nella

107 G. Deleuze, Critica e clinica, trad. it. a cura di A. Panaro, Milano, Raffaello Cortina, 1996 (ed. originale: 1990). 108 G. Deleuze e C. Parnet, Conversazioni, op. cit.

120

Page 116: Deleuze e La Filosofia Costruttivista

trama concettuale di quasi tutti gli scritti di Deleuze,

anche quelli di maggior impegno teoretico: basti

ricordare la sua opera, Logica del senso109, nella

quale espone una formulazione paradossale della

teoria del senso con un esperimento di lettura dello

stoicismo alla luce delle singolari opere letterarie del

matematico Lewis Carrol (Alice nel paese delle

meraviglie, Attraverso lo specchio, Sylvie e Bruno).

Bisogna precisare, però, che questo rapporto tra

letteratura e filosofia non va, secondo Deleuze,

frainteso. C’è un “divenire filosofia” della letteratura

che non va assolutamente confuso con la filosofia,

perché, come preciserà in una delle sue ultime opere

– Che cos’è la filosofia? – è un altro tipo di

creazione che trova la sua specificità nel compiersi

109 G. Deleuze, Logica del senso, trad. it. a cura di M. De Stefanis, Milano, Feltrinelli, 1979, (ed. originale: 1969).

121

Page 117: Deleuze e La Filosofia Costruttivista

su un piano diverso da quello filosofico e nel

costituirsi su componenti percettive ed affettive,

anziché concettuali. Di conseguenza, per il filosofo

la letteratura rappresenta una importante esperienza

non-filosofica che tuttavia lo stimola a pensare.

La tesi principale avanzata da Deleuze, per un

corretto approccio alle opere letterarie non è quella

di certe interpretazioni o letture in chiave

psicoanalitiche, intimistiche o archetipiche. La

letteratura non ha niente a che vedere con

l’interiorità ed i suoi fantasmi. È quanto si evince dai

testi monografici sopra citati. In Marcel Proust e i

segni110, Deleuze ci dice che sarebbe facile fare del

famoso testo Alla ricerca del tempo perduto una

fenomenologia della memoria. Invece, piuttosto

110 G. Deleuze, Marcel Proust e i segni, trad. it. a cura di C. Lusignoli, Torino, Einaudi, 1967, (ed. originale: 1964).

122

Page 118: Deleuze e La Filosofia Costruttivista

della memoria che s’inscrive all’interno del soggetto

come il prodotto di certe operazioni trascendentali,

la questione centrale della “ricerca” di Proust è una

creazione di qualcosa che non esiste prima di un

«apprentissage»111 secondo diversi percorsi

temporali. Ad ogni specie di segni, corrisponde una

linea di tempo particolare: “I segni mondani

implicano soprattutto un tempo che perdiamo,

mentre i segni amorosi abbracciano particolarmente

il tempo perduto. I segni sensibili ci fanno spesso

ritrovare il tempo, c’è lo restituiscono in seno al

tempo perduto. I segni dell’arte, infine, ci danno un

tempo ritrovato, tempo originale assoluto che

comprende tutti gli altri”112. L’essenziale non è

111 Ibidem, pag. 8: “Apprendere è cosa che concerne essenzialmente i segni. Questi sono appunto oggetto di un apprendimento temporale non di un sapere astratto. Apprendere significa anzitutto considerare una materia, un oggetto, un essere, come se emettessero segni da decifrare, da interpretare”. 112 Ibidem, pagg. 26-27.

123

Page 119: Deleuze e La Filosofia Costruttivista

ricordare, ma apprendere. La memoria, infatti, non

vale se non come una facoltà capace di interpretare i

segni, e il ricordo, ora volontario ora involontario,

interviene soltanto in momenti precisi

dell’apprendimento per contrarne l’affetto o aprire

una nuova via. Le nozioni della «ricerca» sono: il

segno, il senso, l’essenza. Quest’ultima rivelandosi

nelle prime due, essendo al tempo stesso la cosa da

tradurre e la traduzione, il segno e il senso. Essa si

avvolge nel segno per spingerci a pensare, si svolge

nel senso per essere necessariamente pensata.

Insomma, Deleuze caratterizza la «ricerca» come

una rifondazione del pensiero: “L’atto di pensare

non deriva da una semplice possibilità naturale; è

124

Page 120: Deleuze e La Filosofia Costruttivista

invece la sola creazione autentica. La creazione è la

genesi nell’atto di pensare nello stesso pensiero”113.

Leopold von Sacher-Masoch viene considerato da

Deleuze come scrittore ingiustamente sottovalutato e

vittima di una schiavitù intellettuale che la tradizione

psicoanalitica gli ha imposto, riducendolo alla

sindrome cosiddetta sadomasochista. Nel suo testo,

Presentazione di Sacher-Masoch114, anticipa la

critica, che successivamente farà insieme a Guattari,

nei confronti delle interpretazioni psicoanalitiche.

Ragionare secondo una sindrome sadomasochista,

Deleuze insiste, equivale a commettere un errore di

prospettiva: “Con troppa fretta si è portati a ritenere

che sia sufficiente rovesciare i segni, capovolgere le

pulsioni e pensare la grande unità dei contrari per 113 Ibidem, pag. 92. 114 G. Deleuze, Presentazione di Sacher-Masoch, trad. it. a cura di M. De Stefanis, Milano, Bompiani, 1978, (ed. originale: 1967).

125

Page 121: Deleuze e La Filosofia Costruttivista

ottenere Masoch a partire da Sade”115. Punto per

punto, Deleuze sviluppa una lettura dei due scrittori,

di Masoch in particolare, mostrando la loro profonda

disparità, i loro mondi incomunicanti, la loro tecnica

romanzesca senza alcun rapporto: “Sade si esprime

in una forma che associa l’oscenità delle descrizioni

al rigore apatico delle dimostrazioni; Masoch invece

si esprime in una forma che moltiplica i

disconoscimenti per far nascere nella freddezza, la

sospensione estetica”116. Inoltre fa anche un’analisi

minuziosa delle categorie psichiatriche del sadismo

e del masochismo rilevando la mancanza di un

terreno comune, perché, nei fatti, ad un segno

apparentemente connesso, si associa soltanto una

sindrome, dissociabile in sintomi irriducibili. In ogni

115 Ibidem, pag. IX (Premessa dell’autore). 116 Ibidem, pag. 138.

126

Page 122: Deleuze e La Filosofia Costruttivista

caso, “malati” o clinici, ed entrambi

contemporaneamente, Sade e Masoch sono anche

grandi antropologi, conclude Deleuze, nello stile di

coloro che sanno investire la propria opera di una

completa concezione dell’uomo, della cultura e della

natura; grandi artisti nello stile di coloro che sanno

estrarre nuove forme, creare nuovi modi di percepire

e di pensare, costruire un nuovo linguaggio117.

Sulla linea delle nuove concezioni teoriche

sviluppate ne L’Anti-Edipo si trova il suo terzo

studio monografico, Kafka. Per una letteratura

minore118, scritto in collaborazione con Guattari. Lì i

due autori proseguono la loro critica nei confronti di

ogni interpretazione psicoanalitica, e nella

fattispecie di questo autore, Kafka, molto spesso 117 Ibidem, pag. 4. 118 G. Deleuze e F. Guattari, Kafka. Per una letteratura minore, trad. it. a cura di A. Serra, Milano, Feltrinelli, 1975, (ed. originale: 1975).

127

Page 123: Deleuze e La Filosofia Costruttivista

ritenuto un esempio classico per letture in chiave

edipica o, anche, in chiave mitica o archetipica.

Certo è lo stesso Kafka a gettare l’amo. I burocrati

non sono altro che sostituti del padre; o, piuttosto, è

il padre che viene considerato come una

concentrazione di tutte le forze dalle quali il figlio

(Kafka) rimane sottomesso. Deleuze e Guattari

argomentano che la legge, la colpevolezza e

l’interiorità sono presenti in tutta l’opera di Kafka,

ma solo in quanto il tutto viene fatto scivolare lungo

le linee di fuga del desiderio. Essi trattano Kafka

come un fautore dell’“immanenza del desiderio”, in

contrasto con le peggiori interpretazioni che mettono

in campo la trascendenza della legge e l’interiorità

della colpa: “Il primato della scrittura di Kafka,

significa una sola cosa: non letteratura, certo, bensì

128

Page 124: Deleuze e La Filosofia Costruttivista

un’enunciazione che faccia tutt’uno con il desiderio,

al di sopra delle leggi, degli stati, dei regimi. Nessun

autore è stato mai tanto comico e gioioso dal punto

di vista del desiderio, tanto politico e sociale dal

punto di vista dell’enunciato”119. Inoltre, essi

considerano Kafka non come uno scrittore di genio,

che esprime un discernimento superiore sulla sua

vita intima, ma come uno scrittore di “letteratura

minore”. Per letteratura minore, i due autori

intendono una scrittura che sottopone la lingua

maggiore (per Kafka il tedesco)120 ad un processo di

variazione continua, rendendola così una lingua

intensamente espressiva, piuttosto che significante.

