Profili Di Responsabilita' Dell'Operatore Sanitario Case e Risk Management in Riabilitazione...

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1 PROFILI DI RESPONSABILITA’ DELL’OPERATORE SANITARIO:IL CASE E RISK MANAGEMENT IN RIABILITAZIONE GERIATRICA di Ferrandino Giancarlo Tesi presentata per la discussione del diploma di laurea in FISIOTERAPIA Università D’Annunzio di Chieti 2006 Università degli Studi di Chieti Data OTTOBRE 2006

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PROFILI DI RESPONSABILITA’ DELL’OPERATORE SANITARIO:IL CASE E RISK MANAGEMENT IN RIABILITAZIONE GERIATRICA di Ferrandino Giancarlo Tesi presentata per la discussione del diploma di laurea in FISIOTERAPIA Università D’Annunzio di Chieti 2006Università degli Studi di Chieti Data OTTOBRE 20061Università D’Annunzio di Chieti Estratto PROFILI DI RESPONSABILITA’ DELL’OPERATORE SANITARIO: IL CASE E RISK MANAGEMENT IN RIABILITAZIONE GERIATRICA. di Ferrandino GiancarloRelatore:Professore Mical

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PROFILI DI RESPONSABILITA’ DELL’OPERATORE SANITARIO:IL CASE E RISK MANAGEMENT IN

RIABILITAZIONE GERIATRICA di

Ferrandino Giancarlo

Tesi presentata per la discussione del diploma di laurea in

FISIOTERAPIA

Università D’Annunzio di Chieti

2006

Università degli Studi di Chieti

Data OTTOBRE 2006

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Università D’Annunzio di Chieti

Estratto

PROFILI DI RESPONSABILITA’ DELL’OPERATORE SANITARIO: IL CASE E RISK MANAGEMENT IN

RIABILITAZIONE GERIATRICA.

di Ferrandino Giancarlo

Relatore: Professore Micaletti Massimo Dipartimento di Medicina e Chirurgia

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INDICE

Prefazione…………………………………………………………………………………4 Introduzione……………………………………………………………………………….5 Capitolo I: Studio di un caso di gestione riabilitativa……………………………………...6 Enunciazione del problema………………………………………………………………..7 Scopo dello studio…………………………………………………………………………8 Descrizione dei termini……………………………………………………………………9 Capitolo II:Cenni storici: fonti giuridiche,professione sanitaria e formazione professionale Fonti e gerarchia…………………………………………………………………………10 La professione sanitaria dalla L.23-06-1927 alla L.43 del 01-02-06..................................19 Formazione professionale …………………….…………………………………………20 Capitolo III: Profili di responsabilità………………………………………………………. Aspetti giuridici e medico-legali della professione sanitaria…………………………….22 Principi e norme civilistiche in materia di esercizio della libera professione…………….34 Aspetti penalistici nella responsabilità professionale del fisioterapista…………………..37 L’orientamento della giurisprudenza:sentenze della Cassazione…………………...41 Capitolo IV: Metodologia......................................................................................................... Scelta degli argomenti……………………………………………………………………43 Raccolta dei dati………………………………………………………………………….44 Analisi dei dati………………………………………………………………………….. 45 Capitolo V: Case e risk management in riabilitazione geriatrica………................................ Definizione e aspetti del case e risk management…………………………………..........46 Gli aspetti a rischio in geriatria e in riabilitazione geriatrica……………………………..52 Protocollo monitoraggio eventi sentinella:mappa del rischio e eventi sentinella...............54 Un caso riabilitativo geriatrico…………………………………………………………...58 Capitolo VI: Discussione.......................................................................................................... Presentazione del risultato: case e risk management in riabilitazione geriatrica…………61 Conclusioni………………………………………………………………………………63 Bibliografia………………………………………………………………………………64

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PREFAZIONE

Si desidera ringraziare per la preziosa collaborazione il relatore della tesi docente Avv. Micaletti M. che con i suoi consigli ha reso possibile l’elaborazione di questo lavoro e la Dr.Andreoli R.Inf.A.F.D. coordinatrice Ufficio Infermieristico Comunità per anziani e disabili ex.-O.P. dell’ASL di Brescia, che ha fornito spunti utili e umani soprat- tutto sul tema della coercizione e del risk management sanitario. Non da ultima la famiglia che ha sopportato benevolmente l’impegno.

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INTRODUZIONE

Questo lavoro intende porre in evidenza i temi della responsabilità operativa dell’operatore sanitario,nella fattispecie il fisioterapista o terapista della riabilitazione o come si voglia dato che il fiorire in tale campo di nuove figure in Italia è stato ricco,ma ciò esula da tale studio. Non da solo però il tema della responsabilità, bensì correlato a quello della gestione del rischio in riabilitazione geriatrica. Perché in geriatria? Perché come si spiegherà più avanti, la fascia dell’età evolutiva e quella dell’anziano sono, a mio avviso,“naturalmente” predisposte agli errori avversi e a richieste di danni per la pecularietà cronologica e fragilità di tali età,sia in sanità pubblica che privata. Verranno analizzate le sentenze di dottrina ricavandone un ragionamento che diventa obbligatoriamente applicativo all’operare corretto; va però poi evidenziato che spesso la correttezza degli interventi è ancora frenata da una mentalità in Italia cha fatica a lasciarsi alle spalle una back-ground di centralità della figura medica e che spesso porta ad attriti o ad abbandoni della centralità del malato con conseguenti danni alla persona e quindi alla società. I cambiamenti sono lenti anche se dettati da leggi illuminate, ma il lento cambiamento a cui stiamo assistendo nella sanità italiana credo che si respiri dalle pagine che seguiranno.

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LE STELLE SOPRA DI ME, LA MORALE DENTRO DI ME Immanuel Kant

STUDIO DI UN CASO DI GESTIONE RIABILITATIVA

La gestione riabilitativa o management in riabilitazione è da poco entrato a far parte della mentalità del fisioterapista italiano. Questa novità,appannaggio delle professioni sanitarie più “anziane” in Italia e in U.E., porta, come tutte le cose nuove da apprendere, difficoltà: Alles anfang ist schewr (Ogni inizio è difficile).Per giunta le critiche che maturano in contesti sanitari di forte disagio sociale (Regioni con bilanci sanitari sforati,carenza di una cultura della mobilità lavorativa, gestione della formazione universitaria) a cui è sottoposto un sistema “anglosassoneggiante” di formazione e evidenze scientifiche da noi adottato,è sotto gli occhi di tutti, anche da quelle classi sanitarie che hanno la responsabilità nell’interesse del paziente e del paese di aprirsi e contribuire alle novità, innovando un sistema sanitario faragginoso e vetusto. Il caso di gestione riabilitativa proposto si è sedimentato su esperienze in strutture pubbliche e private del Nord e Sud Italia come dipendente e libero professionista coordinando servizi sia in struttura che sul territorio(A.D.I.) in ambito geriatrico. Il target, filo coordinatore dell’esperienza in oggetto, è rappresentato dall’assistenza all’anziano e del profilo di rischio nella gestione di casi riabilitativi in struttura geriatrica; forse dovremmo dire “i casi” che come fili tessono il modello in oggetto. Alla luce della premessa fatta vi sono state serie difficoltà a svolgere un esperienza che agli occhi dei più è nuova. Forse lo è per tutti. Strano agire e applicare sistemi di qualità professionale, di processo nel rispetto delle linee guida riabilitative, giuridiche nazionali e della professione sanitaria. Tutto ciò è conseguenziale e, spero che lo si capirà, allo Spirito legislativo che insieme a quello della Storia di questo paese ha ispirato le normative della professione sanitaria in Italia dal dopoguerra ad oggi riportate in questo studio. Di seguito si enuncerà il problema e lo scopo del medesimo.

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ENUNCIAZIONE DEL PROBLEMA

In questo studio si vuole proporre un modello gestionale in riabilitazione geriatrica(long term care)come conseguenza applicativa della responsabilità professionale del fisioterapista connessa alla gestione del caso clinico e dell’analisi del rischio che aiuti a risolvere il problema della gestione di una fase della vita della persona opposta a quella che il Prof. Ponzo (Università La Sapienza di Roma-Corso di laurea in Psicologia) ha definito le due fasi eterocentriche( vecchiaia e infanzia) rispetto a quella adultocentrica. Ciò comporta,a mio avviso, un particolare profilo del fisioterapista quello geriatrico. Questo studio desidera anche evidenziare un modello del saper essere del fisioterapista oltre che del saper fare e sapere. Necessario quindi prendere coscienza del ruolo normativo nell’esercizio della professione sanitaria, a volte dimenticato ma che è essenziale per prevenire errori da malpratica sanitaria e da responsabilità nell’agire. La semantica,osso di questo studio, è: da una parte il saper essere dall’altra il saper e saper fare in bilancino equilibrio. Tendere solo verso il sapere significa staccarsi pericolosamente dal “senso” della vita; verso il saper essere affogare di eccessivo “senso” i fatti,così come solo verso il saper fare si diventa “praticoni” alienando da sé il rispetto per la vita. Lo stesso problema lo troviamo, anche se di un piano diverso, nella lotta aziendale oramai quotidiana tra i bisogni della persona e la ferrea logica dell’amministratore che gestisce spesso in out-budget.: con un aumento del rischio gestionale personale e aziendale. Caso emblematico è la creazione di una associazione di medici di famiglia sorta in una città del Nord (con bilancio sanitario regionale in pareggio! ) che rivendica la riappropriazione dello spazio di cura della persona rispetto alla disumanizzazione delle cure sempre più soggette alla logica del contenimento della spesa quando va bene, e quando va male dei tagli alla spesa sanitaria. E’ stato poi volutamente non approfondito il tema della formazione professionale, in quanto come già evidenziato da studi di ricerca effettuati in didattica sperimentale e pedagogia in un filone nato negli anni 60’,non produrrebbe cambiamenti sostanziali sui comportamenti dei soggetti partecipi di questi 13 progetti soprattutto in aree di devianza sociale: questo è un problema. Problema correlato lo scollamento evidentissimo tra la teoria(Università) e la pratica(Aziende-Centri),tra la ricerca e l’applicazione sul territorio: fare oggi ricerca in Italia è un’impresa, soprattutto in quelle aree professionali in crescita sociale come la figura del fisioterapista. Una conferma e un tentativo è la striminzita casistica di dottrina giurisprudenziale in merito alla figura del fisioterapista che denota la sua assenza dal “palcoscenico” sanitario-assistenziale italiano:questo è un’altro problema.

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Scopo dello studio Lo scopo è dimostrare che la figura del “buon fisioterapista” dovrebbe essere conseguenza delle normative nazionali sanitarie nazionali e professionali che nel giro di poco più di cinque anni hanno prodotto “un’accellerazione teorica anormale” e non congruente, a mio avviso, con la realtà sociale-culturale-pratica della categoria italiana degli operatori sanitari( fisioterapista) e quindi giuridica. Essa era necessaria: la globalizzazione non poteva attendere. Questi rischi andrebbero analizzati e ridotti con opportune misure di cui accenneremo in seguito; in questo momento storico siamo costretti ad attendere solo la prova dei fatti. Il modello proposto evidenzia quindi un fisioterapista sintesi operativa delle normative italiane del settore, ma propone anche suggerimenti e idee di modelli adottati nell’area europea e aspetti nella sanità mondiale paragonati a quello proposto in questo studio utili a mio avviso per la riduzione di rischi gestionali. Ovviamente proporre modelli e paragonarli è sempre un’opera improba: è come adottare scale e test di un altro paese a pazienti italiani senza un’opera di revisione e adattamento alle caratteristiche del campione in esame. Ma il processo è iniziato.

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DESCRIZIONE DEI TERMINI

Profili di responsabilità evidenzia attraverso l’analisi di sentenze e casi dottrinali i vari tipi di responsabilità dell’agire sanitario del fisioterapista. Quando si parla di un “modello di gestione riabilitativo geriatrico” si descrive una sintesi teorica-applicativa di esperienze e conoscenze che si è cercato di evidenziare nel capitolo VI: discussione. “Cenni storici” evidenzia lo spirito legislativo storico che ha animato le normative nazionali e professionali sanitarie dal passato ad oggi, creando ciò che è oggi o dovrebbe essere il fisioterapista del terzo millennio. Per “deviazione storica dei sistemi” s’intende che delle sovrastrutture sociali si sono evolute secondo linee storico-culturali-sociali verso deviazioni da standard regionali, internazionali (U.E.) e mondiali. La “bioetica” è stata affrontata evidenziando ciò che oggi sembra essere una emergenza mondiale sia in economia, sia nella gestione,sia nella vita quotidiana: l’etica. “Interdizione, inabilitazione testamento biologico e amministrazione” sono argomenti correlati dal saper fare e essere nel rapporto del fisioterapista con l’anziano incapace in struttura. Infine “ le cure palliative” che rappresentano in esperienze con anziani un aspetto costante in fase terminale. Ripensare la gestione delle risorse umane e economiche in modo complementare all’uomo è oggi un dovere (Nobel dell’economia 2004). Per “risk management in riabilitazione geriatrica” si è voluto significare un profilo dei rischi sia di natura legale (responsabilità civili e penali) che exra-legale ( effetti sociali sul sistema ) nella operatività del fisioterapista con un’anziano. “Case management” indica la appropriatezza e la accettabilità da parte del paziente del servizio e, non solo come era nato, l’analisi dei costi.

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CENNI STORICI: FONTI GIURIDICHE, PROFESSIONE SANITARIA E FORMAZIONE PROFESSIONALE

Fonti e gerarchie

In questo capitolo affronteremo per quanto riguarda le FONTI GIURIDICHE: • nozioni generali di diritto • gerarchia nell’ordinamento italiano • normativa costituzionale sanitaria e professionale • le competenze • brevi cenni sulla funzione giurisdizionale e amministrativa • evoluzione della legislazione sanitaria

Per la evoluzione della LEGISLAZIONE DELLA PROFESSIONE SANITARIA :

dalla Legge 23-06-1927 alla Legge n.43 del 01-01-06

Per la FORMAZIONE PROFESSIONALE:

Origini e storia: dalle leggi sanitarie del 1934 alla legge 08-01-2002

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FONTI GIURIDICHE

1. Nozioni generali di diritto

Prima di entrare nello specifico della materia attinente le professioni sanitarie e del fisioterapista in particolare è opportuno fornire alcune indicazioni generali di diritto che consentiranno di comprendere passaggi nel testo. In primo luogo occorre sapere che il diritto si distingue in oggettivo e soggettivo. Il diritto oggettivo è il complesso delle norme che regolano l’esistenza del gruppo. Il diritto soggettivo è il potere di agire riconosciuto al cittadino dall’ordinamento giuridico. Il diritto oggettivo si divide nelle due branche del diritto pubblico e del diritto privato. Il diritto pubblico considera interessi generali immediati e collettivi della società, il privato tutela invece interessi particolari propri degli individui. A sua volta il diritto pubblico si distingue in diritto pubblico internazionale e pubblico interno. Il diritto internazionale si divide poi in diritto internazionale pubblico e diritto comunitario che regola i rapporti tra gli stati membri della comunità europea. Il diritto pubblico interno è costituito dal diritto costituzionale, dal diritto amministrativo,dal diritto penale,dal diritto processuale (penale e civile),dal diritto ecclesiastico e dal finanziario. L’amministrativo disciplina l’attività della Pubblica Amministrazione. Il diritto penale contiene le norme atte a prevenire e reprimere i reati che il legislatore persegue comminando una speciale sanzione detta pena. Il diritto processuale è costituito da tutte le norme che regolano il processo cioè l’esercizio della funzione giurisdizionale sia nel campo penale che in quello civile e amministrativo. Per cui il fisioterapista nell’esercizio della sua attività professionale può essere interessato dal diritto amministrativo, penale e civile. Infatti la stessa definizione di norma giuridica contiene in essere gli ambiti di libertà soggettiva entro cui può muoversi il cittadino senza infrangere norme che scatenerebbero una reazione dell’ordinamento detta sanzione penale se è infranta una norma penale,civile se è infranta una norma civile e amministrativa se tutela una norma amministrativa. I diritti soggettivi pubblici sono il diritto di libertà e i diritti civili e politici che rappresentano il fondamento di tutti gli altri diritti: nel nostro studio per esempio un diritto civile è l’assistenza in caso di invalidità e malattia che il cittadino può vantare nei confronti dello Stato.

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2. Gerarchia nell’ordinamento italiano:

• La Costituzione è la legge fondamentale dello Stato che contiene norme e principi generali dell’organizzazione e funzionamento dello Stato. Le norme costituzionali costituiscono il riferimento fondamentale in base al quale è disciplinata la materia. Sono di nostro specifico interesse:(1)

1. art.. 3 principio di eguaglianza 2. art.. 2 diritti inviolabili dell’individuo 3. art. 32 tutela del diritto alla salute 4. art. 117 riparto di competenze(materia di competenza esclusiva dello

Stato e materia oggetto di competenza concorrente). In dettaglio questi punti saranno esaminati più avanti con le loro implicazioni. Atti di legislazione ordinaria primaria

• Fonti primarie di primo grado 1. leggi ordinarie dello Stato( leggi del Parlamento) 2. decreti-leggi del Governo 3. statuti delle Regioni ordinarie 4. decreti legislativi di attuazione degli statuti delle regioni ad

autonomia speciale 5. leggi regionali • Fonti primarie di secondo grado 1. leggi regionali e delegate dallo Stato 2. decreti legislativi o leggi delegate dal Parlamento al Governo • Atti di normazione secondaria 1. regolamenti 2. ordinanze 3. statuti degli enti minori • Consuetudine

Accenniamo al termine Regolamenti e Ordinanza. Il primo è un tipo di atto sostanzialmente normativo adottato dalla Pubblica Amministrazione e attualmente disciplinato dalla Legge n. 400/1988. L’ordinanza invece è emanato dall’autorità amministrativa che crea obblighi o divieti e in sostanza quindi impone “ordini”. Le ordinanze per essere “fonte del diritto” devono avere carattere normativo e cioè creare regole generali e astratte.

