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MAURIZIO RICCI
Prof. Ord. dell’Università di Foggia
I CONTROLLI A DISTANZA DEI LAVORATORI
TRA ISTANZE DI REVISIONE E FLESSIBILITÀ “NEL” LAVORO
SOMMARIO: 1. Le riforme del lavoro del Governo Renzi: il c.d. Jobs Act. - 2. Jobs Act II e
controlli a distanza dei lavoratori. - 3. L’art. 4 St. lav. nella disciplina del 1970… - 4. …e dopo l’art.
23 d.lgs. n. 151 del 2015. - 5. I c.d. “controlli difensivi” e la “tutela del patrimonio aziendale”. - 6.
Gli strumenti utilizzati per “rendere la prestazione” e la “registrazione degli accessi”. - 7.
L’utilizzabilità delle “informazioni raccolte”. - 8. I (limitati) margini d’intervento della
contrattazione di prossimità. - 9. Brevi note sulle sanzioni penali. - 10. Alcune considerazioni
conclusive.
1. – Il diritto del lavoro è tra i settori più "sismici" del nostro ordinamento, sottoposto
alla costante ridefinizione normativa delle sue regole, quasi sempre su impulso del governo
pro tempore che, attraverso la leva della legislazione del lavoro con riduzione delle tutele
dei lavoratori(1), cerca di offrire una risposta al fenomeno della disoccupazione strutturale
nel nostro Paese. È, questo, il terreno nel quale si colloca l’azione del Governo Renzi che,
dopo il suo insediamento, si è mosso in direzione di profonde modifiche da apportare alla
normativa lavoristica all’insegna della flessibilità(2).
Le misure approvate dall’esecutivo nella riscrittura delle regole sul lavoro nel settore
privato hanno seguito due direzioni: la prima, varata con decretazione d’urgenza(3), volta
a flessibilizzare maggiormente il mercato del lavoro attraverso la liberalizzazione totale del
(1) Da ultimo cfr. A. VALLEBONA, Crisi economica e riduzione delle tutele per il lavoratore, in Mass.
Giur. Lav., 2016, 5, pag. 258 e segg.
(2) Per un’analisi più approfondita della legislazione sul lavoro del Governo Renzi, sia consentito il
rinvio al mio, Le politiche del lavoro del Governo Renzi, in Arg. Dir. Lav., 2016, 2, pag. 234 e segg.
(3) D.l. 20 marzo 2014, n. 34 (c.d. “Decreto Poletti”), conv. in l. 16 maggio 2014, n. 78, su cui cfr.
F. CARINCI (a cura di), La politica del lavoro del Governo Renzi, Atti del X Seminario di Bertinoro-
Bologna del 23-34 ottobre 2014, in Adapt Labour Studies, e-book series, 2015, pag. 40.
2
contratto a termine(4); la seconda, affidata a un'ampia legge delega(5), a cui hanno fatto
seguito otto decreti delegati, che hanno ridefinito una molteplicità di istituti. L’aliquid novi
della legislazione del lavoro, varata a cavallo degli anni 2014-2015, è contenuto anche in
un «vero e proprio mutamento di prospettiva»(6) nella declinazione della flessibilità: non
solo nella fase iniziale e finale del rapporto di lavoro (semplificazione dell’accesso ai c.d.
contratti flessibili e alleggerimento delle tutele in caso di licenziamento illegittimo), ma
anche nel corso del suo svolgimento(7).
2. – Alle novità dirette alla maggiore flessibilità “nel” rapporto di lavoro può essere
ascritta la modifica dell’art. 4 della l. n. 300 del 1970 (c.d. Statuto dei Lavoratori), in
materia di impianti audiovisivi, introdotta da uno dei decreti attuativi del Jobs Act(8). I
(4) Sulla nuova disciplina del contratto di lavoro a tempo determinato, tra gli altri, cfr. A. PANDOLFO,
P. PASSALACQUA, Il nuovo contratto di lavoro a termine, Torino, 2014; M. BROLLO, La nuova
flessibilità “semplificata” del lavoro a termine, in Arg. Dir. Lav., 2014, 3, pag. 466 e segg.; P.
CAMPANELLA, Vincoli e sanzioni nel ricorso al contratto a termine: forma e tetti agli organici, in
F. CARINCI (a cura di), La politica del lavoro del Governo Renzi, op. cit., pag. 174 e segg. e ivi
PIZZOFERRATO A., Il contratto a termine dopo il Jobs Act – atto I: l’insostenibile ruolo derogatorio
libero della contrattazione collettiva, pag. 209 e segg.
(5) L. 10 dicembre 2014, n. 183 (c.d. “Jobs Act II”), su cui, ex multis, cfr. F. CARINCI, Jobs Act, atto
II: la legge delega sul mercato del lavoro, in Arg. Dir. Lav., 2015, 1, 1 ss.; ID. (a cura di), La politica
del lavoro del Governo Renzi Atto II, in Adapt Labour Studies, e-book series, 2014, pag. 32; M.
RUSCIANO, L. ZOPPOLI (a cura di), Jobs Act e contratti di lavoro dopo la legge delega 10 dicembre
2014 n. 183, in WP C.S.D.L.E. “Massimo D’Antona”.IT - Collective Volumes, 2014, pag. 3.
(6) E. BALLETTI, I poteri del datore di lavoro tra legge e contratto, Relazione alle Giornate di studio
Aidlass (Napoli, 16 e 17 giugno 2016), dattiloscritto, pag. 6, per il quale, se «l’istanza di maggiore
flessibilità aveva sino ad allora trovato risposta essenzialmente in relazione alla sola fase iniziale
e poi altresì a quella finale del rapporto di lavoro, per effetto del Jobs Act ad essere realizzato è un
vero e proprio mutamento di prospettiva anche in relazione all’ambito specifico dei poteri del datore
di lavoro e delle loro modalità di esercizio “all’interno” del rapporto di lavoro».
(7) A proposito di questo fenomeno, F. CARINCI, A proposito del Jobs Act, in F. SANTONI, M. RICCI,
R. SANTUCCI (a cura di), Il diritto del lavoro all’epoca del jobs act, Napoli, in corso di stampa, parla
di «c.d. flessibilità funzionale», pag. 15 e segg.
