profilo minimo 2 - uniroma1.it · leopardiano, ispirate come sono alla difesa del dogmatismo...

26
Giacomo Leopardi. Profilo minimo I primi studi. Le prime opere Fin dai primissimi anni della sua vita, Giacomo porto' il peso della difficile condizione di enfant prodige. Il luogo dove materialmente trascorse l'infanzia e l'adolescenza fu Ia biblioteca di casa (Palazzo Leopardi in Recanati), ricchissima di volumi raccolti con grande passione dal padre Conte Monaldo, bibliofilo, erudito e scrittore molto attivo nella divulgazione della cultura reazionaria. Precocemente, Giacomo supero' i limiti della educazione impartitagli in casa da precettori, secondo il costume del tempo. Ottimo conoscitore del Iatino, a poco piu' di dieci anni inizio' da solo lo studio dell'ebraico e del greco, lingua nella quale raggiunse una perfetta competenza. Con progressiva e impressionante intensita', il tempo tra l'infanzia e Ia prima adolescenza venne occupato dalle letture: classici, opere della letteratura cristiana antica, maestri della scuola gesuitica, poeti arcadici, alcuni autori preromantici, libri di scienza e di astronomia. Giacomo e' un bambino di circa dieci anni quando ha inizio l'epoca cruciale della sua vita, che egli stesso avrebbe definito i "sette anni di studio matto e disperatissimo". Sono gli anni in cui mise le fondamenta Ia sua immensa cultura letteraria, scientifica, erudita e in cui si minò irreversibilmente Ia complessione di quel suo fisico di adolescente, sottoposto a una pratica di vita tanto innaturale quanto dannosa. Compose gia' nell'infanzia molte poesie ispirate ai modelli della tradizione classica e italiana, ma soprattutto al gusto settecentesco (raccolte poi sotto il titolo di Puerili), dando precoce prova di versatilita' (nei metri, nelle forme, nei temi, nei generi) e di capacita' mimetiche. Si cimento' molto presto in opere di compilazione filosofica, le Dissertazioni filosofiche (1811-1812). Tali dissertazioni sono esercitazioni scolastiche (composte probabilmente per i saggi annuali da recitare in pubblico) e riguardano argomenti di metafisica, logica, morale, scienze della natura; esse tuttavia costituiscono tracce significative per ricostruire Ia preistoria della formazione del pensiero leopardiano, ispirate come sono alla difesa del dogmatismo cattolico contro le idee dell'illuminismo ateo. E' infatti proprio per il tramite della confutazione che le idee del materialismo illuministico e del razionalismo modemo fecero breccia nella fervida mente del poco piu che fanciullo Giacomo (come ha messo in luce Sebastiano Timpanaro nell'ancora fondamentale Classicismo e Illuminismo nell'Ottocento italiano), attecchendovi in forme che presto avrebbero prodotto esiti originali e del tutto lontani dalle posizioni originarie.

Transcript of profilo minimo 2 - uniroma1.it · leopardiano, ispirate come sono alla difesa del dogmatismo...

Page 1: profilo minimo 2 - uniroma1.it · leopardiano, ispirate come sono alla difesa del dogmatismo cattolico contro le idee dell'illuminismo ateo. E' infatti proprio per il tramite della

Giacomo Leopardi. Profilo minimo

I primi studi. Le prime opere

Fin dai primissimi anni della sua vita, Giacomo porto' il peso della difficile condizione di

enfant prodige.

Il luogo dove materialmente trascorse l'infanzia e l'adolescenza fu Ia biblioteca di casa

(Palazzo Leopardi in Recanati), ricchissima di volumi raccolti con grande passione dal

padre Conte Monaldo, bibliofilo, erudito e scrittore molto attivo nella divulgazione della

cultura reazionaria. Precocemente, Giacomo supero' i limiti della educazione impartitagli

in casa da precettori, secondo il costume del tempo. Ottimo conoscitore del Iatino, a

poco piu' di dieci anni inizio' da solo lo studio dell'ebraico e del greco, lingua nella quale

raggiunse una perfetta competenza. Con progressiva e impressionante intensita', il

tempo tra l'infanzia e Ia prima adolescenza venne occupato dalle letture: classici,

opere della letteratura cristiana antica, maestri della scuola gesuitica, poeti arcadici,

alcuni autori preromantici, libri di scienza e di astronomia. Giacomo e' un bambino di

circa dieci anni quando ha inizio l'epoca cruciale della sua vita, che egli stesso avrebbe

definito i "sette anni di studio matto e disperatissimo".

Sono gli anni in cui mise le fondamenta Ia sua immensa cultura letteraria, scientifica,

erudita e in cui si minò irreversibilmente Ia complessione di quel suo fisico di

adolescente, sottoposto a una pratica di vita tanto innaturale quanto dannosa.

Compose gia' nell'infanzia molte poesie ispirate ai modelli della tradizione classica

e italiana, ma soprattutto al gusto settecentesco (raccolte poi sotto il titolo di

Puerili), dando precoce prova di versatilita' (nei metri, nelle forme, nei temi, nei

generi) e di capacita' mimetiche. Si cimento' molto presto in opere di compilazione

filosofica, le Dissertazioni filosofiche (1811-1812). Tali dissertazioni sono esercitazioni

scolastiche (composte probabilmente per i saggi annuali da recitare in pubblico) e

riguardano argomenti di metafisica, logica, morale, scienze della natura; esse tuttavia

costituiscono tracce significative per ricostruire Ia preistoria della formazione del pensiero

leopardiano, ispirate come sono alla difesa del dogmatismo cattolico contro le idee

dell'illuminismo ateo. E' infatti proprio per il tramite della confutazione che le idee del

materialismo illuministico e del razionalismo modemo fecero breccia nella fervida

mente del poco piu che fanciullo Giacomo (come ha messo in luce Sebastiano

Timpanaro nell'ancora fondamentale Classicismo e Illuminismo nell'Ottocento italiano),

attecchendovi in forme che presto avrebbero prodotto esiti originali e del tutto lontani

dalle posizioni originarie.

Page 2: profilo minimo 2 - uniroma1.it · leopardiano, ispirate come sono alla difesa del dogmatismo cattolico contro le idee dell'illuminismo ateo. E' infatti proprio per il tramite della

Storia dell'astronomia e Saggio sopra gli errori popolari degli antichi

Tra le produzioni della prima adolescenza, piu che i tentativi letterari e teatrali (tra il

1811 e il 1812, Giacomo scrisse due tragedie La virtu' indiana e Pompeo in Egitto, di

ispirazione gesuitica) merita particolare menzione un'opera di vasto impianto e di

impostazione erudita, la Storia dell 'Astronomia, compilata a circa quindici anni;

essa abbraccia, secondo uno schema enciclopedico caro alla cultura del tempo, lo

sviluppo storico della disciplina astronomica fin dalle origini. Dell'opera non va

sottolineata l'originalita', in quanto il giovanissimo scrittore costruisce la sua storia

assemblando una immensa mole di materiali, per lo piu di seconda mano, desunti dalla

lettura di opere filosofiche, scientifiche e letterarie presenti nella biblioteca di casa.

Con questo lavoro, Leopardi manifesta anzitutto una precocissima volontà di

cimentarsi in opere originali e monumentali, al f i n e di ottenere nel panorama

culturale nazionale quel riconoscimento che, nei primi anni e fino alla giovinezza,

costituì una delle sue piu potenti motivazioni: alla base agiva una passione forsennata

per la gloria letteraria, quale sfida contro la caducita' e q u a l e affermazione del non

perituro valore del lavoro intellettuale (passione che puo considerarsi uno dei temi

esistenziali comuni alle generazioni romantiche). Ma la Storia dell 'Astronomia

dimostra soprattutto un interesse precoce per le tematiche cosmologiche e per il

pensiero scientifico, interesse che in Leopardi non si sarebbe mai affievolito,

contribuendo alla complessita' del suo mondo intellettuale, alla vastita delle aperture

interdisciplinari, alla definizione dello straordinario suo metodo di studio, di pensiero e

di scrittura.

Solo due anni piu tardi, nel 1815, il giovane letterato mise mano a un'altra opera

nutrita di immensa erudizione, il Saggio sopra gli errori popolari degli antichi, nella quale,

in linea con il razionalismo scientifico moderno, confutava le superstizioni e le

credenze popolari. Rispetto alla Storia dell 'Astronomia, dove la narrazione delle

scoperte era sorretta dalla concezione di un progresso lineare, il Saggio presenta una

visione piu' complessa dello sviluppo del pensiero umano, destinato a ricadere

continuamente nell'errore. Ancora entro le regole della dottrina cattolica severarnente

impartitagli dall'educazione familiare, Giacomo tuttavia mostrava nel Saggio di essersi

impadronito del metodo trasmesso dalla cultura illuministica, basato sulla critica quale

fondamento della verita', sul disvelamento degli errori quale tappa prioritaria di ogni

operazione di conoscenza. Con questa opera, l'autore diciassettenne poneva al centro

del proprio pensiero due concerti antitetici ("errore/verita") destinati a divenire

categorie centrali della sua riflessione matura. Giacomo aveva tra i quindici e i

diciassette anni quando lavorava a queste opere erudite: ancora appariva indefinito il

corso che avrebbero preso i suoi studi letterari, né era emersa la potente vocazione

poetica. In casa, padre e parenti (soprattutto l'influente zio Carlo Antici) auspicavano

per lui un destino di alta prelatura, preferibilmente un cardinalato, che egli

avrebbe potuto conquistare grazie alla magistrale qualita' dei suoi studi

Page 3: profilo minimo 2 - uniroma1.it · leopardiano, ispirate come sono alla difesa del dogmatismo cattolico contro le idee dell'illuminismo ateo. E' infatti proprio per il tramite della

Opere filologiche e traduzioni

Gia' a sedici anni, infatti, il giovane aveva dato inizio a lavori filologici, che per un lungo

periodo lo avrebbero occupato interamente. La filologia costituisce una passione e insieme

un impegno da cui Leopardi non si sarebbe mai separato; l'applicazione a tale

disciplina e' di fondamentale importanza per comprendere il tipo di formazione di

questo originalissimo poeta, educato sui testi degli antichi che egli prese ad amare anche

attraverso il minuzioso lavoro ecdotico. Ancora una volta è d'obbligo riferirsi ai preziosi

studi di Sebastiano Timpanaro, che ha ampiamente messo in luce l'importanza del lavoro

filologico in un saggio ormai classico, La filologia di Giacomo Leopardi. Nel

panorama italiano di primo Ottocento i contributi filologici dello studioso recanatese si

distinguono decisamente per metodo e per risultati, apprezzati già dai contemporanei

specialmente stranieri e in particolare tedeschi: si ricorderà che Friedrich Nietzsche

sarebbe giunto a ritenere il poeta di Recanati un modello indiscusso di filologo

modemo: «Leopardi e' I'ideale moderno di filologo; i filologi tedeschi non sanno fare

nulla». I primi lavori Ieopardiani in questo ambito, eseguiti a partire dal 1813, riguardano

autori del tardo ellenismo presenti nella biblioteca paterna (si citano almeno Porphyrii

de vita Plotini; Commentarii de vita et scriptis rhetorum quorundam; In Julum Africanum

lucubrationes). Attraverso tali lavori il nome del giovane conte di Recanati comincio' a

uscire dal chiuso cerchio recanatese e a essere, pur limitatamente, conosciuto in taluni

ambienti classicisti, che gli offrirono i pressoche' unici interlocutori, spesso modesti,

del suo solitario percorso intellettuale. Tra costoro spicca il nome di Pietro Giordani,

letterato piacentino di oltre vent'anni piu vecchio del poeta, figura autorevole del

classicismo italiano, amico del grande scultore Canova e di altri insigni contemporanei,

strenuo difensore della tradizione linguistica e letteraria nazionale, rappresentante del

pensiero laico, anticlericale, libertario, fautore convinto delle conquiste civili frutto delle

idee illuministe. Giacomo entro' in contatto epistolare con Giordani nel 1817, a

diciannove anni (non era mai uscito ancora da Recanati e non lo avrebbe fatto che nel

1822, a ventiquattro anni); ormai sulla soglia della giovinezza, si presentava a questo

incontro, destinato a rivelarsi cruciale per Ia sua vita, quale un adolescente precocemente

invecchiato su studi forsennati, fragilissimo nel fisico, sensibilissimo, incline alla

malinconia: quasi un'icona del poeta romantico, malato nel corpo e nell 'anima, oppresso

da una realta' inconciliabile con le aspirazioni dello spirito. Nel frattempo, negli ultimi

due anni, la sua produzione letteraria si era straordinariamente arricchita: alle opere

erudite e filologiche si erano aggiunte le traduzioni greche e latine, vero e proprio

esercizio propedeutico alla poesia originale. Tra il 1815 e il 1817 aveva tradotto da

Omero, da Virgilio, da Orazio, da Mosco, da Esiodo, dimostrando tra l'altro una

inclinazione per Ia poesia idillica (traduzione degli ldilli di Mosco) e al tempo stesso per la

poesia comico-burlesca (traduzione della Batracomiomachia pseudomerica) secondo due

delle linee piu' significative lungo le quali si sarebbe svolto il suo futuro lavoro letterario.