La letteratura minore non è quella riferita ad una di

lingua minore, ma quella che una minoranza esprime

119 Ibidem, pag. 67. 120 Kafka era un ebreo cecoslovacco che scriveva in tedesco.

129

Page 125: Deleuze e La Filosofia Costruttivista

in una lingua maggiore; o, anche, una scrittura che

esprime i tentativi di tracciare linee di fuga dalla

maggioranza o da formazioni molari sociali. È,

dunque, una scrittura che concatena il testo ad una

lotta micro-politica. In definitiva, l’aggettivo

“minore”, precisano Deleuze e Guattari, non

qualifica più certe letterature, ma le condizioni

rivoluzionarie d’ogni letteratura all’interno di

quell’altra che prende il nome di “grande”.

In una delle ultime pubblicazioni, Critica e clinica,

Deleuze afferma che la letteratura è una questione in

divenire che attraversa il vivibile e il vissuto.

Scrivere non è raccontare i propri ricordi, i propri

viaggi, i propri amori e i propri lutti, i propri sogni e

i propri fantasmi, a meno di farne l’origine o la

destinazione collettive di un popolo minore, o di tutti

130

Page 126: Deleuze e La Filosofia Costruttivista

i popoli che trovano la loro espressione solo

attraverso e nello scrittore. La letteratura è delirio,

ma non quello che innalza una razza alla pretesa

d’essere pura e dominatrice, ma quello che invoca

quella razza oppressa che interrottamente si agita

sotto le dominazioni, resiste sotto tutto ciò che

schiaccia e imprigiona. Fine ultimo della letteratura

è liberare una funzione fabulatrice che incomincia

solo quando nasce in noi una terza persona che ci

spoglia del potere di dire io, scoprendo una diversa

possibilità di vita121. È quanto hanno saputo fare

alcuni scrittori anglo-americani (F. S. Fitzgerald, T.

Hardy, H. Melville, D. H. Lawrence, V. Woolf, H.

Miller, J. Kerouac), sostiene Deleuze, rilevandone la

superiorità rispetto alla letteratura europea. La forza

121 G. Deleuze, Critica e clinica, op. cit., pag. 17.

131

Page 127: Deleuze e La Filosofia Costruttivista

della letteratura anglo-americana sta nel rigettare

l’idea del libro come una rappresentazione della

realtà e tutti i problemi adiacenti all’immagine

dogmatica della letteratura, e nel regalarci, invece,

un libro percorso da “flussi” intensivi sempre in

divenire: “Scrivere non ha altra funzione: essere un

flusso che si congiunge ad altri flussi – tutte le forme

di divenire minoritario nel mondo. Un flusso è

qualcosa d’intensivo, istantaneo e mutante fra una

creazione e una distruzione… la scrittura opera la

congiunzione, la trasmutazione dei flussi, attraverso

i quali la vita sfugge al risentimento delle persone,

delle società e dei regni”122.

122 G. Deleuze e C. Parnet, Conversazioni, op. cit., pagg. 59-60.

132

Page 128: Deleuze e La Filosofia Costruttivista

5.2 Sul cinema

Deleuze, dopo essere stato a lungo semplice

spettatore, decise di scrivere sul cinema,

pubblicando due consistenti volumi: Cinema 1.

L’immagine-movimento123 e Cinema 2. L’immagine-

tempo124. Deleuze non è solamente il primo

importante filosofo a tentare un’analisi dettagliata

del cinema (molti altri filosofi hanno scritto sul

cinema), ma, soprattutto, è il primo a considerare il

cinema come una forma d’arte a sé stante. Nella

premessa ai due volumi, sostiene che i grandi autori

del cinema possono essere paragonati non soltanto

ad altri artisti, quali architetti, pittori, o musicisti, ma

anche agli intellettuali che pensano attraverso

123 G. Deleuze, Cinema 1. L’immagine-movimento, trad. it. a cura di J. P. Manganaro, Milano, Ubulidri, 1984, (ed. originale: 1983). 124 G. Deleuze, Cinema 2. L’immagine-tempo, trad. it. a cura di L. Rampello, Milano, Ubulibri, 1989, (ed. originale: 1985).

133

Page 129: Deleuze e La Filosofia Costruttivista

immagini-movimento e immagini-tempo, invece che

per concetti. Procedendo nella prospettiva di una

storia naturale del cinema, il suo intento dichiarato è

quello di stabilirne una tassonomia, una

classificazione delle immagini e dei segni, e perciò

fa spesso riferimento al lavoro del logico americano

Peirce125. Un altro supporto importante, sul quale

Deleuze ha basato le sue argomentazioni teoriche,

sono le riflessioni sulla natura del movimento e del

tempo nell’opera Matière e Mémoire di H. Bergson.

Nel primo dei due volumi, Deleuze analizza

l’evoluzione dell’arte cinematografica dalla nascita

fino alla seconda guerra mondiale; quest’ultima

viene considerata una sorta di spartiacque fra due

125 L’opera di C. S. Peirce è stata pubblicata con il titolo di Collected Papers, Harvard University Press, in otto tomi. In italiano è stata tradotta, tra l’altro, un’antologia dei principali testi di argomento semiotico: C. S. Peirce, Semiotica, trad. it. a cura di M. A. Bonfantini, L. Grassi, R. Grazia, Torino, Einaudi, 1980.

134

Page 130: Deleuze e La Filosofia Costruttivista

modi molto diversi di fare cinema. L’analisi

comincia con una rifondazione dei concetti di

immagine e di movimento. L’immagine non è

rappresentazione di qualcosa, ovvero un segnale

linguistico. Questa definizione si rifà alla vecchia

distinzione platonica tra forma e materia ed alla

struttura composta di significante e significato

teorizzata da Saussure.

Deleuze, piuttosto, riallacciandosi all’opera

sopraccitata di Bergson, considera le immagini come

corpi – «si dica che il mio corpo è materia, o si dica

che è immagine…»126 – e il movimento inseparabile

dai corpi-immagini. Ci troviamo, in effetti, davanti

all’esposizione di un mondo in cui l’immagine è

equivalente al movimento, e dove la materia non è

126 H. Bergson, Materia e memoria, trad. it. a cura di A. Pessina, Bari, Laterza, 1996, (ed. originale: 1896).

135

Page 131: Deleuze e La Filosofia Costruttivista

qualcosa che sarebbe nascosta dietro l’immagine, ma

al contrario, è identità assoluta di immagine e

movimento127. Così, le prime maniere di fare cinema

sono caratterizzate, per Deleuze, da quello che lui

chiama schema sensorio-motrice. Quest’ultimo è

l’unità di ciò che è visto e dell’occhio che vede, in

movimento dinamico. Il cinema, sebbene proceda

con fotogrammi che sono delle sezioni immobili di

tempo (sequenze di 18 o 24 fotogrammi al secondo),

ci restituisce un’immagine media (ovvero risultante

della somma di tutti i fotogrammi) a cui il

movimento non si aggiunge astrattamente, ma che

appartiene, invece, all’immagine come dato

immediato. Attraverso la cinepresa mobile ed il

montaggio, il cinema non ci offre un’immagine alla

127 G. Deleuze, Cinema 1. L’immagine-movimento, op. cit., pag. 76.

136

Page 132: Deleuze e La Filosofia Costruttivista

quale aggiungerebbe, solo in un secondo momento,

il movimento, ma ci dà immediatamente

un’immagine-movimento.

Attraverso l’inquadratura, la macchina da presa

ritaglia dallo spazio aperto del mondo un sistema

chiuso, una sezione mobile del tempo-durata, un

sottoinsieme fatto di immagini, di personaggi e di

oggetti posti in relazione dinamica tra loro.

L’inquadratura, il piano, il montaggio sono i mezzi

attraverso i quali il cinema costruisce il suo sistema

di relazioni tra immagini. L’inquadratura è il punto

di vista, il sistema chiuso che comprende tutto ciò

che è presente nell’immagine. Il piano rappresenta il

movimento stesso, il rapporto tra le parti e il

cambiamento che ne scaturisce e l’immagine-

movimento stessa, la sezione mobile della durata,

137

Page 133: Deleuze e La Filosofia Costruttivista

secondo la visione bergsoniana. Infine, il montaggio

rappresenta il tutto del film, l’idea che ci fa dono di

un’immagine della durata e del tempo effettivi. Il

cinema, attraverso il montaggio, arriva a dare

un’immagine del tempo che può essere indiretta, se

proveniente dalle immagini-movimento e dai loro

rapporti, o diretta, se legata alle immagini-tempo.