(8) Art. 23, d.lgs. n. 151 del 2015, recante “Disposizioni di razionalizzazione e semplificazione delle
procedure e degli adempimenti a carico di cittadini e imprese e altre disposizioni in materia di
rapporto di lavoro e pari opportunità, in attuazione della legge 10 dicembre 2014 n. 183”. Tra i
primi commenti sulla nuova formulazione dell’art. 4, cfr. E. BALLETTI, I controlli a distanza dei
lavoratori dopo il jobs act, in F. SANTONI, M. RICCI, R. SANTUCCI (a cura di), Il diritto del lavoro
all’epoca del jobs act, op.cit., pag. 37 e segg.; A. BELLAVISTA, Il nuovo art. 4 dello Statuto dei
lavoratori, in G. ZILIO GRANDI, M. BIASI, Commentario breve alla riforma del “Jobs Act”, Padova,
2016, pag. 717 e segg.; M. T. CARINCI, Il controllo a distanza dell’attività dei lavoratori dopo il
“Jobs Act” (art. 23 D. Lgs. 151/2015): spunti per un dibattito, in Labour & Law Issues, 2016, 1,
pag. III e segg.; R. DEL PUNTA, La nuova disciplina dei controlli a distanza sul lavoro (art. 23 d.lgs.
3
princìpi e i criteri direttivi di tale modifica imponevano al legislatore delegato di adeguare
la disciplina dei controlli a distanza sugli impianti e sugli strumenti di lavoro, «tenendo
conto dell’evoluzione tecnologica e contemperando le esigenze produttive ed organizzative
dell’impresa con la tutela della dignità e della riservatezza del lavoratore»(9). L’art. 4 St.
lav., infatti, racchiude al suo interno il delicato equilibrio tra il diritto alla salvaguardia della
personalità e della dignità del lavoratore nei luoghi di lavoro in applicazione dei principi
costituzionali e l’interesse del datore di lavoro a esercitare il controllo connesso al potere
organizzativo e disciplinare. La finalità della disposizione statutaria è, in primo luogo,
quella di vietare che i lavoratori siano sottoposti al controllo di uno strumento meccanico
che, nel registrare l’attività, possa poi essere azionato “a distanza” (sotto il profilo sia
spaziale sia temporale)(10) dal datore di lavoro. Dalla stessa disposizione emerge anche il
divieto di controllo “sull’attività” dei lavoratori, ovvero su tutti i loro comportamenti,
escludendo che tale controllo possa riguardare fatti “estranei” all’adempimento della
prestazione.
La modifica della norma ha destato non pochi commenti critici, sin dalla sua gestazione,
sia sul fronte sindacale sia in parte della dottrina. Questo ha indotto il Ministero del Lavoro
a un intervento con cui, oltre a sottolineare la necessità di adeguare la normativa del 1970
«alle innovazioni tecnologiche nel frattempo intervenute», ha assicurato che la nuova
norma non «liberalizza» i controlli, ma «si limita a fare chiarezza circa il concetto di
“strumenti di controllo a distanza” ed i limiti di utilizzabilità dei dati raccolti attraverso
n. 151/2015), in Riv. It. Dir. Lav., 2016, 1, I, pag. 77 e segg.; V. MAIO, La nuova disciplina dei
controlli a distanza sull’attività dei lavoratori e la modernità post panottica, in Arg. Dir. Lav., 2015,
6, pag. 1186 e segg.; M. MARAZZA, Dei poteri (del datore di lavoro), dei controlli (a distanza) e del
trattamento dei dati (del lavoratore), in WP C.S.D.L.E. “Massimo D’Antona”.It, 2016, pag. 300; M.
T. SALIMBENI, La riforma dell’articolo 4 dello Statuto dei lavoratori: l’ambigua risolutezza del
legislatore, in Riv. It. Dir. Lav., 2015, 4, I, pag. 589 e segg.
(9) Art. 1, comma 7, lett. f), della l. n. 183 del 2014, su cui cfr. cfr. A. TROJSI, Il comma 7, lettera f)
della legge delega n. 183/2014. Tra costruzione del Diritto del lavoro dell’era tecnologica e
liberalizzazione dei controlli a distanza sui lavoratori, in M. RUSCIANO, L. ZOPPOLI (a cura di), Jobs
Act e contratti di lavoro dopo la legge delega 10 dicembre 2014 n. 183, C.S.D.L.E. “Massimo
D’Antona”.It – Collective Volumes, 2014, 3, pag. 117 e segg. e P. LAMBERTUCCI, Potere di
controllo del datore di lavoro e tutela della riservatezza del lavoratore: i controlli “a distanza” tra
attualità della disciplina statutaria, promozione della contrattazione di prossimità e legge delega
del 2014 (c.d. Jobs act), in WP C.S.D.L.E. “Massimo D’Antona”.It, 2015, 255, in part. pag. 15 e
segg.
(10) A. BELLAVISTA, Il controllo sui lavoratori, Torino, 1995, pag. 73 e segg. e già B. VENEZIANI,
Sub art. 4, in G. GIUGNI (diretto da). Lo Statuto dei lavoratori. Commentario, Milano, 1979, pag.
21 e segg.
4
questi strumenti, in linea con le indicazioni che il Garante della Privacy ha fornito negli
ultimi anni»(11).
3. – Nell’art. 4 St. lav., nella sua originaria formulazione(12), si prescriveva in maniera
perentoria il divieto di uso “di impianti audiovisivi e di altre apparecchiature per finalità
di controllo a distanza dell’attività dei lavoratori”(13). Allo stesso tempo, però, la facoltà
di installare impianti e apparecchiature di controllo, richiesti da “esigenze organizzative e
produttive ovvero dalla sicurezza del lavoro”, ma con la possibilità di controllare a distanza
l’attività dei lavoratori, era prevista previo accordo con le rappresentanze sindacali
aziendali. In difetto di tale accordo, su istanza del datore di lavoro, avrebbe provveduto
l’Ispettorato del lavoro (oggi: Direzione Territoriale del Lavoro), dettando le modalità per
l’uso degli impianti(14).
Dal combinato disposto delle due disposizioni, in giurisprudenza è scaturita una netta
distinzione tra gli “strumenti” di controllo: da un lato, quelli destinati unicamente a
controllare a distanza lo svolgimento dell’attività lavorativa e, perciò, vietati; da un altro,
quelli il cui impiego giustificato (da esigenze organizzative e produttive o dalla sicurezza
del lavoro) è consentito previo accordo con le rsa o, in mancanza, dietro autorizzazione
della DTL.
Nel primo caso, l’uso di impianti audiovisivi (anche nella nuova formulazione dell’art.
4 St. lav.) era vietato. Nel secondo, invece, pur destinati a scopi diversi (organizzativi,
produttivi, sicurezza del lavoro), tali impianti, che avrebbero potuto determinare
“incidentalmente” un controllo dell’attività dei lavoratori (un eventuale “controllo
(11) Circolare del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali del 18 giugno 2015.
(12) Su cui, ex multis, cfr. B. VENEZIANI, Sub art. 4, op. cit., pag. 2 e segg.; F. CARINCI, Rivoluzione
tecnologica e diritto del lavoro: il rapporto individuale, in Dir. Lav. Rel. Ind., 1985, pag. 203 e
segg.; P. ICHINO, Diritto alla riservatezza e diritto al segreto nel rapporto di lavoro. La disciplina
giuridica della circolazione delle informazioni nell’impresa, Milano, 1979, pag. 67 e segg.; A.