I discorsi preposti alle traduzioni dimostrano Ia profondità teorica delle posizioni del

giovane traduttore e I' intensità del suo rapporto con Ia poesia: «senza essere poeta non

si puo tradurre un vero poeta», dichiarava a sottolineare l'inscindibile rapporto tra

creatività e traduzione. Del resto, la cultura tra tardo Settecento e primo Ottocento fu

Page 4: profilo minimo 2 - uniroma1.it · leopardiano, ispirate come sono alla difesa del dogmatismo cattolico contro le idee dell'illuminismo ateo. E' infatti proprio per il tramite della

attraversata da un forte interesse per le questioni teoriche relative alla traduzione e il

giovane studioso di provincia si caratterizzò, fin dai primi saggi, per un atteggiamento

intellettuale anticonformista e "inattuale", ma sempre attentissimo ai dibattiti

contemporanei, radicato nella tradizione letteraria e filosofica antica quanto aperto aile

questioni vive del proprio tempo. Fu proprio attraverso I'invio di una delle sue piu

importanti traduzioni, relativa al secondo libro dell'Eneide, che entro' in contatto epistolare

con Pietro Giordani.

L'amicizia con Pietro Giordani. Le lettere.

Il rapporto epistolare fra Giacomo e il letterato piacentino in breve si fa molto intenso

e profondo. Le lettere a colui che rapidamente diventa l'amico («Giordani apostrofe

all'amico e all'amicizia») si traducono in specchio per riflettersi, in occasione per

accelerare i processi autoanalitici che investono l'intero sviluppo della giovane

personalità. Giacomo vi dichiara per la prima volta le ragioni della sua infelicità: la

pessima salute, l'insopportabile isolamento di Recanati, le odiose costrizioni familiari;

parla dei propri elementi caratteriali malinconici, c h e l o r e n d o n o incline a una

riflessivita' eccessiva (un pensiero che "crucia" e "martirizza") e al tempo stesso da'

voce a una forte volitivita' che, si potenzia nel rapporto con l'amico («La

mediocrita' mi fa paura»; «Non m' inchinerò mai a persona al mondo»; «Ma io voglio

...farmi grande ed eterno ...con lo studio»).

Le lettere a Pietro Giordani, oltre a costituire documenti di straordinaria

importanza per la comprensione della personalita' del Leopardi ventenne, sono

anche testi esemplari di scrittura epistolare. L'epistolario leopardiano, comprendente

oltre novecento lettere che si susseguono fino al 1837, anno della morte del poeta, e'

senz'altro uno dei piu belli della nostra letteratura; esso puo' farsi iniziare, nella sua

forma matura, da qui. Oltre che prezioso confidente di stati d'animo e di situazioni

esistenziali, Giordani e' interlocutore altrettanto prezioso di questioni letterarie; egli

incoraggia il cammino del giovane amico verso gli studi, lo rafforza riconoscendo

un valore assoluto al suo ingegno. Giordani per primo intende e profetizza Ia grandezza

di Giacomo. Inoltre, il dialogo intenso e serrato con l'amico favorisce il distacco

dall'immagine di letterato cristiano cui il giovane si era ispirato seguendo il modello

paterno; le idee progressiste del piacentino, nutrite di laicità e di liberalismo, aiutano

a chiarire la necessita', venutasi maturando negli anni, di tale distacco e ne

accelerano i tempi.

Dall'erudizione al bello

E' lo stesso Leopardi a offrire, in alcune annotazioni epistolari e soprattutto diaristiche, molte

tracce utili a ripercorrere le tappe essenziali del suo complesso itinerario intellettuale e

Page 5: profilo minimo 2 - uniroma1.it · leopardiano, ispirate come sono alla difesa del dogmatismo cattolico contro le idee dell'illuminismo ateo. E' infatti proprio per il tramite della

creativo. La dimensione autobiografica ha accompagnato costantemente Ia scrittura

leopardiana: dai tentativi, per lo piu giovanili, di vere e proprie opere autobiografiche (rimaste

allo stadio di progetto; l'unico testo portato a termine e' l'interessante Diario del primo

amore, composto nel 1817, quale resoconto della prima esperienza di innamoramento); alla

dimensione lirica e poetica; alla stesura dell'originalissimo diario mentale (il futuro

Zibaldone), iniziato intorno al 1817. Proprio in una pagina dello Zibaldone, scritta nel

1821, egli avrebbe indicato con grande lucidita' il proprio percorso creativo, dagli originari

studi eruditi e filologici verso la poesia: «Le circostanze mi avevan dato allo studio delle

lingue, e della filologia antica. Cio' formava tutto il mio gusto: io disprezzava quindi Ia poesia.

Certo non mancava d'immaginazione, ma non credetti d'esser poeta, se non dopo letti

parecchi poeti greci. ll mio passaggio però dall'erudizione al bello non fu subitaneo ma

gradato, cioe' cominciando a notar negli antichi e negli studi miei qualche cosa più di prima

ec » (Zib.1742).

Il passaggio al "bello", cioe alla poesia, puo' essere situato fra il 1816 e il 1817, anni in

cui il giovane lavora alle traduzioni e insieme alla composizione di alcune opere poetiche,

tra le quali va segnalata la cantica in terzine Appressamento alla morte, d o v e

emergono tematiche che verranno poi riprese dal poeta maturo. Ad essa si può

attribuire la funzione emblematica di sigillo della fase adolescenziale di Giacomo

Leopardi: vi abbondano i riferimenti letterari piu significativi nella formazione del suo

gusto (soprattutto riferimenti della tradizione poetica italiana, da Dante a Monti a

Foscolo); vi affiorano, per l'ultima volta, motivi ideologici legati al moralismo cattolico;

vi si afferma l'esigenza di una poesia patetico-sentimentale, capace di esprimere affetti;

infine la cantica nasce intorno al tema della morte immatura del soggetto lirico, sorta di

elaborazione poetica del lutto per la perdita dell'infanzia.

Discorso di un italiano sopra la poesia romantica.

L'approdo alla poesia e' destinato a coinvolgere l'intera esperienza, biografica e

intellettuale, del giovane di Recanati, a imporsi come scelta etica oltre che artistica,

vissuta con una una totalità e un rigore mai traditi. Esso avviene contemporaneamente al

progressivo e sofferto distacco psicologico e ideologico di Giacomo dalla famiglia (in

particolare dal padre) e insieme alla presa d'atto della propria infelicità personale

(soprattutto fisica), del proprio bisogno inappagato di amicizie e d'amore. Il rapporto con

Pietro Giordani è l 'unico appassionato sfogo per l'acuta sensibilità del giovane che si sente

vivere come un prigioniero. Ma quando l'amico lo invita, per consolidare la sua

formazione, a dedicarsi prima alla prosa e solo in secondo tempo alla poesia, Giacomo

risponde con un'accesa perorazione dell'inclinazione naturale contro l'artificio della

costrizione: « Ia natura prima ti fa poeta e poi col raffreddarsi dell’ età ti concede Ia

maturita' e posatezza necessaria alla prosa».

Alla difesa della poesia Giacomo dedica un testo teorico di straordinario interesse

(Discorso di un italiano sopra la poesia romantica), scritto a venti anni, nel 1818, come

risposta a un intervento di Ludovico di Breme, letterato milanese appartenente alle file

dei romantici. II Discorso non fu pubblicato e non poté entrare dunque nel vivo del

Page 6: profilo minimo 2 - uniroma1.it · leopardiano, ispirate come sono alla difesa del dogmatismo cattolico contro le idee dell'illuminismo ateo. E' infatti proprio per il tramite della

dibattito contemporaneo, per il quale era stato concepito dal suo autore; soltanto i

posteri (vide la luce nel 1906) ne avrebbero potuto apprezzare l'originalità e l'acutezza,

che lo pongono sullo stesso piano degli interventi di estetica più importanti dell'Europa

romantica. Le pagine del Discorso vanno ben al di là della circoscritta polemica letteraria

che divampò nel secondo decennio del diciannovesimo secolo fra i cultori del classicismo

e i seguaci delle nuove idee romantiche; esse investono globalmente le questioni vitali

della riflessione leopardiana di questi anni, contemporaneamente sviluppata nei pensieri

dello Zibaldone e tradotta nel linguaggio poetico delle prime liriche. Un'ardente passione

etica e civile anima l'efficacissima prosa di tono alto e vibrante; l'autore, mentre

difende la funzione morale della Ietteratura quale depositaria della cultura e quindi

della identità della nazione, esalta nella poesia l'estrema espressione di naturalezza: in

un'epoca in cui la ragione ha irreversibilmente occupato gli spazi del sentimento, della

fantasia, delle illusioni, la poesia rappresenta l'ultima voce della Natura.

Natura e Poesia

Come la teoria estetica leopardiana si fonda, dunque, sul rapporto di assoluta necessità che

lega la poesia alla natura, cosi il dichiarato antiromanticismo del Discorso si articola intomo al

grande tema della radicale antinomia Natura/Ragione, che nasce dalla consapevolezza tragica

del disincantamento del mondo, consumatosi irreversibilmente con l'avvento del pensiero

scientifico modemo.

Le teorie romantiche vengono attaccate in tutto quello che di mistificatorio e di artificioso,

agli occhi dell'autore, esse contengono: intellettualistiche, e quindi antipoetiche,

contrastano con l'inclinazione naturale al primitivo, innata negli uomini e necessaria alla

poesia; la quale non puo' essere grande se non è direttamente ispirata alla spontaneità e

alla integrità della natura. La poetica elaborata nel Discorso e' fondata su un'idea di

primitivismo naturale (idea alimentata dalla fantasia di un Eden incorrotto), cui il poeta

modemo può attingere solo apprendendone le forme dagli antichi, immensamente più vicini

dei moderni alla divina semplicità della natura. Da qui l'originalissimo classicismo

leopardiano, che, nella nostalgia per l'antico e per il primitivo, esprime la disperata

consapevolezza della perdita delle grandi passioni, dei grandi sentimenti, delle grandi

immaginazioni e fantasie scacciate dall'incivilimento e dal razionalismo moderni, di cui i

romantici appaiono i pericolosi fautori. All'antinomia Natura/Ragione corrisponde, nel

sistema concettuale leopardiano, l'antinomia Antico/Modemo (e a questa l'antinomia

Poesia/Filosofia): l'Antico corrisponde all'epoca perduta dell'infanzia dell'umanità, l'epoca

della fantasia e della poesia (e tra le pagine piu poetiche del Discorso vanno segnalate quelle

in cui l'autore, a riprova di quanto nella sua scrittura le argomentazioni teoriche siano

sempre legate a temi esistenziali profondi, indica nella infanzia di ogni uomo l'emblema

dell'epoca dell'infanzia della umanità); il Modemo, al contrario, con i suoi miti (tra cui uno

dei piu ingannevoli e' rappresentato dalla nuova scienza psicologica, l'analitica «scienza del

cuore umano», che presume di razionalizzare ogni moto del cuore), uccide la fantasia e

Page 7: profilo minimo 2 - uniroma1.it · leopardiano, ispirate come sono alla difesa del dogmatismo cattolico contro le idee dell'illuminismo ateo. E' infatti proprio per il tramite della

allontana la poesia dal «commercio dei sensi» donde viene generata, eliminando il diletto

che è il fine ad essa destinato. L'aspra polemica antiromantica del Discorso, attraversata dai

grandi temi della perdita, della nostalgia e della rimembranza, affonda le radici in una

sensibilità decisamente romantica, che si esprime con grande originalità in un costante e

profondo rapporto con il classico.

