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MAURIZIO RICCI Prof. Ord. dell’Università di Foggia I CONTROLLI A DISTANZA DEI LAVORATORI TRA ISTANZE DI REVISIONE E FLESSIBILITÀ “NEL” LAVORO SOMMARIO: 1. Le riforme del lavoro del Governo Renzi: il c.d. Jobs Act. - 2. Jobs Act II e controlli a distanza dei lavoratori. - 3. L’art. 4 St. lav. nella disciplina del 1970… - 4. …e dopo l’art. 23 d.lgs. n. 151 del 2015. - 5. I c.d. “controlli difensivi” e la “tutela del patrimonio aziendale”. - 6. Gli strumenti utilizzati per “rendere la prestazione” e la “registrazione degli accessi”. - 7. L’utilizzabilità delle “informazioni raccolte”. - 8. I (limitati) margini d’intervento della contrattazione di prossimità. - 9. Brevi note sulle sanzioni penali. - 10. Alcune considerazioni conclusive. 1. Il diritto del lavoro è tra i settori più "sismici" del nostro ordinamento, sottoposto alla costante ridefinizione normativa delle sue regole, quasi sempre su impulso del governo pro tempore che, attraverso la leva della legislazione del lavoro con riduzione delle tutele dei lavoratori( 1 ), cerca di offrire una risposta al fenomeno della disoccupazione strutturale nel nostro Paese. È, questo, il terreno nel quale si colloca l’azione del Governo Renzi che, dopo il suo insediamento, si è mosso in direzione di profonde modifiche da apportare alla normativa lavoristica all’insegna della flessibilità( 2 ). Le misure approvate dall’esecutivo nella riscrittura delle regole sul lavoro nel settore privato hanno seguito due direzioni: la prima, varata con decretazione d’urgenza( 3 ), volta a flessibilizzare maggiormente il mercato del lavoro attraverso la liberalizzazione totale del ( 1 ) Da ultimo cfr. A. VALLEBONA, Crisi economica e riduzione delle tutele per il lavoratore, in Mass. Giur. Lav., 2016, 5, pag. 258 e segg. ( 2 ) Per un’analisi più approfondita della legislazione sul lavoro del Governo Renzi, sia consentito il rinvio al mio, Le politiche del lavoro del Governo Renzi, in Arg. Dir. Lav., 2016, 2, pag. 234 e segg. ( 3 ) D.l. 20 marzo 2014, n. 34 (c.d. “Decreto Poletti”), conv. in l. 16 maggio 2014, n. 78, su cui cfr. F. CARINCI (a cura di), La politica del lavoro del Governo Renzi, Atti del X Seminario di Bertinoro- Bologna del 23-34 ottobre 2014, in Adapt Labour Studies, e-book series, 2015, pag. 40.

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MAURIZIO RICCI

Prof. Ord. dell’Università di Foggia

I CONTROLLI A DISTANZA DEI LAVORATORI

TRA ISTANZE DI REVISIONE E FLESSIBILITÀ “NEL” LAVORO

SOMMARIO: 1. Le riforme del lavoro del Governo Renzi: il c.d. Jobs Act. - 2. Jobs Act II e

controlli a distanza dei lavoratori. - 3. L’art. 4 St. lav. nella disciplina del 1970… - 4. …e dopo l’art.

23 d.lgs. n. 151 del 2015. - 5. I c.d. “controlli difensivi” e la “tutela del patrimonio aziendale”. - 6.

Gli strumenti utilizzati per “rendere la prestazione” e la “registrazione degli accessi”. - 7.

L’utilizzabilità delle “informazioni raccolte”. - 8. I (limitati) margini d’intervento della

contrattazione di prossimità. - 9. Brevi note sulle sanzioni penali. - 10. Alcune considerazioni

conclusive.

1. – Il diritto del lavoro è tra i settori più "sismici" del nostro ordinamento, sottoposto

alla costante ridefinizione normativa delle sue regole, quasi sempre su impulso del governo

pro tempore che, attraverso la leva della legislazione del lavoro con riduzione delle tutele

dei lavoratori(1), cerca di offrire una risposta al fenomeno della disoccupazione strutturale

nel nostro Paese. È, questo, il terreno nel quale si colloca l’azione del Governo Renzi che,

dopo il suo insediamento, si è mosso in direzione di profonde modifiche da apportare alla

normativa lavoristica all’insegna della flessibilità(2).

Le misure approvate dall’esecutivo nella riscrittura delle regole sul lavoro nel settore

privato hanno seguito due direzioni: la prima, varata con decretazione d’urgenza(3), volta

a flessibilizzare maggiormente il mercato del lavoro attraverso la liberalizzazione totale del

(1) Da ultimo cfr. A. VALLEBONA, Crisi economica e riduzione delle tutele per il lavoratore, in Mass.

Giur. Lav., 2016, 5, pag. 258 e segg.

(2) Per un’analisi più approfondita della legislazione sul lavoro del Governo Renzi, sia consentito il

rinvio al mio, Le politiche del lavoro del Governo Renzi, in Arg. Dir. Lav., 2016, 2, pag. 234 e segg.

(3) D.l. 20 marzo 2014, n. 34 (c.d. “Decreto Poletti”), conv. in l. 16 maggio 2014, n. 78, su cui cfr.

F. CARINCI (a cura di), La politica del lavoro del Governo Renzi, Atti del X Seminario di Bertinoro-

Bologna del 23-34 ottobre 2014, in Adapt Labour Studies, e-book series, 2015, pag. 40.

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contratto a termine(4); la seconda, affidata a un'ampia legge delega(5), a cui hanno fatto

seguito otto decreti delegati, che hanno ridefinito una molteplicità di istituti. L’aliquid novi

della legislazione del lavoro, varata a cavallo degli anni 2014-2015, è contenuto anche in

un «vero e proprio mutamento di prospettiva»(6) nella declinazione della flessibilità: non

solo nella fase iniziale e finale del rapporto di lavoro (semplificazione dell’accesso ai c.d.

contratti flessibili e alleggerimento delle tutele in caso di licenziamento illegittimo), ma

anche nel corso del suo svolgimento(7).

2. – Alle novità dirette alla maggiore flessibilità “nel” rapporto di lavoro può essere

ascritta la modifica dell’art. 4 della l. n. 300 del 1970 (c.d. Statuto dei Lavoratori), in

materia di impianti audiovisivi, introdotta da uno dei decreti attuativi del Jobs Act(8). I

(4) Sulla nuova disciplina del contratto di lavoro a tempo determinato, tra gli altri, cfr. A. PANDOLFO,

P. PASSALACQUA, Il nuovo contratto di lavoro a termine, Torino, 2014; M. BROLLO, La nuova

flessibilità “semplificata” del lavoro a termine, in Arg. Dir. Lav., 2014, 3, pag. 466 e segg.; P.

CAMPANELLA, Vincoli e sanzioni nel ricorso al contratto a termine: forma e tetti agli organici, in

F. CARINCI (a cura di), La politica del lavoro del Governo Renzi, op. cit., pag. 174 e segg. e ivi

PIZZOFERRATO A., Il contratto a termine dopo il Jobs Act – atto I: l’insostenibile ruolo derogatorio

libero della contrattazione collettiva, pag. 209 e segg.