BELLAVISTA, Il controllo sui lavoratori, op. cit., pag. 57 e segg.; P. CHIECO, Privacy e lavoro. La
disciplina del trattamento dei dati personali del lavoratore, Bari, 2000, pag. 9 e segg.; M. P. AIMO,
Privacy, libertà di espressione e rapporto di lavoro, Napoli, 2003; A. SITZIA, Il diritto alla
privatezza nel rapporto di lavoro tra fonti comunitarie e nazionali, Padova, 2013; A. TROJSI, Il
diritto del lavoratore alla tutela dei dati personali, Torino, 2013, pag. 31 e segg.
(13) Art. 4, comma 1.
(14) Art. 4, comma 2.
5
preterintenzionale”(15)), erano ammessi previo accordo o autorizzazione in quanto la loro
finalità principale era un’altra.
È importante tracciare i confini tra le due fattispecie tipizzate dall’art. 4 St. lav. e
sottolineare in via preliminare come quella prevista nel secondo comma non possa leggersi
come “eccezione alla regola” prevista nel primo, ma di due fattispecie “autonome”. Anche
l’accertata giustificazione in merito all’installazione degli impianti, di cui al secondo
comma, non esimeva l’interprete dal verificare se tale astratta potenzialità potesse tradursi,
concretamente, nella finalizzazione al controllo vietato dal primo comma. Tale circostanza
rivestiva particolare importanza con riguardo agli strumenti di lavoro di nuova generazione
e ad alto contenuto tecnologico che, in ragione della loro multifunzionalità, avrebbero
potuto rendere particolarmente complicato discernere se ci trovasse di fronte a un controllo
vietato o consentito dalla norma statutaria.
4. – Sintetizzata la precedente disciplina, è opportuno analizzare il contenuto dell’art. 4,
novellato dall’art. 23 del d.lgs. n. 151 del 2015; un intervento, questo, da più parti ritenuto
necessario(16). L’evoluzione tecnologica ha comportato la diffusione nel tessuto
organizzativo aziendale di dispositivi necessari allo svolgimento della prestazione
lavorativa ma, nel contempo, idonei anche a “registrare” una pluralità di informazioni
sull’attività svolta dal lavoratore(17). Dubbia era la circostanza che anche per questi
dispositivi fosse necessario il preventivo accordo con i lavoratori o l’autorizzazione
amministrativa(18) e si poneva il problema di quali dati potesse essere fatta raccolta.
(15) U. ROMAGNOLI, Art. 4, in G. GHEZZI, F. MANCINI, L. MONTUSCHI, U. ROMAGNOLI, Statuto dei
diritti dei lavoratori, Bologna, 1979, pag. 28 e segg.
(16) Tra gli altri, cfr. P. TULLINI, Comunicazione elettronica, potere di controllo e tutela del
lavoratore, in Arg. Dir. Lav., 2009, 3, pag. 347; C. ZOLI, Il controllo a distanza del datore di lavoro,
l’art. 4 l. n. 300/1970 tra attualità ed esigenze di riforma, in Riv. It. Dir. Lav., 2009, I, pag. 502 e
segg. e R. DEL PUNTA, Diritti della persona e contratto di lavoro, in Dir. Lav. Rel. Ind., 2006, pag.
195 ss.
(17) F. LISO, Computer e controllo dei lavoratori, in Dir. Lav. Rel. Ind., 1986, pag. 353 e segg.
(18) Per l’esclusione di tali strumenti dalla disciplina di autorizzazione prevista dall’art. 4 St. lav.,
cfr. P. ICHINO, Il contratto di lavoro, in A. CICU, F. MESSINEO, L. MENGONI (già diretto da) e P.
Schlesinger (continuato da), Trattato di diritto civile e commerciale, Milano, 2003, pag. 234. Di
diverso avviso R. DE LUCA TAMAJO, Presentazione della ricerca, in R. DE LUCA TAMAJO, R.
IMPERIALI D’AFFLITTO, C. PISANI, R. ROMEI, Nuove tecnologie e tutela della riservatezza dei
lavoratori, Milano, 1988, pag. 9 e segg.
6
Su quest’ultimo aspetto, infine, è intervenuta la legislazione in materia di tutela della
privacy(19) e l’autorità indipendente, istituita per la gestione di questa legge (Garante per la
protezione dei dati personali), ha dettato Linee guida su molti aspetti: il trattamento dei dati
personali del lavoratore(20), l’utilizzo della posta elettronica e il collegamento a internet(21),
il trattamento dei dati personali raccolti mediante sistemi di localizzazione satellitare(22) e
di videosorveglianza(23). Il Garante, infatti, ha più volte affermato che, seppur riconosciuto
al datore di lavoro il potere di definire le modalità d’uso degli strumenti di lavoro,
nell’esercizio di tale prerogativa occorresse rispettare la libertà e la dignità dei lavoratori,
nonché, con specifico riferimento alla disciplina sulla protezione dei dati personali, i
princìpi di correttezza, pertinenza e non eccedenza(24). Il datore di lavoro ha il dovere di
informare in modo chiaro e dettagliato sulle modalità di utilizzo degli strumenti aziendali
e sull’eventuale effettuazione di controlli anche su base individuale. L’assenza di una
esplicita policy al riguardo avrebbe potuto ingenerare una legittima aspettativa del
lavoratore o di terzi di “confidenzialità” rispetto ad alcune forme di comunicazione.
Da una prima lettura del nuovo testo dell’art. 4 St. lav., due sono le principali
innovazioni: la diversa (e più ampia) rubrica dell’articolo, che sembra tener conto delle
innumerevoli possibilità di controllo connesse all'evoluzione tecnologica, prevedendo,
anche “altri strumenti di controllo”, oltre agli “impianti audiovisivi”(25); inoltre,
l’eliminazione del divieto assoluto, contenuto nel primo comma della precedente
formulazione, in merito all’impiego di apparecchiature per il controllo a distanza dei
lavoratori. Tale divieto, però, non scompare: permane (seppur implicitamente) all’interno
del nuovo primo comma dell’art. 4, laddove si specifica che «gli impianti audiovisivi e gli
altri strumenti dai quali derivi anche la possibilità di controllo a distanza dell’attività dei
lavoratori» possano essere impiegati esclusivamente per determinate esigenze(26). Certo,
(19) D.lgs. n. 196 del 2003, c.d. Codice della Privacy.
(20) “Linee guida in materia di trattamento di dati personali di lavoratori per finalità di gestione del
rapporto di lavoro alle dipendenze di datori di lavoro privati” del 23 novembre 2006, in
www.privacy.it.