Cinema 1 tratta, appunto, gli autori che realizzano il

primo tipo di montaggio. Tra gli autori di immagini-

movimento Deleuze individua, a sua volta, diverse

forme di montaggio utilizzate: la tendenza organica

della scuola americana (Griffith), la tendenza

dialettica della scuola sovietica (Eisenstein, Vertov,

Pudovkin, Dovzenko), la tendenza quantitativa della

scuola francese d’anteguerra (Vigo) e, infine, la

tendenza intensiva della scuola espressionista

138

Page 134: Deleuze e La Filosofia Costruttivista

tedesca (Murnau, Wegener, Whale). Qualunque sia

la forma di montaggio scelta, la macchina da presa

agisce come una coscienza giudicante, ritaglia una

visione particolare dal flusso continuo della materia

e, isolando una sezione nell’insieme infinito delle

immagini, agisce come lo schermo nero posto dietro

la lastra fotografica che fa sì che l’immagine si

distacchi. Ma il montaggio non è mai fatto con una

sola specie di immagini e che un film, almeno nelle

sue caratteristiche più semplici presenta sempre la

predominanza di un certo tipo di immagine128.

Perciò, Deleuze costruisce una vasta tassonomia di

immagini cinematografiche, elaborandola sulla scia

del sistema di classificazione generale delle

immagini e dei segni stabilito dal logico americano

128 Ibidem, pag. 90.

139

Page 135: Deleuze e La Filosofia Costruttivista

Peirce. In Cinema 1 troviamo tre tipi principali di

immagini a costituire l’immagine movimento:

immagini-affezioni (rappresentano la «primità»

secondo la semiotica di Peirce), immagini-azione

(«secondità»), immagini-relazione («terzità»). Il

primo piano cinematografico è un’immagine-

affezione, e il suo ruolo è quello di astrarre

l’immagine dalle coordinate spazio-temporali per

trasformarla in icona, espressione pura di un affetto

che non esiste separatamente da ciò che lo esprime.

(Il film affettivo per eccellenza è, secondo Deleuze,

La passione di Giovanna d’Arco di Dreyer).

L’immagine-azione o «secondità» rappresenta tutto

ciò che esiste solo opponendosi a qualcos’altro,

come in una relazione duale: azione-reazione,

eccitazione-risposta, situazione-comportamento. Ci

140

Page 136: Deleuze e La Filosofia Costruttivista

troviamo all’interno della categoria del reale,

dell’attuale, dell’esistente, dove le qualità e le

potenze si attualizzano in stati di cose particolari.

Siamo nell’ambito del realismo, il genere che ha

fatto trionfare universalmente il cinema americano: i

film psicosociali (Vidor, Kazan), i film western

(Ford), i film storici (Griffith, De Mille, Hawks).

All’ultima categoria, detta «terzità», appartengono

quella specie di immagini che hanno una relazione

astratta con il senso che veicolano (immagini-

relazione). Queste immagini rendono il film più

difficile: esse vanno interpretate in quanto non sono

leggibili intuitivamente e il loro senso va cercato

nella storia che le riguarda, nella loro funzione di

simbolo all’interno della cultura a cui appartengono,

nel tessuto relazionale in cui sono inserite. Ma sono

141

Page 137: Deleuze e La Filosofia Costruttivista

proprio queste immagini ad avvicinare il cinema al

pensiero e ad allontanarlo dai luoghi comuni.

L’immagine mentale mette in crisi l’immagine

tradizionale del cinema e anche se si continuano a

fare film d’azione, essi non esprimono più la vecchia

anima del cinema che ora esige sempre più pensiero.

La crisi dell’immagine-azione dipende, secondo

Deleuze da molte variabili: dalla guerra e dalle sue

conseguenze, dal vacillare del sogno americano,

dall’inflazione delle immagini nel mondo esterno e

nella mente della gente e dall’influenza sul cinema

della nuove tipologie del racconto, già sperimentante

dalla letteratura.

Con l’immagine mentale, l’immagine-movimento

arriva al proprio limite: al di là di essa troviamo

l’immagine-tempo, costituita a sua volta da

142

Page 138: Deleuze e La Filosofia Costruttivista

immagini ottico-sonore pure, immagini-ricordo,

immagini-sogno, fino ad arrivare alle immagini-

cristallo. Dopo la seconda guerra mondiale, il

neorealismo, in Italia, e la nouvelle vague, in

Francia, inaugurano un nuovo cinema che Deleuze

definisce del “veggente”. Alle situazioni senso-

motorie del vecchio cinema d’azione realista si

sostituiscono situazioni puramente ottiche e sonore: i

personaggi dei nuovi film sembrano divenuti essi

stessi spettatori di una situazione che subiscono

senza poter reagire. Il personaggio è come

consegnato ad una visione, piuttosto che impegnato

in un’azione (De Sica, Truffaut). Gli ambienti e gli

oggetti che popolano le inquadrature acquistano

valore per se stessi (Visconti, Antonioni). La realtà

trascorre nell’immaginario e ne esce deformata dal

143

Page 139: Deleuze e La Filosofia Costruttivista

pensiero, diviene una nuova realtà creata dalla mente

attraverso la parola e la visione, finché attuale e

virtuale, reale e immaginario si fanno indiscernibili

(Fellini). Le nuove immagini che esprimono il

divenire, il passaggio, rappresentano l’essenza del

tempo. Immagini visive e sonore rendono sensibili il

tempo e il pensiero e fanno di essi uno strumento di

conoscenza.

L’immagine ottico-sonora rievoca l’immagine-

ricordo: un’immagine attuale (descrizione) si

concatena con un’immagine virtuale (ricordo)

componendo un circuito che va dal presente al

passato per tornare al presente, attraverso il

meccanismo del flash-back. Attraverso questo tipo

di montaggio (di cui Mankiewicz è il più grande

maestro, secondo Deleuze) si producono relazioni

144

Page 140: Deleuze e La Filosofia Costruttivista

non lineare tra le situazioni, si impongono svolte e

rotture di causalità nella narrazione. Anche le

immagini-ricordo, come quelle ottico-sonore pure,

instaurano un circuito di indiscernibilità tra

l’attualità del presente e la virtualità del ricordo. Le

immagini-sogno, invece, emergono quando non si

riesce a ricordare e l’immagine attuale del presente

entra in contatto con l’elemento virtuale del sogno.

Tra le immagini sogno Deleuze pone anche i film

della commedia musicale (Minnelli).

Infine, l’immagine-cristallo: essa si produce quando

“l’immagine ottica attuale si cristallizza con la

propria immagine virtuale”129, quando l’immagine

presenta una doppia faccia insieme attuale e virtuale,

producendo una nuova forma di indiscernibilità.

129 G. Deleuze, Cinema 2. l’immagine-tempo, op. cit., pag. 83.

145

Page 141: Deleuze e La Filosofia Costruttivista

Tuttavia, l’immagine-cristallo non ha una natura

mentale o psicologica, ma esiste fuori dalla

coscienza e nel tempo, quasi come un frammento di

tempo allo stato puro. Il passato si forma

contemporaneamente al presente, e non dopo di

esso, e, dunque, il tempo si sdoppia in ogni istante

nell’immagine attuale del presente che passa e

nell’immagine virtuale del passato che si conserva,

fino a formare un circolo. Tra i numerosi autori di

immagini-cristallo, ricordati da Deleuze, ci sono:

Welles, Tarkovskij, Resneis.

Con l’immagine-tempo il montaggio tende quasi a

scomparire a vantaggio del piano-sequenza e della

profondità di campo: l’uno trasmette il senso di

continuità della durata, l’altro (sperimentato da

Welles) facendo comunicare lo sfondo con il primo

146

Page 142: Deleuze e La Filosofia Costruttivista

piano, il lontano con il vicino, rappresenta il

rapporto tra passato e presente, ovvero

un’immagine-tempo diretta. L’immagine-tempo

inaugura uno stile frammentato che abbandona

l’idea di montaggio come associazione,

concatenamento tra le immagini. Mentre il cinema

classico costruiva sequenze di montaggio secondo

leggi di associazione o di opposizione che sfociava

poi in concetti, il cinema moderno instaura un nuovo

regime consistente nel fatto che le immagini, le

sequenze non si concatenano più attraverso

interruzioni razionali, che portano a termine la prima

o danno inizio alla seconda, ma si riconcatenano su

interruzioni irrazionali che non appartengono più a

nessuna delle due e hanno valore per se stesse (i film

147

Page 143: Deleuze e La Filosofia Costruttivista

di Godard sono esemplari per questo nuovo tipo di

montaggio)130.

