“DIFFERENTI RIPETIZIONI”. Una conversazione su Deleuze con Fabio Treppiedi

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    hcceit@s web

    Rivista online di filosofia, cultura e societ

    DIFFERENTI RIPETIZIONI. Una

    conversazione su Deleuze con

    Fabio Treppiedi.di sentierierrantidi Silverio Zanobetti

    (http://haecceitasblog.files.wordpress.com/2013/07/gilles-deleuze.jpg)

    Pubblicato in Passparnous X, luglio 2012 (sezione di filosofia Alphaville).

    S.Z.Le interviste, lo sappiamo, portano a poco, non sono in grado di costruire problemi. Megliofare una conversazione scritta pi che unintervista, tanto per dissipare subito lequivoco: ci che

    verr fuori da questa conversazione non sar una ricostruzione posticcia della spontaneitimbarazzata dei faccia a faccia, di una brillante e immediata intervista a bruciapelo. Ognunodi noi un deserto e alla fine nessuno dei due firmer queste pagine e, parafrasando Deleuze,verr fuori qualcosa come Zanobetti (X) intervista Treppiedi (Y) firmato ci che scorre tradi noi, ciche ci trascina entrambi in unevoluzione a-parallela.

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    F.T.Magari, chiss, lemergere di un problema inatteso, nel corso di questa evoluzione,potressere la dimostrazione che non si trattato di unintervista o di una conversazione, ma diqualcosaltro. Di cosa esattamente? Ai lettori lonore di porre la domanda.

    S.Z.La tua ricerca sui filosofi contemporanei sembra muoversi in due direzioni contrarie ecomplementari: da una parte li leggi cercando di capire il ruolo che hanno rivestito nella storiadella filosofia risalendo verso i classici Hume, Kant, Hegel, Spinoza, Bergson, Nietzsche; dallaltra,

    e penso alle tue ricerche su Deleuze, cerchi di evidenziare la classicit degli stessi filosoficontemporanei, che, al di l di ogni equivoco irrazionalista frutto di letture veloci (o assenti)ideologicamente orientate, si caratterizzano per lo spessore classico e sistematico della loro idea difilosofia.

    (http://haecceitasblog.files.wordpress.com/2013/07/9788842017899.jpg)F.T. Ho dedicato aiclassici della filosofia i miei primi anni di studio: dal Teeteto di Platone alla Scienza della logicadiHegel, passando per laMetafisica di Aristotele e la Critica della ragion pura di Kant. Il miopercorso non stato segnato n dalla quantit di letture che ho intrapreso n dallessermi tenutoaggiornato sugli orizzonti pi attuali della filosofia. Lesperienza di Platone, Aristotele, Kant edHegel questo ho principalmente appreso durante i miei studi consiste nel testimoniarci chepensare non qualcosa di facile e scontato. Il peso di un filosofo dipende pertanto dal suo grado diconsapevolezza della difficolt di pensare e, sopratutto, dalla capacit di porre questa difficolt aoggetto principale della filosofia stessa. Si diventa filosofi nella misura in cui la difficolt spintaalle estreme conseguenze, l dove ci si scontra violentemente con limpossibilitdi iniziare davveroa pensare, che poi lo zoccolo duro e inaggirabbile del pensare metafisico. Perch fare filosofia

    allora? Non si tratta di un fallimento apriori? Queste le domanda che mi sono posto prima diimbattermi nei filosofi del Novecento. Domande che, in fin dei conti, ho continuato a pormi,anche se in una prospettiva diversa, leggendo Nietzsche, Bergson, Husserl, Heidegger e,ovviamente, Deleuze.

    S.Z.Quando hai letto per la prima volta Differenza e ripetizione? stato il tuo primo incontro conDeleuze?