(21) “Linee guida del Garante per posta elettronica e Internet” del 1° marzo 2007, in www.privacy.it.
(22) Provvedimento del 18 febbraio 2010, in www.privacy.it.
(23) Provvedimento dell’8 aprile 2010, in www.privacy.it.
(24) Art. 11, comma 1, del Codice.
(25) E. BALLETTI, I controlli a distanza dei lavoratori dopo il jobs act, op. cit.
(26) E. BALLETTI, I controlli a distanza dei lavoratori dopo il jobs act, op. cit.; V. MAIO, La nuova
disciplina dei controlli a distanza sull’attività dei lavoratori e la modernità post panottica, op. cit.,
pag. 1190; A. MARESCA, Jobs Act, come conciliare potere di controllo del datore di lavoro e tutela
della dignità e riservatezza del lavoratore, in Forum Tuttolavoro, 22 febbraio 2016; V. PINTO, La
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ora, è possibile scorgere un mutamento nella concezione della materia: si è passati da un
esplicito divieto alla previsione di finalità che giustifichino l’utilizzo degli strumenti, dai
quali possa derivare «anche» la possibilità di controllo a distanza dell’attività dei lavoratori.
Immutata resta, invece, la disciplina delle autorizzazioni preventive (accordo sindacale
o autorizzazione amministrativa) per installare strumenti di controllo che abbiano finalità
produttive, organizzative o di sicurezza del lavoro. A quelle descritte si aggiunge la «tutela
del patrimonio aziendale», che emergeva già nella costruzione giurisprudenziale in
materia.
Nella disposizione, inoltre, si specifica che, nell’ipotesi di imprese con unità produttive
situate in diverse province della stessa regione o in più regioni, l’accordo possa essere
stipulato anche dalle associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano
nazionale (la preposizione articolata «dalle» non consente la possibilità di stipulare accordi
“separati” su questa materia). Inoltre, laddove l’azienda sia strutturata in una pluralità di
unità produttive, collocate in province di competenza di più DTL, l’autorizzazione è
rilasciata direttamente dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali. Questa scelta,
oltre a recepire un’esigenza di semplificazione, è orientata a un migliore coordinamento
delle prassi territoriali e al superamento delle potenziali differenze applicative molto
frequenti nei diversi territori.
Di fondamentale importanza è la disposizione contenuta nel secondo comma, secondo
cui la procedura di autorizzazione non si applica per gli «strumenti utilizzati dal lavoratore
per rendere la prestazione lavorativa e quelli di registrazione degli accessi delle presenze».
Si tratta di una delle disposizioni sulle quali si sono appuntate le maggiori critiche. In altri
termini, tali strumenti potranno essere utilizzati dai lavoratori senza la stipulazione di un
accordo sindacale o l’autorizzazione amministrativa.
A ciò si aggiunga la disposizione contenuta al terzo comma, secondo cui le informazioni
raccolte da questo uso sono utilizzabili «a tutti i fini connessi al rapporto di lavoro», a
patto che «sia data al lavoratore adeguata informazione delle modalità d’uso degli
strumenti e di effettuazione dei controlli e nel rispetto di quanto disposto dal decreto
legislativo 30 giugno 2003, n. 196».
flessibilità funzionale e i poteri del datore di lavoro. Prime considerazioni sui decreti attuativi del
Jobs Act e sul lavoro agile, in Riv. Giur. Lav., 2016, 2, I,, pag. 348; M. T. SALIMBENI, La riforma
dell’articolo 4 dello Statuto dei lavoratori: l’ambigua risolutezza del legislatore, op. cit., pagg. 602-
603.
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5. – Tra le novità contenute nella nuova disciplina merita di essere sottolineata quella
che prevede l’introduzione della «tutela del patrimonio aziendale» tra le ragioni che
giustifichino l’installazione di impianti di controllo a distanza. Questa “categoria” non è
nuova all’interno dello Statuto dei lavoratori: se ne trova traccia, ad esempio, nell’art. 2
sulle “Guardie giurate” e nell’art. 6 sulle “Visite personali di controllo”.
L’intervento riformatore è diretto a chiarire il dibattito giurisprudenziale nella casistica
dei c.d. “controlli difensivi” del datore di lavoro, ovvero quelli che quest’ultimo ponga in
essere per accertare condotte illecite dei lavoratori sotto il profilo civile e, soprattutto,
penale(27).
In giurisprudenza, dopo iniziali oscillazioni(28), si è ritenuta applicabile la procedura
stabilita dal secondo comma dell’art. 4 (della previgente disciplina), con riguardo ai
controlli difensivi per accertare comportamenti illeciti dei dipendenti, solo quando questi
ultimi riguardino l’esatto adempimento dell’obbligazione lavorativa e non anche in merito
ai controlli effettuati per la tutela di beni estranei al rapporto di lavoro(29). In altri termini,
il margine di liceità del controllo difensivo è riferibile alla tutela del “patrimonio
aziendale”, in un’accezione comprensiva tanto del complesso dei beni aziendali quanto
dell’immagine esterna dell’impresa accreditata presso il pubblico. Un margine, in verità,
molto ampio, ove si consideri che, si è ritenuta legittima la condotta di un datore di lavoro
che, per accertare la commissione di un presunto comportamento illecito, ha creato un falso
(27) Sugli orientamenti giurisprudenziali in materia di “controlli difensivi”, tra i più recenti, cfr. R.
DEL PUNTA, La nuova disciplina dei controlli a distanza sul lavoro (art. 23 d.lgs. n. 151/2015), op.
cit., pag. 85 e segg.; P. LAMBERTUCCI, Potere di controllo del datore di lavoro e tutela della
riservatezza del lavoratore: i controlli “a distanza” tra attualità della disciplina statutaria,
promozione della contrattazione di prossimità e legge delega del 2014 (c.d. Jobs act), op. cit., pag.
9 e segg.
(28) Cass. 3 aprile 2002, n. 4746, in Guida Lav., 2002, 21, pag. 10 e segg., con nota di L. NOGLER,
Abuso di telefono aziendale: la decisione su controlli e rimedi.