Natura.Ragione. Poesia. Filosofia

«Gran verità, ma bisogna ponderarle bene. La ragione è nemica d'ogni grandezza: la

ragione è nemica della natura: Ia natura è grande, la ragione è piccola», appuntava

Giacomo in una lunga nota dello Zibaldone piu' o meno coeva alla stesura del Discorso. E

intorno a questa dicotomia le riflessioni del suo diario si snodano numerose; Ia serrata

analisi cui il poeta sottopone il mondo avanza, secondo un procedimento binario, per

antitesi (illusioni/vero; innocenza/colpa; fanciullezza/vecchiezza; grandezza/piccolezza;

ecc.); ne risulta un bilancio amarissimo sulla condizione attuale dell 'uomo; perfino chi è

"grande" non puo' piu' avere contatto con Ia natura: il razionalismo, affermatosi

i r r e v e r s i b i l m e n t e con il pensiero scientifico, condanna l'uomo moderno alla

perdita irreparabile della spontaneità e della innocenza, ingredienti necessari alla poesia.

Anche quando, negli anni successivi, la concezione leopardiana della natura muterà

radicalmente e Leopardi giungerà a erodere lo spazio dei valori positivi attribuiti ad essa

nella prima fase del suo pensiero (la natura madre benigna prenderà la fisionomia di forza

meccanica, indifferente ai bisogni dell'uomo e alla sua aspirazione naturale alla felicità) e

alla poesia verrà riconosciuto il compito fondamentale di svelare Ia verità della condizione

umana (dunque "vero " e "poesia'' non saranno piu antitetici, ma complementari),

Leopardi non smentirà le posizioni del Discorso. La poesia avrebbe sempre occupato nella

sua scala di valori il luogo privilegiato della incorruttibilità e della forza (nata dalla

consapevolezza della radicale fragilità esistenziale); la poesia sarebbe stata luce (di

conoscenza) e calore; la poesia avrebbe generato "vitalita”. II complesso rapporto

Poesia/Filosofia, collegato alla grande antinomia Natura/Ragione, avrebbe accompagnato la

riflessione filosofica leopardiana, secondo un percorso non lineare: l'inconciliabilità fra

poesia e filosofia, ribadita nei pensieri del marzo e del giugno 1821, viene superata nel

pensiero del 24 luglio 1821 («Malgrado quanto ho detto dell’insociabilità dell'odierna

filosofia colla poesia, gli spiriti veramente straordinari e sommi, i quali si ridono dei precetti

e delle osservazioni, e quasi dell'impossibile, e non consultano che loro stessi, potranno

vincere qualunque ostacolo, ed essere sommi filosofi moderni poetando perfettamente.

Ma questa cosa, come vicina all'impossibile, non sara' che rarissima e singolare». Zib.

1383); e, dopo essere stata riaffermata in molti pensieri del 1823, torna a essere negata

con forza nel settembre di questo stesso anno, a testimonianza di una prospettiva mutata,

preludio alle Operette morali («il vero poeta e' sommamente disposto ad esser gran

filosofo, e il vero filosofo ad essere gran poeta», Zib.3382).

Page 8: profilo minimo 2 - uniroma1.it · leopardiano, ispirate come sono alla difesa del dogmatismo cattolico contro le idee dell'illuminismo ateo. E' infatti proprio per il tramite della

Poesia e modernita'. Altre riflessioni sulla poesia.

La teoria poetica leopardiana, originandosi da una visione disincantata della civiltà

moderna, dei suoi miti e delle sue contraddizioni, si fonda sulla coscienza tragica della

incompatibilità fra poesia e contemporaneità. Se all'epoca del Discorso di un italiano

sopra la poesia romantica, Leopardi aveva definito sentimentale, e dunque impoetica, la

poesia modema, piu tardi avrebbe riconosciuto come caratteristica dei poeti dei

tempi presenti la malinconia: mentre nell'antichità Ia poesia nasceva dalla gioia ed era

«tutta vestita a festa», nella epoca attuale essa nasce da una piu acuta cognizione del

dolore.

La poesia, mentre esige «infinito studio e fatica» e richiede pratica ininterrotta della

l e t t e r a t u r a antica e modema, non tollera di essere confusa con l'artificio; nasce

dall'ispirazione e non puo sopportare costrizioni ; è estranea alla imitazione («II poeta

non imita la natura: ben è vero che Ia natura parla dentro di lui e per Ia sua bocca. I'mi son

un che quando Natura parla ec.,vera definizione del poeta.. Così il poeta non è imitatore

se non di se stesso». Zib.4372-3). Dei tre generi poetici, il sommo e quello lirico: «La

lirica si puo chiamare Ia cima il colmo Ia sommita' della poesia, Ia quale è Ia sommità del

discorso umano" (Zib. 245).

I Canti. Storia del libro.

II capolavoro poetico di Giacomo Leopardi e' rappresentato dalla raccolta dei Canti, la

quale comprende 41 liriche composte durante l 'intero arco della vita, a partire dalla

fase che si e' indicata come conversione "al bello" (e cioe' il 1816) fino alla morte,

avvenuta a Napoli nel 1837. Ripercorrere la storia del grande libro poetico

leopardiano equivale dunque a ripercorrere le tappe piu significative della storia

umana e poetica del suo autore e le fasi della inesausta riflessione filosofica ed estetica.

Al tempo stesso, la storia del libro poetico costituisce la storia del rapporto leopardiano

con il canone della tradizione lirica e descrive le decisive innovazioni apportate dal

recanantese entro il corpo linguistico, stilistico e metrico della poesia italiana. Soltanto

nel 1831 le liriche fino a quel momento composte presero la forma organica della

raccolta, quando per la prima volta uscirono sotto il titolo di Canti, preceduti da una

lettera di dedica Agli amici suoi di Toscana.

Le pubblicazioni precedenti erano state parziali. Le prime liriche a essere stampate

furono le due canzoni patriottiche (inizio del 1819); ma i testi poetici piu antichi,

compresi poi da Leopardi nei Canti, risalgono al 1816 (nell' ultima edizione curata dal

poeta, l'edizione napoletana del 1835, fu inserita, come XXXIX, tra i Frammenti, la

parte iniziale della cantica Appressamento alla morte) e al 1817. E' di quell'anno,

infatti, sia la lirica che nei Canti compare, ancora tra i Frammenti, come XXXVIII sia Il

primo amore (X), componimento in terza rima scritto contemporaneamente al Diario

del primo amore. Fin dal primo verso ("Tornami a mente il di che Ia battaglia"), Il primo

amore esibisce un fortissimo legame con la tradizione, in particolare con Petrarca e con

Page 9: profilo minimo 2 - uniroma1.it · leopardiano, ispirate come sono alla difesa del dogmatismo cattolico contro le idee dell'illuminismo ateo. E' infatti proprio per il tramite della

la lirica settecentesca. G li spunti descrittivi e i motivi che vi compaiono, nonche' il

tema d'amore, ne fanno una testimonianza significativa della giovanile vicenda

umana e poetica leopardiana.

I componimenti che aprono la raccolta sono dunque le due canzoni del 1818, ispirate a

temi civili e patriottici

Le Canzoni patriottiche

Uno dei temi piu frequentemente dibattuti nel colloquio epistolare con l 'amico Giordani

riguardava la dolorosa diagnosi dello stato presente dell'Italia e, insieme, i propositi

di rigenerazione civile attraverso un processo globale di rinnovamento letterario, a!

quale sempre piu intensamente Giacomo sentiva di voler dedicare il proprio lavoro.

Soltanto tre anni erano trascorsi dal Congresso di Vienna e le condizioni politiche italiane

(e in gran parte europee) si presentavano, sotto l'apparente ritorno all'ordine, i n

r e a l t a ' molto travagliate dal conflitto fra tensioni libertarie e resistenze conservatrici. Le

due canzoni del 1818 nascono da un sentimento patriottico autentico e dolente, nel

quale l'angoscia per Ia decadenza della patria si fonde con Ia profonda insoddisfazione

esistenziale del giovane poeta, entro una visione globalmente negativa che t u t t a v i a non

esclude l'ipotesi della rigenerazione. La scelta del genere lirico (canzone) colloca le due

poesie dentro Ia tradizione (da Petrarca soprattutto, a Guidi a Testi a Chiabrera fino a

Monti e Alfieri), rispetto alia quale tuttavia Leopardi apporta profonde innovazioni, nella

ricerca di un esempio nuovo di lirica alta ed eloquente. Nella prima, All 'Italia, costruita su

una tesa dialettica fra presente (decaduto, squallido, morto a tutti i valori e a tutte le

grandi passioni) e passato (eroico e virtuoso), a rappresentare il presente e' Ia

personificazione dell'ltalia, figura femminile dolente, insanguinata, incatenata, schiava; a

lei l'io lirico rivolge una serie di domande incalzanti che culminano in uno scatto di

disperato agonismo («L'armi, qua l'armi: io solo/Combatterò, procomberò sol io»).. Nella

quarta stanza si passa, mediante Ia rievocazione della battaglia delle Termopili, alla

rappresentazione dell'eroismo antico; nelle ultime tre stanze, le piu poeticamente

efficaci, viene rievocata Ia celebrazione di quell'evento da parte del poeta Simonide di

Ceo.

La seconda canzone, di pochi giorni successiva, si intitola Sopra il monumento di

Dante che si preparava in Firenze. Meno fortunata della prima nella tradizione critica,

Ia canzone rappresenta tuttavia un testo notevole, in particolare per il motivo legato

al tragico episodio della morte degli Italiani nella campagna di Russia, al seguito dei

Francesi. II motivo occasionale del monumento offre infatti lo spunto per una

appassionata allocuzione a Dante sul tema della degradazione contemporanea, resa

ancor piu tragica da episodi come quello della campagna di Russia. AI compianto

per Ia morte ingiusta e inutile (gli Italiani sono caduti per una terra straniera) si

sovrappongono il compianto per Ia morte prematura (che ha sottratto alia vita tante

giovani creature innocenti nel pieno della giovinezza) e Ia desolazione per Ia loro morte

senza riscatto («Ecco da te rimoti,/ quando piu' bella a noi l 'eta sorride,/ a tutto il mondo

ignoti,/ moriam per quella gente che t'uccide»). La rappresentazione forte ed efficace

richiama opere figurative coeve ispirate a temi simili (si puo' pensare a Delacroix,

Gericault, Goya).