    F.T.Circa sette anni fa, mentre preparavo la mia tesi di laurea triennale su Fernando Pessoa, eroalla ricerca di interlocutori filosofici allaltezza di Pessoa (come ha scritto Alain Badiou aproposito del poeta portoghese). Ho scoperto cos, per un misto di caso e curiosit, che Deleuzeaveva dedicato qualche riga a Pessoa in Pourparlers, a proposito degli intercessori, ed in Checos la filosofia?, a proposito dei personaggi concettuali. Poco tempo dopo, lessi per la primavolta Differenza e ripetizionee per essere sincero non ci ho capito davvero nulla: tutto

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    estremamente poco familiare, niente che potesse farmi ricollegare Deleuze ai classici che avevostudiato negli anni precedenti, nemmeno quando Platone, Kant o Hegel venivano chiamati incausa da Deleuze. Eppure, proprio mentre mi rompevo la testa su quelle pagine, stava accadendoqualcosa. Mi ritrovavo infatti immerso in quella difficolt alla quale accennavo, dunque, in unacondizione di cui fino a quel momento avevo vaga cognizione (poich mi era stata testimoniatadai filosofi che avevo letto), ma di cui non avevo mai fatto propriamente esperienza. Lincontrocon Deleuze mi ha costretto afare mia la difficolt, ad assumerla sempre pi consapevolmente

    fino a scoprire, con radicale sorpresa, che era davvero possibile fare filosofia. Mi ero scontrato conun filosofo, e cio con qualcuno che, sperimentando a fondo limpossibilit di iniziare a pensare,ha saputo esprimere il senso dellesperienza che ho evocato, nonch gli elementi pi classici eproblematici della filosofia (la sua vocazione sistematica e il suo ruolo critico) in un solostraordinario concetto, limmagine del pensiero. Sta tutto qui, a mio avviso, il senso per cuiDeleuze si definisce un filosofo molto classico e, ancora pi inequivocabilmente, un purometafisico.

    S.Z. Gli ultimi studi in Italia o in Francia mostrano forse una consapevolezza diversa e un nuovo

    approccio ai testi di Deleuze? Come hai affrontato lesperienza dei corsi alla Sorbonne? Cheesperienza stata quella dello studio dei dattiloscritti inediti dei corsi di Deleuze?

    F.T.Dividerei la ricezione italiana di Deleuze in tre fasi. Nella prima, il panorama si diviso tra leopinioni degli accademici e le letture affrettate degli appassionati. I primi hanno consideratoDeleuze uno dei vari colleghi francesi (aggettivo piuttosto polemico) abili ad attirarsi simpatiecon neologismi ricercati e curiosi sodalizi intellettuali, mentre i secondi, in preda ad eccessi diammirazione, hanno spesso scimmiottato Deleuze senza leggerlo adeguatamente. Non sonomancate ovviamente ottime eccezioni: Rovatti, Negri, Agamben e, non ultimo, Franco Riccio, chealluniversit di Palermo ha dedicato a Deleuze un seminario vivace e costante negli anni. A Riccio

    e al suo allievo Salvo Vaccaro si deve il primo grande convegno italiano su Deleuze, Il secolodeleuziano, tenutosi nel 1996 a Palermo, che segna un primo oltrepassamento del muro didiffidenza accademica verso Deleuze. Nella seconda fase, studiosi come Fadini, Polidori,Gambazzi e Iofrida hanno proposto letture di Deleuze pi rigorose delle precendenti. Questa fase stata scandita dalla pubblicazione di buone monografie (Agostini, Guareschi e i lavori suDeleuze e il cinema a cura di De Gaetano, Tuppini e Godani), dalla traduzione di diverse opere diDeleuze e di altre monografie francesi e inglesi (Nancy, Zourabichvili, De Beistegui, Badiou,iek). Un anno significativo stato il 2007, con il convegno Deleuze e il canone. La storia dellafilosofia come divenire del pensiero, tenutosi alluniversit di Bologna, e con la raccolta Lisola

    deserta e altri scritti (1953-1974) pubblicata da Einaudi. Da qui si passati ad una terza fase tuttora in corso che presenta tre elementi fondamentali: 1) Deleuze considerato appieno unclassico contemporaneo (con tutti i pro e contro che la definizione comporta) 2) si insisteparticolarmente sul dialogo di Deleuze con la storia della filosofia (sopratutto Spinoza, Kant eBergson) 3) vi una nuova generazione di studiosi (Bianco, Cantone, Ciccarelli, Gioli, Godani,Gualandi, Rossi, Palazzo, Pardi, Vignola e altri) che si muovono con precisione e cognizione sianei vari ambiti di riflessione di Deleuze sia in quelli altrettanto complessi del contesto in cuiDeleuze ha operato. Oggi disponiamo in Italia di tutti gli scritti di Deleuze dal 1945 al 1995nonch di alcuni suoi corsi universitari (pubblicati da Einaudi, Cronopio, Quodlibet, Mimesis,Ombre Corte). Molti dei nuovi studiosi hanno svolto ricerche a Parigi, in stretto contatto conallievi e intepreti di Deleuze, e hanno scritto saggi apprezzati anche allestero. Il contatto direttocol contesto ha fatto la differenza anche nel mio caso: durante il dottorato ho studiato allaSorbona con David Lapoujade brillante erede e continuatore della filosofia di Deleuze e hopartecipato al seminario dellcole Normale Suprieure suMille pianicoordinato da Anne