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3. Normativa costituzionale sanitaria e professionale L’articolo 32 della Costituzione recita: “la Repubblica tutela la salute come diritto fondamentale dell’individuo e interesse della collettività e garantisce cure gratuite agli indigenti. Nessuno può essere obbligato a un trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana”. Ne conseguono due principi fondamentali: 1- diritto alla salute molto ampio nella vita e nel lavoro che ha trovato poi pratica attuazione all’art.1 del d.lgs. n.502 del 1992 dove il diritto alla salute è garantita attraverso il S.S.N., 2- l’unica legittimazione alla pratica sanitaria è l’espressione di volontà del paziente(consenso informato),in assenza della quale è precluso al professionista sanitario di effettuare qualsiasi controllo; fatta eccezione per i soli casi di urgenza e gravità impellente del malato per cui non è possibile acquisire il consenso, che tuttavia va chiesto ai familiari o non appena possibile.

4. Le competenze

La legge costituzionale 23 Ottobre 2001 riconosce nel quadro normativo la competenza regionale definita come concorrente: allo Stato è riservata l’individuazione dei principi fondamentali della materia,mentre alle Regioni è riservata la legislazione attuativa e di dettaglio. Nella stessa materia, le Regioni hanno potestà regolamentare esclusiva,mentre una certa potestà regolamentare interna è riconosciuta alle stesse Aziende e strutture del S.S.N.( che la esercitano attraverso il c.d. “atto aziendale” di cui all’art.3 del d.lgs. n. 502/92 citato.)

5. Brevi cenni sulla funzione giurisdizionale e amministrativa

Funzione giurisdizionale civile e penale

A nulla servirebbe la legge se non venisse applicata una sanzione nel caso di disobbedienza ad essa,così come se il cittadino non fosse tutelato dalla imparzialità di tale applicazione. Si parlerà di giurisdizione civile quando sorgono contestazioni in merito ad un diritto tra cittadini oppure che venga realizzata la pretesa punitiva dello Stato quando venga violata la legge penale,giurisdizione penale; o quando venga violato un interesse del cittadino da un atto della Pubblica Amministrazione,giurisdizione amministrativa. Le particolari forme e modi fissati dalla legge per adempiere alla funzione giurisdizionale sono le cosiddette leggi di procedura(codice di procedura penale e civile).La giurisdizione penale e civile rientrano nella ambito della giurisdizione ordinaria; mentre la civile e

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amministrativa si occupano comunque di tutelare la legge nei conflitti tra privati o fra soggetti privati e lo Stato. La giurisdizione ordinaria è svolta dal Pretore, dal Tribunale,dalla Corte di Appello e dalla Corte di Cassazione e su tre gradi. In primo, il Pretore o il Tribunale a seconda dell’entità della causa; in secondo grado che rivede il giudizio del primo la Corte di Appello;ultimo grado la Cassazione che opera non come giudice del fatto, ma come giudice del diritto cioè decide se nei giudizi precedenti si sia ottemperato o meno alle norme che disciplinano lo svolgimento del processo e della causa e che sono contenute nei codici di procedura civile e penale. Mentre la giurisdizione penale nei reati gravi è svolta dalla Corte di Assise di I grado e dalla corte di Assise di Appello.

Funzione amministrativa

La funzione amministrativa è quella che cura in concreto la realizzazione dei fini pubblici individuati dal potere politico e precettivamente assegnati dal potere legislativo alla pubblica amministrazione. Titolari della funzione amministrativa sono lo Stato-Pubblica Amministrazione e gli Enti Pubblici Autarchici che esplicano tale funzione mediante i loro organi. La Costituzione prende in esame l’attività amministrativa dello Stato negli art.5,28,97 e 98, gli ultimi due dei quali appartengono alla sezione intitolata appunto “ la Pubblica Amministrazione”. Essi sono riassumibili in:democraticità,personalità,legalità,imparzialità e decentramento. Democraticità: la P.A. si muove ed agisce al servizio del paese. Decentramento: passaggio ad organi locali di incarichi amministrativi che sarebbero adempiuti lentamente e insoddisfacentemente dagli organi centrali non in contatto diretto con le esigenze dei cittadini. Legalità: ossequio attivo e intelligente alle leggi che sono espressione della volontà popolare. Personalità: impegno totale e responsabile in proprio come dono delle loro miglioro energie da parte dei funzionari pubblici. Imparzialità: atteggiamento intimo dei pubblici dipendenti che deve essere fondato sull’assoluto rispetto della legge uguale per tutti,senza discriminazioni in favore o a danno di alcuno in relazione a interessi, simpatie o opinioni personali. LA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE L’Amministrazione Statale suole distinguersi in diretta e indiretta: indiretta quando lo Stato si avvale di organi,di attività alle quali viene riconosciuta una ampia autarchia( pubbliche per la potestà di cui risultano titolari e per i fini che perseguono).Quando l’amministrazione è esercitata da organi della stessa amministrazione centrale dotati di particolare autonomia(aziende autonome) o da persone giuridiche diverse dallo Stato che estendono la loro attività a tutto il territorio della Repubblica, ne deriva che le due formule organizzative che possono essere adottate sono quelle dell’accentramento e del decentramento.

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La organizzazione amministrativa diretta si divide in: - centrale ordinaria: Governo, Ministri,Corte dei Conti; - centrale speciale: “decentramento funzionale” con le aziende autonome con competenza nazionale. Esempio: A.N.A.S., Monopoli dello Stato. - locale o periferica: “decentramento organico o burocratico”.Esempio: Ministero degli Interni le Prefetture, Provveditorato agli Studi. ATTI AMMINISTRATIVI L’atto amministrativo costituisce la concreta manifestazione della attività amministrativa,costituisce cioè lo strumento mediante il quale il potere amministrativo si esercita. Esempio: ammissioni, autorizzazioni,concessioni. La struttura formale dell’atto è:

1. intestazione( indicazione autorità promanante l’atto) 2. preambolo( in cui sono indicate leggi,regolamenti….) 3. motivazione( gli interessi coinvolti nel procedimento) 4. dispositivo( dichiarazione di volontà) 5. luogo( in cui è stato emanato) 6. data 7. sottoscrizione( firma dell’autorità emanante l’atto)

La legge 07 agosto n. 241 del 1990 ha profondamente innovato la materia in questione sancendo la motivazione obbligatoria dell’atto.

IL PROCEDIMENTO AMMINISTRATIVO

Affinché un atto sia perfetto e efficace l’iter prevede tre fasi principali:

1. preparatoria( predisporre e accertare i presupposti dell’atto)

• stadio iniziativa( fase propulsiva su istanze,denunce e ricorsi) • stadio istruttorio( acquisizione e valutazione dati per emanazione

atto)

2. costitutiva( determinazione contenuto,formazione e emanazione)

3. integrativa dell’efficacia • fase di controllo( legittimità o merito dell’atto) • fase comunicazione ( notificazione o pubblicazione albo)

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PATOLOGIA DELL’ATTO AMMINISTRATIVO

Gli stadi patologici che rendono un atto amministrativo inapplicabile possono essere:

1. Atto inesistente-manca un elemento essenziale per l’esistenza 2. Atto imperfetto-non sia ancora concluso il suo ciclo di formazione 3. Atto inefficace-non è idoneo a produrre effetti giuridici 4. Atto ineseguibile-per ordinanza di sospensione benché efficace è

ineseguibile 5. Atto invalido- difforme dalla norma che lo disciplina 6. Atto irregolare- per esempio violazione delle norme sul bollo

comporta una sanzione amministrativa ma non l’inefficacia o l’annullabilità

RICORSO AMMINISTRATIVO

E’ l’istanza diretta ad ottenere l’annullamento,la revoca o la riforma di un atto amministrativo con il rispetto delle forme e dei termini previsti dalla legge. Le forme che assumono i ricorsi amministrativi sono: l’opposizione,il ricorso gerarchico e il ricorso straordinario al Capo dello Stato. Il primo è rivolto alla stessa autorità che ha emanato l’atto anziché a quella gerarchicamente superiore. E’ eccezionale e utilizzabile solo nei casi prescritti dalla legge. Il secondo è uno strumento ordinario e generale consistente nell’impugnativa di un atto non definitivo proposto dal soggetto interessato all’organo gerarchicamente superiore a quello che ha emanato l’atto. Il terzo va indirizzato al Presidente della Repubblica avente per oggetto un provvedimento definitivo; esso è alternativo a quello giurisdizionale amministrativo: se è stato presentato al TAR non può più essere presentato al Capo dello Stato e viceversa. Laddove eventuali controversie amministrative non siano state risolte con ricorso è possibile utilizzare i mezzi giurisdizionali: TAR in primo grado e Consiglio di Stato nel giudizio di appello. Questi organi rappresentano un unico ordine giurisdizionale.

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DECENTRAMENTO AMMINISTRATIVO DELLO STATO: LA REGIONE,LA PROVINCIA E IL COMUNE Alla Regione è dedicato l’art.115 della Costituzione Repubblicana che definisce tale Ente come autonomo con propri poteri secondo i principi fissati nella Costituzione. All’art.117 è sancita la materia sulla quale la Regione è autonoma nella legiferazione,tra le altre quella di interesse per questo studio è:

• Assistenza sanitaria ed ospedaliera

La Provincia(art.128 e 129) e il Comune sono affiancati alla Regione come Enti autarchici; in specifico la Provincia organizza e tutela i servizi sanitari di igiene e profilassi pubblica. Il Comune come la Provincia,tra le altre competenze, la sanità e l’igiene pubblica.

6. Evoluzione della legislazione sanitaria

E’ il complesso delle norme che tutelano la salute di una comunità ed anche gli organi a tale fine preposti. Tale obiettivo è contenuto nell’art.32 della Costituzione,il quale sancisce la tutela della salute come un obbligo ed un dovere dello Stato. In realtà lo Stato pur da sempre occupandosi della materia sanitaria ha potuto solo con la legge 833 del 1978 dare completa attuazione a quanto previsto dall’art.32. Lo sviluppo della legislazione sanitaria è avvenuto su tre fronti: approntamento dei mezzi di organizzazione e di amministrazione generale,l’assistenza ospedaliera e i mezzi di tutela verso i lavoratori e i loro familiari. In questo studio accenneremo solo al primo e secondo aspetto. La prima legge organica dopo l’unificazione d’Italia fu la n.248 del 20 Marzo 1865 che affidava la tutela della salute pubblica al Ministero degli Interni che vi provvedeva tramite i Prefetti e i Sindaci. Di poi la legge 22 Dicembre 1888 n. 5849 che istituì la Direzione Generale della Sanità Pubblica all’interno del Ministero degli Interni e in periferia gli Uffici Sanitari Provinciali. Con Regio Decreto n. 1265 del 27 luglio 1934 il Testo Unico delle Leggi Sanitarie che previde un complesso organico di disposizioni che determinano l’ordinamento sanitario e le funzioni più importanti degli organi dell’Amministrazione Sanitaria. Nel 1945 il Decreto legislativo n.417 sostituì la Direzione Generale della Sanità Pubblica con l’istituto dell’Alto Commissariato per l’Igiene e la Sanità pubblica con maggiori poteri e autonomia. La legge infine n.296 del 13 marzo 1958 istituì il Ministero della Sanità e articolò l’organizzazione sanitaria in una parte centrale con il Ministero e in una periferica mediante l’Ufficio del Medico Provinciale,l’Ufficio del Veterinario Provinciale e gli Uffici sanitari del Comune. Per quanto riguarda l’assistenza ospedaliera fino alla prima metà

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dell’800 gli ospedali erano affidati a Opere Pie create dall’azione caritatevole e di supplenza di origine cattolica che intervenivano a favore dei non abbienti a titolo di beneficenza. Tuttavia tra il 1886 e il 1923 si assisteva ad una crescente attività legislativa attivante istituzioni pubbliche e tra queste veniva inserita anche l’ospedale con la legge n. 6792 del 1980. Il Regio Decreto 31 dicembre 1923 n. 2841 introduceva accanto alla beneficenza il concetto di assistenza,aprendo l’ospedale a fascie più vaste di popolazione. Il Regime fascista definiva le norme generali per l’ordinamento ospedaliero e del personale sanitario. La legge di riforma ospedaliera n. 132 del 12 febbraio 1968 attuava una riorganizzazione nella quale tutti gli ospedali acquistavano la personalità giuridica pubblica e diventavano “enti ospedalieri” con c.d.a. nominati da regioni,comuni e provincia. Negli anni ’70 la crisi finanziaria degli ospedali i cui crediti non potevano essere soddisfatti dagli Enti mutualistici obbligò il governo a intervenire con la legge n. 386 del 1974 che realizzò due obiettivi: ripianamento dei debiti delle mutue nei confronti degli ospedali ed il trasferimento della assistenza ospedaliera e del relativo finanziamento alle Regioni e il secondo lo scioglimento degli enti mutualistici che si verificò solo nel 1979. Il trasferimento alle Regioni delle funzioni dello Stato relative all’assistenza sanitaria venne completato definitivamente dal D.P.R. n. 616 del 1977 attuativo della legge n. 382 del 1975 che previde un modello decentrato che verrà ripreso dalla legge di riforma sanitaria. Brevemente si ricorda la legge 833 del 1978 che ha istituito la riforma sanitaria con la creazione del Sistema Sanitario Nazionale; in primo luogo la assistenza sanitaria non è più condizionata alla situazione professionale del cittadino ma viene erogata a tutti,indistintamente; poi la tutela della salute prevede non solo la cura, ma anche la prevenzione e la riabilitazione da qualsivoglia stato morboso e infine il decentramento territoriale del potere decisionale verso le Regioni ha fatto acquisire a queste ultime maggiore rilevanza in materia sanitaria. Tra i vari obiettivi ne ricordiamo uno attinente allo studio: tutela della salute dell’anziano,nel senso di ricorrere sempre meno alla ospedalizzazione della persona anziana utilizzando strutture sanitarie sul territorio. Il D.Lgs.502/92 e il D.Lgs.517/93 prodotti dal Governo hanno introdotto una riorganizzazione del S.S.N. con principi di concorrenzialità tra pubblico e privato e aziendalizzazione delle Asl che da 659 sono state ridotte a 228. Concetti introdotti la Programmazione e l’accreditamento;il primo è un processo meno decisionale e allocativo e più strategico e indicativo,con meno norme che obbligano o vietano qualcosa. A livello centrale il tutto è controllato con i flussi informazionali delle strutture locali. Il secondo risponde al criterio di quantità e qualità(requisiti strutture sanitarie per quantizzare la spesa e valutazione qualitativa di tali prestazioni).In sintesi storicamente si è evoluta l’organizzazione sanitaria italiana, secondo le seguenti linee guida:

1. centralizzazione dell’U.S.L.,(1968-74) 2. aziendalizzazione A.S.L.( 1992-93) 3. regionalizzazione(1975-77-78)

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Legislazione della professione sanitaria Dalla legge 23-06-1927 alla legge n. 43 del 01-02-2006

La legge 23 giugno 1927 n.1264 disciplina le arti ausiliarie delle professioni sanitarie, ma è la legge 12-02-1968 n.132 a riferirsi per prima alla figura del terapista della riabilitazione tra il personale ausiliario. Con il d.p.r. 20 dicembre 1979 n.761 in attuazione della legge n.833/78 si distingueva il personale delle U.S.L. in quattro ruoli. Il passaggio dalle arti ausiliarie alla professione del fisioterapista,l’attuazione da parte ministeriale delle deleghe contenute nel d.lgs. n. 502/92 è avvenuta rispettivamente con la definizione del profilo professionale mediante il d.m. n. 741 del 14 settembre 1994 e con la pubblicazione dell’ordinamento didattico a mezzo del d.m. n. 168/1996. Riflessi immediati del profilo professionale sono la previsione dell’esercizio libero-professionale(studi o ambulatori) che proietta la professione tra quelle che il codice civile tratta al libroV,titolo III,capo secondo; indipendenza nella modalità di esercizio delle competenze e della professionalità.La legge n.42 del 26 febbraio 1999 ha precisato ulteriori aspetti delle nuove professioni: sostituzione della denominazione professione sanitaria ausiliaria con professione sanitaria; il secondo comma dell’art.1. della legge stabilisce il rispetto reciproco delle specifiche competenze professionali tra le figure professionali tradizionali mediche e non e le nuove figure; le equipollenze e i titoli di cui preferiamo andare oltre. La recentissima legge 8 gennaio 2002 n.1 che riconosce la stessa validità ai fini dell’iscrizione ai nuovi corsi di laurea(laurea specialistica,master,formazione post-base) tra i diplomi abilitanti all’esercizio delle professioni indicate nella legge n. 42/99 e la 251 del 2000. Quest’ultima legge mette l’accento sulla valutazione funzionale,che sta come la diagnosi alla cura, e la dirigenza. Ultima legge che istituisce l’Ordine professionale per la figura del fisioterapista(?) è la legge n.43 del 01-02-06 che è allo stato dello scritto stata prorogata di ulteriori diciotto mesi per l’attuazione definitiva;dubbi sono emersi dalla Corte dei Conti(Fonte:Quotidiano Sole-24 ore-Venerdì 16 Giugno 2006) in merito allo schema di Dpr sulla riforma dell’accesso agli Ordini elaborato dal ministero dell’università. Collegata significativamente all’eventuale adozione dell’albo professionale è la commissione C.C.E.P.S.( Commissione Centrale per gli Esercenti le Professioni Sanitarie) organo di giurisdizione speciale,istituito presso il Ministero della Salute con D.L. 13-09-1946 n. 233 e regolamento di attuazione approvato con d.p.r. 05-04-1950 n. 221. Essa è preposta all’esame dei ricorsi presentati dai professionisti sanitari contro i provvedimenti dei rispettivi Ordini e collegi professionali. Le decisioni del C.C.E.P.S. sono impugnabili davanti alla Suprema Corte di Cassazione. Infine va menzionata la sentenza della Corte Costituzionale n.319 del 26 luglio 2005 che ha affermato il principio che “individuare le figure professionali con i relativi profili e ordinamenti didattici è una competenza riservata allo Stato e non alle Regioni.”

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Formazione professionale

Per quanto attiene alla formazione professionale del fisioterapista by-passiamo tutta la storia dal 1934 alla legge 08-01-2002, specificando solo che l’evoluzione della formazione ha seguito in parallelo l’evoluzione storica della professione sanitaria del fisioterapista. Accenneremo quindi solo all’abilitazione all’esercizio della professione di fisioterapista in possesso di valido titolo di studio e dell’esercizio abusivo di professione e di quella materia che può essere rilevante allo scopo dello studio.