Page 10: profilo minimo 2 - uniroma1.it · leopardiano, ispirate come sono alla difesa del dogmatismo cattolico contro le idee dell'illuminismo ateo. E' infatti proprio per il tramite della

La poesia sulla morte di creature giovani

Il tema del dolore provocato dalla morte di giovani accomuna altri testi leopardiani

di questi mesi. In particolare, esso ispira due canzoni dell'inizio del 1819, che, pur non

essendo state comprese nella raccolta dei Canti, hanno un rilievo notevole nella storia

della poesia di Giacomo Leopardi. Si tratta di testi dedicati a donne e sollecitati

entrambi da fatti reali. Il primo (Nella morte di una donna fatta trucidare col suo portato

dal corruttore per mano ed arte di un chirurgo), ispirato a un caso di cronaca, Ia morte

di una donna per un tragico caso di aborto, è testimonianza di una straordinaria Iibertà

di pensiero (dati i tempi e le idee dominanti); Ia donna è rappresentata come vittima

incolpevole di uno snaturato sopruso, cui il suo genere ("gener frale") e' per natura

esposto. Su di lei si è consumata una doppia violenza (quella del seduttore e quella

del chirurgo) e il suo corpo martoriato si fa simbolo di una condizione esistenziale di

fragilità di cui la creatura di genere femminile diventa l'emblema. Le dodici stanze

dell'altra canzone, intitolata Per una donna inferma di malattia lunga e mortale,

presentano alcuni grandi motivi della futura poesia leopardiana: Ia non persuasione di

fronte alla morte dei giovani; Ia pietà per le creature, vittime di un fato tirannico e

invincibile; Ia prima accusa contro Ia natura, responsabile del tragico destino umano

(«natura/N'ha fatti alla sciaura/ Tutti quanti siam nati»); Ia repulsione per la vecchiaia. Le

due canzoni appena descritte danno voce al grande tema romantico della perdita di

uno stato primitivo di "innocenza" (che rimanda alla figura della natura intatta,

vergine, innocente). II corpo violato dell'Italia e il corpo violato della giovane sedotta,

i corpi straziati degli Italiani morti in Russia e il corpo della donna inferma corrotto

dalla malattia sono figure poetiche della infelicita umana il cui orizzonte si allarga

progressivarnente, comprendendo manifestazioni pubbliche e personali, civili ed

esistenziali.

La crisi del 1819 e gli Idilli

Nei primi mesi del 1819 Ia sofferenza causata dalla oppressione della famiglia e dalla

ristrettezza culturale di Recanati è ormai divenuta per Giacomo insopportabile. Le lettere a

Giordani costituiscono la lucida testimonianza di questa crisi. II giovane, con un gesto di

eroica ribellione, tenta di fuggire da casa, ma viene scoperto e Ia frustrazione che ne

consegue, insieme a una grave malattia agli occhi che gli fa temere Ia perdita della vista

e lo costringe ad abbandonare gli studi, si trasforrna in depressione.

Il 1819 e' l'anno che lo stesso Leopardi avrebbe definito in un pensiero del suo

Zibaldone l'anno della « mutazione totale» dal bello al vero. Dal punto di vista letterario, il

1819 si caratterizza come un anno fitto di progetti e di abbozzi di opere, quasi che lo scrittore cercasse la

Page 11: profilo minimo 2 - uniroma1.it · leopardiano, ispirate come sono alla difesa del dogmatismo cattolico contro le idee dell'illuminismo ateo. E' infatti proprio per il tramite della

propria strada e volesse tentare molti percorsi, in una dimensione sperimentale che del resto rimane una

cifra distintiva del suo immenso lavoro letterario.

E' anche l'anno in cui egli scrive uno dei suoi piu' grandi capolavori poetici,

L'infinito e, subito dopo, Alia luna e lo Spavento notturno. Sono le prime liriche a

essere definite ldilli dallo stesso autore. Tale definizione, suggerita dagli ldilli di

Mosco, tradotti dal poeta nel 1815, acquista nel lessico leopardiano una forte

implicazione soggettiva. Alcuni anni piu tardi in un appunto dello Zibaldone, Leopardi

avrebbe definito gli ldilli come «Esprimenti situazioni, affezioni, avventure storiche del

proprio animo». Si tratta dunque di liriche legate ai movimenti piu intimi e personali

del poeta, che si caratterizzano fortemente rispetto aile Canzoni, raggruppate in

apertura all'edizione dei Canti (I-IX), le quali rappresentano u n genere di poesia

eloquente, più legato alia tradizione.

L'infinito, poesia breve (quindici endecasillabi sciolti), metricamente e stilisticamente e

lessicalmente originalissima, si impone come forma lirica perfetta che costituisce una

svolta nella poesia leopardiana e, piu in generale, nella poesia moderna. Il motivo da

cui si origina la lirica e' il rapporto antitetico quanto necessario fra reale e

immaginario (da tempo al centro della rif lessione teorica leopardiana). Ne L 'infinito tale

rapporto si esprime attraverso il contrasto tra un limite spaziale (la siepe) e un

illimitato immaginativo (la percezione dell'infinito resa possibile mediante un progressivo

itinerario di astrazione mentale). Tale percezione, favorita da esperienze sensoriali

(«interminati spazi», «sovrumani silenzi», «profondissima quiete») e mobilitata da un

concreto elemento acustico (lo stormire del vento), attraversa il senso del tempo per

risalire la estrema soglia della coscienza e registrare l'esperienza del «dolce naufragar».

Narrazione di tale processo di ascesi mentale, L 'infinito e' poesia radicata in un campo

speculativo assai profondo, relativo in primo luogo alla «teoria del piacere», elaborata nei

pensieri dello Zibaldone.

Ad Angelo Mai. La sera del di' di festa

La continuità della prima produzione idillica viene interrotta dalla composizione di

una canzone, Ad Angelo Mai, scritta nel gennaio 1820. L'ispirazione etico-civile di questa

lirica, che, in un orizzonte più desolato rispetto alle due precedenti, affronta i temi della

decadenza contemporanea, si arricchisce dei motivi piu' vitali delle coeve, foltissime

riflessioni annotate nello Zibaldone e in molte lettere. Tali motivi si esprimono tramite una

serie di antinomie (antichi/moderni; entusiasmo/inaridimento; illusioni/arido vero;

immaginazione/realtà; vita/morte), evidenziate da un registro stilistico in cui l'eloquenza

si fonde con il "vago". Alla eredità lasciata dai grandi e tradita dai contemporanei, il

poeta fa appello in una straordinaria galleria di personaggi (Dante, Petrarca, Ariosto,

Cristoforo Colombo, Tasso, Alfieri); le stanze dedicate a Colombo mettono in crisi il

potere della conoscenza e della scoperta: il mondo, conosciuto e fissato «in breve

carta», perde tutto il fascino dell'ignoto, si impoverisce e si rimpicciolisce; Torquato

Tasso rappresenta il personaggio che ha sperimentato Ia situazione piu' vicina a quella

della modemita alienata.

Page 12: profilo minimo 2 - uniroma1.it · leopardiano, ispirate come sono alla difesa del dogmatismo cattolico contro le idee dell'illuminismo ateo. E' infatti proprio per il tramite della

La fecondita' di questa stagione poetica non si arresta; nello stesso anno, mentre

attende anche a numerosi progetti di opere, Leopardi riprende il registro idillico e

compone altre tre liriche, La sera del d ì di festa, La vita solitaria, ll sogno, in

endecasillabi sciolti, caratterizzati, rispetto agli idilli dell'anno precedente, da una

misura piu' lunga. La sera del di di festa, esempio di poesia sentimentale, raggiunge

esiti poetici altissimi, fin dal primo memorabile verso, uno dei piu' perfetti

endecasillabi della nostra tradizione lirica: «Dolce e chiara e' la notte e senza vento». La

pace del paesaggio notturno rischiarato dalla luna si armonizza con il sonno della donna

stanca per le gioiose fatiche della festa. A uno scenario tanto pacificato si oppone la

situazione dell'io lirico, escluso sia dai pensieri della donna che dalla serenità del

paesaggio; di tale esclusione e' dichiarata responsabile Ia «antica natura onnipossente».

Il conflitto tra creatura e Natura è ormai esplicito e assume nel testo una tonalita di

estrema violenza («per terra/ Mi getto, e grido, e fremo.») che vuole rappresentare le

caratteristiche del dolore degli antichi. Come ne L'infinito, anche nella Sera l'effetto di un

suono (vv.25-26) allontana dalla scena i riferimenti al presente piu immediato,

producendo il passaggio alla meditazione sulla fugacita' del tempo e sulla caducita' di

«ogni umano accidente», culminante nel tema dell' “ubi sunt” (vv.33-37). Su questo

motivo, comune a tanta poesia romantica, si innesta il ricordo di analoghe situazioni

vissute nell 'infanzia (vv.40-46): Ia poesia ha dato voce al complesso processo interiore,

attivato da elementi esterni, attraverso il quale emerge la memoria portando alla luce

«l'immagine antica ».

Le canzoni del '21-'22

Alla feconda fase idillica del 1819-1820, succede un'altrettanto feconda fase l i r i c a

che occupa il poeta tra il 1821 e il 1822; in tale periodo egli ritorna alla canzone,

componendo sei liriche nel genere più aulico della nostra tradizione poetica, nel quale

tuttavia apporta numerosi elementi originali. Negli stessi anni, lo Zibaldone si arricchisce

di moltissimi pensieri sui piu diversi argomenti (riflessioni filosofiche, storico-sociali,

linguistiche, estetiche, letterarie). A una tanto intensa elaborazione teorica vanno

collegate le canzoni del 1821-'22, caratterizzate da una ispirazione unitaria. Attingendo

dal mondo antico motivi e figure, esse mettono in versi Ia visione filosofica dell 'autore.

Stilisticamente, il modello di riferimento e' Orazio. Nel 1824 le canzoni vedranno Ia

luce in una edizione bolognese cui il poeta premetteva delle Annotazioni assai

utili per comprendere Ia forte carica innovativa che ha animato Ia composizione

delle liriche e lo sperimentalismo, stilistico e contenutistico, che le sostiene. Perlopiù le

canzoni svolgono da diverse prospettive il tema del contrasto fra vitalità ed eroismo

degli antichi e decadenza e passività dei modemi: dalla prima (Nelle nozze della sorel!a

Paolina), che, ispirata da una visione del tutto anticonformista del matrimonio, propone

alla sorella (futura madre) una pedagogia disperata («O miseri o codardi/ Figliuoli avrai»);

alla seconda (A un vincitore nel gioco del pallone) incentrata sul tema del contrasto fra

vita ed esistenza e sulla esaltazione della vitalita' e del rischio; alla quarta (Alla

Page 13: profilo minimo 2 - uniroma1.it · leopardiano, ispirate come sono alla difesa del dogmatismo cattolico contro le idee dell'illuminismo ateo. E' infatti proprio per il tramite della

primavera o delle favole antiche), che svolge il motivo, a Leopardi carissimo, del

rimpianto del tempo in cui Ia natura era viva per gli uomini e con essi comunicante

(motivo centrale dell'argomentazione antiromantica del Discorso di un italiano intorno

alIa poesia romantica); all 'ultima (Inno ai Patriarchi), Ia piu tormentata di varianti e

correzioni, nella quale, risalendo alle origini della vita umana, il poeta rappresenta il

brevissimo tempo dell'empatia fra Adamo e natura incontaminata, subito interrotto

dall'empietà del fratricidio commesso da Caino.