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    Sauvagnargues, autrice nel 2010 di un importante libro sullempirismo trascendentale diDeleuze. L ho capito ancora di pi quanto una formazione saldamente ancorata alla storia dellafilosofia come la mia (e come quella di ogni studente italiano sin dal liceo) pu rappresentare unamarcia in pi nello sviluppo di certe questioni filosofiche, sopratutto in rapporto a Deleuze. Glistrumenti che ho approntato prima e dopo la mia esperienza parigina mi hanno permesso dicostruire lintelaiatura teorica e metodologica su cui ho progressivamente intessuto le mie analisidei corsi inediti degli anni Cinquanta e Sessanta (dedicati a Hume, Kant e Bergson). Da qui la mia

    tesi sulla genesi e lo sviluppo del pensiero di Deleuze a partire da un nesso cruciale, quello traimmagine del pensiero ed empirismo trascendentale, che emerge per la prima volta nel terzocapitolo di Differenza e ripetizione (1968).Lipotesi principale che sviluppo che Deleuze sia a suomodo un pensatore dialettico.

    S.Z.Dialettico! Chi cresciuto, come me, con il differenzialismo di Nietzsche e la filosofiasulcomodino avr serie difficolt a non cadere dalla sedia, ricordando la valutazione totalmenteantidialettica dei problemi posti da Nietzsche. Ma la questione non cos semplice perchriguarda lempirismo trascendentale e il rapporto corpo a corpo tra Deleuze e Kant. Su questo

    rinvierei al tuo lavoro: Il problema dellimmagine del pensiero in Deleuze, disponibile sul sitowww.filosofia.it (http://www.filosofia.it/). Allinterno dellaffresco che hai appena fatto, c chi si sobbarcato lingrato compito di salvaguardare il rigore teorico di Differenza e ripetizione,affaccendandosi a dimostrare quanto sia diverso il Deleuze in coppia con Guattari e quanto operecome LAntiEdipoe inMillepianisiano costellate di quello che loro chiamano neologismipoliticamente sospetti. Io penso, al contrario che gli studi deleuziani su Hume (tanto per fare unesempio) siano uno dei laboratori dai quali chiaramente emerge la concezione macchinicadesiderante dei testi di Deleuze e Guattari.

    F.T. Ho inizialmente sostenuto anche io la posizione che hai ricordato. Mi collocavo infatti tra i

    puristi del discorso deleuziano mentre, dallaltro lato, pensavo ci fossero degli ibridatori fintroppo calati nella dimensione politica. Direi che i primi non fanno che denunciare nei secondilassenza di una base teoretica e storico filosofica mentre questi, non a torto, promuovono unalettura estremamente emancipatrice del pensiero di Deleuze. Proprio in questi mesi statapubblicata la traduzione italiana del testo di iek su Deleuze (Organi senza corpi. Deleuze e le sueimplicazioni), che rappresenta la pi serrata e provocatoria difesa del primo Deleuze contro ilDeleuze guattarizzato come lo definisce iek che dopo Differenza e ripetizionee Logica delsensoavrebbe sostanzialemente smesso di pensare. In realt, anche questa posizione ormaisuperata e, in questo senso, possibile dimostrare la profonda continuit tra quelle che sono state