(29) Cfr. Cass. 17 luglio 2007, n. 15892, in Riv. Giur. Lav., 2008, 2, II, pag. 358 e segg., con nota di
A. BELLAVISTA, Controlli a distanza e necessità del rispetto della procedura di cui al comma 2
dell’art. 4 Stat. lav. e in Riv. It. Dir. Lav., 2008, II, pag. 794 e segg., con nota di M. L. VALLAURI, È
davvero incontenibile la vis expansiva dell’art. 4 dello Statuto dei Lavoratori?; Cass. 23 febbraio
2010, n. 4375, in Riv. It. Dir. Lav., 2010, 3, II, pag. 564 e segg., con nota di R. GALARDI, Il controllo
sugli accessi ad internet al vaglio della Cassazione; Cass. 1 ottobre 2012, n. 166622, in Lav. Giur.,
2013, 4, pag. 383 e segg., con nota di E. BARRACO, A. SITZIA, Un de profundis per i “controlli
difensivi” del datore di lavoro?. In seguito, Cass. 17 febbraio 2015, n. 3122, in De Jure Cass. 25
maggio 2015, n. 10995, in Riv. Giur. Lav., 2015, 4, II, pag. pag. 587, con nota di M. RUSSO, Controlli
difensivi: il fine giustifica i mezzi? e Cass. 2 aprile 2015, n. 20440, ivi, 2016, 2 II, pag. 148, con
nota di E. RAIMONDI, La riservatezza del lavoratore tra innovazioni legislative e giurisprudenza
nazionale ed europea.
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profilo femminile su un popolare social network e ha contattato il lavoratore sospettato,
inducendolo a una conversazione virtuale in orario e in luogo di lavoro, da cui
successivamente è scaturito il licenziamento(30).
Il legislatore, con l’introduzione di questa nuova causa giustificatrice, sembra
cristallizzare nella nuova disposizione la soluzione elaborata in giurisprudenza e, in questo
modo, superare la categoria dei controlli difensivi volti ad accertare comportamenti illeciti
dei lavoratori idonei a pregiudicare “beni estranei al rapporto di lavoro”(31).
6. – Come si è già accennato, tra le novità più importanti della nuova disciplina vi è
quella che riguarda gli strumenti necessari al lavoratore per svolgere la propria prestazione
lavorativa e le apparecchiature di rilevazione e di registrazione degli accessi e delle
presenze. Nel secondo comma del nuovo art. 4 St. lav. si prevede che il loro utilizzo sia
possibile senza il previo accordo sindacale o l’autorizzazione amministrativa. Così si sono
superate molte incertezze applicative che, prima della modifica legislativa,
accompagnavano l’utilizzo di strumenti di lavoro (come pc, notebook, tablet, smartphone,
badge, apparecchi elettronici) che, secondo la previgente normativa, avrebbero dovuto
essere assoggettati alla procedura sindacale o amministrativa.
La scelta del legislatore del Jobs Act, nel bilanciamento tra tutela della personalità e
della dignità del lavoratore nei luoghi di lavoro e potere di controllo del datore di lavoro,
sembra far pendere il piatto della bilancia verso quest’ultimo. Sul punto la nuova disciplina
traccia un confine: da un lato, vi sono gli strumenti il cui utilizzo è potenzialmente in grado
di rendere oggetto di controllo il lavoratore, in quanto per l’espletamento delle attività rese
in costanza di lavoro, non è necessario che questi utilizzi tali strumenti per eseguire la
prestazione (p.es., gli strumenti audiovisivi e quelli per la conservazione e il tracciamento
(30) Cass. 27 maggio 2015, n. 10955, in Foro It., 2015, col. 2316 e segg.; in Riv. It. Dir. Lav., 2015,
4, pag. 984 e segg., con nota di M. FALSONE, L’infelice giurisprudenza sui controlli occulti e le
prospettive del suo superamento e in Riv. It. Dir. Lav., 2016, 1, II, pag. 120 e segg., con nota di E.
PUCCETTI, Se il controllore occulto diventa agente provocatore; in Mass. Giur. Lav., 2016, 5, pag.
281 e segg, con note di A. VALLEBONA, Non fidarsi mai di una donna…inesistente e A. MARIANI,
La legittimità dei controlli c.d. difensivi attraverso l’utilizzo di Facebook. Su questa decisione molto
critico R. DEL PUNTA, La nuova disciplina dei controlli a distanza sul lavoro (art. 23 d.lgs. n.
151/2015), op. cit., pag. 90, ad avviso del quale in tale sentenza «tramite il riferimento alla tutela
del patrimonio, si è recuperato il controllo su meri inadempimenti contrattuali, in qualche modo
tornandosi, con un giro completo, alla posizione pionieristica di Cass. n. 4746/2002».
(31) I. ALVINO, I nuovi limiti al controllo a distanza dell’attività dei lavoratori nell’intersezione fra
le regole dello Statuto dei lavoratori e quelle del Codice della privacy, in Labour & Law Issues,
2016, 1, pag. 17 e segg.
10
dei dati mediante dispositivi di geolocalizzazione); da un altro, invece, si collocano gli
strumenti con i quali il lavoratore esercita la sua prestazione (il pc o lo smartphone).
Se nella nuova formulazione si scorge l’esigenza di “attualizzare” l’impianto normativo
all’evoluzione del lavoro (in particolare, all’utilizzo degli strumenti frutto del progresso
tecnologico entrati in misura preponderante nell’organizzazione del lavoro), si potrebbero
così ridimensionare le garanzie dei lavoratori previste nella precedente disciplina, laddove
ogni forma di possibile controllo a distanza dei lavoratori era in precedenza soggetta al
vaglio sindacale o amministrativa(32).
È, perciò, importante chiarire su che cosa debba intendersi per «strumenti utilizzati dal
lavoratore per rendere la prestazione lavorativa» e «strumenti di registrazione degli
accessi e delle presenze». Se per questi ultimi è abbastanza semplice procedere alla loro
esatta individuazione(33), i problemi maggiori sorgono sui primi. Sarà necessario verificare,
caso per caso, il rapporto di “funzionalità” rispetto alla prestazione del lavoratore, con la
conseguenza che, in sua mancanza, l’utilizzo di tali strumenti sarebbe soggetto all’accordo
sindacale o all’autorizzazione amministrativa, di cui al primo comma(34).
(32) E. BALLETTI, I poteri del datore di lavoro tra legge e contratto, op. cit., pag. 43; A. BELLAVISTA,
Il nuovo art. 4 dello Statuto dei lavoratori, op. cit., pag. 602; V. MAIO, La nuova disciplina dei
controlli a distanza sull’attività dei lavoratori e la modernità post panottica, op. cit., pag. 1188; M.
T. CARINCI, Il controllo a distanza dell’attività dei lavoratori dopo il “Jobs Act” (art. 23 D. Lgs.
151/2015): spunti per un dibattito, op. cit., pag. XIII. Di diverso avviso P. ICHINO, Controlli a
distanza: l’incoerenza di una protesta, in www.pietroichino.it, 19 giugno 2015, secondo cui « gli
stessi sindacati che non hanno mai sentito la necessità di avvalersi della vecchia norma in
riferimento ai nuovi strumenti, insorgono contro la riscrittura di quella stessa norma, che stabilisce
per i lavoratori una protezione nuova nell’uso di questi nuovi strumenti» e in senso analogo R. DEL
PUNTA, La nuova disciplina dei controlli a distanza sul lavoro (art. 23 d.lgs. n. 151/2015), op. cit.,
pag. 107.