Le canzoni piu' significative dell'intero ciclo possono essere comunque considerate la

terza, Bruto minore, e la quinta, L’ultimo canto di Saffo (in ordine di composizione), che

rappresentano con forte efficacia poetica il manifestarsi di una irreversibile crisi nel sistema

filosofico leopardiano. Esse mettono infatti in scena da due diverse prospettive (la

prospettiva eroico-civile e Ia prospettiva esistenziale) la scissione tragica tra Natura e

creature, Ia gratuità dell'infelicità e del dolore, l'impotenza dell'individuo rispetto alle l eggi

perverse della storia e della vita. Protagonisti delle canzoni sono due personaggi

dell'antichita' ai quali il poeta affida due funzioni diverse e complementari: l'uno è Bruto, il

tirannicida, che, sconfitto iniquamente mentre difende la l i b e r t à di Roma, prende atto

della vanità dei grandi valori e delle missioni eroiche e bestemmia ia virtù e gli dei. Le parole

di Bruto per quanto terribili (esse es pr i m ono l'enorme tragedia della crisi dei valori

antichi) sono tuttavia destinate a rimanere vane: la tragedia della situazione rappresentata

è nella indifferenza totale nella quale si compiono le sciagure individuali e collettive e

nell'inutilità di ogni gesto di protesta. La r i b e l l i one di Bruto culmina nel suicidio così

come nel suicidio si r isolve la disperata protesta di Saffo, protagonista della canzone che

costituisce il capolavoro di questa fervida fase creativa. Della poetessa greca Leopardi

rielabora la versione tramandata da Ovidio: l a d o n n a , dotata di finissima sensibilita', è

tuttavia deforme nel corpo e per questo destinata a non essere corrisposta dall'amato

Faone. Il tema si prestava a evidenti trasposizioni autobiografiche; (lucida era nel poco

piu' che ventenne Giacomo la consapevolezza del limite opposto dal proprio fisico fragile

e deforme a l l ' ardente desiderio di vita e di amore); in un pensiero dello Zibaldone, di un

anno precedente l a composizione della canzone, il poeta aveva scritto: « L'uomo

d'immaginazione di sentimento e di entusiasmo, privo della bellezza del corpo, è verso Ia

natura appresso a poco quello ch'è verso l'amata un amante ardentissimo e sincerissimo,

non corrisposto nell'amore». Alle disperate interrogazioni della fanciulla esclusa dalla bellezza

della natura, non vi sono risposte, così come mai ve ne saranno a l l e domande rivolte da

altre figure leopardiane alla ricerca della verità ultima delle cose: a Saffo non rimane che il

suicidio. Ormai, attraverso questa grande poesia, si è infranta definitivamente, nel sistema

leopardiano, l’alleanza fra ente ed esistente, fra mondo e c r e a t u r e . La filosofia del

recanatese si avvia, nella fedeltà a i pr inc ip i del l ’ i l luminismo raz ional is t ico mai

dismessi, agli approdi del materialismo. La canzone di Saffo costituiscee un alto esempio

di stile poetico: nel vitalissimo rapporto con le forme tradizionali, Leopardi ha mostrato

di saper fondere l ’ antico con il moderno.

Page 14: profilo minimo 2 - uniroma1.it · leopardiano, ispirate come sono alla difesa del dogmatismo cattolico contro le idee dell'illuminismo ateo. E' infatti proprio per il tramite della

Da Alla sua donna ai Canti pisano-recanatesi

L'ultima lirica in forma di canzone, Alla sua donna, del settembre 1823, è successiva

alla esperienza del soggiomo romano che tanta incidenza aveva avuto nelle idee e

nella poesia di Giacomo. La donna cui il poeta si rivolge (l'unica che potrebbe amare) è

una creatura che non puo concepirsi se non nella immaginazione: Ia canzone,

raffinatissima nelle soluzioni stilistiche che sperimentano toni di suprema levita', è

espressione della irriducibile antinomia fra reale e ideale:

muovendo una critica radicale al platonismo, il poeta smaschera l'inesistenza della donna

ideale rivelandone, con sottile, metafisica ironia, l ' essenza di falsità.

Alla sua donna segna una lunga pausa nella scrittura poetica (se si eccettuano Ia

composizione della pure importantissima Epistola al conte Carlo Pepoli del

periodo bolognese e il Coro dei morti, incipit lirico del Dialogo di Federico Ruysch e

delle sue mummie). Soltanto quattro anni dopo, nel 1828, durante Ia serenita' dei

mesi pisani, Leopardi ritornerà ai versi «con que! suo cuore d'una volta» e dara'

inizio a un altro altissimo momento lirico. Quanto gli anni intercorsi fra le canzoni

e questa nuova grandissima s t a g i o n e p o e t i c a siano stati ricchi di esperienze

intellettuali e biografiche (il passaggio dalla sedenterieta' degli anni recanatesi alla

erranza dei successivi, tra Roma, Bologna, Milano, Firenze, Pisa, Recanati) si dice in

varie parti di questo profilo biografico.

A Pisa, dunque, Leopardi, ormai trentenne, ritorna a scrivere poesia (il primo

componimento ha significativamente come titolo Il risorgimento) e tra il 1828 e il 1831

compone alcuni dei suoi capolavori che riprendono le tonalita' idilliche ma con

elementi fortemente innovativi, approfondendo ulteriormente il radicale pessimismo

applicato al sistema della natura e della condizione esistenziale umana. Abbandonato

il genere canzone, il metro si caratterizza in stanze (lasse) di endecasillabi e settenari

liberamente disposti (a partire da questi canti si usa Ia definizione di canzone

Iibera). Uno dei temi dominanti di queste poesie e' legato alla memoria: le due

grandi figure femminili, Silvia, protagonista dell'omonimo canto, e Nerina, evocata

nella parte finale de Le ricordanze, entrambe giovani stroncate sulla soglia («sul

limitar») di giovinezza, sono figure del ricordo e della speranza tradita dalla spietata

Iegge di una Natura che disattende le promesse e ignora i sentimenti («O natura, o

natura, perché non rendi poi/ Quel che prometti allor? perche' di tanto/ inganni i fiigli

tuoi?»). I toni sono pacati, pur nella assoluta consapevolezza della iniquità del

sistema che regge Ia vita delle creature. Lo sguardo del poeta è tutto rivolto verso di

esse, pieno di tenerezza e di altissima compassione. Ultima lirica di questo ciclo è il

Canto notturno di un pastore errante dell 'Asia. Leopardi predilige qui un locutore

(il pastore) che, per Ia sua affinità con i primitivi, poteva rappresentare

l'universalità delle domande originarie (sul senso della vita, del dolore, della morte)

che tutti gli uomini si pongono a qualunque stadio di cultura e in qualunque epoca

della storia. Domande che il pastore rivolge ai corpi celesti (alla luna) e al suo gregge

e che continuano a rimanere senza risposta.

Page 15: profilo minimo 2 - uniroma1.it · leopardiano, ispirate come sono alla difesa del dogmatismo cattolico contro le idee dell'illuminismo ateo. E' infatti proprio per il tramite della

Il "ciclo di Aspasia"

A Firenze, probabilmente nell'estate del 1832, Leopardi dà inizio a una intensa

stagione poetica del tutto innovativa, che si sarebbe conclusa soltanto in prossimità

della morte, a v v e n u t a nel 1837, a Napoli. Il primo gruppo di liriche di questa

nuova fase è noto come "Ciclo di Aspasia”, dal titolo del canto conclusivo, Aspasia

per l'appunto (le altre liriche sono Il pensiero dominante, Amore e morte, A se

stesso, Consalvo). In questi canti il discorso poetico abbandona definitivamente il

tempo della rimembranza e lo spazio di un paesaggio legato alla evocazione di

immagini soavi, vagheggiate nel luogo lontano del ricordo. Con questa ciclo si

conclude l'intenso percorso poetico segnato dal grande tema dell'amore, la piu forte

delle passioni, capace di potenziarle tutte ma anche di annullarle per astrazione. Le

liriche sono di fatto legate a una intensa fascinazione amorosa, suscitata nel poeta

da una giovane e bella donna conosciuta nelle frequentazioni dei salotti, in un

periodo di forte ripresa di relazioni intellettuali e amicali, favorite dal clima vivace

del mondo fiorentino. « N essuno diventa uomo innanzi di aver fatto una grande

esperienza di sé», si legge ad apertura del pensiero 82, (Centoundici pensieri): l'amore per

Fanny Targioni Tozzetti rappresentò per il poeta questa esperienza e, al tempo stesso,

l'ultimo dei disinganni. La potentissima forza totalizzante del pensiero arnoroso, la

riattualizzazione del grande tema classico di Eros (Amore)/ Thanatos (Morte), la

formidabile presa d'atto della fine dell' «inganno estremo», l'invettiva contro Ia donna

immeritevole di tanta passione, sono le tappe di questa intensissima storia amorosa

per esprimere la quale il poeta ricorre a una cifra stilistica del tutto originale, che

dissolve il linguaggio idillico caratterizzandosi tramite forme essenziali, nude, spezzate (si

veda in particolare A se stesso ), dissonanti per la frequenza di figure chiastiche

e di antitesi che rimandano all 'antagonismo esistenziale fra poeta e mondo, svelato

e reso insanabile dall'esperienza dell'amore. Le liriche esprimono inoltre l'altro

grande tema leopardiano di questa ultima stagione, il contrasto con Ia

contemporaneità, con l'ottuso ottimismo e con lo spiritualismo che ne caratterizzavano gli

aspetti culturali predominanti.

Le ultime poesie. La ginestra o il fiore del deserto.

Gli ultimi quattro anni della vita di Giacomo Leopardi trascorsero a Napoli, in una

situazione sempre piu' difficile per l'aggravarsi della malattia, l'acuirsi delle difficolta'

economiche, dalle pesanti incomprensioni con l'ambiente intellettuale contemporaneo e in

particolare con la Napoli romantica, progressista e spiritualista. Accanto al poeta, l'amico

degli ultimi anni, Antonio Ranieri, che gli p r e s t o ' Ia mano e gli occhi per comporre le

ultime opere.

Page 16: profilo minimo 2 - uniroma1.it · leopardiano, ispirate come sono alla difesa del dogmatismo cattolico contro le idee dell'illuminismo ateo. E' infatti proprio per il tramite della

Di incerta datazione (tra il 1832 e il 1835), i due c a n t i che la tradizione critica ha

definito Sepolcrali, a sottolinearne l'ispirazione comune. Si tratta di due capolavori

lirici nei quali le due figure femminili protagoniste esprimono rispettivamente il tema

della morte come violenta interruzione della catena di umani affetti e il tema della

inesorabile caducita' della vita e della bellezza.

Negli anni napoletani i toni della scrittura leopardiana si fanno sempre piu' polemici e

aggressivi nei confronti delle tendenze dominanti d e l l a cultura r estaurata; a questa

tonalità aspra, espressa tramite il registro satirico, si ispira ia Palinodia al marchese Gino

Capponi, una finta ritrattazione delle proprie teorie filosofiche.

E' con Il tramonto della luna e p i ù c o n La ginestra, canto napoletano per eccellenza,

che Leopardi raggiunge i l culmine della poesia, fondendo Ia potente immaginativa con Ia

forza del pensiero in una parabola lirica che fa da coerente epilogo alla sua intera

vicenda poetica. Vero e proprio testamento spirituale, La ginestra rappresenta la

suggestione dei luoghi vesuviani che, segnati da tante rovinose eruzioni, sollecitano la

riflessione sulla forza sterminatrice della natura, indifferente agli uomini e alle loro sorti.

A tale forza resiste Ia g inestra, simbolo di una energia positiva, fragile, come puo'

esserlo un fiore, e semplice, ma capace di n on sottostare ai colpi delle violenze

naturali.

Una resistenza non assoluta ne' eterna, quella della ginestra, ma impavida, che si

fa allegoria dell'uomo morale, capace di accettare la propria effimera condizione , «nulla al

ver detraendo» e di trovare il senso a una esistenza, altrimenti insensata, nella solidale

confederazione umana contro le avversita' dell'empio sistema che sottende Ia vita delle

creature. L'epigrafe giovannea cbe precede il testo lirico, attraverso la metafora

luce/tenebre allude alIa luce della ragione contro il buio dell'oscurantismo spiritualistico e

scioccamente progressista della cultura coeva a Leopardi (la cultura della Restaurazione

europea) alla quale egli non cessò mai di opporsi.

Il poeta filosofo. Le Operette morali.