    considerate due fasi distinte e inconciliabili del percorso deleuziano. Lapoujade eSauvagnargues hanno attentamente messo in luce il motore teorico che accompagna Deleuzedalla prima allultima delle sue esperienze dinteprete dei classici della filosofia da un lato e disperimentatore di concetti nellestetica e nella politica dallaltro. Al fondo delle lorointepretazioni vi lidea, ampiamente condivisibile, secondo cui lincontro con Guattari harappresentato per Deleuze loccasione fondamentale per rendere operativi i concetti da luiapprofonditi sin dagli anni Cinquanta, quindi sin dai suoi studi su Hume. Grazie a Guattari, inaltre parole, Deleuze ha avuto modo di scoprire quanto i protagonisti storici della filosofia, comequelli da lui studiati fino a Differenza e ripetizione, potessero rivelarsi sorprendentemente attualirispetto a problemi inattesi e dirompenti come quelli messi in campo dal 68 francese e daesperienze non strettamente inerenti al campo della filosofia, come quelle di Guattari o degli artistie dei cineasti di cui Deleuze si occupato negli anni Ottanta. Una prima prova di tutto questo data, ad esempio, dalla differenza tra il modo in fin dei conti accademico in cui Deleuzeaffronta Spinoza prima dellincontro con Guattari e il modo in cui Deleuze affronta Spinoza dopo

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    questincontro: il merito di Guattari di avere offerto a Deleuze la possibilita di conoscere esperimentare le potenzialit inespresse di uno Spinoza, filosoficamente nuovo e politicamenteattualissimo, a lui ignoto fino a quel momento. Daltra parte, va ricordato che il concetto stesso dimacchina, grazie al quale Deleuze superer i limiti dello strutturalismo (al quale stato a suomodo legato fino a Logica del senso), un concetto elaborato da Guattari gi prima dellincontrocon Deleuze.

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    S.ZGi, bisognerebbe approfondire i modi in cui il concetto di macchina nasce e si sviluppa inDeleuze-Guattari; lo dico perch linformazione continua, con la firma di psicoanalisti alla moda,a diffondere lidea di un desiderio che Deleuze porrebbe in una prospettiva di naturalizzazionevitalistica dellumano e che viene definito desiderio onnipotente. Ecco un altro modo perfraintendere il Deleuze guattarizzato di cui, evidentemente, hanno tanto timore, laddove sipotrebbe in modo pi fertile collegare il concetto di macchina con la prospettiva ecosofica

    allinterno della consapevolezza di una transcomunicazione informativa tra uomo e macchina.Tra laltro, nellopera dedicata a Kafka non si tratta pi ingenuamente di liberarsi dal padre,come la filosofia-marketing continua a dire, ma di trovare, pi modestamente, una via duscita. Ildiscorso sarebbe troppo lungo da affrontare ma una cosa sicura: per cogliere il senso profondo dialcune opere bisogna leggere con attenzione pi testi senza trasformare alcune frasi ad effetto deLAnti-Ediponel nucleo teorico del testo, laddove esse avevano una funzione locale e tatticastoricamente determinata.

    Che tipo di prova stata per te il confronto tra il pensiero tradizionale tedesco (Husserl, Kant,

    lermeneutica) e quello non tradizionale di area francese? Hai cercato di tornare a far vivere ilsecondo allinterno del primo?

    F.T. La ricerca di un ponte tra la linea tedesca e quella francese si lega allatmosfera dei miei primianni di studio a Palermo. Vi era nellaria lidea secondo cui filosofi come Husserl e Heideggerfossero pi seri e determinanti nellapproccio a certe tematiche (la storia della metafisica, ilproblema del fondamento, la questione del trascendentale) mentre il contributo dei francesi,certamente originale, estroso e stimolante, restava circoscritto e limitato. Il forte slancio critico diDeleuze creativo e talvolta controcorrente rispetto a certe ortodossie filosofiche risultavaperfino equivoco se non addirittura pericoloso agli occhi di alcuni miei professori. Anche per

    questo ho insistito nel tentativo di mostrare quanta classicit pulsasse nel cuore del discorsodeleuziano. Diventava per me necessario rimappare meticolosamente la storia della metafisica apartire dei testi di Deleuze. Ho cos incentrato la mia lettura di Deleuze su problemi quali ilfondamento ed il trascendentale, privilegiando da un lato il confronto serrato e mai