L’abilitazione all’esercizio della professione

A seguito di un susseguirsi di normative sulla formazione del fisioterapista dal 1934 al d.lgs. 30 dicembre 1992 n. 502, ad oggi i titoli abilitanti sono:

• il D.U. ex. D.m. n. 168/1996 • il D.U. ai sensi dell’art.9 della legge 19 novembre 1990 n. 341 • i titoli riconosciuti equipollenti dall’art.4 comma 1 legge n. 42/99

e i titoli rilasciati in esito ai corsi previsti dall’ordinamento vigente all’entrata in vigore del d.lgs. 30 dicembre 1992 n. 502.

L’art.348 c.p.-Abusivo esercizio di una professione- punisce chiunque eserciti abusivamente una professione per la quale è richiesta una specifica abilitazione dello Stato. Correlato al possesso del titolo di studio e quindi della relativa abilitazione all’esercizio della professione di fisioterapista è appunto l’abuso della professione di cui all’art.495 del codice penale(falsità personale) in quanto nell’ambito della nozione di qualità personali cui fa riferimento la norma citata,rientra anche la professione. Pertanto è sufficiente la spendita della qualifica dinanzi ai pubblici ufficiali per essere condannati.(Tribunale di Roma,sentenza 6 marzo 2006 n. 3847).Anche la Legge 5 febbraio 1992 n. 175(Norme in materia di pubblicità sanitaria e di repressione dell’esercizio abusivo delle professioni sanitarie),all’art.3 presenta la disciplina degli illeciti e sanzioni. La norma distingue due ipotesi: 1- l’esercente, che pur rispettando la legge 175, sia sprovvisto di autorizzazione sindacale e ciononostante pubblicizzi la sua attività potrà essere punito con la sanzione disciplinare dalla censura alla sospensione dell’attività, 2- l’esercente che sprovvisto di autorizzazione,pubblicizzi la sua attività fornendo informazioni e indicazioni false, o con mezzi non previsti dalla legge,è sospeso per un periodo da sei mesi ad un anno. La legge in una specifica del Ministero della Salute(sito internet del Ministero della Salute,18-07-2006) sottolinea che non si applica

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alle professioni sanitarie non ancora costituite in Ordini e Collegi professionali; specifica in contrasto con la disposizione per lo studio libero- professionale alla pubblicità sanitaria,in quanto ad oggi non vi è ancora ordine professionale approvato. Infine l’emanazione del decreto del Ministero della Salute dell’8 giugno 2001 che all’art.1 individua il “Dipartimento per l’ordinamento sanitario,la ricerca e l’organizzazione”quale struttura competente in materia di pubblicità sanitaria e di repressione dell’esercizio abusivo delle professioni sanitarie. Infine con la sentenza n. 49116 la VI Sez.Penale la Corte di Cassazione esprime il concetto di autonomia e equivalenza delle Professioni Sanitarie in merito al presunto esercizio abusivo della professione del medico non-specialista che pratica attività fisioterapica. Ma al di là della liceità del comportamento del medico è interessante e preoccupante il riferimento rispetto alle lauree specialistiche delle professioni sanitarie non-mediche(fisioterapia nella fattispecie) nei confronti della quale la legislazione è scarna,confusa e le interpretazioni non sempre univoche. Evidente è infatti la contraddizione considerando la normativa in vigore che fa suo il concetto di autonomia e dall’altro come sembra la sentenza suggerire,si ritiene che esistano professioni sanitarie comprensive e equivalenti rispetto ad altre,secondo un criterio di eccellenza(Riv.Dir.Prof.Sanitarie).

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C A P I T O L O 3

PROFILI DI RESPONSABILITA’ Aspetti giuridici e medico-legali della professione sanitaria Il fisioterapista, nato inizialmente come massaggiatore abilitato ad effettuare massaggi e manovre di riabilitazione solo sotto la supervisione del medico curante, è una figura caratterizzata da una connotazione specialistica, che gli è conferita direttamente dal fatto che le Università attualmente rilasciano, a seguito della legge 509/99, una laurea di primo livello, una laurea specialistica di secondo livello,un diploma di specializzazione ed un dottorato di ricerca. In conseguenza di questo, è evidente ed opportuno rilevare come la qualificazione giuridica del fisioterapista sia profondamente mutata, passando da una situazione per così dire ibrida, in cui, essendo paramedico, era soggetto alla vigilanza del medico che aveva prescritto la fisioterapia,che veniva chiamato in causa a seguito di qualsiasi danno causato al paziente, ad una situazione in cui diventa un professionista che collabora in modo paritetico con il medico medesimo. Può elaborare la programmazione del percorso riabilitativo con totale competenza professionale, eseguire in piena autonomia o in collaborazione con altre figure professionali l’attività terapeutica per la rieducazione funzionale delle disabilità motorie, neurologiche e cognitive, può utilizzare terapie fisiche, manuali e occupazionali, per cui ne deve anche verificare la piena rispondenza agli obiettivi di recupero funzionale; inoltre ha la facoltà di svolgere attività di didattica e consulenza professionale svolgendo la propria attività professionale in strutture pubbliche e private. C’è quindi un principio di collaborazione professionale con competenze diverse senza i vincoli cogenti della prescrizione medica. Divenuto un professionista fornito di conoscenza e quindi di competenza, entrambe acquisite mediante una formazione nel proprio profilo professionale, il fisioterapista laureato può compiere atti sanitari nel proprio ambito di attività: ha, in altre parole, una piena autonomia professionale accompagnata ad una propria competenza diagnostica(?), potendo effettuare procedure di valutazione funzionale, per poter espletare le competenze proprie previste dai rispettivi profili professionali. Ricordiamo che con la legge 26 febbraio 1999 n. 42, la denominazione “professione sanitaria ausiliaria” diventa semplicemente “professione sanitaria”: si viene a sancire in questo modo il fatto che l’attività e la responsabilità del fisioterapista sono strettamente correlate al contenuto del profilo professionale, all’ordinamento didattico ed al codice deontologico. Appare chiaro, pertanto, come, con il raggiungimento di un elevato livello di autonomia professionale, si sia realizzato un contemporaneo incremento delle possibilità che si realizzino delle situazioni,

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sia in ambito penale che civile, nelle quali sarà invocata la responsabilità professionale del fisioterapista laureato. Necessita prima di addivenire alla definizione dei concetti espressi nel titolo del paragrafo,chiarire prima quelli di Pubblico Ufficiale e Incaricato di pubblico servizio. I soggetti che esercitano una professione sanitaria rivestono qualifiche giuridiche diverse a seconda della normativa cui si fa riferimento,in relazione al modo ed alle funzioni svolte. Le professioni sanitarie sono regolamentate dal Testo Unico delle Leggi Sanitarie( art.99 del R.D.27 Luglio 1934,n.1265) che suddivide le professioni sanitarie per le quali è richiesta la laurea (medico,farmacista,odontoiatra e veterinario) da quelle ausiliarie dove è richiesto il diploma di livello medio superiore o di primo livello universitario come ad esempio per l’infermiere professionale,il fisioterapista,l’ostetrica,i tecnici di radiologia. Secondo il codice penale l’operatore sanitario può assumere tre differenti qualificazioni:pubblico ufficiale,incaricato di pubblico servizio o esercente un servizio di pubblica necessità. Pubblici ufficiali sono “coloro i quali esercitano una pubblica funzione legislativa,giurisdizionale o amministrativa…..è pubblica la funzione amministrativa disciplinata da norme di diritto pubblico e da atti autoritativi e caratterizzata dalla formazione della manifestazione della volontà della pubblica amministrazione e dal suo svolgersi per mezzo di poteri autoritativi e certificativi”(art.357 C.P.).In pratica pubblico ufficiale è colui che svolge per conto dello Stato una attività con la finalità di tutelare un interesse diretto dello Stato. L’art.358 C.P. definisce l’incaricato di pubblico servizio: colui il quale a qualunque titolo presta un servizio pubblico ma senza i poteri autoritativi tipici della funzione pubblica stessa,svolgendo pertanto una attività autorizzata dallo Stato nell’interesse diretto della collettività. Infine l’art.359 C.P. definisce l’esercente di un servizio di pubblica necessità come “ i privati che esercitano professioni forensi o sanitarie……….quando dell’opera di essi il pubblico sia per legge obbligato a valersi….i privati che, non esercitando una pubblica funzione,né prestando un pubblico servizio,adempiono un servizio dichiarato di pubblica necessità mediante un atto della pubblica Amministrazione”. Si tratta in sostanza del caso del libero professionista alla cui opera il pubblico ricorre in caso di bisogno. Il sanitario di volta in volta può rivestire una delle tre qualifiche giuridiche sopra menzionate. Esempio di pubblico ufficiale è il Direttore Sanitario di un Ospedale Pubblico; incaricato di pubblico servizio è l’infermiere per esempio in servizio dipendente di struttura sanitaria ospedaliera pubblica; esercenti di un servizio di pubblica necessità tutti i liberi professionisti che esercitano una professione sanitaria. La diversa qualifica giuridica implica,dal punto di vista penale, una maggiore o minore esposizione a responsabilità penale in quanto i reati compiuti da colui che riveste la qualifica di pubblico ufficiale o di incaricato sono generalmente considerati più gravi e puniti più severamente. D’altro canto la diversa qualifica comporta una minore o maggiore protezione penale: compiere un reato contro un pubblico ufficiale è punito maggiormente che quando lo stesso reato si realizza contro un sanitario libero-professionista( ad esempio un’offesa ad un pubblico ufficiale è un reato

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di oltraggio mentre contro il libero professionista è considerata ingiuria,perseguibile solo a querela di parte). IL REFERTO E’ una comunicazione all’Autorità Giudiziaria a cui sono tenute tutte le persone che esercitano una professione sanitaria allorché abbiano prestato un’attività professionale di assistenza o opera in casi che possono presentare i caratteri di un delitto perseguibile di ufficio. In merito si è espressa la Corte di Cassazione Sez.VI Penale sent.10-09-1998 n. 1076,nella fattispecie un medico di famiglia che aveva omesso di inviare il referto all’autorità giudiziaria per lesioni gravissime del paziente per infortunio sul lavoro, a lui ricorso per le cure. Si pone l’attenzione sullo sforzo da compiere da parte dell’esercente la professione sanitaria di valutare se possa sussistere responsabilità umana perché il fatto si è verificato o perché non è stato prevenuto o evitato da chi aveva l’obbligo di farlo; in secondo luogo ci si chiede come mai non si sia ancora radicata tra gli operatori della salute l’obbligatorietà palese dell’art.365c.p: infatti il referto va stilato dal medico ma anche dall’infermiere professionale o da qualunque persona eserciti una professione sanitaria ( fisioterapista)che abbia prestato assistenza o opera verso un paziente (Riv.Dir.Prof.Sanitarie). La dottrina prevalente intende per assistenza una prestazione di carattere continuativo e per prestazione di opera un singolo intervento,anche occasionale o transitorio(tipo una valutazione funzionale riabilitativa?). L’invio è fatto al Procuratore della Repubblica entro 48 ore ma se vi è “pericolo nel ritardo” è immediato. Il referto deve contenere come cita l’art.334 C.P.P. determinati elementi. L’omissione di referto è un reato previsto dall’art.365 C.P.,tuttavia sussistono due eccezioni a tale obbligo: 1- la possibilità per l’operatore sanitario di non voler sottoporre a procedimento penale la persona assistita e quindi sarà l’operatore che di volta in volta valuterà l’opportunità o meno di segnalare un fatto perseguibile d’ufficio quando sia reo: ciò per evitare che il reo si sottragga alle cure per paure di rendere ragione di un delitto commesso; 2- prevista dall’art.384 C.P. per il quale un rapitore ferito che armato, minaccia l’operatore sanitario o quando lo stesso operatore che cura una persona da lui ferita.

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REATI DI INTERESSE SANITARIO Omicidio L’omicidio è rappresentato dalla uccisione di una persona e, secondo l’elemento psicologico del reato,il Codice Penale distingue quattro diversi tipi di omicidio di diversità gravità; qui accenneremo solo all’omicidio colposo(art.589 C.P.) che costituisce la forma più frequente. Essa è rappresentata dalla morte di un soggetto non voluta né causata per atti volontari di lesioni personali,ma legata ad un comportamento del reo imprudente,imperito e negligente o per inosservanza di leggi, regolamenti, ordini e discipline. In altri termini è colposo l’evento che era prevedibile e prevenibile,ma per un atteggiamento erroneo del reo l’evento morte non è stato impedito. E’ il caso della responsabilità professionale del sanitario che, per imprudenza o negligenza o imperizia, determina il decesso del paziente. LESIONI PERSONALI COLPOSE Il reato di lesioni personali è contemplato negli art.582 e 583 C.P. e 590. L’art.582 “ chiunque cagiona ad alcuno una lesione personale dalla quale deriva una malattia nel corpo o nella mente è punito……”, mentre l’art.583 prevede le circostanze aggravanti del medesimo reato. Le lesioni personali a seconda dell’elemento psicologico del reato, si suddividono in volontarie e in colpose,cioè non volute dal reo. All’art.590 c.p.“ 1.chiunque cagioni ad altri,per colpa, una lesione personale,è punito con la reclusione sino a tre mesi o con la multa fino a lire seicentomila”. In funzione della durata della malattia avremo la distinzione tra lesione lievissima- meno di 20 giorni-; lieve-tra 20 e 40 giorni-; grave-superiore ai 40 giorni-e gravissima-quando è insanabile-All’art.590 secondo comma si specifica che “se la lesione è grave,la pena è della reclusione da uno a sei mesi o della multa da lire 240.000 a 1.200.000; se è gravissima della reclusione da tre mesi a due anni o della multa da lire 600.000 a 2.400.000…..”.(Vedere in merito Sentenza Cassazione Penale n. 859 fisioterapista condannato per lesioni colpose) SEGRETO PROFESSIONALE E SEGRETO DI UFFICIO Il segreto professionale costituisce un obbligo morale ma anche sancito dal Codice Penale(art.622) alla quale sono tenuti tutti coloro che svolgono determinate professioni tra cui quella sanitaria. Infatti l’art.622 del c.p. così recita:” chiunque avendo notizia,per ragioni del proprio stato o ufficio o della propria professione o arte di un segreto, lo rivela senza giusta causa ovvero lo impiega a proprio o altrui profitto,è punito se dal fatto può derivare nocumento………”.La giusta causa è per esempio il sieropositivo che non vuole far conoscere il suo stato alla partner per cui può prospettarsi l’ipotesi di svelare il segreto professionale essendoci rischio per il contagio della partner.

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Nel caso in cui l’operatore sanitario ricopra la qualifica di pubblico ufficiale o di incaricato di pubblico servizio,oltre il segreto professionale vige l’obbligo del segreto di ufficio che tutela un interesse della Pubblica Amministrazione. In tal senso l’art.326 c.p., sul segreto di ufficio, essendo più grave di quello all’art.622 c.p. è perseguibile di ufficio mentre la rivelazione di segreto professionale è perseguibile a querela della persona offesa. La legge 675/96 e successive integrazioni,relativa alla Tutela delle persone e di altri soggetti rispetto al trattamento dei dati personali ha in parte integrato le normative inerenti alla riservatezza nel rapporto tra sanitario e paziente. Infatti tale norma,che prevede il trattamento sia dei dati personali che sensibili oltre a rimarcare il diritto alla riservatezza dei dati specifica la necessità che il trattamento sia sempre subordinato al consenso dell’interessato ( Corte d’Appello di Bari 30-06-05 e Tribunale di Bologna 08-08-05 in Riv.Dir.Prof.Sanitarie-Benci L.) che perde di efficace validità nel caso in cui l’operatore sanitario informi inadeguatamente il paziente. Se tale consenso è negato o non può essere prestato i dati possono essere trattati solo nel caso in cui la finalità di tutela dell’incolumità fisica riguardino un terzo o la collettività. Inoltre anche la Cass. civ. sez. III, 25 novembre 1994, n. 10014 precisa che: “occorre inoltre rilevare che il consenso, oltre che legittimare l'intervento sanitario costituisce, sotto altro profilo, uno degli elementi del contratto tra il paziente ed il professionista (art.1325 c.c.), avente ad oggetto la prestazione professionale, sicche' l'obbligo di informazione deriva anche dal comportamento secondo buona fede cui si e' tenuti nello svolgimento delle trattative e nella formazione del contratto (art. 1337 c.c.)”. Sforza c. Milesi Olgiati, in Foro it., 1995, I, 2913 nota (SCODITTI); in Nuova giur. civ. commen., 1995, I, 937 nota (FERRANDO).Infine con sentenza n. 5444 del 14-03-06 la Cassazione Penale precisa che è condotta omissiva non adempiere all’obbligo dell’informazione circa le prevedibili conseguenze dell’intervento,anche se l’intervento ha buon esito,configurando la violabilità dell’art.13 e 32 della Costituzione. Il consenso deve essere quindi chiaro,completo e compreso. Vedremo poi che quello del consenso è uno dei punti cui il Ministero della Salute e non solo, in un documento sulla gestione del rischio,considera rilevante ai fini della prevenzione da danni per violazione.1