Con il titolo Operette morali nel 1827 furono stampate a Milano presso l’editore

Antonio Fortunato Stella le prose filosofiche di Giacomo Leopardi; nello stesso anno,

nella stessa citta' usciva l'aJtro capolavoro della prosa italiana ottocentesca, il

romanzo I Promessi sposi di Alessandro Manzoni. Ad esso arrise un grande successo: si

trattava di un'opera rispondente al gusto letterario e ideologico dominante. II libro

leopardiano invece fu accompagnato perlopiu' da indifferenza o da a p e r t a

disapprovazione: sia le forme letterarie (il genere, lo stile) sia le idee che vi venivano

esposte risultavano contrarie al pensiero estetico e filosofico dell’età della

Restaurazione. E' con Ia pubblicazione delle Operette morali che divenne evidente l’

inattualità di Leopardi e che si e v i d e n z i o ' il suo conflitto ideologico con i

contemporanei.

Le Operette erano state scritte nella quasi totalita' (venti delle complessive

ventiquattro) dopo l'esperienza del soggiorno romano, nel 1824, nel corso di un

periodo di lavoro febbrile. I mesi romani, si e' gia' detto, a v e v a n o

Page 17: profilo minimo 2 - uniroma1.it · leopardiano, ispirate come sono alla difesa del dogmatismo cattolico contro le idee dell'illuminismo ateo. E' infatti proprio per il tramite della

r a p p r e s e n t a t o u n a e s p e r i e n z a cruciale per il ventiquattrenne recanatese,

giunto nella citta' senza essersi mai fino ad allora allontanato da casa. Certamente, Ia

scrittura delle Operette va collegata a questa esperienza di radicale disincanto, e

insieme a coeve letture fondamentali (tra le quali Platone e Luciano molto presenti nella

ideazione delle Operette morali), che favorirono Ia definitiva maturazione della filosofia

leopardiana in una direzione materialistica e del tutto lontana dalle posizioni dello

spiritualismo e dell'ottimismo progressista prevalente nella cultura restaurata.

Gia' alcuni anni prima, tra il 1819 e il 1820, in una fervida fase di progettazione

letteraria, Leopardi aveva pensato di comporre delle "prosette satiriche", scritte «alla

maniera di Luciano», che avrebbero dovuto servire a «dare all'ltalia un saggio del ...

vero linguaggio comico» e a scuotere dall'inerzia i contemporanei. Di questo progetto

satirico, che si colloca entro l'ampio interesse riservato da Leopardi al "riso" e al

comico, rimangono soltanto abbozzi, alcuni dei quali molto rudimentali. I piu'

interessanti si intitolano Dialogo. Galantuomo e Mondo, sul tema (svolto liricamente in

rnolte delle canzoni coeve) dell'incompatibilità fra virtù individuale e successo nella

società, e Novella di Senofonte e Machiavello, una sorta di rappresentazione di una

pedagogia alla rovescia. La primitiva ispirazione etico-sociale di tono satirico verrà solo

parzialmente recuperata nella composizione del libro delle Operette.

Struttura dell'opera

Le Operette morali sono dunque un'opera costituita da ventiquattro testi.

Opponendosi a ogni proposta di pubblicazione parziale, l'autore ne difese con

decisione I 'aspetto unitario: in quanto libro di argomento «tutto filosofico e metafisico»,

di esso bisognava rispettare la organicità. Con le Operette, Leopardi intese dunque

comporre un'opera filosofica (indivisibile in quanto "sistematica") alla quale volle dare

una forte connotazione letteraria, al fine di garantire quell 'aspetto stilistico di

« leggerezza apparente» di cui egli stesso parlava al suo editore, utilizzando una

felicissima definizione. Anche nelle Operette Leopardi dà prova di uno straordinario

sperimentalismo: nei generi, nelle forme, nello stile esse esibiscono il fortissimo

legame con la tradizione letteraria classica, italiana ed europea, della quale

recuperano anche figure e temi; al tempo stesso la strategia del montaggio, la natura

delle questioni, la sapientissima manipolazione dei materiali rendono le Operette un

testo di avanguardia, un unicum nel panorama letterario europeo. Prevale la forma

dialogica (19 sono le operette c h e s i s v o l g o n o d i a l o g i c a m e n t e ); ma il modello

dominante, Luciano, e' fortemente attualizzato e variato (si veda, ad esempio, la

sostanziale diversità tra dialoghi come quello fra Ercole e Atlante, uno dei piu' legati

a l modello lucianeo e quello fra Torquato Tasso e il suo Genio o fra Ia Natura e l'Islandese,

Ia cui struttura è di tipo filosofico). Altri generi letterari vengono esperiti nell'opera;

dall'elogio ai detti memorabili, dalla narrazione alla cornmedia. La caratteristica

predominante delle Operette è la pluralita dei generi e degli stili, la mescolanza dei

Page 18: profilo minimo 2 - uniroma1.it · leopardiano, ispirate come sono alla difesa del dogmatismo cattolico contro le idee dell'illuminismo ateo. E' infatti proprio per il tramite della

linguaggi, Ia straordinaria varietà dei personaggi tratti dalla storia, dalla letteratura, dalla

mitologia, dall'invenzione, dalla quotidianità; dal presente e dal passato; da luoghi

fantastici, utopici, celesti, terreni.

Il primo testo (Storia del genere umano) costituisce una sorta di grandiosa

ouverture tragica dell'opera: le singole successive operette possono considerarsi come

l'esemplificazione dei vari momenti e delle varie situazioni di quella Storia.

Poesia e filosofia

Le Operette morali costituiscono Ia grande realizzazione artistica della convinzione

espressa in un pensiero dello Zibaldone, gia citato, secondo Ia quale, nella loro

suprema manifestazione, poesia e fiosofia si compenetrano: «E' tanto mirabile quanto

vero, che Ia poesia Ia quale cerca per sua natura e proprietà il bello, e Ia filosofia

ch'essenzialmente ricerca il vero, cioè Ia cosa più contraria al bello; sieno le facoltà le piu

affini tra loro, tanto cbe il vero poeta è sommamente disposto ad esser gran filosofo, e il

vero filosofo ad esser gran poeta...Le grandi verita', e massime nell'astratto e nel

metafisico o nel psicologico ec. non si scuoprono se non per un quasi entusiasmo della

ragione, nè da altri che da chi è capace di questo entusiasmo"(Zib. 3382-83).

Esse mettono in scena al tempo stesso sia Ia moderna crisi della ragione, che quanto

piu' si esercita e allarga il proprio dominio tanto più svela Ia radicale nullità delle cose

del mondo e dell'universo, sia la necessità e Ia potenza della ragione medesima che

si manifesta proprio con la presa di coscienza da parte dell'uomo razionale di

quella assoluta nullità. Le Operette esprimono poeticamente Ia situazione

posteriore al crollo delle illusioni antiche determinato dal modemo pensiero

scientifico, il quale ha rivoluzionato Ia posizione delle creature nell'universo,

svelandone l'irrimediabile marginalità, distruggendo l'idea di centralità propria delle

dottrine antropocentriche, mettendo a nudo il destino di assoluta casualità e

precarietà delle esistenze, Ia falsità delle teorie trascendenti e finalistiche. II mondo

descritto nelle Operette, dunque, non è fatto per gli uomini, né per nessuna delle altre

specie di creature animali o vegetali. L'uomo è desolata creatura alla ricerca perpetua di

una felicità che non gli spetta e che nessuno prepara per lui. Nessun Dio abita questo

mondo e protegge quest'uomo, Ia cui vita procede verso il nulla. II pensiero che

fa da filo conduttore a tutta l 'opera e' un pensiero disincantato: Ia ragione di Cartesio,

di Newton, dei moderni filosofi-scienziati ha tolto l'incanto dal mondo e ha reso l'uomo

consapevole della propria tragica condizione. L'infelicità che ne consegue determina

di necessità la malvagità dominante le vicende umane: gli uomini non sono cioè

cattivi per natura, ma per reazione al dolore, alla infelicità. Nella insensatezza che

domina l 'esistenza, I'uomo, del tutto persuaso e consapevole della propria sorte,

capace di sopportare Ia verità e di usarla per non danneggiare le altre creature, puo'

riuscire tuttavia ad acquistare una nuova grandezza (proporzionale alla sua rniseria).

Temi 1)

Page 19: profilo minimo 2 - uniroma1.it · leopardiano, ispirate come sono alla difesa del dogmatismo cattolico contro le idee dell'illuminismo ateo. E' infatti proprio per il tramite della

La originalita' del libro delle Operette si rivela anche nella connessione, attiguita' o

complementarita' dei singoli soggetti che si intrecciano, si sfiorano, si ripetono,

costituendo un tessuto testuale complesso e ricchissimo.

A una impostazione narrativa risponde il testo di apertura, Storia del genere umano, che

in una prosa di squisita eleganza, caratterizzata da toni altamente poetici, racconta

dalle origini, utilizzando diverse tradizioni di genesi, le fasi della storia degli

uomini come storia di insaziabile e inappagabile desiderio di felicita': tra le creature

e gli dei si instaura un conflitto destinato a concludersi con I 'abbandono dei destini

umani nelle mani della Verità. E', come appare chiaro, una trascrizione simbolica

dell'avvento del razionalismo moderno, caratterizzato dalla fine delle illusioni e dalla

assoluta infelicità che ne consegue. Le operette successive svolgono alcuni corollari di

tale processo, in forme per lo piu leggere, dal Dialogo di Ercole ed Atlante, dove i

due personaggi finiscono per usare Ia terra, ormai senza piu peso (dopo Ia perdita di

valore, di senso e di vitalita' conseguente al disincantamento moderno), come palla di

giuoco; al Dialogo della Moda e della Morte, le cui due protagoniste, straordinarie

maschere settecentesche, entrambe figlie della Caducità, imperano nel secolo presente

che è secolo di morti; alla Proposta di premi fatta all 'Accademia dei Sillografi, che

svolge, nel gergo burocratico -e naturalmente comico- del bando, Ia critica contro Ia

nascente civilta' delle macchine e lo sciocco ottimismo tecnologico; al grande Dialogo

di un folletto e di uno gnomo, violenta e ironica requisitoria contro i miti antropocentrici. Il

sesto e il settimo dialogo, Dialogo di Malambruno e Faifarello e Dialogo della Natura

e di un 'anima, si allontanano dalla comicità leggera dei precedenti e affrontano il tema

della felicità: il primo, in uno scenario quasi faustiano, tratta dell'impossibilità, a qualsiasi

condizione, della felicità per l'uomo, connessa al supremo e ineliminabile “ amor di sé”;

l'altro dimostra l'inscindibilità di infelicità e magnanimità. II Dialogo della terra e della

luna riporta a l Ia tonalità comica: il tema è, con diverse variazioni, quello della universale

infelicità di tutti gli esseri e di tutto I'universo nonchè della assurda presunzione della

visione antropocentrica. Ripreso, quest'ultimo corollario, nella Scommessa di Prometeo,

testo diegetico e dialogico insieme, in cui si discute i n t o r n o a l falso mito della

perfezione dell'uomo, creatura al contrario imperfetta in qualsiasi stato, primitivo e civile.

Temi 2)

Ognuno dei soggetti indicati e' ricco, nelle singole articolazioni argomentative, di

raccordi interni; ciascuna operetta e' organizzata intomo a un tema principale,

connesso agli altri temi, relativi alle conseguenze filosofiche, etiche, sociali determinate

dal disincantamento prodotto dall’espansione del razionalismo scientifico (nonchè alla

serie di comportamenti umani volti perlopiù a negare, per viltà, i risultati della

operazione compiuta dalla ragione). Sono i comportamenti insensati che caratterizzano

il pensiero spiritualistico e ottimistico dei contemporanei del poeta, i quali, tra l'altro, si

entusiasmano di fronte al progredire della scienza e della tecnica, senza riuscire a

Page 20: profilo minimo 2 - uniroma1.it · leopardiano, ispirate come sono alla difesa del dogmatismo cattolico contro le idee dell'illuminismo ateo. E' infatti proprio per il tramite della

scorgerne i risvolti pericolosi se non devastanti. Cosi, affrontando una tematica che e’

ancora di assoluta attualita’, al fisico che esulta per aver scoperto l'arte di vivere

lungamente, il filosofo obietta che bisognerebbe prima aver trovato l'arte di vivere

felicemente (Dialogo di un fisico e di un metafisico). E non puo’ mancare nella vasta

tipologia antropologica offerta dalle Operette, una rappresentazione dell'artista (nel

Dialogo di Torquato Tasso e del suo genio familiare, il poeta e’ impegnato a interrogarsi

intomo a uno dei temi centrali nella riflessione leopardiana, il tema malinconico della

noia). A occupare il posto centrale del libro, un testo cardine, il Dialogo della Natura

e di un Islandese, dove viene dichiarata la indifferenza essenziale della Natura rispetto

ai destini degli uomini per i quali non sussiste alcuna possibilita di scampo a una

condizione di infelicita assoluta, incolpevole, incomprensibile.