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    definitivamente chiuso di Deleuze con Kant e, dallaltro, le risonanze, i contrasti e i debiti diDeleuze rispetto a Husserl e Heidegger (piuttosto espliciti in Differenza e ripetizione e Logica delsenso). Rilevare e far rivivere, ad esempio, la problematica kantiana (sopratutto nei termini in cuila elabora Heidegger in Kant e il problema della metafisica) allinterno della filosofia di Deleuzerappresenta in tal senso un elemento strutturale e sicuramente imprescindibile della mia ricerca. Ilponte tra le due tradizioni si andato costruendo nel corso delle mie ricerche proprio attraversouna serie di echi, variazioni e contrappunti in cui il confronto tra lortodossia della filosofia di area

    tedesca e le fertili eresie dei filosofi francesi mi ha portato a configurare adeguatamente queigrandi problemi storici della filosofia ai quali, a mio avviso, possibile accedere solo attraverso undomandare radicale, al contempo creativo e rigoroso, di cui Heidegger, Deleuze, Derrida eFoucault ci hanno dato un ultimo esempio.

    S.Z. Visto che hai nominato lempirismo trascendentale, mi sembrato di capire che nelle tuericerche questo concetto ha un ruolo chiave in tutta lopera di Deleuze. possibile secondo tetrovare un filo rosso che leghi questo concetto al tipo di interesse che Deleuze aveva verso laletteratura, il cinema, larte? Penso, ad esempio, alla crudelt dellapprendimento in Differenza e

    ripetizione e al ruolo delle crudelt attuate per contratto da Masoch che contrastano il supplizioinfinito del giudizio. Si possono pensare altri esempi? Mi riferisco ai tuoi seminari per i laboratorimultidisciplinari riguardanti Logos e racconto e Iconografia e icono-logia che in questo sensohanno sicuramente avuto un ruolo di approfondimento.

    (http://haecceitasblog.files.wordpress.com/2013/07/diff.gif)F.T. Lempirismo trascendentale, lacui gestazione ha impegnato Deleuze nel ventennio che precede Differenza e ripetizione, lospettro teorico di tutta la filosofia di Deleuze. Empirismo trascendentale significa, in breve, che sipu giungere di diritto alla conoscenza delle cose solo a partire dalfattoche si dannoparticolarissime esperienze le quali, nel loro generarsi allinterno di una realt mai pienamentedefinita a priori (neanche per quanto riguarda il soggetto che si presume protagonista e registadellesperienza stessa),si sottraggono in modo talmente ostinato alla presa delle forme da noiimmagazzinate con lesperienza pregressa, da costringerci a ritagliare per ognuna di queste

    particolarissime esperienze un concetto ad hoc, capace di esprimerne il carattere necessario eirriducibile. In altre parole, ci si pu autenticamente pronunciare sulle condizioni necessarie di unevento laddove lo si sperimenta sulla propria pelle (secondo lacuta espressione di PaoloVignola). Pur conservando il carattere necessario che Kant attribuisce allapriori, pertanto,

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    lempirismo trascendentale di Deleuze implica piuttosto paradossalmente che lapriori emerganel punto estremo in cui esso cessa di rispondere ad una semplice istanza di condizionamento edincasellamento dellesperienza in categorie gi date, rispondendo viceversa ad unistanza digenesi dei concetti nel loro darsi effettivo (Bruce Baugh parla di natura condizionata dellecondizioni, mentre Levi Bryant parla daltra parte di un a posteriori apriori). Si comprendeallora che tra lempirismo trascendentale, in quanto prospettiva teorica formulata per la primavolta in Differenza e ripetizione, e la molteplicit delle esperienze estetiche e politiche attraversate

    da Deleuze dopo Differenza e ripetizione non pu certamente vigere quel mero rapporto dianteriorit che una scansione diacronica delle sue opere potrebbe facilmente suggerirci. DallAnti-edipoai libri dedicati al cinema e alla pittura, passando perMillepiani, si tratta per Deleuze direndere operativo lempirismo trascendentale, di metterlo radicalmente alla prova rimodulandolo di volta in volta - dallinterno di esperienze che per loro stessa natura sisottraggono ai condizionamenti che un dispositivo trascendentale di stampo tradizionalmentekantiano imporrebbe loro. Da qui, ad esempio, la trasformazione preliminare della domanda checos un corpo senzorgani? nella domanda come farsi un corpo senzorgani?, attuata da Deleuzee Guattari nellAnti-Edipo sulla scorta di un grande sperimentatore come Antonin Artaud.