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RESPONSABILITA’ PROFESSIONALE E’ necessario premettere che le fonti normative dalle quali derivare, per il fisioterapista, i confini dell’esercizio e della responsabilità professionale non sono dissimili da quelle comuni a tutte le professioni sanitarie: legge 42 del 1999 e legge 251 del 2000. Queste due norme generali vengono poi declinate,come per le altre professioni sanitarie,in funzione del profilo professionale e degli ordinamenti (Riv.Dir.Prof.Sanitarie). Generalmente si indica come colpa professionale quella derivante da una prestazione sanitaria inadeguata, a causa di un comportamento di tipo colposo dell’operatore da cui sono derivate conseguenze negative per la salute del paziente che, a seconda dell’ambito giuridico,possono comportare una condanna,detentiva o pecuniaria,per reato ( responsabilità penale ), ovvero un obbligo a risarcire il danno(responsabilità civile).La sentenza di seguito riportata ci aiuta a definire la colpa lieve da quella grave: Cass. civ. sez. III, 12 agosto 1995, n. 8845 “La responsabilità del professionista per i danni causati nell'esercizio della sua attività postula la violazione dei doveri inerenti al suo svolgimento, tra i quali quello della diligenza(art.1176 c.c.…del buon padre di famiglia) che va a sua volta valutato con riguardo alla natura dell'attività e che in rapporto alla professione di medico-chirurgo implica scrupolosa attenzione ed adeguata preparazione professionale. Ne consegue che il professionista risponde anche per colpa lieve quando per omissione di diligenza ed inadeguata preparazione provochi un danno nell'esecuzione di un intervento operatorio o di una terapia medica, mentre risponde solo se versa in colpa grave quante volte il caso affidatogli sia di particolare complessità o perche' non ancora sperimentato o studiato a sufficienza, o perche' non ancora dibattuto con riferimento ai metodi terapeutici da eseguire”. Com. Montevarchi c. Usl n. 20/A Montevarchi, in Giust. civ. Mass., 1995, 1517. Lo stesso comportamento colposo può far sorgere contemporaneamente diverse forme di responsabilità: se ad esempio per un trattamento ne consegue un danno ad un organo,l’operatore sanitario a carico del quale sarà stata accertata la colpa potrà essere chiamato a rispondere penalmente del reato di lesioni personali,mentre, nello stesso tempo, sarà tenuto civilmente a risarcire il danno causato dalla perdita di funzione dell’organo. Il concetto di colpa si identifica negli elementi riportati all’art. 43 c.p. ( applicato anche in ambito civile per la unitarietà dell’ordinamento giuridico ) che definisce colposo un evento non voluto e che si verifica a causa di “imprudenza,negligenza o imperizia,ovvero per inosservanza di leggi, regolamenti, ordini o discipline”. La negligenza,forse il più frequente addebito di colpa che in generale viene contestato,denota un comportamento di tipo omissivo,disattento,disaccordo carente della necessaria attenzione operativa. Quando la condotta colposa sia censurata per negligenza è sufficiente la omissione della diligenza comune, rapportata cioè al grado medio( vedi Cass. civ. sez. III, 3 marzo 1995, n.2466: il medico-chirurgo nell'adempimento delle obbligazioni contrattuali inerenti alla propria

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attivita' professionale e' tenuto ad una diligenza che non e'solo quella del buon padre di famiglia, come richiesto dall'art. 1176 comma 1 c.c., ma e' quella specifica del debitore qualificato,come indicato dal comma 2 dell'art. 1176, la quale comporta il rispetto di tutte le regole e gli accorgimenti che nel loro insieme costituiscono la conoscenza della professione medica, tenendo conto che il progresso della scienza e della tecnica ha notevolmente ridotto nel campo delle prestazioni medico specialistiche l'area della particolare esenzione indicata dall'art. 2236 c.c. (nella specie la S.C. ha confermato la sentenza di merito la quale aveva escluso che possa considerarsi problema tecnico di speciale difficolta' per uno specialista ortopedico la corretta terapia della immobilizzazione delle articolazioni di un arto ustionato)”,di cultura e capacità professionale;pertanto risponde a titolo di colpa il sanitario quando non valuti le possibili conseguen- ze di ogni suo atto e non riduca al minimo i rischi connessi all’espletamento dei vari interventi di tipo terapeutico o assistenziale o diagnostico (per esempio,nel caso del fisioterapista valutativo funzionale come alla L.251/2000 ). Per imprudenza si intende un comportamento rischioso,avventato,una condotta di tipo attivo che non si accompagna a quelle cautele che l’ordinaria esperienza suggerisce, nelle speciali circostanze del caso, a tutela dell’incolumità e degli interessi della persona sottoposta alle cure. Il termine imperizia si identifica con un comportamento che denota una carenza delle necessarie conoscenze tecnico-scientifiche,comunemente possedute da un professionista di pari formazione ed esperienza.(Cass. civ. sez. III, 3 marzo 1995, n. 2466: <<il comportamento dello specialista ortopedico che adotti pratiche terapeutiche diverse da quelle raccomandate dalla letteratura medica non e' conforme al canone della perizia del medico professionista e determina responsabilità per inadempimento indipendentemente dalla circostanza che il sanitario non disponesse, presso la sua struttura ospedaliera, dei mezzi necessari per far ricorso alla migliore tecnica.>> Mascali c. Cristaudo e altro, in Giur. it., 1996, I, 1, 91 nota (CARUSI). La violazione di leggi,regolamenti,ordini, o discipline completa il concetto di colpa includendovi tutti gli eventi in cui si è realizzato un danno ad altri a causa di trasgressioni a disposizioni sancite attraverso diverse fonti del diritto. La responsabilità penale è strettamente personale ( art. 27 della Costituzione ) a differenza di quella civile che è trasferibile a terzi. L’art. 113 c.p. prevede le linee di quando nello stesso reato siano coinvolte più persone: è il caso di una equipe in cui sia chiamato in primis il capo-equipe per colpa in eligendo(aver assegnato una mansione ad un collaboratore non preparato a svolgerlo) e in vigilando ( non avere adeguatamente sorvegliato sull’attività dei collaboratori); comunque al di là delle responsabilità del capo equipe ogni componente risponde comunque personalmente degli errori commessi nello svolgimento delle funzioni a lui affidate in base alla sua preparazione e esperienza. Ma la responsabilità penale in equipe trova la sua soluzione nell’elaborazione del principio di affidamento tramite due sentenze: (Cassazione Penale Sez.IV Penale n.18568 del 26-01-05/18-05-05 e Corte Cassazione IV Sez.n.556 del 17-11-99/18-01-00).Dato che in diritto penale la responsabilità è singola la giurisprudenza è arrivata al principio dell’affidamento,nel corretto adempimento degli altri soggetti,essendo anch’essi tenuti all’osservanza delle rispettive regole di condotta, per risolvere il problema della responsabilità in equipe.

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Il principio di affidamento consiste dunque nel rendere responsabile il singolo professionista del corretto adempimento dei compiti che gli sono affidati e di fatto sgravarlo dal compito di sorvegliare il comportamento altrui al superiore fine dell’interesse della vita e salute del paziente e affinché ogni membro dell’equipe possa e debba contare sul corretto comportamento degli altri. Inoltre il lavoro in equipe è sorretto da due principi oltre quello dell’affidamento che sono il principio della divisione degli obblighi tra i componenti dell’equipe e il principio della autoresponsabilità secondo il quale ogni membro dell’equipe risponde delle inosservanze attinenti alla sua competenza specifica. Ma il principio di affidamento ha due limiti: 1- quando un professionista può avere la previsione dell’altrui scorrettezza deve intervenire e 2- quando per la posizione gerarchica che ricopre ha l’obbligo di correggere o prevenire l’altrui scorretto agire. Più frequentemente le vicende giudiziarie in cui sono coinvolti operatori sanitari per casi di colpa professionale riguardano l’ambito civile,piuttosto che quello penale. Una lesione personale colposa da responsabilità professionale è infatti perseguibile solo a querela di parte ed è pertanto facoltà del paziente intraprendere contro il sanitario l’azione penale,che spesso non viene iniziata allorché vi sia stato il risarcimento del danno in sede civile. L’azione penale procede in modo autonomo,per diretto intervento dell’Autorità giudiziaria,solo nel caso di morte del paziente in cui può prospettarsi il reato di omicidio colposo,perseguibile di ufficio. Secondo le norme del codice civile il responsabile del (1) danno è obbligato a risarcire il danno causato con il suo comportamento, danno che può essere patrimoniale, e consistere in una perdita economica( danno emergente) o in un mancato guadagno(lucro cessante), o extrapatrimoniale e consistere in una diminuzione del bene salute (danno biologico o danno alla salute).In aggiunta a queste due forme di danno una terza categoria include il danno da dolore e sofferenza( danno morale) che viene qualificato come non patrimoniale e il (danno esistenziale)che si fonda sulla natura non meramente emotiva ed interiore (propria del cosiddetto danno morale), ma oggettivamente accertabile del pregiudizio, attraverso la prova di scelte di vita diverse da quelle che si sarebbero adottate se non si fosse verificato l'evento dannoso(Cass.U. 24-03-06 n. 6572 e Cassazione,Sez.III,sent.12-06-2006 n. 13546)(1);con tali sentenze il danno esistenziale esce da una posizione fumosa per entrare negli istituti della responsabilità contrattuale e extracontrattuale. Nel nostro ordinamento infatti esistono in campo civile due forme di responsabilità di un qualsiasi operatore sanitario o di un medico chiamato a rispondere di un danno: la forma contrattuale e extracontrattuale. La prima nasce dall’art.1218 C.C. qualora il debitore( operatore sanitario) che si sia impegnato tramite un contratto ad una determinata prestazione non esegua esattamente o ritardi la prestazione dovuta. La seconda è quella per la quale,in base all’art.2043 C.C., qualunque fatto,doloso o colposo, che abbia cagionato ad altri un danno ingiusto obbliga colui che ha commesso il fatto a risarcire il danno. 1- Il Sole-24 Ore n. 163 pag.27- 16-6-2006

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La responsabilità contrattuale è quella che tipicamente si viene ad instaurare tra un paziente che liberamente si rivolge ad un sanitario per una determinata prestazione a fronte di un corrispettivo e ci si trova dinanzi ad una violazione di un diritto relativo. E’ necessario che le due parti esprimano la propria volontà di concludere tale contratto ed è chiaro che questa manifestazione di volontà presuppone una scelta cosciente, consapevole e soprattutto informata. Il dovere di informazione che grava sul fisioterapista deve essere valutato in relazione ad una serie di circostanze proprie del caso concreto ( urgenza dell’intervento,condizioni del paziente,non solo sanitarie ma anche culturali,ecc…);nella eventualità della sua mancata prestazione,la giurisprudenza riconosce in modo particolarmente rigoroso la colpa del professionista. Riguardo al tipo di prestazione si ricorda che il sanitario per il codice civile (art.2236 c.c.) rientra tra coloro che prestano un’opera intellettuale per la quale è richiesta l’iscrizione in apposito albo e pertanto è applicabile il principio in base al quale se la prestazione implica la soluzione di problemi tecnici di speciale difficoltà il prestatore d’opera non risponde dei danni, se non in caso di dolo o colpa grave. La giurisprudenza è concorde nel ritenere che l’obbligazione del sanitario è di mezzi e non di risultato poiché non è scientificamente possibile assicurare la guarigione, ma si deve comunque assicurare la corretta prestazione. Ma con sentenza n.9617 sez.III del 20-09-99 la Cassazione sembra far coincidere l’obbligazione dei mezzi e dei risultati. Con le mutate condizioni sanitarie,una maggior tutela della persona portatrice di diritti costituzionali,l’aumento del contenzioso sanitario e della malpratica mondiale sembra che il sanitario avendo conoscenze tecniche alle quali attenersi,vedi Protocolli terapeutici e Evidenze scientifiche, entrerebbe nella fattispecie “amministrativa” nel caso di errore. Tale possibile conclusione non è priva di effetti in tema di distribuzione dell’onere della prova in sede giudiziaria, giacchè, se al paziente che si reputi leso dal comportamento colposo o doloso del medico spetta sempre provare (art. 2696 c.c.) il danno secondo il classico schema offerto dall’art. 1218 c.c. o dall’art. 2043 c.c., al medico spetta ora l’onere di provare di avere correttamente svolto l’attività terapeutica e chirurgica richiesta dal caso specifico (Diritto e Diritti-Portale giuridico italiano-avv.Lovito M.). Infatti “l’onere di provare la difficoltà della prestazione tale che il buon esito non sia facilmente prevedibile spetta al medico,mentre spetta al paziente dimostrare la non adeguatezza (negligenza) delle modalità di cura ricevute”(Corte Cassazione Sez.III Civ. n. 10297- 28-05-2004)-Onere della prova per presunta negligenza professionale-(Riv.Dir.Prof.Sanitarie).

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La responsabilità extracontrattuale o aquiliana riguarda l’operatore sanitario dipendente di una struttura ospedaliera e si è di fronte alla violazione di un diritto assoluto. In tal caso il rapporto che si instaura tra il soggetto che richiede le cure e l’operatore sanitario prescinde dalla volontà e dalle scelte di entrambi e dipende dalla organizzazione del lavoro all’interno della struttura e dalle funzioni e compiti assegnati secondo principi gerarchici a ciascun operatore. La responsabilità civile,nell’ambito della prestazione professionale alle dipendenze,ricade sull’ente ospedaliero che non si rivale sui propri dipendenti,salvo il caso di dolo o colpa grave. In entrambi i tipi di prestazione dovrà esistere un rapporto di casualità (Cass.civ., sez. lav., 20 dicembre 1986 n. 7801: <<Per accertare se una condotta umana sia o meno causa, in senso giuridico, di un determinato evento, e' necessario stabilire un confronto tra le conseguenze che, secondo un giudizio di probabilita' "ex ante", essa era idonea a provocare e le conseguenze in realta' verificatesi, le quali, ove non prevedibili ed evitabili, escludono il rapporto eziologico tra il comportamento umano e l'evento, sicche', per la riconducibilita' dell'evento ad un determinato comportamento, non e' sufficiente che tra l'antecedente ed il dato conseguenziale sussista un rapporto di sequenza, occorrendo invece che tale rapporto integri gli estremi di sequenza costante, secondo un calcolo di regolarita' statistica, per cui l'evento appaia come una conseguenza normale dello antecedente […].>>)tra il danno lamentato e la condotta professionale del sanitario. Tuttavia (2) l’onere della prova nel caso del rapporto contrattuale spetta al danneggiato che dovrà dimostrare unicamente il danno subito mentre il prestatore d’opera dovrà dimostrare che ha assolto agli oneri del contratto e che,pertanto,il mancato o inesatto adempimento è dovuto a cause a lui non imputabili. Nel caso della responsabilità extracontrattuale il danneggiato,oltre a dimostrare il danno, dovrà anche provare che questo dipende da un’azione od omissione del prestatore d’opera. Tra le altre, cfr. Cass. civ. sez. III, 18 ottobre 1994, n. 8470: posto che in materia di responsabilita' per danni cagionati nell'esercizio della professione medica va applicato il disposto dell'art. 2236 c.c., a norma del quale il sanitario risponde del danno soltanto in caso di dolo o colpa grave, nell'ipotesi in cui la prestazione implichi la soluzione di problemi tecnici di speciale difficolta', mentre quando si tratti di interventi che siano al di fuori dell'ipotesi della speciale difficolta' presupposta dall'art. 2236 c.c., occorre riportarsi alla disciplina generale prevista dall'art. 1176 per l'esercizio di un'attivita' professionale, la quale importa l'obbligo di usare la diligenza del buon padre di famiglia, implicante una scrupolosa attenzione ed una adeguata preparazione professionale, venendo in tale ipotesi in considerazione la colpa lieve, da presumere sussistente ogni volta che venga accertato un risultato peggiorativo delle condizioni del paziente, diverse sono, nelle due ipotesi, le conseguenze sul piano probatorio, sia per quanto concerne la posizione del paziente parte lesa, il quale dovra' limitarsi a provare il peggioramento delle proprie condizioni perche' sussista la presunzione di colpa, o sobbarcarsi al maggior onere probatorio in caso di intervento di speciale

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difficolta', sia per quanto concerne la posizione del sanitario, anch'egli da porre di fronte ad una alternativa opposta a seconda della sussistenza di una delle due ipotesi. Arcuti c. Pascarelli, in Giust. civ. Mass., 1994, 1235 (s.m.). In specie quella poi inerente (3) al termine prescrizionale, l'azione di responsabilità per l'illecito extracontrattuale si prescrive in cinque anni, mentre quella per l'inadempimento dell'obbligazione nell'ordinario termine decennale. Con una sentenza del 22-11-93 n. 11503 la Cassazione Civile sez.III sembra aver tentato un superamento evolutivo della dicotomia responsabilità contrattuale-extra portando i fatti dannosi a carico di un neonato verificatisi alla nascita, dall’area della extracontrattuale a quella contrattuale. La responsabilità civile degli enti ospedalieri La responsabilità dell'ente ospedaliero per colpa dei sanitari. Verso l'individuazione della prestazione di assistenza sanitaria Vi sono due profili distinti, seppur intimamente connessi, da esaminare per addivenire ad un possibile inquadramento della prestazione posta in essere dall'ente ospedaliero. Sotto il primo profilo sorge l'esigenza di descrivere i contorni della prestazione erogata dall'ente ospedaliero pubblico ai pazienti che vi si rivolgano. Con riguardo al secondo, è necessario inquadrare il rapporto tra medico dipendente e struttura ospedaliera, al fine di stabilire secondo quali meccanismi di responsabilità, sia possibile ricondurre sul secondo le condotte dannose del primo. Veniamo ad analizzare il primo dei due profili. Una prima ipotesi sistematica, va nel senso di individuare un contratto d'opera professionale, disciplinato analogicamente alle regole stabilite per il professionista che eserciti autonomamente e alle conseguenti regole in materia di responsabilità contrattuale. Infatti si è in precedenza rilevato come la giurisprudenza della Corte di Cassazione abbia in più occasioni sostenuto che la similarità della prestazione che l'ente ospedaliero si impegna a porre in essere, quando il paziente si reca presso la struttura, con quella del prestatore d'opera, sia tale da giustificare l'attrazione del rapporto, quanto alla sua disciplina, nell'orbita del contratto d'opera professionale. Quindi individuiamo la prestazione dell'ente come una prestazione complessa, che nei rapporti che ci interessano assume la forma di un contratto atipico come è stato ricordato in precedenza. Quanto al secondo aspetto e cioè la configurazione dei rapporti tra Unità sanitaria locale (ormai A.S.L.) e medici dipendenti, in riferimento alla prima dei comportamenti dannosi posti in essere dai secondi, è il caso di rilevare la possibilità di configurare in modo triplice il rapporto che si instaura tra paziente ed ente ospedaliero. Le ipotesi vanno dall'inquadramento,in materia di responsabilità contrattuale, ai sensi dell'art. 1228 cod. civ., nella disciplina della responsabilità per fatto degli ausiliari, a quello, in materia di responsabilità aquiliana, nella disciplina della responsabilità dei padroni e dei committenti, ai sensi dell'art. 2049 cod. civ., per arrivare all'affermazione della