(5) L. 10 dicembre 2014, n. 183 (c.d. “Jobs Act II”), su cui, ex multis, cfr. F. CARINCI, Jobs Act, atto

II: la legge delega sul mercato del lavoro, in Arg. Dir. Lav., 2015, 1, 1 ss.; ID. (a cura di), La politica

del lavoro del Governo Renzi Atto II, in Adapt Labour Studies, e-book series, 2014, pag. 32; M.

RUSCIANO, L. ZOPPOLI (a cura di), Jobs Act e contratti di lavoro dopo la legge delega 10 dicembre

2014 n. 183, in WP C.S.D.L.E. “Massimo D’Antona”.IT - Collective Volumes, 2014, pag. 3.

(6) E. BALLETTI, I poteri del datore di lavoro tra legge e contratto, Relazione alle Giornate di studio

Aidlass (Napoli, 16 e 17 giugno 2016), dattiloscritto, pag. 6, per il quale, se «l’istanza di maggiore

flessibilità aveva sino ad allora trovato risposta essenzialmente in relazione alla sola fase iniziale

e poi altresì a quella finale del rapporto di lavoro, per effetto del Jobs Act ad essere realizzato è un

vero e proprio mutamento di prospettiva anche in relazione all’ambito specifico dei poteri del datore

di lavoro e delle loro modalità di esercizio “all’interno” del rapporto di lavoro».

(7) A proposito di questo fenomeno, F. CARINCI, A proposito del Jobs Act, in F. SANTONI, M. RICCI,

R. SANTUCCI (a cura di), Il diritto del lavoro all’epoca del jobs act, Napoli, in corso di stampa, parla

di «c.d. flessibilità funzionale», pag. 15 e segg.

(8) Art. 23, d.lgs. n. 151 del 2015, recante “Disposizioni di razionalizzazione e semplificazione delle

procedure e degli adempimenti a carico di cittadini e imprese e altre disposizioni in materia di

rapporto di lavoro e pari opportunità, in attuazione della legge 10 dicembre 2014 n. 183”. Tra i

primi commenti sulla nuova formulazione dell’art. 4, cfr. E. BALLETTI, I controlli a distanza dei

lavoratori dopo il jobs act, in F. SANTONI, M. RICCI, R. SANTUCCI (a cura di), Il diritto del lavoro

all’epoca del jobs act, op.cit., pag. 37 e segg.; A. BELLAVISTA, Il nuovo art. 4 dello Statuto dei

lavoratori, in G. ZILIO GRANDI, M. BIASI, Commentario breve alla riforma del “Jobs Act”, Padova,

2016, pag. 717 e segg.; M. T. CARINCI, Il controllo a distanza dell’attività dei lavoratori dopo il

“Jobs Act” (art. 23 D. Lgs. 151/2015): spunti per un dibattito, in Labour & Law Issues, 2016, 1,

pag. III e segg.; R. DEL PUNTA, La nuova disciplina dei controlli a distanza sul lavoro (art. 23 d.lgs.

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princìpi e i criteri direttivi di tale modifica imponevano al legislatore delegato di adeguare

la disciplina dei controlli a distanza sugli impianti e sugli strumenti di lavoro, «tenendo

conto dell’evoluzione tecnologica e contemperando le esigenze produttive ed organizzative

dell’impresa con la tutela della dignità e della riservatezza del lavoratore»(9). L’art. 4 St.

lav., infatti, racchiude al suo interno il delicato equilibrio tra il diritto alla salvaguardia della

personalità e della dignità del lavoratore nei luoghi di lavoro in applicazione dei principi

costituzionali e l’interesse del datore di lavoro a esercitare il controllo connesso al potere

organizzativo e disciplinare. La finalità della disposizione statutaria è, in primo luogo,

quella di vietare che i lavoratori siano sottoposti al controllo di uno strumento meccanico

che, nel registrare l’attività, possa poi essere azionato “a distanza” (sotto il profilo sia

spaziale sia temporale)(10) dal datore di lavoro. Dalla stessa disposizione emerge anche il

divieto di controllo “sull’attività” dei lavoratori, ovvero su tutti i loro comportamenti,

escludendo che tale controllo possa riguardare fatti “estranei” all’adempimento della

prestazione.

La modifica della norma ha destato non pochi commenti critici, sin dalla sua gestazione,

sia sul fronte sindacale sia in parte della dottrina. Questo ha indotto il Ministero del Lavoro

a un intervento con cui, oltre a sottolineare la necessità di adeguare la normativa del 1970

«alle innovazioni tecnologiche nel frattempo intervenute», ha assicurato che la nuova

norma non «liberalizza» i controlli, ma «si limita a fare chiarezza circa il concetto di

“strumenti di controllo a distanza” ed i limiti di utilizzabilità dei dati raccolti attraverso

n. 151/2015), in Riv. It. Dir. Lav., 2016, 1, I, pag. 77 e segg.; V. MAIO, La nuova disciplina dei

controlli a distanza sull’attività dei lavoratori e la modernità post panottica, in Arg. Dir. Lav., 2015,

6, pag. 1186 e segg.; M. MARAZZA, Dei poteri (del datore di lavoro), dei controlli (a distanza) e del

trattamento dei dati (del lavoratore), in WP C.S.D.L.E. “Massimo D’Antona”.It, 2016, pag. 300; M.

T. SALIMBENI, La riforma dell’articolo 4 dello Statuto dei lavoratori: l’ambigua risolutezza del

legislatore, in Riv. It. Dir. Lav., 2015, 4, I, pag. 589 e segg.

(9) Art. 1, comma 7, lett. f), della l. n. 183 del 2014, su cui cfr. cfr. A. TROJSI, Il comma 7, lettera f)

della legge delega n. 183/2014. Tra costruzione del Diritto del lavoro dell’era tecnologica e

liberalizzazione dei controlli a distanza sui lavoratori, in M. RUSCIANO, L. ZOPPOLI (a cura di), Jobs

Act e contratti di lavoro dopo la legge delega 10 dicembre 2014 n. 183, C.S.D.L.E. “Massimo

D’Antona”.It – Collective Volumes, 2014, 3, pag. 117 e segg. e P. LAMBERTUCCI, Potere di

controllo del datore di lavoro e tutela della riservatezza del lavoratore: i controlli “a distanza” tra

attualità della disciplina statutaria, promozione della contrattazione di prossimità e legge delega

del 2014 (c.d. Jobs act), in WP C.S.D.L.E. “Massimo D’Antona”.It, 2015, 255, in part. pag. 15 e

segg.

(10) A. BELLAVISTA, Il controllo sui lavoratori, Torino, 1995, pag. 73 e segg. e già B. VENEZIANI,

Sub art. 4, in G. GIUGNI (diretto da). Lo Statuto dei lavoratori. Commentario, Milano, 1979, pag.

21 e segg.

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questi strumenti, in linea con le indicazioni che il Garante della Privacy ha fornito negli

ultimi anni»(11).