Le operette comprese nella seconda parte del libro partecipano meno

frequentemente del genere letterario dialogico o ne presentano variazioni consistenti.

Cosi nel Parini ovvero della gloria, acutissima disamina della condizione presente del

mestiere di letterato (modificato dai condizionamenti di una mediatizzazione

precocemente individuata); il Dialogo di Federico Ruysch e delle sue mummie, nel quale

il dialogo vero e proprio è preceduto da una lirica (il Coro dei morti), che prelude alle

forme essenziali della ultima fase poetica leopardiana; l'Elogio degli uccelli, pronunciato

da «Amelio, filosofo solitario», il quale celebra il canto e il volo delle creature alate (di

grande importanza la digressione sul riso, che costituisce una pista fondamentale per

individuare nell 'ironia l 'elemento stilistico unitario delle Operette); lo sconvolgente

Cantico del gallo silvestre, ultima delle operette del 1824, messaggio di morte

dell'uomo e del mondo; il Frammento apocrifo di Stratone da Lampsaco, esposizione

della cosmogonia materialistica. La forma dialogo ritoma nel Dialago di Timandro e di

Eleandro, dall'autore definito «nel tempo stesso una specie di prefazione ed un'apologia

dell 'opera contro i filosofi moderni», dove a Timandro, che sostiene le risorgenti

tendenze spiritualistico-ottimistiche, si oppone Eleandro che le nega riaffermando

l'infelicita’ propria di tutti i viventi. Le ultime quattro operette, scritte tra il 1827 e il

1832, approfondiscono e allargano l'orizzonte filosofico leopardiano (II Copernico,

dialogo, dove la natura teatrale delle Operette diventa esplicita attraverso la scelta del

genere "commedia" e il Dialogo di Plotino e di Porfirio, grande lezione di solidarieta’

umana quale antidoto ai mali del vivere) e acuiscono gli elementi polemici nei confronti

del pensiero dell’ Europa restaurata: come si legge nel capolavoro Dialogo di Tristano e

di un amico, uno dei testi testamentari di Giacomo Leopardi.

Le «armi del riso»

1) Discorso sopra lo stato presente dei costumi degl'Italiani

Secondo quanto dichiara il poeta n e l l e p a g i n e dello Zibaldone, le armi del ridicolo

vanno usate, in letteratura, per smascherare gli inganni sociali. L 'interesse per Ia

Page 21: profilo minimo 2 - uniroma1.it · leopardiano, ispirate come sono alla difesa del dogmatismo cattolico contro le idee dell'illuminismo ateo. E' infatti proprio per il tramite della

osservazione della società, ereditato dalla cultura settecentesca, è dominante nella

riflessione leopardiana: perfino l’ultimo pensiero dello Zibaldone è rivolto al difficile

rapporto tra individuo e società, rapporto che viene rappresentato come conflittuale e

in totale contrasto con l'etica. Su questa tematica le opere piu significative scritte da

Leopardi sono il Discorso sopra lo stato presente dei costumi degl'ltaliani e i

centoundici Pensieri. II Discorso fu composto nel 1824, e, dunque, dopo il soggiomo

romano. Roma rappresentò per il giovane recanatese una v e r a e p r o p r i a palestra

di esperienze s o c i a l i . La delusione, in gran parte prevista, nei confronti delle forme

della società romana in quegli anni bui della Restaurazione, ispirate alla piu vuota

spettacolarità, alla superficialità di parata, alla assenza di contenuti culturali accettabili,

costituì una forte spinta alla composizione del Discorso, probabilmente destinato, nella

volontà dell'autore, alla pubblicazione nella rivista di Giampietro Vieusseux, "Antologia".

In questo testo, ancora oggi di straordinaria attualità, Leopardi stabilisce un ideale

colloquio con i numerosi viaggiatori europei, i quali avevano relazionato sull'Italia in

tante opere. L'analisi della condizione italiana è sorretta da una eccezionale lucidità: gli

Italiani, come tutti i popoli modemi, hanno perso i vantaggi della natura, senza

acquistare tuttavia quelli della civiltà. Rispetto alla Francia, alla Germania, alla Gran

Bretagna, l 'Italia non ha regole sociali condivise; i suoi abitanti hanno abitudini, ma non

costumi né istituzioni e il loro vivere sociale è pertanto determinato dall'egoismo, dalla

indifferenza, dalla misantropia. Ma la decadenza italiana dipenderebbe, nell 'analisi del

poeta, dal possedere gli Italiani un grado maggiore di consapevolezza della vanita’ di ogni

azione umana, (quella che il poeta definisce «strage delle illusioni»), consapevolezza

derivante dal loro appartenere a una più antica civilta: L'Italia appare il più "invecchiato"

dei paesi europei, e dunque il piu filosofo, il più disincantato e il più cinico. Gli Italiani

non prendono niente sul serio e ridono di tutto: il loro riso è la manifestazione tragica

della degradazione sociale del paese.

2) I Centoundici pensieri

Nel marzo del 1837, scrivendo da Napoli al caro amico Louis De Sinner, Leopardi

annunciava di voler dare alle stampe un volume inedito di “ Pensieri” sui caratteri degli

uomini e sul loro comportamento nella società. Cosi egli indicava quello che risulta

essere l'argomento principale dei Pensieri. Tale opera, composta di centoundici massime

di diversa lunghezza e pubblicata soltanto dopo la morte dell'autore, costituisce il frutto

maturo di una riflessione mai interrotta (e affidata perlopiù alle pagine dello Zibaldone),

relativa alla politica e alla societa e rappresenta al tempo stesso la personalissima

risposta dell 'autore a questioni su cui tutta la cultura illuministica si era interrogata. I

centoundici Pensieri costituiscono un breviario del pensiero leopardiano della maturità e

corrispondono a quel manuale di filosofia pratica che egli aveva progettato di comporre;

irridono ogni idea ottimistica e provvidenzialistica, disegnano uno scenario umano

dominato dal cinismo e dalla sopraffazione, diviso fra scellerati (la m a g g i o r parte) e

magnanimi, perseguitati dai primi e ad essi invisi. L'antropologia leopardiana, si badi

bene, non esclude la virtù, la bontà e la magnanimità; ne sottolinea pi uttosto il

Page 22: profilo minimo 2 - uniroma1.it · leopardiano, ispirate come sono alla difesa del dogmatismo cattolico contro le idee dell'illuminismo ateo. E' infatti proprio per il tramite della

carattere di eccezionalità e ne indica la difficilissima condizione, dato che nella

società umana sono i piu forti e i "birbanti" a prevalere, facendosi persecutori di

quanti non aderiscono alle regole dominanti. I magnanimi sono i pochi che non

confondono le cose con le parole, che vivono senza maschere e senza ipocrisie.

Perlopiù, invece, il mondo è teatro e nel teatro del mondo va in scena la perpetua guerra

fra gli uomini. Delle panacee politiche approntate dai propri contemporanei al fine di

superare le lacerazionl sociali (il contrasto fra le masse e gli individui), Leopardi m ette

in luce, il più delle volte ricorrendo alle "armi del ridicolo", le insuperabili contraddizioni.

Collegata allo Zibaldone, l a composizione dei Pensieri ebbe inizio probabilmente

proprio quando, nei primissimi anni Trenta, si esauriva la scrittura delle note del

grande diario filosofico; il libro ha tuttavia una propria autonomia testuale: esso

costituisce inoltre un importante contributo ai generi della letteratura italiana, il

libro di m assime, di cui la nostra tradizione, al contrario di quella francese, risultava

quasi sguarnita.

Molti dei pensieri che costituiscono la raccolta sono dei veri capolavori di scrittura

ironica. Per tutti si legga il grande pensiero XX, rivolto a mettere in ridicolo lo spropositato

narcisismo degli scrittori, e in particolare dei poeti, e le modalita’ attraverso le quali esso si

manifesta.

·. .

3. Paralipomeni della Batracomiomachia

Tappa finale del progetto satirico, presente fin dagli albori della vocazione letteraria

leopardiana, i Paralipomeni della Batracomiomachia appartengono alla ultima stagione

creativa del poeta. Di incerta datazione, probabi!mente iniziati a Firenze intorno al

1831, i Paralipomeni sono tuttavia strettamente legati agli anni napoletani: Ia

testimonianza dell'amico Antonio Ranieri, che condivise tutto il tempo napoletano di

Giacomo, assicura che Leopardi lavorò a quest'opera fino agli ultimi giorni della sua

vita. Si tratta di un poemetto zooepico in ottave, diviso in otto canti, che recupera il

tema della pseudomerica Batracomiomachia, alla cui traduzione Leopardi si era

dedicato negli anni giovanili. Nel poemetto si riversa, magistralmente misce!ata, la

vasta mole di letture che Leopardi era venuto accumulando entro il ricchissimo campo

della tradizione epica ed eroicomica, dai testi antichi a quelli della produzione italiana

fino all'importante opera tardosettecentesca del Casti, gli Animali parlanti, e a l rilevante

influsso del Byron satirico (Beppo e Don Juan).

I Paralipomeni della Batracomiomachia raccontano le vicende della guerra tra i granchi,

accorsi in aiuto delle rane, e i topi; sotto Ia veste parodica, questi popoli animali

r appresentano rispettivamente gli austriaci, le t r u p pe papaline e i liberali. II "mal

pensante" autore, sotto le dure scorze dei granchi, sferza la ferocia e l'ottusità degli

austriaci («sbirri [... ] d'Europa e boia», « se nza cervel né fronte, sicuri, invariabili,

Page 23: profilo minimo 2 - uniroma1.it · leopardiano, ispirate come sono alla difesa del dogmatismo cattolico contro le idee dell'illuminismo ateo. E' infatti proprio per il tramite della

impietriti [...] Per durezza famosi in tutti i liti»), m a non risparmia neanche la

faciloneria pragmatica e ideologica dei liberali, operando, tramite la tecnica del

paradosso, una critica disincantata dei due schieramenti contrapposti: legittimisti,

assolutisti, fieramente repressivi, violenti, gli uni; facilmente ottimisti verso il progresso

delle masse e della storia, superficialmente filantropi, "nuovi credenti", ingenuamente

innamorati delle idee e delle parole, gli altri (memorabile è la descrizione dei

cospiratori: «una setta che andava e che venia/ Congiurando a grand'agio per le

strade/ Ragionando con forza e leggiadria/ D'amor patrio, d'onor, di libertade/ Fermo

ciascun, se si venisse all 'atto,/ Di fuggir come dianzi avevan fatto »). La satira politica

che si dispiega nei Paralipomeni, ispirata agli eventi italiani del 1831, mette in scena

gli avvenimenti che si svolsero nel Regno di Napoli fra il 1815 e il 1821.