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responsabilità diretta nel segno della c.d. immedesimazione organica dell'ente ( su tutte si legga la fondamentale Cass. civ., sez. III, 1 marzo 1988 n. 2144: la responsabilita' dell'ente pubblico gestore del servizio sanitario e' diretta, essendo riferibile all'ente, per il principio della immedesimazione organica, l'operato del medico suo dipendente, inserito nell'organizzazione del servizio, che con il suo operato, nell'esecuzione non diligente della prestazione sanitaria, ha causato danno al privato che ha richiesto ed usufruito del servizio pubblico, gestore di un servizio pubblico sanitario, con i suoi dipendenti.) Quest'ultima posizione trova maggiori consensi in giurisprudenza, conoscendo articolate applicazioni ad opera della Suprema Corte di Cassazione. Su tali basi si afferma pertanto la concorrenza della responsabilità dell'ente con quella dei medici suoi dipendenti, nelle forme che si sono illustrate brevemente in precedenza. La prospettiva muta parzialmente se si passi a analizzare il tema nei confronti della struttura privata. In tale evenienza la responsabilità del sanitario non è mai diretta, ed è da valutarsi come di consueto, ai sensi dell'art. 1228 cod. civ., sotto il profilo della responsabilità contrattuale, nonché, ai sensi dell'art. 2049 cod. civ., sotto quello della responsabilità extracontrattuale. Ancora a proposito della responsabilità civile gli art. 2048 e 2049 C.C. individuano le responsabilità dei genitori, tutori,dei padroni e committenti per i danni causati rispettivamente dai figli, dalle persone soggette a tutela,dagli allievi e apprendisti: analogamente si può prospettare una responsabilità dell’operatore sanitario per i suoi collaboratori( Pretura di Forlì n. 1111/98-Sent.24-06-99- Pretore:Celli- da Riv.Dir.Prof.Sanitar.e Tribunale di Cremona Sent.13-06-00 n. 241).L’art. 2055 C.C. prevede poi che se “il fatto è imputabile a più persone,tutte sono obbligate in solido al risarcimento del danno e che nel dubbio le singole colpe si presumono uguali”. In relazione alle diverse figure professionali degli operatori sanitari appaiono prospettabili varie ipotesi di condotte colpose. Ad esempio può configurarsi una condotta professionale viziata da colpa da parte del fisioterapista nella esecuzione del trattamento terapeutico allorché le modalità di esecuzione,manuali o strumentali, risultino scorrette o incongrue o venga meno nel lavoro in equipe al principio di responsabilità causando una lesione non seguendo un protocollo terapeutico. In termini poi contrari si pone il problema quando ad arrecare danno alla pubblica amministrazione,nella fattispecie del D.L. 03-03-2003 n. 32 “Disposizioni urgenti per contrastare gli illeciti nel settore sanitario” è il “professionista sanitario dipendente del S.S.N. o con esso convenzionato ovvero ai responsabili di strutture sanitarie accreditate per l’erogazione di prestazioni clinico-diagnostiche i quali,nello svolgimento delle funzioni o del servizio, effettuano prescrizioni,farmaceutiche o diagnostiche, non pertinenti per tipologia o quantità con la patologia di riferimento ovvero in violazione di norme di legge o di regolamento richiedono rimborsi inappropriati,determinano ingiustificati ricoveri ospedalieri o assumono impegni contrattuali e obbligazioni,cagionando danno alle aziende unità sanitarie locali o ospedaliere. _____________________________________________________ (1) (2) (3) indicano le differenze della distinzione tra responsabilità contrattuale e extracontrattuale

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Principi e norme civilistiche in materia di esercizio della libera professione L’assunzione tra le professioni intellettuali,sancita dalle recenti disposizioni rende applicabile alla professione del fisioterapista le norme espressamente dedicate dal codice civile alle professioni(art. 2222 e ss.).Il codice disegna una disciplina normativa nella quale la prestazione d’opera intellettuale può avvenire in un regime protetto o libero. Al primo caso appartengono le prestazioni rese da professionisti per i quali vige l’obbligo di appartenenza a un Ordine e di iscrizione al relativo Albo. In tal caso la prestazione non può essere resa senza l’iscrizione,mentre l’abilitazione è condizione senza la quale non è possibile ottenere l’iscrizione. In un regime libero,quale è quello che caratterizza oggi la professione del fisioterapista,non è necessaria l’iscrizione a un’organizzazione; la legge tuttavia può o meno prevedere che l’esercizio dell’attività sia subordinata al possesso di determinati requisiti. Ciò è quanto previsto per la professione del fisioterapista,la quale può essere esercitata solo dai soggetti in possesso di un titolo abilitante(D.M. 741/94). I caratteri peculiari della prestazione professionale sono riassumibili nella:

• autonomia • professionalità • responsabilità.

Aspetti penalistici nella responsabilità professionale del fisioterapista Come già accennato in precedenza una fattispecie delittuosa rilevante è quella relativa alle lesioni personali colpose. La maggior parte della giurisprudenza formatasi in materia di responsabilità professionale nell’ambito sanitario riguarda la professione del medico. La responsabilità del fisioterapista ha finora veduto la sua realizzazione in una sola sentenza della Cassazione (sezione IV,10-04-98 n.859), anche se numerosi sono i procedimenti giudiziari in corso. Come su già visto,secondo quanto sancito dalla Cassazione Penale sul fisioterapista in caso di lesioni colpose incombe un obbligo di accertamento delle condizioni del paziente traumatizzato prima di compiere delle manovre riabilitative che potrebbero rivelarsi dannose, al punto che, in assenza di un’apposita documentazione medica, anche non prodotta dal paziente, il fisioterapista stesso ha il dovere di assumere tutte le informazioni richieste dal trattamento che andrà a praticare. La fattispecie regolata dalla Suprema Corte concerneva la rifrattura dell’omero sinistro di un paziente, causata da un fisioterapista durante una seduta riabilitativa, guarita poi senza particolari complicanze.

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Il rapporto causale tra le manovre riabilitative e la frattura sussisteva senza dubbio, visto che tra l’altro il paziente lamentava un vivo dolore alla mobilizzazione del braccio, ed il successivo esame radiologico evidenziava la rifrattura dell’omero. In primo grado il terapista fu condannato per lesioni colpose, in quanto il Pretore ritenne la rifrattura causata da imperizia, negligenza ed imprudenza dell’operatore. In appello la difesa affermò che il suo assistito aveva svolto le manovre riabilitative in base ad una prescrizione di un ortopedico estremamente generica di kinesiterapia, e che il paziente non aveva mai presentato la sua documentazione medica. Il paziente, invece, asseriva di aver fornito tutta la documentazione al fisioterapista; nel dubbio, la Corte di Appello di Ancona era stata favorevole a quest’ultimo, assolvendolo. La Corte sentenziò che “un comportamento superficiale non inficiato di professionalità, autorizzando chiunque ad agire come ritiene meglio opportuno nel momento in cui per qualsivoglia ragione non sia in grado il paziente di indicare elementi al fisioterapista”. La Cassazione, pur ammettendo la possibilità da parte del paziente di non aver esposto tutte le informazioni sulla sua patologia al fisioterapista, ritenne che questi, comunque, avrebbe dovuto accertarsi delle condizioni del paziente, accertamento che va compiuto prima di eseguire le manovre riabilitative che potrebbero risultare dannose per il paziente medesimo. Particolare attenzione va posta sul fatto che questa sentenza vide la luce nel 1998, quando non era stata ancora pubblicata la legge 42/99. Il fisioterapista, nonostante il profilo professionale, era considerato ancora come appartenente ad un’arte ausiliaria delle professioni sanitarie, quindi posta sotto vigilanza medica, mentre in questo caso, nonostante una prescrizione assolutamente generica, il medico non è mai stato chiamato in causa. La Corte, quindi, anticipando la legge 42/99, i cui lavori di stesura erano comunque già noti, inquadrò la responsabilità del fisioterapista nella sua giusta autonomia legata al profilo professionale. Si noti come la Corte, utilizzando la locuzione “ha il dovere”, inquadrò questo come obbligo giuridico: in altre parole è possibile affermare senza alcun dubbio che il richiamo all’obbligo di accertamento delle condizioni del paziente anticipa la legge 251/00, che prevede espressamente la valutazione funzionale come premessa al trattamento riabilitativo. La Corte di Cassazione sposta il problema della responsabilità del fisioterapista su di un piano molto specifico, dal momento che non viene messa in dubbio l’esecuzione della prestazione professionale, visto che non vi è richiamo a negligenza, imprudenza o imperizia, ma si incentra sull’obbligo giuridico di informazione delle condizioni del paziente, per cui incombe sul professionista l’onere di assumere informazioni sullo stato di salute del paziente, anche quando questi non presenti la sua documentazione clinica ed in tal caso, aggiungiamo incidenter tantum, sarebbe saggio rifiutarsi di trattare il paziente, anche se poco corretto deontologicamente.

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Infine, è bene ricordare che con la legge 42/99 e la legge 251/00 i concetti espressi dalla sentenza sono norme di legge a tutti gli effetti, con tutte le conseguenze che derivano dalla loro inosservanza. Tuttavia come su accennato, la Corte di Cassazione ha fissato i seguenti importanti principi:

1. incombe al professionista,nell’esercizio della propria attività, “un’obbligo di accertamento delle condizioni del paziente traumatizzato prima di compire manovre riabilitative che possono rivelarsi dannose”;

2. “in mancanza di idonea documentazione medica(eventualmente non prodotta dal paziente) lo stesso fisioterapista ha il dovere di riassumere tutte le informazioni richieste dal trattamento che si accinge a praticare”;

3. “nessun rilievo può avere la circostanza di aver correttamente eseguito un intervento indicato in una impegnativa redatta da un ortopedico”.

In altre parole,”quei compiti di pertinenza del fisioterapista,che devono essere eseguiti in riferimento alla diagnosi ed alla prescrizione del medico,devono essere interpretati in senso non strettamente letterale, includendo l’obbligo di procedere autonomamente ad una propria raccolta dati che,in parte può essere sovrapponibile all’anamnesi medica e in parte no”(Riv.Diritto Professioni Sanitarie,1998,pag.105-107). Tale conclusione apparirebbe in contrasto con una sentenza della Suprema Corte 17-11-99/18-11-00 n. 556 in cui un aiuto-primario è incorso in responsabilità per non avere espresso chiaramente il proprio dissenso ad una decisione del primario per le cure prestate ad un paziente in grave setticemia. In merito così un passaggio della Corte che precisa: “ il medico assistente non è un esecutore di ordini e la sua posizione consente posizioni diverse,cosa che invece non è consentita al personale paramedico che è obbligato a somministrare i trattamenti terapeutici disposti dal personale medico. E’ ovvio che l’entrata in vigore della Legge 26-2-99 n.42 mette in evidenza all’art.1 comma 1 che il personale paramedico è riconosciuto esercente professione sanitaria (Riv.Dir.Prof.Sanitarie-Benci Luca) che svolge in autonomia e in equipe interventi su indicazione medica,e non mero esecutore come da sentenza Corte Suprema n.859 su richiamata. Questo è un punto che andrebbe chiarito legislativamente in quanto è uno di quegli eventi sentinella che nel risk management riabilitativo nella fase della valutazione funzionale può prefigurare il danno per l’assistito.

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Aspetti penalistici nella responsabilità professionale del fisioterapista Parleremo di seguito degli aspetti più prettamente penalistici di questo tipo di responsabilità, passando rapidamente su quella che è la responsabilità dolosa, caratterizzata da un duplice momento, ossia la coscienza e volontà dell’azione (momento volitivo) e la rappresentazione o previsione dell’evento (momento conoscitivo), ex art.43 c.p. Possiamo affermare che essa rappresenta la forma tipica di colpevolezza: costituisce infatti il normale criterio di imputazione soggettiva, e ne va ad integrare la forma più grave di colpevolezza, dal momento che chi agisce con dolo aggredisce il bene protetto in maniera più intensa di chi agisce con colpa. Infatti, a norma dell’art.42 comma secondo c.p. la responsabilità dolosa costituisce, nei delitti, la regola, mentre la responsabilità colposa e la preterintenzione costituiscono le eccezioni. Tale soggetto dovrà pertanto attenersi a tutte quelle regole di condotta quali la diligenza, la prudenza e la perizia: regole che derivano dall’esperienza e che devono essere considerate in concreto secondo i criteri della prevedibilità e dell’evitabilità dell’evento, la violazione delle quali va ad estrinsecarsi nella negligenza, nell’imprudenza e nell’imperizia. Insieme al dolo, infatti, l’ordinamento utilizza un secondo criterio soggettivo di imputazione, definito ed individuato nell’art.43 primo comma c.p.: “il delitto è colposo, o contro l’intenzione, quando l’evento, anche se preveduto, non è voluto dall’agente, e si verifica a causa di negligenza, imprudenza o imperizia, ovvero per inosservanza di leggi, regolamenti, ordini o discipline.” La colpa consta pertanto di un momento oggettivo, rappresentato dalla violazione delle regole di condotta e di un momento soggettivo, incentrato sulla mancanza di un rappresentazione che, verificandosi, avrebbe dovuto indurre il soggetto ad astenersi dalla condotta pericolosa concretamente tenuta (doppia misura della colpa). Il soggetto, in altre parole, non deve volere l’evento: non deve volerlo direttamente e non deve neppure accettare il rischio del suo verificarsi. E’ proprio attraverso la doppia misura della colpa che trova spiegazione la distinzione che comunemente viene fatta in dottrina tra colpa generica e colpa specifica: nel primo caso si fa riferimento al criterio della prevedibilità ed evitabilità, perché un rimprovero può essere mosso solo quando il soggetto poteva prevedere ed evitare il fatto di reato. Se questo era imprevedibile o inevitabile, nessuna colpa è ravvisabile a carico dell’agente. Inoltre occorrerà anche la prevedibilità, ed evitabilità, dell’evento, visto che il risultato che il soggetto non è in grado di impedire non potrà essergli attribuito, rappresentando nei suoi confronti una mera fatalità. Tali criteri oggettivi permettono di identificare come regole cautelari quelle che prescrivono comportamenti tenendo i quali è prevedibile e prevenibile un evento dannoso secondo la migliore scienza ed esperienza specifiche. E’ l’homo eiusdem condicionis et professionis ad assurgere a modello di comportamento, rappresentando egli l’uomo coscienzioso ed avveduto, in

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grado di cogliere che un certo evento legato alla violazione di un determinato dovere oggettivo di diligenza è evitabile adottando determinate regole. Ripetiamo che l’accertamento della prevedibilità deve avvenire in concreto: in questo senso per fissare la nozione di rappresentabilità occorrerà riportarsi al mondo di conoscenza dell’autore del fatto quale esistente al momento della sua realizzazione. Si dovrà, quindi, assumere come base le categorie omogenee di soggetti nel cui ambito opera e vive l’autore del fatto, tenendo conto anche delle sue specifiche qualità e doti personali di cultura e di conoscenza del settore del reale interessato dal fatto stesso: così al medico specialista si richiederà una perizia ed una professionalità avente un grado senza dubbio più elevato di quello normalmente richiesto al medico generico, e quindi una più intensa capacità di rappresentarsi le conseguenze del proprio operato. In altre parole, perché sussista una responsabilità per colpa non è sufficiente l’oggettiva inosservanza della regola di condotta, ma occorre anche che tale inosservanza sia attribuibile al soggetto agente: è necessaria, quindi, la doppia misura della colpa, perché non solo deve essere stata posta in essere una condotta oggettivamente contraria alle regole di diligenza previste, concretatesi nella misura oggettiva della colpa, ma è anche necessario che tale condotta sia attribuibile dal punto di vista psicologico all’agente, nel senso di un’omissione da parte sua dell’esercizio dei poteri di controllo sul decorso causale del fatto (misura soggettiva della colpa). E’ a questo proposito che in dottrina si distingue tra colpa generica e colpa specifica. La negligenza è individuata da dottrina e giurisprudenza come trascuratezza, disattenzione, poca sollecitudine nell’operare. Di negligenza sarà possibile parlare, infatti, solo quando era prevedibile che dall’azione sarebbe derivato l’evento nocivo, perché non potrà muoversi nessun rimprovero all’agente, se il risultato non poteva essere previsto dal medesimo. Il criterio generale di valutazione del concetto di negligenza va commisurato alla diligenza media degli uomini, applicato con adeguato rigore e con riferimento specifico alle mansioni di vigilanza svolte nei confronti di soggetti che sovrintendono ad attività comportanti una elevata incidenza di rischi, per la incolumità propria e di terzi, che per le esigenze stesse del servizio sono tenuti ad una assidua, diligente vigilanza sulla regolarità delle attività affidate alla loro direzione ed al loro controllo. E’ negligente il fisioterapista che, dopo aver messo in piedi un emiplegico, lo lascia da solo per trattare un altro paziente, trovandolo al suo ritorno a terra per una caduta. Altro esempio di negligenza è dimenticare di cambiare posizione al paziente emiplegico costretto a letto, tanto da causargli una piaga da decubito. Imprudenza è agire senza opportune cautele o agire con avventatezza, trasgredendo una regola di condotta da cui discende l’obbligo di compierla con modalità diverse da quelle tenute. E’ imprudente colui che, nel riabilitare un ginocchio operato di LCA, impone al paziente una flessione oltre il range permesso dalla situazione, per cui determina una lesione al neolegamento.