(33) Anche sull’individuazione di questi strumenti potrebbero derivare incertezze interpretative. Ad
avviso di R. DEL PUNTA, La nuova disciplina dei controlli a distanza sul lavoro (art. 23 d.lgs. n.
151/2015), op. cit., pag. 103, la disposizione ricomprenderebbe «non soltanto il badge che registra
l’accesso e l’uscita dal lavoro, ma anche eventuali strumenti di accesso a particolari aree
dell’azienda». Alla stessa conclusione perviene I. ALVINO, I nuovi limiti al controllo a distanza
dell’attività dei lavoratori nell’intersezione fra le regole dello Statuto dei lavoratori e quelle del
Codice della privacy, op. cit., pagg. 22-23. Un’interpretazione più restrittiva e più aderente alla
delega contenuta nella l. n. 183 del 2014 è proposta da M. T. SALIMBENI, La riforma dell’articolo 4
dello Statuto dei lavoratori: l’ambigua risolutezza del legislatore, in Riv. It. Dir. Lav., op. cit., pag.
604 e segg.
(34) E. BALLETTI, I controlli a distanza dei lavoratori dopo il jobs act, op. cit.; R. DEL PUNTA, La
nuova disciplina dei controlli a distanza sul lavoro (art. 23 d.lgs. n. 151/2015), op. cit., pagg. 99-
102; V. MAIO, La nuova disciplina dei controlli a distanza sull’attività dei lavoratori e la modernità
post panottica, op. cit. pag. 1205 e segg.; M. MARAZZA, Dei poteri (del datore di lavoro), dei
controlli (a distanza) e del trattamento dei dati (del lavoratore), op. cit., pag. 10.
11
7. – A corroborare le riflessioni già formulate interviene il contenuto del terzo comma
della nuova disposizione. Si prevede, infatti, che le informazioni raccolte attraverso
l’utilizzo degli impianti utilizzati per esigenze organizzative, produttive, per la sicurezza
del lavoro e per la tutela del patrimonio aziendale, oppure mediante l’utilizzo degli
strumenti utilizzati dal lavoratore per rendere la prestazione lavorativa e agli strumenti per
la registrazione degli accessi e delle presenze, possano essere «utilizzabili a tutti i fini
connessi al rapporto di lavoro». Questa facoltà, però, non può calpestare gli obiettivi di
tutela della privacy che hanno indotto il Garante per la protezione dei dati personali a
intervenire più volte. È proprio da questa esigenza che si comprende la precisazione inserita
nella disposizione, caratterizzata dal richiamo ai princìpi generali di tutela della
riservatezza e, soprattutto, agli obblighi di corretta informazione da fornire al lavoratore in
ordine ai rischi di controllo.
Il datore di lavoro ha il dovere di usare l’impianto installato nel rispetto delle regole
previste dal Codice della Privacy (d’ora in poi: Codice) per le operazioni di trattamento dei
dati personali (raccolta, registrazione, organizzazione, conservazione, consultazione,
elaborazione, utilizzo e distruzione dei dati personali). La regola generale posta sul
trattamento dei dati(35) è che questo debba avvenire con il consenso espresso
dell’interessato, che, però, non è necessario ove il trattamento sia diretto ad adempiere a
obblighi derivanti da norme di legge o a dare esecuzione al contratto (come nel rapporto di
lavoro).
A ogni modo, il datore di lavoro è sempre tenuto a informare il lavoratore su finalità e
modalità, con cui i dati saranno trattati(36). Questo adempimento è condicio sine qua non
per la legittimità della raccolta e il trattamento dei dati personali acquisiti con strumenti
telematici. Anche se il trattamento dei dati è ammesso e se è stata fornita l’informativa, il
datore di lavoro non può effettuare controlli in maniera indiscriminata. Questi ultimi
devono essere informati ai principi di liceità, pertinenza, trasparenza e compatibilità del
trattamento.
Il datore di lavoro potrà, quindi, utilizzare in maniera legittima le informazioni raccolte
con un impianto di controllo a distanza per contestare al lavoratore determinate condotte e,
di conseguenza, irrogare le relative sanzioni disciplinari, solo se in precedenza abbia
(35) Artt. 23 e 24, d.lgs. n. 196 del 2003.
(36) Art. 13, d.lgs. n. 196 del 2003.
12
informato il dipendente, installato correttamente l’impianto e raccolto i dati secondo quanto
previsto dal Codice della Privacy.
Un ulteriore limite all’utilizzabilità delle informazioni raccolte da parte del lavoratore
potrà derivare in via eventuale dalla disciplina prevista dall’accordo sindacale o
dall’autorizzazione amministrativa. Sebbene nella nuova disposizione si preveda
espressamente la possibilità di utilizzare i dati raccolti attraverso gli strumenti installati ai
sensi del primo comma, nulla vieta che le parti in sede di accordo sindacale o la DTL o il
Ministero non possano prevedere limiti alla possibilità di consultare i dati registrati,
escludendo a loro l’utilizzabilità a fini disciplinari(37).
8. – Un profilo da affrontare, seppur incidentalmente, nell’analisi del nuovo art. 4 St.
lav., riguarda i margini di operatività che residuerebbero in capo alla contrattazione di
prossimità (38). Già rispetto alla precedente formulazione della norma, infatti, erano sorte
perplessità sulla possibilità che, attraverso lo strumento messo a punto dal legislatore del
2011, potessero apportarsi deroghe in questa materia. Tali perplessità nascevano sia per
l’ampia formulazione della legge(39), tale da impedire un’identificazione con il contenuto,
(37) I. ALVINO, I nuovi limiti al controllo a distanza dell’attività dei lavoratori nell’intersezione fra
le regole dello Statuto dei lavoratori e quelle del Codice della privacy, op. cit., pag. 28, ad avviso
del quale la regola enunciata nel nuovo art. 4 non elide «la possibilità, per le parti del contratto
collettivo o per la DTL che abbia concesso l’autorizzazione, di dettare dei limiti alla possibilità di
interrogare i dati registrati, sino al punto di eventualmente escludere l’utilizzabilità degli stessi a
fini disciplinari, analogamente a quanto era consentito sotto il vigore della vecchia disposizione».
Contra A. MARESCA, Jobs Act, come conciliare potere di controllo del datore di lavoro e tutela
della dignità e riservatezza del lavoratore, op. cit., per il quale, «poiché il nuovo 3° comma dell’art.
4 precisa che i dati raccolti possono essere utilizzati a tutti i fini connessi al rapporto di lavoro, e
quindi anche disciplinari, è possibile che il sindacato continui a chiedere di escludere l’utilizzo ai
fini disciplinari, ma senz’altro l’autorizzazione ministeriale non potrà escluderlo in quanto
contravverrebbe alle disposizioni di legge».