Nella conclusioni, Deleuze afferma che il cinema

non è una lingua universale o primitiva, e nemmeno

un linguaggio; rimanda, piuttosto, ad una materia

intelligibile (immagini pre-linguistiche e segni pre-

significanti) come presupposto necessario attraverso

cui il linguaggio costruisce i propri “oggetti”.

Quindi, insiste Deleuze, bisogna distinguere la

semiotica cinematografica da quella d’ispirazione

linguistica, la quale tende a chiudere su se stessa il

significante e ad escludere il linguaggio dalle

immagini e dai segni che ne costituiscono la materia

prima: “Al contrario, si chiama semiotica

(cinematografica) la disciplina che non considera il

130 Ibidem, pag. 284.

148

Page 144: Deleuze e La Filosofia Costruttivista

linguaggio se non in relazione a questa materia

specifica, immagini e segni”131.

5.3 Sulla pittura

Uno degli ultimi libri di Deleuze sull’arte è dedicato

al pittore inglese Francis Bacon. Nella premessa (e

come suggerisce il titolo stesso del libro: Francis

Bacon. Logique de la sensation132) viene evidenziato

che quest’opera è un tentativo di costruire una logica

della «sensazione colorante» attraverso lo studio dei

diversi aspetti riscontrati nei quadri del pittore.

Ognuno di questi aspetti, a sua volta, rinvia a

sequenze particolari della storia della pittura, poiché

come dice Deleuze: “Ciascun pittore alla sua

131 Ibidem, pag. 289. 132 G. Deleuze, Francis Bacon. Logique de la sensation Vol. I-II, Paris, Editions de la Diffèrence, 1984.

149

Page 145: Deleuze e La Filosofia Costruttivista

maniera riassume la storia della pittura”133. Quindi, è

l’intera storia della pittura ad essere coinvolta

nell’analisi di questo libro. Deleuze inizia con

l’esaminare il rapporto tra la “figura” e la

rappresentazione, argomentando sull’inadeguatezza

del fatto che la figurazione tende in pittura a farsi

sempre illustrazione di un racconto; ma ciò significa

subordinare la pittura alla letteratura, ripresentare un

avvenimento già accaduto: un “nulla-di-fatto”. Se si

vuole penetrare più fedelmente possibile la

rappresentazione, dice Deleuze, il prezzo da pagare è

quello di liberarsene. Raccontare una storia, in

pittura, non è interessante, il problema è quello di

riuscire a “far nascere sensazioni”. Per Bacon si

tratta di uscire dal potere magico del cliché-

133 Ibidem, pag. 79.

150

Page 146: Deleuze e La Filosofia Costruttivista

fotografia. Come salvare una figura che non sia

calco, come disorganizzare un insieme visivo

probabile (la prima figurazione) per far nascere,

attraverso tratti manuali liberi (accidenti), la figura

visiva improbabile, restando fedeli alla carne?134 Si

può sfuggire al figurativo verso l’astratto, oppure

isolando la figura, estraendola per scongiurare il

carattere narrativo e illustrativo. Bacon sceglie la

seconda strada135. Bacon, sostiene Deleuze, per

dipingere «la sua sensazione e il suo sentimento di

vita»136 non può far altro che «deformare»,

distendere il segno e il colore al di là dei canoni

estetici e della rappresentazione spaziale realistica: 134 La fascinazione di Bacon nei confronti della carne: «È sicuro, siamo della carne, delle carcasse in potenza, carne comune tra uomo e bestia, l’uomo che soffre è una bestia e la bestia che soffre è un uomo… pietà per la carne, la carne disossata, tutta la carne è una testa senza volto», (Deleuze, nel suo libro, cita spesso delle frasi tratte da un testo di Bacon: L’art de l’impossible, Entretiens avec David Sylvester, Genève, Skira, 1976). 135 Bacon rimprovera all’arte astratta la mancanza di una vera tensione, una povertà di sensazione. 136 Citazione di Deleuze dal testo: Francio Bacon, L’art de l’impossible,op. cit.

151

Page 147: Deleuze e La Filosofia Costruttivista

alla figurazione si aggiunge una sorta di equilibrio

precario o senso di caduta. La carne scende dalle

ossa, il corpo scende dalle braccia o dalle cosce

rizzate: la caduta diventa il movimento più interiore

di qualunque sensazione, il suo infinitesimo scarto o

“clinamen”. Bacon prende la bocca è «sente» di

doverla prolungare, in modo che essa vada da una

parte all’altra della testa e ne pulisce una sezione con

la spazzola, una scopa, una spugna o uno straccio.

Poi chiama questa operazione un «diagramma»; di

colpo si introduce un deserto, una zona di Sahara,

una pelle di rinoceronte vista al microscopio. Sahara,

pelle di rinoceronte: «Il mondo del disegno è

sprofondato, crollato come in una catastrofe»137,

diceva Cézanne, e la catastrofe è arrivata sulla tela

137 Citazione di Deleuze dal testo: Francis Bacon, L’art de l’impossible,op. cit.

152

Page 148: Deleuze e La Filosofia Costruttivista

per dissolvere i dati figurativi probabilistici. Ma

Bacon vuole uscire dal confuso, dal cliché del pre-

pittorico, senza cadere nell’astrattismo o

nell’informale. Secondo Deleuze, la preoccupazione

di Bacon è quella già di William Blake: salvare il

contorno ed impedire a ciò che egli chiama

diagramma di non essere più operatorio o sotto

controllo. Bacon vuole uscire dalla catastrofe con

una figura di carne, lavorandola, per cercarne il

«motivo», l’analogia, cioè una certa evidenza, una

certa presenza che s’impone immediatamente138 -

come in un quadro del 1946, The painting139, dove la

possibilità ideale di un uccello che si posa su un

campo qualunque diventa la «matter of fact»140 di

138 G. Deleuze, Francis Bacon. Logique de la sensation, op. cit., pag. 75. (trad. mia). 139 Ibidem, Vol. II – Peintures, quadro 28. 140 Citazione di F. Bacon riportata in inglese nel testo di Deleuze.

153

Page 149: Deleuze e La Filosofia Costruttivista

una macelleria/crocefissione,

in cui le braccia della carne

aperta sembrano ali di

uccello.

Questa via della figura

improbabile, dice Deleuze, è

quella a cui Cézanne dà un nome semplice: la

sensazione. La figura è la forma sensibile portata

alla sensazione; essa agisce immediatamente sul

sistema nervoso, che appartiene alla carne. Invece la

forma astratta s’indirizza al cervello, agisce per

intermediazione del cervello, più vicino all’osso.

Tutti i grandi pittori, non solo Bacon, dice Deleuze,

si propongono direttamente di liberare le presenze

sotto la rappresentazione, oltre la rappresentazione:

di dipingere le forze sconosciute che agitano i corpi.

154

Page 150: Deleuze e La Filosofia Costruttivista

È il sistema dei colori, in pittura, a prendere la

valenza di queste forze agendo direttamente sul

sistema nervoso: “Il colore è nel corpo, la sensazione

è nei corpi, e non nell’aria. La sensazione è ciò che è

dipinto. Ciò che è dipinto nel quadro, è il corpo, non

in quanto esso è rappresentato come oggetto, ma in

tanto che esso è vissuto come provante tale

sensazione (ciò che Lawrence, parlando di Cézanne,

chiamava «l’essenza singolare della mela»)”141.

Bacon, grazie ai rapporti di tonalità che generano

volumi solo per la disposizione dei diversi colori,

reintroduce la necessità di quella visione «prensiva»

(rievocato dalla pittura egiziana), in cui l’occhio

scopre la sua funzione tattile, vera risorsa della

sensazione manuale. Non bisogna più tenere conto

141 Ibidem, pag. 27.

155

Page 151: Deleuze e La Filosofia Costruttivista

dei rapporti di valore del chiaro/scuro, del contrasto

tra l’ombra e la luce, per privilegiare la modulazione

come il luogo dei caldi e dei freddi, delle espansioni

e delle contrazioni. Questa sensazione colorante

(modulazione) non consiste solamente in quanto

detto sopra, ma anche nei regimi dei colori, nei

rapporti fra questi regimi, negli accordi tra toni puri

e toni spezzati: “Ciò che chiamiamo visione

«prensiva», è questa sensazione del colore. Questa

sensazione, o questa visione, costituisce una totalità

tanto più che i tre elementi della pittura, struttura,

figura e contorno, comunicano e convergono nel

colore”142.