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L’imperizia è una negligenza ed un’ imprudenza qualificata e si riferisce ad attività che richiedono particolari conoscenze tecniche, coinvolgendo il sapere ed il saper fare. E’ imperito colui che provoca una lussazione ad una spalla emiplegica perché non ha eseguito la mobilizzazione con la dovuta tecnica, o chi provoca una lesione eseguendo manipolazioni articolari senza avere seguito un corso specifico. La colpa specifica riguarda l’inosservanza di leggi, regolamenti, ordini e discipline (art.43 c.p.). In questo caso si ritiene sufficiente la violazione di una delle regole poste dall’Autorità perché si abbia una qualche forma di responsabilità: questo perché l’inosservanza di tali regole cautelari concreta già di per sé l’imprudenza. Tuttavia, la colpa non si estende a tutti gli eventi che ne siano derivati, ma solo a quelli che la norma mirava a prevenire: occorre cioè che si sia verificato uno di quegli eventi alla cui prevenzione la norma violata era preordinata, questo perché il fondamento della responsabilità per colpa per inosservanza di leggi, regolamenti, ordini o discipline consiste nel fatto che dette norme sono dirette a prevenire eventi pregiudizievoli. Il riferimento alla legge non va inteso come fatto a qualsiasi legge, dal momento che argomentando in questo modo si avrebbe un’ipotesi di responsabilità oggettiva. Il riferimento alla legge ha ad oggetto solo le norme cautelari il cui fine sia quello di evitare eventi pregiudizievoli per i terzi. E’ colpa specifica omettere di eseguire una valutazione funzionale prima del trattamento fisioterapico, in quanto la valutazione funzionale è prevista dalla legge stessa (L 251/00). Gli ordini e le discipline contengono norme indirizzate ad una cerchia specifica di destinatari e possono essere emanati da autorità pubbliche e private. Un ordine può essere identificato nella prescrizione medica come il divieto di carico su un arto operato con una protesi d’anca non cementata; se il fisioterapista permette il carico di sua iniziativa, può creare un danno di cui risponderà nella sede opportuna. Esistono poi una serie di indicazioni che sono emanate da società scientifiche ed organismi internazionali, destinate a particolari categorie di professionisti, ai quali questi sono invitati a attenersi, dal momento che in esse vengono considerate lo stato attuale delle conoscenze con riferimento alle linee guida, ai protocolli riabilitativi, la cui inosservanza, pur non rientrando in una colpa specifica, può portare ad una presunzione di colpa generica da verificare caso per caso. Per ritornare all’esempio su esposto, il non compiere una valutazione funzionale su un paziente prima di eseguire le manovre riabilitative, non comporta solo una colpa generica nella forma della negligenza (non accertarsi dello stato del paziente), dell’imprudenza (non valutare i limiti del paziente), dell’imperizia (la valutazione funzionale è la base di qualsiasi trattamento riabilitativo e quindi deve precedere il trattamento stesso), ma anche una colpa specifica come inosservanza di legge: la 251/00, secondo cui gli operatori

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della professioni sanitarie nell’area della riabilitazione hanno una piena autonomia e titolarità professionale. La misura del comportamento e quindi della diligenza, intesa come cura nell’applicare le tecniche riabilitative, della perizia, individuata nell’applicazione delle regole fissate dalla riabilitazione per questi casi e della prudenza, intesa nel non avventurarsi oltre i limiti consentiti della struttura ossea patologica, è rapportata ad un modello di agente che svolga la stessa professione dell’agente reale. Per il fisioterapista i differenti percorsi formativi quali la laurea di primo e di secondo livello, i corsi di perfezionamento ed i dottorati, comportano una serie di conoscenze specifiche analogamente alle differenti specializzazioni mediche. Per cui la diligenza che si richiede ad un fisioterapista laureato di secondo livello, con perfezionamento in riabilitazione neurologica, sarà maggiore rispetto a quella che si può richiedere ad un fisioterapista laureato al primo livello, quando debba agire nel campo della riabilitazione neurologica stessa. Esiste poi una serie di obblighi accessori la cui violazione per colpa è punita: essa comprende doveri di controllo e di informazione, vigilanza e molti altri ancora, che impongono di tenere una particolare condotta, indipendentemente dall’esito della prestazione. In pratica, anche se la prestazione del fisioterapista si esaurisce nel tempo della seduta riabilitativa, il paziente non può dopo la seduta essere lasciato solo a se stesso, magari abbandonato in carrozzina ad aspettare che arrivi l’infermiere per accompagnarlo al reparto di degenza, ma deve essere seguito e controllato anche in questa fase: il rapporto di cura non si esaurisce solo con l’erogazione della prestazione, ma coinvolge una serie di obblighi molto ampia.

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L’orientamento della giurisprudenza su vari temi: sentenze della Corte di Cassazione.

Corte di Cassazione, IV sez.Penale, sentenza n. 447, del 02-03-2000

(riconosciuta responsabilità per omicidio colposo di tre infermieri e assoluzione del medico- posizione di protezione)

Questa sentenza è interessante per i principi che se ne possono derivare in merito all’esercizio della professione sanitaria del fisioterapista. Innanzitutto afferma la Corte: “gli operatori sanitari-medici e paramedici- di una struttura sanitaria sono tutti portatori, ex lege, di una posizione di garanzia (Cassazione Sez.IV Penale n.9739 01-12-04) nei confronti dei pazienti affidati, a diversi livelli, alle loro cure e attenzioni e in particolare sono portatori della posizione di garanzia che va sotto il nome di posizione di protezione,che come è noto è contrassegnata dal dovere giuridico di provvedere alla tutela di un certo bene giuridico contro qualsivoglia pericolo atto a minacciarne l’integrità; tale posizione discende direttamente dal dettato dell’art..2 e 32 della Costituzione. Di poi esso vige per tutto il turno di lavoro a cui gli operatori sono addetti onde non gravare di compiti ulteriori chi succeda al turno con la stessa posizione di garanzia. Infine il fisioterapista come gli altri operatori sanitari lavora in equipe e a tal riguardo bisogna accennare alla responsabilità del lavoro in equipe e al principio di affidamento ( ogni membro dell’equipe può e deve contare sul corretto comportamento degli altri) Riv.Dir.Prof.Sanitarie-Benci L.

Corte di Cassazione, 25-10-2000, n. 1878

(Dubbi sulla prescrizione dei farmaci: compete all’infermiere l’obbligo di richiesta di chiarimenti)

L’attività di somministrazione dei farmaci deve essere eseguita non in modo meccanicistico dall’infermiere ma collaborativo con il medico. In caso di dubbi l’infermiere si deve attivare non per sindacare l’efficacia terapeutica del farmaco prescritto,bensì per richiamarne l’attenzione e richiederne la rinnovazione in forma scritta. Questa sentenza ha un curioso parallelo con l’unica forse rintracciabile riguardante un fisioterapista in ambito penale e cioè la sentenza n. 859 del 10-04-1998 IV Sez. penale Cassazione,in quanto l’intangibilità della prescrizione medica da parte di un professionista sanitario non medico era già stata stabilita dalla Suprema Corte nella sentenza appunto prima citata. Come il fisioterapista anche l’infermiera si difese

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assumendo un ruolo meramente esecutorio della prescrizione medica rispetto a precisi atti professionali, il che è sempre stata una strategia perdente(Riv.Prof.Sanitarie).

Corte di Cassazione, VI Sez.Penale, del 01-04-03 n. 492

(Iscrizione all’Albo Professionale- esercizio abusivo della professione)

Come già accennato nel paragrafo sull’esercizio della professione sanitaria, il concetto di abilitazione professionale per l’esercizio della professione è normato dall’art.348 del c.p.(Abusivo esercizio di una professione).D’altro canto l’art.2229 del c.c. in riferimento alle professioni intellettuali afferma la necessità dell’iscrizione ad un Albo per l’esercizio della medesima. In tale contesto si inseriscono due sentenze della Cassazione contrastanti. Una quella citata in testo riprende e rafforza una sentenza del Tribunale di Bergamo,laddove afferma che l’iscrizione ad un Ordine non è vincolante per il pubblico dipendente ma solo per la libera professione, esonerando quindi dall’abuso di professione nella fattispecie gli infermieri; d’altro canto si afferma(Corte Costituzionale sez.III 29-05-03 n. 8639): è legittimo il doppio provvedimento a carico di un operatore sanitario che si trova nel duplice status di pubblico dipendente e libero professionista. Sicuramente siamo di fronte ad una materia de jure condendo. La stessa attuazione della Legge 43 sugli Ordini per le professioni non-mediche sembra in una fase di stallo con veti incrociati dell’Antitrust (25-11-04) e della Corte dei Conti.

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Capitolo 4

METODOLOGIA Scelta degli argomenti

Gli argomenti di questo studio che specifichiamo sono:

1. profili di responsabilità del fisioterapista

2. case e risk management in

3. riabilitazione geriatrica,

sono stati scelti, non facilmente; il primo considerando la specificità dell’intervento del fisioterapista, declinando il suo profilo di responsabilità alla luce delle due normative principali, la legge 42/99 e la 251/00,così come dei codici e della dottrina in materia,non avendo altri grandi spazi di manovra. Inoltre altro parametro di scelta degli argomenti su esposti è stato quello di specificare i “target sensibili” di responsabilità del fisioterapista nel suo operato con il paziente in ingresso nel percorso riabilitativo; tra quelli che esamineremo,la valutazione funzionale e la manipolazione anche alla luce della sentenza innanzi citata della Cassazione penale. Il secondo aspetto quello del case management e risk management è stato scelto per evidenziare come questi due punti organizzativi sono ricollegabili alla responsabilità sotto forma di prevenzione di comportamenti rischiosi per l’utente. Il terzo aspetto quello della riabilitazione geriatrica rappresenta i rischi(risk) ai quali può andare incontro un fisioterapista nella gestione del servizio riabilitativo(case)all’utente anziano. E’ stato scelto l’anziano e non il soggetto in età adulta o evolutiva per due fattori, di cui il primo più pregnante del secondo; innanzitutto la forte particolarità e specificità di tale tappa della vita della persona, che essendo simile al bambino,pur differenziandosene, per il suo alto bisogno di holding espone e predispone gli operatori a rischi molto più forti, a mio avviso, di soggetti appartenenti a fascie cronologiche diverse( anche se i dati lo disconfermerebbero!) Di poi l’aver prestato opera con gli anziani psichiatrici, neurologici e “normali” e della di cui prassi riabilitativa mi ha mostrato molti punti sensibili al risk management che affronteremo in seguito.

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Raccolta dei dati

I dati esposti nello studio sono stati raccolti da fonti letterarie, tramite il web, ricerche bibliografiche, riviste specialistiche di settore e modelli operativi in riabilitazione secondo una prassi consolidata nelle r.s.a. in cui ho lavorato; quelli trovati adattandoli, altri creandoli ex novo alla luce delle normative e linee guida operanti in ambito riabilitativo-geriatrico. Questa è una prassi creata per l’anziano in riabilitazione, a mio avviso, insufficiente per comprendere fino in fondo se e come questi modelli operativi possano essere funzionali per esempio allo scopo del nostro studio e cioè PREVENIRE danni e errori che sono in aumento sia per le ricadute sull’operatore,sull’istituzione,sul paziente e infine sul “buon nome e fede” dei sanitari operanti in determinati contesti a rischio. Difficoltà peraltro evidente è la mancanza di modelli riabilitativi ad ampio respiro sul paziente geriatrico; al contrario della fortissima presenza di studi farmacologici e clinici. I motivi sono tanti:1- assunzione in ambito universitario da pochissimo della ricerca in riabilitazione, 2-carenza di attenzione all’anziano tra i fisioterapisti se non in quelle regioni italiane con una storica vocazione alla geriatria, 3- percorso di libera e ampia collaborazione tra le figure professionali sanitarie e le mediche,spesso carente, in conflitto e in sovrapposizione. Per questo motivo è difficoltosa la raccolta di dati in riabilitazione geriatrica se non attraverso studi e ricerche estere.

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Analisi dei dati

I dati prima raccolti,poi selezionati sono stati infine analizzati secondo un parametro-agente che è il sapere e il saper fare del fisioterapista:

cosa deve conoscere e deve fare correttamente il fisioterapista nell’esercizio della professione applicata alla gestione di servizi riabilitativi geriatrici alla luce della normativa attuale vigente in Italia,affinché si riduca il rischio di errori e danni.

Nella parte dedicata ai Profili di responsabilità si è messo in evidenza appunto le norme alle quali il fisioterapista deve uniformarsi; nella parte dedicata al case e risk management la traduzione pratica di quelle “regole” in gestione riabilitativa geriatrica per non incorrere in errori e danni. Potremmo dire che questo studio si analizza in due parti una teorica –la prima- l’altra pratica-la seconda;oppure una con le Avvertenze Generali l’altra analizzata con l’applicazione; o una con il sapere e l’altra con il saper fare. Elaborare una mappa del rischio e i target sensibili in riabilitazione geriatrica è il tentativo pratico finale,al quale si informa,appunto, la parte seconda. Nell’analisi della parte normativa si è cercato di eliminare richiami a sentenze non espressamente richiamanti la figura del fisioterapista e si è menzionato l’orientamento della Cassazione in riferimento ad alcuni temi in cui appunto potrebbe trovarsi impegnato un fisioterapista in regime di lavoro dipendente pubblico o privato o in libera-professione.

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Capitolo 5

CASE E RISK MANAGEMENT

Definizione di case e risk management

Il tema della responsabilità degli operatori sanitari è stata oggetto ,negli ultimi 40 anni, di importanti contributi dottrinali, a partire dalla pubblicazione,nel 1955,della monografia“La responsabilità professionale nelle arti sanitarie”1. Certo è che, in tale lasso temporale, i casi di presunta o di accertata malpractice si sono dilatati, diventando sempre più frequenti in conseguenza di due fenomeni principali: il progresso della scienza (e la conseguente inevitabile maggior difficoltà della professione) e l’aumentata coscienza del diritto alla salute e quindi la conseguente maggior aspettativa di risultati da parte della società. La medicina, “scienza inesatta”, era,fino a non molti decenni or sono, considerata un’arte che, sfuggendo nella sua complessità a regole precise e prevedibili, quasi mai era messa in discussione, sia dall’ordinamento giurisprudenziale sia dagli stessi malati; il professionista sanitario era considerato “unico destinatario e solitario artefice delle aspettative e delle speranze del paziente, che acriticamente e con rassegnazione accetta e subisce le scelte terapeutiche e gli eventuali esiti negativi degli stessi. Un paziente che, lungi dal ritenere la propria salute e le attività dirette a garantirla quali un diritto personale ed imprescindibile,attende le cure e la guarigione come elargizioni di un generoso e - alle volte- miracoloso beneficio”2. Oggi tutto questo è mutato radicalmente,il paziente ha assunto un ruolo primario in quello che sono i processi decisionali per la tutela della propria salute ed è cresciuta, a dismisura, l’aspettativa da parte dell’opinione pubblica nei confronti dell’operato del professionista e, conseguentemente, nei confronti dei servizi di diagnosi e cura erogati dal Servizio Sanitario. Per definizione il case management ( gestione del caso ) rappresenta una metodologia di organizzazione dei servizi sanitari basata sulla centralità dell’utente avente l’obiettivo della massima integrazione degli interventi richiesti,erogati al livello della maggior appropriatezza possibile, maggiore responsabilità, valutazione dei bisogni e cooperazione tra gli operatori Nato con finalità esclusivamente rivolte al controllo dei costi, il case management è uno strumento fondamentale per migliorare qualità delle cure e accettabilità da parte dell’utente. Il risk management ( gestione del rischio ) invece è passato da un visione americana di venti anni fa, riduzione controversie legali, a quella definita di un sistema che include strategie per ridurre l’incidenza dei danni provocati ai pazienti e per migliorare la qualità delle cure prestate. 1. Introna F., La responsabilità professionale nell’esercizio delle arti sanitarie, CEDAM, Padova 1955.2. Parodi C., Nizza V., La responsabilità penale del personale medico e paramedico, UTET, Torino1996.

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La differenza tra il case e risk management è evidente: la gestione del paziente nel case è centrale, nella gestione del rischio centrale è invece la prevenzione di errori o danni. I punti in comune d’altronde sono quelli consequenziali in una strategia globale,in quanto se si migliora la qualità del servizio offerto all’utente riduciamo, prevenendoli, anche potenziali danni a suo carico o errori a carico degli operatori sanitari. Va poi in specifico precisato che il concetto di rischio si correla ad altri concetti come:

• errore • responsabilità(Profili di responsabilità operatore sanitario-Cap. 3 ) • professionalità • competenza

Il C.E.N.S.I.S. due anni fà ha svolto una indagine sulla “malasanità”, affermando che essa non è una invenzione giornalistica ma una preoccupazione dell’italiano che si rivolge oramai per il 40% per danni subiti alla magistratura: quindi il problema esiste come dimostrano i dati anche in crescita esponenziale in U.S.A. e U.K.,quindi senza fare l’hara-kiri è un problema comune ad altri sistemi sanitari evoluti(?).In ambito fisioterapico rischio si può riferire alla probabilità che un dato fenomeno accada dopo una valutazione funzionale. Il fisioterapista quindi rileva la presenza o meno di determinati fattori di rischio sia nel singolo che nella collettività e attua interventi finalizzati alla riduzione o eliminazione di tali fattori per prevenire l’accadimento di quel fenomeno. Il risk management si occupa quindi degli incidenti che accadono nel sistema sanitario sia territoriale che in struttura. La prevenzione di tali eventi è lo scopo primario. Sappiamo che il rischio zero non esiste e neanche scovare il colpevole e punire è una strategia meritoria di benefici,addirittura si offre un incentivo a nascondere. Una risposta potrebbe essere il Risk Quality Approach( R.Q.A.).E’ un programma che identifica,analizza,misura e riduce i rischi in ambiente ospedaliero; coinvolge tutti gli operatori e considera tutte le tipologie di rischio( professionali,salute e sicurezza,ambientali,previsione di malattia e inabilità).Gli strumenti che sono a volte simili ad altri metodi sono:

• adozione di Linee Guida • registro dei rischi • Incident Report System • modulo priorità decisioni per selezionare gli interventi.