    Lempirismo trascendentale non pu allora avere senso se lo si pensa a prescindere da tutte quellepeculiari esperienze, dalla prassi politica nel progetto a quattro mani con Guattari alle analisi dellapittura di Bacon, in grado di generarlo e realizzarlo a partire da una delegittimazione allaquale corrisponder filosoficamente uno sforzo di emancipazione del pensiero stesso di tuttiquei modelli che intrappolano e standardizzano lesperienza pretendendo di anticiparla epredeterminarla. Direi allora che non solo possibile ma, coerentemente con lempirismotrascendentale, per noi oggi necessariopensare altri esempi ed addentrarci in esperienzedifferenti da quelle indagate da Deleuze. Per fare questo opportuno lavorare innanzitutto sullestrategie con cui leggiamo i filosofi, proprio come riuscito a fare Deleuze leggendo Kant controKant , o lo stesso iek, che legge Deleuze contro Deleuze definendolo il pi hegeliano tra glianti-hegeliani. Ancora una volta la lezione deleuziana torna prepotentemente attuale laddovenon si tratta certo di fare un balzo fuori dalla storia della filosofia sbarazzandosi di Aristotele,Cartesio, Kant o Hegel, ma si tratta piuttosto di fondere i grandi concetti del passato, affermanoDeleuze e Guattari in Che cos la filosofia?, come si fondono i vecchi cannoni per forgiare nuovearmi. Le attivit multidisciplinari in cui mi sono impegnato hanno sempre risposto a questaistanza. Mi sono in tali occasioni confrontato, ad esempio, col fumetto di Andrea Pazienza, con lesperimentazioni vocali di Demetrio Stratos e, nellambito del progetto Psychodream, con lecomposizioni di Federico Incardona e il Rock del Teatro degli orrori.

    S.Z. Ai nomi che hai fatto ne aggiungerei uno, un nome centrale nella tua collaborazione alprogetto Psychodream Theater : Carmelo Bene. Ritornano in questo autore (in forma di praticamacchinica) i temi dellinconscio del pensiero che non coincide con il suo essere condizione dellarappresentazione, di una sperimentazione di non ordinaria delle facolt che coincide con unatletismo intensivo del corpo. I dinamismi intensivi e i divenire non umani delluomo cheaffascinavano cos tanto Deleuze trovano in Bene un loro operatore sublime. Che senso ha oggicogliere laffermazione etica della proposta di Carmelo Bene e quali nuove valutazioni possiamofare del filosofo Deleuze se lo guardiamo attraverso la lente amplificatrice della macchinaattoriale?

    F.T. stata unesperienza straordinaria per me notare fino a che punto Carmelo Bene incarnassela domanda radicale che, come accennavo inizialmente, contraddistingue filosofi comeAristotele, Hegel, Heidegger o Deleuze. Cos come Carmelo Bene muove dal chiedersi Chi chefa lattore? in un panorama teatrale in cui tutto si misura inevitabilmente a partire dal fatto che

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    chi fa teatro o si occupa di qualcosa (il testo, la regia) o recita una parte sulla scena, infatti, i filosofiche si pongono in una posizione radicale muovono dal chiedersi chi che pensa?, cosapensa il pensiero?, pu il pensiero pensare se stesso? in un panorama filosofico diiperspecialisti, tuttologi, polemisti e teorici dei massimi sistemi che riflettono, per fare qualcheesempio a caso, sui neuroni specchio, sui passaggi oscuri della Settima Letteradi Platone, sul ruolodella filosofia nella discussione pubblica e sulle ricadute filosofiche del principio diindeterminazione di Heisenberg. Daltra parte sempre Carmelo Bene che, nel definire il gesto

    di Lorenzaccio quel gesto che nel suo compiersi si disapprova e disapprova lagire, indicaesattamente quello che poi il gesto per eccellenza della filosofia: sospendere latteggiamentocon cui ci muoviamo nelle cose di ogni giorno, proprio nellestrema consapevolezza di una certaimpossibilit di sospenderlo appieno sul piano del vivere e dellagire. (penso allepoch in Husserle alla controeffettuazione in Deleuze). Cosicch, di fronte a simili intuizioni, il pi delle volteprovenienti dal fuori della filosofia, ripiombiamo in problemi analoghi a quelli da cui siamopartiti in questa conversazione: a cosa serve continuare a fare filosofia? Laddove ci si sbilanciaintegralmente dalla parte di un attore come Carmelo Bene o di un filosofo come Gilles Deleuze,assistiamo perlopi al consolidarsi dello stereotipo del maestro. Stereotipo che trova terreno fertile