Deleuze individua tre periodi successivi in Bacon,

circa il modo di presentarci questa totalità. In

142 Ibidem, pag. 96.

156

Page 152: Deleuze e La Filosofia Costruttivista

principio, nei suoi quadri semplici, c’era il passaggio

in un doppio movimento, dalla struttura materiale, o

sfondo piatto, alla figura e viceversa, attraverso il

terzo elemento, il contorno come membrana: in

gioco erano soprattutto le forze di isolamento, di

deformazione e di dissipazione della figura. Poi il

movimento si trasporta tra le figure stesse, che

proliferano e si accoppiano in una risonanza della

sensazione, in un rapporto intenso e melodico.

Infine, con la serie dei trittici, c’è un terzo tipo di

movimenti e di forze, in cui non è più una figura che

raggiunge lo sfondo piatto (o struttura), ma sono i

rapporti tra le figure a trovarsi violentemente gettati

sullo sfondo, in un colore uniforme e in una luce

cruda, come dei «trapezisti» il cui solo ambiente

naturale è la luce e il colore, il loro essere ritmico.

157

Page 153: Deleuze e La Filosofia Costruttivista

Tra le figure che osservano come testimoni apparenti

la scena, un ritmo, testimone invisibile, passa per i

tre pannelli facendone vibrare, lungo l’orizzontale,

l’equilibrio cromatico: “Gli esseri-figure si separano

cadendo nella luce nera. Tutto diviene aereo in

questi trittici di luce, la separazione stessa è

nell’aria. Il tempo non è più nel cromatismo dei

corpi, esso passa in un’eternità monocromatica. È un

immenso spazio- tempo che riunisce tutte le cose,

ma introducendo tra esse le distanze di un Sahara, i

secoli di un Aiôn”143. Rendere il tempo sensibile in

se stesso, qualche trittico riuscito: è il compito

comune al pittore, al musicista e allo scrittore - al

prezzo di sforzi inauditi, per la cosa più naturale di

questo mondo, la mela di Cézanne o il seme di

143 Ibidem, pag. 56.

158

Page 154: Deleuze e La Filosofia Costruttivista

girasole di Van Gogh. Dopo tutte le serie di corpi

deformati, dell’animale e

la carne in noi, delle

figure accoppiate,

Deleuze ci dice che è lo

stesso Bacon a suggerirci

di aver voluto sempre

dipingere il grido; non un

mondo dell’orrore, perché nell’orrore c’è ancora una

figurazione primaria, una storia, forse la violenza

della sua Irlanda, del nazismo e della guerra. Ma il

papa Innocenzo X144, stravolto da Velasquez, che

grida, non ha più nulla dell’orrore: è preso in una

lotta con l’ombra e grida alla morte, non quella

visibile che ci fa soccombere, piuttosto, la forza

144 Ibidem, Vol. II- Peintures, quadro 57.

159

Page 155: Deleuze e La Filosofia Costruttivista

invisibile che è la vita da scoprire, da «rendere

visibile». Per una volta almeno la morte viene

giudicata dal punto di vista della vita, e non

inversamente. Contro ogni rappresentazione legata

al sensazionalismo a tutti i costi, Bacon crea una

figura della vita sempre più forte, indomabile per

insistenza e presenza, proprio nel momento in cui

rappresenta l’orribile, la mutilazione, la protesi, il

fallimento e la caduta. Non più la violenza dello

spettacolo, ma quello della sensazione, il momento

intorno a cui si costituisce una forza, un’affezione,

un pensiero.

160

Page 156: Deleuze e La Filosofia Costruttivista

CAPITOLO SESTO

La pratica filosofica costruttivista

6.1 La filosofia e i suoi rivali

La ricerca filosofica iniziata in Grecia, individuava

già nell’opinione, nella doxa, l’avversario contro il

quale definire la specificità di un pensare

diversamente. Alla superficialità dell’opinione, il

filosofo contrappone una elaborata concezione di

pensiero che apre uno squarcio negli assetti

consolidati e irrigiditi del comune pensare, che

rimanda all’irrompere del nuovo, a un’inedita

combinazione di forze. Per Deleuze, tuttavia, la

filosofia, nel suo sviluppo attraverso i secoli, non è

certo rimasta fedele alla propria vocazione critica,

161

Page 157: Deleuze e La Filosofia Costruttivista

creativa e costruzionista. Da qui, il suo attacco

all’affermarsi, come orizzonte egemone, di una

“immagine dogmatica del pensiero”, che ha fatto

della filosofia “un genere ufficiale e referenziale”,

un discorso astratto e universale il cui solo obiettivo

è quello di occultare ed anestetizzare il gioco delle

forze inerente ad ogni atto di pensiero: “La filosofia

è compenetrata dal progetto di trasformarsi nella

lingua ufficiale di uno stato puro. L’esercizio del

pensiero si conforma così ai fini dello stato reale,

alle significazioni dominanti come pure dell’ordine

stabilito”145. Il percorso di un apprendistato in

filosofia indicato da Deleuze va in tutt’altro senso: il

filosofo non deve rappresentare o giudicare, ma

praticare una sperimentazione intellettuale,

145 G. Deleuze e C. Parnet, Conversazioni, op. cit., pag. 19.

162

Page 158: Deleuze e La Filosofia Costruttivista

sottraendosi a qualsiasi servilismo nei confronti del

potere stabilito ed evitando di mettersi al servizio del

buon senso o di rivestire un ruolo di funzionario

sociale. Nel suo ultimo libro scritto con Guattari,

Che cos’è la filosofia?146 pone esplicitamente la

questione dell’“utilità” della filosofia e della sua

specifica funzione pedagogica. Nell’introduzione, i

due autori mettono subito in chiaro che cos’è la

filosofia e, cosa non meno importante, ciò che non è.

La loro risposta alla prima domanda è ben nota: “La

filosofia è l’arte di formare, di inventare, di

fabbricare concetti”147. La filosofia si identifica con

l’attività di costruire, di creare concetti: un’attività di

creazione perché alla filosofia concerne creare e non

scoprire, e questa creazione riguarda i concetti 146 G. Deleuze e F. Guattari, Che cos’è la filosofia?, trad it. a cura di A. de Lorenzis, Torino, Einaudi, 1996, (ed. originale: 1991). 147 Ibidem, pag. X.

163

Page 159: Deleuze e La Filosofia Costruttivista

perché questi sono la materia ed il prodotto della

filosofia, la sua specificità: “Creare concetti sempre

nuovi è l’oggetto della filosofia. È proprio perché il

concetto deve essere creato, che esso rinvia al

filosofo come a colui che lo possiede in potenza o

che ne ha la potenza e la competenza… I concetti

non sono già fatti, non stanno ad aspettarci come

fossero corpi celesti. Non c’è un cielo per i concetti;

devono essere inventati, fabbricati o piuttosto creati

e non sarebbero nulla senza la firma di coloro che li

creano”148. I due autori, quindi, sottopongono a dura

critica tre prospettive molto comuni quando oggi si

cerca di definire la filosofia: secondo loro, la

filosofia non è contemplazione, né comunicazione,

né riflessione. La filosofia non è contemplazione,

148 Ibidem, pag. XIII.

164

Page 160: Deleuze e La Filosofia Costruttivista

come per molto tempo si è ritenuto per ispirazione

platonica, perché la contemplazione, anche

dinamica, non è creativa; consiste nella visione della

cosa stessa, considerata preesistente ed indipendente

dal proprio atto di contemplare, e non ha nulla a che

vedere con la creazione dei concetti. E neppure

comunicazione: ciò è detto contro certi sostenitori di

un pensiero contemporaneo che propongono una

“comunicazione democratica”; perché la

comunicazione può rinviare soltanto al consenso,

mai al concetto; e il concetto, molte volte, è più

dissenso che consenso. In ultimo, la filosofia non è

riflessione, semplicemente perché la riflessione non

è specifica dell’attività filosofica: “Non è riflessione

perché nessuno ha bisogno della filosofia per

riflettere su una cosa qualsiasi: si crede di concedere

165

Page 161: Deleuze e La Filosofia Costruttivista

molto alla filosofia facendone l’arte della riflessione,

ma al contrario le si sottrae tutto perché né i

matematici hanno mai atteso i filosofi per riflettere

sulla matematica né gli artisti sulla pittura o sulla

musica; dire che quando ciò accade essi diventano

filosofi è uno scherzo di cattivo gusto, tanto la loro

riflessioni appartiene alle rispettive creazioni”149.