Possiamo considerare le linee guida uno degli strumenti di promozione delle Evidenze Scientifiche per renderle facilmente utilizzabili. Per raggiungere inoltre l’obiettivo della prevenzione e quindi della sicurezza del paziente è fondamentale l’integrazione tra gli operatori(equipe multidisciplinare in Profilo professionale) sulle cure individuali; in Gran Bretagna il percorso assistenziale multidisciplinare è strumento del risk management che minimizza i rischi e migliora le cure. Questo strumento, come intuibile e come

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accennato prima sull’integrazione tra care e risk management, essendo parte del care necessita di includere line guida,protocolli,evidenze scientifiche. E’ a questo punto facile desumere che un sistema informativo che includa cartella clinica, progetto riabilitativo, documentazione sanitaria è fondamentale per la gestione di tutti i dati. Altro fattore da non sottovalutare è che non tutti i danni prodotti sono rilevati,con un aggravamento per il rischio della salute del soggetto. L’introduzione della formazione permanente e di programmi di gestione del rischio sembrano essere le soluzioni migliori per prevenire. Infine è opportuno spostare le risorse economiche verso un concetto di salute globale,così come consigliato dall’O.M.S. tramite uno degli strumenti che è l’Index Classification Funzionalità-I.C.F.-che tenga in conto nel momento valutativo e applicativo della prevenzione primaria, dato che in Italia la prevenzione applicata, è unicamente la secondaria e la terziaria; intervenire su una osteoporosi per intenderci è troppo tardi quando al soggetto non è stato proposto dalla sanità un appropriato percorso preventivo primario più economico,efficace,culturalmente e ambientalmente idoneo che non quello solito della cura farmacologia( prevenzione terziaria). Una visione globale, unitaria e flessibile del concetto di salute è oggi quanto mai urgente in Italia. Globale in quanto gestire bene significa porre attenzione a tutti gli aspetti della governance sanitaria (formazione universitaria contingentata ai bisogni occupazionali e collegata alla mobilità europea e mondiale, gestione risorse economiche e umane); unitaria in quanto sarebbe utile nel macro come nel micro sanitario, creare una teoria e pratica unitaria di normative,regolamenti,leggi ecc.ecc.; flessibile in quanto con la globalizzazione non si possono più opporre sistemi sanitari insicuri a esigenze di salute oramai non solo ben percepite dalla persona ma in continuo evoluzione. Negli U.S.A. e in U.K. il problema dell’errore e del rischio molto sentito sia dal sistema sanitario,dalla opinione pubblica e dalle assicurazioni, si è cercato di risolverlo spostando la cultura della punizione dell’errore commesso a quello della positività e della comunicazione di esso. L. Leape, il guru del risk management americano,in un suo studio ha presentato 8 storie con una breve prefazione che mette in luce un’efficace riduzione di errori e danni attraverso le seguenti scelte:

1. responsabilità della leadership, 2. capacità di affrontare difficoltà di cambiamento( dalla cultura della

punizione alla cultura dell’errore positivo ), 3. capacità di utilizzare il desiderio degli operatori sanitari di creare una

cultura della sicurezza, 4. disseminazione delle pratiche di successo e implementazione nelle

organizzazioni sanitarie, 5. la sicurezza paga!

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L’ostacolo all’ingresso di una cultura del genere è anche quello di una cultura dell’errore e del danno da punire,patrimonio delle assicurazioni e dei legali,che spinge a mettere da parte la cultura della positività dell’errore, dell’assistenza e della formazione alla responsabilità di ciascuno verso la sicurezza,per favorire quella della reprimenda e del contenzioso,che si alimenta anche di quel rapporto ormai di sospetto del cittadino verso i camici bianchi e che spinge anche in Italia oramai le A.S.L. al collasso economico. Concludendo, i concetti cardine attorno a cui ruotano il case e risk management sono :

1. essi sono complementari, 2. risk management è una strategia globale preventiva,

3. strategia positiva dell’errore che cagiona o può cagionare il danno, non punitiva.

Anche in Italia si iniziano a muovere i primi passi anche se non decisi come in altri Paesi,forse perché il problema non è ancora esploso in tutta la sua evidenza. Infatti il Ministero della Salute con un documento tecnico elaborato da una Commissione sul rischio clinico dal D.M. 05-03-03 ha affrontato il problema dell’errore definito evento avverso. Per errore di terapia si intende ogni evento prevenibile che può causare o portare ad un uso inappropriato del farmaco o ad un pericolo per il paziente. Specifico che di tale documento centreremo l’attenzione solo sugli argomenti correlati alla fisioterapia e in particolare al paziente geriatrico. Abbiamo scelto quindi:

1. uno studio sul rischio clinico da farmaco in geriatria e relativo errore; 2. rischio nelle attività diagnostiche che trasliamo in valutazione funzionale 3. la comunicazione 4. tecnologie(I.C.T.) per la riduzione del rischio di errori

Per quanto riguarda il punto 1. per causa da evento avverso da farmaco può essere conseguente ad errori di prescrizione, di trasmissione della prescrizione,etichettatura, confezionamento o denominazione,allestimento; per questo il fisioterapista che somministra farmaci al paziente per via cutanea(leggasi terapia strumentale) può incorrere in un errore e potenzialmente ledere un paziente per esempio allergico. Questo è un evento sentinella: intendendo una operazione target-sensibile che se non ben ragionata e preventivata può far danno. Essa sarà inserita nel registro dei rischi riabilitativi nei protocolli operativi in riferimento al reparto di riabilitazione geriatrica.

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L’errore in geriatria si sostanzia nella particolarità del soggetto che:

• presenta sovente patologie multiple e quindi assume una quantità maggiore di farmaci con un aumento del rischio di effetti indesiderati e di interazioni tra i diversi farmaci;

• presenta variazioni farmacocinetiche dovute all’età e o patologie concomitanti.

Ed è proprio tra gli over 60 si ha la maggior frequenza di morte per errori di terapia. Assume quindi, a mio avviso, in tale contesto forte significato una prevenzione primaria che vede la fisioterapia geriatrica assumere un ruolo co-primario prescrivendo l’uso di terapia strumentale antalgica,programmi di ginnastica preventiva cardio-respiratoria e osseo-articolare per ridurre l’uso del farmaco e quindi l’incidenza dell’errore farmacologico; una valutazione ambientale(lavoro-casa-quartiere) associata all’intervento medico-preventivo e in ambito multidisciplinare. Al secondo tema,che richiama anche e direttamente la responsabilità del fisioterapista(L.251/00), quello del rischio nelle attività diagnostiche dicasi “valutazione funzionale”,il documento all’allegato 4 così cita:”usare un approccio metodologico comune per tutte le attività, l’analisi del processo dovrà tenere conto di vari elementi interconnessi: interpretazioni del risultato, riferimento a gold standard, validazione dell’uso di nuove tecniche,misure di outcome se possibili e disponibili, problematiche di sicurezza con l’obiettivo di identificare le criticità principali del processo stesso per consentirne la rilevazione,la misurazione e la conseguente pianificazione ed attivazione di idonee azioni correttive-preventive” e aggiungo potenziare la cultura della positività dell’errore da correggere e mettere in circolo non come deficit ma come dubbio scientifico(dubito,ergo sum- K. Popper).Tre fasi identificano un processo valutativo-diagnostico:

1. fase pre-indagine (richiesta,prenotazione,preparazione del paziente, modalità esecuzione o procedura) 2. fase indagine( processi specifici per ogni singola tecnica o gruppo di

tecniche affini) 3. fase post-indagine( controllo condizioni cliniche se necessario e

consegna referto al paziente). Come non ricordare in merito la sentenza della Cassazione in si specificava che al fisioterapista: “incombe informarsi sulle condizioni del paziente…… “ in merito alla fase della pre-indagine. Questo è il secondo evento sentinella che va nel registro dei rischi riabilitativi. Elaborare protocolli di analisi di ogni singolo processo può rappresentare un punto di partenza utile sia di per sé che per il confronto tra strutture diverse e essere di stimolo al miglioramento continuo. La comunicazione poi rappresenta il terzo fattore target nella riabilitazione geriatrica come evento sentinella da monitorare.

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Infatti una cattiva comunicazione può verificarsi per vari fattori di cui elenchiamo i principali:cattiva organizzazione,mancanza di sistemi e flussi che garantiscono un buon passaggio d’informazioni,mancanza di strumenti di comunicazione,cattivo clima di lavoro,personale non preparato, o non abilitato a lavorare in equipe,carichi di lavoro eccessivi e aggiungo scarsa percezione delle mansioni dei colleghi in presenza di mobbing orizzontale. Avere una buona comunicazione significa soddisfare le seguenti condizioni:

1. buona organizzazione 2. personale numericamente sufficiente e preparato.

Molti studi dimostrano che il numero e preparazione del personale sono conditio sine qua non di una riduzione significativa degli errori(Needelmann 2002-Krapol et al.1996-Tarnow-Mordi et al.2000).La carenza di sonno e l’alterazione del ritmo circadiano comportano stanchezza,diminuita attenzione e diminuizione della performance. Spesso sono gli operatori che causano stress con orari massacranti per motivi di carriera o per guadagnare di più. E’ curioso come in questo documento del ministero sia ripreso un problema che affligge l’Italia sanitaria,cito: “infatti,una delle cause di errore è l’uso di sigle ed abbreviazioni,oltre ad una grafia poco chiara” . Il problema della comunicazione è povera di studi ma comunque coinvolge tutti gli operatori della sanità. Ancora la comunicazione è causa di ritardi nei trattamenti; una delle cause è il ritardo nella valutazione iniziale del paziente. Strategia principale: orientamento e formazione degli operatori per insegnare i principi del lavoro di gruppo, ed a comunicare efficacemente; ancora attivare momenti di consegna a cambio turno comuni e interprofessionali. Un evento sentinella più specifico nella riabilitazione geriatrica è la carenza di comunicazione agli altri operatori: è difficile a volte capire cosa può essere chiesto ad altri senza compromettere la qualità della assistenza,soprattutto tra professionisti con diversa qualifica( ft-i.p.-o.s.s.-medici).In effetti ciò è un vuoto formativo in quanto non viene insegnato a lavorare con professionisti diversi. E’ palese poi che l’informatizzazione delle procedure ridurrebbe il rischio per il paziente soprattutto come evidenziato dalla letteratura scientifica in quelle operazioni ripetitive,causa primaria di errori. Tra i vari vantaggi che l’introduzione dell’I.C.T. può portare scegliamo quelle dirette anche al fisioterapista e cioè:

• prevenzione degli errori • capacità di fornire feed-back rapidi in caso di eventi avversi • possibilità di mappare e comprendere gli eventi avversi • migliorare la comunicazione tra gli operatori.

Fonte: Rivista Rischio Sanità n.° 2-Sett. 2001 e preced. Ministero della Salute-Dipartimento qualità-Dir.Gen.programmazione sanitaria,dei livelli essenziali di assistenza e dei principi etici di sistema-Ufficio III- Risk management in Sanità-Il problema degli errori-Commissione Tecnica rischio clinico-( D.M.. 05-03-2003)-

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Aspetti a rischio in geriatria e in riabilitazione geriatrica:azioni preventive e correttive. A questo punto ci chiediamo quali possono essere,in specifico, gli aspetti a rischio per il paziente geriatrico e in particolare in riabilitazione? Elaboriamo una lista degli errori più frequenti e quindi dei connessi danni che possono,in assenza di prevenzione,accadere al paziente anziano. Questa lista ci aiuterà ad elaborare la mappa al paragrafo seguente.

• abuso di contenzione e sedazione • danni da overdose farmacologica • assistenza sanitaria senza o contro il consenso del paziente;oltre lo

stato di necessità del paziente • alimentazione forzata che per essere lecita segue gli art.32 e 13 della

Costituzione(trattamento sanitario coattivo,rispetto al volontario e all’obbligatorio)

• violazione della riservatezza dei dati sensibili del paziente • porta chiusa del reparto che si giustifica limitatamente solo in

presenza di pazienti incapaci di badare a sé stessi e a condizione che sussista l’abbandono

Per quanto la riabilitazione:

• errori di valutazione funzionale che portano il paziente ad avere un trattamento inappropriato e relativo danno

• omissione di una condizione di pericolo derivante da una prescrizione riabilitativa errata

• uso negligente della apparecchiatura elettroterapica • trattamento di un paziente contenuto e sedato che cade in reparto

durante una verticalizzazione con conseguente frattura di femore • non redazione della documentazione di reparto riabilitativo • non collaborazione con la prescrizione del medico ai sensi della

L.42/99 e Prof.Prof. 741/90 • non adeguamento alle linee guida aziendali e ministeriali sugli

interventi in fisioterapia • violazione della L.626 e L.196 sulla privacy,non avvertendo il resp.di

un pericolo in reparto per la salute del paziente e riferendo ad altri dati sensibili

• paziente affetto da cecità che cade, essendo stato appoggiato ad un termosifone da un operatore in presenza di un fisioterapista che non si è attivato per proteggere la salute del paziente,procurandosi trauma cranico poi evoluto in coma e relativo exitus

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• mancanza di controllo e manutenzione sulla sicurezza dell’ausilio, che in geriatria rappresenta il 90% d’uso, da parte del fisioterapista (Prof.Professionale-“verifica l’efficacia e adotta…”) e del preposto alla sicurezza(L.626) in un paziente che cade e si frattura per un bastone troppo corto affidato dal fisioterapista e non verificato

• violazione del consenso informato al trattamento Ma a questo punto ci chiediamo in quali aree potrebbero essere inserite le azioni preventive e correttive?

1. risorse umane( eccessivi carichi di lavoro favoriscono l’errore).L’obbligo è doppio:quantità e qualità;

2. attrezzature e tecnologie; 3. definizione di standard valutativi e operativi; 4. lavorare in gruppi strutturati con ruoli e mansioni precisi può

ridurre l’errore; 5. analisi degli errori; 6. performance individuale(impossibile prescindere dalle

competenze specifiche di ogni singolo operatore); 7. formazione. Infine aggiungiamo che nel discorso della comunicazione in merito ai ritardi tra operatori di aree diverse il National Council of State Boards of nursing ha elaborato 5 criteri per decidere la delega,dette 5G:

1. giusto compito(affidato ad un operatore solo quando per le condizioni dell’utente,complessità del compito,capacità dell’operatore è appropriata la delega)

2. giuste circostanze(valutazione anche delle circostanze,dei materiali disponibili,dell’ambiente,regolamenti statali e aziendali)

3. giuste persone(livello dell’operatore) 4. giuste istruzioni e buona comunicazione(messaggi chiari e

precisi) 5. giusta supervisione e valutazione.

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Mappa del rischio e eventi sentinella “Sono definiti eventi sentinella quegli eventi avversi di particolare gravità indicativi di un serio malfunzionamento del sistema, che causano morte o gravi danni al paziente e che determinano una perdita di fiducia dei cittadini nei confronti del servizio sanitario(dal Ministero della Salute-Dipartimento qualità Dir.Generale Programmazione sanitaria dei livelli di assistenza e dei principi etici di sistema-Ufficio III- Protocollo per il monitoraggio degli eventi sentinella-)”.Implementare in azienda tale protocollo è raccomandato onde limitare errori e danni al sistema-paziente e sistema-sanità. Dal protocollo raccomandato dal Ministero e dalle osservazioni pratiche abbiamo estratto applicazioni utili per l’operato del fisioterapista geriatrico,creando una mappa di punti sensibili. La lista degli eventi sentinella da sorvegliare per promuovere la sicurezza del paziente e la prevenzione di tali evenienze includono:

1. fisioterapista che somministra farmaci per via trancutanea(?) (leggasi terapia strumentale),

2. rischio nelle attività diagnostiche dicasi “valutazione funzionale”, 3. la comunicazione carente rappresenta il terzo fattore target nella

riabilitazione geriatrica, e di essa quella con figure diverse, 4. manipolazione su parte del corpo sbagliata (lato,organo o parte) o

abnorme, o su parti con struttura articolare-ossea deficitaria, 5. coercizione o maltrattamento su paziente, 6. danno alla persona per uso negligente della strumentazione elettroterapia,11 7. movimentazione manuale del paziente errata con caduta o lesione di una

parte del corpo del paziente manipolata o con rischio patologico, 8. obbligo al trattamento su soggetto interdetto o incapace; o sedato e

contenuto, 9. caduta e frattura femore di un paziente con uso di ausilio

(carrozzina,bastone antibrachiale,altro). Le linee guida aziendali dunque in geriatria riabilitativa possono essere costruite tenendo presenti i punti su esposti in corsivo( comunicazione,errori di valutazione, ausilio,manovre terapeutiche errate, movimentazione manuale e obbligo al trattamento)essendo i punti sensibili di eventuali danni al paziente e non solo quelle classiche della prevenzione caduta. Dunque vi sono attualmente due blocchi normativi posti a garanzia della salute della persona: uno sulla sicurezza del paziente e l’altro a tutela dell’operatore. Rispettivamente la legge 196-privacy- e il risk management, la legge 626-sicurezza sul lavoro- In specifico anche il fisioterapista,per la 626, può essere soggetto al: 1-rischio chimico,2-biologico, 3-fisico e 4-movimentazione manuale del carico: di questi riteniamo quelli più suscettibili, di accadere e causare danni, gli eventi indicati ai punti 2, 3 e 4. 1 Dato scientificamente discutibile,l’efficacia di alcune strumentazioni elettroterapiche, che in alcuni

Paesi U.E.,sono state eliminate dai L.E.A.(vedi anche D.R.Lombardia-01-08-2006)-Riv.Salutest Agosto 2006-

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Sarebbe utile,come già in altri modelli esteri,creare un unico codice rischi paziente-operatore,che consentirebbe uno snellimento e accorciamento del proliferare della materia. Esso includerebbe i riferimenti della L.626, della privacy, rischio paziente e operatore, prevenzione caduta,gestione paziente e parenti danneggiati,formazione del personale alla cultura della prevenzione dell’errore e del rischio, rischio incendio,applicabile soprattutto nelle strutture complesse. Ogni punto sensibile ha una scheda descrittiva come quella che segue: (2)scheda descrittiva degli eventi sentinella: sono oggetto del monitoraggio che forniscono le informazioni necessarie per definire e classificare l’evento. Evento sentinella N. 1 -Somministrazione farmaci per via cutanea Descrizione Esecuzione di una applicazione di farmaci antinfiammatori o antalgici su un paziente allergico a quel farmaco. Razionale L’evento mette in evidenza una grave carenza organizzativa e disattenzione grave da parte dell’operatore( errore di comunicazione,di scambio della documentazione sanitaria e di non adeguato controllo delle informazioni della persona assistita) che necessita di una azione correttiva immediata. Modalità informativa L’operatore comunica immediatamente alla Direzione sanitaria di presidio quanto accaduto e fa seguire una relazione scritta,entro 12 ore,indicando le generalità del paziente, le informazioni cliniche pertinenti e la descrizione delle modalità dell’evento. La Direzione sanitaria procede ad informare la Regione e il Ministero della Salute-Dir.Gen.Pregram.Sanit.,dei Livelli Essenziali di Assistenza e dei Principi Etici di Sistema entro 5 giorni. Fonte Documentazione clinica e cartella riabilitativa Note Procedura: qualsiasi tipo di terapia indipendentemente dalla complessità della prestazione sanitaria. Questo è l’esempio di una scheda descrittiva di un evento sentinella(il primo);sulla falsa riga si costruiscono man mano le altre schede. Nel protocollo segue alla scheda descrittiva una scheda di segnalazione iniziale dell’evento accaduto e una della analisi delle cause. Al quarto punto è elaborato un piano d’azione per la riduzione del rischio. Il protocollo accennato è un protocollo di monitoraggio che mette in evidenza gli eventi quando già accaduti e al punto della scheda descrittiva,razionale, dà la possibilità di elaborare interventi correttivi(vedi anche sistema qualità-Iso 9001), che poi confluiranno nel Piano d’azione per la riduzione del rischio in riabilitazione.