3. – Nell’art. 4 St. lav., nella sua originaria formulazione(12), si prescriveva in maniera

perentoria il divieto di uso “di impianti audiovisivi e di altre apparecchiature per finalità

di controllo a distanza dell’attività dei lavoratori”(13). Allo stesso tempo, però, la facoltà

di installare impianti e apparecchiature di controllo, richiesti da “esigenze organizzative e

produttive ovvero dalla sicurezza del lavoro”, ma con la possibilità di controllare a distanza

l’attività dei lavoratori, era prevista previo accordo con le rappresentanze sindacali

aziendali. In difetto di tale accordo, su istanza del datore di lavoro, avrebbe provveduto

l’Ispettorato del lavoro (oggi: Direzione Territoriale del Lavoro), dettando le modalità per

l’uso degli impianti(14).

Dal combinato disposto delle due disposizioni, in giurisprudenza è scaturita una netta

distinzione tra gli “strumenti” di controllo: da un lato, quelli destinati unicamente a

controllare a distanza lo svolgimento dell’attività lavorativa e, perciò, vietati; da un altro,

quelli il cui impiego giustificato (da esigenze organizzative e produttive o dalla sicurezza

del lavoro) è consentito previo accordo con le rsa o, in mancanza, dietro autorizzazione

della DTL.

Nel primo caso, l’uso di impianti audiovisivi (anche nella nuova formulazione dell’art.

4 St. lav.) era vietato. Nel secondo, invece, pur destinati a scopi diversi (organizzativi,

produttivi, sicurezza del lavoro), tali impianti, che avrebbero potuto determinare

“incidentalmente” un controllo dell’attività dei lavoratori (un eventuale “controllo

(11) Circolare del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali del 18 giugno 2015.

(12) Su cui, ex multis, cfr. B. VENEZIANI, Sub art. 4, op. cit., pag. 2 e segg.; F. CARINCI, Rivoluzione

tecnologica e diritto del lavoro: il rapporto individuale, in Dir. Lav. Rel. Ind., 1985, pag. 203 e

segg.; P. ICHINO, Diritto alla riservatezza e diritto al segreto nel rapporto di lavoro. La disciplina

giuridica della circolazione delle informazioni nell’impresa, Milano, 1979, pag. 67 e segg.; A.

BELLAVISTA, Il controllo sui lavoratori, op. cit., pag. 57 e segg.; P. CHIECO, Privacy e lavoro. La

disciplina del trattamento dei dati personali del lavoratore, Bari, 2000, pag. 9 e segg.; M. P. AIMO,

Privacy, libertà di espressione e rapporto di lavoro, Napoli, 2003; A. SITZIA, Il diritto alla

privatezza nel rapporto di lavoro tra fonti comunitarie e nazionali, Padova, 2013; A. TROJSI, Il

diritto del lavoratore alla tutela dei dati personali, Torino, 2013, pag. 31 e segg.

(13) Art. 4, comma 1.

(14) Art. 4, comma 2.

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preterintenzionale”(15)), erano ammessi previo accordo o autorizzazione in quanto la loro

finalità principale era un’altra.

È importante tracciare i confini tra le due fattispecie tipizzate dall’art. 4 St. lav. e

sottolineare in via preliminare come quella prevista nel secondo comma non possa leggersi

come “eccezione alla regola” prevista nel primo, ma di due fattispecie “autonome”. Anche

l’accertata giustificazione in merito all’installazione degli impianti, di cui al secondo

comma, non esimeva l’interprete dal verificare se tale astratta potenzialità potesse tradursi,

concretamente, nella finalizzazione al controllo vietato dal primo comma. Tale circostanza

rivestiva particolare importanza con riguardo agli strumenti di lavoro di nuova generazione

e ad alto contenuto tecnologico che, in ragione della loro multifunzionalità, avrebbero

potuto rendere particolarmente complicato discernere se ci trovasse di fronte a un controllo

vietato o consentito dalla norma statutaria.

4. – Sintetizzata la precedente disciplina, è opportuno analizzare il contenuto dell’art. 4,

novellato dall’art. 23 del d.lgs. n. 151 del 2015; un intervento, questo, da più parti ritenuto

necessario(16). L’evoluzione tecnologica ha comportato la diffusione nel tessuto

organizzativo aziendale di dispositivi necessari allo svolgimento della prestazione

lavorativa ma, nel contempo, idonei anche a “registrare” una pluralità di informazioni

sull’attività svolta dal lavoratore(17). Dubbia era la circostanza che anche per questi

dispositivi fosse necessario il preventivo accordo con i lavoratori o l’autorizzazione

amministrativa(18) e si poneva il problema di quali dati potesse essere fatta raccolta.

(15) U. ROMAGNOLI, Art. 4, in G. GHEZZI, F. MANCINI, L. MONTUSCHI, U. ROMAGNOLI, Statuto dei

diritti dei lavoratori, Bologna, 1979, pag. 28 e segg.

(16) Tra gli altri, cfr. P. TULLINI, Comunicazione elettronica, potere di controllo e tutela del

lavoratore, in Arg. Dir. Lav., 2009, 3, pag. 347; C. ZOLI, Il controllo a distanza del datore di lavoro,

l’art. 4 l. n. 300/1970 tra attualità ed esigenze di riforma, in Riv. It. Dir. Lav., 2009, I, pag. 502 e

segg. e R. DEL PUNTA, Diritti della persona e contratto di lavoro, in Dir. Lav. Rel. Ind., 2006, pag.

195 ss.

(17) F. LISO, Computer e controllo dei lavoratori, in Dir. Lav. Rel. Ind., 1986, pag. 353 e segg.

(18) Per l’esclusione di tali strumenti dalla disciplina di autorizzazione prevista dall’art. 4 St. lav.,

cfr. P. ICHINO, Il contratto di lavoro, in A. CICU, F. MESSINEO, L. MENGONI (già diretto da) e P.

Schlesinger (continuato da), Trattato di diritto civile e commerciale, Milano, 2003, pag. 234. Di

diverso avviso R. DE LUCA TAMAJO, Presentazione della ricerca, in R. DE LUCA TAMAJO, R.

IMPERIALI D’AFFLITTO, C. PISANI, R. ROMEI, Nuove tecnologie e tutela della riservatezza dei

lavoratori, Milano, 1988, pag. 9 e segg.

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Su quest’ultimo aspetto, infine, è intervenuta la legislazione in materia di tutela della

privacy(19) e l’autorità indipendente, istituita per la gestione di questa legge (Garante per la

protezione dei dati personali), ha dettato Linee guida su molti aspetti: il trattamento dei dati

personali del lavoratore(20), l’utilizzo della posta elettronica e il collegamento a internet(21),

il trattamento dei dati personali raccolti mediante sistemi di localizzazione satellitare(22) e

di videosorveglianza(23). Il Garante, infatti, ha più volte affermato che, seppur riconosciuto

al datore di lavoro il potere di definire le modalità d’uso degli strumenti di lavoro,

nell’esercizio di tale prerogativa occorresse rispettare la libertà e la dignità dei lavoratori,

nonché, con specifico riferimento alla disciplina sulla protezione dei dati personali, i

princìpi di correttezza, pertinenza e non eccedenza(24). Il datore di lavoro ha il dovere di

informare in modo chiaro e dettagliato sulle modalità di utilizzo degli strumenti aziendali

e sull’eventuale effettuazione di controlli anche su base individuale. L’assenza di una

esplicita policy al riguardo avrebbe potuto ingenerare una legittima aspettativa del

lavoratore o di terzi di “confidenzialità” rispetto ad alcune forme di comunicazione.