(38) Art. 8, l. n. 148 del 2011, su cui cfr. V. MAIO, La nuova disciplina dei controlli a distanza
sull’attività dei lavoratori e la modernità post panottica, op. cit., pag. 1204, secondo cui, anche se
«in occasione della riforma dell’art. 4 op. cit. si è consumata l’ennesima occasione di sostanziale e
premeditata incomunicabilità tra normative giuslavoristiche, che ci induce a prendere atto di un
ostracismo nei confronti tra l’art. 8 […] nondimeno, a rigore, le due norme mantengono intatta la
loro portata precettiva».
(39) Art. 8, comma 2, lett. a), l. n. 148 del 2011.
13
di cui all’art. 4 St. lav.(40), sia dalla difficoltà nell’individuare, tra quelli previsti nell’art. 8,
comma 1, un requisito finalistico per giustificare una deroga alla disciplina statutaria(41).
Quanto alla prima eccezione, proprio l’ampia formulazione dell’art. 8 («la regolazione
delle materie inerenti l’organizzazione del lavoro e della produzione con riferimento agli
impianti audiovisivi e alla introduzione di nuove tecnologie») può sicuramente involgere
nel suo cono d’ombra quanto previsto nell’art. 4 St. lav. Al contrario, l’acclarata
obsolescenza tecnica dei suoi contenuti può aver indotto il legislatore del 2011 a indicare
tra le materie oggetto di deroga quelle riguardanti gli impianti audiovisivi e l’introduzione
di nuove tecnologie.
Molto più pregnante è l’eccezione fondata sulla difficoltà di integrare il requisito
teleologico che giustificherebbe la deroga alla disciplina legale. Non condividendo
l’opinione di chi, nell’elenco delle finalità42 per stipulare i contratti di prossimità ha
intravisto esclusivamente «una generica premessa rispetto ai contenuti più pregnanti del
comma 2»(43) e aderendo alla lettura di chi inscrive la contrattazione collettiva di prossimità
entro limiti di scopo, in difetto dei quali sarebbe possibile una declaratoria di nullità(44), si
ritiene difficile che una modifica del nuovo art. 4 possa fondarsi su una delle finalità
previste per la stipulazione dei contratti di prossimità (“maggiore occupazione, qualità dei
contratti di lavoro, adozione di forme di partecipazione dei lavoratori, emersione del lavoro
(40) P. LAMBERTUCCI, Potere di controllo del datore di lavoro e tutela della riservatezza del
lavoratore: i controlli “a distanza” tra attualità della disciplina statutaria, promozione della
contrattazione di prossimità e legge delega del 2014 (c.d. Jobs act), op. cit., pag. 13.
(41) A. BELLAVISTA, Gli accordi sindacali in materia di controlli a distanza dei lavoratori, in Lav.
Giur., 2014, 8-9, spec. pagg. 742-744.
(42) L'elenco delle finalità è contenuto all'art. 8, comma 1, l. n. 148 del 2011.
(43) T. TREU, L’accordo 28 giugno e oltre, in Dir. Rel. Ind., 2011, pag. 635.
(44) Ex plurimis, cfr. R. DE LUCA TAMAJO, Il problema dell’inderogabilità delle regole a tutela del
lavoro: passato e presente, in Dir. Lav. Rel. Ind., 2013, 4, pag. 715; A. GARILLI, Finalizzazione e
oggetto degli accordi di prossimità, in Riv. Giur. Lav., 2012, I, 3, pagg. 489-490; V. BAVARO,
Azienda, contratto e sindacato, Bari, 2012, pag. 142 e segg.; A. BELLAVISTA, L’art. 8 del d.l. n.
138/2011: interpretazione e costituzionalità, in F. CARINCI (a cura di), Contrattazione in deroga.
Accordo interconfederale del 28 giugno 2011 e art. 8 del D.L. n. 138/2011, Milano, 2012, pagg.
312-313; A. PERULLI, V. SPEZIALE, La contrattazione di prossimità e l’aziendalizzazione delle
relazioni industriali, in L. FIORILLO, A. PERULLI (diretto da), Le relazioni industriali, Torino, 2014,
pagg. 147 e 148.
14
irregolare, incrementi di competitività e di salario, gestione delle crisi aziendali e
occupazionali, investimenti e avvio di nuove attività”)(45).
Qualora dovesse superarsi lo “scoglio” finalistico, è opportuno individuare su quali
profili un accordo di prossimità potrebbe intervenire sulla nuova disciplina. Escludendo la
possibilità che un accordo collettivo ex art. 8 possa consentire l’installazione di strumenti,
la cui precipua finalità sia quella di controllare l’attività dei lavoratori(46) o, ancora, che
possa autorizzare il datore di lavoro a eseguire controlli sulle informazioni acquisite senza
il rispetto di quanto previsto dal d.lgs. n. 196 del 2003, si può ipotizzare che un accordo di
prossimità potrebbe allargare il novero degli strumenti che non abbisognano dell’accordo
sindacale o della procedura amministrativa di autorizzazione.
Un altro margine per la contrattazione di prossimità, anche dopo la modifica dell’art. 4
St. lav., riguarda i soggetti stipulanti. Mentre il nuovo art. 4 individua la sede aziendale
quale luogo per stipulare accordi che giustifichino l’installazione degli impianti dai quali
derivi anche la possibilità di controllo sull’attività dei lavoratori e, in caso di imprese con
unità produttive in più province, consente di stipulare l’accordo a livello nazionale con le
organizzazioni sindacali comparativamente rappresentative, l’art. 8 consente di stipulare
accordi a livello sia territoriale (con le organizzazioni sindacali comparativamente
rappresentative sul piano territoriale) sia aziendale: in quest’ultimo caso, vi è la possibilità
che a sottoscrivere l’accordo siano le oo.ss. comparativamente più rappresentative sul piano
nazionale(47).
9. – Il nuovo testo dell’articolo 4 St. lav., nel sostituire quello dell’art. 171 del d.lgs. n.
196 del 2003, conferma la tutela penale del divieto di operare controlli a distanza con
impianti, strumenti e apparecchiature non autorizzate(48). Come in precedenza, infatti, la
(45) A. LEVI, Il controllo informatico sull’attività del lavoratore, Torino, 2013, per il quale la finalità
dell’incremento di competitività potrebbe prestarsi per giustificare un controllo a distanza del livello
di produzione.
(46) I. ALVINO, I nuovi limiti al controllo a distanza dell’attività dei lavoratori nell’intersezione fra
le regole dello Statuto dei lavoratori e quelle del Codice della privacy, op. cit., pag. 42; M. T.
SALIMBENI, La riforma dell’articolo 4 dello Statuto dei lavoratori: l’ambigua risolutezza del
legislatore, op. cit., pag. 615.