Non possiamo identificare la filosofia con nessuno

di questi tre atteggiamenti perché nessuno di essi è

specifico della filosofia: “La contemplazione, la

riflessione, la comunicazione non sono discipline ma

macchine per formare degli Universali in tutte le

discipline”150.

Se la filosofia guadagna in densità ed identità come

impresa di creazione concettuale, allora perde ogni

149 Ibidem, pag. XIV. 150 Ibidem, pag. XV.

166

Page 162: Deleuze e La Filosofia Costruttivista

senso la questione, sempre discussa, dell’utilità della

filosofia o lo stesso annuncio, spesso ripetuto, della

sua morte, del suo superamento: “Quando è il caso e

il momento di creare dei concetti, l’operazione che

ne consegue si chiamerà sempre filosofia, anche se

le si desse un altro nome… Nient’altro può far

questo al suo posto. Certo la filosofia ha sempre i

suoi rivali, dai «rivali» di Platone fino al buffone di

Zarathustra. Oggi sono l’informatica, la

comunicazione, la promozione commerciale ad

essersi appropriate dei termini «concetto» e

«creativo» e sono questi «campioni del concetto» a

presentarsi come una razza spavalda che esprime

l’atto di vendere come il supremo pensiero

capitalista, il cogito della merce. La filosofia si sente

piccola e sola davanti a così grandi potenze, ma, se

167

Page 163: Deleuze e La Filosofia Costruttivista

proprio deve morire che almeno muoia dal

ridere”151.

Deleuze e Guattari concludono la loro dissertazione

su che cosa non è filosofia, escludendo anche quegli

atteggiamenti intellettuali che vedono la filosofia

come una forma di dibattito, di discussione, fedeli

all’agonismo greco delle origini. Nella prospettiva

della filosofia come creazione di concetti, la

discussione può fornire elementi per la creazione di

nuovi concetti, ma non è nella discussione che

consiste l’attività filosofica: “La filosofia ha orrore

delle discussioni, ha sempre altro da fare. Non

sopporta il dibattito, ma non perché sia troppo sicura

di sé: al contrario sono le incertezze che la spingono

verso altre più solitarie vie. Eppure Socrate non

151 G. Deleuze, Pourparles, op. cit., pag. 186, (trad. mia).

168

Page 164: Deleuze e La Filosofia Costruttivista

faceva della filosofia una libera discussione fra

amici? La conversazione degli uomini liberi non è

forse il culmine della socievolezza greca? In realtà

Socrate non ha mai smesso di rendere impossibile

qualunque discussione, sia con il rigido scambio di

domande e risposte, sia con il lungo rivaleggiare dei

discorsi. Ha trasformato l’amico in amico del suo

concetto, e il concetto nel monologo spietato che

elimina uno dopo l’altro i rivali”152.

6.2 La creazione concettuale

Il concetto assume un ruolo centrale nell’attività

filosofica di Deleuze; egli stesso, insieme a Guattari

nel libro sopraccitato, ne spiega la sua vera natura. Il

152 G. Deleuze e F. Guattari, Che cos’è la filosofia?, op. cit., pagg. 18-19.

169

Page 165: Deleuze e La Filosofia Costruttivista

concetto è una molteplicità153, non una singola cosa

in se stessa: “Ogni concetto ha delle componenti…

non ci sono concetti ad una sola componente: anche

il primo concetto, quello da cui una filosofia

«comincia», ha numerosi componenti… ogni

concetto ha un contorno irregolare, definito dalla

cifra delle sue componenti. È per questo che, da

Platone a Bergson, si trova l’idea che il concetto sia

una questione di articolazione, di ritaglio e di

accostamento. È un tutto perché totalizza le sue

componenti, ma è un tutto frammentario”154.

Questo assemblaggio di componenti deve avere una

certa coerenza o consistenza (in questo senso il

153 Per fare la molteplicità non è sufficiente aggiungere uno (n+1). La molteplicità non è questione di numero. La molteplicità numerabile rimane, in qualche modo, sempre subordinata dell’unità. Diversamente essa non è fatta di unità, dice Deleuze: “ma di dimensioni o piuttosto di direzioni in movimento… estensibili sopra un piano di consistenza da cui l’Uno è sempre sottratto (n-1)”, G. Deleuze e F. Guattari, Millepiani, op. cit., pag. 42. 154 Ibidem, pag. 5.

170

Page 166: Deleuze e La Filosofia Costruttivista

concetto assomiglia al corpo di Spinoza), perciò che

il concetto può essere considerato come un punto di

condensazione o di accumulazione delle proprie

componenti: “Il concetto è in stato di «sorvolo»

rispetto alle sua componenti… è incorporeo, sebbene

si incarni o si realizzi nei corpi… il concetto dice

l’evento, non l’essenza o la cosa. È un evento

puro”155. Ciascun concetto può essere anche in

relazione con altri concetti per via di tematiche

simili che lo coinvolgono, e avendo elementi di

composizione simili; ma ciascun concetto è un tutto

frammentato che non si adatta ad altri concetti

perché i contorni non coincidono. Queste relazioni

fra concetti possono considerarsi, dice Deleuze, una

sorta di risonanze fra centri di vibrazione.

155 Ibidem, pagg. 10-11.

171

Page 167: Deleuze e La Filosofia Costruttivista

Il concetto non deve essere confuso con la

proposizione, come nella logica: “Il concetto non è

discorsivo, e la filosofia non è una formazione

discorsiva, perché essa non concatena

proposizioni”156. Le funzioni logiche di

esclusione/o, inclusione/e e così via, non rendono

giustizia alla natura delle relazioni concettuali: “Il

concetto non è affatto una proposizione, non è

proposizionale… Le proposizioni si definiscono a

partire dalla loro referenza e la referenza non

riguarda l’Evento, ma un rapporto con lo stato delle

cose o dei corpi, come anche le condizioni di tale

rapporto”157.

Non è necessario, invece, che il concetto abbia una

qualche referenza, piuttosto esso è intensivo ed

156 Ibidem, pag. 12. 157 Ibidem, pag. 13.

172

Page 168: Deleuze e La Filosofia Costruttivista

esprime l’esistenza virtuale di un evento nel

pensiero. (Un esempio è il famoso cogito cartesiano

che esprime l’individuo virtuale in relazione a delle

componenti virtuali implicite che si presentano come

verbi – dubitare, pensare, essere).

Infine, un concetto non ha relazione con la verità che

è una determinazione esterna, o presupposizione che

mette il pensato al servizio dell’immagine dogmatica

del pensiero: “Il pensiero è una forma o una

forza”158.

Per come i concetti agiscono, essi sono affettivi,

piuttosto che significativi, o espressivi di un

contenuto.

La creazione concettuale, precisano Deleuze e

Guattari, è inscindibile dalla creazione di altri due

158 Ibidem, pag. 144.

173

Page 169: Deleuze e La Filosofia Costruttivista

elementi fondamentali della filosofia: il personaggio

concettuale e il piano di immanenza. Il personaggio

concettuale è la figura del pensiero che dà forza

specifica ai concetti, la loro ragione d’essere. Non

bisogna confondere, però, questo personaggio con

nessun tipo psico-sociale, né con i filosofi, ma sono

creati come concetti: “I personaggi concettuali sono

dei pensatori, unicamente dei pensatori e i loro tratti

personalistici si ricongiungono strettamente ai tratti

diagrammatici del pensiero e ai tratti intensivi dei

concetti”159. Deleuze, insieme a Guattari, argomenta

sul fatto che questi personaggi concettuali, sebbene

spesso impliciti alla filosofia, siano decisivi per

capire il significato dei concetti. Essi prendono in

considerazione ancora il cogito cartesiano, il

159 Ibidem, pag. 59.

174

Page 170: Deleuze e La Filosofia Costruttivista

personaggio concettuale implicito è l’idiota, la

persona normale senza istruzione, inesperto di

filosofia, potenzialmente tradito dai suoi sensi, ma

comunque capace ancora di avere perfettamente

conoscenza chiara e distinta di questi ultimi,

attraverso la certezza dell’“io penso, dunque sono”.