Da una prima lettura del nuovo testo dell’art. 4 St. lav., due sono le principali

innovazioni: la diversa (e più ampia) rubrica dell’articolo, che sembra tener conto delle

innumerevoli possibilità di controllo connesse all'evoluzione tecnologica, prevedendo,

anche “altri strumenti di controllo”, oltre agli “impianti audiovisivi”(25); inoltre,

l’eliminazione del divieto assoluto, contenuto nel primo comma della precedente

formulazione, in merito all’impiego di apparecchiature per il controllo a distanza dei

lavoratori. Tale divieto, però, non scompare: permane (seppur implicitamente) all’interno

del nuovo primo comma dell’art. 4, laddove si specifica che «gli impianti audiovisivi e gli

altri strumenti dai quali derivi anche la possibilità di controllo a distanza dell’attività dei

lavoratori» possano essere impiegati esclusivamente per determinate esigenze(26). Certo,

(19) D.lgs. n. 196 del 2003, c.d. Codice della Privacy.

(20) “Linee guida in materia di trattamento di dati personali di lavoratori per finalità di gestione del

rapporto di lavoro alle dipendenze di datori di lavoro privati” del 23 novembre 2006, in

www.privacy.it.

(21) “Linee guida del Garante per posta elettronica e Internet” del 1° marzo 2007, in www.privacy.it.

(22) Provvedimento del 18 febbraio 2010, in www.privacy.it.

(23) Provvedimento dell’8 aprile 2010, in www.privacy.it.

(24) Art. 11, comma 1, del Codice.

(25) E. BALLETTI, I controlli a distanza dei lavoratori dopo il jobs act, op. cit.

(26) E. BALLETTI, I controlli a distanza dei lavoratori dopo il jobs act, op. cit.; V. MAIO, La nuova

disciplina dei controlli a distanza sull’attività dei lavoratori e la modernità post panottica, op. cit.,

pag. 1190; A. MARESCA, Jobs Act, come conciliare potere di controllo del datore di lavoro e tutela

della dignità e riservatezza del lavoratore, in Forum Tuttolavoro, 22 febbraio 2016; V. PINTO, La

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ora, è possibile scorgere un mutamento nella concezione della materia: si è passati da un

esplicito divieto alla previsione di finalità che giustifichino l’utilizzo degli strumenti, dai

quali possa derivare «anche» la possibilità di controllo a distanza dell’attività dei lavoratori.

Immutata resta, invece, la disciplina delle autorizzazioni preventive (accordo sindacale

o autorizzazione amministrativa) per installare strumenti di controllo che abbiano finalità

produttive, organizzative o di sicurezza del lavoro. A quelle descritte si aggiunge la «tutela

del patrimonio aziendale», che emergeva già nella costruzione giurisprudenziale in

materia.

Nella disposizione, inoltre, si specifica che, nell’ipotesi di imprese con unità produttive

situate in diverse province della stessa regione o in più regioni, l’accordo possa essere

stipulato anche dalle associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano

nazionale (la preposizione articolata «dalle» non consente la possibilità di stipulare accordi

“separati” su questa materia). Inoltre, laddove l’azienda sia strutturata in una pluralità di

unità produttive, collocate in province di competenza di più DTL, l’autorizzazione è

rilasciata direttamente dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali. Questa scelta,

oltre a recepire un’esigenza di semplificazione, è orientata a un migliore coordinamento

delle prassi territoriali e al superamento delle potenziali differenze applicative molto

frequenti nei diversi territori.

Di fondamentale importanza è la disposizione contenuta nel secondo comma, secondo

cui la procedura di autorizzazione non si applica per gli «strumenti utilizzati dal lavoratore

per rendere la prestazione lavorativa e quelli di registrazione degli accessi delle presenze».

Si tratta di una delle disposizioni sulle quali si sono appuntate le maggiori critiche. In altri

termini, tali strumenti potranno essere utilizzati dai lavoratori senza la stipulazione di un

accordo sindacale o l’autorizzazione amministrativa.

A ciò si aggiunga la disposizione contenuta al terzo comma, secondo cui le informazioni

raccolte da questo uso sono utilizzabili «a tutti i fini connessi al rapporto di lavoro», a

patto che «sia data al lavoratore adeguata informazione delle modalità d’uso degli

strumenti e di effettuazione dei controlli e nel rispetto di quanto disposto dal decreto

legislativo 30 giugno 2003, n. 196».

flessibilità funzionale e i poteri del datore di lavoro. Prime considerazioni sui decreti attuativi del

Jobs Act e sul lavoro agile, in Riv. Giur. Lav., 2016, 2, I,, pag. 348; M. T. SALIMBENI, La riforma

dell’articolo 4 dello Statuto dei lavoratori: l’ambigua risolutezza del legislatore, op. cit., pagg. 602-

603.

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5. – Tra le novità contenute nella nuova disciplina merita di essere sottolineata quella

che prevede l’introduzione della «tutela del patrimonio aziendale» tra le ragioni che

giustifichino l’installazione di impianti di controllo a distanza. Questa “categoria” non è

nuova all’interno dello Statuto dei lavoratori: se ne trova traccia, ad esempio, nell’art. 2

sulle “Guardie giurate” e nell’art. 6 sulle “Visite personali di controllo”.

L’intervento riformatore è diretto a chiarire il dibattito giurisprudenziale nella casistica

dei c.d. “controlli difensivi” del datore di lavoro, ovvero quelli che quest’ultimo ponga in

essere per accertare condotte illecite dei lavoratori sotto il profilo civile e, soprattutto,

penale(27).

In giurisprudenza, dopo iniziali oscillazioni(28), si è ritenuta applicabile la procedura

stabilita dal secondo comma dell’art. 4 (della previgente disciplina), con riguardo ai

controlli difensivi per accertare comportamenti illeciti dei dipendenti, solo quando questi

ultimi riguardino l’esatto adempimento dell’obbligazione lavorativa e non anche in merito

ai controlli effettuati per la tutela di beni estranei al rapporto di lavoro(29). In altri termini,

il margine di liceità del controllo difensivo è riferibile alla tutela del “patrimonio

aziendale”, in un’accezione comprensiva tanto del complesso dei beni aziendali quanto

dell’immagine esterna dell’impresa accreditata presso il pubblico. Un margine, in verità,

molto ampio, ove si consideri che, si è ritenuta legittima la condotta di un datore di lavoro

che, per accertare la commissione di un presunto comportamento illecito, ha creato un falso

(27) Sugli orientamenti giurisprudenziali in materia di “controlli difensivi”, tra i più recenti, cfr. R.