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Nel Registro dei rischi in riabilitazione geriatrica avremo le seguenti aree di rischio,dalle quali poi declineremo linee guida e protocolli operativi sul rischio:

1. uso fisioterapia strumentale e uso farmaco per via transdermica 2. verifica e adozione ausilio e ambientale 3. valutazione funzionale 4. elenco manovre manipolative terapeutiche e di movimentazione

manuale controindicate per patologia e rischio patologia 5. rischio per il paziente cardiopatico,sindrome da immobilizzazione

6. area pazienti interdetti e/o contenuti e/o sedati-danni da contenzio- ne fisica per traumi meccanici con conseguente aumento di cadute osteoporosi,diminuzione massa muscolare e forza;violazione con- senso e abuso di mezzi contenitivi. Faccio presente che spesso le sentenze riguardano, per le R.s.a. o comunque gli istituti pubblici o privati geriatrici, reati come maltrattamenti,abbandono di incapace, overdose farmacologia,anche se le specializzazioni più sottoposte a risarcimenti sono ortopedia,anestesiologia e ostetricia;ciò dovrebbe appunto guidarci nella redazione dei rischi e alla comprensione del tipo di paziente. Spesso le normative all’interno delle Istituzioni si accavallano e diventa difficile non solo per la leadership ma anche per gli operatori far crescere la sicurezza; forse il legislatore nella intenzione di applicare security alla sanità,ha esagerato nella proliferazione di norme,creando una giungla di adempimenti che alla fine sono nei fatti non-applicati. “C’è molta carne a cuocere”:basti pensare alla legge 626,che in sé già contiene ciò che in U.S.A. è definito risk management per danni all’operatore; alla privacy che in sé già contiene il rispetto per il diritto alla riservatezza e il consenso alla cura del malato, che è così tipico del mondo anglosassone; all’applicazione di Linee guida per patologia e protocolli operativi geriatrici,secondo le Evidence Based Medicine in Rehabilitation, senza poi toccare il discorso del testamento biologico o living will,che esprime la libera e pubblica espressione della persona ad andarsene appena viene il buio quando la luce è ancora accesa,per arrivare infine al debutto nel 2005 in forma sperimentale in alcune strutture ospedaliere lombarde e ora forse in altre,dato che l’esperimento sembra riuscito,del Codice Etico Unico( esso punta a evitare illeciti e condotte contrarie alla legge ,ma anche a condividere tutti insieme valori aziendali ispirati all’integrità,lealtà e trasparenza con pazienti,parenti…). Attualmente in Italia sul tema dell’autonomia della persona alla fine della vita(vedi testamento biologico),manca una disciplina di legge,a cui si è iniziato a ovviare con una recentissima proposta di D.L. Infatti il tema della morte negli Istituti geriatrici,forse più che in altre tipologie sanitarie,assume un carattere preponderante e frequente per gli operatori sanitari. Se poi interviene su un soggetto con capacità limitata,gestita attraverso i due istituti della interdizione e inabilitazione,ai quali recentemente una legge ha introdotto “l’amministrazione di sostegno”(istituto che lascia intatti gli ambiti decisionali,tranne quello patrimoniale) il tema si complica e può

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assumere esigenze normative diverse e cogenti. Ritengo inutile aggiungere che tutti gli operatori sanitari a contatto con la persona anziana hanno il dovere di approcciarsi a questi temi per rendere il proprio operato sempre più orientato e corretto possibile ai dettami della bioetica e al rispetto della persona in fin di vita e non incorrere in violazione aperte o chiuse di libertà della persona e in specifico di diritti della persona inviolabili.

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Un caso riabilitativo geriatrico

Quanto il problema della qualità sanitaria e della gestione del rischio in ambito assicurativo sia divenuto un problema urgente anche in Italia lo evidenzia una Regione italiana, la Lombardia, che tramite il B.U.R.C. pubblica una circolare del 27-12-04 n. 46 in cui si danno gli Indirizzi sulla gestione del rischio sanitario ai Direttori Generali A.S.L. e ai Commissari Straordinari,che insieme al Protocollo e altri documenti del Ministero della Salute,chiudono un quadro di raccomandazioni per la gestione del rischio. Questo del B.u.r.c. è un indirizzo interessante per capire dove le Compagnie Assicurative hanno svolto osservazioni:

• importanza della completezza della cartella clinica e del consenso informato; • organizzazione del personale che assicuri un puntuale passaggio di consegne nel

cambio turno; • carenza di personale dedicato alla gestione del rischio con conseguente rilevante

dilatazione dei tempi per la definizione delle controversie. Si è stabilito,come primo obiettivo, un flusso informatico per reperire accadimenti dal 1999 al 2004 e al primo semestre del 2005 per conoscere il fenomeno e impostare iniziative più idonee per ridurre il rischio e favorire una maggiore consapevolezza negoziale con le compagnie assicurative. Secondo obiettivo un comitato ristretto che vagli le richieste di risarcimento e terzo obiettivo attiene al rapporto struttura-paziente. Il terzo pone l’accento sul coinvolgimento di tutti gli attori interessati,poi sul consenso informato e infine la cartella clinica; ponendo infine l’attenzione sulla identificabilità dei redattori della cartella clinica. Se analizziamo il programma del Vanderbilt Hospital,modello di eccellenza, nel risk management modello U.S.A.,(Riv.Rischio Sanità-2-Sett.2001)ci rendiamo conto di alcuni punti comuni:1- in quell’ospedale il consenso informato,inteso non come in Italia,un modulo, ma come un processo complesso;2-alla cartella clinica è data importanza come evidenza di qualità e come protezione dalle denunce;3-in America oramai tutti gli ospedali hanno una funzione specifica nel management dedicata al rischio, cosa che in Italia non è ancora del tutto operativa,come il B.u.r.c. su cita;4-le siglature che non identificano sulla cartella clinica la persona, anche in uno studio Inglese è stato ripreso,così come una cattiva comunicazione al passaggio delle consegne al cambio turno(Risk management in sanità-Il problema degli errori-D.M. 05-03-2003). Nel caso geriatrico in esame svolto in una ex.Ipab, Residenza Sanitaria Assistenziale e poi Fondazione di circa 80 pazienti geriatrici,dotata di un sistema di qualità ISO 9001,D.P.S. sulla privacy, programma antincendio,linee guida e quant’altro, ciò che si evidenzia è nel risk management una carente comunicazione tra le figure professionali forse perché lavorare troppo e a ritmi serrati fa commettere più errori,molta politica punitiva nella leadership con scarso ascolto verso la figura del fisioterapista,che forse perché emergente in sanità o di rilievo periferico rispetto alla centrale(?)assistenza di base rende il

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programma dell’equipe già deficitario in partenza, alterando non solo i dettami di legge ma la stessa condivisione di obiettivi comuni nella cultura della sicurezza a “due vie”(paziente-operatore).La punitività e la esclusione dal rango degli operatori affidabili per un errore porta a nascondere l’errore e non a renderlo visibile. Migliore sarebbe la strada, a mio avviso, di una strategia tra azioni preventive e correttive e la formazione alla cultura dell’incentivazione alla sicurezza economica e sanitaria dell’istituzione. La cultura del medico che è al centro del sistema,con satelliti gli operatori e il paziente è una cultura ancora dura a morire,che dovrebbe lasciare lo spazio alla oramai datata legge 42 del 1999 che dettava i criteri di operatività degli operatori nel “rispetto delle proprie competenze……”,con il paziente al centro del sistema. Lo stesso sistema di finanziamento delle oltre 500 case di riposo lombarde è in difficoltà(dati A.I.E.S. Convegno-4/5-Nov.2004-Il finanziamento della R.S.A.in Lombardia); sicuramente non è facile incrociare bisogni di qualità e di budget. Inoltre manca una funzione specifica di risk management in azienda,forse anche per il livello di preparazione del personale che va sempre incentivato verso la cultura della sicurezza; infatti il sistema di qualità di cui si sono dotate quasi(1-passando quelle sanitarie e servizi Iso 9001 dalle 614 del 2002 alle 3449 del 2005) tutte le Aziende sanitarie cozza con la mancanza di cultura del personale alla sicurezza e una mancanza da parte delle Regioni a sostenere la qualità. Ed è forse questo dato che unito a quello della differenza tra Nord e Sud sulle certificazioni di qualità che porta a una disattenzione anche in Azienda tra gli addetti ai lavori e la leadership, invece che ad una incentivazione della prevenzione dei rischi associata alla qualità come consigliano le migliori evidenze in materia. Altra carenza nella gestione del care geriatrico è la mancanza di approccio riabilitativo alle cure palliative(D.M.28-09-99), che mentre risultano essere allo stato avanzato in altri paesi,in Italia ancora ci si chiede se siano un lusso o una necessità(Riv.Fisioterapisti n.15 Marzo 2006).Ma cosa si intende per cure palliative? Le cure palliative e l’assistenza al morente sono le cure destinate a migliorare la qualità della vita. Purtroppo mentre, come dicevamo, esistono in area anglosassone riferimenti professionali(Chartered Society of Physiotherapy,”Physiotherapy in oncology and palliative care-Guidelines for good practice”Agosto 2000)in riabilitazione del paziente in fin di vita,(evento frequentissimo negli istituti geriatrici) nelle istituzioni italiane il concetto è latitante. E’ necessario evidentemente una formazione specifica a tali eventi e alla costruzione di fisioterapisti geriatrici.

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Spesso in geriatria,forse per i noti problemi di budget esistenti,per una scarsa formazione del personale unita ad un sovraccarico lavorativo, si generano errori sia di gestione del rischio che di applicazione delle azioni correttive,per esempio abbiamo:

• la mancanza di referenti specializzati da contattare in caso di rischi avversi( danni da farmaci; proteste di pazienti e parenti; danni a pazienti o a visitatori; cartelle e documentazioni)limitandosi il tutto solo alla,se va bene,legge 626,privacy e incendi e lasciandone la gestione solo ad una persona o a più ma non formate ad hoc;si paga il danno o lo si tace ma non se ne fa tesoro applicativo,

• mancano chiarimenti precisi su chi è coperto e in quali casi,sulle esclusioni in relazione ad attività professionale esterna e a cambi turni,

• non definizione dei diritti dei lavoratori con relative linee guida, • segnalazione tempestiva degli eventi avversi,

Errori sul consenso informato, in quanto non-integrato nella cartella clinica,per cui se il paziente decide di ritirarlo e gli operatori non lo sanno in quanto in cartella non è allegato ma neanche aggiornato,si continuano le cure in presenza di una chiara violazione della libertà individuale. Spesso la riluttanza, l’evitamento e il ritardo a comunicare con un familiare in stress o aggressivo è la causa più frequente di vertenze legali. 1- Fonte Sole 24 Ore-pag.47 n.111 del 24-04-2006

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Capitolo 6

DISCUSSIONE

Presentazione del risultato: case e risk management in riabilitazione geriatrica

Innanzitutto sintetizziamo la declinazione della colpa o del danno del fisioterapista e a quali regole deve attenersi nel compiere l’attività: 1- l’attività e la responsabilità del fisioterapista sono strettamente correlate al contenuto del profilo professionale, all’ordinamento didattico ed al codice deontologico( Cap.3- Profili di responsabilità); 2- è comunque tenuto all’osservanza delle evidenze scientifiche di organismi internazionali o italiani(per es.Ministero della Salute)che si traducono in linee guida,certificazioni qualità,raccomandazioni,protocolli operativi)in merito alla patologia che tratta,la cui inosservanza può portare alla presunzione di colpa generica; 3- obblighi accessori (principio di protezione) al trattamento,che anche se concluso non esime il fisioterapista dai doveri di informazione,vigilanza e controllo; 4- si chiederà sulla conoscenza, in tema di colpa, di più ad un laureato di secondo livello o con master rispetto ad un laureato di primo. In secondo luogo sintetizziamo i target più sensibili al danno in geriatria riabilitativa: 1- predisposizione del paziente alle fratture di collo femore,vertebre e polso per fattori intrinseci e estrinseci; 2- contenzione e sedazione con danno agli apparati connessi alla funzione di autonomia deambulatoria 3- uso di ausili,ortesi e protesi sui quali il fisioterapista ha per Profilo Professionale una specifica competenza; 4- non effettuazione della valutazione funzionale,trattandosi di un soggetto che può fare poco danno; 5- violazione del consenso informato. Infine la sintesi delle due precedenti in un Programma di case e risk management con tali caratteristiche e proposte:

• formazione, ad una cultura della positività dell’errore e non della punitività,rivolta agli operatori,

• creazione di una funzione nello staff-management che si occupi della prevenzione da eventi avversi e relativi danni,

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• creazione di un modello unico di prevenzione costruito su due vie

prevenzione per danni all’operatore e per danni al paziente),agevole e di facile applicazione,che integri privacy,626,antincendio,qualità,etica,

• mappatura dell’evento avverso e danni nella long term care in

R.S.A. per rendersi conto se il fenomeno esiste e in quali dimensioni,

• incentivazione con le politiche regionali ad una cultura della

prevenzione sanitaria sistemica, • creazione di un Registro di reparto con evidenziate le aree a rischio

danno.

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Conclusioni Concludendo sembrerebbe di aver creato con questo studio un fisioterapista modello,”trasparente dentro e fuori,fatto di stomaci e fegati ma anche di immagini e idee”(J.Hilmann-Il linguaggio della vita); un operatore che tra i tanti delle professioni sanitarie è in emersione e che in taluni contesti paralleli alla sua attività o comunque in contesti con indirizzi prioritari volti soprattutto all’assistenza,come le r.s.a., fa fatica ad emergere. La causa o le cause sono storiche-culturali-sociali. Il case management trova la sua espressione massima nell’adozione delle certificazioni di qualità, delle evidenze scientifiche e dei modelli diversi e evoluti di altri paesi;il risk management,correlato al risarcimento danno,fatica ad uscire da questa visione per assumere quella della prevenzione all’evento avverso. Entrambi si sovrappongono ma anche si diversificano. Difficile applicarli in un contesto sanitario come quello italiano afflitto da un malessere di fondo e da una rivoluzione appena iniziata in ambito formativo e di qualità;così come da un malessere del budget che spesso sacrifica le migliori menti sull’altare di interessi non sempre in linea con le raccomandazioni che ci provengono oramai puntualmente da Bruxelles e da altri organismi internazionali. Il processo di cambiamento innescato con il D.Lgs. 502/92 e poi ritoccato, sta ancora continuando con difficoltà evidentissime e pratiche;un esempio gestionale per tutti, è attualmente l’impossibilità a governare sanitariamente un paziente in equipe,in quanto essa rappresenta in sintesi e in micro(Istituti sanitari-Ospedali-R.s.a.-…..) ciò che succede in analisi e in macro(Regioni-Parlamento) e cioè una identificazione dei ruoli e delle funzioni maldefinita, una sovrapposizione di essi e una disconoscenza della figura del fisioterapista,una conflittualità alla fine evidente tra i ruoli( infermiere-fisioterapista-medico-educatore professionale).Basterebbe citare i temi caldi della figura del fisioterapista( Istituzione dell’ordine professionale-Abuso della professione-Ordinamento universitario- Proliferazione di nuove figure professionali) per capire come diventa difficile operare in una equipe che dovrebbe operare serenamente per il paziente e invece per il momento storico vissuto,assistiamo al medico che si sente “roso” dalle professioni in crescita,gli operatori sanitari che rivendicano posizioni di ritardo accumulate rispetto ai colleghi d’oltralpe, colleghi contro colleghi per la confusione dei titoli che abilitano di più o di meno e dulcis in fundo il contenzioso legale esploso anche in Italia per una carenza cronica di prevenzione.

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Speriamo che a livello dottrinale si arrivi al più presto a quella compensazione di ruoli e equilibrio dei ruoli sanitari nell’interesse del paziente,che le leggi hanno iniziato a seguire. Il fisioterapista in questo momento storico poco o male rappresentato in Parlamento fa il possibile per svolgere il suo compito in una sanità,che è in alcune regioni con “l’acqua alla gola”,che si amplifica in difficoltà di coordinamento quando si pensa che in Paesi in cui mancano tale figure, non sono colmate in quanto non si riesce ad avere quella mobilità europea di cui il 2006 era l’anno simbolo(1),per la storica propensione degli italiani a non muoversi per lavoro e alla continuazione del lavoro del padre con il figlio. Ultimo accenno alla prevenzione degli errori non si può non fare non citando alcuni aspetti che si intrecciano con il diritto del lavoro, in specifico, la non violazione di quelle norme rivolte alle pari opportunità,la gestione attenta del bourn-out come elemento di rischio all’errore soprattutto in quelle aziende che per questioni di budget “drillano” gli operatori(lavorare troppo predispone all’errore!) e connesso a ciò, anche se la U.E.non si è pronunciata legislativemente, è la questione del mobbing,in aumento soprattutto al Sud(Fonte Sole 24 Ore). In generale invece il rispetto del dettato costituzionale del diritto al lavoro,con misure di calibrazione del numero dei laureati delle aree sanitarie in uscita dalle università e una reale incentivazione alla mobilità europea e mondiale,visto che in molte aree mancano figure sanitarie mentre l’Italia è in esubero,anche se alcune fonti citano il contrario. In una tale situazione di conflittualità e mancanza di mezzi e certezze e di “navigazione a vista”, a mio avviso, diventa centrale il tema della bioetica che informi sempre di più tutti ad un operare per un diritto alla salute ,che i nostri padri costituenti hanno espresso nella carta fondamentale di questo paese, nell’interesse di quelle idee che alimentate di buone immagini rendano il nostro agire trasparente e sul quale non ci sia parola in più da aggiungere,conflitto da innescare ma solo il silenzio del giusto. (1)- Il Sole-24 Ore- n.5 pag.17-Ven.06-01-2006.”Il 2006 anno della mobilità nel paese della immobilità”.

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