(47) I. ALVINO, I nuovi limiti al controllo a distanza dell’attività dei lavoratori nell’intersezione fra
le regole dello Statuto dei lavoratori e quelle del Codice della privacy, op. cit., pag. 39.
(48) Cfr. R. DEL PUNTA, La nuova disciplina dei controlli a distanza sul lavoro (art. 23 d.lgs. n.
151/2015), op. cit., pag. 103, secondo cui il legislatore del Jobs Act II «ha posto rimedio a quello
che era stato un vero e proprio pasticcio normativo perpetrato dal Codice privacy».
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violazione di tali prescrizioni è punita con le sanzioni previste dall’art. 38 St. lav. Infatti,
anche dopo l’intervento del d.lgs. 196 del 2003, la fattispecie permane penalmente illecita,
per effetto dell’espresso richiamo contenuto nell’art. 171 del decreto, secondo cui «la
violazione delle disposizioni di cui all’articolo 113 e all’articolo 4, primo e secondo
comma, della legge 20 maggio del 1970 n. 300, è punita con le sanzioni di cui all’art. 38
della legge n. 300 del 1970»(49).
Nell’ipotesi base può trovare applicazione l’istituto della prescrizione obbligatoria(50);
perciò, il personale ispettivo procederà a prescrivere la regolarizzazione del
comportamento datoriale, che potrà alternativamente consistere nel raggiungimento di un
accordo con le rappresentanze sindacali o nella rimozione degli impianti e delle
apparecchiature illecitamente installate.
Infine, non trattandosi di un reato “proprio”, del quale potrebbe essere imputabile il solo
datore di lavoro, la contravvenzione in questione è idonea a colpire anche il comportamento
dei soggetti deputati al controllo a distanza o comunque addetti all’utilizzo delle
apparecchiature e degli impianti.
10. – Esaminati sinteticamente i principali problemi interpretativi del nuovo art. 4 St.
lav., è possibile concludere con due brevi considerazioni.
La prima riguarda le esigenze sottese alla riscrittura della disciplina dei controlli sui
lavoratori e, in particolare, se esse siano maggiormente orientate alla tutela dei lavoratori o
a quella dei datori di lavoro. Su questo punto, sembra che il legislatore abbia maggiormente
tenuto presente il punto di vista dei secondi, assorbendo l’orientamento prevalente in
giurisprudenza sui controlli difensivi diretti alla tutela del “patrimonio aziendale” e
inserendo una dose di flessibilità all’interno del rapporto, con l’eliminazione della
procedura sindacale o amministrativa in merito agli strumenti utilizzati dal lavoratore per
effettuare la prestazione lavorativa. Si è già rilevato, infatti, che la principale novità della
legislazione lavoristica del biennio 2014-2015 stia in una differente declinazione della
flessibilità: non più solo in entrata e in uscita ma, come dimostra anche la nuova disciplina
del mutamento di mansioni(51), anche “nel” rapporto. Per tale ragione, perciò, sebbene la
(49) Di conseguenza il datore di lavoro è punito con la pena alternativa da euro 154,00 a euro 1.549,00
o con l’arresto da 15 giorni a un anno, salvo che il fatto non costituisca più grave reato e tranne nei
casi più gravi, laddove le pene dell’ammenda e dell’arresto sono applicate congiuntamente.
(50) Art. 15, d.lgs. n. 124 del 2004.
(51) Su cui, tra gli altri, cfr. U. GARGIULO, Lo Jus variandi nel “nuovo” art. 2103 cod. civ., in WP
C.S.D.L.E. "Massimo D'Antona".It, 2015, 268 e ivi R. VOZA, Autonomia privata e norma
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modifica sia stata giustificata dall’obsolescenza tecnica delle disposizioni statutarie, questo
è avvenuto tenendo maggiormente presenti le esigenze imprenditoriali.
La seconda considerazione si riferisce al rapporto tra il nuovo art. 4 e il Codice della
Privacy. È opinione pressoché unanime che sinora le due fonti normative abbiano avuto
pochi punti di contatto, complice anche una giurisprudenza del lavoro poco sensibile alle
esigenze di tutela della protezione dei dati personali. Il rinvio espresso, contenuto nel terzo
comma del nuovo art. 4, potrà sicuramente stimolare una maggiore “interlocuzione” tra le
due discipline, quale “contrappeso” alla maggiore libertà concessa ai datori di lavoro per
l’impiego di strumenti dai quali possa derivare, sebbene in via indiretta, un controllo
dell’attività dei lavoratori. In via prognostica, peraltro, è possibile forse ipotizzare che le
prescrizioni, a tutela della privacy dei lavoratori, difficilmente potranno costituire un limite
“effettivo” rispetto al maggiore margine di manovra concesso a parte datoriale. Sui piatti
della bilancia, infatti, le due previsioni non hanno lo stesso peso specifico: all’ampliamento
dei poteri datoriali si contrappone un limite di carattere meramente informativo52. Su questo
fronte particolare importanza potranno assumere le decisioni dell’Autorità Garante, grazie
alle quali potrebbe delinearsi una disciplina di dettaglio utile a chiarire gli aspetti anodini
della nuova disciplina.
Ancora una volta (e, forse, fisiologicamente), spetterà alla giurisprudenza farsi carico
di far decantare le disposizioni, depurarle dalle impurità semantiche e farle vivere nella
concreta realtà fattuale.
Maurizio Ricci - Professore ordinario di Diritto del lavoro nell’Università di Foggia, Via
A. Gramsci, 89/91 - 71122 Foggia, tel. 0881.338460 – [email protected]
inderogabile nella nuova disciplina del mutamento di mansioni, 2015, 262; F. LISO, Brevi
osservazioni sulla revisione della disciplina delle mansioni contenuta nel decreto legislativo n.
81/2015 e su alcune recenti tendenze di politica legislativa in materia di rapporto di lavoro, 2015,
257; M. BROLLO, Lo ius variandi, in Jobs Act: un primo bilancio, Atti dell’XI Seminario di Bertinoro
(Bologna, 22-23 ottobre 2015), in corso di stampa e C. ZOLI, La disciplina delle mansioni, in L.
FIORILLO, A. PERULLI (a cura di), Tipologie contrattuali e disciplina delle mansioni, Torino, 2015,
pag. 333 e segg. 52 Più sfumato il giudizio di V. PINTO, La flessibilità funzionale e i poteri del datore di lavoro. Prime
considerazioni sui decreti attuativi del Jobs Act e sul lavoro agile, op. cit., pag. 350, che, pur dando
atto dell’intenzione del legislatore diretta ad ampliare le prerogative datoriali, invita a non esaltare
il tenore testuale, perché «un inquadramento sistematico della nuova disciplina permette di giungere
a conclusioni almeno parzialmente diverse».