DEL PUNTA, La nuova disciplina dei controlli a distanza sul lavoro (art. 23 d.lgs. n. 151/2015), op.

cit., pag. 85 e segg.; P. LAMBERTUCCI, Potere di controllo del datore di lavoro e tutela della

riservatezza del lavoratore: i controlli “a distanza” tra attualità della disciplina statutaria,

promozione della contrattazione di prossimità e legge delega del 2014 (c.d. Jobs act), op. cit., pag.

9 e segg.

(28) Cass. 3 aprile 2002, n. 4746, in Guida Lav., 2002, 21, pag. 10 e segg., con nota di L. NOGLER,

Abuso di telefono aziendale: la decisione su controlli e rimedi.

(29) Cfr. Cass. 17 luglio 2007, n. 15892, in Riv. Giur. Lav., 2008, 2, II, pag. 358 e segg., con nota di

A. BELLAVISTA, Controlli a distanza e necessità del rispetto della procedura di cui al comma 2

dell’art. 4 Stat. lav. e in Riv. It. Dir. Lav., 2008, II, pag. 794 e segg., con nota di M. L. VALLAURI, È

davvero incontenibile la vis expansiva dell’art. 4 dello Statuto dei Lavoratori?; Cass. 23 febbraio

2010, n. 4375, in Riv. It. Dir. Lav., 2010, 3, II, pag. 564 e segg., con nota di R. GALARDI, Il controllo

sugli accessi ad internet al vaglio della Cassazione; Cass. 1 ottobre 2012, n. 166622, in Lav. Giur.,

2013, 4, pag. 383 e segg., con nota di E. BARRACO, A. SITZIA, Un de profundis per i “controlli

difensivi” del datore di lavoro?. In seguito, Cass. 17 febbraio 2015, n. 3122, in De Jure Cass. 25

maggio 2015, n. 10995, in Riv. Giur. Lav., 2015, 4, II, pag. pag. 587, con nota di M. RUSSO, Controlli

difensivi: il fine giustifica i mezzi? e Cass. 2 aprile 2015, n. 20440, ivi, 2016, 2 II, pag. 148, con

nota di E. RAIMONDI, La riservatezza del lavoratore tra innovazioni legislative e giurisprudenza

nazionale ed europea.

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profilo femminile su un popolare social network e ha contattato il lavoratore sospettato,

inducendolo a una conversazione virtuale in orario e in luogo di lavoro, da cui

successivamente è scaturito il licenziamento(30).

Il legislatore, con l’introduzione di questa nuova causa giustificatrice, sembra

cristallizzare nella nuova disposizione la soluzione elaborata in giurisprudenza e, in questo

modo, superare la categoria dei controlli difensivi volti ad accertare comportamenti illeciti

dei lavoratori idonei a pregiudicare “beni estranei al rapporto di lavoro”(31).

6. – Come si è già accennato, tra le novità più importanti della nuova disciplina vi è

quella che riguarda gli strumenti necessari al lavoratore per svolgere la propria prestazione

lavorativa e le apparecchiature di rilevazione e di registrazione degli accessi e delle

presenze. Nel secondo comma del nuovo art. 4 St. lav. si prevede che il loro utilizzo sia

possibile senza il previo accordo sindacale o l’autorizzazione amministrativa. Così si sono

superate molte incertezze applicative che, prima della modifica legislativa,

accompagnavano l’utilizzo di strumenti di lavoro (come pc, notebook, tablet, smartphone,

badge, apparecchi elettronici) che, secondo la previgente normativa, avrebbero dovuto

essere assoggettati alla procedura sindacale o amministrativa.

La scelta del legislatore del Jobs Act, nel bilanciamento tra tutela della personalità e

della dignità del lavoratore nei luoghi di lavoro e potere di controllo del datore di lavoro,

sembra far pendere il piatto della bilancia verso quest’ultimo. Sul punto la nuova disciplina

traccia un confine: da un lato, vi sono gli strumenti il cui utilizzo è potenzialmente in grado

di rendere oggetto di controllo il lavoratore, in quanto per l’espletamento delle attività rese

in costanza di lavoro, non è necessario che questi utilizzi tali strumenti per eseguire la

prestazione (p.es., gli strumenti audiovisivi e quelli per la conservazione e il tracciamento

(30) Cass. 27 maggio 2015, n. 10955, in Foro It., 2015, col. 2316 e segg.; in Riv. It. Dir. Lav., 2015,

4, pag. 984 e segg., con nota di M. FALSONE, L’infelice giurisprudenza sui controlli occulti e le

prospettive del suo superamento e in Riv. It. Dir. Lav., 2016, 1, II, pag. 120 e segg., con nota di E.

PUCCETTI, Se il controllore occulto diventa agente provocatore; in Mass. Giur. Lav., 2016, 5, pag.

281 e segg, con note di A. VALLEBONA, Non fidarsi mai di una donna…inesistente e A. MARIANI,

La legittimità dei controlli c.d. difensivi attraverso l’utilizzo di Facebook. Su questa decisione molto

critico R. DEL PUNTA, La nuova disciplina dei controlli a distanza sul lavoro (art. 23 d.lgs. n.

151/2015), op. cit., pag. 90, ad avviso del quale in tale sentenza «tramite il riferimento alla tutela

del patrimonio, si è recuperato il controllo su meri inadempimenti contrattuali, in qualche modo

tornandosi, con un giro completo, alla posizione pionieristica di Cass. n. 4746/2002».

(31) I. ALVINO, I nuovi limiti al controllo a distanza dell’attività dei lavoratori nell’intersezione fra

le regole dello Statuto dei lavoratori e quelle del Codice della privacy, in Labour & Law Issues,

2016, 1, pag. 17 e segg.

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dei dati mediante dispositivi di geolocalizzazione); da un altro, invece, si collocano gli

strumenti con i quali il lavoratore esercita la sua prestazione (il pc o lo smartphone).

Se nella nuova formulazione si scorge l’esigenza di “attualizzare” l’impianto normativo

all’evoluzione del lavoro (in particolare, all’utilizzo degli strumenti frutto del progresso

tecnologico entrati in misura preponderante nell’organizzazione del lavoro), si potrebbero

così ridimensionare le garanzie dei lavoratori previste nella precedente disciplina, laddove

ogni forma di possibile controllo a distanza dei lavoratori era in precedenza soggetta al

vaglio sindacale o amministrativa(32).

È, perciò, importante chiarire su che cosa debba intendersi per «strumenti utilizzati dal

lavoratore per rendere la prestazione lavorativa» e «strumenti di registrazione degli

accessi e delle presenze». Se per questi ultimi è abbastanza semplice procedere alla loro

esatta individuazione(33), i problemi maggiori sorgono sui primi. Sarà necessario verificare,

caso per caso, il rapporto di “funzionalità” rispetto alla prestazione del lavoratore, con la

conseguenza che, in sua mancanza, l’utilizzo di tali strumenti sarebbe soggetto all’accordo

sindacale o all’autorizzazione amministrativa, di cui al primo comma(34).