Sono anche menzionati i famosi personaggi di

Nietzsche, sia simpatici che antipatici: Zarathustra e

l’Ultimo Uomo, Dioniso e il Crocifisso, Socrate e i

Sofisti, etc. I personaggi concettuali sono i requisiti

interni indispensabili, non-filosofici per la pratica

della creazione dei concetti. Questi personaggi, a sua

volta, sono riferiti ad un piano d’immanenza, ovvero

tra i personaggi e il piano d’immanenza c’è un

rapporto di presupposizione reciproca: “Il piano

assicura il raccordo dei concetti con delle

175

Page 171: Deleuze e La Filosofia Costruttivista

connessioni in perenne aumento e i concetti

assicurano il popolamento del piano su una

curvatura sempre rinnovata, sempre variabile. Il

piano di immanenza non è un concetto, né pensato

né pensabile, ma l’immagine del pensiero,

l’immagine che esso si dà di cosa significa pensare,

usare il pensiero, orientarsi nel pensiero…”160. È

questa un’altra immagine del pensiero molto diversa

da quella criticata precedentemente (il

trascendentale), in varie occasioni, da Deleuze. Ogni

volta che il trascendentale è evocato, il pensiero si

arresta e la filosofia è messa al servizio di idee

dominanti. Per Deleuze e Guattari, tutte le istanze

del trascendentale discendono dallo stesso problema:

“insistere sul fatto che l’immanenza sia immanente a

160 Ibidem, pagg. 26-27.

176

Page 172: Deleuze e La Filosofia Costruttivista

qualche cosa, grande Oggetto della contemplazione,

Soggetto della riflessione, Altro soggetto della

comunicazione”161.

Per applicarsi alla creazione nel pensiero, alla

formazione dei concetti, alla sua incarnazione nei

personaggi concettuali, è fondamentale che questi

operino “immanentemente”, senza la regola di un

qualcosa che presumi un piano di immanenza già

dato. Il piano di immanenza deve essere creato dai

filosofi tanto quanto i concetti che lo vengono ad

abitare.

6.3 Le tre discipline dell’atto creativo:

filosofia, arte e scienza. Un’ultima preoccupazione di Deleuze e Guattari, a

completamento della loro argomentazione

161 Ibidem, pag. 41.

177

Page 173: Deleuze e La Filosofia Costruttivista

sull’attività creativa, è di venire ad una

comprensione distinta dei rapporti spesso confusi tra

filosofia, arte e scienza. Loro affermano che

ciascuna di queste tre discipline coinvolge l’attività

del pensiero, e che, in ogni caso, è una questione di

creazione. Quello che differisce è il piano di

creazione e le entità di cui esso è popolato. Se la

filosofia opera per concetti e piani di immanenza che

le sono propri, l’arte si avvale di un piano di

composizione e di “percetti” ed affetti, mentre la

scienza, di un piano referenziale e di funzioni, anche

questi specifici alle rispettive discipline. L’arte si

occupa di creazione di “percetti” e di affetti, che

sono insieme delle sensazioni. I “percetti” non

vanno intesi come percezioni, in ciò che si riferisce

al percepire; allo stesso modo, gli affetti non sono

178

Page 174: Deleuze e La Filosofia Costruttivista

sentimenti o affezioni per qualcuno. Come abbiamo

visto per i concetti, anche gli affetti e i “percetti”

sono indipendenti e esistono fuori dall’esperienza di

un pensatore e non hanno referenza ad uno stato di

fatto: “Il lavoro artistico è un essere della sensazione

e null’altro: esiste in se stesso”162. Il correlato del

personaggio concettuale è la figura (che è stata

investigata in profondità nel testo di Deleuze su F.

Bacon), e per piano d’immanenza, l’arte si dispone

sul piano di composizione, che è allo stesso modo

immanente alla figura ed è popolato dalle forze pure

dei “percetti” e degli affetti.

La situazione con le scienze è simile. La scienza è

l’attività del pensiero che crea funzioni. Queste

funzioni, a differenza dei concetti, sono

162 Ibidem, pag. 168.

179

Page 175: Deleuze e La Filosofia Costruttivista

proposizionali, e ciò permette alla scienza di mettere

insieme un linguaggio deduttivo, senza tuttavia

l’implicazione di una relazione a-priori con la verità,

non più di quanto faccia la filosofia. La

formulazione delle funzioni consiste nel creare dei

punti di vista referenziali, ovvero una base dalle

quale le cose possono essere misurate. Così le prime

fondamentali funzioni sono quelle che stabiliscono

lo zero assoluto della scala di Kelvin, la velocità

della luce, etc., in relazioni alle quali un piano di

referenza è presunto. Il piano di referenza, sempre

immanente alle funzioni che lo popolano, guadagna

consistenza attraverso la forza e l’efficacia delle sue

funzioni. Anche nella scienza c’è la controparte dei

personaggi concettuali nella filosofia e delle figure

nell’arte: sono gli osservatori parziali. La figura

180

Page 176: Deleuze e La Filosofia Costruttivista

dell’osservatore parziale nella scienza, come nella

filosofia, frequentemente è implicito ed esiste per

dare orientamento alle funzioni. Un esempio è la

teoria della relatività di Galileo, le cui funzioni, a

riguardo la cosmologia, formano un piano di

referenza che sconvolge i piani precedenti basati su

una struttura trascendentale e religiosa.

L’osservatore parziale in questo caso sarebbe una

figura che definisce una funzione particolare

riguardo ad un fenomeno come la relazione del sole

e della luna (eliocentrismo).

Insomma, le tre discipline, filosofia, arte e scienza,

intese da Deleuze e Guattari come attività

specificatamente creative, sostengono una sfida di

fondamentale importanza contro un opinionismo

sempre più dilagante nella nostra cultura

181

Page 177: Deleuze e La Filosofia Costruttivista

contemporanea. I due autori riscontrano che siamo

immersi nell’opinione, presentata come l’unica

forma per vincere il caos che ci spaventa, ci

angustia; ma l’opinione non vince affatto il caos ma

fugge da esso, come se la fuga fosse possibile. E

così l’opinione si consolida nel gioco dell’oblio del

caos, come se vivessimo tutti felici di non sapere - o

non voler sapere - della sua esistenza, una volta

costruito un mondo perfetto in cui tutto è al suo

posto. Da qui l’importanza che hanno acquistato

nella nostra società, ai vari livelli, i cosiddetti

opinionisti; sono loro gli artefici di questa droga che

si estende tanto quanto il buon senso che ci

imprigiona sotto questo giogo. Questo significa,

però, vivere di apparenze, come denunciava Platone

quasi millecinquecento anni fa.

182

Page 178: Deleuze e La Filosofia Costruttivista

Deleuze e Guattari reagiscono a questo

conformismo, intendendo la filosofia, l’arte e la

scienza come movimenti compiuti per squarciare il

caos, attraversarlo e convivere con esso, rigettando

l’opinione generalizzante che paralizza la creatività.

Al termine di Che cos’è la filosofia un passo di D.

H. Lawrence offre una chiara immagine della

potenza e dell’operatività della filosofia (e anche

della scienza e dell’arte): “Gli uomini fabbricano un

ombrello che li ripari, e sulla sua parete esterna

disegnano un firmamento e scrivono le loro

convenzioni, le loro opinioni; ma il poeta, l’artista

pratica un taglio nell’ombrello, lacera anche il

firmamento, per far passare il caos libero e ventoso

ed inquadrare in una luce brusca una visione che

appare attraverso la crepa… Allora sopraggiunge la

183

Page 179: Deleuze e La Filosofia Costruttivista

folla degli imitatori che rammendano l’ombrello con

una toppa che somiglia vagamente alla visione e la

folla dei glossatori che riempiono la crepa di

opinioni: comunicazione. Ci vorranno sempre nuovi

artisti per fare altre crepe, operare le distruzioni

necessarie, forse sempre più grandi, e restituire così

ai loro predecessori l’incomunicabile novità che non

si riusciva più a vedere”163. Si tratta sempre, fanno

notare Deleuze e Guattari, di vincere il caos tramite

un piano secante che lo attraversi: “l’arte, la scienza,

la filosofia esigono di più: esse costituiscono dei

piani nel caos. Queste tre discipline non sono come

le religioni che invocano delle dinastie di dei o

l’epifania di un solo dio per dipingere sull’ombrello

un firmamento, come le figure di un Urdoxa da cui

163 Ibidem, pagg. 213-214.

184

Page 180: Deleuze e La Filosofia Costruttivista

deriverebbero le nostre opinioni. La filosofia, la

scienza e l’arte vogliono che noi strappiamo il

firmamento e ci addentriamo nel caos”164.

La creazione dei concetti, così come le altre

modalità di produzione creativa, viene disposta

all’intersezione tra caos e opinione (o senso

comune). Il posizionamento risulta evidentemente

asimmetrico, soprattutto nella valenza.

Dall’opinione ci si distingue solo con un movimento

negativo (critica); mentre il caos, se da una parte si

presenta come un pericoloso “buco nero” dal quale è

difficile emergere, dall’altra costituisce una

illimitata riserva, potenza assoluta, dalla quale il

filosofo attinge per rinnovare costantemente il

proprio gesto creativo.