L'interpretazione leopardiana dei fatti prerisorgimentali è del tutto anticonformista e i

Paralipomeni ben si prestano alla definizione di «libro terribile» che ne dette il

filosofo, amico del poeta, Vincenzo Gioberti. Lo spirito polemico del poemetto è

indirizzato verso destinatari concreti, i liberali in genere (che Leopardi aveva

conosciuto e frequentato durante i soggiorni fiorentini), m a soprattutto gli

spiritualisti cattolici della Napoli in cui vi sse gli ultimi suoi anni (e contro i quali

aveva scritto anche la satira in terzine, colorita e violenta, dal titolo emblematico

I nuovi credenti), di cui attaccava, come si è detto, l'ideologia spiritualista e

superficialmente ottimistica. Tra i personaggi di questo variegato mondo animale, la cui

stolta guerra mima la stoltezza della guerra degli uomini, indimenticabile è il topo

Leccafondi, verso il quale, pur nella sottile ironia che ne guida i tratti, va la simpatia

dell'autore. II conte Leccafondi è il prescelto dall'eroico Rubatocchi (capo militare dei

topi dopo la morte in campo del re Mangiaprosciutti), come messo presso il campo

nemico dei granchi per conoscere le l oro intenzioni. Nella figura di Leccafondi il

poeta disegna il tipo esemplare di liberale ottimista, "filotopo", attivamente

impegnato nel progresso civile (si leggano le stanze 34-43 del I canto).

Al di là della polemica politica, le ottave dei Paralipomeni vanno considerate nella

prospettiva più generale del complessivo discorso poetico dell’ ultimo Leopardi: sulle

vicende degli uomini, oltre le loro storie, incombe un sistema antiprovvidenziale,

ugualmente indifferente a umani e a bestie, impossibilitato nei suoi meccanismi

essenziali a mutare o migliorare. L'antispiritualismo e l'antiprovvidenzialismo trionfano

nella rappresentazione dell'Avemo dei topi, dove, secondo uno stereotipo dell'epica

classica, Leccafondi si reca per ottenere consiglio sul destino di Topaia (c.VIII): i

morti, in una scena lugubre e al tempo stesso grottesca, vi appaiono

immemori, irriconoscibili, immoti, senza identità, senza voce, senza sentimenti.

Zibaldone

Zibaldone è l a d e n o m i n a z i o n e con cui Leopardi s i r i f e r ì alla sua vastissima

raccolta di annotazioni, iniziata nel 1817, quando, dieci anni dopo, nel luglio del 1827,

ne compilò l 'Indice analitico con l 'evidente proposito di raccogliere in gruppi tematici le

Page 24: profilo minimo 2 - uniroma1.it · leopardiano, ispirate come sono alla difesa del dogmatismo cattolico contro le idee dell'illuminismo ateo. E' infatti proprio per il tramite della

proprie riflessioni e di sviluppare o rielaborare alcuni argomenti. E' probabile che a

fornire l 'idea di uno zibaldone, dove appuntare vari spunti, pensieri dei piu diversi

argomenti, citazioni, commenti di letture (secondo una pratica antica presso gli

studiosi), possa essere stato il prete alsaziano Vogel residente a Recanati, figura di

erudito assai significativa nella prima formazione del giovane Giacomo. Le annotazioni

che costituiscono il vasto diario intellettuale (un unicum nella nostra tradizione

letteraria), continuarono ad essere trascritte fino al dicembre del 1832, data in cui la

scrittura dello Zibaldone si conclude con un pensiero che sembra rappresentare un vero

e proprio bilancio delle riflessioni sul rapporto fra individuo e mondo. Tuttavia, negli

ultimi anni Leopardi ridusse in maniera consistente il proprio materiale diaristico (tra il

1830 e il 1832 gli appunti, brevissimi, sono poco più di dieci); mentre Ia massima

densità di scrittura si rileva nel 1821 e nel 1823, a testimoniare due fasi fondamentali

dello sviluppo filosofico del poeta.

L'autografo, conservato presso la Biblioteca Nazionale di Napoli, depositaria della

maggior parte delle carte leopardiane, è costituito da una serie di quaderni di ben 4526

pagine. A partire dalla centesima c a r t a si ha un rilevante cambiamento nella

trascrizione delle annotazioni: le note cominciano a presentare, in forma di clausola, la

data. Cosi, gli apptmti disorganici diventano "diario" e le riflessioni possono essere

agevolmente collegate alla scrittura delle altre opere.

Tuttavia, se lo Zibaldone è stato utilizzato a lungo soprattutto come testo sussidiario

per l’interpretazione d e gli altri testi leopardiani in prosa e in versi (e come fonte

tematica e supporto filosofico relativo al fervido dibattito sulle posizioni del poeta),

attualmente l'interesse si e spostato vistosamente sul testo in sé, sulla sua straordinaria

ricchezza contenutistica e stilistica.

Nel porsi come inesauribile deposito di riflessioni sulle più diverse questioni, lo

Zibaldone rappresenta le straordinarie competenze dell'autore e Ia sua eccezionale

pluridimensionalita intellettua1e: vi si trovano appunti di grammatica e di ortografia, note

etimologiche, considerazioni di linguistica e letteratura, di critica letteraria e storia

culturale, di filologia e antropologia, di politica e "filosofia pratica", di diagnosi sociale e

psicologia, nozioni scientifiche, riflessioni autobiografiche, flash di impressioni e

sensazioni, abbozzi di opere, progetti, commenti e trascrizioni dai più svariati libri.

Grande testimone dei percorsi del pensiero leopardiano, lo Zibaldone ne illumina

le tappe fondamentali e i passaggi, evidenziando la persistente dialettica tra tradizione e

modernità, tra classicismo e illuminismo e gli approdi al materialismo; infine

rappresenta le affascinanti modalità di questo pensiero "in movimento" (è rimasta

classica la definizione di Sergio Solmi) che procede a spirale, con ritmi avvolgenti, di

inesorabile coerenza, per continui approfondimenti, tra ritorni e avanzamenti progressivi.

La complessità tematica e strutturale rende ardua qualsiasi operazione di sintesi per un

testo come Io Zibaldone. Fin dalle prime annotazioni il grande diario leopardiano si

caratterizza per una particolare vocazione a contenere i piu diversi materiali culturali, a

fissare i percorsi multiformi e molteplici di un pensicro aperto ed eccezionalmente

dinamico, a segnare le tappe delle crisi, a testimoniare Ia straordinaria vitalita critica,

teorica, linguistica. Se le prime cento pagine possono considerarsi in parte un abbozzo di

Page 25: profilo minimo 2 - uniroma1.it · leopardiano, ispirate come sono alla difesa del dogmatismo cattolico contro le idee dell'illuminismo ateo. E' infatti proprio per il tramite della

estetica leopardiana (Anceschi ne parlava come di «un discorso ininterrotto,

implacato...sulla poesia e sui suoi modi»), con la comparsa della data il processo

speculativo progressivamente acquista una maggiore continuità e una prospettiva più

sistematica. Tra Ia fine del '20 e l'intero '21, le numerosissime annotazioni trascritte

attestano un fervido lavoro di elaborazione intorno ad alcuni temi filosofici. Al centro

di tali riflessioni è la natura, elemento primordiale e benefico, la grande protagonista

di quello che lo stesso Leopardi definisce il suo "sistema". Sulla questione della

legittimazione filosofica del pensiero leopardiano sono stati versati fiumi d'inchiostro, a

partire dai contemporanei del poeta. Sovente il disconoscimento del rigore e

dell'impianto sistematico sono stati utilizzati come armi mirate a minare Ia validità

del pensiero leopardiano da quanti si sono opposti alle prospettive negative,

antiprovvidenzialistiche, materialistiche che lo sorreggono.

Natura, Felicità, Religione, Teoria del piacere.

La natura può considerarsi Ia grande protagonista del pensiero di Giacomo Leopardi. Anche

se è difficile costituire gerarchie tematiche entro lo sterminato diario, sicuramente, nella

prima fase, la meditazione sulla natura, con i numerosissimi corollari che ne derivano,

appare prevalente. Nella prima meditazione leopardiana, alla natura si riferiscono tutti i

valori positivi di un sistema organizzato entro una struttura retorica rigidamente binaria.

Lo spazio concettuale appare segnato da conflittualità e da antinomie radicali: al suo

intemo si rappresenta perennemente I' «inimicizia scambievole» fra natura e ragione (si

badi bene, Ia ragione nemica della natura non è Ia «ragione naturale» (Zib.293), che «in se

stessa è assolutamente innocente»(Zib.,331), essendo prerogativa originaria degli esseri

umani, ma l'eccesso raziocinante, «l'uso eccessivo ch'è proprio dell'uomo corrotto»

(Zib.,293). A partire dalla progressiva separazione dai valori naturali operata dagli uomini, Ia

storia si svolge entro uno scenario di inarrestabile corruzione. Sul principio di corruzione

Leopardi stabilisce un'analogia fra il proprio sistema e il Cristianesimo. E arriva alla

negazione di Dio (sulla base della negazione delle idee innate): «distrutte le forme

Platoniche preesistenti alle cose, è distrutto lddio.»(Zib.1342). Progressivamente, da una

concezione in cui Ia natura era amica e madre benigna dell'uomo, Leopardi giunge a

considerare Ia stessa natura come nemica e matrigna: nei numerosissimi pensieri del 1823,

è ormai chiaro che l'antitesi natura/ragione ha subito un radicale spostamento: la ragione

non appare più come corruttrice e causa dell'infelicità, ma come strumento necessario al

disvelamento degli errori, delle falsità, delle mistificazioni che allontanano l'uomo dalla

verità e dalla consapevolezza della propria condizione, Ia quale è condizione di miseria,

fragilità, infelicità. Sul tema della infelicità/ felicità (tema squisitamente settecentesco), lo

Zibaldone presenta un vasto campo di riflessioni. Nella prima fase, Leopardi guarda

all'antichità come all'epoca della felicità; gli uomini antichi e gli uomini moderni abitano

spazi incomunicabili: non estranei alla felicità i primi, assolutamente infelici i secondi.

L'uomo antico, più vicino alla condizione naturale, è l'uomo delle grandi passioni, delle

disperazioni feroci (Zib., 414), della vitalità, dell'entusiasmo, dell'eroismo, della potenza

immaginativa; l'uomo moderno, figlio della cultura, dell'esperienza, della filosofia, è l'uomo

Page 26: profilo minimo 2 - uniroma1.it · leopardiano, ispirate come sono alla difesa del dogmatismo cattolico contro le idee dell'illuminismo ateo. E' infatti proprio per il tramite della

dell'inattivita, della noia, della corruzione fisica e morale, che esiste ma non vive, che

sperimenta il vero, Ia malinconia, l'infelicità . Ma anche questa visione è destinata a mutare

radicalmente: una più approfondita riflessione, sollecitata anche da alcune letture risalenti

soprattutto al soggiorno romano, convincono il poeta che I’infelicità non è esclusiva

prerogativa dei moderni; al contrario, anche gli antichi hanno !asciato testimonianze

inequivocabili di dolore e disperazione. Lo scenario della negatività insita nel vivere si

allarga progressivamente a comprendere tutte le creature, non solo le umane creature, ma

tutte e di tutti i tempi: come si dice nel bellissimo pensiero ispirato al giardino come luogo

di souffrance, che rovescia il topos letterario del giardino come locus amoenus (Zib.4174-

4177). Nel 1823, i pensieri sulla felicità e sui piacere si moltiplicano; e con il definirsi delle

posizioni materialistiche e antispiritualistiche, si viene affermando sempre più decisamente

un'idea di felicita tutta terrena, antitetica all'idea della realizzazione ultraterrena sostenuta

dalle credenze religiose. Alla tematica della felicità è strettamente connessa Ia «teoria del

piacere», altro nucleo concettuale portante dello Zibaldone: «L'anima umana (e cosi tutti

gli esseri viventi) desidera sempre essenzialmente, e mira unicamente, bcnché sotto

mille aspetti. al piacere, ossia alia felicilità, che considerandola bene, è tutt'uno col

piacere» (Zib.165-167). Tanto più è forte il desiderio di piacere (per esempio, nell'età più

vitale che è quella della prima giovinezza), tanto più l'impossibilità di realizzare tale

aspirazione essenziale si traduce in infelicità.