(32) E. BALLETTI, I poteri del datore di lavoro tra legge e contratto, op. cit., pag. 43; A. BELLAVISTA,

Il nuovo art. 4 dello Statuto dei lavoratori, op. cit., pag. 602; V. MAIO, La nuova disciplina dei

controlli a distanza sull’attività dei lavoratori e la modernità post panottica, op. cit., pag. 1188; M.

T. CARINCI, Il controllo a distanza dell’attività dei lavoratori dopo il “Jobs Act” (art. 23 D. Lgs.

151/2015): spunti per un dibattito, op. cit., pag. XIII. Di diverso avviso P. ICHINO, Controlli a

distanza: l’incoerenza di una protesta, in www.pietroichino.it, 19 giugno 2015, secondo cui « gli

stessi sindacati che non hanno mai sentito la necessità di avvalersi della vecchia norma in

riferimento ai nuovi strumenti, insorgono contro la riscrittura di quella stessa norma, che stabilisce

per i lavoratori una protezione nuova nell’uso di questi nuovi strumenti» e in senso analogo R. DEL

PUNTA, La nuova disciplina dei controlli a distanza sul lavoro (art. 23 d.lgs. n. 151/2015), op. cit.,

pag. 107.

(33) Anche sull’individuazione di questi strumenti potrebbero derivare incertezze interpretative. Ad

avviso di R. DEL PUNTA, La nuova disciplina dei controlli a distanza sul lavoro (art. 23 d.lgs. n.

151/2015), op. cit., pag. 103, la disposizione ricomprenderebbe «non soltanto il badge che registra

l’accesso e l’uscita dal lavoro, ma anche eventuali strumenti di accesso a particolari aree

dell’azienda». Alla stessa conclusione perviene I. ALVINO, I nuovi limiti al controllo a distanza

dell’attività dei lavoratori nell’intersezione fra le regole dello Statuto dei lavoratori e quelle del

Codice della privacy, op. cit., pagg. 22-23. Un’interpretazione più restrittiva e più aderente alla

delega contenuta nella l. n. 183 del 2014 è proposta da M. T. SALIMBENI, La riforma dell’articolo 4

dello Statuto dei lavoratori: l’ambigua risolutezza del legislatore, in Riv. It. Dir. Lav., op. cit., pag.

604 e segg.

(34) E. BALLETTI, I controlli a distanza dei lavoratori dopo il jobs act, op. cit.; R. DEL PUNTA, La

nuova disciplina dei controlli a distanza sul lavoro (art. 23 d.lgs. n. 151/2015), op. cit., pagg. 99-

102; V. MAIO, La nuova disciplina dei controlli a distanza sull’attività dei lavoratori e la modernità

post panottica, op. cit. pag. 1205 e segg.; M. MARAZZA, Dei poteri (del datore di lavoro), dei

controlli (a distanza) e del trattamento dei dati (del lavoratore), op. cit., pag. 10.

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7. – A corroborare le riflessioni già formulate interviene il contenuto del terzo comma

della nuova disposizione. Si prevede, infatti, che le informazioni raccolte attraverso

l’utilizzo degli impianti utilizzati per esigenze organizzative, produttive, per la sicurezza

del lavoro e per la tutela del patrimonio aziendale, oppure mediante l’utilizzo degli

strumenti utilizzati dal lavoratore per rendere la prestazione lavorativa e agli strumenti per

la registrazione degli accessi e delle presenze, possano essere «utilizzabili a tutti i fini

connessi al rapporto di lavoro». Questa facoltà, però, non può calpestare gli obiettivi di

tutela della privacy che hanno indotto il Garante per la protezione dei dati personali a

intervenire più volte. È proprio da questa esigenza che si comprende la precisazione inserita

nella disposizione, caratterizzata dal richiamo ai princìpi generali di tutela della

riservatezza e, soprattutto, agli obblighi di corretta informazione da fornire al lavoratore in

ordine ai rischi di controllo.

Il datore di lavoro ha il dovere di usare l’impianto installato nel rispetto delle regole

previste dal Codice della Privacy (d’ora in poi: Codice) per le operazioni di trattamento dei

dati personali (raccolta, registrazione, organizzazione, conservazione, consultazione,

elaborazione, utilizzo e distruzione dei dati personali). La regola generale posta sul

trattamento dei dati(35) è che questo debba avvenire con il consenso espresso

dell’interessato, che, però, non è necessario ove il trattamento sia diretto ad adempiere a

obblighi derivanti da norme di legge o a dare esecuzione al contratto (come nel rapporto di

lavoro).

A ogni modo, il datore di lavoro è sempre tenuto a informare il lavoratore su finalità e

modalità, con cui i dati saranno trattati(36). Questo adempimento è condicio sine qua non

per la legittimità della raccolta e il trattamento dei dati personali acquisiti con strumenti

telematici. Anche se il trattamento dei dati è ammesso e se è stata fornita l’informativa, il

datore di lavoro non può effettuare controlli in maniera indiscriminata. Questi ultimi

devono essere informati ai principi di liceità, pertinenza, trasparenza e compatibilità del

trattamento.

Il datore di lavoro potrà, quindi, utilizzare in maniera legittima le informazioni raccolte

con un impianto di controllo a distanza per contestare al lavoratore determinate condotte e,

di conseguenza, irrogare le relative sanzioni disciplinari, solo se in precedenza abbia

(35) Artt. 23 e 24, d.lgs. n. 196 del 2003.

(36) Art. 13, d.lgs. n. 196 del 2003.

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informato il dipendente, installato correttamente l’impianto e raccolto i dati secondo quanto

previsto dal Codice della Privacy.

Un ulteriore limite all’utilizzabilità delle informazioni raccolte da parte del lavoratore

potrà derivare in via eventuale dalla disciplina prevista dall’accordo sindacale o

dall’autorizzazione amministrativa. Sebbene nella nuova disposizione si preveda

espressamente la possibilità di utilizzare i dati raccolti attraverso gli strumenti installati ai

sensi del primo comma, nulla vieta che le parti in sede di accordo sindacale o la DTL o il

Ministero non possano prevedere limiti alla possibilità di consultare i dati registrati,

escludendo a loro l’utilizzabilità a fini disciplinari(37).

8. – Un profilo da affrontare, seppur incidentalmente, nell’analisi del nuovo art. 4 St.

lav., riguarda i margini di operatività che residuerebbero in capo alla contrattazione di

prossimità (38). Già rispetto alla precedente formulazione della norma, infatti, erano sorte

perplessità sulla possibilità che, attraverso lo strumento messo a punto dal legislatore del

2011, potessero apportarsi deroghe in questa materia. Tali perplessità nascevano sia per

l’ampia formulazione della legge(39), tale da impedire un’identificazione con il contenuto,

(37) I. ALVINO, I nuovi limiti al controllo a distanza dell’attività dei lavoratori nell’intersezione fra

le regole dello Statuto dei lavoratori e quelle del Codice della privacy, op. cit., pag. 28, ad avviso

del quale la regola enunciata nel nuovo art. 4 non elide «la possibilità, per le parti del contratto

collettivo o per la DTL che abbia concesso l’autorizzazione, di dettare dei limiti alla possibilità di

interrogare i dati registrati, sino al punto di eventualmente escludere l’utilizzabilità degli stessi a

fini disciplinari, analogamente a quanto era consentito sotto il vigore della vecchia disposizione».