164 Ibidem, pag. 212.

185

Page 181: Deleuze e La Filosofia Costruttivista

CONCLUSIONE

Le opere di Deleuze costituiscono una sorta di

apprendistato in filosofia. I suoi studi attraversano

l’intera storia della filosofia, individuando alcuni

momenti singolari, il cui approfondimento ha dato

vita alle sue pubblicazioni monografiche su Hume,

Kant, Spinoza, Nietzsche, Bergson, Leibniz. Anche

se il suo lavoro sulla storia della filosofia

sembrerebbe orientato su una posizione critica

attestata su un’asse già tracciato da Spinoza e

Nietszsche (ovvero il rifiuto del trascendentale e di

tutto quanto è negazione, conseguenza del ritorno

dell’identico e della rappresentazione di un potere

repressivo nei confronti della vita), è mirabile il

186

Page 182: Deleuze e La Filosofia Costruttivista

modo in cui presenta, svolge la trama concettuale di

tanti altri filosofi. Si pensi a Platone, Cartesio, Hegel

in Differenza e ripetine, Marx e Freud ne L’anti-

Edipo, etc. Gli esempi potrebbero moltiplicarsi,

eppure, nonostante le sue argomentazioni assumano

spesso un tono contrastante, Deleuze non ha mai

disconosciuto l’importanza e la portata creativa di

ognuno di tutti questi autori presi in esame. La forza

della sua trattazione sta, appunto, nel fatto che non

rimane un esercizio di “naturalismo critico”, ma

consiste nel tracciare un suo “piano di immanenza”,

affermando una nuova immagine del pensiero: “se la

storia della filosofia presenta tanti piani ben distinti,

ciò non è dovuto soltanto alle illusioni o alla varietà,

né esclusivamente al fatto che ogni piano restituisce

di volta in volta la trascendenza in maniera peculiare

187

Page 183: Deleuze e La Filosofia Costruttivista

anche, e soprattutto, al modo in cui esso produce

l’immanenza: in ogni piano opera una selezione di

ciò che spetta di diritto al pensiero, ma questa

selezione varia dall’uno all’altro”165.

Il progetto deleuziano, comunque, non si sofferma

esclusivamente su problemi inerenti strettamente alla

storia della filosofia, come si è visto, esso invade

molti altri campi, dalla letteratura al cinema, dalla

psicanalisi alle scienze sociali. Il rapporto con le

tematiche non-filosofiche, con il “fuori”, come egli

stesso li definiva, assumono una importanza

altrettanto rilevante per la costruzione delle sue

“macchine” concettuali, perché questo “fuori” è ciò

che mette il pensiero in movimento, aiuto il pensiero

a ripensarsi, a pensare altrimenti; o, anche, perché:

165 G. Deleuze, Che cos’è la filosofia, op. cit., pag. 40.

188

Page 184: Deleuze e La Filosofia Costruttivista

“il non-filosofico si trova nel cuore della filosofia

forse più della filosofia stessa, il che significa che la

filosofia non può limitarsi ad essere compresa

soltanto in maniera filosofica o concettuale ma si

rivolge, nella sua essenza, anche ai non filosofi”166.

Per verifica della vitalità del lascito della sua grande

avventura del pensiero, si può rivolgere l’attenzione

a un ulteriore ambito, quello dei movimenti.

Scorrendo volantini, fanzine e siti web, o osservando

le pratiche più svariate, alle più diverse latitudini,

non è difficile trovare, quà e là, suggestioni

deleuziane: molteplicità, divenire, macchine

desideranti o da guerra… Certo, in molti casi gli

animatori di queste esperienze non hanno letto una

riga dell’autore, forse non ne conoscono neppure il

166 Ibidem, pag. 31.

189

Page 185: Deleuze e La Filosofia Costruttivista

nome. Ma il punto non è questo, la dimensione di un

pensiero si misura non tanto su un piano

astrattamente teoretico quanto a partire dagli eventi a

cui chiama, dalla capacità dei suoi concetti di

contagiare, di aprire spazi, di produrre

configurazioni inedite167.

Tuttavia, nonostante le sue frequenti incursioni nei

più svariati territori non-filosofici, Deleuze stesso ha

fermamente rivendicato alla propria opera un

carattere strettamente filosofico: “mi sento un

filosofo in senso classico”168.

Infine rammentando una frase pronunciata prima di

congedarsi dai suoi studenti dell’Università di Sant-

Denis: “Le ultime lezioni, lo sapevate, sono già state

167 M. Guareschi, Gilles Deleuze Popfilosofo, Milano, Shake Edizioni Underground, 2001, pag. 168 G. Deleuze, Lettre-preface in J.C. Martin, Variations. La philosophie de Gilles Deleuze, Paris, Payot 1993, pag. 7.

190

Page 186: Deleuze e La Filosofia Costruttivista

fatte da sempre”, non si può che rimarcare la

genialità del suo gesto filosofico, che nella

ripetizione ha saputo vedere la differenza.

Quest’ultimo insegnamento recitato da Deleuze

indica che ciò che chiamiamo ripetizione non è altro

che un modo (forse l’unico) di “essere all’ora del

mondo” 169. E questo perché la ripetizione, lungi dal

duplicare, è il tempo dell’intempestivo, un tempo,

cioè, che fa emergere una “carta” sconosciuta.

169 G. Deleuze e F. Guattari, Che cos’è la filosofia?, trad it. a cura di A. de Lorenzis, Torino, Einaudi, 1996 (ed. originale: 1991), appendice di C. Arcuri, «Le ultime lezioni sono già state fatte, da sempre», pag. 243.

191

Page 187: Deleuze e La Filosofia Costruttivista

BIBLIOGRAFIA PRIMARIA

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originale: 1962).

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M. Cavazza, Bologna, Cappelli, 1979 (Ed.

originale: 1963) .

- Marcel Proust e i segni, trad. ital. a cura di C.

Lusignoli, Torino, Einaudi, 1967 (Ed.

originale: 1964).

192

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Milano, Raffaello Cortina, 1996 (Ed. originale:

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di: F. Berardi, R. Braidotti, M. Coglitori, T.

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S. Lucido, F. Montanari, F. Polidori, G. Polizzi,

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Vaccaio, T. Villani), Ed. Mimesis, Milano 1996.

- Guareschi M., Gilles Deleuze popfilosofo,

Shake Edizioni Underground, Milano 2001.

Pubblicazioni su internet

- Fusaro D., G. Deleuze, sul sito “La filosofia e

i suoi eroi” (www.filosofia.3000.it).

- Gallo S., Deleuze e la pedagogia del concetto,

sul sito “Il giardino dei pensieri”

(www.ilgiardinodeipensieri.com).

- Studer A., Con Deleuze tra Bergson a

Nietzsche, sul sito “Il giardino dei pensieri”

(www.ilgiardinodeipensieri.com).

197

Page 193: Deleuze e La Filosofia Costruttivista

INDICE

INTRODUZIONE ……………………7

CAPITOLO PRIMO: LA FORMAZIONE 1.1 Gli studi giovanili ……………….10

1.2 La prima formazione filosofica ….12

1.3 L’esperienza socio-politica ……....16

1.4 Le opere della maturità …………..18

CAPITOLO SECONDO: DELEUZE E LA STORIA DELLA FILOSOFIA 2.1 Un nuovo empirismo ……………22 2.2 Critica ed etica …………………..34

198

Page 194: Deleuze e La Filosofia Costruttivista

2.3 Bergson e Leibniz: il concetto di

virtuale …………………………...50

CAPITOLO TERZO: LA FILOSOFIA DELLA DIFFERENZA 3.1 Differenza in sé …………………65 3.2 Differenza contro dialettica …….73

3.3 Ripetizione e tempo ……………..76

3.4 L’immagine del pensiero …………84

CAPITOLO QUARTO: FILOSOFIA E SCIENZE SOCIALI

4.1 Filosofia e psicanalisi …………….91

4.2 Capitalismo e schizofrenia ………102

4.3 Filosofia e politica ……………….110

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CAPITOLO QUINTO: FILOSOFIA E ARTE 5.1 Sulla letteratura …………………120

5.2 Sul cinema ………………………133

5.3 Sulla pittura …………………......149 CAPITOLO SESTO: LA PRATICA FILOSOFICA COSTRUTTIVISTA 6.1 La filosofia e i suoi rivali ………..161

6.2 La creazione concettuale ………...169

6.3 Le tre discipline dell’atto creativo: filosofia, arte e scienza …………..177 CONCLUSIONE ……………………186 BIBLIOGRAFIA ……………………192

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