    in un pubblico particolarmente incline a gridare al genio! al genio!gi alla prima frase adeffetto del maestro di turno (sia esso Gilles Deleuze, Jacques Lacan, Carmelo Bene o AntoninArtaud). Non va certo meglio laddove filosofi e intellettuali, intrisi di un realismo serioso (peggioancora se anche italiota, per dirla con lo stesso Bene), pretendono il monopolio della critica egridano al bluff ancor prima diporsidomande pi impegnative di quelle alle quali il sensocomune ci ha abituato. Sottrarsi a questi due atteggiamenti significa entrare nel vivo delrapporto tra la filosofia e tutte quelle esperienze dellarte e della vita che di primo acchitosembrano non avere nulla a che fare con la filosofia. Bisogna, a mio avviso, che riusciamo apercorrere la linea senza spessore che mette in relazione il pensiero e la vita nello stesso momentoin cui li separa. necessario cio che il venire meno dello spessore di questa linea non risulti gidato ma coincida piuttosto col darsidi una sottrazione di cui noi, sforzandoci di pensare fino infondo, dovremmo essere gli operatori pi agili. Il nostro obiettivo in tal senso configurare,proprio in quanto operatori, il rapporto tra la filosofia e il suo fuori nei termini di un autenticoproblema filosofico, l dove il discrimine tra verit e falsit, di cui certamente non possiamo fare ameno nella vita di ogni giorno, individuabile su un piano che s immediatoma di cui, tuttavia,non possiamo disporre da subito o senza imbatterci in una serie di complicazioni che, in fin deiconti, sono la materia stessa della filosofia. Un piano che criticoin tutti i sensi (esso mette in crisichiunque intenda occuparsene) e che, collocandosi al di quadi ogni pacifica distinzione tra ilpensiero e la vita, coinvolge ad esempio lattore Carmelo Bene e il filosofo Gilles Deleuze in un

    attraversamento cruciale della feritoia che li mette in comunicazione, quasi a testimoniare quantoluno abbia bisogno dellaltro per sperimentare appieno il proprio compito.

    S.Z. Assolutamente, un piano critico. A tal proposito mi viene in mente la frase di John Cageinserita da Lyotard in Capitalismo energumeno, un saggio contenuto nel recenteMacchinedesideranti. Captalismo e schizofrenia: La critica non il tempo di pensare. Pensate in anticipo sultempo. Un esercizio di critica che non pu illudersi di rappresentare una scena, credendosi merospettatore, bens deve farsi carico del fuori scena e permanere sulla soglia tra la scena e il fuoriscena.

    Direi di fermarci qui. Credo sia venuta in primo piano, durante questa conversazione, lurgenzafilosofica di occuparsi del pensiero come impossibilit di pensare. In effetti, qui non ci siamooccupati del futuribile quanto, per citare Carmelo Bene, dellimpossibilit del possibile, espressioneapplicabile, guarda caso, anche al testo classico (ma cos diverso dai soliti classici) e pi difficile di

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    Deleuze su cui anche tu hai dovuto lavorare per venirne a capo, Differenza e ripetizione. Unabuona guida per autodisciplinarsi di fronte a quella macchinetta di frasi ad effetto con cuiqualcuno identifica Carmelo Bene.

    Informazioni su Fabio Treppiedi: http://www.psychodreamtheater.org/fabio-treppiedi.html(http://www.psychodreamtheater.org/fabio-treppiedi.html)

    Scritti e interventi di Fabio Treppiedi su http://independent.academia.edu/FabioTreppiedi(http://independent.academia.edu/FabioTreppiedi)

    conferenza video sullimmagine del pensiero (in francese) http://www.youtube.com/watch?v=Q8blDiQV5q4 (http://www.youtube.com/watch?v=Q8blDiQV5q4)

    conferenza video su Carmelo Bene http://www.youtube.com/watch?v=xNkZ6fpLk8w(http://www.youtube.com/watch?v=xNkZ6fpLk8w)

    Questo articolo stato pubblicato in ABC...Deleuze, Philosophia ed etichettato Artaud., Carmelo

    Bene, critica della ragion pura, Deleuze, Filosofia, Nietzsche, treppiedi.

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