Contra A. MARESCA, Jobs Act, come conciliare potere di controllo del datore di lavoro e tutela

della dignità e riservatezza del lavoratore, op. cit., per il quale, «poiché il nuovo 3° comma dell’art.

4 precisa che i dati raccolti possono essere utilizzati a tutti i fini connessi al rapporto di lavoro, e

quindi anche disciplinari, è possibile che il sindacato continui a chiedere di escludere l’utilizzo ai

fini disciplinari, ma senz’altro l’autorizzazione ministeriale non potrà escluderlo in quanto

contravverrebbe alle disposizioni di legge».

(38) Art. 8, l. n. 148 del 2011, su cui cfr. V. MAIO, La nuova disciplina dei controlli a distanza

sull’attività dei lavoratori e la modernità post panottica, op. cit., pag. 1204, secondo cui, anche se

«in occasione della riforma dell’art. 4 op. cit. si è consumata l’ennesima occasione di sostanziale e

premeditata incomunicabilità tra normative giuslavoristiche, che ci induce a prendere atto di un

ostracismo nei confronti tra l’art. 8 […] nondimeno, a rigore, le due norme mantengono intatta la

loro portata precettiva».

(39) Art. 8, comma 2, lett. a), l. n. 148 del 2011.

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di cui all’art. 4 St. lav.(40), sia dalla difficoltà nell’individuare, tra quelli previsti nell’art. 8,

comma 1, un requisito finalistico per giustificare una deroga alla disciplina statutaria(41).

Quanto alla prima eccezione, proprio l’ampia formulazione dell’art. 8 («la regolazione

delle materie inerenti l’organizzazione del lavoro e della produzione con riferimento agli

impianti audiovisivi e alla introduzione di nuove tecnologie») può sicuramente involgere

nel suo cono d’ombra quanto previsto nell’art. 4 St. lav. Al contrario, l’acclarata

obsolescenza tecnica dei suoi contenuti può aver indotto il legislatore del 2011 a indicare

tra le materie oggetto di deroga quelle riguardanti gli impianti audiovisivi e l’introduzione

di nuove tecnologie.

Molto più pregnante è l’eccezione fondata sulla difficoltà di integrare il requisito

teleologico che giustificherebbe la deroga alla disciplina legale. Non condividendo

l’opinione di chi, nell’elenco delle finalità42 per stipulare i contratti di prossimità ha

intravisto esclusivamente «una generica premessa rispetto ai contenuti più pregnanti del

comma 2»(43) e aderendo alla lettura di chi inscrive la contrattazione collettiva di prossimità

entro limiti di scopo, in difetto dei quali sarebbe possibile una declaratoria di nullità(44), si

ritiene difficile che una modifica del nuovo art. 4 possa fondarsi su una delle finalità

previste per la stipulazione dei contratti di prossimità (“maggiore occupazione, qualità dei

contratti di lavoro, adozione di forme di partecipazione dei lavoratori, emersione del lavoro

(40) P. LAMBERTUCCI, Potere di controllo del datore di lavoro e tutela della riservatezza del

lavoratore: i controlli “a distanza” tra attualità della disciplina statutaria, promozione della

contrattazione di prossimità e legge delega del 2014 (c.d. Jobs act), op. cit., pag. 13.

(41) A. BELLAVISTA, Gli accordi sindacali in materia di controlli a distanza dei lavoratori, in Lav.

Giur., 2014, 8-9, spec. pagg. 742-744.

(42) L'elenco delle finalità è contenuto all'art. 8, comma 1, l. n. 148 del 2011.

(43) T. TREU, L’accordo 28 giugno e oltre, in Dir. Rel. Ind., 2011, pag. 635.

(44) Ex plurimis, cfr. R. DE LUCA TAMAJO, Il problema dell’inderogabilità delle regole a tutela del

lavoro: passato e presente, in Dir. Lav. Rel. Ind., 2013, 4, pag. 715; A. GARILLI, Finalizzazione e

oggetto degli accordi di prossimità, in Riv. Giur. Lav., 2012, I, 3, pagg. 489-490; V. BAVARO,

Azienda, contratto e sindacato, Bari, 2012, pag. 142 e segg.; A. BELLAVISTA, L’art. 8 del d.l. n.

138/2011: interpretazione e costituzionalità, in F. CARINCI (a cura di), Contrattazione in deroga.

Accordo interconfederale del 28 giugno 2011 e art. 8 del D.L. n. 138/2011, Milano, 2012, pagg.

312-313; A. PERULLI, V. SPEZIALE, La contrattazione di prossimità e l’aziendalizzazione delle

relazioni industriali, in L. FIORILLO, A. PERULLI (diretto da), Le relazioni industriali, Torino, 2014,

pagg. 147 e 148.

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irregolare, incrementi di competitività e di salario, gestione delle crisi aziendali e

occupazionali, investimenti e avvio di nuove attività”)(45).

Qualora dovesse superarsi lo “scoglio” finalistico, è opportuno individuare su quali

profili un accordo di prossimità potrebbe intervenire sulla nuova disciplina. Escludendo la

possibilità che un accordo collettivo ex art. 8 possa consentire l’installazione di strumenti,

la cui precipua finalità sia quella di controllare l’attività dei lavoratori(46) o, ancora, che

possa autorizzare il datore di lavoro a eseguire controlli sulle informazioni acquisite senza

il rispetto di quanto previsto dal d.lgs. n. 196 del 2003, si può ipotizzare che un accordo di

prossimità potrebbe allargare il novero degli strumenti che non abbisognano dell’accordo

sindacale o della procedura amministrativa di autorizzazione.

Un altro margine per la contrattazione di prossimità, anche dopo la modifica dell’art. 4

St. lav., riguarda i soggetti stipulanti. Mentre il nuovo art. 4 individua la sede aziendale

quale luogo per stipulare accordi che giustifichino l’installazione degli impianti dai quali

derivi anche la possibilità di controllo sull’attività dei lavoratori e, in caso di imprese con

unità produttive in più province, consente di stipulare l’accordo a livello nazionale con le

organizzazioni sindacali comparativamente rappresentative, l’art. 8 consente di stipulare

accordi a livello sia territoriale (con le organizzazioni sindacali comparativamente

rappresentative sul piano territoriale) sia aziendale: in quest’ultimo caso, vi è la possibilità

che a sottoscrivere l’accordo siano le oo.ss. comparativamente più rappresentative sul piano

nazionale(47).

9. – Il nuovo testo dell’articolo 4 St. lav., nel sostituire quello dell’art. 171 del d.lgs. n.

196 del 2003, conferma la tutela penale del divieto di operare controlli a distanza con

impianti, strumenti e apparecchiature non autorizzate(48). Come in precedenza, infatti, la

(45) A. LEVI, Il controllo informatico sull’attività del lavoratore, Torino, 2013, per il quale la finalità

dell’incremento di competitività potrebbe prestarsi per giustificare un controllo a distanza del livello

di produzione.

(46) I. ALVINO, I nuovi limiti al controllo a distanza dell’attività dei lavoratori nell’intersezione fra

le regole dello Statuto dei lavoratori e quelle del Codice della privacy, op. cit., pag. 42; M. T.

SALIMBENI, La riforma dell’articolo 4 dello Statuto dei lavoratori: l’ambigua risolutezza del

legislatore, op. cit., pag. 615.

(47) I. ALVINO, I nuovi limiti al controllo a distanza dell’attività dei lavoratori nell’intersezione fra

le regole dello Statuto dei lavoratori e quelle del Codice della privacy, op. cit., pag. 39.

(48) Cfr. R. DEL PUNTA, La nuova disciplina dei controlli a distanza sul lavoro (art. 23 d.lgs. n.

151/2015), op. cit., pag. 103, secondo cui il legislatore del Jobs Act II «ha posto rimedio a quello

che era stato un vero e proprio pasticcio normativo perpetrato dal Codice privacy».

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violazione di tali prescrizioni è punita con le sanzioni previste dall’art. 38 St. lav. Infatti,

anche dopo l’intervento del d.lgs. 196 del 2003, la fattispecie permane penalmente illecita,

per effetto dell’espresso richiamo contenuto nell’art. 171 del decreto, secondo cui «la

violazione delle disposizioni di cui all’articolo 113 e all’articolo 4, primo e secondo

comma, della legge 20 maggio del 1970 n. 300, è punita con le sanzioni di cui all’art. 38

della legge n. 300 del 1970»(49).

Nell’ipotesi base può trovare applicazione l’istituto della prescrizione obbligatoria(50);

perciò, il personale ispettivo procederà a prescrivere la regolarizzazione del

comportamento datoriale, che potrà alternativamente consistere nel raggiungimento di un

accordo con le rappresentanze sindacali o nella rimozione degli impianti e delle

apparecchiature illecitamente installate.

Infine, non trattandosi di un reato “proprio”, del quale potrebbe essere imputabile il solo

datore di lavoro, la contravvenzione in questione è idonea a colpire anche il comportamento

dei soggetti deputati al controllo a distanza o comunque addetti all’utilizzo delle

apparecchiature e degli impianti.

10. – Esaminati sinteticamente i principali problemi interpretativi del nuovo art. 4 St.

lav., è possibile concludere con due brevi considerazioni.

La prima riguarda le esigenze sottese alla riscrittura della disciplina dei controlli sui

lavoratori e, in particolare, se esse siano maggiormente orientate alla tutela dei lavoratori o

a quella dei datori di lavoro. Su questo punto, sembra che il legislatore abbia maggiormente

tenuto presente il punto di vista dei secondi, assorbendo l’orientamento prevalente in

giurisprudenza sui controlli difensivi diretti alla tutela del “patrimonio aziendale” e

inserendo una dose di flessibilità all’interno del rapporto, con l’eliminazione della

procedura sindacale o amministrativa in merito agli strumenti utilizzati dal lavoratore per

effettuare la prestazione lavorativa. Si è già rilevato, infatti, che la principale novità della

legislazione lavoristica del biennio 2014-2015 stia in una differente declinazione della

flessibilità: non più solo in entrata e in uscita ma, come dimostra anche la nuova disciplina

del mutamento di mansioni(51), anche “nel” rapporto. Per tale ragione, perciò, sebbene la

(49) Di conseguenza il datore di lavoro è punito con la pena alternativa da euro 154,00 a euro 1.549,00

o con l’arresto da 15 giorni a un anno, salvo che il fatto non costituisca più grave reato e tranne nei

casi più gravi, laddove le pene dell’ammenda e dell’arresto sono applicate congiuntamente.

(50) Art. 15, d.lgs. n. 124 del 2004.

(51) Su cui, tra gli altri, cfr. U. GARGIULO, Lo Jus variandi nel “nuovo” art. 2103 cod. civ., in WP

C.S.D.L.E. "Massimo D'Antona".It, 2015, 268 e ivi R. VOZA, Autonomia privata e norma

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modifica sia stata giustificata dall’obsolescenza tecnica delle disposizioni statutarie, questo

è avvenuto tenendo maggiormente presenti le esigenze imprenditoriali.

La seconda considerazione si riferisce al rapporto tra il nuovo art. 4 e il Codice della

Privacy. È opinione pressoché unanime che sinora le due fonti normative abbiano avuto

pochi punti di contatto, complice anche una giurisprudenza del lavoro poco sensibile alle

esigenze di tutela della protezione dei dati personali. Il rinvio espresso, contenuto nel terzo

comma del nuovo art. 4, potrà sicuramente stimolare una maggiore “interlocuzione” tra le

due discipline, quale “contrappeso” alla maggiore libertà concessa ai datori di lavoro per

l’impiego di strumenti dai quali possa derivare, sebbene in via indiretta, un controllo

dell’attività dei lavoratori. In via prognostica, peraltro, è possibile forse ipotizzare che le

prescrizioni, a tutela della privacy dei lavoratori, difficilmente potranno costituire un limite

“effettivo” rispetto al maggiore margine di manovra concesso a parte datoriale. Sui piatti

della bilancia, infatti, le due previsioni non hanno lo stesso peso specifico: all’ampliamento

dei poteri datoriali si contrappone un limite di carattere meramente informativo52. Su questo

fronte particolare importanza potranno assumere le decisioni dell’Autorità Garante, grazie

alle quali potrebbe delinearsi una disciplina di dettaglio utile a chiarire gli aspetti anodini

della nuova disciplina.

Ancora una volta (e, forse, fisiologicamente), spetterà alla giurisprudenza farsi carico

di far decantare le disposizioni, depurarle dalle impurità semantiche e farle vivere nella

concreta realtà fattuale.

Maurizio Ricci - Professore ordinario di Diritto del lavoro nell’Università di Foggia, Via

A. Gramsci, 89/91 - 71122 Foggia, tel. 0881.338460 – [email protected]

inderogabile nella nuova disciplina del mutamento di mansioni, 2015, 262; F. LISO, Brevi

osservazioni sulla revisione della disciplina delle mansioni contenuta nel decreto legislativo n.

81/2015 e su alcune recenti tendenze di politica legislativa in materia di rapporto di lavoro, 2015,

257; M. BROLLO, Lo ius variandi, in Jobs Act: un primo bilancio, Atti dell’XI Seminario di Bertinoro

(Bologna, 22-23 ottobre 2015), in corso di stampa e C. ZOLI, La disciplina delle mansioni, in L.

FIORILLO, A. PERULLI (a cura di), Tipologie contrattuali e disciplina delle mansioni, Torino, 2015,

pag. 333 e segg. 52 Più sfumato il giudizio di V. PINTO, La flessibilità funzionale e i poteri del datore di lavoro. Prime

considerazioni sui decreti attuativi del Jobs Act e sul lavoro agile, op. cit., pag. 350, che, pur dando

atto dell’intenzione del legislatore diretta ad ampliare le prerogative datoriali, invita a non esaltare

il tenore testuale, perché «un inquadramento sistematico della nuova disciplina permette di giungere

a conclusioni almeno parzialmente diverse».